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INIZIAZIONE CRISTIANA FANCIULLI E RAGAZZI Percorso genitori IV ANNO Ufficio per la pastorale catechistica A D E X P E R I M E N T U M 2 0 1 0 — 2 0 1 3

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INIZIAZIONE CRISTIANA FANCIULLI E RAGAZZI

Percorso genitori

IV ANNO

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A D E X P E R I M E N T U M

2 0 1 0 — 2 0 1 3

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SCHEDA 1

Venite dietro a me…

1. LA PROPOSTA

Maturare la consapevolezza che, nella prospettiva cristiana, la vita è dono totalmente gratuito e, insieme, “vocazione”/chiamata. Educare i figli all’accoglienza della vita come progetto d’amore di Dio.

2. UNA STORIA PER COMINCIARE Il vento di Palestina

Veniva dal nord, la Galilea. Aveva attraversato la Samaria soffiando sul monte Garizim e ora si divertiva a increspare le onde del lago di Tiberiade, in Giudea. Era un vento che portava l’eco di tempi lontani. Aveva conosciuto Erode e i suoi orrendi delitti. Ma aveva conosciuto anche Lui, il Maestro.

«Si chiamava Gesù», diceva il vento, «ed era di Nazareth. La gente sperava: “Che sia veramente il Messia che aspettiamo?”. Altri erano sicuri, invece, che da Nazareth non viene mai niente di buono».

Il vento raccontava spesso qualche suo ricordo del Nazareno, quel condannato che dicevano fosse risorto dai morti, e concludeva sempre col dire: «Quelle cose che la gente legge nel Vangelo, io le ho ascoltate dal vivo. Potrei addirittura restituire la sua voce».

E il lago di Tiberio aggiungeva con fierezza: «Io, invece, sono stato più fortunato di te; l’ho sorretto sulle mie acque quando vi camminava per andare incontro ai discepoli».

«Senti questa», continuava allegramente il lago tiberino: «Era notte, e quelli, i discepoli, come lo videro da lontano si spaventarono a morte. E si misero a gridare tutti insieme: “È un fantasma! È un fantasma!”. Quella volta mi sono divertito moltissimo, perché sapevo già che era il Signore e non un fantasma».

«E come andò a finire?», chiedeva il vento. «Il Maestro cercava di rassicurarli: “Sono io, sono io, non temete!”. Macché; inutile. Allora

Pietro, da uomo pratico qual era, gli disse che se le cose stavano veramente così, permettesse anche a lui di camminare sulle acque. Figurati! E invece: “Vieni!”, fu la risposta. E Pietro si lanciò dalla barca per andargli incontro sull’acqua. Ma poi la paura di sprofondare lo terrorizzò a tal punto che cominciò ad agitarsi e a gridare con quanto fiato aveva in gola: “Signore! Signore, salvami!”. Quella sua paura gli meritò il rimprovero di Gesù: “Uomo di poca fede…, perché hai dubitato?”». (Beatrice Immediata – La canzone del deserto) La fede è ciò che rende visibile l’invisibile, possibile l’impossibile. 3. INTERROGHIAMOCI

• “Vieni!”: un invito per una “elite” (tra l’altro oggi poco invidiata) di preti, suore e frati, o la chiamata alla vita, all’amore, alla fede, all’impegno per ciascuno di noi?

• Fede: convinzione di disporre di un Dio pronto a sostenerci nei nostri progetti o disponibilità a cercare ed accogliere il progetto di vita che Dio “sogna” per la nostra gioia?

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4. LA PAROLA CI ILLUMINA

Dal Vangelo di Matteo (4,18-22)

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini". 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

È l’inizio della predicazione di Gesù in Galilea. L’evangelista non apre con miracoli o fatti

appariscenti, bensì con qualcosa di molto semplice, di molto umano. Gesù sta camminando lungo le rive del mare di Tiberiade, quando vede due pescatori,

Pietro e Andrea, ambedue galilei; li chiama e dice loro: « Seguitemi e vi farò pescatori di uomini». Continua il suo viaggio e ne vede altri due, anch’essi fratelli, Giacomo e Giovanni. Stanno, come gli altri, lavorando; li chiama e anch’essi, lasciato subito il lavoro, lo seguono.

La vicenda pubblica di Gesù inizia così: con un incontro. Non si tratta di saluti frettolosi, né di intrattenimenti salottieri. Capita di frequente tra noi di dover riempire il tempo con chiacchiere. Qui c’è un invito, magari gridato, per vincere il rumore delle acque e del vento che portano via una voce fiacca: «Seguitemi! ».

Ma perché seguirlo? Perché abbandonare, ieri come oggi, la propria terra, le proprie radicate e consolidate abitudini? È difficile spiegare il futuro di Dio a chi, come noi, è analfabeta della sua parola e del suo amore. E il maestro buono spiega il futuro di Dio nell’unico modo che quei pescatori possono capire, forse nell’unico modo che può entusiasmarli: voi sarete ancora pescatori, ma di uomini. Per questa pesca bisogna lasciare la barca di sempre e mettersi a camminare non più sull’acqua ma sulla terra degli uomini, forse ancor più mobile e incerta delle acque del mare. Non è più il mare d’acqua, è il mare di uomini e di donne, è la folla di persone che come un mare li assorbe, li prende, li travolge. E loro — poveri pescatori di Galilea — accolgono l’invito di Gesù.

Normalmente ognuno di noi sceglie lui stesso chi seguire, di chi farsi discepolo. Qui è Gesù che sceglie chi vuole. Si inverte la logica normale degli uomini, nel vangelo è un altro che ti sceglie. Gesù, insomma, è il primo « pescatore di uomini».

A noi non spetta giudicare se siamo o non siamo degni; questo fa parte sempre della logica del mondo, che spesso è gretta ed egoista. Nella prospettiva del vangelo a noi spetta solo accogliere l’invito. Così fecero i quattro pescatori: «Essi all’istante, abbandonate le reti, lo seguirono». In queste poche parole si racchiude la forza della decisione di fede, una decisione che vince il torpore da sempre latente in ognuno di noi.

Per seguire Gesù non occorre essere puri e neppure sprizzare santità, basta solo decidere di andar dietro di lui. E chi decide così allontana l’aridità interiore dal suo cuore e l’insensibilità che lo teneva prigioniero. Non è una scelta da eroi o da spiriti forti ed eletti. Questo brano evangelico ne è la dimostrazione. Erano quattro semplici pescatori; essi ascoltarono Gesù, si fidarono e lo seguirono: è tutto qui il segreto della fede. Un segreto semplice: seguire il vangelo. (mons. Vincenzo Paglia) 5. LA CHIESA CI SOSTIENE

Dal Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi” nn. 136-139 “Seguitemi”, nn. 200-206 La comunità dei discepoli, nn. 800-804 Chiamata di Dio e risposta dell’uomo

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SCHEDA 2

Lo seguiva una grande folla…

1. LA PROPOSTA

Educarsi all’ascolto della parola di Dio che in Gesù Cristo si esprime nella piena verità. Trovare nell’assemblea cristiana il luogo di un ascolto “vero”.

2. UNA STORIA PER COMINCIARE Il narratore

C’era una volta un narratore. Viveva povero, ma senza preoccupazioni, felice di niente, con la testa sempre piena di sogni. Ma il mondo intorno gli pareva grigio, brutale, arido di cuore, malato d’anima. E ne soffriva.

