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Fattori della Immunità Specifica Rappresentano il terzo livello di difesa dell’organismo e si caratterizzano per la maggiore specificità di azione in quanto diretti alla distruzione di uno specifico microrganismo. Caratteristico è il rafforzamento della risposta ad un determinato agente patogeno nel caso di una seconda infezione che esprime l’esistenza di una memoria immunologica. Anche nel caso della risposta immune specifica intervengono fattori Cellulari principalmente rappresentati dai linfociti Umorali principalmente rappresentati dagli anticorpi Di fatto la risposta umorale e cellulo-mediata concorrono a determinare in maniera sinergica l’efficacia della risposta immunologica.

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Fattori della Immunità Specifica

Rappresentano il terzo livello di difesa dell’organismo e si caratterizzanoper la maggiore specificità di azione in quanto diretti alla distruzione di unospecifico microrganismo.

Caratteristico è il rafforzamento della risposta ad un determinato agentepatogeno nel caso di una seconda infezione che esprime l’esistenza di unamemoria immunologica.

Anche nel caso della risposta immune specifica intervengono fattori

Cellulari – principalmente rappresentati dai linfociti

Umorali – principalmente rappresentati dagli anticorpi

Di fatto la risposta umorale e cellulo-mediata concorrono a determinare inmaniera sinergica l’efficacia della risposta immunologica.

Antigeni

Il termine antigene (Ag) è stato introdotto per indicare quelle sostanze ingrado di indurre la sintesi di anticorpi (antibody generator) da parte deilinfociti B.

Attualmente questo termine è utilizzato per definire tutte le molecole (dinatura proteica, polipeptidica o polisaccaridica), che possono esserericonosciute dagli elementi del sistema immunitario responsabilidell’immunità acquisita.

Gli antigeni di una certa complessità possono presentare più

epitopi o determinanti antigenici.

L’epitopo è la porzione dell’antigene che direttamente lega l’anticorpo e irecettori per l’antigene che intervengono nell’attivazione delle cellulecoinvolte nella risposta immune specifica.

L’antigene è di fatto l’elemento attivante la complessa serie di eventi checaratterizza la risposta immune specifica: eliminato l’antigene, cessal’azione del sistema immune

Organi linfoidi primari e secondari

Gli organi linfoidi primari, in cui avviene la formazione e/o

maturazione dei linfociti sono (nell’uomo):

Midollo osseo

Timo

I linfociti si originano nel midollo osseo da cellule staminali

pluripotenti emopoietiche da cui si originano gli elementi della serie

bianca del sangue e quindi anche i linfociti B e T.

Gli organi linfoidi secondari o periferici (linfonodi, milza, tonsille,

agglomerati linfoidi delle mucose dell’app. respiratorio e digerente)

sono distribuiti in diversi distretti dell’organismo e contengono oltre

ai macrofagi, linfociti B e T che qui stazionano temporaneamente.

Linfonodo

Negli org. Linfoidi secondari avviene il riconoscimento e l’attivazione dei linfociti ad opera degli antigeni.

I linfonodi svolgono un ruolo di filtro per gli antigeni estranei e per molti patogeni.

C’è un continuo ricircolo di Linfociti B e T che dai capillari sanguigni raggiungono aree distinte (corticale e paracorticale).

Sono presenti cellule accessorie (macrofagi e cellule dendritiche) che mediano il riconoscimentodell’antigene da parte dei linfociti T.

L’attivazione e proliferazione dei linfociti determina un ingrossamento del linfonodo (attivazione dei centri germinativi).

Linfociti B

Si formano e maturano nel midollo osseo da cui passano nel

sangue e negli organi linfoidi secondari.

Costituiscono circa il 10% dei linfociti del sangue periferico.

I linfociti B sono le uniche cellule in grado di produrre anticorpi

(Ab) e quindi mediano l’immunità umorale.

Essi esprimono sulla loro superficie recettori per l’antigene (B

cell receptor – BCR), costituiti da una Ig di classe M (IgM) e da

2 molecole accessorie Iga e Igb che concorrono alla

trasduzione del segnale, determinando l’attivazione del linfocita

che si trasforma in plasmacellula capace di produrre

attivamente e secernere, liberandoli nel sangue anticorpi

specifici per quel determinato antigene.

Linfociti T

Si formano nel midollo osseo e, ancora indifferenziati (preT) raggiungono ilTimo dove completano il loro processo maturativo.

Sono Liberati nel sangue e raggiungono gli organi linfoidi secondari.

Costituisono circa il 60-70% dei linfociti del sangue periferico ed intervengononell’immunità cellulare.

Essi esprimono sulla loro superficie recettori per l’antigene (T cell receptor –TCR), formato da 2 catene a e b (più raramente g e d) a cui si assoccia unmorcatore comune CD3 che fa parte del complesso recettoriale.

