Fermi Tutti Pasqua 2012

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Giornalino Liceo Scientifico statale E.Fermi Policoro (MT), secondo numero anno 2011/2012

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IndiceEDITORIALI Riflessioni...

FOCUS

DETTO TRA NOI

PASSIONI

DIVERTIAMOCI INSIEME!

pag 1

Donna pag 2

La terra delle possibilitàpag 3Passannantepag 4Freddopag 5

Sapere aude: abbi il coraggio di conoscerepag 6La vita è...pag 6All you need is lovepag 7

Le tasse ripagano tuttipag 9Evasione fiscale made in Italypag 9Tempi duri per gli evasoripag 10

Le ombre dietro Hitlerpag 16pag 17

Il Capodanno cinese

pag 18

2012: la fine della vita sulla terra

pag 19

pag 20 La vendetta di Artemisia

pag 21

Bianca come il latte, rossa come il sanguepag 23pag 23

pag 25

War and love - Guerra e amore

pag 24 Cara donna

pag 24 Quando il sole accarezza il cielo

pag 18

Maria Teresa Adduci, Valeria Moretti

William Flagello

Aurora Balla, Nicole Lombardo

Maira Magno

Shary Mitidieri

Federica De Stefano

Federica Cozzo

Valentina Magno

Antonio Filardi

Vincenza Rinaldi e Cinzia Cirigliano

Monica Micucci

Antonio Bruno

Valentina Magno

Laura Morano

Antonio Filardi

Antonello Tangredi

Maira Magno

Selene Romano

Lucia Benedetto

Valentina Magno

Lucia Benedetto

curata da Antonello Tangredi

pag 11 Paghiamo tutti...per pagare meno! Federica Angela Candelieri

Il fascino della chimica

Plutone: il nano bastardo Antonello Tangredi

pag 21 Gli Stati Uniti tra neoimperialismo e ipocrisia Shary Mitidieri

pag 12 Futuro da dis-occupati Antonio Bruno

Ecco l’hamburger che salverà il mondo

pag 8 Riflessioni estemporanee sulle dipendenze Shary Mitidieri

FATTI&MISFATTI

pag 13 Giovani “bamboccioni, mammoni e sfigati” Francesco Serio

pag 14 Westminster, tra patria e noncuranza Valentina Magno

pag 14 Non sottovalutiamo il valore di una vita Antonello Tangredi

pag 15 Roma 1960-2020 Vincenzo Ambrosio

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EDITORIALI

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Riflessioni...

Aurora Balla, Nicole Lombardo

Maira Magno

Shary Mitidieri

Federica De Stefano

Federica Cozzo

Valentina Magno

Antonio Filardi

Monica Micucci

Antonio Bruno

Valentina Magno

Laura Morano

Antonio Filardi

Antonello Tangredi

Maira Magno

Selene Romano

Lucia Benedetto

Valentina Magno

Lucia Benedetto

curata da Antonello Tangredi

Federica Angela Candelieri

Antonello Tangredi

Shary Mitidieri

di Maria Teresa Adduci, Valeria Moretti

Antonio Bruno

Per la realizzazione del secondo numero del”Fermi Tut-ti” gli alunni, sempre più numerosi, che hanno parte-cipato agli incontri, si sono cimentati con entusiasmo e impegno nell’analisi di fenomeni ed eventi di attua-lità, dalla disoccupazione giovanile all’evasione fiscale, dall’incuria per il patrimonio storico-artistico all’influen-za dei media nella società, senza trascurare argomenti di ambito storico-letterario-scientifico. I ragazzi hanno dimostrato di sapersi orientare autonomamente nella ricerca delle fonti di informazione, accettando i nostri suggerimenti improntati ad un confronto costruttivo. Dalle loro riflessioni è emerso un dato significativo: la fiducia che gli alunni ripongono nel ruolo formativo svolto dalla scuola, consapevoli dell’importanza di un adeguato bagaglio culturale per affrontare le sfide di un mondo sempre più competitivo. Per contro la sfi-ducia manifestata dagli stessi nei confronti delle isti-tuzioni, responsabili di aver determinato una crisi di valori etici, prima ancora che economici. D’altra parte non si può non condividere il loro disagio, che nasce dal rendersi conto della necessità di aprirsi al cambia-mento, perché l’inserimento nell’attuale mercato del lavoro richiede grande professionalità e la conoscenza

dei saperi derivati dalle nuove tecnologie. La situazione è molto critica. Proviamo a credere che il premier Mario Monti abbia ragione, che il posto fisso sia anacronisti-co. E’ auspicabile, allora, che per i giovani ce ne siano molti “non fissi” ma legali e retribuiti che diano soddi-sfazione degli studi compiuti. “Il lavoro non deve esse-re un privilegio” come affermato dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ma è un diritto inviolabile, che una Repubblica basata sul lavoro deve essere in grado di garantire. I giovani, i precari, gli studenti rivendicano il diritto a un lavoro sicuro, conditio sine qua non per assicurarsi un’esistenza libera e dignitosa e realizzare le proprie aspirazioni. A tal fine occorre che tutte le for-ze politiche convergano nel perseguire alcuni obiettivi imprescindibili: l’aumento della buona occupazione e della produttività del lavoro, un welfare più equo. Un bel programma per un governo che volesse investire seriamente sui giovani, che rappresentano il futuro del domani, incentivando la meritocrazia e combattendo tutte le forme di corruzione radicate nel nostro sistema politico-economico-sociale, per costruire un mondo migliore e più giusto.

Shary Mitidieri

Francesco Serio

Valentina Magno

Antonello Tangredi

Vincenzo Ambrosio

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Donna di William Flagello, V BT

L’imponenza di un monte, l’imprevedibile bellezza di un tramonto,l’eleganza di un ghepardo, la vitalità, il sorriso di una rondine;l’infinita profondità dell’anima, l’inspiegabile complessità dell’universo.

Come rose al vento, maltrattate dall’irruenza, violentate dalla tempesta.Come gocce nella bufera, graffiate dall’aria, annegate da vulcani d’acqua.Come gemme di sabbia nel deserto, scottate dalla superficie, unite dal buio.

Il battito d’ali d’una felina farfallaspiana il selciato della vita,sconvolge l’aria, il vento, le tempeste,dà linfa nuova alle segnate foglie autunnali,dà vita eterna all’inguaribile bellezza dei fiori primaverili;è una sinfonica carezza di candida passione.

I suoi melodici colori frantumano i grigi dell’ignoranza,l’armonia del suo passo danza sul ciglio dell’orizzonte,la saggezza delle sue lacrime riempie gli oceani della speranza,la delicatezza delle sue forme risalta l’imponente leggerezza delle sue ali.Il profumo della sua anima avvolge elegante lo stelo dell’ipocrisia,la pienezza del suo essere, trionfa, sull’immensa oscurità d’un arido mondo.

Stati Uniti, paladini del progresso dell’umanità, etc, etc: ogni 15 secondi una donna viene brutalmente picchiata e aggredita; la maggior parte di queste donne non denuncia perché non ne ha più la forza, né può fuggire, a causa delle precarie condizioni economiche in cui vive. Un dato impressionante, che resta un granello di sabbia in un deserto in perenne tormenta. L’8 marzo è la Festa della Donna, regaliamo mimose e attenzioni, e rispetto e corte-sia sprizzano da tutti i pori; perché è stabilito, prefissato, perché è così, e continuiamo a credere che sia cosa buona e giusta. Io credo sia un’emerita stronzata, perché nella quotidianità l’uomo torna ad essere l’intelligente idiota, il coraggioso codardo, l’evoluto primate. La seguente poesia è la mia risposta a tutto ciò.

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Uscito nel 2011, ”Terraferma” è un altro dei capolavori di Emanuele Crialese, già noto per film come “Nuovo mondo’’ e “Respiro”.È la storia di un’isola siciliana di pescatori, quasi intat-ta. Un’isola appena lambita dal turismo, che comincia a modificare comportamenti e mentalità degli isolani e, al tempo stesso, investita dagli arrivi dei clandestini e dalla regola nuova del “respingimento”. Una vicenda, questa, che rappresenta la negazione stessa della cul-tura del mare, che obbliga al soccorso. Ed è proprio qui che si svolgono i destini dei compo-nenti della famiglia Puccillo. Il nonno Ernesto, vecchio pescatore, legato al lavoro della sua vita, nonostante sia ormai improduttivo e vincolato da mille regolamen-tazioni; Nino, suo figlio, proiettato verso l’attività di operatore turistico, che sembra rappresentare l’unico futuro possibile per chi non vuole abbandonare la ter-ra che abita; Giulietta, vedova dell’altro figlio di Erne-sto, anch’egli pescatore, ingoiato prematuramente dal mare, che vorrebbe rifarsi un’esistenza sulla terraferma e brama il trasferimento nel continente; e l’unigenito di lei, Filippo, adolescente in bilico tra l’innata vocazione peschereccia, alimentata dalla figura del nonno, e le si-rene turistiche dello zio. La loro vita quotidiana verrà

turbata dall’arrivo dei profughi provenienti dall’Africa e, in particolare, dall’arrivo della giovane Sara, col suo figlioletto di nove anni e con in grembo un’altra crea-tura, frutto della violenza subita ad opera dei carcerieri libici. La famiglia Puccillo, nonostante la nuova regola, decide di offrire aiuto a Sara, dandole ospitalità in casa propria e aiutandola a raggiungere il marito. Tra le due donne nasce un rapporto fatto di sguardi, diffidenza, ma anche di rispetto: è proprio questo il vero nucleo emotivo del film, con la padrona di casa che custodisce il focolare, ma lo apre anche all’accoglienza. Qui il film arriva all’essenza del rapporto fra gli uomini, quasi pri-mordiale, quello che segue l’istinto di porgere la mano all’altro in difficoltà, di aiutarlo, rispettando i principi dell’etica universale. È una terra fatta di orizzonti, di luci lontane nel mare che, per i disperati intenti ad attraversarla verso nord, sembrano fari di speranza , ma si dimostrano solo spie-tate illusioni. È un mondo in cui le leggi vengono impo-ste da chi non conosce la realtà di questo territorio, da chi non vive in un mare ormai privo di pesci, ma pieno di uomini disperati alla ricerca di una nuova vita.