Un mattino, mentre attraversava una piazza assolata, gli venne un’idea. «E se raccontassi loro delle storie? Potrei raccontare il sapore della bontà e dell’amore, li porterei sicuramente alla felicità». Salì su una panchina e cominciò a raccontare ad alta voce. Anziani. donne, bambini, si fermarono un attimo ad ascoltarlo, poi si voltarono e proseguirono per la loro strada.

Il narratore, ben sapendo che non si può cambiare il mondo in un giorno, non si scoraggiò. Il giorno dopo tornò nel medesimo luogo e di nuovo lanciò al vento le più commoventi parole del suo cuore. Nuovamente della gente si fermò, ma meno del giorno prima. Qualcuno rise di lui. Qualche altro lo trattò da pazzo. Ma lui continuò imperterrito a narrare.

Ostinato, tornò ogni giorno sulla piazza per parlare alla gente, offrire i suoi racconti d’amore e di meraviglie. Ma i curiosi si fecero rari, e ben presto si ritrovò a parlare solo alle nubi e alle ombre frettolose dei passanti che lo sfioravano appena. Ma non rinunciò.

Scoprì che non sapeva e non desiderava far altro che raccontare le sue storie, anche se non interessavano a nessuno. Cominciò a narrarle ad occhi chiusi, per il solo piacere di sentirle, senza preoccuparsi di essere ascoltato. La gente lo lasciò solo, dietro le palpebre chiuse.

Passarono così degli anni. Una sera d’inverno, mentre raccontava una storia prodigiosa nel crepuscolo indifferente, sentì che qualcuno lo tirava per la manica. Aprì gli occhi e vide un ragazzo. Il ragazzo gli fece una smorfia beffarda: «Non vedi che nessuno ti ascolta, non ti ha mai ascoltato e non ti ascolterà mai? Perché diavolo vuoi perdere così il tuo tempo?».

«Amo i miei simili» rispose il narratore. «Per questo mi è venuta voglia di renderli felici». Il ragazzo ghignò: «Povero pazzo, lo sono diventati?».

«No» rispose il narratore scuotendo la testa. «Perché ti ostini allora?» domandò il ragazzo preso da una improvvisa compassione. «Continuo a raccontare. E racconterò fino alla morte. Un tempo era per cambiare il mondo…».

Tacque, poi il suo sguardo si illuminò. E disse ancora: «Oggi racconto perché il mondo non cambi me». (Bruno Ferrero – A volte basta un raggio di sole)

«Dio è dentro il nostro cuore per dirti che devi essere bravo» scrive una bambina nel quaderno di catechismo. La catechista le domanda: «E se una bambina non lo ascolta?». La bambina sgrana gli occhi e risponde tranquilla: «Oh, lui ripete». Per questo ostinatamente, nonostante tutto, anche Dio continua a raccontare la sua storia.

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3. INTERROGHIAMOCI

• Sappiamo ancora coltivare “ideali” dentro una quotidianità che sembra spesa totalmente (o quasi) nel tentativo di risposta ai bisogni contingenti? Quali ideali?

• Siamo disposti a cercare nel Vangelo di Gesù Cristo la fonte a cui attingere per continuare a “sognare” anche da adulti?

4. LA PAROLA CI ILLUMINA Dal Vangelo di Giovanni (6,1-13)

Dopo questi fatti, Gesù passò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

5Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?". 6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". 8Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9"C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?". 10Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.

11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Gesù agisce. Si rimane colpiti dal fatto che la prima preoccupazione per la folla che ha

davanti sia rivolta a un bisogno essenziale e primario: il cibo. Da altre narrazioni evangeliche intuiamo che la gente ascolta volentieri Gesù, perché non parla loro con demagogia ma va direttamente al cuore. Talora, come in questa occasione, per rimanere con lui dimenticano persino di mangiare. Gesù se ne accorge e chiede a Fìlippo (che era di Betsaida, dunque pratico del luogo) dove si può comprare pane per tutti. Dopo un rapidissimo calcolo Filippo risponde che è impossibile: per certi versi è davvero irreale che Gesù pensi di acquistare pane sufficiente a sfamarli. Andrea, presente al colloquio, raccoglie qualche informazione e si fa avanti dicendo che ha trovato solo un ragazzo con cinque pani d’orzo e due pesci: «Ma che cos’è questo per così tanta gente?», aggiunge. Era uno scrupolo legittimo, considerata l’esagerata pretesa di Gesù. Il discorso sembra quindi chiuso. L’unica possibilità che resta è quella di rimandare a casa la folla prima che diventi troppo tardi.

Ma Gesù non è abituato a rimandare indietro nessuno, neppure quando non si chiede. In verità egli legge nel profondo del cuore e sa che ciascuno di noi ha bisogno di attenzione, di affetto e di amicizia. Per questo, senza che i discepoli capiscafo, invita tutti a sedersi sull’erba. Se immaginiamo questa scena sulla riva del lago di Galìlea possiamo comprendere le parole di Gesù, buon pastore, che conduce le sue pecore su pascoli erbosi. Quando sono seduti, Gesù prende i pani e, dopo aver reso grazie a Dio, inizia a distribuirli. Bastano per tutti. A differenza dei sinottici, nel quarto vangelo Gesù agisce da solo; è direttamente lui che prende i pani e li distribuisce. Non c’è dubbio che l’evangelista voglia sottolineare il rapporto diretto tra il buon pastore e le sue pecore. Cinque pani sfamano cinquemila persone. E stato sufficiente metterli nelle mani del Signore; queste mani non

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trattengono per sé, sono abituate ad aprirsi, a essere generose. Numerose riflessioni si potrebbero fare in proposito, anche in riferimento alla situazione odierna. Mi soffermo su un’unica considerazione, che supera i gretti confini regionali e nazionali: con soli «cinque pani d’orzo» del Nord ricco del mondo si salverebbero milioni di persone che muoiono di fame, e non sarebbero che le briciole!

Il miracolo è iniziato dal cuore di un ragazzo che ha messo a disposizione i suoi cinque pani d’orzo; il miracolo può continuare se noi, come quel ragazzo, mettiamo nelle mani del Signore i poveri pani d’orzo che possediamo. La folla restò in ammirazione al punto che voleva proclamare re Gesù. Ma egli fuggì di nuovo sul monte, da solo. Non è intenzione di Gesù svilire l’urgenza del pane, semmai desidera sottolineare la necessità di nutrirsi con un pane eterno: l’amicizia con lui. (mons. Vincenzo Paglia)

5. LA CHIESA CI SOSTIENE

Dal Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi” n. 658 La domenica, nn. 610-614

Cristo parla ancora, nn. 625-629 Parola annunciata, celebrata e vissuta.

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SCHEDA 3

Io sono il pane vivo…

1. LA PROPOSTA

Ricomprendere il senso dell’Eucaristia in termini “vitali” prima che “rituali”. Domandarsi che senso ha parlare di “prima comunione” senza un’adesione personale all’Eucaristia.

