Experiential marketing per il brand-land dei prodotti tipici
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XXVI Convegno annuale di Sinergie Referred Electronic Conference Proceeding
Manifattura: quale futuro? ISBN 978-88-907394-4-6
13-14 novembre 2014 – Università di Cassino e del Lazio Meridionale DOI 10.7433/SRECP.2014.37
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Experiential marketing per il brand-land dei prodotti tipici:
diventare marchio comunicando il territorio
LEA IAIA* MONICA FAIT
FEDERICA CAVALLO
PAOLA SCORRANO
** AMEDEO MAIZZA
Abstract
Obiettivi. l’obiettivo del presente lavoro consiste nell’approfondimento della dimensione esperienziale di innovativi format di
vendita e di website dedicati alla promo-commercializzazione di prodotti agroalimentari tipici, particolarmente rappresentativi del
proprio territorio di origine (cd. legame brand-land).
Metodologia. al fine di verificare l’ipotesi di ricerca formulata, si è fatto uso di un modello (ideato e testato in un precedente
lavoro) che prevede, anche tramite l’adozione della tecnica dei focus group, l’analisi della percezione della componente
esperienziale delle best practice considerate (Consorzi di Tutela: Chianti Classico, Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma),
tanto nelle strategie di comunicazione implementate nello spazio virtuale, quanto in quello fisico (si analizzeranno e
sperimenteranno, infatti, gli elementi strutturali ed esperienziali utili per allestire un concept store per i prodotti agroalimentari
salentini).
Risultati. l’esame ha permesso di individuare gli elementi chiave per trasmettere la dimensione esperienziale ed il legame
brand-land dei prodotti tipici agroalimentari nella comunicazione in store ed online.
Limiti della ricerca. il lavoro, pur adottando un’analisi di benchmarking, è focalizzato su un caso specifico e, per consentire
di generalizzare i risultati ottenuti, sarebbe opportuno ampliare l’indagine.
Implicazioni pratiche. l’indagine si inserisce in un progetto di ricerca a cui partecipano aziende del settore agroalimentare,
con le quali si sono condivise e sviluppate alcune delle risultanze emerse, che potranno agevolare l’implementazione di buone prassi
comunicazionali.
Originalità del lavoro. la letteratura di marketing sulla dimensione esperienziale dei website è ancora carente; il lavoro,
pertanto, potrebbe stimolare futuri approfondimenti anche in merito alla possibile adozione del modello di analisi qui prospettato.
Parole chiave: legame; brand-land; marketing esperienziale; effetto Made in; agroalimentari tipici
Objectives. the objective of the present work is to deeply analyse the experiential dimension of the innovative sales format and
website dedicated to the promo-commercialisation of the typical agrofood products, particularly representative of their place of
origin (cd. brand-land relation).
Methodology. with the aim to verify the hypothesis of research, we use a model already created and tested, which considers
(through the adoption of the focus group techniques, too) the analysis of the consumers’ perception of the experiential aspects in the
communication strategies implemented by the best practices examined (Consortia: Chianti Classico, Parmigiano Reggiano, Parma
Ham) in both the website and in the store (for the latter, there will be analised and tested the structural and experiential elements
useful for the creation of a concept store for the “Made in Salento” products).
Findings. the analysis permitted to identify the key elements to hand over both the experiential dimension and the brand-land
relation of the typical agrofood products, to provide an emotional offline and online communication of them.
Research Limits. even if the research uses a benchmarking technique, it focuses on a specific case study; so, the
generalisation of the outcomes could be possible with an extension of the analysis.
Practical implications. this work is part of a research project in which are involved several firms of the agrofood sector; with
them it has been possible to share and improve some of the results obtained, which will likely facilitate the implementation of good
communicational practices.
Originality of the study. the marketing literature on the experiential dimension applied to the website tool is still lacking; for
this reason, this work could stimulate future in-depth analysis, referring to the proposed model in addition.
Key words: brand-land relation; experiential marketing; Made in effect; typical agrofood products
* Dottorando di ricerca in Economia Aziendale - Università del Salento
e-mail: [email protected] Ricercatore di Economia e Gestione delle Imprese - Università del Salento
e-mail: [email protected] Dottorando di ricerca in Economia Aziendale - Università del Salento
e-mail: [email protected] ** Ricercatore di Economia e Gestione delle Imprese - Università del Salento
e-mail: [email protected] Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese - Università del Salento
e-mail: [email protected]
TRACK N. 10 - IMPRESA MANIFATTURIERA E COMUNICAZIONE
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1. Premessa
Per produzioni agroalimentari tipiche si fa riferimento, in senso lato, a tutti quei prodotti,
caratterizzati da uno stretto legame con il territorio d’origine, che viene sovente esplicitato e
valorizzato dai marchi di garanzia (siano essi D.O.C., D.O.C.G., D.O.P., I.G.P., S.T.G., etc.1). Esse
si caratterizzano per i contenuti derivanti dal loro naturale legame con le country of origin2 e con le
tradizioni produttive che enfatizzano i benefìci dell’effetto Made in. Per tale ragione, questi beni,
oltre a stimolare l’esigenza di conoscenza diretta dei luoghi, possono diventare beni il cui valore
trascende dalla loro utilità intrinseca, poiché determinano effetti complementari correlati alle
sensazioni (Schmitt, 1999) che sono in grado di generare.
Questi prodotti hanno talvolta difficoltà di ingresso nei moderni canali distributivi e, quindi,
limitate prospettive di successo nel mercato internazionale; ciò deriva dai molteplici ostacoli che le
imprese devono superare per affrontare il mercato, stante la loro generale modesta dimensione, oltre
alla ridotta produttività ed alla complessità derivante dall’adozione di un’autonoma strategia di
branding. Tuttavia tali problematiche appaiono superabili quando esiste una realtà sistemica d’area
con omogenea vocazione produttiva ed armonica organizzazione distributiva (si pensi ai ben noti
casi del Parmigiano Reggiano, del Grana Padano, del Prosciutto di Parma, etc.), in cui le imprese
produttrici, non avvertendo i negativi effetti della concorrenza orizzontale, riescono a raggiungere
volumi di vendita sufficienti e, soprattutto, beneficiano di sinergie di marketing. Tale condizione si
manifesta, altresì, quando i tipici agroalimentari si inseriscono nella fascia di qualità alta e quando
la commercializzazione avviene utilizzando format commerciali anche di tipo innovativo3, che
possono garantire loro interessanti quote di mercato e visibilità internazionale.
L’Italia, da sempre, ha il maggior numero di prodotti a Denominazione d’Origine ed
Indicazione Geografica le quali, considerando le varie declinazioni delle certificazioni, risulta pari a
261, mentre la Francia ne ha 208 e la Spagna 171. Il fatturato al consumo di tali prodotti nel 2013 è
cresciuto del 5% rispetto all’anno precedente, grazie al sensibile incremento registrato dai prodotti
ortofrutticoli ed alle carni (cfr. tabella seguente). Il giro d’affari delle D.O.P. e delle I.G.P. si è
attestato intorno ai 7 miliardi di euro alla produzione, a fronte di un valore al consumo stimato in
12,6 miliardi di euro, di cui 3,6 riferiti al mercato estero. Detto valore, infatti, ha riportato un +5%,
anche a livello nazionale (nonostante la crisi economica e la conseguente contrazione del potenziale
di spesa della popolazione italiana).