DETTO TRA NOILa terra delle possibilità di Aurora Balla, Nicole Lombardo I A

Film: TerrafermaRegista: Emanuele CrialeseSceneggiatura: Emanuele Crialese, Vittorio MoroniAttori principali: Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Mimmo Cu-ticchioAnno di pubblicazione: 2011

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Passannantedi Maira Magno, IV AL

«Morte al Re, viva la Repubblica Universale, viva Orsi-ni». Così aveva scritto, sul fazzoletto rosso in cui aveva nascosto il coltello, il giovane anarchico Giovanni Pas-sannante, il quale, il 17 novembre 1878, a Napoli, atten-tò alla vita di Umberto I con un temperino da otto soldi, riuscendo, però, solo a ferirlo leggermente. Passannan-te era nato il 19 Febbraio 1849 a Salvia (odierna Savoia di Lucania). Nel 1872 si trasferisce a Salerno dove svol-ge la professione di cuoco e comincia ad animare i cir-coli anarchici repubblicani. Secondo lo storico Giovanni Galzerano, Passannante voleva fare solo un’azione provocatoria; il suo obiet-tivo era quello, infatti, di farsi processare in Senato, così come prevedeva lo Statuto Albertino, per portare all’attenzione pubblica i problemi del meridione d’Ita-lia. Condannato a morte, la pena venne commutata nell’ergastolo e fu rinchiuso in una cella alta 140 cm, posta sotto il livello del mare, a Portoferraio, in comple-to isolamento per anni. Dopo dieci anni di patimenti, finalmente, venne ritenuto folle e trasferito nel mani-comio criminale di Montelupo Fiorentino, dove morì nel 1910. Così scriveva un giornale dell’epoca “La Rivol-ta”, Pistoia, anno I, n. 8 del 19 febbraio 1910, tre giorni dopo la sua morte: “Giovanni Passannante è morto. Un delitto continuato 33 anni si è potuto compiere indi-sturbato nell’Italia libera ed indipendente, consenzien-ti le antiche vittime della tirannia austriaca, alleate agli sbirri, ai magistrati, ai carcerieri, uniti tutti per rendere quanto più dolorosa era possibile la vita a chi aveva sentita l’audacia allettante della libertà senza limite.” Ma le atrocità nei suoi riguardi continuarono oltre la morte. Decapitato, il suo cervello, insieme al cranio, furono esposti al Museo Criminologico “G. Altavista” di Roma come “testimonianza degli studi di Antropologia criminale tendenti ad accertare le caratteristiche costi-tuzionali e biologiche dei delinquenti”. Passannante era solo un contestatore politico, ma secondo la “folle” te-oria del grande studioso di criminologia clinica Cesare Lombroso la presenza di una anomalia nella sua strut-tura cranica, definita fossetta occipitale interna, era la prova fisica della sua personalità criminale. Dopo circa cento anni dalla sua morte, solo nel maggio del 2007, attraverso un appello dell’attore Ulderico Pe-sce, i resti di Passannante sono stati seppelliti nel suo comune di nascita, Salvia, cambiato dopo l’attentato in

‘Savoia di Lucania’, in onore della casa regnante a cui era stata fatta l’offesa . L’obiettivo di riportare i resti di Passannante nel suo paese natio non è stato quello di farlo passare da eroe, ma di dare una degna sepoltura ad un uomo torturato fino ed oltre la sua morte, per aver voluto, con il suo gesto disperato, vendicare la sof-ferenza del Sud. Scrive Galzerano nel suo libro: “L’Italia Repubblicana ritrova, nel lontano gesto di Passannan-te, chi per primo ruppe l’incantesimo del mito monar-chico. Garibaldi lo definì ‘Precursore dell’avvenire’”

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FreddoGiovedì 15 Marzo 2012 - “Freddo”, lo spettacolo in tre atti, scritto e interpretato da Rocco Ricciardulli e Giada Barbieri, analizza e mette in scena diverse forme di vio-lenza sulle donne.Particolarmente apprezzabile in questa rappresenta-zione è il fatto che l’uomo e la donna non corrispon-dono al binomio classico carnefice/vittima e che non è presente alcun falso buonismo, per la serie “dormici su e andrà tutto bene”.I due attori sembrano essere ben consapevoli che un trauma, come una violenza, resta dentro per tutta la vita.Ciascuno dei tre atti fa capire, con crudo realismo, quanto malati e deviati possano diventare i rapporti tra due persone apparentemente normali.Nel primo atto,una coppia in crisi è sul punto di sepa-rarsi a causa dei ripetuti, violenti accessi di rabbia del marito; rabbia che puntualmente si riversa sulla con-sorte, sottomessa, spaventata e silenziosa.Nel secondo, una giovane professoressa di storia dell’arte denuncia, attraverso le opere e le parole di Artemisia Gentileschi, pittrice caravaggesca, lo stupro subito da un collega, il quale naturalmente continua a negare, come se fosse avvenuto qualcosa di... normale e accettabile.Infine, nel terzo atto, di gran lunga il più crudo e diret-to, si assiste alla violenza perpetrata da un datore di la-voro su un’aspirante impiegata, colpevole di essere stata troppo esuberante.Due sono i punti da mettere in evidenza.In primo luogo, il modo in cui i dialoghi sono costruiti per rac-contare il più accuratamente possibile la realtà. Le reazioni della donna nelle tre scene sono numerose e varie: la vediamo impaurita, infuriata, scossa, umiliata, in un’alternanza continua di sottomis-sione e ribellione.Gli stati d’animo dell’uomo, invece, sono essenzialmen-te due: si passa dall’accesso di rabbia alle scuse che se-guono. I tre personaggi maschili, infatti, pur in situa-zioni molto differenti, esprimono esattamente le stesse

cose, ricorrendo a luoghi comuni: “lei mi ha provoca-to”, “è lei che fa la vittima”, “alla fin fine non è niente di grave”, “lei mi aveva fatto capire che...”.Il secondo punto deriva direttamente dal primo. Que-ste sono le frasi esatte, le testuali parole che potremmo aspettarci da qualsiasi uomo accusato di violenza. Ma se chiedessimo ai suoi vicini di casa, agli amici, ai cono-scenti, ci sentiremmo dire che era “un bravo ragazzo”. Il che dovrebbe far riflettere tutti su quanto conosciamo le persone che ci stanno intorno, e su che cosa si basa-no le nostre amicizie. Nel “giro di amici’ molto probabil-mente un paio di mostri ci potrebbero già essere.Oppure la mente... la mente scivola via.

di Shary Mitidieri, VAL

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Nel 1784, Immanuel Kant, un grande filosofo tedesco del Settecento, così rispondeva sulla Rivista mensile di Berlino alla domanda: “Che cos’è l’Illuminismo?”“L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minori-tà”, dove “minorità” è l’incapacità, da parte dell’uomo, di pensare liberamente senza la guida di un altro. “Sapere aude” (abbi il coraggio di servirti della tua intel-ligenza!): è questo il motto dell’ Illuminismo.Questa affermazione, ripresa nell’ affascinante libro di Rita Levi-Montalcini, “Abbi il coraggio di conosce-re”(2004), fa riflettere molto sul nostro modo di esse-re oggi. Quanto noi abbiamo il coraggio di far uso del nostro intelletto e quanto ci facciamo condizionare dai mass-media?E’ un interrogativo che ci si pone soprattutto, oggi, date le condizioni precarie del mondo del lavoro, della scuo-la e della società in genere.L’accusa che più comunemente viene mossa ai media è quella di manipolare le coscienze, uniformare com-portamenti e aspirazioni dei singoli individui, livellare-

quasi sempre verso il basso, lo standard culturale. Si è sottoposti al bombardamento di una grande quantità di notizie, non sempre attendibili e vere, tanto da uscir-ne frastornati e incapaci di giudicare con obiettività la realtà. Si tende ad accettare passivamente le informa-zioni e a subire i condizionamenti della pubblicità e dei messaggi multimediali. E’ importante, quindi, che la cultura di massa, a cui è impossibile sottrarsi, non sia l’unica a cui affidarsi. Biso-gna impegnarsi, come affermava Kant, in una crescita culturale autonoma ed acquisire gli strumenti critici e personali per orientarsi e scegliere responsabilmente i propri percorsi di vita.Per raggiungere tale scopo, è determinante il ruolo della scuola, che rappresenta l’istituzione educativa per eccellenza, la cui funzione è quella di contribuire a sviluppare, attraverso tutte le discipline, quello spirito critico che rende l’uomo libero e capace di servirsi delle proprie idee e della propria intelligenza.

