Expertise Express

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Giancarlo Norese Expertise Express Expertise Express GALLERIA MASSIMO DE CARLO

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Expertise Express by Giancarlo Norese. Published by Galleria Massimo De Carlo, Milan, Italy, 1997. 40 pages, b/w, sewn bound, size 5x7.5 cm, Italian. Edition: 500. Distributed by Printed Matter, Inc., New York, www.printedmatter.org. I made Mr De Carlo the proposal to spend an afternoon a week in his office—every Thursday, free of charge—to meet artists who wanted to show their works to the gallery. He accepted my offer immediately. I examined artists’ portfolios, I spoke to them, while trying at the same time to explain that it was really an “expertise” job as well as being a work of art. So they asked me what kind of art I did. I replied that our conversation—along with the inquiry about their past movements and current affiliations—“was” the work of art. I asked them for pictures or texts so that at the end of the operation I could present these to Mr De Carlo and keep a record of their passing. All this information produces “side effects”: just like this booklet.

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Giancarlo Norese

ExpertiseExpress

ExpertiseExpress

G A L L E R I AM A S S I M OD E C A R L O

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Giancarlo Norese

EXPERTISE EXPRESS

Galleria Massimo De Carlo1997

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Stampato in Italiagiugno 1997

© Giancarlo Noresewww.norese.tk

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Non è facile essere ricevuti in una galleriad’arte per mostrare il proprio lavoro ed ot-tenere un’adeguata attenzione. Lo scorsoanno proposi a Massimo De Carlo di farequesto esperimento di “investigazione” ar-tistica: per tre mesi avrei ricevuto tutti colo-ro che avessero manifestato un interessead esporre nella sua galleria. Avrei visiona-to fotografie, letto schede e cataloghi, di-scusso con gli artisti del loro lavoro, cer-cando di comprenderne le ragioni; avver-tendo però l’interlocutore del fatto che ilnostro incontro era anche una mia “opera”come artista — un’opera fatta di informa-zioni, con una tecnica ma senza “materia”— correndo il rischio di far considerare iltutto come una semplice provocazione.Credo di aver svolto il mio compito in modosincero e, spero, attendibile. Nel rapportoche segue ho cercato di mantenere, perquanto possibile, la forma scritta degli ap-punti, riportando le mie prime, autenticheimpressioni. Assumo così responsabilità omeriti del suo contenuto.

Giancarlo Norese

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«Massimo De Carlo: — Tutti abbiamobisogno della qualità delle opere. Io nondifenderò mai la mia posizione [digallerista] di fronte a un lavoro di qualità.Se un artista viene rifiutato da tutte legallerie la possibilità che egli sia un geniomisconosciuto è bassissima.Intervento del pubblico: — Io ho sentitodire che non si riesce a venire nella suagalleria a mostrare il proprio lavoro.Massimo De Carlo: — È vero, per sei anniho visionato [il lavoro di] tutti gli artisti chemi si presentavano. Non mi è mai capitatodi vedere un lavoro interessante e mi sonoaccorto che quando un artista ha qualcosada dire riesce a farlo sapere attraversocanali vari. Questo è il grande poteredell’arte…».

(In Mediazioni: l’arte tra pubblico e il privato,a cura di Marco Beltrametti e Ariella Giulivi,Comune di Milano, 1996).

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Lunedì 11 marzo 1996. v Dopo la confe-renza all’Openspace vado al ristorante ci-nese, all’inizio di via Farini, con Mario eZefferina, Ariella, Marco, Andrea, Sara,Emi, Claudia…; e c’è pure Massimo DeCarlo. Durante la cena, chiacchierando, luidice a Zefferina che è impossibile riceveretutti gli artisti, che dovrebbe pagare qualcu-no, ma se vuole potrebbe farlo lei gratis…Alla parola “gratis”, istintivamente, offro algallerista la mia disponibilità per questoesperimento: riceverò tutti gli artisti chedesiderano mostrare il proprio lavoro, alposto suo. Lo farò gratuitamente, sarà unamia “opera”. Pur non conoscendomi egliaccetta la profferta, impegnandosi al rim-borso dell’80% delle spese che dovrò so-stenere. Gli avevo appena detto che mi fac-cio sempre fregare.

