EQUIPèCO 18

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Poste Italiane s.p.A. - spedizione in A.P. - 70% - dcB - roma Poste Italiane s.p.A. - spedizione in A.P. - 70% - dcB - roma 9 771824 899002 50016 ISSN 1824-8993 .10,00 eQuIPèco trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_inverno 2008 Focus sullArte PolAccA ItAlIcs - 11. MostrA InternAzIonAle dI ArchItetturA cArAvAggIo - collezIone MArAMottI MAn rAy - shozo shIMAMoto - BIll vIolA - rIchArd long - Penone John cAge e MIke BongIorno - creedence cleArwAter revIvAl I MultI unIversI e Il teMPo IMMAgInArIo - AreA 51

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Carmine Mario Muliere Editore

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ISSN 1824-8993

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eQuIPècotrimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_inverno 2008

Focus sull’Arte PolAccAItAlIcs - 11. MostrA InternAzIonAle dI ArchItetturA

cArAvAggIo - collezIone MArAMottI

MAn rAy - shozo shIMAMoto - BIll vIolA - rIchArd long - Penone

John cAge e MIke BongIorno - creedence cleArwAter revIvAl

I MultI unIversI e Il teMPo IMMAgInArIo - AreA 51

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Premessa

Al momento attuale esistono sul mercato scientifico dueipotesi teoriche che possono essere di particolare

importanza per concepire una piú chiara visione di caratte-re esistenziale dell’universo. tale nuova visione assume unsignificato un pó speciale soprattutto per quelli che interior-mente aspirano alla trascendenza. cerchiamo di vedereinsieme di cosa si tratta.la prima ipotesi riguarda l’esistenza di infiniti universi paral-leli, mentre la seconda prende in esame la possibilità di esi-stenza di un tempo immaginario. Prese separatamentehanno un loro intrinseco valore di ipotesi scientifica. Ma,prese insieme, il loro valore aumenta vertiginosamente.senza entrare in dettagli, che possono essere trovati inalcuni libri di divulgazione, la prima ipotesi nasce dal fatto,indiscutibilmente riscontrato, dell’in-fluenza di un osserva-tore sui fenomeni osservati.esaminando l’ipotesi solo dal punto di vista della Fisica,essa può essere in un primo momento considerata comeuna semi stravaganza, utile agli addetti ai lavori. Il fatto cheogni osservazione generi un mondo parallelo specifico eirreversibile, uno fra gli infiniti possibili, potrebbe anchesembrare una comoda via di uscita per cercare di spiegareun tutto talvolta scomodo, accettando ogni osservazionecome un atto entro una realtà potenziale fatta di infinitimondi. ognuno dei mondi può prendere un’esistenza inatto in una manifestazione particolare, che inizia di fattodall’osservazione e interpretazione di un evento. A partireda quel punto ogni mondo particolare evolve in funzionedelle osservazioni degli eventi che susseguono, generandoogni volta un nuovo mondo individuale che dipende dallaprima osservazione fatta e da quelle susseguenti.ogni scelta o interpretazione iniziale determina un cono ditutte le relative future manifestazioni, che non consente dipassare ad altri coni generati da osservazioni del medesi-mo evento effettuate però secondo differenti punti di vista.ogni mondo parallelo è perciò indipendente dagli altri conie le rispettive successive evoluzioni divergono.Perciò, agli effetti pratici un osservatore non può saperequali sarebbero state le conseguenze di una sua sceltadiversa. Per questo ogni altra scelta di manifestazione pren-de un aspetto astrattamente irreale, dal momento che nondiventa piú percorribile. e neanche realmente immaginabi-

