Emmaus Luglio 2011

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ANNO 5 - N. 2 LUGLIO 2011 - Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - E-mail: [email protected] E’ un titolo provocatorio, in redazione ne abbiamo riflettuto molto, quello del numero di Em- maus che avete tra le mani. Oltre ai tanti articoli interessanti e alle foto che ricordano le tappe sacramentali del cammino catechistico, stavolta vogliamo dare voce e magari creare un di- battito su tutto ciò che sporca la chiesa... da sempre e quindi anche oggi. I gravissimi casi di pedofilia all’interno della comunità ecclesiale, i legami con la mafia, i conti in banca di denaro sporco... tutto ciò logicamente ci scandalizza, ci impressiona e ci interro- ga: “Ma questa è la Chiesa di Gesù? E’ la Chiesa che Gesù ha pensato e per la quale ha dato la vita?”. Questi scandali ci fanno davvero dubitare e allontanano sempre più giovani e meno giovani. Il problema esiste, è innegabile. Come risolverlo? Ognuno dice la sua: “Meglio che i preti si spo- sino! La Chiesa non ha più senso e non deve avere privilegi! La Chiesa è formata da una banda di depravati! Da sempre la Chiesa ci tiene sotto il giogo della paura...”. C’è qualche altra strada per una seria riflessione? Federico Contarin, Samuele Tamai, Don Giovanni Pesce ci donano un loro commento e anche una chiave di lettura per non cadere nella tentazione di “buttare via il bambino con l’acqua sporca”, per non cedere alla sola informazione scandalistica e unilaterale che ci viene quoti- dianamente proposta per fare audience e per “sbattere il mostro in prima pagina”. Diamo allora voce alle luci nella Chiesa e sono, nonostante tutto, ancora molte, ricordandoci sempre che la Chiesa non è solo il Vaticano ma anche quella povera dei paesi di missione, la Chiesa che in tanti posti del mondo viene perseguitata... fino ad arrivare alla nostra Chiesa presente nella collaborazione pastorale di Musile dove tantissimi laici collaborano e si danno da fare, certo, ognuno con i propri limiti e con i propri doni, perchè si sentono parte di una famiglia e di un luogo sicuro e accogliente. La Chiesa, per non restare al buio (e la Chie- sa siamo tutti noi) deve saper mettersi in ginocchio e contemplare in silenzio quel Gesù che nella sua morte vince ogni morte, ogni peccato, vince il buio che ognuno di noi porta dentro. Deve sa- pere, con umiltà, sporcarsi le mani e continuare a condividere il pane del- la Vita e il pane per i più poveri, deve essere testimone credibile di amore gratuito, pulito, divino. Ascoltiamo. Don Saverio MUSILE DI PIAVE, CHIESANUOVA, MILLEPERTICHE, PASSARELLA, SANTA MARIA DI PIAVE, CAPOSILE, CROCE DI PIAVE

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Collaborazione Pastorale di Musile di Piave - Emmaus Luglio 2011

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ANNO 5 - N. 2 LUGLIO 2011 - Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - E-mail: [email protected]

IL BUIO NELLA CHIESAIL BUIO NELLA CHIESAIL BUIO NELLA CHIESAIL BUIO NELLA CHIESAIL BUIO NELLA CHIESAIL BUIO NELLA CHIESAIL BUIO NELLA CHIESAIL BUIO NELLA CHIESAIL BUIO NELLA CHIESAE’ un titolo provocatorio, in redazione ne abbiamo riflettuto molto, quello del numero di Em-maus che avete tra le mani. Oltre ai tanti articoli interessanti e alle foto che ricordano le tappe sacramentali del cammino catechistico, stavolta vogliamo dare voce e magari creare un di-battito su tutto ciò che sporca la chiesa... da sempre e quindi anche oggi.I gravissimi casi di pedofilia all’interno della comunità ecclesiale, i legami con la mafia, i conti in banca di denaro sporco... tutto ciò logicamente ci scandalizza, ci impressiona e ci interro-ga: “Ma questa è la Chiesa di Gesù? E’ la Chiesa che Gesù ha pensato e per la quale ha dato la vita?”. Questi scandali ci fanno davvero dubitare e allontanano sempre più giovani e meno giovani.Il problema esiste, è innegabile. Come risolverlo? Ognuno dice la sua: “Meglio che i preti si spo-sino! La Chiesa non ha più senso e non deve avere privilegi! La Chiesa è formata da una banda di depravati! Da sempre la Chiesa ci tiene sotto il giogo della paura...”.C’è qualche altra strada per una seria riflessione?Federico Contarin, Samuele Tamai, Don Giovanni Pesce ci donano un loro commento e anche una chiave di lettura per non cadere nella tentazione di “buttare via il bambino con l’acqua sporca”, per non cedere alla sola informazione scandalistica e unilaterale che ci viene quoti-dianamente proposta per fare audience e per “sbattere il mostro in prima pagina”.Diamo allora voce alle luci nella Chiesa e sono, nonostante tutto, ancora molte, ricordandoci sempre che la Chiesa non è solo il Vaticano ma anchequella povera dei paesi di missione, la Chiesa che in tanti posti del mondo viene perseguitata... fino ad arrivare alla nostra Chiesa presente nella collaborazione pastorale di Musile dove tantissimi laici collaborano e si danno da fare, certo, ognuno con i propri limiti e con i propri doni, perchè si sentono parte di una famiglia e di un luogo sicuro e accogliente.La Chiesa, per non restare al buio (e la Chie-sa siamo tutti noi) deve saper mettersi in ginocchio e contemplare in silenzio quel Gesù che nella sua morte vince ogni morte, ogni peccato, vince il buio che ognuno di noi porta dentro. Deve sa-pere, con umiltà, sporcarsi le mani e continuare a condividere il pane del-la Vita e il pane per i più poveri, deve essere testimone credibile di amore gratuito, pulito, divino.Ascoltiamo.

Don Saverio

ANNO 5 - N. 2 LUGLIO 2011 - Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - E-mail: [email protected] 5 - N. 2 LUGLIO 2011 - Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - E-mail: [email protected] 5 - N. 2 LUGLIO 2011 - Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - E-mail: [email protected]

MUSILE DI PIAVE, CHIESANUOVA, MILLEPERTICHE,PASSARELLA, SANTA MARIA DI PIAVE, CAPOSILE, CROCE DI PIAVE

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Ultimamente ci siamo trova-ti di fronte a casi di cronaca che hanno avuto per oggetto crimini commessi da cosiddetti uomini di Chiesa o indagini con ipotesi di re-ato a carico di istituzioni ecclesia-stiche. La memoria corre rapida-mente all’increscioso e doloroso caso di don Seppia nella diocesi di Genova o al presunto afflusso di denaro sporco, probabilmente di origine mafiosa, allo IOR (Istituto di Opere Religiose) finalizzato ad essere riciclato. Questi sono solo esempi, gli ultimi che si potrebbe-ro fare in termini di tempo: tanti, troppi, altri casi hanno colpito le nostre coscienze; le menti, quan-do non anche i cuori, - di credenti e non - sono rimaste scandalizza-te da simili turpitudini. In queste circostanze il colpo subìto può in-durre anche il più mite (credente, agnostico o ateo che sia) a sfoghi emotivi come vituperi contro la Chiesa in generale. Ma che cos’è la Chiesa? Spesso con il termine “Chiesa” si allude, erroneamente, al clero: i preti... per dirla in manie-ra semplicistica, includendo tutta la gerarchia ecclesiastica fin ad arrivare al Papa. Ma questo non è corretto: la Chiesa siamo noi! Chiesa è tutta l’ecumene cristiana che si riconosce nell’insegnamen-to di Cristo (... e anche chi non vi si riconosce potrebbe comunque esserne incluso in quanto battez-zato). Appare da questo semplice ragionamento che, per definizione, essendo fatta di uomini, non potrà certo essere perfetta: gli uomini in-fatti sono fallibili. E’ dunque certa-mente perfettibile, anzi è doveroso perfezionarla. Quando si dice che la Chiesa è santa, generalmente non s’intende che abbia raggiunto santità e perfezione (due termini che non sono sinonimi), semmai che è in cammino verso la prima contemplando la seconda che re-sta per essa inarrivabile (in quan-

