Facoltà di Medicina e Chirurgia Scuola di Specializzazione ... · Università degli studi di Pisa...
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Università degli studi di Pisa
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Scuola di Specializzazione in Cardiologia
Tesi di Specializzazione
TROMBOASPIRAZIONE MANUALE vs REOLITICA
NELL’INFARTO MIOCARDICO ACUTO AD ELEVATO
CARICO TROMBOTICO
Relatore
Ch.mo Prof. Alberto Balbarini
Candidato
Dott.ssa Irene Morelli
Anno Accademico 2009-2010
2
A Giampiero e Mariella
3
TROMBOASPIRAZIONE MANUALE vs REOLITICA
NELL’INFARTO MIOCARDICO ACUTO AD ELEVATO
CARICO TROMBOTICO
SOMMARIO
INTRODUZIONE
Fisiopatologia della lesione e del trattamento
Strategie di prevenzione o riduzione dell’embolizzazione distale
Sistemi di protezione dall’embolizzazione:
1. Sistemi di protezione dall’embolizzazione distale
2. Dispositivi per Trombectomia
2.a’ Tromboaspirazione meccanica
2.a’’Trombectomia reolitica
2.b Tromboaspirazione manuale
Valutazione degli esiti dell’infarto miocardico con Risonanza Magnetica
STUDIO “Tromboaspirazione Manuale vs Reolitica nell’Infarto Miocardico Acuto
ad Elevato Carico Trombotico”
SCOPO DELLO STUDIO
METODI
- Disegno dello studio
- Definizioni
- Valutazione Angiografica
- Trombectomia Reolitica
- Tromboaspirazione Manuale
- Regime Farmacologico
- Tecnica Procedurale
- Risonanza Magentica
- Analisi statistica
4
RISULTATI
Risultati dello Studio Randomizzato
- Caratteristiche Basali e Pre-procedurali
- Risulatati Procedurali
- Risultati: End Point Primari
- Risultati: End Point Secondari
Risultati dello Studio Randomizzato
- Caratteristiche Basali e Pre-procedurali
- Risultati: RM a 3 Mesi
- Risultati Angiografici e Clinici
- Risultati: Follow up ad 1 Anno
DISCUSSIONE
Discussione dello studio randomizzato
- Caratteristiche Basali e Pre-procedurali
- End Point Primari
- End Point Secondari
- Follow up ad 1 Anno
Discussione del confronto Export vs Angiojet
- Caratteristiche Basali e Pre-procedurali
- Risoluzione ST e Risultati Angiografici
- Risultati RM a 3 Mesi
- Risultati Follow-up ad 1 Anno
- Confronto tromboaspirazione manuale
vs meccanica in Letteratura
- Confronto Export vs Angiojet:
costi e semplicità d’uso
LIMITI
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
Ringraziamenti
5
INTRODUZIONE
L’angioplastica primaria attualmente è il miglior trattamento dell’infarto miocardico
acuto (STEMI). Numerosi studi e meta-analisi ne comprovano l’efficacia nei termini di
effettiva rivascolarizzazione, miglioramento della funzione ventricolare sinistra e
miglior outcome clinico1, 2
. Secondo le Linee Guida Europee ESC 2010 è fondamentale
ridurre qualunque possibile ritardo dall’inizio dei sintomi alla ricanalizzazione del vaso,
obiettivo da raggiungere con la creazione e l’effettivo buon funzionamento di una rete
che permetta la precoce diagnosi e il rapido trasporto direttamente alla sala di
emodinamica, dove un team di operatori esperti sia già pronto a ricevere il paziente.
Appare tuttavia necessaria anche la corretta educazione della popolazione nel
riconoscere i sintomi e nel richiedere aiuto alle adeguate strutture.
Qualora non sia possibile raggiungere un centro capace di effettuare un’angioplastica
primaria entro 2 ore dal primo contatto medico (o entro 90 minuti in pazienti minori di
75 anni con infarto anteriore esteso, con recente insorgenza dei sintomi) è tuttavia
indicato procedere alla fibrinolisi sistemica e al differito trasferimento del paziente
presso un centro dotato di emodinamica per effettuare coronarografia ed eventuale
angioplastica tra le 3 e le 24 ore successive. Se la fibrinolisi non dimostrasse alcuna
efficacia (persistenza del sopraslivellamento del tratto ST, persistenza di angina o
comparsa di instabilità emodinamica) diventerebbe necessario il trasferimento in
urgenza per effettuare un’angioplastica rescue3-6
.
L’effetto della rivascolarizzazione percutanea deve essere massimizzato con il dovuto
apporto di una ottimale terapia farmacologica, in particolare con antiaggreganti ed
anticoagulanti. L’acido acetilsalicilico alla dose di 150-300 mg per os o 250-500 mg
e.v. e Prasugrel (carico 60 mg e successivamente 10 mg/die) oppure Clopidogrel (carico
600 mg e successivamente 75 mg/die) dovrebbero routinariamente essere somministrati
quando non coesistano controindicazioni, valutando il rischio ischemico/emorragico
sulla base delle caratteristiche individuali del singolo paziente1.
Per quanto riguarda l’uso degli inibitori delle glicoproteine IIb/IIIa (Inibitori-GP
IIb/IIIa) esiste da tempo ampia evidenza del beneficio clinico nello STEMI7, 8
;
successivamente è stato valutato l’impatto di una somministrazione precoce (al
momento della diagnosi di STEMI, al P.S. o direttamente sull’ambulanza) di abciximab
rispetto alla usuale somministrazione durante l’angioplastica primaria. Tuttavia, l’unico
6
ampio studio randomizzato non ha mostrato un beneficio clinico significativo9, anche se
numerosi studi clinici su piccole popolazioni, registri e meta-analisi hanno dati risultati
contrastanti10, 11
portando nella stesura delle Linee Guida ESC a considerare Abciximab
(0,25 mg/kg e.v. in bolo seguito da infusione di 0.125 µg/Kg/min fino alla dose
massima di 10 µg/min per 12 ore) un’opzione in classe IIa LOE A nei pazienti con
elevato carico trombotico.
Un recente Trial è stato effettuato, a questo proposito, anche nel nostro centro, portando
alla conclusione che la somministrazione “up-stream” (es. in Pronto Soccorso) o in sala
di Emodinamica ( al momento del cateterismo) dell’Abciximab non porti ad alcuna
differenza in termini di Infarct Size valutato con Risonanza Magnetica Nucleare-
cardiaca (RMI-C)12
.
Figura1
Nelle fasi precoci della presentazione clinica e della procedura di rivascolarizzazione si
considera anche la possibilità di una anticoagulazione con UFH 100 UI/Kg e.v. in bolo,
oppure 60 UI/kg e.v. in bolo se in associazione con inibitori delle GP IIb/IIIa, per
ridurre le complicanze trombotiche precoci (Linee Guida ESC 2010 Classe I-LOE C).
7
Recenti studi suggeriscono che la sola Bivalirudina possa essere da preferire ottenendo
un minor rischio di sanguinamento con un netto beneficio clinico13
.
Figura2
Con questo approccio si ottiene la riperfusione miocardica nella gran parte dei casi,
tuttavia in una certa quota il flusso nella coronaria colpita, una volta meccanicamente
rimossa la lesione, appare non soddisfacente correlandosi con una più ampia area di
necrosi, possibile riduzione della funzione sistolica ventricolare e peggior prognosi.
Fisiopatologia della lesione e del trattamento
Secondo il classico modello fisiopatologico nell’infarto miocardico STEMI si avrebbe
una improvvisa chiusura del vaso epicardico responsabile, dovuta generalmente alla
rottura, erosione o fissurazione di un preesistente placca aterosclerotica con liberazione
di numerose sostanze vasoattive come Trombossano A2 e Serotonina14
ed esposizione
8
del core ricco di lipidi (cellule schiumose e lipidi extracellulari) al flusso ematico,
promuovendo l’attivazione e l’aggregazione piastrinica con attivazione della Trombina
e formazione del trombo15
. Questo, costituito da piastrine, fibrina, eritrociti e leucociti
interrompe il flusso ematico, provocando uno squilibrio tra richiesta ed apporto di
ossigeno al tessuto; se lo squilibrio persiste si ha la necrosi miocardica che può
interessare tutto o quasi tutto lo spessore della parete ventricolare nella zona irrorata dal
letto coronarico dell’arteria colpevole.
Nel caso in cui la trombosi non sia occlusiva, oppure sia transitoria, causa un danno
miocardico di minor proporzioni che può non raggiungere la transmuralità, traducendosi
in una diversa alterazione elettrocardiografica indicativa di ischemia piuttosto che di
necrosi a tutto spessore (infarto NSTEMI). In questa condizione a livello intravascolare
sembra prevalere un bilancio favorevole verso la rombo geni spontanea.
Negli ultimi anni, studi anatomopatologici, condotti sul materiale trombotico aspirato
durante angioplastica primaria, dimostrano la presenza del materiale trombotico nel
95% dei casi16
mentre l’assenza viene spiegata con la disgregazione di materiale fresco
e molto fragile durante il passaggio nel catetere o nel dispositivo collettore. Di maggior
importanza è stato il rilievo di eterogeneità nella composizione trombotica con rilievo di
tre aspetti correlati con l’età del trombo stesso: 1) trombo fresco (formato da meno di 1
giorno) costituito da piastrine, fibrina, eritrociti e granulociti; 2) trombo “litico” (da 1 a
5 giorni) caratterizzato da aree di necrosi colliquativa e rombo geni dei granulociti; 3)
trombo organizzato (>5 giorni) che mostra all’interno crescita di cellule muscolari lisce
con o senza deposizione di tessuto connettivo e neoangiogenesi. Tali aspetti sarebbero
presenti contemporaneamente con diversa prevalenza nello stesso frammento di
materiale trombotico indicando una variabilità nella composizione che suggerisce una
crescita episodica del trombo prima dell’insorgere dell’ostruzione e dei sintomi17
.
Figura 3
9
In questa dinamicità del processo non è ancora chiaro quali siano i meccanismi che in
alcuni soggetti portano all’arresto della formazione del trombo in una fase precoce e
quali invece i determinanti della rapida progressione trombotica verso l’occlusione
totale e l’infarto acuto17
ed è possibile che il rilascio di fattori vasocostrittori e rombo
geni dalla placca aterosclerotica stessa abbiano un ruolo fondamentale18
.
Durante l’intervento standard di rivascolarizzazione percutanea la placca aterosclerotica
e la relativa trombosi vengono compresse verso la parete vasale con l’intento di
rimuovere l’ostacolo, ottenere la pervietà dell’arteria normalizzando il flusso coronarico
e la perfusione al miocardio ischemico. Questi risultati, nella pratica clinica vengono
comunemente valutati mediante la stima del flusso epicardio anterogrado tramite il
Thrombolysis in Myocardial Infarction (TIMI) Flow Grade (definendo come TIMI 0
l’assenza di flusso anterogrado coronarico, TIMI 1 la presenza di minimo flusso
anterogrado, TIMI 2 la lenta opacizzazione distale del vaso, TIMI 3 la completa
riperfusione) e il TIMI Myocardial Blush Grade (MBG) che rappresenta un indice
semiquantitativo della densità di mezzo di contrasto che perfonde il territorio
miocardico a valle della coronaria interessata (Tabella). La rivascolarizzazione si
definisce efficace quando si abbia TIMI flow grade 3 e MBG 3 al termine della
procedura19, 20
.
Tuttavia in una quota tra il 12% e il 26% dei casi non si raggiunge un flusso ottimale e
in una percentuale ancora maggiore (fino al 30% in alcuni studi clinici) il grado di
perfusione miocardica appare ridotto21
. I casi di insuccesso procedurale, in cui il vaso
rimane fisicamente occluso, sono piuttosto rari, quello che invece si verifica più
frequentemente è il fenomeno del NO-REFLOW che viene definito come uno stato di
inadeguata perfusione miocardica in presenza di un vaso epicardico pervio22
.