Sapere aude: abbi il coraggio di conosceredi Federica De Stefano, IB

La vita è...di Federica Cozzo, IV A

Un vero e proprio inno alla vita il film “ Bella “, portatore di un messaggio profondo e commovente.Si esalta la bellezza della vita, affrontando tematiche che portano a riflessioni intense e significative come l’aborto, l’amore, le relazioni interpersonali.La vita è una sfida e spesso ci si ritrova a dover fare delle scelte, a dover prendere decisioni importanti e determi-nanti per noi e per chi ci circonda. A volte si preferisce, però, sfuggire dalle sfide che la vita ci propone piutto-sto che affrontarle e superarle.Fondamentale risulta essere l’amore, quello vero per cui si è disposti a sacrificare tutto per il bene dell’altro.Le storie di José e Nina, i protagonisti del film, si intrec-ciano tra loro dando inizio a una vera e propria favola. Lui, giovane promessa del calcio, colpito da un terribile incidente che cambierà completamente la sua vita : un uomo che credeva di avere tutto, ma in realtà non pos-sedeva nulla. Lei, sola, incinta e disoccupata, ormai de-cisa ad abortire, non avendo nessun tipo di possibilità per crescere un figlio.Le loro storie diventano complementari, dal momento che José, anche per ridare un senso alla propria vita,

aiuterà Nina a portare avanti la gravidanza.Emergono l’amore e il fallimento, la solitudine e la soli-darietà, la paura e il coraggio.La storia di Nina è la storia di molte giovani ragazze che spesso sole, impaurite e tra varie difficoltà decidono di porre fine al più bel dono di sempre. Nascono perciò i centri di aiuto alla vita ( CAV ), costituiti da persone che vogliono impegnarsi per fornire il proprio aiuto a que-ste donne. Centri di accoglienza, di ascolto, ma anche associazioni che forniscono sostegni materiali e sociali.Il 21 gennaio scorso, nella nostra scuola, due volonta-rie del CAV di Policoro hanno coinvolto gli alunni delle classi quarte in un dibattito sul valore della vita, dopo aver proposto loro il film “ Bella” e alcune scene del film “ Giovani”.L’incontro con queste due dottoresse e la visione del film hanno sicuramente fornito un input a noi giova-ni per soffermarci a riflettere su cos’è per noi la vita e quanto realmente sia piena di valori. Non resta altro che comprendere l’importanza di un dono così grande, rispettarlo, difenderlo e valorizzarlo ogni giorni di più !

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Guerra, guerra, guerra. E’ tutto quello che sentiamo. Da mattina a sera, da sera a mattina. Alla televisione, alla radio, a casa, per strada. E’ tutto un parlare di odio, dolo-re, sofferenza, morti, feriti, cannoni, fucili. Ma se in ogni arma ci fosse un fiore, se in ogni cuore ci fosse un po’ di amore, non sarebbe meglio?Sappiamo tutti che la guerra è deleteria, la guerra è di-struttiva, la guerra è devastante. Sappiamo tutti che la guerra è “Male”. Perché non proviamo a parlare un po’ di AMORE?Ci sono tante persone sole al mondo, forse anche trop-pe. Tutti noi, in fondo, siamo soli. Lo si può essere anche in una folla, lo si può essere anche su questo puntino sperduto da qualche parte nell’universo che noi chia-miamo Terra. Ognuno di noi è unico e solo, anche se spesso non ce ne rendiamo conto. Nessuno riuscirà mai ad entrare nelle nostre menti, probabilmente neanche noi stessi. Ma non vale la pena tentare?Se ci guardiamo attorno superficialmente è tutto ok. Io sono io, tu sei tu. Io vivo la mia vita, tu vivi la tua. Non ci sono interferenze e tutto è a posto.Un’occhiata più attenta e ci accorgiamo che il mondo è un luogo ostile. Non ci si può rifugiare da nessuna parte, neanche nei nostri piccoli “mondi” immaginari.

Ovunque regna il Male.Proviamo ad osservare l’intero universo con più atten-zione. Apriamo gli occhi, sgraniamoli! Il mondo è armo-nia, il mondo è amore! Ostilità, malattie, povertà, razzi-smo, violenza… Crollano se c’è l’amore.Attenzione, però. Non è così che si annientano le ne-gatività, perché l’amore è solo in grado di creare. L’ipo-crisia e l’onestà, il buio e la luce, la guerra e la pace, esi-stono per alternarsi. Altrimenti non ci sarebbe armonia. La notte non ci sarebbe, se non ci fosse un sole che si spegnesse e il giorno non ci sarebbe, se non ci fosse un’oscurità in cui risplendere. Così per la vita e la morte. La morte è il traguardo di un’esistenza, ma se ci aspet-tiamo che sia la “fine”, ci sbagliamo di grosso. Senza la morte la vita non potrebbe rinascere da nulla. Un po’ come l’araba fenice, l’uccello mitologico che muore e rinasce dalle proprie ceneri.La Terra è piena di armonia e di bellezza. La natura offre spettacoli stupendi di cui tutti possiamo godere.Non è necessario che il festival di Woodstock- tre giorni di pace, amore e musica –resti solo un ricordo. Non è necessario vivere rinchiusi nei “Favolosi Anni Sessanta”.Perché non proviamo a scambiarci fiori anziché proiet-tili?

All you need is lovedi Valentina Magno I B

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Le dipendenze –tutte le dipendenze, perché non esisto-no solo quelle da droghe – sono l’ultima via di fuga. L’ul-tima strada possibile, se non si sa quale altra percorrere. Quando non si vuole più affrontare la vita reale, ecco che ci si crea da soli un mostro da combattere. Gli esseri umani hanno bisogno di mostri. Di demoni. Di nemici. Hanno bisogno di qualcuno da odiare e da sconfigge-re, ma dopo averlo fatto, ne creano un altro, e un altro ancora.E quando il mostro siamo noi? Quando è con noi stessi che si lotta? Quando è se stessi che si odia?Allora comincia la dipendenza. E’ l’ultimo, silenzioso gri-do. Una richiesta di aiuto scritta in inchiostro simpatico. Un suicidio lento, subdolo, centellinato, nella speranza che qualcuno si accorga di cosa stai facendo e venga a fermarti. A prenderti a sberle. A prendersi cura di te. A distruggere i muri di cemento armato che ti costruisci intorno per allontanare gli altri.Ma quasi nessuno si accorge di cosa sta succedendo. E se da un lato, dal lato perverso, dal lato malato, questo è confortante, perché ti permette di perseverare nella tua dipendenza, di crogiolarti nel tuo stesso odio, dall’altro è come la spinta del boia che ti butta giù dallo sgabello, dritto nel nodo scorsoio della corda.Se tu ti odi, non puoi vivere per te stesso solamente. Non ti basti più.E se nessun altro ti vuole, ti ama, non hai neanche un

altro motivo per vivere.Rimani da solo con te, e con le tue astiose conversazioni allo specchio.Non so se si possa uscire da questo circolo vizioso. Pre-sumibilmente sì, ma si è sicuramente più esposti, sem-pre sull’orlo del precipizio ogni volta che, chi ci sostiene, lascia la presa. E dopo un po’ di volte che si cade giù e si risale, oltre ad essere acciaccati, si è assuefatti all’idea di dover, prima o poi, tornare a precipitare. Il male diven-ta la normalità. L’odio la consuetudine. La distruzione la regola. E vivere, vivere solo un’eccezione.Gli errori diventano cronici. Sempre gli stessi, e sempre peggiori, senza rispetto per sé. Non ci si fa mai del male consapevolmente a causa degli altri e della loro opinio-ne, o delle loro parole o delle loro azioni, ma solo per l’opinione che si ha di se stessi.Siamo i giudici più severi di noi stessi.Non capisco chi dice di volersi bene, di amarsi. Come si fa? Come si può amare l’imperfetto essere umano che si vede ogni giorno riflesso nello specchio? E cosa vuol dire amarsi? Vuol dire che si accettano tutti i propri di-fetti, tutte le proprie mancanze? Non è forse questo un modo semplicistico di dire “Ho un mucchio di imperfe-zioni, e nessuna voglia di correggerle?”.

Riflessioni estemporanee sulle dipendenzedi Shary Mitidieri, VALdi Shary Mitidieri, VAL

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FATTI E MISFATTILe tasse ripagano tuttidi Antonio Filardi, II AT

In tempo di crisi qual è la cosa migliore da fare per vi-vere? Risparmiare? Rinunciare alla settimana al mare? Rinunciare all’ i-Phone che tanto si desiderava? No, la soluzione è semplice e non prevede sacrifici: evadere le tasse. Evadere le tasse è facile, basta aprire un conto in Paesi in cui si può fruire di agevolazioni bancarie, quali San Marino, la Svizzera o le isole Seychelles, e trasferirvi il proprio denaro. Le banche di questi Paesi “ricicleranno” il denaro reinvestendolo. Però non sempre è facile e può comportare dei rischi.Ma se si è pigri e non si ha voglia di fare tutta questa fa-tica per evadere, occorre seguire poche semplici regole: occultare le entrate, gonfiare le uscite, pagare i servizi di professionisti e artigiani in nero, sempre dietro un forte

sconto, perché evadere conviene anche a loro. Con l’ avvento del governo Monti è stata promossa una campagna di sensibilizzazione che esorta a non evade-re le tasse “se tutti pagano le tasse le tasse ripagano tut-ti con più servizi e migliori infrastrutture”. Le tasse sono alte proprio a causa della forte evasione.Ma non importa se gli altri pagano più tasse, se chi eva-de può tranquillamente guidare il suo SUV o utilizzare il suo i-Phone ultimo modello, acquistati ovviamente con i soldi risparmiati, non pagando le tasse. Chi non paga le tasse è contro lo stato e contro i conti-nui aumenti, ma allo stato non importa chi paga o no; le tasse le pagherà il cittadino onesto sotto forma di aumenti.