le, e questo già dopo solo pochissimi eventi successivi.la seconda ipotesi, che sembra nasca dal tentativo di elimi-nare le singolarità al momento del Big Bang, considera l’e-sistenza di un tempo immaginario. si assume l’esistenza,relativamente al tempo, di uno Spazio globale complessodove il tempo normale si trova sull’asse delle ascisse (comeper i numeri reali), mentre il tempo immaginario si collocanello spazio matematico circostante. come nel caso deinumeri immaginari un tale tempo non ha una realtà fisicama solo esistenziale.un simile spazio, chiuso in se stesso come su una sfera,consentirebbe l’esistenza contemporanea degli infinitimondi paralleli dei quali si è detto prima. risolverebbeanche altri problemi. oltre a molte altre cose veramenteimportanti delle quali cercheremo di parlare in seguito.siamo evidentemente al limite del comprensibile e forse delcredibile. Anche se fossimo capaci di seguire le elucubra-zioni matematiche alla base di tali ipotesi, saremmo sem-pre in grande difficoltà nel concepire, mediante ragiona-menti normali, la nostra esistenza collocata in un simileuniverso globale. se proviamo a seguire le nostre normaliregole della conoscenza, basate sulle cause e gli effetti,entriamo in un dedalo sconcertante di ragionamenti chenon conducono a nulla di coerente, se non forse alla rinun-cia da parte nostra del nostro fondamentale dovere di esse-re veramente liberi ricercatori. l’alternativa è una passivarassegnazione intellettuale.la nostra propensione a considerare le manifestazioni deglieventi come sorgente primaria delle nostre elucubrazioni ciporta fatalmente all’impossibilità di risolvere razionalmentei quesiti di fondo. la conoscenza, come viene concepitaallo stato attuale, non riesce a risolvere i conflitti dellanostra esistenza. Parte perciò da presupposti errati.Molto diverse e assolutamente piú promettenti, invece,appaiono le cose se le consideriamo in una forma ribalta-ta. se abbandoniamo la manifestazione (Atto) come unicafonte di sorgente primaria ed obiettiva della nostra cono-scenza e consideriamo, invece, la Potenza come unicafonte primaria legittima, allora le cose ci possono appariresotto una luce estremamente convincente. Paradossalmentedobbiamo accettare l’immaterialità come unica solida basedi partenza.

I MultI unIversI e Il teMPo IMMAgInArIoConsiderazioni

di Pirofilo

lABorAtorIo dI MessAggI

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Una bella opera d’Arte risuona anche con le forme contenute nelle sfereindividuali degli altri esseri viventi, generando ordine e armonia.

Tutto questo avviene, con grande probabilità, per risonanza con le formesuperiori che fanno parte del patrimonio delle forme entro la nostra sfera.

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AreA 51the dreAM lAnddi luca valeri

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1968, la rivoluzione cheparte dai Creedence:

il revivaldi Alan Santarelli

Quarant’anni fa,nell’estate del concitato Sessantotto californiano,i Creedence Clearwater Revival aprono la viaad un successo musicaleche li consacrerà nella Storia del Rock

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lo stato dell’arte polacca è molto buono, oppure è moltocattivo. In Polonia i pareri in merito sono divergenti. si trat-

ta piuttosto di una sorta di schizofrenia, di una coesistenza dientrambe le opinioni, come dimostra il caso del Museod’Arte Moderna di varsavia. la decisione di creare questocentro è stata accolta come il maggiore successo istituziona-le dell’ambiente artistico polacco dopo la caduta del comu-nismo. Per le dimensioni il Museo eguaglierà il louvre e latate Modern. la sua ambizione sarà quella di essere unluogo chiave per il riesame della piú recente storia dell’artedell’europa centrorientale, e anche per l’attuale discorsoartistico nella regione. la sua collocazione è nella zonamigliore del centro della capitale, in prossimità dell’edificiopiú emblematico di varsavia: il Palazzo della cultura, laDisneyland stalinista del socialismo reale. già ora il Museoimpegna la crema dei curatori polacchi. Per ora lavorano inuna sede temporanea, in un locale di taglio modernista anti-camente occupato da un negozio di mobili. la postazione èstrategica: le finestre della sede temporanea danno sullapiazza dove sorgerà il futuro edificio; lo scenario piú ottimi-stico prevede che si riuscirà a terminare il museo nel 2012.

nella versione piú pessimistica sarà realizzato piú tardi. oforse non si farà affatto. la costruzione del Museo è stata promessa dalle piú alteautorità nazionali e locali. la volontà di costruire è forte, maaltrettanto forte – se non piú forte – è la volontà di noncostruire. dapprima, con l’aiuto di assurde procedure, sonostate cacciate dal concorso internazionale stelle dell’architet-tura mondiale come zaha hadid e eisenmann. Alla fine ilconcorso per il progetto di costruzione del Museo è statovinto dallo svizzero christian kerez. Il vincitore in Polonia èdovuto passare sotto le forche caudine della burocrazia; ilpoveretto è dovuto volare a varsavia un giorno sí e uno no,si è sottoposto a interrogatori, ha cambiato, corretto e adat-tato, naturalmente peggiorando sempre di piú la propriasituazione. Il vantaggioso sito, che avrebbe dovuto essereuno dei punti di forza del Museo, si è invece rivelato unapalla al piede che spinge l’istituzione sul fondo della vistola.troppo tardi le autorità cittadine si sono ricordate che si trat-ta di un terreno di grande valore, per il quale è in corso un’a-spra contesa: al tavolo da gioco siedono il mondo degli affa-ri, gli investitori, i politici, gli speculatori edilizi.

