EPIDE lA DI CIPRIANO · dei cadaveri del contagio TESTI FRANCESCO TlRADRITTI SCAVODELFALÒ.Un...

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EPIDE lA DI CIPRIANO LE PROVE SONO N EGTTO Tracce della terribile pandemia che alla metà del terzo secolo sconvolse l'impero romano sono state individuate per la prima volta dalla Missione archeologica italiana a Luxor nel complesso funerario di Harwa e Akhimenru utilizzato come luogo per lo smaltimento dei cadaveri del contagio TESTI FRANCESCO TlRADRITTI SCAVODEL FALÒ.Un momento dello scavo delle tracce di falò rilevate al centro del cortile del complesso funerario di Harwa e Akhimenru a Tebe Ovest dove furono bruciati i cadaveri delle vittime dell'Epidemia di Cipriano. Per alimentare il fuoco fu usato legname ottenuto da vecchi sarcofagi: uno degli operai sta ripulendo il volto di uno del Il sec. d.C. riemerso fra tracce di bruciato. --~~-~---~~~----- --- ONO PASSATIQUASI VENT'ANNI da quando la Missione archeolo- gica italiana a Luxor ha dato ini- zio alle sue ricerche nel comples- so funerario di Harwa (TI* 37) e Akhimenru (TI 404). In questo lasso di tempo le tecniche di scavo si sono ulteriormente affinate, mentre l'utilizzo di sistemi informatici e web si è fatto sempre più significativo. Questo continuo sviluppo tecnologico e l'attenzione anche alle minime tracce di presenza umana hanno consentito di andare oltre lo studio del mero monu- mento e di fare luce su importanti eventi che hanno riguardato la necropoli tebana * a par- tire dalla prima metà del VII sec. a.C. quan- do Harwa decise di scavare il suo imponente cenotafio nella piana dell'Assasif". Una delle più importanti fasi di frequentazione finora documentate dagli scavi è quella databile al III sec. d.C., che ha restituito tracce della co- siddetta Epidemia di Cipriano (vedi scheda). Per ricostruire questa situazione storica - nell' ambito della quale il complesso funera- rio di Harwa e Akhimenru fu utilizzato come luogo per lo smaltimento dei cadaveri delle vittime del contagio - sono occorsi quindici anni di scavi in varie parti del monumento.

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EPIDE lADI CIPRIANO

LE PROVESONO N EGTTOTracce della terribile pandemia

che alla metà del terzo secolosconvolse l'impero romano

sono state individuateper la prima volta

dalla Missione archeologicaitaliana a Luxor nel

complesso funerariodi Harwa e Akhimenru

utilizzato come luogoper lo smaltimento

dei cadaveri del contagio

TESTI FRANCESCO TlRADRITTI

SCAVODEL FALÒ.Un momento dello scavo delle tracce di falòrilevate al centro del cortile del complesso funerario di Harwae Akhimenru a Tebe Ovest dove furono bruciati i cadaveridelle vittime dell'Epidemia di Cipriano. Per alimentareil fuoco fu usato legname ottenuto da vecchi sarcofagi:uno degli operai sta ripulendo il volto di uno del Il sec. d.C.riemerso fra tracce di bruciato.

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ONO PASSATIQUASI VENT'ANNIda quando la Missione archeolo-gica italiana a Luxor ha dato ini-zio alle sue ricerche nel comples-so funerario di Harwa (TI* 37) eAkhimenru (TI 404). In questo

lasso di tempo le tecniche di scavo si sonoulteriormente affinate, mentre l'utilizzo disistemi informatici e web si è fatto semprepiù significativo. Questo continuo sviluppotecnologico e l'attenzione anche alle minimetracce di presenza umana hanno consentitodi andare oltre lo studio del mero monu-mento e di fare luce su importanti eventi chehanno riguardato la necropoli tebana * a par-tire dalla prima metà del VII sec. a.C. quan-do Harwa decise di scavare il suo imponentecenotafio nella piana dell'Assasif". Una dellepiù importanti fasi di frequentazione finoradocumentate dagli scavi è quella databile alIII sec. d.C., che ha restituito tracce della co-siddetta Epidemia di Cipriano (vedi scheda).Per ricostruire questa situazione storica -nell' ambito della quale il complesso funera-rio di Harwa e Akhimenru fu utilizzato comeluogo per lo smaltimento dei cadaveri dellevittime del contagio - sono occorsi quindicianni di scavi in varie parti del monumento.