2. QUALCHE STORIA PER COMINCIARE L ‘animatore introduce la riflessione proponendo agli adulti l’analisi dei diversi atteggiamenti con cui alcune persone partecipano alla Messa domenicale (“analisi dei casi”). A questo scopo divide i partecipanti in piccoli gruppi. Ogni gruppo ha il compito di esaminare l’atteggiamento di uno dei “personaggi” seguenti, per rilevare l”idea” di Eucaristia che quel personaggio ha in mente. 1. Ultimamente, MILENA si sente proprio giù: in casa non c’è quel dialogo che vorrebbe; in fabbrica va ogni giorno peggio. Eppure, ogni lunedì si ricomincia e, in verità, se c’è da tirar fuori la grinta, lei non si fa pregare. Milena è più convinta che mai che la forza di ricominciare ogni giorno, di andare avanti, di sperare nonostante tutto, le venga da quella comunione che riceve tutte le domeniche. 2. È domenica, sono le 10,25. RENATO è già lì: seconda panca sulla destra (neanche avesse l’abbonamento!). Inforcati gli occhiali, sbircia le letture sul foglietto, ma non perde di vista il resto. Di chierichetti ce ne dovrebbero essere a sufficienza, dato il vocìo che viene dalla sacrestia. Il parroco sta ancora contrattando con i cantori... Però, modesto l’addobbo dell’altare stavolta... Chissà se per le 11 e un quarto saranno fuori di chiesa e potrà andare sul campo sportivo per il finale della partita degli “esordienti”? 3. MARCO è catechista da anni. L’esperienza gli ha insegnato che c’è un solo modo per avere i ragazzi e le loro famiglie a Messa. Occorre fissare per la domenica, il più spesso possibile, un motivo che li riguardi: il mandato, l’inizio dell’anno catechistico, la presentazione alla comunità, la consegna di qualcosa, la festa delle famiglie, quella degli anziani, quella del ragazzo... Poi è importante che ogni gruppo abbia un suo posto, un suo ruolo, che ci scappi pure qualche foto (da esporre in una occasione o nell’altra), che il celebrante esprima un apprezzamento per loro... E non sarebbe male approfittare del fatto che a Messa si raduna tanta gente, per svolgere qualche indagine sulle opinioni dei partecipanti, su come migliorarla... 4. FRANCO e PATRIZIA hanno un bambino di tre anni e uno in arrivo. La domenica mattina ha il sapore della festa: la camicia stirata, le scarpette lustre, un velo di fondotinta. Poi in chiesa: un paio di battute prima di entrare, la voglia di cantare, la gioia di scorgere i volti noti, il gusto di ascoltare la parola di Dio e di ringraziare Dio con tutto il cuore per i suoi doni... E alla fine, la voglia di indugiare come sempre sul sagrato, con la scusa delle corsette a rimpiattino del piccolo Alessio... 5. È evidente. In chiesa FABIANA ama starsene per conto suo: meglio se tutta sola nel banco. Ogni volta che viene a Messa, si immedesima nel momento della morte di Gesù sulla croce: “Cos’avrà provato dentro? Eppure era venuto nel mondo per morire! Lassù ha patito lui per tutti!

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Dio gliel’ha chiesto perché lo sapeva che dagli uomini non si può aspettare niente di buono. C’è persino chi si guarda in giro nel momento della consacrazione...!” 6. GIGI sta cantando da par suo “Dov’è carità e amore”, ma non si dà pace: possibile che anche il parroco, anziano com’è, si sia rassegnato a distribuire la comunione in mano a quelle quattro ragazzine tutte dipinte uguali! Ma i preti si sono dimenticati che ci voleva il digiuno dalla mezzanotte per comunicarsi? E pensare che quando il povero don Primo aveva portato la comunione al nonno Sisto moribondo, tutta la gente del borgo l’aveva seguito in processione! E ora, possibile che non si rendano conto che in tutta la parrocchia ci saranno sì e no dieci persone che fanno visita al santissimo Sacramento?

3. INTERROGHIAMOCI

Dopo un tempo opportuno di riflessione, ogni gruppo dice che idea di Eucaristia ha il proprio personaggio. Dall’esame dì questi “casi” risulterà che ciascun personaggio mette in evidenza un aspetto dell‘Eucaristia. Quindi l’animatore chiede a tutti:

• E per voi, che cosa significa andare a Messa? L’animatore raccoglie le risposte dei partecipanti e riassume ogni risposta con una-due parole, che scrive su un cartellone; ad esempio: comunione con Cristo — sacrificio — presenza di Gesù — donazione, ecc.

• Quali aspetti dell’Eucaristia abbiamo bisogno di riscoprire e di riesprimere con più coerenza nella vita quotidiana, personale e comunitaria?

• Che cosa possiamo fare per promuovere una partecipazione più consapevole e attiva dei cristiani alla celebrazione dell’Eucaristia?

4. LA PAROLA CI ILLUMINA

Dal Vangelo di Giovanni (6,26-58)

Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo". 28Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?". 29Gesù rispose loro: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato".

30Allora gli dissero: "Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31

I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo". 32Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo". 34Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane". 35

Gesù rispose loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! 36Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. 37Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, 38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno. 40Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno".

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal cielo". 42E dicevano: "Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?".

43Gesù rispose loro: "Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45

Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". 53

Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".

Gesù, dopo aver moltiplicato i pani per la folla che lo aveva seguito, si ritira, da solo, su

un monte. Quando la gente s’accorge che non c’è più, comincia subito a cercarlo. Gesù sa bene che lo cercano per interesse, ma non rifiuta di stare con loro e con

sincerità e chiarezza inizia a dire: «Mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato pani a sazietà».

In effetti, è così. Il loro vero problema era la sazietà, più che la comprensione del senso della vita. Gesù, che non è venuto alla ricerca di consensi o per dare qualche soddisfazione passeggera, ma per salvare la gente, smaschera subito la loro ambiguità: «Operate non per il cibo che perisce, ma per il cibo che rimane per la vita eterna».

E’ come dire: superate l’angusto orizzonte della sazietà. Esiste un nuovo ordine di vita che supera le preoccupazioni quotidiane relative al mangiare, al vestire e al lavoro. C’è un cibo che non perisce e per trovare il quale è necessario darsi da fare. Gesù sembra suggerire a quella folla: « Se avete preso le barche e avete attraversato il mare per trovare il pane per il corpo, tanto maggiormente dovete adoperarvi per trovare il cibo che non perisce».

La gente non capisce bene e chiede che cosa si debba fare ancora per portare a compimento le opere di Dio. In realtà Gesù non vuoi dare ulteriori precetti, né desidera aggiungere nuove prescrizioni. Egli esige da loro solo questo: la fede in lui, ovvero la capacità di lasciarsi coinvolgere dal vangelo. Tale coinvolgimento non è scontato e non avviene naturalmente; è un dono che viene dall’alto, ma è anche un’«opera», come dice Gesù stesso, è un «lavoro» affidato alle nostre mani e, come ogni lavoro, richiede decisione, applicazione, continuità, impegno e fatica.

A questo punto la gente sembra aver intuito qualcosa e chiede: «Quale segno fai tu perché vediamo e crediamo in te?».

Nonostante i vari segni compiuti da Gesù non sono soddisfatti. Intuiscono la richiesta di Gesù e allora chiedono garanzie.