to non è prerogativa umana ma divina). Con questo non si vuole assolutamente ammettere con leggerezza la possibilità del veri-ficarsi di certe abominazioni, né, tanto meno, scusare chi si è mac-chiato di colpe gravissime. Si sta semplicemente cercando di fare il punto della situazione. Si individua invece da tutto ciò una fortissima necessità di andare incontro a problemi come quelli che portano scandalo alla Chiesa proprio in ra-gione del fatto che i crimini com-messi non sono solo delitti se-condo la legge, ma anche peccati contro l’uomo, e quindi contro Dio - che ama l’uomo! Dev’esser quin-di particolare cura di noi credenti - anche laici - avere a cuore che si-mili nefandezze non si perpetrino: aiutandoci l’un l’altro, premuran-doci di diffondere una sensibilità attenta con funzione di controllo e prevenzione. E soprattutto densa di Carità: se le azioni di tutti noi fossero guidate da questa certe cose non accadrebbero mai. E’ inoltre doveroso, oltre a preveni-re, inquisire e ,una volta accertato, punire il crimine-peccato. Proprio Benedetto XVI individuava questa necessità ancora prima di salire al Soglio Pontificio: più attento e severo probabilmente di tutti i suoi predecessori verso le ombre turpi della Chiesa, ha affrontato il pro-blema già da cardinale e ora da Papa. Ma la stampa in genere non ha dato risonanza a queste sue iniziative: forse era troppo impe-gnata a travisare i suoi messaggi circa l’uso di mezzi anticoncezio-nali. Già: la stampa... una stampa che spesso, dimentica del proprio dovere di servire informazione - e quindi verità -, si è gettata a ca-pofitto nelle tragedie della Chiesa, senza preoccuparsi che venissero accertati non solo i fatti (atten-dendo gli esiti dei processi) ma anche solamente le accuse, sen-

za rispetto alcuno per le vittime delle vicende innanzitutto. Ha for-nito gogne mediatiche emettendo sentenze di colpevolezza senza preoccuparsi di verificare spes-so le fonti... e si è dunque trova-ta sovente nella situazione d’aver messo alla forca imputati risultati poi dai processi ineccepibilmen-te innocenti (distruggendo così le vite di costoro e le speranze delle vittime d’ottener giustizia a causa di inquinamenti di indagini viziate dal condizionamento dell’opinione pubblica). Non si parla qui di tutta la stampa, si badi bene: generaliz-zare sarebbe sbagliato, ma della tendenza preminente assunta da essa. Ce ne accorgiamo! Ci accor-giamo di quanto sia sbagliato ge-neralizzare, ogni volta che un caso di grave entità porta le coscienze più fragili a condannare la Chiesa in toto, giungendo a definire il cle-ro un conciliabolo di pedofili cor-rotti e spregiudicati affaristi. Ge-neralizzare è facile, forse troppo. Il problema è che è anche ingiusto, sbagliato appunto. Si è spesso parlato di tentativi di insabbiamen-to delle gerarchie ecclesiastiche circa i casi di pedofilia... un’accu-sa che pone la questione in termini semplicistici... Ma non si parla de-gli altrettanto numerosi casi in cui è l’autorità ecclesiastica l’unica a difendere le vittime perseguendo i propri membri rei o denuncian-do inascoltata quelli della società laica. Così intenti a focalizzarne le ombre, non si è in grado, o ci si rifiuta di notare le luci della Chie-sa generaliter: l’immane profusio-ne di impegno in opere di carità in confronto al quale i terribili casi di cui in questi giorni siamo testimo-ni tendono a diventare eccezioni. Come al solito “fa più rumore un albero che cade di un’intera fore-sta che cresce”.

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“LA CHIESA SIAmo noI” di Federico Contarin

IL BUIO NELLA CHIESA

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Emanuele Alfano, l’ex seminarista ventiquattrenne arrestato giovedì scorso per induzione alla prostitu-zione minorile, nell’ambito dell’in-chiesta che ha portato in carcere il prete orco don Riccardo Sep-pia, ha “vomitato” l’indescrivibile nell’interrogatorio condotto da-gli inquirenti, in particolare “delle cose terribili che succedono in se-minario, dove sono stato un anno prima di andarmene perché non ce la facevo più”. Non ha potuto, i suoi avvocati difensori lo hanno fermato e lo stesso pm è andato oltre senza approfondire perché quello che succedeva, secondo Alfano, in seminario non è materia dell’inchiesta. (dall’articolo Scan-dalo preti pedofili, l’origine in se-minario, del 24 maggio 2011, di-sponibile sul sito:http://www.laprimapagina.it/wordpress/?p=893). I media hanno riacceso negli ultimi tempi, quel fuoco che sembrava estinto, o quantomeno relegabile al passato, dello scandalo imputa-bile ad alcuni sacerdoti, nella no-stra Chiesa Italiana.Informandomi sull’evoluzione di tale fenomeno (che dal punto di vista mediatico nasce in Ameri-ca ed affonda le proprie radici in un’inchiesta del Boston Globe del 2002, propagandosi poi in Europa nel biennio 2009/10), ricercando i documenti ufficiali della Chiesa e leggendo vari articoli giornalistici, ho trovato un po’ di tutto: da chi parla di Vaticangate, a chi tenta di difendere l’indifendibile; da gente che ne approfitta per accusare tut-ta la Chiesa dal di fuori, a uomini che sapendo di essere Chiesa (e non solo di chiesa) rinunciano ad ogni difesa e chiedono perdono per i loro peccatori.Poi mi è capitato sotto gli occhi

l’articolo che ho citato all’inizio. Riguarda qualcosa che mi è mol-to vicino, che vivo più da vicino di qualunque giornalista: la vita in seminario. Ho deciso allora di raccontare un po’ di questa mia esperienza, per restituire un’im-magine più realistica del semina-rio e dell’identità dei sacerdoti con cui vengo quotidianamente a con-tatto: non si può infatti pretendere di descrivere la Chiesa solo attra-verso le sue malattie, il suo volto tramite le cicatrici che lo segnano.Sono entrato in seminario tre anni fa, dopo un’esperienza universi-taria di tre anni a Udine. Ero alla ricerca di un senso profondo, ani-mato da una sete di un “di più” che non riuscivo a trovare. Facevo fati-ca a prendere sul serio le risposte che la Chiesa mi dava, perché mi sembrava che gli stessi che le pre-dicavano (sacerdoti e laici) non ci credessero più di tanto… non fino al punto di viverle. Il tutto finché non ho incontrato don Livio, che mi ha colpito per la sua carica, la sua convinzione. Gli ho chiesto di parlare e nel dialogo mi ha saputo proporre la via che poi ho scelto: entrare in seminario, per verificare se la chiamata che il Signore mi ri-volge, è quella al presbiterato. Qui ho trovato diversi sacerdoti che mi hanno guidato, aiutato, con i quali ho avuto anche accese di-scussioni, ma che si sono sempre dimostrati interessati al mio bene, dei quali ho sempre ritenuto di po-termi fidare. Ho trovato una rego-la comunitaria che mi ha aiutato a mettere ordine nella mia vita, a dare tempo a ciò che è veramente importante. Ho trovato giovani che come me si interrogavano e si in-terrogano sulla volontà del Signo-re per loro. Dopo tre anni posso dire consapevolmente che il se-

minario è il luogo in cui il Signore mi chiama a crescere, a conoscer-Lo, il luogo in cui oggi mi chiama a camminare per poter realizzare il progetto di vita che è la mia vita in Lui.Così quando ho sentito di tale scandalo, del coinvolgimento di un seminario, di un sacerdote, ho reagito similmente a come ognu-no reagisce di fronte alla notizia di una madre che uccide il proprio bambino: non ho esteso il giudizio a tutta la Chiesa, a tutti i sacerdo-ti, allo stesso modo in cui nessu-no comincerebbe a dubitare della propria madre. Sono invece rima-sto addolorato per le vittime e per la cecità di chi aveva la responsa-bilità di vigilare, fin dal momento del discernimento vocazionale. Concludo dicendo che oggi sono e mi sento parte di questa Chie-sa, e ci resto dentro, non come si resta dentro ad un partito, non per l’adesione ad alcuni valori, non come simpatizzante esterno. Oggi resto nella Chiesa, come pietra viva, perché qui ho incontrato Co-lui che mi ha vivificato e mi vivifi-ca. Proseguo avendo davanti agli occhi il solo modello, che è Gesù (e non sono i sacerdoti, che al massimo sono esempi). Proseguo accettando di fare parte di una fa-miglia che non è perfetta, compo-sta di santi, di gente comune, di peccatori, ed a volte anche di cri-minali. Ricordo infatti, che pur di far nascere questa famiglia, Gesù, quel Gesù che mi ha dato vita, si è lasciato crocifiggere. Io, chiamato da Lui a seguirLo, posso rifiutare uno “strumento” di salvezza, ac-quistato a così caro prezzo?