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COMBUSTIBILEFrammentodi volto di sarcofagodel Il sec. d.C,trovato nel porticod'entrata al complessofunerarìo di Harwae Akhimenru, prontoper essere usatocome combustibile.

SCAVO IN CORSO ...Lungo il latoorientale del cortiledel complessofunerario di Harwae Akhumenru,alcuni operai sonoimpegnati nello scavodelle tre calchererinvenute. Questerisultano in uso nel IIIsec. d.C. per un periodocircoscritto e per unacircostanza ben definitacome fu probabilmentel'Epidemia di Cipriano.

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Pezzi di sarcofagoe tracce di un grande falò

Le prime tracce archeologi che riferibili aun'epidemia erano state rilevate nel 1997quando, nella prima sala ipostila * del ce-

notafio di Harwa, fu riportato alla luce unostrato di calce che ricopriva un'ampia zona del-la navata settentrionale. I resti calcificati di ossaumane recuperati al suo interno dimostravanoche vi era stato deposto più di un individuo, maogni tentativo di datare la sepoltura multipla sidimostrò vano, dato che i reperti recuperati re-stituivano cronologie oscillanti tra III sec. a.c. eIV sec. d.C. Nel 2005 gli scavi interessarono l'a-rea antistante al portico d'entrata al complessofunerario. Qui fu messo in luce un contesto incui pezzi di mummia e frammenti di sarcofago(attribuibili per la maggior parte al II sec. d.C.)giacevano al suolo come se fossero stati separa-ti di proposito. La disposizione delle assi di le-gno faceva presupporre che fossero state gettatedalla sommità occidentale del porticato. Nel2009 e 2010 le ricerche nel cortile portarono al-la scoperta delle tracce di un ampio falò davan-

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ti agli ingressi ai cenotafi di Harwa e Akhi-menru: la sabbia mostrava segni di bruciatura,così come i teschi, i pezzi di sarcofago e i matto-ni che vi furono recuperati. Due brocche inte-gre restituivano una datazione al III sec. d.C.

on essendovi però soluzione di continuitàcon i contesti superiori il falò fu interpretato -in verità con qualche dubbio - come risultatodi un'azione di ruberia.

Necessità di calce vivaper arginare il contagio

A partire dalla campagna 2009, addossa-te contro la parete orientale del cortile,avevano cominciato a emergere dalla

sabbia tre strutture, della larghezza compresatra due e mezzo e tre metri e della profondità dicirca un metro e mezzo, costituite da filari dimattoni crudi. La roccia retro stante risultavaparzialmente fusa per l'esposizione a un fortecalore. Quest' evidenza portò a identificare letre costruzioni come calchere ". Un accumulodi calce solidificata fu invece scoperto nel corsodella campagna di scavo 2010-2011 all'interno

IL COMPLESSO FUNERARIO DI HARWA E AKHIMENRUHarwa Grande Maggiordomo. Il periodo diattività di Harwa si colloca nella prima metàdel VII sec. o.C;: originario di una famigliadi sacerdoti del clero di Amon, raggiunse ipiù alti gradi dell'amministrazione tebanaacquisendo il titolo di Grande Maggiordo-mo della Divina Adoratrice Amenirdis I. L'e-sistenza di almeno due statuine funerarie(una dagli scavi del 1997 e una al Museumof FineArts di Boston), che lo ritraggono conin mano le insegne della regalità faraonica,sembrerebbero indicare che Harwa si auto-attribuisse prerogative simili a quelle di unsovrano; è invece più verosimile che agissecome governatore dell'Egitto meridionaleper conto dei sovrani nubiani, i "faraoni ne-ri", della XXVdinastia (775-653 a.c. circa).

Rinascimento faraonico. Con i quasi quattro-mila metri quadrati di estensione il cenotafiodi Harwa è uno dei più grandi mai realizza-ti da un privato e, sebbene non sia mai statocompletato, ha una decorazione a rilievotra le più raffinate dell' antico Egitto di chia-ra ispirazione menfita. Questa decorazioneè anche una delle prime a mostrare le carat-teristiche di quello stile arcaizzante che con-traddistinse tutte le manifestazioni artistichedel periodo che va dal VII alla metà del VIsec. a.c. e che, proprio per tale motivo, èstato definito "Rinascimento faraonico". I te-sti sono per la maggior parte tratti dalle sillo-gi funerarie più importanti (Testidelle Pirami-