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Ma se queste ci possono essere sul piano contrattuale delle opere, non è possibile trovarle sul piano affettivo, che è quello della fede. I segni ci sono stati, ma gli uomini erano involuti in se stessi al punto che non riuscivano a staccarsi da quella sicurezza; non volevano prendere il largo, talora incerto, dell’abbandono al Signore e andare davvero al di là del mare. Comunque Gesù continua il dialogo con la folla. E dopo che il giovane profeta ha spiegato che il pane vero è quello disceso dal cielo, anzi è «colui che dal cielo discende e dà la vita al mondo», la gente chiede: «Dacci sempre questo pane!». E’ una richiesta lieta e spontanea; vorrei che diventasse la domanda di ognuno di noi. Ma deve partire dal cuore, più che dallo stomaco. E Gesù, come avviene sempre nei momenti decisivi, risponde subito con chiarezza: «Io sono il pane di vita. Chi viene a me non avrà più fame».

Si comprendono ora sia il senso della manna caduta nel deserto sia quello della moltiplicazione del pane per cinquemila persone. C’è un pane a disposizione dell’umanità, nel deserto di questo mondo, che può dare senso e nutrimento alla vita.

Questo pane viene da Dio, ma non è lontano da noi, è anzi alla portata di tutti. Per noi figli di questo mondo occidentale ricco, non c’è spazio per «mormorare» contro Mosè come fecero gli ebrei nel deserto a causa della mancanza di cibo, e neppure siamo come quei cinquemila che restarono senza mangiare per andare dietro a Gesù. Dobbiamo piuttosto «mormorare» contro noi stessi perché, pur avendo lo stomaco pieno e il «vero pane della vita» a portata di mano, non sappiamo profittarne. (mons. Vincenzo Paglia)

5. LA CHIESA CI SOSTIENE

Dal Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi” nn. 684-699 L’Eucaristia

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SCHEDA 4

Questa parola è dura!

1. LA PROPOSTA

Prendere coscienza che la logica dell’Eucaristia non ha nulla a che fare con la logica della “ragione” ma con quella dell’“amore”.

2. UNA STORIA PER COMINCIARE

Il cuore di Dio

Una catechista aveva raccontato ai suoi ragazzi del catechismo la parabola del figliol prodigo, ma si era accorta che dopo un po’ molti si erano distratti. Allora aveva chiesto che gliene scrivessero il riassunto.

Uno di loro scrisse così: «Un uomo aveva due figli, quello più giovane però non ci stava volentieri a casa, e un giorno se ne andò via lontano, portando con sé tutti i soldi. Ma ad un certo punto questi soldi finirono e allora il ragazzo decise di tornare a casa perché non aveva neanche da mangiare. Quando stava per arrivare, suo padre lo vide e tutto contento prese un bel bastone e gli corse incontro. Per strada incontrò l’altro figlio, quello buono, che gli chiese dove stava andando così di corsa e con quell’arnese: “È tornato quel disgraziato di tuo fratello; dopo quel che ha fatto si merita un bel po’ di botte!”. “Vuoi che ti aiuto anch’io, papà?”. “Certo”, rispose il padre.

E così, in due, lo riempirono di bastonate. Alla fine il padre chiamò un servo e gli disse di uccidere il vitello più grasso e di fare una grande festa, perché s’era finalmente tolto la voglia di suonargliele a quel figlio che gliel’aveva combinata proprio grossa!». (Bruno Ferrero – Solo il vento lo sa)

Capire la logica del cuore di Dio è difficile per tutti. 3. INTERROGHIAMOCI

• Perdono. Amore verso i nemici. Gratuità. Dono della propria vita… valori che non rientrano

nella logica della ragione o del buon senso. Che significano per me, per noi? • Eucaristia: un’esperienza di “dono di sé” (da parte di Gesù Cristo) da capire o da accogliere?

Cosa può significare tutto questo?

4. LA PAROLA CI ILLUMINA

Dal Vangelo di Giovanni (6,60-63)

Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: "Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?". 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: "Questo vi scandalizza? 62

E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63

È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita.

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Siamo alla conclusione del «discorso del pane», tenuto nella sinagoga di Cafarnao

davanti a un affollato pubblico di gente tra cui molti discepoli, oltre i dodici apostoli. L’evangelista riassume i risultati prodotti dalle parole di Gesù nel cuore degli ascoltatori. Tutto il discorso era centrato non sul fatto che lui «aveva» il pane (per questo tutti avrebbero voluto proclamarlo re, come si sottolinea all’inizio del capitolo sesto, dopo la moltiplicazione del pane), bensì che lui stesso «era» il pane. Di fronte a questa affermazione gli avversari di Gesù avevano già fatto la loro scelta ed erano quindi ormai fuori gioco.

L’evangelista ora pone la sua attenzione sull’atteggiamento dei discepoli, di coloro cioè che avevano una certa dimestichezza con il profeta di Nazaret: lo avevano seguito, lo avevano sentito parlare, avevano dialogato con lui e assistito ai suoi miracoli, avevano visto la sua bontà e la sua tenerezza. Ebbene, sono proprio loro a esprimere diffidenza: «Questo discorso è duro. Chi lo può ascoltare?». Non si riferiscono solo alle dichiarazioni relative al mangiare e al bere la carne e il sangue di Gesù. Il loro malessere riguardava tutto il «discorso»: ovvero l’intimità profonda con Dio, da raggiungere attraverso quel pane che è la carne di Gesù. «Chi si ciba della mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (v. 54).

Non si tratta tanto di alcune parole o di frammenti di verità difficili da accettare. Il nodo di fondo è la scelta di un’intimità esclusiva con Dio attraverso quella che si verifica con Gesù. Lo scandalo è sempre lo stesso: com’è possibile che quella carne permetta l’ingresso nel cielo? Oppure, in termini più precisi, com’è possibile che quell’uomo sia Dio e che l’amicizia con lui sia al tempo stesso amicizia con Dio?

Neppure i discepoli hanno compreso che quella «carne» è davvero «spirito», perché viene da Dio e a Dio conduce. Gesù chiede di andare oltre la «religione», per una domanda di intimità con lui. I discepoli avrebbero accettato un Dio vicino, ma non un Dio che entra così profondamente nella nostra vita fino a pretendere un rapporto esclusivo. (Mons. Vincenzo Paglia)

5. LA CHIESA CI SOSTIENE

Dal Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi” nn. 663-738 I sacramenti, n. 942 La

vita cristiana plasmata dall’Eucaristia

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SCHEDA 5

…che io veda di nuovo!

1. LA PROPOSTA

Imparare a ri-conoscere Gesù là dove lui oggi viene a noi e ci interpella: significa imparare a credere.

2. UNA STORIA PER COMINCIARE La statua

Viveva un tempo tra i monti un uomo che possedeva una statua, opera di un antico maestro. L’aveva buttata in un angolo, faccia a terra, e non se ne curava affatto.

Un giorno, si trovò a passare nei pressi un uomo che veniva dalla città. Essendo un uomo di cultura, quando vide la statua chiese al proprietario se fosse disposto a

venderla. Il proprietario rise e disse: «E chi vuole che compri, scusi, quella pietra sporca e scialba?». L’uomo della città disse: «Ti do in cambio questa moneta d’argento». E l’altro ne fu sorpreso e felice. La statua fu trasportata in città, a dorso di elefante. E dopo molte lune, l’uomo dei monti si recò

in città, e mentre camminava per la strada vide gente affollarsi davanti ad un edificio, dove un uomo gridava a gran voce: «Venite a vedere la statua più bella, la più mirabile esistente al mondo. Solo due monete d’argento per ammirare l’opera meravigliosa di un grande maestro».

E l’uomo dei monti pagò due monete d’argento ed entrò nel museo per vedere la statua che lui stesso aveva venduto per una moneta. (K. Gibran da Bruno Ferrero – C’è qualcuno lassù?)

