ETICA SOCIALE - EDUCatt1 INTRODUZIONE ALL’ETICA SOCIALE Che cosa è l’etica sociale (o business...

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Pubblicazioni dell’I.S.U. Università Cattolica ETICA SOCIALE a cura di STEFANIA BERTOLINI

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Pubblicazioni dell’I.S.U. Università Cattolica

ETICA SOCIALE

a cura diSTEFANIA BERTOLINI

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ETICA SOCIALE

a cura diSTEFANIA BERTOLINI

a.a. 2006-2007

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2006 I.S.U. Università Cattolica – Largo Gemelli, 1 – Milanohttp://www.unicatt.it/librarioEdizione realizzata a scopo didattico

L’editore è disponibile ad assolvere agli obblighi di copyright per i materiali eventualmente utilizzati all’interno dellapubblicazione per i quali non sia stato possibile rintracciare i beneficiari.

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Indice

INTRODUZIONE ALL’ETICA SOCIALE

Introduzione all’etica. Casi Malden Mills e J&J......................................... 7Alcuni concetti chiave dell’etica sociale................................................... 17Il concetto di filantropia di M. Porter ....................................................... 294 casi di sintesi socio-competitiva ............................................................ 37I fondamenti della business ethics: l’utilitarismo, il kantianismo e lagiustizia distributiva. La teoria dello sviluppo morale.............................. 49Lo stato della RSI in Italia ........................................................................ 57I raggruppamenti della RSI ....................................................................... 65Il ruolo dello Stato nell’economia di mercato........................................... 71Le leggi anti-trust e contro la corruzione. Il caso Lockheed..................... 75Caso Nurturing a deal ............................................................................... 83Interessi privati e socialità. Una classificazione degli atteggiamentietici in azienda .......................................................................................... 85Il dilemma etico ........................................................................................ 89Etica e contesto di riferimento .................................................................. 97Il progetto CSR-SC del Ministero del Welfare e la rete degli sportellicamerali................................................................................................... 105

L’ETICA ALL’INTERNO DELL’IMPRESA

Il conflitto di interesse e l’insider trading. Il caso Boesky/Levine ......... 119Il whistle-blowing. Il caso Vandivier...................................................... 129Un modello per la gestione dei problemi etici ....................................... 137Il caso Piano Park.................................................................................... 145La discriminazione e le molestie sul lavoro............................................ 151I codici di comportamento ...................................................................... 157Il bilancio sociale. Categorie di stakeholder ........................................... 173Il CSR Manager ...................................................................................... 181

L’ETICA ALL’ESTERNO DELL’IMPRESA

L’impresa e i consumatori. I casi Nestlé e Ford Pinto ............................ 197Il cause related marketing ....................................................................... 207Pubblicità ed etica. Il caso Henningsen. ................................................. 217Impresa e ambiente. Il protocollo di Kyoto ............................................ 221

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ARTICOLI

Nascita e sviluppo di un Osservatorio sulla Responsabilità Socialedelle Aziende, di Mario Molteni ............................................................. 231La convenienza della RSI, di Mario Molteni .......................................... 247Competere con integrità, di R.T. De George .......................................... 293Il Social Statement del progetto CSR-SC, a cura di Elena Biglietti ....... 307Le condizioni di efficacia del codice di comportamento delleimprese, di Stefania Bertolini ................................................................. 319Il codice ENI ........................................................................................... 337Verso uno standard per la certificazione sociale: la SA8000, di JeanMarc Franceschetti e Sabrina Gramigna................................................. 359Caso Autogrill, di Stefania Bertolini ...................................................... 385Caso Snaidero, di Stefania Bertolini ....................................................... 401

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INTRODUZIONEALL’ETICA SOCIALE

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Introduzione all’etica.Casi Malden Mills e J&J

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INTRODUZIONE ALL’ETICA SOCIALE

Che cosa è l’etica sociale (o business ethics)?

E’ una disciplina accademica che si occupa di studiare le problematiche connesse alle responsabilità etiche/sociali delle aziende.

Es.: A quali condizioni un’azienda può ...• ... scaricare nell’atmosfera i gas derivanti dalla propria

attività produttiva?• … licenziare il proprio personale in esubero?• … assumere atteggiamenti “spregiudicati” per

combattere la concorrenza?

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Quando è nata la business ethics?

• Come disciplina accademica autonoma è nata nel 1974 negli Stati Uniti in occasione della prima conferenza sul tema

• In realtà, negli Stati Uniti la responsabilità etica/sociale della aziende era già da tempo oggetto di dibattitipubblici e leggi (es.: Sherman Act del 1890 o Clayton Act del 1914)

• E’ però attorno agli anni Settanta dello scorso secolo che la reazione pubblica a grossi scandali aziendali inizia ad assumere valore economico per le grandi corporations (= diminuzione delle vendite e dunque dei profitti)

• Le aziende comprendono che non possono più ignorare le proprie responsabilità etiche/sociali ma che devono iniziare a rispondere alle attese dei propri numerosi interlocutori (stake-holder)

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Teoria degli stakeholder

• Concezione dell’impresa come istituzione “sociale”

• Sostituzione della responsabilità verso gli “stock-holder” con la responsabilità verso gli “stake-holder”

• L’obiettivo delle imprese diventa dunque fare profitto a certe condizioni (il soddisfacimento delle attese degli stakeholder va perseguito anche a costo di un profitto minore)

Gli stakeholder e le loro attese

• Azionisti: sopravvivenza dell’azienda, equo ritorno sull’investimento, …

• Dipendenti: protezione del posto di lavoro, giusta retribuzione, corretto numero di ore, formazione, …

• Clienti: qualità dei prodotti/servizi, asistenza a costi ragionevoli, …

• Fornitori: protezione dall’abuso di protezione dominante e da contratti di reciprocità, …

• Comunità locale: tutela ambientale, restauro di opere di interesse pubblico (chiese, scuole, ospedali, ecc.), ...

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Il caso Malden Mills: alcune notizie utili

• La Malden Mills era un’industria tessile di Lawrence (Massachussets), una delle poche rimaste nel nord degli Stati Uniti

• Nel 1995 la Malden Mills aveva 3.100 dipendenti di cui 2.800 residenti a Lawrence

• Il proprietario, Aaron Feurstein, era un uomo di 70 anni

• La fabbrica era stata assicurata per 300 milioni di dollari contro incendi ed altre calamità

• Per il Natale 1995, Feurstein aveva promesso ad ogni dipendente un premio di produzione di 275 dollari

Il caso Malden Mills: il fatto

• Nella notte dell’11 dicembre per un incendio la fabbrica viene distrutta

• La società di assicurazione pagherà i danni solo dopo i molti mesi necessari per verificare le cause e le circostanze dell’incendio

• Feurstein viene consigliato di chiudere l’attività a Lawrence, incassare i soldi dell’assicurazione e ritirarsi dagli affari o ricominciare in un altro posto dove i più bassi costi di manodopera consentirebbero maggiori profitti

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Il caso Malden Mills: la decisione di Feurstein

• Inizia la ricostruzione della fabbrica a Lawrence impiegando anche fondi personali

• Paga a tutti i dipendenti il premio “natalizio” di 275 dollari e uno stipendio per tre mesi (nonostante non lavorino)

• Costretto, licenzia 400 dipendenti a cui, però, continua a pagare l’assicurazione sanitaria

Il caso Malden Mills: la conclusione

• Lo stabilimento viene ricostruito e la produzione riprende

• Nel giro di due anni le vendite aumentano del 40% rispetto al periodo precedente all’incendio

• Tutti i 400 dipendenti licenziati temporaneamente vengono riassunti

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Il caso Johnson & Johnson: il fatto

• Il 30 settembre 1982 a Chicago 3 persone muoiono a causa del cianuro introdotto nelle capsule di Tylenol prodotto dalla J&J

• Il numero di decessi sale a 7 e la J&J si prepara a fronteggiare una grossa crisi. Le vendite di Tylenol portano infatti alla J&J una grossa parte del fatturato

• Il US Food and Drug Administration avverte i consumatori di non assumere Tylenol ma non ordina alla J&J di intraprendere nessuna azione specifica

Il caso Johnson & Johnson: cosa fare?

I dirigenti della J&J nel decidere il da farsi non sapevano..

• se il cianuro era stato introdotto nel Tylenol durante le fasi di produzione o successivamente

• se il numero di decessi sarebbe salito

• se il fenomeno si sarebbe fermato all’area circostante Chicago o se si sarebbe esteso anche ad altre città

• se le Autorità avrebbero ordinato il ritiro definitivo del Tylenol dal mercato o se, invece, un temporanea interruzione delle vendite sarebbe stata sufficiente

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Il caso Johnson & Johnson: cosa fare?

I dirigenti della J&J nel decidere il da farsi sapevano peròche...

•un ritiro dal mercato del Tylenol avrebbe comportato perdite fino a 100 milioni di USD

•che tale perdita non sarebbe stata coperta da nessuna assicurazione

•che il ritiro avrebbe fatto precipitare il valore delle azioni J&J

Il caso Johnson & Johnson: alternativa A

•L’interesse prioritario dell’azienda è il bene degli azionisti

•Tale interesse è salvaguardato adottando una strategia di

attesa affermando che le morti non sono dovute ad errori della

J&J ma ad un sabotatore o ad un pazzo criminale

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Il caso Johnson & Johnson: alternativa B

•E’ nell’interesse dell’azienda prendersi cura dei clienti e

mantenere la loro fiducia

•E’ dunque necessario ritirare il Tylenol dal mercato per non

mettere a repentaglio la vita di altre persone

Il caso Johnson & Johnson: cosa successe nella realtà

La J&J...

•ritira il Tylenol dal mercato mettendo al primo posto la salute della clientela, come affermato nel Credo

•si mette a disposizione per ogni genere di informazione

•perde circa 100 milioni USD

•in 18 mesi recupera però il 96% della quota di mercato che aveva prima dell’incidente

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Alcuni concetti chiavedell’etica sociale

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Alcuni concetti chiave dell’etica sociale

All’origine delle attesedi responsabilità sociale da parte delle aziende

• Sistema Ecologico e rischi per la sopravvivenza del pianeta

• Globalizzazione e crescente divario tra ricchi e poveri• Diritti delle minoranze• Conoscenza e risorse umane come fonti primarie per il

vantaggio competitivo

Crescente attenzione ai temi connessi alla

RSA

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Alcuni concetti tra loro simili

•RSA (o CSR)

•Cittadinanza d’impresa

•Sostenibilità

Responsabilità sociale delle aziende (RSA o CSR)

Un'azienda può dirsi socialmente responsabile quando il suo comportamento è teso al soddisfacimento delle legittime attese -economiche e non economiche – di tutti gli stakeholder.

“Responsabilità”implica la presenza di spazi di discrezionalità nel perseguire i fini istituzionali, cioè l'esistenza di gradi di libertà nel decidere ambiti e modalità di azione

In tal senso un'impresa socialmente responsabile stabilisce un dialogo costruttivoe un rapporto di reciproca fiduciacon tutti i propri interlocutori interni ed esterni.

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Cittadinanza d’impresa

Per l’impresa la "Cittadinanza“ implicaoltrepassare i propri doveri (“oltre la legge”)per contribuire a creare benessere nella comunità in cui opera.

La cittadinanza d'impresasi fonda sulla consapevolezza che non c'è antitesi tra lungimiranza economica e responsabilità sociale.

Sostenibilità

Lo sviluppoche soddisfa i bisogni del mondo presentesenza comprometterela capacità delle future generazionidi soddisfare, a loro volta, i propri bisogni

Brundtland Report, World Commission on Environment and Development, 1987

La sostenibilità è a tre dimensioni:•economica•ambientale•sociale

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Vincoli eVincoli eautodeterminazione delle impreseautodeterminazione delle imprese

• Forze che inducono l’assunzione di RSA

• Autodeterminazione

- Leggi- Certificazioni

- Politiche ambientali- Codici etici- Bilanci sociali

Nuovi servizi alle imprese

Imprese

Il network diffusivo della RSAIl network diffusivo della RSA

Fondazioni

Azioni volontarie

tra Imprese

Norme internazionali

Norme nazionali

Azioni di Istituzioni meta-nazionali

Società di consulenza

Investitori Etici

Università ed Enti di

formazione

Associazioni di consumatori e ambientalisti

Cambiamenti nei valori

Forze politiche

Forze sociali

Associazioni imprenditoriali

(e CdC)

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Le aree della RSALe aree della RSA

La classificazione adottataLa classificazione adottatadal database di ORSAdal database di ORSA

• valori, codici, programmi• struttura di governance• accountability, auditing e reporting• finanza• rapporti con il personale• politiche di marketing• rapporti con la comunità• ambiente• diritti umani e sviluppo• e-business

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Valori, codici, programmi

• esplicitazione formale di una missione/visione o di valori di riferimento

• elaborazione di codici di comportamento e codici etici

• istituzione di un comitato etico

• istituzione di un ethical Officer

• programmi di responsabilità sociale

• …

Struttura di governanceStruttura di governance

• adeguata composizione degli organi di governo

• presenza di Comitati del CdA quali: Nomination Committee, Remuneration Committee, Audit Committee

• presenza di non-executive directors

• trasparenza sul funzionamento degli organi di governo

• tutela degli azionisti di minoranza

• …

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Accountability, auditing e Accountability, auditing e reportingreporting

• bilanci sociali

• bilanci ambientali

• report su temi specifici (es.: sicurezza, qualità)

• house-organ/newsletter contenenti informazioni significative per la responsabilità sociale

• …

FinanzaFinanza

• Socially Responsible Investing, ossia attività di gestione diasset finanziari orientate verso aziende che presentano da una lato un profilo ottimale di rischi, dall'altro superiori potenzialità di crescita per l'alta qualità dei rapporti con gli stakeholder

• Finanziamento dell'economia sociale • per superare le difficoltà di accedere al credito da parte di

taluni soggetti• rivolte in genere ad organizzazioni non-profit o a soggetti

svantaggiati (aziende in Paesi in via di sviluppo o in aree “difficili”)

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Rapporti con il personaleRapporti con il personale

• attenzione alle relazioni lavoratore/sindacato/azienda

• adozione di un modello partecipativo

• promozione delle pari opportunità in termini di assunzioni, formazione, sviluppo, promozione, ecc.

• promozione di condizioni di lavoro orientate alla salute e alla sicurezza dei dipendenti

• in caso di ristrutturazioni, la creazione di valide alternative occupazionali

• …

Politiche di marketingPolitiche di marketing

• Cause Related Marketing: campagne promozionali in cui l'azienda, oltre a rendere noto il proprio prodotto, sostiene una causa di utilità sociale

• azioni di "tutela del consumatore" in termini di:– integrità nelle pratiche commerciali– rifiuto di abusare di una eventuale posizione dominante

– orientamento alla customer satisfaction– sviluppo "sostenibile" dei consumi

• …

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Rapporti con la comunitàRapporti con la comunità

• sviluppo di partnership per effettuare investimenti nella comunità

• promozione della rigenerazione e dello sviluppo delle PMI

• coinvolgimento del personale in attività a favore della comunità

• interventi a favore di gruppi marginalizzati

• …

AmbienteAmbiente

• ottenimento di certificazioni ambientali

• elaborazione di report e bilanci ambientali

• promozione di campagne ambientali

• adesione a programmi di sviluppo sostenibile

• adozione di procedure di controllo fornitori

• …

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Diritti umani e sviluppoDiritti umani e sviluppo

• certificazione sociale

• controllo fornitori, supply chain

• controllo prodotti

• campagne di sensibilizzazione

• finanziamenti aree svantaggiate

• diretto intervento delle aziende a favore delle popolazioni bisognose

• …

EE--businessbusiness

• sicurezza dei sistemi di pagamento elettronici

• protezione dell’e-customer

• privacy per il consumatore on-line

• problemi psicologici e sociali connessi al telelavoro

• salvaguardia della salute nella 24-Hour Economy

• …

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Il concetto di filantropia di M. Porter

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MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

The Corporation and Society: The Role of Corporate Philanthropy

(selezione)

Professor Michael E. PorterInstitute for Strategy and Competitiveness

Harvard Business School

Copenhagen, DenmarkSeptember 20, 2003

This presentation draws on ideas from Professor Porter’s books and articles, in particular, Philanthropy's New Agenda, Creating Value, Harvard Business Review, Nov-Dec 1999, and The Competitive Advantage of Corporate Philanthropy, Harvard Business Review, forthcoming, both with Mark Kramer. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted in any form or by any means —electronic, mechanical, photocopying, recording, or otherwise — without the permission of Michael E. Porter.

For further information please visit the web site of the Institute for Strategy and Competitiveness at www.isc.hbs.edu

MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

As a percentage of profits, corporate giving has declined at least

50% over the last 15 years

Corporate managers are caught between societal expectations for

ever greater giving and investors’ demands for short-term

profitability

Corporate Philanthropy Is Facing Significant Challenges Today

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MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

“The only “social responsibility of business is to increase its profits. The

corporation is an instrument of the stockholders who own it. If the corporation

makes a contribution, it prevents the shareholder from himself deciding how he

should dispose of his funds. If charitable contributions are to be made, they

should be made by the individual shareholder [or, by extension, individual

employees] and but not by the corporation.”

-- Milton Friedman

Source: Milton Friedman, New York Times Magazine, 1970.

The Threshold Question:Should Companies Invest in Corporate Philanthropy at All?

MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

Friedman’s assumptions:

1. Social and economic objectives are separate and distinct; a corporation’s social spending comes at the expense of its economic results

2. Corporate giving is no more effective than the charitable giving of individuals

Friedman’s Critique Rests on Two Assumptions

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MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

Most corporate giving programs

– Are diffuse and unfocused

– Are undifferentiated from other companies

– Seem at best tangentially related to business objectives and strategy

– Are guided heavily by the personal beliefs and values of executives or employees

– Rely primarily on cash donations

– Use skilled employees for unskilled volunteer labor

– Are inefficiently managed

The State of Corporate Philanthropy

Few companies today create substantial shareholder or social value through their corporate giving

MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

• Address social and economic goals simultaneously by improving a company’s competitive context

• Address social and economic goals simultaneously by improving a company’s competitive context

Towards a New Model of Corporate Philanthropy

• Give not just money but leverage the company’s unique capabilities in support of social causes

• Give not just money but leverage the company’s unique capabilities in support of social causes

Where to Focus Corporate Philanthropy

How to Focus Corporate Philanthropy

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MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

Economic Objective

Social Objectives

• The competitiveness of companies depends heavily on

– Improving skill levels

– Safe working conditions

– A sense of equal opportunity

– Low levels of pollution (pollution is a sign of unproductive use of physical resources)

In the new thinking on competition, there is not an inherent conflictbetween economic and social objectives, but a long term synergy

The Relationship between Economic and Social Objectives

? Social and economic objectives are separate and distinct

MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

Context for Firm Strategy and Rivalry

Related and Supporting Industries

Factor(Input)

Conditions

Demand Conditions

Sophisticated and demanding local customer(s)Local customer needs that anticipate those elsewhere

Presence of high quality, specialized inputs available to firms

–Human resources–Capital resources–Physical infrastructure–Administrative infrastructure–Information infrastructure–Scientific and technological

infrastructure–Natural resources

Access to capable, locally based suppliers and firms in related fieldsPresence of clusters instead of isolated industries

A local context and rules that encourageinvestment and sustained upgradingMeritocratic incentive system across institutions

Elements of Competitive ContextThe Diamond

Source: Michael Porter, The Competitive Advantage of Nations, 1990

? Social and economic objectives are separate and distinct

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MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

Context for Firm Strategy and Rivalry

Related and Supporting Industries

Factor(Input)

Conditions

Demand Conditions

• Initiative: Increase the stock of affordable housing through support for Habitat for Humanity

• Potential Impact: A growing base of qualified consumers of homeowners insurance

• Initiative: Support research efforts at universities to study cost-effectiveness of safer materials for the building and repair of new homes

• Potential Impact: Improved local and national legislation that reduces losses

• Initiative: Support the development of a high-quality drivers’ education industry through funding of Mother’s Against Drunk Driving

• Potential Impact: Prevention of loss and fatalities from drunk driving

Strengthening Competitive ContextProperty Insurance Company

? Social and economic objectives are separate and distinct

MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

Source: Merck web site

Corporate Philanthropy's Impact on the Competitive ContextMerck & Co.

Merck & Co. is a leading global pharmaceutical company

A constraint facing Merck in developing country markets is the lack of transparency in business dealings

Merck funded the development of the Gulf Centre for Excellence in Ethics, a nonprofit organization located in the United Arab Emirates, which assists private and public institutions in the Gulf Region in developing organizational ethics programs and practices

Demand Conditions

Demand Conditions

Factor(Input)

Conditions

Factor(Input)

Conditions

Context for Firm Strategy and Rivalry

Context for Firm Strategy and Rivalry

Related and Supporting Industries

Related and Supporting Industries

Social Benefits: Ethical business practices are a key ingredient of a well-functioning economy and attract higher levels of foreign investment

Economic Benefits: Improved competitive environment for companies such as Merck

? Social and economic objectives are separate and distinct

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MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

Source: “Business Development: Aligning Corporate Performance with Community Economic Development to Achieve Win-Win Impacts”, The Center for Corporate Citizenship at Boston College

Corporate Philanthropy's Impact on the Competitive ContextAdvanced Micro Devices

Advanced Micro Devices (AMD) is a leading semiconductor manufacturer

Due to labor constraints, AMD had difficulty finding skilled workers for its semiconductor fabrication facility in Austin, TX. The cost of recruiting and filling these positions was up to $12,000 per person

AMD invested in the development of a regional training and apprenticeship program for minority students from low-income areas called Accelerated Careers in Education

Demand Conditions

Demand Conditions

Factor(Input)

Conditions

Factor(Input)

Conditions

Context for Firm Strategy and Rivalry

Context for Firm Strategy and Rivalry

Related and Supporting Industries

Related and Supporting Industries

Social Benefits: Nearly all of the program’s graduates received jobs or continued on to higher education

Economic Benefits: 55% of the graduates came to work for AMD, saving recruitment and training costs that more than paid for the program. The program has also expanded the pool of qualified job candidates for the future.

? Social and economic objectives are separate and distinct

MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

Grand Circle is the leading direct marketer of international travel for older Americans offering rich cultural and educational experiences to its customers

Since 1993, its corporate foundation has given >$10 million to historical preservation projects in locations it serves with tour groups, like the Friends of the Museum and Ruins of Ephesus and the State Museum of Auschwitz

While other tour operators also profit from the improved facilities at the sites, Grand Circle gains unique benefits from the close relationships to the historical preservation organizations that allow it to offer unique events and special opportunities to learn and experience the sites.

Company Benefits and Collective Benefits of PhilanthropyGrand Circle Corporation

? Social and economic objectives are separate and distinct

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MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

There are four ways in which corporate philanthropy can create value beyond the money donated, and exceed the social impact of other types of donors

1. Selecting the best grantees– Directing resources to the most effective partners

2. Signaling other funders– Educating and attracting other sources of funds, such as other companies,

foundations, and government

3. Improving grantee performance– Helping grantees be more effective, increasing the return on their entire budget

Source: Porter/Kramer, Philanthropy’s New Agenda: Creating Value, Harvard Business Review, November-December 1999

Creating Value in Corporate Philanthropy

Corporations bring a unique and powerful set of advantages that enable them to create value

? Corporate giving is no more effective than the charitable giving of individuals

MEP Corp Phil. -Copenhagen - Sept 03 - CT

Moving to context-focused philanthropy requires a rigorous approach that integrates philanthropy with other company activities

The CEO must lead the management team through a process of identifying and implementing a philanthropic approach based on improving the company’s competitive context

Business units must play a central role in identifying areas for contextual investments

Company personnel, not just foundation or public relations staff, must be integrally involved in program design and implementation

Organizationally separating business from philanthropic activities can reduce the effectiveness of corporate philanthropy

Implementation of the New Model Requires More Involvement from Corporate Leadership

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4 casi di sintesi socio-competitiva

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1

“Quattro casi disintesi socio-competitiva”

“Quattro casi di“Quattro casi disintesi sociosintesi socio--competitiva”competitiva”

Stefania BertoliniStefania Bertolini

Dipendenti: Palm

Palm

opera da 25 anni nella progettazione e produzione di pallet e imballaggi in legno

con 50 dipendenti nel 2005 ha fatturato circa 15 milioni di euro

basa la sua attività su qualità e sicurezza nell’organizzazione aziendale, innovazione nei processi e nei prodotti, attenzione alle risorse umane

utilizza in prevalenza materia prima proveniente da foreste gestite secondo i criteri eco-sostenibili dell’FSC (Forest StweardshipCouncil) e PEFC (Programme for Endorsemente Forest Certification)

si caratterizza per una progettazione basata su eco-design e eco-efficienza (ridurre peso e volume a parità di prestazione per impiegare meno materia prima)

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2

Palm: perché la Palm W&P

Trasferimento dell’etica cristiana in cui la famiglia proprietaria dell’azienda si riconosce nell’esercizio dell’attività imprenditoriale

Convinzione che sia necessario coniugare l’economicità della gestione con le dimensioni della socialità e della tutela ambientale

Consolidamento dell’interesse su questi argomenti a seguito della partecipazione ad alcuni eventi sui temi di responsabilità sociale

Palm: la Palm W&P

Questa sensibilità si è concretizzata in un’esperienza di inserimento e avviamento al lavoro di persone “svantaggiate”

Sono stati inizialmente coinvolti tre ragazzi diversamente abili e una educatrice per supportare l’attività aziendale (inserimento dati, aiuto progettazione, call center, grafica, stampa e legatoria, web marketing)

Considerato il successo dell’esperienza, è stata creata una cooperativa - Palm W&P - per promuovere il lavoro delle persone “svantaggiate” in autonomia e auto-imprenditorialità

Tra le altre attività, la Coop organizza attività ludiche/educative per il mondo scolastico, promuove prodotti eco-sostenibili, gestisce un negozio di prodotti di legno (FSC e PEFC) per la casa e l’ufficio

I servizi/prodotti di Palm W&P servono per il sostenimento economico, non essendoci convenzioni economiche con enti pubblici locali o mutualistici

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3

Palm: i benefici per gli stakeholder

Dipendenti di Palm W&P: occasione per sviluppare le proprie abilità in un contesto che li sa valorizzare

Dipendenti di Palm: possibilità di impegnarsi in attività di volontariato

Comunità: importante strumento per alleviare il disagio sociale del territorio che non è in grado di gestire completamente la problematica dell’inserimento nel mondo del lavoro di persone diversamente abili

Imprese locali: fenomeno emulativo da parte di imprenditori locali che hanno sostenuto altre iniziative di volontariato beneficiando di un miglioramento dell’immagine

Palm: i benefici per l’azienda

Grazie all’impegno verso le persone e verso l’ambiente Palm si distingue sul mercato dove in pochi anni ha guadagnato una solida reputazione ed un notevole beneficio in termini di immagine

Riconoscimento di alcuni premi (tra cui il prestigioso SodalitasSocial Award nella categoria Piccole e Medie Imprese e il premiodell’evento 'CSR in pole position' organizzato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali)

Partecipazione a numerosi convegni per presentare la propria esperienza

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Comunità: Rubelli

Gruppo Rubelli

fondato a Venezia nel 1858, e giunto alla quinta generazione, produce e commercializza tessuti per arredamento di alta gamma

ne fanno parte marchi storici e prestigiosi

esporta in tutto il mondo ed è presente con propri showroom nelle maggiori città italiane, oltre che a Parigi, Cannes, Bruxelles, Monaco di Baviera, Londra, Mosca, Dubai, Shanghai, New York ed altre 21 città negli Stati Uniti.

i suoi tessuti decorano teatri di fama mondiale, castelli e musei in ogni parte d’Europa, molte case reali, ministeri ed ambasciate italiane ed estere

Rubelli: perché gli interventi per La Fenice e La Scala

Gli interventi presso i teatri La Fenice e La Scala sono motivati da:

sensibilità per le arti dimostrata in vario modo e in differenti periodi storici dalla famiglia proprietaria

desiderio di porre al servizio della comunità la grande esperienza nel settore dei tessuti

volontà di dimostrare il valore dell’azienda

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Rubelli: gli interventi per La Fenice e La Scala

La collaborazione con il Teatro La Fenice si è sviluppata su due piani. In particolare il Gruppo:

ha offerto gratuitamente la sua esperienza e i suoi prodotti peril rifacimento dei tendaggi e delle tappezzerie delle Sale Apollinee ha fornito a pagamento tutti i velluti del teatro

Il Gruppo Rubelli è stato incaricato anche della ricostruzione e della fornitura dell’apparato tessile del Teatro alla Scala e del Museo Teatrale. Rubelli ha deciso di riproporre il doppio livello di rapporto di fornitura a pagamento e sponsorizzazione

Questi interventi hanno interessato diverse funzioni aziendali, anche se il ruolo preminente è stato svolto dalla progettazione

Rubelli: i benefici per gli stakeholder

Clienti: cura, attenzione e professionalità ai massimi livelli nel settore, interventi a costo zero

Comunità: maestrale intervento di ricostruzione – fedele all’originale - reso possibile solo dalla capacità dell’azienda e dal suo archivio storico

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Rubelli: i benefici per l’azienda

Scelta strategica vincente: questi interventi hanno rappresentato per l’azienda un prezioso biglietto da visita in tutto il mondo

Effetto domino: ogni lavoro realizzato fornisce alla Rubelli il credito e la fiducia necessari per essere coinvolta in altri progetti

Fidelizzazione dei clienti “vecchi” (tappezzieri e decoratori) + raggiungimento di nuovi clienti grazie alla pubblicità derivante dalle due iniziative

Comunicazione: si è potuto sfruttare queste esperienze di prestigio anche nei momenti di comunicazione del prodotto

Benefici anche in termini di spazio riservato nei principali giornali e riviste di settore e non

Ambiente: Brembo

Brembo

è leader mondiale nella progettazione, sviluppo e produzione di sistemi e componenti frenanti per auto, moto, veicoli industriali e commerciali

si rivolge principalmente al mercato business to business, ma il 30% del fatturato proviene dal mercato di largo consumo

opera in Italia, Brasile, Messico, Polonia, Spagna, Gran Bretagna, Francia, Svezia, USA, Cina e Giappone

conta su circa 4.000 collaboratori (10% impiegati nella R&S)

il fatturato del Gruppo nel 2004 è stato di 678,2 milioni di euro

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Brembo: perché “Disco freno verde”

L’idea viene dall’Ufficio Marketing per sviluppare un’operazione pubblicitaria cercando nel contempo di fare proprie le aspettative di un mercato sempre più attento alle istanze ambientali

L’Alta Direzione aderisce anche perché la proposta si dimostra in linea con il concetto di innovazione che non si limita allo sviluppo dei prodotti, ma si estende alle attività delle diverse aree aziendali: è la prima volta che una iniziativa simile viene svolta nel settore

Il progetto “Disco Freno Verde” trova spazio nell’ambito della campagna “Puliamo il mondo”, promossa da Legambiente

Brembo: “Disco freno verde”

L’iniziativa coinvolge i distributori dei prodotti Brembo, i venditori di ricambi e i compratori finali (le officine meccaniche)

L’iniziativa è stata attuata in Italia e successivamente in Olanda: in Italia sono stati raccolti oltre 150.000 dischi usurati, in Olanda 52.052

1 fase: per ogni coppia di dischi freno usati e a fronte dell’acquisto di due dischi nuovi Brembo, un buono per un premio scelto su depliant2a fase: 10 buoni benzina ogni 100 dischi usati resi3a fase: una tuta Brembo ogni 10 coppie di dischi resi

Comunicazione: campagna stampa presso le principali riviste di settore; presentata alla presenza del Ministro per l’Ambiente; con il “Trofeo dell’eccellenza GIPA” Italia per l’Ecologia 2001

Obiettivi: efficacia dell’azione di marketing; miglioramento di immagine;minor utilizzo delle materie prime; fidelizzazione dei clienti; maggiori informazioni sul livello di utilizzo dei propri dischi freno

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Brembo: i benefici per gli stakeholder

Ambiente: diminuzione rifiuti difficili da smaltire, riduzione di risorse utilizzate in fase di produzione

Comunità: maggiore sicurezza dei freni e, dunque, sulle strade

Distributori, ricambisti, officine meccaniche: maggior flusso diclienti motivati dalla promozione Brembo, maggiore vendita di dischi freno Brembo, facilitazione nello smaltimento dei dischi usati (Brembo stessa procedeva a ritirarli)

Brembo: i benefici per l’azienda

Immagine di azienda sensibile alle problematiche ambientali e concretamente impegnata a limitare l’impatto della propria attività produttiva

Brembo è stata meglio apprezzata anche dai propri clienti, dimostrandosi attenta alla sicurezza stradale

Maggiore competitività: la conoscenza delle modalità di utilizzo dei propri dischi freno (derivante dall’analisi dell’usato) ha permesso di sviluppare prodotti con nuove caratteristiche

Proporre al mercato forme di recupero del materiale usurato èstato un modo per differenziarsi rispetto ai principali concorrenti (Brembo è infatti una delle poche aziende del settore in possesso di fonderie proprie)

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Reporting: Buzzi Unicem

Buzzi Unicem

è un Gruppo multi-regionale internazionale, focalizzato su cemento, calcestruzzo e aggregati naturali

nasce nel settembre 1999, in seguito alla fusione di Unicem e Buzzi Cementi e attualmente è il secondo produttore in Italia di cemento, calcestruzzo preconfezionato e aggregati naturali

conta su un organico di circa 12.000 addetti (di cui 2.200 in Italia) e ha un fatturato complessivo di oltre 2.770 milioni di euro

è presente in 9 Paesi con 43 stabilimenti

Buzzi Unicem: perché un bilancio di sostenibilità

Il settore del cemento è caratterizzato da un’ottica temporale di lungo periodo

Per l’azionista di maggioranza del Gruppo il successo dell’azienda dipenderà sempre più dalle performance sociali e ambientali, oltre che da quelle economiche

Il bilancio di sostenibilità deriva anche dalla volontà di correggere uno stereotipo sbagliato, di “riabilitare”l’immagine del business del cemento

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Buzzi Unicem: il bilancio di sostenibilità

2001 I Rapporto Ambiente e Sicurezza; 2002 bilancio di sostenibilità sintetico; 2003 bilancio di sostenibilità

E’ frutto di un lavoro di squadra che ha visto coinvolte tutte le funzioni aziendali (individuazione e raccolta dei dati necessari)

Il compito di seguire i lavori è stato assegnato direttamente alla Direzione Generale

Il bilancio di sostenibilità si articola in quattro sezioni:1. presentazione del Gruppo e dei valori di riferimento2. performance economiche relative al Gruppo (Italia + estero)3. dimensione ambientale degli impianti produttivi italiani4. dimensione sociale

Fin dall’edizione del 2001 sono presentati gli obiettivi triennali in merito ai quali il Gruppo vuole essere completamente trasparente

Dal 2003 il bilancio di sostenibilità è sottoposto a certificazione volontaria

Buzzi Unicem: i benefici per gli stakeholder

Risorse umane: continuo miglioramento degli indici relativi a salute/sicurezza, turnover, riduzione dell’incidenza dei contratti atipici

Fornitori: il 70% ha rapporti con Buzzi Unicem più che decennali

Clienti: basso turnover, progetto Triathlon (800 interviste), sostituzione sacco da 50kg

Azionisti/finanziatori: posizione di eccellenza nel rating di sostenibilità di SAM (Sustainable Asset Management), dividendo crescente

Comunità casalese: Fondazione ONLUS per la diagnostica, sistemi di cura e immunoterapia relativi al mesotelioma pleurico, sostegno ad altre ONLUS

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Buzzi Unicem: i benefici per l’azienda

Secondo un’indagine SAM sulla sostenibilità Buzzi Unicem è tra le prime imprese in Europa: è importante per fondi etici e fondi pensione internazionali

Legge 488 (investimenti nelle aree depresse) agevola stabilimenti certificati ISO 14001

Riduzione tasso infortuni e dunque minori giorni di assenteismo e polizze assicurative meno costose

Attestati di soddisfazione espressi alla funzione Investor Relation anche dai piccoli azionisti

Partecipazione a gare di appalto i cui capitolati prevedevano apposite certificazioni

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I fondamenti della business ethics:l’utilitarismo, il kantianismo e la giustizia

distributiva. La teoria dello sviluppo morale

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I FONDAMENTI DELLA BUSINESS ETHICS

I fondamenti normativi della business ethics

Quali sono le basi da cui traggono ispirazione le valutazioni della business ethics?

• Leggi dello Stato

• Consuetudini

• Teorie etiche

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Leggi dello Stato

Negli Stati Uniti, alcune leggi che servono da fondamento per la B.E. sono:

• le leggi antitrust (Sherman e Clayton Act)

• Foreign Corrupt Practices Act

• leggi che tutelano la “moralità mercantile” e che puniscono le frodi, il furto, lo spionaggio industriale, la falsificazione di documenti ufficiali (inclusi quelli contabili)

• ...

Consuetudini

Le consuetudini si ispirano ad alcune regole generali di comportamento valide in qualsiasi contesto quali: l’onestà, il mantenimento degli impegni presi, la lealtà, la puntualità, il rispetto dei superiori.

Accanto a queste consuetudini “generali”, di recente se ne sono affermate altre più tipicamente collegate al mondo degli affari. Ad esempio: libertà di concorrenza, protezione delle risorse naturali esauribili, correttezza negli affari

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Teorie etiche

Tre principali teorie etiche a fondamento della B.E.:

• l’utilitarismo: la scelta ottimale è quella che produce il massimo bene per il massimo numero di persone

• la deontologia kantiana: l’uomo si realizza come essere umano solo se diviene “legislatore” della propria condotta morale

• la giustizia distributiva: lo Stato deve garantire ad ogni persona uguali diritti e opportunità. Se devono esistere diseguaglianze, queste devono favorire i meno avvantaggiati

L’utilitarismo

L’utilitarismo: la scelta ottimale è quella che produce il massimo bene per il massimo numero di persone (John Stuart Mill) applicazione pratica: analisi costi e benefici

•J. Bentham: gli unici moventi dell’azione umana sono l’attrazione per il piacere e l’avversione per il dolore (l’uomo fa ciò che gli produce la massima eccedenza di piacere sul dolore)

•consequenzialismo: valuta le decisioni in base alle conseguenze (es.: bombardamento di obiettivi civili per ridurre i tempi di un conflitto)

•proporzionalismo: è lecita un’azione normalmente considerata immorale se esistono ragioni proporzionalmente gravi per compierla (es.: aborto, eutanasia, ecc.)

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La deontologia kantiana

La deontologia kantiana: l’uomo si realizza come essere umano solo se diviene “legislatore” della propria condottamorale

•Viene teorizzata una morale autonoma, cioè non imposta dalla religione o da leggi esterne all’uomo ma dettata dalla coscienza

•Stadio morale più avanzato rispetto all’utilitarismo: un’azione viene intrapresa/evitata solo perché moralmente giusta/sbagliata, indipendentemente dalle conseguenze

•In più, nel kantismo c’è il rispetto della persona, caratteristica che lo avvicina all’etica cristiana (“tratta gli altri come fini e non come mezzi”)

La giustizia distributiva

La giustizia distributiva: lo Stato deve garantire ad ognipersona uguali diritti e opportunità. Se devono esistere diseguaglianze, queste devono favorire i meno avvantaggiati

Questa terza teoria etica - elaborata da John Rawls - si avvicina ancora di più al cristianesimo perché, accanto al rispetto della dignità della persona, introduce la figura della solidarietà con le persone meno avvantaggiate

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La teoria dello sviluppo morale

•Kohlberg negli anni Settanta ha elaborato la teoria dello sviluppo morale per spiegare il diverso grado di maturazione morale raggiunto dagli uomini

•Tale teoria aiuta a spiegare come mai non tutte le aziende mostrino la stessa sensibilità alle tematiche etiche

La teoria dello sviluppo morale

•Fase 1: bambini che capiscono le punizioni dei genitori

•Fase 2: bambini che desiderano l’approvazione dei genitori

•Fase 3: ragazzi che si comportano seguendo le regole apprese a casa, scuola, chiesa, …

•Fase 4: adulti che accettano leggi e costumi come una convenzione sociale

•Fase 5: adulti che accettano i diritti degli altri anche se non codificati in leggi o protetti da consuetudini sociali

•Fase 6: autonomia morale degli adulti che interiorizzano e fanno propri gli imperativi morali

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Quale fase dello sviluppo moraleaveva raggiunto Aaron Feurstein,

proprietario

della Malden Mills?

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Lo stato della RSI in Italia

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ESEMPIO PRESENTAZIONE 1

L’impegno sociale delle piccole e medie imprese italiane (Sintesi)

Ind. 31 23 54Ser. 32 17 49Ind. 32 22 54Ser. 33 18 51Ind. 33 27 60Ser. 31 18 49Ind. 32 26 58Ser. 32 20 52Ind. 128 98 226Ser. 128 73 201

427

103

105

109

110

256

51-250 Totale20-50

Totale

40

40

45

46

171

63

65

64

64

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud-Isole

I numeri del campione di Unioncamere

427 PMItra 20–250 addetti

60 impresetra 251–500 addetti 487 imprese

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ESEMPIO PRESENTAZIONE 2

Le interviste si riferiscono alle seguenti sette aree,che riprendono la classificazione di ORSA, adattandola al contesto delle PMI.

A. Rapporti col personaleB. Corporate governanceC. Salute, sicurezza, ambienteD. Rapporti con la comunitàE. Rapporti con fornitori e clientiF. Strumenti per favorire/comunicare la RSIG. Orientamento culturale verso la RSI

Le sezioni dell’intervista

• In generale i rapporti col personale sono ben presidiati dalle PMI• I sistemi di comunicazione più diffusi sono quelli informali• Servizi ai dipendenti:

oltre il 50% propone orario flessibile e possibilità dell’aspettativacrescono con le dimensionisono maggiori nel Nord-Est e nel Nord-Ovest

• Corsi di formazione:diffusi e crescenti con la dimensioneoltre il 30% delle imprese minori coinvolge più della metà dei collaboratori

corsi su: protezione ambientale 30%, su sicurezza 70 %• Pari opportunità: donne poco presenti in posizioni di responsabilità• Lavoratori extra-comunitari: servizi di supporto molto ridotti

A. Rapporti con il personale

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ESEMPIO PRESENTAZIONE 3

• La ricerca mostra segnali positivi in termini di:presenza di rappresentanti di soci di minoranza nel CdA (attorno al 40%)presenza nel CdA di consiglieri indipendenti (aumentano con le dimensioni)frequenza delle riunioni del CdA (aumentano con le dimensioni)

• Forme di partecipazione agli utili sono ancora limitate, soprattutto nelle PMI

• Nelle PMI è molto limitata la presenza di dirigenti e spesso mancano anche quadri

B. Corporate Governance

• I temi legati all’ambiente sono presidiati in misura crescente

• Le imprese di maggiori dimensioni ci si dedicano con maggior sistematicità

• Ci sono ampi spazi di miglioramento praticamente in tutte le aree (risparmio energetico, riduzione dei consumi di materie prime, riciclabilità, riduzione delle emissioni inquinanti, ecc.)

• L’adeguamento alla legge è il fattore motivante principale, ma circa 1 su 3 percepisce i benefici in termini di azione commerciale, esperienza, risultati economici

C. Salute, sicurezza, ambiente

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ESEMPIO PRESENTAZIONE 4

• Si conferma il profondo radicamento delle PMI italiane nel territorio

• Molte imprese effettuano donazioni (circa il 70%):

non esiste un grande divario tra PMI (64,4%) e imprese maggiori (73,3%)

le PMI privilegiano inoltre lo sport; le imprese più grandi spettacoli/restauro/mostre, educazione, università

• Il volontariato d’impresa è ancor poco diffuso (15% tra le PMI)

• Tra gli investimenti sociali a fini commerciali prevale nettamente la sponsorizzazione di manifestazioni sportive e culturali

• Il cause related marketing inizia a essere utilizzato, ma solo dalle imprese di maggiori dimensioni

D. Rapporti con la comunità

• Il 15,7% delle PMI acquista beni da cooperative o altri enti aventi fini sociali. Questo valore cresce presso le imprese di maggiori dimensioni (26,7%)

• La certificazione sociale della supply chain si affaccia come fattore di competitività nel nuovo contesto concorrenziale: è al 15-20%, ma pare destinato a crescere nel tempo

• Il commercio equo e solidale è assai poco diffuso

• Il problema del controllo delle unità produttive all’estero è scarsamente rilevante visto il bassissimo numero di PMI aventi siti produttivi all’estero

E. Rapporti con clienti e fornitori

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ESEMPIO PRESENTAZIONE 5

• Tra imprese piccole e grandi differiscono più per strumenti che per comportamenti

• Vision 2000 è ormai percepito come un must anche dalle PMI: esiste una larga diffusione di ISO 9000 2 e di Vision 2000 (55,5% le PMI, 76,7% le più grandi)

• EMAS e ISO 14001 sono adottati dalle imprese di maggiori dimensioni (3,1% per le imprese con 20-50 addetti; 21,7% per le imprese con 251-500 addetti)

• Tra gli altri strumenti della RSI quelli più diffusi sono codice etico e bilancio sociale. La loro diffusione cresce sensibilmente all’aumentare delle dimensioni aziendali

• Nell’Industria sono più diffusi gli strumenti connessi ad ambiente e sicurezza, mentre nei Servizi il codice etico e il bilancio sociale

• Osservando i tempi di adozione degli strumenti, risulta evidente l’impennata di attenzione alla RSI registrata negli anni più recenti

F. Gli strumenti per comunicare/favorire la RSI

Per le azioni relative all’ambiente già si è visto che:• la legge costituisce la spinta fondamentale• i benefici in termini di efficienza, competitività, risultati economici sono comunque

percepiti come rilevanti da circa 1/3 degli intervistati

I nuovi strumenti (codice, bilancio sociale, certificazione sociale) – prevalentemente adottati per volontà dei vertici aziendali – hanno una diffusione tuttora limitata, ancorché in crescita.

•• Non si può negare che la RSI inizia ad essere valutata come Non si può negare che la RSI inizia ad essere valutata come fattore di competitività e di redditività, ma non si tratta ancofattore di competitività e di redditività, ma non si tratta ancora ra di un sentimento diffusodi un sentimento diffuso

•• Importanza della normativa per favorire un rapido sviluppo Importanza della normativa per favorire un rapido sviluppo degli aspetti più criticidegli aspetti più critici

G. Orientamento culturale verso la RSI2. Motivi dell’orientamento alla RSI

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ESEMPIO PRESENTAZIONE 6

L’importanza della RSI è ormai riconosciuta dalla quasi generalità dei soggetti, anche se le imprese maggiori risultano essere leggermente più sensibiliI motivi per cui è attribuita importanza sono nell’ordine:

motivi eticirapporti con i dipendentifidelizzazione della clientelarelazioni con la comunità

G. Orientamento culturale verso la RSI3. Importanza riconosciuta alla RSI

E’ rilevante notare che l’Area geografica con comportamenti più orientati alla RSI, cioè il Nord-Est, attribuisce rispetto alle altre Aree:

minor peso ai “Motivi etici” (55% contro oltre il 70% delle altre Aree)maggior importanza a:

➨ rapporti con i dipendenti➨ fidelizzazione della clientela➨ relazioni con la comunità➨ performance economiche➨ relazioni con i finanziatori

G. Orientamento culturale verso la RSI3. Importanza riconosciuta alla RSI

Il decollo della RSI dipende dalla capacità di connettere/dimostrare la convenienza economica dell’impegno sociale.

Di qui l’importanza di:• politiche pubbliche che premino la RSI• ricerche tese a misurare la correlazione tra impegno sociale e

performance economiche

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ESEMPIO PRESENTAZIONE 7

Tutti prevedono una crescente importanza della RSI

La lentezza a comportamenti conseguenti è fatta principalmente risalire a fattori quali:

mancanza di tempocomplessità (difficoltà a conoscere leggi, agevolazioni, ecc,)impatto sui costi

G. Orientamento culturale verso la RSI4. Prospettive future

•• Lo sviluppo dell’impegno sociale dipende dalla capacità di evitaLo sviluppo dell’impegno sociale dipende dalla capacità di evitare la deriva re la deriva burocratica di tale impegnoburocratica di tale impegno

•• Gli strumenti tipici della RSI dovranno essere adattati alle esiGli strumenti tipici della RSI dovranno essere adattati alle esigenze e alla genze e alla necessità espressive delle PMInecessità espressive delle PMI

•• Associazioni imprenditoriali ed enti pubblici dovranno contribuiAssociazioni imprenditoriali ed enti pubblici dovranno contribuire con re con supporto e fondi al contenimento dei costi della RSIsupporto e fondi al contenimento dei costi della RSI

• Si noti, infine, che le PMI sono poco attente a comunicare ai diversi interlocutori il proprio impegno nella RSI

• Tra imprese maggiori e PMI c’è forse più divario in termini di politiche di comunicazione che in termini di comportamenti

• Gli interlocutori verso i quali si è più attenti a comunicare sono nell’ordine: clienti; fornitori e collaboratori; comunità locale e PA; azionisti; stampa

Le politiche di comunicazione

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I raggruppamenti della RSI

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I modelli di orientamento sociale nelle imprese italiane

Studio Unioncamere – ISVI (2003)

La ricerca Unioncamere – ISVI evidenzia cinque “raggruppamenti” di aziende in base al loro orientamento nei confronti della RSI:

1. le imprese coesive

2. le imprese multi-certificate

3. le imprese consapevoli

4. le imprese mobilitabili

5. le imprese scettiche

I “raggruppamenti”

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Si tratta di aziende in cui la sensibilità per le attese degli stakeholder – interni o esterni – non è occasionale e si manifesta in una varietà di azioni, come ad esempio:

• misure volte al coinvolgimento e alla valorizzazione del personale (coinvolgimento in merito ai risultati ottenuti dall’azienda, attività di formazione, ampia e trasparente comunicazione, assistenza sanitaria integrativa, ecc.);

• realizzazione di prodotti dotati di una particolare valenza sociale (es.: cucina “speciale” Snaidero);

• interventi a favore della comunità (donazioni, sponsorizzazioni, pubblicità con messaggi di natura sociale, cause related marketing, ecc.);

• iniziative a favore del commercio equo e solidale;

• coinvolgimento del personale in forme di volontariato negli orari di lavoro;

• elaborazioni di documenti – codice di comportamento, bilancio sociale – che esprimono la tensione positiva dell’impresa e favoriscono una maggiore sistematicità e capillarità nelle azioni volte a valorizzare gli stakeholder.

Le imprese coesive

Si tratta di aziende che:

• richiedono attestati/certificazioni ai propri fornitori,

• ricevono richieste di certificazione da parte dei propri clienti.

L’assunzione di CSR in questo raggruppamento si sostanzia nell’adozione di procedure formali e nel rispetto di standard di gestione.

Le imprese multi-certificate

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Sono aziende che, a una conoscenza piuttosto completa degli strumenti e delle prassi tipiche della CSR, non fanno seguire un’azione altrettanto intensa.

Tali imprese attivano uno spettro meno ampio di interventi rivolti agli stakeholder e ricorrono in misura ridotta alle certificazioni.

Molto spesso questa loro “inerzia” nei confronti della RSI è giustificata dalla natura del settore di appartenenza (poco esposto al pubblico, con ridotti impatti ambientali).

Le imprese consapevoli

La maggior parte delle aziende italiane fanno parte del raggruppamento delle imprese mobilitabili. Si tratta per lo più di piccole e piccolissime imprese alle quali non sono noti i temi e gli strumenti della CSR.

Non si esclude che le imprese mobilitabili si facciano carico delle attese dei collaboratori e del territorio, ma le modalità di attuazione dei programmi sono di carattere non sistematico e informale.

Ciò si spiega con l’informalità della gestione di tali organizzazioni e con le limitate risorse che esse possono dedicare allo sviluppo di specifici progetti/strumenti.

Le imprese mobilitabili

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Fanno parte del raggruppamento delle imprese scettiche, le imprese di piccola o piccolissima dimensione che:

• conoscono poco i temi della RSI,

• attuano in misura limitata interventi volontari volti a soddisfare le attese degli stakeholder,

• si dimostrano diffidenti nei confronti di qualsiasi azione tesa a diffondere i tratti di una cultura della RSI.

Le imprese scettiche

I raggruppamenti e il contesto esterno

Quale diversa sensibilità dei raggruppamenti nei confronti di meccanismi di incentivazione (accesso

facilitato al credito, incentivi fiscali, sussidi pubblici, marchi di qualità, agevolazioni nella gare pubbliche, ecc.)

provenienti da soggetti esterni (es.: associazioni di categoria, enti locali, Governo)?

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I raggruppamenti e il contesto esterno

•Per le imprese coesive eventuali forme di incentivazione non assumono particolare rilievo perché per tali aziende la RSI fa già parte del patrimonio genetico.

•Per le imprese multi-certificate una politica di incentivazione costituirebbe un fattore di accelerazione nel cammino già intrapreso (ad esempio, verso l’allargamento dello spettro degli strumenti adottati o delle aree cui dedicare specifica attenzione).

•Per le imprese consapevoli la presenza di forme di incentivazione appare di dubbia rilevanza. Trattandosi di imprese di media o grande dimensioni il superamento dell’inerzia non è tanto legato all’incentivazione esterna quanto, piuttosto, ad un mutamento dell’orientamento di fondo dei vertici aziendali.

•Le imprese mobilitabili sembrano le più sensibili alle politiche di incentivazione che, ad esempio, rendono più familiari i temi della CSR, incrementano la consapevolezza della convenienza economica dei comportamenti socialmente responsabili, riducono i costi connessi alle azioni da intraprendere.

•Le imprese scettiche, per definizione, sono insensibili a qualsiasi azione esterna volta a promuovere la RSI.

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Il ruolo dello Statonell’economia di mercato

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IL RUOLO DELLO STATO NELL’ECONOMIA

DI MERCATO

La mano invisibile di Adam Smith

Il mercato è un sistema in cui i volumi di beni e servizi e i relativi prezzi sono determinati dalle forze della domanda e dell’offerta in un regime di libera concorrenza

In questo sistema la convergenza automatica degli interessi collettivi con quelli individuali è assicurata da queste tre condizioni che definiscono il modello della concorrenza perfetta:•assenza di monopoli•simmetria delle informazioni•condotta razionale dei soggetti economici

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La situazione reale

Nella realtà le tre condizioni della concorrenza perfetta vengono meno

•In molti settori sono presenti monopoli di fatto (cfr. lucido)•La pubblicità aggressiva crea bisogni indotti nei consumatori che non agiscono più razionalmente•I numerosi casi di insider trading o conflitti di interesse dimostrano che vi sono molti casi in cui soggetti utilizzano per il proprio tornaconto informazioni riservate•…

Economia di mercato e giustizia sociale

Da un’economia di mercato priva di regole possono derivare grosse ingiustizie sociali

Infatti, se non regolamentato (consuetudini e/o leggi dello Stato), il mercato• consente a pochi l’accumulo di grosse ricchezze attraverso monopoli di produzione e distribuzione• permette che molti acquistino beni e servizi a prezzi eccessivi

⇒ c’è bisogno dell’intervento regolatore dello Stato

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Il ruolo dello Stato nel pensiero di Adam Smith

Secondo Adam Smith lo Stato aveva tre compiti principali:

• assicurare l’ordine pubblico interno e assicurare la difesa da possibili aggressioni esterne

•creare una cornice giuridica entro cui i processi economici potessero svolgersi ordinatamente

•intervenire direttamente nelle attività che i privati non hanno interesse a portare avanti (scuole, strade, trasporti pubblici, ospedali, ecc…)

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Le leggi anti-trust e controla corruzione. Il caso Lockheed

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LE LEGGI ANTI-TRUST E CONTRO LA CORRUZIONE

INTERNAZIONALE

Le leggi anti-trust

Le leggi anti-trust nascono dall’esigenza di impedire distorsioni del mercato (monopoli/oligopoli della domanda e/o dell’offerta) che possono causare ingenti danni alla comunità

•Monopolio bilaterale: lo Stato compra beni/servizi da un’azienda di Stato ⇒ possibile pregiudizio per la qualità

•Monopolio della domanda e oligopolio dell’offerta: uno Stato ricco compra da più Stati del Terzo Mondo ⇒ lo Stato ricco può imporre i prezzi che vuole

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Le leggi anti-trust (segue)

•Monopolio della domanda: lo Stato compra beni/servizi da molti fornitori ⇒ possibili tentativi di corruzione dei funzionari statali

•Oligopolio della domanda: i pochi compratori costringono i molti produttori a vendere ad un determinato prezzo ⇒ i produttori per avere margini di profitto potrebbero produrre a discapito della qualità

•Monopolio dell’offerta: solitamente si verifica per alcuni prodotti offerti dallo Stato ⇒ scarsa qualità dei prodotti

Le leggi anti-trust: la storia

L’esigenza di emanare leggi anti-trust nacque negli Stati Uniti per contrastare la pratica diffusa tra società concorrenti in uno stesso settore di accordarsi per:• fissare il prezzo dei prodotti•favorire la fusione/acquisizione tra aziende concorrenti per ragiungere posizioni di monopolio•spartirsi clienti suddividendo il mercato il zone riservate•assegnare a direttori di una società anche ruoli in aziende concorrenti (“interlocking directorates”)•attuare pratiche di “price discrimination” o “accordi di reciprocità”

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Le leggi anti-trust: la storia

Tali accordi miravano a:

•indebolire/eliminare la concorrenza

•creare posizioni dominanti di mercato

•assicurarsi (senza competere con le armi lecite del mercato) la vendita dei propri prodotti mediate accordi di reciprocità

Le leggi anti-trust: la storia

Per rispondere a queste pratiche, gli Stati Uniti emanarono:

•nel 1890 lo Sherman Antitrust Act che dichiarava illegale ogni tentativo di monopolizzare il commercio

•nel 1914 il Clayton Antitrusts Act che dichiarava illegali alcune pratiche non esplicitamente condannate dallo Sherman Act quali: le discriminazioni di prezzo, gli interlocking directorates, i tied contracts

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Le leggi anti-trust: la storia

Inoltre, sempre nel 1914 venne istituita la Federal Trade

Commission, un’agenzia del Governo federale incaricata di

vegliare sul corretto funzionamento del mercato mediante

investigazioni ed il potere di intentare cause anti trust

Le leggi anti-trust: il Governo USA contro grandi corporations

• Primi anni del Novecento: proibizione della Corte Suprema a due grandi compagnie ferroviarie di procedere con una fusione

• 1911: ingiunzione della Corte Suprema alla Standard Oil (di John Rockfeller) di spezzarsi in sette società autonome

• 1977: accusa alla Microsoft di attuare pratiche monopolistiche nel mercato del software per PC (integrazione obbligata del sistema operativo Windows e Internet Explorer per l’accesso a internet)

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Leggi contro la corruzione internazionale

Come la costituzione di trust, anche la corruzione crea fenomeni distorsivi delle leggi di mercato e arreca pregiudizio a molti soggetti

•Penalizza i fornitori “onesti” che vengono esclusi dalla competizione pur avendo prodotti buoni o migliori

•Penalizza la comunità dei consumatori che a parità di qualità pagano di più del dovuto o a parità di prezzo pagato ricevono prodotti di qualità inferiore

Il Foreign Corrupt Practices Act

Nel 1977, a seguito di numerosi gravi casi di corruzione di

funzionari pubblici stranieri da parte di multinazionali

statunitensi, venne emanato il Foreign Corrupt Practices

Act (FCPA), prima legge la cui territorialità si estende oltre i

confini nazionali

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Il Foreign Corrupt Practices Act

Il FCPA•vieta alle società USA di offrire a funzionari governativi stranieri, esponenti politici stranieri e privati cittadini in grado di influenzare funzionari e politici somme di denaro o beni in natura allo scopo di acquisire od ottenere contratti•prevede pesanti sanzioni (per le aziende fino a 2 milioni di USD e per le persone fisiche multe fino a 100.000 USD e reclusione fino a 5 anni)•obbliga le società a non nascondere pagamenti a pubblici ufficiali stranieri (per le società quotate tale prescrizione è più stretta)

Il caso Lockheed: i protagonisti

• Lockheed: società USA costruttrice di aeroplani, in grave difficoltà a causa delle mancate vendite del Tristar.

• Kukeo Tanaka: primo ministro giapponese negli anni 1972 - 1975 gravato da debiti di gioco per circa un milione di dollari

• Yoshio Kodama: “intermediario” di affari conclusi con la corruzione di funzionari pubblici

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Il caso Lockheed: il fatto

• Fra il 1972 e il 1975 la Lockheed ottiene dalla Nippon Airways ordini di acquisto di aerei Tristar per 430 milioni di dollari

• A seguito di indagini del Governo USA su indicazione della CIA, si scopre che gli ordini erano stati ottenuti con la mediazione di Kodama, con pressioni esercitate da Tanaka sulla Nippon Airways e con il pagamento da parte della Lockheed di 12 milioni di dollari di tangenti

Il caso Lockheed: le conseguenze

• In tribunale la Lockheed ammette di avere pagato tangenti, ma si giustifica dicendo che aveva operato seguendo gli usi e costumi commerciali vigenti in Giappone e che le leggi USA contro la corruzione non vietavano tale pratica all’estero

• Poiché non esisteva una legge che puniva la corruzione all’estero, la Lockheed viene solo condannata perché nei registri contabili aveva registrato le tangenti come spese di marketing contro le regole dell’Internal Revenue Service

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Caso Nurturing a deal

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CASO “NURTURING A DEAL” Motorola ha inviato Quick dagli Stati Uniti in una nazione in piena crescita economica chiamata Developia, per sviluppare il mercato di un promettente prodotto Motorola: il nuovo X-4 Chip. Nel mercato locale competono direttamente con Motorola due altre multinazionali: Red Hot and Blue Lightning. Quick non è solo un manager eccellente, ma anche un brillante tecnico. Egli ha trascorso la gran parte dell'anno nel paese straniero e ha ottenuto progressi considerevoli. Egli è consapevole che Motorola ha il miglior prodotto da offrire e lo ha reso noto in modo chiaro e persuasivo ai potenziali acquirenti locali. Quick sta lavorando in modo particolarmente duro per assicurare che i responsabili ultimi di una grossa società, la Supremo Inc., possa effettuare un grosso ordine di X-4, anziché acquistare da Red Hot o Blue Lightning. Al presente Supremo compra alcuni prodotti di questo tipo da Motorola, alcuni da Red Hot ed alcuni da Blue Lightning. La ragione apparente di questo è che Supremo vuole distribuire il suo giro d'affari fra tre differenti fornitori, così da evitare problemi di fornitura - questo sebbene ci siano voci per le quali l’X-4 è considerato superiore agli altri prodotti sotto tutti i punti di vista. Così Quick persiste nei suoi sforzi accaniti per far sì che Motorola diventi l’unico fornitore di Supremo. Un giorno Quick viene invitato da Maldiih, il direttore acquisti di Supremo. Maldiih comunica a Quick che intende annullare il rapporto di fornitura con Red Hot e Blue Lightning, perché vede chiaramente che Motorola offre un prodotto migliore. Aggiunge anche un'asserzione vaga, che Quick fatica ad interpretare, ma che sembra volere dire che in queste occasioni certi "omaggi amichevoli" sono piuttosto comuni nel contesto degli affari di Developia. Quick comincia a sospettare che in passato Maldiih possa avere accettato qualche omaggio "sotto-banco" dalle altre due società. Lentamente, sottilmente, Maldiih sembra suggerire che se Quick offrisse un dono pari all'8% del prezzo di vendita, Motorola diventerebbe il fornitore esclusivo. Se Motorola rifiuta, comunque, egli manterrà il contratto con Motorola al livello esistente, ma sviluppare le quantità con Red Hot e Blue Lightning, che sembrano comprendere meglio la "cultura di Developia".

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Interessi privati e socialità.Una classificazione degli atteggiamenti

etici in azienda

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Mario Molteni

INTERESSI PRIVATI E SOCIALITÀ

SOCIALITA’ INTERESSIPRIVATI

Benessere socialeEquità distributivaAltruismo

Interesse individualeEfficienzaMassimizzazione del profitto

LE RELAZIONI TRA INTERESSI PRIVATI E SOCIALITÀ

A. SINERGIE

B. TRADE OFFSOCIALITA’ INTERESSIPRIVATI

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A. LE SINERGIE

SOCIALITÀ•Attenzione alla persona

•Salvaguardia ambientale

•Trasparenza nella comunicazione

•Qualità dell’ambiente di lavoro

•Non approfittare di posizioni di forza

INTERESSI PRIVATI

•Competitività•Risultati economici a b.t.•Risultati economici a l.t.•Perseguimento di finalità extra-economiche degli attori-chiaveRisorse

finanziarie

FiduciaImmagine

MotivazioneCollaborazione

IL PERSEGUIMENTO DELLE SINERGIE

• Consapevolezza che le sinergie potenzialisono numerose

• Identificazione di sempre nuovi spazi per l’attuazione di sinergie

• Progettazione di contesto/iniziativenell’ottica delle sinergie

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B. IL TRADE OFF

COSTI - Immediati - Certi

BENEFICI - Lontani - Incerti

Rispetto dei fornitori Collaborazione?

Donazioni a popolazioni

in stato di difficoltà

Ritorno d'immagine?

Pubblicità non scandalistiche Immagine di lungo periodo?

SOCIALITA’INTERESSEPRIVATO

LA GESTIONE DEL TRADE OFF

• Ricerca di eventuali sinergie nascoste, per uscire dalla logica del trade off

• Valutazione dei costi della socialità

• Valutazione della sostenibilità dei costi della socialità

• Azioni per uscire nel m- l t. dalla logica del trade off

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Il dilemma etico

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MANAGEMENT E

PROBLEMA MORALE

LE DOMANDE SUSCITATE DALL’ESPERIENZA AZIENDALE

TOP MANAGEMENT • Innovazioni tecnologiche e riduzione di organico• Investimenti ecologici volontari• Grandi commesse e corruzione

LIVELLI INFERIORI• Tempo allo sviluppo dei collaboratori• Venditore in difficoltà per problemi personali• Logiche di assunzione

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LE DOMANDE SUSCITATE DALL’ESPERIENZA AZIENDALE (1)

• Innovazioni tecnologiche di settore• Perdita di competitività• Piano di ristrutturazione• Riduzione di organico o attesa?

• Produzione ecologicamente dannosa• Possibilità di ovviare con investimenti

e maggiori costi di funzionamento• Concorrenti spregiudicati• Differenziale di costo sfavorevole• Perdita di competitività?

LE DOMANDE SUSCITATE DALL’ESPERIENZA AZIENDALE (2)

• Convenienza economicaa spostare lo stabilimento nel Far East?

• Conseguenze occupazionali e sociali nel Paese “abbandonato”

• Conseguenze occupazionali e sociali nel Paese “prescelto”

• Quando procedere?

• Necessità di chiudere un business• 1200 collaboratori coinvolti• Minimizzazione dei costi dell’operazione

o job creation?

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LE DOMANDE SUSCITATE DALL’ESPERIENZA AZIENDALE (3)

• Grande commessa in un PVS per oltre 1200 miliardi• Possibile j.v. con 2 partner USA• Governanti corrotti, che indicano a chi versare• Modalità semplice per evitare problemi legali• Centinaia di recenti assunzioni di giovani qualificati• Prendere o lasciare?

• Prodotto farmaceutico innovativo• Grosse prospettive di vendita• Effetti collaterali negativi dibattuti• Quanto attendere prima del lancio?

LE DOMANDE SUSCITATE DALL’ESPERIENZA AZIENDALE (4)

• Fino a che punto è giusto sfruttare la posizione di forza rispetto a un fornitore?

• Assumo A che mi è stato segnalato da un clienteo B che sembra leggermente più bravo?

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LE DOMANDE SUSCITATE DALL’ESPERIENZA AZIENDALE (5)

• Budget del venditore non raggiunto per il secondo anno• Venditore in difficoltà per problemi familiari• Budget di area non raggiunto• Do ancora fiducia a questo collaboratore?

• Professional con molti impegni• Ha la possibilità di entrare in un nuovo

progetto interessante • Su altri progetti coordina junior con poca esperienza • Quanto tempo dedicare alla crescita di giovani che noncollaboreranno stabilmente con sè?

LA NATURA DI MOLTI PROBLEMI MORALI IN AZIENDA

IL DECISORE È POSTO DI FRONTE A DUE ALTERNATIVE CHE PRIVILEGIANO:

INTERESSEAZIENDALE/PERSONALE

competitivitàmax reddito

rimunerazione personalecarriera

CORRETTEZZA/OBIETTIVO SOCIALE

occupazioneequilibro ecologicolotta alla corruzione

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UNA DECISIONE DA ASSUMERE

Tutti i problemi evocati implicano:

1. una decisione che deve essere presa

2. rispetto alla quale non si può eludere il quesito:

- cosa è giusto?

- cosa è bene?

- cosa è meglio?

BENE / MALEGIUSTO / INGIUSTO

MEGLIO/PEGGIOCOLPA / MERITO

Morale: identifica, prima che una disciplina specialistica,

la dimensione inevitabile di ogni impegno.

Per l’uomo in azione sono nozioni inestirpabili.

CONCETTI INESTIRPABILI

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MORALITÀ E LEGGE

• Molte pratiche immorali sono socialmente dannose.Le leggi sono introdotte per proibirle, sanzionandole.

• La legge è per lo più reattiva: ritardo tra pratiche dannose e introduzione delle norme.

• Non sempre le leggi sono moralmente difendibili• Non tutto ciò che è immorale può essere reso illegale

(es. learning on the job).