“Io, CHIAmAto dA LuI, A SEguIrLo” di Samuele Tamai

IL BUIO NELLA CHIESA

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“Non si accende una lucerna per metterla sotto il letto o sotto il tavolo, ma nel posto più in alto della stanza perché illumini tutti coloro che vi sono entrati… Così deve essere la vostra vita, la vo-stra luce, cioè, la vostra condot-ta, perché vedendo voi, rendano gloria a Dio, e vivano così come vivete voi” Queste le parole di Gesù (cfr. Mc. 4,21…; Lc. 8,16..; 11,33…). Questo ha detto Gesù ai suoi Apostoli e in loro a tutta la Chie-sa, cioè a tutti i battezzati, cioè a tutti noi.Quando parliamo di Chiesa noi pensiamo subito al Papa, ai Ve-scovi, ai preti, e certamente sono Chiesa, come noi siamo Chiesa “pietre vive… costruiti come edi-ficio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spiri-tuali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo” (1 Pt. 2,5).L’unica differenza tra noi bat-tezzati e coloro che definiamo “Pastori” consiste nel fatto che loro hanno un ministero preciso (consacrato) di servizio a tutto il popolo di Dio. Per questo San Agostino diceva di sé Vescovo: “Con voi sono battezzato, per voi sono vescovo”. Questo servizio è Santo e volu-to da Cristo stesso. Ed è proprio per questo che tutti noi vorrem-mo questi “Pastori” come Gesù: esemplari, lucerna messa in alto, irradianti luce, pronti sempre a dare la vita per il loro gregge.

Questo non sempre, purtroppo, accade, e quasi ogni giorno dai media siamo informati di pastori che cercano come tanti i soldi, il potere, l’apparire, il prestigio, le donne o, peggio ancora, i fan-ciulli, le fanciulle, gli adolescenti, con accompagnamento a volte di droghe, ecc… Cosa pensare di tutto questo? Giustamente ne restiamo scan-dalizzati, e con noi tutto il “Corpo di Cristo” che siamo noi, tutte le “pietre vive” che formano questo edificio spirituale che è la Chie-sa, nuovo popolo di Dio.Qualcuno può essere tentato pure di abbandonare, o di essere respinto da tali fatti: in parole più povere può andarne di mezzo la fede, specie dei più deboli. Cosa fare allora? Non ho delle ricette immediate e infallibili. E’ un problema di tutta la Chie-sa, e quindi anche nostro, e di non facile soluzione. C’è di mez-zo, inoltre, qualsiasi soluzione si prenda, la libertà individuale. E questa neanche Dio la tocca.Certo mi aiuta il pensiero che quando gli Apostoli cominciaro-no il loro ministero, la situazione non era migliore. Sarebbe inte-ressante vedere con calma la situazione delle grandi città pa-gane agli inizi della predicazione apostolica: basterebbero Roma, Corinto e Antiochia di Siria, in-sieme ad Alessandria d’Egitto… un modo di pensare e di com-

portarsi, a tutti i livelli di socializ-zazione, esattamente contrario ai valori Evangelici e all’ideale di sequela di Cristo.Che cosa ha aiutato gli Apostoli a sfondare?Innanzitutto: - Una fede profonda in Cristo che li accompagnava e sostene-va, e nella forza che infondeva loro lo Spirito Santo. - Una vita fraterna che esprimeva ciò che annunciavano: “da que-sto conosceranno che siete miei discepoli se vi amerete gli uni gli altri” (Cfr. Gv. 14,34-35).- La profonda esperienza di po-vertà e di condivisione dei beni che anche i pagani potevano ve-dere (Atti 2,42-47; 4, 32-37).- Infine una preghiera (nutrita dalla Parola di Dio) a dimensione personale, comunitaria e quindi universale.E tutto questo è pienamente e immediatamente realizzabile an-che nelle nostre comunità. Non solo, quindi, scandalizzarsi o non curarsene…Chi conosce un po’ della storia della Chiesa sa che è tutto un procedere di ombre e di luci…La Luce riesce a sopraffare le tenebre quando qualcuno o una comunità si mette a vivere il Van-gelo senza attenuarlo o dimez-zarlo.E’ questa, credo, per ora, la ri-cetta infallibile.

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“vIvErE IL vAngELo SEnzA AttEnuArLo” di Don Giovanni Pesce

GIUGNO - LUGLIO 2011

IL BUIO NELLA CHIESA

PEr CHI vUOLE INtErvENIrE AL dIBAttItO PUò SCrIvErCI in redazione o all’indirizzo mail: [email protected]

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SAN dONÀ E I 150 ANNI dI UNItÀ d’ItALIA

Noi sandonatesi siamo unitari? Da quando? E lo siamo davvero? Come siamo arrivati all’unità?Sono tutti interrogativi leciti, che alcuni liquidano dicen-do, noi l’unità non l’abbiamo davvero e non siamo an-cora convinti che vale la pena di essere unitari, non ci siamo neppure accorti di questa esigenza. Neppure a livello religioso siamo molto appassionati di unità, non ci pensiamo... cosa ci può dire a sostegno della nostra cultura, il fatto di appartenere all’Italia unita e figlia del Risorgimento, per noi ex austroungarici e occupati dai piemontesi, ex contadini e rimasti pre-industriali, boni-ficati e patria dell’agricoltura, divenuta insignificante a livello europeo e del turismo fai da te, capaci di grandi fatiche e poco studio, da arricchiti a scapito della gran-de cultura, frutto del catechismo di San Pio X° (1912) e poco conciliari religiosamente. Ci sono temi che sono estremamente stimolanti e che richiedono approfondi-mento. In partenza è importante fare i conti con la Sto-ria Veneta e con i dati della partecipazione del Veneto a questo cammino unitario, che si mescola con la caduta della Repubblica di Venezia (1797), l’occupazione Na-poleonica e i rapporti con l’Impero Austro-ungarico nel periodo del suo progressivo declino. Qui non resta che consultare Teodegisillo Plateo IL TERRITORIO DI SAN DONÀ NELL’AGRO DI ERACLEA, ed. Trevigiana 1969 alla pagg. 141-168. È sua l’idea fondamentale della poca attenzione della Repubblica “Serenissima” per il territorio e il suo intervento di salvaguardia della lagu-na, deviando i fiumi, ma senza molta preoccupazione per la situazione locale, la popolazione, l’assetto terri-toriale. Siamo anche dentro l’idea del “fare gli italiani”, partendo dalla convinzione che oggi, nella prospettiva europea e solidale, non possiamo essere troppo schiz-zignosi, o talmente attaccati alle nostre tradizioni, da restare nostalgici della Serenissima e delle sue strut-ture, da migliori del mondo da super controllati dalla nobiltà e dai proprietari agricoli, che si sono decisi in proprio l’assetto del territorio e quando usarlo o preoc-cuparsi della popolazione malarica e povera del Veneto Orientale. Sono tutti argomenti da sviscerare, ma intan-to, collegati con il tentativo delle scuole di coordinarsi e di scambiarsi le iniziative in atto, che valuti a che punto siamo con la conoscenza storica, con il superamen-to dei pregiudizi, con l’interrogativo, che parla di che unità abbiamo in mente. Crediamo che sia un valore o è meglio frazionarsi, sfottersi gli uni gli altri e renderci

