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ETICHETTA PULITA. LE INDICAZIONI FACOLTATIVE:

I CLAIMS, VISIONE NORMATIVA E VISIONE

PRATICA

Avv. Giorgia AndreisStudio Avvocato Andreis e Associati

Torino – Milano - Bruxelles

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PRINCIPI GENERALI DI PRESENTAZIONE DEI PRODOTTI CON RIGUARDO ANCHE ALLE

INDICAZIONI FACOLTATIVE

Ingannevolezza: principio generale di “vecchia data” che trova applicazione nel D. Lgs. 109/92, nel Reg. CE 1924/06, nel Codice del Consumo, nel Codice Penale, nel CAP e nel Reg. CE 1169/11.

Oggetto dell’inganno:

pluralità di elementi relativi al prodotto (come natura, identità, proprietà, composizione, quantità, durata di conservazione, etc. …) o all’impresa, suscettibili di influenzare le scelte del consumatore.

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Principio di non ingannevolezza che si applica

- alle informazioni sugli alimenti,

- alla pubblicità,

- alla presentazione degli alimenti (v. ad esempio, forma e posizionamento o

disposizione nella loro esposizione)

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D. LGS. 109/92

L’etichettatura e le relative modalità di realizzazione sono destinate ad assicurare la corretta e trasparente informazione del consumatore. Esse devono essere effettuate in modo da:

a) non indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sulla conservazione, sull’origine o la provenienza, sul modo di fabbricazione o di ottenimento del prodotto stesso;

b) non attribuire al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;

c) non suggerire che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche;

d) non attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà, fatte salve le disposizioni comunitarie relative alle acque minerali ed ai prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare.

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Reg. CE 1169/11

La fornitura di informazioni sugli alimenti tende a un livello elevato di protezione della salute e degli interessi dei consumatori, fornendo ai consumatori finali le basi per effettuare delle scelte consapevoli e per utilizzare gli alimenti in modo sicuro, nel rispetto in particolare di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, sociali ed etiche.

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Consid. 47 Reg. CE 1169/11:

L’esperienza dimostra che spesso i dati forniti volontariamente sugli alimenti nuocciono alla chiarezza delle informazioni che devono essere fornite obbligatoriamente. È quindi opportuno stabilire criteri che aiutino gli operatori del settore alimentare e le autorità incaricate di far applicare la legislazione a trovare un equilibrio tra informazioni obbligatorie e informazioni facoltative sugli alimenti.

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Artt. 36 e 37 Reg. CE 1169/11:

Le informazioni sugli alimenti fornite su base volontaria soddisfano i seguenti requisiti:a)non inducono in errore il consumatore, come descritto all’articolo 7 (Pratiche leali di informazione);

b)non sono ambigue né confuse per il consumatore; e

c)sono, se del caso, basate sui dati scientifici pertinenti.

Le informazioni volontarie sugli alimenti non possono occupare lo spazio disponibile per le informazioni obbligatorie sugli alimenti.

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CON PARTICALARE RIGUARDO AL REG. CE 1924/06

L’impiego di indicazioni nutrizionali e sulla salute è permesso soltanto se sono rispettate le seguenti condizioni:

a) si è dimostrato che la presenza, l’assenza o il contenuto ridotto in un alimento o categoria di alimenti di una sostanza nutritiva o di altro tipo rispetto alla quale è fornita l’indicazione ha un effetto nutrizionale o fisiologico benefico, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate;

b) la sostanza nutritiva o di altro tipo rispetto alla quale è fornita l’indicazione:

i) è contenuta nel prodotto finale in una quantità significativa ai sensi della legislazione comunitaria o, in mancanza di tali regole, in quantità tale da produrre l’effetto nutrizionale o fisiologico indicato, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate, o

ii) non è presente o è presente in quantità ridotta, in modo da produrre l’effetto nutrizionale o fisiologico indicato, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate;

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c) se del caso, la sostanza nutritiva o di altro tipo per la quale è fornita l’indicazione si trova in una forma utilizzabile dall’organismo;

d) la quantità del prodotto tale da poter essere ragionevolmente consumata fornisce una quantità significativa della sostanza nutritiva o di altro tipo cui si riferisce l’indicazione, ai sensi della legislazione comunitaria o, in mancanza di tali regole, una quantità tale da produrre l’effetto nutrizionale o fisiologico indicato, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate;

e) conformità con le condizioni specifiche di cui al capo III o IV, secondo il caso.

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Ambito amministrativo

L’ ingannevolezza può provocare l’applicazione di:

-sanzioni amministrative sull’etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti (intervento autorità amministrative).