Giovedì 4 aprile. v Christopher Pisk è ilprimo avventore dell’expertise. Viene ac-compagnato dalla moglie, che svolge man-sioni di assistente; negli appunti che mi la-

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scia — un collage di fotocopie, note a ma-tita, tracce di china e fotografia sottoespo-sta — si definisce «Poeta sinfonico. Natonel passato vive nel futuro». Ha scelto dipresentare il suo lavoro in questa galleriaperché dispone di superfici idonee ad ospi-tare le sue opere. Fa una specie di poesiavisiva “musicale”, creando forme geometri-che a parete con il cavo che unisce il regi-stratore alle casse acustiche. Mi ha fattonotare che lì, attraverso il filo, passano lenote. v Maxime Dominick è belga e fa unlavoro interessante: delle installazioni conanimali (ma mi fanno un po’ paura), degliacquerelli della Terra vista dal satellite (mipiacciono) e delle foto speculari dei suoipiedi. Lui e l’amica sono simpatici. Gli hochiesto di farmi avere una copia di una dia-positiva, ma non l’ha mai portata. v PaolaBrusati ha lo studio alla Casa degli Artisti,ma odia Fabro, Luisa Protti e quella gentelì. È una brava persona ma un po’ sfigata;l’ultima mostra l’ha fatta tipo dieci anni fa.Da tempo lavora a un progetto che prevede

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la realizzazione di mille pezzi: è una sortadi macrorganismo fatto di spugne colorateche avanza per autopoiesi. Finalmente èstata ricevuta in una galleria. v MarcoBenedetti conosce Cattelan perché abitavacon lui. Negli ultimi anni ha vissuto all’e-stero, a Nizza, ma mi è sembrato di capireche parli solo italiano. Fa dei ritratti ad olio«per evocare emozioni» e quando dipingepensa ad Andrea Pazienza. Siamo stati in-terrotti dalla signora Jeune, Conseillèrepour les Arts Plastiques della DirectionRégionale des Affaires Culturelles a Lione.

Giovedì 11 aprile. v Marco Cattaneo hainiziato l’anno scorso a dipingere. I suoi la-vori fanno onestamente cagare. Mi ha chie-sto subito se poteva fare una mostra,anche una collettiva; si è quasi risentitoquando non gli ho confermato questa suaaspettativa. Mi ha mostrato un portfolio im-paginato su cartone grigio, dove, accantoalle foto, ha ricopiato a macchina i “testicritici” e incollato gli inviti delle mostre.

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Successivamente ho visto lo stesso portfo-lio negli uffici di gallerie di altre città (l’hafatto pervenire anche al recapito del miopseudonimo). Come dice Paolo Levi, «egliè, chiaramente, suggestionato dalle espe-rienze di Turcato, di Dorazio, di Burri».Potenza della suggestione. v FlaviaSoppelsa non si è presentata. Ma ho sco-perto, conversando per caso con un abitan-te di un paese della bassa comasca, chelei è sui quaranta, stava a Pittsburgh, ha icapelli vaporosi ed è attualmente coniuga-ta con uno statunitense. v Mario Milizia èun grafico, ha letto l’avviso dell’expertisesull’invito. Mi fa una buona impressioneanche perché sembra la prima personanormale che si presenti. Io adoro la norma-lità e insieme condividiamo una passioneper le didascalie. Ha prodotto cinque copiedel CD “Medium Density”, tolto gli occhiagli abitanti di Disneyland e le finestre alpalazzo di fronte. Poi c’è quella famosa co-pertina dei Beatles che attraversano lastrada, che lui ha riprodotto senza Beatles.

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Marco Benedetti

la mostradella sig.raRatti

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v Cristina Cagnazzi me la ricordo. Ho vistodue sue personali, una anni fa da Marconi17 (premio Clio Genius), l’altra pochi giornifa, dove mi è stata presentata. Ah, c’eraanche quella mostra organizzata da Gar-delli. Lei non mi conosce e mi ha chiestose sono italiano. L’ho pregata di farmiavere una foto della mostra di Arte a Parte,dove aveva appeso dei “tendaggi” che ri-portavano dei corpi avvolti nei panneggi. vLorenzo Gatti lo avevo conosciuto in treno,una dozzina di anni fa, quando mi chieseun’informazione su Salvatore Ala; un’infor-mazione proprio attinente a quello che stia-mo facendo ora. Procede in un lavoromolto coerente: le dogane, i flipper, i trofei,dopo esser stati campioni paradigmaticidella sua opera, diventano ora creature “fa-gocitanti” che si alimentano dei propri simi-li. Sono esseri come quelli che, nei cartonianimati giapponesi o nei videogiochi, si tra-sformano per compenetrarsi.