Adattato da Business ethics, De George, p. 15

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Etica e contesto di riferimento

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1

MANAGEMENT:QUALE RESPONSABILITÀ?

MANAGEMENT:MANAGEMENT:QUALE RESPONSABILITÀ?QUALE RESPONSABILITÀ?

INDICE

1. Il contesto di riferimento

2. Vincoli e discrezionalità

3. I gradi della responsabilità

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INDICE

1. Il contesto di riferimento

2. Vincoli e discrezionalità

3. I gradi della responsabilità

IL CONTESTO DI RIFERIMENTO DEL MANAGERIL CONTESTO DI RIFERIMENTO DEL MANAGER

SISTEMA SOCIO-ECONOMICO

PERSONA

AZIENDA

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• Regole della concorrenza• Norme ambientali • Leggi a tutela della parità• Difesa dei lavoratori• Corporate governance• Logiche degli investitori istituzionali

CONTESTO E VARIABILI CRITICHECONTESTO E VARIABILI CRITICHE

CONTESTO SOCIO-

ECONOMICO

AZIENDA

PERSONAInteresse egoistico /

Equità, bene comune

Max risultatoa breve /

Responsabilità sociale

Qualecapitalismo

• Attenzione a valorizzare i collaboratori• Uso dei beni aziendali• Stile di gestione delle trattative• Modalità di tensione ai risultati• Possibilità di plasmare l’impresa?

• Cultura aziendale (manageriale/padronale)• Politiche del personale (sistemi di incentivazione e

valutazione)• Logica di gestione delle ristrutturazioni• Interazione con i fornitori (partnership/antagonismo)• Politica ecologica• Possibilità di modificare il contesto?

INDICE

1. Il contesto di riferimento

2. Vincoli e discrezionalità

3. I gradi della responsabilità

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• INTERDIPENDENZA:- VINCOLI POSTI DAL CONTESTO

• DISCREZIONALITÀ:1. SCELTA DEL CONTESTO IN CUI OPERARE

2. MARGINE DI DISCREZIONALITÀ NEL CONTESTO

3. EVENTUALI AZIONI PER MODIFICARE IL LIVELLO SUPERIORE

SENZA RICONOSCIMENTO DELL’INTERDIPENDENZA C’E’…

SENZA RICONOSCIMENTO DELLA DISCREZIONALITÀ C’E’...

QUALE INTERDIPENDENZA?QUALE INTERDIPENDENZA?

• Regole della concorrenza• Norme ambientali • Leggi a tutela della parità• Difesa dei lavoratori• Corporate governance• Logiche degli investitori istituzionali

L’AZIONE SUL LIVELLO SUPERIOREL’AZIONE SUL LIVELLO SUPERIORE

CONTESTO SOCIO-

ECONOMICO

AZIENDA

PERSONA• Attenzione a valorizzare i collaboratori• Uso dei beni aziendali• Stile di gestione delle trattative• Modalità di tensione ai risultati

• Cultura aziendale (manageriale/padronale)• Politiche del personale (sistemi di

incentivazione e valutazione)• Logica di gestione delle ristrutturazioni• Interazione con i fornitori

(partnership/antagonismo)• Politica ecologica

Possibilità di plasmare l’impresa?

Possibilità di modificare il contesto?

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FATTORI DI CONTESTO FAVOREVOLIFATTORI DI CONTESTO FAVOREVOLI

- Carta dei Diritti dell’uomo- Regole antitrust

- Sistema educativo - Legislazione ambientale- Leggi a tutela delle pari opportunità- Leggi anticorruzione

(es.Foreign Corrupt Practices Act)- Livello di integrità della P.A.

- Autoregolamentazione di settore(es. Responsible Care)

- Correttezza dei comportamenti delle imprese

Norme di autoregolamentazione - Cadbury Code (corporate governance)- Codice della pubblicità

INTERNAZIONALI

NAZIONALI

MULTI-AZIENDALI

SETTORIALI

INDICE

1. Il contesto di riferimento

2. Vincoli e discrezionalità

3. I gradi della responsabilità

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GLI OBIETTIVI PERSEGUITIGLI OBIETTIVI PERSEGUITI

SACRIFICIOA FINI SOCIALI

PERSEGUIMENTODI SINERGIE

MANCANZA DI RAGION

D’ESSERE

APPROCCIOEGOISTICO

SOCIALITA’

SI

NO

NO SIINTERESSEPRIVATO

I GRADI DELLA RESPONSABILITÀI GRADI DELLA RESPONSABILITÀ

1. Irresponsabile

2. Approccio legalistico

3. Approccio strumentale

4. Spesa sostenibile

5. Creatività aziendale

Adattato da: Reidenbach e Robin, 1991

Irrazionale

Utopistica6. Trasformazione sociale

103

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7

RESPONSABILITÀ E OBIETTIVI PREVALENTI RESPONSABILITÀ E OBIETTIVI PREVALENTI

SOCIALITÀ

SI

NO

NO SIINTERESSEPRIVATO

UTOPISTICA

5. CREATIVITÀ AZIENDALE

IRRAZIONALE

3. A

PP

RO

CC

IOST

RU

ME

NT

AL

E

1. IRRESPONSABILE

2. A

PP

RO

CC

IOL

EG

AL

IST

ICO

4. SPESA SOSTENIBILE

6. TRASFORMAZIONE SOCIALE

I SENTIERI DA INTRAPRENDEREI SENTIERI DA INTRAPRENDERE

SACRIFICIO A FINE SOCIALE

PERSEGUIMENTO DI SINERGIE

MANCANZA DI RAGION D’ESSERE

APPROCCIOEGOISTICO

SOCIALITÀ

SI

NO

NO SIINTERESSEPRIVATO

IMPEGNOPER LA

RIMOZIONE DELLE CAUSE

NUOVE AREE DI CIRCUITO VIRTUOSO

CAMBIAMENTO RADICALE SENSIBILIZZAZIONE

104

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Il progetto CSR-SC del Ministerodel Welfare e la rete degli sportelli camerali

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1

IL Progetto CSR-SC e la rete degli Sportelli delle Camere di

Commercio

a cura di :Formaper-azienda speciale della C.C.I.A.A. di Milano

eSportello CSR-SC della C.C.I.A.A. di Milano

2

Gli obiettivi del progetto CSRGli obiettivi del progetto CSR--SCSC

Gli obiettivi del progetto:

contribuire a diffondere la cultura della responsabilità sociale tra le imprese e le Istituzioni Pubbliche (macro obiettivo);facilitare lo scambio di esperienze e best pratices a livello nazionale e internazionale;diffondere uno standard semplice e modulare da applicare su base volontaria per identificare i comportamenti aziendali socialmente responsabili (autovalutazione);predisporre opportuni strumenti di misurazione per comprendere e valutare la performance sociale delle imprese;promuovere un quadro di riferimento comune per minimizzare il rischio di ambiguità legato al proliferare di numerosi standard e modelli di rendicontazione;garantire al cittadino che l’impegno sociale comunicato dalle imprese sia concreto ed effettivo.

106

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3

Il Social StatementIl Social Statement

La mappa del Social Statement può essere usata:

- come Linee guida dalle imprese che si avvicinano per la prima volta al tema della CSR;

- come Strumento di auto-valutazione, monitoraggio e rendicontazione per le imprese che hanno già applicato al proprio interno strategie di CSR.

4

L’architetturaL’architettura deldel sistemasistema

Realizzazione del Social Statement

Scelta, volontaria, di adesione al Progetto

CSR-SC Procedura di verifica del Social

Statement

Trasmissione del Social Statement e della

documentazione di supporto

Linee Guida per la compilazione del Social

Statement

Meccanismo di moral suasion

(Sanzioni)

C

D

CSR ForumImprese

13

A

B

L’impresa, su base volontaria, devolve risorse al Fondo SC

Accesso al sistema di agevolazioni definito

dal Ministero

2 Ministero del Welfare

107

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5

Il Social Statement: che cosa èIl Social Statement: che cosa è

• E’ lo strumento di controllo/rendicontazione delle prestazioni di CSR, adottabile dalla imprese su base volontaria

• Standardizza la modalità di rilevazione e di presentazione della performance aziendale in tema di responsabilità sociale

• Si basa su un set modulare di indicatori(quantitativi e qualitativi)

• Si propone di considerare tutti gli aspetti dellaresponsabilità sociale

• Si propone di valorizzare eventuali altri strumenti adottati dalle imprese in tema di responsabilità sociale

6

Il Social Statement: il set di indicatoriIl Social Statement: il set di indicatori

La proposta si basa su un set di indicatori di CSR volti a guidare le imprese:

• nell’autovalutazione delle loro performance di responsabilità sociale

• nella rendicontazione dei risultati delle loro performance

L’obiettivo della proposta è garantire omogeneità nella presentazione dei risultati e comparabilità delle misure nel tempo e nello spazio.

Il set di indicatori è progettato secondo un approccio flessibile e modulare

108

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7

Il set di indicatoriIl set di indicatori

• Gli indicatori sono strutturati secondo uno schema generale a tre livelli:

Categorie: gruppi di stakeholder cui sono rivolte specifiche famiglie di indicatori

Aspetti: aree tematiche monitorate da gruppi di indicatori relativi ad una determinata categoria di stakeholder

Indicatori: misure, indici, che forniscono informazioni relative ad uno specifico aspetto.

8

Il set di indicatoriIl set di indicatori

• Le otto categorie di stakeholder previste sono:

• Risorse umane• Soci/azionisti e comunità finanziaria• Clienti• Fornitori• Partner finanziari• Stato, enti locali e pubblica amministrazione• Comunità• Ambiente

109

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9

Il set di indicatoriIl set di indicatori

Set completo di indicatoriCommon Indicator (C) più tutti gli indicatori addizionali (A)

Quotate

Common Indicator (C) più cluster di indicatori addizionali integrativi da definire (A)

Common Indicator (C) più cluster di indicatori addizionali integrativi da definire (A)

Common Indicator (C)

Non quotate

Oltre 250 dipendenti

T ra 50 e 250 dipendenti

Meno di 50 dipendenti

Set completo di indicatoriCommon Indicator (C) più tutti gli indicatori addizionali (A)

Quotate

Common Indicator (C) più cluster di indicatori addizionali integrativi da definire (A)

Common Indicator (C) più cluster di indicatori addizionali integrativi da definire (A)

Common Indicator (C)

Non quotate

Oltre 250 dipendenti

T ra 50 e 250 dipendenti

Meno di 50 dipendenti

In generale, è opportuno individuare tre categorie dimensionali di imprese che possono utilizzare questi indicatori, suddivise in quotate e non quotate

10

Il set di indicatoriIl set di indicatori1. Risorse umane

110

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11

Il set di indicatoriIl set di indicatori1. Risorse umane

12

Il set di indicatoriIl set di indicatori

2. Soci, azionisti e comunità finanziaria

111

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13

Il set di indicatoriIl set di indicatori3. Clienti

14

Il set di indicatoriIl set di indicatori

4. Fornitori

5. Partner finanziari

112

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15

Il set di indicatoriIl set di indicatori

6. Stato, Enti locali e Pubblica Amministrazione

7. Comunità

16

Il set di indicatoriIl set di indicatori

8. Ambiente

113

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17

Il prototipo di scheda di un indicatoreIl prototipo di scheda di un indicatore

Aspetti Indicatore Codice progressivo e nome

Rilevanza Qualitativi Quantitativi Commento esplicativo

Descrizione dell’indicatore e finalità che si propone di raggiungere

Modalità di misurazione dell’indicatore Descrizione delle procedure da seguire per la

determinazione dell’indicatore. Descrizione dellemodalità con cui deve essere effettuata lamisurazione.

Documentazionedi supporto Indicazione della documentazione che deve essere

allegata o che si suggerisce di allegare a supporto/garanzia delle informazioni presentate.

18

ALCUNI INDICATORI COMUNI…ALCUNI INDICATORI COMUNI…

114

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19

CATEGORIA 1: RISORSE UMANECATEGORIA 1: RISORSE UMANEASPETTI 1.4. FORMAZIONE

Indicatore 1.4.2. Ore di formazione per categoria (al netto della formazione obbligatoria per legge o per contratto) Rilevanza C Qualitativi Quantitativi Sì Commento

esplicativo

L’indicatore punta a monitorare gli investimenti formativi (escluso la formazione obbligatoria per legge e per contratto) dell’azienda volti allo sviluppo delle professionalità individuali del personale e alla crescita dell’azienda stessa, senza discriminazione di genere (categoria, sesso, ecc.) Per una definizione di formazione, lavoratore dipendente,assimilato, collaboratoresi veda il Glossario.

Modalità di misurazione dell’indicatore

Ore/addetto (suddivise per sesso) Esempio di calcolo Ore formazione (interna + esterna) – ore di formazione obbligatoria da contratto/numero dipendenti e assimilati

N°dipendenti formati/n°totale dipendenti (lifelong learning)

Costi sostenuti per corsi esterni su VA

Documentazionedi supporto

Raccolta di documenti informativi attestanti l’erogazione e la frequenza di corsi di formazione (Attestati, Registri e/o Piani di formazione)

20

CATEGORIA 4: FORNITORICATEGORIA 4: FORNITORI

Aspetti 4.1. POLITICHE DI GESTIONE DEI FORNITORIIndicatore 4.1. Politiche di gestione dei fornitori

Rilevanza C

Qualitativi Sì

Quantitativi SI

Commento esplicativo

Obiettivo dell’indicatore è fornire un quadro dei fornitori diretti (in particolare quelli più significativi per il core business) e delle politiche, attuate dall'impresa, volte al coinvolgimento e alla responsabilizzazione degli stessi fornitori sulle tematiche sociali, ambientali e di sicurezza (ad esempio, localizzazione delle unità produttive e rispetto di convenzioni ILO da parte di fornitori diretti).

Modalità di misurazione dell’indicatore

Criteri di selezione dei fornitori diretti, significativi per il core business, volti a coinvolgere e responsabilizzare sulle tematiche sociali, ambientali e di sicurezza Iniziative di coinvolgimento e responsabilizzazione sulle tematiche sociali, ambientali e di sicurezza.

Documentazionedi supporto Descrizione dei criteri di selezione adottati nell’ambito dei

processi di Vendor Rating. Descrizione delle iniziative e misura della loro efficacia.

115

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21

CATEGORIA 7: COMUNITA’CATEGORIA 7: COMUNITA’Aspetti 7.2. APPORTI DIRETTI NEI DIVERSI AMBITI DI

INTERVENTO

Indicatore 7.2.1. Istruzione e formazione 7.2.2. Cultura 7.2.3. Sport

Rilevanza C

Qualitativi Sì

Quantitativi SI

Commento esplicativo

L’indicatore valuta l’impegno dell’azienda nel sociale attraverso investimenti ed altre attività svolte direttamentenel campo dell’istruzione e/o della cultura e/o dello sport.

Modalità di misurazione dell’indicatore

Spese su Fatturato o VA Iniziative realizzate

Documentazionedi supporto

Descrizione degli iniziative realizzate in modo da consentire un effettivo apprezzamento delle valenze sociali. In questo ambito sarebbe utile descrivere la struttura del progetto, soprattutto laddove abbia una durata pluriennale, e individuare i soggetti beneficiati. Allegare eventuali documenti di spesa.

22

Il protocollo d’intesa Ministero del Lavoro e UnioncamereNazionale: gli sportelli CSR-SC

OBIETTIVO: dare la massima diffusione alla “cultura della CSR” e ai contenuti del Progetto CSR del Ministero presso tutti gli interlocutori sociali, economici e istituzionali.

ATTIVITA’:- forniscono assistenza alle impreseassistenza alle imprese per realizzare un modello di

responsabilità sociale che vada al di là delle prescrizioni legali vigenti e punti alla volontarietà e all’autocertificazione;

- offrono informazioni sugli eventi legati al tema della CSRinformazioni sugli eventi legati al tema della CSR e sui diversi strumenti di responsabilità sociale;

- organizzano eventi informativi e formativieventi informativi e formativi rivolti alle imprese, attivano tavoli di confrontotavoli di confronto con le associazioni di categoria, promuovono scambi di esperienzescambi di esperienze con aziende che già hanno integrato con successo la CSR nella prassi quotidiana di lavoro.

116

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L’ETICAALL’INTERNO DELL’IMPRESA

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Il conflitto di interesse e l’insider trading.Il caso Boesky/Levine

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1

I “doveri” dei dipendenti verso l’impresa

I dipendenti di ogni azienda sono tenuti a rispettare certe regole professionali ed etiche. Tra queste ultime ...

•rispettare i beni aziendali (no furto, utilizzo per fini personali, spreco, ecc…)•rispettare la segretezza delle informazioni aziendali riservate•compilare onestamente le note spese•osservare le norme del codice etico•evitare il conflitto di interessi•evitare l’insider trading•praticare il “whistle-blowing” solo quando necessario

IL CONFLITTO DI INTERESSE

E L’INSIDER TRADING

120

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2

Il conflitto di interessi

E’ definita conflitto di interessi ogni situazione che

•costituisce un conflitto di fatto

•può creare le condizioni per un conflitto di fatto

fra gli interessi personali del dipendente e quelli dell’impresa

Alcuni esempi di conflitto di interessi fattuali

•Accettare denaro o beni in natura da fornitori

•Lavorare per la concorrenza come consulente o essere nel

Consiglio di Amministrazione di aziende concorrenti

•Usare tempo libero per svolgere attività in proprio in

concorrenza con l’attività dell’azienda

•…

121

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3

Alcuni esempi di conflitto di interessi potenziali

•Avere interessi economici (azioni, obbligazioni,

ecc..) in società di concorrenti, fornitori, distributori

•Avere legami di parentela con fornitori, concorrenti,

clienti, distributori

•…

La valutazione etica

I conflitti di interesse sono eticamente condannabili

perché realmente o potenzialmente contrari alla

lealtà dovuta dal dipendente all’azienda

122

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4

Il conflitto di interessi nei codici aziendali

•(…) la vita privata dei dipendenti IBM appartiene

esclusivamente a loro stessi. Tuttavia, potrebbe verificarsi un

conflitto di interessi qualora un dipendente si impegnasse in

attività esterne o perseguisse interessi a spese degli interessi

della IBM…

•Nessun dipendente della Wang e nessun membro della sua

famiglia dovrà partecipare ad affari che sono in concorrenza

(…) con quelli della Wang a meno che tale partecipazione

non sia portata a conoscenza dell’azienda ….

L’insider trading

Per insider trading si intende l’uso, a fini di lucro

personale, di informazioni relative a fatti o progetti

di un’azienda ottenute da un dipendente nel corso del

suo rapporto di lavoro con la stessa azienda e non

disponibili pubblicamente

123

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5

La valutazione etica (1)

L’uso a fini di lucro di informazioni non disponibili

pubblicamente è contrario al postulato dell’economia

di mercato che richiede il libero accesso di tutti gli

operatori economici alle medesime informazioni.

La valutazione etica (2)

Esso distorce il corretto funzionamento del mercato

creando condizioni preferenziali a favore di alcuni

operatori a danno di altri le cui opportunità vengono

limitate dalla mancanza di informazioni. Tale pratica

è ancora più condannabile se fatta contro gli interessi

dell’impresa.

124

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6

Le due forme di insider trading

A) L’insider usa le informazioni ai danni

dell’impresa

B) L’insider usa le informazioni ai danni di una

comunità di operatori economici (cioè di quanti sono

interessati ad un’operazione, ma sono privi di

informazioni privilegiate)

L’insider trading ai danni dell’impresa: esempi

ESEMPIO A: speculazione su terreni edificabili,

realizzata da un dipendente in base a conoscenze dei

piani edilizi di un’impresa quando non sono ancora

di dominio pubblico

L’insider fa comprare da un prestanome un terreno ad un

certo prezzo rivendendolo all’impresa interessata ad un

prezzo maggiorato

125

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7

L’insider trading ai danni dell’impresa: esempi

ESEMPIO B: favoreggiamento di un fornitore in una

gara d’appalto collaborando con lui nella stesura del

tender o informandolo sui prezzi offerti dalla

concorrenza

L’azienda in questo modo acquista beni/servizi di qualità

inferiore o ad un prezzo superiore rispetto a ciò che avrebbe

potuto ottenere senza l’insider

L’insider trading ai danni di una comunità

Il caso tipico è quello in cui dipendenti di una società approfittano delle proprie conoscenze in merito ad eventi non ancora noti al pubblico (aumento/diminuzione dei dividendi, lancio di nuovi prodotti, ecc.) per comprare o vendere azioni della società

N.B.: ci sono anche insider che non sono dipendenti della società sui cui titoli speculano (caso Boesky/Levine)

126

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8

Il caso Boesky/Levine: gli attori

•Ivan Boesky: presidente di una società di consulenza per investimenti in Borsa

•Dennis Levine: funzionario della Drexel, una investment Bank

•Mike Milken: funzionario della Drexel

Il caso Boesky/Levine: il fatto

Nel 1988 Ivan Boesky viene condannato a pagare una multa di 100 milioni USD e scontare 3 anni di carcere per avere accumulato dal 1985 al 1988 profitti grazie a insider information

Anche Levine e Milken vengono accusati per avere venduto a Boesky informazioni riservate su società che erano oggetto di acquisizione e per avere operato direttamente in Borsa beneficiando di tali informazioni

127

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9

Il caso Boesky/Levine: il fatto

Dagli atti processuali risulta che:

•Tra il 1985 e il 1988, Boesky e Milken avevano accumulato grazie all’insider trading profitti per oltre un miliardo di dollari

•In un caso Boesky e Levine erano riusciti a guadagnare oltre quattro milioni di dollari in soli quattro giorni

L’insider trading negli Stati Uniti e in Italia

•Negli USA dal 1934 esiste un organismo federale (Security & Exchange Commission) preposto a vigilare sulla correttezza delle operazioni di Borsa. Nel 1988 il Congresso USA ha aumentato le pene per gli insider elevando a 10 anni il periodo massimo di incarcerazione e a 2,5 milioni di dollari la multa massima

•Raccogliendo una raccomandazione CEE, la legge 157/1991 vieta la pratica dell’insider trading nelle operazioni di Borsa

128

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Il whistle-blowing. Il caso Vandivier

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1

IL WHISTLE BLOWING

Definizione

Il whistle blowing rappresenta un’iniziativa di un dipendente

di rendere noti fatti/comportamenti aziendali ritenuti

eticamente non corretti

Tale iniziativa può riguardare fatti già avvenuti o la possibilità che tali fatti avvengano in futuro

130

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2

Il WB interno

Il whistle blowing interno identifica l’azione di undipendente che riferisce ai propri superiori deficienze nei prodotti, nei processi produttivi o comportamenti scorretti di altri dipendenti dell’azienda

Esempio:•pressioni per raggiungere determinati obiettivi•arbitrio nell’assegnazione di promozione/incarichi/aumenti di retribuzione•molestie sessuali

Il WB interno

Il whistle blowing interno è spesso incoraggiato nelle aziende perché è un modo per individuare lacune altrimenti difficilmente individuabili.

Esempi:•politica della porta aperta•caselle dei suggerimenti•questionari•...

131

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3

Il WB esterno

Il whistle blowing esterno identifica l’azione di undipendente che rende noto all’esterno dell’azienda (ad esempio, mediante la stampa) deficienze nei prodotti, nei processi produttivi o comportamenti scorretti di altri dipendenti dell’azienda

Esempio:

•pratiche commerciali scorrette (corruzione)

•inquinamento ambientale

Il WB esterno e il dilemma etico

Il whistle blowing esterno comporta un dilemma etico per il dipendente che deve decidere quale di questi due doveri è più importante:

•la lealtà all’azienda (tacendo quindi su difetti in prodotti/servizi, tentativi di corruzione, ecc..)

•il dovere di informare la comunità, ad esempio, su prodotti/servizi difettosi o potenzialmente pericolosi sia pur danneggiando l’immagine aziendale e rischiando il licenziamento (vedi caso Vandivier)

132

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4

Il caso Vandivier: gli attori

•Goodrich: azienda USA produttrice di componenti meccanici ed elettronici per motoveicoli ed aerei civili e militari

•Kermit Vandivier: ingegnere, dipendente della Goodrich, addetto ai test di conformità dei prodotti con le specifiche tecniche di progettazione

•USAF: United States Air Force

Il caso Vandivier: gli eventi (1)

•Nel 1967 la Goodrich vince una gara indetta dalla USAF per la progettazione e la produzione di freni compatti per unnuovo aereo militare (A7-D)

•Kermit Vandivier, incaricato di effettuare test di conformità alle specifiche tecniche della USAF, si accorge che i dischi dei freni a volte si disintegrano a causa dell’eccessivo calore

133

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5

Il caso Vandivier: gli eventi (2)

•La Goodrich, avvertita del problema, chiede a Vandivier di effettuare nuove prove e di redigere comunque un rapporto di conformità

•Vandivier, che deve mantenere una moglie e sei figli e pagare un grosso mutuo sulla casa, per paura di essere licenziato obbedisce ai propri superiori e redige un falso rapporto di conformità

Il caso Vandivier: gli eventi (3)

•Nel 1969 la USAF esegue prove sull’aereo A7-D. Alcuni piloti affermano di avere corso rischi di incidenti a causa dei freni

•Viene aperta un’inchiesta, l’FBI svolge delle indagini

•Vandivier si licenzia dalla Goodrich, trova un altro impiego e racconta la verità

134

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6

Il caso Vandivier: considerazioni etiche

Sia pure tardivamente, Vandivier decise di agire non per proteggere se stesso a la famiglia, ma nell’interesse della comunità.

Infatti, se egli non avesse parlato, la USAF avrebbe potuto incriminare la Goodrich per inadempienza contrattuale, ma non direttamente un dipendente.

La Goodrich non avrebbe punito Vandivier.

135

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Un modello per la gestionedei problemi etici

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1

UN MODELLO PER ACCOSTARE I PROBLEMI ETICI

IN AZIENDA

1

I PROBLEMI ETICI IN AZIENDA

Problema etico:

Spesso si profilano due situazioni entrambe indesiderabili:- competitività / occupazione- competitività / ecologia- …

- situazione caratterizzata- dalla presenza di diversi diritti e interessi- (legittimi e non)- spesso inconciliabili- in cui una decisione va assunta

138

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2

2

SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

1. QUAL È IL NOCCIOLO DEL PROBLEMA?

1.1 Far emergere le questioni morali rilevanti

1.2 Identificare il problema fondamentale

- E’ necessario / ammissibile / opportuno- che l’attore A- decida di realizzare l’azione X- anziché...

3

SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

2. QUALI SONO LE PARTI IMPLICATE?

- Parti implicate: tutte quelle per cui devono essereconsiderati diritti / interessi

- Livello: micro = personameso = aziendamacro = contesto socio-economico

- Coinvolgimento diretto indiretto

AZIONISTI, TOP MANAGER, DIPENDENTI, CLIENTI, FORNITORI, COMUNITÀ LOCALE...

139

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3

4

SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

3. CHI È MORALMENTE RESPONSABILE?

- Chi ha il potere / dovere di decidere?- Chi è realmente in grado di influire sulla decisione?- Responsabili diretti / indiretti

INDIVIDUI, GRUPPI, AZIENDA, SOCIETÀ

FATTORI SCAGIONANTI - Ignoranza innocente- Incapacità innocente

ATTENUANTI - Incertezza su fatti o conseguenze- Difficoltà delle azioni richieste- Livello di coinvolgimento- Limitatezza del danno prodotto

5

SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

4. QUALI INFORMAZIONI SONO NECESSARIE?

- Sono AUSPICABILI o NECESSARIE ulteriori informazioni per poter assumere una decisione consapevole?

- Se sono NECESSARIE,saranno disponibili in un futuro prevedibile?

SÌNO

140

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4

6

SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

5. QUALI ARGOMENTI SI POSSONO PORTAREPRO O CONTRO?

- Identificare gli argomenti * PRO* CONTRO

- Classificare gli argomenti tra:* connessi ai principi* connessi alle conseguenze

7

SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

ARGOMENTI CONNESSI AI PRINCIPI

“Occorre scegliere l’alternativa di azione che è in accordo con un valore morale, senza riguardo alle conseguenze della scelta”Es.: diritti umani, onestà, trasparenza…

Valutare fino a che punto tali valori sono INVALICABILI

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SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

ARGOMENTI CONNESSI ALLE CONSEGUENZE

“Occorre scegliere l’alternativa di azione che in termini di conseguenze determina la maggior soddisfazione complessiva per le parti coinvolte”

- Fattori di mercato / di settore- Rischi, legali e non, connessi alle azioni- Immagine- Soddisfazione personale, sicurezza...

- Effetti nel b.p / nel l.p.

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SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

N.B. IL PRINCIPIO DELLO SPOSTAMENTO

“Un onere sproporzionato per un soggettonon elimina la responsabilità,ma induce allo spostamento del problema moraleal livello superiore”

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SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

6. QUAL È LA SOLUZIONE?

- Valutare il peso degli argomenti PRO e CONTRO

- Definire la soluzione e la conseguente azione

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SETTE DOMANDE IN SEQUENZA

7. SI È SODDISFATTI DELLA DECISIONE?

A. Sono pronto a rendere noto pubblicamente,in una discussione con le parti coinvolte,la decisione presa?

B. Assumerei la medesima decisione in futuro, in casi simili?

Se la risposta è NO:- nel b.t.: ripercorrere, se possibile, le fasi precedenti- nel l.t.: esaminare la possibilità di porre in essere azioni

per mutare il contesto in cui la decisione è assunta

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LA SEQUENZA

1. Qual è il nocciolo del problema?2. Quali sono le parti implicate?3. Chi è moralmente responsabile?

4. Quali informazioni sono necessarie?5. Quali argomenti si possono portare pro o contro?6. Qual è la soluzione?7. Si è soddisfatti della decisione?

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Il caso Piano Park

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CASO PIANO PARK Siamo a Molo, caotica e brulicante capitale del Conir. È sera. Conir è una nazione dell'Africa che conquistò l'indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1964. Dopo due anni di inefficaci tentativi di governi democratici, il Conir diventò una dittatura militare moderata sotto il comando del Generale Oduhga. Da allora il Presidente Oduhga ha sventato tre attentati, ma oggi, dopo più di 30 anni, occupa ancora il "monolito bianco" che una volta era il Palazzo del Governatore britannico. Nel 1996 il Presidente Oduhga persuase Venus, società con sede centrale in Francia, a collocare uno stabilimento per la produzione di creosoto in Hope Village, un piccolo villaggio in quella che era allora aperta campagna, a circa 12 miglia dal centro di Molo. Hope Village è la terra nativa del Presidente Oduhga, che ne volle fare una sorta di cittadella del progresso tecnologico per l’indipendente Conir. Dal 1966 al 1986 Venus produsse creosoto e un'ampia varietà di prodotti chimici presso lo stabilimento di Hope Village. Successivamente la società entrò in crisi e svendette impianti e terreno a Techcellence, una multinazionale operante nel settore dell'elettronica, con sede in Gold Beach (Australia). Techcellence s’insediò velocemente nei nuovi impianti e cominciò a produrre una vasta gamma di componenti per i computer. Dal 1986 al 1991 direttore generale fu Feckles, che al momento del suo insediamento aveva 55 anni. Feckles non aveva gradito la carica offertagli, ma alla fine aveva accettato. Aveva cinque anni per andare in pensione, non era molto motivato, e si lamentò incessantemente della cultura del Conir. Negli anni della sua gestione i risultati economici non furono soddisfacenti. Quando nel 1991 Feckles andò in pensione, fu sostituito da Gusher, nato nel 1958 a Outback Canyon in Australia. Gusher era ben visto, e l'incarico offertogli come direttore generale a Molo fu percepito da tutti come un decisivo salto di carriera. La trasformazione che egli attuò fu profonda. Nel giro di due anni l'azienda fu risanata. Qualcuno della Techcellence insinuò che il suo successo era dovuto a un mutamento favorevole nelle condizioni dei mercati internazionali, altri lodarono le sue qualità. Oggi, Gusher è sempre più frequentemente accreditato come uno dei potenziali direttori generali del Gruppo, ed egli non fa nulla per smentire tali voci. Questa sera Gusher ha convocato una riunione del suo gruppo dirigente. Scopo: discutere e ottenere consenso per il piano da lui elaborato chiamato “Park”, che prevede il trasferimento di Techcellence all’interno del nuovo

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Parco Industriale General Oduhga. Il Parco, molto ben progettato, è vicino all’aeroporto internazionale di Molo ed è servito da una nuova autostrada. Inoltre le imprese che collocano strutture e servizi nel Parco ricevono speciali privilegi fiscali sulle importazioni di materiali e componenti. Tutto questo fa del Parco, sostiene in modo sicuro Gusher, “il posto giusto per noi”. La discussione all’interno del gruppo dirigente si sta incanalando per il verso giusto, ma Gusher sente l'esigenza di una spinta ulteriore. Così aggiunge: “Sentite, ragazzi, oltre a tutti i vantaggi che vi ho menzionato, siamo anche nelle condizioni di realizzare un grosso utile sulla proprietà immobiliare. Sono ben consapevole che Techcellence non è una società immobiliare, ma perché non cogliere questa opportunità? Abbiamo comprato l’area Hope per 300,000 $ e ora la Fondazione Marie Oduhga Memorial Hospital ci pagherà 8 milioni di $. Molo è cresciuta a un ritmo formidabile e quella che una volta era aperta campagna è ormai una caotica area urbana. Naturalmente i prezzi dei terreni ne hanno risentito ed è ora molto difficile trovare nella zona metropolitana di Molo un’area libera simile, adeguata per un ospedale.” “Venderemo una proprietà per 8 milioni di $ che ci è costata 300,000 $. Inoltre pagheremo 800,000 $ al figlio del Presidente, Johnnie Oduhga, che è un intermediario certificato di beni immobili, conseguendo dunque una plusvalenza di 6,9 milioni. Tenete presente che questa plusvalenza non è soggetta a tassazione e che ho assicurato che contribuiremo con 100,000 $ al Fondo per la costruzione del Marie Oduhga Memorial Hospital. Successivamente pagheremo 500,000 $ per ubicarci all’interno del Parco Industriale, e altri 5 milioni per costruire il nuovo stabilimento che sarà alla frontiera della tecnologia. Così portiamo a termine l’operazione con 1,3 milioni di $ di utile netto. È una vera vittoria per tutti!”

“Mi scusi, Mr. Gusher - dice un’esile voce. E’ Dorobo, un'esponente di Techcellence, arrivata tre mesi prima in qualità di esperta di problemi ambientali - la Venus ha mai fatto valutazioni ambientali?"

Gusher: "Che io sappia no. Feckles non mi ha mai menzionato nessuna cosa del genere e, da quando io sono qui, nessuno del governo mi ha sollevato problemi a questo riguardo. Non penso ci si debba preoccupare".

Dorobo: "Ma, Mr. Gusher, ho esaminato il suolo dell’area Hope in 18 punti, e risulta contaminato di creosoto e di numerose altre sostanze anche peggiori. Ripulirlo richiederà la rimozione di oltre mezzo metro di suolo da gran parte dell'area. Inoltre occorre operare una bonifica per essere veramente certi che il sottosuolo sia sicuro

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per un uso industriale. Questo costerebbe 1 milione o al massimo 1 milione e mezzo di $".

Gusher: "Visto che il Presidente vuole l’ospedale a Hope in memoria di sua moglie, penso che siamo tranquilli così. L’uscita necessaria per il disinquinamento renderebbe più difficile ottenere l’approvazione dell’intera operazione da parte del C.d.A. in Australia. Oltre a ciò sia Feckles che io abbiamo provveduto ad effettuare annualmente le certificazioni ambientali sull’inquinamento, compreso quello del terreno, e Techcellence è risultata sempre in regola".

Dorobo: "E’ vero che Techcellence è sempre risultata in regola, ma è anche vero che il nostro terreno è inquinato e, quindi, inadatto per un ospedale".

Gusher: "Ma tutto quest’inquinamento è stato provocato da Venus molto tempo prima che noi arrivassimo qui e, d’altra parte, non sembrerebbe così nocivo, visto che nessun nostro dipendente è mai stramazzato al suolo da queste parti, non Le sembra?"

Dorobo: "A dire il vero, non siamo poi così sicuri di questo. Il Centro Medico mi ha riferito che alcuni dei nostri dipendenti con maggiore anzianità hanno anomali dolori che potrebbero essere causati proprio dall’inquinamento".

Gusher: "Non vedo perché dovremmo essere considerati responsabili per i mali commessi dai nostri predecessori. Inoltre, il Governo non si è interessato dell’argomento e non ha mai operato controlli su Venus. No, penso che possiamo procedere con il Piano Park con la coscienza pulita. Io per il momento posso dormire sonni tranquilli". Malgrado questa ostentazione di sicurezza, Gusher torna a casa a disagio. Sta ripensando ai tre bambini che ha lasciato con sua moglie a Gold Beach, certamente per via della scuola ma anche, e forse soprattutto, perché aveva temuto che il Conir non fosse un luogo adatto a loro. D’altra parte, accettando il trasferimento a Molo, aveva effettuato un importante salto di carriera e ottenuto un grosso bonus annuale che gli consente,tra l’altro, di mandare i propri figli nelle migliori scuole private della sua città. A questo punto Gusher inizia a porsi alcune domande: Techcellence è responsabile - non sotto il profilo legale, ma etico -

anche se il governo del Conir non ha mai sollevato il problema ambientale?

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Techcellence è moralmente responsabile per i danni ambientali causati dall’azienda precedente, ancorché tali danni non fossero legalmente perseguibili né allora né probabilmente lo sono oggi?

In presenza di qualche dubbio, non sarebbe bene raddoppiare il contributo al Marie Oduhga Memorial Hospital? Dopo tutto Techcellence si concepisce come un’impresa sensibile ai problemi sociali.

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La discriminazione e le molestie sul lavoro

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L’IMPRESA VERSO I DIPENDENTI:

LA DISCRIMINAZIONE E LE MOLESTIE SUL

LAVORO

La discriminazione del personale: definizione

Per discriminazione del personale si intende la selezione,

assunzione, promozione o demozione e licenziamento in base

a pregiudizi, cioè a criteri non direttamente legati a una

dimostrata capacità/incapacità di svolgere un determinato

lavoro

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Le pratiche di discriminazione del personale

•Selezione: informazioni sui posti disponibili limitate a

circoli ristretti; test attitudinali deliberatamente difficili;

interviste condotte in modo tale da scoraggiare l’intervistato

•Retribuzione: salari inferiori a parità di lavoro

•Carriera: promozioni e trasferimenti differenziati

•Licenziamenti: maggiore vulnerabilità delle minoranze

etniche e delle donne nei periodi di crisi aziendali,

recessione/stagnazione economica

Discriminazione del personale: valutazione etica

•Per l’utilitarismo la società complessivamente soffre della

discriminazione per il sottoimpiego di risorse utili allo

sviluppo dell’economia e per lo scontento sociale

•Per il kantismo la discriminazione permette che gli uomini

vengano trattati come mezzi e non come fini

•Per la giustizia distributiva la discriminazione non concede

a tutti uguali opportunità

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Le leggi USA sulla discriminazione

•1963 Equal Pay Act: diritto per tutti alla stessa retribuzione

a parità di mansioni

•1964 Civil Rights Act: proibisce la discriminazione sul

lavoro per motivi di razza, colore, sesso, nazionalità, religione

•1964 istituzione della Equal Employment Opportunity

Commission

•1967 Age Discrimination Act: protegge dalla

discriminazione in base all’età

“Affirmative Actions” e “Reverse Discrimination”

A partire dagli anni Settanta, il Governo Federale impose alle imprese “affirmative action” a tutela delle minoranze, quali:•Active recruitment: rendere noti alle minoranze i posti di lavoro disponibili•Equalization of Job Criteria: richiedere requisiti minimi necessari per svolgere un lavoro•Adequate training: addestrare persone non preparate•Preferencial Hiring: assumere minoranze a parità di qualifica professionale•Promotion to senior position: promozione a posizioni manageriali di membri delle minoranze

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Le molestie sul lavoro

Le molestie sul luogo di lavoro identificano tutti gli atteggiamenti/azioni messi in atto da una certa persona allo scopo di esercitare la volontà di dominio su un altro individuo che, di conseguenza, viene privato della libertà di lavorare senza paura

Tali “pressioni” possono essere:•fisiche •psicologiche (sguardi, battute pesanti, ecc.)

Le molestie come forma di discriminazione

Negli Stati Uniti le molestie sono state equiparate alle forme di discriminazione e, dunque, sottoposte all’attenzione dellaEEOC (Equal Employment Opportunity Commission)

La discriminazione è doppia:•nei confronti delle persone molestate che sono private delle normali condizioni di libertà emotiva e serenità professionale•nei confronti delle persone non molestate che non godono degli avanzamenti di carriera/aumenti di stipendio di cuibeneficiano le persone “molestate” quando accettano lepressioni

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I codici di comportamento

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NATURA ECONDIZIONI DI EFFICACIA

DEI CODICI AZIENDALI

1. NATURA E VARIETÀ

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I CODICI ETICI

Per favorire:- la diffusione all’internodi atteggiamenti/comportamenti corretti

- lo sviluppo e il consolidamentodi una cultura aziendale forte e coesa

- lo sviluppo dell’immagine aziendalepresso i diversi interlocutori

le imprese elaborano sempre più frequentementedocumenti che esplicitano:

• PRINCIPI / VALORI• RESPONSABILITA’ VERSO GLI INTERLOCUTORI• NORME DI COMPORTAMENTO

LA DIFFUSIONE DEI CODICI

• hanno avuto origine negli USA, dove hanno larga diffusione• sono molto diffusi in Europa• sono in forte sviluppo in atto in Italia

IMPRESEENIFIATMONTEDISON

COOPERATIVECoop Edificatrice Ansaloni

BANCHEBNL

I codici (di comportamento, etico, di condotta, di autoregolamentazione o direttive aziendali o ethical standard):

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LE DIVERSE FORME DEI CODICI

IDEE GUIDACARTA DEI PRINCIPI

MANIFESTO AZIENDALE

CODICE DI COMPORTAMENTO

SINTETICO

CODICE DI COMPORTAMENTO

ANALITICO

AMPIEZZA DEL DOCUMENTO

1.Valori/principi 1. Valori/principi2. Linee guida

1. Valori/principi2. Linee guida

3. Norme di comportamento

STAKEHOLDER E PRINCIPI DEI CODICI

Principi

Stakeholder

Equità /imparzialità

Legalità Trasparenza Conflitto diinteressi

Competitività /Redditività

Dipendenti

Azionisti/finanziatori

Clienti

Fornitori

Concorrenti

Statoe comunità localePartiti politici e

Pubblici ufficialiAmbiente

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CONTENUTI DELLE DIRETTIVE

DOVERI INDIVIDUALI

ENUNCIATI DI POLITICA AZIENDALE

CONTENUTI

STILE DEGLI ENUNCIATI

“Chiedo a ciascuno, nella GE Community, unpersonale impegno a seguire il nostro Codicedi Condotta:- obbedisci alle regole e alle norme che siapplicano ovunque nel mondo alla nostracondotta negli affari- sii onesto, corretto e meritevole di fiducia intutte le tue attività e relazioni come membrodella GE...” (GE)

“Per quanto aspra possa essere lacompetizione e per quanto alte possano esserele poste in gioco, GE competerà solo conmezzi legittimi ed etici” (GE)

“E’ fatto divieto ai dipendenti di indurrel’impresa a comprare servizi o prodotti dapropri famigliari o da aziende in cui la lorofamiglia ha una partecipazione significativa odi controllo, salvo espressa autorizzazionedopo aperto esame dei fatti pertinenti”(Morgan Stanley)

“Particolare cura deve esercitarsi per evitarepratiche che cerchino di incrementare levendite con mezzi diversi dai corretti sforzi dicommercializzazione basati su qualitàcaratteristiche progettuali, produttività, prezzoe servizio” (Caterpiller).

DOVERI INDIVIDUALI ENUNCIATI DI POLITICA AZIENDALE

DIRETTIVE

SPECIFICHE

GENERALI

CONTENUTI

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2. BENEFICI ERISCHI

La presenza del codice aziendale può esercitare un influsso positivo su:

A. I MANAGER

B. L’IMPRESA

C. IL SETTORE E IL SISTEMA ECONOMICO

I BENEFICI CONNESSI AI CODICI AZIENDALI

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• facilitazione dell’assimilazione dei principi,restringendone le possibilità interpretative

• chiarezza su idee-guida, politiche aziendali neiconfronti dei diversi stakeholder, stili di azione

• punto di riferimento per la gestione

• argomento per respingere richieste/pressioni illecite

• argomento per negare favori a clienti/categorie diclienti

A. I BENEFICI PER I MANAGER

• condivisione della cultura aziendale e di gruppo• promozione del senso di appartenenza • sviluppo di un contesto di lavoro positivo,

connotato da lealtà e trasparenza• prevenzione di illeciti aziendali• strumento per perseguire comportamenti scorretti

dei dipendenti• immagine positiva presso gli interlocutori sociali• accreditamento presso clienti o in occasione di gare• sviluppo di partenership

B. L’INFLUSSO SULL’IMPRESA

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• correttezza nei rapporti tra concorrenti

• sviluppo della fiducia del pubblico verso gli operatori economici

• ridotta necessità di intervenire con la regolamentazione pubblica

C. L’INFLUSSO SUL SETTOREE SUL SISTEMA ECONOMICO

– specificazioni come nessuna norma giuridica può ragionevolmente fare

– rapidità e semplicità d’attuazione

– possibilità di un continuo aggiornamento

– linguaggio semplice

I VANTAGGI RISPETTO ALLA LEGGE

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GLI OBIETTIVI DELL’AZIENDA: UNA SINTESI

INTERNI

ESTERNI

CONDIVISIONE CULTURA

INTEGRITÀ CONDOTTA

CULTURA FORTE(SENSO DI

APPARTENENZA)

SVILUPPO CULTURA

DI GRUPPO

CREDIBILITÀ PER LO

SVILUPPO DI PARTNERSHIP

IMMAGINE AZIENDALE

ACCREDITAMENTO PRESSO CLIENTI / CONDIZIONE DI

PARTECIPAZIONEA GARE

INTEGRITA’ DEI COLLABORATORI /

PREVENZIONE ILLECITI AZIENDALI

DETERRENTEVERSOTERZI

• Dalla tensione morale alle prescrizioni

• Immagine manipolatoria / operazione di facciata

• Effetto boomerang all’interno

• Usato come scudo verso la legge

I RISCHI

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3. CONDIZIONI DI EFFICACIA

1. ELEMENTO DELLA STRATEGIA AZIENDALE

Il codice deve costituire un elemento vivodella strategia operante e del disegno strategico:

- spesso ripropone l’identità aziendale (mission) - è parte integrante dell’assetto organizzativo - è funzionale alle alleanze strategiche- è strumento di politica verso gli interlocutori sociali

esterni - è occasione di esplicitazione della vision

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CULTURAAZIENDALE

STRUMENTO DI CONSOLIDAMENTO /

ADEGUAMENTO

STRUMENTO DICAMBIAMENTO

FORTE E POSITIVA

MINATA DA FENOMENI

DI LOTTIZZAZIONE/CORRUTTELA

2. CHIAREZZA DELLO SCOPO DA PERSEGUIRE

3. RUOLO TRAINANTE DEI VERTICI AZIENDALI

• Coinvolgimento del CdA e del top management nei processi di elaborazione

- diagnosi corretta della situazione aziendale- sincerità di intenti- tempo e determinazione

• Ruolo attivo in fase di gestione:- fornire l'esempio- controllare le azioni

entro la propria area di responsabilità- valutare i collaboratori anche sui comportamenti

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4. CONTENUTI E LINGUAGGIO EFFICACI

• Contenuti non generici, ma focalizzati sulle specificità del settore e dell’impresa

• Espressioni chiare:

– evitare linguaggio troppo tecnico

– utilità di inserire esempi per chiarire i concetti

Direttive

STRUMENTO DI FORMALIZZAZIONE

PERICOLO DI MINARE IL RAPPORTO DI FIDUCIA

TRA VERTICE/STRUTTURA

PERICOLO DI GENERICITA’

STRUMENTO PER INFLUIRE SUI

COMPORTAMENTI

Generali Specifiche

Culturaaziendale

Forte e positiva

In formazione/

cambiamento

+

-

-

+

5. ARMONIA TRA STILE E CULTURA AZIENDALE

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Modalità di introduzione

Top-Down Bottom-Up

Culturaaziendale

Forte e positiva

In formazione/

cambiamento

STRUMENTO DI CONSOLIDAMENTO /

ADEGUAMENTO

PERICOLO DI DESTABILIZZAZIONE

PERCEZIONE DIIMPOSIZIONE

OCCASIONE DIRIFLESSIONE /

COMUNICAZIONE

+

-

-

+

6. ARMONIA TRA MODALITÀ DI ELABORAZIONEE CULTURA AZIENDALE

Diffusione all’interno:- consegna e sottoscrizione al momento dell’assunzione - distribuzione nell’ambito di convention- spedizione con lettera di accompagnamento del Presidente- consegna da parte di un superiore- consegna con la busta paga- affissione nelle aree di lavoro

Distribuzione ai principali stakeholder esterni

Presentazione- incontri ad hoc- presentazione nell’ambito di convention- meeting su temi specifici affrontati dal codice- corsi di formazione, ecc..

7. MODALITÀ DI DIFFUSIONE/PRESENTAZIONE

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– Garante

– Comitato Etico

8. STRUTTURA AD HOC

9. MECCANISMI AD HOC

Procedure di segnalazione (al capo diretto, al garante)

Procedure ispettive

Meccanismi sanzionatori (spesso informali)

Attività di consulenza per i collaboratori

Procedure di comunicazione

Programmi di formazione

Aggiornamento (per nuove norme, tecnologie, problemi)

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• Provvedimenti per limitare gli illeciti (misure di prevenzione)

• Mappatura delle aree aziendali maggiormente soggette a illeciti: intensificazione delle procedure di autorizzazione e di controllo

• Attenzione però all’eccessiva burocratizzazione

10. CONTESTO INTERNO FAVOREVOLE

• Provvedimenti legislativi a sostegno di comportamenti etici

• Sviluppo di codici settoriali

• Autoregolamentazione dei vasti insiemi di aziende

• Accesso a gare solo in presenza di CCA

11. CONTESTO ESTERNO FAVOREVOLE

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Il bilancio sociale.Categorie di stakeholder

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1

Esempi di contenuti del BS: Dipendenti (I)

I CONTENUTI

DEL BILANCIO SOCIALE

Esempi di contenuti del BS: Dipendenti (I)

Presenza di momenti formali di colloquio o erogazione periodica Presenza di momenti formali di colloquio o erogazione periodica di un di un questionario motivazionale per misurare il grado di soddisfazionquestionario motivazionale per misurare il grado di soddisfazione;e;

Concessione di un periodo di maternità più lungo di quello conceConcessione di un periodo di maternità più lungo di quello concesso sso dalla legge;dalla legge;

Formazione continua (linguistica, salute e sicurezza, IT, manageFormazione continua (linguistica, salute e sicurezza, IT, manageriale, riale, “ad hoc”,…) interna e/o a distanza e/o interaziendale;“ad hoc”,…) interna e/o a distanza e/o interaziendale;

Mobilità interna;Mobilità interna;

Politica delle pari opportunità (nessuna discriminazione di sessPolitica delle pari opportunità (nessuna discriminazione di sesso, o, razza, lingua, religione, opinioni politiche, appartenenza sindarazza, lingua, religione, opinioni politiche, appartenenza sindacale);cale);

Orari agevolati per le mamme lavoratrici;Orari agevolati per le mamme lavoratrici;

Esercitazioni antincendio;Esercitazioni antincendio;

Concessione delConcessione del partpart--time e di periodi di aspettativa;time e di periodi di aspettativa;

(segue)(segue)

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2

Esempi di contenuti del BS: Dipendenti (II)

Introduzione e sviluppo del telelavoro;Introduzione e sviluppo del telelavoro;

Convenzioni e agevolazioni (viaggi, sport, cinema, ristoranti, aConvenzioni e agevolazioni (viaggi, sport, cinema, ristoranti, auto, uto, assicurazioni);assicurazioni);

Realizzazione asili nido interni e/o convenzione con asili nido Realizzazione asili nido interni e/o convenzione con asili nido esterni;esterni;

Visite periodiche generali e specialistiche a tutti i dipendentiVisite periodiche generali e specialistiche a tutti i dipendentiindipendentemente dal rapporto contrattuale;indipendentemente dal rapporto contrattuale;

Rete intranet per raccogliere materiale informativo su aspetti Rete intranet per raccogliere materiale informativo su aspetti strutturali e organizzativi e per ampliare, intensificare e rendstrutturali e organizzativi e per ampliare, intensificare e rendere ere interattiva la comunicazione interna;interattiva la comunicazione interna;

Politiche a favore dei portatori di handicap;Politiche a favore dei portatori di handicap;

Pubblicazione periodica di un magazine interno;Pubblicazione periodica di un magazine interno;

Servizio di trasporto gratuito da casa al posto di lavoro;Servizio di trasporto gratuito da casa al posto di lavoro;

(segue)(segue)

Esempi di contenuti del BS: Dipendenti (III)

Garanzia per le neoGaranzia per le neo--mamme di rientrare nella stessa posizione o in altra mamme di rientrare nella stessa posizione o in altra equivalente e coerente con quella ricoperta precedentemente al pequivalente e coerente con quella ricoperta precedentemente al parto;arto;

Eventi per favorire la comunicazione interna (concerti, cene fesEventi per favorire la comunicazione interna (concerti, cene feste, te, apertura porte ai figli dei dipendenti,…);apertura porte ai figli dei dipendenti,…);

Monitoraggio salute e sicurezza sul lavoro;Monitoraggio salute e sicurezza sul lavoro;

Limitazione del lavoro precario;Limitazione del lavoro precario;

Partecipazione alla stesura del regolamento interno,Partecipazione alla stesura del regolamento interno,

Comunicazione dei risultati;Comunicazione dei risultati;

Comunicazione dei progetti futuri;Comunicazione dei progetti futuri;

Definizione di premi economici;Definizione di premi economici;

Servizio mensa di qualità;Servizio mensa di qualità;

......

175

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3

Esempi di contenuti del BS: Clienti

Processo di Customer Satisfaction (ascoltoProcesso di Customer Satisfaction (ascolto-->analisi>analisi-->azione);>azione);

Trasparenza e completezza nella formulazione dei contratti;Trasparenza e completezza nella formulazione dei contratti;

Informazioni su prodotti e servizi effettuate in modo chiaro e tInformazioni su prodotti e servizi effettuate in modo chiaro e trasparente;rasparente;

Adozione di un comportamento moralmente integro, professionale eAdozione di un comportamento moralmente integro, professionale edisponibile nei confronti del cliente;disponibile nei confronti del cliente;

Garanzia di standard di qualità dei prodotti offerti;Garanzia di standard di qualità dei prodotti offerti;

Informazioni sui rischi legati all’utilizzo dei prodotti e del lInformazioni sui rischi legati all’utilizzo dei prodotti e del loro impatto oro impatto ambientale;ambientale;

Offerta di prodotti con valenza sociale;Offerta di prodotti con valenza sociale;

Promozione di azioni di responsabilità sociale all’interno dell’Promozione di azioni di responsabilità sociale all’interno dell’intera catena intera catena produttiva;produttiva;

......

Esempi di contenuti del BS: Fornitori

Trasparenza, correttezza, integrità ed equità contrattuale;Trasparenza, correttezza, integrità ed equità contrattuale;

Scelta di fornitori che rispettano l’ambiente, adottano un Scelta di fornitori che rispettano l’ambiente, adottano un comportamento socialmente responsabile; comportamento socialmente responsabile;

Condivisione della conoscenza tecnologica;Condivisione della conoscenza tecnologica;

Rapporti di lungo periodo;Rapporti di lungo periodo;

Imparzialità nella scelta dei fornitori;Imparzialità nella scelta dei fornitori;

Pagamento nei tempi e nei modi stabiliti;Pagamento nei tempi e nei modi stabiliti;

Attenzione particolare alle imprese locali;Attenzione particolare alle imprese locali;

Chiusura dei rapporti con fornitori che sfruttano il lavoro minoChiusura dei rapporti con fornitori che sfruttano il lavoro minorile e rile e che non rispettano i diritti basilari della persona;che non rispettano i diritti basilari della persona;

Estensione della rintracciabilità del prodotto;Estensione della rintracciabilità del prodotto;

......

176

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4

Esempi di contenuti del BS: Comunità

Miglioramento della qualità della vita nelle comunità locali in Miglioramento della qualità della vita nelle comunità locali in cui la cui la società opera (interventi nel sociale, nella cultura, nell’educasocietà opera (interventi nel sociale, nella cultura, nell’educazione e zione e nello sport);nello sport);

Promozione dei diritti umani;Promozione dei diritti umani;

Erogazione contributi e sponsorizzazioni a enti senza scopo di lErogazione contributi e sponsorizzazioni a enti senza scopo di lucro;ucro;

Collaborazione con istituti scolastici e università;Collaborazione con istituti scolastici e università;

Adozione di sistemi produttivi con sistemi di sicurezza (oltre qAdozione di sistemi produttivi con sistemi di sicurezza (oltre quanto uanto previsto dalla legge) per tutelare la salute collettiva;previsto dalla legge) per tutelare la salute collettiva;

......

Esempi di contenuti del BS: Ambiente

Promozione dei prodotti biologici;Promozione dei prodotti biologici;

Efficienza ambientale del sistema logistico;Efficienza ambientale del sistema logistico;

Monitoraggio dei livelli di emissione elettromagnetica, dell’impMonitoraggio dei livelli di emissione elettromagnetica, dell’impatto atto ambientale visivo e sonoro;ambientale visivo e sonoro;

Attenzione ai consumi (idrico, energia, materiali, gas refrigeraAttenzione ai consumi (idrico, energia, materiali, gas refrigeranti,…);nti,…);

Informazioni al consumatore sul corretto smaltimento del Informazioni al consumatore sul corretto smaltimento del packagingpackaging;;

Utilizzo prodotti e tecnologie ecoUtilizzo prodotti e tecnologie eco--efficienti;efficienti;

Raccolta differenziata all’interno dell’azienda;Raccolta differenziata all’interno dell’azienda;

......

177

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5

Esempi di contenuti del BS: Stato e Istituzioni

Assoluto rispetto della legge e dei regolamenti vigenti;Assoluto rispetto della legge e dei regolamenti vigenti;

Comunicazione fiscale chiara, tempestiva, completa e trasparentComunicazione fiscale chiara, tempestiva, completa e trasparente;e;

Collaborazione con le istituzioni per garantire lo sviluppo di pCollaborazione con le istituzioni per garantire lo sviluppo di prodotti rodotti sempre più sicuri;sempre più sicuri;

Attenzione alle Associazioni dei Consumatori;Attenzione alle Associazioni dei Consumatori;

Condivisione delle conoscenze con le istituzioni in studi e riceCondivisione delle conoscenze con le istituzioni in studi e ricerche rche riguardanti il proprio settore e/o la responsabilità sociale d’iriguardanti il proprio settore e/o la responsabilità sociale d’impresa;mpresa;

Adesione al Global Compact;Adesione al Global Compact;

……

Esempi di contenuti del BS: Concorrenti

Rispetto dei marchi;Rispetto dei marchi;

Promozione di azioni di responsabilità sociale nel proprio settoPromozione di azioni di responsabilità sociale nel proprio settore;re;

Rispetto dei brevetti;Rispetto dei brevetti;

Pratiche contro i comportamenti Pratiche contro i comportamenti distorsividistorsivi e predatori;e predatori;

Pratiche anticollusione in materia di trust;Pratiche anticollusione in materia di trust;

......

178

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6

Esempi di contenuti del BS: Finanziatori

Comunicazione delle strategie e delle politiche aziendali in modComunicazione delle strategie e delle politiche aziendali in modo tempestivo, o tempestivo, completo, chiaro e trasparente, evitando l’asimmetria informativcompleto, chiaro e trasparente, evitando l’asimmetria informativa;a;

Garanzia della continuità aziendale e di orizzonti temporali di Garanzia della continuità aziendale e di orizzonti temporali di lungo periodo;lungo periodo;

……

179

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Il CSR Manager

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1

La ricercaI risultatiIl futuroLe conclusioni

Il CSR Manager in Italia

Gli obiettivi della ricerca

Dimensione del fenomeno

Grado di formalizzazione

Profilo

Attività

Prospettive

182

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2

L’intervista

Anagrafica dell’impresa e del CSR Manager

Attività di CSR nell’impresa

Collocazione organizzativa

Attività dell’addetto alla CSR

Formazione

Stakeholder engagement

Opinioni su attività future di CSRfuturo della posizione

I criteri di selezione delle imprese

Impegno intenso nella CSR:

Candidatura al Sodalitas Social Award (2003 e 2004)

Osservatorio ISVI – ALTIS sul Bilancio di sostenibilità

Stampa nazionale

183

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3

Il campione

Non quotata

Quotata

Totale

PMI

32

1

33

Grandi

33

24

57

Totale

90

65

25

Qu

otaz

ion

e

Dimensione

Risposte valide: 90Valori assoluti

La ricercaI risultatiIl futuroLe conclusioni

184

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4

I documenti e le politiche in cui compare la CSR

77,8

63,3

63,3

46,7

40,0

30,0

23,3

10,0

13,3

13,3

6,7

14,4

12,2

14,4

Totale

Piano strategico

Presentazione agli investitori

Politiche di investimenti/acquisizioni

Mission e vision

Strategie di innovazione tecnologica

Politiche di prodotto (dirette ai consumatori)

Codice etico (o di comportamento)

Impegniper il futuro

Situazioneattuale

Valori in % Risposte valide: 90

Le principali attività di CSR delle aziende

Valori in % Risposte valide: 90

Totale

Cause Related Marketing

Comunicazione interna su temi di CSR

Sponsorizzazioni

Bilancio sociale (o di sostenibilità)

Codice etico (di comportamento) e sua gestione

Inserimento di specifici obiettivi di CSR nel piano strategico d’impresa

Politiche verso la comunità e il territorio

Forme di dialogo con gli stakeholder

Formazione sui temi della CSR

Welfare aziendale(asili nido, assicurazioni integrative,…)

87,8

73,3

71,1

71,1

68,9

64,4

62,2

53,3

48,9

47,8

185

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5

Lo stakeholder engagement

Valori in % Risposte valide: 90

INTERLOCUTORI DIRETTI

ASSOCIAZIONI E NON PROFIT

ESPERTI

INTERLOCUTORI DIRETTIINTERLOCUTORI DIRETTI1. 1. CollaboratoriCollaboratori2. 2. FornitoriFornitori3. 3. ClientiClienti4. 4. Comunità localiComunità locali5. 5. Azionisti di minoranzaAzionisti di minoranza6. 6. Investitori istituzionaliInvestitori istituzionali

ASSOCIAZIONI E NON PROFITASSOCIAZIONI E NON PROFIT7. 7. Sindacati/Rappresentanti dei lavoratoriSindacati/Rappresentanti dei lavoratori8. 8. Mondo politicoMondo politico9. 9. Associazioni dei consumatoriAssociazioni dei consumatori10.10. Associazioni industriali e di settoreAssociazioni industriali e di settore11. 11. Organizzazioni per la protezione Organizzazioni per la protezione

ambientaleambientale12. 12. Organizzazioni per la difesa dei diritti Organizzazioni per la difesa dei diritti

umaniumani13. 13. ONGONG14.14. FondazioniFondazioni15. 15. Chiese/Gruppi religiosiChiese/Gruppi religiosi

ESPERTIESPERTI16. 16. Ricercatori (Universitari e non)Ricercatori (Universitari e non)17. 17. Professionisti della CSR indipendentiProfessionisti della CSR indipendenti

Previsto per il futuroAttuale

-

20,0

40,0

60,0

80,0

100,01

2

3

4

5

6

7

8910

11

12

13

14

15

16

17

I CSR Manager formalizzati

Valori in % Risposte valide: 90

CSR ManagerNon formalizzato

CSR ManagerFormalizzato

31

22

26

11PMI

Grandi

186

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6

81,3

78,1

78,1

68,8

65,6

65,6

56,3

53,1

37,5

34,4

- 50,0

Totale

Cause Related Marketing

Codice etico (di comportamento) e sua gestione

Formazione sui temi della CSR

Comunicazione interna sui temi della CSR

Inserimento di obiettivi di CSR nel piano strategico

Forme di dialogo con gli stakeholder

Qualificazione dei fornitori connessa alla sostenibilità

Bilancio sociale (o di sostenibilità)

Politiche verso la comunità e il territorio

Adesione a SA8000

Le attività dei CSR Manager

Valori in % Risposte valide: 32

L’anno di introduzione del CSR Manager

Valori in % Risposte valide: 74

7

41 1 35 6 6

29

33

22

16

10

5

211

0

5

10

15

20

25

30

35

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

Numero cumulatoCSR Manager

Numero nuoviCSR Manager

187

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7

La provenienza del CSR Manager

Valori in % Risposte valide: 74

Totale

PMI

Grandi

Era un dipendentedell’impresa

Arrivatodall’esterno

12,5

10,0

11,8

87,5

88,2

90,0

Il tempo dedicato alla CSR

Valori in % Risposte valide: 90

Totale

PMI

Grandi

Totale

CSR Managerformalizzato

CSR Managernon formalizzato

32,4

16,9

8,8

16,9

67,6

13,5

39,4

24,3

23,5

29,7

26,8

20,5

11,1

16,9

20,5

16,9

27,3

59,3

39,4

11,1

26,8

18,5

31,8

Più del 50%Full time Tra 50% e 25% Meno del 25%

188

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8

43,2

23,0

16,2

8,1

5,4

4,1

- 50,0

La formazione di base del CSR Manager

Valori in % Risposte valide: 71

Tecnico-scientifica

Sociologica

Economica

Giuridica

Umanistica

Altro

64,8

14,1

9,9

5,6

4,2

1,4

- 50,0

Economica

Interdisciplinare

Sociologica

Altro

Giuridica

Umanistica

Attuale Auspicata

Valori in % Risposte valide: 74

La dipendenza funzionale del CSR Manager

Valori in % Risposte valide: 69

Totale

Direttore Affari Societari

Altro

Presidente o Amministratore Delegato

Direttore Generale

Direttore Comunicazione e Pubbliche Relazioni

Direttore Amministrativo

Direttore del Personale

40,6

29,0

8,7

7,2

5,8

4,3

4,3

189

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9

Il numero di collaboratori del CSR Manager

Valori in % Risposte valide: 71

10 2 o 3 4 o 5

Totale

PMI

Grandi

Più di 5

18,2

22,2

19,7

31,8

31,0

2,3

7,4

4,2

22,7

7,4

16,9

29,6

28,2

33,3

25,0

20,5

18,5

19,7

18,2

31,0

4,5

3,7

4,2

6,8

33,3

16,9

51,9

27,3

29,6

28,2Totale

CSR Managerformalizzato

CSR Managernon formalizzato

L’interazione con le altre funzioni

Valori in % Risposte valide: 74

Salute, sicurezza e ambiente

Internal Auditing

Affari Sociali o Ufficio Legale

Pianificazione e controllo

Direzione Generale

Comunicazione e Pubbliche Relazioni

Personale

Totale

62,2

59,5

39,2

21,6

20,3

14,9

12,2

190

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10

Il profilo auspicato della “funzione” di CSR

Valori in % Risposte valide: 74

Altro

Team

Persona al Vertice

Singolo CSR manager impegnato anche in un’altra funzione

Singolo CSR Manager che si occupa solo di CSR

Totale

63,5

14,9

9,5

6,8

5,3

Valori in % Risposte valide: 90

I corsi di formazione frequentati sulla CSR

71,9

36,4

58,9

PER DIMENSIONE AZIENDALE

PER FORMALIZZAZIONE CSR MANAGER

PMI

Grandi

Totale

Totale

CSR Manager formalizzato

CSR Manager non formalizzato 52,8

67,6

58,9

191

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11

Valori in %

I contenuti dei corsi di formazione sulla CSR

Grandi PMI

53,7

36,6

22,0

26,8

26,8

22,0

22,0

17,1

19,5

17,1

-50,0

Adesione a SA8000

Comunicazione interna sui temi della CSR

Codice etico (di comportamento) e sua gestione

Bilancio sociale (o di sostenibilità)

Politiche verso la comunità e il territorio

Forme di dialogo con gli stakeholder

Formazione sui temi della CSR

Cause Related Marketing

Certificazioni ambientali

Inserimento di obiettivi specificidi CSR nel piano strategico

66,7

16,7

50,0

16,7

16,7

16,7

16,7

33,3

16,7

8,3

- 50,0Risposte valide: 53

Valori in %

Le aree della CSR da approfondireTotale

Cause Related Marketing

Codice etico (di comportamento) e sua gestione

Finanza etica e Social Responsible Investing

Formazione generica sui temi della CSR

Campagne di cause related marketing

Comunicazione interna sui temi della CSR

Politiche di pari opportunità

Inserimento di obiettivi specificidi CSR nel piano strategico

Forme di dialogo con gli stakeholder

Sistema di reporting/indicatori in tema di CSR

Risposte valide: 90

20,0

18,9

17,8

15,6

14,4

13,3

12,2

10,0

10,0

8,9

- 20,0 40,0

192

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12

La ricercaI risultatiIl futuroLe conclusioni

Valori in %

I primi temi da affrontare – opinioni

48,9

37,8

31,1

27,8

23,3

21,1

18,9

13,3

12,2

8,9

- 50,0

Cause Related Marketing

Codice etico (di comportamento) e sua gestione

Altro

Formazione sui temi della CSR

Comunicazione interna sui temi della CSR

Inserimento di obiettivi specificidi CSR nel piano strategico

Forme di dialogo con gli stakeholder

Sistema di reporting/indicatori in tema di CSR

Bilancio sociale (o di sostenibilità)

Politiche verso la comunità e il territorio

Totale

Risposte valide: 90

193

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13

La ricercaI risultatiIl futuroLe conclusioni

Lo sviluppo qualitativo del CSR Manager

Professionista delle pratiche della CSR

Sensore del cambiamentosocio-ambientale

Fautore del dialogocon gli stakeholder

Coordinatoredel team

194

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L’ETICA ALL’ESTERNODELL’IMPRESA

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L’impresa e i consumatori.I casi Nestlé e Ford Pinto

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1

L’IMPRESA E I CONSUMATORI

I diritti dei consumatori

I principali diritti dei consumatori nei riguardi delle imprese sono:

•diritto ad una pubblicità veritiera

•diritto ad informazioni corrette e complete sui prodotti

•diritto ad acquisire, in cambio del prezzo pagato, prodotti esenti da difetti e sicuri

•diritto ad ottenere un congruo risarcimento in caso di danni

198

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2

I doveri delle imprese nei confronti dei consumatori

A fronte di tali diritti dei consumatori stanno altrettanti doveri delle imprese, oggetto di molteplici teorie tra cui:

•teoria contrattualistica (sulla corretteza/completezza delle informazioni)

•teoria della “due care” (sulla corretteza/completezza delle informazioni)

•teoria della “strict liability” (sulla sicurezza dei prodotti)

La teoria contrattualistica

La teoria contrattualistica sostiene che ogni acquisto implica un tacito accordo fra compratore e venditore in cui:

•il compratore si obbliga a pagare il prezzo pattuito

•il venditore si impegna a non creare false aspettative sui prodotti e fornire tutte le informazioni necessarie per il corretto uso dei prodotti

199

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3

La teoria contrattualistica: alcune considerazioni

La teoria contrattualistica si ispira alla teoria utilitaristica e si basa sull’assunto che compratore e venditore siano sullo stesso piano (cioè abbiano gli stessi elementi per decidere)

⇒ Per questo motivo non occorre imporre ulteriori obblighi rispetto a quelli standard imposti dalle pratiche commerciali

E’ una teoria poco realistica, soprattutto nei settori più tecnici (computer, macchine fotografiche, ecc.) in cui il compratore si deve “fidare” di quanto gli dice il venditore

La teoria della “due care”

La teoria contrattualistica si ispira alla deontologia kantiana cercando di porre rimedio alla asimmetria di informazioni a disposizione di venditore e compratore

Secondo tale teoria il venditore dovrebbe anche essere un consulente che si prende cura del consumatore:

- scegliendo tecnologie avanzate e materiali di qualità nella produzione

- informando il consumatore di eventuali controindicazioni

200

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4

La teoria della “due care”: alcune considerazioni

La teoria contrattualistica è stata in gran parte accettata

•Nel settore farmaceutico è obbligatorio dare informazioni sulle controindicazioni dei medicinali

•Nel settore degli elettrodomestici è divenuta pratica dare avvertenze sulla prevenzione dei cortocircuiti e altri problemi di sicurezza

Teoria contrattualistica e teoria della “due care” a confronto

MA fino a che punto arriva la responsabilità del venditore, soprattutto nella prima fase di introduzione di un prodotto su un mercato quando è ancora difficile prevedere gli inconvenienti derivanti dall’uso di un prodotto?