Arte contemporanea in Polonia

Male, dunque bene

di stach szablowski

tomasz Mroz, More And More, 2004-2005, installazione, silicone, mecchanismi, proiezione, carne, courtesy centro d’Arte contemporaneazamek ujzadowski, varsavia. nella pagina di sinistra: radek szlaga, Teamgeist, 2008, sculture in legno dipinto, courtesy centro d’Artecontemporanea zamek ujzadowski, varsavia

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l’architetturaoltre

il costruiredi Massimo Palumbo

La sfida. cosí PaoIo Baratta, presidente dell’ente Biennale,definisce l’undicesima edizione della Mostra Internazion-

ale d’Architettura ed a venezia, quest’anno, non abbiamotrovato progetti o documentazione di edifici già esistenti.Quel che si è voluto fare è sfidare, andare oltre il costruire.ed è proprio Paolo Baratta a sottolineare quanto voluto dalcuratore Aaron Betsky alla vigilia dell’apertura di questaMostra: facciamo vedere Architettura, dopo aver chiarito chearchitettura non vuol dire realizzare un edificio ma dar vitaallo spazio che ci circonda, quello immediatamente intorno anoi e quello della nostra vita sociale. Ed ancora il considera-re l’architettura come volontà per un richiamo ad un piú com-pleto umanesimo moderno: l’uomo, la sua vita, i suoi luoghi.c’è un messaggio laico positivo per la diaspora che abita leimmense distese delle città-non città e l’invito è a non dispe-rare anche se si è prigionieri nel vivere nel piú squallidosprawl.volevamo esserci a venezia. I motivi tanti: dal clamore per ilponte di calatrava non inaugurato ai segnali non tutti con-cordi tra i pro e i contro a questa biennale d’architettura-undicesima edizione… senza progetti.All’Arsenale, alle Artiglierie e lungo l’affascinante cammina-mento delle corderie non abbiamo trovato progetti omaquette di edifici realizzati o in costruzione, ma una lungasequenza di installazioni. È il fare arte che ha preso il soprav-vento sul fare architettura?!eravamo a venezia anche sull’onda degli echi diciamo noneccessivi e avevamo letto da qualche parte renato nicolini,l’assessore delle estati romane, che a proposito di echi dellabiennale veneziana di questi giorni dice: «…anche adappoggiare l’orecchio per terra come i pellirossa, non se nesentono troppi…». Bisognava verificare! e venezia come suosolito ci appare un pó umida, ma sempre animata da un’at-mosfera di festa: stupore per un nuovo ponte, per una nuovamostra da scoprire e anche, ovviamente, per la Biennaleinaugurata. cosí tra l’Arsenale e i giardini vediamo subitocosa troviamo di nuovo.

out there: Architecture Beyond Building si legge un póovunque, raccogliere e incoraggiare la sperimentazione:quella delle strutture effimere, delle visioni di altri mondi o diprove tangibili di un mondo migliore: …C’è bisogno di iconee di enigmi per farci ragionare. Di esperimenti, di qualchestruttura provvisoria, qualche schizzo e qualche mappa che ciindichi come muoverci al di là della costruzione e della costri-zione degli edifici, per creare un’architettura che non risolvaproblemi, ma li ponga, li evidenzi e li articoli. Ci serve un’ar-chitettura che interroghi la realtà… ed è proprio questa lasfida di questa edizione. …Poiché l’architettura lavora nell’in-contro tra visione e realtà, ed è immaginazione applicataall’organizzazione dei luoghi che abitiamo e che viviamo, nesegue che l’opera dell’architetto sta innanzitutto nel suo spe-rimentare ed immaginare.Betsky, il curatore della Mostra e attuale direttore delcincinnati Art Museum dice che «gli edifici sono la tombadell’architettura, ciò che resta del desiderio di costruire un

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Aaron Betsky, (XXIII UIA World Congress of Architecture Torino 2008),foto daniele ratti, courtesy Fondazione la Biennale di venezia

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ITALICSgli orizzontidell’arte italianafra 1968 e 2008