SPECIALE EVASIONE FISCALE

Evasione fiscale made in Italydi Vincenza Rinaldi e Cinzia Cirigliano, IV C

Benjamin Franklin era solito dire “al mondo solo due cose sono sicure: le tasse e la morte.” Mentre, però, della morte si è assolutamente certi,delle tasse se ne può di-scutere. E’ il caso dell’Italia, ormai conosciuta in tutto il mondo come il paese degli evasori. Da tutte le statistiche risultano, infatti, miliardi di euro evasi ogni anno, con cifre elevatissime che consentireb-bero di ridurre il debito pubblico, senza gravare sui cit-tadini onesti. Il fenomeno, purtroppo, è talmente radi-cato nel modo di pensare e di agire che risulta alquanto difficile affrontare e risolvere il problema. Per colpire l’evasione, bisognerebbe, in primis, debella-re la criminalità organizzata, infiltrata in ogni settore del tessuto economico nazionale. Combattere la criminali-tà richiede, tuttavia, un’ azione ancora più incisiva della lotta all’evasione, affrontata, quest’ultima, con grande determinazione dal governo Monti, al fine di recupera-re risorse necessarie per risollevare il nostro Paese dalla

grave crisi economica in cui versa. Si è assistito, infatti, ad una stretta di vite nei confronti di alcune categorie di attività e di lavoratori: dalle piccole imprese agli artigiani e ai commercianti, i soliti destinatari degli accertamenti della Guardia di Finanza, che nell’ immaginario colletti-vo rappresentano quelli che non pagano IVA, IRAP, IR-PEF. Ma sono soltanto loro i veri evasori? Senza dubbio i “furbetti” non mancano, ma lo stesso malcostume è largamente diffuso nell’ambito di una casta privilegia-ta che, raramente, viene considerata come una fonte di tasse da recuperare. Medici, avvocati, notai, corpo-razioni, con una forte rappresentanza in Parlamento, grazie alle protezioni politiche di cui godono, eludo-no impunemente i controlli del fisco. Inoltre esistono delle distorsioni del mercato tipicamente italiane:le agevolazioni o, addirittura, le esenzioni fiscali,di cui beneficiano gli enti di proprietà della Chiesa, le società cooperative e i circoli culturali. In realtà, operano come

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correnza con altre imprese che, sono soggette, invece, ad una normale tassazione. A tutto questo si aggiunge la questione mai risolta della fuga dei capitali. Il recen-te tentativo fallito di recuperare parte di tasse evase, grazie ad un accordo con le banche svizzere, noto pa-radiso fiscale, ha dimostrato, ancora una volta, il potere delle solite lobby. Di fronte a questo quadro sarebbe doveroso, da parte dello Stato e delle istituzioni, dare il giusto esempio, colpendo dapprima queste catego-rie privilegiate, in modo da trasmettere un messaggio

a tutta la società. Si instaurerebbe un diverso rapporto tra lo Stato e i comuni cittadini,che non si sentirebbe-ro gli unici tartassati. Si creerebbe una condizione di maggiore concordia, che renderebbe le tasse, forse, un po’ meno odiate. Il recupero dell’ evasione, attraverso questo sistema, seguito da una riduzione generalizzata della pressione fiscale, potrebbe dare risultati più con-creti, considerando che altri metodi finora hanno sem-pre fallito.

Tempi duri per gli evasori!di Monica Micucci, IV C

“Chi evade in un momento come questo tradisce la pa-tria” ha affermato Antonio Catricalà, sottosegretario alla presidenza del Consiglio Monti, in riferimento alla crisi economica in atto. L’evasione fiscale, ossia il sottrarsi all’obbligo di pagare le tasse, è diventata una parola quasi impronunciabile. Essa avviene attraverso operazioni di vendita, effettuate senza emissione di fattura o scontrino, oppure attraver-so false dichiarazioni dei redditi, con successivo manca-to versamento dell’ imposta dovuta. Esiste anche una variante molto più grave dell’ evasione, la frode fiscale, in cui dietro un’ apparente regolarità si cela un’ evasione difficile da scovare. Un tempo, il peso dell’ imposta era accettato, anche se lo Stato esattore era vissuto da par-te del contribuente come una sanguisuga. Oggi, invece, è il contribuente ad essere diventato un parassita della società, così come viene definito secondo uno slogan della campagna anti-evasione. Naturalmente non tutti i cittadini possono evadere le tasse con la stessa facilità: coloro che esercitano attività private hanno maggio-ri possibilità di sottrarsi al fisco rispetto ai dipendenti pubblici. In ogni caso, l’evasione fiscale, oltre a creare danni economici allo Stato, aggirando il principio di equità sociale di fronte al fisco, procura danni morali ai contribuenti onesti. Questi ultimi si vedono privati di quelle agevolazioni e risorse, quali assegni familiari, sconti scolastici, di cui usufruiscono impunemente i di-sonesti, penalizzando quei cittadini a cui spetterebbero

per legge. Come affermava giustamente l’ex ministro dell’ economia,Tommaso Padoa Schioppa, ”Chi evade, mette le mani nelle tasche dei cittadini onesti”. Talvol-ta accade che le categorie meno abbienti evadano le tasse per l’impossibilità economica di assolvere agli ob-blighi fiscali. In questi casi si propenderebbe a ritenere l’evasione persino eticamente necessaria. A prescindere dalle situazioni particolari, bisogna com-prendere che l’ evasione innesca una serie di effetti a ca-tena. Se si riducono, infatti, le entrate dello Stato, dimi-nuiscono le risorse per la collettività, con conseguente peggioramento della qualità dei servizi nei settori- chia-ve, quali Sanità e Istruzione. Diminuiscono anche i fondi per finanziare la crescita economica, con conseguente deficit e debito pubblico. Lo Stato è costretto pertan-to ad aumentare ulteriormente le tasse e il prelievo fi-scale, con effetti recessivi sui redditi e sui consumi. In definitiva, l’evasione è un comportamento eticamente riprovevole e inaccettabile, perché danneggia tutti e, quindi, è da condannare con grande determinazione. Come ha scritto il giornalista Nicola Porro: ”Chi ruba i soldi al fisco fa concorrenza sleale agli onesti. E, soprat-tutto, in momenti di crisi rischia di sopravvivere a dan-no dei galantuomini”. E’ opportuno quindi che il Gover-no adotti misure sempre più efficaci contro gli evasori, per indurli ad una maggiore onestà fiscale e per ridurre le diseguaglianze sociali, coniugando equità e crescita economica.

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Paghiamo tutti...per pagare meno!di Federica Angela Candelieri, III B

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Futuro da dis-occupatidi Antonio Bruno, II A

Sin dall’antichità l’uomo ha sempre cercato un lavoro per procurarsi il necessario per vivere e rendersi utile nella società. Nei tempi attuali, per quanto ci si sforzi di trovare lavoro, non si riesce a causa di un fenomeno dilagante: la disoccupazione. I dati dell’Istat ci rivelano che nel 2011 la disoccupazione era in diminuzione, pari all’8%, mentre in gennaio 2012 essa è salita fino al 9,2%. Il dato più allarmante, però, è la disoccupazione giova-nile che è al 31,1%; infatti sono i giovani a risentire di più di questo fenomeno.Questo problema scaturisce da una serie di fattori deri-vanti dalla crisi finanziaria, da scarsi investimenti da par-te dello Stato e da riforme inadeguate. Il governo Monti ha aumentato l’età di pensionamento; così tutti gli at-tuali lavoratori, ormai anziani e stanchi, devono conti-nuare a lavorare fino a settant’anni, mentre i giovani si ritrovano senza lavoro, pur avendo laurea e specializza-zione. Questo non sprona i giovani ad impegnarsi negli studi e a cercare di migliorare la nostra società, perché il loro futuro è privo di prospettive e si presenta come un cammino molto tortuoso, del quale non riescono a vedere la fine. Quindi molti giovani sono costretti a

trovare lavoro altrove e così anche l’Italia si impoverisce sempre di più a livello culturale. L’ex ministro Giulio Tre-monti ha affermato: ”L’Italia è un paese che offre posti di lavoro e lo dimostra il fatto che tutti i 4 milioni di im-migrati che sono arrivati da noi negli ultimi anni sono occupati. Di fronte al problema della disoccupazione giovanile, che in Italia sfiora il 30%, è quindi forse il caso di chiedersi se i giovani siano effettivamente disposti a cogliere le occasioni di lavoro che vengono loro offer-te”. In risposta a Tremonti si può affermare che i giovani lavorerebbero se non fossero presenti problemi come corruzione, clientelismo, ovvero ottenere qualcosa in cambio di voti, modalità che dovrebbero essere sosti-tuite dalla meritocrazia e dalla valorizzazione della cul-tura. I giovani chiedono solo che i loro sacrifici vengano riconosciuti e valorizzati, in quanto non a tutti interessa ricorrere a raccomandazioni e imbrogli per ottenere un posto di lavoro. E’ importante che vada avanti chi vale davvero e chi, un giorno, darà un valido contributo alla comunità. Non dimentichiamoci che il futuro è inno-vazione, fantasia e anche un po’ di innocente pazzia, e dove trovare tutto questo, se non nei giovani?