ridicoli di fronte a paesi come la Germania e la Francia, che sono lontane da questioni di separazione, di fede-razione tra nord e sud del Paese. Potremo continuare a essere critici sul “come” e sui tempi di maturazione di questa identità italiana, ma ora è tempo di pensar-ci insieme, di lasciarci coinvolgere di non voler morire di campanilismo, di grettezza, di convinzioni di supe-riorità e di unicità, che non incanta più nessuno. Che lo vogliamo o no la storia è un cammino dinamico di persone e di popoli, che esperimentano condizioni di-verse e che in base ad esse accettano di crescere, di arricchirsi delle diversità, di operare alla ricerca di una armonia, che ci è richiesta dai problemi reali e attuali, che ci fanno cittadini di questo nostro “villaggio glo-bale“, che è la terra (che maltrattiamo e bombardiamo spesso e senza progetti migliori); e di una umanità, che non sopporta più di essere considerata con i criteri dei padroni e degli schiavi, dei sovra-alimentati e in cura dimagrante e di chi non ha il minimo, per sopravvive-re, pur vivendo in mezzo a risorse e allevamenti, che passano con gli aerei sopra la loro testa con la carne da alimentare noi. Questa dei 150 anni dell’unità (1861-2011) è una occasione ghiotta per verificare fino a che punto mettiamo l’unità e la condivisione a dimensione profonda del nostro vivere. Non dovrebbe essere trop-po utopico pensare che, ragionandoci un po’, ci ven-ga spontaneo fare un passo avanti (anche noi Veneti) e superare i criteri di giudizio, che in parte potevano valere anni fa, mancandoci molte conoscenze e fatti unitari significativi. Infatti viene immediato sostenere che l’unità d’Italia è nata sulle trincee della prima guer-ra mondiale, per seguire nello scavo dei canali della bonifica, quando l’intervento dello Stato, nel suo in-sieme, ha contribuito anche per l’88% (previsto dalla Legge “Serpieri” del 31.12.1923 n. 3256) per recupe-rarci la terra all’acqua “meschizza” del comprensorio sandonatese. Non entriamo in altri ambiti diversi e nei problemi della immigrazione sud-nord e del lavoro col-legato all’industrializzazione, all’agricoltura, ai rapporti con l’Europa. Ma abbiamo notevoli motivi per non re-stare superficiali e giocare su luoghi comuni e slogan pigri e ormai insopportabili. Non ci nascondiamo dietro a falsi paraventi e non diciamo che sempre il nostro cervello sia correttamente sintonizzato con la storia e le cose che hanno modificato la realtà e domandano aggiornamento e riflessione, che fa crescere. Non c’è limite all’educazione civile e va dato merito all’Istituto di storia contemporanea “Aldo Moro” del nostro com-prensorio per aver dato vita a un interesse per questi temi, che vanno oltre alle preoccupazioni “identitarie” o localistiche, che ci slegano dal cammino dell’inte-ra umanità, che è sempre più indotta a pensare alla sua unità, una unità mai perfezionata del tutto e quindi saggio obiettivo per un tempo come il nostro, che se ha coscienza della mondialità dei temi, spesso non ha mezzi adeguati per rispondervi e deve umilmente met-tersi a cercare, insieme con tutti.

don Giancarlo Ruffato

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50° MArCIA PEr LA PACE PErUgIA-ASSISI: dIALOgO E COMPrENSIONE rECIPrOCA

UN LIBrO PEr L’EStAtE:

“La marcia per la Pace Peru-gia – Assisi” è un momento ed evento per la storia d’Italia che non deve lasciarci indifferenti e assenti. Quella che si svolge-rà quest’anno, il 25 settembre, coincide con il suo 50° anniver-sario: evento pensato, voluto e organizzato per la prima volta nel 1961 dal suo fondatore Aldo Capitini che nel 1964 assieme ad alcuni amici e con pochi mezzi diede vita alla prima rivi-sta italiana interamente dedica-ta alla nonviolenza. Anno dopo anno abbiamo sentito, visto, al-cuni di noi partecipato a questo evento ma forse non abbiamo mai avuto modo di approfon-dirne la riflessione nelle nostre realtà. Quest’anno abbiamo l’occasione di metterci in cam-mino in modo concreto ade-rendo pure noi all’iniziativa e cogliendo l’opportunità di viverla assieme. C’è necessità di una nuova cultura, di rivalutare e arricchire la nostra scala di valori sosti-tuendo la cultura della violenza e della guerra con la cultura della pace, dei diritti umani e della nonviolenza, sostituendo l’esclusione con l’accoglienza, l’intol-leranza con il dialogo, il razzismo con il riconosci-mento dell’altro che ci è accanto, l’egoismo con la solidarietà, l’illegalità con la legalità, la separazione

con la condivisione, l’arricchi-mento con la giustizia sociale, la competizione selvaggia con la cooperazione.Eleanor Roosevelt disse “ non basta parlare di pace. Uno ci deve credere. E non basta crederci. Uno ci deve lavora-re”. … “Diverse volte parliamo di pace ma non possiamo sem-pre demandare agli altri questo compito, dobbiamo essere noi a costruirla in prima persona, partendo in primis dalle nostre realtà quotidiane; capita a volte che la invochiamo per noi stessi ma poi siamo pronti a negarla agli altri in quanto la pace non è solo assenza di guerra ma pie-no riconoscimento e rispetto dei diritti umani. La difesa e promo-zione dei diritti umani comincia nelle nostre città, nelle nostre

case, nei condomini, nei quartieri in cui viviamo, negli ambienti di lavoro, nelle scuole …Per costruire la pace dobbiamo costruire le città dei diritti umani…” ecco che allora la marcia Perugia – Assisi non è un even-to isolato, un qualcosa lontano dalle nostre realtà…la Marcia Perugia – Assisi comincia, pulsa e vive già nelle nostre realtà quotidiane.

P.S. A settembre, prima della marcia, avremo occasio-ne di parlare, discutere, approfondire il tema, in una se-rata che verrà organizzata con un responsabile, aperta a tutti. Vi aspettiamo.

Laura Scabbio

Per tutti coloro che vogliono donarsi del tempo per riflettere, come lo scorso anno, nel giardino del Piccolo Rifugio a San Donà, ci ritroveremo settimanalmente, insieme a don Saverio, per leggere e commentare un libro. Quest’anno abbiamo scelto il libro di Jean-Marie Ploux dal titolo: “DIO NON E’ QUEL CHE CREDI” delle edizioni Qiqaion. Chi vuole preno-tare il libro può dare il proprio nominativo in canonica a Musile.

Vi aspettiamo

PRImO INCONtRO: martedì 12 luglio alle 20.45. Partenza dalla canonica di musile in bicicletta alle 20.30.

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O E COMPrENSIONE rECIP-

gia – Assisi” è un momento ed evento per la storia d’Italia che non deve lasciarci indifferenti e assenti. Quella che si svolge-rà quest’anno, il 25 settembre, coincide con il suo 50° anniver-coincide con il suo 50° anniver-coincide con il suo 50° anniversario: evento pensato, voluto e organizzato per la prima volta nel 1961 dal suo fondatore Aldo Capitini che nel 1964 assieme ad alcuni amici e con pochi

-sta italiana interamente dedica-ta alla nonviolenza. Anno dopo

-cuni di noi partecipato a questo evento ma forse non abbiamo

-dirne la riflessione nelle nostre realtà. Quest’anno abbiamo

-mino in modo concreto ade-rendo pure noi all’iniziativa e cogliendo l’opportunità

con la condivisione, l’arricchimento con la giustizia sociale, la competizione selvaggia con la cooperazione.Eleanor Roosevelt disse “ non basta parlare di pace. Uno ci deve credere. E non basta crederci. Uno ci deve lavorare”.di pace ma non possiamo sempre demandare agli altri questo compito, dobbiamo essere noi a costruirla in prima persona, partendo in primis dalle nostre realtà quotidiane; capita a volte che la invochiamo per noi stessi ma poi siamo pronti a negarla agli altri in quanto la pace non è solo assenza di guerra ma pieno riconoscimento e rispetto dei diritti umani. La difesa e promozione dei diritti umani comincia nelle nostre città, nelle nostre

case, nei condomini, nei quartieri in cui viviamo, negli

Per tutti coloro che vogliono donarsi del tempo per riflettere, come lo scorso anno, nel giardino del Piccolo Rifugio a San Donà, ci ritroveremo settimanalmente, insieme a don Saverio, per leggere e commentare un libro. Quest’anno abbiamo scelto il libro di Jean-Marie Ploux dal titolo: “DIO NON E’ QUEL CHE CREDI”tare il libro può dare il proprio nominativo in canonica a Musile.

PmPartenza dalla canonica di in bicicletta alle 20.30.