10
Figura 4
La causa sottostante appare essere l’ostruzione microvascolare (MicroVascular
Obstruction: MVO), definita come ostruzione del microrcircolo costituito da vasi di
diametro <200µm, e che è stata associata ad aree infartuali di maggiori dimensioni,
predisposizione ad aritmie ventricolari, disfunzione ventricolare sinistra e scompenso
cardiaco, shock cardiogeno, infarti ricorrenti e aumentata mortalità23
.
Il fenomeno del No-reflow viene classificato in:
1-REPERFUSION NO-REFLOW che avviene a seguito di un intervento coronarico
percutaneo (PCI) per la rivascolarizzazione durante infarto acuto (IMA); tale evento può
essere asintomatico oppure manifestarsi con persistenza del dolore toracico e del
sopraslivellamento del tratto ST; in questo caso il no-reflow è preceduto dal danno
ischemico cellulare, è confinato alla zona necrotica irreversibilmente danneggiata e
rappresenta un predittore indipendente di avversa prognosi per area infartuale, ridotta
funzione ventricolare e mortalità23
.
2- INTERVENTIONAL NO-REFLOW che segue una PCI elettiva e colpisce miocardio
che non è stato soggetto ad ischemia prolungata prima della procedura; in genere ha una
manifestazione clinica improvvisa con dolore toracico, ischemia acuta e modificazioni
elettrocardiografiche, ma può risolversi nel corso di alcuni minuti. I pazienti con
intervenional no-reflow presentano maggior incidenza di infarto e mortalità più alta24
.
11
La comparsa di un sopraslivellamento del tratto ST può avere un ruolo nella diagnosi
dell’interventional no-reflow, ma per quanto riguarda il reperfusion no-reflow, la
persistenza del sopraslivellamento ST in corso di IMA potrebbe riflettere sia
l’ostruzione microvascolare che l’occlusione del vaso epicardio.
Angiograficamente invece il no-reflow può essere riconosciuto con la valutazione
semiquantitativa del flusso coronarico nei casi in cui si abbia TIMI 0 o 1 post-
procedura. Un flusso TIMI 2 al termine dell’angioplastica, indice di un rallentato flusso
nel vaso trattato rispetto al flusso nei vasi non affetti, viene riconosciuto come SLOW-
FLOW, anch’esso marker di disfunzione microvascolare.
Il rilievo di gradi TIMI da 0 a 2 al termine della procedura, quando non rimane
significativa ostruzione meccanica nel vaso epicardio, si associano a peggior prognosi23
e tale situazione si verifica in più del 20% dei pazienti sottoposti ad angioplastica
primaria e in meno del 2% nelle procedure elettive22
.
Tuttavia da studi effettuati con l’utilizzo di ecocontrastografia e di RMI-C (mediante la
quale le zone di no reflow possono essere visualizzate nelle immagini acquisite dopo 2-
5 minuti dall’iniezione di mdc ed appaiono come zone subendocardiche di ipo-
enhancement circondate dall’iper-enhancement della necrosi ischemica) si dimostra che
l’ostruzione microvascolare, e l’ipoperfusione tissutale, occorrono molto più
frequentemente di quanto sia riconosciuto all’angiografia25-28
.
Nel Reperfusion No-reflow l’alterazione tissutale sembra essere dovuta sia all’insulto
ischemico che al danno da riperfusione che si realizza con una disfunzione endoteliale
dovuta ad una risposta infiammatoria acuta con aggregati di leucociti e piastrine, con
generazione di specie reattive dell’ossigeno e danno ossidativo, con un sovraccarico
intracellulare di calcio ed una aumentata permeabilità della membrana mitocondriale per
apertura di pori legati a canali al potassio ATP dipendenti. Si hanno inoltre cambiamenti
ultrastrutturali con rigonfiamento e protrusione nel lume delle cellule endoteliali e un
rigonfiamento cellulare anche dei miociti con edema tissutale con conseguente possibile
ostruzione del microcircolo. A queste alterazioni microscopiche si aggiunge il
vasospasmo e la microembolizzazione di detriti di trombo e placca aterosclerotica.
I meccanismi di questo fenomeno appaiono molteplici e non ancora ben chiariti e se nei
primi anni molta attenzione è stata posta per la Sindrome da Riperfusione e i possibili
meccanismi per prevenirla o trattarla, nell’ultima decade ha assunto maggiore
importanza l’embolizzazione distale che è stato dimostrato essere angiograficamente
12
evidente nel 15% dei casi come un difetto netto di riempimento distale in almeno una
delle diramazioni periferiche del vaso epicardico trattato29
. Questa percentuale appare
tuttavia una sottostima del fenomeno in quanto tiene conto soltanto della
embolizzazione macroscopicamente evidente all’angiografia, mentre sfuggono
certamente detriti di dimensioni inferiori alla risoluzione spaziale della metodica.
Figura 5
La componente dovuta a microembolizzazione distale della ostruzione microvascolare
che si realizza nell’infarto miocardico acuto può essere dovuta ad un fenomeno
spontaneo, pre-intervento, ma da numerosi studi appare evidente che le manovre
interventistiche per la rivascolarizzazione promuovono una migrazione di detriti di
trombo e di placca aterosclerotica a valle della lesione, già con il passaggio di
dispositivi (guida da interventistica, palloni per pre-dilatazione), fino ad un effetto di
“spremitura” del trombo parietale attraverso le maglie dello stent, al suo
posizionamento, con distalizzazione sia di microemboli angiograficamente evidenti
(fino al 67% dei casi, come riportato in letteratura30-32
) che di particelle di minor
dimensioni rilevate all’analisi istopatologia nella totalità dei campioni raccolti in
procedure in cui era stato usato un filtro distale30, 33, 34
.
Nei modelli animali la microembolizzazione viene mimata con microsfere di vario
diametro ma che risultano biochimicamente inerti35
. Al contrario i microemboli reali,
composti da piastrine, leucociti, eritrociti e materiale aterosclerotico presentano
sicuramente un forte potenziale trombogenico, infiammatorio e vasocostrittore tale da
renderli una delle fonti più consistenti dell’ostruzione microvascolare18
.
13
Figura 6
Questa considerazione, insieme agli scarsi risultati nel trattamento del no reflow, una
volta che questo si sia manifestato, ha spinto negli ultimi anni verso lo sviluppo di
strategie volte a prevenire o ridurre l’embolizzazione distale per ridurre l’incidenza del
no reflow.
I predittori di microembolizzazione sono stati valutati in diversi studi clinici che hanno
enfatizzato le caratteristiche strutturali della placca che la rendono a maggior rischio
(eccentricità, lacune lipidiche, fissurazione/dissezione, sezione della lamina elastica
interna)36
e gli aspetti angiografici e morfologici tra cui: lesioni trombotiche di
coronaria destra, vasi di ampio calibro e lesioni di maggior lunghezza; ma soprattutto
l’elevato carico trombotico appare essere il maggior determinante dell’embolizzazione
distale37
. Per tale ragione appare necessario stabilire il carico trombotico nei singoli casi
classificandolo secondo il TIMI Thrombus Grade38
(vedi Fig.pag 20) per individuare le
situazioni in cui sia più importante, in termini di riuscita procedurale e di outcome
clinico, tentare la riduzione del materiale trombotico.
Strategie di prevenzione o riduzione dell’embolizzazione distale
Dal punto vista farmacologico un risultato si è raggiunto con l’infusione periprocedurale
di inibitori di GP IIb/IIIa intracoronarico per ridurre il carico trombotico e migliorare la
perfusione tissutale10, 39, 40
, in particolare Abciximab sembra essere associato con una
significativa riduzione della mortalità nello STEMI41
ed ha mostrato un deciso effetto
protettivo contro l’embolizzazione distale ed il no-reflow42-44
. Notevole interesse si è
comunque concentrato su tecniche meccaniche di protezione e prevenzione.
14
Sistemi di protezione dall’embolizzazione distale
Sono stati sviluppati filtri per proteggere il vaso a valle dall’embolizzazione del
materiale trombotico/aterosclerotico. Tali dispositivi vengono posizionati distalmente
rispetto alla lesione culprit e per questa ragione sono chiamati sistemi di protezione
distale. Tra questi si hanno device occlusivi come GuardWire (Medtronic Inc) e
TriActiv system (Kensey Nash) e filtri come FilterWire (Boston Scientific) e SpideRx
(ev3Inc).
I dispositivi di tipo occlusivo hanno un più basso profilo in termini di dimensioni per
cui dovrebbero portare a una minor embolizzazione durante l’attraversamento della
lesione per il posizionamento, in più permettono l’aspirazione della colonna di sangue
rimasto intrappolato dall’occlusione distale in modo da rimuovere i mediatori umorali
rilasciati durante l’angioplastica e minimizzare il loro contributo all’ostruzione
microvascolare. I principali studi clinici EMERALD45
e ASPARAGUS46
non hanno
mostrato tuttavia i dati sperati. Nell’EMERALD l’end point primario (risoluzione del
sopraslivellamento ST) è stato disatteso senza individuare alcun beneficio in termini di
area di necrosi (infarct size, IS), anzi nei casi ad elevato carico trombotico o vaso
completamente occluso l’area di necrosi risultava più ampia nei pazienti in cui era stato
usato il dispositivo; in circa il 20% dei casi non era stato possibile avanzare il
dispositivo oltre la lesione e inoltre il tempo procedurale risultava maggiore con l’uso
del dispositivo rispetto al trattamento convenzionale. Anche nell’ASPARAGUS non
veniva raggiunto l’end point primario composito di MBG e TIMI frame count.
I filtri distali permettono il flusso anterogrado riducendo la possibilità di ischemia
distale legata al loro impiego e rendono possibile l’iniezione di mezzo di contrasto per
la visualizzazione del vaso durante la procedura. Diversi studi randomizzati PROMISE,
UPFLOW e PREMIAR47-49
non hanno mostrato benefici in termini di perfusione
microvascolare né di outcome.
Questo scarso risultato per entrambi i tipi di dispositivi può essere spiegato in diversi
modi:
1-il posizionare il dispositivo a valle della lesione favorisce l’embolizzazione durante il
passagio;
15
2-la rimozione dei detriti potrebbe essere insufficiente per incapacità di aspirare quelli
di dimensioni più grandi con i device occlusivi o per impossibilità di catturare quelli più
fini (diametro <100 µm) con i filtri;
3- il profilo del vaso a valle della lesione deve essere tale da permettere un buon
posizionamento del dispositivo perché questo sia efficace
4-la possibile embolizzazione di diramazioni vasali prossimali alla posizione del device;
5-spesso è necessaria una predilatazione con pallone per permettere il posizionamento
distale del dispositivo aumentando la possibilità di embolizzazione.
In conclusione questo tipo di dispositivi non è raccomandato nella routine clinica e
l’impiego rimane limitato a pochi casi selezionati.
Un sistema di occlusione prossimale, il Proxis (St.Jude’s Medical)50
, basato sul
concetto della sospensione del flusso anterogrado durante l’angioplastica con
aspirazione del ristagno ematico una volta trattata la lesione non è ancora stato
sufficientemente valutato nella pratica clinica.