Il valore dell’export conferma il continuo trend positivo, valutato in 2,5 miliardi di euro,
sebbene in termini di quantità (la quale per il 62% resta nei confini dell’Unione Europea) sia stata
rilevata una diminuzione pari all’1,3%.
1 A tal proposito, si veda il Regolamento (UE) n. 1151 del 2012, il quale sostituisce i regolamenti CE n. 509/2006, riferito alle
Specialità Tradizionali Garantite (S.T.G.), ed il n. 510/2006, attinente alle Denominazioni di Origine Protetta (D.O.P.) ed alle
Indicazioni Geografiche Protette (I.G.P.). 2 Il tema è oggetto di numerose ricerche volte ad esaminare il contributo che il luogo d’origine ha sui comportamenti d’acquisto
dei consumatori (fra gli altri, si segnalano: Erikson et al., 1984; Amhed et al., 1994, Bilkey, Nes, 1982; Johnasson et al., 1985;
Maheswaran, 1994; Hong, Wyer, 1989; Busacca et al., 2006) 3 Si pensi, ad esempio, al caso “Eataly”, in cui i prodotti di eccellenza dell’enogastronomia italiana vengono presentati secondo un
format di vendita che coniuga la tradizione produttiva con la modernità dell’esposizione, in un’ottica esperienziale che stimola e
coinvolge i cinque sensi.
EXPERIENTIAL MARKETING PER IL BRAND-LAND DEI PRODOTTI TIPICI: DIVENTARE MARCHIO COMUNICANDO IL TERRITORIO
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Tab. 1: Fatturato al consumo sul mercato nazionale nei diversi comparti delle D.O.P. ed I.G.P.
(anni 2010-2012) - milioni di euro
Anno
Prodotto
2010 2011 2012 Peso % 2012 Variazione %
2012/2011
Formaggio 4.110,7 4.422,4 4.697,1 52,2 6,2
Prodotti a base di carne 3.311,1 3.330,0 3.355,1 37,3 0,8
Ortofrutticoli e cereali 484,3 540,9 658,1 7,3 21,7
Carne fresca (e frattaglie) 128,8 160,4 181,2 2,0 12,9
Oli di oliva 64,6 68,7 62,3 0,7 -9,4
Aceti balsamici 84,7 39,1 38,6 0,4 -1,4
Altri comparti 1,7 3,4 2,2 0,0 -37,6
Totale 8.185,9 8.565,1 8.994,5 100,0 5,0
Fonte: Indagine Qualivita-Ismea, Rapporto Qualivita (2013) pag. 36
Fra i vari settori, si segnala quello dei formaggi, che ha assunto maggiore rilevanza per volumi
esportati e valori generati, rispettivamente quantificabili in 134 mila tonnellate e 1,5 miliardi di
euro. Il prodotto con il fatturato maggiore è il Grana Padano D.O.P., il quale registra un valore di
circa 1,8 miliardi di euro. Questo prodotto, assieme al Parmigiano Reggiano D.O.P. (volume
d’affari di 1,3 miliardi di euro) ed al Prosciutto di Parma D.O.P. (981 milioni di euro di fatturato),
rappresenta il 58% del valore complessivo dei prodotti D.O.P. e I.G.P..
Tale concentrazione del mercato determina per le altre realtà condizioni di competitività assai
complesse poiché queste non riescono a raggiungere la notorietà e la differenziazione (Antonelli,
2006 e 2003; Caroli, 2006; Vindigni, 2003), dalle quali discendono poi le quote di mercato.
Diventa, quindi, necessario pensare per esse a formule comunicative in linea con le attuali
potenzialità offerte dal Web e dalle strategie di marketing esperienziale le quali ben si addicono alle
su richiamate tendenze di consumo (Schmitt, 1999; Pine e Gilmore, 1999). Si tratta di far esprimere
ai prodotti tipici il potenziale da essi posseduto, al fine di renderli riconoscibili - nell’accezione di
Keller4 -, così da raggiungere la notorietà, creando valore per le imprese e per il loro territorio
d’origine. Le produzioni agroalimentari tipiche hanno, infatti, una identità - che in termini strategici
può definirsi “unicità” - derivante da taluni fattori, tangibili e non, quali (Altili 2010; D’Amico,
2004 e 2002; Carboni e Quaglia, 2001): tradizioni, usi, costumi, storia, cultura, condizioni
pedoclimatiche, paesaggistiche e metodi di produzione consolidatisi nel tempo.
In questo senso, riuscire a legare tali prodotti alle potenzialità turistiche - ove presenti - dei loro
territori d’origine può costituire una strategia utile per corroborare la loro notorietà. Si tratta, in
definitiva, di riuscire a far emergere il potenziale cognitivo presente naturalmente nei prodotti tipici,
in modo da renderli parte di un tutto, attraverso mirate e coordinate azioni di marketing
esperienziale utili a comunicare il connubio brand-land5, contribuendo così alla creazione di un
vantaggio competitivo per siffatte produzioni e per i loro luoghi d’origine. Per riuscire in tale
intento, è indispensabile che le imprese vivano i loro territori come un asset indispensabile per il
reciproco sviluppo ed adottino, quindi, una prospettiva che le connoti come imprese radicate
(ovvero ancorate e dedite alla preservazione e valorizzazione dei propri ambiti geografici) e non già
come imprese corsare, ovvero slegate dal contesto in cui pro-tempore trovano ad operarsi
(Baccarani e Golinelli, 2011).
La creazione nonché la valorizzazione del legame con il territorio, le imprese ed i loro prodotti
risultano, dunque, perseguibili soprattutto quando questi ultimi assumono un ruolo rilevante nei
processi turistici, grazie ai quali la dimensione esperienziale del viaggio può reiterarsi attraverso il
consumo dei beni che caratterizzano l’area visitata. La creazione di format di vendita (come,
appunto, i concept store) in grado di coinvolgere il visitatore attraverso esperienze simili a quelle
4 Secondo Keller, il concetto di brand recognition e brand recall sono alla base del più ampio concetto di definizione della brand
image (Keller, 2005, 1998, 1993). 5 Su tale concetto si ritornerà nel paragrafo 2.
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percepibili nel luogo d’origine dei prodotti può, dunque, agevolare lo sviluppo delle produzioni
tipiche, garantendo loro la competitività.
2. Ipotesi di ricerca e metodologia
Il paper, muovendo dalle predette considerazioni, si basa sulla seguente ipotesi: Le attuali
preferenze dei consumatori dei prodotti tipici agroalimentari consentono di prevedere una loro
maggiore diffusione internazionale (grazie anche al benefico connubio con il turismo) a condizione
che essi incorporino e comunichino il concetto di brand-land.