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19 – 20 settembre 20111° giorno – 19 settembre: SAN DONA’ di PIAVE - ARONA – VERBANIAOre 6.00 partenza con pullman riservato da Chiesa Nuo-va per il Santuario di Arona. Giunti a destinazione, asce-sa al “S. Carlone”, ove è possibile visitare la colossale statua in rame (testa e mani in bronzo) di San Carlo Bor-romeo, alta m. 28,68 e la Chiesa dedicata al Santo. Pran-zo in ristorante. Pomeriggio dedicato alla Santa Messa. Al termine, proseguimento per Verbania. All’arrivo sistemazione in albergo, tempo a disposizione per visita del centro della città. In serata, rientro in alber-go per cena e pernottamento.

2° giorno – 20 settembre:VERBANIA - Lago mAGGIORE - SAN DONA’ di PIAVEDopo colazione, partenza per un’escursione sul Lago Maggiore con motoscafo riservato da Stresa. Pre-cisamente si raggiungerà l’Eremo di Santa Caterina del Sasso, abbarbicato sulla roccia a strapiombo in uno dei punti più profondi del Verbano. Tempo a disposizione per devozioni personali, visita e Santa Messa. Al termine, partenza alla volta dell’Isola dei Pescatori (con pittoresco borgo peschereccio) dove si sosterà anche per il pranzo. Nel pomeriggio, ritorno a Stresa, per una breve visita della città. Al termi-ne, inizio del viaggio di rientro a San Donà con arrivo nei luoghi d’origine, in tarda serata.• Per informazioni e adesioni, rivolgersi al sig. moretto – cell. 333 6680369.

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PELLEgrINAggIO alla tOMBA di S. CArLO BOrrOMEOPatrono di Chiesanuova

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Chi è San Carlo BorromeoSan Carlo Borromeo è tra i più grandi Vescovi della storia della Chiesa: grande nella carità, grande nella dottrina, grande nell’apostolato, ma sopratutto grande nella pietà e e nella devozione.“Le anime si conquistano con le ginocchia” disse il santo. Si conquistano cioè

con la preghiera e preghiera umile. San Carlo fu uno dei maggiori conquistatori d’anime di tutti i tempi.

La sua giovinezzaEra nato nel 1538 ad Arona, sulla Rocca dei Borromeo, padroni del Lago Maggiore e delle terre rivierasche. Era il secondo figlio del conte Giberto e quindi, secondo l’uso di quei tempi fu ton-surato a 12 anni. Il giovane prese la cosa sul serio: studente a Pavia dette subito prova delle sue doti intellettuali. Chiamato a Roma, venne creato Cardinale a 22 anni. Gli onori e le prebende piovvero abbondanti sul suo capo, poichè il Papa Pio IV era suo zio. Amante dello studio, fondò un’accademia, secondo l’uso dei tempi, detta delle “Notti Vaticane”. Inviato al Concilio di Trento, fu indispensabile la sua opera per attuare le direttive conciliari. Si rivelò un lavoratore formidabile, un vero forzato della carta e della penna.

La svolta nella sua vitaNel 1562, morto il fratello maggiore, avrebbe potuto chiedere la secolarizzazione, per mettersi al capo della sua famiglia. Restò invece nello stato ecclesiastico, e fu consacrato Vescovo nel 1563, a soli 25 anni. Entrò trionfalmente a Milano, destinata ad essere il campo della sua attività apostolica. La sua arcidiocesi era vasta quanto un regno, stendendosi sulle terre in lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria e Svizzera. Il giovane Vescovo la visitò in ogni angolo, preoccupato della formazione del clero e della

condizione dei fedeli. Fondò seminari, edificò ospedali ed ospizi. Profusse, inoltre, a piene mani, le ricchezze di famiglia in favore dei poveri. Nello stesso tempo difese i diritti della Chiesa contro i signorotti e i potenti.

Il rigore alla base del suo insegnamento Riportò l’ordine e la disciplina nei conventi, con un tal rigore da buscarsi un colpo d’archibugio, sparato da un frate indegno, mentre stava pregando nella sua cappella. La palla non lo colpì, nonostante la sua mantella rimase forata all’altezza della spina dorsale. La cosa fu vista come il segno che Dio voleva che si realizzassero alcune opere del santo. Il foro fu la più bella deco-razione dell’arcivescovo di Milano.

La peste a milanoDurante la terribile peste del 1576, quella stessa mantella diven-ne coperta per i malati, assistiti personalmente dal cardinale Ar-civescovo. La sua attività parve prodigiosa, come organizzatore e ispiratore di confraternite religiose, di opere pie, di istituti be-nefici. Milano, durante il suo episcopato, rifulse su tutte le altre città italiane. Da Roma, i Santi della riforma cattolica guardavano ammirati e consolati al Borromeo, modello di tutti i Vescovi. Ma per quanto robusta, la sua fibra era sottoposta a una fatica trop-po grave. Bruciato dalla febbre, continuò le sue visite pastorali, senza mangiare, senza dormire, pregando e insegnando. Fino all’ultimo, continuò a seguire personalmente le sue fondazioni, contrassegnate da una sola parola: Humilitas.

La morteIl 3 novembre del 1584, il titanico Vescovo di Milano crollò sotto il peso della sua insostenibile stanchezza. Aveva 46 anni, e lascia-va ai Milanesi il ricordo di una santità seconda soltanto a quella di un altro Vescovo Milanese, Sant’Ambrogio.

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MUSILE DI PIAVE

MUSILE DI PIAVE

rICOrdO dI dON LUIgI PASINAtOCappellano a Musile dal 1966 al 1972

Caro Don,alla notizia della tua morte, è stato inevitabile riavvolgere il filo dei ricordi fino a quel lontano ’66, quando sei arrivato a Musile, a bordo della “mitica” Ardea.Erano anni particolari quelli, soprattutto per noi nati fra gli anni ’50 e ’60, sem-pre alla ricerca di luoghi e motivi di aggregazione.E tu questo lo hai capito subito e ti sei affiancato a noi, pronto a sostenere i nostri slanci giovanili.Fin da subito l’oratorio, sorto da poco, è diventato realtà viva e pulsante, nu-cleo di una società piccola, ma in continuo divenire.Tu sei diventato il denominatore comune e punto di riferimento per moltissimi: all’oratorio, in chiesa, a scuola, ma anche più semplicemente per strada, al bar, o davanti ad una tavola imbandita.Sapevamo che c’eri e potevamo contare su di te… In questi giorni mi sono chiesta che cosa fosse più impor-tante ricordare di te e di quello che ci hai trasmesso; penso si possa riassumere in poche, ma fondamentali parole: amicizia, solidarietà, essere gruppo…Eravamo gruppo nelle prime raccolte di ferro, nelle gite in montagna, nel cineforum, nel gestire il bar dell’o-ratorio…Eravamo gruppo anche quando lottavamo per gestire autonomamente spazi ed iniziative, per affermare il nuovo, scontrandoci talvolta contro le chiusure.Ed eravamo gruppo anche il giorno del funerale e siamo certi che, anche se il corpo era chiuso in una bara di legno, tu eri là in mezzo a noi.Ed è proprio questo io credo, il senso più vero del trovarci qui stasera: sentirci ancora gruppo e, perché no, ancora giovani.Ti abbiamo seguito anche dopo la tua partenza da Musile: molti di noi conservano lettere e foto, magari quella del matrimonio celebrato da te, ma soprattutto ricordi di momenti personali intimi e profondi.Quando sei tornato nelle nostre zone, ti abbiamo ritrovato cambiato, forse già per la malattia incipiente o forse perché la vita aveva cambiato tutti, anche noi…Hai vissuto gli ultimi anni come forse non avresti mai voluto: scivolando nell’oblio e andando alla deriva nel mare del silenzio.

Ma non ti preoccupare Don, ci siamo noi a ricordare per te, anche a costo di risultare patetici nostalgici. Basterà incontrare un amico, anche di tanto in tanto, e dire: “…te ricorditu?...”In questi anni, purtroppo, di amici ne abbiamo persi e in questo momento il nostro pensiero va a loro… e ci piace pensare che adesso che anche tu li hai raggiunti nella casa del Padre, possiate insieme intercedere per noi.Ringraziamo il Signore per averti messo sulla nostra strada, con sensibilità e dedizione; di sicuro non siamo diventati tutti come avresti voluto, non abbiamo se-guito tutti i tuoi insegnamenti, ma sappi che a Musile hai fatto un buon lavoro e speriamo davvero che di questo Dio te ne renda merito.