Figura 7
Dispositivi per Trombectomia
Dato che l’embolizzazione procedurale avviene principalmente al momento del
gonfiaggio del pallone o dello stent, lo scopo primario della trombectomia è ridurre il
16
carico trombotico per minimizzare la possibilità della dislocazione di detriti nel circolo
a valle della lesione durante l’angioplastica. La trombectomia può essere effettuata con
due tipi di dispositivi: il primo tipo è costituito da sistemi sostanzialmente simili che
permettono l’aspirazione manuale (EXPORT, Medtronic; PRONTO, Vascular Solution;
DIVER CE, Invatec) mentre il secondo da dispositivi che permettono una
tromboaspirazione meccanica come ANGIOJET Rheolytic System (Medrad), un
catetere specificamente dedicato che permette trombectomia reolitica; X-SIZER (ev3
Inc, Plymouth, Minn.) catetere dotato di un cutter distale di forma elicoidale e
RINSPIRATION SYSTEMTM
(Kerberos Proximal solutions, Cupertino, CA) un
catetere con tre lumi che permette un flusso discontinuo di soluzione salina eparinata
attraverso fori circumferenziali all’estremo distale del catetere, prossimalmente
all’apertura terminale del lume da cui avviene l’aspirazione.
Figura 8
Tromboaspirazione meccanica.
L’ultimo dispositivo descritto, il Rinspiration, è stato valutato anche nel nostro
laboratorio di Emodinamica, partecipando ad un registro multicentrico, il Rinspiration
International Registry51
in pazienti con STEMI entro le 12 ore dall’inizio dei sintomi.
L’end point primario, la risoluzione >50% del sopraslivellamento del tratto ST a 60
minuti dal termine della procedura, è stato raggiunto nel 97% dei casi (contro circa il
65% di altri studi in letteratura). Dall’analisi dei dati risultava un trend in favore
dell’aspirazione per una maggiore occorrenza di MBG 3 post-procedurale, indicante una
miglior perfusione tissutale, in assenza di altre differenze statisticamente significative.
17
Lo studio non era strutturato per la valutazione dell’outcome a lungo termine (follow-up
di soli 30 giorni post-procedura).
L’X-Sizer è stato testato in 3 studi randomizzati (X-amine 2005, Napodano 2003 e
Beran 2002)52-54
che hanno mostrato una riduzione dell’embolizzazione distale ed un
miglioramento della perfusione miocardica. Nonostante questi buoni risultati
procedurali il dispositivo attualmente non è più disponibile all’uso.
Trombectomia reolitica. Il sistema Angiojet sfrutta getti di soluzione fisiologica ad
alta velocità per creare, con effetto Bernoulli, una zona a intensa pressione negativa alla
punta del catetere, consentendo l’aspirazione del materiale trombotico verso le
fenestrature del catetere stesso dove il materiale viene “catturato”, frammentato e
rimosso.
Questo sistema che avrebbe il vantaggio di frammentare il materiale aspirato, quindi di
essere più efficace in caso di elevato carico trombotico, aveva dato buoni risultati in
termini di perfusione miocardica e di infarct size nei primi studi su graft venosi di
bypass aorto-coronarici VeGAS1 e VeGAS2 e in un primo piccolo studio
randomizzato55, 56
. Successivamente provato in un ampio trial clinico, l’AiMI57
, in
aggiunta all’angioplastica primaria convenzionale in pazienti con STEMI, non aveva
mostrato nessun beneficio significativo in termini di riperfusione miocardica ed anzi si
associava ad una maggior mortalità ed incidenza di MACE (Major Adverse
Cardiovascular Event) a 30 giorni. Lo studio, tuttavia, presentava una serie di limiti che
dovrebbero essere tenuti in considerazione: il carico trombotico dei pazienti arruolati
era elevato solo nel 21% dei casi; molti pazienti avevano il vaso sede di lesione culprit
già pervio pre-trattamento, con un maggior numero di casi con TIMI 3 basale nel
braccio trattato con terapia standard; erano presenti un significativo ritardo
dall’ammissione del paziente al trattamento e, rispetto al braccio di controllo, un ritardo
procedurale più lungo (in media 16 minuti) dovuto al tempo necessario per
l’approntamento del dispositivo e per il posizionamento di un PaceMaker provvisorio
effettuato in tutti i pazienti sottoposti a trombectomia. Ma soprattutto la
tromboaspirazione veniva effettuata in modo retrogrado, ossia crossando la lesione
senza attivare il device ed effettuando la trombectomia con andamento distale verso
prossimale durante il ritiro del catetere, promuovendo in tal modo maggior
18
embolizzazione. Inoltre in molti pazienti una pre-dilatazione con pallone veniva
effettuata prima della trombectomia. Con queste considerazioni non stupisce il risultato
negativo in termini di infarct size e prognosi dello studio AiMI. In più, dato l’ampio
campione (480 pazienti) di questo studio le successive meta-analisi su dispositivi
meccanici di tromboaspirazione risentono pesantemente questi risultati arrivando a
dimostrare, secondo i dati di Bavry et al.58
, che trattando 38 pazienti con
tromboaspirazione reolitica si aumenta la mortalità di un unità.
Recentemente sono stati pubblicati i risultati di un ampio studio multicentrico, il
JETSTENT59
, che ha arruolato 501 pazienti, con elevato carico trombotico (TTG ≥3),
trattati con Abciximab e randomizzati alla trombectomia reolitica con Angiojet + PCI
con stenting diretto e PCI con stenting diretto soltanto. E’ stato infatti rilevato che, nei
pazienti con lesioni trombotiche, pre- e post-dilatazione aumentino il rischio di
embolizzazione distale ed alcuni studi mostrano che lo stenting diretto nei pazienti con
STEMI riduce l’incidenza di microembolizzazione e il rischio di no-reflow60, 61
.
Figura 9
I risultati dimostrano non solo la sicurezza nell’utilizzo di questo dispositivo, ma anche
un significativo beneficio in termini di risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST
(ST resolution: STR) e una significativa riduzione nei MACE già a 1 mese e
19
maggiormente ad 1 anno di follow-up. Non hanno mostrato differenze, invece, gli end-
point surrogati TIMI3, MBG 3 e Infarct Size valutato con Scintigarfia 99m
Tc sestamibi.
Su questi rilievi hanno probabilmente influito la scarsa risoluzione spaziale della
scintigrafia, non in grado di valutare differenze piccole nell’area di necrosi, ed il fatto
che i pazienti nel braccio di controllo avevano risultati angiografici e clinici nettamente
migliori rispetto a quelli attesi, probabilmente grazie alla terapia ottimale a cui sono
stati sottoposti (Abciximab e stenting diretto). Risultano tuttavia da notare, rispetto al
precedente trial, la limitata necessità di utilizzare un PM provvisorio (solo in meno del
1% dei casi) per bradicardia estrema e l’assenza di differenza per tempo procedurale nei
due bracci di trattamento.
Il beneficio ottenibile con la trombectomia reolitica in questo studio è pesantemente
guidato dalla riduzione della mortalità e della necessità di rivascolarizzazione sul vaso
responsabile (TVR) suggerendo che la metodica migliori la riperfusione miocardica e
riduca l’ischemia ricorrente. In più è da presupporre che effettuare stenting diretto in
lesioni con elevato carico trombotico porti ad una peggior apposizione delle maglie
dello stent e alla necessità di stent più lunghi.
Il conflitto tra i risultati di questi due ampi trial clinici rende evidente la necessità di
ulteriori valutazioni prima di giungere a definitive conclusioni sull’utilizzo della
trombectomia reolitica nella pratica clinica.
Tromboaspirazione manuale. I dispositivi per la tromboaspirazione manuale si sono
rivelati particolarmente attraenti negli ultimi anni, dato il loro utilizzo facile e veloce e il
loro relativo basso costo. Si tratta di un catetere specificamente disegnato, monorail,
collegato all’estremo prossimale con una siringa per aspirazione manuale. I device
hanno un profilo dimensionale migliore rispetto a quelli per trombectomia reolitica, non
frammentano il trombo, riducendo lo shift di placca e l’embolizzazione distale che può
derivare da questa manovra a fronte di una relativa minor efficacia nel caso di un carico
trombotico veramente elevato.
I primi studi randomizzati (REMEDIA, De Luca et al, DEAR-MI, Kaltof et al.)62-65
hanno mostrato tutti un miglioramento nei marker di perfusione miocardica con benefici
in termini di MBG e STR ma scarsa differenza in termini di area di necrosi e prognosi.
Questo è spiegabile anche perché questi studi non erano stati potenziati per valutare i
risultati in termini di outcome clinico. La vera svolta si è raggiunta con la pubblicazione
20
dei dati del TAPAS66
trial che ha radicalmente modificato l’ottica degli interventisti
verso la tromboaspirazione manuale.
Il TAPAS è il più ampio studio randomizzato finora condotto sull’argomento: 1071
pazienti con STEMI sono stati randomizzati all’aspirazione manuale con catetere
Export (Medtronic) + PCI convenzionale oppure a PCI convenzionale soltanto. Il
beneficio aggiuntivo legato alla tromboaspirazione è risultato evidente per il MBG e
STR con soltanto un trend positivo nella mortalità ad un mese senza il raggiungimento
della significatività statistica. I risultati dopo 1 anno di follow-up però hanno nettamente
mostrato una superiorità della tromboaspirazione con una netta riduzione della mortalità
(6.7% vs 3,6%, p=0.002) e una minor incidenza di mortalità cardiovascolare e IMA. E’
da notare però che non è stata fatta alcuna distinzione per carico trombotico e che non è
stato stabilità alcuna restrizione alla procedura interventistica che poteva essere
effettuata mediante stenting diretto o previa dilatazione con pallone a discrezione
dell’operatore. Questi aspetti che potrebbero significare l’introduzione di bias hanno
tuttavia anche l’effetto di rendere lo studio molto vicino alla pratica clinica.
Lo studio conferma riguardo ai dati angiografici e di STR i rilievi dei piccoli trial
precedenti ed avvalla il concetto che la protezione del microcircolo sia effettivamente
possibile durante l’angioplastica primaria. E’ da sottolineare però che in molti pazienti
dopo la trombospirazione si è proceduto a stenting diretto mentre l’occorrenza della pre-
dilatazione con pallone era più alta nel gruppo di controllo: questo potrebbe portare ad
una embolizzazione procedurale basalmente diversa, ma potrebbe significare anche una
facilitazione da parte della tromboaspirazione allo stenting diretto, migliorando la
visualizzazione della lesione e ottimizzando il sizing dello stent21
.
Dati simili per MBG e STR si hanno anche in uno studio simile, l’EXPIRA67
, che
aggiunge, per il gruppo trattato con aspirazione addizionale, una riduzione dell’infarct
size e dell’ostruzione microvascolare (MVO) nel tempo (a 3 mesi dall’evento) valutati
con C-RMI ed una più bassa mortalità a 9 mesi.
Nessuno degli studi pubblicati, tuttavia, presenta dati di follow-up e di mortalità
paragonabili a quelli del TAPAS ed è notevole il fatto che la mortalità complessiva dei
pazienti arruolati nello studio risulta nettamente più alta rispetto a quella di altri studi
contemporanei nello STEMI, come l’HORIZONS-AMI13
, ponendo il dubbio che un’alta
mortalità nel gruppo di controllo abbia eccessivo peso sui risultati più del vero effetto
benefico della tromboaspirazione.
21
Tuttavia numerose meta-analisi58, 68, 69
, per quanto influenzate dal peso statistico del
TAPAS, attestano la superiorità della tromboaspirazione manuale aggiunta
all’angioplastica convenzionale nei pazienti ad alto carico trombotico arrivando a
conteggiare 1 decesso in meno ogni 59 casi di aspirazione manuale58
. Inoltre come
risulta dall’analisi Mongeon et al.68
la tromboaspirazione manuale riduce il no-reflow:
risultato questo di non poca importanza a causa della scarsa o quasi nulla disponibilità
di trattamenti terapeutici efficaci qualora il fenomeno si presenti.