VeneziaPalazzo Grassi

di Marco Minuz

Imesi che l’hanno preceduta sono stati caratterizzati daun’accessa polemica mediatica; si aveva solo una vaga

idea delle precise scelte curatoriali che l’avrebbero animataeppure la mostra Italics era già diventato il luogo di un ser-rato confronto in grado di animare pagine di quotidiani.Il curatore Francesco Bonami era diventato bersaglio dinumerose e vivaci critiche da parte di artisti, critici e storicidell’arte. non si trattava di semplici perplessità, bensí lapreoccupazione di un revisionismo critico della storia e dellevicende dell’arte italiana del secondo dopoguerra, quellevicende che hanno accompagnato e a volte anticipato illento maturare dell’esperienza repubblicana del nostropaese. tutto questo avveniva quando le porte di Palazzograssi erano ancora chiuse e dei contenuti della mostra siavevano solo frammentarie notizie.l’attesa inaugurazione di Italics ha permesso di confrontarsidirettamente con questa mostra che tante attese aveva susci-tato.Il progetto espositivo innanzittutto è frutto della collaborazio-ne fra il Museo d’Arte contemporanea di chicago, istitutodove Bonami riveste la carica di senior curator e il centroespositivo veneziano di Palazzo grassi presieduto dal colle-zionista francese François Pinault.la mostra era inizialmente stata pensata solo per il museo dichicago come lo stesso Bonami riferisce all’interno del cata-logo. la mostra Italics è nata infatti tre anni fa quando l’al-lora direttore del Museo di Arte contemporanea di chicago,robert Fitzpatrick, stimolò Francesco Bonami a intraprendereun progetto finalizzato a leggere, con una visione globale edistaccata, la scena artistica italiana in questione. lo stessotitolo, suggerito dal direttore Fitzpatrick, rappresenta per ilcuratore la migliore sintesi per riassumere esattamente il suoprogetto, ovvero far conoscere al pubblico statunitense unarealtà, quella dell’arte italiana, spesso presentata in manieraframmentaria e incompleta.nasce pertanto solo successivamente l’opportunità di antici-

pare la mostra in America all’interno degli spazi espositivi diPalazzo grassi.È un elemento questo non trascurabile, fondamentale peranalizzare la mostra; si tratta infatti di un progetto pensato edorganizzato proprio per rapportarsi in primis al contestoamericano.non è un caso che venga preso come punto di riferimento lamostra di germano celant realizzata nel 1995 all’internodegli spazi del guggenheim Museum di new york. unaretrospettiva che, anche grazie all’allestimento di gaeAulenti in grado di interrompere e scansionare la continuitàdegli spazi di wright, è riuscita a fare epoca e rendersi puntodi riferimento per ulteriori approfondimenti.una mostra focalizzata in un periodo compreso fra il 1943 eil 1968 e finalizzata a far conoscere al contesto americanouna situazione artistica prevalentemente sconosciuta, mono-polizzata solo da figure come Fontana, Burri, Marini e daquei pochi artisti italiani che attraverso la mediazione di illu-minati galleristi americani, in primis catherine viviano, eranoriusciti ad affacciarsi e imporsi nel collezionismo americano.la mostra Italics prende avvio proprio dal 1968, dall’annoscelto da celant per concludere il suo progetto espositivo.Bonami decide di avviare la sua analisi proprio dall’istante incui l’arte italiana diventa platealmente elemento partecipati-vo; l’anno in cui la contestazione si riflette nella 34ª Biennaled’Arte di venezia, ricordata come la Biennale poliziotta.l’anno dove l’America si autosottraeva il sogno sociale diMartin luther king e l’europa rimaneva orfana della visiona-rietà di Marcel duchamp e lucio Fontana.l’obiettivo dichiarato di Italics è quello di leggere questi annipassati in un’ottica distaccata, rompendo alcuni schemi pre-costituiti e apparentemente immodificabili, attraverso unavisione esterna in grado di porsi come rinnegatrice di falseletture storiche.In quest’ottica la direttrice di Palazzo grassi, Moniqueveaute, considera la scelta del curatore della mostra,

luciano Fabro, L’Italia d’oro, 1971, Bronzo dorato, 92×45cm, collection ArtIs

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Il Palaexpo ha offerto l’occasione di intraprendere unostraordinario viaggio nel nostro mondo interiore guidati