Giovedì 18 aprile. v Massimo Mazzoletti è

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Mario Milizia

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animato da principi molto condivisibili ed ènaïf non nell’opera ma nella persona. Amacircondarsi, come noi, di alberi, di cuori ed’astronavi e indossa un cappellino checredo vendano solo a Paperopoli. Le fotoche mi ha lasciato per documentazionepossiedono una notevole carica tautologi-ca, nel senso che esprimono fortemente laloro identità: lo dimostra il fatto che l’operafotografata esce fuori dall’inquadratura.Perché non ha importanza, oppure perchéha una pessima mira. ! Il signor Ostili do-veva venire oggi, ma sarà da noi un’altravol ta, — dice Vio la. ! FrancescoTrabattoni e Bellomo, che ha un nome dibattesimo tanto inconsueto quanto illeggi-bile, arrivano da Cernusco sul Naviglio e daTreviglio. Lavorano separatamente o insie-me e paiono affiatati nell’arte e nell’espe-rienza quotidiana. Trattano acque, marmi,ossa e progetti di soglia. Hanno fatto mo-stre nella bergamasca che non intendononominare e non dispongo di tracce carta-cee per suffragare queste tesi. ! Roberto

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a casa di Alessandra Spranzi

Satoshi Hirose

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Apostolo assume il suo immaginario dal-l’iconografia dei fumetti e della televisione.Come un graffitista beneducato, invece diinsozzare i muri si sfoga sul retro della telaapplicandovi anche degli oggetti trovati ingiro: fototessere, quadretti presi tra i rifiutie imagerie da gineceo. È passato da quiper caso — dopo altre gallerie — e gli hochiesto se, per esempio, conosce l’attivitàdi Guido Carbone. No. Però ha una fidanza-ta americana carina. v Alessandra Spran-zi, per problemi di peso, ha preferito mo-strarmi i lavori nel suo ambiente domesti-co. Mi rammentavo delle foto degli androniviste tanto tempo fa al care of, con le cor-nici ovali. Oggi mi fa vedere il progetto acui sta lavorando: sono foto in bianco enero — riprese proprio qui, dove ci trovia-mo — che sembrano documenti di sedutespiritiche con effetto psicocinetico, tali aquelle prodotte a inizio secolo. Non c’è in-ganno: si vede il filo, a guardar meglio.L’altra serie è quella dei diorami; ha foto-grafato gli uccelli, le farfalle, le piante (finti)

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nel loro contesto, cioè i musei di storia na-turale. Sembrano particolari di vita selvati-ca. Invece, è l’esatta percezione che abbia-mo della natura.

Giovedì 2 maggio. v Mottola verrà la pros-sima volta. v Luca Coser ha un lavoro ordi-nato e responsabile; per questo l’ho consi-gliato di andare da LipanjePuntin o daBonomo. Possiede un rassicurante interes-se per la letteratura americana, per l’araldi-ca, Chester Gould e i trattati sull’iconosta-si, mentre non ha fortuna nello scegliersi icuratori dei cataloghi, che gli lasciano ineredità un sacco di fortuiti neologismi.Benché potenzialmente aggressivi, i suoisegni sanno che non possono farci delmale. v Nicola Adami oggi si è svegliato eha fatto sei foto uguali di suo padre. Altrepolaroid sono visioni ossessive di buchi,fiori, sessi o di volti di qualcuno incontratotempo addietro. Dice che in passato ha vis-suto a Milano, ma qualcosa lo ha fattoscappare via; gli chiedo se sia accaduto un

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fatto preciso o se, piuttosto, abbia rispostoa un impulso istintivo. «Non so, non ricor-do» è la replica a questa e ad altre doman-de. Pare piuttosto nervoso e mi lasciaun’impressione mista di dolcezza e bruta-lità che involontariamente mi fa presumere— scusate: immaginare — che coloro cheha fotografato non si siano più visti in giro.v Line si è prenotata, ma non c’è piùtempo, ora. Ma tanto lei lavora qui in galle-ria (trecentomila al mese).