Si distinguono in due sottopopolazioni principali:

• Linfociti T helper (TH) – caratterizzati dalla presenza sulla loro superficiedella molecola CD4 (quindi CD4+) e che presiedono alla regolazione dellarisposta immune attraverso una serie di citochine da essi prodotte e cheagiscono su altre cellule coinvolte nella risposta immune.

• Linfociti T citotossici (CTL) – caratterizzati dalla presenza sulla lorosuperficie della molecola CD8 (quindi CD8+) e che presiedono alla rispostaimmune specifica cellulo-mediata, esercitando una azione tossica sullecellule con cui interagiscono.

Le molecole CD (Cluster Designation) sono molecole di superficie espresse dailinfociti che sono state nel tempo caratterizzate in numero sempre crescente eche consentono di tipizzare le numerose sottopopolazioni linfocitariecaratterizzate.

Riconoscimento dell’antigene

Il nostro repertorio immunologico si stima sia pari a circa 109-1011 specificità

diverse.

Le molecole in grado di legare l’antigene presenti sui linfociti sono:

Anticorpi o immunoglobuline, che legati in superficie costituiscono il BCR

Il recettore per l’antigene dei linfociti T (TCR)

Molecole del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) che legano

peptidi antigenici da presentare ai linfociti T

I domini globulinici delle catene pesanti e leggere degli Ab e del TCR sono

formati da domini variabili (V) e domini costanti (C)

Domini V – responsabili della specificità di legame all’antigene

Domini C – responsabili della risposta effettrice

Vengono prodotti durante la maturazione linfocitaria attraverso un meccanismo

di riarrangiamento genico (ricombinazione somatica).

Alcune ricombinasi specifiche dei linfociti (Rag1 e Rag2) intervengono in

questo processo.

Attivazione dei Linfociti B

I linfociti B sono attivati dall’antigene, proliferano e si espandono clonalmente e

si differenziano in plasmacellule secernenti Ab capaci di eliminare l’antigene

estraneo.

I linfociti B maturi che non hanno ancora incontrato l’antigene si dicono “vergini”

(naive).

I linfociti B sono in grado di riconoscere antigeni nativi, cioè non modificati da

altre cellule (processamento dell’antigene per i linfociti T)

L’attivazione del linfocita B si traduce nella sua attivazione funzionale:

Ingresso in G1 ed espansione clonale

Differenziazione in plasmacellule secernenti Ab con la stessa specificità per

l’antigene.

Risposta primaria con produzione di IgM, successivamente con produzione

di IgG (scambio idiotipico)

Eliminato l’antigene alcuni linfociti B (linfociti di lunga vita) continuano a

produrre Ab, altri si differenziano in cellule della memoria.

Le Immunoglobuline (1)

Le immunoglobuline (Ig) sono glicoproteine costituite da due catenepesanti (H) e due catene leggere (L) tenute insieme da ponti disolfuro. Inesse si riconosce una porzione che interagisce con l’antigene (frammentoFab fragment antigen binding) e una porzione (frammento Fcc=cristallizzabile) che interagisce con specifici recettori presenti su cellulecoinvolte nella risposta immune e nell’infiammazione.

Le Ig sono suddivise in 5 classi sulla base della struttura delle catenepesanti di cui esistono 5 tipi fondamentali (a, d, e, g, m):

IgA – il 10-15% di tutte le immunoglobuline, si localizzanopreferenzialmente sulle mucose dove esercitano la loro azioneantinfettiva.

IgD – sono meno dell’1% delle Ig totali, sono presenti sulla superficiedei linfociti B (come recettori per l’antigene).

IgE – concentrazione molto bassa nel siero; esse intervengono nelleinfestioni da elminti e sono responsabili di reazioni di ipersensibilità ditipo I (allergia, shock anafilattico).

IgG – sono le più numerose (75-80%) con distribuzione intra-ed extra-vasale. Hanno un ruolo essenziale nella rispostasecondaria e sono le uniche con funzione di antitossina. LeIgG materne conferiscono immunità ai neonati nei primi mesidi vita.

IgM – sono circa il 10% e localizzazione prevalente intra-vasale. Costituiscono il BCR. Rappresentano le Ig precociprevalenti nelle risposte immunitarie conseguenti al primocontatto con microrganismi antigenicamente complessi.

Le Ig sono molto efficaci, da sole o attraverso l’attivazione delcomplemento nel determinare la lisi dei microrganismi onell’inattivare esotossine. Legandosi ad antigeni di superficie o adantigeni virali esposti sulla superficie delle cellule infettate induconoil fenomeno dell’opsonizzazione favorendo l’intervento di fagociti elinfociti T citotossici.

Le Immunoglobuline (2)

Attivazione dei linfociti T

Il recettore per l’antigene TCR è in grado di riconoscere solo

antigeni proteici legati a molecole MHC di classe I (Linfociti T

CD8+) e II (linfociti T CD4+) localizzate sulla superficie di cellule

APC (antigen presenting cells) che processano l’antigene

riducendolo a brevi sequenze peptidiche.