dell'ingresso del cenotafio di Akhimenru. Nel-lo strato furono ritrovati piatti e brocche data-bili anche questi al III secolo. La rivoluzione e-giziana del gennaio 2011 determinò la chiusu-ra anticipata dei lavori, che furono ripresi sol-tanto alla fine del 2012. In quell'occasione fucompletato lo scavo delle calchere. Alloro in-terno vennero recuperati blocchi in pietra cal-carea provenienti dalla decorazione dei ceno-tafi di Harwa e Akhimenru, pezzi di sarcofagobruciati (quasi tutti databili al II sec. d.C.),frammenti di ceramica (per la maggior partedel III sec. d.C.) e lucerne (III-IVsec. d.C.). Larimozione dei resti delle fornaci mise in lucestrati con ceramica del II secolo. I rapporti stra-tigrafici * e gli elementi datanti di tutti questicontesti hanno consentito di appurare la loroappartenenza a un'unica fase, interpretabilecome risultato di un'azione per lo smaltimen-to di morti da contagio. Il loro studio come ununico insieme stratigrafico ha consentito di ri-costruire quasi in tempo reale i drammatici av-venimenti che ebbero come teatro il comples-so funerario di Harwa e Akhimenru. Eccone lacronaca. -t a p. 45

di, Testidei Sarcofagi e Libro dei Morti) e so-no disposti sulle pareti del monumento inuna successione che, letta in sequenza, for-nisce la descrizione di un viaggio idealeche conduce dalla vita alla rinascita nell'Ol-tretomba e da lì alla resurrezione in terra. Inquesto contesto sono inserite alcune scenein rilievo di raffinata esecuzione. Lapiù cele-bre è quella con l'allegoria della morte doveHarwa è ritratto con le caratteristiche di unuomo anziano che Anubi trascina verso l'o-scurità dell'Oltretomba.

Ampliamento del successore Akhimenru.Harwa non riuscì a completare il suo monu-

in basso"CAVA[' DI CALCARELa pietra necessaria

alla produzionedella calce fu presadalla decorazione

del complessofunerario di Harwa

e Akhimenru,soprattutto dagli

ingressi ai cenotafì.In quello di Harwa

sopravvivono soltantoi due magnifici registri

inferiori con scenedi macelleria nella

parete nord: le zonescure a destra sono

le tracce del falòin cui furono bruciati icadaveri dell'Epidemia

di Cipriano. L'uso dellacalce da spargere sui

morti di un' epidemia sibasava sulla credenza,condivisa fino all'età

moderna, cheil contagio fosse

alimentato anchedai miasmi

che emanavanodai cadaveri.

mento e la parte settentrionale del corridoioche circonda tutta la parte sotterranea (lacui planimetria è sviluppata a imitazione diquella di un tempio) fu ampliata dal suo suc-cessore Akhimenru, che ne ricavò il propriocenotafio. L'ampiezza del complesso fune-rario di Harwa e Akhimenru condusse a riu-tilizzarlo come luogo di sepoltura da mem-bri secondari del clero tebano già a partiredalla XXVI dinastia (664-525 a.c. circa). Inepoca tolemaica (fine IV-Isec. o.C] il ceno-tafio di Harwa fu trasformato in un santuariodedicato a Osi ride, mentre nel Il sec. d.C.tornò a essere utilizzato come necropoli.

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nelle tre foto... E SCAVOTERMINATOI tre forni perla produzione di calcedel III sec. d.C.riportati in luce nelcortile del complessofunerario di Harwae Akhimenru.Vediamo anche(qui a lato)un particolaredella calchera B.

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Scene di vita e di mortedal mondo antico

Riva ovest del Nilo a Luxor, un giornoqualunque tra il 249 e il 250 d.C. Ungruppo di uomini si aggira nel cortile

del complesso funerario di Harwa e Akhi-menru (di età faraonica e da tempo in disu-so). Alcuni sono impegnati nella costruzionedi tre calchere lungo la parete orientale delcortile, altri raccolgono frammenti della de-corazione ormai in rovina degli ingressi aidue cenotafi.

Un uomo si affaccia sul cortile e urla che lasquadra inviata alla ricerca di legna da arderesta tornando e getterà quanto trovato dall'altodel portico d'entrata. Chi dirige le operazioniordina di andare a prendere il materiale, ma si

raccomanda di separare le mummie dai pezzi disarcofago che serviranno da combustibile. Dueuomini annuiscono: si infilano nel vestibolo,raggiungono l'ingresso, fanno quanto è stato or-dinato e rientrano nel cortile carichi di legna,che consegnano ai fuochisti per essere sistematanelle camere di combustione. Quindi appicca-no il fuoco.