Appaiono quindi auspicabili futuri ampi trial potenziati verso l’ottenimento di risultati
per outcome clinico in modo da sciogliere qualsiasi dubbio residuo. In effetti se venisse
confermata una riduzione della mortalità e di eventi cardiovascolari della grandezza
mostrata dal TAPAS si potrebbe sostenere che la tromboaspirazione manuale
rappresenti il più importante beneficio clinico nell’angioplastica primaria dopo
l’avvento dello stent e degli inibitori delle GP IIb/IIIa.
Ad Ottobre del 2010 i principali esperti hanno presentato un documento riassuntivo70
delle recenti acquisizioni con le raccomandazioni sul ruolo della trombectomia in
aggiunta alla angioplastica primaria nello STEMI. Partendo dalla dimostrazione che un
elevato carico trombotico al momento della PCI primaria si associa con peggior
risultato procedurale e peggior prognosi si pensa che la trombectomia effettuata PRIMA
dell’angioplastica possa prevenire l’embolizzazione distale, migliorare la riperfusione
miocardica e l’outcome a lungo termine, in accordo alle recenti linee guide AHA/ACC
e ESC che considerano la trombectomia manuale in classe IIa LOE A. Appare tuttavia
importante una precisa valutazione del carico trombotico con rivalutazione successiva al
passaggio della giuda da interventistica nei casi di occlusione coronarica completa come
sostenuto da Sianos G. durante il simposio. Non esistono, invece, dati sufficienti per
indicare quale tipo di aspirazione, se manuale o reolitica, sia più efficace e in quale
sottogruppo di pazienti: gli esperti, nell’attesa di ulteriori evidenze, hanno tuttavia
raggiunto un accordo indicando:
- non utile la tromboaspirazione nei casi in cui la trombosi non sia angiograficamente
evidente (TTG 0-1);
-efficace l’uso della tromboaspirazione manuale in caso di carico trombotico moderato-
severo (TTG 2-3);
- efficace l’uso della trombectomia reolitica in caso di elevato carico trombotico (TTG
>4).
22
Figura 10
Valutazione degli esiti dell’infarto miocardico con Risonanza Magnetica
La maggioranza degli studi summenzionati ha valutato i dispositivi preminentemente in
termini di risultato procedurale, pochi trial presentano dati per outcome clinico e solo in
una minoranza sono state effettuate valutazioni dell’area necrotica con metodiche di
imaging. Il beneficio in termini di riduzione dell’infarct size appare invece un punto
importante nella comprensione del grado di efficacia di questi device, soprattutto in
considerazione delle residue incertezze sull’effetto clinico in termini di MACE e
mortalità.
Attualmente la risonanza magnetica (RM) ha acquisito un ruolo preminente nello
studio strutturale e funzionale delle patologie cardiache e vascolari, grazie all’elevata
risoluzione spaziale e temporale, all’elevato contrasto sangue-tessuto nelle sequenze
SSFP (Steady-State Free Precession), e alla possibilità di effettuare ricostruzioni
tridimensionali delle strutture cardiache e vascolari. Rende possibile inoltre un calcolo
23
diretto dei volumi delle camere cardiache e della massa miocardica, senza l’utilizzo di
modelli geometrici come avviene nell’ecocardiografia. Rispetto a quest’ultima è una
tecnica meno operatore-dipendente e non viene influenzata dalla eventuale presenza di
una cattiva finestra acustica del paziente.
Per queste caratteristiche ad oggi è considerata la tecnica gold standard per la
quantificazione dei volumi cardiaci, della massa e della funzione ventricolare. Con le
sequenze SSFP, ed in particolare associando nuove tecniche come il tagging, è possibile
effettuare uno studio accurato della contrattilità regionale di entrambi i ventricoli, con la
precisa individuazione di zone di ipo-acinesia e di bulging.
La RM presenta inoltre una particolare qualità rappresentata dalla caratterizzazione
tissutale. Nel miocardio è capace di evidenziare aree di edema, rilevate da una
iperintensità di segnale nelle sequenze T2 pesate e soprattutto, tramite acquisizioni
tardive dopo l’iniezione di mezzo di contrasto paramagnetico, permette di individuare
zone di fibrosi e di necrosi miocardica, evidenziate da un’iperintensità di segnale
(Delayed-Enhancement).
Numerosi studi sperimentali negli animali71
e successivamente nell’uomo, hanno
evidenziato come nelle immagini effettate con sequenza T1, dopo iniezione di mdc
paramagnetico, si possa evidenziare l’estensione ed il grado di danno tissutale dopo
infarto miocardico. La zona di miocardio colpita da danno ischemico è caratterizzata, in
queste sequenze, da una elevata intensità di segnale, rispetto al tessuto sano: tale
fenomeno è chiamato appunto Delayed-Enhancement (DE). È stato dimostrato che le
regioni con DE corrispondono alle aree di difetti di captazione del tracciante
scintigrafico Tallio, a regioni con alterazioni della cinesi all’ecocardiografia e, a livello
istologico, ad aree di necrosi miocardica72
.
Il mezzo di contrasto usato in risonanza magnetica è costituito da una sostanza
paramagnetica, il gadolinio (Gd) usato in soluzione, complessato da leganti ciclici
poliamminopolicarbossilici (Gd-DTPA). Tale mezzo di contrasto arriva nei tessuti
attraverso i capillari e lì, attraverso la parete vasale, entra negli spazi interstiziali fino a
raggiungere un equilibrio di concentrazione fra lo spazio vascolare ed extravascolare.
Nelle aree di miocardio vitale normoperfuse, vi è un rapido raggiungimento di questo
equilibrio: la concentrazione del mezzo di contrasto a livello del tessuto avrà quindi la
stessa cinetica del comparto extravascolare. In zone di miocardio necrotico, con
importante danno microvascolare, la concentrazione di Gd extravascolare aumenterà
24
lentamente e progressivamente, in 10-15 minuti dall’iniezione, in modo dissociato
rispetto alla cinetica nel sangue ed nelle aree vitali. Dopo circa 10 minuti dall’iniezione,
le aree di miocardio infartuato presenteranno quindi concentrazioni interstiziali di mdc
superiore rispetto al miocardio sano ed al distretto vascolare, determinando quindi
l’effetto di hyper-enhancemenet tardivo73
. È stato inoltre osservato che il delayed-
enhancement caratterizza sia zone di miocardio infartuato che aree con sostituzione
fibrotica. In tali zone infatti, all’interno di ciascun voxel, sarà presente una maggiore
quota di spazio interstiziale dove si accumula una maggior concentrazione di mdc (per
unità di volume miocardico) rispetto al miocardio sano, tale aumento della
concentrazione di mdc è responsabile di una quota del DE delle immagini T1 pesate a
10 minuti dall’iniezione di mdc paramagnetico.
Figura 11
È stato dimostrato che l’infart size, determinato dall’estensione dell’area di delayed-
enhancemente, si correla direttamente con la prognosi dei pazienti con infarto
miocardico74
.
Negli ultimi anni ha guadagnato interesse lo studio RM del danno microvascolare
nell’infarto miocardico acuto. È stato evidenziato che, nei primi 2 minuti dall’inizione
di mdc, la presenza di ostruzione microvascolare (MVO) determina una ridotta
concentrazione del mezzo di contrasto tissutale, responsabile di una ipointensità, che
caratterizza queste aree. Tali zone di ostruzione del microcircolo appaiono localizzate
soprattutto a livello del subendocardio e circondate dalla restante regioni di necrosi
miocardica, che appaiono al contrario iper-intense. Sperimentalmente è stato dimostrato
che tali regioni di ipo-enhancement corrispondono a aree colpite dal fenomeno di no
reflow e sembrano avere un valore predittivo indipendente di complicanze
cardiovascolari e di rimodellameto ventricolare sinistro26
.
25
TROMBOASPIRAZIONE MANUALE VERSUS REOLITICA NELL’INFARTO
MIOCARDICO ACUTO AD ELEVATO CARICO TROMBOTICO.
SCOPO DELLO STUDIO
Il nostro studio si propone di dimostrare un effetto benefico della tromboaspirazione in
aggiunta all’angioplastica primaria, nei pazienti con STEMI e dimostrazione
angiografica di elevato carico trombotico (TIMI Thrombus Grade TTG ≥3) nella
coronaria responsabile dell’infarto, con una riduzione del danno miocardico attraverso
la prevenzione della embolizzazione trombotica distale, conseguente riduzione
dell’ostruzione del microcircolo e dell’area infartuale e sopravvivenza libera da eventi
avversi cardiaci maggiori (MACE).
Gli end point primari dello studio erano rappresentati da:
risoluzione completa del sopraslivellamento ST (STR) a 60 minuti dal termine
della procedura;
“infarct size” (estensione dell’infarto) valutato con Risonanza Magnetica
cardiaca (RM) a 3 mesi dall’infarto.
Gli end point secondari sono rappresentati da:
grado di flusso TIMI nel vaso responsabile dell’infarto a fine procedura
corrected TIMI frame count (cTFC) a fine procedura;
TIMI myocardial blush grade (MBG) nel territorio dell’infarto a fine procedura
Microvascular obstruction (MVO) valutata con RM
Eventi avversi cardiaci maggiori (MACE) a 6 mesi ed a 1 anno.
Secondo le recenti raccomandazioni (Ottobre 2010)70
, che incontrano il consenso dei
principali esperti, sarebbe ottimale trattare casi con TTG 2-3 con la tromboaspirazione
manuale e casi con TTG 4-5 con la trombectomia reolitica, ma per questa assunzione
non esistono attualmente in letteratura dati specifici.
A tale proposito il gruppo di pazienti trattati con tromboaspirazione aggiuntiva è stato
ulteriormente valutato per individuare eventuali vantaggi o differenze nell’uso della
tromboaspirazione manuale rispetto alla reolitica, confrontando le due metodiche in
termini di riduzione del danno miocardico valutato con parametri strumentali semplici,
26
come l’ECG75, 76
, con parametri angiografici e con metodiche strumentali complesse,
come la risonanza magnetica cardiaca (RM).
METODI
Disegno dello studio.
Lo studio, prospettico, randomizzato, multicentrico, approvato dal comitato etico
all’inizio del 2008, è stato condotto presso i due Centri di Emodinamica della AOUP (il
Laboratorio di Emodinamica del Dipartimento Cardiotoracico dell’Azienda
Ospedaliero-Universitaria Pisana e quello della Unità Operativa Malattie
Cardiovascolari II dell’Ospedale Santa Chiara) e il Laboratorio di Emodinamica
dell’Ospedale Pediatrico Apuano (OPA) di Massa (CNR-Fondazione Monasterio).
Sono stati arruolati 208 pazienti consecutivi con STEMI che sono giunti nel Laboratorio
di Emodinamica per essere sottoposti a PTCA primaria entro 12 ore dall’esordio dei
sintomi, che presentavano all’ECG un sopraslivellamento del tratto ST ≥ 2 mm in
almeno due derivazioni contigue o un blocco di branca sinistro di nuova insorgenza e
alla coronarografia un carico trombotico elevato (TTG ≥3).
I pazienti non dovevano avere controindicazioni all’abciximab ed avere espresso un
consenso informato scritto.
