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Ferrara, 18 ottobre 2008Ferrara, 18 ottobre 2008

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SINDROME DASINDROME DA

è il risultato patologico di un processo,

che colpisce le persone che esercitano professioni d’aiuto,

quando il carico di stress prodotto dal loro impegno diventa eccessivo.

“spinta, sforzo”

rappresenta la “pressione” di eventi che causano, nell'organismo, una reazione generale di adattamento agli stessi.

STRESSDISTRESS

EUSTRESS

BURNOUTBURNOUT(bruciarsi)(bruciarsi)

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• Educatori• Medici di base• Insegnanti• Poliziotti• Infermieri• Psicologi• Psichiatri• Assistenti sociali• Fisioterapisti• Anestesisti • Vigili del fuoco• Medici ospedalieri• Studenti di medicina• Responsabili e addetti a servizi di prevenzione e protezione aziendali• Operatori di cooperative sociali • Operatori del volontariato• ecc…

DOPPIO livello di DOPPIO livello di STRESSSTRESS

il proprioil proprio quello dell’altro con quello dell’altro con cui si è in relazione cui si è in relazione

d’aiutod’aiuto

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1) ENTUSIASMOassunzione della responsabilità, idealizzazione del ruolo, accantonamento dei bisogni personali.

2) STAGNAZIONE sottoposti a carichi di lavoro e di stress eccessivi, iniziamo a renderci conto di come le nostre aspettative non coincidano con la realtà del nostro impegno.

L'entusiasmo, l'interesse ed il senso di gratificazione iniziano a diminuire.

Le “fasi” del BurnoutLe “fasi” del Burnout

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3) FRUSTRAZIONE avvertiamo sentimenti di inutilità, di inadeguatezza, di insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttati, troppo pieni di impegni e poco apprezzati.

4) APATIAl'interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono completamente e all'empatia subentra l'indifferenza, fino ad una vera e propria "morte del ruolo” (professionale e non).

Le “fasi” del BurnoutLe “fasi” del Burnout

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5) RIFIUTOrifiuto del proprio ruolo e desiderio di fuga dall'ambiente che produce stress, avvertiamo pensieri ed (eventualmente) agiamo atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso se stesso.

Le “fasi” del BurnoutLe “fasi” del Burnout

“…“…ma è possibile ma è possibile andare in burnout in andare in burnout in una dimensione di una dimensione di

autoaiuto?”autoaiuto?”

ENTUSIASMO - STAGNAZIONE ENTUSIASMO - STAGNAZIONE FRUSTRAZIONE - APATIA - RIFIUTOFRUSTRAZIONE - APATIA - RIFIUTO

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Il facilitatore “modella” il proprio ruolo di aiuto sulla figura del terapeuta.

Senza volerlo, idealizza il terapeuta come modello di riferimento.

crea un modello a cui riferirsi per svolgere la sua funzione: un “eroe”, che gestisce “per lui” i problemi

del gruppo.

Burnout e auto aiuto Burnout e auto aiuto una (possibile) interpretazioneuna (possibile) interpretazione

ESIGENZE IMPLICITE:

efficacia: il gruppo “deve” funzionare

fiducia e sicurezza: l’esperto è “rassicurante”

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Burnout e auto aiutoBurnout e auto aiuto una (possibile) interpretazioneuna (possibile) interpretazione

Se il facilitatore diventa “vittima” dei doveri del proprio ruolo (doveri affettivi, doveri di prestazione, ecc.):

questi doveri soffocano la vita naturale della sua personalità;

per questo assume la tendenza ad evitare le situazioni che lo metterebbero in conflitto con i suoi doveri;

e quindi deve tenere ad ogni costo sotto controllo le aree di conflitto e di sofferenza che invece gli sono proprie.