La fiamma delle calchere è alimentata di con-tinuo per almeno tre giorni. Di notte le opera-zioni sono effettuate alla fioca luce delle lucerneche nessuno si cura di raccattare da terra unavolta terminato l'olio.

I fuochisti aspettano che i blocchi di calce vi-va si raffreddino, li estraggono dalle calchere e liammucchiano nell'ingresso del cenotafio diAkhimenru, dove li spezzano e vi versano sopraacqua per ottenere la calce spenta. ---t a p. 48

FARECALCINAFrammento

di decorazione dalcenotafìo di Akhimenru

(metà VII sec. a.C.)recuperato in una

delle calcheree riposizionato

virtualmente sullaparete da cui venne

staccato. L'usodi ridurre a calce

elementi architettonicie decorativi in pietra

è stata una delle causepiù ricorrenti

di distruzione deimonumenti antichi.

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in questa paginaLEGNA... DA ARDEREFrammenti di sarcofagocon evidenti traccedi bruciatura perchéusati come combustibilinelle calchere delcomplesso funerariodi Harwa e Akhimenru.Quello di sinistraè databile al II secoloa.C. e conservai resti della figuradi un genio a testadi sciacallo e di colonnecon segni geroglificimolto corsivi.A destra è invecequanto rimanedel volto di unsarcofago databileal VII-VIsec. a.C.

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IL MORBO CHE MISE IN GINOCCHIO L'IMPERONon risparmiò nessuno. L'epidemia che flagellò l'impero romano in uno dei periodipiù oscuri della sua storia prende il nome da san Cipriano (Thaschus Caecilius Cypria-nus, 210-258), padre della Chiesa e vescovo di Cartagine, che ne diede una descri-zione in prima persona nel suo trattato De morta/itate. Secondo il cronista bizantinoGiovanni di Antiochia (VII sec.) il contagio si sarebbe sviluppato in Etiopia (da inten-dere come un'area compresa tra Egitto e Sudan) tra il248 e il249 per propagarsi ra-pidamente verso l'Occidente. Arrivò a Roma nel 251, fra l'altro causando la morte diOstiliano, imperatore solo da pochi mesi. Nel momento della massima diffusione ilmorbo arrivò a mietere oltre cinquemila vittime al giorno soltanto nell'Urbe. L'Epide-mia di Cipriano avrebbe provocato la morte anche di Claudio il Gotico, imperatoredal 268 al 270, da cui si può dedurre che essa abbia avuto una durata più che ven-tennale, in contrasto con quanto affermato dalle testimonianze contemporanee e suc-cessive che parlano di quindici anni.

Ma di quale malattia si trattò? Si è molto speculato sulla natura dell'Epidemia di Ci-priano. Leteorie più accreditate propenderebbero per il virus del vaiolo o del morbil-lo. In un suo articolo (in corso di stampa) Kyle Harper dell'Università dell'Oklahomapropone una teoria alternativa basata sulla raccolta di una ventina di resoconti dell'e-poca, per cui i sintomi descritti potrebbero essere riferiti a quelli di un contagio provo-cato da febbre emorragica diffusa da un roditore. La memoria di questa malattia siprotrasse a lungo nella tarda antichità e nella cronaca universale redatta da un mona-co anonimo, vissuto nell'VIII secolo nel monastero di Zuqnin (Turchia orientale), vengo-no descritti i vari metodi che furono adottati per arginarla. Secondo l'antico cronista icristiani finanziavano lo scavo di fosse comuni, mentre ad Alessandria e più in gene-rale in Egitto i cadaveri degli appestati venivano bruciati: una testimonianza scrittache trova corrispondenza nella situazione archeologica messa in luce nel complessofunerario di Harwa e Akhimenru.

TESTIMONE DIRETTO. Reliquiario (XVsec.)di San Cipriano, vescovo di Cartagine,

martirizzato nel 258 per essersi rifiutatodi abiurare la fede cristiana. La testimonianzadiretta di Cipriano è una delle poche relativealla pandemia che da lui prende il nome e cheflagellò l'impero per venti anni a partire dal 250.