dall’arte visionaria di Bill viola. si tratta della piú granderetrospettiva mai tenuta in europa sul lavoro di uno dei mag-giori artisti contemporanei che ha portato la videoarte ad unaltissimo livello, sia in termini di ricerca tecnologica, siariguardo ai contenuti stilistici e di contenuto.Bill viola in ogni ambiente della prima parte del percorso ciafferra con dolcezza ma con decisione e ci trascina nellaprofondità del suo mondo in cui la visione, il tempo, i suoni,risultano dilatati come in un sogno che riconosciamo nostro.Anche le immagini ci rimandano ad una pittura che cono-sciamo e che ci cattura subito; la composizione delle figure,classica, perfettamente equilibrata, minuziosamente curatanei particolari, è illuminata da una luce che contribuisce atrasformare ogni inquadratura in un quadro, donandogli untocco di eternità.la profonda spiritualità in cui sono immerse le sue opere èuniversale perché attinge a diverse tradizioni, dal buddismoal misticismo cristiano. Per preparare le prime opere Billviola ha passato lunghi periodi in viaggio per il mondo, cat-turando, con telecamere e registratori, visioni e suoni. ora instudio coinvolge gli attori in un desiderio di ricerca persona-le che traspare nell’intensità con cui partecipano ai suoivideo.la scelta di iniziare da The Crossing, una delle opere piúcoinvolgenti, ci immerge subito nell’atmosfera di ricerca, dimeditazione sulla nostra essenza. due grandi schermi collo-cati dorso a dorso al centro di un grande ambiente buio. suognuno viene proiettata la lenta camminata di un uomo cheavanza verso lo spettatore fino a fermarsi. In uno dei filmdavanti ai piedi dell’attore appare una minuscola fiammellache divampa presto in un fuoco che lo distrugge. nell’altrofilm è l’acqua l’elemento che prima con una goccia e allafine con una cascata scrosciante cade sull’attore. I due ele-menti purificano il corpo fino ad annientarlo. e l’elementoacqua ricorre in molte delle sue opere.

In Departing angel, dove il passaggio tra la vita e la morteper annegamento si svolge a ritroso diventando rinascitaverso la luce dell’immortalità.In Surrender due schermi montati in verticale mostrano duefigure con espressioni di dolore e angoscia crescenti chesembrano incontrarsi in un inchino. e nell’acqua si gioca l’il-lusione con cui crediamo di capire la realtà. ci accorgiamoprima che non si stanno avvicinando, ma ognuno immergeil viso nell’acqua, e poi che la realtà è ancora diversa per-ché le figure si increspano fino a sparire. stavamo guardan-do non le persone, ma le loro immagini riflesse.l’intero percorso si chiude con la video installazione Oceanwithout a shore, dove in una processione continua gli attori,uno dopo l’altro, avanzano dall’ombra, raggiungono unasoglia d’acqua, un muro trasparente che devono attraversa-re per entrare nella vita ordinaria. Ma questa è una realtà dibreve durata: devono presto accettare di voltare le spalle almondo materiale per varcare di nuovo la soglia e tornarenell’ombra. In alcune opere sono evidenti i richiami alla pit-tura classica che Bill viola ha imparato ad amare fin dal suogiovanile soggiorno a Firenze.The Greeting è un tributo alla Visitazione del Pontormo. ledonne si incontrano e la ripresa che dovrebbe durare pocopiú di trenta secondi viene dilatata ad oltre dieci minuti, ediventa una miniatura di gesti, di occhiate, di movimenti, ead ogni minimo cambiamento dell’atmosfera del luogo edegli atteggiamenti lo spettatore aggiunge qualcosa alla suainterpretazione del significato della scena.In Emergence un uomo affiora pian piano da una fonte bat-tesimale di marmo facendo traboccare l’acqua. due donnesedute ai lati lo accolgono prontamente tra le loro bracciamentre l’uomo vacilla. e quella nascita si trasforma in unadeposizione.nella seconda parte del percorso Bill viola indaga stati emo-tivi complessi e, attraverso la dilatazione temporale dei movi-menti del corpo e del cambiamento impercettibile delleespressioni del viso, dimostra quanto di noi stessi e della