Complesso maggiore di

Istocompatibilità (MHC)

Un insieme di geni che codificano per glicoproteine espresse sulla superficie cellulare.

Il loro ruolo è quello di legare frammenti peptidici di antigeni estranei e presentarli ai

linfociti T.

Nell’uomo si parla di geni dell’HLA (Human Leukocyte Antigen) localizzati a 6p21.3:

Il locus HLA include due classi di geni altamente polimorfi:

Classe I – include i loci HLA-A, HLAB, HLA-C

Classe II – include i loci HLA-DP, HLA-DQ, HLA-DR

Esistono circa 9000 alleli diversi per i loci HLA

I geni di classe I e II sono espressi in maniera codominante.

L’aplotipo HLA è di fatto specifico di ciascun individuo.

Molecole MHC (1)

Le MHC di classe I sono espresse su

tutte le cellule nucleate e le piastrine.

Sono eterodimeri costituita da una

catena pesante a altamente

polimorfica ed una catena leggera b2-

microglobulina (non codificata da geni

MHC).

Riconoscono peptidi di origine

endogena (es. cellule infettate da

virus)

Presentano un domini di interazione

con il CD8 presente sui linfociti T

citotossici (CTL)

Molecole MHC (2)

Le MHC di classe II sono eterodimeri

costituiti da 2 catene transmembrana

a e b altamente polimorfe.

Riconoscono peptidi di circa 30 aa.

Che derivano da antigeni esogeni in

grado di indurre una specifica risposta

immunitaria solo se processati da

cellule APC

Presentano un dominio (b2) di

interazione con il CD4 presente sui

linfociti T helper.

Cellule presentanti l’antigene (APC)

Per l’attivazione dei linfociti T vergini è necessario che l’antigene sia

trasportato agli org. linfoidi secondari e opportunamente processato

da cellule APC.

Le cellule dendritiche sono APC specializzate ma altre cellule

(macrofagi e linfociti B) possono svolgere la stessa funzione.

Macrofagi che hanno fagocitato il patogeno ed esprimono MHCII

possono presentare l’antigene a linfociti T CD4+

Linfociti B attivati possono internalizzare e processare l’antigene

associato a molecole MHC II, stimolando l’attività di linfociti T

CD4+

Tutte le cellule nucleate possono processare e presentare peptidi

endogeni associati a molecole MHC I, attivando linfociti T CD8+

Linfociti T helper CD4+

Svolgono un ruolo essenziale nell’attivazione di tutti i linfociti,

producendo un’ampia varietà di citochine che regolano la risposta

immunitaria.

Il principale fattore di crescita, sopravvivenza e differenziamento dei

linfociti T è IL-2 (la ciclosporina inibisce la sintesi di IL-2 prevenendo

il rigetto nei trapianti).

Si differenziano 2 principali sottopopolazioni TH1 e TH2 che

differiscono per citochine prodotte e funzioni.

La differenziazione in TH1 è indotta da IL-12 e INFg prodotti da

cellule dendritiche, macrofagi e cellule NK in risposta a patogeni

intracellulari e virus. Promuovono la fagocitosi e l’eliminazione

dell’antigene.

La differenziazione in TH2 è indotta da IL-4 prodotta da mastociti

ed altri leucociti in risposta ad elminti o allergeni.

Linfociti T citotossici CD8+

Intervengono nell’eliminazione di

cellule bersaglio presentanti

l’antigene.

Si differenziano a seguito di un

doppio stimolo:

Riconoscimento specifico

dell’antigene complessato a

molecole MHC I

Costimolazione da parte di

citochine prodotte dai linfociti T

helper CD4+ (TH1).

L’attività citotossica è dipendente

dall’azione di sostanze (perforine,

granzini) accumulate in granuli

all’interno della cellula.

Tolleranza Immunologica

La tolleranza immunologica è espressione della distruzione/inattivazione

programmata dei linfociti capaci di riconoscere i costituenti propri

dell’organismo (antigeni self), rendendo possibile la distinzione tra self e

non-self.

Questa selezione si realizza nel corso del processo di maturazione dei

linfociti T e B.

Organi linfoidi primari – per il linfociti B e T immaturi (Tolleranza centrale)

E’ un processo di selezione negativa o delezione clonale dei linfociti

reattivi per antigeni self .

Organi Linfoidi periferici – per i linfociti maturi (Tolleranza periferica)

I linfociti autoreattivi che sfuggono ai processi di delezione timica e

midollare sono controllati a livello periferico:

• Delezione clonale

• Anergia

• Soppressione funzionale

Infiammazione

L’infiammazione (o flogosi) è l’insieme delle modificazioni che si verificanoin un distretto dell’organismo colpito da un danno.