(Aquisgralla, Abbazia di KomelimulIster)

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TOMBA MULTIPLAAll'interno di un ampiostrato di calce riportatoalla luce nella primasala ipostila delCenotafio di Harwasono state ritrovatii resti di ossa lunghe.È quanto rimane dei

cadaveri degli appestatiche vi furono depositatiin attesa di esseregettati tra le fiamme:probabilmentealcuni furono lasciatidove si trovavano.

sopra al centroSMISTAMENTONel portico d'entrataal complesso funerariodi Harwa e Akhimenrusi vedono resti dimummie (a sinistracontro il muro)e frammenti disarcofaghi (al centro):sono i segni di unacernita dei materialida usare per il fuoco.

RESTI DELLA PIRATeschi, mattoni e unabrocca del III sec. d.C.recuperati tra i restidell' enorme falòal centro del cortiledel complesso funerariodi Harwa e Akhimenrudove sarebberostati bruciati i mortidel contagio.

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Una orrenda catastadi corpi infetti

C ala la notte e si comincia a traslare icorpi dei contagiati. Vengono distesiuno accanto all' altro nella prima sala

ipostila del cenotafio di Harwa e ricoperti di

calcina, trasportata con l'ausilio di ampi piat-ti in ceramica. All' esterno viene intanto pre-parata la catasta di legna sulla quale sarannobruciati i cadaveri. Vi finiscono sarcofagi e-stratti da sepolture recenti di cui è nota l'ubi-cazione, ma anche alcuni, di mirabile fattura,più antichi. Alla fine gli uomini dispongono i

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corpi sulla pira. Il loro numero è così elevatoche si raggiunge presto un' altezza eccessivaper ulteriori accatastarnenti, per cui si decidedi lasciare gli ultimi cadaveri all'interno dellasala ipostila. Viene appiccato il fuoco. Il ca-lore è intenso e gli uomini si passano le ulti-me due brocche d'acqua per placare la sete;

una volta svuotate le gettano tra le fiamme. Èquasi l'alba quando del falò rimane solo unenorme ammasso di carboni e ceneri fuman-ti. Le colonne di fumo che tristemente si le-vano ovunque dalla piana dell'Assasif colpi-ta dall' epidemia quasi oscurano il sole all' o-rizzonte.

PER GLI OPERAIBrocche (III sec. d.C.)

ritrovate nel cortiledel complesso funerariodi Harwa e Akhimenru.

Dovevano contenereacqua e una volta

vuote furonogettate nel falò.

*NON TUTTI SANNO CHE•••Assasif. Spianata sulla riva ovest di Luxor che si estende per circa unchilometro tra il limite delle coltivazioni e l'anfiteatro naturale diDeir el-Bahri dove sorgono i templi di Mentuhotep Il, Hatshepsut eThutmosi 111.L'Assasif fu utilizzato come area cimiteriale a partire al-meno dalla fine del Primo Periodo Intermedio (XXIIsec. a.c.) fino aoltre lo tarda antichità. Tra VII e VI sec. a.c. ospitò i monumenti fune-rari dei più importanti funzionari tebani, a tutt'oggi i più vasti di tut-to l'Egitto e le cui decorazioni (soprattutto dei cenotafi di Harwa eMontuemhat) sono considerate tra i massimi raggiungi menti dell' ar-te del rilievo egiziano.

Calchèra. Forno per lo produzione della calce. Raggiunta lo tempera-tura di 800°-1000°, lo roccia calcarea (carbonato di calèio) perdeanidride carbonica e si trasforma in calce viva (ossido di calcio).Quest'ultima, trattata con acqua che lo rende calce spenta (idrossidodi calcio), diventa una massa pastosa chiamata grassello. Nella tar-da antichità e nel medioevo per ottenere lo calce spesso venivanosmontati e cotti nelle calchère i marmi dei monumenti abbandonati.

Necropoli tebana. Una delle aree archeologiche più grandi e noteal mondo. Si estende lungo quattro chilometri di deserto sulla rivaoccidentale del Nilo di fronte a Luxor (antica Tebe) tra le coltiva-zioni e le propaggini dell'altopiano libico. Queste appaiono quicome una catena montuosa culminante in una cima a forma di pi-ramide il cui nome arabo Qurna, 'corno', è utilizzato per indicaretutta lo zona. A partire dalla fine del III millennio a.c. e per un pe-

riodo di quasi duemilacinquecento anni vi furono allestite tombe einnalzati templi e cenotafi di sovrani e funzionari. La parte più ce-lebre di tutta lo necropoli è lo Valle dei Redove furono sepolti i so-vrani del Nuovo Regno (1550-1075 a.c. circa).

