Etica E Affari

2
Persone & Conoscenze, edizioni Este, 2012 L’IMPRESA IMPERFETTA ETICA E AFFARI di Francesco Donato Perillo Può un’azienda in crisi rifiutare una commessa per ragioni etiche? Fa notizia che la Morellato Termotecnica di Pisa abbia rifiutato una commessa legata all’industria bellica: la realizzazione di un impianto di refrigerazione per una vasca di prova dei siluri militari. C’è qualcosa di epico in questo rifiuto: da una parte un ordine di 30 mila euro, con un margine superiore al 30%, che avrebbe dato una boccata d’ossigeno ai dipendenti in CIGS; dall’altra i valori aziendali. Da una parte un’ impresa artigianale piccola ma molto qualificata, dall’altra il colosso Finmeccanica. L’affermazione della propria identità contro la logica finanziaria del business. Davide contro Golia. La vera notizia è che ancora oggi, in un desolante scenario di crisi mondiale che ha smentito i miti del mercato, Davide può almeno rivendicare il suo diritto ad esistere. Col suo gran rifiuto, la piccola Morellato ha lanciato forse un colpo di marketing, ma anche un colpo di fionda alla “normalità”. Anche se non lo pratichiamo, in tanti siamo convinti che non si può uscire dalla crisi restando dentro gli stessi schemi che l’hanno provocata. Immersi fino ad affogare in un mondo in cui la logica di cassa prevarica la gestione industriale, le banche continuano a dettare le regole, le retribuzioni dei top manager a mantenersi scandalosamente sproporzionate rispetto a quelle di chi opera, aspettiamo impotenti l’affacciarsi di una “nuova normalità”, di un diverso modello di sviluppo o anche di non-sviluppo 1 , qualcosa che rompa lo schema. Il modello capitalistico nella sua evoluzione postindustriale, sembra essere irreversibile e insensibile ad ogni tentativo di temperarne le contraddizioni, eppure c’è un’impresa che può permettersi di pagare un costo (almeno sociale) e selezionare le proprie commesse non sulla base di un criterio finanziario, ma su ben altri parametri, come quelli della coerenza con la propria vision: “abbiamo una grande sfida davanti. Cambiare uno stile di vita che esaurisce le risorse del pianeta e assicurare alle generazioni che verranno una società migliore, più pulita, più solidale” 2 . Allora possiamo domandarci: che caratteristiche ha unimpresa del genere, come fa a produrre risultati e a stare sul mercato? Se guardiamo bene dentro un’organizzazione del genere non dovremo discostarci molto dal modello della learning organisation teorizzato da Peter Senge nella prima metà degli anni ’90 3 . L’impresa capace di durare nel tempo e di espandere il proprio futuro la si riconosce immediatamente sulla base di due “caratteristiche genetiche”: è ancorata ai propri valori fondanti, è guidata da una stakeholder’s strategy. In altri termini, il ritorno del capitale investito è visto nel medio termine, nella capacità generare valore per tutti i portatori d’interesse e non solo nell’esclusivo interesse dell’azionista. Alla base del suo vitale sistema di funzionamento vi troviamo un’architettura organizzativa leggera come una conchiglia (Senge la difinisce appunto “shell”) e una spirale di 1 Vedi S.Latouche, Come si esce dalla società dei consumi. Corsi e percorsi della decrescita, 2011, Bollati Boringhieri 2 www. Morellatotermotecnica.it 3 P.Senge, La quinta disciplina, ediz.italiana Sperling & Kupfer, 2006

description

sul prossimo numero di Persone & Conoscenze

Transcript of Etica E Affari

Page 1: Etica E Affari

Persone & Conoscenze, edizioni Este, 2012

L’IMPRESA IMPERFETTA

ETICA E AFFARI

di

Francesco Donato Perillo

Può un’azienda in crisi rifiutare una commessa per ragioni etiche?

Fa notizia che la Morellato Termotecnica di Pisa abbia rifiutato una commessa legata all’industria

bellica: la realizzazione di un impianto di refrigerazione per una vasca di prova dei siluri militari.

C’è qualcosa di epico in questo rifiuto: da una parte un ordine di 30 mila euro, con un margine

superiore al 30%, che avrebbe dato una boccata d’ossigeno ai dipendenti in CIGS; dall’altra i valori

aziendali. Da una parte un’ impresa artigianale piccola ma molto qualificata, dall’altra il colosso

Finmeccanica. L’affermazione della propria identità contro la logica finanziaria del business.

Davide contro Golia.