Giovedì 9 maggio. v Ha telefonatoLiveriero. v Michele Lombardelli dice che ilprincipio guida del suo lavoro «è quello diun disegno mentale da trascrivere in uncampo di relazioni elementari antagonistenelle funzioni e antitetiche nei materiali onei segni con una forte propensione per lariduzione bidimensionale e bipolare con ri-sultati di equivalenza percettiva…», maforse perché ha lasciato gli studi a quattor-dici anni per andare a lavorare (come criti-co d’arte?). In realtà la sua opera è molto

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Roberto Pupi

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più immediata della sua prosa e mi piaceconsiderare quella serie dei Three LittlePigs realizzata — anziché in pelle digomma come da didascalia — con l’auten-tica pelle rosa dei tre porcellini. v PierGiorgio Ostili è un professore torinese diliceo indirizzato a Milano, mi pare, dal sig.Antonio Tucci Russo di Torre Pellice. Il suolavoro mi appare onesto e discreto quantobasta per non essere accolto con cupidigiada alcun gallerista di gran moda. Sono ci-bachrome “costruite” senza pellicola né fo-tocamera, poiché ottiene la matrice per lastampa dipingendo direttamente su unsupporto trasparente; il che gli consente dicontinuare ad approfittare del piacere dellapittura senza sporcarsi le mani. v PieroMottola abita vicino a Ponte Milvio e ciò miinduce a pensare di conoscere alcuni suoi“vicini di casa”. È il più stocastico degli ar-tisti che abbia incontrato, sebbene l’impie-go statale gli consenta di attribuirsi una so-lida piattaforma contro le incertezze dellavita. Da qualche anno si occupa rigorosa-

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mente delle problematiche inerenti allacondivisione del buon gusto: miglioramen-to/peggioramento di un’immagine iniziale,osservazione degli stati emotivi generati dastimoli sonori, prove di abbinamenti croma-tici. “Eventualismo” è una parola che nonconoscevo, ma pare che a Roma essa di-sponga di notevole letteratura. v SabrinaBalbarani mi pareva di averla già vista escoprirò più tardi dove. Allieva di Garuttiall’Accademia, fa probabilmente parte diquel gruppo che l’ha inseguito sino aMilano. Le sue prime opere mi appaiono,insolitamente, più interessanti di quelli se-guenti: quel video che aveva presentato inViafarini, girato in un cinema mantovano,che finisce dove avrebbe dovuto iniziare,oppure gli autoritratti fatti in casa. Nel1993 è andata in gita con Nada a Varzi edè concittadina di Fabio, uno che lavoranell’organizzazione del Premio Suzzara. vLine si è prenotata di nuovo, ma abbiamoulteriormente rimandato il nostro colloquio.v Elisa Vladilo è venuta da Trieste a trovar-

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mi, poiché già ci conoscevamo: ha comun-que fatto la sua parte mostrandomi le fotodei suoi lavori recenti. «Quando cresce-rai?», — ci chiediamo sempre, vicendevol-mente, per scherzo — e sempre ci rispon-diamo «mai!». Infatti Elisa è depositaria diun immaginario da favola, come da com-plesso di Pan; dispone di un campionariomirato di colori pastello (il rosa Vladilo in-vece del blu Klein o del verde Veronese)che espande per tasselli in luoghi privile-giati. A Genova esistono strisce pedonalirosa, per esempio.

Giovedì 16 maggio. v Parlando al pluralemaiestatico, Massimo De Carlo dice «Potrem-mo investire un cinquecentomila: fai unprogetto editoriale per questa cosa». Io ca-pisco che dovremmo sborsare 500.000 lirea testa e rispondo che da me non avrà piùun soldo. «Lavori già gratis figuriamoci sedevi anche pagare». Chissà. v Misia DeAngelis ha un volto familiare perché mi ri-corda Teresa; intanto lei mi guarda e, sorri-

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Sabrina Balbaranisullo sfondo di una mia vecchia foto