Sono stati esclusi pazienti che presentavano una qualsiasi delle condizioni sotto
riportate:
-IMA a basso rischio (ST elevation in ≤ 2 derivazioni);
-Pregresso infarto omosede;
-PCI nelle 2 settimane precedenti;
-ipersensibilità nota all’abciximab;
-emorragia interna attiva;
-ictus cerebri nei due anni precedenti o con significativo deficit neurologico residuo;
-Intervento chirurgico/trauma cranico o spinale nei 2 mesi precedenti;
-recente (<6 settimane) emorragia clinicamente rilevante del tratto gastrointestinale o
genitourinario;
-diatesi emorragica o severa ipertensione non controllata;
-trombocitopenia (<100.000 PLT/ml);
-recente (<6 settimane) intervento di chirurgia maggiore o trauma;
-neoplasia/malformazione A-V/aneurisma intracranici;
27
-severa insufficienza renale/epatica;
-allergia all’aspirina;
-Gravidanza e allattamento
Una volta effettuata la coronarografia ed aver identificato la lesione responsabile, se
presenti i criteri di elevato carico trombotico, i pazienti eleggibili sono stati
randomizzati a uno dei due trattamenti (Randomizzazione 1:1):
-tromboaspirazione + PCI convenzionale della lesione colpevole
-sola PCI convenzionale della lesione colpevole.
La randomizzazione è stata stratificata in base al vaso responsabile dell’infarto, allo
scopo di evitare uno sbilanciamento tra i due gruppi in termini di prevalenza di infarto
anteriore. A tal fine, la randomizzazione è stata eseguita in ciascun centro seguendo una
sequenza casuale prefissata, distinta per infarto anteriore e infarto non anteriore.
I pazienti randomizzati a tromboaspirazione + PCI convenzionale sono stati trattati con:
1. tromboaspirazione manuale (TM) con Export (Medtronic) + PCI convenzionale
oppure
2. trombectomia reolitica (TR) con Angiojet (Medrad) + PCI convenzionale
mantenendo una distribuzione 1:1.
La scelta del tipo di tromboaspirazione è dipesa dalla disponibilità dei 2 sistemi nei tre
Laboratori di Emodinamica: una sala ha effettuato solo tromboaspirazione manuale con
dispositivo Export, una sala ha effettuato solo tromboaspirazione reolitica con
dispositivo Angiojet, ed una inizialmente tromboaspirazione manuale con Export ed in
seguito reolitica con Angiojet, dopo l’acquisizione del sistema Angiojet nel corso dello
studio.
E’ da precisare, inoltre, che gli operatori di quest’ultimo laboratorio presentavano tutti
elevato grado di esperienza nell’uso di entrambi i dispositivi.
L’assegnazione non è quindi di tipo randomizzato ma è risultata comunque bilanciata
tra i 2 tipi di dispositivo.
I due bracci di trattamento saranno chiamati rispettivamente: 1.- TM +PCI e 2.- TR +
PCI.
28
Definizioni.
Il sopraslivellamento del tratto ST nell’elettrocardiogramma viene misurato a 60msec
dal punto J77
. Per “risoluzione completa del sopraslivellamento ST” a 60 minuti si
intende, secondo la classificazione di Schroeder78
, una riduzione ≥70% del
sopraslivellamento del tratto ST a 60 minuti dal termine dell’angioplastica rispetto
all’ECG di arruolamento pre-procedurale. Per “eventi avversi cardiaci maggiori”
(MACE) si intendono la morte per ogni causa, il reinfarto, la nuova rivascolarizzazione
della lesione target (TLR) o del vaso target (TVR). Tutti i decessi sono considerati
cardiaci a meno che non possa essere stabilita una causa non cardiaca certa. Il reinfarto
viene definito come incremento della creatinchinasi-MB (CK-MB) oltre 2 volte il limite
superiore della norma non correlato ad una nuova procedura di rivascolarizzazione. La
TLR viene definita come procedura di rivascolarizzazione eseguita sia con intervento di
bypass aorto-coronarico (BPAC) o di PTCA con documentazione angiografica di
ristenosi >50% del segmento coronarico trattato durante l’angioplastica primaria.
Valutazione angiografica. Per “elevato carico trombotico” si intende l’evidenza di un
TIMI Thrombus Grade ≥ 3 secondo la classificazione usata da Gibson et al. nel
sottostudio TIMI 1438
.
Il grado di flusso TIMI38
e il corrected TIMI frame count20
al momento della
coronarografia iniziale e al termine della procedura e il TIMI myocardial blush grade
(MBG) dopo alcuni minuti dall’ultima immagine post procedurale sono stati valutati,
come descritto in precedenza19
, da un singolo operatore c/o il Core Lab.
Il No reflow è stato definito come una riduzione transitoria o sostenuta nel flusso
anterogrado non associato a una lesione ostruttiva nella sede di trattamento79
. Lo slow-
flow è stato definito come un rallentamento transitorio o sostenuto del flusso
anterogrado corrispondente al TIMI flow grade 2.
Trombectomia reolitica (TR). La TR è stata eseguita con il dispositivo Angiojet.
Questo dispositivo è costituito da un catetere a doppio lume, specifico per la rimozione
del trombo dal distretto vascolare coronarico e/o periferico. Il catetere è collegato ad
una console esterna in cui una pompa a pistone genera un flusso pulsato di soluzione
salina ad alta pressione (10.000 psi) attraverso un ipotubo. Quest’ultimo emette la
soluzione salina ad alta velocità diretta verso un lume di scarico, generando una zona a
bassa pressione alla punta del catetere con la formazione di un vortice (effetto Venturi)
che frammenta ed aspira il trombo.
29
Tromboaspirazione manuale (TM). La TM è stata effettuata con dispositivo Export.
Si tratta di un catetere 4F specificamente disegnato, monorail, con un lume di
aspirazione di 1 mm (0.041’’) collegato all’estremo prossimale con una siringa per
aspirazione manuale.
Regime Farmacologico. I pazienti sono stati tutti trattati secondo linee-guida:
Pre-procedura: aspirina 300 mg e.v. o masticabile e clopidogrel 600 mg per os.
Intra-procedura: eparina sodica bolo iniziale (3000 UI/5000UI) + eventuali boli
aggiuntivi (in dose tale da mantentere l’ACT tra 200 e 250 secondi durante la
procedura).
Alla dimissione: aspirina 100 mg/die a vita, clopidogrel 75 mg/die per 12 mesi. Tutti i
pazienti sono stati inoltre trattati con abciximab (bolo subito dopo la coronarografia +
infusione nelle 12 ore post-procedura), secondo Linee Guida ESC 2010.
E’ stato eseguito dosaggio della CK-MB e della Troponina I subito dopo
l’angioplastica e a 6, 12, 24, 48, 72 ore dalla procedura.
I pazienti sono stati seguiti dalla dimissione fino a 12 mesi dopo la procedura mediante
visite ambulatoriali o contatto telefonico a 1, 6 e 12 mesi di distanza dall’infarto.
Tecnica procedurale. L’accesso percutaneo (72% radiale, 28% femorale) e la
procedura di angiografia coronarica sono stati eseguiti secondo procedura standard con
cateteri guida 6Fr. La lesione è stata attraversata con filo guida 0.014” a discrezione
dell’operatore. In caso di TR + PCI è stato avanzato il catetere Angiojet, attivato circa 1
cm prossimalmente alla lesione e fatto procedere lentamente verso e oltre la lesione. Il
numero di passaggi è stato lasciato alla discrezione dell’operatore dopo aver controllato
angiograficamente il risultato raggiunto. La successiva angioplastica coronarica è stata
effettuata secondo tecnica standard con uso di stent medicato o non medicato a
discrezione dell’operatore.
Risonanza magnetica. E’ stata scelta la Risonanza Magnetica come il metodo più
sensibile per valutare l’area di necrosi infartuale che permetta una precisa
quantizzazione della presenza, localizzazione ed estensione dell’area necrotica e della
presenza della ostruzione microvascolare26, 80-82
. I pazienti sono stati sottoposti a RM a 3
30
mesi dall’evento. Le immagini per il Delayed-enhancement (DE) sono state ottenute 10
minuti dopo l’iniezione e.v. di Gadobutrolo 0.2mmol/Kg in bolo (Gadovist®, Schering,
Germany); le immagini sono state acquisite nelle stesse slice in asse corto ed asse lungo
usate per la cine-RM. Sono state usate sequenze Fast Gradient Echo Inversion Recovery
con i seguenti parametri: TR 4.2ms, TE minimum, flip angle 20º, matrice 256x192,
NEX 1.00, FOV 36-42mm, spessore delle slice 8 mm, no inter-slice gap.
Il volume ventricolare sinistro, la sua massa e la frazione di eiezione sono state
misurate usando un software precedentemente validato (Mass® MEDIS, Leiden, The
Netherlands.)
Per valutare l’area di necrosi (infarct size, IS), l’estensione dell’area di DE è stata
misurata usando un software semi-automatico, precedentemente validato83
. In tutte le
immagini in asse corto e in due immagini in asse lungo il contorno del tessuto
miocardico e i bordi dell’area di DE sono stati tracciati automaticamente e
successivamente corretti manualmente quando necessario. Il miocardio è stato suddiviso
in 6 segmenti equiangolari per le porzioni basali e medie e in 4 segmenti equiangolari
per le slice apicali, più un singolo segmento per l’apice propriamente detto, in accordo
al modello standard in 17 segmenti. Ogni segmento è stato suddiviso in 100 corde,
dirette perpendicolarmente dall’endocardio al bordo epicardico e la transmuralità del
DE è stata calcolata automaticamente in ogni corda e in media per ogni segmento.
L’estensione e la transmuralità del DE nel segmento apicale è stata ottenuta con la
media dei valori ottenuti nelle immagini in asse lungo.
L’infarct size IS è stato espresso come percentuale della massa ventricolare sinistra e la
transmuralità è stata calcolata come media della transmuralità nei 17 segmenti.
L’ostruzione microvascolare (MVO) nel core dell’infarto è stata definita come aree sub
endocardiche di segnale assente o basso e tardivo circondate da tessuto con DE in
almeno uno dei segmenti ventricolari80
.
Coefficienti di variazione intra-osservatore e inter-osservatore valutati in 25 pazienti
consecutivi sono risultati del 3% e del 2% per IS e MVO.
Tutte le analisi delle immagini sono state condotte da due cardiologi esperti in cieco
rispetto al nome del paziente e del suo stato clinico presso il Laboratorio di Risonanza
Magnetica dell’Istituto di Fisiologia Clinica, CNR, Pisa.
31
Analisi statistica. Le variabili continue sono state confrontate con il test t di Student o
con il test di Mann-Whitney in caso di distribuzione non-normale all’analisi con il test
Kolmogorov-Smirnov. Le variabili discrete sono state confrontate mediante il test di
Pearson chi-quadro o con il test di Fisher in caso di presenza di almeno una cella con
valore <5. Per i dati di follow-up sono state utilizzate curve di Kaplan-Meier per lo
studio della sopravvivenza libera da eventi.
E’ stato stabilito che in caso di cross-over dal Gruppo Controllo al Gruppo
Tromboaspirazione, l’analisi dei risultati sarebbe stata condotta in base al trattamento
effettivamente applicato al paziente (aspirazione o non aspirazione), indipendentemente
dall’assegnazione effettuata al momento della randomizzazione (analisi “as treated” e
non “intention-to-treat”).
Il target iniziale è stato l’arruolamento di 180 pazienti consecutivi con STEMI che
fossero giunti nel Laboratorio di Emodinamica entro 12 ore dall’esordio dei sintomi e
che presentassero alla coronarografia un carico trombotico elevato.
Riguardo al primo end-point primario, la risoluzione completa del sopraslivellamento
ST, sulla base dello studio REMEDIA65
sulla tromboaspirazione con catetere Diver, ci
aspettavamo una prevalenza di risoluzione del sopraslivellamento ST >70% pari al 58%
nel gruppo sottoposto a trombectomia e del 37% nel gruppo sottoposto a PTCA
standard. Per raggiungere un livello di significatività alpha di 0.05 e di potenza 0.80,
risultava necessario arruolare 85 pazienti per gruppo. Considerando una possibile
perdita del 5% dei pazienti per indisponibilità dei dati relativi all’end point primario,
prevedevamo di arruolare 90 pazienti per gruppo (per un totale di 180 pazienti).