Vivevo sul lato in ombra della strada e osservavo i giardini dei vicini al di là della strada, festanti nella luce del sole. Mi sentivo povero, e andavo di porta in porta con la mia fame. Più mi davano della loro incurante abbondanza, più diventavo consapevole della mia ciotola da mendicante. Finché un mattino mi destai dal sonno all’improvviso aprirsi della mia porta, e tu entrasti a chiedermi la carità. Disperato, ruppi il coperchio del mio scrigno, e scoprii sorpreso la mia ricchezza. (R. Tagore) 3. INTERROGHIAMOCI

• Fragili. Poveri. Impotenti… E’ spesso la sensazione che abbiamo di noi stessi di fronte alla

vita e agli eventi. Perché facciamo tanta fatica ad accorgerci della ricchezza che ci viene dall’amore di Dio per ciascuno di noi?

• Quanto siamo disposti a fidarci dell’”Invisibile” – che si è fatto visibile in Gesù di Nazareth – e non solo delle nostre idee, della nostra ragione, dei nostri sensi?

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4. LA PAROLA CI ILLUMINA

Dal Vangelo di Marco (10,46-52)

E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo,

Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". 48Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!". 49Gesù si fermò e disse: "Chiamatelo!". Chiamarono il cieco, dicendogli: "Coraggio! Àlzati, ti chiama!". 50Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 Allora Gesù gli disse: "Che cosa vuoi che io faccia per te?". E il cieco gli rispose: "Rabbunì, che io veda di nuovo!". 52E Gesù gli disse: "Va', la tua fede ti ha salvato". E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Non è difficile applicare a noi e alla nostra vita il brano che abbiamo osservato e

interpretato. Molti suoi aspetti interpellano ciascuno di noi, nella sua concreta e attuale situazione, e possono spingerlo a esaminarsi per correggersi, ma anche a ringraziare e lodare il Signore.

1. La fede proclamata: riconosco ben volentieri che Bartimeo mi è di esempio e di

stimolo. Considero la mia fede e la trovo scarsa, titubante, timorosa. Guardo la gente che ho intorno, la vedo indifferente e perfino ostile al cristianesimo, e mi sento intimidito nel gridare la mia adesione al Signore Gesù.

Perché? Che cosa posso fare? Quali persone tra quelle che conosco, mi danno esempio con la loro coraggiosa testimonianza?

2. La fede pregata: il cieco supplica Gesù con insistenza, gli chiede fiduciosamente la

guarigione. Ho io coscienza di aver bisogno di guarigione e di salvezza? La domando con frequenza?

Quando si presenta una occasione di incontro col Signore (come per es. la Missione popolare) so farmi avanti senza timori e senza ritardi, so gridare la mia invocazione, il mio bisogno di Dio?

3. La fede liberante: Bartimeo getta via il mantello e balza in piedi. Forse da tempo non ripeto un gesto così, un gesto di decisione, di libertà, di gioia. Perché? Che cosa rappresenta per me il mantello di Bartimeo? E in che cosa la folla delle

persone (e delle occupazioni) fa anche a me da barriera? Anche se dovrò camminare contro corrente in mezzo alla folla, voglio assolutamente

seguire il percorso che mi porta verso il Signore, voglio ‘venire da Gesù’. 4. L’incontro personale: capisco l’importanza di passare da una fede teorica e solo

catechistica (seppure esatta nei suoi concetti) ad un dialogo intimo, personale, in cui il Signore diventa il ‘mio’ Maestro, in cui io ‘gli do del tu’

Ci sono arrivato? E vero tutto questo per me? Dio per me è un ‘principio’, o una persona viva? Vivo di lui e per lui? Se è così, ringrazio il Signore. Se non è così, lo invoco dal profondo del cuore.

5. Seguire Gesù: mi colpisce sempre e anche qui, la decisione di un nuovo discepolo di

lasciare tutto e di seguire il Signore: “… e prese a seguirlo per la strada”. Ho difficoltà a fare la stessa cosa, anche perché non mi è chiaro in che cosa consista per me, sposato, genitore, lavoratore, legato alla famiglia.

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Forse si tratta di un modo nuovo di fare le solite cose. Forse c’è da dare più tempo e più attenzione alla Parola di Dio. Forse, spostando alcune faccende e alcuni interessi, potrei restare in contatto più diretto con la mia comunità parrocchiale. Forse c’è anche altro per me. Il Signore mi apra gli occhi e mi dia luce.

6. La folla che sgrida: è capitato anche a me di sgridare chi tenta di esprimere fede e

richiesta di aiuto? Forse sì. In molti modi. C’è uno sgridare attivo, e c’è anche un disinteressarsi passivo.

E se guardo globalmente alla comunità cristiana, che impressione ne ricavo? Forse tutti abbiamo bisogno di una scossa, dobbiamo diventare più vivi, più ferventi, più capaci di testimonianza.

7. Il Signore che apre gli occhi ai ciechi: mi colpisce sempre un miracolo di Gesù,

ma soprattutto l’apertura degli occhi. Penso, certo, alla sventura drammatica dei non vedenti. Ma penso anche a noi, al mondo, all’uomo privo di luce e di speranza sulla vita e sulla morte, sul presente e sul futuro.

Mi riconosco un privilegiato per il dono della fede, oggi così raro. Mi riconosco un ‘graziato’, perché tutto è grazia. Mentre dico la mia riconoscenza, esprimo anche l’impegno di corrispondere al dono in una vita più luminosa e in una testimonianza più fattiva. (Fonte non specificata)

5. LA CHIESA CI SOSTIENE

Dal Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi” n. 830 Le virtù teologali – la fede, nn. 86-94 La risposta della fede

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SCHEDA 6

Vide e credette.

1. LA PROPOSTA

Ricomprendere il senso della Pasqua (e della domenica come pasqua settimanale) come tempo/luogo del realizzarsi delle promesse di Dio e, insieme, come tempo/ luogo del rinnovo del nostro impegno a diventarne “segno”.

2. UNA STORIA PER COMINCIARE

Lo spaventapasseri Una volta un cardellino fu ferito a un'ala da un cacciatore. Per qualche tempo riuscì a sopravvivere con quello che trovava per terra. Poi, terribile e gelido, arrivò l'inverno. Un freddo mattino, cercando qualcosa da mettere nel becco, il cardellino si posò su uno spaventapasseri. Era uno spaventapasseri molto distinto, grande amico di gazze, cornacchie e volatili vari. Aveva il corpo di paglia infagottato in un vecchio abito da cerimonia; la testa era una grossa zucca arancione; i denti erano fatti con granelli di mais; per naso aveva una carota e due noci per occhi. "Che ti capita, cardellino?", chiese lo spaventapasseri, gentile come sempre. "Va male. - sospirò il cardellino - Il freddo mi sta uccidendo e non ho un rifugio. Per non parlare del cibo. Penso che non rivedrò la primavera". "Non aver paura. Rifugiati qui sotto la giacca. La mia paglia è asciutta e calda". Così il cardellino trovò una casa nel cuore di paglia dello spaventapasseri. Restava il problema del cibo. Era sempre più difficile per il cardellino trovare bacche o semi. Un giorno in cui tutto rabbrividiva sotto il velo gelido della brina, lo spaventapasseri disse dolcemente al cardellino. "Cardellino, mangia i miei denti: sono ottimi granelli di mais"."Ma tu resterai senza bocca". "Sembrerò molto più saggio". Lo spaventapasseri rimase senza bocca, ma era contento che il suo piccolo amico vivesse. E gli sorrideva con gli occhi di noce. Dopo qualche giorno fu la volta del naso di carota. "Mangialo. È ricco di vitamine", diceva lo spaventapasseri al cardellino. Toccò poi alle noci che servivano da occhi. "Mi basteranno i tuoi racconti", diceva lui. Infine lo spaventapasseri offrì al cardellino anche la zucca che gli faceva da testa. Quando arrivò la primavera, lo spaventapasseri non c'era più. Ma il cardellino era vivo e spiccò il volo nel cielo azzurro. (Bruno Ferrero – Cerchi nell’acqua)

"Mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: Prendete e mangiate; questo è il mio corpo" (Matteo 26,26).