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Giovani “bamboccioni, mammoni e sfigati”di Francesco Serio, I B

Siamo una generazione tradita dagli “adulti”, che han-no determinato lo sfascio morale, politico e sociale e hanno privato del futuro i giovani. Il problema vero è l’ingresso nel mondo del lavoro. Trovare lavoro oggi è sempre più difficile. Abbiamo non la percezione, ma la certezza di non poter sognare e costruire un domani. Il lessico inopportuno dei ministri suscita inquietudine e indignazione, perché incapace di comprendere la re-altà sociale del Paese. Saremo anche dei bamboccioni,

pigri, inchiodati irresponsabilmente in casa con mam-ma e papà, ma spesso è per le difficoltà economiche e non per la pigrizia che siamo costretti a rimanere nelle famiglie. Ci hanno tolto i sogni ma non ci toglieranno la voce. Dappertutto nasceranno punti di incontro multie-tnici e globali, perché questa lotta per la sopravvivenza faccia meno danni. La democrazia su Internet è fatta a misura per i giovani. E’ bene che imparino presto ad

usarla. Si legge attraverso i blog che giovani e donne, grazie a una maggiore flessibilità, riescono ad entrare nel mercato del lavoro e a costruirsi un percorso di vita. I migliori, quelli veramente bravi, sono disposti a fare sacrifici e ad affrontare nuove esperienze per realizzare le proprie aspirazioni. Per gli altri, i più deboli, i meno preparati, i mal consigliati, la flessibilità può diventare una trappola. Vivranno invisibili, senza speranze e senza risorse, condannati ed esposti a forme di sfruttamento

per non morire di fame. Il nodo non è la mobilità, ma l’instabilità del posto di lavoro. Viviamo un momento estre-mamente difficile. Sarà pur vero che, soprattutto, nelle società meridionali, veniamo coccolati e protetti dai nostri genitori, per i quali la parola “preca-rio” suona come una condanna, ma è assurdo considerare il precariato una sorta di condanna sociale che aspetta al varco i giovani. Il mondo moderno chiede grande esperienza di flessibili-tà, mentre noi viviamo nella cultura del posto fisso, che è in drastico calo da più di venti anni. Occorre eliminare la fles-sibilità cattiva, limitando tutte le forme di abuso in difesa della flessibilità buo-na. Il precariato va superato; i giovani sono coscienti che non svolgeranno lo stesso lavoro per tutta la vita.

I sindacati e le classi dirigenti nulla hanno fatto né han-no presentato alcun progetto che garantisca il passag-gio da un posto di lavoro ad un altro, innalzi la qualità della vita e la produttività e, soprattutto, lotti contro l’umiliante familismo che porta i figli dei politici e dei potenti a scalare rapidamente la piramide sociale. Con la flessibilità si può convivere, la si deve trasformare in preziose e “non noiose” opportunità.

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Non sottovalutiamo il valore di una vitadi Antonello Tangredi, II AT

Gli europei di calcio 2012 saranno disputati in Polonia e in Ucraina, paesi che hanno dovuto sostenere sforzi notevoli per ospitare l’evento. In Ucraina, in particolare, uno dei maggiori problemi era quello dei cani randagi che circolano in decine di migliaia per la capitale, Kiev. Per risolvere tale problema, la UEFA avrebbe destinato 4 milioni di euro allo stato ucraino, da investire nella costruzione di canili e nell’organizzazione di program-mi per l’affidamento dei cani alle famiglie. Questi sol-di sono magicamente scomparsi. Allora come liberarsi dei cani randagi? Semplicissimo: gli abitanti del luogo hanno iniziato ad uccidere le povere bestie, ricorrendo ai metodi più svariati: il veleno, le bastonate ed anche le fucilate. Sono circa 30.000 i cani uccisi. Vari video su you tube e sulla rete sono una testimonianza inequi-vocabile di tali crudeltà. Questi atti atroci e disumani sono davvero sconvolgenti, e cosa ancora più grave, il disinteresse diffuso nella popolazione. Questo crimine ingiustificato accade soltanto per permettere il regolare svolgimento di un campionato. Ebbene, il valore di una vita, o meglio di migliaia di vite, è meno importante del divertimento di un tifoso?

I cani sono esseri fantastici, accompagnano il proprio padrone nella vita di ogni giorno senza aver paura di mostrare il loro affetto, lo seguono ovunque e comun-que con fedeltà, sono pronti ad affrontare grandi peri-coli per proteggerlo e gli vorranno sempre e comunque bene. Eppure l’essere umano, nella sua brutalità, è ca-pace di spegnere una vita tanto dignitosa con freddo cinismo: un atteggiamento come questo dovrebbe es-sere condannato, tuttavia si continua a non fare niente. 

Il cane resta accanto al padrone nella prosperità e nella povertà, nella salute e nella malattia.Pur di stare al suo fianco dorme sul terreno gelido, quando soffiano i venti invernali e cade la neve. Bacia la mano che non ha cibo da offrirgli, lecca le ferite e le piaghe causate dallo scontro con la durezza del mondo.Veglia sul sonno di un povero come se fosse un princi-pe.

George Graham Vest

Westminster, tra patria e noncuranzadi Valentina Magno, I B

Noi Italiani venderemmo mai il Colosseo per via di un suo crollo imminente? O magari venderemmo mai la Torre di Pisa solo perché, mantenerla in piedi, ha un co-sto elevato? Insomma, cosa faremmo noi se un edificio storico italiano stesse venendo giù? Si può mettere in ombra il senso patriottico a causa del denaro? Proba-bilmente il popolo inglese si sta ponendo quest’ultima domanda. Westminster e il Big Ben, infatti, stanno spro-fondando nel Tamigi.Il Palazzo del Parlamento inglese fu costruito nel 1097, ma di quel primo edificio non rimane più nulla. Con-cepito come residenza del sovrano, nel 1295 divenne sede del Model Parliament, primo Parlamento ufficiale inglese. Tuttavia rimase la principale residenza reale fino al 1529. Il 16 ottobre 1834, Westminster fu distrut-to in parte da un incendio. I lavori di ristrutturazione si protrassero tra il 1840 e il 1870 circa. Fu durante questi lavori che venne aggiunta la nota Clock Tower detta Big Ben, costruita in stile gotico come il resto del palazzo. Visitato da milioni di turisti all’anno, Westminster è una

delle principali attrazioni di Londra. Ora si rischia di per-derlo per sempre. I lavori di ristrutturazione verrebbero a costare un miliardo di sterline. Alcuni trovano “illogi-co” spendere “un miliardo di sterline per un complesso che vale un miliardo”. Quindi il Primo Ministro David Ca-meron ha ben pensato di fare due più due. Ha dichiara-to, infatti, che si potrebbe vendere l’intero complesso ai russi o ai cinesi a prezzo pieno e lasciare a loro i costi di ristrutturazione. Ma ne varrebbe davvero la pena? Gli edifici storici- così come l’intero patrimonio artistico e culturale –rappre-sentano parte di una Nazione. Vendere il Colosseo sa-rebbe come vendere un pezzetto di Italia. Per di più a chi? Ai cinesi, ovvio. Una sorta di colonizzatori moderni, si direbbe. Ormai comprano e vendono di tutto in ogni parte del mondo. Sarebbe un dolore, certo, vedere il Colosseo nelle loro mani, ma non una sorpresa. In ogni caso, gli Inglesi venderanno o no una parte di Inghilterra?

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Roma 1960-2020di Vincenzo Ambrosio, II C

Abebe Bikila vince per l’Etiopia, gareggiando scalzo nel-la maratona tra i fori imperiali; la gazzella nera Wilma Rudolph degli Stati Uniti d’America vince le gare veloci, anche se colpita da poliomielite nell’infanzia; l’italiano Livio Berruti si impone nella distanza doppia; Cassius Clay trionfa nel pugilato; tra le novità la scherma elet-trica e il canottaggio, la presenza in uno stesso villag-gio di americani e di sovietici in piena guerra fredda e la Rai che, per la prima volta, con 106 ore di trasmissione copre tutto il calendario delle gare. Questi sono alcuni degli avvenimenti che hanno reso famosa l’Olimpiade di Roma del 1960, l’ultima Olimpiade a misura d’uomo e la prima che vede, l’avvento della tecnologia e dell’im-magine. E’ questa una delle più belle Olimpiadi dell’era moderna, simbolo del “boom economico”.In attesa dei giochi di Londra, in programma per questa estate, si è parlato molto di una possibile candidatura dell’Italia, come nazione ospitante dei giochi olimpici nel 2020. Proposta che il nostro governo non ha accet-tato, deludendo così le aspettative degli Italiani. Il no-stro presidente del Consiglio Monti ha motivato que-

sta decisione sostenendo che non sarebbe coerente coinvolgere l’Italia in questa manifestazione per non sottrarre il denaro ai contribuenti. Questa scelta è sta-ta condizionata soprattutto da due importanti fattori: la crisi economica odierna e l’incertezza sui costi (circa 9.8 miliardi previsti). I costi dei giochi olimpici di Atene 2004 hanno determinato, infatti, conseguenze negati-ve sull’economia del Paese, mentre le spese per i giochi di Londra 2012 sono raddoppiate. Questa decisione non è stata condivisa da tutti, come dal sindaco di Roma, dal comitato organizzatore, dal CONI, dal PDL che la definisce un errore, al contrario del PD che la condivide. Peccato! Il logo era già stato scelto e il parco olimpico già progettato; chissà quan-te novità avremmo potuto vedere in questa edizione e quante emozioni avremmo provato. Le città candidate per le Olimpiadi del 2020 sono: Tokio, Madrid, Istanbul, Doha e Baka e la scelta definitiva avverrà nel 2013. Non ci resta che goderci questi giochi e sperare in un ottimo esito per la nostra nazione a Londra nel 2012.