Teoria contrattualistica: il venditore è responsabile solo nei limiti delle informazioni disponibili al momento della vendita

Teoria della due care: il venditore è sempre responsabile dei danni provocati dal prodotto venduto

201

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5

La sicurezza e la teoria della “Strict liability”

La sicurezza dei prodotti è tutelata da organismi governativi in tutti i Paesi industrializzati

Ma come ci si comporta per i prodotti di recente progettazione per cui non c’è sufficiente esperienza per dettare i parametri della sicurezza?

La sicurezza e la teoria della “Strict liability”

Secondo gli utilitaristi gli obblighi del produttore non vanno al di là di un ragionevole numero di ricerche di laboratorio per non appesantire troppo i costi di progettazione

I deontologi sostengono la tesi della “Strict Liability”: il produttore è sempre responsabile, anche per i difetti non prevedibili in fase di progettazione. Le imprese dovranno investire più tempo e danaro nella progettazione dei nuovi prodotti che risulteranno più costosi, ma anche più sicuri

202

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6

Il caso Ford Pinto: i fatti (1)

•Nel 1978 a seguito di uno scontro con un camion che viaggiava a bassa velocità, tre ragazze muoiono bruciate all’interno di una Ford Pinto per l’esplosione del serbatoio di benzina collocato nella parte posteriore della vettura

•L’organismo governativo preposto alla sicurezza sulle autostrade USA ordina alla Ford il ritiro di tutte le vetture Pinto

•Dopo oltre 18 mesi di processo la giuria dichiara la Ford non colpevole di omicidio

Il caso Ford Pinto: i fatti (2)

Terminato però il processo viene alla luce che:

•nel 1967 la Ford aveva iniziato la progettazione della Pinto per contrastare la concorrenza straniera

•nel 1968 la Federal Motorvehicle Safety Agency aveva proposto lo standard 301 (resistenza ad urti inferiori a 20 m/h)

•la Ford riesce a far rinviare l’adozione dello standard 301 al 1978 per non ritardare l’uscita sul mercato della Pinto

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7

Il caso Ford Pinto: i fatti (3)

(segue)

•tra il 1970 e 1977 la Ford aveva pagato i danni a propri

clienti che avevano subito incidenti sul modello Pinto senza

però modificare l’autovettura

•da un’analisti costi/benefici era infatti risultato per la Ford

più conveniente operare in questo modo

Il caso Nestlé: i fatti

•Negli anni Settanta la Nestlé inizia la commercializzazione di latte in polvere per l’infanzia nei Paesi del Terzo Mondo (con venditrici travestite da infermiere)

•A causa dell’acqua contaminata (con cui si doveva allungare la polvere) i bambini venivano spesso colpiti da malattie gastrointestinali

•Le mamme, che spesso non sapevano neppure leggere, non erano in grado di dosare correttamente acqua e polvere ⇒denutrizione dei bambini

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Il caso Nestlé: le conseguenze (1)

•Nasce il Baby Milk Action con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale al problema

•La Nestlè dona il prodotto a cliniche, ma il latte crea dipendenza nel bambino quindi le donazioni sarebbero divenute vendite

•La World Health Organisation (WHO), agenzia ONU, emette un codice internazionale per la vendita dei prodotti sostitutivi dell’allattamento naturale

Il caso Nestlé: le conseguenze (2)

•La Nestlè fa intervenire i propri legali per prendere tempo

•Nel 1984, però, promette di attenersi alle norme WHO

•La Nestlè non manitiene le promesse. Nasce così l’International Nestlè Boycott Committee (1988)

•La Chiesa d’Inghilterra afferma di volersi disfare dellle azioni Nestlè dal proprio pacchetto titoli

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Il caso Nestlé: l’epilogo

•Nel 1994 una delegazione Nestlè, davanti ai vescovi della Chiesa Anglicana, promettono di osservare le norme del codice WHO

•Termina il boicottaggio, ma rimane una perdita di immagine della Nestlè con gravi conseguenze anche economiche

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Il cause related marketing

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IL CAUSE RELATED MARKETING:NATURA E BENEFICI

IL CAUSE RELATED MARKETINGIL CAUSE RELATED MARKETING

Processo di marketing in cui un’impresa

stabilisce una partnership strategica

con una organizzazione non profit o con una causa di utilità sociale

al fine di promuovere un’immagine, un prodotto o un servizio,

traendone benefici commerciali

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I VANTAGGI DEL CRMI VANTAGGI DEL CRM

PER L’AZIENDAincremento reputazione, fiducia, miglioramento dell’immagine, motivazione dipendenti, aumento delle vendite

PER LA NON PROFITraccolta fondi, aumento donatori, miglioramento dell’immagine e della notorietà, aumento volontari

PER IL CLIENTE/CITTADINOacquisto di un prodotto che soddisfa anche “bisogni” etico-morali

I VANTAGGI PER I PARTERI VANTAGGI PER I PARTER

• Immagine di marca

• Immagine di prodotto

• Vendite, quota mercato

• Motivazione dipendenti

• Impatto sui media

• Impatto su stakeholder

• Promozione della causa

• Diversificazione immagine

• Raccolta fondi

• Impatto su volontari

• Acquisizione competenze

• Nuovi canali di fund raising (dipendenti, fornitori, azionisti)

AZIENDA ENTE NON PROFIT

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I PRINCIPI GUIDA DEL CRMI PRINCIPI GUIDA DEL CRM

• integrità

• trasparenza

• sincerità

• rispetto reciproco

• partnership

• benefici reciproci

LE FASI DI UNA CAMPAGNA DI CRMLE FASI DI UNA CAMPAGNA DI CRM

1. ideazione e pianificazione2. negoziazione della partnership3. accordo formale4. gestione della campagna5. comunicazione della campagna6. monitoraggio della campagna7. valutazione dei risultati

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1. IDEAZIONE E PIANIFICAZIONE1. IDEAZIONE E PIANIFICAZIONE

• SCEGLIERE IL SETTORE NON PROFIT IN CUI INVESTIRE

• SCEGLIERE IL PARTNER • SCEGLIERE IL PROGETTO• SCEGLIERE LA TIPOLOGIA DI

COLLABORAZIONE • SCEGLIERE LA MODALITA’ DI

CONTRIBUZIONE

2. NEGOZIAZIONE DELLA PARTNERSHIP2. NEGOZIAZIONE DELLA PARTNERSHIP

• Rispettare i principi guida

• Allineare gli obiettivi e risolvere eventuali conflitti

• Analizzare i vantaggi per i partner

• Definire la natura della campagna di CRM

• Valutare le opportunità

• Valutare i rischi

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3. ACCORDO FORMALE PER LA3. ACCORDO FORMALE PER LADEFINIZIONE DELLA CAMPAGNA DI CRMDEFINIZIONE DELLA CAMPAGNA DI CRM

• Sviluppare un’idea creativa (e testarla)

• Bilanciare i benefici per la causa o l’ONP, l’azienda e il consumatore

• Individuare i prodotti/servizi coinvolti

• Stabilire il meccanismo di raccolta fondi

• Fissare obiettivi realistici e raggiungibili

• Stabilire l’entità della donazione

• Sviluppare messaggio e strategia di comunicazione (campagna pubblicitaria, di PR, bilancio sociale)

• Prevedere una strategia per l’uscita dal rapporto di CRM

VALUTARE LE OPPORTUNITA’VALUTARE LE OPPORTUNITA’

• Risultati economici

• Incremento notorietà

• Rafforzamento della fiducia e della reputazione

• Differenziazione di prodotto e di immagine

• Notiziabilità

• Impatto sull’organizzazione (motivazione dipendenti)

• Impatto sui vari stakeholder

• Pensare in modo strategico

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VALUTARE I RISCHIVALUTARE I RISCHI

• REPUTAZIONE :scheletri nell’armadio

• LOGISTICI: ciclo di vita del prodotto e tempi campagna

• ORGANIZZATIVI: conoscenze, motivazione personale, adeguamento software

• FINANZIARI: prevedere scenari negativi e le ragioni per rivedere o interrompere il rapporto

5. COMUNICAZIONE DELLA CAMPAGNA5. COMUNICAZIONE DELLA CAMPAGNA

• La comunicazione è fondamentale per il successo della campagna di CRM

• Deve essere efficace e ispirarsi ai principi guida del CRM

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LA COMUNICAZIONE INTEGRATALA COMUNICAZIONE INTEGRATADELLA CAMPAGNA DI CRMDELLA CAMPAGNA DI CRM

• Pubblicità• Relazioni stampa• Mailing• Packaging• Internet• Bilancio sociale e annual report• Convention forza vendita• Comunicazione interna

6. MONITORAGGIO DELLA CAMPAGNA6. MONITORAGGIO DELLA CAMPAGNA

• Raccolta fondi• Effetti sulle vendite• Effetti sulla reputazione, immagine e notorietà• Effetti sul comportamento di acquisto• Customer satisfaction• Gradimento dei dipendenti• Gradimento degli altri stakeholder• Impatto sulla società

I principali indicatori di risultato sono:

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7. VALUTAZIONE DELLA CAMPAGNA7. VALUTAZIONE DELLA CAMPAGNA

Migl. immagine40%

Aumento fiducia23%

Ob. non attesi13%

Non risponde7%

Incr. quota Mercato3%

Aum. soddisfaz.7%

Aum. fedeltà7%

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Pubblicità ed etica. Il caso Henningsen

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Pubblicità ed etica

La pubblicità deve rispettare due fondamentali esigenze etiche:

•la veracità del messaggio pubblicitario

•la correttezza con cui il messaggio viene comunicato

La veracità del messaggio pubblicitario

La veracità del messaggio pubblicitario presuppone un tipo

di pubblicità che fornisca informazioni veritiere sul prodotto

Negli Stati Uniti si è affermata la dottrina che l’annuncio

pubblicitario delle caratteristiche di un prodotto stabilisce un

implicito rapporto contrattuale fra il produttore e ogni

consumatore che acquista il prodotto reclamizzato ⇒ vedasi a

questo riguardo il caso Henningsen

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Il caso Henningsen: i fatti

•Nel 1960 la pubblicità descrive la Plymouth della Chrysler

come l’autovettura che assicura stabilità e sicurezza di guida

•La Sig.ra Henningsen ha un incidente alla guida della sua

Plymouth (lo sterzo viene spinto fuori dalla sua sede)

•Nella causa che vede contrapposte la Sig.ra Henningsen e la

Chrysler, la Corte Costituzionale del New Jersey condanna la

Chrysler a pagare i danni perché il rapporto contrattuale al

momento dell’acquisto includeva anche un’implicita garanzia

di buon funzionamento

Il caso Henningsen: la sentenza

“Nelle attuali condizioni di mercato, il cliente ordinario non

ha la competenza per verificare personalmente le specifiche

tecniche dichiarate e reclamizzate dai produttori, quindi deve

fidarsi della loro correttezza.

Quando un costruttore mette sul mercato e reclamizza una

nuova automobile, egli dà al compratore un’implicita

garanzia. Agli effetti delle sue responsabilità, la

intermediazione di un’agenzia di vendita è irrilevante”

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La correttezza con cui il messaggio viene comunicato

•Si intende evitare forme di “persuasione manipolativa”, cioè

un modo di porgere il messaggio che fa leva sulle emozione

umane

•Questo tipo di pubblicità viene usato soprattutto per prodotti

superflui per creare bisogni immaginari nei consumatori

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Impresa e ambiente. Il protocollo di Kyoto

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IMPRESA E AMBIENTE

Il protocollo di Kyoto

• Nel 1997 a Kyoto si sono incontrati i rappresentanti della “Commissione delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici” per definire un accordo-quadro (Protocollo di Kyoto) in merito all’effetto serra

• Il Protocollo doveva poi essere sottoposto all’approvazione dei singoli Governi nazionali per l’approvazione

• A maggio 2001 il protocollo era stato sottoscritto da 84 Paesi

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Il protocollo di Kyoto: i contenuti

• Entro il 2012, tutte le nazioni industrializzate devono ridurre del 5,2% a livello mondiale le emissioni dei gas di serra rispetto ai valori del 1990

• Tenuto conto del diverso grado di inquinamento prodotto dalle diverse nazioni, i singoli obiettivi di ogni nazione sono stati differenziati. Ad esempio: Unione Europea -8%, USA – 7%, Canada –6%, Giappone –6% (calcoli effettuati ripartendo l’inquinamento pro capite e per chilometro quadrato)

Il protocollo di Kyoto: la riduzione dei gas di serra

Il Protocollo ha lasciato libertà sulla scelta dei metodi per raggiungere gli obiettivi fissati anche se i preferibili sembrano essere due:

•la riduzione delle emissioni di anidride carbonica all’origine utilizzando fonti energetiche alternative, utilizzando macchine più efficienti dal punto di vista dei consumi, imponendo una “carbon tax”

•la coltivazione delle foreste (che assorbono anidride carbonica)

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Il protocollo di Kyoto: la posizione dell’Italia

•Il Governo italiano si è subito allineato con gli indirizzi datidalla UE dopo Kyoto

•Nel 1998 è stata istituita la “carbon tax”, una tassa sui combustibili fossili utilizzati per la produzione di energia elettrica nelle centrali termiche

•L’Italia dovrà ridurre le proprie emissioni del 6,5% rispetto ai livelli del 1990

Il protocollo di Kyoto: le iniziative del Ministero dell’Ambiente italiano

Alcune iniziative del Ministero dell’Ambiente a tutela amb.le:

•procedura VIA (Valutazione di Impatto Ambientale)

•incentivi per la conversione a metano e gpl di veicoli non catalizzati

•contributi ai cittadini per l’acquisto di veicoli elettrici

•incentivi per sistemi solari termici alle aziende distributrici di gas

•programma “tetti fotovoltaici”

•campagna “domeniche ecologiche”

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I costi della protezione ambientale

Per responsabilizzare le imprese sulla tematica ambientale è importante addossare a loro i costi del loro inquinamento.Ciò è possibile con:

•interventi dello Stato (leggi, regolamenti, imposizione di standard di riferimento, tasse, diritti di emissione negoziabili, incentivi diretti)

•responsabilizzazione dei consumatori

•responsabilizzazione dei produttori

L’intervento dello Stato: leggi, regolamenti e imposizione di standard di riferimento

•La depurazione delle acque fognarie e degli scarichi liquidi industriali è regolata da leggi dello Stato

•L’uso delle discariche e degli inceneritori è controllato sia daleggi dello Stato che da regolamenti regionali

•La raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani e gli impianti di riciclaggio sono gestiti dalle autorità comunali

•Le emissioni dei gas nocivi deve fare riferimento a precisi standard

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L’intervento dello Stato: l’imposizione di tasse

•(proposta) Tassa per ogni unità di inquinamento emesso e crediti per ogni unità di inquinamento al di sotto di una certa soglia

•(proposta) Tassa sui prodotti con impatto ambientale negativo (auto non catalizzate, benzine contenenti piombo, pesticidi, batterie, prodotti a perdere)

•Canoni per i servizi di raccolta rifiuti, per le reti fognarie eper lo smaltimento dei rifiuti

•Depositi cauzionali

L’intervento dello Stato: diritti di emissione negoziabili

•Definire la massima capacità di emissioni che un ambiente è in grado di smaltire naturalmente

•Suddividere questo valore in unità che rappresentano per chi le detiene il diritto di inquinare fino ad una certa soglia

•Collocare sul mercato tramite asta tali unità

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L’intervento dello Stato: offerta di incentivi

Lo Stato può offrire due forme di incentivo alle imprese ecologicamente responsabili:

• sovvenzione diretta per ogni unità di inquinamento al di sotto di un certo standard

•riduzione delle imposte da pagare allo Stato in proporzione agli investimenti per la tutela ambientale

La responsabilizzazione dei consumatori

I consumatori possono essere coinvolti nell’incoraggiamento delle imprese ecologicamente impegnate mediante:

•le eco-etichette, attestanti la qualità ecologica del prodotto

•gli audit ambientali e la conseguente certificazione (ISO 14000, EMAS)

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La responsabilizzazione dei produttori

I produttori possono dimostrare la loro sensibilità ambientale mediante:

•le politiche di riutilizzo dei propri prodotti

•accordi fra aziende di uno stesso settore per definire procedure comuni di verifica ambientale

•l’elaborazione di un bilancio ambientale

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ARTICOLI

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Nascita e sviluppo di un Osservatoriosulla Responsabilità Sociale delle Aziende

di Mario Molteni

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Lettera ISVI

ORSA: nascita e sviluppo di un Osservatorio sulla Responsabilità Sociale delle Aziende

di Mario Molteni

UN PATRIMONIO DI ESPERIENZE A CUI DAR VOCE In Italia esiste un grande patrimonio ideale che, specialmente in tempi più recenti, sta generando esperienze aziendali che hanno coniugato in modo originale attese di economicità e attese di socialità. Economicità e socialità costituiscono dimensioni della vita d’impresa necessariamente correlate, da intendersi come convergenti e non come conflittuali. Ciò è possibile, nei fatti, ove le ragioni dell’economia s’ispirino alla ricerca di uno sviluppo duraturo e le ragioni della socialità si misurino con tutta la complessità della vita economica. Talune imprese hanno stabilito un profondo legame con il territorio, risultandone fattore centrale di sviluppo mediante la generazione - diretta e indiretta - di posti di lavoro, l'accumulazione e la diffusione di conoscenze tecnologiche e organizzative, la creazione di servizi sociali, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali presenti. Altre imprese hanno intrapreso progetti per il coinvolgimento e la valorizzazione dei dipendenti, hanno messo a punto assetti di governo tesi a tutelare tutti i portatori di interessi legittimi (stakeholder), hanno impostato campagne di marketing attente ai risvolti sociali, e così via. I protagonisti di questi tentativi, assorbiti dagli impegni connessi alla gestione, non sono nelle condizioni di dedicare molto tempo a discutere e diffondere le soluzioni sviluppate. Diventa, allora, di grande interesse per loro di trovare uno strumento che consenta di rendere note al pubblico le innovazioni introdotte (anche a beneficio dell'immagine aziendale) e di paragonarsi con altre esperienze in atto. Di qui l'idea di un Osservatorio sulla Responsabilità Sociale delle Aziende (ORSA), avente l'obiettivo di: qualificarsi presso l’opinione pubblica come la banca dati italiana in tema

di responsabilità sociale delle aziende;

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mettere in contatto il mondo imprenditoriale nazionale con le più significative esperienze in atto all’estero;

stimolare nuovi tentativi di innovazione economico-sociale presso le imprese italiane, anche replicando, con gli opportuni adattamenti, progetti già realizzati da altre aziende;

alimentare, in forza dello stimolo fornito dall'esperienza, il filone di studi in merito alla natura e ai fini dell’impresa.

L’Osservatorio intende, dunque, essere una sorta di fiera permanente delle best practices: soluzioni adottate, formule istituzionali e organizzative operanti, decisioni, comportamenti, atteggiamenti, ecc. Saranno osservate esperienze di diverse matrici culturali, ma aventi in comune la tensione a coniugare in modo originale le esigenze economiche (di competitività e di redditività) con le esigenze umanistiche (etiche, sociali). L'iniziativa di ORSA, profondamente radicata nel contesto italiano, si colloca peraltro all'interno di un più vasto progetto nell'ambito dell'Unione Europea volto a creare un network di database nazionali dedicati ai casi di responsabilità sociale delle aziende. LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE AZIENDE In prima approssimazione un'azienda può dirsi socialmente responsabile quando il suo comportamento è teso al soddisfacimento delle legittime attese - economiche e non economiche - di tutti gli stakeholder, interni ed esterni. Per meglio comprendere il concetto di responsabilità sociale è opportuno spendere alcune parole per chiarire il significato dei due termini: responsabilità implica la presenza di spazi di discrezionalità nel

perseguire i fini istituzionali, cioè l'esistenza di gradi di libertà nel decidere ambiti e modalità di azione. L'azienda e i suoi protagonisti, pertanto, sono responsabili delle proprie scelte e sono chiamati a rendere conto (accountability) di esse e dei risultai ottenuti ai propri interlocutori;

l'aggettivo sociale, se in senso stretto è evocativo di istanze etiche e umanistiche, comprende anche l'attenzione al soddisfacimento delle attese degli azionisti (in termini di rimunerazione soddisfacente del capitale) e dei clienti (in termini di crescenti livelli di qualità e servizio offerti a prezzi inferiori).

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Recentemente l'impegno a tutto campo dell’azienda nei confronti della società viene anche espresso con il termine corporate citizenship (cittadinanza d'impresa). UN INTERESSE PRIORITARIO PER L'EUROPA E PER LE IMPRESE La rilevanza del concetto di responsabilità sociale è crescente perché sempre più numerosi sono i temi che ad essa sono riconducibili e sempre più forti sono i soggetti portatori di istanze di natura sociale verso le imprese. Per quanto riguarda i temi si ricordano: l'impatto ambientale e lo sviluppo sostenibile1, la qualità dei prodotti, l'eticità della filiera produttiva, la correttezza delle azioni di marketing, la qualità dei rapporti di lavoro, la privacy, le pari opportunità, la domanda crescente di trasparenza. Per quanto concerne i soggetti, dimostrano una crescente sensibilità sociale non solo gli interlocutori connessi al lavoro, ma anche i clienti, gli investitori (istituzionali e non), le pubbliche autorità, i media. Nel decennio passato il tema della responsabilità sociale delle aziende, dapprima particolarmente sentito presso le grandi imprese, ha assunto un rilievo politico nel contesto internazionale. Per quanto riguarda il nostro continente, nel marzo 2000 lo European Council Summit di Lisbona ha definito così il nuovo obiettivo strategico per il decennio 2000-2010": "Fare dell'Europa la knowledge-based economy più competitiva e dinamica al mondo, in grado di realizzare uno sviluppo sostenibile, con posti di lavoro di quantità e qualità maggiore e una più grande coesione sociale". A conferma di questo indirizzo, la Corporate Social Responsibility (CSR) è stata scelta come tema dell'anno per Unione Europea nel 2005. In occasione della First European Business Convention on Corporate Social Responsibility, promossa da CSR Europe e svoltasi a Bruxelles il 9-10 novembre 2000, è stata lanciata la "European Campaign 2005 For Sustainable Growth and Human Progress", avente l'obiettivo di fare della

1Il concetto di Sviluppo sostenibile viene usato sempre più frequentemente, dopo la sua introduzione nel 1987 dal Brundtland e la sua adozione da parte del summit di Rio de Janeiro. Questo tipo di sviluppo cerca di conciliare proprietà economica con sviluppo sociale e protezione ambientale, in altre parole si preoccupa della qualità di vita della nostra società. Mira a soddisfare i bisogni delle presenti generazioni senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare, a loro volta, i propri. Si impegna a sviluppare e proteggere il capitale umano, il capitale sociale e quello ambientale.

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responsabilità sociale delle aziende uno strumento fondamentale per lo sviluppo del continente. In un simile contesto sociale e culturale l'assunzione proattiva di una responsabilità sociale da parte di un'impresa, oltre a costituire un fenomeno di per sé positivo, può essere foriera di sensibili benefici anche a livello economico e competitivo. Essa infatti può determinare: un più facile accesso al capitale; aumenti di produttività (in termini di minori costi e più alta qualità)

connessi al più forte coinvolgimento del personale; incrementi di immagine di marca e di reputazione; incrementi delle vendite e di fidelizzazione della clientela; incrementi nella capacità di attirare e trattenere i collaboratori; riduzione dei controlli da parte di organismi pubblici.

OBIETTIVI E STRUTTURA DEL DATABASE L'ORSA si propone di fornire una visione organica e costantemente aggiornata delle esperienze in tema di responsabilità sociale delle aziende, raccogliendo i più significativi casi di aziende (private e pubbliche, profit e non-profit) che assumono comportamenti innovativi nei confronti dei diversi interlocutori sociali. Accanto a questo, l'Osservatorio intende costituire un database aggiornato sui corsi (universitari e non) di varia natura aventi come interesse prioritario la responsabilità sociale delle aziende. Il database si articola in tre parti: il database delle aziende privilegia le singole iniziative aziendali

(corporate initiatives). Si tratta di progetti o aventi dirette finalità sociali (ad esempio, un intervento a favore della comunità locale) o gestiti con particolare attenzione alle implicazioni sociali (ad esempio, un intervento di ristrutturazione attuato in modo da favorire nuove opportunità occupazionali per i collaboratori). Accanto alle corporate initiatives, una particolare attenzione è data alle aziende che possono dirsi "a imprenditorialità socialmente orientata", cioè quelle in cui la sensibilità alle istanze dei diversi interlocutori costituisce il tratto dominante di una formula imprenditoriale capace altresì di conseguire brillanti risultati economici e competitivi.

il database delle università, che contiene informazioni su corsi di università italiane relativi alla responsabilità sociale d’azienda ed etica degli affari;

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il database delle organizzazioni partner, che descrive alcune iniziative promosse da organizzazioni-ponte tra il mondo delle imprese e il Terzo settore.

Il sito di ORSA ospita, infine, una ricca bibliografia sulla Responsabilità Sociale delle Aziende. LA CLASSIFICAZIONE DEI CASI AZIENDALI Per quanto riguarda la parte del database dedicata alle aziende, i casi sono organizzati in 10 sezioni: 1. Valori, codici, programmi 2. Governance 3. Accountability, Auditing and Reporting 4. Personale 5. Marketing 6. Finanza 7. Comunità 8. Ambiente 9. Diritti umani e sviluppo 10.E-business Di seguito sono illustrati i principali contenuti di ciascuna sezione2. 1. Valori, codici, programmi Missione, visione, valori Codici di comportamento e codici etici Comitato etico Ethical Officer Programmi di responsabilità sociale Aziende socialmente orientate, contesto facilitante

Questa sezione è dedicata ai documenti aziendali che esplicitano i principi ispiratori del funzionamento dell'azienda stessa, nonché alle modalità con cui si tenta di conformare a tali principi i processi decisionali e i comportamenti.

2Si è scelto di riproporre, con alcune variazioni di ordine stilistico, le formulazioni dei temi utilizzate nel sito, a cui hanno contribuito ISVI, Smaer e Sodalitas.

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La missione riguarda gli scopi fondamentali per cui l'azienda esiste; la visione esplicita l'identità che l'azienda vuole assumere nel lungo termine; nelle carte dei valori si esplicitano gli ideali e i convincimenti che sono giudicati intrinsecamente importanti e che fungono da schema di riferimento per le decisioni. Il codice di comportamento è un documento ufficiale in cui l'azienda enuncia: i valori su cui si fonda la propria cultura; le responsabilità verso ciascuna categoria di stakeholder; le direttive in materia di etica d'azienda; le prescrizioni alle quali tutti i lavoratori devono attenersi per tradurre in atto le politiche etiche. Al tema si collegano i problemi di funzionamento degli organi di gestione del codice (Comitato etico, Ethical Officer, ecc.). Un programma di responsabilità sociale è un progetto complesso, composto da numerose iniziative tra loro collegate a sistema, con cui l'azienda intende liberamente assumere le proprie responsabilità nei confronti dei diversi interlocutori. La sezione è dedicata anche alle aziende "a imprenditorialità socialmente orientata", cioè in cui la sensibilità alle istanze dei diversi interlocutori costituisce il tratto dominante di una formula imprenditoriale capace altresì di conseguire positivi risultati economici e competitivi. Rispetto ad esse si avrà intenzione a cogliere: i tratti caratteristici dell'assetto strategico e organizzativo, i processi di sviluppo, le condizioni di contesto che ne hanno favorito l’affermazione. 2. Governance Composizione e funzionamento organi di governo Audit Committee Internal auditing Compensi per gli esponenti degli organi di governo, Partecipazione agli

utili, Stock option, Piani di azionariato ai dipendenti Diritti degli azionisti di minoranza Offerte pubbliche di acquisto Aziende familiari

Questa sezione affronta la dimensione sociale connessa all’assetto proprietario, alla struttura e alle modalità di funzionamento del Consiglio di Amministrazione (C.d.A.), nonché ai rapporti intercorrenti fra proprietà, C.d.A. e management. Si affrontano temi quali: la composizione degli organi di governo; i criteri di selezione dei consiglieri di amministrazione; il ruolo dei non-executive director; la trasparenza relativa al funzionamento degli organi di governo; la tutela degli azionisti di minoranza; i sistemi di controllo interno; le offerte pubbliche di acquisto.

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In questa sezione si accostano anche temi quali: la rimunerazione degli esponenti degli organi di governo, le varie forme di partecipazione agli utili e al capitale (piani di stock option, piani di azionariato ai dipendenti, ecc.). Un'attenzione particolare è poi data ai problemi delle aziende a base familiare, sovente di fronte alla necessità di coinvolgere management professionale, di preparare la successione, di allargare il capitale sociale - rinnovando, quindi, i propri organi di governo - per alimentare la crescita. 3. Accountability, Auditing e Reporting Bilanci sociali Report tematici Processi di social audit

In questa sezione trovano spazio innanzitutto le aziende che hanno elaborato e diffuso il bilancio sociale, strumento che evidenzia l’impatto che un’organizzazione produce sulla collettività di riferimento e sui gruppi sociali che con essa maggiormente interagiscono. Il bilancio sociale rappresenta uno strumento di gestione della fiducia dei vari interlocutori di riferimento (clienti, istituzioni, forze economiche, forze sociali, enti proprietari, comunità, ecc.) e dà conto del perseguimento degli obiettivi e delle azioni compiute in coerenza con la missione. Si presta particolare attenzione ai tentativi delle aziende che, una volta prodotto il proprio bilancio sociale, attivano processi di controllo e meccanismi di valutazione sulle procedure. In questa sezione si ospitano anche i report prodotti dalle aziende su temi specifici quali sicurezza, qualità, e gli house-organ che dedicano sufficiente attenzione ai temi connessi alla responsabilità sociale. 4. Personale Modalità di assunzione, integrazione e pari opportunità Formazione e sviluppo Ristrutturazioni responsabili Conciliazione lavoro/famiglia Relazioni sindacali e coinvolgimento personale Sicurezza e igiene del lavoro

Questa sezione mira a documentare i casi in cui l'azienda realizza iniziative verso i collaboratori tese a innalzarne la qualità della vita e di valorizzarne le caratteristiche. Ciò è attuato nella consapevolezza che, costituendo i lavoratori un fondamentale asset aziendale, simili azioni perseguono anche l'interesse strategico dell'impresa. Si considerano, allora, misure volte a:

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- instaurare un clima aziendale positivo; - mantenere relazioni ottimali lavoratore/sindacato/azienda, favorire un modello partecipativo, il dialogo col personale, analisi di clima; - applicare a tutti i livelli della vita del lavoratore in azienda criteri di pari opportunità (assunzione, formazione, sviluppo, promozione, ecc.); - evitare forme di discriminazione e di emarginazione e favorire l'integrazione dei soggetti più deboli (portatori di handicap, immigrati, ex carcerati, ecc.); - creare condizioni di lavoro (ambiente, sicurezza, flessibilità, ecc.), infrastrutture interne (mense, asili, ecc.) ed esterne (case, trasporti, forme di assistenza sanitaria, ecc.) favorevoli ai collaboratori, tali da favorire l'equilibrio tra vita lavorativa e familiare; - evitare forme traumatiche di estromissione dall'azienda di lavoratori, in caso di ristrutturazioni, favorendo la creazione di alternative occupazionali. La tutela dei diritti civili dei lavoratori, lungo tutta la supply chain, è trattata nella sezione 9 dedicata a “Diritti umani e sviluppo”. 5. Marketing Tutela del Consumatore Cause Related Marketing

Sotto il termine "tutela del consumatore” ricadono temi classici (quali l'integrità nelle pratiche commerciali: pubblicità, etichettatura prodotti, tecniche di vendita, pricing, ecc.; la cura nell'evitare abusi di posizione dominante) o emergenti (come la difesa della privacy, il problema degli alimenti modificati geneticamente, lo sviluppo "sostenibile" dei consumi). Particolare attenzione è attribuita al Cause Related Marketing (CRM), ossia a quelle campagne promozionali che sostengono una causa di utilità sociale. Il CRM consiste in partnership commerciale tra un'azienda for profit e un'organizzazione non-profit a beneficio di entrambe le parti: le prime mirano a un posizionamento differenziato della marca e al conseguente incremento delle vendite; le seconde ottengono una maggior visibilità della causa e lo sviluppo dimensionale dei fondi raccolti . Rispetto alle classiche sponsorizzazioni di eventi, che sovente si esauriscono in un finanziamento, il CRM si caratterizza per le modalità più intimamente partecipative, la continuità del dialogo, l'essere inserito nella quotidianità delle operazioni commerciali.

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6. Finanza Socially Responsible Investing - SRI o Investimenti Etici Finanziamento dell'economia sociale

Per Socially Responsible Investing si intende l'attività di gestione di asset finanziari effettuata secondo criteri sociali ed ambientali, orientata verso aziende che presentano, da una lato, un profilo ottimale di rischi e, dall'altro, superiori potenzialità di crescita per l'alta qualità dei rapporti con gli stakeholder. Tipici strumenti finanziari del SRI sono i fondi d'investimento, i fondi pensione, i fondi chiusi, il private banking e la gestione patrimoniale. Le iniziative di finanziamento dell'economia sociale sono volte a superare le difficoltà di accesso al credito per lo start-up, lo sviluppo e il consolidamento delle attività sociali. Le forme assunte variano in relazione a: - destinatari: organizzazioni non-profit, individui svantaggiati (in quest'ultimo caso "microcredito"); - modalità di intervento: si va dall'erogazione di crediti al merchant banking. 7. Comunità Partnership, investimenti nella comunità Rigenerazione e sviluppo PMI Coinvolgimento del personale nella Comunità Interventi a favore di gruppi marginalizzati Fondazioni d'azienda e Community Foundation

Questa sezione raccoglie varie forme con cui si realizza il concetto di "cittadinanza d'azienda". Spesso gli interventi coinvolgono più attori sociali in partnership, al fine di affrontare problematiche complesse e assumere una prospettiva di lungo periodo. Si pensi, ad esempio: agli investimenti nel sistema educativo/formativo; alla rigenerazione di aree degradate, migliorandone le prospettive occupazionali anche mediante la promozione di nuove iniziative imprenditoriali; alla vivibilità ambientale e alla coesione sociale. L'azienda può mettere a disposizione della comunità anche il patrimonio di competenze e di energie del proprio personale. Si parla allora di volontariato d'impresa, ossia di programmi aziendali di supporto al volontariato di gruppi di dipendenti, o ad altre forme di coinvolgimento (politica promossa dalla Commissione Europea, DGXXIII, con il progetto CECILE). Di grande interesse, infine, è la possibilità di utilizzare la versatilità del veicolo fondazioni per efficaci interventi aziendali, sia fruendo dei servizi delle Fondazioni di Comunità Locali (soprattutto nel caso di medie e piccole aziende), sia avviando iniziative autonome (nel caso di grandi aziende).

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8. Ambiente Politica, sistemi di gestione e loro certificazione Report/ bilancio, contabilità e budget ambientale Campagne ambientali, Partnership locali e sostenibilità Prodotti, processi produttivi (cleaner production), controllo fornitori

Negli ultimi anni l’attenzione all’ambiente da parte delle aziende è andata crescendo in modo esponenziale, dando origine a diversi strumenti tesi a perseguire obiettivi sempre più alti in relazione alle caratteristiche strutturali dell’azienda (settore di appartenenza, siti produttivi, politiche di marketing). In questa sezione si trovano casi di politiche ambientali particolarmente efficaci in termini di contenuti, di misurazione dei risultati e di comunicazione. Si segnalano, allora, le aziende che si sono impegnate in tecnologie pulite, cleaner production, controllo della filiera di fornitura, attivando specifiche partnership locali per la messa a punto di processi “puliti” e di modalità di sensibilizzazione del pubblico. Particolare attenzione è data ai casi di aziende che hanno sviluppato il report (o bilancio), il quale risulta essere oltre che uno strumento per rendere note all'esterno azioni e performance ambientali, è strumento di cambiamento dei comportamenti all'interno, non ché fattore di miglioramento nel tempo dei risultati competitivi ed economici. 9. Diritti umani e sviluppo Controllo fornitori, supply chain Controllo prodotti Campagne di sensibilizzazione Finanziamenti

L’impegno alla responsabilità sociale si può concretizzare in una speciale attenzione al rispetto dei diritti umani nei processi di produzione dentro e fuori l’azienda e nel loro diretto intervento a favore delle popolazioni più svantaggiate. Per diritti umani si intendono innanzitutto quelli tutelati dalle normative ILO (International Labour Office) e quelli presenti nella Dichiarazione Internazionale dei Diritti Umani. Sono presenti in questa sezione le aziende che: - hanno aderito a programmi internazionali sviluppatisi negli ultimi anni per la tutela dei diritti dei lavoratori - soprattutto nei paesi in via di sviluppo - che prevedono il controllo diretto sulla catena dei fornitori (Standard SA8000, ETI, Clean Clothes); - hanno sviluppato, in partnership con ONG o altri organismi internazionali, progetti per la fabbricazione e commercializzazione di prodotti equi e

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solidali, provenienti da progetti di produzione in partnership tra cooperative dei paesi in via di sviluppo e ONG; - si sono attivate in programmi di sensibilizzazione dell’opinione pubblica per la solidarietà internazionale o in occasione di specifiche emergenze, finanziando a questo proposito programmi di aiuto e sostegno. 10. E-business Sicurezza pagamenti Privacy per il consumatore on-line Telelavoro

La sezione dedicata all'e-business accosta i problemi umani e sociali connessi alla diffusione della cosiddetta New Economy. A titolo indicativo si possono segnalare: la sicurezza dei sistemi di pagamento elettronici, la protezione dell'E-customer, la privacy per il consumatore on-line, i problemi psicologici e sociali connessi al telelavoro, la salvaguardia della salute nella 24-Hour Economy. LA REALIZZAZIONE DEI CASI Nel database delle aziende saranno ospitati due tipi di documenti: le schede sulle corporate initiatives e i casi di studio. Per quanto riguarda le schede relative alle corporate initiatives, ciascuna di esse prevede le seguenti sezioni: - motivazione: finalità del progetto, ragioni profonde; - attività: descrizione del progetto, delle sue origini, dei principali attori, partecipazione di altri soggetti; - risultati: output del progetto, quantità misurabili, benefici per l’impresa, benefici per gli stakeholder; - trasferibilità: condizioni di replicabilità in diversi contesti. Le schede in parola sono realizzate secondo il seguente processo: - ORSA richiede il materiale all’azienda, specificando il tipo di informazioni da assicurare; - l’azienda invia il materiale; - i ricercatori coinvolti procedono a una stesura del caso in base ai criteri prefissati dall’Osservatorio, così da garantire la relativa omogeneità dei dati messi a disposizione del pubblico; - si procede a sottoporre la bozza del caso all’azienda; - si recepiscono le osservazioni da parte dell’azienda;

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- dopo l’approvazione dell’azienda, si procede con l’inserimento del caso nel database. L'elaborazione dei casi di studio, invece, prevede una intensa attività da parte del gruppo di ricerca, che comprende visite in azienda, interviste, analisi critica di documentazione interna ed esterna. In relazione alla loro natura, è lasciata ampia libertà ai ricercatori nello strutturare lo scritto, così da consentire di meglio aderire alle caratteristiche dei fenomeni aziendali studiati. Gli elementi da garantire in vista di assicurare una relativa omogeneità agli elaborati sono: 1. breve descrizione dell’azienda (anno di costituzione, tappe storiche significative, attività principali, mercati serviti, assetto di governo, ecc.); 2. attività aziendali e/o specifiche iniziative aventi rilevanza sociale, prestando particolare attenzione ad aspetti quali: contenuti dei progetti, anno di avvio, soggetti promotori, durata, competenze sviluppate, risultati ottenuti a livello sociale; 3. caratteristiche dei soggetti che hanno promosso l’attività o le iniziative aventi rilevanza sociale (chi sono, che posizione organizzativa occupano all’interno dell’azienda e quale posizione occupavano nel momento in cui hanno dato vita al progetto in questione, a quali valori si sono ispirati ecc.); 4. collegamento dell’attività e/o delle singole iniziative aventi rilevanza sociale con la strategia aziendale (sottolineare l’impatto sulle scelte strategiche, sull’assetto organizzativo ecc.); 5. benefici a livello competitivo ed economico derivanti dall’attività/singole iniziative oggetto del caso di studio; 6. eventuale influsso che l’azienda esercita nel contesto ambientale in cui opera; 7. condizioni ambientali che hanno favorito lo sviluppo delle attività aventi rilevanza sociale (cultura locale, cultura di settore, leggi nazionali, direttive comunitarie ecc.). GUIDA ALLA CONSULTAZIONE Per rendere semplice la consultazione, il sito consente ad ogni utente di procedere sia con una ricerca per keywords sia immettendo il nome dell’azienda a cui si è interessati. In altri termini, digitando, ad esempio, la parola “Governance” si potrà disporre dei diversi materiali disponibili in materia di governance (quindi appartenenti a una sola delle 10 sezioni in cui

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è articolato il sito) attuate in diverse realtà. Digitando, invece, il nome dell’azienda si potrà disporre di tutti i casi riguardanti l’azienda in questione, i quali possono essere inseriti in più sezioni del sito ORSA. I SOGGETTI COINVOLTI E I LEGAMI INTERNAZIONALI ORSA è realizzato in partnership da ISVI (Istituto per i Valori d’Impresa), SMAER (società di consulenza di Bologna particolarmente radicata nel mondo delle cooperative, dei comuni e delle imprese municipalizzate) e SODALITAS (ente promosso da Assolombarda che si interessa delle iniziative di economia sociale con riferimento al mondo industriale e al non profit). ORSA costituisce il terminale italiano di The CSR Matrix, una banca dati in tema di responsabilità sociale delle aziende europee, accessibile via internet. La banca dati è promossa da CSR Europe, un istituto avente sede a Bruxelles, promosso dalla Commissione Europea e annualmente finanziato per il 50% dalla Commissione stessa e per il restante 50% da un gruppo di grandi imprese europee (tra cui tre aziende italiane: Telecom Italia, CARIPLO e Banco Ambroveneto). Anche la banca dati europea è articolata in tre sezioni, corrispondenti a quelle del sito di ORSA: Company Matrix, in cui sono rese disponibili le best practices aziendali

(corporate initiatives); gli insegnamenti accademici in tema di responsabilità sociale; il profilo degli enti partner.

Per la realizzazione dei casi ISVI ha attivato un network composto da gruppi di ricerca di alcune tra le più importanti università italiane. I responsabili delle unità fin qui coinvolte sono: Umberto Bertini, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso

l’Università degli Studi di Pisa; Giuseppe Catturi, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso

l’Università degli Studi di Siena; Vittorio Coda, Coordinatore del Comitato Scientifico ISVI, Professore

Ordinario di Strategia e politica aziendale presso l’Università Bocconi di Milano;

Ondina Gabrovec Mei, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Trieste;

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Luigi Puddu, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Torino;

Carlo Sorci, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Palermo;

Sergio Terzani, Professore Ordinario di Programmazione e Controllo presso l'Università degli Studi di Firenze;

Antonio Tessitore, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l'Università degli Studi di Verona e membro del Comitato Scientifico ISVI;

Franco Vermiglio, Professore Ordinario di Economia Aziendale presso l'Università degli Studi di Messina.

In futuro è previsto il coinvolgimento di alcuni altri gruppi di ricerca operanti presso le università italiane.

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La convenienza della RSIdi Mario Molteni

* Tratto da: MOLTENI M., Responsabilità sociale e performance d’impresa, Vita e Pensiero 2004.

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CAPITOLO PRIMO

La responsabilità sociale nella strategiad’impresa

In questo capitolo si introduce il concetto di responsabilità socialed’impresa, illustrando il significato delle varie parti che compongo-no la definizione proposta. Successivamente si evidenziano le duefacce della responsabilità sociale d’impresa: quella volta ad assi-curare la tutela dei diritti delle parti interessate e quella tesa a svi-luppare sempre nuove modalità atte a coniugare la soddisfazionedei portatori di interessi e gli obiettivi di sviluppo dell’impresa.

In seguito si illustrano i grandi fenomeni operanti su scalainternazionale che hanno contribuito a porre la responsabilitàsociale d’impresa in primo piano sia nelle attività di governo edirezione delle imprese, sia nell’agenda del mondo politico esociale. Tali fenomeni hanno alimentato una varietà di soggetti edi forze in grado di fare della responsabilità sociale una dimen-sione stabile della vita aziendale.

Da ultimo si passano in rassegna in modo sintetico problemi,strumenti e azioni che nel contesto attuale sono tipicamentericondotti all’ambito della responsabilità sociale d’impresa.

1. Il concetto di responsabilità sociale d’impresa

La nozione di responsabilità sociale d’impresa (d’ora in poi RSI)non ha fin qui trovato una definizione univoca negli studi di mana-gement. Essa identifica una problematica che ha origini lontane,accostata nell’ambito di numerosi filoni di studi aziendali e non1,

1 Il tema della responsabilità sociale dell’impresa è, più o meno esplicitamente,oggetto di attenzione degli studi di strategia, microeconomia, sociologia, dirittod’impresa e altri ancora. Si pensi alla vasta letteratura in tema di teorie d’impresa,funzione-obiettivo dell’impresa, strategie sociali, sistemi di corporate governance,stakeholder management, teoria dei contratti, e così via.

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la quale ha visto significative evoluzioni nel tempo2. Trattandosiinoltre di un argomento strettamente connesso alla concezionedell’uomo, dell’economia e dell’impresa, esso costituisce il terre-no su cui anche nel presente si confrontano impostazioni sensi-bilmente divergenti.

Nell’accezione accolta in questo scritto, per RSI si intende latensione dell’impresa – e, dunque, in primis dei vertici aziendali –a soddisfare in misura sempre crescente, andando oltre gli obbli-ghi di legge, le legittime attese sociali e ambientali, oltre che eco-nomiche, dei vari portatori di interesse (o stakeholder) interni edesterni, mediante lo svolgimento delle proprie attività3. Nei suc-cessivi paragrafi si rende ragione dei fondamentali elementi con-tenuti in questa definizione.

2. Responsabilità ‘sociale’ e stakeholder rilevanti

Come suggerisce la sua stessa etimologia4, il termine responsabi-lità indica la volontà e/o la necessità di rispondere a uno o piùsoggetti che avanzano richieste e attese5.

Negli studi economici il concetto di RSI si sviluppa in con-trapposizione alla nozione di responsabilità propria dell’imposta-zione, classicamente attribuita a Friedman6, secondo cui l’unicolegittimo scopo dell’impresa è la generazione di profitto. Ogni altro

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA4

2 Per una panoramica dei termini utilizzati per indicare i problemi tipici della respon-sabilità sociale d’impresa (o Corporate Social Responsibility), che ha il pregio di eviden-ziare l’epoca in cui i singoli concetti sono stati coniati e si sono diffusi nella lettera-tura manageriale, si rinvia a DE BETTIGNIES (2002). 3 La definizione qui fornita ripropone i tratti essenziali, precisandoli, di quella con-tenuta nel Libro Verde della Commissione Europea del luglio 2001, secondo cui laresponsabilità sociale consiste nella «integrazione su base volontaria, da parte delleimprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rap-porti con le parti interessate» (COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, 2001).4 La matrice della parola responsabilità è il verbo latino responsare, cioè rispondere(CORTELAZZO, ZOLLI, 1985).5 Il valore della responsabilità è tema di grande rilievo nella filosofia del ventesimosecolo. Tra i contributi che costituiscono punti di riferimento per il dibattito in corso,si segnalano: LÉVINAS (1971) e JONAS (1979).6 La posizione di Friedman è stata esplicitata nel libro del 1962 e confermata in unsuccessivo contributo del 1970 (FRIEDMAN, 1962 e 1970).

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obiettivo è visto come abrogativo dei diritti degli individui azioni-sti di utilizzare la ricchezza generata dall’impresa in accordo conle proprie preferenze, che possono includere la destinazione afini sociali. In tal senso un’impresa che distogliesse risorse dall’o-biettivo della massimizzazione del profitto – offrendo volontaria-mente maggiori servizi aggiuntivi dipendenti, attuando program-mi ecologici oltre i vincoli di legge, contribuendo allo sviluppodella comunità circostante – si comporterebbe in modo irrespon-sabile. Secondo questo approccio, tuttora assai diffuso e sostenu-to da autorevoli studiosi7, l’unico soggetto a cui è necessario eopportuno rispondere è il complesso degli azionisti: il persegui-mento dell’interesse dei conferenti capitale, operando in confor-mità alle leggi vigenti, esaurisce e sintetizza ogni attenzione neiconfronti degli attori sociali che interagiscono con l’impresa.

In contrasto con questa impostazione, si è via via consolidatauna concezione di impresa che riconosce la necessità di prestareuna specifica attenzione ad altri soggetti portatori di interessi eattese nei confronti dell’impresa8. Si è così affermato il concettodi stakeholder che, già presente in nuce in precedenti lavori9, ha tro-vato la sua codificazione nel noto contributo di Freeman10. Inquesta sede, con il termine stakeholder si intendono i soggettiche hanno un interesse rilevante in gioco nella conduzione del-l’impresa a causa dei loro investimenti specifici oppure dei possi-bili effetti esterni positivi o negativi11.

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 5

7 Profondamente critici nei confronti dell’orientamento sociale delle imprese sono,ad esempio, JENSEN, MECKLING (1979) e STERNBERG (1994). La Sternberg, ad esempio,afferma che l’impresa è ‘etica’ (potremmo ugualmente dire ‘socialmente responsa-bile’) solo quando persegue la massimizzazione del valore di lungo termine per gliazionisti, essendo soggetta esclusivamente al rispetto della giustizia distributiva (inte-sa come la distribuzione delle ricompense all’interno dell’organizzazione sulla basedel contributo dato al perseguimento degli obiettivi aziendali) e delle ordinary decency(nel senso dell’onestà, dell’assenza di coercizione e violenza fisica).8 Si noti che la stakeholder theory ripropone temi radicati nella tradizione aziendalisti-ca italiana che ha posto grande attenzione ai molteplici interessi convergenti nel-l’impresa. A questo proposito si rimanda ai classici contributi di: ONIDA (1954); ZAPPA

(1957); MASINI (1960); ROSSI (1962); AMADUZZI (1963); ARGENZIANO (1967); FERRERO

(1968); SARACENO (1970); SUPERTI FURGA (1975); MASINI (1978); ARDEMANI (1982).9 Tra i contributi pionieristici in materia, si segnala quello di RHENMAN (1964).10 Cfr. FREEMAN (1984).11 Tra i numerosi contributi in tema di stakeholder theory e stakeholder management, sisegnalano: FREEMAN (1984, 1994); EVAN, FREEMAN (1988); CARROLL (1989, 1993);

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Chiarito il concetto di stakeholder, si vuole qui affermare chel’aggettivo sociale, quando riferito alla responsabilità d’impresa,assume un diverso significato proprio in relazione alla varietàdelle classi di stakeholder in esso ricompresi.

Una prima accezione di sociale si estende oltre gli azionisti aconsiderare le istanze dell’altra fondamentale componente inter-na: i collaboratori. Questa nozione di sociale si è sviluppata pre-valentemente in quei contesti in cui l’attenzione delle parti socia-li si è a lungo focalizzata sul rapporto tra impresa e lavoratori. Èquesta, ad esempio, l’impostazione sottostante alla concezionedel bilancio ‘sociale’ reso obbligatorio in Francia da un’appositalegge fin dagli anni ’7012.

Una seconda nozione di sociale, anch’essa circoscritta, identifi-ca l’esercizio della responsabilità con gli interventi volti a soddi-sfare specifiche esigenze della società civile, prevalentemente nel-l’ottica della pura gratuità. In questa occasione la RSI tende acoincidere con la cosiddetta corporate philanthropy. Peraltro è

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA6

CLARKSON (1994, 1995); DONALDSON, PRESTON (1995); WOOD, JONES (1995). Per unarassegna delle definizioni attribuite al termine stakeholder, si rimanda a MITCHELL,AGLE, WOOD (1997). In particolare Donaldson e Preston hanno chiarito l’esistenza diuna triplice valenza nella stakeholder theory: l’accuratezza descrittiva, il potere strumen-tale e la validità normativa. La valenza descrittiva deriva dal fatto che la teoria in esamepropone un modello che descrive l’impresa, come una costellazione di interessi incooperazione e in competizione. La valenza strumentale risale al fatto che la gestionedegli stakeholder è vista come funzionale al raggiungimento degli obiettivi (redditivi-tà e crescita). La valenza normativa indica che la ragione per assumere la prospettivadegli stakeholder è categorica, e fa riferimento a linee guida filosofiche e morali diordine superiore. La teoria implica l’accettazione delle seguenti idee: a) gli stakehol-der sono persone (o gruppi) portatori di interessi legittimi negli aspetti proceduralie/o sostantivi dell’attività aziendale; b) gli interessi di tutti gli stakeholder hanno unvalore intrinseco; ogni gruppo di stakeholder merita, cioè, considerazione per sé stes-so e non semplicemente per via della sua capacità di contribuire agli interessi di qual-che altro gruppo, come quello degli azionisti. Donaldson e Preston affermano che letre valenze si inseriscono l’una nell’altra in modo concentrico: «Il guscio esternodella teoria è l’aspetto descrittivo; la teoria presenta e spiega le relazioni che vengo-no osservate nel mondo esterno. L’accuratezza descrittiva della teoria è supportata alsecondo livello dal suo valore strumentale e predittivo: se si adottano certe regole,allora si otterranno certi risultati. Il cuore di questa teoria è comunque normativo»(DONALDSON, PRESTON, 1995, p. 35). Gli Autori concludono affermando che la teoriadegli stakeholder è, dunque, manageriale nel senso ampio del termine: essa non sem-plicemente descrive le situazioni esistenti o predice le relazioni di causa-effetto, maraccomanda atteggiamenti, strutture e regole che, prese nell’insieme, costituisconouna filosofia di gestione degli stakeholder.12 Cfr. PULEJO (1996).

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necessario notare come i confini tra gli interventi effettuati nel-l’ottica del puro dono e quelli caratterizzati da un’attesa di unbeneficio per l’impresa siano spesso labili13. Del resto, la stessaconcezione prevalente di filantropia aziendale sta evolvendo nelladirezione di una sua sempre maggiore connessione con le attivitàaziendali: tale connessione è ritenuta fattore in grado di accre-scere sia i benefici per la collettività, sia le ricadute favorevoli perl’impresa stessa14.

Una terza accezione di sociale considera, accanto alle due cate-gorie di stakeholder fin qui menzionate – collaboratori e societàcivile –, altri portatori di interessi e altri ordini di problemi:innanzitutto i soggetti posti immediatamente a monte e a valledell’impresa, ossia fornitori e clienti; in secondo luogo la gammadei problemi ambientali connessi ai processi e ai prodotti checoinvolgono la collettività.

Così intesa, la RSI trova come suo sinonimo il termine sosteni-bilità, affermatosi nell’ambito degli studi in materia ambientale15.

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 7

13 I contributi volontari a favore della collettività possono essere ricondotti a tre cate-gorie in base alle motivazioni ad essi sottostanti (London Benchmarking Group): 1)le liberalità consistono in un supporto continuativo fornito a cause meritevoli, spessodietro sollecitazione di organizzazioni non profit. Di norma si tratta di attività dallequali non si attende un preciso ritorno. Queste iniziative possono limitarsi a eroga-zioni di fondi o possono prevedere il coinvolgimento del personale dell’impresa e/olo sviluppo di partnership con clienti e fornitori; 2) gli investimenti sociali costituisconointerventi pianificati dall’impresa per difendere i propri interessi strategici e la suareputazione. Si tratta di azioni volte a sviluppare risorse importanti per l’impresa(per esempio, formazione correlata al core business) o ad affrontare complessi pro-blemi sociali che nel lungo periodo potrebbero minacciare la competitività azienda-le (ad esempio: carenze nel sistema formativo, degrado urbano). Spesso tali azioni siesplicitano in progetti svolti in partnership con altri soggetti non profit e/o pubblici;3) le iniziative commerciali, infine, consistono in campagne di marketing aventi obiet-tivi immediati (incrementi delle vendite) o differiti (sotto forma di posizionamentodella marca). Le forme più note riconducibili a questa categoria sono le sponsoriz-zazioni e il cause related marketing (www.lbg-online.net).14 Sul possibile beneficio della filantropia non solo per chi la riceve, ma anche per chi lapratica si segnalano: HERZLINGER (1994); RANGAN, KARIM, SANDBERG (1996); LEVY (1999);PORTER, KRAMER (1999), CIPOLLINA (2002); PORTER, KRAMER (2002); PORTER (2003).15 Il concetto di ‘sviluppo sostenibile’, presente in letteratura fin dall’inizio degli anni’80, è stato precisato e introdotto ufficialmente nel linguaggio dell’economia e dellapolitica internazionali dal cosiddetto Brundtland Report, elaborato e pubblicato dallaWORLD COMMISSION ON ENVIRONMENT AND DEVELOPMENT (1987) guidata dal PrimoMinistro norvegese Gro Hurlem Brundtland. Il documento definisce sostenibile «losviluppo che soddisfa i bisogni del mondo presente senza compromettere la capacitàdelle future generazioni di soddisfare, a loro volta, i propri bisogni». In altre parole,

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Si noti che con il concetto di sostenibilità entra in gioco anche unaltro interlocutore aziendale, sovente trascurato in quanto privodi voce: le generazioni future, cioè i soggetti destinati a esseremaggiormente colpiti nei propri fondamentali diritti dal degradodel sistema ecologico.

Questa posizione tiene esplicitamente conto del fatto che laresponsabilità verso gli azionisti è parte integrante della più gene-rale responsabilità che l’alta direzione si assume nei confrontidella società nel suo complesso. In tal senso sono consideraticome elementi che rientrano nella sfera della RSI un insieme dielementi connessi al sistema di corporate governance (l’equili-brata distribuzione dei poteri, la chiarezza nella divisione deicompiti, il sistema di controlli, la trasparenza nella comunicazio-ne e così via), quanto la tensione a generare ricchezza per gli azio-nisti. Questo allargamento conduce alla logica della cosiddetta tri-ple bottom line, secondo la quale l’impresa deve perseguire (e, dun-que, rendere conto di) tre ordini di risultati: i risultati economi-ci, in quanto la capacità di generare ricchezza è condizione perassicurare la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa; i risultatisociali in senso stretto, cioè nei confronti delle attese dei collabo-ratori e delle forze sociali esterne all’impresa; i risultati ambien-tali, nel senso dell’attenzione all’equilibrio ecologico nelle suevarie dimensioni16.

L’evoluzione di quest’ultima impostazione sottolinea la neces-sità di non limitarsi a un apprezzamento dei diversi ordini di risul-tato singolarmente considerati, ma di valutarli congiuntamente inun’ottica sistemica. Ciascun ordine di risultato, infatti, è funzio-nale al perseguimento degli altri e gli interessi di tutti gli interlo-cutori aziendali trovano un’armonica composizione attorno aldisegno di sviluppo dell’impresa.

Orbene, nel presente libro si accoglie la nozione di socialenella sua accezione più ampia.

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA8

esso intende conciliare crescita economica con sviluppo sociale e protezione ambien-tale, ponendo attenzione a proteggere e incrementare i capitali umano, sociale eambientale.16 Cfr. ELKINGTON (1997). Un’altra formula che in larga parte si sovrappone con RSIe con sostenibilità è corporate citizenship, o cittadinanza di impresa (MCINTOSH,LEIPZIGER, JONES, COLEMAN, 1998; REGELBRUGGE, 1999; ZADEK, 2001a e 2001b).

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3. La considerazione delle attese economiche

Nella definizione di responsabilità sociale proposta, si fa riferi-mento al soddisfacimento delle «legittime attese sociali e ambien-tali, oltre che economiche».

Quest’ultima specificazione merita una precisazione. Infatti, senon si considerassero, insieme agli obiettivi di ordine sociale eambientale, quelli di natura economica, si dimenticherebbe chela prima responsabilità dei vertici aziendali è la ricerca di condi-zioni atte ad assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impre-sa. La creazione di ricchezza, che trova espressione nel profitto, ècertamente una di queste fondamentali condizioni. Un’impresasensibile al sociale, ma incapace di perseguire un progetto di svi-luppo in grado di generare ricchezza, è destinata a veder vanifi-cata anche la propria valenza sociale17.

La varietà e l’importanza dei contributi offerti alla societàemergono ancora più chiaramente riflettendo intorno a duesituazioni in cui l’impresa viene meno o è assente. La prima:quando un’azienda di produzione rilevante per il territorio entrain crisi, si palesa il contributo precedentemente dato ai livellioccupazionali, alla tenuta del tessuto sociale, nonché alla prospe-rità dei soggetti a monte e a valle della filiera produttiva (fornito-ri, agenti, trasportatori, distributori, clienti, ecc.). La seconda: sein una regione povera di un Paese in via di sviluppo, nella qualegli aiuti internazionali si concentrano sulla risposta ai bisogni pri-mari e alle esigenze di istruzione di base, non vi sono impresemanifatturiere e di servizi in grado di offrire una prospettiva aigiovani strappati all’indigenza e all’analfabetismo, l’opera umani-taria fin lì realizzata viene vanificata.

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 9

17 A ben vedere, la principale responsabilità dei vertici aziendali nei confronti di tuttii propri interlocutori è quella di assicurare il duraturo perseguimento della missionepropria dell’impresa, la realizzazione di beni utili al vivere dell’uomo, perseguendolivelli crescenti di qualità ed efficienza. A tale missione, e solo ad essa, si collegano glialtri benefici prodotti a favore della società: la generazione di opportunità occupa-zionali dirette o attraverso l’indotto (componenti e servizi per l’impresa, servizi peri lavoratori e le loro famiglie), lo sviluppo e la diffusione di conoscenze (scientifiche,tecnologiche, commerciali, manageriali, organizzative, ecc.), il contributo all’equili-brio della bilancia commerciale nazionale, la generazione di tributi per lo Stato e pergli enti locali, e così via (Cfr. CODA, 1998).

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Autenticamente responsabile è dunque l’impresa al contempovitale, dove la vitalità è dimostrata innanzitutto dalle performancereddituali e dalla crescita esaminate su un arco temporale plu-riennale, e socialmente orientata, dove l’orientamento sociale èdimostrato innanzitutto dall’attenzione portata al soddisfacimen-to delle legittime attese di tutti gli stakeholder.

Non sono perciò lontani dal vero coloro che sottolineano latendenziale coincidenza della responsabilità sociale autentica-mente vissuta con il ‘buon management’. Se, dunque, nell’iden-tificare l’ambito proprio della responsabilità sociale si privilegia-no le «preoccupazioni sociali e ambientali»18, non è per esclude-re la rilevanza della tensione alle performance economiche, bensìper delimitare un preciso ambito rispetto al quale dedicare ener-gie di riflessione, di progettazione e di azione.

4. La natura volontaria e ineluttabile della responsabilità socialed’impresa

I comportamenti riconducibili alla sfera della responsabilità socia-le dell’impresa sono di natura volontaria, in quanto sono assuntinell’ambito degli spazi di discrezionalità di cui gli organi di gover-no e di direzione dell’impresa dispongono19.

Ciò non significa affatto che essi riguardino scelte e azioni chepossono essere eluse. Ogni atto umano, lo si voglia o no, ha rica-dute nei confronti di altri e implica, dunque, una responsabilità.Ciò vale a maggior ragione per le decisioni assunte dagli espo-nenti dei vertici aziendali, in considerazione della molteplicità disoggetti interni ed esterni in esse coinvolti20.

È astratta e, dunque, profondamente errata l’impostazionesecondo la quale ci sarebbe una prospettiva ‘aziendale’ della deci-sione sulla quale, in un secondo tempo e solo su specifica solleci-tazione, si può innestare un punto di vista ‘etico’, cioè attento allericadute della decisione su tutti i soggetti coinvolti. Occorre inproposito porre una domanda: prima della ‘iniezione etica’, in

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18 Cfr. COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE (2001).19 Per un approfondimento degli spazi di discrezionalità a disposizione del manage-ment si rinvia al paragrafo 8.20 Osserva Carroll che la dimensione etica è «presente praticamente in tutte le deci-sioni economiche che riguardano i portatori di interesse» (CARROLL, 1989, p. 20).

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base a quali criteri era stata assunta la scelta? E tutte le possibiliripercussioni della stessa sugli interlocutori sociali non sono forsefattori inscindibilmente connessi alla decisione? La decisione ini-zialmente assunta non era dunque una decisione puramente‘aziendale’, ma una scelta operata trascurando molti dei fattori ingioco. In una decisione di marketing, ad esempio, sono fonda-mentali domande quali: come è possibile aumentare la quota dimercato? Quali media privilegiare per massimizzare l’efficaciadella campagna di comunicazione? Ma, allo stesso modo, sonointerrogativi inerenti la decisione anche i seguenti: chi è coinvol-to nella decisione? Vi sono diritti umani fondamentali che posso-no essere violati nelle alternative a disposizione21?

L’attenzione a considerare tendenzialmente tutti i fattoriimplicati non è, dunque, una ‘preoccupazione morale’ che puòeventualmente seguire il processo decisionale razionale, ma è ilrendersi razionale di un processo decisionale che altrimentisarebbe stato gravemente lacunoso.

Ogni decisione non può dunque che essere responsabile e nonpuò che manifestare una gerarchia di valori, sia essa esplicita oimplicita, consapevole o inconsapevole. L’eventuale non consa-pevolezza dei criteri utilizzati, peraltro, non costituisce un alibiche giustifica la parzialità della decisione; anzi, ciò accresce il giu-dizio negativo nei confronti del decisore, in quanto egli dimostradi affrontare i propri compiti privo del necessario atteggiamentocritico22.

Il concetto di responsabilità sociale ha dunque il vantaggio difar emergere domande che sono strutturalmente inerenti le scel-te aziendali e che pur tuttavia sono spesso tacitate nei processidecisionali.