INTERROGHIAMOCI

• Celebrare la Pasqua significa celebrare la morte e la risurrezione di Gesù quale “evento salvifico” ossia “datore di vita”. Io mi sento salvato o no dal dono che Gesù fa di se stesso per l’umanità intera e quindi per me? In che senso?

• La fede in Gesù Cristo mi aiuta a vivere nella speranza la mia vita e ad essere concretamente segno di speranza (fiducioso nell’affrontare tutti gli eventi della vita) anche per coloro che mi stanno accanto?

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4. LA PAROLA CI ILLUMINA

Dal Vangelo di Giovanni (20,1-80)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2

Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!". 3Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

È l’alba del primo giorno dopo il sabato — scrive Giovanni al capitolo 20 — quando Maria di Màgdala si reca al sepolcro. Forse cammina un po’ in fretta, certo non corre. La mente e il cuore sono appesantiti dal dolore, dai ricordi e soprattutto dalla tristezza del distacco dall’unica persona che l’aveva capita; l’unico forse che ella aveva veramente amato. Non può correre con un tale macigno che le opprime il cuore e le membra.

Appena arriva al sepolcro vede ribaltata la pietra che doveva chiudere l’ingresso. Per lei è un colpo violento. Pensa che abbiano rubato il corpo di Gesù e immediatamente, senza neppure avvicinarsi e guardare dentro, tanto è convinta del furto, si lancia in una corsa senza sosta per riferire l’accaduto a Pietro e all’altro discepolo amato da Gesù. Appena li vede, con voce concitata, dice loro: «Hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l’abbiano posto». Maria corre, di fronte alla tomba vuota. Quant’è lontana questa corsa dalla nostra pigrizia, dalla nostra rassegnazione! Per incontrare il Signore bisogna correre, bisogna aver fretta, non si può indugiare, pigri, sulle proprie abitudini avare e tristi. Anche Pietro e l’altro giovane discepolo, non appena sentono la notizia, escono di casa e si mettono a correre. Non si è discepoli rimanendo dentro un riparato cenacolo, nel caldo del proprio gruppo e nell’ambito del proprio tranquillo orizzonte.

Se solo apriamo gli occhi, come ha fatto la Maddalena, ci accorgeremo che nel nostro mondo «hanno portato via il Signore», e che la vita di tanti è divenuta simile a un sepolcro vuoto, privo di speranza. Il mondo ha bisogno del vangelo; di qui la fretta dei discepoli. Vorrei dire che lo stesso vangelo ha fretta; ha fretta di essere aperto e di essere annunciato. Gesù disse di sé: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra e vorrei davvero che fosse già acceso!» (Lc 12,49). Egli bruciò la sua vita per il desiderio di accendere il fuoco nel cuore degli uomini.

Questa fretta fece correre il discepolo che Gesù amava più veloce di Pietro. Arrivò per primo al sepolcro, anche se aspettò Pietro, prima di entrare. L’evangelista sembra suggerire che l’amore arriva prima, prima della stessa istituzione, rappresentata da Pietro. Se questa talora è costretta a procedere con maggior cautela, l’amore è la libertà dell’intuizione, è l’immediatezza del cuore. Ma l’amore non disprezza, anzi, aspetta e prepara la verità. Oggi, tuttavia, sono troppo pochi quelli che corrono in fretta; ne abbiamo bisogno noi e la stessa verità. Abbiamo bisogno di cuori innamorati del vangelo. (mons. Vincenzo Paglia) 5. LA CHIESA CI SOSTIENE

Dal Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi” nn. 244-252 Il mistero della

redenzione

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SCHEDA 7

…vivete in pace con tutti.

1. LA PROPOSTA

Maturare la consapevolezza che l’incontro personale/comunitario con Cristo risorto ci porta immancabilmente a diventare segno di unità e pace nella famiglia, nella società, nella Chiesa, nel mondo.

2. UNA STORIA PER COMINCIARE

Il ragazzo della spiaggia Una volta, davanti a una spiaggia tranquilla, era ancorata una delle navi da guerra più potenti

del mondo. Era costata somme incalcolabili. Possedeva l’armamento più terribile e distruttore inventato dall’uomo.

Un giorno, il comandante della nave volle scendere sulla spiaggia. Si sedette sulla sabbia e si mise a guardare con orgoglio la sua potente nave. Lì vicino, un ragazzo stava giocando sulla sabbia. Aveva scavato una grande buca, e voleva riempirla d’acqua con il suo secchiello. Non cessava di andare e venire a prendere acqua e a versarla nella buca. Stava facendo così da più di un’ora, quando al comandante venne voglia di sapere che cosa stesse facendo. Gli si avvicinò e gli chiese: «A che cosa stai giocando, ragazzo?». Il ragazzo lo guardò molto seriamente e rispose: «Non sto giocando, signore. Sto mettendo tutta l’acqua del mare in questa buca».

Il comandante si mise a ridere e gli disse: «Ma non ti rendi conto che ciò è impossibile?». Il ragazzo lo guardò un momento e poi, indicando la sua nave, gli chiese: «E quella, a che cosa serve?».

Pieno d’orgoglio, il comandante gli rispose: «La nave che stai vedendo, ragazzo, è la più potente nave da guerra della nostra nazione. Serve per intimorire i nostri nemici. e così ottenere di vivere in pace».

Il ragazzo si mise a ridere, e gli disse: «È più facile che io riesca a mettere tutta l’acqua del mare in questa buca, che lei riesca a ottenere la pace con quella nave!». (José Real Navarro – C’era una volta… al catechismo)) Il cristiano è un uomo di pace, non un uomo in pace: fare la pace è la sua vocazione. (Primo Mazzolari) 3. INTERROGHIAMOCI

• Che cosa significa per me essere uomo/donna “di pace” e non un uomo/donna “in pace”? • Essere cristiano (= essere membri della “comunità eucaristica”) è una scelta di vita “per sé”

o per “gli altri”? In che senso?

4. LA PAROLA CI ILLUMINA

Dalla lettera di Paolo apostolo ai Romani (12,14-21)

14Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. 15Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. 16Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi.

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17Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. 18Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. 19

Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. 20Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. 21Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene.