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FOCUSLe ombre dietro Hitlerdi Antonio Bruno, II A

Un’idea, quando nasce nella mente di un uomo, deve essere condivisa da più persone per essere ritenuta va-lida. È proprio su questo che si è basata l’ideologia di un politico tedesco salito al potere nel 1933: Adolf Hitler. Nella mente deviata di quest’uomo, questa idea crebbe e arrivò a influenzare moltissimi individui. Questa idea era far diventare la Germania la nazione più potente al mondo, liberarla dai vincoli economici e sociali, ai quali era stata sottoposta in seguito alla Prima Guerra Mondiale, sfruttando l’odio del popolo tedesco verso gli ebrei. Hitler riteneva gli ebrei responsabili della crisi econo-mica tedesca, della sconfitta della Germania nella Guer-ra, di essere un male da estirpare. Le idee, per quanto possano essere rivoluzionarie ed avere un grande con-senso tra il popolo, necessitano di individui capaci e, in questo caso, spietati per essere confermate e incitate. Questi uomini erano molti, tra i più importanti: Heinrich Himmler, Adolf Eichmann, Josef Mengele, Hermann Göring, Martin Bormann. Tutti questi “uomini” formaro-no insieme ad Hitler un gruppo tra i più spietati, violenti e sadici che la storia abbia mai conosciuto. Tutti questi uomini avevano un ruolo preciso, erano pedine e, chi più chi meno, erano capi. Questo governo non nacque dalla follia di un uomo ma fu una sistematica e precisa organizzazione delle cariche istituzionali: Himmler era comandante della polizia e delle forze di sicurezza, non-ché ideatore dei campi di concentramento; Eichmann era il “contabile”, cioè si occupava di tenere il conto delle morti e le programmava anche al mese, al giorno, all’o-ra; Mengele era invece il medico che si occupò di con-durre esperimenti indescrivibili per la loro brutalità e violenza. Figure meno importanti, ma comunque signi-ficative, furono Göring, capo dell’aviazione e Bormann, segretario personale di Hitler e capo della cancelleria tedesca. Tutte queste figure consigliarono Hitler nelle sue scel-te e lo convinsero a prendere decisioni, anche se Hitler manteneva comunque il suo potere. Tutti i suoi “con-

siglieri” si mostrarono per ciò che erano realmente, abbandonando il Fuhrer, quando la guerra era persa. Ecco il risultato del incontro di tante menti deviate e di un’idea perversa che li accomunava: circa 6 milioni di ebrei sterminati, moltissime vittime civili e militari della guerra, vittime segnate per sempre, il terrore che possa di nuovo verificarsi una tragedia simile. Proprio per evitare che ciò possa ripetersi è stato in-detto il Giorno Della Memoria, 27 gennaio, giorno che coincide con l’anniversario della liberazione del campo di sterminio più famoso al mondo: Auschwitz. In questo campo venne anche rinchiuso il famoso scrittore, Primo Levi, che è stato testimone e vittima di ciò che avveniva all’interno del campo e ha descritto l’orrore nel libro “Se Questo è Un Uomo”. Lo scrittore paragonava l’insegna sul cancello di ingresso nel campo Auschwitz, “arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi), all’ingresso dell’infer-no dantesco:”Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente.” Il viaggio verso Auschwitz è un viaggio verso l’inferno. L’autocarro che trasporta i prigionieri rievoca la barca che traghetta le anime dannate al di là del fiume Ache-ronte. Il soldato tedesco che li sorveglia è come Caron-te, ma invece di gridare “guai a voi, anime prave”, chiede loro danaro ed orologi. Nei gironi dell’Inferno dantesco venivano collocati tutti coloro che avevano commesso un crimine, coloro che avevano infranto regole, tradito, ucciso e ingannato. Ad Auschwitz non vi erano malvagi, ma solo persone che non avevano altra colpa se non quella di essere ebrei. Questo sterminio non fu frutto della semplice follia, ma dell’opera incontrollata di un gruppo di uomini, semplici uomini.

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2012: la fine della vita sulla terradi Valentina Magno, I B

La vita sulla terra terminerà nel 2012? Per chi è convinto di si, ora ha una nuova causa a cui attribuirne la “colpa”: l’attività solare.Circa ogni undici anni il Sole entra in una fase di inten-sa attività, caratterizzata da tempeste ed eruzioni so-lari. Durante questo periodo, la nostra stella sprigiona grandi quantità di particelle che, spinte dal vento sola-re, viaggiano per migliaia di chilometri, raggiungendo anche la Terra. Le particelle entrano in contatto con il campo elettromagnetico terrestre, causando non pochi danni.Nel 1859, una violenta tempesta solare colpì la Terra e bloccò le co-municazioni, brucian-do i cavi dei telegrafi. Si verificarono inoltre strani fenomeni, come le aurore “boreali” vi-sibili dall’Italia o da Cuba. Nel 1921 le linee elettriche e telefoniche furono fuori uso. Ci si domanda, quindi, quali conseguenze avrebbe una tem-pesta solare di tali dimensioni oggi. La nostra società ormai è basata sulle telecomunicazioni. Corti circuiti e blackout sarebbero “catastrofici”. Il 2012 segna l’inizio di uno dei periodi di attività del Sole e si prevede che durerà fino al 2014. Proprio per questo motivo si sta diffondendo il catastrofismo. Molti, infatti, credono nella profezia Maya, secondo cui la vita sulla Terra avrà fine il 21 Dicembre 2012. Le ipotesi abbonda-no. C’è chi pensa che un lontano pianeta, Nibiru, si stia dirigendo verso la Terra e che presto i due corpi celesti si scontreranno. Impossibile, dal momento che i pianeti

seguono orbite precise attorno alla propria stella. E poi, se un corpo celeste stesse per entrare in collisione con la Terra, lo sapremmo da almeno quattro anni. Secondo altri, invece, la Terra e il Sole si allineeranno con il centro della Galassia con conseguenze catastrofiche. Ipotesi da scartare, quest’ultima, dal momento che il temuto allineamento avviene ogni anno il giorno del solstizio d’inverno e non è mai successo niente. Le ipotesi sono le più disparate, c’è chi teme il peggio. E pur di dimo-strare di avere ragione, ci si inventa di tutto.Bisogna correre realmente ai ripari e prepararsi al peg-

gio?E’ da escludere. La gente sta approfit-tando in ogni maniera di questa situazione. In Messico sono stati costruiti dei bunker e sono già molte le pre-notazioni per il fatidi-co giorno. Gli abitanti delle antiche terre dei Maya già godono nel

pensare al numero dei turisti che faranno rialzare incre-dibilmente l’economia locale. Questa è solo una scusa. Un colossale pretesto per far soldi alle spese di gente ingenua che si lascia trascinare in questo clima di catastrofismo comune. Non dimenti-chiamoci che il calendario maya è un calendario come tutti gli altri e che il 21 dicembre 2012 indica solo quella che, per loro, sarebbe stata la fine di un’era. Un cam-biamento, ma da accogliere con gioia. Quindi, nulla di male.Allora perché ci crede sempre più gente?

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Il Capodanno cinesedi Laura Morano, I B

Quest’anno per i Cinesi il Capodanno è coinciso con il 23 gennaio, data in cui ricorre il primo novilunio dell’anno. I Cinesi, infatti, seguono un calendario lunisolare e non quello Gregoriano da noi utilizzato. I festeggiamenti organizzati in onore dell’anno nuovo sono spettacolari non solo nella loro Patria, ma anche nei Paesi in cui vi-vono comunità cinesi, come in Italia.Il 2012 per la cultura cinese è un anno molto importan-te: l’anno del drago d’acqua. Il drago, l’unica figura mi-tologica dello zodiaco cinese, è simbolo di potere, ric-chezza, salute e fortuna, oltre a rappresentare lo stesso imperatore. I festeggiamenti durano quindici giorni, a partire dalla vigilia fino alla sera del quindicesimo gior-no, che termina di consuetudine con la festa delle lan-terne. Il mito cinese racconta che il Capodanno, chia-mato anche festa della primavera, risale ad un’antica leggenda secondo la quale in Cina abitava un grande mostro, Nian, che ogni dodici mesi si svegliava dal suo lungo letargo per mangiare uomini. Il mostro, però, aveva una tremenda paura del colore rosso e dei rumo-ri, cosicché i Cinesi, per spaventarlo e costringerlo alla ritirata, ogni dodici mesi festeggiavano il nuovo anno con canti, rumori assordanti e fuochi d’artificio, facen-do grande uso del colore rosso. Le fasi più importanti

della festività sono la danza del leone e la festa delle lanterne. La danza del leone consiste nello sfilare nel-la città in parata con un manichino, rappresentante un leone, che balla a ritmo di tamburi. Questa danza ha il fine di scacciare i demoni maligni e auspicare una for-tuna prospera per il nuovo anno. La festa delle lanter-ne, organizzata l’ultimo giorno di vacanze, consiste nell’ appendere ovunque nelle città delle lanterne, realizza-te con carte colorate e al cui interno vi è una candela accesa. Secondo un semplice meccanismo, la candela, producendo aria calda, determina il movimento delle pareti della lanterna, sulle quali vi sono disegnati dei cavalli, la cui ombra, all’esterno, dà l’impressione che stiano galoppando. I festeggiamenti della più impor-tante tradizione cinese terminano con questa festa e con numerosi fuochi d’artificio, ma soprattutto con la speranza che l’anno del dragone non deluda nessuna aspettativa. Conoscere ed apprezzare le tradizioni e la cultura degli altri popoli rappresenta l’unico sistema per rispettarsi a vicenda e procedere verso quel Neou-manesimo, auspicato da McLuhan, raggiungendo una reale integrazione fra i popoli, pur mantenendo la pro-pria identità storica, linguistica, politica e culturale.