-Codice del Consumo – Le pratiche commerciali sleali (intervento AGCM)

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CODICE DEL CONSUMO

Pratiche commerciali sleali.

Artt. 18 – 27quater: definizioni e competenza dell’AGCM.

Principio di ingannevolezza e elementi rilevanti ai fini dell’induzione in inganno che in generale coincidono con quelli previsti dalle norme sull’etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari.

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Competenza dell’AGCM

Il TAR sostiene che non vi sia rapporto di specialità tra le norme sull’etichettatura e le norme sulle pratiche commerciali sleali, bensì complementarietà e si possono applicare entrambe (le une tutelano la salute e le altre la corretta informazione del consumatore).

L’AGCM è competente per le violazioni del Reg. CE 1924/06, regolamento claims, così come lo potrà essere per il 1169/11.

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Sanzioni previste dal Codice del Consumo:

Divieto di diffusione o continuazione della pratica sleale.

Pecuniarie: di recente aumento della sanzione che ora va da 5.000 a 5.000.000 (legge 135/12) di Euro (Principio di proporzionalità ex art. 11 L. 689/81).

Pubblicazione del provvedimento.13

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CASI AGCM sul Reg. CE 1924/06.

Casi relativi ai claims aventi ad oggetto i betaglucani.

Contestazione dei claims aventi ad oggetto il contenuto di colesterolo nei prodotti (ultimo provvedimento del 22.5.12): relazione, con valenza anche salutistica, tra il consumo del prodotto e la colesterolemia.

Attenzione: anticipazione dei profili nutrizionali che ha trovato riscontro nel Reg. CE 1047/12.

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Claim “Senza zuccheri aggiunti” (ottobre 2012).

•Modalità grafica di presentazione del claim.

•Succo d’uva concentrato: ai fini della corretta informazione dei consumatori, non assume rilievo la distinzione fra zucchero e ingredienti ad esso assimilabili, quali i succhi di frutta concentrati, in quanto basata su tesi opinabili. Infatti, si tratta di ingredienti che condividono effetti e funzioni dello zucchero e sono percepiti dai consumatori come pienamente assimilabili (“zuccheri nascosti”), la cui presenza non consente l’utilizzo del claim “senza zuccheri aggiunti”.

•Prodotto definito “Diet”.

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Moral suasion e progetto sui claims comparativi.

Dicitura “Meno grassi” contestata perché manca il termine di raffronto.

Attenzione ai claims generici sulla salute e sul benessere: già affrontati dall’Autorregulacion spagnola e ora all’attenzione del Garante.

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Ambito penale

Art. 515 c.p. Frode nell’esercizio del commercio

“Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punto, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due settimana o con la multa fino a euro 2.065”.

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Casi ex art. 515 c.p.

“Integra il tentativo di frode in commercio la detenzione, presso il magazzino di prodotti finiti dell’impresa di produzione, di prodotti alimentari con false indicazioni di provenienza, destinati non al consumatore finale ma ad utilizzatori commerciali intermedi” (Cass. pen. Sez. III, 15-02-2011, n. 22313).

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Cass. pen. Sez. III Sent., 22-05-2008, n. 27105

In tema di frode nell’esercizio del commercio, nella nozione di dichiarazione di cui all’art. 515 cod. pen. rientrano anche le dichiarazioni circa l’origine, provenienza, qualità o quantità della merce contenute nell’eventuale messaggio pubblicitario che abbia preceduto la materiale offerta in vendita della stessa, essendo tale pubblicità idonea a trarre in inganno l’acquirente che riceve “l’aliud pro alio” (Fattispecie di vendita di carni che, in messaggi pubblicitari su un quotidiano a tiratura nazionale, si affermavano provenire tutte, contrariamente al vero, da bovini allevati in Italia)”.

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Casi di assoluzione per il 515 c.p. e di contestazione di illecito amministrativo.

Parte della giurisprudenza ritiene che il D.Lgs. 109/92 sia norma speciale rispetto all’art. 515 c.p. (così, tra le ultime, Trib. Saluzzo, sent. 295 del 13.5.2011).

Responsabilità ipotizzabile a titolo di colpa, in ordine alla diligenza e ai controlli apprestati onde evitare la messa in commercio di un prodotto non conforme.

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Art. 513 c.p., Turbata libertà dell’industria o del commercio.

Chiunque adopera violenza sulle cose ovvero mezzi fraudolenti per impedire o turbare l’esercizio di un’industria o di un commercio è punito, a querela della persona offesa, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.

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