Fattori di rischio e prevenzione della malattia celiaca Riccardo Troncone Dipartimento di Scienze...

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Fattori di rischio e prevenzione della malattia celiaca Riccardo Troncone Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali e Laboratorio Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti, Università Federico II, Napoli 10° Corso di Formazione Continua in Pediatria Napoli, 12 febbraio 2015

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Fattori di rischio e prevenzione della malattia celiaca

Riccardo Troncone

Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali e

Laboratorio Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti, Università

Federico II, Napoli

10° Corso di Formazione Continua in Pediatria

Napoli, 12 febbraio 2015

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Fattori di rischio e malattia celiacaFattori geneticiGeni HLAGeni non-HLA

Fattori non genetici/ambientaliAlimentazione nel primo anno di vita InfezioniAltri

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Risks for genotype groups in the population

Group Genotype DR Genotype group DQ Risk %

H1/H1 DR3/DR3 G1(Double DQ2)

21 %H1/H2 DR3/DR7

H2/H3 DR5/DR7G2

(DQ2 in trans) 17 %

H1/H3 DR3/DR5

G3(DQ2 in cis) 6 %H1/H4 DR3/DR4

H1/H5 DR3/DRX*

H2/H2 DR7/DR7

G4(1/2 DQ2 and/or DQ8)

5 %H2/H4 DR7/DR4

H4/H4 DR4/DR4

H5 altri G5 0,6 %

Risk for an individual to develop the disease according to his genotype group

Bourgey M. et al. Gut 2007;56:1054-9

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Un fratello di un celiaco probando ha un rischio di ricorrenza medio del 10% di sviluppare la celiachia;

Secondo l’HLA-DQ del probando, la stima del rischio per il fratello varia dal 2 al 14%

Secondo l’HLA dei genitori, la stima del rischio può essere rifinita dall‘1 al 29%

Nel 40% dei casi, l’HLA dei genitori sarà sufficiente a dare una stima accurata del rischio per il loro bambino. In altri casi sarà necessario conoscere il genotipo del bambino, subito dopo la nascita, al fine di dare maggiore precisione alla stima del rischio.

Valutazione del rischio

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Martin Kagnoff JCI, 2007

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Genetics of coeliac diseaseNon-HLA genes

- T-cell development in the thymus (THEMIS, RUNX3, TNFR SF14, ETS1)- Immune detection of viral RNA (TLR7-8)- T-B costimulation (CTLA4-ICOS-CD28, TNFR SF14, CD80, ICOS LG, TNFR SF9, TNF SF4)- Cytokine & chemokine receptors (2q11-12 ILR cluster (IL18 RAP), 3p21 chemokine (CCR5), 4q27 (IL2-21) , IL12A, TNFR

SF18, CCR4)- Non-identified pathways LPP Dubois et al. Nat Genet 2010;42:295-302

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It is possible to establish a “risk profile”

Frequency distribution of non-HLA risk alleles in Cases and Controls

Romanos J. et al. Gastroenterology 2009;137:834-40

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Fattori di rischio e malattia celiacaFattori geneticiGeni HLAGeni non-HLA

Fattori non genetici/ambientaliAlimentazione nel primo anno di vita InfezioniAltri

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L’allattamento al seno esclusivo o parziale riduce il rischio di celiachia?

L’allattamento al seno esclusivo o parziale influenza il momento della comparsa della malattia?

La durata dell’allattamento al seno è collegata al rischio di sviluppare la malattia?

Allattamento al seno e celiachia

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Breast feeding and coeliac disease Metaanalysis of observational studies

Akobeng et al, Arch Dis Child 2006; 91:39-43

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Studi osservazionali

Lo studio prospettico Generation R, population-based, ha dimostrato che l’allattamento al seno ≥6 mesi non diminuisce il rischio di autoimmunità celiaca nei bambini all’età di 6 anni

Lo studio prospettico BABYDIAB non ha riscontrato alcuna associazione tra la durata dell’allattamento al seno ed il rischio di autoimmunità celiaca

Allattamento al seno e celiachia

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Il “Norwegian Mother and Child Cohort Study” ha dimostrato che l’allattamento al seno per più di 12 mesi era associato ad un lieve aumento del rischio di celiachia

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N Engl J Med 2014;371:1295-1303

N Engl J Med 2014;371:1304-1315

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Lo studio PreventCD ha dimostrato che l’allattamento al seno, esclusivo o parziale, non influenza significativamente lo sviluppo della malattia

Lo studio CELIPREV ha dimostrato che la durata dell’allattamento al seno era simile nei bambini con celiachia ed in quelli che non avevano sviluppato la malattia

Allattamento al seno e celiachia

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Lo studio PreventCD ha dimostrato che allattare al seno al momento dell’introduzione del glutine non influenza significativamente lo sviluppo della malattia

Analogamente, lo studio CELIPREV non ha evidenziato un effetto protettivo legato all’introduzione del glutine durante l’allattamento

L’allattamento al seno al momento dell’introduzione del glutine è importante per ridurre il rischio di malattia?