Ecco l’hamburger che salverà il mondodi Antonio Filardi, II AT

Un team di ricercatori olandesi ha “creato” un ham-burger con cellule staminali bovine. Dovrebbe essere pronto in autunno, pur presentando due problemi: il costo (più di 250mila dollari) e la mancanza di sapore Un hamburger salverà il pianeta, migliaia di vite bovine, nutrirà la popolazione mondiale, ridurrà le emissioni di CO2 e insegnerà a Luca Giurato i congiuntivi. Un team d ricercatori olandesi, finanziati da un anonimo donatore, ha prodotto questo celebre alimento dalle cellule sta-minali bovine. L’ hamburger dovrebbe essere pronto in autunno, come ha annunciato Mark Post, direttore del dipartimento di fisiologia dell’università di Maastricht. Lo scopo di questa ricerca è quello di produrre carne (non necessariamente bovina) ad impatto ambientale sostenibile e rispondere alla continua richiesta di carne

a causa del continuo aumento della popolazione, come sottolineato da Post. Lo stesso afferma che l’allevamen-to bovino contribuisce al riscaldamento climatico con le emissioni di CO2, che rappresentano il 18% del totale delle emissioni di gas a effetto serra e quindi serve un’ alternativa. E l’alternativa potrebbero averla trovata questi ricer-catori olandesi che hanno creato un nuovo hambur-ger.  “Avremo bisogno di molto lavoro e denaro per rendere il processo efficiente e redditizio” ha sostenuto Mark, con la speranza che le tecniche di produzione mi-gliorino e che i costi si abbassino. Questi ritiene che sia necessario lavorare sul sapore separatamente, cercan-do quali componenti della carne producano effettiva-mente il gusto.

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Il fascino della chimicadi Antonello Tangredi, II AT

La chimica: “scienza centrale” che connette le altre scienze naturali. Grazie ad essa oggi  è possibile rispon-dere a molti quesiti e dubbi che prima erano avvolti da un alone di mistero e spiegare i fenomeni naturali.Tutto è chimica: le stelle sono gigantesche palle di idro-geno ed elio incandescenti, che bruciano in miliardi di anni; nelle stelle più vecchie si trova anche berillio, car-bonio, neon, magnesio, silicio, ferro e, in quantità mino-re, tutti gli altri elementi.                     Anche i fuochi d’artificio devono i loro vivaci colori a so-stanze chimiche aggiunte alla miscela combustibile: il blu è dato dal cloruro di rame, il verde dai composti del bario, il rosso dai Sali dello stronzio. (A proposito dello stronzio, chi non ha riso sentendo per la prima volta il nome di questo elemento?)Marte, il pianeta rosso, deve il suo colore all’ossido di ferro, di cui sono costituite le sue rocce.   Stupirà molti sapere che anche l’amore è tutta una que-stione di chimica. È dovuto ad un insieme di reazioni e interazioni fra i cervelli di due persone, in cui entrano i n gioco sostanze dal nome strano e difficile da pronun-ciare, come feniletilammina, testosterone, ossitocina, vasopressina.    Queste sostanze chimiche nascono dalla combinazio-

ne dei 92 elementi presenti in natura, ordinatamente incasellati nella colorata tavola periodica, con cui tutti i liceali devono, prima o poi, avere a che fare.Il bello di questi elementi, suddivisi in varie famiglie in base alle loro caratteristiche, è che hanno comporta-menti specifici, comparabili ai vari atteggiamenti delle persone: c’è chi, come l’elio, difficilmente si lega agli al-tri; chi, al contrario, come il fluoro, reagisce con chiun-que, tanto da sembrare aggressivo ed avido.Alcuni elementi come il rame, che sono conosciuti dall’uomo fin dall’antichità, stupiscono sempre. Sono molto belli i sali dai colori vivaci che il rame forma e che spesso lasciano meravigliati.Gli altri elementi, scoperti da poco, presentano il fasci-no del mistero che li ricopre e li rende ancora più in-teressanti: questo perché sono ancora da analizzare e comprendere ed hanno tanto da offrire.E ci sono anche elementi noiosi come lo zinco, dal colo-re grigio, che forma sali incolori.Il bello della chimica è appunto la varietà: sostanze di diversi colori e caratteristiche che affascinano sempre e suscitano stupore.

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La vendetta di Artemisiadi Maira Magno, IV AL

Giuditta che decapita Oloferne, Artemisia Gentileschi (olio su tesa, cm 158,8x125,5, Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte)

Rimase solo Giuditta nella tenda e Oloferne buttato sul divano, ubriaco fradicio (Giuditta 13,2)... Avvicinatasi alla colonna del letto che era dalla parte del capo di Oloferne, ne staccò la scimitarra di lui; poi, accostatasi al letto, afferrò la testa di lui per la chioma e disse: “Dammi forza, Signore Dio d’Israele, in questo momento”. E con tutta la forza di cui era capace lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa ( Giuditta 13,6-8)...Poco dopo uscì e consegnò la testa di Oloferne alla sua ancella….

L’episodio di Giuditta ed Oloferne dell’Antico Testamen-to è stato rappresentato in pittura da molti artisti famo-si. Ad eccezione di Giuditta e Oloferne del Caravaggio, conservata a Roma, Palazzo Barberini, nella Galleria Na-zionale d’Arte Antica, mai nessuno è riuscito a raffigura-re una scena così crudele come quella che ritroviamo nel dipinto olio su tela di Artemisia Gentileschi.

Artemisia nacque a Roma intorno al 1593. Fin da picco-la, incoraggiata dal padre Orazio, anch’egli pittore e se-guace del Caravaggio, prova una forte passione per la pittura. In giovane età, Artemisia venne violentata dal pittore Agostino Tassi, un amico di famiglia, ed ebbe il coraggio di rendere pubblico lo stupro e di affrontare un processo che la violentò ancor più nel suo profondo. Dopo questa esperienza traumatica, riprese a dipinge-

re per superare la rabbia e la disperazione.

“Giuditta che decapita Oloferne”, conservata al Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli, è la rappresen-tazione di un episodio del libro di Giuditta, nell’Anti-co Testamento: la donna, insieme ad una sua ancella, durante una guerra si recano nel campo nemico per decapitare il feroce generale assiro, Oloferne. Con una brutalità vista di rado nell’arte, Artemisia si ritrae nel ruolo di Giuditta che decapita Oloferne, che ha il volto di Agostino Tassi. Il volto di Oloferne, sofferto e avvilito, viene tenuto fermo con forza, freddezza e distacco da Giuditta. La posizione del corpo della donna rimane at-tenta a non sporcarsi le vesti. Un altro dettaglio cruento è il sangue che cola lento dal collo di Oloferne, con lun-ghe gocce che si riversano sul lenzuolo. Il fine di Arte-misia sembra quello di diventare spietata e di vincere l’uomo con le sue stesse armi: la violenza. In chiave psicologica i critici hanno interpretato il qua-dro come desiderio di vendetta a seguito della violen-za sessuale subita dall’artista. Questo quadro diventa il suo grido di dolore e la pittura è il mezzo per capire la sua “rabbia”.

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Plutone: il nano bastardodi Antonello Tangredi, II AT

Fin dagli albori dell’esistenza, l’uomo si è fermato ad os-servare il cielo e, non conoscendo la natura delle stel-le e dei pianeti, ha cercato un significato da attribuire loro. E’ noto che il nostro piccolo e fragile pianeta azzur-ro si trova in una famiglia di corpi celesti che ruotano intorno al sole.In tutto sono otto i pianeti a ruotare intorno al Sole, no-nostante fino a pochi anni fa fossero nove. Plutone nel 2006 è stato declassato a pianeta nano. Cosa c’è da dire? Povero Plutone! Cosa ha fatto per meritarsi ciò? Niente in realtà, semplicemente gli scienziati hanno dato una definizione al termine “pianeta” e Plutone non rientrava nei parametri necessari per essere considerato tale.Plutone è sempre stato un tipo “speciale” a causa delle sue caratteristiche anomale: ha un’orbita fortemente eccentrica ed inclinata rispetto all’eclittica e presenta dimensioni molto modeste.Nonostante non sia più un pianeta, Plutone fa ancora parlare di sé: questo, perché è un corpo celeste miste-rioso a causa della sua grande distanza dal Sole e dalla stessa Terra. Desta molta curiosità e fin dalla sua scoper-ta, avvenuta nel 1930, ha sempre affascinato le menti degli scrittori del genere fantascientifico.Ad accompagnare Plutone, nel suo moto attorno al Sole, ci sono alcuni compagni: Caronte, il suo satellite principale, che ha una massa di circa la metà rispetto a Plutone; Idra e Notte, altri due satelliti minori ed un altro satellite scoperto molto recentemente, per ora de-nominato S/2011 P 1 . La categoria in cui oggi Plutone rientra, i “pianeti nani”, non sono altro che corpi celesti abbastanza grandi da

mantenere forma sferoidale, ma non abbastanza da aver ripulito la loro orbita da asteroidi e rocce di pic-cole dimensioni. In questo gruppo rientrano Cerere, il più grande asteroide della fascia principale, Heumea, un piccolo corpo celeste a forma di uovo, Makemake, dalla superficie rossastra ed Eris, che è addirittura più grande di Plutone.Plutone si trova in una zona del sistema solare ester-na all’orbita di Nettuno, dove sono presenti moltissimi asteroidi composti da rocce e ghiaccio. Questa zona, detta fascia di Kuiper, è lontana 30 unità astronomiche dal Sole ed è particolarmente interessante anche per il fatto che è comunque poco esplorata a causa della lontananza. Oltre la fascia di Kuiper, a circa 1,5 anni luce dal Sole, gli scienzati pensano che si trovi la cosiddetta “nube di Oort” , una vera e propria nube sferica che rac-chiude il sistema solare e da cui si pensa provengano gran parte delle comete.Fino ad oggi, a causa della grande distanza, Plutone non è stato avvicinato da alcuna sonda o satellite, no-nostante sia costantemente studiato dal telescopio spaziale Hubble. E’ stata lanciata nel 2006 la sonda spa-ziale “New Horizons” e nel 2015 dovrebbe avvicinarsi al pianeta nano, mostrandoci finalmente il suo vero volto. Il nome dato alla sonda non è scelto a caso. L’esplora-zione di un corpo celeste così lontano dalla nostra Terra è un evento molto importante e rivoluzionario, è ap-punto un nuovo orizzonte, una meta da raggiungere che ci farà comprendere meglio il funzionamento del nostro universo, così grande e così misterioso.