Una ulteriore analisi di potenza basata sul secondo end point primario, l’infarct size
misurato con RM, si confermava la necessità di un campione delle dimensioni sopra
stimate. Infatti, alla luce di recenti studi57
, ci potevamo attendere un’infarct size di
15±9% nel gruppo della PTCA semplice; ipotizzando una riduzione del danno del 20%
con la trombectomia, l’infarct size atteso avrebbe dovuto essere di 11±9%. Con questi
valori, occorrevano 80 pazienti per gruppo per ottenere un livello di significatività alpha
di 0.05 e di potenza 0.80. Il numero di pazienti totali è stato aumentato del 15% (28
pazienti) per coprire la possibile perdita di pazienti per la RM a 3 mesi.
32
RISULTATI
Risultati dello studio randomizzato
Da marzo 2008 a gennaio 2011 sono stati arruolati 208 pazienti con STEMI entro le 12
ore dall’inizio dei sintomi, che presentavano all’angiografia basale un elavato carico
trombotico. Fra questi, 104 pazienti sono stati sottopoti a trattamento convenzionale
(Gruppo Controllo-GC) e 104 sono stati sottoposti a tromboaspirazione addizionale e
successiva angioplastica primaria convenzionale (Gruppo -GT).
Caratteristiche basali e pre-procedurali. Le caratteristiche basali della popolazione
sono mostrate nella tabella 1 ed appaiono omogenee tra i due gruppi randomizzati.
Le caratteristiche pre-procedurali (Tabella 2), mostrano nel gruppo sottoposto a
Tromboaspirazione un pain-to-balloon time maggiore, anche se in modo non
statisticamente significativo (p=0.07), ed inoltre una percentuale significativamente
maggiore di vasi occlusi, con TIMI 0-1 (91.3%vs77.9%, p=0.007).
Tabella 1
Variabili Gruppo Controllo
Gruppo Tromboaspirazione
P
Età 61.5±14.9 63.0±11.2 0.7
Sesso (M) 79 (76%) 88 (88.4%) 0.83
BMI 26.6±2.9 26.1±3.4 0.65
Diabete 21(20.4%) 20 (19.2%) 0.83
Ipertensione 49 (47.6%) 54 (51.9%) 0.53
Dislipidemia 45 (43.7%) 54 (51.9%) 0.23
Fumo 51 (49.5%) 50 (48.1%) 0.81
Familiarità 46 (44.7%) 47 (45.2%) 0.93
IRC 5 (4.9%) 3 (2.9%) 0.46
Pregresso IMA 2 (1.9%) 4 (3.8%) 0.68
Pregresso ICTUS 2 (1.9%) 3 (2.9%) 0.66
Heart Faillure 1 (1%) 0 (0%) 0.49
Comorbilità 11 (10.7%) 17 (16.3%) 0.23
Risultati procedurali. La tromboaspirazione si è dimostrata fattibile nel 98% dei casi,
con un solo insuccesso per impossibilità all’avanzamento della guida da interventistica
attraverso la lesione.
33
Non si sono verificate complicanze maggiori dovute alla procedura di
tromboaspirazione, né è stato necessario in nessun caso posizionare un catetere da
stimolazione ventricolare provvisorio, per la comparsa di bradiaritmie, come è stato
evidenziato da studi condotti con tromboaspirazione reolitica57
. In alcuni casi si è
assistito a brevissimi periodi di arresto sinusale o comparsa di bradicardia spiccata con
risoluzione spontanea o dopo somministrazione endovenosa di 1 mg di atropina in bolo.
Tabella 2
Caratteristiche angiografiche GC GT p
Pain to balloon 241.4±160.6 259.53±132.6 0.07
Killip >2 9 (8.7%) 4 (3.8%) 0.1
EF ammiss. 45.9±9.7 45.8±8.4 0.9
CAD3 9 (8.7%) 14 (13.5%) 0.27
IMA Anteriore 48 (46.2%) 49 (47.1%) 0.89
TIMI Flow Grade- basale
Pre_TIMI 0-1 81 (77.9%) 95 (91.3%) 0.007
Pre_TIMI 2 6 (5.8%) 5 (4.8%) 0.7
Pre_TIMI 3 17 (16.3%) 4 (3.8%) 0.002
TIMI frameC_pre 85.69±27.82 94.92±17.12 0.004
TIMI Thrombus Grade (TTG)
TTG 3 15 (14.4%) 7 (6.7%) 0.07
TTG 4 15 (14.4%) 12 (11.5%) 0.5
TTG 5 74 (71.2%) 85 (81.7%) 0.07
Totale pazienti 104 104 208
Risultati: End Point Primari. L’end point primario Risoluzione del sopraslivellamento
del tratto ST >70% a 60 minuti dalla rivascolarizzazione (STR>70%) è risultata
significativamente maggiore nel Gruppo tromboaspirazione (57.4% vs 37.3%, p=0.004).
Tuttavia il secondo end point primario l’Infarct Size valutato alla risonanza magnetica,
effettuata a 3 mesi dall’evento, ed indicato nelle tabelle come DE percentuale, non
mostra differenze statisticamente significative tra i due gruppi ( 20.2 vs 21.6 p=0.55).
34
Tabella 3
RISULTATI GC GT p
STR>70% 38 (37.3%) 58 (57.4%) 0.004
RMN
DE% 20.20±11.7 21.66±13.24 0.55
Trasm 17 seg 11.64±12.66 11.87±11.96 0.93
EF% 3 mesi 58.7±11.4 55.7±12.4 0.1
EDV/m2 79.58±20.13 82.09±23.63 0.8
Stroke volume/m2 45.22±11.68 44.65±11.02 0.8
MVO 28 (38.9%) 32 (41%) 0.79
TIMI Flow Grade- finale
TIMI 0-1 2 (1.9%) 1 (1%) 1
TIMI 2 16 (15.4%) 7 (6.7%) 0.046
TIMI 3 85 (81.7%) 94 (90.4%) 0.071
TIMI frameC_post 27.72±20.69 23.92±17.45 0.17
MBG
MBG 0-1 41 (39.4%) 25 (24%) 0.02
MBG 2 25 (24%) 14 (13.5%) 0.05
MBG 3 63 (60.6%) 79 (76.0%) 0.02
No-MACE -1y 94.6%±2.3% 92.26%±3.2% 0.35
No-TVR -1y 97.8%±1.5% 97.8%±1.4% 0.69
Risultati: End Point Secondari. Gli altri paramenti valutati con RM considerati end
point secondari non mostrano differenze significative da un punto di vista statistico:
grado di transmuralità (11.64 vs 11.87 p=0.93) e della presenza di occlusione
microvascolare (MVO 38.9% vs 41% p=0.79).
Per quanto riguarda le caratteristiche angiografiche finali, la percentuale di successo
procedurale espressa dal TIMI 3 post-PCI, ha mostrato una tendenza a favore del
gruppo tromboaspirazione, anche se non si raggiunge la significatività statistica (81.7%
vs 90.4%, p=0.071); l’incidenza del fenomeno angiografico dello slow flow, espresso
dal TIMI 2 ha un’incidenza significativamente inferiore nel gruppo tromboaspirazione
(15.4% vs 6.7%, p=0.046). Anche il Myocardial Blush Grade-3 post PCI (MBG 3),
indice di una ottimale perfusione tissutale e quindi di assenza dei ostruzione
35
microvacolare, è risultato significativamente maggiore nel Gruppo tromboaspirazione
(76.0% vs 60.6%, p=0.02).
Tutti i pazienti dei due gruppi sono stati sottoposti ad un follow-up clinico o telefonico a
12 mesi; gli end-point considerati sono stati la morte per ogni causa, la morte
cardiovascolare, il reinfarto e la TVR. Fra i due gruppi non è stata osservata una
differenza statisticamente significativa di end-point secondario combinato (MACE).
Risultati del confronto Export vs Angiojet
Dei 104 pazienti arruolati nello studio nel gruppo tromboaspirazione + PCI
convenzionale, 50 pazienti sono stati sottoposti a tromboaspirazione manuale con
catetere Export (Gruppo E) e 54 pazienti a trombectomia reolitica con dispositivo
Angiojet (gruppo A). Di questi l’80% ( 37 pazienti nel gruppo Export e 41 pazienti nel
gruppo Angiojet) ha effettuato risonanza magnetica cardiaca a 3 mesi dall’infarto
miocardico acuto.
Si è presentato un solo caso di insuccesso procedurale per impossibilità
all’avanzamento della guida da interventistica attraverso la lesione rendendo
impossibile sia l’aspirazione che il trattamento convenzionale.
Con nessuno dei due dispositivi si sono verificate complicanze maggiori dovute alla
procedura di tromboaspirazione; non stato necessario in nessun caso posizionare un
pacemaker provvisorio, per la comparsa di bradiaritmie, come è stato evidenziato invece
da altri studi con tromboaspirazione reolitica57
. Solo in pochi casi si sono presentati
brevissimi periodi di arresto sinusale o bradicardia spiccata con risoluzione spontanea o
dopo somministrazione ev di 1 mg di atropina in bolo.
In 2 casi, entrambi nel gruppo E (Export), la tromboaspirazione è risultata solo
parzialmente efficace in quanto, dopo il passaggio del catetere da aspirazione, è
residuato materiale trombotico intraluminale angiograficamente visibile, che non è stato
possibile aspirare con ulteriori passaggi. In solo 2 pazienti è stato necessario predilatare
la lesione per permettere il passaggio del device e di questi due pazienti 1 doveva essere
trattato con Export e 1 con Angiojet.
36
Tabella 4
Dati basali Export Angiojet p
Età 62.2±10.4 63.7±11.9 0.5 Sesso (M) (45)90% (43)79.6% 0.14 Ipertensione (20)40% (34)63% 0.02 Diabete (9)18% (11)20.4% 0.7 Dislipidemia (25)50% (29)53.7% 0.7 Familiarità (20)40% (27)50% 0.3 Fumo (23)46% (27)50% 0.5 IRC (2)4% (1)1.9% 0.6 Comorbilità (9)18% (8)14.8% 0.6 HF (0)0% (0)0% 1 Pregresso IMA (2)4% (2)3.7% 1 Preg ICTUS (0)0% (3)5.6% 0.24
Totale pazienti 50 54 104
Caratteristiche basali e preprocedurali. Le caratteristiche basali sono mostrate nella
tabella 4 e sono simili nei due gruppi eccetto per una maggior occorrenza di
ipertensione (40% vs 63% p=0.02) nel gruppo dei pazienti trattato con Angojet.
Il tempo dall’insorgenza dei sintomi alla ricanalizzazione del vaso (Pain-to-balloon) non
appare significativamente diverso (267.45±138.42 min vs 252.19±127.86 min; p=0.42)
tra i due gruppi e l’incidenza di localizzazione anteriore dell’infarto raggiunge
percentuali vicine al 50% per entrambi i gruppi (50% vs 44.4% con p=0.6).
Tabella 5
Caratteristiche angiografiche Export Angiojet p
Pain to balloon 267.45±138.42 252.19±127.86 0.42 Killip >2 (2)4% (2)3.7% 1 EF ammiss. 46.2±8.5 45.5±8.5 0.7 CAD3 (3)6% (11)20.4% 0.03 IMA Anteriore (25)50% (24)44.4% 0.6 TIMI Flow Grade- basale Pre_TIMI 0-1 (46)92% (49)90.7% 0.8 Pre_TIMI 2 (2)4% (3)5.6% 1 Pre_TIMI 3 (2)4% (2)3.7% 1 TIMI frameC_pre 94.8±18.1 95.0±16.4 0.9 TIMI Thrombus Grade (TTG) TTG 3 (4)8% (3)5.6% 0.7 TTG 4 (5)10% (7)12.9% 0.6 TTG 5 (41)82% (44)81.5% 0.9
Totale pazienti 50 54 104
37
Si evidenzia una più alta percentuale di coronaropatia trivasale nel gruppo sottoposto a
trombectomia reolitica (6% vs 20,4% p=0.03); tuttavia non sono presenti differenze per
le condizioni cliniche generali, come mostrato dalla classe Killip e dalla funzione
ventricolare sinistra valutata ecocardiograficamente pre-intervento.