Ciao Don, non ti dimenticheremo!

I tuoi ragazzi di allora

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Ma non ti preoccupare Don, ci siamo noi a ricordare per te, anche a costo di risultare patetici nostalgici. Basterà incontrare un amico, anche di tanto in tanto, e dire: “…te ricorditu?...”In questi anni, purtroppo, di amici ne abbiamo persi e in questo momento il nostro pensiero va a loro… e ci piace pensare che adesso che anche tu li hai raggiunti nella casa del Padre, possiate insieme intercedere per noi.Ringraziamo il Signore per averti messo sulla nostra strada, con sensibilità e dedizione; di sicuro non siamo diventati tutti come avresti voluto, non abbiamo seguito tutti i tuoi insegnamenti, ma sappi che a Musile hai fatto un buon lavoro e speriamo davvero che di questo Dio te ne renda merito.

Ciao Don, non ti dimenticheremo!

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“FrAtELLINI & SOrELLINE d’ItALIA”

Nell’ambito dei festeggiamenti parrocchiali di Comu-nità in Festa, giovedì 2 giugno, Festa della Repubbli-ca italiana, si è tenuta la prima festa multietnica chia-mata appunto “Fratellini e Sorelline d’Italia” con lo scopo di abbattere le barriere e costruire quei ponti necessari affinché i giovani, i nostri figli, possano vi-vere e crescere in un mondo quale luogo di relazioni e non di puri conflitti, in un mondo ove, come l’Arti-colo 3 della Costituzione Italiana recita : “ tutti i citta-dini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizio-ni personali e sociali”; in un mondo ove l’intreccio e l’intersecarsi di culture, tradizioni, persone, linguag-gi diversi non siano il fulcro di conflitti ma generino un po’ alla volta quel collante necessario affinché i diversi e variopinti tasselli che compongono la no-stra società trovino quella giusta armonia che dà voce melodiosa allo stare e vivere assieme pur nella diversità. Così la Caritas parrocchiale in collabora-zione con le diverse associazioni per l’immigrazione presenti nel territorio e d’intesa con gli assessorati ai servizi sociali e alla cultura del comune di Musile nonché alla Conferenza di sindaci del Veneto Orien-tale ci hanno regalato questa magnifica giornata : un momento di gioia e di festa per far sentire i bambi-ni delle scuola materna, elementare, le loro famiglie e tutti coloro che hanno condiviso questa giornata, fratellini e sorelline nell’umanità. La giornata è stata ricca di attività vissute tutte con grande semplicità, animata da una trentina di clown-animatori, dai di-versi semplici laboratori multietnici nei quali si sono sbizzarriti i bambini e ragazzi (ma anche gli adulti) : si sono divertiti a fare e farsi fare le treccine, hanno preparato braccialetti e collane, maracas e tamburi, origami, quadretti decorati con la pasta, disegni vari e addobbi per le feste, bottiglie di sale colorato… intercalato il tutto da balli, danze, musica etnica, la sfilata di moda etnica nel pomeriggio e le musiche etniche la sera. Il pranzo è stato condiviso a buffet con piatti tipici dei vari paesi preparati da chi ha par-tecipato. E’stata allestita la mostra con i disegni fatti dai bambini sul tema “ Se tu fossi nato in un altro paese del mondo” e la giornata si è conclusa con il lancio di circa 300 palloncini variopinti, ciascuno contenente un bigliettino su cui i bimbi hanno scritto un pensiero sulla giornata.Ciò che si è potuto tastare con mano è la grande semplicità con cui si è vissuto ogni momento della giornata; e, sarò ripetitiva, abbiamo imparato dai più

piccoli che le diversità di colore, lingua, razza, usi e costumi non sono barriere insormontabili; abbiamo imparato che a volte, sebbene adulti, è necessario farsi piccoli, far emergere il nostro “fanciullino” che è dentro di noi per affrontare al meglio e con serenità i problemi quotidiani, le gioie e le fatiche. Voglio chiu-dere con una poesia scritta dai bambini e che invito tutti a leggere e meditare perché celata tra le sue righe c’è una grande saggezza.

Il gIrotondoPer mancanza d’affetto e d’amore, un giorno il mondo ebbe un malore,e poiché si sentiva cadere, un bimbo piccino lo volle tenere.Aprì le braccia più che potè però non riusciva a tenere un gran chè.A lui si unì un altro bimbo ma non ne tenevano che un pezzettino.Poi vennero altri, a dieci a venti e unirono mani e continentiBambini pallidi, giallini e mori …. in un girotondo di tanti colori.E quell’abbraccio grande e rotondoTENEVA IN PIEDI L’INTERO MONDO!

Laura Scabbio

MUSILE DI PIAVE

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“Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe”

Madre Teresa di Calcutta

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Domenica 29 maggio scorso, all’inizio dei festeggia-menti di Comunità in Festa, la nostra parrocchia ha vissuto un momento di preghiera e festa con i no-stri fratelli della terza età : un momento comunitario nel quale si è voluta sottolineare la gioia dello sta-re assieme con tutti quelli che hanno potuto essere presenti e ricordando nel nostro cuore e nei nostri pensieri tutti gli altri “nonni” che non hanno potu-to condividere questo momento perché ammalati, infermi, impossibilitati a esserci. E’ un momento nel quale, a mio avviso, si è voluta sottolineare l’importanza dei nostri nonni, dei nostri anziani; perso-ne che nella società attuale e moderna, sempre in corsa verso non si sa cosa e mai paga di quello che ha e vive, insod-disfatta di tutto e di tutti, stanno diven-tando sempre più invisibili, sempre più senza importanza … a volte con-siderati anche un peso e un costo. Ma forse dovremmo riflettere sul fatto che quello che noi siamo oggi loro lo sono stati in passato e quello che loro sono ora lo saremo noi in un futuro più o meno lontano. E’ questa la legge della vita: un cerchio nel quale tutto e tutti ruotano: si nasce, si cresce diventando ragazzi, giovani, adulti e … An-ziani. Confido nel fatto che questo momento di festa vissuto assieme possa esserci d’aiuto a riflettere su questa realtà: la terza età, sul fatto che non è un “affare altrui” dato che prima o poi riguarderà pure noi; una realtà molto spesso bistrattata, dimenticata, lasciata andare alla deriva come una macchia d’o-lio gigante in mezzo al mare che vaga a seconda di dove soffia il vento. Invito voi giovani a fermarvi un attimo, a riflettere sul vostro modo di rapportarvi con gli anziani, a riflettere su cosa pensate fra voi quando magari ne incontrate uno per strada o al supermer-cato e perché non è veloce vi fa “perdere tempo”; un invito a riflettere per voi ragazzi e giovani convinti di avere provato tutte le emozioni possibili e bruciato tutte le tappe e solo perché vi sentite insoddisfatti del vostro vivere quotidiano pensate bene di riempi-re quel senso di vuoto che vi avvolge ridicolizzando, prendendo in giro, bersagliando con insulti, parole

poco consone e oggetti, il primo anziano che passa per strada! Solo perché è anziano non è di certo una persona senza valore, dignità, solo perché è anziano non è un oggetto di poco conto come ci fa crede-re la moderna società, solo perché anziano non va emarginato, solo perché anziano non è una “moneta fuori corso” … Solo perché è anziano … Proprio per-ché anziano è prima di tutto una persona, è fonte di saggezza e speranza, botte di pazienza soprattutto

nelle tribolazioni, l’ancora alla quale ag-grapparsi quando si è nel bisogno. A voi giovani il mio invito a fermavi ogni tanto a osservare i vostri nonni, gli anziani che incontrate lungo la vostra vita: osservate il loro sorriso sempre presente nel loro volto anche nei momenti di fatica e di dolore soprattutto nella malattia. E as-saporare questi momenti, cogliere que-sti attimi è una cosa meravigliosa: è la cosa più semplice che possa esserci e per la quale non è richiesta alcuna fati-ca: basta aprire le porte del nostro cuore semplicemente e lasciarci trasportare a vivere pienamente i vari momenti della vita, cogliere questi attimi che saziano,

appagano e che ci fanno più maturi. A voi questo cantico che abbiamo letto assieme durante la messa e che può essere spunto di riflessione.