Il danno può essere causato da:

agenti fisici (traumi, calore etc.)

agenti chimici (acidi, basi, sostanze tossiche)

agenti biologici (batteri, virus, parassiti)

La risposta al danno si sviluppa apparentemente sempre con le stessemodalità.

L’infiammazione è intesa principalmente come un fenomeno locale, tuttaviadiverse molecole prodotte da cellule che partecipano alla flogosi possono,attraverso il sangue, agire a distanza:

il fegato (epatocita) è stimolato a produrre altre molecole cheintervengono nella risposta di fase acuta

febbre

leucocitosi

L’infiammazione è finalizzata a circoscrivere, neutralizzare, distruggere edeliminare agenti o prodotti del danno tissutale, ripristinando la condizionepreesistente.

Sintomi dell’infiammazione

I segni più importanti sono (Auro Cornelio Celso, 30a.C.-38d.C.):

Calor – Aumento della temperatura locale

Tumor – Gonfiore locale

Rubor – Arrossamento locale

Dolor – Indolenzimento locale

Functio lesa – compromissione della funzione (Galeno 130-200d.C.)

Essi dipendono principalmente da cambiamenti che coinvolgono il sistemadei capillari e le cellule ematiche, indotti da una serie di molecole(mediatori chimici della flogosi) liberate da diversi tipi di cellule.

Si possono distinguere:

Infiammazione acuta (o angioflogosi) – con prevalenza di fenomenivasculo-ematici;

Infiammazione cronica (o istoflogosi) – con prevalenza di fenomenitissutali dipendenti dalla migrazioni di cellule (monociti e linfociti), dalsangue al focolaio infiammatorio.

Infiammazione acuta (angioflogosi)

E’ caratterizzata da fenomeni che interessano principalmente

il microcircolo.

Il microcircolo è la porzione più periferica del sistema

circolatorio in cui le arteriole si sfioccano nei capillari da cui si

originano poi le venule.

Quando lo stimolo flogogeno interessa una qualsiasi area

dell’organismo, alcune cellule muoiono o sono danneggiate, I

detriti amplificano l’effetto flogogeno e, in risposta ad esso, si

attivano una serie di eventi che costituiscono le fasi del

processo infiammatorio acuto.

Infiammazione acuta: modificazioni

del microcircolo (1)Sequenzialmente si osserva:

Vasocostrizione – (10-20 secondi) è mediata dal simpatico (s.n. vegetativo) epuò anche non presentarsi. Non è essenziale nel processo infiammatorio.

Vasodilatazione – provocata dal rilassamento delle fibrocellule muscolari liscedella parete delle arteriole.

Iperemia attiva – determinata da:

• Dilatazione delle arteriole con maggior afflusso di sangue nel microcircolo.

• Cedimento degli sfinteri precapillari.

Iperemia Passiva – indotta dal rallentamento del flusso di sangue nelmicrocircolo per:

• Aumento della superficie del letto circolatorio per cedimento degli sfinteriprecapillari.

• Aumento della viscosità del sangue (aggregazione dei globuli rossi e perditadi liquido attraverso le giunzioni tra le cellule endoteliali).

• Marginazione dei leucociti (aderiscono alla parete endoteliale per azione dimediatori chimici e molecole di adesione espresse sulla superficie dellecellule endoteliali).

Diapedesi dei leucociti – le cellule migrano dal sangue nel distrettoextravasale richiamate da fattori chemiotattici sintetizzati o liberati dallecellule o dai microrganismi, o anche presenti nel sangue (componentidel sistema del complemento).

Formazione dell’essudato – la componente liquida del sangue tende apassare in sede extravasale a causa dell’insufficiente flusso ematico eper la presenza di una ridotta concentrazione di proteine plasmaticheche si accumulano nel tessuto richiamando altri liquidi dal sangue(gradiente oncotico). Si ha quindi l’edema.

Fagocitosi – diversi elementi cellulari intervengono per eliminare idetriti dei microrganismi o delle cellule morte presenti nel focolaioinfiammatorio.

L’evoluzione sarà la risoluzione o cronicizzazione del processoinfiammatorio.

Infiammazione acuta: modificazioni

del microcircolo (2)

Fase vascolare

Edema con

formazione di:

Essudato (peso

specifico >1.020

Kg/m3)

Trasudato (peso

specifico <1.012

Kg/m3)

Fase cellulare

Cellule dell’immunità innata con attività fagocitaria (neutrofili, monociti-macrofagi)

ma anche linfociti, cellule NK e numerosi fattori solubili (citochine e chemochine).

Le cellule (monociti-macrofagi, PMN, cell. dendritiche) presentano recettori per il

riconoscimento di costituenti generici dei patogeni o dei tessuti danneggiati:

Recettori solubili – includono numerose molecole note anche come proteine

di fase acuta (Fattori del complemento (C3), collectine, pentrassine).