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Se il facilitatore diventa “vittima” dei doveri del proprio ruolo, i suoi “ideali” diventano: la forza di carattere, il perfezionismo morale, il proprio sacrificio personale, la propria efficienza.

rinunciando a vivere altri stati emotivi importanti:• la delusione, • il bisogno di solitudine, • la rabbia, • l’insofferenza...

che tende a considerare opposti ai

suoi “ideali”

e che invece rappresentano l’espressione del suo bisogno di autonomia

dal ruolodal ruolo

Burnout e auto aiutoBurnout e auto aiuto una (possibile) interpretazioneuna (possibile) interpretazione

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Burnout e auto aiutoBurnout e auto aiuto una (possibile) interpretazioneuna (possibile) interpretazione

a questo punto il facilitatore è a questo punto il facilitatore è schiavo del proprio mito schiavo del proprio mito

terapeuticoterapeutico

oppresso dal senso del dovere

pieno d’impegni

incapace di dire dei “no”

ossessionato dal bisogno di essere all’altezza

……e purtroppo è anche probabile che questo e purtroppo è anche probabile che questo modello venga applicato anche negli altri ambiti modello venga applicato anche negli altri ambiti

della sua vita...della sua vita...MODELLO DI PERFEZIONE =MODELLO DI PERFEZIONE =

ALTO RISCHIOALTO RISCHIO

BURNOUTBURNOUT

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Burnout e auto aiutoBurnout e auto aiuto una (possibile) interpretazioneuna (possibile) interpretazione

Modello di sviluppo del burnout per il facilitatore:

1) carico delle responsabilità relative al ruolo e rimozione dei bisogni personali;2) per essere all’altezza del ruolo: occultamento delle debolezze e dei bisogni di liberazione e di comprensione reciproca;3) sviluppo del rifiuto per il ruolo e conseguente senso di colpa;4) obbligo ad una super-prestazione: fare ancora di più e ancora meglio;5) crollo e crisi emotiva: il proprio ruolo è insopportabile, e così anche la partecipazione al gruppo.

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Burnout e auto aiutoBurnout e auto aiuto una (possibile) interpretazioneuna (possibile) interpretazione

Cosa può fare il facilitatore ?

1) essere consapevole del rischio

2) autovalutazione per percepire i sintomi

3) NON “far finta di niente”

4) cercare aiuto

sostegno individual

e

gruppo di supervisione (coordinamen

to dei facilitatori)

gruppo di auto aiuto

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Burnout e auto aiutoBurnout e auto aiuto una (possibile) interpretazioneuna (possibile) interpretazione

L’aiuto DEL proprio gruppo di auto L’aiuto DEL proprio gruppo di auto aiutoaiuto

1) individuare a chi delegare alcune funzioni

2) riempire di significato la propria funzione di facilitatorefacilitatore, mettendo in circolo nel gruppo

se stesso e la propria sofferenzase stesso e la propria sofferenza

Il gruppo aiuta a chiarire le zone oscure della propria coscienza

Nel gruppo vengono finalmente esplicitati i bisogni

Questo permette la circolazione del ruolo di facilitatore

IL GRUPPO DI AUTO AIUTO IL GRUPPO DI AUTO AIUTO E’ UN GRUPPO DI PARI !E’ UN GRUPPO DI PARI !

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“relazione” è un termine di ampio utilizzo, che in senso generico riguarda un collegamento che sussiste fra determinate entità.

“AUTO AIUTO” e “RELAZIONE D’AIUTO”

Ciò che caratterizza ogni individuo è la propria identità;ognuno entra in relazione con gli altri a partire dalle sue proprie caratteristiche.

Ciò da cui ogni individuo non può prescindere, è “essere parte”;ognuno può distinguersi solo a partire dalla (infinita) rete di relazioni a cui appartiene.

“esistere” (ex-sistere) = stare da

porsi fuori, e-mergere dalle relazioni.

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1) La relazione di aiuto è una modalità per favorire e valorizzare le risorse personali dell’altro, affinché possa trovare risposta alle sue domande e sostegno nei casi di difficoltà.

2) La relazione d'aiuto è quella in cui l'uno promuove la crescita dell'altro. L'espressione "relazione d'aiuto" indica un intervento di supporto allo sviluppo del sé, alla comprensione delle proprie motivazioni e predilezioni. E’ dunque la relazione che si stabilisce tra terapeuta e cliente, tra insegnante e studente, tra medico e paziente, tra genitore e figlio.

“AUTO AIUTO” e

“RELAZIONE D’AIUTO”

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“AUTO AIUTO” e

“RELAZIONE D’AIUTO”

E’ necessario saper ascoltare, comprendere ed a volte anche sentire l’altro da sé (distanziarsi). La consapevolezza e l’interiorizzazione di queste attenzioni è indispensabile per avviare relazioni di aiuto efficaci. Questo “metodo” o stile di relazione non è riservato esclusivamente a professionalità specifiche e può essere fatto proprio dalle persone che hanno interesse e disponibilità agli altri. Per avviare relazioni sociali solidali che aiutino a costruire rapporti positivi e propositivi.