Paolo traccia a grandi linee alcune caratteristiche fondamentali di vita cristiana: ci deve essere sempre un movente, qualcosa che spinge avanti, uno zelo, una sollecitudine che impedisca qualunque ristagno spirituale; l’azione che Io Spirito esercita nell’intimo dell’uomo deve spingere quest’ultimo a un fervore continuo, i cristiani devono prestare continuamente un servizio al Signore, a Gesù risorto. La speranza, cioè l’attesa del compimento futuro della salvezza già incominciata, sarà fonte di gioia per il cristiano; nelle tribolazioni di questa vita e, specialmente, in quelle causate proprio dall’essere cristiani, ci vorrà costanza e perseveranza; dovrà poi darsi con costanza e diligenza alla preghiera sia individuale che liturgica.

Per quanto concerne le relazioni coi non cristiani, Paolo dà degli insegnamenti che richiamano molto da vicino — tanto che si può supporre un contatto letterario — il discorso della montagna (Mt 5-7). Nei riguardi dei persecutori, i cristiani devono avere un atteggiamento estremamente positivo: invocare le benedizioni di Dio su di loro — in modo che essi abbandonino il loro atteggiamento negativo — e non le maledizioni. L’espressione richiama Mt 5,44, ed è illuminata da quest’ultima.

I cristiani non si devono considerare estranei agli altri uomini, devono anzi partecipare di cuore alla loro vita, condividendo le loro ansie e le loro gioie e tutto il complesso di situazioni psicologiche che è compreso tra i due estremi “piangere-gioire”

I pensieri e le aspirazioni dei singoli cristiani nei loro rapporti reciproci devono far capo a una unità armonica: per questo occorrerà nei singoli individui una sincera umiltà, un superamento del proprio io egoistico.

Dovranno dare una testimonianza agli altri: la loro cura sarà quindi non solo di condurre una vita moralmente valida davanti a Dio, ma anche davanti agli uomini. E’ chiaro il richiamo alla “città posta sul monte” di Mt 5,14-16.

La tendenza del cristiano — limitata in pratica dalle circostanze che possono richiedere una presa di posizione drastica — deve essere, per quanto è possibile, per quanto dipende da lui, di essere in pace con tutti gli uomini.

Non si devono vendicare, ristabilendo essi stessi e quanto prima l’equilibrio turbato col rendere male per male. Desiderando che chi ha fatto del male si ravveda — come sarà spiegato nei versetti seguenti — devono lasciare a Dio la cura di ristabilire l’equilibrio nel caso che il male persista. Ciò che Dio farà nel giorno della sua “ira”.

Si raccomanda di aiutare il proprio nemico e di aiutarlo efficacemente nelle sue necessità (il “mangiare” e il “bere” sono solo degli esempi indicativi). Tutta la citazione scritturistica è presa dal libro dei Proverbi (25,21-2). L’espressione: «Accumulare carboni di fuoco sul suo capo», ha nell’uso semitico il valore di “far sì che uno arrossisca”. Nel contesto in cui viene usata ha un valore positivo: il nemico dovrà arrossire e ciò lo stimolerà alla conversione.

Una delle massime più belle e più felicemente riassuntive di tutta la morale cristiana: il cristiano non deve lasciarsi vincere dal male. Non solo, ma non deve combattere il male sul suo stesso piano: deve combatterlo e vincerlo mediante il bene. (Ugo Vanni)

5. LA CHIESA CI SOSTIENE

Dal Catechismo degli adulti “La verità vi farà liberi” nn. 691-695 Comunione con Cristo e

con i fratelli, nn. 742-745 Corpo di Cristo in virtù dello Spirito, n. 1165 Operatori di pace.

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ALLEGATI

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Preghiere Tu hai chiamato (Sant'Agostino)

Tu hai chiamato, hai gridato, e hai superato la mia sordità. Tu hai sfolgorato, e hai aperto i miei occhi. Tu hai sparso i profumi, li ho respirati son corso dietro a te! Io ti ho gustato, e ho fame e sete di te. Tu mi hai toccato, e io brucio dal desiderio della tua pace. Quando sarò più vicino a te, la mia sofferenza sarà finita. O Signore, abbi pietà di me, non nascondo le mie ferite; tu sei il medico e io l'infermo. Tu sei misericordioso, e io tanto povero. Donami ciò che tu comandi, e poi comanda ciò che tu vuoi.

Il sì della mia risposta (Angelo Comastri, Arcivescovo di Loreto)

Vergine Immacolata, prendi il sì della mia risposta

alla chiamata dei Signore e custodiscilo dentro il tuo sì,

meravigliosamente fedele. Donami la gioia e la speranza che trasmettesti ad Elisabetta

entrando nella sua povera casa. Fa' che la passione di salvare

mi renda missionario infaticabile, povero di mezzi e di cose,

puro e trasparente nei sentimenti, totalmente libero

per donarmi veramente agli altri. Rendimi umile e obbediente fino alla Croce

per essere una cosa sola con Gesù, Dio disceso dal cielo per salvarmi.

O Maria, affido a te tutte le persone che ho incontrato e che incontrerò

nel viaggio della fede: illuminaci il cammino,

riscaldaci il cuore, portaci alla casa e alla festa dell'Amore

che non avrà mai fine. Amen.

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Parlami, o Dio, nel mio silenzio (H.J.M. Nouwen, A mani aperte)

O Dio, parla con dolcezza nel mio silenzio quando il chiasso dei rumori esteriori di ciò che mi circonda e il chiasso dei rumori interiori delle mie paure continuano ad allontanarmi da te, aiutami a confidare che tu sei ancora qui anche quando non riesco a udirti. Dammi orecchi per ascoltare la tua sommessa, dolce voce che dice: "Venite a me, voi che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo... perché io sono mite ed umile di cuore". Che questa voce amorevole sia la mia guida.

Donaci un cuore che ascolta (Bernard Häring, Prego perché vivo, vivo perché prego)

Dio grande e meraviglioso, molte volte, nelle nostre litanie,

abbiamo detto: «Ascoltaci, Signore», senza esserci prima chiesti se noi abbiamo

ascoltato te, se siamo stati in sintonia con le tue parole,

con i tuoi silenzi. Vogliamo che tu porga l'orecchio

alla nostra supplica, senza preoccuparci di correggere

la nostra sordità, la durezza del nostro cuore. Interpreta tu, Padre, la nostra povera preghiera;

ed ogni volta che ci senti ripetere: Ascoltaci, Signore,

sappi che intendiamo dirti: Apri il nostro orecchio

ad ascoltare la tua voce. Apri i nostri occhi

a vedere te ovunque. Apri le nostre labbra per lodare te.

Donaci un cuore che ascolta te, Padre di misericordia,

con il Figlio e lo Spirito d'amore: ascolta Dio, e perdona!

Il cielo s'è rovesciato sulla terra (Chiara Lubich)

No, non è rimasta fredda la terra: Tu sei rimasto con noi! Che sarebbe del nostro vivere se i tabernacoli non ti portassero?

Tu hai sposato una volta l'umanità e le sei rimasto fedele. Ti adoriamo, Signore, in tutti i tabernacoli del mondo.

Sì, essi sono con noi, per noi. Non sono lontani come le stelle che pure tu ci hai donato. Dovunque possiamo incontrarti: Re delle stelle e di tutto il creato!

Grazie, Signore, di questo dono smisurato. Il Cielo s'è rovesciato sulla terra. Il cielo stellato è piccolo.

La terra è grande, perché essa è trapunta dovunque dall'Eucaristia: Dio con noi, Dio fra noi, Dio per noi.