Recettori di membrana – in grado di riconoscere diverse componenti presenti

in differenti patogeni (C-type lectin receptors (CLR), Toll-like receptors (TLR),

recettori spazzino (scavenger)).

Recettori citoplasmatici - proteine presenti nel citoplasma dove sono in

grado di riconoscere costituenti endogeni o esogeni espressione di danno

cellulare (NOD-like e RIG-like receptors).

Il meccanismo di risposta porta all’attivazione di fattori trascrizionali (es. NF-kB)

che attivano geni che codificano per numerose citochine e chemochine e

modificano l’attività cellulare (fagocitosi, presentazione antigene).

Toll-like receptors (TLR)

Conservati nel corso dell’evoluzione

(inizialmente identificati in Drosophila).

Proteine transmembrana (10 identificate

nell’uomo)

Regione extracellulare LRR (leucin-

rich region) che è in grado di

riconoscere costituenti dei patogeni.

Dominio intracellulare TIR (Toll-

Interlelin-1 receptor) che attiva la

cascata di trasduzione del segnale

Sono localizzati alla membrana o

associati a vescicole intracellulari

(endosomi).

Sono presenti come omo- o eterodimeri

Migrazione leucocitaria

I leucociti presenti nel sangue e coinvolti nella risposta infiammatoria passano

attraverso la parete dei vasi (extravasazione, principalmente a livello delle venule

post-capillari) e migrano nel tessuti raggiungendo la sede del danno

(chemiotassi).

Modificazioni a carico del flusso ematico e degli endoteliociti che costituiscono la

parete dei vasi (attivazione dell’endotelio) regolano il processo.

Marginazione

Rotolamento (Rolling)

Adesione

Il processo è regolato da molecole di adesione espresse sulla superficie

dell’endotelio e sui leucociti e da numerosi fattri solubili (citochine e chemochine).

Selectine (L-, E- e P selectina)

Immonoglobuline (ICAM-1, ICAM-2, PECAM-1)

Integrine (eterodimeri formati da 11 catene a e 6 catene b differentemente

combinate)

L’espressione di questi segnali di superficie è up-regolata dall’azione di

specifiche citochine (in particolare TNF e Il-1) e di fattori chemiotattici.

Mediatori solubili dell’infiammazione (1)

Molti fattori solubili regolano ed amplificano la risposta infiammatoria.

Mediatori plasmatici – sist. del complemento, sist. delle chinine e fattoridella coagulazione e fibrinolitici.

Mediatori preformati – già sintetizzati ed accumulati in granuli(istamina).

Mediatori neosintetizzati – la cui sintesi è attivata dallo stimoloinfiammatorio (prodotti di derivazione lipidica, citochine e chemochinedi natura proteica).

Amine vasoattive

L’istamina interviene solo inizialmente nella vasodilatazione. Essa èsintetizzata dai granulociti basofili del sangue e dai mastociti che laimmagazzinano in granuli citoplasmatici da dove è liberata a seguito dellostimolo flogistico (degranulazione dei mastociti).

Causa vasodilatazione delle arteriole ed aumenta la permeabilità dellevenule

E’ un importante mediatore nei fenomeni allergici.

Metaboliti dell’acido arachidonico

L’ac. arachidonico è presente nei fosfolipidi delle membrane cellulari

dei mammiferi. Esso è liberato dall’azione di una fosfolipasi e nel

citoplasma è metabolizzato da due distinti sistemi enzimatici

microsomiali:

Ciclossigenasi (COX) – da cui derivano le prostaglandine (PGI2,

PGD2, PGE2, PGF2) ed il trombossano A2 (TXA2)

Lipossigenasi – da cui derivano i leucotrieni (LTB4, LCT4, LTD4,

LTE4)

Queste vie sono attive in molti tipi cellulari e nel contesto del

processo infiammatorio interessano particolarmente macrofagi,

mastociti, e piastrine.

Mediatori solubili dell’infiammazione (2)

ChemochineLe chemochine sono una classe di citochine rilasciate dalle cellule del focolaioflogistico che svolgono un’azione di richiamo di altre cellule nella sededell’infiammazione (attività chemiotattica).

Sono piccole proteine basiche caratterizzate dalla presenza, in piùpunti della molecola di 4 residui di cisteina che intervengono nellaformazione di ponti disolfuro.

Ne sono state identificate almeno una cinquantina.

CitochineLe citochine sono mediatori solubili che trasferiscono segnali di attivazione oinibizione tra i diversi tipi cellulari coinvolti nei fenomeni di difesa e riparo.

Interleuchina-1 (IL-1) - una delle più studiate per i molteplici effetti nellarisposta immunitaria e infiammatoria .