Gli Stati Uniti tra neoimperialismo e ipocrisiadi Shary Mitidieri, V AL

Sono la patria della Coca-Cola, di Walt Disney, della Bar-bie, dei jeans, di Madonna. Uno solo di questi nomi fa subito venire in mente gli Stati Uniti. Li immaginiamo come la terra della libertà, della ricchezza, delle luci, della vita notturna, dello shopping sulla 5th Avenue, delle ragazze da copertina. Chi non vorrebbe vivere in America? Quello che non ci viene detto è che que-sto paese, il più “liberale” e “democratico” del mondo, è responsabile di numerosi conflitti di cui abbiamo avu-to notizia negli ultimi decenni. E anche di quelli di cui non abbiamo avuto notizia, a dire il vero. Tutti abbia-

mo sentito (stra)parlare della guerra del Vietnam, ma quasi nessuno sa che, quando gli obiettivi dei bombar-damenti in Vietnam non potevano essere raggiunti a causa del maltempo, le bombe venivano sganciate sul Laos, che per nove anni è stato devastato. Ancora oggi, allontanandosi dai sentieri battuti, si rischia di inciam-pare in un ordigno inesploso. Quello che ci raccontano è la classica storia che viene ripetuta sin dalla scoperta dell’America: la favola dell’uomo bianco che si assume un carico pesante, un fardello gravoso, quello di civiliz-zare i paesi più “arretrati”., tra i quali, a sorpresa, compa-

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re anche l’Italia. Le basi statunitensi in Italia sono 89 (ri-spettivamente 41 per la marina, 33 per l’aviazione e 15 per l’esercito), e contano circa 17000 militari. Altre basi americane sono distribuite non solo nei territori annes-si agli Stati Uniti come il Portorico, ma anche in paesi formalmente indipendenti come la Germania o addirit-tura il Giappone. Si calcola che il 10% delle risorse mili-tari degli USA si trovi all’estero e, quello che preoccupa, è che le basi statunitensi non siano esattamente dei villaggi Valtour, ma veri e propri arsenali che contengo-no non solo le cosiddette armi convenzionali, come le bombe a grappolo, ma anche armi nucleari, chimiche e –udite udite- biologiche. Quest’ultima informazione, in realtà, dovrebbe sorprendere ben poco, visto che una forma rudimentale di attacco con armi biologiche è stata utilizzata già nell’Ottocento, durante il periodo di conquista del Nord America, quando gli americani dif-

fusero il vaiolo tra i pellerossa e, prima ancora, al tem-po dei conquistadores, con lo sterminio sistematico di 18 milioni di Indiani d’America. Un genocidio talmente efferato che Hitler l’ha preso ad esempio nell’elabora-re la soluzione finale. A buon intenditor, poche parole! La prossima volta che sentirete definire gli Stati Uniti il paese più democratico e liberale del mondo, fatevi del-le domande. Si può definire liberale una nazione che di recente ha avuto come Presidenti ex militari o capi della CIA, o in cui il tasso di detenuti stranieri è sette volte superiore a quello dei detenuti americani, o an-cora, dove l’alfabetizzazione per la maggior parte dei cittadini di colore è un’utopia? Chiedetevi questo, la prossima volta che vi parleranno di concetti ossimorici come “missioni di pace”, “guerre giuste” o “bombe intel-ligenti”.

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PASSIONIBianca come il latte, rossa come il sanguedi Selene Romano, I B

Il romanzo d’esordio di Alessandro D’Avenia “Bianca come il latte, rossa come il sangue” è una dolcissima storia d’amore capace di suscitare forti emozioni, scrit-ta da un professore di liceo, che racconta l’adolescenza dal punto di vista dei ragazzi, descrivendo con sempli-cità e delicatezza alcuni aspetti della vita, difficili da vi-vere e da comprendere in quell’età.Leo, il protagonista del romanzo, è un sedicenne come tanti: ama il calcetto, stare con gli amici e non si separa mai dal suo IPod. Le ore trascorse a scuola sono molto noiose, ma un giorno arriva un nuovo supplente di Sto-ria e Filosofia, diverso dagli altri insegnanti, che riesce a coinvolgere maggiormente gli alunni, esortandoli a scoprire ciò che davvero interessa loro. Il professore li sollecita anche a vivere intensamente i sentimenti e a credere nei sogni. E un sogno Leo ce l’ha e si chiama Beatrice, anche se lei non lo immagina nemmeno. “Ogni cosa è un colore. Ogni emozione è un colore”. Leo odia il bianco, colore del silenzio, colore che per lui non è tale. Egli ama, invece, il rosso, colore della passione, dell’amore e dei capelli di Beatrice. Un giorno, però, Be-

atrice si ammala e, quando Leo scopre che la sua ma-lattia riguarda quel bianco che lo spaventa così tanto, dovrà lottare con sé stesso per provare a salvarla. E sarà anche il nuovo supplente di Storia e Filosofia, con le sue lezioni, ad aiutarlo a credere nei sogni e che questi non possono morire e, quindi, a spingerlo a credere in qual-cosa di più grande.Questo libro, tratto da una storia vera, fa riflettere mol-to soprattutto per i suoi riferimenti alla vita e ai sogni. Il testo racconta, attraverso il monologo di Leo, cosa suc-cede quando la vita di un adolescente è sconvolta dal dolore e dallo sgomento e il mondo degli adulti sembra non avere alcuna risposta da offrire ai giovani.E’ un romanzo molto bello e coinvolgente, perché il let-tore, più o meno giovane, può identificarsi nelle situa-zioni descritte, tipiche dell’età adolescenziale. Si consi-glia a tutti di leggerlo: un libro interessante, perché non pone in rilievo soltanto i sentimenti, ma è anche ricco di citazioni e immagini, elementi, questi, che possono offrire spunti per ulteriori riflessioni sul tema trattato.

War and love - Guerra e amoredi Lucia Benedetto, III D

War is like love, all is fair in war and love.But war destroys, love creates.War kills,Love unites.Both in war and love there’s painAnd people cry,But love is pink,War is blackWar is nothingLove is everything.

La guerra è come l’amore,Tutto è lecito in guerra e in amore.Ma la guerra distrugge, l’amore crea.La guerra uccide,L’amore unisce.In guerra come in amore c’è doloreE si piange,Ma l’amore è rosa,La guerra è neraLa guerra è nienteL’amore è tutto.

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Cara donnadi Valentina Magno, I B

Cara donna,fiore della vita di ogni uomo,egli ti attenderà e ti attenderàsenza accorgersi del tempo che passerà

L’uomo che in passatoti ha tanto disprezzatal’uomo che in passato ti ha tanto maltrattata,che a lungo nelle mura domestiche ti ha confinata,quell’uomo ora a te si chinaprendendosi cura della sua piccina.E ti copre di regali e di doni per avere solo un po’ del tuo amore.

Sotto il tuo balcone viene a far la serenatala voce tanto amatache ti riscalda il cuore.

E dopo tante sofferenzealla fine lo perdoni.E si nasconde dolcemente dietro un mazzo di mimose.

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Quando il sole accarezza il cielodi Lucia Benedetto, III D

Quando il sole accarezza il cielo,si allarga il mio orizzonte di felicità.Le lacrime si prosciugano,portandosi via il dolore.Emigrano da me.Quando il sole accarezza il cielo,i miei occhi brillano,diamanti iridescenti.Quando il sole accarezza il cielo,tutto è più dolce.È un nuovo giorno.

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DIVERTIAMOCI INSIEMERubrica curata da Antonello Tangredi

ORIZZONTALI1. Poliedro regolare a quattro facce.6. Lo è il metano a 25°c8. La stella più vicina alla terra9. Si addobba a Natale12. Modena13. Nucleo Aziendale Socialista14. Noto anfibio16. Istituto di ricerca sociale18. European Space Agency20. Metallo di transizione, numero atomico 7724. Sovrano di una contea

VERTICALI1. Elemento chimico, simbolo Ti2. Telegiornale3. Ravenna4. Lo è quello da stiro5. b2 - 4ac7. Metallo giallo e prezioso, ottimo conduttore di elet-tricità10. Locale pubblico in cui si consumano caffè11. Pronome personale terza persona plurale12. Motobarca anti-sommergibile15. Gas nobile per insegne luminose17. Affermazione19. Prima coniugazione21. Reggio Calabria22. Dopo Cristo23. Pronome personale prima persona singolare

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