Con tale concetto (brand-land) (Fait et al., 2014; Maizza et al., 2013; Scorrano, 2013; Scorrano
et al., 2013; Maizza e Iazzi, 2011; Fait e Trio, 2011; Fait, 2010) si intende il profondo legame che i
prodotti in esame hanno con il rispettivo luogo di produzione giacché i tratti di tipicità che li
connotano non sono replicabili o “esportabili” al di fuori di quel contesto specifico
(Mastroberardino, 2004; Maizza et al., 2003); ciò, poiché l’identità di un territorio (place-identity)
(Siano et al., 2008; Siano, 2001) è diretta conseguenza della sua specifica vocazione (place-
personality6). Viene così a crearsi un unicum, identificabile nel predetto legame brand-land, per cui
il consumatore associa ai caratteri di tipicità del prodotto (quindi, del brand) quelli del relativo
territorio di provenienza (ovvero, del land); quest’ultimo, “primaria risorsa produttiva” in cui si
concretizza “l’esperienza di produzione” (Rullani, 2000), garantisce l’autenticità del prodotto
(Gilmore, Pine, 2009) e, quando raggiunge ampia notorietà, diventa sinonimo degli stessi. In tal
modo, il land diventa brand e quindi, attraverso la loyalty del consumatore, crea valore per una
pluralità di soggetti.
Nella prospettiva di analisi qui adottata, il legame di cui trattasi risulta vicino al concetto di
“bene comune”7
, inteso quale asset immateriale capace di trasferire valori e modelli
comportamentali di un’area socio-geografica in cui si sedimentano tradizioni culturali espresse dai
prodotti di cui si discute. Detto bene genera e trasferisce valore (anche economico) ad una pluralità
di soggetti i quali, per preservarlo ed incrementarlo, dovranno saper rispettare le condizioni
essenziali e le regole comportamentali sottostanti. In Italia, come detto, tali circostanze si ritrovano
nei Consorzi di tutela dei prodotti tipici i quali, nei casi di eccellenza (come quelli qui analizzati),
hanno saputo tutelare e valorizzare un complesso di elementi e di tradizioni in chiave manageriale,
anche nel contesto globale.
Quanto detto può trovare adeguata amplificazione e valorizzazione nei principi del marketing
esperienziale poiché consente di attivare un cambio di prospettiva: non si tratta soltanto di
promuovere il prodotto/servizio aziendale, ma l’esperienza in grado di valorizzarlo, la quale diventa
“unica ed irripetibile” per il consumatore. Tale nuova prospettiva è frutto di due principali fenomeni
(Knutson et al., 2006; Fabris, 2003; Carù et al., 2003, Codeluppi, 2001; Schmitt, 1999; Pine e
Gilmore, 1999): il primo riferisce al comportamento del consumatore moderno, o post-moderno, il
quale, grazie all’evoluzione tecnologica odierna, è diventato più informato ed interattivo (tanto con
gli altri consumatori, quanto con le aziende), pertanto esigente e desideroso di affermare la propria
personalità attraverso le sue scelte di acquisto. L’altro fenomeno riguarda le imprese, le quali
ricorrono sempre più a strategie di marketing non già basate sui valori d’uso della propria offerta,
bensì sui valori aziendali, in cui la marca stessa diventa un archetipo di un’esperienza ovvero di un
volano di esperienze, attraverso atmosfere che suscitano emozioni, sensazioni e coinvolgimento in
chiave olistica per il consumatore. Nella ricerca di tale coinvolgimento esperienziale appare dunque
6 Da cui discende la place-image che i territori comunicare e far percepire ai consumatori, la quale dovrebbe essere coerente e
rispecchiare tanto la place-vocation, quanto la place-identity. 7 Pur senza poter approfondire tale parallelo, per ragioni di sintesi del presente contributo, si vuole qui accennare (riservandosi
futuri approfondimenti sul tema) sulla possibile assonanza concettuale tra la teoria dei “beni comuni” (Ostrom, 1990) e le
caratteristiche intrinseche dei prodotti brand-land. Questi, infatti, oltre al valore trasferibile ai loro produttori, generano vantaggi
e potenzialità per altri soggetti in virtù dell’esistenza di un substrato sociale e culturale preesistente sulla loro area d’origine; per
tali ragioni, il legame brand-land (quindi i prodotti ad esso ascrivibili) dovrebbero essere tutelati e valorizzati in una prospettiva
di preservazione del valore erga omnes.
EXPERIENTIAL MARKETING PER IL BRAND-LAND DEI PRODOTTI TIPICI: DIVENTARE MARCHIO COMUNICANDO IL TERRITORIO
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fondamentale enfatizzare le componenti storico, culturali, sociali del prodotto in modo da riuscire a
coinvolgere il cliente, instaurando con esso una relazione stabile.
La presente ricerca8, nel cercare di verificare l’ipotesi di cui innanzi, si prefigge, quindi, di
analizzare la dimensione esperienziale (Customer Experience Management, Schmitt, 2003;
Resciniti, 2005; Pine e Gilmore, 2009) dei prodotti brand-land, per gli experience provider
“concept store” e “website” (per le ragioni che più innanzi si illustreranno - Ferraresi, Schmitt,
2006); si immagina così che la dimensione locale sia in grado di divenire glocale, creando un
circolo virtuoso tra mondo reale e virtuale. Difatti, lo spazio fisico (Castaldo e Botti, 2001; Yoo et
al., 1998, Wakefiled e Baker, 1998, Bloch et al., 1994; anche grazie a mezzi di comunicazione
multimediale, metodi di stimolazione sensoriale e percorsi d’interazione personalizzata - costruiti su
una logica seamless9) narra ed enfatizza il legame “brand-land”, agevolando la percezione e, quindi,
la promo-commercializzazione dei prodotti Made in.
La logica di fondo dell’ipotesi, infatti, è rappresentata dall’idea secondo la quale il viaggiatore,
interessato alla conoscenza del territorio (e, generalmente, anche delle sue produzioni), visitando il
concept store può provare emozioni e sensazioni che, in un’ottica prosumeristica, gli consentono di
assumere il ruolo di “ConsumAttore” (Zonino, 2006) del “territorio-prodotto” (Solima, 2010; Riva,
2010), servendosi altresì della sinergia comunicativa con il Web (Mandelli e Accoto, 2012). In tal
modo, è possibile che la notorietà dei luoghi e delle produzioni agroalimentari tipiche si sedimenti
ed autoalimenti, permettendo al territorio di assurgere esso stesso a brand.
Per verificare l’ipotesi precedentemente enunciata, il paper si prefigge di rispondere alle
seguenti domande:
Quali sono gli elementi chiave per trasmettere la dimensione esperienziale ed il
legame brand-land dei prodotti tipici agroalimentari:
Q1) nella comunicazione online?
Q2) nella comunicazione in store?