Fattore di necrosi tumorale (TNF) – uno dei principali mediatoridell’infiammazione acuta. Molte funzioni (recluta neutrofili e monociti-macrofagi nel sito d’infiammazione). Effetti dipendenti dallaconcentrazione sierica.

Mediatori solubili dell’infiammazione (3)

Cellule coinvolte nel processo

infiammatorio (1)

Le chemochine ed altri fattori chemiotattici richiamano nel focolaio infiammatoriodiversi tipi cellulari.

Le principali funzioni sono:

produrre citochine la cui azione modula l’andamento del processoinfiammatorio

eliminare gli agenti flogogeni attraverso la fagocitosi

porre il connessione risposta flogistica e risposta immunitaria

Tali cellule sono di norma quiescenti dal punto di vista funzionale e sono attivate dacostituenti microbici o da altre citochine. L’attivazione prevede la sintesi di:

recettori per le chemochine, così da riconoscere i segnali chemiotattici

recettori per molecole di adesione (marginazione dei neutrofili, interazione nelfocolaio flogistico con cellule e molecole della matrice connettivale)

enzimi inducibili (NOS e glicossigenasi)

citochine ed altri mediatori

recettori per le citochine

proteine coinvolte nell’apoptosi (morte programmata della cellula)

Cellule coinvolte nel processo

infiammatorio (2)

Mastociti

Cellule di forma tondeggiante presenti nel connettivo di molti organi concitoplasma ricco di numerosi granuli. Sono attivati da specifici ligandi per iquali presentano recettori di superficie:

anafilotossine (C3a, e C5b)

Allergeni (che interagiscono con le IgE fissate a specifici recettori)

L’attivazione comporta la degranulazione dei mastociti.

Granulociti neutrofili

Sono richiamati nel focolaio infiammatorio da fattori chemiotattici (inf. damicrorganismi) e attivamente migrano dal sangue nei tessuti (diapedesi).Partecipano all’infiammazione con la produzione di mediatori chimici e lafagocitosi dei microrganismi, direttamente o dopo opsonizzazione.

Monociti/Macrofagi

Sono attivati da diverse citochine (in particolare IFN-g). Nel focolaioinfiammatorio esplicano diverse funzioni:

inglobano sostanze estranee e microrganismi (fagocitosi)

presentano l’antigene a linfociti T CD4+

sintetizzano e secernono diverse citochine

intervengono nella cronicizzazione del processo infiammatorio

Cellule Natural Killer (NK)

Intervengono direttamente uccidendo i microrganismi e le cellule infettateda virus.

Piastrine

Sono cellule prive di nucleo che si formano dai megacariociti. Sonopresenti nel focolaio flogistico se sono presenti gravi lesioni della paretedei capillari ed intervengono producendo mediatori chimici come i derivatidell’ac. arachidonico.

Cellule coinvolte nel processo

infiammatorio (3)

Cellule coinvolte nel processo

infiammatorio (4)

Linfociti

Sono sempre presenti nel focolaio flogistico specie in presenza diun’infiammazione cronica. Intervengo più tardivamente ed il loro ruolo èconnesso all’attivazione del sistema immune. Sono tra i principali produttoridi citochine.

Endoteliociti

Formano la parete dei capillari e mediano gli interscambi tra sangue efocolaio infiammatorio. Presentano numerosi recettori per molteplicicitochine alla cui azione rispondono attivamente (attivazione dell’endotelio)determinando:

Aumento del diametro del vaso (iperemia)

Aumento della permeabilità capillare

Espressione di molecole di adesione (marginazione e diapedesi)

Fibroblasti

Fisiologicamente presenti nel connettivo hanno un ruolo principalmente nelprocesso riparativo che risolve l’infiammazione.

Formazione dell’essudato

La formazione dell’essudato (edema infiammatorio), cioè il passaggio dellacomponente liquida del plasma dal compartimento vasale a quellointerstiziale, dipende da:

Aumentata permeabilità capillare

Aumentata pressione idrostatica

Aumentata concentrazione di proteine nel compartimento interstiziale

Ridotto drenaggio del sistema linfatico

Caratteristiche dell’essudato sono:

pH acido (presenza di ac. lattico)

proteine derivate dal plasma e sostanze liberate dalle cellule lesionate

mucopolissaccaridi acidi del connettivo

La componente cellulare varia a seconda del tipo di essudato conprevalenza di cellule della serie bianca del sangue quali i polimorfonucleati.

Il ruolo dell’essudato è per lo più protettivo, in quanto favorisce il contattodi mediatori e cellule del sist. Immune con il patogeno.

Fagocitosi (1)

La fagocitosi ha sicuramente un ruolo molto importante nell’infiammazione. Lecellule munite di questa funzione si distinguono in:

Fagociti Professionali – cellule per le quali l’attività fagocitaria èfunzione preminente (neutrofili, eosinofili, monociti-macrofagi).