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dendo, pensa che io assomigli a Casati. Èospite da amici. Conosce uno di nome ItaloChiodi che mi era stato nominato la seraprima da due persone diverse e ha un cel-lulare family che tiene sempre spento per-ché si vergogna. È arrivata con sei minutiventotto secondi di ritardo al nostro incon-tro, mentre Tine è arrivata in anticipo e stalà dietro. La finta Teresa è la ragazza dagliacquerelli rossi: mi ha mostrato delle dia-positive che, sebbene siano riproduzioni dilavori che non ho mai visto, contengono unconcentrato di elementi contigui ai miei ri-cordi. Sembrano particolari di corpi o spazidomestici, dai toni caldi, per nulla estranei.Forse perché è stata allieva a Brera da unmaestro di Viggiù, che ho frequentatotempo addietro. v Sabrina Sabato dovevavenire ma è sopravvenuto un impegno. vLine R. Nissen ha ventun anni, è alta alme-no uno e novanta e mi ha battuto a bracciodi ferro. Non è un’artista (scrive per alcuneriviste), ma ha voluto fissare l’appuntamen-to per parlare un po’ insieme, essendo in-

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Aviaja S. Larsen

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curiosita dai “ricevimenti” che vedeva dalontano; ha riservato anche l’incontro conAviaja. Nel suo curriculum mette i luoghidove va in vacanza. Mi ha fatto vedere lefoto di lei bambina, con suo nonno o conl’amica del cuore, alla spiaggia (fino a di-ciott’anni si vergognava di andare in to-pless). Credo che sua madre sia simpaticae generosa. v Tine Fehr emana un profu-mo dolcissimo di fiori d’arancio che le haportato Armando dalla Sicilia. Veste a colo-ri. L’avevo incontrata ieri l’altro, quiall’inaugurazione, con Line (Line e Tinesono due delle ragazze “di” Vanessa). Diquei fiori, e d’altri, ne fotografa le corolle— ma dal punto di vista dell’ape, dall’alto— contrastando i valori cromatici per farnerisaltare le forme. Oppure si autoritrae,proiettando sul proprio corpo una “pelle”vegetale fatta di foglie o infiorescenze chel’avvolgono per intero. v Aviaja S. Larsen,prenotata da Line, avrebbe appuntamentoin galleria ma, essendo terminato il mioorario di “lavoro”, spostiamo l’incontro da

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Emi Fontana. Prima, però, requisiamo unufficio da Grossetti per mostrare le foto diTine a Piercarlo (e c’era pure Panzera). DaEmi Fontana arriva Aviaja, Avi per gli amici,con una cartelletta zeppa di quadri e dise-gni, tutti diversi, che sembrano fatti dallazia; dicendo questo non intendo nulla dispregevole, anzi. I disegni mi piaccionomolto perché contengono dei personaggiparlanti che fanno battute in danese; noncapisco nulla, ma so di potermi fidare delloro senso dell’humour. I dipinti, invece,sono affollati da strani mezzi animali dapelliccia che credo siano reminiscenzedella sua terra natia, la Groenlandia.Ecco, Avi mi sembra proprio una donna“primitiva”.

Giovedì 23 maggio. v «Lo sai che mianonna era di Novi Ligure? La famosaBisio». v Silvia Cini è passata dalla galle-ria, trovandosi in questi giorni nel Setten-trione. Parlando con Salvatore Falci ha sa-puto di questi pomeriggi del giovedì ed è

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venuta a vedere di persona. Ha una cartel-la piena di documenti che non desidera as-solutamente mostrarmi e vuole avere chia-rimenti sul mio progetto. Mi fa molte do-mande, fortunatamente, senza puntarmi lalampada in faccia. Cerco allora di provocar-la interpretando i suoi dati metoposcopici:le disegno una specie di diagramma con inomi di sei persone per scoprire se li cono-sce. Alla fine lei sa molte cose di me e ioquasi nulla del suo lavoro: però le scroccoun tè al bar e scopro che per fare incazzarePiero Mottola di Roma bisogna dirgli «Seiun falso!». v La Signora C. Ratti ci ha faxa-to per invitarci a una mostra di alcuni ra-gazzi, suscitando prontamente l’attenzionedel signor De Carlo, che mi prega di andarea farle visita. Pensavo si trattasse diun’esposizione organizzata in una casa:qualche gentile signora biondo-cotonata miavrebbe accolto benevolmente, offrendomida bere, illustrandomi senza fretta i virtuo-sismi della sua accolita, ponderando i con-cetti, e avrei notato la cera sui pavimenti

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appena lucidati. Invece cammino per chilo-metri costeggiando i sedimenti della stazio-ne centrale, schivando ubriaconi e senza-tetto che mi odiano perché riesco a cammi-nare sulle mie proprie gambe. Arrivato allasede della mostra, attivo all’istante ognimio potenziale interesse per l’antropizza-zione del territorio e, senza rivolgere parolaa chicchessia, cerco di individuare le causecerte per le quali il gallerista ha richiesto lamia presenza all’evento. Poi fuggo via.