5. Oltre gli obblighi di legge

Nella definizione offerta di responsabilità sociale d’impresa, si fariferimento a una tensione a soddisfare le attese degli stakeholder

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 11

21 Cfr. WERHANE (1994).22 Goodpaster e Matthews scrivono che «le persone agiscono responsabilmente solose entrano in possesso di informazioni sull’impatto delle loro azioni su altri e leusano nel prendere decisioni» (GOODPASTER, MATTHEWS, 1988, p. 143).

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oltre gli obblighi di legge. Il riferimento al superamento delle normevigenti indica la necessità di abbandonare un concetto generico eastorico di RSI, per calarsi piuttosto in un preciso contesto spazio-temporale. Ad esempio, in un ambiente economico e sociale incui l’utilizzo di lavoro minorile è pratica largamente diffusa, l’at-tenzione a evitare tale prassi è una significativa manifestazione diresponsabilità sociale; viceversa in un contesto in cui l’impiego dilavoro minorile è vietato dalla legge ed è praticato solo da impre-se marginali e palesemente estranee alle regole del gioco, ilmedesimo comportamento non può qualificarsi come ‘socialmen-te responsabile’.

Per meglio comprendere la natura contingente della respon-sabilità sociale è utile considerare l’incidenza di quattro variabili:la localizzazione dell’impresa e delle sue unità produttive, ilmomento storico, il settore di appartenenza, le caratteristiche dibase dell’impresa.

Per quanto riguarda la localizzazione, è assai rilevante il conte-sto politico, normativo e culturale nel quale l’impresa ha il suoquartiere generale e in cui sono poste eventuali altre sedi com-merciali, produttive, di ricerca. Da Paese a Paese variano la logicadi fondo del sistema giuridico (civil law o common law23), il profi-lo delle norme in tema di lavoro e di ambiente, le forme di auto-regolamentazione (si pensi a quelle relative alla corporate gover-nance), il tasso di legalità e così via. Si tratta di fattori che contri-buiscono a definire i confini oltre i quali inizia la responsabilitàsociale e che ne orientano le forme.

Con riferimento alla variabile tempo, si manifesta una sorta diprogressivo avvicendamento dei problemi che assorbono l’atten-zione dei vertici delle imprese e delle istituzioni24. Un tema rile-vante in un determinato momento può in seguito perdere la suacentralità per più ragioni:

– perché assimilato entro le pratiche in uso. Ad esempio, la pos-sibilità di orario flessibile, che può manifestare la sensibilità a sod-disfare l’esigenza dei collaboratori di conciliare vita lavorativa e vitafamiliare, esce dal paniere della responsabilità sociale nel momen-to in cui esso diventa parte integrante del contratto di settore;

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA12

23 Per la distinzione tra civil law e common law si rimanda a GROSSI (2000).24 Sulla necessità di storicizzare il fenomeno della responsabilità sociale delle impre-se si rimanda a: MATACENA (2002) e SAPELLI (1990).

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– per cambiamenti avvenuti nella cultura del Paese d’apparte-nenza. La realizzazione da parte delle imprese di scuole, asili, luo-ghi per il tempo libero, che costituiscono segni di attenzione alpersonale e alla collettività in un determinato momento storico,possono, in epoca successiva, apparire come manifestazioni dipaternalismo e di indebita invadenza dell’impresa nella sfera sociale;

– per il venir meno del motivo che l’aveva generato. Il rifiutoa operare in Sud Africa, come forma di boicottaggio volta a com-battere l’apartheid, ha ovviamente perso di significato con la finedelle discriminazioni razziali nel Paese.

Cosa può far, invece, emergere un nuovo tema rilevante per laresponsabilità sociale? Le risposte sono molteplici: una innova-zione tecnologica che pone nuovi problemi di sicurezza o di tute-la ambientale; lo sviluppo delle conoscenze scientifiche, che per-mette ad esempio di riconoscere l’impatto negativo sulla salute diprocessi o prodotti rispetto ai quali in precedenza non vi eraalcun sospetto di nocività; un cambiamento nella cultura e neicostumi, che può far lievitare l’importanza di certi valori (si pensial tema delle pari opportunità)25.

La RSI è una sorta di ombrello sotto al quale si raccoglie uninsieme mutevole di elementi relativi alle diverse aree aziendali eai vari portatori di interessi. Per una panoramica di temi attual-mente considerati emblematici, si rimanda al paragrafo 11.

Per quanto riguarda i settori, la RSI può variare sia per livello diimportanza assunto nell’agenda del management, sia per i temi acui si attribuisce maggior rilievo26. I settori connessi alle risorsenaturali (industria estrattiva, chimica, settore forestale, petrolio egas, ecc.) e all’industria pesante (chimica, acciaio) pongono vastiproblemi in ordine alle tematiche ambientali e alla sicurezza dellavoro27. In altri settori i punti critici riguardano l’impatto deibeni offerti sulla salute del consumatore: è il caso dei produttoridi tabacco e di alcolici28, per la natura intrinseca dei beni realiz-

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 13

25 Sulle forze che in generale attribuiscono una crescente importanza alla RSI si tor-nerà nel paragrafo 10.26 A questo proposito si consideri il contributo di RICHARDSON, WELKER, HUTKINSON,1999).27 Cfr. DEEGAN, GORGON (1996).28 Cfr. MILES (1982).

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zati, o dell’industria farmaceutica, per i rischi connessi al lanciodi nuovi prodotti. Alcuni settori vedono posto in discussione daparte di forze sociali e politiche il diritto all’esistenza (armi, por-nografia). Nella grande distribuzione diventa decisivo il controllodella catena di fornitura, soprattutto in relazione alle produzioniagricole realizzate nei Paesi in via di sviluppo.

La RSI assume un profilo differente anche in relazione allecaratteristiche di base dell’impresa. Al riguardo,un influsso particola-re è esercitato dalle dimensioni aziendali29. Le ricerche fin qui effet-tuate concordano nel riconoscere che l’impegno sistematiconella RSI cresce all’aumentare delle dimensioni dell’impresa,assumendo via via forme più strutturate30.

Da ultimo un’osservazione critica: l’impegno dell’impresanella RSI muta nel tempo e nello spazio, dovendosi in qualchemodo conformare ai valori e alle istanze che via via assumonorilievo nel contesto di riferimento. Questo tendenziale allinea-mento con le attese della società non implica per ciò stesso ungiudizio positivo sotto il profilo morale. Non necessariamente ciòche diventa parte della cultura dominante e, dunque, contenutodelle attese degli stakeholder è degno di valore. Come la sferadell’impresa non può considerarsi autonoma, e perciò nonsuscettibile di un giudizio di ordine morale, allo stesso modol’ambiente socio-economico non può considerarsi scevro da valu-tazioni morali.

Valga il seguente esempio. Alcuni testi dedicati alla RSI, cheben riflettono le politiche in atto in numerose grandi imprese sta-

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA14

29 La grande impresa è chiamata ad assumere esplicitamente una responsabilità sullasocietà anche in conseguenza del potere che di fatto esercita nell’ambiente in cuiopera; la piccola impresa, invece, tende a subire l’ambiente più che a determinarlo.30 In particolare nelle PMI è assai meno diffusa, rispetto alle imprese di maggioridimensioni, l’adozione di sistemi di gestione formalizzati che richiedono risorseumane dedicate e risultano di difficile accesso. In merito alla peculiarità dellaresponsabilità sociale nelle PMI si rimanda a: HARVEY, VAN LUIJK, CORBETTA (1991);RYAN (1991); THOMPSON, SMITH (1991); THOMPSON, SMITH, HOOD (1993); VYAKARNAM,BAYELY, MYERS, BURNETT (1997); SPENCE (1999). Quanto alle recenti ricerche sulcampo relative all’orientamento sociale delle PMI si segnala: SMEs’ Attitudes to SocialResponsibility (MORI, 2000); Engaging SMEs in Community & Social Issues (Business inthe Community, The British Chambers of Commerce, Institute of Directors,AccountAbility, 2002); European SMEs and social and environmental responsibility(European Commission, 2002); I modelli di responsabilità sociale nelle imprese italiane(MOLTENI, LUCCHINI, 2004).

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tunitensi, allorché affrontano il tema delle pari opportunità par-lano allo stesso modo di attenzione ai disabili, di uguaglianza ditrattamento tra uomo e donna, di tutela delle minoranze etniche,di ugual valore delle famiglie eterosessuali e monosessuali. A pro-posito di quest’ultima voce, si considera manifestazione di pro-gresso la politica che assicura l’assistenza previdenziale al compa-gno dello stesso sesso. Ora, come manifesta il vivace dibattito sultema, sono in molti a sostenere che questo modo di concepire lafamiglia, avallato dalle politiche attuate da un numero crescentedi imprese, lungi dal costituire una manifestazione di progresso,mina la società e l’educazione delle giovani generazioni.

6. Nello svolgimento delle attività aziendali

Con il termine RSI si vuole indicare una modalità con cui vieneattuato ciò che è tipico dell’impresa, cioè la missione produttiva.Essa riguarda innanzitutto lo svolgimento delle attività caratteri-stiche, da cui fondamentalmente dipendono la valorizzazionedelle competenze dei collaboratori, il contributo allo sviluppoeconomico di una determinata area geografica, la creazionediretta o indiretta di posti di lavoro, la fertilizzazione del territo-rio di radicamento in termini di valori e di conoscenze tecniche,organizzative, commerciali, imprenditoriali.

Una concezione di RSI ridotta a filantropia31, attuata desti-nando a fini sociali una quota – di norma assai ridotta – dellerisorse generate, sostanzialmente sganciata dai processi di produ-zione, può addirittura risultare controproducente: può infattispostare l’attenzione dei vertici aziendali dai propri compiti fon-damentali; può tacitare le coscienze, eludendo le vere responsa-bilità sociali; può danneggiare la reputazione aziendale, riceven-do l’accusa di costituire una mera operazione di facciata, attentaa cavalcare la moda del momento, alla quale non è estraneo unintento manipolatorio.

L’esercizio autentico della responsabilità sociale da parte del-l’impresa si verifica quando essa si fa carico delle attese degli sta-keholder anche oltre gli obblighi di legge non come puro moto

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 15

31 Cfr. paragrafo 2.

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di liberalità, ma quando tale comportamento è inscritto nella stra-tegia dell’impresa sì da tendere a costituire una fonte di vantag-gio competitivo. In questo caso, infatti, si ha una situazione win-win,della quale cioè si avvantaggiano tutte le parti coinvolte. Sarebbecosì anche superata l’obiezione secondo la quale la distribuzionedella ricchezza prodotta agli azionisti è più equa della filantropiaaziendale, in quanto riconosce ai conferenti di capitale il diritto didisporre delle risorse economiche generate, eventualmente desti-nandone una parte ai soggetti che incontrano le loro preferenze.

7. I due livelli della responsabilità sociale

L’assunzione di una responsabilità nei confronti delle parti inte-ressate oltre gli obblighi di legge si presenta come un fenomenoassai ampio. Alla luce dei fermenti che caratterizzano l’attualecontesto economico-sociale, è utile distinguere due livelli di taleresponsabilità:

a) il livello della tutela dei diritti;b) il livello della creatività socio-competitiva.

Tale distinzione merita un approfondimento.

a) La tutela dei diritti

Una prima forma di attuazione della RSI consiste nel garantire unlivello di tutela dei diritti più elevato di quello reso obbligatoriodalla normativa vigente. Ciò assume particolare rilievo, ad esem-pio, a seguito del fenomeno della globalizzazione: in misura cre-scente le imprese occidentali operano in nazioni caratterizzate daordinamenti assai meno evoluti in tema di diritti dell’uomo e deilavoratori rispetto a quelli dei Paesi d’origine; tali aziende sonoallora poste di fronte all’alternativa di agire nei Paesi più poveriattestandosi alle normative locali o agli standard propri dei con-testi di provenienza32.

Più in generale l’opportunità (o la necessità) di andare oltregli obblighi di legge è spiegata dalla complessa relazione esistente

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA16

32 In tema di problemi etici delle imprese connesse col fenomeno della globalizza-zione si rimanda alla raccolta curata da MINUS (1993) e, in particolare, ai contributiin esso contenuti di DONALDSON (1993) e DE GEORGE (1993a).

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tra etica e legge. A questo proposito si richiamano alcune consi-derazioni che, per quanto valide in qualsiasi contesto, assumonoparticolare rilievo con riferimento alle imprese33.

Innanzitutto, una legge è per lo più reattiva: tipicamente vi èun ritardo tra il diffondersi di pratiche dannose e l’introduzionedelle norme. Sovente, ad esempio, le aziende che emettonosostanze tossiche nell’ambiente sono a conoscenza delle esterna-lità negative prodotte ben prima che il fenomeno sia regolamen-tato da apposite leggi.

In secondo luogo, non tutto ciò che è immorale può esserereso illegale. Un manager di livelli superiori che non dedichitempo ed energie alla crescita professionale dei propri diretti col-laboratori viene meno a un fondamentale dovere di ruolo; tutta-via non è pensabile che un simile dovere sia imposto medianteuna legge.

In terzo luogo, non sempre le leggi vigenti sono moralmentedifendibili. L’alta direzione di un’impresa occidentale che asse-condasse acriticamente una legislazione nazionale contenenteprofonde discriminazioni legate alla razza sarebbe soggetta aunanimi critiche nel Paese d’origine.

L’opportunità (o la necessità) di andare oltre gli obblighi dilegge è confermata dal fatto che negli ultimi anni si sono molti-plicate forme di autoregolamentazione – riguardanti tanto la sferadei diritti della persona quanto la sfera dell’agire d’impresa –emanate da organismi internazionali, continentali o nazionali34.Basti pensare alla carta dei diritti dell’uomo, alle disposizionidell’ILO, ai principi del Global Compact promossi dal SegretarioGenerale dell’ONU, alle norme nazionali di autoregolamentazionerelative alla corporate governance delle imprese quotate e così via35.

Con riferimento al contesto socio-economico in cui attual-mente operano le imprese italiane, l’area della tutela dei diritti

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 17

33 Cfr. DE GEORGE (1999, p. 15).34 Si noti che l’autoregolamentazione è un istituto tipico dei Paesi di Common Law,dove lo spazio etico risulta più ampio.35 Si noti che, in particolare le iniziative di autoregolamentazione a livello interna-zionale costituiscono una iniziale risposta all’assenza di forme di governo a livelloplanetario, in grado di legiferare e di instaurare un corrispondente sistema sanzio-natorio, a fronte di un sistema politico ed economico sempre più globale. In tema diautoregolamentazione si rimanda al paragrafo 10.

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riguarda ad esempio: il controllo etico della supply chain; il livellosalariale, l’attenzione al lavoro femminile e il non ricorso al lavo-ro minorile presso le unità produttive localizzate nei Paesi in viadi sviluppo; il contenuto valoriale dei messaggi pubblicitari, lepolitiche di pari opportunità attuate in via volontaria, l’adozionedi un sistema di controllo interno evoluto, il rispetto delle perso-ne sul luogo di lavoro.

La prospettiva della tutela dei diritti implica il riferimento auna concezione dell’uomo e della società, e non è, dunque, sce-vra dalle difficoltà derivanti dalla multi-culturalità caratterizzanteil mondo attuale. A facilitare, tuttavia, tale prospettiva è il fattoche la tutela dei diritti fa riferimento a valori di base universal-mente riconosciuti, per lo più codificati in documenti approvati alivello internazionale.

Prima di passare a considerare il secondo approccio alla RSI,occorre una riflessione critica circa il fatto che l’ambito dellaresponsabilità sociale abbia inizio solo dai comportamenti chevanno al di là delle norme esistenti. Da un lato l’affermazionepare indiscutibile, perché è ovvio che gli operatori aziendali deb-bano operare nell’ambito della legalità. D’altro canto l’osserva-zione della realtà evidenzia l’esistenza di contesti – Paesi, areegeografiche, settori – in cui le norme sono disattese36 da una largamaggioranza delle imprese, le quali hanno buon gioco anche perle carenze strutturali e/o operative degli organismi preposti aicontrolli37.

La frequenza e la dimensione delle crisi aziendali aventi origi-ne nel mancato rispetto di norme fondamentali conferma quan-to non sia per nulla scontata per le imprese l’osservanza di deter-minate normative anche nei contesti economici più evoluti38.

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA18

36 Tipicamente quelle riguardanti l’ambiente, la sicurezza o l’informativa economico-finanziaria.37 Talvolta i comportamenti irregolari vengono giustificati da chi li compie accusan-do l’inadeguatezza delle leggi violate. Si sostiene che è l’eccesso di regolamentazio-ne – in materia di fisco, lavoro e sicurezza, ambiente – a indurre le imprese operan-ti in contesti caratterizzati da una intensa competizione a trasgredire le norme, alfine di reggere la concorrenza di imprese operanti in sistemi-paese meno vincolati.38 Enron e Andersen negli Stati Uniti, Cirio e Parmalat in Italia, rappresentano tipicicasi di crisi generate dal mancato rispetto delle leggi vigenti.

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b) La creatività socio-competitiva

Il campo della RSI si spinge al di là non solo degli obblighi dilegge, ma anche della tutela dei diritti degli stakeholder, cioè diquanto è richiesto dagli standard di autoregolamentazione e dalleforme di certificazione volontaria che si stanno affermando nelcontesto internazionale e nazionale.

In questa seconda e complementare accezione, la RSI si carat-terizza per la ricerca di soluzioni innovative atte a soddisfare inmisura sempre maggiore le attese di uno o più gruppi di portato-ri di interessi, tendendo a fare di tali soluzioni un fattore di svi-luppo della competitività dell’impresa. In tal senso il termineresponsabilità sociale perde ogni connotato ‘negativo’39, nel sensodi divieto o di vincolo all’operare, e diventa sinonimo di una crea-tività posta al servizio della soddisfazione delle attese di tutti glistakeholder40. A ben vedere l’esigenza della creatività a propositodella responsabilità nasce dalla consapevolezza che mai si è inpresenza di un assetto perfetto, compiuto: in ogni situazione èpossibile rispettare ‘di più’, valorizzare ‘di più’, soddisfare ‘di più’.In tal senso la creatività socio-competitiva fiorisce più facilmentein un soggetto consapevole dei limiti propri e della situazione,dunque positivamente insoddisfatto e, perciò, attento alle nuovepossibilità, più orientato all’ascolto, teso alla ricerca di soluzioniinnovative. Sulla creatività socio-competitiva e le sue manifesta-zioni si torna più diffusamente nel quarto capitolo.

Le due forme di responsabilità sociale sono tra loro comple-mentari. Per quanto il confine tra le due accezioni non possa esse-re definito con nettezza, può essere utile sintetizzarne le diffe-renze esaminando la tabella 1.1.

La tutela dei diritti interpreta la responsabilità principalmentecome limite morale41 a decisioni di impresa – in tema di rapporti

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 19

39 In merito alla distinzione tra azione ‘negativa’ e azione ‘affermativa’, si vedano:NAGEL (1993); BEAUCHAMP, BOWIE (1993) e RUSCONI (1997). Analoghe classificazionisono proposte da: DE GEORGE (1993, cap. 10) che distingue tra il rispetto delle normeoltre il minimo e il perseguimento degli ideali; KEMP (2001) che distingue tra misu-re value conserver (elaborate per limitare i rischi e le esternalità negative) e misure valuecreator (realizzate in vista di generare ricavi addizionali e di migliorare l’efficienza).40 Sull’importanza della creatività volta a ricercare nuove soluzioni capaci di conci-liare attese la cui soddisfazione si pone inizialmente come alternativa, si segnalanotra gli altri: CODA (1995); LOZANO (2001).41 Si noti che la prospettiva della tutela dei diritti è vissuta principalmente ma non esclu-sivamente come vincolo, poiché agli occhi di chi la pone in essere può già manifestare

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con i collaboratori, politica di comunicazione, tutela della salute,rapporti con i fornitori e così via – che, in vista di una massimiz-zazione del profitto di breve termine fossero lesive dei diritti deisoggetti, interni ed esterni, coinvolti.

La creatività socio-competitiva costituisce, invece, una fonte diinnovazione nelle attività aziendali, dando vita a forme di rap-porto con i collaboratori in grado di innalzare la coesione all’in-terno dell’impresa, a nuovi prodotti connotati da valenze socialio ecologiche, a forme di comunicazione tese a coinvolgere tuttigli attori nel disegno di sviluppo dell’impresa.

Tabella 1.1 - I due livelli della responsabilità sociale d’impresa

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA20

Responsabilità come...

Collaboratori

Clienti

Fornitori

Ambiente

Trasparenza e comunicazione

TUTELADEI DIRITTI

...limite morale

– Politica delle pariopportunità– Non ricorso al lavorominorile anche inPaesi in cui sarebbeconsentito

– Attenzione a messaggiculturalmente nocivi

– Controllo etico dellasupply chain

– Investimenti di natu-ra ecologica oltre ilimiti stabiliti dallalegge

– Comunicazione delleinformazioni richiestedai codici di autorego-lamentazione

CREATIVITÀSOCIO-COMPETITIVA

...fonte di innovazione

– Servizi aggiuntivi aidipendenti– Soluzioni innovativeper coniugare vita lavo-rativa e vita familiare– Intensa attività di for-mazione

– Campagne di causerelated marketing– Sviluppo di prodottidestinati a categoriesvantaggiate

– Contributo alla cre-scita tecnica e impren-ditoriale dei fornitori

– Sviluppo di prodotticonnotati da valenzeecologiche

– Comunicazione deldisegno strategico e deiconnessi risultati econo-mici, sociali, ambientali

una volontà positiva di soddisfare le esigenze delle parti interessate, nell’ottica dun-que della sinergia tra socialità ed economicità.

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8. I management tra vincoli e discrezionalità

Il richiamo alla volontarietà dei comportamenti orientati allaresponsabilità sociale delle imprese sottende il riconoscimentodegli spazi di discrezionalità a disposizione del management nel-l’esercizio delle proprie funzioni.

In questo paragrafo si intende riflettere brevemente sui carat-teri di tali spazi. Si tratta di un tema attorno al quale sono pur-troppo diffusi equivoci che hanno pesanti conseguenze tantosulla concezione della natura d’impresa e del suo funzionamen-to, quanto sui comportamenti assunti dagli attori aziendali. Inparticolare, occorre sgombrare il campo da due posizioni antite-tiche tra loro, ma ugualmente irrealistiche.

Una prima posizione – teorica e/o pratica – tende a negare l’e-sistenza di gradi di libertà nell’agire, a causa dei numerosi vincoliposti dal contesto. Tale posizione nega l’esistenza stessa di unaresponsabilità, perché per sua natura quest’ultima implica il liberoarbitrio. Si tratta di una posizione falsamente modesta, di fattocinica, del resto ben nota nel comportamento umano: quellasecondo la quale il singolo non è in grado di alterare in alcunmodo il corso degli eventi42.

È questa la chiave con cui ad esempio Jackall ha sintetizzatol’etica dei manager (ossia «le regole morali in uso elaborate daimanager per orientare il proprio comportamento nell’attivitàlavorativa»), emersa ai suoi occhi nell’analisi svolta presso alcunegrandi imprese secondo i canoni della sociologia43. Affermal’Autore: «il lavoro burocratico induce gli individui a mettere traparentesi, in ambito lavorativo, i principi morali ai quali possonoispirarsi nella vita extra-lavorativa o a cui aderiscono sul piano pri-

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 21

42 Illuminante in proposito un passaggio di Hannah Arendt, tratto dal libro dedicatoal processo a uno dei protagonisti degli eccidi nazisti: «“Qui, a questa conferenza,avevano parlato i personaggi più illustri, i papi del Terzo Reich”. Ora egli vide con ipropri occhi e udì con le proprie orecchie che non soltanto Hitler, non soltantoHeydrich o la “sfinge” Müller, non soltanto le SS o il partito, ma i più qualificati espo-nenti dei buoni vecchi servizi civili si disputavano l’onore di dirigere questa “crude-le” operazione. “In quel momento mi sentii una specie di Ponzio Pilato, mi sentiilibero da ogni colpa”. Chi era lui, Eichmann, per erigersi a giudice? Chi era lui perpermettersi di “avere idee proprie”? Orbene: egli non fu né il primo né l’ultimo adessere rovinato dalla modestia» (ARENDT, 2001, p. 122).43 Cfr. JACKALL (1989, p. 4).

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vato e a seguire la morale che prevale nell’organizzazione nellaquale si trovano a operare. Come afferma l’ex esponente del ver-tice di una grande impresa: «Quello che è giusto in una grandeimpresa non è quello che è giusto in casa propria o in chiesa.Quello che è giusto in una grande azienda è ciò che chi sta sopra di tevuole che tu faccia. Questa è la morale della grande azienda”»44. Eaggiunge: «Normalmente i manager non discorrono tra loro inmaniera diretta né di etica, né delle regole morali vigenti nellaquotidianità, salvo forse nei seminari organizzati dai succitatiesperti di questioni etiche. Tuttavia tali seminari, peraltro piutto-sto rari, tendono a essere forzati, artificiali e fonte di confusioneper gli stessi manager che vi partecipano, in quanto si riduconospesso a occasioni di pubblica e solenne invocazione dei principimorali più vieti e convenzionali, in special modo da parte deimanager di livello più elevato. A contare nella concreta quotidia-nità sono, invece, le regole morali vigenti elaborate sulla base deicondizionamenti personali e strutturali dell’organizzazione nellaquale si opera. È ovvio che tali norme possono variare notevol-mente in funzione di numerosi fattori, quali la vicinanza al mer-cato, il tipo di responsabilità, la posizione gerarchica. Le concre-te normative morali connesse all’organizzazione dipendono per-tanto dal contesto e dalla situazione, e sono marcatamente speci-fiche e perlopiù non articolate»45.

A questa posizione, che propende per la sostanziale assenza dispazi di discrezionalità nell’attività manageriale, se ne oppone –invero più raramente – un’altra che potremmo definire utopica.In essa la sensibilità al mondo dei valori, che in termini di RSI simanifesta nell’orientamento ad assecondare acriticamente leistanze degli stakeholder a cominciare dai dipendenti, trascura onon attribuisce sufficiente peso ai molteplici vincoli posti dal con-testo. L’utopista è colui che permette ai suoi ideali di accecarlo46.

Occorre dunque riflettere in modo realistico sui gradi di libertà di cuiil management dispone. Per addentrarci in questa tematica èutile distinguere la condizione in cui versa l’alta direzione daquella tipica dei manager di livello intermedio: alle due categorie

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA22

44 Cfr. JACKALL (1989, pp. 7-8).45 Cfr. JACKALL (1989, p. 8).46 Cfr. TISCHNER (1980).

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corrispondono diversi sistemi di vincoli e diverse modalità di eser-cizio della discrezionalità.

L’operato degli esponenti dei vertici aziendali è vincolato, dauna parte, dal contesto economico, politico, sociale e culturalenel quale l’impresa opera e, dall’altra, dalla situazione in cui l’a-zienda versa in quel momento. Per quanto riguarda quest’ultimofattore, ad esempio, è ovviamente più ampia la possibilità di sod-disfare le istanze degli stakeholder quando l’impresa attraversauna stagione di prosperità, caratterizzata da soddisfacenti tassi diredditività e crescita, nonché da alti livelli di reputazione e fidu-cia presso i propri interlocutori.

Quanto invece al contesto ambientale, assumono rilievo:– fattori sovranazionali: gli orientamenti espressi dall’ONU, le

direttive dell’Unione Europea, le forme di autoregolamentazionepromosse da organismi internazionali e così via;

– fattori nazionali: la logica di fondo dell’ordinamento giuri-dico (gli ordinamenti basati sulla common law attribuiscono almanagement spazi di discrezionalità assai più ampi rispetto aquelli di civil law); la qualità delle norme in materia ambientale elavoristica; i livelli salariali; le leggi a tutela delle pari opportuni-tà; le norme e le forme di autoregolamentazione in tema di cor-porate governance; il grado di apertura internazionale e le logi-che di fatto operanti nel mercato finanziario; le regole e il fun-zionamento del sistema dei controlli; le regole a tutela della con-correnza; gli orientamenti politici prevalenti; il potere detenutodalle varie forme di rappresentanza degli stakeholder; le idee pre-valenti della cultura manageriale, e così via;

– fattori settoriali: le forme di autoregolamentazione promos-se dalle associazioni di categoria; i comportamenti prevalenti neirapporti con fornitori e clienti; le pratiche in uso nelle relazionicon i concorrenti.

Per il management di livello intermedio, ai condizionamenti con-nessi al contesto si aggiungono i vincoli determinati dalle scelteoperate dai vertici aziendali. Si pensi: alla cultura aziendale che,come è noto, è prevalentemente il portato degli attori chiave edella storia aziendale che questi ultimi hanno contribuito a deter-minare; alla eventuale presenza di una carta dei valori o di uncodice etico in grado di orientare i comportamenti dei collabora-tori e dei principali interlocutori esterni; alla logica di fondo con

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 23

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Page 270: ETICA SOCIALE - EDUCatt1 INTRODUZIONE ALL’ETICA SOCIALE Che cosa è l’etica sociale (o business ethics)? E’ una disciplina accademica che si occupa di studiare le problematiche

cui sono attuate le politiche del personale, a cominciare dai siste-mi di valutazione e incentivazione; al livello di coinvolgimentonelle decisioni; alle politiche di formazione; alle modalità con cuiè impostata l’interazione con i fornitori (partnership o antagoni-smo); all’approccio di fondo in tema di sicurezza e di ambiente,che può essere anticipatorio o puramente attento a conformarsialle norme; all’adozione di sistemi di gestione connessi alla RSI(certificazione sociale, certificazione ambientale, certificazio-ne/programmi per la sicurezza); all’attenzione a una più o menogrande disclosure nei confronti degli azionisti, degli investitori isti-tuzionali, del personale e di tutti gli altri interlocutori, la quale sipuò manifestare nella scelta di elaborare il bilancio sociale, nel-l’organizzazione di incontri volti a presentare risultati e prospet-tive, e così via; alla logica di gestione di eventuali ristrutturazioniche si rendessero necessarie in relazione all’evoluzione del setto-re e alle performance dell’impresa.

9. Le forme di esercizio della libertà del management

Nell’ambito di questo sistema articolato di condizionamenti, incosa consiste dunque l’esercizio della libertà da parte degli espo-nenti del management? La libertà degli attori aziendali puòattuarsi in tre direzioni:

– la valorizzazione degli spazi di discrezionalità – più o menoampi – esistenti in un determinato contesto;

– l’attuazione di una politica volta a modificare il contesto nelquale si opera, in vista di accrescere l’opportunità di attuare lelinee di sviluppo dell’impresa desiderate47;

– da ultimo, la scelta di abbandonare la situazione (exit)48, qua-lora il contesto ponga vincoli inaccettabili al proprio agire.

La prima forma di esercizio della libertà, la valorizzazione deglispazi di discrezionalità, assume un profilo diverso in relazione al

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA24

47 Scrive De George: «le aziende che operano con integrità non nuociono, non sfrut-tano e non approfittano ingiustamente degli atri. Al contrario, aiutano a sviluppareistituzioni di supporto adeguate per rendere equa la concorrenza. Hanno un motivolegato al proprio interesse, così come un motivo più altruistico, etico» (DE GEORGE,1993b, p. 192-193).48 Cfr. HIRSCHMAN (1970).

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livello gerarchico in cui il soggetto è collocato. Spetta all’alta dire-zione, ad esempio, la decisione di intraprendere l’elaborazionedel bilancio sociale con le conseguenze che comporta a livello diprocessi aziendale e di cultura organizzativa. Compete all’altadirezione – o, in altri casi, al responsabile di un’area di business oal responsabile commerciale – la scelta di sviluppare una linea diprodotti caratterizzata da una particolare valenza sociale o di rea-lizzare una campagna di cause related marketing.

Accanto alla discrezionalità connessa al livello gerarchico, ven’è una di ordine micro, anch’essa assai rilevante per la qualitàdella vita di lavoro e, di conseguenza, anche per le performanceaziendali. Si fa riferimento, ad esempio, al profondo rispettodelle persone (qualunque mansione si abbia), all’attenzione nelvalorizzare i collaboratori, alla correttezza nel comunicare infor-mazioni rilevanti, all’uso proprio o improprio dei beni aziendali,allo stile di gestione delle trattative.

Passiamo ora a considerare la seconda modalità di eserciziodella libertà, cioè l’azione volta a modificare il contesto di riferi-mento49. Si rifletta sul seguente esempio. L’alta direzione diun’impresa sensibile alle problematiche ambientali è orientata aeffettuare investimenti di natura ecologica al di là degli obblighidi legge. L’intervento determinerebbe un differenziale di costosfavorevole rispetto ai concorrenti che assumono un comporta-mento più spregiudicato. Ove tale differenziale fosse insostenibi-le, la scelta si porrebbe sotto la forma di un dilemma: privilegiareil comportamento ecologico o le performance competitive? Unavia di uscita può essere quella di intraprendere un’azione nel con-testo, che possibilmente coinvolga i principali concorrenti e/ol’associazione di categoria, in vista di promuovere una forma diautoregolazione collettiva o una norma di legge che imponga atutti il tipo di investimenti desiderati. Il contesto modificatoriconcilierebbe i due obiettivi che in precedenza si ponevanocome trade-off.

Significativamente gli esponenti dei vertici aziendali più sensi-bili alle istanze sociali tendono a non limitare la propria azioneall’interno dei confini aziendali, ma a prendere parte attiva nella

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49 Cfr. DE GEORGE (1999).

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vita delle associazioni di rappresentanza delle imprese e nella piùvasta realtà sociale e politica50. Essi sono orientati a intessere rela-zioni aperte con gli interlocutori esterni influenti (amministra-zioni pubbliche, media, opinion leader e così via), partecipanovivacemente al dibattito sui temi scottanti della società e dell’eco-nomia, promuovono o aderiscono a forme di autoregolamenta-zione che incorporano una più alta tensione alla tutela dei dirittie a soddisfare le attese degli stakeholder rispetto agli standard dilegge, contribuiscono a creare il movimento di opinioni e l’ag-gregazione di forze necessari per rinnovare le norme. Tale impe-gno, che può essere animato dal desiderio di contribuire allo svi-luppo integrale del contesto in cui si opera, risulta funzionaleanche al successo dell’impresa: innanzitutto può rendere obbli-gatorio per tutti gli operatori del settore ciò che l’impresa haintrapreso o vorrebbe intraprendere per via volontaria; in secon-do luogo può allargare il consenso degli interlocutori sociali neiconfronti dell’impresa e del suo disegno strategico51.

Un altro esempio riguarda il management di livello interme-dio. Si consideri il responsabile di una divisione che registra tra ipropri subordinati un tasso di turnover elevato, segnale di uncerto grado di insoddisfazione nel personale e fonte di minorilivelli di produttività e di un ridotto accumulo di conoscenze. Ilresponsabile della divisione, allora, può sollecitare gli esponentidel vertice a introdurre politiche delle risorse umane atte a valo-rizzare il personale e a migliorare il clima aziendale.

La terza modalità di esercizio della libertà sta nella cosiddettaexit, cioè nella rinuncia a esercitare la responsabilità fino a quelmomento detenuta. Si tratta, ad evidenza, di una estrema ratioche può essere tanto più adottata quanto più:

– i comportamenti percepiti come imposti dal contesto sonogiudicati eticamente inaccettabili. Si noti l’uso del termine ‘per-cepiti’, in quanto non si può escludere che gli attori – per igno-ranza, scarsa lungimiranza, limiti professionali, e così via – non

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA26

50 Sull’importanza di una politica attiva nei confronti dei pubblici poteri anche invista di sostenere il vantaggio competitivo si veda: KEIM, ZEITHAML (1986); QUINN,SHAPIRO (1991); HILLMAN, HITT (1999); SCHULER, REHBEIN, CRAMER (2002).51 Cfr. MOLTENI (1990, cap. 4).

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siano in condizione di identificare o elaborare diversi corsi diazioni che altri soggetti avrebbero saputo far emergere;

– esistono alternative per il soggetto stesso. L’alternativa exit èpiù facilmente adottabile se esiste una interessante opportunità dilavoro presso un’altra impresa.

L’opzione di uscita (o la scelta preventiva di non fare ingressoin un determinato contesto) può significare, ad esempio, per ivertici aziendali, decidere di abbandonare (o di non entrare) inun business noto per l’alto grado di corruttela che lo caratterizzao in un Paese o in una area geografica che renderebbero neces-sario lo scendere a vistosi compromessi con fenomeni di corrut-tela; per un manager di livello intermedio, destinato a ricoprireposizioni più o meno rilevanti nella gerarchia aziendale, la sceltadi non accettare un passaggio di carriera in forza della conside-razione della cultura e degli stili di comportamento che caratte-rizzano la divisione nella quale dovrebbe andare a operare.

La tabella 1.2 sintetizza le forme con cui la libertà di un attoreaziendale è chiamata a manifestarsi, avendo attenzione alle speci-ficità derivanti dalla posizione organizzativa.

Tabella 1.2 - L’esercizio della libertà ai vari livelli gerarchici:alcuni esempi

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 27

Alta direzione

Manager di livello intermedio

Valorizzazionedegli spazi di discrezionalità

– Orientamentoa soddisfare leattese dei collaboratori

– Introduzionedi strumentidella RSI

– Politiche diprodotto convalenza sociale

– Discrezionalitàmicro

Azione trasforma-trice del contesto

Azione esternavolta a promuo-vere una formadi autoregolazio-ne collettiva ouna norma dilegge

Sollecitazioneall’alta direzioneper il rinnova-mento di alcunepolitiche azien-dali

Exit

Rinuncia aentrare in un’attività ritenuta nonetica

Rinuncia a unpassaggio di carriera

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In sintesi, si può affermare che: da una parte, senza riconosci-mento del potere di influsso posto dal contesto non si può giudi-care il comportamento di un esponente aziendale; d’altra parte,senza riconoscere al singolo l’esercizio della libertà nelle suediverse manifestazioni, si nega totalmente il valore della persona.

10. Il motore della RSI

Alla luce delle considerazioni fatte sull’importanza sia delle varia-bili di contesto sia dell’esercizio della discrezionalità nell’assun-zione delle decisioni manageriali, è ora opportuno dirigere losguardo alle ragioni per cui il tema della RSI, già al centro del-l’attenzione negli anni ’70 e in seguito eclissatosi, è riemerso convigore nella seconda metà degli anni ’90 divenendo una priorità siaper i vertici delle imprese sia per il mondo politico internazionale52.

Il modello elaborato – denominato ‘il motore della RSI’ –intende evidenziare la varietà delle forze in campo e i principalinessi che collegano le stesse (fig. 1.1). Per semplificarne la lettu-ra, tali forze sono ricondotte alle seguenti classi:

a) i macro-fenomeni sociali ed economici;b) la regolamentazione;c) le certificazioni e gli standard;d) il socially responsible investing (SRI);e) i centri propulsori della RSI;f) i servizi e le iniziative per le imprese;g) la società civile;h) le aziende.

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA28

52 Con riferimento all’Europa, ad esempio, nel marzo 2000 l’European CouncilSummit di Lisbona ha definito così il nuovo obiettivo strategico per il decennio 2000-2010: «Fare dell’Europa la knowledge-based economy più competitiva e dinamica almondo, in grado di realizzare uno sviluppo sostenibile, con posti di lavoro di quan-tità e qualità maggiore e una più grande coesione sociale». Inoltre, in risposta all’ap-pello alle imprese formulato ai capi di Stato e di governo a Lisbona, è stata promos-sa la First European Business Convention on Corporate Social Responsibility(novembre 2000). Nell’ambito della manifestazione è stata lanciata la ‘EuropeanCampaign 2005 For Sustainable Growth and Human Progress’, avente l’obiettivo difare della responsabilità sociale delle aziende uno strumento fondamentale per lo svi-luppo del continente. Più recentemente la RSI è stata inserita tra le priorità del seme-stre di Presidenza italiana dell’Unione Europea (secondo semestre 2003).

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a) I macro-fenomeni sociali ed economici

Soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni ’90 l’attenzionealla RSI è stata alimentata da alcuni grandi fenomeni in ascesa nelcontesto economico e sociale a livello internazionale. Si tratta diforze che spingono l’impresa a farsi carico di problemi e attese inprecedenza considerate di esclusiva competenza dello Stato odella società civile53. L’assunzione volontaria di responsabilità cherispondono alle aspettative delle forze sociali prevalenti o emer-genti, diviene così – più che in precedenza – funzionale allasopravvivenza e allo sviluppo dell’impresa stessa. Di seguito siidentificano sette fenomeni di particolare rilievo.

1. La globalizzazione costituisce il primo e fondamentale fattore ditrasformazione dell’economia mondiale. L’irreversibile processo,che da un lato apre grandi opportunità per la creazione di nuovaricchezza, è d’altro lato fonte di diffuso scetticismo, motivato daltimore che esso contribuisca ad allargare il divario esistente traaree ricche e povere del mondo54. Di qui la necessità di un atten-to governo del fenomeno, nel quale le imprese, soprattutto quel-le di grandi dimensioni, sono chiamate a un ruolo primario invirtù del crescente potere assunto55. Poiché, infatti, nel tempo èsensibilmente cresciuto il peso delle multinazionali rispetto aquello degli Stati56, l’economia dei Paesi poveri e le prospettive diuna crescita equilibrata, attenta alle istanze di natura sociale eambientale, sono largamente influenzate dai comportamentiassunti dalle grandi imprese.

2. L’effetto serra, l’ampiezza delle conseguenze di alcuni disastriambientali connessi ai settori del petrolio e dell’energia nucleare,

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA30

53 Cfr. BORGONOVI (2002).54 Talvolta in proposito si accenna alla RSI come ad una risposta all’iniquità distribu-tiva connessa ai processi di globalizzazione.55 Cfr. ACCOUNTABILITY (2003).56 Una recente ricerca dell’Institute for Social and Policy Studies (Anderson, Cavanagh,2000) di Washington ha fornito dati illuminanti: delle prime 100 entità economicheal mondo, 51 sono imprese e 49 nazioni; le 200 più grandi imprese al mondo realiz-zano oltre un quarto dell’attività economica mondiale (mentre impiegano meno del-l’uno per cento della forza lavoro). Ma l’informazione più significativa riguarda ilflusso di capitali verso i Paesi in via di sviluppo: nel 1970 esso proveniva per il 70%dal settore pubblico e per il 30% dal privato; a distanza di 30 anni la situazione si ècapovolta: l’80% proviene dai privati e solo il 20% dal pubblico.

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il timore di mutazioni climatiche indotte dall’uomo hanno messoin rilievo l’entità del problema ecologico e la sua natura sistemica.Nei grandi summit internazionali è stato prima introdotto (nellaconferenza delle Nazioni Unite su ‘Ambiente e Sviluppo’ tenuta-si a Rio de Janeiro nel 1992) e poi diffuso a tutti i livelli (nell’a-naloga conferenza svoltasi dieci anni dopo a Johannesburg) ilconcetto di sviluppo sostenibile. Assai rilevante è, inoltre, la con-venzione sui cambiamenti climatici denominata il Protocollo diKyoto57. Il diffondersi tra i cittadini della cultura ecologica, chealimenta ed è alimentata dai movimenti ambientalisti, induce leimprese a nuovi comportamenti, nonché a nuove politiche dicomunicazione.

3. Un sempre più largo consenso è attribuito ai diritti umani e aidiritti dei lavoratori. Le dichiarazioni sui diritti umani58 dell’ONU ele dichiarazioni dell’ILO diventano punti di riferimento per l’o-perare d’impresa e per i sistemi di gestione in tema di RSI elabo-rati da enti pubblici e privati a livello internazionale. I principi delGlobal Compact o il modello di certificazione sociale denominatoSA800059 muovono proprio da tali dichiarazioni. In generale,temi quali la salute e la sicurezza sul lavoro, le pari opportunità,la tutela e la valorizzazione di soggetti svantaggiati, il divieto dellavoro minorile rappresentano aree verso le quali l’impegno saràsempre più sollecitato (sia mediante leggi sia mediante forme diautoregolamentazione o incentivazione).

4. Il rapido processo di integrazione dei mercati finanziari ha deter-minato la diffusione a livello internazionale delle attese di traspa-renza, dei modelli di governance, delle politiche di comunicazio-ne che caratterizzano – pur dentro le incongruenze e i limiti

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 31

57 A seguito di un evento celebrato a Kyoto, in Giappone, nel dicembre del 1997, nelmarzo dell’anno successivo è stato aperto alla firma un protocollo secondo il quale iPaesi industrializzati si impegnano a ridurre, per il periodo 2008-2012, il totale delleemissioni di gas ad effetto serra almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990. 58 La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, promulgata dall’AssembleaGenerale dell’ONU nel 1948, stabilisce i diritti e le libertà fondamentali cui tutti gliuomini e le donne hanno diritto. La stessa ha posto le basi per più di 80 convenzio-ni e dichiarazioni sui diritti umani, tra cui: convenzioni per eliminare la discrimina-zione razziale e quella contro le donne; convenzioni sui diritti dei bambini e per laprevenzione al genocidio; convenzioni sullo status dei rifugiati; dichiarazioni sull’au-todeterminazione e il diritto allo sviluppo.59 La certificazione sociale SA8000 è illustrata diffusamente nell’ottavo capitolo.

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manifestatisi anche di recente (a cui si accenna al punto seguen-te) – i contesti più influenti. Si pensi alla progressiva convergenzadei modelli di governance alla quale contribuiscono anche leattese e le pressioni degli investitori istituzionali.

5. Anche negli studi di management si sono affermati filoni di pen-siero che, più o meno direttamente, giustificano e alimentanol’attenzione nei confronti della responsabilità sociale. Due meri-tano una particolare menzione.

Il primo è il crescente peso attribuito ai fattori intangibili60. Ilcapitale umano, i valori condivisi, la coesione tra il personale, lareputazione, la fiducia, le relazioni con clienti e fornitori sonosempre più considerati asset fondamentali in vista di ottenere esostenere il vantaggio competitivo. Di qui l’importanza di tuttequelle attività e pratiche che mettono al centro la persona e il suosviluppo (la formazione professionale e manageriale, i serviziaggiuntivi ai dipendenti e alle loro famiglie, il knowledge mana-gement, le forme di partecipazione alle decisioni e ai processi inno-vativi) e che alimentano la fiducia presso i vari interlocutori (valo-ri, coerenza nei comportamenti, politica di comunicazione, ecc.).

Il secondo filone di particolare interesse è quello che, dopo undecennio in cui la teoria della creazione di valore per gli azionistiha esercitato un influsso profondo e spesso assai negativo sullelogiche decisionali e sulle performance delle imprese, ha svilup-pato le critiche alla shareholder value theory 61. In un certo senso, nelmoto pendolare che caratterizza le teorie manageriali, l’attenzio-ne alla RSI si pone come polo opposto a questa visione.

6. Si sta inoltre diffondendo il profilo del consumatore responsabile,in cui cioè l’attenzione all’impegno sociale e ambientale delleimprese interviene a orientare i processi di acquisto, fino a modi-ficare la preferenza accordata a una marca rispetto a un’altra62.

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA32

60 In proposito si rimanda al paragrafo 2 del terzo capitolo.61 Tra gli altri si rinvia a KENNEDY (2000) e RUSSO (2000).62 Cfr. SMITH (1990). Tra le ricerche effettuate negli anni ’90 in tema di consumoresponsabile, si segnalano: COUNCIL ON ECONOMIC PRIORITIES (1994), NEW CONSUMER

CHARITABLE TRUST (1997 e 1998). Per una rassegna delle recenti indagini realizzatein Italia sul fenomeno del consumo responsabile, si rimanda all’appendice dedicataal tema in MOLTENI, DEVIGILI (2004).

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Il progressivo affermarsi della figura del consumatore critico èconfermato da tre fenomeni: il proliferare del numero delle asso-ciazioni di consumatori e il crescente peso da esse assunto; l’in-cremento dei casi di boicottaggio63 nei confronti di imprese accu-sate di comportamenti negativi rispetto a singoli temi sociali(ricorso al lavoro minorile, relazioni commerciali con Paesi accu-sati di violare i diritti umani, ecc.) o ecologici (disastri ambienta-li, insufficiente livello di sicurezza); la diffusione, ancorché piut-tosto iniziale, del commercio equo e solidale (fair trade)64.

7. L’esigenza di correttezza/trasparenza è amplificata da eventiche hanno caratterizzato l’economia mondiale, e quella statuni-tense in particolare, all’inizio del nuovo secolo. Si fa riferimentoai noti scandali e fallimenti aziendali che hanno travolto le grandiimprese statunitensi (Enron, Arthur Andersen, Worldcom) eanche alcune importanti imprese italiane (Cirio, Parmalat,Finmatica). Molto spesso nella storia economica nuove regole,nuovi istituti e nuovi comportamenti imprenditoriali si sono dif-fusi in risposta a eventi negativi di eccezionale portata. Negli StatiUniti, ad esempio, i recenti scandali hanno alimentato il già vivodibattito in tema di riforma dei modelli di corporate governance,accelerando i tempi di introduzione di nuove norme e aumen-tando la profondità delle innovazioni in esse contenute65.

In tema di casi aziendali, si vuole evidenziare un paradossoconnesso alla RSI. Da un lato il fenomeno si è sviluppato neglianni ’90 in risposta al deterioramento morale del contesto eco-nomico. Ne sono espressione il moltiplicarsi di crisi aziendali chehanno alla radice comportamenti irregolari dei vertici aziendali,

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 33

63 Tra i numerosi contributi sul tema dei boicottaggi, si segnalano: GESUALDI (1999);BRECHER, COSTELLO (2001); HERTZ (2001); KLEIN (2001).64Il FINE, organo di coordinamento che raccoglie quattro dei maggiori organismi(Flo, Ifat, News ed Efta) impegnati in materia, definisce il commercio equo e solida-le come «una partnership commerciale, basata sul dialogo, la trasparenza e il rispet-to, che cerca una maggiore equità nel commercio internazionale. Esso contribuiscea uno sviluppo sostenibile offrendo migliori condizioni di scambio e tutelando i dirit-ti dei produttori e dei lavoratori svantaggiati, specialmente nel Sud del Mondo. Leorganizzazioni di fair trade, in collaborazione con i consumatori, sono impegnate atti-vamente nel sostegno ai produttori e nelle campagne di sensibilizzazione per il cam-biamento delle regole e delle pratiche del commercio internazionale convenzionale».65 Si fa riferimento, ad esempio, alla Sarbanes-Oxley Act del 2002 negli Usa (si veda ilpunto B. del presente paragrafo) e alla recente riforma del diritto societario in Italia.

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l’enorme ampliamento del divario tra rimunerazione dei CEO erimunerazione media degli addetti nelle imprese di maggioridimensioni (statunitensi, ma non solo), la caduta del senso diappartenenza all’impresa da parte dei dirigenti sostituita da unacultura ‘mercenaria’, le frodi in pubbliche forniture, le turbatived’asta, le somministrazioni di sostanze alimentari pericolose perla salute pubblica, e così via. D’altro lato è altrettanto vero che lecrisi aziendali più clamorose si sono manifestate quando già lasensibilità alla responsabilità delle imprese era argomento assaidibattuto. Ciò dimostra le radici profonde di tali manifestazionideteriori, che affondano in una crisi antropologica. È una crisiche riguarda la concezione dell’uomo e l’educazione, prima chel’insufficiente diffusione dei valori della responsabilità sociale. Equi sta una verità che chi si interessa di RSI non può mai dimen-ticare, se vuole impostare realisticamente la propria azione, evi-tando di cadere in un vano moralismo.

Nel loro complesso i macro-fenomeni sociali ed economicitesté descritti alimentano un sistema di forze che in vario modoesercitano pressioni sui vertici aziendali, inducendoli a una cre-scente assunzione di responsabilità nei confronti delle diverseclassi di stakeholder.

b) La regolamentazione

Le grandi tendenze di cui si è trattato precedentemente si riflet-tono sull’evoluzione delle norme emanate sia da istituzioni sovra-nazionali di varia natura (ONU, UE, OCSE, ILO, ecc.)66, sia daigoverni nazionali, sia da quelli locali.

Tra le prime, in tema di RSI assumono particolare rilievo, adesempio: il Global Compact, promosso dal Segretario delleNazioni Unite; le convenzioni ILO67; il più volte citato Libro Verde

PER UNA SINTESI SOCIO-COMPETITIVA34

66 Si noti che lo sviluppo diverso da quello emanato dallo Stato è un fenomeno strut-turalmente connesso alla globalizzazione «ci appare come uno svuotamento del vec-chio monopolio di produzione detenuto e gestito gelosamente dallo Stato, svuota-mento già realizzato e tuttora in via di realizzazione mediante l’emersione di nuovisoggetti creatori ed elaboratori di norme, col conseguente vistoso risultato del decen-tramento e della frammentazione della produzione giuridica, nonché della sua pri-vatizzazione» (GROSSI, 2000). In tema di globalizzazione e diritto, si rimanda anche aFERRARESE (2000) e GROSSI (2002).67 Nel 1998 la Conferenza internazionale del lavoro ha adottato in forma solenne laDichiarazione sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro, indicando tra le norme inter-

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della UE, che nel luglio del 2001 ha posto organicamente la RSIall’attenzione di tutti i Paesi dell’Unione, e la successivaComunicazione68; la Direttiva della Commissione UE relativaall’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mer-cato (2001); le recenti “Norme sulle responsabilità delle compa-gnie transnazionali ed altre imprese riguardo ai diritti umani”69,che intende promuovere la cultura della responsabilità con parti-colare riferimento ai diritti umani e dei lavoratori, alla tutela deiconsumatori e ai temi della sicurezza e dell’ambiente.

Quanto alle norme nazionali, si pensi alla Sarbanes-Oxley Act(2002), che negli Stati Uniti ha determinato il rinnovamento delsistema dei controlli in vista di assicurare la trasparenza dellacomunicazione economica d’impresa, o al decreto legislativo n.231 del 2001 che ha introdotto in Italia la responsabilità in sedepenale degli enti70. Anche il recente Libro Bianco sul Mercato delLavoro in Italia dedica una pagina alla responsabilità sociale.

Anche a livello locale si rileva una tendenza a legiferare conriferimento ai temi della RSI71, in linea con la tendenza al decen-tramento e alla sussidiarietà verticale che caratterizza molti Paesioccidentali.

c) Le certificazioni e gli standard

All’evoluzione della normativa è strettamente connessa la prolife-razione di forme di certificazione (ambientali, di sicurezza, socia-li, ecc.) e di altri standard relativi ai temi della responsabilitàsociale. Spesso queste iniziative hanno, o aspirano ad avere, un

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 35

nazionali quelle prioritarie, che impegnano tutti i Paesi membri dell’ILO, che abbia-no o meno ratificato al loro interno le diverse convenzioni specifiche. Tali normehanno per oggetto: la libertà di associazione sindacale e il diritto di contrattazionecollettiva; l’eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato; l’abolizione effettiva dellavoro minorile; l’eliminazione della discriminazione in materia di lavoro e di impie-go (Cfr. MANNUCCI, 2003, p. 11).68 Cfr. COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE (2002).69 Cfr. Onu (2003).70 Sul decreto legislativo n. 231, 8 giugno 2001, in materia di «Disciplina delle respon-sabilità amministrative delle persone giuridiche, delle società e delle associazionianche prive di personalità giuridica», si rinvia a AIROLDI (2002).71 Tra le norme locali con riferimento al contesto italiano si segnala, a titolo esem-plificativo, la legge regionale della Regione Umbria relativa agli interventi per la cer-tificazione (L.R. 21, 12 novembre 2002).

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raggio d’azione internazionale72, anche se non mancano gli stan-dard operanti a livello nazionale.

In generale, le forme di autoregolamentazione possono avere unaduplice valenza: da una parte danno voce alle crescenti attese dicomportamenti responsabili e di trasparenza, dall’altra costitui-scono strumenti di prevenzione promossi dalle imprese per limi-tare il pericolo di una eccessiva proliferazione dei vincoli legislativi.

Alcune norme sono promosse da istituti non profit, di origineprivata o pubblica, che mirano a diffondere il proprio approccionel contesto internazionale73. In altri casi, le iniziative si sviluppa-no all’interno di uno specifico settore, per regolamentare alcunearee critiche delle attività aziendali74.

d) Il socially responsible investing (SRI)

A partire dagli anni ’90, nell’ambito dei mercati finanziari si èaffermato un fenomeno che ha assunto la denominazione disocially responsible investing (talvolta definita ‘finanza etica’). Conquesto termine si identifica la costituzione di fondi che investonosolo in imprese caratterizzate da un orientamento sociale eambientale. Per la selezione delle imprese giudicate idonee è pre-valso dapprima un criterio di screening negativo, volto a escluderele aziende ‘non etiche’: tipicamente quelle dell’industria deltabacco, delle armi, degli alcolici, ecc.

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72 Si noti che il processo di diffusione degli standard segue la logica del cosiddettoeffetto-rete, per il quale i vantaggi dell’adesione – e dunque la velocità di diffusione –aumentano con l’aumentare del numero degli aderenti (cfr. SHAPIRO, VARIAN, 1999,cap. 7).73 Tra le numerose norme si segnalano, a puro titolo esemplificativo: ISO 14001, stan-dard per i sistemi di gestione ambientale emanato dall’ente di normazione interna-zionale ISO (International Standard Organization); SA8000, emesso dal CEPAA(Council on Economic Priorities Accreditation Agency) per la certificazione dell’im-pegno etico e sociale; EMAS (EcoManagement and Audit Scheme), Regolamento761/2001 del Consiglio Europeo sull’adesione volontaria a un sistema comunitariodi ecogestione e audit. Altre forme di autoregolamentazione hanno matrice nazio-nale; in Italia tra i casi più significativi si annovera il codice di autodisciplina per lacorporate governance delle società quotate (Codice Preda).74 Uno dei più noti e diffusi sistemi di autoregolamentazione è costituito dalResponsible Care Program sviluppato nell’ambito dell’industria chimica (KING, LENOX,2000).

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In questa ottica gli investitori orientati a un comportamentoetico dovevano essere disposti ad accettare un ritorno inferioredei propri investimenti, come prezzo della rinuncia a diversifica-re l’investimento in imprese o settori operanti in aree di attivitàritenute non etiche. La ragione economica del minor ritorno ipo-tizzato era da collegarsi alla riduzione del numero delle alternati-ve di investimento determinata dallo screening negativo.

In un secondo tempo all’approccio tradizionale si è via viasostituito lo screening positivo, teso a identificare le imprese che sidistinguono per i tratti di eccellenza nel loro impegno sociale.Ciò ha implicato lo sviluppo di sistemi di ‘rating etico’ che con-sentono di valutare con sistematicità le performance sociali eambientali nelle imprese.

I sistemi di rating etico sono sorti contestualmente alla crea-zione di indici aventi lo scopo di misurare le performance borsi-stiche delle imprese socialmente orientate.

Il primo di questi indici ad avere un impatto significativo suimercati finanziari è stato è il Domini 400 Social Index – DSI, lan-ciato nel 1990 da una società di ricerca sociale (Kinder,Lydenberg, Domini KLD Research & Analytics). Esso è compostoda 250 imprese comprese nell’indice Standard & Poors 500 (unodei fondamentali benchmark del mercato), 100 grandi impresenon incluse nello S&P500 ma che completano la rappresentativi-tà dei settori industriali, e 50 imprese che si distinguono nelcampo della responsabilità sociale75.

e) I centri propulsori della RSI

Una menzione a sé stante merita la rete, tuttora in forte crescita,di organizzazioni che fa dello sviluppo delle conoscenze e dellepratiche connesse alla RSI la propria missione. Si tratta in largaparte di enti non profit, in forte nesso tra loro, e profondamenteradicati nel tessuto imprenditoriale, accademico e, talvolta, poli-tico. Di norma i fondi necessari per il funzionamento di tali orga-nizzazioni provengono in buona parte da grandi imprese, asso-ciazioni industriali, università, fondazioni, ecc., in parte da attivitàdi ricerca e di servizio realizzate per conto di una o più imprese.

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75 Per l’esame sintetico di altri indici di sostenibilità si veda: TENCATI (2002).

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f) I servizi e le iniziative per le imprese

All’attività dei centri propulsori della RSI si affaccia, e spesso sisovrappone, quella delle imprese di professional che mettono a dis-posizione di aziende profit e non profit una gamma sempre piùvasta e articolata di servizi e iniziative in tema di RSI: servizi di con-sulenza relativa a programmi generali di RSI, a campagne dicause related marketing, alla realizzazione del bilancio sociale,ecc.; servizi di certificazione che attestano la conformità dellepolitiche e delle performance delle aziende a standard ambientali,sociali, di sicurezza; ricerche di varia ampiezza; iniziative di formazionee corsi (undergraduate, master, dottorati, corsi per dirigenti) assaivari per obiettivi, approcci disciplinari, contenuti, destinatari emetodologia didattica76; siti internet dedicati a uno spettro più omeno ampio di temi riconducibili alla RSI; premi e riconosci-menti destinati alle imprese che si distinguono per le rispostedate alle attese degli stakeholder; servizi di verifica esterna dei bilan-ci sociali e ambientali.

Questi servizi costituiscono, se non la principale, certamenteuna delle principali o comunque una significativa attività in por-tafoglio di un crescente numero di enti profit e non profit. Talegalassia in forte espansione è composta da una grande varietà disoggetti77: le università che realizzano attività di ricerca (spesso inchiave internazionale) e di formazione sulla RSI; le business schoole gli altri enti di formazione, per i quali la RSI sta diventandooggetto di un crescente numero di progetti e ricerche; gli istitutidi ricerca sui temi della RSI; le società di consulenza costituite ad hocper assistere i clienti nell’elaborazione di bilanci ambientali e/osociali, nella progettazione di programmi di RSI o di campagnedi cause related marketing; le società di consulenza già esistenti, chevedono nella RSI un’opportunità di diversificazione correlata (sipensi agli interventi volti a sviluppare il modello organizzativo egestionale previsto dal d.lgs 231/01); gli enti di certificazione che

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76 Per una panoramica aggiornata delle iniziative di formazione in Europa si riman-da al sito della European Academy of Business in Society (EABIS), costituita nelluglio 2002 per sviluppare tra le imprese, le università e le istituzioni europee leconoscenze in tema di RSI e farne un tema centrale della ricerca e della formazionemanageriale (www.eabis.org).77 Per quanto riguarda i soggetti operanti in Italia si segnalano: ABI (2003) e ISVI

(2003).

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attestano la conformità delle politiche e delle performance delleaziende a standard sociali e ambientali; le società di external auditche diversificano nel business della verifica esterna dei bilancisociali e ambientali; gli enti che promuovo iniziative di varia natu-ra focalizzate sulla RSI (premi e riconoscimenti, ecc.).

g) La società civile

Un impulso particolarmente importante all’impegno socialedelle aziende è dato da numerosi soggetti e forme di aggregazio-ni presenti nella società civile. Le ONG, ad esempio, costituisco-no i partner di numerose iniziative, come le campagne di causerelated marketing. In quanto direttamente focalizzate sui temi dellaRSI, meritano poi una particolare menzione le associazioni dei consu-matori e i gruppi ambientalisti. Si tratta di formazioni sociali –non di rado connotate da una forte inflessione ideologica – chedanno voce alle nuove tendenze e le alimentano: le associazioni diconsumatori prestano crescente attenzione ai processi produttivi ealle modalità con cui ogni prodotto/servizio è realizzato lungotutta la filiera produttiva; i gruppi ambientalisti sono concentratisulle tematiche ecologiche. Altri interlocutori rilevanti per leimprese sono le organizzazioni sindacali, per le quali la RSI costi-tuisce il nuovo nome con cui sono promossi alcuni diritti e attesedei propri associati78.

Assumono poi un ruolo centrale le varie forme di aggregazio-ne tra imprese. Si fa riferimento alle associazioni territoriali, alleassociazioni di categoria, alle associazioni legate alla dimensione,all’insieme delle società per azioni o delle imprese quotate, allecamere di commercio, alle associazioni volontarie di imprese, alleassociazioni operanti presso un distretto industriale, e altro anco-ra. Tali aggregati sono nelle condizioni di promuovere le best prac-tices, finanziare l’elaborazione di modelli (del codice etico, delbilancio sociale, ecc.) adattati alle specificità dei propri aderenti,incentivare le certificazioni sociali e/o ambientali aiutando gliassociati nella fase di raccolta dei dati, e così via. Si tratta, in altreparole, di azioni che avvicinano i temi della RSI alle imprese asso-

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78 Significativamente in Italia ciascuna organizzazione sindacale ha creato al propriointerno una unità dedicata alla RSI.

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ciate, abbassando il livello di competenze che è necessario svilup-pare all’interno e riducendo i connessi costi. Se, ad esempio, vienecreato un modello di bilancio sociale presso un’associazione dicategoria, questo risulta essere un fattore che contribuisce a scio-gliere le diffidenze delle imprese più resistenti e che costituisceuna fondamentale facilitazione per le imprese che vogliano adot-tare lo strumento in esame.

h) Le aziende

A questo punto si può portare l’attenzione sulle aziende, profit enon profit. Fra le prime è interessante introdurre la distinzionesia per settore sia per classe dimensionale. Quanto al settore, unaparticolare rilevanza in tema di responsabilità sociale è assuntadalle banche, per la loro naturale vocazione a servire lo sviluppodell’economia e del territorio in cui operano.

Quanto alla dimensione delle imprese, si tratta di un fattoreassai rilevante poiché determina sia la diversità dei problemi daaffrontare sia le risorse umane e finanziarie a disposizione perfarvi fronte. Le grandi imprese dedicano spesso alla RSI un’at-tenzione specifica: prevedono un budget e organi ad essa dedicati;sovente elaborano il bilancio sociale e/o ambientale; formulanouna politica esplicita nei confronti del territorio in cui sono loca-lizzate. Nelle piccole e medie imprese il termine stesso ‘responsa-bilità sociale’ è spesso ignoto. Non per questo non esiste una tra-dizione di valori, interventi, e politiche riconducibili a tale sfera,di norma promosse direttamente dal capo-azienda79. Si pensi aiservizi accessori offerti ai lavoratori e alle loro famiglie, al coin-volgimento dei collaboratori nei processi decisionali, agli inter-venti a favore della comunità (sponsorizzazioni di manifestazionisportive e culturali, interventi sul territorio, finanziamento di entinon profit e così via).

Le imprese non rappresentano solo un soggetto che si limita arispondere con minore o maggiore tempestività alle pressioniesterne. Alcune di esse, in particolare, si fanno promotrici delfenomeno. Basti pensare al sostegno dato alle attività dei centripropulsori della RSI o delle università; alla creazione e al finan-ziamento di fondazioni che nella loro agenda danno grande spazio

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79 Cfr. MOLTENI (2004).

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ai temi della responsabilità sociale; all’impulso dato alle attivitàdelle associazioni imprenditoriali; alla funzione di promozione divalori che svolgono nella società. Questo è il senso delle linee trat-teggiate che nella figura 1.1 partono dal riquadro delle ‘aziende’per raggiungere le altre aree.

Da ultimo, con riferimento alle aziende, è opportuno conside-rare l’importanza che la RSI riveste per le aziende di produzionedi beni o servizi non profit. Basti pensare alla rilevanza che peresse assume il bilancio sociale (o di missione) che, in considera-zione del limitato valore segnaletico del bilancio d’esercizio, costi-tuisce il fondamentale strumento per comunicare all’esterno (eanche, in certi casi, all’interno) le attività svolte e i risultati otte-nuti dall’azienda80.

11. Temi, strumenti e pratiche della RSI

Come si è visto in precedenza, lo spettro dei temi riconducibilialla RSI è in continua evoluzione. Assumerebbe dunque un limi-tato valore il tentativo di fornire un quadro il più possibile esau-stivo del vasto mondo di problemi, strumenti e pratiche della RSIin un dato spazio-tempo. Nelle pagine seguenti ci si limita, allora,a proporre una classificazione delle aree rilevanti, in armonia conquelle più diffuse a livello internazionale81. Si distinguono dun-que i seguenti ambiti tematici:

1. rapporti con il personale;2. corporate governance;3. accountability;4. finanza;5. marketing;

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE NELLA STRATEGIA D’IMPRESA 41

80 Sui limiti del bilancio d’esercizio per le aziende non profit si vedano: CAPALDO

(1996) e PULEJO (2000). In tema di bilancio sociale delle aziende non profit e dibilancio di missione (concetto in larga parte analogo al precedente) si rimanda a:PEARCE (1996); BRUNI (1997); BAGNOLI (2000); HINNA L. (2000); MANFREDI, MAINO

(2000); HINNA A. (2002); PUCCI, VERGANI (2002).81 La presente classificazione ripropone, con alcuni adattamenti, quella sviluppata daCSR Europe, ente non profit di promozione della RSI, la cui missione consiste nel-l’aiutare le imprese a sviluppare profitto e progresso umano ponendo in primo pianola RSI nell’agire d’impresa (www.csreurope.org).

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6. rapporti con i fornitori;7. rapporti con la comunità;8. ambiente.