Al fine di rispondere alle domande di ricerca, è stato definito un modello di valutazione
dell’esperienzialità per i prodotti brand-land; tale dimensione (declinata nelle componenti:
sensoriale, emotiva, cognitiva, comportamentale e relazionale) si ritiene importante poiché, se ben
strutturata, è in grado di enfatizzare i punti di forza dei prodotti tipici agroalimentari, consentendo:
a) al consumatore di percepire diversamente il prodotto (nonché il territorio), attribuendogli un
valore superiore (sulla base del vissuto personale), non comparabile con gli altri brand; b) alle
imprese (ed al land), di applicare un premium price, in virtù di un posizionamento competitivo
differenziato.
Su questi presupposti, coerentemente con la griglia esperienziale proposta da Schmitt10
, si è
ritenuto utile incentrare l’analisi su due dei cc.dd. Experience Provider (ExPro) - nel caso specifico, 8 Il paper è frutto di una parte del progetto di ricerca denominato: “Sviluppo di strumenti tecnologici e servizi innovativi di analisi
e comunicazione della distintività dei prodotti tradizionali jonico salentini per rafforzare la penetrazione commerciale della rete
di PMI del distretto jonico salentino”, P.O. Puglia FESR 2007-2013. 9 Di cui si dirà nel paragrafo seguente. 10 La griglia esperienziale proposta da Schmitt nel 1999 (Schmitt, 1999; Ferraresi, Schmitt, 2006) consente di creare una
pianificazione strategica dell’esperienza da far vivere al consumatore, sulla base di due dimensioni:
1) Strategic Experiential Module (SEM) che può declinarsi secondo cinque diversi aspetti (il cui grado di coinvolgimento cresce in
modo sequenziale passando da un modulo al successivo):
a) sense, riferito alla dimensione sensoriale, quale livello minimo per creare coinvolgimento attraverso l’utilizzo dei cinque sensi;
b) feel, attiene al coinvolgimento affettivo del consumatore con il brand, nella fase sia di acquisto che di consumo, con lo scopo di
instaurare una relazione con quest’ultimo ed aumentarne la loyalty;
c) think, riguarda la dimensione cognitiva/creativa e di problem solving che spinge l’individuo ad un’attività razionale;
d) act, propone al consumatore esperienze fisiche, nonché nuovi modi di agire ed interagire con gli altri consumatori, in un’ottica di
cambiamento;
e) relate, oltre a comprendere le esperienze attivate con precedenti moduli, il presente SEM si prefigge di coinvolgere il
consumatore in iniziative che gli consentono di incontrare altri appassionati del brand aziendale, avvicinandolo così ad altri
individui e/o culture; in tal modo, il proposito ultimo dell’azienda è la nascita della brand community.
2) Experience Provider (ExPro), i quali determinano/forniscono/stimolano le varie esperienze; essi attivano i moduli esperienziali
(SEM) e sono riconducibili alle attività connesse con i seguenti elementi:
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come detto, si è considerato il website aziendale ed il concept store - e sulle tipologie di esperienze
da far vivere al consumatore, cc.dd. Strategic Experiential Module (SEM - sense, feel, think, act e
relate). Questi ultimi sono stati appositamente contestualizzati e declinati in elementi di valutazione
per i siti web e, successivamente, per i concept store (così come si dirà nel prosieguo), al fine di
osservare l’impatto sui fruitori della componente esperienziale (cfr. Tabella 2)
Tab. 2: La declinazione dei SEM con riferimento al concetto brand-land
Modulo Interpretazione e valutazione
Sense Dimensione sensoriale (vista, udito, tatto, gusto e olfatto) attraverso cui si stimola la percezione del
prodotto, in particolar modo con richiami al suo territorio di origine.
Feel Dimensione affettiva, cioè dei sentimenti, con la quale si suscitano emozioni positive nei confronti
della marca, ad esempio suggerendo le occasioni d’uso dei prodotti.
Think Dimensione cognitiva/creativa e problem solving, con cui le imprese cercano di intrattenere i
consumatori attraverso iniziative che coinvolgono la sfera attività intellettuale, relativamente al
prodotto e/o al territorio, nonché al legame fra i due.
Act Dimensione dell’agire (ed interagire), nella quale l’azienda promuove iniziative (che considerano
anche il territorio) con lo scopo di indurre il consumatore a modificare il proprio stile di vita,
coinvolgendolo in esperienze “fisiche” che lo facciano riflettere.
Relate Dimensione delle relazioni personali ed inter-personali, tramite la creazione di esperienze che
consentono al consumatore di entrare in contatto con il suo sé ideale o con un gruppo di persone che
condividono lo stesso interesse per il prodotto in esame ed il suo territorio.
Fonte: nostro adattamento da Schmitt (1999)
Per rispondere alla prima domanda, si sono analizzate le strategie di comunicazione (in
particolare la web communication) di alcune realtà considerate delle best practice nel legame fra il
prodotto ed il territorio (Consorzi di tutela: Chianti Classico, Parmigiano Reggiano e Prosciutto di
Parma11
; cfr. Maizza et al., 2013, Scorrano 2013; Fait et al., 2013; Scorrano et al., 2013, Fait e Trio,
2011a, 2011b).
Si è così ideata e testata un’apposita metodologia per analizzare la dimensione esperienziale di
un website (applicandolo al contesto esaminato), la quale si articola negli step seguenti:
1) individuazione e selezione degli elementi chiave su cui valutare la dimensione esperienziale di
un sito web (Selection), sulla base di ogni strategic experiential module con precipuo
riferimento all’articolazione delle informazioni (contenuto testuale e visivo); a tal fine, si è
fatto ricorso ad un focus group di tipo ispettivo (Mich, 2007), con esperti in comunicazione e
marketing nel settore;
2) osservazione del comportamento di consumatori, esperti di web marketing e conoscitori del
settore agroalimentare (Observation), tramite focus group user based (Mich, 2007), al fine di
analizzare:
- la fruizione dei contenuti, attraverso la navigazione nel website (surfing);
- la percezione dell’esperienzialità tramite valutazione comparativa degli elementi chiave
individuati con gli esperti di cui al punto 1 (perceived topic);
- il grado di coinvolgimento che consegue dagli stessi (involvement degree).
a) comunicazione, intesa come l’insieme delle campagne pubblicitarie, relazioni pubbliche, comunicazione aziendale interna ed
esterna (es. brochure, magalog, etc.);
b) identità visiva/verbale, che attiene alla formulazione di nomi, loghi e codici di marca;
c) presenza del prodotto, ovvero il design ed il packaging del prodotto, i product display ed i personaggi del brand impiegati a
supporto del packaging e del materiale reperibile presso il punto vendita (incluso il merchandising);
d) co-branding, si riferisce al marketing degli eventi, le sponsorizzazioni, il product placement ed altre tipologie di partneriato;
e) spazi espositivi, i quali riguardano gli uffici, gli stabilimenti o gli edifici aziendali, nonché gli store e gli stand commerciali;
f) sito Web e media, cioè tutto ciò che riguarda l’ambito virtuale, soprattutto in un’ottica interattiva;
g) persone, considerate come le risorse umane che fanno parte della compagine aziendale (rappresentanti aziendali, personale di
vendita, etc.). 11 Questi casi (www.chianticlassico.com, www.parmigianoreggiano.com, www.prosciuttodiparma.com.) si sono individuati sulla
scorta di precedenti studi, innanzi citati, nell’ambito dei quali sono stati approfonditi gli aspetti salienti della web communication.