“Cantico di un anziano”: Benedetti quelli che mi guardano con simpatia, Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco, Bene-detti quelli che parlano a voce alta per minimiz-zare la mia sordità, Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti, Benedetti quelli che si interessano alla mia lontana giovinezza, Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi già tante volte ripetuti, Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto, Benedetti quelli che regalano frammenti del loro tempo, Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine, Benedetti quelli che mi sono vicini nel-la sofferenza!

Laura Scabbio

MUSILE DI PIAVE

FEStA dEgLI ANZIANI

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“… amatevi gli uni gli altri, come fratelli. Siate premurosi nello stimarvi gli uni gli altri. Siate impegnati, non pigri; pronti a servire il Signore, allegri nella speranza, pazienti nelle tribolazioni, perseveranti nella preghiera...”

(Romani 12, 9-13)

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MESdAMES, MESSIEUrS, MESdEMOISELLES .... E’ qUI LA FEStA?

Venerdì 27 maggio Comunità in Fe-sta 2011 ha ufficialmente aperto i battenti e per una settimana le nostre giornate e serate sono state deliziate all’insegna dell’ottima cucina e dei vari appuntamenti in programma per poi concludersi il 5 giugno. Oltre alla

cucina tradizionale che ci ha accompagnato nell’arco di tutta la manifestazione, ormai giunta alla sua 9ª edi-zione, si sono intercalati diversi appuntamenti che ci hanno visto coinvolti : le serate danzanti con le diver-se orchestre musicali; esibizioni della scuola di ballo; Musile Talent Show; la serata Country; la Santa Messa per gli amici della terza età e relativo pranzo insieme; la cena dei chierichetti ed ancelle della “Collaborazione” con le loro famiglie; la Prima giornata Multietnica “Fra-tellini e Sorelline d’Italia” con serata all’insegna di mu-siche e danze multietniche; la Santa Messa per gli An-niversari di Matrimonio con pranzo per gli Anniversari e pranzo comunitario; la chiusura dei corsi promossi dal N.O.I.Manifestazioni queste che si sono articolate nelle di-verse giornate accompagnate dalla presenza attiva della “pesca di beneficenza” e del “mercatino equo-solidale”.Chi ha partecipato al “convivio mangereccio” ha po-tuto notare un ulteriore passo fatto dallo scorso anno verso una attenzione sempre più rispettosa dell’am-biente: si è passati dall’uso dei consueti piatti di plasti-ca ai piatti normali in ceramica; una scelta condivisa da tutto lo staff organizzatore che vuole essere sempre più testimone di una sensibilizzazione ed attenzione verso l’ambiente partendo da queste cose semplici. A tutti loro va il nostro ringraziamento perché sono espressio-ne e segno di una comunità che si fa attenta a queste problematiche non solo locali ma che hanno eco mon-diale; un grazie perché è questa una forma concreta attraverso la quale si è potuto sensibilizzare la gente circa uno stile di vita attento ai problemi dell’inquina-mento quale l’utilizzo smisurato di plastica non ricicla-bile che ha di certo un suo impatto sull’ambiente che ci circonda. E comunque va un grandissimo ringrazia-mento a quanti si sono avvicendati nei diversi compi-ti ed attività condividendo la fatica, il lavoro, l’allegria, ecc. Giovani ed adulti, persone diverse, con doti e ca-rismi diversi, hanno condiviso le loro capacità, la fatica,

la gioia dello stare assieme per far stare assieme le per-sone. A tal fine si è imparato a essere persone pazienti nel lavorare assieme, persone che sanno mettere da parte il proprio orgoglio, rispettosi delle opinioni altrui e fiduciosi dell’altrui agire, sopportando e scusando i tor-ti, abolendo la gelosia ed il proprio vanto e dimentichi della collera per dare spazio alla gioia dello stare assie-me, del condividere la fatica, le incomprensioni, perdo-nando i torti, rifiutando le ingiustizie per dare luce alla verità e gioia dello stare assieme senza perdere mai la speranza perché il nostro cuore non è solo un battito ritmico funzionale ma è il “battito delle ali dell’Amore che Cristo ci ha insegnato” e che con gioia giorno dopo giorno, malgrado le fatiche del vivere dobbiamo liberare affinché le persone imparino a sorridere, impa-rino ad amare malgrado tutto.

Laura Scabbio

MUSILE DI PIAVE

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“Se io so parlare le lingue degli uomini e degli angeli ma non posseggo l’amore, sono come una campana che suona, come un tamburo che rimbomba. Se ho il dono di essere profeta, di svelare tutti i segreti, se ho il dono di tutta la scienza, anche se ho una fede che smuove i monti, se non ho l’amore che vale? Chi ama è paziente e premuroso. Chi ama non è geloso, non si vanta, non si gonfia di orgoglio. Chi ama è rispettoso, non va in cerca del proprio interesse, non conosce la collera, dimentica i torti. Chi ama rifiuta l’ingiustizia, la verità è la sua gioia. Chi ama, tutto scusa, di tutti ha fiducia, tutto sopporta, non perde mai la speranza. …. Ora solo tre cose contano: fede speranza amore. La più grande di tutte è l’Amore.” (I Corinzi,13)

Sagra

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Il nostro Vescovo Gianfranco Agostino Gardin ha nominato don Vanio nuovo vicario parrocchiale di Paese (TV). Saluteremo e ringrazieremo don Vanio con una Messa solenne per tutta la collaborazione Sabato 17 settembre alle 18.30. Resterà qui con noi fino a Domenica 25 settembre.Il Vescovo ha nominato nuovo vicario parrocchia-le di Musile, Chiesanuova e Millepertiche don Mi-chele Pestrin originario di Istrana (TV), ha 34 anni ed è stato ordinato sacerdote nel 2006 ed ora è vicario parrocchiale a Piombino Dese (PD). Arriverà da noi alla fine di settembre.Preghiamo per questi giovani sacerdoti che possa-no sempre essere fedeli servitori di Lui e obbedire con gioia alla Sua chiamata.

Ultima ora...

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MUSILE DI PIAVE

Il 5 giugno scorso la nostra comunità parrocchiale ha accolto e festeggiato cinquantadue coppie di sposi che hanno celebrato il loro anniversario di matrimonio.Quest’anno la nostra parrocchia ha voluto inserire negli appuntamenti di anniversario oltre ai venticinquesimi e i cinquantesimi, anche le coppie che hanno raggiun-to i trenta e i quaranta anni di matrimonio. L’emozione è stata grande e vissuta con forte coinvolgimento da parte di tutti. Molto utile è stato l’incontro preparato-rio tenuto qualche giorno prima con il nostro parroco don Saverio, che tra le varie indicazioni, non ha man-cato una profonda riflessione sull’importanza di essere coppia oggi, in un tempo in cui le difficoltà sono mol-te, ma forte è anche la tentazione di lasciarci prendere dalle “scorciatoie” che minano i fondamenti dell’amore di coppia. L’invito è stato quello di porre attenzione ai

segni dei tempi e di curare con impegno gli affetti del-la famiglia, seguendo anche un simpatico strumento che la parrocchia ha voluto lasciare in dono a ciascuna coppia. La celebrazione, animata da una corale entu-siasmante e la chiesa preparata a festa, ha reso ancora più emozionante l’incontro con il Signore. Non è man-cato anche il banchetto nunziale degli sposi, che con parenti e amici, tutti insieme si sono ritrovati presso lo stand eccellentemente preparato dagli operatori di Co-munità in festa.Per me è stato una pausa per poi ripartire con uno nuo-vo spirito. Credo che anche tutte le altre coppie siano tornate alle proprie case con gioia rinnovata.