[...COUNSELLING…]

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1) la PARITA’ fra i protagonisti della relazione d’aiuto e quindi la RECIPROCITA’ della relazione (auto mutuomutuo aiuto);

2) l’ESPLICITAZIONE del principio secondo cui AIUTARE AIUTA: nel momento in cui mi attivo per “aiutare”, sto già “aiutando me stesso” (autoauto mutuo aiuto).

““AUTO AIUTO” è una forma particolare AUTO AIUTO” è una forma particolare di “RELAZIONE D’AIUTO”di “RELAZIONE D’AIUTO”

“AUTO AIUTO” e

“RELAZIONE D’AIUTO”

L’AUTO AIUTO non si esaurisce nella RELAZIONE D’AIUTO

NON E’ UTILE CONFONDERE I DUE CONCETTI

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LE “SOFFERENZE” DEI GRUPPI

“…mancano nuovi ingressi al gruppo...”“…si trascura il processo di crescita...”

(è il gruppo che vive questa sofferenza, oppure è “solo” un vissuto del facilitatore ?)

1a domanda da porre in gruppo: “...perché partecipiamo alle riunioni del gruppo...?”

anche le risposte più semplici e banali, possono rivelare una funzione vitale del gruppo, ancora molto importante per ciascuno dei singoli.

Fare attenzione alle risposte, ascoltando senza pregiudizi:

“…perché mi fa stare meglio…”

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LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

LA “MANUTENZIONE” DEL GRUPPOè compito del facilitatore ?

Oppure compito del facilitatore è “favorire” che il gruppo possa occuparsi della sua propria

manutenzione ?

2) liberare se stesso dall’ansia di ottenere dei risultati.

il gruppo deve funzionare

3) liberare il gruppo dal pensiero (inespresso) di “dover” raggiungere un risultato.

Uscire progressivamente dal ruolo, per il facilitatore, significa:

1) “permettere” agli altri di diventare responsabili, oltre che di se stessi, anche del gruppo di cui fanno parte.

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LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

“dover” raggiungere un risultato.

Gli eventuali risultati dipendono da tutte le variabili proposte dal gruppo e da ciascuno degli individui che lo compongono.

Variabili che sono SEMPRE in evoluzione.

I GRUPPI (di auto aiuto) SONO ENTITA’ EVOLUTIVE INDEFINITE

per QUANTITA’ della partecipazione dei membri

ma soprattutto per la QUALITA’ della partecipazione

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LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

“fare” auto aiuto significa (anche) NON poter prevedere lo sviluppo finale del nostro processo di

evoluzione.

“dover” raggiungere un risultato.

Principio dell’AZIONE: imparare FACENDOimparare FACENDO

la competenza sulla propria evoluzione, di ciascuno dei singoli e del gruppo, non è qualcosa che può essere

“imparato prima”, né tantomeno “fornito”, ma è qualcosa che si costruisce attraverso la pratica

dell’esperienza, e (soprattutto?) attraverso la riflessione in comune su quella

pratica.

Fermarsi (ogni tanto) a pensare

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LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

VISSUTO PERSONALE RIELABORAZIONE

che l’essere in gruppo facilita.

“fare” auto aiuto NON significa imparare una strumentazione per applicare una tecnica e con quella risolvere i problemi,

ma affrontare insieme la sfida di vivere dentro una dimensione differente di approccio alla vita ed al disagio che inevitabilmente la vita porta con sé.

Fermarsi (ogni tanto) a pensare

DIVERSA PER CIASCUN INDIVIDUO

CONDIVISA IN GRUPPO

ELABORATA INSIEME PER AFFRONTARE L’INCONTRO CON LA COMUNITA’

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Trovare lo spazio perché tutti possano esprimersi, sul proprio vissuto riguardante il proprio “essere in quel gruppo”, su come ciascuno si sente in relazione a ciascuno degli altri, facendo lo sforzo di lasciare fuori dal discorso i luoghi comuni e le generalizzazioni, entrare nel merito delle (famose) relazioni “vis a vis”, di cui si parla troppo poco.

Lo stare in gruppo, essersi conosciuti e aver condiviso “il problema”, permette di affrontare anche eventuali nodi relazionali problematici, senza paura del conflitto.

LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

Fermarsi (ogni tanto) a pensare

Ma soprattutto il confronto permette di elaborare il punto di vista indivduale, di modificarlo, quando serve e sempre in funzione di un obiettivo comune:

sentirci parte del nostro gruppo.

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LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

Non avere fretta

Lo sviluppo nel tempo del processo di promozione della SALUTE e di promozione dei gruppi, sarà inevitabilmente molto LENTO.

L’intero processo deve essere promosso, aiutato ed incrementato, ma non è utile aspettarsi delle risposte in tempi brevi.Attivazione dei

membri dei gruppi

Attivazione delle istituzioni

Sviluppo della

comunitàSistema dei valori Scelte e

azioni politiche

Qualità delle relazioni fra gli

individui

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LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

Uno spazio in cui il gruppo “rielabora” i vissuti individuali, li rende patrimonio comune e condiviso: 1) rende più forti le relazioni personali “oltre” la condivisione dello stesso problema2) “produce” la cultura del gruppo;3) scrive la cultura dell’autoaiuto, 4) rende ogni esperienza unica, ma al tempo stesso disponibile per tutti.

in ciascun individuo, nel gruppo,

fuori dal gruppo.

Il cambiamento è un processo lento

Non avere fretta

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LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

Auto aiuto e comunità

“..mancano nuovi ingressi..”

PERCHE’ ?PERCHE’ ?

1) Perché avvertiamo come “necessari” dei nuovi ingressi nel nostro gruppo?

2) Perché non riusciamo a coinvolgere altri?

“..come può fare il nostro gruppo per essere davvero una risorsa a disposizione del

bisogno della comunità..?”

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LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

Auto aiuto e comunità

1) Perché avvertiamo come “necessari” dei nuovi ingressi nel nostro gruppo?•Ci sentiamo insoddisfatti di come va il gruppo?•Vorremmo sentirci più utili agli altri che sono fuori?

2) Perché non riusciamo a coinvolgere altri? •Abbiamo “letto” bene il bisogno della comunità?•Come è il nostro gruppo?•Come appare il nostro gruppo all’esterno?•Quanto e come siamo in relazione con i servizi?•E con altri gruppi o associazioni?•Sappiamo raccontare cosa “fa” il nostro gruppo?

“..mancano nuovi ingressi..”

PERCHE’ ?PERCHE’ ?

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LE SOFFERENZE DEI GRUPPI

Auto aiuto e comunità

“..come può fare il nostro gruppo per essere davvero una risorsa a disposizione del

bisogno della comunità..?”

•Coordinare le proprie azioni di sensibilizzazione con gli altri gruppi di autoaiuto presenti sul territorio.

•Far lavorare la fantasia all’interno del gruppo.•Organizzare momenti di incontro tra il gruppo e la comunità e le singole associazioni;•Studiare con i servizi le strategie migliori affinché loro ci considerino una risorsa e si impegnino ad inviare al gruppo chi ne ha bisogno;•Rendere pubblicamente visibile l’informazione sugli incontri del gruppo;

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La tecnica del “brainstorming” (1)1) Definire insieme qual è il problema o l’argomento;

2) Fare una lista, il più ampia possibile di qualsiasi idea venga in mente, anche di quelle che possono sembrare strane (eventualmente aggiornare la lista in un secondo momento);

3) Nessuno può criticare un’idea altrui o spiegare all’altro perché (secondo la sua opinione) non è praticabile;

4) Nessuno può scartare l’idea di un altro;

5) Condividere la classificazione delle soluzioni proposte dalla lista secondo una scala di praticabilità:

molto probabili, probabili, poco probabili, impossibili;

6) Scartare temporaneamente gli ultimi due gruppi (per eventualmente rivederli in seguito) e concentrarsi sulle idee rimaste;

LA FANTASIA DEL GRUPPO

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La tecnica del “brainstorming” (2)

7) Affrontare un’idea alla volta, valutando di ciascuna “costi”“costi” e

“benefici” “benefici” che ciascuna comporta per il possibile raggiungimento della soluzione / obiettivo, ma anche “costi”“costi” e “benefici” “benefici” per ciascuno dei membri del gruppo che partecipa alla discussione. (eventualmente rivedere la lista iniziale e/o la classificazione delle altre idee scartate);

8) Al termine: Confrontarsi su criteri “condivisi” prima che “oggettivi” per valutare quanto la discussione a prodotto in termini di soluzione al problema iniziale.

LA FANTASIA DEL GRUPPO