EXPERIENTIAL MARKETING PER IL BRAND-LAND DEI PRODOTTI TIPICI: DIVENTARE MARCHIO COMUNICANDO IL TERRITORIO
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Si è così definita una valutazione finale (experiential degree) con cui gli intervistati hanno
espresso un giudizio di sintesi.
3) elaborazione dei giudizi espressi dagli intervistati (Evaluation).
Il predetto modello, frutto di approfondimenti basati sui principali contributi sul tema del
marketing esperienziale, ha consentito di evidenziare l’esistenza di talune condizioni maggiormente
percepite nel caso di specie e definibili, pertanto, driver della comunicazione esperienziale online
(che si esporranno più avanti). La dimensione emozionale, infatti, sebbene poco considerata sul
Web, può rivestire un ruolo assai rilevante nelle decisioni di acquisto degli user soprattutto per le
tipologie di prodotti la cui diffusione sul mercato reale è circoscritta ad una nicchia di mercato
(come, ad esempio, i prodotti agroalimentari tipici), rispetto ad analoghi prodotti non place-based.
Con riferimento alla seconda domanda, si è impiegata la metodologia di cui innanzi,
opportunamente adattata nel punto n. 2 per le specifiche esigenze dell’experience provider “concept
store” per i prodotti tipici agroalimentari, che è stato poi oggetto di realizzazione nel centro storico
della città di Lecce. Si sono così realizzate due tipologie di focus group: una prima al fine di
discutere e valutare la proposta progettuale inerente l’articolazione strutturale ed esperienziale del
concept store per i prodotti Made in Salento (focus group sensoriale) ed un’altra con lo scopo di
testarne i contenuti (focus group di sperimentazione). In entrambi i casi, le riunioni sono state
condotte da un moderatore, coadiuvato da due facilitatori che osservavano il comportamento dei
partecipanti, annotando taluni aspetti utili alla successiva rielaborazione dei risultati.
Il primo focus group è stato realizzato (nel mese di luglio 2013) con esperti di comunicazione
del settore agroalimentare (cfr. paragrafo 3.2), al fine di valutarne le opinioni sulle caratteristiche
necessarie per rendere attrattivo ed emozionale il concept store. Tale incontro è stato organizzato
con una logica che può definirsi sensoriale poiché la discussione si è tenuta coinvolgendo i
partecipanti attraverso la stimolazione dei cinque sensi, con l’obiettivo di creare un’esperienza che
potesse verosimilmente simulare - sebbene in parte - un’ipotesi del più completo percorso
sensoriale implementato nello store.
I focus group di sperimentazione (n. 2) si sono tenuti al termine del completamento dei lavori
del concept store (nel mese di aprile 2014) ed hanno visto la partecipazione di un gruppo composto
da profili analoghi a quelli che hanno partecipato al primo incontro (cfr. paragrafo 3.2).
Ricalcando la traccia del focus di ideazione del concept store, si è cercato di considerare le
seguenti esigenze informative: a) sperimentazione dei contenuti e delle strumentazioni presenti
all’interno del concept store; b) verifica della dimensione esperienziale del luogo.
Durante il test è stata data la possibilità ai partecipanti di fruire del concept store seguendo una
logica seamless, consistente nella scelta di “non legare” il visitatore ad un percorso prestabilito né
ad elementi fisici di connessione. Si tratta, invece, di lasciarlo libero di muoversi in base alle
emozioni, dunque il coinvolgimento, che l’ambient (definito sulla scorta delle risultanze del primo
focus e sullo studio delle potenzialità esplicative delle aziende partecipanti al progetto) del concept
store è in grado di suscitare, grazie anche ad opportune tecnologie di comunicazione wireless.
3. L’indagine empirica
3.1 L’esperienzialità della web communication dei casi di eccellenza nel connubio brand-land
Hp: Le attuali preferenze dei consumatori dei prodotti tipici agroalimentari
consentono di ipotizzare una loro maggiore diffusione internazionale (grazie anche al
benefico connubio con il turismo) a condizione che essi incorporino e comunichino il
concetto di brand-land.
Q1: Quali sono gli elementi chiave per trasmettere la dimensione esperienziale ed il
legame brand-land dei prodotti tipici agroalimentari nella comunicazione online?
TRACK N. 10 - IMPRESA MANIFATTURIERA E COMUNICAZIONE
584
Le opinioni ed impressioni fornite dai partecipanti ai due focus in merito ai website delle best
practice indagate (la cui sintesi è riportata nel prosieguo del presente paragrafo) è avvenuta tenendo
in considerazione i cinque SEMs poc’anzi descritti (perceived topics/SEMs). Dall’integrazione degli
output informativi ottenuti nei due incontri, è emerso che, fra i moduli considerati, la dimensione
sensoriale è quella maggiormente percepita dagli utenti12
. Questa viene impiegata per richiamare
alla mente del consumatore dei momenti di vita vissuta o delle prassi quotidiane, suscitando ricordi
ed emozioni in grado di accorciare la distanza cognitiva con il brand ed instaurare un legame con il
consumer.
Durante il surfing, infatti, lo sguardo degli user partecipanti al focus - ed anche la dimensione
cognitiva - è stato catturato dai contenuti che descrivono il territorio, il prodotto, nonché il legame
fra i due attraverso lo storytelling del terroir e delle risorse storico-culturali dei luoghi di
produzione (cfr. Chianti Classico: vitigni, colline, casali, etc.), ovvero da immagini che mostrano e
spiegano il connubio fra le specificità del prodotto e del territorio di origine (cfr. Prosciutto di
Parma: colture, clima e processi di produzione tradizionali). Sovente, i predetti elementi vengono
completati dai suoni che contraddistinguono il prodotto, oppure il processo di lavorazione, tanto in
maniera singola (si pensi all’analisi sensoriale delle forme di Parmigiano Reggiano, al tintinnio
delle bottiglie nella linea di produzione del Chianti Classico o al silenzio che pervade i magazzini
di stagionatura del Prosciutto di Parma ed agli eventi tradizionali organizzati in loco per
promuovere i prodotti) quanto in associazione (attraverso le voci degli uomini impegnati nella
vendemmia). Appare interessante rilevare, inoltre, come anche gli altri sensi non facilmente
trasmissibili online - quali il tatto, l’olfatto ed il gusto -, trovano un adeguato spazio, a
completamento del viaggio sensoriale del consumatore. Infatti, la sensorialità ricercata mira ad
enfatizzare la caratterizzazione del prodotto nelle sue componenti tangibili e non, dimostrando
come le stesse promanino dal territorio di origine e siano pertanto irripetibili; ciò avviene attraverso
immagini e descrizioni che educano il consumatore al riconoscimento del prodotto (uno dei
presupposti per raggiungere la notorietà) ed alla sua degustazione “in purezza” oppure
all’abbinamento con altri cibi, spesso rinvenibili sul territorio (cfr. Chianti Classico: consistenza del
terreno di coltivazione e dei grappoli di uva; bagaglio odoroso e gustativo. Prosciutto di Parma e
Parmigiano Reggiano: caratteristiche del prodotto riconoscibili al tatto; analisi olfattiva della fase
di stagionatura).