Allattamento al seno e celiachia

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Studi osservazionali

L’introduzione al glutine, sia precoce (a meno di 3 mesi di età), sia ritardata (a più di 7 mesi di età), in bambini a rischio di sviluppare la celiachia ed il diabete mellito tipo 1, era associata ad un aumento del rischio di autoimmunità celiaca (Norris et al, JAMA 2005)

Lo studio prospettico norvegese ha dimostrato che l’introduzione del glutine a più di 6 mesi di età era associata ad un marginale aumento del rischio di celiachia (Stordel et al, Pediatrics 2013)

L’età di introduzione del glutine è importante ai fini dello sviluppo della malattia?

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324 CD su una coorte di 82167 di madri con figli Norvegia, metà con glutine a 4 mesi e metà a 6 mesi, 78% BF a 6 mesi

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ProtocolloARRUOLAMENTO (1307)

Famiglie con almeno un celiaco

NASCITA Tipizzazione HLA su cordone

Positività HLA DQ2/DQ8 (950) Negativi HLA DQ2/DQ8

• Allattamento al seno• Intervento tra 4-6 mese (100 mg gliadina/die)• Graduale introduzione del glutine dal 6°mese• Controlli clinici e sierologici ogni 3-6 mesi (AGAA-TGA)

Persistente positività dei test sierologici

Comparsa di sintomi

BIOPSIA INTESTINALE

Controllo clinico a 3 anni

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Incidenza cumulativa: 6% a 3 anni, 13.5% a 5 anni

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Nessuna differenza statisticamente significativa tra gruppo trattato con placebo e gruppo trattato con glutine

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Le femmine hanno un rischio aumentato di diventare celiache sia a 3 anni (8.9 vs 3.2%) sia a 5 anni (15.1 vs 5.9%) rispetto ai maschi, più evidente nel gruppo trattato con glutine.

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Rischio maggiore nei soggetti doppia dose di DQ2 (HLA class 1 risk): 14.9% a 3 anni e 26.9% a 5 anni.

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Studi osservazionali

In bambini con meno di 2 anni di età, il rischio di sviluppare la celiachia era maggiore nel momento in cui la quantità di glutine introdotta era alta rispetto a quelli che ingerivano una quantità di glutine piccola o media (Ivarsson et al, Am J Clin Nutr 2002)

La quantità di glutine ingerita al momento dell’introduzione di esso è un fattore di rischio per lo sviluppo della celiachia? Esiste una soglia oltre la quale il consumo di glutine favorisce la malattia?

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CD in Swedish 12-year-olds born during an epidemic

Myleus et al. 2009

7500 children7500 children 6000 children6000 children

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Significantly less CD in Swedish 12-year-old born after the epidemic

Myleus et al. 2009

3% CD3% CD 2% CD2% CD

P<0.05P<0.05

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Fattori non genetici/ambientaliAlimentazione nel primo anno di vita InfezioniAltri

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Rotavirus and Celiac Disease

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Regulatory T cells Foxp3

Oral Tolerance

Mesenteric lymph node

Peyer’s Patches

Gut lumen

Epithelium

Lamina propria

Tolerogenic DC

Gluten

Reovirus

Type 1 IFN

Mesenteric lymph node

IFN-IL-21

Gluten

Tolerogenic DC

Anti-Gluten T cells

Loss of oral tolerance

IFNγ

Inflammatory DC

ORAL TOLERANCE CELIAC DISEASE

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Incidenza cumulativa tra chi ha episodi infettivi respiratori nei primi 2 anni e chi non ne ha

L’incidenza di CD e’ molto maggiore nei soggetti con almeno un episodio infettivo repsiratorio nei primi

2 anni di vita..

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Dati più recenti non confermano precedenti evidenze in favore del ruolo svolto dall’età di introduzione del glutine e/o allattamento al seno

Il pattern di alimentazione nel primo anno di vita perde importanza, o almeno pare svolgere un ruolo minore, rispetto alla genetica vero fattore di rischio

Occorre tuttavia continuare ad esplorare i fattori di rischio ambientali (tipo di glutine, infezioni, microbiota) allo scopo di disegnare strategie di prevenzione nei soggetti a rischio

Conclusioni

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Ringraziamenti

Renata Auricchio

Luigi Greco

Valentina Bruno

Donatella Cielo

Martina Galatola

Valentina Izzo

Gianna Limongelli

Basilio Malamisura