1. L’area rapporti con il personale riguarda le modalità con cui l’im-presa tende a instaurare un rapporto collaborativo con tutti idipendenti, innalzandone la qualità della vita e valorizzandone lecaratteristiche. Ciò è attuato nella consapevolezza che, costituen-do il personale un fondamentale asset dell’impresa, può ancherisultare funzionale all’incremento della competitività aziendale.Azioni comprese in quest’area sono, ad esempio: lo sviluppo dirapporti collaborativi tra lavoratori, sindacato e impresa; la perio-dica somministrazione di strumenti di valutazione del climaaziendale; l’attivazione di sistemi di comunicazione e dialogo coni dipendenti (incontri periodici, giornale aziendale, cassetta delleidee, ecc.); le forme di tutela delle pari opportunità (nei con-fronti di donne, minoranze etniche, disabili, immigrati, ex carce-rati, ecc.); gli interventi volti a favorire l’integrazione ed evitare lediscriminazioni razziali, etniche o religiose; l’assunzione di per-sonale extra-comunitario, favorendone l’inserimento nella socie-tà (aiuto per l’alloggio, corsi di alfabetizzazione, ecc.); la promo-zione della formazione di tutto il personale, così da svilupparnecompetenze e capacità; la creazione di favorevoli condizioni dilavoro (ambiente, sicurezza, orario flessibile, ecc.); la realizzazio-ne e la garanzia dell’efficace funzionamento di infrastruttureinterne (mense, asili, ecc.) ed esterne (case, trasporti, forme diassistenza sanitaria, ecc.) per favorire l’integrazione tra vita lavo-rativa e vita familiare; i programmi di aiuto a dipendenti con figlipiccoli o con problemi familiari; l’attenzione ai problemi psicolo-gici e sociali connessi al telelavoro; la tutela della privacy dei col-laboratori; la tutela dei diritti civili dei lavoratori lungo tutta lasupply chain; il non ricorso al lavoro infantile; l’ottenimento dicertificazioni sociali e/o per la sicurezza del lavoro; l’evitare, incaso di ristrutturazioni, forme traumatiche di riduzione del per-sonale, promuovendo la creazione di alternative occupazionali.

2. Alla corporate governance fa capo la vasta area dei problemi rela-tivi all’assetto di governo dell’impresa e al relativo controllo.Rientrano in quest’ambito, innanzitutto, i temi dell’assetto pro-

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prietario, della struttura e delle modalità di funzionamento delconsiglio di amministrazione (C.d.A.), nonché dei rapporti inter-correnti fra proprietà, C.d.A. e management. Si affrontano alloratemi quali: la composizione degli organi di governo; i criteri diselezione dei consiglieri di amministrazione; il ruolo dei non-exe-cutive director e degli amministratori indipendenti; la rimunera-zione degli esponenti degli organi di governo; le forme di parte-cipazione agli utili e al capitale (piani di stock option, piani di azio-nariato ai dipendenti, ecc.); la tutela degli azionisti di minoranza;le offerte pubbliche di acquisto; la trasparenza relativa al funzio-namento degli organi di governo; i sistemi di controllo interno; lacomposizione e il posizionamento dei Comitati consiliari(Nomination Committee, Remuneration Committee, Audit Committee).

A quest’area sono ricondotti anche i documenti aziendali cheesplicitano i principi ispiratori del funzionamento dell’aziendastessa, nonché le modalità con cui si tenta di conformare a taliprincipi i processi decisionali e i comportamenti. Una versionesemplice di tali documenti è costituita, ad esempio, dalla carta deivalori, la quale esplicita i valori e i convincimenti che sono giudi-cati intrinsecamente importanti e che fungono da schema di rife-rimento per le decisioni.

Il codice di comportamento è un documento ufficiale in cuil’azienda enuncia: i valori su cui si fonda la propria cultura; leresponsabilità verso ciascuna categoria di stakeholder; le direttivein materia di etica d’azienda; le prescrizioni alle quali tutti i lavo-ratori devono attenersi per tradurre in atto le politiche etiche. Altema si collegano i problemi di funzionamento degli organi digestione del codice (Comitato etico, Ethical Officer, ecc.).

Rientrano qui anche i problemi di governo delle imprese fami-liari, sovente poste di fronte alla necessità di coinvolgere mana-gement professionale, di preparare e gestire la successione, diallargare il capitale sociale – rinnovando, conseguentemente, ipropri organi di governo – per alimentare la crescita.

3. All’area dell’accountability82 fanno capo i temi relativi agli stru-

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82 Con il termine accountability si intende «Il riconoscimento e l’adozione di principidi responsabilità che invitano imprese e istituzioni a rendere conto alla società deipropri comportamenti e delle proprie azioni» (COLUCCI, 2002, p. X). In particolare

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menti di rendicontazione, a cominciare dal bilancio sociale (o disostenibilità) e dal bilancio ambientale. Si considerano poi ireport riguardanti temi specifici quali la sicurezza e la qualità,oppure house-organ con ampi spazi riservati ai temi della RSI.

4. L’area della finanza comprende innanzitutto il socially responsi-ble investing, che, come è stato richiamato nel paragrafo 10, riguar-da l’attività di gestione di asset finanziari effettuata secondo crite-ri sociali ed ambientali. Tipici strumenti finanziari del SRI sono ifondi d’investimento, i fondi pensione, i fondi chiusi, il privatebanking e la gestione patrimoniale.

Si considerano, poi, le iniziative di finanziamento dell’econo-mia sociale, volte a superare le difficoltà di accesso al credito perlo start-up, lo sviluppo e il consolidamento delle attività sociali. Leforme assunte variano in relazione: ai destinatari, che possonoessere organizzazioni non-profit e/o individui svantaggiati (inquest’ultimo caso è tipica la forma del microcredito); alle moda-lità di intervento, per le quali si va dall’erogazione di crediti almerchant banking.

5. Nell’area marketing si considerano innanzitutto i temi connessialla tutela del consumatore come: l’integrità nelle pratiche com-merciali (pubblicità, etichettatura prodotti, tecniche di vendita,pricing, ecc.), la cura nell’evitare abusi di posizione dominante, ladifesa della privacy (tema che ha assunto ulteriore rilevanza conlo sviluppo della network economy), il problema degli alimentimodificati geneticamente, lo sviluppo ‘sostenibile’ dei consumi.

Particolare attenzione è attribuita al cause related marketing(CRM), ossia a quelle campagne promozionali che sostengonouna causa di utilità sociale.

6. Rispetto ai rapporti con i fornitori, la responsabilità sociale richia-ma innanzitutto la necessità di tutelare i diritti dei lavoratori e ilrispetto dell’ambiente (green purchasing) lungo tutta la filiera pro-duttiva, con particolare attenzione a quanto avviene nei Paesi in

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alla sfera della RSI può essere ricondotta la cosiddetta ethical and social accountability,che è intimamente collegata alla financial accountability e che risulta sempre piùnecessaria per una corretta gestione aziendale. In tema di accountability si rimandaanche a: ZADEK, PRUZAN, EVANS (1997).

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via di sviluppo. Ciò conduce, per esempio, ad aderire a standarde regolamenti quali SA8000, ETI, Clean Clothes.

A quest’area fanno capo anche i progetti per la diffusione delcommercio equo e solidale (spesso in questi casi la produzione èrealizzata da alleanze tra cooperative dei Paesi in via di sviluppo eONG sorte nei Paesi ricchi).

7. I rapporti con la comunità comprendono un’ampia gamma diazioni: le donazioni sul territorio (assistenza, sanità, educazione,cultura, ricerca, sport, ecc.); la sponsorizzazione di manifestazio-ni sportive e culturali; la cessione gratuita o a condizione di favo-re dei propri prodotti/servizi; l’utilizzo gratuito di attrezzature; ilvolontariato d’impresa (tempo dei collaboratori messo a disposi-zione a enti non profit gratuitamente); l’acquisto di beni da sog-getti che svolgono attività di interesse sociale (cooperative perportatori di handicap); le partnership con enti non profit pereffettuare investimenti nella comunità; il contributo alla rigene-razione e allo sviluppo di PMI; gli interventi a favore di gruppimarginalizzati; la costituzione di fondazioni d’azienda e commu-nity foundation; le donazioni a favore di popolazioni bisognose edi aree svantaggiate; l’adesione a programmi di risposta a situa-zioni di emergenza (interventi umanitari di aiuto e sostegno).

Spesso gli interventi coinvolgono più attori sociali in partners-hip al fine di affrontare problematiche complesse, realizzandoazioni che si distinguono nel lungo periodo. È il caso di investi-menti nel sistema educativo/formativo, di progetti di rigenera-zione di aree degradate (migliorandone le prospettive occupa-zionali anche mediante la promozione di nuove iniziative impren-ditoriali), di interventi di vivibilità ambientale e così via.

L’impresa può mettere a disposizione della comunità anche ilpatrimonio di competenze e di energie del proprio personale. Siparla allora di volontariato d’impresa, ossia di programmi azien-dali volti a supportare e/o a promuovere il volontariato svolto daidipendenti durante l’orario di lavoro normalmente retribuito.

Di grande interesse, infine, è la possibilità di utilizzare la ver-satilità del veicolo fondazioni per efficaci interventi aziendali, siafruendo dei servizi delle Fondazioni di Comunità Locali (soprat-tutto nel caso di medie e piccole aziende), sia avviando iniziativeautonome (nel caso di grandi aziende).

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Vi sono poi imprese che promuovono/aderiscono a program-mi di sensibilizzazione dell’opinione pubblica per la solidarietàinternazionale o a programmi di risposta a situazioni di emer-genza che prevedono interventi umanitari di aiuto e sostegno.

8. Le tematiche comuni all’ambiente hanno ormai una tradizionedi studi ed esperienze particolarmente abbondante. Tra le politi-che considerate si annoverano quelle volte: alla riduzione deiconsumi di energia, acqua, materie prime; alla riduzione delleemissioni inquinanti; alla riciclabilità dei prodotti e/o del packa-ging; allo sviluppo di ‘tecnologie pulite’. Interessano questocampo anche azioni di più ampio respiro, come la promozione dicampagne ambientali, l’adesione a programmi di sviluppo soste-nibile, l’ottenimento di certificazioni ambientali, il controllodella filiera di fornitura, anche attivando specifiche partnershiplocali per la messa a punto di processi puliti.

La figura 1.2 presenta alcuni degli strumenti e delle azioni quidescritti riconducendoli alla distinzione proposta nel paragrafo 7.tra RSI come tutela dei diritti e RSI come creatività.

In conclusione, si noti che per quanto riguarda la RSI cometutela dei diritti si assiste a una progressiva convergenza dei temie degli approcci. Ad esempio, i contenuti e le misure richiesti perla stesura del bilancio sociale tendono sempre più a coinciderecon i fattori esaminati per il rating etico; ancora, il codice eticospesso riassume norme e politiche essenziali per un buon sistemadi controllo interno o per una politica di pari opportunità che siagiudicata soddisfacente da chi valuta l’orientamento sociale del-l’impresa.

La RSI come tutela dei diritti tende dunque a definire neltempo un modo di operare al quale sempre più le impresedovranno uniformarsi. La RSI come creatività sociale, invece, èper sua natura destinata a mutare e rinnovarsi, costituendo unaleva di differenziazione a disposizione delle strategie aziendali.

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Figura 1.2 - Strumenti e livelli della RSI

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Competere con integritàdi R.T. De George

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“Competere con integrità”1

di R.T. De George2

La società farmaceutica Merck & Company ha sviluppato un farmaco (Mectizan)che aiuta a prevenire l'oncocercosi, una patologia che colpisce agli occhi milionidi persone in Africa. Ben presto, si è però accorta che coloro che ne avevanobisogno non potevano permettersi di pagarlo. L'azienda sperava che qualche enteo gruppo governativo o internazionale avrebbe pagato il farmaco ma, poiché cosìnon è stato, ha deciso di distribuirlo gratuitamente. Tuttavia ha scoperto che nonera cosa facile, poiché non esisteva un sistema di distribuzione efficace per inviareil farmaco nelle regioni remote dell'Africa dove occorreva. La Merck ha cosìdeciso di sviluppare a proprie spese i sistemi di distribuzione necessari pergarantire che il farmaco potesse raggiungere chi ne aveva bisogno. Infine, si èimpegnata a continuare a distribuire il farmaco gratuitamente anche in futuro.

Dal punto di vista etico la Merck era obbligata ad agire così? Ovviamente no.L'azienda è andata ben oltre ciò che è richiesto, realizzando quello che può esserecertamente definita una sequenza di azioni moralmente esemplari.

Finora questo libro ha parlato di norme, linee-guida e strategie. Eppurecompetere con integrità comporta più che obbedire alle norme. Il “minimummorale” -che si declina poi in specifiche norme nelle diverse situazioni- imponealle aziende di non fare del male. Un'azienda che agisce con integrità non siaccontenta di questo, né gestisce la propria attività cercando di capire fino a chepunto può avvicinarsi alla violazione delle norme senza metterla realmente in atto.Questo genere di mentalità legalistica è fondamentalmente diversa dall'integrità.Integrità significa robustezza, fiducia nelle proprie azioni, volontà di assumere unaresponsabilità e desiderio di agire non solo come richiesto, ma nel modo piùadatto, e di cui si possa essere fieri. Fin qui manca una nozione di ideale, diobiettivo da perseguire, di fine verso cui tendere e da sforzarsi di raggiungere percrescere. Raramente gli individui sono fieri del fatto di essere arrivati alla finedella giornata, della settimana, dell'anno o della propria vita facendo il minimoimposto dall'etica, soprattutto se questo minimo consiste essenzialmentenell'obbedire a imposizioni negative. Nessuno pensa che sia meritevole di elogioavere concluso la giornata, l'anno o la propria vita senza ammazzare nessuno.

Forse chi crede nel “Mito del Business Amorale” può ritenere degno di nota ilfatto che un'azienda sia interessata a perseguire o persegua realmente il minimorichiesto dalla morale. Ma coloro che agiscono con integrità non lo trovano nédegno di nota né eticamente adeguato.

1Tratto da “Competing with integrity in international business”, Oxford University Press,1993.2R. T. De George insegna presso il Dipartimento di filosofia dell’Università del Kansas(USA).

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Oltre il minimo: obblighi e idealiDa un punto di vista etico, le aziende sull'orlo del collasso non hanno scusemigliori per agire contro l'etica di quante non ne abbiano le aziende redditizie.Tutte le aziende sono vincolate al minimo morale, e la minaccia del fallimentonon dà a nessuna il diritto di sfruttare gli altri, di violare i loro diritti o comunquedi nuocere. L'obbligo di non fare del male rimane sempre e comunque.

Eppure in un certo senso possiamo operare una distinzione tra l'aziendaredditizia e quella sull’orlo del collasso. Il punto non è che quest’ultima può agirecontro l'etica, ma piuttosto che un'azienda redditizia può rispettare le normeandando oltre il minimo (ed è ciò che ci si aspetta che faccia), mentre un'aziendain cattivo stato può non essere in grado di farlo (e, finché resta in questecondizioni, non è tenuta a farlo). In questo senso, ci si aspetta di più dalle aziendedi successo.

Due aspetti dell'etica tendono ad aumentare le effettive responsabilità. Il primoriguarda le azioni positive che vanno oltre il minimo imposto dalla morale. Ilsecondo comporta il raggiungimento degli ideali.

Obblighi positivi oltre il minimoL'obbligo di non nuocere è un obbligo negativo che riguarda ogni tempo e ogniindividuo. L'imperativo di fare del bene è molto più ampio e più vago. Nessunopuò fare del bene a tutti, e in ogni azienda esiste un limite al bene che si può fare.Inoltre le aziende vengono costituite per particolari fini economici e sonoorganizzate in vista del loro raggiungimento. La loro gamma di principi etici è piùristretta di quella degli esseri umani, e l'obbligo generale di fare del bene o dimassimizzare il bene per loro è necessariamente limitato alle azioni tipiche delleaziende.

Qualsiasi azienda, locale o multinazionale, deve analizzare l'obbligo di fare ilmassimo bene possibile alla luce dei propri fini. Deve essere gestita in modoredditizio per restare in affari, e i suoi doveri verso gli azionisti, i dipendenti e lealtre parti interessate sono prioritari rispetto all'obbligo di aiutare il prossimo.Coloro che gestiscono l'azienda devono prendersi cura del patrimonio altrui. Unindividuo può decidere di devolvere tutto ciò che ha ai poveri; un dirigenteaziendale violerebbe le proprie responsabilità fiduciarie trasferendo tutto ilpatrimonio dell'azienda ai poveri, anche se complessivamente farebbe il massimobene possibile.

Un'altra responsabilità di carattere generale delle aziende che va oltre ilminimo è l'impegno ad essere caritatevole, ad aiutare i bisognosi, nel propriopaese come all'estero. Ciascun individuo e ciascuna azienda ha questo obbligopositivo, ma anche una certa dose di discrezione nella determinazione del modoper adempierlo. Chi ha molte ricchezze deve impegnarsi ad aiutare i menofortunati, ma questo obbligo generale non specifica chi deve essere aiutato e

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come. Di conseguenza, si può assolvere il compito in modi diversi, a beneficio diindividui diversi.

L'obbligo generale della carità è normalmente considerato come un requisitoetico degli individui. Tuttavia è applicabile anche alle aziende, poiché questefanno parte del tessuto sociale, da cui traggono beneficio in modi diversi. Comeparte del tessuto sociale, dovrebbero dare qualcosa in cambio, pur non essendoobbligate a farlo per legge. Spesso si parla a questo proposito di essere un "buoncittadino" o un buon membro della comunità. Cosa e come dare, spetta all'aziendadeterminarlo. Ma come i poveri di solito non sono tenuti a dare denaro ad altripoveri, così le aziende in cattive condizioni non sono tenute a fallire per dare a chiha bisogno.

Gli individui che agiscono con integrità prendono seriamente il proprio obbligodi aiutare gli altri. L'aiuto che danno è più lodevole se lo danno in manieradisinteressata, cioè se non si aspettano nulla in cambio, ed è apprezzato soprattuttoquando comporta donare se stessi, non solo il proprio denaro. Lo stesso vale per leaziende. Un'azienda può scegliere chi aiutare e come farlo. Essere disinteressatinon implica non attingere alla propria esperienza o ai propri interessifondamentali. Per esempio, talvolta le aziende del settore stampa partecipano aiprogrammi di alfabetizzazione. Quelle appartenenti al settore informatico possonoprestare i loro esperti per insegnare nell'università o nella scuola vicina. Ilcontributo più importante che un'azienda può fornire non è necessariamente ildenaro, ma parte di se stessa, sotto forma di tempo e di talento dei propridipendenti e dei propri dirigenti. La GE Plastics ha fornito un esempio sostituendole proprie gare sportive annuali a squadre con il rinnovo delle strutture in rovinadella comunità.

Talvolta le multinazionali assolvono il proprio obbligo di aiutare la società incui operano fornendo un contributo diretto alla loro zona di residenza. A voltecostituiscono fondazioni di beneficenza che distribuiscono concessioni airichiedenti in presenza di particolari condizioni. A volte un'azienda si assumel'onere di contribuire alla ricostruzione di una zona cittadina in decadenza. Leesigenze sono numerose e diverse, e l'obbligo generale può essere soddisfatto ininnumerevoli modi, limitati unicamente dalla fertilità dell'immaginazione diciascuno.

Talvolta i critici confondono l'obbligo generale di aiutare con esempi specificidi aiuto e sostengono che le aziende hanno l'obbligo di aiutare a combatterel'analfabetismo nei paesi in cui operano o di contribuire alla ricostruzione dellecittà in decadenza o di effettuare altri tipi di opere buone. Se l'azienda non hapartecipato a causare i mali descritti, nel qual caso sarebbe giustamente obbligataa contribuire a risolverli, questa pretesa è molto più specifica di quanto previstodalla regola generale. Le aziende possono dunque essere accusate di non fare nullain questo senso, ma non devono essere accusate per azioni specifiche.

Inoltre, considerati i loro fini e le loro strutture, le aziende non vengonocostituite per elaborare o attuare una politica pubblica, e non devono cercare di

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farlo. Poiché i loro leader non vengono eletti dal popolo e non sono responsabilinei confronti di questo (come invece avviene nel caso dei funzionari pubblici),non hanno alcun diritto, attraverso le proprie azioni, di tentare di definire o direalizzare una politica pubblica, a meno che non venga loro direttamente oindirettamente richiesto dai funzionari pubblici o dalla popolazione. Coloro che sioppongono al coinvolgimento delle aziende negli affari pubblici hanno ragione, seè questo ciò che intendono.

Le aziende in cattive condizioni spesso non hanno il tempo, le risorse dipianificazione e il denaro necessario per andare oltre la fornitura di posti di lavoro,la produzione di beni e il pagamento delle tasse. Ma un'azienda che agisce conintegrità è consapevole degli obblighi che vanno oltre il minimo, e cerca disoddisfarli.

Gli ideali eticiGli ideali vanno oltre gli obblighi positivi. Gli ideali etici determinano gli obiettivicui mira l'azienda che agisce con integrità. Dal punto di vista etico, un'azienda puòessere criticabile se non rispetta i propri obblighi, ma non se viene meno ai propriideali. E' dunque colpevole di non rispettare i propri obblighi, ma non di nonperseguire i propri ideali così come non merita di essere elogiata per aversoddisfatto i propri obblighi, bensì per essere andata al di là degli stessi e per avermirato ai propri ideali. La distinzione tra obblighi e ideali è chiaramente descrittanel Codice Deontologico dell'Avvocatura di Stato americana, in cui le violazionidegli obblighi (Norme disciplinari) sono censurabili, mentre la mancatarealizzazione degli ideali (Considerazioni etiche) non lo è. Il codice dicomportamento aziendale può distinguere tra ciò che l'azienda deve ritenersiobbligata a fare e ciò che si propone di fare per se stessa in termini di ideali daperseguire.

Gli ideali etici sono norme positive che possono essere riferite al grado diadempimento dei propri obblighi generali positivi. Un'azienda molto generosa, peresempio, dà più del minimo alle cause benefiche o meritevoli. Gli ideali possonocomprendere le azioni interne o esterne dell'azienda. La generosità e lamagnanimità sono ideali che un'azienda può perseguire nei confronti di coloro chenon sono legati all'azienda, bilanciando le azioni verso questi ultimi con le validepretese degli stakeholder; in alternativa vi sono gli ideali da perseguire all'interno,per esempio in termini di salari e premi concessi ai dipendenti a tutti i livelli, enon solo agli alti dirigenti. Gli ideali possono essere generali, come ilraggiungimento dell'eccellenza nei prodotti, oppure specifici, come l'obiettivo dinon chiudere le fabbriche se non assolutamente necessario, anche in periodi discarsa domanda o di recessione economica.

La distinzione tra regole e ideali si può esprimere in modi diversi. Un esempioè la differenza tra le regole proibitive primarie dei Dieci Comandamenti el'ingiunzione positiva di amare il prossimo. Quest'ultima richiede, non solo di

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astenersi da certi comportamenti negativi, ma di impegnarsi in un modello dicomportamento attivo affermando un ideale che non potremo mai perseguireadeguatamente. E' un richiamo alla perfezione, pur non considerando una colpa ilsuo mancato raggiungimento.

Consideriamo la regola che impone di non violare i diritti umani dei dipendentidi un'azienda, indipendentemente dal paese da cui provengono e da quello in cuirisiedono. Questa regola negativa stabilisce il minimo che un'azienda, nazionale ointernazionale, deve fare. La regola prevede il pagamento di un salario minimonecessario per la sussistenza e commisurato allo standard generale di vita delpaese o della regione in cui vive il lavoratore. Questo minimo è ben lontano da unideale. Un'azienda che agisce con integrità e che mira alla realizzazione di idealietici, non si concentra sul minimo eticamente richiesto in termini di retribuzionedei dipendenti, ma considera questi come membri importanti dell'azienda e litratta di conseguenza. Alcune aziende si impegnano a mantenere il posto di lavorodei dipendenti che lo hanno occupato per un certo periodo di tempo, garantendocosì a un lavoratore che agisce correttamente di non essere licenziato nei tempidifficili. Alcune aziende ripartiscono i profitti tra i dipendenti e offrono lorovantaggi che vanno ben oltre quelli previsti dalla legge.

L'azienda che agisce con integrità sostiene i propri prodotti. Non sologarantisce che non possano nuocere, ma li rende migliori possibile, li vende a unprezzo ragionevole e li sostituisce o li ripara se sono difettosi. Mirare alla qualità èun ideale che va oltre il minimo richiesto.

Gli ideali variano a seconda del campo di azione, dell'azienda e della suastoria. Possono riguardare il trattamento dei dipendenti, dei clienti, deiconcorrenti, degli azionisti e dei creditori; possono essere focalizzatisull'eccellenza dei beni prodotti; possono comportare la cura e l'interesse per lacomunità in cui l'azienda opera. La AT&T dedica particolare attenzioneall'affidabilità dei propri prodotti; la Maytag ne sottolinea la scarsa frequenzadelle riparazioni; la Johnson & Johnson insiste sul suo interesse per i clienti.Qualunque siano gli ideali, essi devono essere sostenuti dai mezzi necessari perraggiungerli (o almeno per avvicinarvisi). Le strutture dell'azienda devonopermettere di mantenere gli obiettivi sempre in vista e di fare del lororaggiungimento la missione fondamentale dell'azienda nel suo insieme e deisingoli dipendenti. Se gli ideali sono semplici slogan che non ispirano leprocedure, le strutture o le attività dei dipendenti dell'azienda, non possonocostituire parte della cultura aziendale, e non possono offrire una base percostruire una reputazione di integrità.

L'azienda che agisce con integritàIn ultima analisi, l'integrità non dipende da ciò che un'azienda dice, bensì da ciòche fa. Le piccole aziende talvolta agiscono istintivamente con integrità attraversocoloro che le possiedono e le gestiscono. E' difficile che un'azienda, di qualsiasi

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dimensione e livello di complessità, possa agire automaticamente ocoscientemente con integrità, a meno che una forza al suo interno -in particolare isuoi leader- non spinga in questa direzione e si occupi di articolare e di diffonderequesto impegno.

Raramente un'azienda può essere giudicata integra se chi opera al suo internonon la considera tale. Tuttavia non è sempre vero il contrario. Un'azienda puòritenersi integra e comunque non essere (giustamente) riconosciuta come taledall'esterno. Questa discrepanza tra valutazione interna e percezione esternaderiva generalmente da una contraddizione esistente in una -o più- delle seguentiaree.

La prima area riguarda la discrepanza tra ciò che l'azienda ritiene di essere e difare e ciò che effettivamente dovrebbe essere e fare, osservata da una prospettivasociale ed etica più ampia. I manager e i consigli che ritengono di avere comeunico obbligo l'aumento del valore per gli azionisti, possono pensare che la loroazienda agisca con integrità, perché è redditizia e non commette azioni illegali. Ilpubblico probabilmente non percepisce questa azienda come integra, poiché siaspetta qualcosa di più della redditività e del rispetto della legge. L'assenza diattenzione per i dipendenti, i consumatori o l'ambiente può essere compatibile conla legalità, pur non rispettando neppure il minimo etico. Un'azienda che limitamolto strettamente i propri obblighi e i propri ideali, può ritenere di agire conintegrità nel perseguirli, ma in realtà non è così, per molti aspetti.

La prova dell'integrità rimane l'azione. Ma la scala che le aziende utilizzanoper misurare se stesse deve essere eticamente giustificabile, e prendere inconsiderazione tutti coloro che risentono delle azioni dell'azienda, rispettare idiritti umani, favorire lo sviluppo umano e andare oltre il minimo morale. Perevitare divari tra i traguardi dell'azienda e il requisito dell'integrità, l'azienda deveadottare una posizione obiettiva e un'ampia prospettiva, il che significa esaminarele proprie mete da un punto di vista etico.

La seconda area contraddittoria è il risultato della mancata corrispondenza traciò che l'azienda crede e ciò che effettivamente fa. Il top management diun'azienda può desiderare che l'azienda agisca con integrità e definire norme peraiutare l'azienda stessa e i suoi dipendenti a farlo. Può esplicitamente impegnarsiad agire secondo l'etica e la legge, e può adottare una valida serie di ideali daperseguire. Ma ciò che effettivamente fa può essere insufficiente in entrambi isensi.

Questo può dipendere da numerose ragioni. Gli obiettivi e gli idealidell'azienda possono essere comunicati in modo inadeguato; possono esserearticolati ma non trasmessi; oppure possono rappresentare opinioni delmanagement che i dipendenti vivono come imposizioni. Un'azienda puòtrasmettere allo stesso tempo ai dipendenti messaggi contraddittori su ciò che siaspetta da loro, in cui lo stimolo alla produzione di reddito o al taglio dei costipredomina su tutto il resto. Le buone intenzioni del management possono essereattuate in modo inadeguato ai livelli inferiori. I manager di medio livello e gli

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impiegati possono percepire i loro superiori come essenzialmente egoisti oincapaci attenersi agli obiettivi aziendali dichiarati.

L'azienda che agisce con integrità si sforza di garantire che gli obiettivi e gliideali siano correttamente percepiti a tutti i livelli, condivisi dalla maggior parte dicoloro che costituiscono l'azienda, e realizzati. Questo significa rilevare, di voltain volta, la cosiddetta “temperatura morale” dell'azienda. Quali sono, secondo idipendenti a tutti i livelli, i reali valori e gli ideali dell'azienda, e fino a che puntopensano che questi ideali corrispondano alla realtà? Dove sono le discrepanze ecome possono essere ridotte o eliminate in modo che l'azienda nel suo insiemepossa agire come coloro che sono al suo interno pensano che dovrebbe fare?Come può l'azienda trasmettere i propri ideali e i propri valori a tutte le sue parti, acoloro che sono all'estero come a coloro che operano nella sede nazionale? Cosafa per realizzare i propri ideali, per motivare i dipendenti a vivere secondo glistessi e a controllare fino a che punto lo fanno? Solo se un'azienda si pone questedomande e agisce in base alle risposte può essere percepita come integra.

La terza area contraddittoria comprende le differenze tra ciò che un'azienda siimpegna a fare e a realizzare e ciò che le altre aziende integre fanno. Secondo leproprie stime, un'azienda può avere obiettivi e ideali lodevoli, e perseguirli inmodo corretto. Tuttavia può essere percepita dall'esterno come carente rispetto aciò che fanno altre aziende integre e a ciò che il pubblico considera integro. Leaspettative del pubblico rispetto a ciò che le aziende devono fare ed essere sonoaumentate. Quando il pubblico vede un'azienda integra agire oltre il minimomorale in modo esemplare, si aspetta di più anche da tutte le altre. Il caso dellaMerck costituisce un punto di riferimento in base al quale le aziende si possonochiedere se i propri obiettivi e i propri ideali sono tanto elevati quanto pensavano.Il punto di riferimento sale con l'aumento delle aspettative del pubblico. Ciò chein precedenza era percepito come superiore al minimo socialmente accettato,diviene la norma legalmente imposta.

Le aziende che desiderano essere considerate eticamente progredite, capaci difare più del minimo morale e sociale, devono rivalutare la propria performance e ipropri ideali alla luce delle azioni delle altre aziende e del mutamento delleaspettative sociali. Agire con integrità per un'azienda è un processo continuo, nonil risultato statico di decisioni prese o di ideali perseguiti in passato e raramente omai rivalutati.

La cultura aziendalePer perseguire i propri obiettivi etici, un'azienda deve coordinare le azioni dei suoinumerosi membri, perché questi si muovano nella stessa direzione. Devedichiarare i propri obiettivi, motivare i dipendenti a perseguirli, strutturarsi inmodo che lo facciano in molti e ricompensare coloro che lo fanno. La culturaaziendale abbraccia gli ideali dell'azienda o la loro mancanza. Le aziendeeccellenti hanno spesso una cultura aziendale forte e positiva che abbraccia tutti i

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componenti, dal presidente del consiglio di amministrazione al personale addettoalle pulizie del turno di notte.

Il codice di comportamento aziendale può rappresentare la cultura dell'aziendae trasmetterne gli ideali ai dipendenti influenzando il loro atteggiamento versol'azienda stessa e coloro con cui sono in contatto.

Negli ultimi anni, i codici e le culture aziendali, e di conseguenza gli idealiaziendali, hanno dovuto affrontare tre ostacoli. Prima di tutto le acquisizioni e leminacce di acquisizione, tipiche di gran parte degli anni Ottanta, che tendevano aminare la devozione dei dipendenti all'azienda. Non si può avere una profonda (eben riposta) fiducia in un'azienda che domani può essere inghiottita, liquidata osmantellata, e da cui si può essere esclusi perché inutili in caso di acquisizione. Idipendenti delle aziende acquisite e delle aziende minacciate di acquisizionehanno sofferto della stessa sindrome da alienazione dalla propria azienda.

Non è facile trasferire una cultura aziendale. Se un'azienda viene acquisita, lavecchia cultura non funziona più, e tutti i dipendenti e i manager che restano incarica devono adattarsi ai nuovi proprietari e alla nuova situazione. Allo stessotempo, per la società acquirente non è facile trasferire la propria cultura all'aziendaacquisita e non può comunque continuare ad applicarla come se l'acquisizione noncomportasse alcuna differenza.

Anche gli speculatori che dichiaravano almeno un interesse teorico perl'efficienza, raramente si preoccupavano della perdita della cultura aziendale. Lacultura aziendale è intangibile: non compare nel bilancio, non può essere venduta,ma può essere distrutta. L'azienda che agisce con integrità deve avere un sensodella propria identità. Deve identificarsi con determinati ideali e deve guardareoltre i risultati finanziari nella definizione delle proprie politiche e nellapianificazione delle proprie azioni.

L'internazionalizzazione costituisce la seconda minaccia per la culturaaziendale. A livello nazionale, le aziende sviluppano un'identità, una cultura e unaserie di ideali. Come la cultura aziendale non si traduce facilmente da un'aziendaall'altra, non è facile trasferirla oltre confine. Il mantenimento della cultura diun'azienda anche oltre i confini nazionali e il perseguimento dei relativi idealirichiedono una pianificazione e uno sforzo consapevole.

La difficoltà del trasferimento della cultura aziendale oltre confine deriva dallastruttura di molte multinazionali, dalle diverse culture nazionali in cui si collocal'azienda e dalla difficoltà di sviluppare lo stesso tipo di controllo o di creare lostesso tipo di ambiente quando la filiale straniera è psicologicamente egeograficamente separata dalla casa madre. E' possibile superare tutte questedifficoltà, ma ciascuna richiede attenzione, cura, pianificazione e uno sforzocosciente. Gli obiettivi e gli ideali di fondo che vengono trasferiti, devono esserenutriti in ogni nuova situazione e rafforzati attraverso la cultura generaledell'ambiente locale.

Il terzo ostacolo è dato dalla struttura di numerose aziende multinazionali, chehanno incorporato la divisione internazionale del lavoro. Una multinazionale

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americana riceve le materie prime da una certa parte del mondo, fabbrica i propriprodotti in una seconda parte, dove la manodopera costa meno, li vende nei paesisviluppati e gestisce tutto questo dalla sede centrale negli Stati Uniti. L'azienda èsparsa, e ogni sua parte in ogni paese svolge un compito diverso. Poiché ciascunafiliale non è semplicemente una copia o una riproduzione della casa madre, èdifficile diffondere la stessa cultura in tutte le parti dell'azienda. E' difficile permolti capire la propria relazione con l'insieme e identificarsi con l'insieme e i suoivalori.

La sfida per l'azienda che agisce con integrità è unificare le numerose partigeograficamente distinte, infondere in tutte gli stessi ideali e sviluppare inciascuna la stessa cultura aziendale. Questo può richiedere il trasferimento dimolto personale, soprattutto a livello manageriale, da una sede all'altra, propriocome fa l'esercito per mantenere la propria cultura. In ogni sede, l'azienda deveutilizzare codici e materiali simili, programmi di formazione che sottolineino gliideali dell'azienda e ne diffondano la cultura. Deve ricorrere alla propriasensibilità per tradurre gli obiettivi e gli ideali generali in un'unica voceapplicabile nei diversi ambienti culturali. Deve utilizzare il monitoraggio, unrafforzamento positivo e una comunicazione efficace e frequente. Tutte questeoperazioni sono difficili e costose, ma necessarie se si vuole che la culturadell'azienda si diffonda in tutte le filiali.

La virtù aziendaleTalvolta è possibile tradurre gli ideali etici di un'azienda nel linguaggio della virtù.Le virtù umane sono caratteristiche eccellenti proprie degli esseri umani, le virtùaziendali sono caratteristiche eccellenti proprie delle aziende. L'efficienza è unavirtù aziendale molto apprezzata, ma non certo l'unica. Come gli individuisviluppano la propria reputazione, nel bene o nel male, così anche le aziende lofanno. Un'azienda può essere considerata un'eccellente controparte con cuilavorare, un partner affidabile e orientato al cliente o un fornitore degno di fiducia.Ciascuna di queste è un tipo di virtù aziendale. Il motto del New York Times,"Tutte le notizie che si possono stampare," esprime il duplice ideale dicompletezza e di buon gusto dell'editore, che esclude tutto ciò che è volgare e dicattivo gusto. Nel tempo il quotidiano ha finito per identificarsi con il suo motto, ei dipendenti si sentono parte di un'importante tradizione, che ne guida la condotta.Analogamente, lo slogan secondo cui inviando un cartoncino Hallmark ti"preoccupi di inviare il meglio", contiene un ideale di eccellenza nella qualità enel gusto, un messaggio che l'azienda e i suoi dipendenti cercano di diffonderenelle diverse aree di attività: annunci pubblicitari, programmi televisivisponsorizzati e progetti realizzati in tutto il mondo.

Il coraggio morale e l'immaginazione morale sono due virtù necessarieindipendentemente dagli altri ideali che si sceglie di sottolineare e di perseguire.

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Una miscela tra i propri valori personali e i valori dell'azienda per cui si lavoradeve essere strutturata in modo tale che gli uni rafforzino positivamente gli altri.

Come si può dire che un'azienda ha ideali, virtù e un carattere, così si può direche ha una coscienza. Perché un'azienda abbia coscienza, i suoi dipendenti devonoavere coscienza e l'azienda nel suo insieme deve reagire positivamente allequestioni di coscienza sollevate dai propri dipendenti. Continuando l'analogia congli esseri umani, la coscienza dell'azienda può essere situata a livello centrale, madeve ricevere informazioni da tutte le parti. E' come un interruttore che si illuminaquando si trova di fronte a ciò che non è etico oppure ad esigenze o opportunitàche richiedono una risposta positiva. Un'azienda che agisce con integrità nutre lapropria coscienza e, perseguendo i propri ideali, opera in modo cosciente persviluppare le virtù necessarie per farlo, sforzandosi di ottenere la reputazione chedesidera e di mantenerla pulita.

Le istituzioni di supportoLe istituzioni di supporto sono essenziali per l'integrità aziendale. Le aziende sonoistituzioni e come tali operano necessariamente nell'ambito di struttureistituzionali. Le multinazionali si sono sviluppate più rapidamente delle istituzioniinternazionali di supporto con il compito di limitare gli abusi e di crearecondizioni eque per la concorrenza. Come risultato, le aziende prive di scrupolipossono sfruttare persone e nazioni relativamente impunemente, aumentare iprofitti a spese altrui e esternalizzare i costi (per esempio scaricando liberamente irifiuti nell'atmosfera, nel terreno o nell'acqua). Le aziende che operano conintegrità non nuociono, non sfruttano e non approfittano ingiustamente degli altri.Al contrario, aiutano a sviluppare istituzioni di supporto adeguate per rendereequa la concorrenza. Hanno un motivo personale per farlo e un motivo etico piùaltruista. Cosa significa in pratica?

Consideriamo per esempio il settore bancario. Le direttive negative checontrollano le banche internazionali sono solo l'inizio del possibile contributo diuna banca al progresso globale. Le banche internazionali costituiscono la linfavitale dello sviluppo economico mondiale e hanno un enorme potenziale di farebene e male. In mancanza di regole e di opposizioni -oltre che diun'organizzazione, ente, legislazione internazionale altrettanto forte percontrastarle- ricercano generalmente il proprio bene e perseguono i propriinteressi, spesso a spese altrui. Sono un tipo di istituzione primaria il cui poteredeve essere compensato dalle istituzioni internazionali di supporto.

Un primo passo verso lo sviluppo di tali istituzioni potrebbe essere un modellodi codice bancario internazionale. Questo codice garantirebbe la riservatezza deiconti? Eviterebbe il riciclaggio del denaro sporco? Come tratterebbe le fughe dicapitali (soprattutto di quelli destinati alle sovvenzioni) dai paesi meno sviluppati?

Poiché chiunque è coinvolto dovrebbe poter dire la propria, un modello dicodice bancario internazionale applicabile non dovrebbe essere definito solo dalle

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banche o solo dai rappresentanti dei governi, dalle aziende o dagli accademici. Lasua definizione dovrebbe spettare invece ai rappresentanti di ciascuna di questeistituzioni e di altri gruppi interessati. Ciascuno di loro potrebbe sviluppare eproporre un primo codice. Una banca multinazionale desiderosa di agire conintegrità potrebbe assumersi l'onere di costituire il gruppo adeguato o disviluppare da sé la bozza di un simile codice. Le banche devono partecipare allosviluppo del codice, perché conoscono meglio di chiunque altro la miriade di modiper trasferire, nascondere, giustificare, perdere, coprire, dichiarare, utilizzare eabusare dei fondi. Conoscono il costo delle pratiche nascoste e le scappatoie dabloccare.

Una volta sviluppato, il codice proposto deve essere pubblicizzato, diffuso,discusso, dibattuto, emendato e infine applicato con cautela. La singola banca cheadotta tale modello di codice, vi adegua il proprio codice interno e, diconseguenza, attua le procedura da questo stabilite. Un codice, come il CodiceDeontologico dell'Avvocatura di Stato americana, potrebbe sia imporre regole edivieti, sia affermare ideali. I codici individuali sono chiaramente guide interne evengono applicati individualmente. Per essere efficace, il codice settoriale nonsolo deve essere ampiamente adottato, ma anche prevedere un certo tipo dimeccanismo di attuazione.

Può sembrare troppo chiedere alle banche di predisporre codici diautolimitazione o di proporre leggi che possano limitare le loro attività. Ma non ètroppo chiedere alle banche che agiscono con integrità di partecipare allo sviluppodi un codice di ideali e di un codice di standard minimi applicabili. Poichéqualsiasi banca, indipendentemente dalla sua etica, è interessata anche a se stessa,gli altri, cioè i rappresentanti di governo, i clienti e le altre istituzioni finanziarie,devono partecipare alla formulazione del codice. Una banca che agisce conintegrità non obietterà alle norme eque che governano le istituzioni bancarie,compresa se stessa.

Questo codice è il primo passo. Stimola l'osservanza volontaria da parte di tuttele banche e definisce i criteri secondo cui i governi e il pubblico possono valutareil comportamento delle singole banche. Permette alle parti interessate e agli istitutidi sorveglianza di valutare le banche internazionali e il loro rispetto o mancatorispetto delle norme contenute nel codice. Tale informazione può essere utilizzatada investitori, azionisti e altri stakeholder.

Un codice di questo tipo getta le basi per i codici normativi, volontari oobbligatori, e per la legislazione. Inizialmente tale legislazione avrebbe unacompetenza nazionale e potrebbe essere sviluppato dai rappresentanti dei diversigruppi interessati, da alcune aziende leader o da un organo legislativo. Lalegislazione internazionale può quindi costituire la base per accordi e normebilaterali, multinazionali o internazionali, applicati mediante accordi reciproci.Infine, si potrebbe istituire un comitato internazionale dotato di poteri punitivi chestabilisca sanzioni come ammende o esclusione dagli affari.

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Ciascuno di questi passi produce istituzioni di supporto che, nell'insieme,creano un sistema adeguato per l’attività internazionale delle banchemultinazionali. Esistono codici simili per altri settori, in particolare per il settorefarmaceutico e chimico, aspramente criticati per le loro procedure.

I codici internazionali sono solo un tipo di supporto. Possiamo immaginarecontrolli a livello internazionale comparabili a quelli in ambito nazionale:sindacati dei lavoratori, unioni dei consumatori, gruppi per la tutela ambientale,media internazionali con giornalisti investigativi, gruppi ecclesiastici e altreorganizzazioni. Come i fax e la televisione hanno svolto un ruolo fondamentalenella diffusione delle informazioni sull'Europa dell'Est e la Cina e hanno aiutato aspostare le masse in quei paesi, così la pubblicità e i movimenti di supportopossono aiutare a controllare gli abusi da parte delle aziende multinazionali e delleistituzioni finanziarie e ad incanalare le loro energie in modo produttivo per leaziende e vantaggioso per la gente.

ConclusioneLe aziende nazionali e internazionali non possono agire in maniera eticamente

più corretta rispetto a coloro che gestiscono le aziende. Questo è il primo tema cheemerge dalla nostra discussione sulla capacità di competere con integrità. Leaziende agiscono con integrità soprattutto in funzione dell'integrità degli individuial loro interno. Questo è un fattore essenziale. Tra coloro che in un'aziendaagiscono con integrità, i top manager sono i protagonisti. Se loro per primi nonesprimono l'integrità, non la richiedono ai loro dipendenti e non la sostengononell'azienda, questa non può e non riuscirà ad agire con integrità. Tuttavia,l'integrità personale non è sufficiente.

Il secondo tema che emerge è quello dello spostamento dell'etica. Non sempre iproblemi e i dilemmi etici si possono risolvere al livello in cui compaiono. Perquesto le strutture e le politiche aziendali rivestono un'importanza fondamentale.Gli individui sono vincolati dall'organizzazione, dalle strutture e dalle politichedelle aziende per cui lavorano. Queste possono rafforzare il comportamento eticoo contrastarlo, a tutti i livelli. Le aziende inclini ad agire con integrità possonougualmente sentirsi costrette a perseguire pratiche inique oppure possonoavvertire una limitazione al loro raggio di azione. Lo stesso vale a livello disettore, di nazione e infine a livello globale. Le soluzioni vanno ricercate al livelloadeguato, spesso diverso da quello in cui compare il problema.

Il terzo tema è l'esigenza di istituzioni di supporto capaci di contrastare latendenza all'iniquità del mercato, della libera impresa e dell’interesse personale atutti i livelli. Tali istituzioni sociali, politiche ed economiche promuovonocondizioni competitive eque ovunque operino e compensano il potere altrimentisfrenato delle aziende e delle banche multinazionali nel mondo.

In ogni società, l'azienda opera perché la gente nel suo insieme ne traggavantaggio. Il fattore più importante non è il bene dell'azienda, ma il bene della

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società. L'azienda è un mezzo per fare il bene della gente, e la gente agisce nelmodo opportuno per limitarla e incanalarla. Come abbiamo visto, la principaledifficoltà delle aziende internazionali è la mancanza di vincoli e di limitazioni chele renderebbero socialmente vantaggiose. Se non sono vantaggiose per la società,la gente non ha alcun valido motivo per tollerarle. Il business dell'azienda èsicuramente business; ma in ultima analisi non dipende da ciascuna aziendastabilire cosa significa, bensì dalle società e dalla comunità globale chepermettono alle aziende di operare.

Attualmente il potere e il raggio di azione delle aziende internazionali hannosuperato quelli delle istituzioni di supporto. L'esigenza di norme e di direttiveetiche è maggiore per le aziende internazionali che non per quelle nazionali,almeno nei paesi industriali sviluppati dove in generale esistono già istituzioni disupporto adeguate. Le norme etiche forniscono una guida all'azione e criteri diconfronto per la valutazione delle pratiche multinazionali, per rispondere allereazioni del pubblico e per l'applicazione di sanzioni morali.

Nel corso della loro lunga storia, molte aziende negli Stati Uniti hannodiligentemente combattuto contro le proposte legislative volte a limitarne o acontrollarne l'attività in vari modi nel campo, per esempio, dei benefici per ilavoratori, della sicurezza del lavoro e della tutela del consumatore. Questa storiasi ripete oggi a livello internazionale. Le aziende che agiscono con integritàpossono imparare dalla storia e promuovere, anziché ostacolare, l'emergerenecessario e inevitabile di controlli e limitazioni vantaggiose.

Occorrono leadership e coraggio. E' essenziale trattare. Una rete sviluppata sumolti livelli, in diversi campi, e intersecata in molti punti costituirà la base per ladiffusione di informazioni, modelli di codici, nuove strutture e approcci allepratiche aziendali internazionali di carattere etico.

Competere con integrità negli affari internazionali significa avere il coraggio,la determinazione e la fantasia per incoraggiare le istituzioni di supporto eorganizzare la miriade di forze sociali che dovranno creare condizioni diconcorrenza eque per tutti. In tale situazione i migliori avranno successo. Nontutte le aziende che operano con integrità saranno gestite bene, di conseguenzanon tutte avranno successo. Ma quelle che falliranno, non falliranno perchéagiscono con integrità. D'altro canto, quelle che avranno successo, lo avrannoproprio per questo. E' possibile competere con successo e con integrità ed èfondamentale che sempre più aziende abbiano il coraggio e la fantasia per farlo.

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Il Social Statement del progetto CSR-SC,a cura di Elena Biglietti

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n 1. Il Social Statement e Set di indicatorin 2. Elenco degli indicatori per le sole Pmin 3. Scheda anagrafica per le impresen 4. Schede indicatorin Allegato A - Glossarion Allegato B - Elenco convenzioni ILO

IL SOCIAL STATEMENT DEL PROGETTO CSR-SCA CURA DI ELENA BIGLIETTI

Social Statement

SOCIAL STATEMENT E SET DI INDICATORIDOCUMENTO UFFICIALE ESTRAPOLATO DA «IL CONTRIBUTO ITALIANO

ALLA CAMPAGNA DI DIFFUSIONE DELLA CSR IN EUROPA»

Il Sole 24 Ore

Pirola

Novembre 2004 9308

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Elena Biglietti *

I l «cuore» del Progetto CSR-SC, del Ministero del Lavo-ro e delle Politiche Sociali, è

rappresentato dallo strumentodel Social Statement: una gri-glia di lettura definita per valuta-re e monitorare, in modo volon-tario, l’impegno e le attività rea-lizzate in tema di responsabilitàsociale delle imprese (o corpora-te social responsibility - CSR)supportando i processi decisio-nali e attuativi.Il Social Statement è frutto del-l’analisi dei principali standarde iniziative nazionali, europei einternazionali (GRI, SA8000,AA1000, QRES, SEAN, GBS,

SIGMA Project, London Bench-marking Group, The Copenha-gen Centre, WertemanagmentSystem ZFW, SERS, Finetica).Come ribadito nei documentidella Commissione Europea (Li-bro Verde del 2001 e Comunica-zione del 2002), le iniziative diCSR devono basarsi su un ap-proccio volontario e riguardarele finalità, gli orientamenti e lescelte di fondo aziendali che,evidentemente, non possono es-sere imposti per legge.Ciò di cui le imprese e glistakeholder hanno bisogno è unquadro di riferimento comune,una griglia di lettura che permet-

ta a chi è interessato di valutarein maniera completa, corretta econsapevole, le performanceaziendali. La finalità è quella diaumentare il livello di consape-volezza circa i vantaggi legatiall’adozione di pratiche di CSRe di accrescere l’efficacia deicomportamenti socialmente re-sponsabili.In questo senso si è studiato, incollaborazione con l’UniversitàBocconi, e si è presentato lo stru-mento del Social Statement perconsiderare tutti gli aspetti di uncomportamento CSR alla lucedelle relazioni che l’organizza-zione intrattiene con i principalistakeholder.

Corporate socialresponsibility (CSR)

La CSR per il Progetto CSR-SC è«l’integrazione su base volonta-ria, da parte delle imprese, dellepreoccupazioni sociali ed ecologi-che nelle loro operazioni commer-ciali e nei rapporti con le parti inte-ressate» (Libro Verde 2001).

Attraverso la diffusione del So-cial Statement il Ministero delLavoro e delle Politiche Socialiha l’obiettivo di dare evidenzaconcreta alla definizione di Re-sponsabilità sociale delle impre-se (CSR) e quindi di accrescerecontemporaneamente il gradodi consapevolezza su una politi-ca aziendale che sappia concilia-re gli obiettivi economici, socia-li ed ambientali. Inoltre il Mini-stero intende rispondere alle cre-

* Gruppo di Lavoro CSR-SC, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Il Social Statementdel Progetto CSR-SC

Il Sole 24 Ore

Pirola

Novembre 200410 309

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scenti richieste informative e ditrasparenza in merito alle dichia-razioni fatte dalle imprese sul te-ma della CSR.Perciò la definizione di uno stru-mento basato su un modello direndicontazione chiaro e condi-viso si propone di garantire mag-giore credibilità nella comunica-zione aziendale a vantaggio ditutti i cittadini.

Il Social StatementLa mappa del Social Statementpuò essere usata come linee gui-da da quelle imprese che per laprima volta si avvicinano al te-ma della CSR e come strumen-to di auto-valutazione, monito-raggio e rendicontazione perquelle che invece hanno già svi-luppato al proprio interno strate-gie di CSR.L’adesione volontaria al Proget-to CSR-SC da parte delle impre-se si accompagna proprio alla

realizzazione del Social State-ment che prevede la compilazio-ne della Scheda Anagrafica edel Set di Indicatori.

Il Set di IndicatoriLa parte centrale del Social State-ment è il Set d’Indicatori.Tale Set d’Indicatori è semplice,modulare, flessibile, comparabi-le in grado di ricomporre ad uni-tà, laddove possibile, le diversedimensioni dell’agire d’impresa.Per l’impresa si tratta di costrui-re un sistema informativo inte-grato in grado di valorizzare leesperienze di successo già svi-luppate e di supportare un esa-

me complessivo delle scelte edei comportamenti aziendali.La struttura del Set d’Indicatorisi articola in funzione della clas-se dimensionale di appartenen-za dell’azienda che decide di re-digere il Social Statement e sicaratterizza per tenere in consi-derazione le caratteristiche del-le piccole e medie imprese(PMI) dato che in Italia la diffu-sione capillare delle piccole emedie imprese è un fenomenoimportante.Il Set di indicatori, dunque, è sta-to suddiviso in Indicatori co-muni (si tratta di venti indicato-ri che coprono le otto categoriedi stakeholder) utilizzabili datutte le imprese, e in Indicatoriaddizionali che si possono ap-plicare alle imprese con più di50 dipendenti ad integrazionedegli Indicatori comuni.Alle imprese quotate invece, in-dipendentemente dalla dimen-sione, si richiede di utilizzare ilSet di Indicatori completo (circaun centinaio di performance in-dicator).Se alcuni Indicatori dovessero ri-sultare inapplicabili alla specifi-ca impresa per ragioni di appar-tenenza settoriale e/o organizza-tivi, sarà sufficiente spiegare emotivare le ragioni della non ap-

Gli Obiettividel Progetto CSR-SC

• promuovere la diffusione della cultura della CSR tra leimprese e le Istituzioni Pubbliche;

• facilitare lo scambio di esperienze e best practices a livellonazionale e internazionale;

• supportare le PMI nell’implementazione di strategie diCSR;

• promuovere un quadro di riferimento comune per mini-mizzare il rischio di ambiguità legato al proliferare di nu-merosi standard e modelli di rendicontazione;

• proteggere il cittadino da campagne di comunicazioni in-gannevoli.

Il Set di IndicatoriIMPRESE Meno di 50 dip. Tra 50 e 250 dip. Oltre 250 dip.

Nonquotate

Common Indicator (C) Common Indicator (C)più cluster di indicato-ri addizionali integrati-vi da definire (A)

Common Indicator (C)più cluster di indicato-ri addizionali integrati-vi da definire (A)

Il Set di indicatorisi caratterizza per:

- Moduliarità- Flessibilità- Semplicità- Comparabilità

Quotate Set completo di indicatoriCommon Indicator (C)

più tutti gli indicatori addizionali (A)

Il Sole 24 Ore

Pirola

Novembre 2004 11310

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plicabilità. Questo permette di ri-cordare che potranno essere pre-visti ulteriori adattamenti del Setdi Indicatori a livello settorialeper cogliere e valorizzare le im-plicazioni della struttura indu-striale sui modelli d’impresa pre-valenti nei settori che saranno og-getto di studio (ad esempio mani-fatturiero, banche e assicurazio-ne, grande distribuzione, traspor-ti, ecc.).Queste implementazioni ed in-tegrazioni potranno essere rea-lizzate con test pilota opportu-namente preparati anche grazieal coinvolgimento delle Asso-ciazioni con cui sono stati fir-mati e si firmeranno i Protocol-li d’intesa e con le Camere diCommercio.Ed in generale sarà proprio gra-zie al coinvolgimento partecipa-tivo del più ampio numero distakeholder che si potrà promuo-vere e diffondere la cultura del-la CSR tra le organizzazioni.Proprio con questo obiettivo ilMinistero del Lavoro e delle Po-litiche Sociali, ha costituito, nelMaggio 2004, il Forum ItalianoMultistakeholder, la prima piat-taforma di dialogo e di sviluppodei temi relativi alla CSR con loscopo di promuovere la culturadella responsabilità sociale e do-

ve un tavolo tecnico è intera-mente dedicato alla condivisio-ne di un quadro di riferimentocomune.

Il Set di indicatorisegue uno schema generale

a tre livelli

• Categorie: 8 gruppi di stakehol-der di cui sono rivolti specifici clu-ster di indicatori.

• Aspetti: aree tematiche monito-rate da gruppi di performance indi-cator afferenti ad una determina-ta categoria di stakeholder.

• Indicatori: misure che fornisco-no informazioni relative ad unospecifico aspetto. Possono esse-re utilizzate per controllare e dimo-strare le performance organizzati-ve.Le informazioni sono di caratterequalitativo, quantitativo ed econo-mico-monetario.

Il Social Statemente la gestione di impresaIl Social Statement si caratteriz-za anche come strumento in gra-do di agevolare l’analisi di ele-menti qualitativi e quantitati-vi della gestione d’impresa.È noto in letteratura e nella prati-ca manageriale che la performan-ce di un’impresa dipende da di-versi elementi di tipo intangibilequali il valore della conoscenza ela capacità di innovare, il consen-so e la fiducia delle diverse cate-gorie di stakeholder, la reputazio-ne, la disponibilità a contribuireal benessere della comunità.Infatti, per quanto ad oggi nu-merose ricerche stiano ancoraapprofondendo l’analisi dellapossibile correlazione tra CSRe prestazioni economico-finan-ziarie, un numero sempre cre-scente di aziende sta adottandocomportamenti socialmente re-sponsabili in quanto il risultatoche ne deriva è un aumentocomplessivo della competitivi-tà. In questa direzione, l’analisidelle best practice aiuta a deline-are un quadro in cui la CSR con-tribuisce, in una prospettiva disviluppo duraturo per l’impresa,alla creazione di valore ed èquindi in grado di generare unvantaggio competitivo per l’im-presa. La CSR dovrebbe essereconsiderata come un investimen-to, un elemento che, se integrato

La CSR fa bene alle imprese

Essere socialmente responsabili:

• migliora il clima aziendale e aumenta la motivazionedei collaboratori;

• aumenta le capacità dell’impresa di attrarre e mante-nere personale più qualificato;

• contribuisce a differenziare il marchio e dunque arafforzarlo nei confronti di mercati sempre più affollati;

• riduce i rischi di iniziative di boicottaggio, interne edesterne;

• accresce la reputazione complessiva dell’impresa;

• migliora la relazione con le istituzioni finanziarie, nelsenso di un più facile accesso alle fonti di finanziamentoin virtù di una riduzione generale del profilo di rischio.

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nella strategia aziendale, condi-ziona positivamente la perfor-mance dell’impresa e la suacompetitività, migliorandone leprospettive di sviluppo duraturoe diminuendo il profilo di ri-schio. Per i benefici più impor-tanti derivanti da un comporta-mento socialmente responsabilevedi box alla pagina precedente.Per concludere, le imprese giàin grado di utilizzare un numeropiù ampio di indicatori del setminimo richiesto per aderire alProgetto possono farlo, impie-gando le altre misure di presta-zione suggerite e adattandole al-le proprie specificità dimensio-nali e organizzative. Tutte le im-prese, pertanto, se efficacemen-te impegnate in ambito CSR pos-sono trovare nella proposta delMinistero un’opportunità permigliorare le proprie performan-ce di CSR senza dovere sostene-re costi addizionali o senza do-ver implementare procedure pe-santi e onerose. E un supportoalle imprese nella compilazionedel Social Statement è previstocome servizio erogato dalle Ca-mere di Commercio presso gliSportelli CSR-SC (già aperti aMilano, Roma, Lecce e ReggioCalabria), strutture che si stannoorganizzando secondo quantoconcordato nel Protocollo d’In-tesa tra Unioncamere e il Mini-stero del Lavoro.

Riferimenti utili

[email protected]/csr

Premio Nazionale per laResponsabilità Sociale

delle Imprese - Città di Rovigo

Presentato il 25 ottobre 2004con il patrocinio del Ministero delLavoro e delle Politiche Sociali.La manifestazione gratuita è aper-ta alle imprese di tutti i settori edimensioni. Requisito minimo perpartecipare alla premiazione, chesi terrà nella primavera del 2005,è la compilazione dei 20 indicato-ri comuni del Social Statement(www.premiorovigocsr.it).

Principali tappe dello sviluppo della CSRe del Progetto CSR-SC

2000 Il Consiglio Ue al Summit di Lisbona inserisce il tema della CSR trai suoi obiettivi strategici. La CSR è un utile strumento per raggiungerel’obiettivo di «divenire, entro il 2010, l’economia della conoscenza piùcompetitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita economicasostenibile accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativodell’occupazione e da una maggiore coesione sociale».

2001 Pubblicato il «Libro Verde: Promuovere un quadro europeo perla responsabilità sociale delle imprese» della Commissione Europea,contenente le linee guida europee in tema di CSR e nel quale è formalizza-ta la prima definizione europea di CSR «l’integrazione su base volontaria,da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelleloro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate». Il LibroVerde è il quadro di riferimento dal quale si sviluppa il Progetto CSR-SC.

2002 La Commissione Europea pubblica la «Comunicazione - Respon-sabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo svilup-po sostenibile» con lo scopo di trasmettere la strategia ufficiale sullaCSR. Nello stesso anno crea il Multistakeholder CSR Forum, nella cuimissione sono incluse la promozione della conoscenza della CSR e laverifica dell’opportunità di stabilire dei principi guida per le pratiche e glistrumenti di CSR. In tutte queste iniziative i Governi sono chiamati adefinire e attuare azioni e strategie mirate per promuovere pratiche diCSR.

13 dicembre 2002 Presentazione a Milano della prima bozza del Proget-to CSR-SC.

secondo semestre 2003 Semestre di Presidenza Italiana dell’Unioneeuropea: CSR come priorità.

14 novembre 2003 Organizzazione, insieme alla Commissione Europea,della Terza Conferenza Europea sulla CSR, «Il ruolo delle politichepubbliche nella promozione della CSR» dove è stato presentato ilProgetto CSR-SC come «Contributo italiano alla campagna di diffusionedella CSR in Europa» che si basa sui seguenti principi: Volontarietà;Assenza di certificazioni e di «bollini»; Focus sulle caratteristiche e sulleesigenze delle Pmi; CSR come strumento per dare maggiore competitivi-tà alle imprese.

1˚ dicembre 2003 A Brussels, nel corso del Consiglio dei Ministri delLavoro e delle Politiche Sociali dell’Ue, presentazione della Dichiarazio-ne scritta della Presidenza italiana sulla CSR indirizzata alle Istituzio-ni Europee: testimonianza del contributo della presidenza italiana allosviluppo del dibattito sulla CSR in Europa. Dopo il confronto alla conferen-za di Venezia tra i diversi stati dell’Ue, è emersa la necessità di realizzareriferimenti comuni per la misurazione, valutazione e monitoraggio delleperformance di CSR, elementi questi che possono influenzare il raggiungi-mento degli obiettivi strategici fissati a Lisbona.

12 maggio 2004 Istituito il Forum Italiano Multi-Stakeholder per laCSR, un organismo consultivo promosso e presieduto dal Ministero delLavoro e delle Politiche Sociali. Creata la prima piattaforma di dialogonazionale sulla CSR: aderiscono 50 organizzazioni a rappresentanzadiffusa (datori di lavoro, sindacati, istituzioni e società civile), invitate adare il proprio contributo per approfondire e per diffondere il tema dellaCSR e per svilupparne alcuni aspetti in 4 Tavoli Tecnici.

2003/2004 Protocolli d’Intesa con alcune associazioni di categoria per larealizzazione di numerose iniziative per il coinvolgimento e la formazionedegli associati, la diffusione della CSR e del Progetto CSR-SC:- 27 novembre 2003 Unioncamere, apertura di Sportelli CSR-SC inalmeno 20 Camere di Commercio entro la fine dell’anno 2004 e in tutte le103 Camere entro il 2006 con l’obiettivo di fornire un servizio di informazio-ne alle imprese sulla responsabilità sociale e di supportare le impresestesse nell’attività di autovalutazione delle performance di CSR e nellarealizzazione del Social Statement- 19 aprile 2004 Confapi, l’associazione che racchiude 50mila Pmi- 9 giugno 2004 Assolombarda, l’associazione che riunisce più di 5.700imprese dell’area milanese, di cui il 63% ha meno di 25 dipendenti- 15 novembre 2004, Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavo-ro supporterà il progetto con gli oltre 20.000 iscritti all’ordine grazie alsistema dei Consigli regionali e delle Unioni provinciali presenti sul territo-rio nazionale.

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1. Social Statemente Set di indicatori

Il Social Statement (SS) è uno strumento volonta-rio, pensato in primo luogo per guidare le impresenell’attività di rendicontazione delle proprie presta-zioni sociali, standardizzando la modalità di rileva-zione e presentazione delle informazioni e favoren-do forme di confronto e valutazione dei risultatiottenuti. Mediante la diffusione del Social State-ment il Ministero del Lavoro e delle Politiche So-ciali mira ad accrescere il grado di consapevolezzadelle imprese sulle tematiche sociali, ambientali edi sostenibilità, promuovendo la diffusione di unacultura della responsabilità all’interno del siste-ma industriale. Il Social Statement vuole ancherispondere alle crescenti richieste informative cheprovengono da molteplici categorie di stakeholdersulle tematiche della Corporate Social Responsibi-lity. La definizione di un strumento basato su unmodello di rendicontazione chiaro e consolidatomira a garantire maggiore trasparenza nella comu-nicazione delle imprese, a tutela dei consumatori ea vantaggio di tutti i cittadini. Il Social Statementvuole essere uno strumento semplice, modulare eflessibile, per consentire a tutte le imprese - indi-pendentemente dalla dimensione, dal settore di ap-partenenza, dalla natura giuridica, dall’esperienzanell’attività di reporting, ecc. - di aderire al siste-ma definito dal Governo. In questo ambito, il Mini-stero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha volutodedicare un’attenzione particolare alle piccole emedie imprese (PMI), che costituiscono, come ènoto, una componente fondamentale del sistemaindustriale italiano. Si è, dunque, voluto predispor-re uno strumento che non vincoli questa categoriadi attori, ma parta dalle loro esigenze offrendo nuo-ve interessanti opportunità in chiave gestionale ecompetitiva. Il Social Statement si basa sulla defini-zione di CSR data dalla Commissione Europea nelLibro Verde, pubblicato nel luglio 2001. Secondoquesto approccio la Corporate Social Responsibili-ty è «l’integrazione su base volontaria, da partedelle imprese, delle preoccupazioni sociali ed eco-logiche nelle loro operazioni commerciali e neiloro rapporti con le parti interessate», ossia, in basealla definizione contenuta nel documento originale«a concept whereby companies integrate socialand environmental concerns in their business ope-rations and in their interaction with their stakehol-ders on a voluntary basis». Sempre dalla definizio-ne di CSR formulata nel Libro Verde si desumeche essere socialmente responsabili implica anda-

re oltre il semplice rispetto della normativa vi-gente, «investendo “di più” nel capitale umano,nell’ambiente e nei rapporti con le parti interessa-te». Muovendo da questi presupposti e a seguito diun confronto con diverse categorie di stakeholder,il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali hamesso a punto una proposta per orientare le impre-se nella predisposizione del Social Statement.La proposta si articola in due parti fondamentali:A. la scheda anagrafica dell’impresa;B. il set indicatori.

A. La scheda anagrafica dell’impresa

La scheda anagrafica ha l’obiettivo di mettere afuoco le caratteristiche generali dell’impresa chedecide di adottare il Social Statement.Le principali informazioni richieste sono:q nome;q natura giuridica dell’organizzazione (SRL,SPA, Cooperativa ecc.);q settore di attività (o settori in cui opera inprevalenza);q fatturato;q sede principale;q sedi secondarie;q principali mercati di riferimento;q numero di dipendenti.Nella scheda anagrafica, inoltre, devono essereriportate informazioni più specifiche, dirette a ri-levare l’impegno dell’azienda nell’ambito dellaCorporate Social Responsibility.Si richiede, pertanto, alle imprese di segnalarel’adozione di strumenti quali Codici di Condot-ta, Sistemi di Gestione (ad esempio, sistemi diqualità, sistemi di gestione dell’ambiente e dellasicurezza), certificazioni e report sociali, am-bientali e di sostenibilità.Tali documenti potranno essere allegati al SocialStatement per testimoniare l’impegno dell’impre-sa sulle tematiche in oggetto.Il Social Statement, dunque, non si vuole sostitui-re ad iniziative pubbliche e/o private «riconosciu-te» sul tema della responsabilità sociale d’impre-sa, ma deve essere considerato un complemento aquesti progetti.L’approccio indicato dal Ministero del Lavoro edelle Politiche Sociali si propone se mai di valo-rizzare tali esperienze, con l’obiettivo finale difavorire maggiore trasparenza e chiarezza nell’in-formativa verso gli stakeholder.