Alla sfera sensoriale viene altresì affiancata quella emozionale (cd. feel secondo SEMs), grazie
alla quale si ricerca il coinvolgimento del consumatore mostrando le occasioni d’uso dei prodotti
attraverso, ad esempio, la tradizione conviviale vissuta in famiglia o con gli amici (cfr. Parmigiano
Reggiano e Chianti Classico), opportunamente contestualizzata in base al territorio di provenienza
ed al relativo giacimento enogastronomico. Tale elemento viene supportato, inoltre, dalla proposta
di video-ricette online, corsi di cucina e/o degustazione (cfr. Parmigiano Reggiano, Prosciutto di
Parma e Chianti Classico), le quali catturano l’attenzione anche dal punto di vista cognitivo e
comportamentale (moduli Think/Act, terzo e quarto SEMs). Questi ultimi, infatti, sono imperniati
sui concetti del “mangiar bene e sano”, secondo i canoni della dieta mediterranea, ed offrono la
possibilità al consumatore di riflettere sul proprio stile di vita, con lo scopo di correggere/migliorare
o continuare a seguire un regime alimentare corretto ed equilibrato. Nel caso di Prosciutto di Parma
e Parmigiano Reggiano, viene altresì evidenziata la versatilità di impiego e l’idoneità ad offrire il
giusto apporto nutritivo alle fasce d’età più sensibili o agli stili di vita più esigenti. Le caratteristiche
dei prodotti sono descritte puntando sugli aspetti della salubrità, della genuinità, della qualità e, non
per ultimo, della loro unicità sotto il profilo produttivo e territoriale (cfr. Parmigiano Reggiano: “Il
Parmigiano Reggiano non si fabbrica, si fa”, “Il Re dei formaggi”; Chianti Classico: “il territorio è
la vera anima del Chianti”, “non tutto il vino prodotto in Chianti è Chianti Classico”; Prosciutto di
Parma: brochure “Benessere ed alimentazione”).
L’ultimo modulo dei SEMs, attinente alla sfera relate, propone al consumatore la
partecipazione ad eventi a tema, improntati non solo alla promo-commercializzazione, ma anche
12 Infatti, come sostenuto da Pine e Gilmore (1999) “The more sensory an experience, the more memorable it will be”.
EXPERIENTIAL MARKETING PER IL BRAND-LAND DEI PRODOTTI TIPICI: DIVENTARE MARCHIO COMUNICANDO IL TERRITORIO
585
alla divulgazione e conoscenza, in veste ludica, del prodotto e del territorio di origine; in tal modo, i
Consorzi cercano, altresì, di riunire ed incentivare le relazioni fra gli appassionati dei prodotti
indagati, attraverso l’acculturazione e la sensibilizzazione (si legga in questo aspetto anche il
modulo think/act) ad uno stile di vita sano ed una dieta equilibrata (cfr. Parmigiano Reggiano:
"Sono come mangio: dal Consorzio progetto di educazione alimentare”, 20.000 giovani e 1.000
insegnanti delle scuole di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana e Roma
coinvolti; Parmigiano Reggiano Academy “Il gusto di conoscere”; Chianti Classico: “Chianti
Classico Academy, a scuola di vino dal Gallo Nero”).
Da una lettura complessiva dei website, gli user percepiscono in maniera chiara e definita il
legame brand-land, avvertito come unico, irripetibile e trasmesso soprattutto tramite la
presentazione dei tratti identitari del prodotto in chiave olistica/territoriale (che costituisce il fil
rouge dei cinque SEM). Tali informazioni potranno risultare utili nella fase di definizione
dell’architettura del website, nonché delle sue strategie di promozione online. Dette attività, pur
rientrando nella progettazione complessiva del progetto di ricerca qui esposto (di cui alla nota 8),
non sono state completate al momento di chiusura del presente paper e, pertanto, non si sono
approfondite adeguatamente.
3.2 Il concept store “made in Salento”: dall’ideazione alla sperimentazione
Hp: Le attuali preferenze dei consumatori dei prodotti tipici agroalimentari
consentono di ipotizzare una loro maggiore diffusione internazionale (grazie anche al
benefico connubio con il turismo) a condizione che essi incorporino e comunichino il
concetto di brand-land.
Q2: Quali sono gli elementi chiave per trasmettere la dimensione esperienziale ed il
legame brand-land dei prodotti tipici agroalimentari nella comunicazione in store?
Al focus group sensoriale, tenutosi il 25 luglio 2013, hanno partecipato: un responsabile della
comunicazione di una web tv; un sommelier; un assaggiatore di olio; un sociologo; un responsabile
della comunicazione di un’azienda agroalimentare; un ricercatore universitario di marketing; un
esperto di comunicazione d’impresa; due consumatori.
L’incontro si è svolto in tre step: 1) presentazione del progetto del concept store; 2)
coinvolgimento poli-sensoriale mediante la proiezione di immagini riguardanti i prodotti ed i luoghi
salentini supportata, in un secondo momento, da una registrazione audio (che enfatizzava il video
trasmesso) e da una contestuale degustazione di alcuni prodotti tipici (con lo scopo di sollecitare
uno per volta ciascun senso, al fine di generare un elevato grado di engagement dei partecipanti al
focus); 3) approfondimento e discussione sugli elementi strutturali e sensoriali, nonché sulle relative
modalità di comunicazione, che dovrebbero caratterizzare il concept store, con l’obiettivo di far
percepire al visitatore il legame brand-land dei prodotti tipici in esso presenti.
Al termine della discussione, durata circa due ore e tenutosi presso la sala riunioni della Facoltà
di Economia dell’Università del Salento, sono stati affrontati diversi aspetti alcuni dei quali sono
qui riportati.
Secondo i partecipanti, l’idea creativa alla base del concept deve essere la tipicità del Made in
Salento, veicolata per mezzo degli elementi che la caratterizzano poiché ne presentano i tratti
distintivi, ovvero “prodotti”, “territorio”, “produzione”, “tradizione”. Il concept store deve essere
strutturato come un ambiente polifunzionale, propedeutico alla presenza di stimoli polisensoriali
che consentano il pieno coinvolgimento del cliente; attraverso suoni, profumi, immagini ed oggetti
identificativi del Made in Salento, infatti, il visitatore potrà sentirsi immerso in una dimensione che
lo avvolge e coinvolge. Ciò, anche grazie all’attivazione di percorsi poli-sensoriali, ritenuti
necessari da tutti i partecipanti al focus, giacché agevolano enfatizzano l’esperienza di visita. A tal
TRACK N. 10 - IMPRESA MANIFATTURIERA E COMUNICAZIONE
586
proposito, è stato osservato che bisognerebbe prestare particolare attenzione al senso del gusto, per
via della tipologia dei prodotti esaminati13
.