Rapporti stratigrafici. In uno scavo archeologico, le relazioni cheintercorrono tra i vari strati (Unità Stratigrafiche). La loro esattaidentificazione consente di stabilire rapporti di priorità, posteriori-tà e contemporaneità tra le varie aree scavate e, attraverso questi,ricostruire lo successione degli eventi più caratteristici nella storiadi un monumento o di un sito.

Sala ipostila. Dal greco hypostylos (hypo, 'sotto', e stylos, 'colon-na'). Ambiente il cui spazio interno è suddiviso da colonne. Perestensione il termine è usato in egittologia anche per indicare salea pilastri. Nei monumenti scavati nella roccia, come i cenotafi diHarwa e Akhimenru, i sostegni non hanno funzione portante e fun-gono soltanto da elementi decorativi e supporti su cui incidere sce-ne e colonne di testi geroglifici.

TI. Sigla tratta dalla locuzione inglese T(heban) T(omb) e utilizzataper identificare i monumenti a carattere funerario della necropolitebana. Alla siglò viene fatto seguire un numero corrispondente aquello attribuito nella pubblicazione topografica di Gardiner eWeigall (1913), a cui hanno fatto seguito numerose aggiunte. Fi-nora sono stati recensiti 409 monumenti con questo sistema, alquale con il tempo se ne sono andati associando altri.

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A,B,C Calchere (forni per calce)

p. a jronteREPERTI MINIMIUn operaio setacciacon attenzione i restidel falò al centrodel cortile del complessodi Harwa e Akhimenru.Si cerca di recuperareanche il più minutoframmento di qualsiasioggetto possa esseresfuggito alle fiamme.

l'unico sito in cui è stato possibile identificare u-na traccia archeologica di questa pestilenza, notafinora soltanto da fonti scritte.Alcuni contempo-ranei la descrissero come un segnale dell'immi-nente fine del mondo. E in un certo senso lo fu,visto che oggimolti storici la ritengono una dellecause dell'indebolimento dell'impero romano.Come spesso accade in archeologia, una scoper-ta conduce a sua volta a degli interrogativi ai

Testimonianze scrittee prove archeologiche

La ricostruzione degli eventi, così comeconsente di proporla la ricerca sul campo,restituisce un quadro a tinte fosche della

tragica situazione nella regione tebana all'insor-gere dell'Epidemia di Cipriano. Per il momentoil complesso funerario di Harwa e Akhimenru è

I I I I

corridoio1 Strato di calce con resti umani corridoio

Il Resti di falò

3 Strato di calce solidificata

Il

.~/ ,/

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Frammenti di sarcofagi e mummie

santuario di Osi ride

TOMBADIHARWAPlanimetriadel complessofunerario di Harwae Akhimenrucon i contestirelativi alleoperazionidi smaltimentodei cadaveridel III sec. d.C.

rampa

\so----

I I

~I II I

corridoio

seconda sala ipostila

("\..

prima sala ipostila

entrata a nicchia

Tomba di Akhimenru(in celeste)

vestibolo

portico d'entrata! ! I !

cava

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quali appare arduo dare subito risposta. Unaco-sa è certa: l'utilizzazione come lugubre luogoper lo smaltimento dei cadaveri condannò ilcomplesso funerario di Harwa e Akhimenru aun oblio plurisecolare. Le tracce di frequenta-zione successiva sono scarse. Leprime attività diqualche rilievo sono quelle dei tombarolidell'Ottocento che cominciarono a depredare ilmonumento quando erano trascorsi quasi mil-

lecinquecento anni dai tristi eventi di cui questosito era stato muto testimone.

Francesco Tiradrittidocente di Egittologia, Università "Kore" di Ennadirettore Missione archeologica italiana a Luxor

Foto, planimetrie ed elaborazioni grafiche (N. Cijan, G.Lovera, B. Orehek, F.Tiradritti, A. Wutte) sono dell'Asso-ciazione Culturale per lo Studio dell'Egitto e del SudanONLUS©.

ILLUMINAZIONELucerne a olio

(ante 250 d.C.) trovatenegli strati archeologici

delle calchere.Dovettero essere

utilizzate perle operazioni notturnedi alimentazione della

fiamma che dovevabruciare di continuo

per almeno tre giorni.

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