BIll vIolA – visioni interioridi elisa Perseo

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Per oltre dieci anni, a partire dai primi anni cinquanta, ilpopolare presentatore della cBs garry Moore ha condot-

to con sagacia, il consueto appuntamento settimanale degliamericani con I’ve Got A Secret. negli anni il famoso giocotelevisivo ha abituato il pubblico televisivo americano adincontri con ospiti inediti e molto particolari. durante unatrasmissione nel gennaio del 1960 l’invitato si presenta: Johncage da new york. In quel periodo cage è insegnante dicomposizione sperimentale alla New York City’s New Schoole da poco è stato pubblicato un suo nuovo album. Per latelevisione commerciale, il compositore esegue Water Walk,un brano realizzato con una ventina di strumenti inediti sele-zionati per la loro attinenza con il mondo dell’acqua. nellostudio il set strumentale si compone di una brocca, una pen-tola a pressione in ebollizione, un richiamo per oche, unabottiglia di vino, un frullatore, un fischietto, un innaffiatoio,dei cubetti di ghiaccio, due piatti da batteria, un pesce mec-canico, un richiamo per quaglie, una papera di gomma, unregistratore, un vaso di rose, un sifone del seltz, cinque radio,una vasca da bagno e un pianoforte a coda. tre minuti diprofonda concentrazione da parte dell’artista che, muoven-dosi da un oggetto all’altro, esegue la propria musica con ilcronometro alla mano. Il pubblico alterna invece le clap diconvenienza a risate di grande ilarità. la testimonianza dellaperformance, preziosissima, è fortunatamente documentatada un video dell’epoca facilmente reperibile anche suInternet.se spostassimo a un anno prima l’episodio e provassimo adambientare cage negli studi della rai di Milano, affiancan-dogli la sagoma e la voce inconfondibili di Mike Bongiorno,avremmo il contenuto della medesima performance a Lasciao Raddoppia?tra la fine del 1958 e gennaio del 1959, il compositoreamericano partecipò infatti a cinque puntate del popolarequiz a premi italiano candidandosi come esperto micologo.Proviamo ad immaginare dunque un americano che si espri-me in inglese nella televisione nazionale di cinquant’anni fa.Al pubblico in studio e a casa dicono che sia anche un com-positore d’avanguardia, un innovatore insomma, e di ciò ne

darà prova in piú di un’apparizione televisiva producendouna musica strambissima. con Mike Bongiorno invece siscambia nozioni sui funghi: elenca liste interminabili di nomiin latino, disquisisce di spore ed è sempre pronto a raddop-piare. In studio, oltre al bravo presentatore e all’eccentricoconcorrente, c’è anche una valletta (la prima della televisio-ne italiana), un grande orologio che gira, una cabina e unpulsante.1la scena descritta, benché verosimile, sembrerebbe lo sketchassurdo e un pó comico dei film di Monicelli, di comencinio di nanni loy; materiale insomma di una brillante sceneg-giatura del cinema di quegli anni. In effetti la figura di Johncage dovette apparire, agli autori della trasmissione e aBongiorno, quella di un personaggio irreale e dunque uneccellente pretesto sul quale costruire un piccolo fenomenodi costume. le tinte dell’evento ebbero davvero dell’assurdo;ce lo testimonia un lunga trascrizione dei dialoghi fra i dueprotagonisti pubblicata nel 1975 dalla rivista di musica ecultura alternativa Gong.l’esercizio di fantasia suggerito poc’anzi, non è qui solamen-te un artifizio richiesto dal metalinguaggio della scrittura perdescrivere la sintassi di un vecchio video, ma è soprattutto unatto reso necessario dalla mancanza di una concreta docu-mentazione audio o video. Fino ad ora infatti di Water Walk,come di tutte le altre performance realizzate in trasmissionedal compositore, non si ha traccia.A quel tempo, a quanto pare, la rai non registrava ogni tra-smissione in modo integrale ma si limitava a conservare inarchivio solo alcuni frammenti. In ogni caso va ricordato chein quel periodo al Centro di Fonologia della rai di Milanolavoravano figure del calibro di luciano Berio e BrunoMaderna, nonché personaggi del mondo intellettuale comeumberto eco, ai quali non sarà sicuramente sfuggita l’occa-sione di riprendere il sonoro dell’evento.Attorno al ritrovamento di questi video, e ai nastri audio, sisono costruite negli anni supposizioni e ipotesi che continua-no ad alimentare il fascino di un mito pieno di attese.su Internet, ad esempio, proliferano blog di semplici curiosio di ammiratori del compositore americano che si scambia-

lA voltA che cAge

rAddoPPIòcinquant’anni fa John cage

partecipò al programmaLascia o Raddoppia?

di Mike Bongiornoracconto di un incontro incredibile

con la trascrizione dell’unico dialogointegrale apparso nel 1975

su gong

di Alan santarelli

docuMentAzIone

John cage, Nova musicha n. 1, 1974, cramps records.Foto a sinistra: John cage, 1967/68, in Photographs of Composers,ritratto di william gedney