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2. Elenco degli indicatori

B. Il set di indicatori

Il set di indicatori è il cuore del Social Statement.Qualsiasi processo realizzato da un’organizzazio-ne necessita di meccanismi e strumenti di misura-zione efficaci ed efficienti.L’attività di misurazione serve per supportare idecisori nella definizione degli obiettivi strategicie tattici, permette di monitorare gli sforzi realizza-ti per raggiungere tali obiettivi, consente di valuta-re le performance ottenute e di confrontare taliprestazioni nel tempo e nello spazio.Come è noto gli indicatori sono misure che, attra-verso una semplificazione della realtà, hannol’obiettivo di rilevare e/o di descrivere fenomenicomplessi e di difficile rappresentazione bilan-ciando due esigenze divergenti: l’accuratezzascientifica e la capacità di sintesi.Nel Progetto CSR-SC, il set di indicatori ha laspecifica finalità di monitorare l’impegno e leattività realizzate dall’impresa in tema di CSR,supportando i processi decisionali e attuativi. Atale scopo, attraverso una serie di confronti con leparti interessate e dopo una fase di pilot testingsulle imprese si è giunti all’identificazione e allaselezione di una serie di indicatori. Per ogni indi-catore è stato condotto un esame puntuale. Sonostati analizzati e discussi elementi quali:q la rilevanza rispetto alla nozione di CSR;q la comprensibilità per le imprese;q la producibilità delle informazioni funzionalialla determinazione dell’indicatore (ad esempio,eventuale materiale documentale);q la modalità di rilevazione e misurazione;q l’applicabilità rispetto alle diverse tipologie diimprese.Nello schema finale i singoli indicatori sono orga-nizzati in un framework articolato su tre livelli incui si è privilegiato un approccio orientato aglistakeholder. Pertanto il piano dei conti del SocialStatement si divide in:

q categorie: gruppi di stakeholder cui sono rivol-ti specifiche famiglie (cluster) di indicatori;q aspetti, aree tematiche monitorate da gruppidi performance indicator, nell’ambito di una de-terminata categoria di stakehoder;q indicatori, ovvero misure qualitative e quantita-tive che forniscono informazioni relative a unospecifico aspetto.Possono essere utilizzati per controllare e dimostra-re le performance di un’organizzazione.Gli indicatori possono essere qualitativi (adesempio, laddove si richieda la descrizione di unprogetto o di un’iniziativa realizzata dall’azien-da) e quantitativi (nei casi in cui l’informazionerichiesta debba essere espressa sotto forma nu-merica - percentuale, ratio, quoziente, dati eco-nomici o finanziari, ecc.).Il set di indicatori è stato suddiviso in due catego-rie principali:q indicatori comuni (C), che devono essere uti-lizzati da tutte le imprese per la realizzazione delSocial Statement (dalle PMI alle grandi aziende);q indicatori addizionali (A), che si possono ap-plicare alle imprese di maggiore dimensione (apartire da 50 dipendenti) in base a specifici criteri,affiancando e integrando gli indicatori comuni.Il set di indicatori e il Social Statement voglionoessere un’opportunità per guidare le imprese versoobiettivi di eccellenza nelle modalità di rendiconta-zione di CSR, favorendo il miglioramento conti-nuo delle prestazioni aziendali in questo campo.In questo senso, se alcuni degli indicatori addi-zionali indicati dovessero risultare non applica-bili all’impresa per fattori legati alle sue caratte-ristiche strutturali e/o organizzative (dimensio-ni, settore di appartenenza, natura giuridica eassetto proprietario, complessità di rilevazionee/o misurazione delle informazioni richieste), leragioni alla base dell’esclusione dovranno esse-re debitamente specificate e motivate dal mana-gement.

Di seguito si riporta il set completo di indicatori individuati per il Progetto CSR-SC. Gli indicatori sonoarticolati in otto categorie, in base ai diversi gruppi di stakeholder:1. Risorse Umane;2. Soci/Azionisti e Comunità Finanziaria;3. Clienti;4. Fornitori;5. Partner finanziari;6. Stato, Enti locali e Pubblica Amministrazione;7. Comunità;8. Ambiente.

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Elenco completo degli indicatoriCategorie, aspetti e indicatori C/A X Y

1. Risorse Umane1.1. Composizione del personale1.1.1 Categorie A q

1.1.2 Età A q

1.1.3 Anzianità A q

1.1.4 Provenienza territoriale A q

1.1.5 Nazionalità A q

1.1.6 Tipologia contrattuale A q

1.1.7 Titolo di studio A q

1.2. Turnover1.2.1 Politiche occupazionali A q

1.2.2 Dipendenti e non dipendenti A q

1.2.3 Cessazioni (per tipologia) A q

1.3. Pari opportunità1.3.1 Personale maschile e femminile (a livello di quadri e dirigenti) A q

1.3.2 Relazione tra salario maschile e femminile (per categoria e anzianità) A q

1.3.3 Politica verso le persone con disabilità e le minoranze in genere C q q

1.4. Formazione1.4.1 Progetti di formazione (tipologia) A q

1.4.2 Ore di formazione per categoria (al netto della formazione obbligatoria perlegge o per contratto) C q

1.4.3 Stage A q

1.5. Orari di lavoro per categoria A q

1.6. Modalità retributive1.6.1 Retribuzioni medie lorde A q

1.6.2 Percorsi di carriera A q q

1.6.3 Sistemi di incentivazione A q q

1.7. Assenze1.7.1 Giornate di assenza A q

1.7.2 Causale q

1.8. Agevolazioni per i dipendenti C q q

1.9. Relazioni industriali1.9.1 Rispetto dei diritti di associazione e contrattazione collettiva A q q

1.9.2 Percentuale di dipendenti iscritti al sindacato A q

1.9.3 Altro (ore di sciopero, partecipazione dei lavoratori al governo aziendale, ecc.) A q q

1.10. Comunicazione interna A q

1.11. Sicurezza e Salute sul luogo di lavoro1.11.1 Infortuni e malattie C q q

1.11.2 Progetti A q

1.12. Soddisfazione del personale1.12.1 Ricerche di customer satisfaction rivolte all'interno A q q

1.12.2 Progetti A q

1.13. Tutela dei diritti dei lavoratori C q

1.13.1 Lavoro minorile A q q

1.13.2 Lavoro forzato A q

1.14. Provvedimenti disciplinari e contenziosi A qLegenda:C = indicatori comuni; A = indicatori addizionaliX = indicatori qualitativi; Y = indicatori quantitativi

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Categorie, aspetti e indicatori C/A X Y

2. Soci/Azionisti e Comunità finanziaria

2.1. Composizione del capitale sociale

2.1.1. Numero azionisti per tipologia di azioni A q

2.1.2. Segmentazione soci per categoria A q q

2.2. Remunerazione degli azionisti/soci (rapporti e indicatori azionari)

2.2.1. Utile per azione A q

2.2.2. Dividendi A q

2.2.3. Prezzo/utile per azione A q

2.2.4. Altro (ad esempio, ristorno, contributi obbligatori per fondi mutualistici) A q q

2.3. Andamento quotazioni A q

2.4. Rating A q q

2.5. Partecipazione dei soci al governo e tutela delle minoranze A

2.5.1. Presenza di consiglieri indipendenti nel CdA A q q

2.5.2. Presenza di soci di minoranza nel CdA A q q

2.5.3. Frequenza riunioni CdA A q q

2.5.4. Altro (ad esempio, adesione codici di autoregolamentazione) A q

2.6. Agevolazioni e servizi per i soci A q

2.7. Investor relation

2.7.1 Attività di comunicazione e rendicontazione C q

2.7.2. Presentazioni e documenti istituzionali A q

2.7.3. Roadshow A q q

2.7.4. Incontri one to one A q q

2.7.5. Sviluppo comunicazione via Internet A q q

2.7.6. Altro (ad esempio, giornate aperte) A q q

3. Clienti

3.1. Caratteristiche della clientela

3.1.1 Ripartizione dei clienti per categorie A q q

3.1.2. Ripartizioni dei clienti per tipologia di offerta A q q

3.2. Sviluppo del mercato

3.2.1. Nuovi clienti A q q

3.2.2. Nuovi prodotti/servizi A q q

3.3. Customer satisfaction e customer loyalty

3.3.1. Iniziative di customer satisfaction (ricerche, iniziative di misura e utilizzo, callcenter e gestione dei reclami) A q q

3.3.2. Iniziative di customer loyalty A q q

3.4. Informazioni ed etichettature di prodotto/servizio (sicurezza, LCA, inizia-tive volontarie) C q q

3.5. Prodotti/servizi a connotazione etico-ambientale (ad esempio ad altautilità sociale) A q q

3.6. Politiche promozionali (rispetto codici di autodisciplina) A q q

3.7. Tutela della Privacy A q q

Legenda:C = indicatori comuni; A = indicatori addizionaliX = indicatori qualitativi; Y = indicatori quantitativi

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Categorie, aspetti e indicatori C/A X Y

4. Fornitori

4.1. Politica di gestione dei fornitori C q q

4.1.1. Ripartizione dei fornitori per categoria A q q

4.1.2. Selezione dei fornitori A q q

4.1.3. Comunicazione, sensibilizzazione e informazione A q q

4.2. Condizioni negoziali C q q

5. Partner finanziari

5.1. Rapporti con le banche A q

5.2. Rapporti con le compagnie assicurative A q

5.3. Rapporti con società di servizi finanziari (ad esempio società di leasing) A q

6. Stato, Enti locali e Pubblica Amministrazione

6.1. Imposte, tributi e tasse A q q

6.2. Rapporti con gli enti locali A q

6.3. Norme e codici etici per il rispetto della legge

6.3.1. Norme e codici per il rispetto della legge e sistemi di auditing interno C q

6.3.2. Verifiche di conformità e controlli ispettivi A q q

6.4. Contributi, agevolazioni o finanziamenti agevolati A q q

7. Comunità

7.1. Corporate giving C q q

7.2. Apporti diretti nei diversi ambiti di intervento

7.2.1. Istruzione e formazione C q q

7.2.2. Cultura C q q

7.2.3. Sport C q q

7.2.4. Ricerca e innovazione C q q

7.2.5. Solidarietà sociale (anche internazionale) C q q

7.2.6. Altro (ad esempio, volontariato, posti asilo per la comunità) C q q

7.3. Comunicazione e coinvolgimento della comunità (stakeholder engage-ment) C q

7.4. Relazioni con i mezzi di comunicazione A q q

7.5. Comunità virtuale

7.5.1. Contatti (caratteristiche ed analisi) A q q

7.5.2. Security A q

7.5.3. Strumenti di gestione delle relazioni A q q

7.6. Prevenzione della corruzione C q

8. Ambiente

8.1. Consumi di energia, materiali ed emissioni C q q

8.1.1. Energia A q q

8.1.2. Acqua A q q

8.1.3. Materie prime, materiali ausiliari e imballaggi A q q

8.1.4. Emissioni in atmosfera A q q

8.1.5. Scarichi idrici A q q

8.1.6. Rifiuti A q q

8.2. Strategia ambientale e relazioni con la comunità A q q

Legenda:C = indicatori comuni; A = indicatori addizionaliX = indicatori qualitativi; Y = indicatori quantitativi

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Elenco degli indicatoriper le sole PMI

Categorie, aspetti e indicatori C X Y

1. Risorse Umane

1.3. Pari opportunità

1.3.3 Politica verso le persone con disabilità e le minoranze in genere C q q

1.4. Formazione

1.4.2 Ore di formazione per categoria (al netto della formazione obbligatoria perlegge o per contratto) C q

1.8. Agevolazioni per i dipendenti C q q

1.11. Sicurezza e Salute sul luogo di lavoro

1.11.1 Infortuni e malattie C q q

1.12. Soddisfazione del personale

1.13. Tutela dei diritti dei lavoratori C q

2. Soci/Azionisti e Comunità finanziaria

2.7. Investor relation

2.7.1 Attività di comunicazione e rendicontazione C q

3. Clienti

3.4. Informazioni ed etichettature di prodotto/servizio (sicurezza, LCA,iniziative volontarie) C q q

4. Fornitori

4.1. Politica di gestione dei fornitori C q q

4.2. Condizioni negoziali C q q

6. Stato, Enti locali e Pubblica Amministrazione

6.3.1. Norme e codici per il rispetto della legge e sistemi di auditing interno C q

7. Comunità

7.6. Prevenzione della corruzione C q

8. Ambiente

8.1. Consumi di energia, materiali ed emissioni C q q

Legenda:C = indicatori comuni;X = indicatori qualitativi; Y = indicatori quantitativi

Indicatoriper le piccole e medie imprese

Riportiamo nella seguente tabella il set di indicatori comuni (C) che devono essere presisicuramente in esame dalle piccole e medie imprese nell’adesione delle stesse al Proget-to CSR-SC.Inoltre, nell’ambito delle schede esplicative predisposte per ciascun indicatore siacomune che addizionale (A) pubblicate nelle pagine seguenti, abbiamo provveduto aevidenziare in grigio le schede relative ai predetti indicatori comuni, al fine di poterriconoscerli agevolmente e immediatamente da parte delle piccole e medie impreseinteressate.

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Le condizioni di efficacia del codicedi comportamento delle imprese

di Stefania Bertolini

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LE CONDIZIONI DI EFFICACIA DEL CODICE DI COMPORTAMENTO1 DELLE IMPRESE

di Stefania Bertolini PREMESSA Questa Lettera raccoglie alcune riflessioni tratte dal rapporto di ricerca ISVI sui codici di comportamento2. Tale ricerca, condotta in collaborazione con l’Istituto di Economia Aziendale “Gino Zappa” dell’Università Bocconi, ha permesso di comprendere cosa sono i codici di comportamento, come e perché nascono e come vengono gestiti all’interno delle imprese. Oltre all’analisi della letteratura, la ricerca si è soffermata sullo studio di tre aziende che ormai da tempo hanno adottato un codice di comportamento. Queste aziende, cui va il nostro ringraziamento per la disponibilità e il tempo dedicatoci, sono: General Electric, IBM e 3M3. Un importante contributo all’evoluzione della ricerca è provenuto dal workshop “Codici etici e cultura di mercato” organizzato da ISVI nel 1993. In quell’occasione, studiosi (un economista -Prof. I. Musu-, un aziendalista - Prof. V. Coda- e un giurista -Prof. C. Pedrazzi-) ed operatori (Dott. G. Pecori Giraldi, Presidente e Amministratore Delegato della Morgan Stanley, Dott. A. Albertini, Presidente della Albertini & C. SIM, Dott. L. Stanca, Presidente IBM, Dott.ssa D. Viglione, Relazioni Esterne ENI) hanno espresso i propri convincimenti sulle funzioni e sull’utilità dei codici di comportamento alla luce delle loro diverse esperienze.

1Nel corso della trattazione i termini “codice”, “codice di comportamento”, “codice etico” e “codice di autoregolamentazione” verranno usati come sinonimi. 2Bertolini S., Castoldi R., Lago U., 1996, I codici etici come strumento di gestione aziendale, Il Sole 24 Ore-Pirola, Milano. 3E’ bene sottolineare che quanto riportato relativamente ai casi aziendali di General Electric, IBM e 3M non costituisce una trattazione esaustiva, ma solo un richiamo di quanto ampiamente analizzato nel sopracitato volume.

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CENNI INTRODUTTIVI Il codice di comportamento come strumento di gestione aziendale si diffuse negli Stati Uniti durante gli anni settanta4 in reazione all’indignazione dell’opinione pubblica provocata dalla scoperta di gravi episodi di corruzione che coinvolsero numerose corporation statunitensi. Analogamente, i fenomeni di Tangentopoli, portando alla luce la mancanza di una cultura etica del sistema economico italiano, hanno richiamato l’interesse sul codice di comportamento anche nel nostro Paese. A tutt’oggi, l’utilità del codice viene però ignorata dalla maggior parte delle imprese italiane. Che cosa è dunque il codice di comportamento e quali sono i vantaggi per le imprese che lo adottano? Il codice di comportamento, o codice etico, è un documento contenente l’enunciazione dei valori su cui si fonda la cultura dell’impresa, la dichiarazione delle responsabilità verso tutte le categorie di interlocutori con le quali l’impresa stessa interagisce, l’esplicitazione delle politiche aziendali in materia di etica d’impresa e delle norme di comportamento alle quali i lavoratori devono attenersi5. Sotto il nome di codice etico vengono compresi documenti dalle diverse forme e finalità: messaggi brevi e concisi o lunghe enunciazioni; codici contenenti riferimenti a situazioni precise o codici che presentano casi generici; norme espresse in forma di politica aziendale o di doveri individuali dei dipendenti6. Qualsiasi forma assuma, il codice svolge una funzione di guida per ogni dipendente che può trovare in questo strumento un aiuto per il chiarimento di dubbi su politiche aziendali, per la soluzione dei cosiddetti dilemmi etici oppure per respingere eventuali richieste irragionevoli da parte di colleghi, superiori e di persone esterne all’azienda. Molti altri sono i vantaggi che possono scaturire da un corretto utilizzo del codice di comportamento (vedi Fig. 1), ma su uno in particolare è bene soffermarsi.

4E’ comunque possibile trovare qualche codice di comportamento di impresa o associazione anche prima degli anni Settanta. 5Coda V., 1993, Codici etici e liberazione dell’economia, relazione presentata al workshop ISVI “Codici etici e cultura di mercato”, 5/11/1993. 6Coda V., 1993, op. cit..

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Figura 1. Vantaggi derivanti dall’adozione di un codice di comportamento7.

Vantaggi per il singolo manager: 1. il codice etico chiarisce eventuali margini di incertezza rinvenibili nelle politiche

aziendali; 2. permette di respingere eventuali richieste irragionevoli effettuate da colleghi o

superiori, opponendo un documento aziendale; 3. solleva in parte i manager dalla responsabilità derivante da decisioni difficili prese

senza avere tempo sufficiente per valutare ogni implicazione. Vantaggi per l’azienda:

1. rafforza e preserva una cultura funzionale allo sviluppo duraturo dell’impresa o aiuta a modificare comportamenti “devianti”;

2. contribuisce a creare il senso di appartenenza dei dipendenti, importante per il buon funzionamento dell’azienda;

3. contribuisce a ridurre il verificarsi di atti illeciti commessi dai dipendenti per ignoranza;

4. (se divulgato anche all’esterno) scoraggia i tentativi di corruzione effettuati dai clienti;

5. contribuisce a infondere fiducia nel pubblico; 6. fornisce una guida per quanto riguarda la rescissione di contratti con fornitori, il

licenziamento dei dipendenti o il loro allontanamento da posizioni di prestigio, ecc., facilitandone anche il perseguimento per vie legali.

Il codice di comportamento si rende essenziale nell’approfondire e nell’integrare i contenuti della legge. L’intervento regolatore del governo, anche se contenuto, ha infatti un costo elevato e, se esteso oltre un certo grado, “può pericolosamente aumentare il potere della politica e ridurre i gradi di libertà economica dei cittadini, considerata, nella società capitalistica occidentale, una delle condizioni della stessa libertà politica”8. La funzione delle autorità presenta anche un altro limite perchè il loro intervento è giustificato solo in quelle situazioni già coperte da una specifica legislazione. Il codice di autoregolamentazione può dunque “anticipare e guidare l’intervento del legislatore, e al tempo stesso surrogarlo in materie che mal si prestano a regolamentazioni troppo generali e astratte”9.

7Per un maggiore approfondimento vedasi Bertolini S., Castoldi R., Lago U., 1996, op. cit.. Si tenga comunque presente che tali vantaggi sono legati alla corretta gestione del codice di comportamento: un codice che sia esclusivamente un’operazione di facciata può portare vantaggi per l’azienda solo nel brevissimo periodo. 8Unnia M., 1988, Istituzionalizzare l’etica, in Etica degli Affari, n. 2. 9Pedrazzi C., 1993, Intervento al workshop ISVI “Codici etici e cultura di mercato”.

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LE CONDIZIONI DI EFFICACIA10. Il codice di comportamento non costituisce di per sé uno strumento in grado di garantire la condotta etica dei dipendenti e di tutti coloro che con l’impresa in vario modo interagiscono. Per essere realmente efficace, senza cioè configurarsi come mera operazione di facciata, il codice di comportamento deve infatti presentare determinate caratteristiche e inserirsi in una strategia deliberata che preveda l’utilizzo combinato di diversi altri strumenti. L’introduzione del codice etico, pertanto, costituisce allo stesso tempo un traguardo e un punto di partenza di un processo delicato che, per funzionare correttamente, necessita che siano soddisfatte certe condizioni. Si tratta di condizioni interne all’azienda (punti da 1 a 5) e esterne, legate cioè al contesto ambientale in cui opera. 1. Tensione etica del vertice aziendale. La condizione primaria per il successo dell’azione del codice etico risiede nella volontà del vertice aziendale di dar vita ad un processo in grado di incidere realmente sulla vita dell’impresa e nella piena adesione ai principi cui tale processo si ispira. E’ però importante che il sostegno del vertice non si limiti alle fasi di elaborazione e di introduzione. Per questo motivo sia i membri del Consiglio di Amministrazione sia il top management dovrebbero essere opportunamente e attivamente coinvolti anche nei processi di gestione del codice. Per quanto riguarda il coinvolgimento dei Consiglieri, alcune aziende si sono dotate di un comitato con il compito di pronunciarsi sulle questioni in materia etica poste alla propria attenzione. Tale comitato dovrebbe essere composto esclusivamente da membri del Consiglio di Amministrazione non coinvolti nella gestione corrente dell’impresa (i cosiddetti “outside director”) a ulteriore garanzia dell’imparzialità dei giudizi emessi.

Il Comitato Esecutivo della 3M USA ha nominato il Business Conduct Committee (composto da manager di alto livello) che ha il compito di

10Per l’elaborazione di questa parte è stata di particolare aiuto la sopracitata relazione di Vittorio Coda.

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vigilare sulla correttezza dei comportamenti dei dipendenti della società e di riportare tutto quanto attiene all’argomento al Comitato Esecutivo, all’Audit Committee, all’Operation Committee e al Consiglio di Amministrazione.

Il coinvolgimento del top management si dovrebbe invece manifestare quotidianamente nelle operazioni di gestione ordinaria tramite un particolare riferimento ai valori espressi nel codice. I dirigenti dovrebbero infatti mantenere una condotta che sia di esempio per gli altri dipendenti, controllare e segnalare situazioni dubbie e valutare l’operato dei propri sottoposti attribuendo il giusto rilievo alla correttezza dei comportamenti. In tal senso, certi approcci gestionali che focalizzano l’attenzione sul raggiungimento dei risultati senza adeguata considerazione dei mezzi utilizzati, dovrebbero inserire tra i parametri di valutazione anche quelli di carattere etico. Ciò non implica il sacrificio del profitto a vantaggio di una condotta etica, ma significa, il più delle volte, preferire un profitto di lungo periodo dalle solide basi ad un profitto effimero di breve durata. 2. Messaggi concreti e realistici. Il codice di comportamento deve trasmettere ad ogni stakeholder11 un messaggio la cui effettiva attuabilità sia facilmente verificabile. I contenuti delle direttive devono quindi proporre un ideale che possa essere raggiunto senza troppe difficoltà e soprattutto senza stravolgere le procedure, formalizzate o informali, preesistenti al codice. Se così non fosse, e cioè se gli obiettivi prefissati dal codice fossero percepiti come irrangiungibili, si rischierebbe di indurre un comportamento di rinuncia nei diversi destinatari scoraggiati dalla difficoltà del compito. Mete ambiziose potrebbero essere comunque raggiunte mediante piccoli passi di avvicinamento graduale, presentati periodicamente in versioni aggiornate del codice.

11Il termine stakeholder indica “ogni gruppo o individuo che sia essenziale alla sopravvivenza ed al successo dell’impresa e che abbia interessi influenzati o “posti in gioco” dalla gestione dell’impresa” (Freeman R.E., 1984, Strategic management: a stakeholder approach, Boston Pitman).

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3. Chiarezza dei contenuti. Affinché il codice etico possa svolgere la sua funzione informativa/educativa è necessario che le direttive e i comportamenti suggeriti siano oggetto di una politica di comunicazione caratterizzata dalla massima chiarezza. In tal senso è bene limitare linguaggi tecnici e terminologie ricercate. E’ inoltre importante inviare comunicazioni che non si prestino a fraintendimenti ed equivoci, per evitare che persone in buona fede incorrano involontariamente in provvedimenti punitivi e persone in malafede trovino una scusante al proprio comportamento.

Allo scopo di facilitare la comprensione dei messaggi e dissolvere dubbi e incertezze su situazioni particolarmente ambigue, la GE inserisce nel proprio codice domande relative ad ipotetiche situazioni (“Come mi devo comportare se....?”) e adeguate risposte. Ad esempio, nella parte dedicata ai conflitti di interesse si legge: “Domanda: Mia moglie ha buone probabilità di essere assunta per un incarico di responsabilità in una piccola società che fornisce il business GE per il quale lavoro. A volte mi compete l’autorizzazione a ricorrere a quel fornitore come unica fonte di approvvigionamento in caso di necessità urgenti del mio business. Se mia moglie dovesse ottenere questo lavoro, il mio superiore dovrebbe esserne informato? Risposta: Senza alcun dubbio. Un concorrente dell’azienda di sua moglie potrebbe infatti insinuare che la stessa lavora con la GE solo grazie alla presenza di sua moglie. Lei dovrebbe quindi informare il suo superiore, un legale o un “ombudsman” della GE dei rapporti esistenti fra sua moglie e l’impresa fornitrice nonché restare estraneo a qualsiasi operazione che interessi quest’ultima”.

A questo proposito è doveroso sottolineare che la chiarezza del codice non implica necessariamente il ricorso a enunciati specifici che descrivono dettagliatamente situazioni ben definite. Non è infatti possibile stabilire a priori, indipendentemente dalla valutazione del caso concreto, se siano più efficaci nel comunicare certi messaggi le direttive specifiche o le espressioni generali. Entrambe le espressioni presentano infatti vantaggi e svantaggi che vanno attentamente valutati e soppesati al momento della elaborazione del codice. Un codice vago nei suoi enunciati potrebbe risultare poco chiaro e generare incertezze su situazioni complesse e delicate. D’altra parte un documento

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dettagliato si rivela scarsamente flessibile, perché i casi contemplati sono rigidamente fissati con descrizioni che rendono difficile la traslazione a situazioni simili. Ciò potrebbe indurre a ritenere lecito qualunque comportamento non sanzionato dal codice. A seconda della cultura e degli usi sviluppatisi in una determinata azienda, delle caratteristiche della leadership, delle procedure adottate, sarà dunque possibile disegnare su misura un codice di comportamento specifico o uno generale o un codice che preveda i due tipi di enunciati in relazione ai differenti argomenti trattati12.

In tre aziende eccellenti sotto questo punto di vista sono state impiegate soluzioni differenti. In IBM si è preferito predisporre un codice di comportamento dettagliato. Alla 3M si è invece optato per un documento di impostazione prevalentemente generale (anche se per approfondire alcune leggi si è ritenuto opportuno elaborare dei veri e propri manuali di istruzioni). Alla GE sono state adottate entrambe le alternative: oltre ad un codice generale è infatti stato elaborato un codice dettagliato.

4. Meccanismi distributivi. E’ fondamentale che il codice di comportamento venga distribuito con modalità che ne sottolineino il valore per l’impresa. Ad esempio, in occasione della presentazione, il codice potrebbe essere distribuito brevi manu da ogni superiore ai propri subordinati, seguendo un processo a cascata che dai vertici raggiunge i livelli più bassi13. Migliori risultati sarebbero ottenibili se tale consegna fosse preceduta da un meeting organizzato ad hoc e ampiamente pubblicizzato. Alternative meno efficaci -a causa della mancanza di un contatto interpersonale diretto- prevedono l’inclusione del codice nel manuale del dipendente contenente le procedure e le politiche aziendali, la sua affissione nelle aree di

12Verosimilmente una tematica già ampiamente coperta da una dettagliata legislazione sarà, con tutta probabilità, trattata con enunciati “generali” nel codice di comportamento; viceversa l’argomento sarà approfondito dalla normativa privata laddove la regolamentazione pubblica si dimostra carente. 13Per i neoassunti la consegna dovrebbe avvenire al momento stesso dell’assunzione.

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lavoro o la spedizione con una lettera di accompagnamento firmata dal Presidente.

La GE traduce il proprio codice di comportamento nelle lingue di tutti i paesi in cui opera e impone che esso venga consegnato personalmente (mai spedito) a tutti i dipendenti. Ad ognuno viene inoltre richiesto di firmare un apposito modulo in cui si afferma di conoscere e di impegnarsi a rispettare i principi esposti nel codice.

A queste prime azioni dovrebbero comunque seguire una serie di incontri (tramite ad esempio corsi di formazione specifici) volti a mantenere viva l’attenzione sul codice e ad approfondire o a chiarire problematiche particolarmente complesse o rilevanti. Perché il codice di comportamento possa svolgere la sua funzione anche nei confronti degli interlocutori esterni all’impresa, è utile che anche essi vengano messi al corrente dei suoi contenuti. Un’impresa dichiaratamente ostile a qualsiasi tipo di collusione sarà infatti difficilmente provocata. Purtroppo le aziende che divulgano il proprio codice anche all’esterno costituiscono la minoranza.

L’IBM impone ai propri agenti non dipendenti, di sottoscrivere una dichiarazione di piena adesione ai principi affermati dal codice di comportamento. La violazione di una norma del contratto può costituire buona causa per la rescissione del contratto.

La comunicazione del codice di comportamento agli interlocutori esterni è inoltre di estrema importanza perchè è in grado di innescare un circolo virtuoso che rafforza i valori alla base del codice stesso. Se, infatti, il codice è l’espressione della effettiva correttezza dei comportamenti (se cioè ai contenuti del codice seguono fatti concreti), la sua comunicazione all’esterno diventa un potente mezzo pubblicitario e la buona reputazione così conquistata dall’azienda sarà anche, per ogni dipendente, un incentivo al miglioramento. Si tenga però presente che tale operazione può ritorcersi contro l’impresa qualora i contenuti del codice non riflettano un serio impegno e non trovino riscontro nei compiti reali.

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5. Procedure organizzative di prevenzione. Contemporaneamente all’introduzione del codice è indispensabile predisporre procedure organizzative che limitino il rischio di violazioni delle norme. In quest’ottica di prevenzione, alcune aziende predispongono una mappatura che distingue le aree soggette a rischi “d’impresa” (entrare in un nuovo mercato, lanciare un nuovo prodotto, impiegare una nuova tecnologia produttiva ecc.) da quelle soggette a rischi connessi alla violazione di leggi vigenti. Mentre i rischi d’impresa devono essere gestiti al meglio, i rischi appartenenti alla seconda categoria devono essere azzerati.

Alla IBM ogni manager compila il rapporto di self-assessment in cui deve evidenziare i rischi relativi alla propria area di competenza. In base alle indicazioni da lui fornite, vengono predisposte adeguate misure di prevenzione. Nell’eventualità che si verifichi un illecito il cui rischio non era stato denunciato, il manager responsabile di tale omissione viene punito con l’assegnazione ad incarichi di minor prestigio in caso di colpa, con sanzioni più pesanti in caso di dolo.

Nelle aree maggiormente soggette al pericolo della violazione della normativa è importante intensificare gli sforzi, per esempio raddoppiando l’accuratezza delle procedure di controllo, rafforzando i meccanismi di prevenzione ed eventualmente predisponendo un sistema sanzionatorio più severo. Tali misure si rendono necessarie anche a rischio di lunghi tempi d’azione dovuti all’appesantimento burocratico che questi provvedimenti spesso implicano.

Per ridurre il rischio di essere esposta a pericoli di atti illeciti, la GE ha messo in atto diverse misure di prevenzione. Per citare alcuni esempi: nel 1994 ha dimezzato -e nel 1995 totalmente soppresso- la somma destinata ai regali natalizi; ha disposto che i pagamenti vengano effettuati solo presso banche del paese in cui opera la società creditrice per ridurre il rischio di prestarsi alla creazione di fondi neri.

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6. Strutture apposite. I codici di comportamento, oltre ad integrarsi con i meccanismi ed essi preesistenti, devono essere collegati a strutture apposite che prevedano compiti e responsabilità di gestione con particolare riferimento a: 6a- procedure di aggiornamento; 6b- counselling; 6c- procedure ispettive e di segnalazione delle violazioni; 6d- meccanismi sanzionatori. 6a. Procedure di aggiornamento. Affinché il codice di comportamento possa costituire uno strumento operativo, è fondamentale che le norme in esso contenute siano coerenti con la realtà cui si riferiscono. Può accadere, per esempio, che i codici facciano riferimento a politiche aziendali o normative pubbliche frequentemente soggette a cambiamenti; può anche verificarsi che una determinata sezione del codice di comportamento, dopo un breve periodo di prova, debba essere ripensata. E’ dunque necessario un continuo processo di aggiornamento/verifica dei contenuti del codice, meglio se effettuato tramite una comunicazione interattiva tra la persona, o l’unità organizzativa, a ciò deputata e i dipendenti dell’impresa14. La partecipazione di tutti i dipendenti in questo processo è importante per l’efficacia del codice sia perché nessuno meglio di loro è in grado di testare la validità dei suoi enunciati sia perché tale collaborazione aumenta il senso di appartenenza all’impresa.

Alla IBM le procedure di aggiornamento vengono innescate proprio grazie alle segnalazioni dei singoli manager che, compilando il proprio rapporto di self-assessment, denunciano le lacune del codice di comportamento, della struttura o dei meccanismi ad esso collegati.

La maggior parte delle aziende non contempla nella propria struttura organizzativa una persona, un organo o una funzione con il compito esclusivo di verificare l’attualità e la coerenza delle norme del codice di comportamento. Le procedure di aggiornamento sono infatti più spesso affidate all’ufficio legale o all’ufficio del

14In alcune imprese i dirigenti sono chiamati a dichiarare formalmente (con una sottoscrizione annuale) di aver preso visione dei contenuti del codice di comportamento -che ci si impegna a rispettare- e di segnalare eventuali errori od omissioni dello stesso.

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personale che svolgono tali mansioni insieme a quelle tradizionalmente a loro spettanti. Questa soluzione è preferita rispetto all’affidamento dell’incarico a consulenti esterni. In generale, a fronte di una diminuzione dei costi per la prima alternativa, vi è però da rilevare l’aumento delle probabilità che “nei casi di conflitto tra considerazioni di profitto e questioni di correttezza morale venga data preminenza alle prime a discapito delle seconde”15.

Alla 3M il compito di effettuare gli aggiornamenti necessari è affidato all’Ufficio legale e al Business Conduct Committee, un organo di nomina del Comitato Esecutivo composto da top manager.

6b. Counselling. Il meccanismo di counselling ha lo scopo di limitare il verificarsi di infrazioni causate da dubbi e incertezze dei dipendenti sul corretto comportamento da tenere. Per evitare questa eventualità, le imprese si affidano spesso a meccanismi informali in cui ogni dipendente può chiedere al proprio superiore ragguagli e chiarimenti. Quest’ultima soluzione presenta però alcuni limiti: in primo luogo il dipendente potrebbe infatti essere intimidito a rivelare propri dubbi al superiore responsabile della sua valutazione e della sua futura carriera; in secondo luogo la pressione dei superiori costituisce proprio una delle cause principali delle azioni illecite dei dipendenti. Per ovviare a tali inconvenienti, in molte aziende si preferisce affiancare a questi meccanismi il ricorso alle cosiddette helpline, a consulenti esterni, a personale di altre funzioni non direttamente coinvolto nella gestione operativa o alla figura dell’ombudsman. Quest’ultimo è una persona di comprovato rigore morale, non necessariamente dipendente dell’impresa, avente, tra gli altri, il compito di raccogliere le “confessioni” dei dipendenti che si rivolgono a lui. Egli è, per così dire, il depositario delle direttive etiche dell’impresa e ha l’obbligo di mantenere l’assoluto riserbo sulle confidenze fattegli dai dipendenti. E’ bene precisare che il coinvolgimento di consulenti esterni, generalmente affiancati da personale dell’impresa, incontra in queste situazioni un ostacolo nella reticenza dei dipendenti a rivelare ad “estranei” aspetti confidenziali di azioni intraprese per conto dell’azienda.

15Molander E. A., 1987, A paradigm for design, promulgation and enforcement of ethical codes, in Journal of Business Ethics n.6; trad. Un paradigma per la progettazione, la promulgazione e imposizione dei codici etici, in Problemi di Gestione, FORMEZ.

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Si legge nel codice di comportamento della GE: “Se dopo aver consultato una norma avete ancora bisogno di chiarimenti su un problema, non esitate a riferire al vostro superiore. O, se preferite, prendete contatti con il responsabile locale per l’adempimento delle norme GE o un auditor, un legale della società, un direttore di livello più elevato o la Helpline del vostro business. Potete anche mettervi in contatto con la Helpline della GE Corporate”.

6c. Procedure ispettive e di segnalazione delle violazioni. Per attribuire al codice di comportamento un potere deterrente, è necessario prevedere un efficace sistema ispettivo collegato ad un appropriato sistema sanzionatorio. Il sistema ispettivo generalmente si avvale dell’opera di professionisti quali gli auditor e i responsabili della security. Tali funzioni dovrebbero essere collocate in staff al vertice aziendale in modo da garantire loro la massima velocità di reazione e l’autonomia decisionale indispensabile al loro operato. Ad auditor e security manager viene demandato il compito di effettuare azioni mirate quando vi siano segnali visibili di irregolarità; è il caso, per esempio, di una fuga di notizie o di un ammanco di magazzino. In questa ipotesi la procedura ispettiva segue la manifestazione dell’atto illecito. In altri casi, l’azienda affida a queste persone il compito di svolgere indagini in aree particolarmente a rischio anche se non vi sono ancora state evidenti prove di infrazioni.

Gli auditor IBM effettuano controlli, quasi sempre con cadenza annuale, su tutte le funzioni/divisioni aziendali. I controlli sono estremamente minuziosi e investono tutte le attività della funzione/divisione oggetto di analisi. Alla fine dell’ispezione viene redatto un rapporto riassuntivo cui viene dato ampio risalto all’interno dell’azienda.

Per scoprire le irregolarità, le imprese fanno affidamento, oltre che sui professionisti cui abbiamo accennato, anche sulle segnalazioni dei singoli dipendenti. Nonostante la centralità assunta da queste segnalazioni nei processi ispettivi, la maggioranza dei codici di comportamento non prevede per le persone che le

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effettuano16 una specifica procedura di protezione dalle eventuali reazioni negative degli accusati.

E’ indice di questo disagio l’episodio che vide coinvolta, qualche mese fa, una controllata italiana del gruppo GE. In questa azienda i dipendenti opposero dura resistenza ad un codice di comportamento che contemplava tra i loro doveri la denuncia di qualsiasi comportamento scorretto di cui fossero venuti a conoscenza nell’esplicazione delle mansioni loro assegnate.

Se è importante fornire protezione ai segnalatori delle violazioni, è anche necessario prestare la dovuta cautela alle loro affermazioni; i whistleblower potrebbero infatti riportare accadimenti falsi con lo scopo esclusivo di vendicarsi e arrecare pregiudizio a qualche collega per motivi personali. Uno dei compiti dell’ombudsman, cui abbiamo accennato anche nel punto precedente, è proprio quello di svolgere indagini accurate a seguito di ogni segnalazione, prima di divulgare notizie compromettenti per la carriera di un individuo. 6d. Meccanismi sanzionatori. Ogni codice di comportamento dovrebbe prevedere, accanto alla singola norma, la sanzione spettante per la sua violazione. Senza tale abbinamento gli enunciati del codice si ridurrebbero a sterili raccomandazioni prive di un seguito operativo. L’entità delle sanzioni varia da azienda ad azienda e può essere stabilita nel codice di comportamento (che accanto alla norma specifica il provvedimento punitivo di cui si è passibili in caso di violazione) o decisa volta per volta. In assenza di precise disposizioni scritte, la sanzione è generalmente fissata dal diretto superiore del colpevole; per casi di grave entità potrà essere richiesto un parere anche in sede di Consiglio di Amministrazione. E’ possibile classificare le sanzioni in tre categorie: sanzioni interne (semplici richiami), sanzioni inerenti il contratto di lavoro (sospensioni dal lavoro, spostamento ad incarichi di minor prestigio, licenziamento) e sanzioni penali (in seguito a fatti di gravità eccezionale, può accadere che l’impresa sporga denuncia contro il colpevole). Quest’ultima alternativa è tuttavia raramente adottata per l’elevato costo, per l’estrema lunghezza dei tempi e per la pubblicità negativa che spesso ricade anche sull’impresa. 16I segnalatori delle violazioni sono definiti dalla terminologia anglosassone whistleblower.

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E’ invece politica della GE denunciare alle autorità giudiziarie atti illegali compiuti dai propri dipendenti per dissociare la responsabilità aziendale da quella individuale.

E’ importante che il peso delle sanzioni comminate sia attentamente calibrato, perché, se da una parte una severa punizione costituisce un potente deterrente contro il ripetersi di comportamenti fraudolenti, dall’altra può anche arrecare nocumento alla stessa azienda. Il dipendente, timoroso di incorrere in una penalizzazione eccessiva, potrebbe infatti essere indotto a tenere nascosto il proprio comportamento illecito con il risultato di aggravare il danno complessivo per l’impresa. 7. Condizioni esterne all’impresa. Infine, è bene accennare a due altre importanti condizioni che, pur non appartenendo alle leve gestibili direttamente delle aziende, potrebbero aumentare sensibilmente l’efficacia dei codici di comportamento: una maggiore attenzione al problema dell’etica in impresa da parte del legislatore italiano e una sorta di codice di regolamentazione esteso all’intera comunità degli affari. 7a. Maggiore attenzione da parte del legislatore. Negli Stati Uniti, dove i codici etici sono ormai diffusi nella quasi totalità delle aziende, un incentivo all’introduzione di questo strumento o al suo miglioramento è stato attivato dal legislatore che ha spesso sottolineato l’importanza di comportamenti eticamente corretti da parte delle imprese. Due sono i provvedimenti legislativi che, con più forza, hanno spinto le aziende a considerare l’etica come parte integrante del business: il Foreign Corrupt Practices Act (1977) e le U.S. Sentencing Commission’s Guidelines (1991). Il Foreign Corrupt Practices Act vieta sia alle persone fisiche che alle persone giuridiche soggette alla regolamentazione statunitense (o che negli Stati Uniti abbiano il centro dei propri affari) di usare qualsiasi mezzo (somme di denaro, promesse di pagamento, doni ecc.) allo scopo di influenzare le decisioni o gli atti di pubblici ufficiali o partiti politici esteri. Le aziende o dipendenti che non

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sottostanno a tali direttive possono incorrere in pesanti sanzioni amministrative e penali17. Il secondo provvedimento legislativo -le U.S. Sentencing Commission’s Guidelines- ha invece una funzione prevalentemente premiante nei confronti di quelle imprese che si siano adoperate per salvaguardare la correttezza dei comportamenti dei propri dipendenti. Le U.S. Sentencing Commission’s Guidelines hanno infatti fissato un meccanismo di calcolo della pena applicabile per ogni illecito che tiene conto, oltre che della natura dell’illecito anche del programma di prevenzione adottato dalla società18, dell’eventuale denuncia dell’illecito effettuata dall’impresa e della collaborazione offerta alle autorità. Se l’azienda è in grado di dimostrare di aver denunciato l’illecito, di aver collaborato e di essersi attenuta ad un piano di prevenzione ben strutturato (e il codice di comportamento è uno degli elementi comprovanti tale impegno), il “moltiplicatore” della pena base può essere ridotto al minimo19. 7b. Regolamentazione estesa all’intera comunità degli affari. In mercati caratterizzati da scarsa trasparenza, il codice di comportamento può costituire un’arma a doppio taglio per le imprese che si attengono alle direttive in esso esposte. Se da una parte l’impresa onesta può vantarsi di non avere dirigenti con pendenze penali, di aver sempre adottato comportamenti corretti con la concorrenza, con i clienti e con i fornitori, dall’altra non sempre può risultare immediatamente chiaro

17L’inosservanza del divieto è sanzionata con multe fino a 2 milioni di dollari per le imprese e multe fino a 100.000 dollari o la reclusione fino a 5 anni per le persone fisiche. 18”Le Guidelines prevedono sette caratteristiche (seven hallmarks) che devono figurare in un efficace programma affinchè la società possa dimostrare di aver esercitato la dovuta diligenza nel cercare di prevenire e scoprire attività criminose poste in essere dai propri dipendenti e altri agenti: ad esempio, adozione di norme standard e procedure idonee a ridurre il rischio di condotte criminose, affidamento a posizioni di alto livello dell’incarico di sorvegliare l’adempimento delle regole fissate, attribuzione di poteri discrezionali a persone non propense a farsi coinvolgere in attività illegali, adeguata informativa a tutto il personale e agli altri agenti delle misure adottate, applicazione di appropriate sanzioni disciplinari in caso di violazioni, infine capacità della società, dopo la scoperta di violazioni, di reagire in modo adeguato alle stesse e di prevenire il verificarsi di altre”. Riolo F., 1995, Etica degli affari e codici etici aziendali, EDIBANK. 19Ad esempio, da una pena base di 2 milioni di dollari si può arrivare fino ad un massimo di 100.000 dollari a causa del moltiplicatore previsto per le imprese che non denunciano il reato, non collaborano con le autorità e non sono in possesso di nessun “programma etico”.

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a tutti il comportamento illecito di altre aziende. Molto probabilmente queste ultime potranno giovarsi, a parità di qualità, di strutture di costo inferiori rispetto a quelle delle imprese etiche, beneficiando dunque di un vantaggio competitivo ottenuto con mezzi scorretti grazie, ad esempio, all’inosservanza di costose procedure per la salute dei dipendenti o per la salvaguardia ambientale. “Un codice di comportamento può essere di utilità per tutte le imprese se tutte le imprese lo rispettano, e tuttavia sarà vantaggioso per qualunque impresa imbrogliare; infatti, più le altre imprese vi tengono fede, più ciò si verifica”.20 Se scoperto, il comportamento delle aziende scorrette potrebbe inoltre gettare il discredito sull’intero settore industriale, penalizzando così anche le imprese oneste. Per porre un rimedio è possibile ipotizzare un codice di comportamento settoriale. Negli Stati Uniti iniziative di questo genere sono però state fortemente osteggiate dalle autorità antitrust ed è verosimile che tale reazione potrebbe ripetersi anche nel nostro Paese21. Se l’autoregolamentazione limitata ad un singolo settore industriale può essere ostacolata per i motivi sovraesposti, essa potrebbe invece sortire un effetto positivo se applicata all’intero mondo degli affari e gestita da un’istituzione super partes riconosciuta da tutta la comunità economica con il compito di stabilire norme di comportamento generali, individuare le violazioni e impartire le sanzioni ai colpevoli. Il corretto funzionamento di questo meccanismo collocherebbe le imprese che si attenessero alle norme stabilite da un ipotetico codice, esteso a tutta la comunità degli affari, in una posizione di vantaggio nei confronti di quelle che le ignorassero22. In questo caso non sussisterebbe inoltre alcuna violazione della normativa antitrust data l’eterogeneità dei membri di questa istituzione e dei settori industriali cui tali direttive sarebbero rivolte. 20Arrow K., 1973, Social responsibility and economic efficiency, in Public Policy n.21. 21Le autorità statunitensi hanno spesso ostacolato gli accordi tra le imprese di uno stesso settore anche se tale accordo era finalizzato ad un servizio migliore per il cliente. Ad esempio, le più importanti compagnie petrolifere hanno incontrato serie difficoltà per istituire un sistema d’informazione, comune a tutte loro, per valutare la qualità delle petroliere nel tentativo di ridurre l’incidenza delle fuoriuscite accidentali di petrolio da navi obsolete. Le compagnie aeree statunitensi hanno invece dovuto presentare una petizione al Ministero dell’aereonautica civile per ottenere il permesso di accordarsi per coordinare i propri orari ed evitare il sovraffolamento degli aereoporti nelle ore di punta. 22Il Comitato Cadbury in Inghilterra ha cercato di creare una specie di “marchio di qualità” valido per le imprese -appartenenti a diversi settori- che rispettino determinate condizioni in materia di corporate governance, fissate dal Comitato stesso a garanzia dell’eticità dei comportamenti.

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Il codice ENI

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L’Eni1 è un gruppo industriale a vocazione internazionale che, per le suedimensioni e l’importanza delle sue attività, svolge un ruolo rilevanterispetto al mercato, allo sviluppo economico e al benessere delle comunitàin cui è presente.

L’Eni opera in una molteplicità di contesti istituzionali, economici, politi-ci, sociali e culturali in continua e rapida evoluzione. Tutte le attivitàdell’Eni devono essere svolte, nell’osservanza della legge, in un quadro dic o n c o rrenza leale con onestà, integrità, correttezza e buona fede, nelrispetto degli interessi legittimi dei clienti, dipendenti, azionisti, partnercommerciali e finanziari e delle collettività in cui l’Eni è presente con lep roprie attività. Tutti coloro che lavorano nell’Eni, senza distinzioni oeccezioni, sono impegnati ad osservare e a fare osservare tali principi nel-l’ambito delle proprie funzioni e responsabilità. In nessun modo la con-vinzione di agire a vantaggio dell’Eni può giustificare l’adozione di com-portamenti in contrasto con questi principi.

Per la complessità delle situazioni in cui l’Eni si trova ad operare, èimportante definire con chiarezza l’insieme dei valori che l’Eni riconosce,accetta e condivide e l’insieme delle responsabilità che l’Eni assume versol’interno e verso l’esterno. Per questa ragione è stato predisposto il Codicedi Comportamento (“Codice”), la cui osservanza da parte dei dipendentidell’Eni è di importanza fondamentale per il buon funzionamento, l’affi-dabilità e la reputazione dell’Eni, fattori che costituiscono un patrimoniodecisivo per il successo dell’impresa.

I dipendenti dell’Eni, oltre che adempiere ai doveri generali di lealtà, dic o rrettezza, di esecuzione del contratto di lavoro secondo buona fede,devono astenersi dallo svolgere attività in concorrenza con quelledell’Eni, rispettare le regole aziendali e attenersi ai precetti del Codice, lacui osservanza è richiesta anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art .2104 del codice civile2.

1 Nel Codice per “Eni” o “Gruppo” si intendono l’Eni SpA e le società controllate ai sensi dell’art. 2359 del codicecivile nonché le altre imprese controllate ai sensi dell’art. 26 del D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127.2 “Art. 2104: Diligenza del prestatore di lavoro. - Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natu-ra della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale. Deve inol-tre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collabo-ratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.”

P R E M E S S A

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Ciascun dipendente è tenuto a conoscere il Codice, a contribuire attiva-mente alla sua attuazione e a segnalarne eventuali carenze. L’Eni si impe-gna a facilitare e pro m u o v e re la conoscenza del Codice da parte deidipendenti e il loro contributo costruttivo sui suoi contenuti. Ogni com-portamento contrario alla lettera e allo spirito del Codice sarà sanzionatoin conformità con quanto previsto dal Codice medesimo.

L’Eni vigilerà con attenzione sull’osservanza del Codice, pre d i s p o n e n d oadeguati strumenti di informazione, prevenzione e controllo e assicuran-do la trasparenza delle operazioni e dei comportamenti posti in essere ,intervenendo, se del caso, con azioni correttive.

Il Codice è portato a conoscenza di tutti coloro con i quali l’Eni intrattie-ne relazioni d’affari.

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D E S T I N A T A R I E A M B I T I D I A P P L I C A Z I O N E D E L C O D I C E

L’integrità morale è un dovere costante di tutti coloro che lavorano perl’Eni e caratterizza i comportamenti di tutta la sua organizzazione.Le norme del Codice si applicano senza eccezione ai dipendenti dell’Eni ea tutti coloro che operano per il conseguimento degli obiettivi dell’Eni.Il management dell’Eni è tenuto a osserv a re i contenuti del Codice nelproporre e realizzare i progetti, le azioni e gli investimenti utili ad accre-scere nel lungo periodo i valori patrimoniali, gestionali e tecnologici del-l’impresa, il rendimento per gli azionisti, il benessere di lungo termine peri dipendenti e per la collettività.I componenti dei consigli di amministrazione nel fissare gli obiettivi diimpresa si ispirano ai principi del Codice.Compete in primo luogo ai dirigenti dare concretezza ai valori e ai principicontenuti nel Codice, facendosi carico delle responsabilità verso l’interno everso l’esterno e raff o rzando la fiducia, la coesione e lo spirito di gru p p o .I dipendenti dell’Eni, nel già dovuto rispetto della legge e delle normativevigenti, adegueranno le proprie azioni e i propri comportamenti ai princi-pi, agli obiettivi e agli impegni previsti dal Codice.Tutte le azioni, le operazioni e le negoziazioni compiute e, in genere, ic o m p o rtamenti posti in essere dai dipendenti dell’Eni nello svolgimen-to dell’attività lavorativa sono ispirati alla massima correttezza dalpunto di vista della gestione, alla completezza e trasparenza dellei n f o rmazioni, alla legittimità sotto l’aspetto formale e sostanziale e allac h i a rezza e verità nei riscontri contabili secondo le norme vigenti e lep ro c e d u re intern e .L’Eni, attraverso i suoi dipendenti, coopera attivamente e pienamente conle Autorità. Tutte le attività in azienda devono essere svolte con impegno e rigorep rofessionale. Ciascun dipendente deve forn i re apporti pro f e s s i o n a l iadeguati alle responsabilità assegnate e deve agire in modo da tutelareil prestigio dell’Eni.I rapporti tra i dipendenti, a tutti i livelli, devono essere improntati a criterie comportamenti di correttezza, collaborazione, lealtà e re c i p roco rispetto.Per la piena osservanza del Codice ciascun dipendente potrà rivolgersi,oltre che ai propri superiori, direttamente alle specifiche funzioni internea ciò deputate.

1.1

1 .

P R I N C I P I G E N E R A L I

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I M P E G N I D E L L ’ E n i

L’Eni assicurerà, anche attraverso la designazione di specifiche funzioniinterne (“Garante” e “Comitato per il codice di comportamento”):

la massima diffusione del Codice presso i dipendenti e presso i partner;l’approfondimento e l’aggiornamento del Codice al fine di adeguarlo al-l’evoluzione della sensibilità civile e delle normative di rilevanza per ilCodice stesso;la messa a disposizione di ogni possibile strumento conoscitivo e dichiarimento circa l’interpretazione e l’attuazione delle norme conte-nute nel Codice;lo svolgimento di verifiche in ordine ad ogni notizia di violazione dellenorme del Codice o di riferimento;la valutazione dei fatti e la conseguente attuazione, in caso di accertataviolazione, di adeguate misure sanzionatorie;che nessuno possa subire ritorsioni di qualunque genere per aver fornitonotizie di possibili violazioni del Codice o delle norme di riferimento.

O B B L I G H I P E R T U T T I I D I P E N D E N T I

Ad ogni dipendente viene chiesta la conoscenza delle norme contenutenel Codice e delle norme di riferimento che regolano l’attività svoltanell’ambito della sua funzione.I dipendenti dell’Eni hanno l’obbligo di:

astenersi da comportamenti contrari a tali norme;rivolgersi ai propri superiori, o al Garante, in caso di necessità di chiari-menti sulle modalità di applicazione delle stesse;riferire tempestivamente ai superiori, o al Garante:- qualsiasi notizia, di diretta rilevazione o riportata da altri, in merito a

possibili loro violazioni;- qualsiasi richiesta gli sia stata rivolta di violarle;collaborare con le strutture deputate a verificare le possibili violazioni.

Se dopo la segnalazione della notizia di una possibile violazione ildipendente ritenesse che la questione non sia stata adeguatamentea ff rontata o di aver subito ritorsioni, potrà rivolgersi al Comitato per ilcodice di comport a m e n t o .

1.3

1.2

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Il dipendente non potrà condurre indagini personali o riport a re le noti-zie ad altri se non ai propri superiori, al Garante o al Comitato per ilcodice di comport a m e n t o .

U L T E R I O R I O B B L I G H I P E R I R E S P O N S A B I L I D E L L E U N I T À EF U N Z I O N I A Z I E N D A L I

Ogni Responsabile di Unità/Funzione aziendale ha l’obbligo di:r a p p re s e n t a re con il proprio comportamento un esempio per i pro p r id i p e n d e n t i ;indirizzare i dipendenti all’osservanza del Codice e sollecitare gli stessi asollevare problemi e questioni in merito alle norme;o p e r a re affinché i dipendenti comprendano che il rispetto delle norm edel Codice costituisce parte essenziale della qualità della pre s t a z i o n edi lavoro ;s e l e z i o n a re accuratamente, per quanto di propria competenza, dipen-denti e collaboratori esterni per impedire che vengano affidati incari-chi a persone che non diano pieno affidamento sul proprio impegno ao s s e rv a re le norme del Codice;riferire tempestivamente al proprio superiore, o al Garante, su proprierilevazioni nonché su notizie fornite da dipendenti circa possibili casi diviolazione delle norme;adottare misure correttive immediate quando richiesto dalla situazione;impedire qualunque tipo di ritorsione.

V A L E N Z A D E L C O D I C E N E I C O N F R O N T I D I T E R Z I

Nei confronti di terzi, tutti i dipendenti dell’Eni, in ragione delle lorocompetenze, cureranno di:

i n f o rmarli adeguatamente circa gli impegni ed obblighi imposti dalC o d i c e ;e s i g e re il rispetto degli obblighi che riguardano direttamente la loroa t t i v i t à ;a d o t t a re le opportune iniziative interne e, se di propria competenza, esterne in caso di mancato adempimento da parte di terzi dell’obbligodi conformarsi alle norme del Codice.

1.5

1.4

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S T R U T T U R E D I R I F E R I M E N T O , A T T U A Z I O N E E C O N T R O L L O( G A R A N T I )

L’Eni SpA ha istituito la funzione di “Garante del codice di comport a-mento” con il compito di:

comunicare le modalità operative della propria funzione (linee telefoni-che, fax, posta elettronica, etc.);f i s s a re criteri e pro c e d u re intesi a ridurre il rischio di violazione delC o d i c e ;promuovere l’emanazione di linee guida e di procedure operative parte-cipando con le unità competenti alla loro definizione;predisporre programmi di comunicazione e di formazione dei dipenden-ti finalizzati alla migliore conoscenza degli obiettivi del Codice;promuovere e verificare la conoscenza del Codice all’interno e all’ester-no dell’Eni e la sua attuazione;esaminare le notizie di possibili violazioni del Codice, promuovendo leverifiche più opportune;c o m u n i c a re alla Direzione Risorse Umane e Organizzazione i risultatidelle verifiche rilevanti per l’adozione di eventuali provvedimenti san-zionatori;i n f o rm a re le stru t t u re competenti dei risultati delle verifiche rilevantiper l’assunzione delle misure opportune;p ro p o rre, d’intesa con il Comitato per il codice di comportamento, alPresidente, che ne riferisce al Consiglio di amministrazione, le iniziativeutili per la maggiore diffusione e l’aggiornamento del Codice;attivare e mantenere un adeguato flusso di reporting e di comunicazio-ne con le analoghe strutture delle società controllate;p re s e n t a re, sentito il Comitato per il codice di comportamento, al Pre-sidente, che ne riferisce al Consiglio di amministrazione, una re l a z i o n eannuale sull’attuazione del Codice nell’Eni SpA e nelle società con-t ro l l a t e .

Nello svolgimento dei suoi compiti, il Garante si avvale delle stru t t u recompetenti dell’Eni SpA.

1.6

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L’Eni SpA ha istituito il “Comitato per il codice di comportamento” con ilcompito di:

e s p r i m e re la propria valutazione sulle proposte del Garante in ord i n ealla diffusione e all’aggiornamento del Codice;e s a m i n a re la relazione annuale sull’attuazione del Codice pro p o n e n d oal Presidente, che ne riferisce al Consiglio di amministrazione, le inizia-tive ritenute opportune anche al fine di evitare il ripetersi delle violazio-ni accertate;intervenire su segnalazione del dipendente nei casi di notizie di possibiliviolazioni del Codice ritenute non debitamente affrontate o di ritorsionisubite dal dipendente a seguito della segnalazione di notizie.

Analoga struttura sarà realizzata dalle società del Gruppo.Il Garante dell’Eni SpA coordina l’attività dei Garanti delle società con-trollate. Copia della relazione annuale esaminata dai consigli di ammini-strazione delle società caposettore, riferita all’intero settore, e dellesocietà partecipate direttamente dall’Eni SpA non inquadrate in settori ètrasmessa al Garante dell’Eni SpA.

V A L O R E C O N T R A T T U A L E D E L C O D I C E

L’ o s s e rvanza delle norme del Codice deve considerarsi parte essenzialedelle obbligazioni contrattuali dei dipendenti dell’Eni ai sensi e per glie ffetti dell’art. 2104 del codice civile.La violazione delle norme del Codice potrà costituire inadempimento alleobbligazioni primarie del rapporto di lavoro o illecito disciplinare, con ogniconseguenza di legge, anche in ordine alla conservazione del rapporto dil a v o ro e potrà comport a re il risarcimento dei danni dalla stessa derivanti.

1.7

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L’Eni nei rapporti di affari si ispira ai principi di lealtà, corre t t e z z a ,t r a s p a renza, efficienza ed apertura al merc a t o .I dipendenti dell’Eni e i collaboratori esterni, le cui azioni possanoe s s e re in qualche modo riferibili all’Eni stesso, dovranno seguire com-p o rtamenti corretti negli affari di interesse dell’Eni e nei rapporti conla Pubblica Amministrazione, indipendentemente dalla competitivitàdel mercato e dalla importanza dell’aff a re trattato.Pratiche di corruzione, favori illegittimi, comportamenti collusivi, sol-lecitazioni, dirette e/o attraverso terzi, di vantaggi personali e di car-riera per sé o per altri, sono pro i b i t i .L’Eni riconosce e rispetta il diritto dei suoi dipendenti a partecipare adinvestimenti, affari o ad attività di altro genere al di fuori di quella svoltan e l l ’ i n t e resse dell’Eni stesso, purché si tratti di attività consentite dallalegge e compatibili con gli obblighi assunti in qualità di dipendenti.In ogni caso, i dipendenti dell’Eni devono evitare tutte le situazioni etutte le attività in cui si possa manifestare un conflitto con gli intere s s idell’azienda o che possano interf e r i re con la loro capacità di assumere ,in modo imparziale, decisioni nel migliore interesse dell’impresa e nelpieno rispetto delle norme del Codice. Ogni situazione che possa costi-t u i re o determ i n a re un conflitto di interesse deve essere tempestiva-mente comunicata al superiore. In part i c o l a re tutti i dipendentidell’Eni sono tenuti ad evitare conflitti di interesse tra le attività eco-nomiche personali e familiari e le mansioni che ricoprono all’intern odella struttura di appartenenza. A titolo esemplificativo, determ i n a n oconflitti di interesse le seguenti situazioni:

i n t e ressi economici e finanziari del dipendente e/o della sua famigliain attività di fornitori, clienti e concorre n t i ;utilizzo della propria posizione in azienda o delle informazioni acqui-site nel proprio lavoro in modo che si possa cre a re conflitto tra i pro-pri interessi personali e gli interessi aziendali;svolgimento di attività lavorative, di qualsiasi tipo, presso clienti,f o rnitori, concorre n t i ;accettazione di denaro, favori o utilità da persone o aziende che sonoo intendono entrare in rapporti di affari con l’Eni;

2 .

C O M P O R T A M E N T O N E G L IA F F A R I

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acquisto o vendita di azioni di società del Gruppo o esterne quandoin relazione alle funzioni svolte si è a conoscenza di informazioni ri-levanti non di pubblico dominio. In ogni caso la negoziazione di titolidi società del Gruppo dovrà essere sempre guidata da un senso di as-soluta e trasparente correttezza nei confronti, oltre che della Societàemittente e del Gruppo, degli investitori ed esser tale comunque danon ingenerare attese, allarmismi ed errori di valutazione da part edei terz i .

Non è consentito corr i s p o n d e re né off r i re, direttamente o indire t t a-mente, pagamenti e benefici materiali di qualsiasi entità a terzi, pub-blici ufficiali o privati, per influenzare o compensare un atto del lorou fficio. Atti di cortesia commerciale, come omaggi o forme di ospita-lità, sono consentiti quando siano di modico valore e comunque tali danon compro m e t t e re l’integrità o la reputazione di una delle parti e danon poter essere interpretati, da un osserv a t o re imparziale, come fina-lizzati ad acquisire vantaggi in modo improprio. In ogni caso questo ti-po di spese deve essere sempre autorizzato dalla posizione definita dal-le pro c e d u re e documentato in modo adeguato.Il dipendente che riceva omaggi o trattamenti di favore non dire t t a-mente ascrivibili a normali relazioni di cortesia dovrà inform a re ils u p e r i o re .Ai collaboratori esterni (compresi consulenti, rappresentanti, interm e-diari, agenti etc.) viene chiesto di attenersi ai principi contenuti nelCodice. A tale scopo ogni dipendente, in rapporto alle proprie funzio-ni, curerà di:

o s s e rv a re i principi e le pro c e d u re interne per la selezione e la gestio-ne del rapporto con collaboratori estern i ;selezionare solo persone e imprese qualificate e con buona reputazione;tener conto adeguatamente delle indicazioni di qualunque pro v e n i e n-za circa l’opportunità di utilizzare determinati collaboratori estern i ;riferire tempestivamente al proprio superiore, o al Garante, su dubbi inordine a possibili violazioni del Codice da parte di collaboratori esterni;i n c l u d e re nei contratti di collaborazione esterna, quando pre v i s t odalle pro c e d u re, l’obbligazione espressa di attenersi ai principi delC o d i c e .

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In ogni caso, il compenso da corr i s p o n d e re dovrà essere esclusivamentecommisurato alla prestazione indicata in contratto e i pagamenti nonpotranno essere effettuati a un soggetto diverso dalla contro p a rte con-trattuale né in un paese terzo diverso da quello delle parti o di esecu-zione del contratto.

R A P P O R T I C O N I C L I E N T I

L’Eni persegue il proprio successo di impresa sui mercati attraverso l’of-ferta di prodotti e servizi di qualità a condizioni competitive e nel rispettodi tutte le norme poste a tutela della leale concorrenza.L’Eni riconosce che l’apprezzamento di chi richiede prodotti o servizi è diprimaria importanza per il suo successo di impresa. È fatto obbligo aidipendenti dell’Eni di:

osservare le procedure interne per la gestione dei rapporti con i clienti;fornire, con efficienza e cortesia, nei limiti delle previsioni contrattuali,prodotti di alta qualità che soddisfino o superino le ragionevoli aspetta-tive e necessità del cliente;f o rn i re accurate ed esaurienti informazioni circa prodotti e servizi inmodo che il cliente possa assumere decisioni consapevoli;attenersi a verità nelle comunicazioni pubblicitarie o di altro genere.

R A P P O R T I C O N I F O R N I T O R I

Nei rapporti di appalto, di approvvigionamento e, in genere, di fornituradi beni e/o servizi è fatto obbligo ai dipendenti dell’Eni di:

osservare le procedure interne per la selezione e la gestione dei rapporticon i fornitori;non pre c l u d e re ad alcuna azienda fornitrice in possesso dei re q u i s i t irichiesti la possibilità di competere per aggiudicarsi una fornitura al-l’Eni, adottando nella selezione criteri di valutazione oggettivi, se-condo modalità dichiarate e traspare n t i ;ottenere la collaborazione dei fornitori nell’assicurare costantemente ilsoddisfacimento delle esigenze dei clienti dell’Eni in termini di qualità,costo e tempi di consegna in misura almeno pari alle loro aspettative;

2.2

2.1

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u t i l i z z a re nella misura maggiore possibile, nel rispetto delle leggi vigenti,p rodotti e servizi forniti da imprese del Gruppo a condizioni competitive;osservare le condizioni contrattualmente previste;m a n t e n e re un dialogo franco e aperto con i fornitori, in linea con lebuone consuetudini commerciali;p o rt a re a conoscenza della Direzione Coordinamento Industriale e Svi-luppo Aziendale dell’Eni SpA problemi rilevanti insorti con un forn i t o-re, in modo da poterne valutare le conseguenze a livello Eni.

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R E G I S T R A Z I O N I C O N T A B I L I

La trasparenza contabile si fonda sulla verità, accuratezza e completezzad e l l ’ i n f o rmazione di base per le relative registrazioni contabili. Ciascundipendente è tenuto a collaborare affinché i fatti di gestione siano rap-p resentati correttamente e tempestivamente nella contabilità.Per ogni operazione è conservata agli atti un’adeguata documentazionedi supporto dell’attività svolta, in modo da consentire :

l’agevole registrazione contabile;l’individuazione dei diversi livelli di re s p o n s a b i l i t à ;la ricostruzione accurata dell’operazione, anche per ridurre la pro b a b i-lità di errori interpre t a t i v i .

Ciascuna registrazione deve riflettere esattamente ciò che risulta dalla docu-mentazione di supporto. È compito di ogni dipendente far sì che la docu-mentazione sia facilmente rintracciabile e ordinata secondo criteri logici.I dipendenti dell’Eni che venissero a conoscenza di omissioni, falsifica-zioni, trascuratezze della contabilità o della documentazione su cui leregistrazioni contabili si fondano, sono tenuti a riferire i fatti al pro p r i os u p e r i o re o al Garante.

C O N T R O L L I I N T E R N I

È politica dell’Eni diff o n d e re a tutti i livelli una cultura caratterizzatadalla consapevolezza dell’esistenza dei controlli e dalla assunzione di unamentalità orientata all’esercizio del controllo. L’attitudine verso i controllideve essere positiva per il contributo che questi danno al miglioramentodell’efficienza.Per controlli interni si intendono tutti gli strumenti necessari o utili ai n d i r i z z a re, gestire e verificare le attività dell’impresa con l’obiettivo diassicurare il rispetto delle leggi e delle procedure aziendali, proteggere ibeni aziendali, gestire efficientemente le attività e fornire dati contabili efinanziari accurati e completi.La responsabilità di re a l i z z a re un sistema di controllo interno efficace ècomune a ogni livello della struttura organizzativa; conseguentementetutti i dipendenti dell’Eni, nell’ambito delle funzioni svolte, sonoresponsabili della definizione e del corretto funzionamento del sistemadi contro l l o .