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È inconcepibile (Chiara Lubich)

È inconcepibile, è straordinario, è qualcosa che incide sempre più profondamente nel mio animo quel tuo stare lì in silenzio nel tabernacolo. Vengo in chiesa la mattina e lì ti trovo. Corro in chiesa quando t'amo e lì ti trovo. Ci passo per caso o per abitudine o per rispetto e lì ti trovo. Ed ogni volta mi dici una parola, mi rettifichi un sentimento, vai componendo in realtà con note diverse un unico canto, che il mio cuore sa a memoria e mi ripete una parola sola: eterno amore. Oh! Dio, non potevi inventare di meglio. Quel tuo silenzio in cui il chiasso della nostra vita si smorza, quel palpito silenzioso che ogni lacrima assorbe; quel silenzio... quel silenzio, più sonoro d'un angelico concento; quel silenzio che alla mente dice il Verbo, al cuore dona il balsamo divino; quel silenzio in cui ogni voce si ritrova incanalata, ogni prece si risente trasformata; quella tua presenza arcana... Lì è la vita, lì è l'attesa; lì il nostro piccolo cuore riposa, per riprendere senza posa il suo cammino.

Il coraggio di seguirti (Merico Antonio, Parola pregata. Preghiere dell'anno liturgico A, Elledici)

Signore Gesù, oggi ci proponi gli aspetti scomodi e onerosi dell'ideale cristiano.

La croce, non si è mai disponibili né pronti

per accettarla, contrasta con l'aspirazione umana che tende ad allontanare il dolore e raccogliere gioie.

Chi si pone alla tua sequela va incontro

a maltrattamenti e persecuzioni, va incontro alla tua stessa sorte.

Il prezzo della coerenza

è lo stipendio di chi ti ha scelto.

Ci chiedi fiducia incrollabile in te, in te solo, senza posare il capo su altre sicurezze.

Ci chiedi tutto, ma non prendi tutto.

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Ci chiedi salti nel vuoto e, fin quando non li faremo, non ci accorgeremo che in fondo ci sei tu

ad aspettarci e non il vuoto.

Non ci chiedi mai di togliere, ma per poter dare molto di più.

Vinci sempre in generosità.

Donaci il coraggio di seguirti e la forza di perseverare

anche se bisogna remare contro corrente.

Il ballo dell'obbedienza (Madeleine Delbrel)

“Noi abbiamo suonato il flauto e voi non avete danzato” E' il 14 luglio. Tutti si apprestano a danzare. Dappertutto il mondo, dopo anni dopo mesi, danza. Ondate di guerra, ondate di ballo. C'è proprio molto rumore. La gente seria è a letto. I religiosi dicono il mattutino di sant'Enrico, re. Ed io, penso all'altro re. Al re David che danzava davanti all'Arca. Perché se ci sono molti santi che non amano danzare, ce ne sono molti altri che hanno avuto bisogno di danzare, tanto erano felici di vivere: Santa Teresa con le sue nacchere, San Giovanni della Croce con un Bambino Gesù tra le braccia, e san Francesco, davanti al papa. Se noi fossimo contenti di te, Signore, non potremmo resistere a questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo, e indovineremmo facilmente quale danza ti piace farci danzare facendo i passi che la tua Provvidenza ha segnato. Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza della gente che, sempre, parla di servirti col piglio da condottiero, di conoscerti con aria da professore, di raggiungerti con regole sportive, di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato. Un giorno in cui avevi un po' voglia d'altro hai inventato san Francesco, e ne hai fatto il tuo giullare. Lascia che noi inventiamo qualcosa per essere gente allegra che danza la propria vita con te. Per essere un buon danzatore, con te come con tutti, non occorre sapere dove la danza conduce. Basta seguire, essere gioioso, essere leggero, e soprattutto non essere rigido.

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Non occorre chiederti spiegazioni sui passi che ti piace di segnare. Bisogna essere come un prolungamento, vivo ed agile, di te. E ricevere da te la trasmissione del ritmo che l'orchestra scandisce. Non bisogna volere avanzare a tutti i costi, ma accettare di tornare indietro, di andare di fianco. Bisogna saper fermarsi e saper scivolare invece di camminare. Ma non sarebbero che passi da stupidi se la musica non ne facesse un'armonia. Ma noi dimentichiamo la musica del tuo Spirito, e facciamo della nostra vita un esercizio di ginnastica: dimentichiamo che fra le tue braccia la vita è danza, che la tua Santa Volontà è di una inconcepibile fantasia, e che non c'è monotonia e noia se non per le anime vecchie, tappezzeria nel ballo di gioia che è il tuo amore. Signore, vieni ad invitarci. Siamo pronti a danzarti questa corsa che dobbiamo fare, questi conti, il pranzo da preparare, questa veglia in cui avremo sonno. Siamo pronti a danzarti la danza del lavoro, quella del caldo, e quella del freddo, più tardi. Se certe melodie sono spesso in minore, non ti diremo che sono tristi; Se altre ci fanno un poco ansimare, non ti diremo che sono logoranti. E se qualcuno per strada ci urta, gli sorrideremo: anche questo è danza. Signore, insegnaci il posto che tiene, nel romanzo eterno avviato fra te e noi, il ballo della nostra obbedienza. Rivelaci la grande orchestra dei tuoi disegni: in essa, quel che tu permetti dà suoni strani nella serenità di quel che tu vuoi. Insegnaci a indossare ogni giorno la nostra condizione umana come un vestito da ballo, che ci farà amare di te tutti i particolari. Come indispensabili gioielli. Facci vivere la nostra vita, non come un giuoco di scacchi dove tutto è calcolato, non come una partita dove tutto è difficile, non come un teorema che ci rompa il capo, ma come una festa senza fine dove il tuo incontro si rinnovella, come un ballo, come una danza, fra le braccia della tua grazia, nella musica che riempie l'universo d'amore. Signore, vieni ad invitarci.

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Io, te e la pace (fonte non specificata)

Ho pregato, Signore, perché ci sia la pace. Quella pace che abbatte i muri, le frontiere.

Quella pace che accende la speranza. Quella pace che invoca a gran voce l'amore.

Quella pace che... Ma Tu non mi hai ascoltato!

... Ed ora capisco che colui che doveva ascoltare non eri Tu, ma ero io!

Uomo o donna che sia, ero io!

La pace verrà (Charles de Foucauld)

LA PACE VERRA' Se tu credi che un sorriso è più forte di un'arma, Se tu credi alla forza di una mano tesa, Se tu credi che ciò che riunisce gli uomini è più importante di ciò che li divide, Se tu credi che essere diversi è una ricchezza e non un pericolo, Se tu sai scegliere tra la speranza o il timore, Se tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo piuttosto che l'altro, allora... LA PACE VERRA' Se lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo cuore, Se tu sai gioire della gioia del tuo vicino, Se l'ingiustizia che colpisce gli altri ti rivolta come quella che subisci tu, Se per te lo straniero che incontri è un fratello, Se tu sai donare gratuitamente un po' del tuo tempo per amore, Se tu sai accettare che un altro, ti renda un servizio, Se tu dividi il tuo pane e sai aggiungere ad esso un pezzo del tuo cuore, allora... LA PACE VERRA' Se tu credi che il perdono ha più valore della vendetta, Se tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la loro allegria, Se tu sai accogliere il misero che ti fa perdere tempo e guardarlo con dolcezza, Se tu sai accogliere e accettare un fare diverso dal tuo, Se tu credi che la pace è possibile, allora... LA PACE VERRA'