Fagociti Facoltativi – cellule per le quali la fagocitosi è funzionemarginale (fibroblasti, mastociti, endoteliociti ecc.).

I fagociti professionali sono richiamati nel focolaio infiammatorio dachemochine e fattori chemiotattici. Qui vengono in contatto con il materialeestraneo (corpo estraneo, microrganismo, detriti cellulari), su cui agisconosecondo il seguente schema:

Adesione ed internalizzazione mediante l’emissione di pseudopodi eformazione del fagosoma

Fusione del fagosoma con il lisosomi e formazione del fagolisosoma

Digestione del materiale fagocitato ad opera degli enz. lisosomiali

Esocitosi dei residui del materiale digerito.

Fagocitosi (2)

Alcune specie microbiche edagenti flogogeni possonoresistere all’azione degli enzimidigestivi restando trattenuti nelcitoplasma dei fagociti. Questacondizione nei macrofagiinnesca la cronicizzazionedell’infiammazione.

L’opsonizzazione facilita lafagocitosi (le cellule presentanorecettori per il frammento Fcdegli Ab e per C3b).

E’ da ricordare inoltre il ruoloche i fagociti hanno comecellule APC (AntigenPresenting Cells).

Sono contenuti in forma inattiva nei lisosomi (granuli) delle cellule con attività fagocitaria (granulociti neutrofili, monociti/macrofagi) e possono essere liberati nel focolaio infiammatorio.

I granulociti neutrofili contengono tre tipi di granuli:

Primari (azzurrofili) – contengono idrolasi acide.

Secondari o specifici – contengono collagenasi e proteine basiche (lisozima e lattoferrina).

Terziari o particelle C – contengono catepsine e gelatinasi.

Con la fagocitosi gli enzimi idrolitici dei granuli sono liberati nel fagolisosoma e concorrono alla digestione dei costituenti batterici e di altri materiali.

Quando riversati all’esterno degradano un ampio spettro di substrati biologici , tra cui i componenti del tessuto connettivo, contribuendo all’evoluzione del processo infiammatorio.

Enzimi lisosomiali

E’ prodotto da diversi citotipi a partiredall’aminoacido arginina e per azione dell’enzimanitrico sintasi (NOS) di cui si conoscono treforme:

Costitutiva (cNOS)

Inducibile (iNOS)

Cerebrale (nNOS)

L’attività di NOS aumenta rapidamente dopoattivazione di specifici recettori sulla superficiedegli endoteliociti da parte di mediatori dellaflogosi.

Gli effetti del NO si manifestano in vicinanza delpunto di rilascio (gas diffusibile), determinando:

rilascio della muscolatura liscia della paretedelle venule

inibizione di alcune funzioni piastriniche(aggregazione e vasocostrizione)

la lisi di alcuni microrganismi per azionedelle cellule fagocitarie.

Ossido nitrico (NO)

Esito dell’infiammazione acuta

L’infiammazione acuta dinamicamente evolve con tre possibili esiti:

Necrosi – L’azione dei leucociti, con liberazione di enzimi lisosomiali

distrugge non solo i microrganismi ma anche cellule circostanti i cui

costituenti, liberati all’esterno, sono fagocitati. Se questo essudato

purulento si raccoglie in cavità si forma l’ascesso. Se esso riesce ad

aprirsi un varco verso l’esterno si forma una fistola.

Cronicizzazione – quando la reazione flogistica non elimina del tutto

l’agente flogogeno.

Guarigione – L’essudato è riassorbito e si innescano processi

riparativi del tutto identici a quelli descritti in precedenza.

Riparazione del danno ai tessuti

Il processo di riparazione del danno tissutale avviene sostanzialmente

sempre con le stesse modalità, con differenze dipendenti dal tipo di

tessuto e cellule coinvolte.

Complicanze del processo

riparativo

Infezioni – La ferita crea una facile viadi accesso per i microrganismi: cocchi,clostridi sotto forma di spore (tetano egangrena gassosa).

Deiescenza – Rottura delle ferite incorso di guarigione (particolarmentequelle addominali in soggetti debilitatio in condizioni di sforzo).

Formazione del cheloide – formazionedi una cicatrice esuberante per uneccesso di tessuto connettivoneoformato, probabilmente inrelazione con una iperproduzione difattori di crescita per i fibroblasti.

Infiammazione cronica (istoflogosi)

L’infiammazione cronica è un processo di lunga durata in cui i fenomeni diattiva infiammazione, distruzione tissutale, risposta immunitaria e riparocoesistono.

La cronicizzazione può insorgere come evoluzione dell’infiammazioneacuta (mancata eliminazione dell’agente flogogeno) o ex novo(infiammazione cronica primaria) come espressione di fenomeniinfiammatori a lenta evoluzione.