Un’alternativa a quanto innanzi delineato è la previsione di percorsi mono-sensoriali, in cui i
sensi vengono stimolati in maniera distinta e separata, in modo da apprezzare le differenti
peculiarità dei prodotti attraverso le potenzialità dei cinque sensi14
.
I partecipanti al focus group hanno suggerito, inoltre, di prevedere una sorta di
autorganizzazione della visita, in base alla quale il visitatore è guidato da un tema di fondo,
conservando tuttavia la discrezionalità di scegliere il proprio cammino esperienziale, in base alle
sensazioni suscitate dagli elementi che compongono lo store. Tutte le tipologie di percorsi ipotizzati
potrebbero essere inserite in iniziative educational oriented finalizzate ad attrarre i visitatori con
variegate modalità di fruizione e contenuti, al fine di far conoscere le proprietà organolettiche dei
prodotti, nonché le tradizioni colturali, culturali, e culinarie attraverso la narrazione al
cliente/spettatore della storia del territorio e dei prodotti.
Un altro aspetto di rilievo, che ha suscitato opinioni divergenti durante il dibattito, ha
riguardato l’eventualità di vendere i prodotti all’interno del concept store. Parere comune è stato
quello di tenere separati i due momenti, esperienziale e commerciale, così da consentire al concept
store di adempiere alla sua finalità prevalente, ossia, comunicare il connubio brand-land attraverso
la stimolazione dei cinque sensi. La zona di commercializzazione, dunque, sebbene imprescindibile
affinché il consumatore leghi i sapori con l’esperienza vissuta, si ritiene debba essere attigua (oltre
ad essere virtuale, ricorrendo ad esempio ad un virtual mall) ma non contestuale al percorso
proposto; in tal modo, infatti, il visitatore dello store, se adeguatamente coinvolto, potrà decidere di
condividere la propria esperienza sui social media personali e/o dedicati al concept store,
incuriosendo nuovi utenti ed incentivando il word of mouth.
Dopo la realizzazione dello spazio esperienziale, sulla base dei risultati di cui innanzi, sono
stati condotti due focus group di “sperimentazione” (entrambi nel mese di aprile 2014, presso la
sede del Distretto Agroalimentare di Qualità Jonico-Salentino, in cui è ubicato il concept store), ai
quali, come già detto, hanno preso parte persone diverse dal primo, ma con profili analoghi15
.
Ricalcando la traccia, quindi, la logica dell’incontro “sensoriale”, si è proceduto con: a) la
sperimentazione dei contenuti e delle strumentazioni presenti all’interno del concept store; b) la
verifica della “dimensione esperienziale” dello spazio. I lavori, che hanno avuto la durata di circa
90 minuti per ogni focus group, hanno consentito il perseguimento degli obiettivi prefissati.
Con riferimento alla prima finalità, si è constatata innanzitutto l’utilità delle informazioni
rivenienti dal primo focus group e dall’attività di studio delle best practice. In particolare, è emerso
il significativo apprezzamento da parte degli intervistati della localizzazione (il concept store è
situato nel cuore del centro storico di Lecce, quindi una location con elevata potenzialità in termini
di attrattività turistica) e del design interno. Nello specifico, i partecipanti al focus group hanno
riconosciuto che il connubio brand-land, nonché le peculiarità di cui sono in possesso tanto i
prodotti Made in Salento quanto il territorio Salento, vengono veicolati soprattutto attraverso
l’allestimento del concept store. Questo richiama la struttura di una casa contadina, con le pareti
tinteggiate di bianco, come se fossero tradizionalmente dipinte di calce, ed illuminate da luci calde,
in cui si ritrovano gli utensili ed i suppellettili facilmente reperibili in una tipica casa salentina.
13 Il sociologo, infatti, asserisce: «per me il cibo è una cosa seria; ci possono essere tutte le immagini che vuoi, ma siccome si parla
di cibo e si deve essere coinvolti con tutti i sensi, per me è complicato. Non ci devono essere solo le immagini, che sì, bellissime e
collegano il prodotto al territorio, ma mi aspetto molto per quel che riguarda l’olfatto ed il gusto, se stiamo parlando di cibo. Ci
sono delle priorità: se entro in un concept store di vino non devo solo sentire l’odore del vino, ma devo anche assaggiarlo». 14 Secondo il responsabile della web tv: «si potrebbe entrare in una stanza completamente buia e sentire solo dei profumi, poi in
un’altra stanza e vedere delle immagini e poi in un’altra stanza e guardare dei prodotti, ed ancora in un’altra e degustarli. I
percorsi sensoriali sono una miriade; si potrebbe sfruttarli tutti». 15 Nello specifico, hanno partecipato:
1. al primo focus group di sperimentazione: tre consumatori, due ricercatori universitari di marketing, un assaggiatore di olio,
due responsabili della comunicazione aziendale di una impresa agroalimentare (settore vino) ed un professionista della
comunicazione online;
2. al secondo focus group di sperimentazione: due consumatori, un sommelier, un imprenditore del settore olivicolo, due
imprenditori del settore della pasta, due giornalisti specializzati nel settore food.
EXPERIENTIAL MARKETING PER IL BRAND-LAND DEI PRODOTTI TIPICI: DIVENTARE MARCHIO COMUNICANDO IL TERRITORIO
587
All’interno delle pareti vi sono delle piccole nicchie in cui sono stati posizionati taluni prodotti
tipici; ciò, affinché i colori del packaging vengano esaltati dal contrasto cromatico che si viene a
creare con il bianco del concept store. Quest’ultimo, denominato La casa del gusto di Isobel,
richiamando così il personaggio dell’opera letteraria di Vittorio Bodini16
, riporta, stampati
direttamente sulle pareti, testi letterari del citato autore ed un riferimento alle cultivar tipiche
salentine in una prima rappresentazione del 1794, proposta da Giovanni17
.
Ulteriori elementi considerati molto positivamente sono state le attrezzature informatiche
(touch screen, diffusori di fragranze, etc.), collocate seguendo una logica di coerenza con la ricerca
di un’ambientazione in grado di ricalcare le caratteristiche proprie del territorio salentino,
esaltandone le peculiarità. Tale ambiente polifunzionale ha contribuito alla stimolazione poli-
sensoriale innanzi ipotizzata, consentono al visitatore di percepire il legame brand-land. Egli
diviene così parte del territorio apprendendone la storia, la cultura e le tradizioni grazie a:
la proiezione di immagini che raffigurano le coltivazioni delle materie prime e la loro
lavorazione;
i contenuti audio-visivi che riproducono i suoni sia della produzione che della tradizione,
fungendo da supporto uditivo alle immagini precedentemente descritte;
i profumi, emanati dai diffusori, che ricordano quelli del mosto o dell’olio;
l’opportunità di toccare tutti gli oggetti (prodotti, utensili e quant’altro) presenti nello store;
le degustazioni possibili nel concept store, in cui anche i colori e le luci partecipano a creare
uno specifico ambient e coinvolgimento nel visitatore (ciò, in considerazione anche dei percorsi
educational-degustativi organizzati nello store).
Ciò ha consentito di valutare il secondo aspetto per cui si è organizzato il focus in questione,
partendo dal modulo esperienziale sense.