3.2

3.1

3 .

T R A S P A R E N Z A D E L L AC O N T A B I L I T À E C O N T R O L L I

I N T E R N I

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Nell’ambito delle loro competenze, i dirigenti sono tenuti a essere parteci-pi del sistema di controllo aziendale e a farne partecipi i loro dipendenti.Ognuno deve sentirsi custode responsabile dei beni aziendali (materiali eimmateriali) che sono strumentali all’attività svolta. Nessun dipendentepuò fare uso improprio dei beni e delle risorse dell’Eni o permettere adaltri di farlo.L’ I n t e rnal Audit e le società di revisione incaricate hanno libero accesso aidati, alla documentazione e alle informazioni utili per lo svolgimento dell’at-tività di re v i s i o n e .

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R I S O R S E U M A N E

Le risorse umane sono elemento indispensabile per l’esistenza dell’impre-sa. La dedizione e la professionalità dei dipendenti sono valori e condizio-ni determinanti per conseguire gli obiettivi dell’Eni.L’Eni si impegna a sviluppare le capacità e le competenze di ciascundipendente affinché l’energia e la creatività dei singoli trovi piena espres-sione per la realizzazione del proprio potenziale.L’Eni off re a tutti i lavoratori le medesime opportunità di lavoro, facendoin modo che tutti possano godere di un trattamento equo basato su criteridi merito, senza discriminazione alcuna. Le funzioni competenti dovranno:

adottare criteri di merito, di competenza e comunque strettamente pro-fessionali per qualunque decisione relativa a un dipendente;p ro v v e d e re a selezionare, assumere, form a re, re t r i b u i re e gestire i di-pendenti senza discriminazione alcuna;c re a re un ambiente di lavoro nel quale caratteristiche personali nonpossano dare luogo a discriminazioni.

L’Eni interpreta il proprio ruolo imprenditoriale sia nella tutela dellecondizioni di lavoro sia nella protezione dell’integrità psico-fisica dell a v o r a t o re, nel rispetto della sua personalità morale, evitando che que-sta subisca illeciti condizionamenti o indebiti disagi. A questo eff e t t ov e rranno ritenuti rilevanti anche comportamenti extra lavorativi part i-c o l a rmente offensivi per la sensibilità civile, che rendano ragionevol-mente penosi i contatti interpersonali nell’ambiente di lavoro.L’Eni si attende che i dipendenti, ad ogni livello, collaborino a mantenerein azienda un clima di reciproco rispetto della dignità, dell’onore e dellareputazione di ciascuno. L’Eni interv e rrà per impedire atteggiamentiinterpersonali ingiuriosi o diffamatori.

4.1

4 .

P O L I T I C H E D E L P E R S O N A L E

351

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M O L E S T I E S U L L U O G O D I L A V O R O

L’Eni esige che nelle relazioni di lavoro interne ed esterne non venga datoluogo a molestie, intendendo come tali:

la creazione di un ambiente di lavoro intimidatorio, ostile o di isola-mento nei confronti di singoli o gruppi di lavoratori;la ingiustificata interf e renza con l’esecuzione di prestazioni lavorativealtrui;l’ostacolo a prospettive di lavoro individuali altrui per meri motivi dicompetitività personale.

L’Eni non ammette le molestie sessuali, intendendo come tali:la subordinazione di determinazioni di rilevanza per la vita lavorativadel destinatario all’accettazione di favori sessuali;le proposte di relazioni interpersonali private, condotte nonostante une s p resso o ragionevolmente evidente non gradimento, che abbiano lacapacità, in relazione alla specificità della situazione, di turbare la sere-nità del destinatario con obiettive implicazioni sulla sua espressione la-vorativa.

A B U S O D I S O S T A N Z E A L C O L I C H E O S T U P E F A C E N T I

L’Eni richiede che ciascun dipendente contribuisca personalmente a man-t e n e re l’ambiente di lavoro rispettoso della sensibilità degli altri. Saràpertanto considerata consapevole assunzione del rischio di pregiudizio ditali caratteristiche ambientali, nel corso dell’attività lavorativa e nei luo-ghi di lavoro:

p re s t a re servizio sotto gli effetti di abuso di sostanze alcoliche, di so-stanze stupefacenti o di sostanze di analogo effetto;c o n s u m a re o cedere a qualsiasi titolo sostanze stupefacenti nel corsodella prestazione lavorativa.

Gli stati di dipendenza cronica da sostanze di tale natura, quando di inci-denza sull’ambiente di lavoro, saranno – per i riflessi contrattuali – equi-parati ai casi precedenti.L’Eni si impegna a favorire le azioni sociali previste in materia dalla con-trattazione collettiva.

4.3

4.2

352

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F U M O

F e rmi restando i divieti generali di fumare nei luoghi di lavoro, ove ciògeneri pericolo e comunque negli ambienti di lavoro contraddistinti daapposite indicazioni, l’Eni nelle situazioni di convivenza lavorativa terr àin part i c o l a re considerazione la condizione di chi avverta disagio fisicoin presenza di fumo e chieda di esser pre s e rvato dal contatto con il“fumo passivo” sul proprio posto di lavoro .

4.4

353

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Nell’ambito delle proprie attività, l’Eni è impegnato a contribuire allosviluppo e al benessere delle comunità in cui opera perseguendo l’obietti-vo di garantire la sicurezza e la salute dei dipendenti, dei collaboratorie s t e rni, dei clienti e delle comunità interessate dalle attività stesse e diridurre l’impatto ambientale.L’Eni contribuisce attivamente nelle sedi appropriate alla pro m o z i o n edello sviluppo scientifico e tecnologico volto alla protezione ambientale ealla salvaguardia delle risorse.Le attività industriali dell’Eni debbono essere gestite nel pieno rispettodella normativa vigente in materia di prevenzione e protezione.La gestione operativa deve fare riferimento a criteri avanzati di salva-g u a rdia ambientale e di efficienza energetica perseguendo il migliora-mento delle condizioni di salute e di sicurezza sul lavoro.La ricerca e l’innovazione tecnologica devono essere dedicate in partico-l a re alla promozione di prodotti e processi sempre più compatibili conl’ambiente e caratterizzati da una sempre maggiore attenzione alla sicu-rezza e alla salute degli operatori.I dipendenti dell’Eni, nell’ambito delle proprie mansioni, partecipano alp rocesso di prevenzione dei rischi, di salvaguardia dell’ambiente e ditutela della salute e della sicurezza nei confronti di se stessi, dei colleghi edei terzi.

5 .

S A L U T E , S I C U R E Z Z A E A M B I E N T E

354

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Le attività dell’Eni richiedono costantemente l’acquisizione, la conser-vazione, il trattamento, la comunicazione e la diffusione di notizie,documenti ed altri dati attinenti a negoziazioni, procedimenti ammini-strativi, operazioni finanziarie, know how (contratti, atti, re l a z i o n i ,appunti, studi, disegni, fotografie, software), etc.Le banche-dati dell’Eni possono contenere, tra l’altro, dati personali pro-tetti dalla normativa a tutela della privacy, dati che per accordi negozialinon possono essere resi noti all’esterno e dati la cui divulgazione inoppor-tuna o intempestiva potrebbe produrre danni agli interessi aziendali.È obbligo di ogni dipendente assicurare la riservatezza richiesta dalle cir-costanze per ciascuna notizia appresa in ragione della propria funzionelavorativa.L’Eni si impegna a pro t e g g e re le informazioni relative ai propri dipen-denti e ai terzi, generate o acquisite all’interno e nelle relazioni d’affari, ead evitare ogni uso improprio di queste informazioni.Le informazioni, conoscenze e dati acquisiti o elaborati dai dipendentidurante il proprio lavoro o attraverso le proprie mansioni appartengonoall’Eni e non possono essere utilizzate, comunicate o divulgate senza spe-cifica autorizzazione del superiore.Fermo restando il divieto di divulgare notizie attinenti all’organizzazionee ai metodi di produzione dell’impresa o di farne uso in modo da poterrecare ad essa pregiudizio, ogni dipendente dell’Eni dovrà:

acquisire e trattare solo i dati necessari ed opportuni per le finalità dellasua Unità di appartenenza e in diretta connessione con le sue funzioni;acquisire e trattare i dati stessi solo all’interno di specifiche procedure;conservare i dati stessi in modo che venga impedito che altri non auto-rizzati ne prendano conoscenza;comunicare i dati stessi nell’ambito di procedure prefissate e/o su espli-cita autorizzazione delle posizioni superiori e comunque, in ogni caso,dopo essersi assicurato circa la divulgabilità nel caso specifico dei dati;assicurarsi che non sussistano vincoli assoluti o relativi alla divulgabi-lità delle informazioni riguardanti i terzi collegati all’Eni da un rappor-to di qualsiasi natura e, se del caso, ottenere il loro consenso;a s s o c i a re i dati stessi con modalità tali che qualsiasi soggetto autoriz-zato ad a v e rvi accesso possa agevolmente trarne un quadro il piùpossibile preciso, esauriente e veritiero .

6 .

R I S E R V A T E Z Z A

355

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R A P P O R T I C O N L E I S T I T U Z I O N I P U B B L I C H E

I rapporti con le Istituzioni Pubbliche volti al presidio degli interessi com-plessivi dell’Eni e collegati all’attuazione dei suoi programmi sono riser-vati esclusivamente alle funzioni e alle responsabilità a ciò delegate.Le funzioni delle società del Gruppo interessate si coordinano con l’unitàRapporti Istituzionali per l’Italia e l’Unione Europea dell’Eni SpA per lavalutazione preventiva della qualità degli interventi da porre in atto perla condivisione delle azioni, per la loro attuazione e per l’opport u n omonitoraggio.Omaggi e atti di cortesia e di ospitalità verso rappresentanti di governi,pubblici ufficiali e pubblici dipendenti sono consentiti quando siano dimodico valore e comunque tali da non compro m e t t e re l’integrità o lareputazione di una delle parti e da non poter essere interpretati, da uno s s e rv a t o re imparziale, come finalizzati ad acquisire vantaggi in modoimproprio. In ogni caso questo tipo di spese deve essere autorizzato dallepersone indicate nella procedura e documentate in modo adeguato.

R A P P O R T I C O N O R G A N I Z Z A Z I O N I P O L I T I C H E E S I N D A C A L I

L’Eni non eroga contributi, diretti od indiretti e sotto qualsiasi forma, ap a rtiti, movimenti, comitati e organizzazioni politiche e sindacali, al o ro rappresentanti e candidati, tranne quelli dovuti in base a norm a t i-ve specifiche.

R A P P O R T I C O N I M A S S M E D I A

L’informazione verso l’esterno deve essere veritiera e trasparente. L’Eni deve presentarsi in modo accurato e omogeneo nella comunicazionecon i mass media. I rapporti con i mass media sono riservati esclusiva-mente alle funzioni e alle responsabilità aziendali a ciò delegate e sonoc o n c o rdati preventivamente con l’unità Rapporti con gli Organi diInformazione dell’Eni SpA.I dipendenti dell’Eni non possono fornire informazioni a rappresentantidei mass media né impegnarsi a fornirle senza l’autorizzazione delle fun-zioni competenti.

7.3

7.2

7.1

7 .

R A P P O R T I C O N L ’ E S T E R N O

356

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In nessun modo o forma i dipendenti dell’Eni possono offrire pagamenti,regali, o altri vantaggi finalizzati ad influenzare l’attività professionale difunzioni dei mass media, o che possano ragionevolmente essere interpre-tati come tali.

I L L U S T R A Z I O N E D I O B I E T T I V I , A T T I V I T À , R I S U L T A T I EP U N T I D I V I S T A D E L L ’ E n i

I dipendenti dell’Eni chiamati ad illustrare o forn i re all’esterno notizier i g u a rdanti obiettivi, attività, risultati e punti di vista dell’Eni tramite,e s e m p l i f i c a t i v a m e n t e :

la partecipazione a convegni, congressi e seminari;la redazione di articoli, saggi e pubblicazioni in genere;la partecipazione a pubblici interventi;

sono tenuti ad ottenere l’autorizzazione del vertice della struttura orga-nizzativa di appartenenza circa i testi, le relazioni predisposte e le linee diazione che si intendono seguire e a concord a re i contenuti con l’unitàRapporti con gli Organi di Informazione dell’Eni SpA.

I N I Z I A T I V E “ N O N P R O F I T ”

L’Eni favorisce le attività “non profit” che testimoniano l’impegno del-l’impresa ad attivarsi liberalmente alla soddisfazione dei fabbisogni dellesocietà civili in cui opera.I dipendenti dell’Eni, nell’ambito delle rispettive funzioni, sono tenuti apartecipare alla definizione delle singole iniziative in coerenza con le poli-tiche e i programmi di intervento, ad attuarle con criteri di assoluta tra-sparenza e a sostenerle quale valore integrante degli obiettivi dell’Eni.

7.5

7.4

357

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Verso uno standardper la certificazione sociale: la SA8000

di Jean Marc Franceschetti e Sabrina Gramigna

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LA LETTERA DELL'ISVI n. 1/2002

ISTITUTOPER I VALORID’IMPRESA

VALORI D’IMPRESA

Istituto per i Valori d’Impresa (ISVI)Milano, via Bigli, 15/a.Tel.: 02.76015039 - 335.5358517; Fax: 02.76005494e-mail: [email protected] internet: www.isvi.org

BUREAU VERITAS GROUP

BVQI, il marchio che contraddistingue la società di certificazione indipendente del Gruppo Bureau Veritas, è nato a Londra nel 1988 ed è attivo in Italia dal 1989.

BVQI opera nell'ambito della certificazione dei Sistemi Qualità, dei Sistemi di Gestione Ambientale, della Sicurezza, della SA8000 (Social accountability), nella Formazione, oltre ad avere diverse notifiche nella Marcatura CE e nel Regolamento Emas.

Grazie ai suoi 50.000 certificati nel mondo e con i suoi 1300 valutatori in continuo training, è considerato a livello mondiale tra i più autorevoli enti di certificazione.

Con i suoi numerosi accreditamenti, 27 per le norme ISO 9000, 15 per la norma ISO 14001 (ambiente), 8 notifiche per la registrazione Emas, BVQI è in grado di offrire un servizio di certificazione indipendente in diversi settori merceologici e in tutti gli ambiti del terziario.

Accreditato da Sincert per la certificazione di Sistemi Qualità e ambientale con più di 3000 certificati, BVQI Italia è presente su tutto il territorio nazionale attraverso i propri uffici dislocati a Milano, Genova, Bologna, Padova, Roma, Napoli e Bari.

Verso uno standardper lacertificazione sociale:la SA 8000

di Jean Marc Franceschettie Sabrina Gramigna

MEMBRO DEL GRUPPO BUREAU VERITAS

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Verso uno standardper lacertificazione sociale:

1la SA 8000

di Jean Marc Franceschetti Direttore Generale BVQI Italia e valutatore SA 8000

e Sabrina Gramigna2libera professionista e valutatore SA 8000

1 Questa Lettera è la sintesi di un documento elaborato dagli stessi autori che può servire a quanti desiderassero accostarsi più operativamente alla certificazione SA 8000. E' possibile richiedere questo documento alla Segreteria ISVI.

2 Gli autori desiderano ringraziare Andrea Filippi e Tiziana Spreafico per la preziosa collaborazione ricevuta nella stesura di questo documento.

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6 7

In un mercato sempre più globale e competitivo, le aziende hanno necessità di dimostrare l'impegno assunto nei confronti dei clienti, degli azionisti e della collettività. Questi impegni riguardano i rischi legati alla qualità dei prodotti, all'impatto ambientale delle produzioni, alla sicurezza e alla responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori.

Se si analizza l'evoluzione dell'atteggiamento dei consumatori negli ultimi cinquant'anni, ci si accorge che la domanda è andata spostandosi da un approccio prettamente consumistico, tipico degli anni '60, a un orientamento verso prodotti di provata qualità negli anni '70; negli anni '90 la richiesta si è rivolta a prodotti compatibili con l'ambiente, mentre attualmente il mercato chiede alle aziende produttrici un comportamento socialmente responsa-bile in un'ottica di sviluppo sostenibile.

Parallelamente al crescere di questo tipo di sensibilità, negli Stati Uniti e in Europa sono sorti diversi organismi e iniziative aventi l'obiettivo di fornire un "marchio di garanzia" - la cosiddetta certificazione - che le aziende possono utilizzare per dimostrare alla collettività la loro correttezza. Alcuni esempi:! FLA (Fair Labor Association), organizzazione non governativa

che opera negli Stati Uniti per accreditare gli enti di certificazio-ne dell'industria dell'abbigliamento. Aderiscono ad essa Nike, Reebok, Philips van Heusen ecc.;! WRAP (Worldwide Responsable Apparel Production), pro-

gramma statunitense che definisce linee guida di responsabili-tà sociale per imprese manifatturiere;! ETI (Ethical Trading Initiative), una iniziativa gestita da aziende,

associazioni non governative e sindacati con lo scopo di

1. INTRODUZIONE

362

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Lavorando con le organizzazioni internazionali del lavoro e per i 4diritti umani, nel 1997 SAI ha definito lo standard SA 8000 per

fornire una norma valida per tutti i mercati e le nazioni che costitui-sca un incentivo per le imprese a comportarsi correttamente. Gli obiettivi specifici che lo standard intende perseguire attraverso le aziende certificate e le loro catene di fornitori poggiano sul presupposto che tutto il sistema sia focalizzato sul miglioramento continuo e sulla prevenzione piuttosto che sulla correzione. Tali obiettivi sono:! migliorare le condizioni generali di lavoro,! migliorare le condizioni retributive,! favorire la scolarità dei bambini,! rimuovere discriminazioni sul posto di lavoro,! promuovere la libertà di associazione all'interno del sistema,! aumentare la sicurezza dei lavoratori,! eliminare abusi fisici e altre forme di pressione sul posto di

lavoro.Dal 1998 SA 8000 si sta imponendo come standard internazio-

nalmente riconosciuto. Le sue norme si articolano in precisi requisiti e riguardano le seguenti aree:a. il lavoro infantile,b. il lavoro coatto,c. la salute e la sicurezza,d. la libertà di associazione e il diritto alla contrattazione collettiva,e. la discriminazione,f. le pratiche disciplinari,g. l'orario di lavoro,h. la remunerazione,i. il sistema gestionale.

Di seguito si presentano i contenuti fondamentali per ciascuna di queste aree.

2. LO STANDARD SA 8000

sviluppare metodologie di verifica della conformità sociale delle aziende. E' promossa dal Dipartimento Governativo di Sviluppo Internazionale inglese e vi aderiscono soprattutto aziende inglesi, quali Sainsbury's;! CCC (Clean Clothes Compaign), ente che ha sviluppato nel

1990 un codice di condotta nei Paesi Europei quali Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna, Svezia e Svizzera per il settore abbigliamento.

3Particolare rilevanza ha assunto l'iniziativa di SAI (Social Accountability International), ente che a livello mondiale definisce i requisiti - lo standard SA 8000 - atti a dimostrare la correttezza sociale delle aziende.

3 Inizialmente nato come CEPAA (Council on Economy Priority Accreditation Agency).

4Una volta definiti i requisiti della SA 8000, SAI attualmente si occupa di accreditare gli organismi di certificazione SA 8000 per assicurarne la competenza e l'adeguatezza, di valutare le lamentele mosse nei confronti di valutatori e organismi di certificazione, di promuovere la conoscenza dello standard SA 8000 nel mondo.

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Lavorando con le organizzazioni internazionali del lavoro e per i 4diritti umani, nel 1997 SAI ha definito lo standard SA 8000 per

fornire una norma valida per tutti i mercati e le nazioni che costitui-sca un incentivo per le imprese a comportarsi correttamente. Gli obiettivi specifici che lo standard intende perseguire attraverso le aziende certificate e le loro catene di fornitori poggiano sul presupposto che tutto il sistema sia focalizzato sul miglioramento continuo e sulla prevenzione piuttosto che sulla correzione. Tali obiettivi sono:! migliorare le condizioni generali di lavoro,! migliorare le condizioni retributive,! favorire la scolarità dei bambini,! rimuovere discriminazioni sul posto di lavoro,! promuovere la libertà di associazione all'interno del sistema,! aumentare la sicurezza dei lavoratori,! eliminare abusi fisici e altre forme di pressione sul posto di

lavoro.Dal 1998 SA 8000 si sta imponendo come standard internazio-

nalmente riconosciuto. Le sue norme si articolano in precisi requisiti e riguardano le seguenti aree:a. il lavoro infantile,b. il lavoro coatto,c. la salute e la sicurezza,d. la libertà di associazione e il diritto alla contrattazione collettiva,e. la discriminazione,f. le pratiche disciplinari,g. l'orario di lavoro,h. la remunerazione,i. il sistema gestionale.

Di seguito si presentano i contenuti fondamentali per ciascuna di queste aree.

2. LO STANDARD SA 8000

sviluppare metodologie di verifica della conformità sociale delle aziende. E' promossa dal Dipartimento Governativo di Sviluppo Internazionale inglese e vi aderiscono soprattutto aziende inglesi, quali Sainsbury's;! CCC (Clean Clothes Compaign), ente che ha sviluppato nel

1990 un codice di condotta nei Paesi Europei quali Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna, Svezia e Svizzera per il settore abbigliamento.

3Particolare rilevanza ha assunto l'iniziativa di SAI (Social Accountability International), ente che a livello mondiale definisce i requisiti - lo standard SA 8000 - atti a dimostrare la correttezza sociale delle aziende.

3 Inizialmente nato come CEPAA (Council on Economy Priority Accreditation Agency).

4Una volta definiti i requisiti della SA 8000, SAI attualmente si occupa di accreditare gli organismi di certificazione SA 8000 per assicurarne la competenza e l'adeguatezza, di valutare le lamentele mosse nei confronti di valutatori e organismi di certificazione, di promuovere la conoscenza dello standard SA 8000 nel mondo.

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10 11

Secondo lo standard SA 8000 l'azienda deve impegnarsi a non utilizzare lavoro infantile, cioè svolto da un bambino.

SAI considera bambino "qualsiasi persona di età inferiore ai 15 anni, a meno che la legislazione locale preveda un'età più elevata. In tal caso vale il requisito più restrittivo. Nel caso in cui la legislazio-ne locale preveda un'età minima pari a 14 anni come previsto dalla Convenzione ILO 138, ha valore l'età più bassa". L'azienda deve:! permettere ai bambini di frequentare in modo continuo la

scuola fino al superamento dell'età prevista per il lavoro infantile;! assicurare che i lavoratori minorenni ancora soggetti alla

scuola dell'obbligo non siano impiegati durante l'orario scolastico e che il tempo dedicato a scuola, lavoro e trasferi-mento non superi le dieci ore giornaliere;! evitare di esporre a condizioni di lavoro insalubri o insicure e

pericolose, i bambini e i giovani lavoratori all'interno e all'esterno del luogo di lavoro.La norma dota l'azienda anche di uno strumento (il "piano di

rimedio") di tutela del bambino da utilizzarsi nel caso si riscontrino episodi di lavoro infantile. La necessità di possedere un "piano di rimedio" nasce soprattutto dal fatto che per i bambini provenienti da zone di forte sottosviluppo, il lavoro può dare i mezzi per frequentare la scuola e per mantenere la famiglia.

Le azioni previste possono riguardare diversi ambiti ( sicurezza, salute, etc.), ma devono in ogni caso essere volte a garantire un corretto sviluppo psico-fisico del bambino. In particolare, la norma stabilisce che l'azienda metta in atto tutte le azioni necessarie ad assicurare, in conformità con le leggi locali, l'istruzione obbligatoria. Per rispondere alle prescrizioni della SA 8000, ogni azienda deve accertarsi se esiste il problema e, qualora lo ravvisi, provvedere a:! fornire un'immediata protezione (dal punto di vista della salute,

sicurezza e pericolosità del luogo di lavoro) al bambino che lavora;! se i bambini necessitano di lavorare, minimizzare il rischio

3. I CONTENUTI

A. Il lavoro infantile

chimico, tossico e le eccessive ore di lavoro;! assicurare un'adeguata scolarità;! sviluppare un "piano di rimedio" in grado di minimizzare le

ripercussioni in caso di cessazione del rapporto di lavoro del bambino. In questo caso le soluzioni possibili prevedono, ad esempio, il sostegno economico alla famiglia, l'impiego di altri componenti del nucleo familiare. L'azienda dovrà comunque definire alternative di lungo periodo in grado di evitare l'impiego di lavoro infantile;! lavorare con le parti interessate per definire e approntare

soluzioni condivise a lungo termine.Non esistono statistiche complete sul lavoro minorile. Nella

gran parte dei casi i governi e i datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza o, comunque, non compiono rilevazioni statistiche ufficiali.

La stima più recente e più attendibile sulla consistenza del lavoro infantile è quella fatta dall'ILO, secondo cui nel mondo ci sarebbero più di 250 milioni di bambini in età tra i 5 e i 14 anni che svolgono attività lavorativa.

Il Paese con il più alto numero di bambini lavoratori è l'India (55/60 milioni). Cifre consistenti sono stimate anche in Cina, Pakistan, Bangladesh e in Africa. In Pakistan i piccoli lavoratori (10-14 anni) costituiscono il 20% della popolazione attiva e sono impiegati in ogni sorta di lavoro, dall'industria all'edilizia, spesso in condizioni di semi-servitù. In Bangladesh i bambini che lavorano, sia nell'industria per l'esportazione (tessile soprattutto) sia nell'artigianato, sono ¼ dell'intera popolazione infantile. In Nepal particolarmente grave è la situazione delle bambine, il cui carico di lavoro è in genere di 2-3 volte superiore a quello dei maschi. In Perù 400.000 bambini (6-11 anni) non frequentano la scuola, ma lavorano perché le loro famiglie sono povere. In Bolivia circa mezzo milione di bambini lavora in campagna, nelle miniere, in città e molto spesso è occupato nel terziario povero delle città.

Quando si parla di lavoro infantile è necessario distinguere tra lavoro pesante e lavoro leggero, tra lavoro cosiddetto benefico e lavoro intollerabile. Possiamo parlare di una variegata serie di possibili attività svolte da bambini e ragazzi ai cui estremi si trovano:

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Secondo lo standard SA 8000 l'azienda deve impegnarsi a non utilizzare lavoro infantile, cioè svolto da un bambino.

SAI considera bambino "qualsiasi persona di età inferiore ai 15 anni, a meno che la legislazione locale preveda un'età più elevata. In tal caso vale il requisito più restrittivo. Nel caso in cui la legislazio-ne locale preveda un'età minima pari a 14 anni come previsto dalla Convenzione ILO 138, ha valore l'età più bassa". L'azienda deve:! permettere ai bambini di frequentare in modo continuo la

scuola fino al superamento dell'età prevista per il lavoro infantile;! assicurare che i lavoratori minorenni ancora soggetti alla

scuola dell'obbligo non siano impiegati durante l'orario scolastico e che il tempo dedicato a scuola, lavoro e trasferi-mento non superi le dieci ore giornaliere;! evitare di esporre a condizioni di lavoro insalubri o insicure e

pericolose, i bambini e i giovani lavoratori all'interno e all'esterno del luogo di lavoro.La norma dota l'azienda anche di uno strumento (il "piano di

rimedio") di tutela del bambino da utilizzarsi nel caso si riscontrino episodi di lavoro infantile. La necessità di possedere un "piano di rimedio" nasce soprattutto dal fatto che per i bambini provenienti da zone di forte sottosviluppo, il lavoro può dare i mezzi per frequentare la scuola e per mantenere la famiglia.

Le azioni previste possono riguardare diversi ambiti ( sicurezza, salute, etc.), ma devono in ogni caso essere volte a garantire un corretto sviluppo psico-fisico del bambino. In particolare, la norma stabilisce che l'azienda metta in atto tutte le azioni necessarie ad assicurare, in conformità con le leggi locali, l'istruzione obbligatoria. Per rispondere alle prescrizioni della SA 8000, ogni azienda deve accertarsi se esiste il problema e, qualora lo ravvisi, provvedere a:! fornire un'immediata protezione (dal punto di vista della salute,

sicurezza e pericolosità del luogo di lavoro) al bambino che lavora;! se i bambini necessitano di lavorare, minimizzare il rischio

3. I CONTENUTI

A. Il lavoro infantile

chimico, tossico e le eccessive ore di lavoro;! assicurare un'adeguata scolarità;! sviluppare un "piano di rimedio" in grado di minimizzare le

ripercussioni in caso di cessazione del rapporto di lavoro del bambino. In questo caso le soluzioni possibili prevedono, ad esempio, il sostegno economico alla famiglia, l'impiego di altri componenti del nucleo familiare. L'azienda dovrà comunque definire alternative di lungo periodo in grado di evitare l'impiego di lavoro infantile;! lavorare con le parti interessate per definire e approntare

soluzioni condivise a lungo termine.Non esistono statistiche complete sul lavoro minorile. Nella

gran parte dei casi i governi e i datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza o, comunque, non compiono rilevazioni statistiche ufficiali.

La stima più recente e più attendibile sulla consistenza del lavoro infantile è quella fatta dall'ILO, secondo cui nel mondo ci sarebbero più di 250 milioni di bambini in età tra i 5 e i 14 anni che svolgono attività lavorativa.

Il Paese con il più alto numero di bambini lavoratori è l'India (55/60 milioni). Cifre consistenti sono stimate anche in Cina, Pakistan, Bangladesh e in Africa. In Pakistan i piccoli lavoratori (10-14 anni) costituiscono il 20% della popolazione attiva e sono impiegati in ogni sorta di lavoro, dall'industria all'edilizia, spesso in condizioni di semi-servitù. In Bangladesh i bambini che lavorano, sia nell'industria per l'esportazione (tessile soprattutto) sia nell'artigianato, sono ¼ dell'intera popolazione infantile. In Nepal particolarmente grave è la situazione delle bambine, il cui carico di lavoro è in genere di 2-3 volte superiore a quello dei maschi. In Perù 400.000 bambini (6-11 anni) non frequentano la scuola, ma lavorano perché le loro famiglie sono povere. In Bolivia circa mezzo milione di bambini lavora in campagna, nelle miniere, in città e molto spesso è occupato nel terziario povero delle città.

Quando si parla di lavoro infantile è necessario distinguere tra lavoro pesante e lavoro leggero, tra lavoro cosiddetto benefico e lavoro intollerabile. Possiamo parlare di una variegata serie di possibili attività svolte da bambini e ragazzi ai cui estremi si trovano:

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12 13

! child labour, lavori pesanti legati allo sfruttamento e alla schiavitù, svolti dal bambino fuori dal contesto familiare e legati all'esigenza di soddisfare un bisogno primario di sussistenza economica;! child work, forme più leggere di lavoro, non necessariamente

penalizzabili sotto il profilo sociale, svolti all'interno del contesto familiare e spesso non retribuiti.E' importante anche distinguere tra lavoro consenziente, quello

cioè svolto da un minore in accordo con i genitori per supportare il reddito familiare, e lavoro forzato, quando il bambino viene allontanato dai genitori e ridotto in schiavitù.

Della distinzione tra le diverse forme di lavoro minorile si occupa anche la Convenzione ILO 182 sulla eliminazione delle

5"peggiori forme di lavoro minorile" . Essa stabilisce che ogni Paese che abbia ratificato la Convenzione deve prendere misure immediate ed efficaci atte a garantire la proibizione e l'eliminazione delle "forme peggiori di lavoro minorile".

La tabella 1 riporta l'elenco dei provvedimenti internazionali e nazionali in tema di lavoro minorile.

Secondo un'indagine pubblicata nel novembre 2000 a cura della CGIL e condotta su bambini di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, anche in Italia il lavoro minorile assume dimensioni rilevanti. Esso, infatti, coinvolge circa 350.000/400.000 bambini. Nel Nord e nel Centro i bambini tendono a lavorare in famiglia senza abban-donare la scuola dell'obbligo, in quanto vengono occupati prima o dopo l'orario scolastico. Al Sud, invece, la maggior parte dei bambini lavora presso terzi e la percentuale di abbandono scolastico è molto alta.

Sul totale dei bambini lavoratori in Italia:

- 46% lavora in negozi, bar, ristoranti, vendita di prodotti agricoli;- 17% lavora come venditore ambulante, nel settore abbiglia-

mento o tessile;- 15% lavora in officine, distributori di benzina, parcheggi;- 12% lavora come garzone presso calzolai, parrucchieri,

falegnami;- 10% lavora come operaio, idraulico, muratore, elettricista.Inoltre: il 51% dei bambini che lavorano da meno di un anno ha

un orario di lavoro pari o superiore alle 8 ore giornaliere; più del 50% dei bambini lavoratori non interrompe il lavoro o effettua una pausa inferiore a mezz'ora; al 46% dei bambini non viene ricono-sciuto alcun giorno di vacanza; il 42% ha abbandonato la scuola; il 13% dei bambini ha avuto un infortunio sul lavoro.

Tabella 1. Legislazione nazionale ed internazionale in tema di lavoro dei minori.

Legislazione internazionale:

Convenzione ILO 138 Età minima di ammissione al lavoroRaccomandazione ILO 146 Età minima di ammissione al lavoro - Strumento applicativo della Convenzione 138Convenzione ILO 182 Proibizione e immediata azione per l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile Raccomandazione ILO 190 Proibizione e immediata azione per l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile - Strumento applicativo della Convenzione ILO 182Convenzione sui diritti dell'Infanzia Convenzione adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 sui diritti dell'infanziaDichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU - art. 25 Protezione dell'infanzia e eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione contro le donne

Legislazione nazionale:

Costituzione italiana - art. 37 Limite minimo di età per il lavoro - Tutela del lavoro dei minoriStatuto dei lavoratori - art. 10 Studenti lavoratori L. 19-01-1955 n.25 L. 24-06-1997 n. 196Apprendistato e contratti di tirocinio L. 17-10-1967 n. 977 Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescentiL. 19-07-1994 n. 451 Contratti di formazione e lavoroD. Lgs. 04-08-1999 n.345 Attuazione della Direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoroDisegno di legge approvato dal Senato il 02-06-1999Certificazione di conformità sociale dei prodotti realizzati senza l'utilizzo del lavoro minorileCarta degli impegni adottata dal governo il 16 aprile 1998Carta contro il lavoro minorile che impegna governo, sindacati e imprenditori a combattere il fenomeno

5 Secondo la Convenzione ILO 182, per "forme peggiori di lavoro minorile" si intende: a) tutte le forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, quali la vendita o la tratta di minori, la servitù per debiti e l'asservimento, il lavoro forzato o obbligatorio, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori ai fini di un loro impiego nei conflitti armati; b) l'impiego, l'ingaggio o l'offerta del minore a fini di prostituzione, di produzione di materiale pornografico o di spettacoli pornografici; c) l'impiego, l'ingaggio o l'offerta del minore ai fini di attività illecite, quali, in particolare, quelle per la produzione e per il traffico di stupefacenti, così come sono definiti dai trattati internazionali pertinenti; d) qualsiasi altro tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore.

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12 13

! child labour, lavori pesanti legati allo sfruttamento e alla schiavitù, svolti dal bambino fuori dal contesto familiare e legati all'esigenza di soddisfare un bisogno primario di sussistenza economica;! child work, forme più leggere di lavoro, non necessariamente

penalizzabili sotto il profilo sociale, svolti all'interno del contesto familiare e spesso non retribuiti.E' importante anche distinguere tra lavoro consenziente, quello

cioè svolto da un minore in accordo con i genitori per supportare il reddito familiare, e lavoro forzato, quando il bambino viene allontanato dai genitori e ridotto in schiavitù.

Della distinzione tra le diverse forme di lavoro minorile si occupa anche la Convenzione ILO 182 sulla eliminazione delle

5"peggiori forme di lavoro minorile" . Essa stabilisce che ogni Paese che abbia ratificato la Convenzione deve prendere misure immediate ed efficaci atte a garantire la proibizione e l'eliminazione delle "forme peggiori di lavoro minorile".

La tabella 1 riporta l'elenco dei provvedimenti internazionali e nazionali in tema di lavoro minorile.

Secondo un'indagine pubblicata nel novembre 2000 a cura della CGIL e condotta su bambini di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, anche in Italia il lavoro minorile assume dimensioni rilevanti. Esso, infatti, coinvolge circa 350.000/400.000 bambini. Nel Nord e nel Centro i bambini tendono a lavorare in famiglia senza abban-donare la scuola dell'obbligo, in quanto vengono occupati prima o dopo l'orario scolastico. Al Sud, invece, la maggior parte dei bambini lavora presso terzi e la percentuale di abbandono scolastico è molto alta.

Sul totale dei bambini lavoratori in Italia:

- 46% lavora in negozi, bar, ristoranti, vendita di prodotti agricoli;- 17% lavora come venditore ambulante, nel settore abbiglia-

mento o tessile;- 15% lavora in officine, distributori di benzina, parcheggi;- 12% lavora come garzone presso calzolai, parrucchieri,

falegnami;- 10% lavora come operaio, idraulico, muratore, elettricista.Inoltre: il 51% dei bambini che lavorano da meno di un anno ha

un orario di lavoro pari o superiore alle 8 ore giornaliere; più del 50% dei bambini lavoratori non interrompe il lavoro o effettua una pausa inferiore a mezz'ora; al 46% dei bambini non viene ricono-sciuto alcun giorno di vacanza; il 42% ha abbandonato la scuola; il 13% dei bambini ha avuto un infortunio sul lavoro.

Tabella 1. Legislazione nazionale ed internazionale in tema di lavoro dei minori.

Legislazione internazionale:

Convenzione ILO 138 Età minima di ammissione al lavoroRaccomandazione ILO 146 Età minima di ammissione al lavoro - Strumento applicativo della Convenzione 138Convenzione ILO 182 Proibizione e immediata azione per l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile Raccomandazione ILO 190 Proibizione e immediata azione per l'eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile - Strumento applicativo della Convenzione ILO 182Convenzione sui diritti dell'Infanzia Convenzione adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 sui diritti dell'infanziaDichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU - art. 25 Protezione dell'infanzia e eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione contro le donne

Legislazione nazionale:

Costituzione italiana - art. 37 Limite minimo di età per il lavoro - Tutela del lavoro dei minoriStatuto dei lavoratori - art. 10 Studenti lavoratori L. 19-01-1955 n.25 L. 24-06-1997 n. 196Apprendistato e contratti di tirocinio L. 17-10-1967 n. 977 Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescentiL. 19-07-1994 n. 451 Contratti di formazione e lavoroD. Lgs. 04-08-1999 n.345 Attuazione della Direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoroDisegno di legge approvato dal Senato il 02-06-1999Certificazione di conformità sociale dei prodotti realizzati senza l'utilizzo del lavoro minorileCarta degli impegni adottata dal governo il 16 aprile 1998Carta contro il lavoro minorile che impegna governo, sindacati e imprenditori a combattere il fenomeno

5 Secondo la Convenzione ILO 182, per "forme peggiori di lavoro minorile" si intende: a) tutte le forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, quali la vendita o la tratta di minori, la servitù per debiti e l'asservimento, il lavoro forzato o obbligatorio, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori ai fini di un loro impiego nei conflitti armati; b) l'impiego, l'ingaggio o l'offerta del minore a fini di prostituzione, di produzione di materiale pornografico o di spettacoli pornografici; c) l'impiego, l'ingaggio o l'offerta del minore ai fini di attività illecite, quali, in particolare, quelle per la produzione e per il traffico di stupefacenti, così come sono definiti dai trattati internazionali pertinenti; d) qualsiasi altro tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore.

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14 15

Legislazione internazionale:

Convenzioni ILO 29 e 105

Legislazione nazionale:

Nessun dato disponibile presso il Ministero del Lavoro circa casi di lavoro forzato (richiesta di documenti di identità da lasciare in deposito) Contratti collettivo nazionale di lavoro

C. La salute e la sicurezza

La SA 8000 dispone che ogni azienda, tenendo presente le conoscenze sul settore in cui opera e i relativi rischi, debba garantire un luogo di lavoro sicuro e salubre, adottare le misure adeguate per prevenire incidenti e danni alla salute e minimizzare le cause di pericolo. In altre parole, l'azienda deve essere "proatti-va" nel risolvere situazioni potenzialmente pericolose.

Tale obiettivo deve essere perseguito tramite:! un rappresentante della direzione responsabile della salute e

della sicurezza di tutto il personale e dell'implementazione dei fattori di sicurezza e salute;! una regolare e documentata formazione per tutto il personale

in materia di salute e sicurezza;! l'implementazione di sistemi per individuare, evitare o fronteg-

giare potenziali rischi alla salute e alla sicurezza di tutto il personale;! la disponibilità di bagni puliti, l'accesso ad acqua potabile e, se

del caso, strutture igieniche per la conservazione degli alimenti;! la pulizia e la sicurezza dei dormitori eventualmente forniti al

personale.A titolo esemplificativo, si fornisce una serie di situazioni

normalmente riscontrabili in azienda che contrastano con quanto affermato nella SA 8000:! uscite di sicurezza bloccate;! forniture d'acqua non garantite;! bagni non puliti e inadeguati in base al numero e al sesso dei

lavoratori;! locali mensa non disponibili anche se previsti;! presenza e utilizzo di prodotti chimici tossici non identificati;! dispositivi di protezione individuali non disponibili o non

utilizzati;! temperatura e luminosità degli ambienti di lavoro non adegua-

te;! formazione relativa alla sicurezza non erogata;! squadre di pronto soccorso e di antincendio non organizzate

né formate all'interno dell'azienda.

B. Il lavoro coatto

La norma SA 8000 intende evitare il ricorso al lavoro obbligato o forzato anche se, in certi contesti, non è sempre facilmente determinabile come nel caso del lavoro forzato tollerato dal regime, della schiavitù a contratto (pagamento di debiti contratti da familiari) o dei lavori svolti dai prigionieri non retribuiti.

Per lavoro coatto, lo standard SA 8000 intende ogni lavo-ro/servizio:! ottenuto sotto minaccia e per il quale il lavoratore non si è

offerto volontariamente;! imposto come pagamento di un debito.

L'azienda non deve ricorrere all'utilizzo del lavoro obbligato e non devono essere richiesti al personale "depositi" in denaro o documenti di identità al momento dell'inizio del rapporto di lavoro.

Alcune evidenze da ricercare in azienda per verificare la presenza di lavoro forzato sono:! contratto della guardia di sicurezza riportante i servizi richiesti in

modo chiaro e insindacabile;! copie dei documenti originali trattenuti dalla direzione, per

evitare che vengano trattenuti documenti di identità, ecc.;! registrazioni relative a depositi richiesti;! chiara conoscenza di tutti i termini della cessazione del

rapporto di lavoro (es. i tempi utili per ricevere l'ultimo stipen-dio);! segni di violenza evidenti sui lavoratori;! accesso possibile per visite in azienda da parte dei familiari.

La tabella 2, mostra alcune iniziative di carattere normativo atte a prevenire e sanzionare l'utilizzo del lavoro coatto da parte delle aziende.

Tabella 2. Legislazione nazionale e internazionale in tema di lavoro coatto

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Legislazione internazionale:

Convenzioni ILO 29 e 105

Legislazione nazionale:

Nessun dato disponibile presso il Ministero del Lavoro circa casi di lavoro forzato (richiesta di documenti di identità da lasciare in deposito) Contratti collettivo nazionale di lavoro

C. La salute e la sicurezza

La SA 8000 dispone che ogni azienda, tenendo presente le conoscenze sul settore in cui opera e i relativi rischi, debba garantire un luogo di lavoro sicuro e salubre, adottare le misure adeguate per prevenire incidenti e danni alla salute e minimizzare le cause di pericolo. In altre parole, l'azienda deve essere "proatti-va" nel risolvere situazioni potenzialmente pericolose.

Tale obiettivo deve essere perseguito tramite:! un rappresentante della direzione responsabile della salute e

della sicurezza di tutto il personale e dell'implementazione dei fattori di sicurezza e salute;! una regolare e documentata formazione per tutto il personale

in materia di salute e sicurezza;! l'implementazione di sistemi per individuare, evitare o fronteg-

giare potenziali rischi alla salute e alla sicurezza di tutto il personale;! la disponibilità di bagni puliti, l'accesso ad acqua potabile e, se

del caso, strutture igieniche per la conservazione degli alimenti;! la pulizia e la sicurezza dei dormitori eventualmente forniti al

personale.A titolo esemplificativo, si fornisce una serie di situazioni

normalmente riscontrabili in azienda che contrastano con quanto affermato nella SA 8000:! uscite di sicurezza bloccate;! forniture d'acqua non garantite;! bagni non puliti e inadeguati in base al numero e al sesso dei

lavoratori;! locali mensa non disponibili anche se previsti;! presenza e utilizzo di prodotti chimici tossici non identificati;! dispositivi di protezione individuali non disponibili o non

utilizzati;! temperatura e luminosità degli ambienti di lavoro non adegua-

te;! formazione relativa alla sicurezza non erogata;! squadre di pronto soccorso e di antincendio non organizzate

né formate all'interno dell'azienda.

B. Il lavoro coatto

La norma SA 8000 intende evitare il ricorso al lavoro obbligato o forzato anche se, in certi contesti, non è sempre facilmente determinabile come nel caso del lavoro forzato tollerato dal regime, della schiavitù a contratto (pagamento di debiti contratti da familiari) o dei lavori svolti dai prigionieri non retribuiti.

Per lavoro coatto, lo standard SA 8000 intende ogni lavo-ro/servizio:! ottenuto sotto minaccia e per il quale il lavoratore non si è

offerto volontariamente;! imposto come pagamento di un debito.

L'azienda non deve ricorrere all'utilizzo del lavoro obbligato e non devono essere richiesti al personale "depositi" in denaro o documenti di identità al momento dell'inizio del rapporto di lavoro.

Alcune evidenze da ricercare in azienda per verificare la presenza di lavoro forzato sono:! contratto della guardia di sicurezza riportante i servizi richiesti in

modo chiaro e insindacabile;! copie dei documenti originali trattenuti dalla direzione, per

evitare che vengano trattenuti documenti di identità, ecc.;! registrazioni relative a depositi richiesti;! chiara conoscenza di tutti i termini della cessazione del

rapporto di lavoro (es. i tempi utili per ricevere l'ultimo stipen-dio);! segni di violenza evidenti sui lavoratori;! accesso possibile per visite in azienda da parte dei familiari.

La tabella 2, mostra alcune iniziative di carattere normativo atte a prevenire e sanzionare l'utilizzo del lavoro coatto da parte delle aziende.

Tabella 2. Legislazione nazionale e internazionale in tema di lavoro coatto

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16 17

In Italia i settori più a rischio sono quelli delle costruzioni, trasporti, industria dei metalli, commercio e industria alimentare.

A livello europeo, in tema di salute e sicurezza, sono emblema-tiche la Convenzione 155 e la Raccomandazione 164. Nella tabella 3 è presentata la legislazione italiana più recente ed importante classificata in base all'oggetto di riferimento.

Tabella 3. Legislazione italiana in materia di salute e sicurezza.

GeneraleD.Lgs. n. 493 del 14/08/96D.Lgs. n. 758 del 19/12/94D.Lgs. n. 626/94Circ. e Decr. su 626/94D.P.R. n. 303 del 19/03/56D.P.R. n. 547 del 27/04/55D.Lgs. 475 del 4/12/92DM 2/10/2000Circolare 27/6/1996D.Lgs. 242/96Testo coord. D.Lgs 626/242

Prodotti (industriali)Circ. n. 2182 del 20/12/2000D.M. del 12/03/98D.P.R. n. 459 del 24/07/96Direttiva Macchine

Tutela delle categorie di lavoratoriD.Lgs. n. 532 del 26/11/99D.Lgs. n. 645 del 25/11/96D.P.R. n. 1026 del 25/11/76Legge n. 1204 del 30/12/71D.Lgs. n. 10 del 02/01/97Diret. Europea 92-85 (donne e lavoro)Elenco rischi (donne e lavoro)

Agenti chimici fisici biologiciD.Lgs. n. 114 del 17/05/95L. n. 257 del 27/03/92D.Lgs. n. 77 del 25/01/92D.Lgs. n. 277 del 18/08/91

Sicurezza impiantiD.P.R. n. 447 del 06/12/91L. 46 del 05/03/90Normativa antincendioAccordi settore servizi

Sostanze pericolose (ambiente)D.M. 09/08/2000D.M. 14/05/1996L. 257 del 27/03/92Circ. del 17/02/93D.M. del 06/09/94Circ. n. 7 del 12/04/95D.M. del 20/08/99

D. La libertà di associazione e il diritto alla Contrattazione Collettiva

Per soddisfare le direttive contenute nello standard SA 8000 in materia di libertà di associazione e di diritto alla contrattazione collettiva, ogni azienda deve:! rispettare il diritto del personale di formare ed aderire ai

sindacati di loro scelta e il diritto alla contrattazione collettiva;! nelle situazioni in cui il diritto alla libertà di associazione e alla

contrattazione collettiva sia limitato dalla legge, facilitare i mezzi di libera e indipendente associazione e di contrattazione per tutto il personale;! garantire che i rappresentanti del personale non siano soggetti

a discriminazione e che tali rappresentanti possano comunica-re coi propri iscritti nel luogo di lavoro.Per verificare in azienda il rispetto di questo punto è opportuno

ricercare l'eventuale esistenza di:! trattamento differenziato riservato a lavoratori iscritti/non iscritti

ai sindacati;! disponibilità di locali o spazi per gli incontri dei lavoratori;! conflitti di interesse a carico del rappresentante dei lavoratori.

In Guatemala e Cina sono segnalati casi di abusi relativi al regime totalitario e alla collaborazione del governo con le industrie che di fatto rende disponibile un solo sindacato dalla parte del regime.

In Indonesia e in America Latina sono segnalati casi di abusi relativi ai sindacalisti, a licenziamenti di massa con riassunzione di personale non sindacalizzato.

Il tasso di sindacalizzazione in Italia risulta pari al 35,83%, concentrato soprattutto nel Nord del Paese. In molte regioni italiane (in particolare nel Sud Italia) e in alcuni settori merceologici, il dipendente non ha fiducia nell'attività svolta dai sindacati per cui in molte aziende questi non sono presenti o i dipendenti hanno creato dei comitati interni per la contrattazione collettiva.

Diverse sono le norme emanate con l'obiettivo di arginare questo fenomeno (vedi Tab. 4).

371

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16 17

In Italia i settori più a rischio sono quelli delle costruzioni, trasporti, industria dei metalli, commercio e industria alimentare.

A livello europeo, in tema di salute e sicurezza, sono emblema-tiche la Convenzione 155 e la Raccomandazione 164. Nella tabella 3 è presentata la legislazione italiana più recente ed importante classificata in base all'oggetto di riferimento.

Tabella 3. Legislazione italiana in materia di salute e sicurezza.

GeneraleD.Lgs. n. 493 del 14/08/96D.Lgs. n. 758 del 19/12/94D.Lgs. n. 626/94Circ. e Decr. su 626/94D.P.R. n. 303 del 19/03/56D.P.R. n. 547 del 27/04/55D.Lgs. 475 del 4/12/92DM 2/10/2000Circolare 27/6/1996D.Lgs. 242/96Testo coord. D.Lgs 626/242

Prodotti (industriali)Circ. n. 2182 del 20/12/2000D.M. del 12/03/98D.P.R. n. 459 del 24/07/96Direttiva Macchine

Tutela delle categorie di lavoratoriD.Lgs. n. 532 del 26/11/99D.Lgs. n. 645 del 25/11/96D.P.R. n. 1026 del 25/11/76Legge n. 1204 del 30/12/71D.Lgs. n. 10 del 02/01/97Diret. Europea 92-85 (donne e lavoro)Elenco rischi (donne e lavoro)

Agenti chimici fisici biologiciD.Lgs. n. 114 del 17/05/95L. n. 257 del 27/03/92D.Lgs. n. 77 del 25/01/92D.Lgs. n. 277 del 18/08/91

Sicurezza impiantiD.P.R. n. 447 del 06/12/91L. 46 del 05/03/90Normativa antincendioAccordi settore servizi

Sostanze pericolose (ambiente)D.M. 09/08/2000D.M. 14/05/1996L. 257 del 27/03/92Circ. del 17/02/93D.M. del 06/09/94Circ. n. 7 del 12/04/95D.M. del 20/08/99

D. La libertà di associazione e il diritto alla Contrattazione Collettiva

Per soddisfare le direttive contenute nello standard SA 8000 in materia di libertà di associazione e di diritto alla contrattazione collettiva, ogni azienda deve:! rispettare il diritto del personale di formare ed aderire ai

sindacati di loro scelta e il diritto alla contrattazione collettiva;! nelle situazioni in cui il diritto alla libertà di associazione e alla

contrattazione collettiva sia limitato dalla legge, facilitare i mezzi di libera e indipendente associazione e di contrattazione per tutto il personale;! garantire che i rappresentanti del personale non siano soggetti

a discriminazione e che tali rappresentanti possano comunica-re coi propri iscritti nel luogo di lavoro.Per verificare in azienda il rispetto di questo punto è opportuno

ricercare l'eventuale esistenza di:! trattamento differenziato riservato a lavoratori iscritti/non iscritti

ai sindacati;! disponibilità di locali o spazi per gli incontri dei lavoratori;! conflitti di interesse a carico del rappresentante dei lavoratori.

In Guatemala e Cina sono segnalati casi di abusi relativi al regime totalitario e alla collaborazione del governo con le industrie che di fatto rende disponibile un solo sindacato dalla parte del regime.

In Indonesia e in America Latina sono segnalati casi di abusi relativi ai sindacalisti, a licenziamenti di massa con riassunzione di personale non sindacalizzato.

Il tasso di sindacalizzazione in Italia risulta pari al 35,83%, concentrato soprattutto nel Nord del Paese. In molte regioni italiane (in particolare nel Sud Italia) e in alcuni settori merceologici, il dipendente non ha fiducia nell'attività svolta dai sindacati per cui in molte aziende questi non sono presenti o i dipendenti hanno creato dei comitati interni per la contrattazione collettiva.

Diverse sono le norme emanate con l'obiettivo di arginare questo fenomeno (vedi Tab. 4).

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1918

E. La discriminazione

Lo Standard SA 8000 prevede che l'azienda non debba:! attuare forme di discriminazione nell'assunzione, retribuzione,

accesso alla formazione, promozione, licenziamento o pensionamento, in base a razza, ceto, origine nazionale, religione, invalidità, sesso, orientamento sessuale, appartenen-za sindacale o affiliazione politica, età;! interferire con l'esercizio del diritto del personale di seguire

principi o pratiche, o di soddisfare bisogni connessi a razza, ceto, origine nazionale, religione, invalidità, sesso, orientamen-to sessuale, appartenenza sindacale o affiliazione politica;! permettere comportamenti, inclusi gesti, linguaggio o contatto

fisico, che siano sessualmente coercitivi, minacciosi, offensivi o volti allo sfruttamento.L'azienda dovrebbe definire procedure atte a prevenire le

pratiche discriminatorie e assicurarsi del loro grado di diffusione e conoscenza da parte di tutto il personale.

Nessuna forma di vessazione dei lavoratori deve essere permessa o sostenuta, come per esempio l'utilizzo del test di gravidanza prima di assumere le donne o la firma di una lettera di dimissioni in bianco in caso di gravidanza. Attraverso la verifica

Tabella 4. Legislazione nazionale e internazionale in tema di libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva.

Legislazione internazionale:

Convenzione ILO 87 libertà di associazioneConvenzione ILO 98 contrattazione collettivaConvezione ILO 135 e raccomanda-zione 143 rappresentante dei lavoratori

Legislazione nazionale:

Legge 300-1970

della distribuzione dei lavoratori in ordine a razza, sesso e religione, messe in relazione con la popolazione locale, si può risalire a eventuali pratiche discriminatorie.

Purtroppo sono innumerevoli le statistiche e i dati riguardanti la discriminazione, non solo riconducibili ai Paesi in via di sviluppo.

In Italia, ad esempio, relativamente alla discriminazione della donna (pratica più diffusa) sui luoghi di lavoro sono state raccolte statistiche significative dal Ministero delle Pari Opportunità. Le manifestazioni più diffuse sono rappresentate da: errato inquadra-mento contrattuale, obbligo di orario part-time, libere interpretazio-ni contrattuali, licenziamenti collettivi, mobilità, trasferimenti, avanzamento carriera non basato su criteri meritocratici, questioni salariali, problemi relativi alla maternità e ai figli, concorsi-selezioni, annunci di ricerca di personale che specificano razza o sesso o appartenenza a etnie o gruppi sociali.

La tabella 5 presenta una rassegna delle più recenti iniziative di carattere normativo in materia di discriminazione sul posto di lavoro.

Tabella 5. Legislazione nazionale e internazionale in tema di discriminazione.

Legislazione internazionale:

Convenzione 100 e 111 e Raccomandazione 90 e 111 sull'uguale remunerazione uomo-donna e discriminazione nell'occupazioneConvenzione 159 e Raccomandazione 168 sull'inserimento lavorativo e disabili

Legislazione nazionale:

legge 108 1990 - Disciplina licenziamenti individualilegge 1204 1971 - Tutela delle lavoratrici madrilegge 903 1977 - Parità di trattamento tra uomini e donnelegge 125 1991 - Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donnalegge 223 1991 - Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione

373

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1918

E. La discriminazione

Lo Standard SA 8000 prevede che l'azienda non debba:! attuare forme di discriminazione nell'assunzione, retribuzione,

accesso alla formazione, promozione, licenziamento o pensionamento, in base a razza, ceto, origine nazionale, religione, invalidità, sesso, orientamento sessuale, appartenen-za sindacale o affiliazione politica, età;! interferire con l'esercizio del diritto del personale di seguire

principi o pratiche, o di soddisfare bisogni connessi a razza, ceto, origine nazionale, religione, invalidità, sesso, orientamen-to sessuale, appartenenza sindacale o affiliazione politica;! permettere comportamenti, inclusi gesti, linguaggio o contatto

fisico, che siano sessualmente coercitivi, minacciosi, offensivi o volti allo sfruttamento.L'azienda dovrebbe definire procedure atte a prevenire le

pratiche discriminatorie e assicurarsi del loro grado di diffusione e conoscenza da parte di tutto il personale.

Nessuna forma di vessazione dei lavoratori deve essere permessa o sostenuta, come per esempio l'utilizzo del test di gravidanza prima di assumere le donne o la firma di una lettera di dimissioni in bianco in caso di gravidanza. Attraverso la verifica

Tabella 4. Legislazione nazionale e internazionale in tema di libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva.

Legislazione internazionale:

Convenzione ILO 87 libertà di associazioneConvenzione ILO 98 contrattazione collettivaConvezione ILO 135 e raccomanda-zione 143 rappresentante dei lavoratori

Legislazione nazionale:

Legge 300-1970

della distribuzione dei lavoratori in ordine a razza, sesso e religione, messe in relazione con la popolazione locale, si può risalire a eventuali pratiche discriminatorie.

Purtroppo sono innumerevoli le statistiche e i dati riguardanti la discriminazione, non solo riconducibili ai Paesi in via di sviluppo.

In Italia, ad esempio, relativamente alla discriminazione della donna (pratica più diffusa) sui luoghi di lavoro sono state raccolte statistiche significative dal Ministero delle Pari Opportunità. Le manifestazioni più diffuse sono rappresentate da: errato inquadra-mento contrattuale, obbligo di orario part-time, libere interpretazio-ni contrattuali, licenziamenti collettivi, mobilità, trasferimenti, avanzamento carriera non basato su criteri meritocratici, questioni salariali, problemi relativi alla maternità e ai figli, concorsi-selezioni, annunci di ricerca di personale che specificano razza o sesso o appartenenza a etnie o gruppi sociali.

La tabella 5 presenta una rassegna delle più recenti iniziative di carattere normativo in materia di discriminazione sul posto di lavoro.

Tabella 5. Legislazione nazionale e internazionale in tema di discriminazione.

Legislazione internazionale:

Convenzione 100 e 111 e Raccomandazione 90 e 111 sull'uguale remunerazione uomo-donna e discriminazione nell'occupazioneConvenzione 159 e Raccomandazione 168 sull'inserimento lavorativo e disabili

Legislazione nazionale:

legge 108 1990 - Disciplina licenziamenti individualilegge 1204 1971 - Tutela delle lavoratrici madrilegge 903 1977 - Parità di trattamento tra uomini e donnelegge 125 1991 - Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donnalegge 223 1991 - Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione

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F. Le pratiche disciplinari

Lo standard SA 8000 impone all'azienda di non fare uso di punizioni corporali, coercizione mentale o fisica, abuso verbale. Tali pratiche devono essere prevenute anche attraverso formazione-informazione al personale.

Le pratiche disciplinari più diffuse sono rappresentate da:! percosse fisiche;! deduzioni di paga in caso di malattia o di rifiuto a lavorare un

eccessivo numero di ore;! mobbing;! minacce di licenziamento.

Le pratiche disciplinari sono strettamente collegate alla discriminazione.

In Italia i dati raccolti dal Ministero delle Pari Opportunità e dal Coordinamento Donne della CIGL mostrano che le forme più diffuse di tale fenomeno sono rappresentate dagli abusi verbali, psicologici e sessuali verso le donne. In Italia la normativa di riferimento è costituita dalla Legge 300/1970.

G. L'orario di lavoro

In tema di orario di lavoro, lo standard SA 8000 dispone che l'azienda:! si conformi all'orario previsto dalle leggi vigenti e dagli standard

in uso nel settore;! adotti un orario di lavoro ordinario settimanale che rispetti i limiti

legislativi (in ogni caso non deve essere richiesto di lavorare continuativamente per un periodo superiore alle 48 ore settimanali);! conceda al personale almeno un giorno di riposo ogni 7 giorni

lavorativi;! retribuisca il lavoro straordinario (che deve essere volontario,

essere richiesto solo in circostanze aziendali eccezionali e per breve termine e non eccedere le 12 ore settimanali per lavoratore) con una tariffa oraria superiore a quella normale.La SA 8000 si prefigge in questo modo di limitare il lavoro

straordinario solo a casi eccezionali, quali picchi temporanei di richieste del mercato non prevedibili o altre situazioni di emergen-za (es.: scioperi che hanno bloccato la consegna delle materie prime o guasti degli impianti).

Per verificare che le condizioni fissate dalla SA 8000 siano rispettate, si può rispondere alle seguenti domande: quali sono le "circostanze eccezionali o di breve durata"? Gli straordinari sono volontari? Le registrazioni relative ai salari sono valide e accurate? La produzione pianificata e il numero di macchine presenti corrisponde alle registrazioni relative ai salari? Il calcolo risultante dal rapporto totale produzione e numero di dipendenti può essere di aiuto per verificare la necessità di ricorrere al lavoro straordina-rio? Ci sono segni indicanti che il lavoro è eseguito a casa per bypassare le restrizioni relative agli straordinari?

La tabella 6 riporta alcune norme nazionali che regolano l'orario di lavoro.

Tabella 6. Normativa nazionale sull'orario di lavoro.

Normativa nazionale:

Legge 53/2000Contratto collettivo nazionale del settore di riferimentoAccordo integrativo internoLavoro ordinario: 8 ore giornaliere e 40 ore settimanali, alcuni contratti prevedono 35 o 38 ore settimanali.

H. La remunerazione

Per ciò che concerne la remunerazione, la SA 8000 prevede che l'azienda garantisca che:! il salario pagato per una settimana lavorativa regolare sia

almeno conforme ai minimi retributivi legali o industriali e che sia sempre sufficiente a soddisfare i bisogni primari del personale, oltre a fornire un qualche guadagno aggiuntivo;! le trattenute sul salario non siano dovute a sanzioni disciplinari

e che la composizione dei salari e delle indennità retributive sia

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F. Le pratiche disciplinari

Lo standard SA 8000 impone all'azienda di non fare uso di punizioni corporali, coercizione mentale o fisica, abuso verbale. Tali pratiche devono essere prevenute anche attraverso formazione-informazione al personale.

Le pratiche disciplinari più diffuse sono rappresentate da:! percosse fisiche;! deduzioni di paga in caso di malattia o di rifiuto a lavorare un

eccessivo numero di ore;! mobbing;! minacce di licenziamento.

Le pratiche disciplinari sono strettamente collegate alla discriminazione.

In Italia i dati raccolti dal Ministero delle Pari Opportunità e dal Coordinamento Donne della CIGL mostrano che le forme più diffuse di tale fenomeno sono rappresentate dagli abusi verbali, psicologici e sessuali verso le donne. In Italia la normativa di riferimento è costituita dalla Legge 300/1970.

G. L'orario di lavoro

In tema di orario di lavoro, lo standard SA 8000 dispone che l'azienda:! si conformi all'orario previsto dalle leggi vigenti e dagli standard

in uso nel settore;! adotti un orario di lavoro ordinario settimanale che rispetti i limiti

legislativi (in ogni caso non deve essere richiesto di lavorare continuativamente per un periodo superiore alle 48 ore settimanali);! conceda al personale almeno un giorno di riposo ogni 7 giorni

lavorativi;! retribuisca il lavoro straordinario (che deve essere volontario,

essere richiesto solo in circostanze aziendali eccezionali e per breve termine e non eccedere le 12 ore settimanali per lavoratore) con una tariffa oraria superiore a quella normale.La SA 8000 si prefigge in questo modo di limitare il lavoro

straordinario solo a casi eccezionali, quali picchi temporanei di richieste del mercato non prevedibili o altre situazioni di emergen-za (es.: scioperi che hanno bloccato la consegna delle materie prime o guasti degli impianti).

Per verificare che le condizioni fissate dalla SA 8000 siano rispettate, si può rispondere alle seguenti domande: quali sono le "circostanze eccezionali o di breve durata"? Gli straordinari sono volontari? Le registrazioni relative ai salari sono valide e accurate? La produzione pianificata e il numero di macchine presenti corrisponde alle registrazioni relative ai salari? Il calcolo risultante dal rapporto totale produzione e numero di dipendenti può essere di aiuto per verificare la necessità di ricorrere al lavoro straordina-rio? Ci sono segni indicanti che il lavoro è eseguito a casa per bypassare le restrizioni relative agli straordinari?

La tabella 6 riporta alcune norme nazionali che regolano l'orario di lavoro.

Tabella 6. Normativa nazionale sull'orario di lavoro.

Normativa nazionale:

Legge 53/2000Contratto collettivo nazionale del settore di riferimentoAccordo integrativo internoLavoro ordinario: 8 ore giornaliere e 40 ore settimanali, alcuni contratti prevedono 35 o 38 ore settimanali.

H. La remunerazione

Per ciò che concerne la remunerazione, la SA 8000 prevede che l'azienda garantisca che:! il salario pagato per una settimana lavorativa regolare sia

almeno conforme ai minimi retributivi legali o industriali e che sia sempre sufficiente a soddisfare i bisogni primari del personale, oltre a fornire un qualche guadagno aggiuntivo;! le trattenute sul salario non siano dovute a sanzioni disciplinari

e che la composizione dei salari e delle indennità retributive sia

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indicata chiaramente e regolarmente a beneficio dei lavoratori;! salari e indennità retributive siano erogati in piena conformità

alle leggi vigenti e che la retribuzione sia elargita in contanti o tramite assegno, secondo la modalità più conveniente per i lavoratori;! non vengano stipulati accordi di lavoro nero e programmi di

falso apprendistato volti ad evitare l'adempimento degli obblighi aziendali nei confronti del personale, in base alla legislazione vigente in materia di lavoro e di sicurezza sociale.Per poter verificare la correttezza dei salari occorre conoscere

informazioni quali:! la composizione della paga base;! il valore del paniere di bisogni alimentari nel Paese in cui il

lavoratore opera;! la definizione di "entrate discrezionali";! le registrazioni relative alla dimensione media familiare;! la verifica degli standard locali.

In molti Paesi, il salario minimo corrisponde alla soglia di povertà assoluta, che non permette di soddisfare i bisogni di base. In questi casi è possibile che l'azienda sia conforme alla legislazio-ne nazionale, ma violi i principi della SA 8000.

Ci sono diversi modi per determinare se uno stipendio permette di soddisfare i bisogni di base e garantire una vita dignitosa (a titolo di esempio cfr. Tabella 7). Il primo si basa sulla soglia di povertà di un dato Paese, sull'utilizzo di dati statistici prodotti da Enti governativi locali, Agenzie delle Nazioni Unite o istituzioni finanziare internazionali; il secondo si basa su di un paniere di sopravvivenza calcolato da una istituzione affidabile e indipendente.

In aggiunta a questi due metodi, ce ne sono altri tre raccoman-dati per verificare la corretta applicazione dei primi due. Nessuno di questi tre metodi può essere oggettivamente utilizzato per dimostrare la conformità degli stipendi rispetto ai requisiti dei bisogni basilari, tuttavia essi consentono di individuare l'esistenza di problemi nell'applicazione della formula o nella qualità dei dati utilizzati.

Tabella 7. Formula dei Basic Needs.