Per quanto riguarda le caratteristiche angiografiche preprocedurali (Tabella 5), i due
gruppi appaiono bilanciati per il TIMI-flow-grade ed il carico trombotico appare
complessivamente molto elevato con un’alta percentuale di pazienti con vaso occluso
(TTG 5) in entrambi i gruppi (82%vs81.5% con p=0.9).
Tabella 6
Risultati Export (RMN n=37)
Angiojet (RMN n=41)
p
RMN DE% 22.7±11.65 20.68±14.64 0.26 Trasm 17 seg 11.81±11.75 11.92±12.29 0.96 Transm 43 seg 16.92±12.79 14.61±13.17 0.43 EF% 3 mesi 56.9±9.9 54.5±14.4 0.6 EDV/m2 82.0±16.81 82.17±28.88 0.5 Stroke volume/m2 47.18±10.78 42.24±10.83 0.04 MVO (11) 29.7% (21)51.2% 0.054
Totale pazienti 50 54 104
Risultati RM a 3 mesi. Non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente
significativa per la percentuale di Infarct Size (DE%) valutato con RM (22.7% vs
20.68%; p=0.26); né per il grado di transmuralità, né per la frazione di eiezione e il
volume ventricolare sinistro telediastolico. Tuttavia si è evidenziata una significativa
minor ostruzione microvascolare (29.7% vs 51.2%; p=0054) con un maggior stroke
volume indicizzato (47.18±10.78 vs 42.24±10.83; p=0.04) per i pazienti trattati con
Export.
Risulatati procedurali e clinici. Non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente
significativa per la risoluzione del sopraslivellamento del tratto ST >70% a 60 minuti
dal termine della procedura (51.1%vs 63%; p=0.22).
38
Tabella 7
Risultati Export (RMN n=37)
Angiojet (RMN n=41)
p
STR>70% (24)51.1% (34)63% 0.22 Angiografia TIMI 3 post (46) 92% (48)88.9% 0.59 Slow flow (TIMI 2 post) (3) 6% (4) 7.4% 1 No reflow (TIMI 0-1 post) (1)2% (2)3.7% 1 TIMI frameC_POST 22.45±15.02 25.24±19.45 0.59 MBG MBG 0-1 (2)4% (9)16.6% 0.03 MBG 2 (5)10% (9)16.6% 0.3 MBG 3 (43)86% (36)66.7% 0.02
Totale pazienti 50 54 104
Per quanto riguarda i principali parametri angiografici procedurali non sono state
rilevate differenze significative nel TIMI-flow-grade 3 post PCI, incidenza di no-reflow
e slow-flow, TIMI frame count. Il Myocardial Blush Grade 3 (MBG 3: 86% vs 66.7%;
p=0.02), come indice della riperfusione del microcircolo, appare percentualmente più
alto nei pazienti trattati con tromboaspirazione manuale; questa differenza
statisticamente significativa si mostra anche, invertita, per l’incidenza di MBG 0-1 (4%
vs 16,6% con p=0.03).
Tabella 8
Risultati Export Angiojet p
No-MACE 1 year 92.4%±4.2% 90.3%±4.6% 0.76 No-TVR 1year 98.0%±1.9% 97.78%±2.2% 0.95
Totale pazienti 50 54 104
Risultati follow-up a 1 anno. Tutti i pazienti dei due gruppi di tromboaspirazione sono
stati sottoposti ad un follow-up clinico o telefonico a 12 mesi; non si sono rilevate
differenze statisticamente significative in termini di sopravvivenza libera da MACE
(92.4% vs 90.3%; p=0.76) e da TVR (98% vs 97.78%: p=0.95).
39
DISCUSSIONE
Discussione dello studio randomizzato.
Numerosi studi e registri hanno dimostrato che l’embolizzazione distale è uno dei
principali inconvenienti della PCI primaria nell’infarto miocardico STEMI: limita la
riperfusione miocardica portando ad un danno miocardico più esteso e ad una peggior
prognosi29
. Negli ultimi anni sono stati compiuti numerosi sforzi per migliorare la
riperfusione tissutale sia da un punto di vista farmacologico13, 77, 84
che procedurale con
lo sviluppo di nuovi dispositivi che dovrebbero limitare la microembolizzazione51, 57, 59,
66, 67. Attualmente i dispositivi per tromboaspirazione, in particolare quelli per
aspirazione manuale, sembrano fornire risultati migliori sia da un punto di vista
procedurale che clinico, come evidenziato anche da numerose meta-analisi21, 58, 68, 69
,
anche se in letteratura rimangono dati contrastanti e numerose incertezze.
Per quanto riguarda i risultati prognostici a lungo termine, lo studio TAPAS66
rappresenta il più forte indicatore ed il dato di riduzione di mortalità con l’aspirazione
addizionale, in pazienti non selezionati per carico trombotico, ha assunto un peso
particolarmente significativo tanto da far inserire la tromboaspirazione manuale nelle
Linee Guida ESC 20101 in classe IIa LOE A senza riguardo per il carico trombotico
della lesione colpevole.
Ad Ottobre 2010 un collegio di esperti ha stilato una serie di raccomandazioni
enfatizzando il ruolo della tromboaspirazione nei pazienti con IMA ad elevato carico
trombotico; in particolare suggeriscono l’uso della tomboaspirazione reolitica se il
carico trombotico risulta superiore a TTG4.
In questo contesto appariva appropriata una valutazione dell’efficacia della
tromboaspirazione, con un confronto tra la metodica manuale e la reolitica, in termini di
riduzione del danno miocardico valutato con tecniche avanzate di imaging come la RM.
Caratteristiche basali e pre-procedurali. I 208 pazienti del nostro studio sono stati
randomizzati a PCI convenzionale da sola e a tromboaspirazione addizionale + PCI
convenzionale e sottoposti a risonanza magnetica a 3 mesi dall’infarto miocardico
acuto. Tutti i pazienti sono stati trattati con terapia farmacologica ottimale, secondo
linee guida, ed è stato somministrato abciximab intracoronarico secondo peso corporeo
dopo la valutazione angiografica a tutti i pazienti arruolati.
40
La tromboaspirazione si è rivelata effettuabile nel 98% dei casi, con un bassissimo
profilo di rischio procedurale in quanto non si sono verificate complicanze come
dissezioni e perforazioni notate invece in altri studi soprattutto con i dispositivi
meccanici57, 85
. Inoltre non è stato necessario in alcun caso l’uso di un pacemaker
provvisorio per insorgenza di bradiaritmie legate all’uso della tromboaspirazione
reolitica; nei casi in cui si sono verificati periodi di arresto sinusale o comparsa di
bradicardia spiccata questi si sono rivelati di brevissima durata con risoluzione
spontanea o dopo somministrazione ev di 1 mg di atropina in bolo.
End Point Primari. Per l’end point primario risoluzione del sopraslivellamento ST
all’ECG lo studio ha mostrato una differenza statisticamente significativa a favore
dell’aspirazione addizionale in quanto la risoluzione del sopraslivellamento del tratto
ST appare occorrere in maggior percentuale nei pazienti sottoposti ad aspirazione, dato
questo in linea con i principali studi in letteratura68
. Questo parametro è tuttavia poco
confrontabile in termini di miglior o peggior risultato percentuale rispetto ai due più
recenti studi sulla tromboaspirazione manuale, l’EXPIRA67
e l’aspirazione reolitica, il
JETSTENT59
in quanto il primo riporta l’STR a 90 minuti dopo la procedura e il
secondo un STR>50%.
Il secondo end point primario, l’attesa riduzione del danno miocardico, intesa come area
di necrosi visibile con Delayed Enhancement alla risonanza magnetica è stato disatteso.
L’infarct size risulta analogo per i pazienti di entrambi i gruppi di trattamento. In
letteratura l’unico studio noto che abbia valutato l’infarct size alla RM nei pazienti
sottoposti ad aspirazione addizionale è l’EXPIRA67
. In questo trial come nel nostro
studio i pazienti con IMA anteriore, sottoposti ad aspirazione manuale con catetere
Export, mostravano un’area di necrosi analoga a quella dei pazienti trattati con PCI
convenzionale soltanto sia alla RM effettuata a 3-5 giorni post-infarto che alla RM
effetuata a 3 mesi post-infarto. Tuttavia nel confronto dell’infarct size misurato
precocemente e nei 3 mesi successivi il gruppo sottoposto a tromboaspirazione
mostrava una riduzione dell’area necrotica rispetto al gruppo non aspirato. Per quanto
riguarda questo aspetto non è possibile un confronto con i nostri dati perché nel nostro
studio non è possibile effettuare una valutazione dell’andamento del parametro nel
tempo.
Nel nostro lavoro l’assenza di una differenza in termini di area necrotica rispetto al
diverso trattamento potrebbe essere spiegabile in quanto non è stata effettuata selezione
41
per sede di lesione (vaso culprit). Se suddivisi i pazienti per sede di lesione i sottogruppi
risultano numericamente scarsi per raggiungere una significatività statistica.
End Point Secondari. Per quanto riguarda invece i risultati angiografici, considerati
end point secondari, questi appaiono a favore della tromboaspirazione ed in linea con
gli ultimi trials clinici. In particolare il gruppo sottoposto a tromboaspirazione ha
presentato sostanzialmente analoga incidenza di TIMI 3 e di MBG 3 post procedurali
rispetto ai due trial randomizzati nello STEMI ad elevato carico trombotico EXPIRA e
JETSTENT59, 67
. Inoltre lo slow-flow indicato come il TIMI 2 post-procedurale, ha un
incidenza statisticamente più bassa nel gruppo tromboaspirazione rispetto alla PCI
convenzionale da sola, risultato analogo a quello che in letteratura è stato riportato
anche nel trial DEAR-MI63
ed in altri studi di più piccole dimensioni53, 54, 65
. Da questi
dati angiografici e clinici possiamo quindi dedurre che la rimozione del trombo, sia
manuale che reolitica, in caso di STEMI ad elevato carico trombotico migliora la
perfusione miocardica attraverso la riduzione dell’embolizzazione atero-trombotica che
avviene durante angioplastica primaria.
Folow-up ad 1 anno. Considerando l’efficacia della tromboaspirazione addizionale in
termini di prognosi non si sono evidenziate differenze statisticamente significative fra i
due gruppi in MACE e TVR. Va detto, tuttavia che nella popolazione complessiva dello
studio, la percentuale di eventi avversi ad un anno è stata estremamente esigua, in
accordo con i dati riportati nella maggior parte dei recenti trial nello STEMI. In ragione
della bassa mortalità complessiva dei pazienti con STEMI sottoposti all’attuale terapia
con PCI primaria, la dimostrazione di differenze significative in termini di mortalità
derivanti dall’utilizzo di sistemi di tromboaspirazione richiederebbe la concezione di
studi multicentrici con popolazioni molto più ampie.