La sperimentazione del concept store ha riguardato, inoltre, il percorso che l’utente dovrebbe
seguire durante la visita. A tal proposito, i partecipanti sono stati divisi in due gruppi, ognuno dei
quali ha seguito un diverso percorso, al fine di valutare comparativamente le alternative,
caratterizzate da una diversa sequenza di attività possibili.
Con riferimento ai restanti moduli esperienziali - feel, think, act e relate -, i partecipanti al
focus group hanno ritenuto che nel concept store il richiamo al feel avviene per mezzo dei vari
elementi rinvenibili nello store ed alla sua articolazione. Le emozioni dei visitatori vengono
suscitate, infatti, attraverso contenuti (visivi, uditivi, etc.) che riguardano soprattutto il patrimonio
enogastronomico locale. I moduli think ed act sono un richiamo esplicito alla salubrità, alla
genuinità ed alla qualità:
a. dei prodotti agroalimentari Made in Salento (attraverso immagini del territorio e dei prodotti e
la presenza di oggetti che rimandano alla tradizione contadina, che riferiscono alla dieta
mediterranea);
b. del territorio (grazie all’archetipo salentino creato nel concept store attraverso dei barattoli
ermetici tipicamente utilizzati per le conserve dei prodotti agroalimentari, all’interno dei quali
sono custodite le ricchezze del paesaggio: la terra rossa delle campagne, l’acqua azzurra del
mare e la grana sottile della sabbia mista alle conchiglie, abbinata allo stile di vita slow).
Al modulo relate sono stati ricondotti gli eventi organizzati nel concept store, in un’ottica
educational-edonistica, che consente ai consumatori di apprendere ulteriori informazioni circa i
prodotti, il territorio ed il connubio fra i due in termini di storia, cultura e tradizione.
16 Vittorio Bodini, noto poeta e traduttore italiano di opere letterarie spagnole, attraverso transfert analogici, attribuiva ai suoi
personaggi alcune caratteristiche tipiche degli elementi del paesaggio, al fine di richiamarne le peculiarità ed il radicamento al
territorio del Salento. Nella sua opera di prosa “La luna dei Borboni” (del 1950) - riportata su di una parete del concept store - si
legge: “Isobel dalle braccia d'olio e al polso il braccialetto con le bandiere d'Europa, come ti piacerebbe, se fossi qui, essere
inghirlandata con ghirlande di peperoni rossi.” (Bodini, 2006). 17 Medico salentino (1720-1797), rinomato per i diversi approfondimenti sviluppati con apposite opere letterarie che offrirono
interessanti contributi al dibattito scientifico sull’olivicoltura.
TRACK N. 10 - IMPRESA MANIFATTURIERA E COMUNICAZIONE
588
4. Sintesi conclusiva ed implicazioni manageriali
Il lavoro, con differenti approcci di analisi empirica, si prefiggeva di verificare l’ipotesi
formulata in apertura attraverso l’approfondimento della comunicazione via web ed in store dei
prodotti tipici agroalimentari; ciò tramite formule di marketing esperienziale utili a promuovere e
commercializzare prodotti tipici del territorio salentino.
L’indagine, condotta sul concept store e sui website, ha consentito di confermare l’ipotesi di
ricerca e di ideare e testare un modello di valutazione della dimensione esperienziale per entrambi i
format considerati (tale modello necessita di successive applicazioni volte a verificare la sua
validità generale). Da tale analisi, sono emerse interessanti e, si ritiene, utili informazioni per
ottimizzare il potenziale comunicativo presente nei prodotti tipici, avvalendosi anche di
strumentazione tecnico-informatica capace di enfatizzare e sviluppare tale dimensione.
Nello specifico, la percezione della dimensione esperienziale dei prodotti brand-land si ha, ad
esempio, raccontando al consumatore la connotazione del prodotto per il tramite di stimoli visivi,
olfattivi e gustativi che riconducono alle peculiarità del territorio di origine latu sensu, oppure con
testi/immagini/filmati che insegnano agli user le nozioni di base per una corretta analisi sensoriale
del prodotto. Si osservi, inoltre, come, si possa così rispondere all’esigenza informativa dei
consumatori, sempre più attenti alla qualità dei cibi e desiderosi di conoscerne aspetti più intrinseci
legati al Made in, il tutto cercando di catturarne la curiosità attraverso la cultura, in un’ottica
educational (SEM: feel). Ciò può accadere in uno spazio “tipicizzato” dall’identità di uno specifico
prodotto-territorio, non necessariamente ritrovabile in quel preciso contesto geografico, che può
essere il concept store, ma anche attraverso idonei processi di web communication.
Lo studio, che, come detto, è parte di un progetto di ricerca applicata promosso dal Distretto
Agroalimentare di Qualità Jonico Salentino, potrà consentire alle PMI aderenti di:
fruire dei vantaggi sinergici derivanti dall’implementazione di azioni sistemiche di marketing e
commercializzazione;
beneficiare degli effetti della progettazione del concept store e di un apposito virtual mall,
arricchendo così il proprio patrimonio di conoscenze manageriali, utili ad operare in un
contesto sempre più complesso e globalizzato.
La necessità di perfezionare i risultati informativi sinora raggiunti - esigenza derivante
dall’approccio meramente qualitativo adottato nello studio condotto - ha determinato il
convincimento per cui, durante la fase di start up dello spazio considerato, saranno somministrati
dei questionari ai visitatori, volti alla comprensione del livello di gradimento del luogo, del suo
allestimento e delle sue atmosfere. Tale integrazione dell’analisi dovrebbe così consentire di
colmare il naturale gap che l’approccio finora adottato inevitabilmente genera. Vi è comunque da
considerare che l’architettura interna ed il layout rispondono a criteri di ideazione di uno spazio
fisico teso a generare nella mente del visitatore un elevato grado di coinvolgimento (sensoriale,
emozionale, cognitivo, comportamentale e relazionale) dettato dall’interesse verso la conoscenza
del territorio e dei suoi prodotti.
Va altresì soggiunto che la sinergia tra web communication e concept store si dovrà esplicitare
con una formula bidirezionale: da un lato la web communication potrà agevolare la conoscenza del
concept store il quale, a sua volta, consentirà al visitatore di ripetere ed arricchire l’esperienza sul
Web, quindi condividerla sui social media, agevolando la notorietà del binomio brand-land in virtù
anche del potenziale turistico dell’area geografica considerata e dalla precipua localizzazione del
concept store (posto nel cuore del centro storico della città di Lecce ove si concentra un’elevata
numerosità di visitatori). Il connubio tra produzioni tipiche e vocazione turistica può, infatti,
rappresentare un potenziale di valore di talune aree geografiche che va opportunamente preservato
ed attualizzato al fine di consentire a detti territori di emergere e svilupparsi, creando così
condizioni di benessere socio-economico per la loro collettività.
EXPERIENTIAL MARKETING PER IL BRAND-LAND DEI PRODOTTI TIPICI: DIVENTARE MARCHIO COMUNICANDO IL TERRITORIO
589
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