La vera notizia è che ancora oggi, in un desolante scenario di crisi mondiale che ha smentito i miti

del mercato, Davide può almeno rivendicare il suo diritto ad esistere. Col suo gran rifiuto, la piccola

Morellato ha lanciato forse un colpo di marketing, ma anche un colpo di fionda alla “normalità”.

Anche se non lo pratichiamo, in tanti siamo convinti che non si può uscire dalla crisi restando

dentro gli stessi schemi che l’hanno provocata. Immersi fino ad affogare in un mondo in cui la

logica di cassa prevarica la gestione industriale, le banche continuano a dettare le regole, le

retribuzioni dei top manager a mantenersi scandalosamente sproporzionate rispetto a quelle di chi

opera, aspettiamo impotenti l’affacciarsi di una “nuova normalità”, di un diverso modello di

sviluppo o anche di non-sviluppo1, qualcosa che rompa lo schema. Il modello capitalistico nella sua

evoluzione postindustriale, sembra essere irreversibile e insensibile ad ogni tentativo di temperarne

le contraddizioni, eppure c’è un’impresa che può permettersi di pagare un costo (almeno sociale) e

selezionare le proprie commesse non sulla base di un criterio finanziario, ma su ben altri parametri,

come quelli della coerenza con la propria vision: “abbiamo una grande sfida davanti. Cambiare uno

stile di vita che esaurisce le risorse del pianeta e assicurare alle generazioni che verranno una

società migliore, più pulita, più solidale”2.

Allora possiamo domandarci: che caratteristiche ha un’ impresa del genere, come fa a produrre

risultati e a stare sul mercato?

Se guardiamo bene dentro un’organizzazione del genere non dovremo discostarci molto dal modello

della learning organisation teorizzato da Peter Senge nella prima metà degli anni ’903. L’impresa

capace di durare nel tempo e di espandere il proprio futuro la si riconosce immediatamente sulla

base di due “caratteristiche genetiche”: è ancorata ai propri valori fondanti, è guidata da una

stakeholder’s strategy. In altri termini, il ritorno del capitale investito è visto nel medio termine,

nella capacità generare valore per tutti i portatori d’interesse e non solo nell’esclusivo interesse

dell’azionista. Alla base del suo vitale sistema di funzionamento vi troviamo un’architettura

organizzativa leggera come una conchiglia (Senge la difinisce appunto “shell”) e una spirale di

1 Vedi S.Latouche, Come si esce dalla società dei consumi. Corsi e percorsi della decrescita, 2011, Bollati Boringhieri

2 www. Morellatotermotecnica.it

3 P.Senge, La quinta disciplina, ediz.italiana Sperling & Kupfer, 2006

Page 2: Etica E Affari

Persone & Conoscenze, edizioni Este, 2012

apprendimento, dominio del cambiamento continuo, alimentata dalle competenze delle sue persone,

dalla loro sensibilità e consapevolezza, dalle loro attitudini e convinzioni. Nel modello di Senge, al

di là delle competenze tecnico-professionali mantenute allo stato dell’arte grazie alla motivazione

dei knowledge workers, l’organizzazione che apprende fa leva su cinque discipline condivise da

tutto il personale: la padronanza di

se stessi, la capacità di rivedere i

propri modelli mentali, la visione

condivisa di un futuro cui

desideriamo di appartenere, la

capacità di apprendere come team e

non solo come individui, il pensiero

sistemico quale costante coerenza

nelle relazioni tra tutte le parti del

sistema impresa.

Ma guardiamoci ancora più dentro.

Troveremo che nel suo quotidiano

funzionamento questo strano

giocattolo vivente è tenuto insieme

da un sistema informativo capace di

monitorare e misurare ogni

processo, dal riferimento a standard

e metodi di qualità, dal modo organico e non discrezionale di fare acquisti come di presentare

offerte, da un sistema di controllo interno volto a monitorare sistematicamente gli andamenti e le

prestazioni, da obiettivi comunicati e condivisi, da un atteggiamento responsabile dei collaboratori,

incompatibile con comportamenti lassisti e poco trasparenti.

Un’impresa anomala? Una impresa etica?

Una “gestione etica” dell’impresa può evidentemente anche produrre business e business di pregio.

Ma non è questo il punto. L’etica non è asservibile al business, ne è invece indipendente, perché

occupa uno spazio che nessuna logica di calcolo può limitare o sopprimere: uno spazio di libertà

che è sostanza delle singole persone e scelta dell’impresa che ricerca il valore. Un’impresa normale.

La dimensione etica dell’impresa sembra essere tutta qui: in una vera aziendalizzazione

dell’impresa.