Giovedì 30 maggio. v Nei giorni scorsi,Viola e Massimo mi hanno chiamato due otre volte per sapere come era andata allamostra che ho visitato l’altra settimana. vCarlo Thal non si fa vedere. v Anna Privi-tera arriva in moto, ha accento oriundo emi sembra di averla già notata in qualchegalleria. Pare infatti che conosca Tanzi-Mira, Bartolini o che abbia aiutato Komaga-ta a fare il video per Bordone. Ha fatto unamostra, una volta, in quella chiesa sconsa-crata gestita dal Semprini, che a Rimini

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esercita i suoi poteri decisionali. Allo statoattuale non sono in possesso di alcunasua documentazione artistico-curriculare. vLuca Scarabelli e Riccardo Paracchinihanno chiamato Viola riservando un incon-tro a nome di “Stanlio e Ollio”. So benissi-mo chi sono, anche se si spacciano perVegetali Ignoti, come il nome del quadernoche pubblicano a scadenza stagionale.Mentre Scarabelli fa il furbo pensando chesolo perché ci conosciamo non debbafarmi vedere niente, Paracchini ha “fatto icompiti” e mi dispiega una serie di paginedi cataloghi di moda, sapientemente sele-zionate e raccolte come anche qualche au-tistico sa fare: su quelle è intervenuto contempera bianca o blu, cancellando e rimo-dellando le belle forme dei corpi femminili;creando così, con campiture omogenee,sagome di tuniche arabeggianti che vedreibene calzate dagli angeli di Rublëv. Mi rife-riscono inoltre che «… la Galletta è incaz-zata perché De Carlo prende in giro gli arti-sti».

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Giovedì 6 giugno. v Faccio disdire i mieiappuntamenti con Landi, Caravaggio eRadice perché sono a Trieste.

Giovedì 13 giugno. v Francesco Landucciè arrivato da Firenze, trascinandosi dietroun pacco enorme che quasi non entravanel taxi. Nonostante abbia portato con sédelle incisioni, preferisco vedere altro.Lavora al Museo di Scienze Naturali, dovesi occupa del restauro dei reperti, e questolo porta a utilizzare, nelle sue opere, mate-riali molto apprezzati tra i cultori delle prati-che artistiche odierne: boli insalivati o topisecchi, per esempio. I suoi lavori fotografi-ci — delle stampe in bianconero che im-pressionano il centro di grandi fogli di cartasensibile — paiono piuttosto calibrati:sono paesaggini in negativo che, se fosse-ro dipinti ad olio, sarebbero composti davelature sottili e delicate. Conosce Pedro eanche Daniela Perego, che «è la donna diMaurizio Pettini». v Roberto Pupi è venutocon Landucci, stesso taxi e comune baga-

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Cristina Cagnazzi

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glio. Anch’egli utilizza una tecnica fotografi-ca personalizzata: ritrae dei volti che tra-sferisce su tele emulsionate, riportandolepoi su supporti tridimensionali in mediumdensity. Dimentica qui il suo book. Ho con-sigliato ai fiorentini di far vedere il loro la-voro anche a Raffaella Cortese, la quale liha fatti un po’ aspettare guardando, prima,le foto di Spranzi che, mentre entrava ingalleria, aveva incrociato Milizia uscente. vDonatella Landi non è venuta, ma aprendoper caso una rivista ho adocchiato la re-censione di una sua mostra. v AndreaRadice è, secondo Viola, un presuntuoso,perché intenderebbe intraprendere il nostrocolloquio per telefono, dopo aver inviatoper posta il suo dossier. L’idea mi incurio-sisce poiché mi sembra un’originale varia-zione alla norma, dopo essere stato segui-to in altre gallerie o avere effettuato spedi-zioni in loco. Radice è già al telefono e conmoto subitaneo apro la sua busta. Ap-prendo che, per questioni di sudore e diacari, ha preferito non spostarsi da Trento,