In essa si osserva:

progressiva riduzione dei fenomeni vasculo-ematici.

sostituzione dei polimorfonucleati con un infiltrato cellulare costituitoprevalentemente da macrofagi, linfociti (B e T), plasmacellule e celluleNK.

proliferazione dei fibroblasti con eccessiva produzione di tessutoconnettivo (fibrosi o sclerosi).

Le infiammazioni croniche si distinguono in non granulomatose egranulomatose entrambe caratterizzate da leucocitosi linfomonocitaria.

Infiammazioni cronica di tipo

granulomatoso (1)

E’ un tipo particolare d’infiammazione cronica in cui l’agente lesivo nonprovoca un danno esteso ma localizzato.

La formazione di un granuloma si osserva quando microrganismi, prodotti diquesti, o materiali di varia natura (organica e inorganica) permangono indigeritinei fagolisosomi dei macrofagi.

L’infiltrato cellulare è caratterizzato dal prevalere dei macrofagi che formanostrutture tondeggianti (granulomi).

L’analisi istologica dei granuli evidenzia una struttura circolare con al centro:

una cellula multinucleata formatasi dalla fusione dei macrofagi.

Macrofagi periferici che assumono un aspetto epitelioide (celluleepitelioidi)

strato più periferico di linfociti e/o fibroblasti

Si possono osservare deviazioni da questo schema generale dipendenti dallanatura dell’agente flogogeno.

L’assenza di vascolarizzazione del granuloma e la liberazione di sostanzetossiche da parte di microrganismi inglobati nel granuloma sono responsabilidella necrosi verso cui evolvono la maggior parte dei granulomi.

Infiammazioni cronica di tipo

granulomatoso (2)

E’ un tipo particolare d’infiammazione cronica in cui l’agente lesivo non provoca undanno esteso ma In base all’eziologia si distinguono:

Granulomi non immunologici da corpo estraneo – il ricambio di cellule chepartecipano alla formazione del granuloma è molto lento

Granulomi di tipo immunologico o da ipersensibilità – provocati da agenti fornitidi potere antigenico capaci di suscitare reazioni di ipersensibilità (sono arapido ricambio cellulare).

Manifestazioni sistemiche

dell’infiammazione (1)

L’infiammazione è un processo prevalentemente localizzato, tuttaviamanifestazioni sistemiche sono connesse all’azione che alcune citochine,attraverso il sangue, possono avere su cellule di organi anche distanti dalfocolaio infiammatorio.

Manifestazioni sistemiche sono:

La leucocitosi

La febbre

La risposta di fase acuta

Leucocitosi

Aumento del numero dei leucociti del sangue (4000-10000/mm3). Essointeressa diversi leucociti a seconda della natura dell’agente eziologico:

Neutrofili nella maggior parte dei casi (neutrofilia)

Eosinofili nelle flogosi allergiche o da parassiti

Monociti e linfociti in alcune infezioni croniche ed in convalescenza(monocitosi e linfocitosi)

In genere la leucocitosi neutrofila caratterizza l’infiammazione acuta e laleucocitosi linfomonocitaria l’infiammazione cronica.

Manifestazioni sistemiche

dell’infiammazione (2)

La Febbre

E’ una forma di ipertermia dovuta ad una alterazione funzionale

temporanea dei neuroni dei centri termoregolatori ipotalamici dipendente

dall’azione di alcune citochine sintetizzate e rilasciate in eccesso da

numerose cellule dell’organismo. Si ha uno spostamento verso l’alto del

punto di equilibrio tra processi di termogenesi e termodispersione

(normalmente a 37°C).

Numerose sono le sostanze ad effetto pirogeno. Si distinguono:

Pirogeni esogeni – alcune endotossine e costituenti batterici

Pirogeni endogeni – un gran numero di citochine.

Patogenesi della Febbre

Le citochine pirogene possono o attraversare la barriera emato-encefalica

o stimolare le cellule endoteliali di questa a produrre citochine che non

agiscono direttamente sui neuroni dei centri termoregolatori ipotalamici ma

inducono altre cellule a produrre PGE2 che agisce sui neuroni ipotalamici.

Recettori per il PGE2 inducono l’attivazione dell’adenilciclasi per la sintesi

di cAMP che inibisce i neuroni ipotalamici, proporzionalmente alla quota di

pirogeni circolanti. L’inibizione sposta verso l’alto il punto di equilibrio della

termoregolazione.

I farmaci antipiretici agiscono sulla glicossigenasi bloccando la sintesi di

PGE2.

La risposta di fase acuta

L’infiammazione determina un cambiamento anche nel contenuto

proteico (aumentato) del plasma.

Questo cambiamento si manifesta molto precocemente e si parla

quindi di proteine di fase acuta. La sintesi ha luogo negli epatociti

del fegato che sono stimolati a produrre tali proteine da diverse

citochine (IL-1, TNF-a, IL-6). Un aumento della VES è associato in

questi casi all’aumentata quota di proteine plasmatiche.