Fase 1: determinare il costo dei bisogni alimentari di base per una dieta corretta. Nella maggior parte dei Paesi tale dato è correttamente calcolato dal Governo

Fase 2: determinare quale percentuale delle entrate di famiglia è dedicata al cibo. Dividere 1 per tale percentuale al fine di ottenere un multiplo, che applicato al costo del cibo, fornisce una stima di quanto le entrate sono utilizzate per la spesa di ciascuna persona

Fase 3: determinare il numero dei componenti della famiglia. SAI raccomanda di utilizzare la metà della media dei nuclei familiari presenti nel Paese. Questo presume che ci sia almeno un componente della famiglia che contribuisce alle entrate. In una economia locale dove vi è una forte tendenza al lavoro di coppia occorre considerare che tale numero potrebbe crescere

Fase 4: determinare il moltiplicatore "che assicuri una vita dignitosa". SAI raccomanda di usare almeno il 10%

Fase 5: inserire i dati ottenuti alle fasi precedenti nella seguente formula: costo del paniere alimentare x (1 / % delle entrate medie spese in alimentari) x (.5 x dimensione media della famiglia) x 110%

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indicata chiaramente e regolarmente a beneficio dei lavoratori;! salari e indennità retributive siano erogati in piena conformità

alle leggi vigenti e che la retribuzione sia elargita in contanti o tramite assegno, secondo la modalità più conveniente per i lavoratori;! non vengano stipulati accordi di lavoro nero e programmi di

falso apprendistato volti ad evitare l'adempimento degli obblighi aziendali nei confronti del personale, in base alla legislazione vigente in materia di lavoro e di sicurezza sociale.Per poter verificare la correttezza dei salari occorre conoscere

informazioni quali:! la composizione della paga base;! il valore del paniere di bisogni alimentari nel Paese in cui il

lavoratore opera;! la definizione di "entrate discrezionali";! le registrazioni relative alla dimensione media familiare;! la verifica degli standard locali.

In molti Paesi, il salario minimo corrisponde alla soglia di povertà assoluta, che non permette di soddisfare i bisogni di base. In questi casi è possibile che l'azienda sia conforme alla legislazio-ne nazionale, ma violi i principi della SA 8000.

Ci sono diversi modi per determinare se uno stipendio permette di soddisfare i bisogni di base e garantire una vita dignitosa (a titolo di esempio cfr. Tabella 7). Il primo si basa sulla soglia di povertà di un dato Paese, sull'utilizzo di dati statistici prodotti da Enti governativi locali, Agenzie delle Nazioni Unite o istituzioni finanziare internazionali; il secondo si basa su di un paniere di sopravvivenza calcolato da una istituzione affidabile e indipendente.

In aggiunta a questi due metodi, ce ne sono altri tre raccoman-dati per verificare la corretta applicazione dei primi due. Nessuno di questi tre metodi può essere oggettivamente utilizzato per dimostrare la conformità degli stipendi rispetto ai requisiti dei bisogni basilari, tuttavia essi consentono di individuare l'esistenza di problemi nell'applicazione della formula o nella qualità dei dati utilizzati.

Tabella 7. Formula dei Basic Needs.

Fase 1: determinare il costo dei bisogni alimentari di base per una dieta corretta. Nella maggior parte dei Paesi tale dato è correttamente calcolato dal Governo

Fase 2: determinare quale percentuale delle entrate di famiglia è dedicata al cibo. Dividere 1 per tale percentuale al fine di ottenere un multiplo, che applicato al costo del cibo, fornisce una stima di quanto le entrate sono utilizzate per la spesa di ciascuna persona

Fase 3: determinare il numero dei componenti della famiglia. SAI raccomanda di utilizzare la metà della media dei nuclei familiari presenti nel Paese. Questo presume che ci sia almeno un componente della famiglia che contribuisce alle entrate. In una economia locale dove vi è una forte tendenza al lavoro di coppia occorre considerare che tale numero potrebbe crescere

Fase 4: determinare il moltiplicatore "che assicuri una vita dignitosa". SAI raccomanda di usare almeno il 10%

Fase 5: inserire i dati ottenuti alle fasi precedenti nella seguente formula: costo del paniere alimentare x (1 / % delle entrate medie spese in alimentari) x (.5 x dimensione media della famiglia) x 110%

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I. Il sistema gestionale

Il sistema di gestione previsto dalla norma SA 8000 è di fondamentale importanza in quanto differenzia questo standard da altri documenti quali dichiarazioni di intenti, codici di condotta, ecc.. Il sistema di gestione si articola nelle seguenti fasi.

a) La definizione delle responsabilità e l'elezione dei rappresen-tanti. L'azienda deve nominare un rappresentante della Direzione che, indipendentemente da altre eventuali responsabilità, assicuri il rispetto dei requisiti della SA 8000. Essa, inoltre, deve garantire che il personale operativo scelga un rappresentante tra i propri membri con il compito di facilitare le relazioni con la direzione in materie collegate alla presente norma.

Il rappresentante della Direzione deve conoscere i requisiti della norma SA 8000 e deve avere autorità e risorse adeguate in materia di responsabilità sociale.

Il rappresentante dei lavoratori, invece, deve: partecipare alle attività di monitoraggio e audit del sistema SA 8000; tenere riunioni con i dipendenti in materia di SA 8000 e registrarle; segnalare alla Direzione eventuali irregolarità nel rispetto della "Politica di Responsabilità Sociale" (tale politica deve: impegnare l'azienda a conformarsi a tutti i requisiti della SA 8000, a tutti quelli altrimenti sottoscritti dall'azienda, alle leggi nazionali e internazionali; comprendere un piano per il miglioramento continuo; essere effettivamente documentata, implementata, mantenuta attiva, comunicata e accessibile in forma comprensibile a tutto il persona-le. Per maggiori informazioni vedi all. 2); monitorare le azioni correttive intraprese dalla Direzione riferendo ai dipendenti sul loro stato di attuazione; formare i dipendenti in materia di SA 8000.Oltre a questi due rappresentanti, la SA 8000 parla del rappresentante della Direzione per Salute e Sicurezza.

b) Il riesame della direzione. L'Alta Direzione deve periodica-mente riesaminare l'adeguatezza, l'appropriatezza e la continua efficacia della politica aziendale, delle procedure e dei risultati di performance in ottemperanza ai requisiti previsti dalla SA 8000. Devono essere presi in considerazione in particolare: i risultati delle

verifiche ispettive interne; le non conformità eventualmente presentate dalle parti sociali coinvolte; i risultati degli audit sui fornitori ed i dati emersi da questionari di autocertificazione eventualmente utilizzati. Nel corso del riesame vengono approva-te: le eventuali azioni correttive da intraprendere in funzione della natura e criticità della non conformità, comprensive dei tempi previsti per l'adeguamento; la pianificazione dei successivi audit di sorveglianza o straordinari; gli obiettivi annuali da perseguire; la comunicazione esterna.

c) I programmi di formazione e comunicazione. L'azienda deve stabilire e mantenere attive procedure per comunicare regolar-mente, a tutte le parti interessate, i dati e le altre informazioni riguardanti la performance aziendale in relazione ai requisiti della SA 8000. Queste informazioni devono comprendere i risultati del riesame della Direzione e delle attività di monitoraggio.

Per quanto riguarda la comunicazione ai clienti, non appena ottenuta la certificazione, il Rappresentate della Direzione invia a tutti i clienti attivi una lettera di presentazione unitamente alla politica di responsabilità sociale. La stessa documentazione viene inoltrata ad ogni nuovo cliente, all'inizio del rapporto commerciale.

Con cadenza annuale, il Rappresentate della Direzione invia i risultati del riesame contenente le informazioni sui fornitori, su situazioni di non conformità e relative azioni correttive, su decisioni assunte nel riesame della Direzione stessa.

Per quanto invece concerne la comunicazione ad altre parti sociali, il Responsabile della Direzione invia al SAI e all'ente di certificazione, nonché a tutte le altre parti sociali che ne facciano richiesta, una relazione contenente una dettagliata analisi dei risultati della valutazione dei fornitori e del monitoraggio interno. Invia inoltre le eventuali segnalazioni di non conformità ricevute e le relative azioni correttive e di miglioramento intraprese.

Sul versante interno, l'azienda informa tutti i dipendenti in merito al progetto SA 8000 mediante apposito incontro che avrà il seguente programma: enunciazione dei contenuti del progetto SA 8000; elezione del rappresentante dei lavoratori; consegna e illustrazione della politica di responsabilità sociale e del modulo di segnalazione delle non conformità attraverso cui i dipendenti

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I. Il sistema gestionale

Il sistema di gestione previsto dalla norma SA 8000 è di fondamentale importanza in quanto differenzia questo standard da altri documenti quali dichiarazioni di intenti, codici di condotta, ecc.. Il sistema di gestione si articola nelle seguenti fasi.

a) La definizione delle responsabilità e l'elezione dei rappresen-tanti. L'azienda deve nominare un rappresentante della Direzione che, indipendentemente da altre eventuali responsabilità, assicuri il rispetto dei requisiti della SA 8000. Essa, inoltre, deve garantire che il personale operativo scelga un rappresentante tra i propri membri con il compito di facilitare le relazioni con la direzione in materie collegate alla presente norma.

Il rappresentante della Direzione deve conoscere i requisiti della norma SA 8000 e deve avere autorità e risorse adeguate in materia di responsabilità sociale.

Il rappresentante dei lavoratori, invece, deve: partecipare alle attività di monitoraggio e audit del sistema SA 8000; tenere riunioni con i dipendenti in materia di SA 8000 e registrarle; segnalare alla Direzione eventuali irregolarità nel rispetto della "Politica di Responsabilità Sociale" (tale politica deve: impegnare l'azienda a conformarsi a tutti i requisiti della SA 8000, a tutti quelli altrimenti sottoscritti dall'azienda, alle leggi nazionali e internazionali; comprendere un piano per il miglioramento continuo; essere effettivamente documentata, implementata, mantenuta attiva, comunicata e accessibile in forma comprensibile a tutto il persona-le. Per maggiori informazioni vedi all. 2); monitorare le azioni correttive intraprese dalla Direzione riferendo ai dipendenti sul loro stato di attuazione; formare i dipendenti in materia di SA 8000.Oltre a questi due rappresentanti, la SA 8000 parla del rappresentante della Direzione per Salute e Sicurezza.

b) Il riesame della direzione. L'Alta Direzione deve periodica-mente riesaminare l'adeguatezza, l'appropriatezza e la continua efficacia della politica aziendale, delle procedure e dei risultati di performance in ottemperanza ai requisiti previsti dalla SA 8000. Devono essere presi in considerazione in particolare: i risultati delle

verifiche ispettive interne; le non conformità eventualmente presentate dalle parti sociali coinvolte; i risultati degli audit sui fornitori ed i dati emersi da questionari di autocertificazione eventualmente utilizzati. Nel corso del riesame vengono approva-te: le eventuali azioni correttive da intraprendere in funzione della natura e criticità della non conformità, comprensive dei tempi previsti per l'adeguamento; la pianificazione dei successivi audit di sorveglianza o straordinari; gli obiettivi annuali da perseguire; la comunicazione esterna.

c) I programmi di formazione e comunicazione. L'azienda deve stabilire e mantenere attive procedure per comunicare regolar-mente, a tutte le parti interessate, i dati e le altre informazioni riguardanti la performance aziendale in relazione ai requisiti della SA 8000. Queste informazioni devono comprendere i risultati del riesame della Direzione e delle attività di monitoraggio.

Per quanto riguarda la comunicazione ai clienti, non appena ottenuta la certificazione, il Rappresentate della Direzione invia a tutti i clienti attivi una lettera di presentazione unitamente alla politica di responsabilità sociale. La stessa documentazione viene inoltrata ad ogni nuovo cliente, all'inizio del rapporto commerciale.

Con cadenza annuale, il Rappresentate della Direzione invia i risultati del riesame contenente le informazioni sui fornitori, su situazioni di non conformità e relative azioni correttive, su decisioni assunte nel riesame della Direzione stessa.

Per quanto invece concerne la comunicazione ad altre parti sociali, il Responsabile della Direzione invia al SAI e all'ente di certificazione, nonché a tutte le altre parti sociali che ne facciano richiesta, una relazione contenente una dettagliata analisi dei risultati della valutazione dei fornitori e del monitoraggio interno. Invia inoltre le eventuali segnalazioni di non conformità ricevute e le relative azioni correttive e di miglioramento intraprese.

Sul versante interno, l'azienda informa tutti i dipendenti in merito al progetto SA 8000 mediante apposito incontro che avrà il seguente programma: enunciazione dei contenuti del progetto SA 8000; elezione del rappresentante dei lavoratori; consegna e illustrazione della politica di responsabilità sociale e del modulo di segnalazione delle non conformità attraverso cui i dipendenti

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possono mettere in evidenza situazioni aziendali contrastanti con i principi riportati nella politica.

Analoga formazione viene svolta anche ad eventuali collabora-tori occasionali o prestatori d'opera, nonché ad ogni neoassunto. Annualmente vengono comunicati a tutti i dipendenti i risultati del riesame della Direzione.

d) La gestione dei fornitori. L'azienda deve stabilire e mantenere attive appropriate procedure per la valutazione e la selezione dei fornitori, sub-appaltatori/sub-fornitori sulla base della loro capacità di rispondere ai requisiti della SA 8000 (può essere utile a tale scopo la check list fornita in all. 1).

L'azienda deve mantenere appropriate registrazioni in relazione all'impegno dei fornitori, sub-appaltatori e sub-fornitori nei confronti della responsabilità sociale che includa, ma non si limiti, al loro impegno per iscritto a: conformarsi a tutti i requisiti della presente norma; partecipare alle attività di monitoraggio aziendale; rimedia-re immediatamente ad ogni non-conformità identificata rispetto ai requisiti SA 8000; informare prontamente l'azienda di qualsiasi rilevante relazione economica con altri fornitori/sub-appaltatori e sub-fornitori.

Quando l'azienda riceve, lavora o promuove beni e/o servizi da fornitori/sub-appaltatori o sub-fornitori classificati come lavoratori a domicilio, deve intraprendere azioni adeguate al fine di assicurare che i lavoratori a domicilio ricevano le stesse garanzie dei lavoratori impiegati direttamente in azienda e tutelati dai requisiti della norma. Queste azioni devono includere (ma non essere limitate): stabilire legali contratti di acquisto scritti riportanti la necessità di essere conformi ai criteri minimi riportati in questo standard; assicurare che i requisiti previsti dai contratti di acquisto siano compresi ed implementati dai dipendenti e da tutte le parti sociali coinvolte contrattualmente; tenere a disposizione chiare registra-zioni dettaglianti l'identità dei lavoratori a domicilio, la quantità di prodotti/servizi ottenuti o l'ammontare delle ore lavorate da ciascun lavoratore a domicilio; eseguire frequenti attività di monitoraggio al fine di verificare la conformità ai requisiti del contratto di acquisto.

La gestione dei fornitori, pur essendo un aspetto estremamen-te importante, può diventare difficile per diversi motivi. In caso di

scoperta di irregolarità commesse dai fornitori, può essere estremamente difficile per una azienda di piccole dimensioni richiedere cambiamenti significativi ad un fornitore di grandi dimensioni. Inoltre, nel caso in cui l'azienda abbia un numero elevato di fornitori distribuiti su un territorio molto ampio, non è sempre agevole identificare le aziende coinvolte, definire il sistema di gestione e visitare i fornitori e i sub-appaltatori. Infine, gli intermediari commerciali sono solitamente riluttanti a fornire il nome e la localizzazione dei fornitori di cui si avvalgono.

Per avere una prima situazione sulla conformità o meno ai requisiti della norma, si può utilizzare un questionario da inviare al fornitore in funzione della sua criticità legata alla merceologia trattata, al Paese di provenienza, alla storia aziendale e alle dimensioni. Sulla base dei risultati ottenuti, si può decidere di programmare ed eseguire verifiche ispettive presso il fornitore. La valutazione dei fornitori deve essere ripetuta periodicamente in funzione anche dei risultati ottenuti.

e) La pianificazione, le procedure, i moduli di registrazione e le liste di riscontro per dimostrare la conformità ai requisiti dello standard. L'azienda deve garantire che i requisiti della presente norma siano compresi ed implementati a tutti i livelli dell'organizzazione. Le modalità per raggiungere questo risultato devono includere (ma non limitarsi): la chiara definizione di ruoli, responsabilità e autorità; la formazione del personale di nuova assunzione o temporaneo; la formazione periodica e programmi di sensibilizzazione per il personale esistente; il continuo monito-raggio delle attività e dei risultati per dimostrare l'efficacia dei sistemi implementati in relazione alla politica aziendale e ai requisiti della presente norma.

Tali informazioni potrebbero essere raccolte all'interno del Manuale di responsabilità sociale, contenente la politica e tutte le procedure richieste dallo standard (procedura di rimedio per lavoro infantile, procedura di controllo dei fornitori e procedura di comunicazione).

f) L'implementazione di azioni correttive. L'azienda deve implementare rimedi e azioni correttive e destinare risorse

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possono mettere in evidenza situazioni aziendali contrastanti con i principi riportati nella politica.

Analoga formazione viene svolta anche ad eventuali collabora-tori occasionali o prestatori d'opera, nonché ad ogni neoassunto. Annualmente vengono comunicati a tutti i dipendenti i risultati del riesame della Direzione.

d) La gestione dei fornitori. L'azienda deve stabilire e mantenere attive appropriate procedure per la valutazione e la selezione dei fornitori, sub-appaltatori/sub-fornitori sulla base della loro capacità di rispondere ai requisiti della SA 8000 (può essere utile a tale scopo la check list fornita in all. 1).

L'azienda deve mantenere appropriate registrazioni in relazione all'impegno dei fornitori, sub-appaltatori e sub-fornitori nei confronti della responsabilità sociale che includa, ma non si limiti, al loro impegno per iscritto a: conformarsi a tutti i requisiti della presente norma; partecipare alle attività di monitoraggio aziendale; rimedia-re immediatamente ad ogni non-conformità identificata rispetto ai requisiti SA 8000; informare prontamente l'azienda di qualsiasi rilevante relazione economica con altri fornitori/sub-appaltatori e sub-fornitori.

Quando l'azienda riceve, lavora o promuove beni e/o servizi da fornitori/sub-appaltatori o sub-fornitori classificati come lavoratori a domicilio, deve intraprendere azioni adeguate al fine di assicurare che i lavoratori a domicilio ricevano le stesse garanzie dei lavoratori impiegati direttamente in azienda e tutelati dai requisiti della norma. Queste azioni devono includere (ma non essere limitate): stabilire legali contratti di acquisto scritti riportanti la necessità di essere conformi ai criteri minimi riportati in questo standard; assicurare che i requisiti previsti dai contratti di acquisto siano compresi ed implementati dai dipendenti e da tutte le parti sociali coinvolte contrattualmente; tenere a disposizione chiare registra-zioni dettaglianti l'identità dei lavoratori a domicilio, la quantità di prodotti/servizi ottenuti o l'ammontare delle ore lavorate da ciascun lavoratore a domicilio; eseguire frequenti attività di monitoraggio al fine di verificare la conformità ai requisiti del contratto di acquisto.

La gestione dei fornitori, pur essendo un aspetto estremamen-te importante, può diventare difficile per diversi motivi. In caso di

scoperta di irregolarità commesse dai fornitori, può essere estremamente difficile per una azienda di piccole dimensioni richiedere cambiamenti significativi ad un fornitore di grandi dimensioni. Inoltre, nel caso in cui l'azienda abbia un numero elevato di fornitori distribuiti su un territorio molto ampio, non è sempre agevole identificare le aziende coinvolte, definire il sistema di gestione e visitare i fornitori e i sub-appaltatori. Infine, gli intermediari commerciali sono solitamente riluttanti a fornire il nome e la localizzazione dei fornitori di cui si avvalgono.

Per avere una prima situazione sulla conformità o meno ai requisiti della norma, si può utilizzare un questionario da inviare al fornitore in funzione della sua criticità legata alla merceologia trattata, al Paese di provenienza, alla storia aziendale e alle dimensioni. Sulla base dei risultati ottenuti, si può decidere di programmare ed eseguire verifiche ispettive presso il fornitore. La valutazione dei fornitori deve essere ripetuta periodicamente in funzione anche dei risultati ottenuti.

e) La pianificazione, le procedure, i moduli di registrazione e le liste di riscontro per dimostrare la conformità ai requisiti dello standard. L'azienda deve garantire che i requisiti della presente norma siano compresi ed implementati a tutti i livelli dell'organizzazione. Le modalità per raggiungere questo risultato devono includere (ma non limitarsi): la chiara definizione di ruoli, responsabilità e autorità; la formazione del personale di nuova assunzione o temporaneo; la formazione periodica e programmi di sensibilizzazione per il personale esistente; il continuo monito-raggio delle attività e dei risultati per dimostrare l'efficacia dei sistemi implementati in relazione alla politica aziendale e ai requisiti della presente norma.

Tali informazioni potrebbero essere raccolte all'interno del Manuale di responsabilità sociale, contenente la politica e tutte le procedure richieste dallo standard (procedura di rimedio per lavoro infantile, procedura di controllo dei fornitori e procedura di comunicazione).

f) L'implementazione di azioni correttive. L'azienda deve implementare rimedi e azioni correttive e destinare risorse

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adeguate ed appropriate alla natura e alla gravità di ogni non-conformità, nei confronti della politica aziendale e dei requisiti della presente norma. Essa deve astenersi dal prendere provvedimenti disciplinari, licenziare o discriminare qualsiasi dipendente che fornisca informazioni riguardanti la conformità alla presente norma. Deve inoltre gestire le segnalazioni scritte o verbali provenienti dai dipendenti o dai fornitori, al fine di analizzarne la causa e definire il trattamento, individuando le appropriate azioni correttive. Le segnalazioni possono essere effettuate in diversi modi: la "cassetta dei suggerimenti", l'invio di e-mail in forma anonima, le segnalazio-ni verbali al rappresentante dei lavoratori.

g) L'accesso alla verifica. Dove richiesto contrattualmente, le parti interessate possono esigere dall'azienda ragionevoli informa-zioni sulla conformità ai requisiti della SA 8000.

Qualora ulteriormente specificato nel contratto, le stesse informazioni e la possibilità di accesso devono essere ugualmente garantite dai fornitori e dai sub-fornitori dell'azienda (prevedendo tale possibilità nei contratti di acquisto dell'azienda).

Ragione sociale Azienda __________________________________

Tipo di Società (Spa, Srl, Sas, Scarl,..) ________________________

Indirizzo ________________________________________________

Codice postale ______________ Città _______________________

telefono ______________________fax ________________________

Direttore _____________________________________________

Presidente ____________________________________________

Proprietà _____________________________________________

Prodotti principali ______________________________________

L'azienda ha sede in una zona a statuto speciale?

_______________________________________________________

Se si, che tipo di agevolazioni riceve? _______________________

__________________________________________________

Per i prodotti forniti all'azienda sono stati impiegati dei sub-fornitori?

________________________________________________________

Firma del responsabile della certificazione____________________

Nome esteso_________________________________________

data_________________

Per quanto concerne il trattamento dei dati ai sensi degli articoli 10

e 11 della legge n.675/96, ……

ALLEGATI

Allegato 1. CHECK LIST DELLAVALUTAZIONE FORNITORISECONDO I REQUISITI DELLO STANDARD SA 8000

2928

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Caso Autogrilldi Stefania Bertolini

* Tratto da: MOLTENI M., DEVIGILI D., Il cause related marketing nella strategia d’impresa, FrancoAngeli 2004.

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Autogrill – Progetto in Viaggio con Telethon1

1. Autogrill Autogrill, con 41.000 collaboratori e 4.300 punti di ristoro in circa 890

sedi (in prevalenza lungo le autostrade, negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie e nei centri commerciali), è oggi leader mondiale nel settore della ristorazione per chi viaggia. Nel 2002 ha realizzato un fatturato di poco più di 3,3 miliardi di euro.

Autogrill nasce nel 1977 dalla fusione di tre marchi prestigiosi della ristorazione italiana facenti parte del Gruppo SME: Pavesi, Motta e Alemagna. In quel momento, il mercato di Autogrill è principalmente costituito da viaggiatori autostradali. Solo cinque anni dopo l’azienda decide di entrare nel segmento della ristorazione cittadina con i ristoranti self-service Ciao (1982) e, successivamente, con i locali Spizzico (1989).

Una tappa importante della storia aziendale è datata 1995, quando l’impresa, fino a quel momento di proprietà pubblica (IRI), viene privatizzata passando sotto il controllo di Edizione Holding, la finanziaria della famiglia Benetton. L’anno successivo Autogrill viene quotata alla Borsa di Milano. Nello stesso anno l’azienda entra nel business aeroportuale.

Dal 1993 al 1999 Autogrill espande la propria attività all’estero arrivando a servire con i propri prodotti 15 Paesi, tra cui Grecia, Austria, Germania, Francia, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Spagna, Stati Uniti, Canada, Svizzera. La tabella 1 mostra la distribuzione delle location presidiate da Autogrill nel mondo suddivise in base alla tipologia di canale di vendita.

1 Il caso è stato elaborato da Stefania Bertolini.

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Tab. 1 – Presenza Autogrill per tipo di canale e area geografica (in termini di location presidiate) Autostrade Aeroporti Centri

comm.li e città

Stazioni ferroviarie

TOTALE

Italia 344 7 94 7 452 Resto Europa 186 2 60 22 270 Stati Uniti 81 72 12 0 165 Altri Paesi 0 5 0 0 5 TOTALE 611 86 166 29 892

Fonte: Autogrill, 2002. Lo sviluppo di Autogrill è guidato dalla volontà di soddisfare le differenti

esigenze di ristorazione dei vari segmenti di clientela. Per questo motivo l’azienda differenzia l’offerta proponendo un’ampia scelta di formule: bar, ristorante self-service, coffee shop, hamburger restaurant, pizza, fast food, ecc.

Rispondendo alla medesima logica, anche la localizzazione interessa diversi contesti sociali: aeroporti, stazioni ferroviarie, autostrade, centri commerciali, aree cittadine di passaggio e così via.

Nel tempo, all’attività di ristorazione – che permane primaria – si è affiancata quella di retail alimentare e non (giornali, libri, souvenir, ecc.).

La varietà di offerta di Autogrill è resa possibile da molti marchi: alcuni di proprietà (tra cui Acafe, Ciao, Spizzico, Snack Bar, Market, La Galleria, Toilette Lounge, Pains à la ligne) e altri in franchising (tra cui Burger King, Starbucks Coffee, Pizza Hut, Sbarro, Chili’s Too, Expedia.com Café, CPK ASAP, Simply Books, KFC Express, Cinnabon, Roots).

2. Telethon Il termine Telethon nasce dall’unione delle parole “television” e

“marathon” e indica un avvenimento televisivo di lunga durata organizzato a scopo benefico. La prima edizione di Telethon si è tenuta nel 1966 negli Stati Uniti su iniziativa di Jerry Lewis per sostenere gli studi sulla distrofia muscolare. In considerazione del suo successo, l’iniziativa è stata replicata in altri Paesi. In Italia, un comitato promotore, presieduto da Susanna Agnelli sotto l’egida dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, ha chiesto e

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ottenuto la concessione del marchio Telethon nel 1990 per perseguire la missione di2: • fare avanzare la ricerca scientifica verso la cura della distrofia muscolare e

delle altre malattie genetiche; • dare la priorità alle malattie che per la loro rarità sono trascurate dai grandi

investimenti pubblici ed industriali. Nel 1995 è stata creata una Fondazione Telethon per la gestione di tutte le

iniziative di ricerca. Il Comitato Telethon Fondazione Onlus si occupa invece della raccolta fondi e del loro impiego. Le somme da destinare agli obiettivi istituzionali provengono da offerte di singoli cittadini, aziende, associazioni, fondazioni bancarie, comuni, province e regioni. L’assegnazione dei fondi raccolti a specifici progetti di ricerca avviene tramite concorso: i progetti che hanno risposto al bando vengono valutati e selezionati dalla Commissione Medico-Scientifica di Telethon composta da scienziati di diverse nazioni.

In Italia i risultati ottenuti dal 1990 al 2002 sono più che soddisfacenti: 187 milioni di euro raccolti; 1.500 progetti di ricerca finanziati; 90 scoperte di valore mondiale effettuate.

3. L’accordo Autogrill - Telethon Il progetto “Autogrill in viaggio con Telethon” (la figura 1 mostra il logo

dell’iniziativa) è nato nel marzo 2000 dalla volontà del top management di sposare un’iniziativa caratterizzata da ampia visibilità in Italia e all’estero (dove Telethon è un nome molto conosciuto e per un’azienda dire di avervi aderito costituisce un apprezzato segno distintivo).

Fig. 1- Logo dell’iniziativa “Autogrill in viaggio con Telethon”

2 Cfr. sito internet www.telethon.it.

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Nei piani dei dirigenti di Autogrill, la notorietà di Telethon avrebbe anche permesso all’azienda di catalizzare l’attenzione dei propri clienti e dei partner commerciali sulle responsabilità e sui valori di un’azienda leader a livello mondiale nel proprio settore.

Tale leadership era ancora ignorata dalla maggior parte dei clienti Autogrill anche a causa della velocità con cui questa posizione era stata guadagnata: si pensi che nel 1998 circa il 90% del fatturato del Gruppo era prodotto in Italia, mentre solo tre anni più tardi il mercato nord americano contribuiva al giro d’affari per il 55% (soprattutto grazie all’acquisizione del 100% della statunitense HMSHost).

Anche la tipologia di cliente target era cambiata in poco tempo: nel 1998 l’85% del fatturato proveniva dai viaggiatori delle autostrade, mentre dal 2000 Autogrill aveva allargato l’offerta ad aeroporti, città e centri commerciali. Alla fine del 2002 il fatturato generato dal canale autostrade è stato pari al 47% del fatturato di Gruppo.

La collaborazione con Telethon non scaturisce da un processo strutturato di selezione di possibili partner non profit. Considerate la popolarità e la visibilità ottenute in pochi anni, Telethon si qualifica subito come un ottimo partner per Autogrill, soprattutto in forza di: • qualità dell’immagine, in quanto soggetto non profit leader nel suo settore

con un’ottima reputazione presso il pubblico; • efficacia dell’iniziativa promossa in termini di notorietà, capacità di

attrarre l’attenzione dei consumatori e sensibilizzarli alla causa; • valutazione costi/benefici effettuata sulla base di stime connesse alle

precedenti edizioni di Telethon e derivanti da passate esperienze di Autogrill in campo sociale. Il progetto ha coinvolto gran parte della struttura organizzativa, non solo

italiana. Oltre alla Direzione Generale Italia, sono state interessate la Dire-zione Marketing che ha selezionato i prodotti Autogrill per Telethon e le leve del marketing da attivare, i Sistemi Informativi e l’Amministrazione che hanno adattato le casse e i software, le Risorse Umane che hanno provveduto a formare tutta la rete italiana, e la Direzione Vendite. Il coordinamento delle attività di comunicazione è stato affidato alla funzione di Relazioni Esterne Corporate collocata in staff all’Amministratore Delegato di Gruppo.

4. Autogrill e l’impegno sociale Perché questo intervento nel “sociale” da parte di Autogrill? Il principio

chiave, condiviso dal management, può essere sintetizzato come segue: “il

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vantaggio di essere i primi comporta il dovere di essere i migliori”. In altri termini, le aziende che possono permettersi – anche in virtù della loro dimensione – di contribuire al benessere della comunità in cui operano o, più in generale, sostenere una giusta causa, hanno il dovere di farlo. La responsabilità sociale deve essere una delle componenti della leadership insieme all’innovazione tecnologica e agli alti standard qualitativi. Conse-guentemente, per l’azienda produttrice di servizi di ristorazione la colla-borazione con Telethon non è né l’unico, né il primo intervento nel settore non profit. Essa si inserisce, invece, in un più ampio impegno nei confronti della comunità.

Sebbene la collaborazione con Telethon costituisca l’azione più impegnativa, Autogrill sostiene da tempo altri enti non profit, tra cui: • l’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro): a cui Autogrill

da diversi anni versa un contributo destinato alla ricerca scientifica e alla diffusione dell’informazione oncologica;

• la Susan G. Komen Breast Cancer Foundation: con cui Autogrill organizza, dal 2000 con cadenza annuale, una mini-maratona, competitiva e non, per le strade di Roma per finanziare progetti educativi e di supporto nella lotta ai tumori al seno;

• l’Università di Pavia: Autogrill ha organizzato il concorso legato al mondo dell’arte “2003 il giro del mondo”, per raccogliere fondi per una borsa di studio dedicata alla terapia dell’HIV. Le somme necessarie sono state raccolte mediante la vendita all’asta di alcuni quadri realizzati da giovani artisti emergenti (segnalati dalle Accademie delle Belle Arti italiane) che hanno partecipato al concorso. Il quadro primo classificato, oltre a vincere un premio di 5.000 euro, è stato anche utilizzato da Autogrill come copertina del proprio bilancio d’esercizio;

• l’Ospedale Sacco di Milano: nel 2003 per circa un mese in tutti gli Autogrill dell’Emilia Romagna, della Liguria, del Piemonte, della Lombardia e della Valle d’Aosta sono state raccolte mance, resti, donazioni liberali per finanziare la ricerca sul morbo di Parkinson portata avanti dall’Ospedale Sacco di Milano.

5. Il primo anno: il 2001 Nel primo anno di collaborazione con Telethon, Autogrill ha optato per

una contribuzione strettamente connessa al proprio core business iden-tificando alcuni prodotti che potessero prestarsi a un’operazione di cause related marketing.

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Sono stati selezionati i prodotti più venduti e consumati nei tre pasti della giornata (colazione, pranzo e cena): i Menù Mattina (brioche, spremuta di arancia e caffè o cappuccino), i primi piatti della catena Ciao, i menù Pata Pizza della catena Spizzico.

A ognuno di questi prodotti è stato applicato un mark-up di 0,05 euro per le vendite effettuate nel periodo compreso tra il 13 settembre e il 16 dicembre 2001, quando i consumatori venivano invitati ad aderire all’iniziativa con lo slogan: “Prenditi il gusto di alimentare la ricerca”. Autogrill, dal canto suo, si è impegnata a devolvere a Telethon la stessa somma di quella raccolta con il solo contributo della clientela.

L’operazione è stata attivata in oltre 430 punti vendita sulle autostrade, nelle città, nei centri commerciali, negli aeroporti e nelle stazioni. In aggiunta alla contribuzione legata ai prodotti, dal 15 ottobre al 16 dicembre 2001 è stata promossa in tutti i punti vendita Autogrill la Telethon Card, una ricevuta di donazione del valore di 5 euro per i clienti che intendessero contribuire alla causa. Un portachiavi con i simboli dell’iniziativa e l’abbonamento alla newsletter Telethon Notizie hanno costituito la contropartita di tale donazione.

Nella collaborazione con Telethon per il 2001, Autogrill non si è limitata a un contributo economico ma: • ha erogato ai propri dipendenti (10.000 persone in tutta Italia) circa 2.500

ore di formazione sulle modalità di vendita suggerita, sulle malattie genetiche e su Telethon. Le riunioni sono state strutturate a cascata: il Direttore Generale ha formato le Direzioni, le Direzioni i Capi Area e i Capi Area il personale dei punti vendita;

• ha predisposto premi per i locali che avessero contribuito maggiormente in termini di somme raccolte (week-end a Roma per assistere alla Maratona TV; trolley da viaggio personalizzato e articolo sull’House Organ Autogrill);

• ha fornito al proprio personale T-shirt e spille con il logo dell’iniziativa. Oltre a ciò ha dovuto intervenire sulle casse (per separare il prezzo di

acquisto del prodotto dal contributo Telethon) e modificare il proprio software gestionale.

Per l’azienda il costo di questa operazione è stato pari a circa 1 milione di euro (nello stesso anno il Gruppo ha speso 1,3 milioni di euro per iniziative sociali nei 15 Paesi in cui opera): 300.000 euro sotto forma di contributi diretti a Telethon e la parte restante per costi organizzativi e promozionali. Tale valore è tanto più significativo se si pensa che nel 2001 Autogrill ha chiuso l’esercizio in perdita. Il 2001 è infatti stato uno degli anni più difficili nella storia del Gruppo per il verificarsi di una serie di eventi che hanno influito negativamente sui mercati di riferimento: le epidemie di BSE e di afta

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epizootica, la recessione negli Stati Uniti e gli attentati terroristici dell’11 settembre hanno avuto un forte contraccolpo sui flussi del traffico passeggeri – soprattutto negli aeroporti degli Stati Uniti – e dunque sui ricavi di Autogrill. A questo proposito, è opportuno ricordare che il 55% del fatturato del Gruppo proviene dal Nord America e che a questo 55% il contributo maggiore viene dato proprio dai locali posizionati negli aeroporti. Per fronteggiare questi eventi, il Gruppo ha migliorato la propria offerta e sottoposto l’organizzazione a un profondo processo di revisione, sostenendo oneri straordinari per circa 20 milioni di euro.

Contemporaneamente, le attività d’investimento e di sviluppo degli anni precedenti avevano originato un livello di ammortamenti piuttosto elevato. La combinazione di questi fenomeni ha comportato una perdita di 13 milioni di euro.

6. La comunicazione 2001 Lo slogan della campagna comunicazionale per la prima collaborazione di

Autogrill alla causa Telethon è stato: “Prenditi il gusto di alimentare la ricerca”. Esso compariva sulle T-shirt del personale addetto al servizio ai consumatori e sulle locandine pubblicitarie affisse nei punti vendita (figura 2).

Oltre alla pubblicità nei punti vendita, la campagna di comunicazione dell’iniziativa ha coinvolto: • radio: sono stati mandati in onda due flight pubblicitari di tre settimane

ciascuno, con spot da 15 e 30 secondi sui principali circuiti radiofonici nazionali;

• stampa: sono stati pubblicati annunci su Il Corriere della Sera e La Repubblica e organizzate diverse conferenze stampa sia in occasione del lancio dell’iniziativa (12 luglio 2001), sia come strumento di aggior-namento (16 ottobre 2001). Per dare maggiore risalto a questa seconda conferenza stampa, Autogrill ha commissionato alla CIRM un sondaggio su “Gli italiani e le donazioni” (vedi tabella 2) da cui è emerso l’ampio favore che i consumatori riservano alle aziende che si attivano su iniziative con valenza sociale;

• televisione: durante la maratona televisiva sono state effettuate riprese e interviste nei punti di vendita Autogrill con testimonial che sostenevano l’operazione;

• internet: sul sito istituzionale Autogrill è stata data la possibilità di effettuare donazioni on-line.

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Fig. 2 – Comunicazione istituzionale e di prodotto “Autogrill in viaggio con Telethon” 2001

Tab. 2 – Sintesi del sondaggio CIRM “Gli italiani e le donazioni”

Percentuale

Italiani che giudicano positivamente le iniziative benefiche delle aziende 85%

Italiani che ritengono che le iniziative benefiche migliorino l’immagine delle aziende 74%

Italiani che hanno aumentato le donazioni dopo l’11 settembre 4%

Fonte: CIRM, ottobre 2001. Il piano di comunicazione ha inteso valorizzare l’iniziativa anche nei mesi

successivi alla maratona TV del dicembre 2001 tramite comunicati stampa all’esterno e riunioni per il personale all’interno dell’azienda, in cui si sono illustrati i risultati raggiunti (vedi figura 3).

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Fig. 3 – Il piano di comunicazione da aprile 2001 a marzo 2002

Fonte: presentazione Autogrill - Master Publitalia, 2002.

7. I risultati 2001 Nel 2001 Autogrill ha contribuito alla ricerca sulle malattie genetiche

contattando circa 4.800.000 consumatori e raccogliendo 922.396,38 euro, un sostegno maggiore rispetto a quello che aveva ipotizzato all’inizio del suo coinvolgimento.

Rilevazioni condotte da Autogrill hanno dimostrato che per quanto riguarda i punti vendita tale contributo è provenuto per la maggior parte dai locali posizionati nelle reti autostradali (58% del totale), seguiti dai centri commerciali (19%) e dalle città (18%) (vedi grafico 1). Per quanto invece concerne le tipologie di prodotto, il maggiore apporto alla raccolta è provenuto dai primi piatti (57%), seguiti dai Menù Pata Pizza (24%), i Menù Mattina Caffè (11%) e i Menù Mattina Cappuccio (8%) (vedi grafico 2).

Anche se non rientrava negli obiettivi principali, nel 2001 Autogrill ha registrato un incremento nelle vendite dei prodotti legati a Telethon. In particolare, rispetto al 2000 si è registrato: • + 0,6% per i Primi piatti;

TV

Prodotti Autogrill per Telethon

ComunicazioneEsterna

Comunicazione Interna

Apr. Mag. Giu. Lug. Ago Sett. Ott. Nov. Dic. Gen02. Feb. Mar.

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• + 0,9% per i Menù Mattina; • + 0,9% per i Menù Pata Pizza.

A titolo di esempio, si veda la tabella 3 relativa al confronto nelle vendite del Menù Mattina nel periodo 13 settembre – 16 dicembre 2000 e 2001.

Gli aumenti nelle vendite dei “prodotti Telethon” hanno consentito all’azienda di capire quanto la clientela era disposta a orientare i propri acquisti per contribuire a una causa sociale (l’aumento delle vendite dei prodotti in questione è, infatti, quasi completamente attribuibile alla campagna Telethon in quanto sugli stessi non è stata fatta alcuna pubblicità supplementare).

I benefici della campagna Telethon si sono estesi ad altri indicatori. Oltre a una maggiore professionalità del personale relativamente alle operazioni di vendita suggerita e all’aumentata vicinanza al territorio, si è registrato: • un miglioramento dell’immagine percepita dal cliente e una maggiore

visibilità dei prodotti verificata tramite ricerche di mercato ad hoc; • un clima interno più sereno e coeso e un maggiore senso di appartenenza

all’azienda provato dai dipendenti. Tale mutamento è stato valutato grazie alle procedure di “analisi del clima” (interviste ai dipendenti) gestite dalla funzione Risorse Umane in collaborazione con una società di consulenza esterna. Inoltre, nei mesi della campagna Telethon, e in quelli immedia-tamente successivi, è aumentato esponenzialmente il numero di lettere inviate dai dipendenti al giornalino aziendale. L’oggetto della quasi totalità di queste lettere era inerente ad episodi connessi all’operazione “Autogrill in viaggio con Telethon”. Un beneficio indiretto, ma non per questo meno importante, è legato alla

partecipazione di Autogrill alle gare pubbliche per l’appalto dei locali in aeroporti o su autostrade dove la reputazione e l’impegno sociale hanno un peso crescente, sia in Europa che negli Stati Uniti.

Tab. 3 – Confronto dati Menù Mattina 2000 - 2001 nel periodo della campagna Autogrill - Telethon

Menù Mattina Numero pezzi venduti Incidenza sul totale vendite

Periodo 13/9 – 16/12 13/9 – 16/12

2000 606.000 1,7%

2001 941.000 2,6%

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Graf. 1 – L’apporto dei canali alla raccolta Telethon 2001

Autostrada 56%

Città18%

Altro8%

Centri Commerciali

19%

Graf. 2 – L’apporto dei prodotti alla raccolta Telethon 2001

Primi piatti57%

Menù Pata Pizza24%

Menù Mattina Cappuccio

8%Centri

Commerciali19%

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8. Il secondo anno: il 2002 Forte dei risultati soddisfacenti dell’anno precedente, anche nel 2002

Autogrill ha voluto dare il proprio contributo alla lotta contro le malattie genetiche. Il 17 ottobre ha preso così il via la seconda edizione di “Autogrill in viaggio con Telethon”.

Dal 17 ottobre 2002 al 31 gennaio 2003, i clienti Autogrill hanno potuto contribuire alla raccolta fondi: • acquistando il CD “Autogrill… da 25 anni l’Italia che va”, realizzato

direttamente dall’azienda e contenente canzoni che citano la parola “autogrill” nel testo o ispirate al tema del viaggio. Dei 10 euro del prezzo del CD, 5 sono stati devoluti direttamente a Telethon. La parte restante è stata donata a Telethon a consuntivo, una volta dedotti i costi di produzione;

• acquistando la Telethon Card, come nell’edizione precedente. Nel 2002 tale carta è stata di importo pari a 5 o 20 euro e il ricavato della sua vendita è stato completamente devoluto a Telethon;

• con un’offerta nei salvadanai posti sui banconi dei punti vendita Autogrill. Nel 2002 sono stati coinvolti 450 punti vendita in tutto il territorio

nazionale e 10.000 collaboratori Autogrill. In questo secondo anno, Autogrill ha contenuto la somma stanziata per

l’intera operazione: eccezion fatta per i 240.000 euro devoluti a Telethon (non derivanti dalla vendita dei CD, della Telethon Card o raccolti dai salvadanai), le altre spese (ad esempio, quelle per la campagna stampa, per la cartellonistica, ecc.) sono state limitate al minimo. Tale esigenza è imputabile alla situazione di mercato ancora critica che Autogrill si è trovata ad affrontare nell’anno.

La comunicazione pubblicitaria è stata sicuramente la parte maggiormente penalizzata dal taglio di budget 2002. Sono infatti state ridotte le presenze sui quotidiani e i messaggi pubblicitari sulle frequenze radiofoniche.

Autogrill è stata presente anche questa volta al Teatro delle Vittorie in occasione delle 36 ore di diretta televisiva dove i rappresentanti aziendali hanno potuto motivare l’impegno del Gruppo.

9. I risultati 2002 Nel corso della seconda edizione sono stati raccolti circa 800.000 euro

grazie alla solidarietà di circa 3 milioni di clienti, alla vendita di circa 26.000 CD e al contributo diretto di Autogrill.

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Per quanto riguarda l’apporto dei diversi punti vendita alla raccolta fondi (vedi grafico 3), come l’anno precedente il ruolo principale è stato giocato dai negozi posizionati lungo la rete autostradale italiana (56% sul totale dei fondi raccolti). Un contributo significativo è stato dato anche dai locali delle città (22%) e nei centri commerciali (18%).

Classificando la raccolta dal punto di vista delle modalità, si evince che la vendita di Telethon Card ha pesato per il 46% (vedi grafico 4).

Graf. 3 – L’apporto dei canali alla raccolta Telethon 2002

Autostrada58%

Stazioni1%

Aereoporti1%

Città22%

Centri Commerciali

18%

Graf. 4 – L’apporto dei prodotti alla raccolta Telethon 2002

Contributo diretto di Autogrill

42%

Telethon Card35%

Vendita cd15%

Raccolta resti8%

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10. Il futuro Per l’anno in corso Autogrill intende inserire le attività charity nell’ambito

di un piano più articolato di attività di corporate social responsibility che prevede, tra l’altro, l’edizione di un Bilancio Sociale. Tra le ipotesi al vaglio, anche quella di istituire un Premio Autogrill da destinare a un’iniziativa meritevole individuata da un comitato etico super partes presieduto da un’eminente personalità del mondo scientifico o del non profit.

Perché questo cambiamento? Fatta salva la rilevanza della causa sostenuta, Autogrill ha individuato l’opportunità di seguire un percorso originale e distintivo, anche rispetto alle migliori aziende che hanno abbinato la loro immagine a Telethon. Telethon, infatti, è un evento che coinvolge un numero crescente di soggetti in qualità di partner (AVIS, BNL, CartaSì, Ferrovie dello Stato, Poste Italiane, RCS, Sma, Telecom Italia, UILDM).

Il nuovo percorso che Autogrill sta delineando si porrà invece come obiettivo una maggiore focalizzazione sui mercati di riferimento e sui territori in cui l’azienda si trova ad operare con la sua rete di punti di vendita. Proprio da un legame più forte con il territorio e da una maggiore sensibilità alle sue esigenze, non solo economiche ma anche sociali, nasceranno le iniziative non profit cui Autogrill dedicherà le maggiori risorse negli anni a venire.

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Caso Snaiderodi Stefania Bertolini

* Tratto da: MOLTENI M., DEVIGILI D., Il cause related marketing nella strategia d’impresa, FrancoAngeli 2004.

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Snaidero – Progetto Cucina Speciale1

1. Snaidero R. s.p.a. «Produrre esclusivamente cucine, nel rispetto dell’ambiente e solo con i

materiali migliori è la nostra specialità. Progettarle per sfidare il tempo e migliorare la qualità della vostra vita, la nostra missione.»

Questa è l’enunciato che sintetizza in poche parole il core business e gli obiettivi di un’azienda fondata nel 1946 da Rino Snaidero a Majano, piccolo centro in provincia di Udine.

Da piccolo laboratorio per la costruzione di mobili per la cucina, nel giro di poco più di dieci anni l’azienda si trasforma in società per azioni (1959) e la produzione passa da artigianale a industriale. La Snaidero si specializza in cucine componibili, una novità per il mercato italiano della fine degli anni Cinquanta.

Considerato il successo sul territorio nazionale, la Snaidero si spinge oltre i confini a partire dal 1970: esporta con successo in Europa e nel Nord America dove nel 1979 inaugura uno stabilimento produttivo in Canada. Nel 1985 nasce la Snaidero Usa a Los Angeles con il duplice scopo di migliorare il servizio per i clienti statunitensi e fungere da centro di distribuzione per l’America Centrale. Nel 1993 viene acquisita la Rational Gmbh, azienda produttrice di cucine componibili leader sul mercato tedesco, mentre nel 1996 in Libano viene costituita la Snaidero Middle East, essenziale per la diffusione del marchio nel continente asiatico. Infine, gli ultimi passi che hanno consentito all’azienda di arrivare all’assetto attuale sono costituiti dall’acqui-sizione del Gruppo francese Arthur Bonnet (2000), del marchio austriaco Regina (2000) e del Gruppo belga Ixina (2003).

La qualità e la collaborazione con designer di fama internazionale – come Pininfarina, Gae Aulenti, Iosa Ghini e Lucci & Orlandini – costituiscono la chiave del successo che ha portato l’azienda di Majano ad affermarsi come 1 Il caso è stato elaborato da Stefania Bertolini.

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leader nazionale nel segmento di settore presidiato (cucine di qualità medio/alta) e quinto gruppo a livello europeo.

Il Gruppo Snaidero ha chiuso l’esercizio 2002 realizzando ricavi lordi complessivi per oltre 280 milioni di euro e un utile ante imposte di 1,4 milioni. Il Gruppo impiega quasi 2.000 dipendenti e possiede 8 stabilimenti produttivi e 2.800 punti vendita in oltre 50 nazioni.

2. Una tradizione di impegno sociale L’impegno sociale della Snaidero nasce dalla convinzione che per avere

successo nel business sia in primo luogo indispensabile ottenere la piena soddisfazione del cliente e creare un clima di lavoro sereno e coeso. Per rispondere alle esigenze dei propri dipendenti, Snaidero utilizza da sempre sistemi produttivi in linea con i maggiori standard di sicurezza e favorisce l’instaurarsi di rapporti di lavoro informali e collaborativi.

Per venire incontro alle richieste della propria clientela, l’azienda investe molte risorse in Ricerca & Sviluppo: secondo i dati dell’ultimo bilancio approvato (2002) tali investimenti ammontano a circa 1 milione di euro.

Snaidero, inoltre, è stata la prima azienda italiana del settore della produzione di cucine ad ottenere nel 1995 la certificazione di qualità ISO 9001 e nel 2001 l’attestazione di conformità alle disposizioni della normativa ISO 9001: 2000 (Vision 2000).

Per quanto riguarda i rapporti con altri interlocutori, Snaidero ha contribuito, suggerendo l’idea e fornendo la consulenza legale e tecnica, alla creazione di una cooperativa autonoma di fornitori di materie prime dalla quale si approvvigiona e con la quale collabora per il miglioramento delle qualità dei materiali impiegati nella produzione delle proprie cucine.

L’azienda è inoltre tradizionalmente presente nella sponsorizzazione sportiva: dal 1999 sostiene la squadra di pallacanestro di Udine nella convinzione che ciò rappresenti un contributo al benessere della comunità in cui opera.

3. L’attenzione ai disabili Per proseguire nel cammino della responsabilità, nel 2002 i vertici di

Snaidero hanno deciso di impegnarsi direttamente dando un connotato

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“sociale” al proprio prodotto: è nata così l’idea di lanciare sul mercato una cucina studiata per accrescere l’autonomia delle persone affette da disabilità2.

Sotto il profilo delle performance aziendali, per Snaidero questo progetto ha due principali obiettivi: • sviluppare una nuova area di business che consenta un buon

posizionamento in Italia e in Europa (con particolare riferimento a Francia e Germania dove, grazie ai maggiori finanziamenti pubblici o di assi-curazioni private, il mercato è maggiore) e che produca un soddisfacente risultato economico;

• ottenere un importante ritorno di immagine connesso alla causa sociale intrinseca al prodotto offerto. A riguardo di questo ultimo punto, bastano alcuni dati riferiti alla realtà

italiana (vedi tabella 1) per capire la portata e la rilevanza sociale del progetto.

Tab. 1 – Alcuni dati sulla disabilità in Italia

Disabili fisici: 900.000

Disabili sensoriali: sordi sordomuti non vedenti

590.000 45.000

370.000

Disabili psichici: malati di epilessia malati di Alzheimer

500.000 500.000

Fonte: Dati CENSIS e ISTAT. La cucina “speciale” Snaidero si propone di rendere un servizio alle

persone disabili e alle famiglie cui questi soggetti appartengono: un miglio-ramento del livello di autonomia e di sicurezza del disabile nel proprio ambiente domestico si riflette infatti anche sulla qualità della vita dei suoi familiari, alleggeriti di incombenze connesse alla sua assistenza. A questo proposito si tenga presente che secondo gli ultimi dati ISTAT disponibili (1994), in Italia 2.362.000 famiglie convivono con una persona disabile.

Per completare il quadro in cui il progetto si inserisce, è importante evidenziare che si prevede un aumento del numero dei disabili rispetto al totale della popolazione italiana ed europea. Questo fenomeno è direttamente connesso con quello dell’invecchiamento della popolazione dei Paesi sviluppati (vedi tabella 2). Gli anziani, che ora rappresentano il 67% 2 «Nell’ambito delle evenienze inerenti alla salute, si intende per disabilità qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano» (OMS - Organizzazione Mondiale della Sanità).

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dell’insieme delle persone disabili (attualmente, al di sopra dei 60 anni è disabile 1 persona su 6, mentre sotto i 60 anni è disabile 1 persona su 65), cresceranno in percentuale rispetto alle altre fasce di età.

Tab. 2 – Andamento demografico della popolazione italiana

Anno % soggetti sotto i 15 anni

% soggetti sopra i 60 anni

1950 27% 12% 1998 18,8% 19,1% 2050 (stima) 15% 33%

Fonte: Dati CENSIS e ISTAT.

4. La nascita del progetto di una cucina per disabili L’idea di una cucina per persone disabili è venuta al Responsabile

Sviluppo Prodotti della Snaidero, sollecitato dal lancio sul mercato di un modello di cucina per disabili effettuato da uno dei principali competitor italiani. Interpellati, l’Amministratore Delegato del Gruppo e il Direttore Commerciale si sono subito dichiarati favorevoli all’iniziativa.

Sono quindi stati stanziati 800.000 euro per lo studio, la progettazione e la prototipazione della cucina speciale. In un primo tempo si pensava che parte dei costi per queste prime fasi potesse essere coperta da finanziamenti pubblici, considerato che il progetto nasceva nell’anno precedente al “2003, anno europeo del disabile”. Verificato che tale via non era percorribile, l’azienda ha comunque confermato la volontà di procedere nel progetto.

Una volta definito il progetto per sommi capi al proprio interno, Snaidero ha affidato il compito di redigere uno studio di fattibilità all’Istituto per i Valori d’Impresa (ISVI), un’associazione ponte tra università ed aziende che da anni realizza ricerche e servizi in tema di responsabilità sociale delle imprese, e alla Consulta delle Associazioni per Disabili della Regione Friuli Venezia Giulia.

Ne è emerso un ampio bisogno di questo genere di cucine, quasi del tutto assenti sul mercato italiano o, comunque, poco conosciute presso la maggior parte dei possibili utenti. Questi ultimi, più spesso, sono costretti ad avvalersi di artigiani o architetti per adattare alle proprie esigenze le caratteristiche di una cucina standard, con un sensibile aggravio del costo finale.

Per rispondere alle variegate esigenze delle persone disabili, ma tenendo presente un vincolo di budget, Snaidero ha pensato a una cucina modulare in grado di adattarsi, nei limiti propri di una produzione in serie, alle richieste di una clientela molto disomogenea.

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Per capire le caratteristiche di tali moduli, i ricercatori ISVI hanno intervistato persone disabili e operatori a vario titolo attivi nella loro assistenza/cura. Nella fase di definizione delle caratteristiche della cucina speciale è stato coinvolto anche lo staff dell’Unità Spinale dell’Ospedale Gervasutta di Udine.

I suggerimenti raccolti circa le caratteristiche della cucina per disabili sono stati suddivisi in relazione alle principali macro categorie di disabilità (vedi tabelle da 3 a 7): fisica, sensoriale, psichico-cognitiva.

Per quanto riguarda la disabilità fisica è stata operata una ulteriore distinzione, considerato che solo alcuni fra i disabili fisici possono mantenere la posizione eretta (es.: emiplegici, amputati), mentre altri debbono invece servirsi di una sedia a rotelle (es.: paraplegici, tetraplegici). Tale distinzione è fondamentale perché in cucina i due gruppi di persone hanno esigenze differenti che devono essere prese in considerazione al momento della progettazione (il disabile che può mantenere la posizione eretta, ad esempio, può accedere senza difficoltà ai pensili e, dunque, non avrà bisogno di meccanismi che permettano il loro abbassamento).

Tab. 3 – Esigenze/limiti dei disabili fisici e caratteristiche della cucina

Esigenza/limite del disabile fisico Ipotesi di risposta della cucina Trasportare pentole pesanti Piani di cottura allo stesso livello del piano

di lavoro; “sferette” che facilitino il trascinamento di oggetti pesanti sul piano cottura

Prevenire scottature accidentali provocate da fiamma

Piani cottura elettrici o in vetroceramica

Facilitare l’apertura delle antine Apertura delle antine a scorrimento (sia da destra che da sinistra) o “a tapparella”; sistemi di apertura a pressione; maniglie che ruotano; maniglie in gomma deformabili che permettono di inserire la mano fino al polso

Facilitare l’apertura di acqua/gas Rubinetti per acqua/gas attivabili con una semplice pressione o tramite raggi infrarossi

Consentire di afferrare oggetti posti su ripiani all’interno di mobili

Ripiani che possono essere trascinati fuori dai mobili/frigorifero

Adattare facilmente la stessa cucina alle differenti caratteristiche di diversi disabili presenti nelle comunità

Moduli indipendenti su rotelle

Evitare scottature accidentali provocate da acqua eccessivamente calda sgorgante dai rubinetti

Miscelatore termostatico

Fonte: Studio ISVI (2002).

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Tab. 4 – Esigenze/limiti dei disabili fisici che possono mantenere una posizione eretta e caratteristiche della cucina Esigenza/limite del disabile fisico che può mantenere una posizione eretta

Ipotesi di risposta della cucina

Usufruire di un appoggio sicuro in tutta la cucina

Corrimano lungo tutti i mobili

Disporre di piani di appoggio facilmente accessibili

Ripiani estraibili dal piano di lavoro carrelli su rotelle facilmente spostabili

Fonte: Studio ISVI (2002).

Tab. 5 – Esigenze/limiti dei disabili fisici che debbono servirsi di una sedia a rotelle e caratteristiche della cucina Esigenza/limite del disabile fisico che deve servirsi di una sedia a rotelle

Ipotesi di risposta della cucina

Accedere ai pensili Servetto Movimentazione automatizzata telecomandata o attivabile con comandi vocali

Permettere alla sedia a rotelle di inserirsi sotto i piani di lavoro

Spazio libero sotto i piani di lavoro

Facilitare l’uso del forno Apertura laterale Semplificare l’utilizzo degli elettrodomestici

Posizionamento degli elettrodomestici ad altezze ad hoc

Attivare la cappa aspirante Telecomando o comandi posti ad altezze adeguate

Rendere comodo l’utilizzo del piano lavoro Piano di lavoro ad altezza regolabile meccanicamente o con comandi elettrici

Trasportare utensili da cucina, cibi/bevande, ecc.

Carrello

Vedere il contenuto di pentole sul fornello Specchio posto nella cappa aspirante Fonte: Studio ISVI (2002).

Tab. 6 – Esigenze/limiti dei disabili sensoriali e caratteristiche della cucina Esigenza/limite del disabile sensoriale Ipotesi di risposta della cucina Impossibilità di sentire suoni Segnalatori luminosi Programmare elettrodomestici senza seguire indicazioni scritte

Pulsanti con rilievi tattili, manopole con scatti differenziati, comandi con sintesi vocali

Evitare bruciature accidentali Piani cottura in vetroceramica con piccolo rilievo rotondo in corrispondenza dell’area che diventa incandescente

Fonte: Studio ISVI (2002).

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Tab. 7 – Esigenze/limiti dei disabili psichico-cognitivi e caratteristiche della cucina Esigenza/limite specifica del disabile psichico-cognitivo

Ipotesi di risposta della cucina

Prevenire l’accesso accidentale ad alcuni spazi

Antine bloccabili

Porre in sicurezza l’erogazione di acqua/gas

Per acqua, rilevatori ai raggi infrarossi che bloccano l’erogazione di acqua quando non rilevano la presenza di una persona; per gas, timer e valvole di sicurezza per il piano cottura

Impedire l’uso improprio delle prese di corrente

Dispositivi di sicurezza o posizione “inaccessibile” delle prese

Evitare l’utilizzo di superfici riflettenti Impiego di materiali opachi Fonte: Studio ISVI (2002).

5. Da cucina per disabili a “cucina speciale” A seguito dello studio effettuato da ISVI, è emerso che molte delle

esigenze espresse dalle persone disabili per una loro maggiore autonomia e/o sicurezza sono comuni a gran parte dell’utenza di una cucina. Per i primi sono una necessità, mentre per gli altri possono costituire fonte di maggiore comodità. Ad esempio, antine bloccabili o prese della corrente difficilmente accessibili sono essenziali per la cucina di un disabile psichico, ma sono molto importanti anche per una famiglia con bambini piccoli. I segnali luminosi degli elettrodomestici, indispensabili per una persona sorda, sono utili anche a un anziano con problemi di udito. Il facile accesso ai pensili costituisce una semplificazione che può risultare interessante anche per persone prive di problemi fisici.

A seguito di questa constatazione, Snaidero ha deciso di abbandonare il concetto di cucina per disabili abbracciando quello di cucina per un’utenza ampliata. Questa scelta ha anche un importante risvolto commerciale: da un mercato di nicchia (per disabili) ad uno con dimensioni più allargate (per disabili, per anziani, per bambini, per tutti coloro che vogliono usufruire delle comodità di una “cucina speciale”).

La constatazione non ha solo una valenza sociale, ma si presta anche a valutazioni economiche: è infatti indubbio che una cucina per un’utenza ampliata è in grado di sfruttare maggiormente economie di scala e sinergie rispetto ad una destinata esclusivamente ad un’utenza di disabili.

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6. La presentazione al pubblico Attualmente, il primo prototipo della “cucina speciale” (figura 1),

predisposto dagli architetti Lucci & Orlandini sulla base delle indicazioni emerse dallo studio dell’Istituto per i Valori d’Impresa, è in fase di sperimentazione presso una stanza dell’Unità Spinale dell’Ospedale Gervasutta di Udine dove medici e pazienti utilizzandolo verificano la corrispondenza delle attuali caratteristiche alle effettive esigenze della vita quotidiana.

Fig. 1 – Prototipo della cucina “speciale” Snaidero

Il prototipo è già stato parzialmente modificato recependo le prime

indicazioni di medici e pazienti. Si ipotizza di concludere la sperimentazione entro ottobre 2003 per iniziare la fase di produzione industriale nei primi mesi del 2004.

Nel mese di ottobre, al termine dei test, la “cucina speciale” verrà presentata ufficialmente al pubblico nel corso di un convegno dal titolo “Disabilità, riabilitazione e creatività sociale delle imprese” organizzato presso l’Ospedale Gervasutta di Udine. L’evento si inserisce nel ciclo di manifestazioni collegate a “2003: anno del disabile” e vedrà la presenza di

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eminenti esponenti della città di Udine, della Regione Friuli Venezia Giulia oltre che di associazioni rappresentative dei disabili. In questa occasione, Snaidero intende spiegare le motivazioni della sua scelta, illustrare le diverse fasi del progetto e le soluzioni identificate.

7. La promozione Al momento, Snaidero non ha ancora predisposto un preciso piano di

promozione per la cucina “speciale”. Orientativamente, si reputano condivisibili i suggerimenti emersi dall’indagine preliminare dei consulenti secondo cui è opportuno coinvolgere: • i maggiori rivenditori di articoli sanitari/ortopedici (riconoscendo loro una

percentuale sulle cucine vendute tramite la loro segnalazione); • i siti internet dedicati alla disabilità (ed es.: www.superabile.it che ha 1.000

accessi al giorno; www.disabili.com; www.handicap.it); • le associazioni di disabili e i loro siti internet (vedi a titolo di esempio

tabella 8);

Tab. 8 – Alcuni indirizzi di siti internet di associazioni di disabili Patologia indirizzo sito internet Acondroplasia http:// space.tin.it/associazioni/marcsess/ Alzheimer http://www.alzheimer.it/malatt2.html Autismo http://www.alihandicap.org/ALI/autismoINDI.html Cecità http://www.uiciechi.it/ Disabili intellettivi e relazionali

http://www.novanet.it/com/personale/caferrari/04_01.htm

Distrofia Duchenne e Becker

http://parentproject.org/Italia/

Distrofia muscolare http://www.uildm.org/ Down (sindrome di) http://www.aipd.it/

www.vividown.org Epilessia http://www.microsolutions.it/aice/ Malformazioni agli arti www.raggiungere.it Mutilati e invalidi del lavoro http://www.getnet.it/anmil/ Paraplegia http://www.apl.gpa.it/ Paresi spastica http://www.mi.itline.it/associazioni/aias Parkinson (morbo di) http://www.parkinson.it/aip Sclerosi multipla http://www.aism.it/ Sordità http://www.fiadda.it Sordociechi http://osimo.imar.net/filodoro/ Subvedenti http://joshua.micronet.it/ansubvedenti/

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• le riviste di settore come ad esempio: Riabilitazione Oggi, L’Agenda, Mobilità, Il Fisioterapista;

• le riviste delle associazioni come ad esempio: Ruota Libera, la rivista dell’Associazione Paraplegici;

• le fiere specializzate in Italia e all’estero (ad es.: la biennale Exposanità di Bologna; l’annuale Reha di Düsseldorf; Ability di Torino; Handimatica a Bologna; la fiera di Roma sulla disabilità organizzata dal Centro per l’Autonomia di Roma);

• le Aziende Sanitarie Locali.

Oltre a questi canali, un’attenzione particolare verrà riservata allo sviluppo di alleanze con i centri specializzati per la terapia e la riabilitazione (ma anche con i centri “residenziali” per disabili come le comunità alloggio o gli appartamenti protetti). Queste collaborazioni appaiono positive sia in termini di immagine (un’azienda che collabora con specialisti per il bene dei disabili) sia sotto il profilo del ritorno commerciale (i pazienti si fidano dei propri medici).

La “cucina speciale” verrà promossa anche tramite il sito internet e i cataloghi aziendali.

8. La comunicazione e la distribuzione Nella logica di proporre un prodotto per un “utenza ampliata”, una volta

sul mercato la “cucina speciale” non sarà oggetto di una comunicazione diretta esclusivamente a disabili. Per questo motivo, ad esempio, nella brochure di presentazione non verranno quindi inserite solo fotografie di persone sulla sedia a rotelle o contraddistinte da un altro tipo di disabilità.

La medesima logica verrà applicata anche per quanto riguarda la distribuzione, realizzata pertanto tramite un numero definito di punti vendita classici per l’arredamento. Il canale distributivo sanitario/ortopedia, attualmente maggiormente utilizzato per questo genere di mobili, presenta infatti due grossi inconvenienti: non si presta per un’utenza allargata, riluttante a servirsi presso punti vendita esclusivamente per disabili (l’anziano, ad esempio, molto spesso non si vuole identificare con un disabile e quindi non comprerebbe una cucina per disabili); non favorisce la “riabilitazione psicologica” del disabile (il quale si sente più “normale” se può acquistare la propria cucina in un negozio “normale”).

Il canale sanitario/ortopedia verrà coinvolto solo in qualità di primo contatto (raccolta delle informazioni principali inerenti il tipo di disabilità e le

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conseguenti caratteristiche desiderate nella cucina adattata; disegno di una piantina di massima) e segnalatore dei rivenditori specializzati più vicini.

Per quanto riguarda la creazione di questa rete di vendita specializzata, Snaidero intende selezionare un determinato numero di rivenditori (orientativamente, due o tre per provincia) ai quali effettuare un corso di formazione specifica sulle principali esigenze dell’utenza disabile e le conseguenti risposte della “cucina speciale”. Tale risoluzione deriva dalla volontà dell’impresa di fornire ai propri clienti disabili in primo luogo informazioni adeguate e competenti in merito alle caratteristiche intrinseche del prodotto proposto e, in secondo luogo, un professionista in grado di “ascoltare” e comprendere le esigenze di chi si rivolge a lui.

I rivenditori specializzati saranno adeguatamente supportati anche dalla rete extranet di Snaidero, un collegamento on line costante tra azienda produttrice e negoziante che permette a quest’ultimo di acquisire in tempo reale informazioni tecniche sul prodotto, emettere/modificare ordini, segnalare reclami.

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Pubblicazioni dell’I.S.U. Università Cattolica

ETICA SOCIALE

a cura diSTEFANIA BERTOLINI