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Gianni Caravaggio(da fotocopia)

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dove fa meno caldo. Sfogliando “in diretta”la documentazione, e teleconversando conl’interessato, mi pare di intendere che lanosofobia sia una delle caratteristiche pre-minenti della sua personalità, anche artisti-ca: egli mi parla di batteriologia, di puntini-smo (ora capisco cosa vuol dire), di virus,di mucche pazze, della mimesi dell’icono-grafia da microscopio. Nondimeno, il suovero nome (Alessandro Girardi) è celato dauno pseudonimo; il che è un po’ come met-tersi dei guanti. Luigi Serravalli, in una let-tera di raccomandazione, dice che Radicefa una specie di post pop art minimal suobjets trouvés che diventano quasi deiready-made selvaggi. v Viola mi assicurache la moglie di Pisk — il primo della lista— le rompe sempre le scatole e che telefo-na sempre; poi mi dà l’indirizzo di Giascochiedendomi di andarlo a trovare. v GianniCaravaggio proviene da Stoccarda e tor-nerà presto a vivere in Italia. Data la con-versazione con il precedente artista, tendoa magnificare il senso di purezza e di “eti-

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cità” effuso da questo lavoro. Dice diamare le cose che incontra. Mi fa vedereun autoritratto, sospeso nel paesaggio, colvolto appoggiato sulla mano: a prima vistasembra la sua, invece è quella di un vec-chio o la sua tra sessant’anni. Ancora, untubicino di plexiglas che si flette tra dueassi di legno, percorso da una chiocciolasecondo il movimento del sole. In cucina:delle mele appoggiate in tavola sono dispo-ste circolarmente, in modo tale che laparte più gialla del frutto sia rivolta verso ilcentro, come se ricevessero luce dalla lam-pada che le sovrasta. v Satoshi Hirose,edochiano, reca con sé un dossier piace-volmente ordinato. C’è una bella foto di unprogetto che ha realizzato — credo — inGiappone: un’ampia stanza inondata diluce rossa, visibile dall’esterno, che contie-ne una pila di fogli stampati a tiratura illimi-tata. La Tailandia l’ha disseminata di spe-zie, mentre in Italia ha proiettato l’ombradell’Ombra della sera. I treni piacciono aigiapponesi (ce l’ha insegnato Ozu) e Sato-

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shi, in casa, ha costruito una strada ferrataper modellini, tra due stanze, bucando laparete per chiudere il cerchio.

Mercoledì 3 luglio. v Giasco mi telefonaalle 11.20, nel cuore del mattino. Al suofianco c’è Viola che gli attualizza il mio im-pegno ad incontrarci al più presto a Milano.Conveniamo che sabato si potrebbe, peròlui sarà a Como alle 11 ed io a Lugano alle17, forse.

Martedì 9 luglio. v Giasco Bertoli lo vedooggi, a casa sua («Suonare Beecroft»). Duegiorni fa ho notato una sua foto su un sup-plemento di Purple Prose, appoggiato sultavolo di Marion. È nato in un paese vicinoa Locarno, in Svizzera, che vediamo in alcu-ne diapositive mostratemi col carousel. Lamaggior parte delle immagini sono ritrattidi modelle in interni, con colori saturi e dis-sonanti, che sembrano fare il verso a unacerta iconografia propria della moda o delmondo musicale. Effettivamente c’è pure

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GiascoBertoli(originalea colori)

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qualche figa (come Francesca). Però quelloche mi piace è la familiarità che si disco-pre negli spazi, nelle pose e negli oggettiche intravvedo in fondo alle stanze. ConGiasco concludo il ciclo dei miei “incontri”.

Mercoledì 4 settembre. v Ha telefonato dinuovo la moglie di Pisk.

Lunedì 16 dicembre (postilla). v «Ho vistoMassimo, ieri». — Massimo chi? «MassimoDe Carlo, gli ho detto che lavori tanto e luiera molto contento e ha detto che verràfuori un bel libretto». — Ah.

FINE

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Massimo De Carlovia Bocconi, 720136 Milano

tel. 02 58316140fax 02 58316356