Discussione del confronto Export vs Angiojet
Caratteristiche basali e pre-procedurali. I 104 pazienti del gruppo
Tromboaspirazione sono stati trattati con tromboaspirazione manuale con Export oppure
con tromboaspirazione reolitica con Angiojet a seconda della disponibilità del
dispositivo nei 3 Laboratori di Emodinamica che hanno partecipato allo studio. I due
gruppi di trattamento appaiono ben confrontabili sotto il profilo della caratteristiche
basali. Dai dati angiografici si evidenzia una più alta percentuale di coronaropatia
42
trivasale nel gruppo sottoposto a trombectomia reolitica, tuttavia non sono presenti
differenze per il tempo tra insorgenza dei sintomi e trattamento, né per le condizioni
cliniche generali, come mostrato dalla classe Killip e dalla funzione ventricolare sinistra
valutata ecocardiograficamente pre-intervento.
Complessivamente la tromboaspirazione è risultata fattibile nel 98% dei casi,
necessitando di una predilatazione con pallone per permettere il passaggio del
dispositivo solo in due casi e di questi due pazienti 1 doveva essere trattato con Export e
1 con Angiojet.
Nonostante in 2 casi nel gruppo Export la tromboaspirazione sia risultata solo
parzialmente efficace in quanto, dopo il passaggio del catetere da aspirazione, è
residuato materiale trombotico intraluminale angiograficamente evidente, che non è
stato possibile aspirare con ulteriori passaggi, i risultati indicanti la riperfusione del vaso
epicardico (TIMI-flow-grade) e del tessuto miocardico (MBG) non sembrano risentire
di questa minor efficacia nella rimozione del materiale trombotico.
Non si sono verificate complicanze procedurali legate all’uso di nessuno dei due tipi di
device come non è stato necessario in alcun caso l’uso di un pacemaker provvisorio per
insorgenza di bradiaritmie legate all’uso della tromboaspirazione reolitica. La necessità
di posizionare un PM provvisorio è stata uno dei principali inconvenienti nello studio
AiMI57
soprattutto come causa di aumento significativo del tempo procedurale con un
conseguente peso sulla peggior prognosi dei pazienti trattati con tromboaspirazione
reolitica. L’assenza di bradiaritmie importanti legate all’uso dell’Angiojet è stata
riportata anche nello studio JETSTENT59
ed è probabilmente da imputare a
miglioramenti tecnologici apportati al dispositivo nell’ultimo periodo.
Risoluzione dell’ST e Risultati angiografici. Dall’analisi dei risultati non è stata
rilevata alcuna differenza statisticamente significativa per la risoluzione del
sopraslivellamento del tratto ST nei due gruppi di tromboaspirazione. Per quanto nello
studio randomizzato sia possibile evidenziare un vantaggio nell’incidenza di STR
nell’uso della tromboaspirazione addizionale rispetto alla PCI convenzionale da sola
nella sottopopolazione dei pazienti trattati con tromboaspirazione non risultano
differenze significative nella STR, indicando la mancanza di un beneficio aggiuntivo
per una della due metodiche di aspirazione rispetto all’altra. Valutando la percentuale di
STR per il gruppo Export questa appare paragonabile a quelle riportate nello studio
43
TAPAS (51.1% vs 56.6%) e lievemente inferiore rispetto a quella nello studio Expira
(51.1% vs 63,6%); va tenuto conto tuttavia che l’STR in questo studio era valutato a 90
minuti post-procedura. Nel gruppo Angiojet la percentuale di STR appare più bassa di
quella riportata nello studio JETSTENT (63% vs 85%) ma in questo trial gli autori
fanno riferimento ad una risoluzione del tratto ST >50%.
Per quanto riguarda i principali parametri angiografici procedurali nel nostro studio non
sono state rilevate differenze significative nell’incidenza di no-reflow/slow-flow, TIMI
frame count post PCI, e nell’occorrenza di TIMI 3 post-procedurale con una percentuale
che risulta sovrapponibile a quella riportata per le due metodiche in letteratura59, 66, 67
.
Il Myocardial Blush Grade 3 (MBG 3: 86% vs 66.7%; p=0.02) come indice della
riperfusione del microcircolo indica invece un vantaggio procedurale nei pazienti trattati
con tromboaspirazione manuale; questa differenza statisticamente significativa si
mostra anche, invertita, per l’incidenza di MBG 0-1 (4% vs 16,6% con p=0.03). Nel
nostro studio in cui si registra un’elevata percentuale di pazienti con alto carico
trombotico (TTG≥4) in entrambi i gruppi (92% vs 94.4%), la percentuale di MBG 3
considerata singolarmente per i due gruppi appare simile a quella mostrata sia
dall’EXPIRA per l’Export (86% vs 88.6%) che dal JETSTENT per l’Angiojet (66.7%
vs 72.1%) rafforzando l’ipotesi che la tromboaspirazione manuale apporti un vantaggio
procedurale rispetto alla reolitica anche in pazienti ad elevato carico trombotico.
Risultati RM a 3 mesi. Tra i due tipi di tromboaspirazione non è stata rilevata alcuna
differenza statisticamente significativa per la quantizzazione dell’Infarct Size (DE%:
22.7% vs 20.68%; p=0.26); né per il grado di transmuralità, né per la frazione di
eiezione e il volume ventricolare sinistro telediastolico. Negli studi sulla
tromboaspirazione l’unico che valuti l’estensione dell’area necrotica con RM è
l’EXPIRA che confronta la tromboaspirazione manuale addizionale con la PCI
convenzionale da sola: presi singolarmente i nostri dati del gruppo Export risultano
confrontabili a dispetto di un volume ventricolare sinistro modestamente più piccolo ed
una frazione di eiezione lievemente migliore (56% vs 49%).
Tra gli end point secondari nel nostro studio si è evidenziata una significativa minor
ostruzione microvascolare (MVO: 29.7% vs 51.2%; p=0054) per i pazienti trattati con
Export, dato che ben si correla alla maggior occorenza di MBG 3 angiografico in questo
gruppo, lasciando supporre un vantaggio nella riduzione del danno microvascolare con
l’uso della tromboaspirazione manuale.
44
Sebbene speculazioni sulla superiorità in termini di beneficio clinico dell’Export siano
da escludere, si può ipotizzare un meccanismo alla base del vantaggio osservato in
termini di MBG e MVO. Si può supporre che durante la frammentazione che si realizza
con il dispositivo reolitico si possano generare microemboli non raccolti dall’aspiratore
che, migrando distalmente, vadano a costituire un potenziale di microembolizzazione86
addizionale rispetto a quello dovuto al semplice passaggio del catetere per aspirazione
manuale.
Risultati follow-up ad 1 anno. Nel follow up condotto per un anno dopo l’evento non
si evidenziano differenze statisticamente significative dato il bassissimo numero di
eventi (complessivamente 3 decessi e un successivo intervento per target vessel
revascularization-TVR nei due gruppi). L’incidenza complessiva di eventi
cardiovascolari maggiori rilevata nel nostro studio appare più bassa rispetto a quella del
JETSTENT. Tuttavia, a questo proposito, in letteratura si osservano dati conflittuali e
numerosi studi attuali59, 66, 67
in pazienti con STEMI, anche non volti a valutare l’uso
della tromboaspirazione13, 87, 88
, riportano tassi di mortalità globale analoghi a quelli
rilevati nella nostra casistica.
Confronto trombectomia manuale vs meccanica in letteratura. Attualmente non
esistono studi che confrontino in maniera diretta la tromboaspirazione manuale versus la
reolitica nell’infarto miocardico acuto ad elevato carico trombotico. L’unico studio
randomizzato di confronto diretto di dispositivi manuali contro meccanici in letteratura
è il TREAT-MI85
. Effettuato nel 2005, ha arruolato 201 pazienti, con STEMI entro le 6
ore dall’inizio dei sintomi, randomizzati al trattamento con tromboaspirazione manuale
con catetere Export addizionale alla PCI convenzionale oppure con trombectomia
meccanica con dispositivo X-Sizer (eV3). Lo studio valutava il risultato angiografico e
l’outcome clinico con un follow-up a 3 anni. Pur mostrando un miglior profilo
procedurale della tromboaspirazione manuale con Export (minor tempo procedurale e di
fluoroscopia; maggior tasso di raggiungimento e di crossing della lesione) non venivano
rilevate differenze in termini di rimozione del trombo, STR, TIMI-flow-grade e neppure
differenze nell’outcome clinico per mortalità, MACE, TVR. Un confronto tra i risultati
di questo trial e del nostro studio appare forzato a causa della diversità del dispositivo
meccanico e della mancanza di una valutazione quantitativa con metodiche di imaging
del danno miocardico.
45
Confronto Export vs Angiojet: costi e semplicità d’uso. Non essendo state rilevate
differenze nell’occorrenza di STR, nell’estensione dell’area di necrosi valutata con
risonanza magnetica né nell’outcome clinico un’ulteriore valutazione dovrebbe essere
fatta a favore della tromboaspirazione manuale riguardo alla sua semplicità d’uso e al
costo del materiale che ad oggi appare sensibilmente minore rispetto al dispositivo
reolitico che necessita di una console di cateteri tecnicamente più elaborati.
LIMITI
Il limite più evidente di questo studio appare costituito dalla non randomizzazione del
tipo di aspirazione che è stata effettuata in base alla disponbilità dei dispositivi nei
laboratori di emodinamica.
Inoltre, per quanto lo stenting diretto fosse incoraggiato, non è stata prevista una
sistematicità nel trattamento convenzionale e post-aspirazione limitando lo stenting
diretto alla discrezione dell’interventista.
Per quanto riguarda l’area di necrosi quantizzata con risonanza magnetica, nel nostro
studio non è stata effettuata selezione dei pazienti per sede di lesione in base al vaso
culprit confrontando così aree a rischio di necrosi diverse tra loro. Se suddivisi i pazienti
per sede di lesione i sottogruppi risultano numericamente scarsi per raggiungere una
significatività statistica.
Il numero di pazienti non è sufficiente perché differenze cliniche in senso prognostico
come la mortalità globale e i MACE che ad 1 anno attualmente presentano incidenza di
per se’ già bassa nella popolazione generale raggiungano la significatività statistica.
CONCLUSIONI
L’uso della tromboaspirazione addizionale rispetto alla sola PCI convenzionale
favorisce la risoluzione del tratto ST ma non riduce l’area di necrosi valutata con RM,
né migliora l’outcome clinico. Tuttavia la tromboaspirazione addizionale appare
vantaggiosa rispetto ad alcuni end point secondari: riduzione dello slow-flow, maggior
occorrenza di MBG 3 che indica una miglior perfusione tissutale.
Dal confronto tra i due sistemi di tromboaspirazione, manuale versus reolitico, non si
evidenziano differenze statisticamente significative tra i due dispositivi in termini di
estensione dell’area necrotica, STR ed outcome clinico per pazienti con STEMI ad
46
elevato carico trombotico. Per la tromboaspirazione manuale si può rilevare una
evidenza di miglior risultato procedurale per perfusione tissutale valutato con MBG ed
una riduzione del danno microvascolare valutato come riduzione dell’incidenza di
MVO alla RM effettuata a 3 mesi dall’evento.
In conclusione la tromboaspirazione manuale presenta caratteristiche di efficacia
paragonabili a quelle dell’aspirazione reolitica anche in casi ad elevato carico
trombotico, favorendo la scelta verso questo tipo di dispositivo anche nei riguardi della
facilità d’uso, maneggevolezza e minor costo del dispositivo stesso.
47
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Vorrei ringraziare la Prof. Petronio
Il Dr. Pieroni, il Dr. Chella e il Dr. De Carlo
e tutto lo staff (tecnici ed infermieri) del Laboratorio
di Emodinamica per la pazienza che hanno avuto con me.
Ringrazio la Dr. Elena Guerra per avermi sopportato
ed aver lavorato con me a questo studio.
Ringrazio inoltre la Prof. Mariotti e il prof. Balbarini
per tutti gli insegnamenti ricevuti.
Un caloroso grazie anche alla mia famiglia e a
tutti gli amici per avermi sostenuto ed essermi
stati vicino in tutti questi anni.