Elisa Montagner

ANNIvErSArI dI MAtrIMONIO:COPPIE SI dIvENtA

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di coppia. L’invito è stato quello di porre attenzione ai

don Saverio, Adalberta Contarin, Luca Cadamuro, Laura Scabbio, Elena De Piccoli, Anna Scappatura, Federico Contarin, Samuele

Tamai, don Giovanni Pesce, don Giancarlo Ruffato, i ragazzi di don Luigi, Elisa Montagner, animatori di AC, Franca,

Daniela Mantellato, Daniela Secco, Stefania, don Narciso Baldassa, Emauela Fortunato, VIttorina Mazzon

Vignette: Natalino Cadamuro

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tAPPE SACrAMENtALI

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20 Marzo 2011Prima Confessione

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tAPPE SACrAMENtALI10 Aprile 2011

S. Messa di Prima ComunioneS. Messa di Prima Comunione

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MUSILE DI PIAVE

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CHIESANUOVA

PArLIAMO UN PO’ dI AC In questo articolo vogliamo rendervi partecipi dell’e-sperienza missionaria che abbiamo vissuto quest’anno con i bambini dell’ACR. Domenica 20 marzo la signora Franca Zucchetto, che fa parte dell’associazione “Mato Grosso”, è venuta a portarci la sua testimonianza missionaria svolta in Perù dove ha incontrato e ha vissuto con le persone che abitano lì. È gente povera, le famiglie sono molto nu-merose e vivono in case fatte di fango e paglia. Fran-ca ha raccontato ai bambini, attraverso delle immagini proiettate, cosa fa l’associazione per le persone peruviane. Viene raccolto cibo, materiale scolastico, vestiti, ecc. e attraverso un grande container il tutto viene spedito al centro di raccolta dell’associazio-ne “Mato Grosso” del Perù. Una volta che il container arriva, i vo-lontari italiani e i ragazzi peruviani smistano ciò che è stato raccolto, questo viene donato ai bambini e ai ragazzi che frequentano la scuo-la, a chi sta imparando un lavoro e a chiunque bussi alla loro porta chiedendo aiuto. Fran-ca ha vissuto un’esperienza di questo tipo, dove ha

conosciuto Pedro, un bambino di nove anni che si alza all’alba per andare a la-vorare con il papà e i fratelli e va a letto la sera quando il sole tramonta. Grazie alle foto proiettate e a quello che lei ha raccon-tato, i bambini hanno capito qual è la giornata tipo di un loro coetaneo peruviano. Hanno potuto confrontare la loro vita con quella di tutti i bambini meno fortunati come Pedro. Per aiutare i giovani del Perù, Franca ci ha proposto

di riempire uno scatolone con cibo e materiale per la scuola e l’ultimo giorno di attività ACR è tornata a ri-prenderlo. Grazie all’entusiasmo dei bambini, che si sono sentiti partecipi e coinvolti nell’iniziativa, lo scatolone si è riempito.Siamo orgogliosi di come i ragazzi hanno reagito dopo la propo-sta della signora Franca perché li ab-biamo visti mettere in pratica ciò che hanno imparato durante quest’anno di ACR e cioè: “puoi perdere solo quello che non doni”.

Le animatrici e gli animatori ACR

LA NOStrA CHIESA E’ APErtA: gESU’ CI ASPEttA

Da qualche settimana, sentito il parere del Consiglio Pastorale Parrocchiale, anche la nostra chiesa rimane aperta tutto il giorno dalla 08,30 della mattina fino al tardo pomeriggio, per consentire a tutti coloro che lo desiderano di potervi entrare per sostare in silenzio ed in preghiera in compagnia di Gesù.Ringraziamo le persone che si sono rese disponibili a svolgere, con discrezione, questo importante servizio di apertura e chiusura.La chiesa è la nostra casa ed in essa c’è la presenza viva di Gesù Eucarestia che si è fatto pane per divenire nutrimento spirituale per ciascuno di noi.Gesù ci attende per consolarci, per ascoltarci, per par-larci, per vivere con noi momenti di silenzio, per acco-gliere le nostre gioie ma anche la nostra tristezza.Per asciugare qualche lacrima. Quando entriamo in chiesa ci viene spontaneo accendere una candela qua-si a significare con questo gesto che tutto è messo nelle sue mani, tutto gli è stato affidato e la candela con la sua luce ed il suo fumo lieve è la preghiera che continua a salire al cielo anche quando non siamo più lì, siamo usciti ..Non lasciamo solo Gesù, non scordiamoci di Lui ma fermiamo il nostro passo, plachiamo la nostra fretta per ristorarci alla sua presenza, perchè entro queste mura

la nostra anima e il nostro corpo ritrovano quiete e vigore.La chiesa è la casa del popolo che ama e cerca il Si-gnore, che lo loda e lo celebra per portarlo nelle nostre case e negli ambienti del mondo.Abitiamo dunque questo luogo sacro con la nostra presenza quotidiana, fatta anche solo di una breve sosta, di un semplice segno di croce, Gesù e Maria ci aspettano, non lasciamoli soli.

Adalberta

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CHIESANUOVA

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17GIUGNO - LUGLIO 2011

CHIESANUOVA

Fin da ragazzina ho sentito che il modo migliore per dare un senso alla mia vita sarebbe stato quello di viverla non solo per me ma soprattutto per gli altri. Sognavo che sa-rei andata nel Terzo Mondo e avrei aiutato tante persone. Così ho cercato occasioni ed esperienze che mi permet-tessero di entrare in contatto con associazioni di volon-tariato, ho conosciuto diverse realtà. Poi ho scoperto l’associazione Operazione Mato Grosso, che mi ha col-pito perché afferma che non serve parlare dei problemi dei poveri, ma bisogna fare qualcosa per risolverli. In Ita-lia, come in missione, il cammino che si cerca di vivere è quello della GRATUITA’; cercare di regalare agli altri il no-stro tempo, le nostre cose e per alcuni l’intera vita. Dopo alcuni anni di lavoro qui in Italia (di sera, fine settimana, ferie) ho avuto la possibilità di andare come volontaria in una missione sulle Ande in Perù. Ho vissuto tra i campesi-nos (la gente del campo), che vivono in case fatte di terra e paglia, senza pavimento, né corrente elettrica, né acqua potabile; bambini che invece di andare a scuola portano al pascolo le pecore; donne che hanno ancora 6-8 figli e che accettano con rassegnazione la morte di alcuni di loro, in tenera età, per malattie che si risolverebbero con un semplice antibiotico; uomini che hanno viso, mani e piedi resi duri e scavati dal sole e dal lavoro, fatto tutto a mano e a piedi scalzi. Stando insieme a loro mi sono spesso vergognata di tutto ciò che noi possediamo e di cui loro ignorano persino l’esistenza, di un mondo così ingiusto e disuguale, provavo un forte imbarazzo quando mi chiedevano com’era la mia casa o se in Italia abbiamo l’automobile. Tornata a casa dopo 5 mesi trascorsi là, all’i-nizio provavo fastidio per i nostri eccessi, i nostri sprechi, poi,un po’ alla volta, ci si rifà l’abitudine. Una cosa però ho sempre sentito: che quello che ave-vo vissuto non poteva essere una semplice parentesi, ma che non avrei più potuto fare una vita “tranquilla”, che quegli occhi neri, anche se ora non li ho più davanti, mi chiedono di non dimenticarli, di non far finta che non esi-stano. Così sento il dovere di coinvolgere altre persone, soprattutto ragazzi, per dire loro di non essere indifferenti verso la povertà del mondo e nemmeno pensare che sono problemi troppo grandi che possono essere risolti solo da qualcuno più potente di noi. Credo invece che i contribu-ti più efficaci e umanamente validi, siano quelli che può

dare ognuno di noi, in vario modo: un’adozione a distanza, un po’ di viveri, dei quaderni o dei vestiti, un campo di lavoro, un’esperienza in missione… Nel dare agli altri scopriremo che ci fa bene, che ci aiuta a ripulirci di tanta zavorra che la nostra società tende a riversare nelle nostre vite e ad intuire ciò che veramente vale. Inizia così un cammino, personale e da condividere con altri (famiglia, amici..), che dura tutta la vita, e che ci aiuta ad avere una direzione…

cos’È l’oPerazione mato grosso?L’Operazione Mato Grosso è un movimento, nato da un salesiano e formato da ragazzi, adulti, famiglie e sacerdoti, di varie regioni d’Italia, che si impegnano e lavorano per dare un aiuto concreto alla gente povera di alcune zone dell’America Latina.- In Italia: gruppi di giovani e adulti raccolgono i soldi per finanziare tutte le attività che si fanno in missione, lavorando nel tempo libero (giardinaggio, imbiancature, traslochi, ecc.), organizzando campi di lavoro (raccolte ferro, lavori agricoli, lavori in montagna, ecc.) e raccolte di generi alimentari.- In missione, sulle Ande e in Brasile, circa 300 volontari italiani in 80 spedizioni, vivono con la gente più povera impegnati in un lavoro soprattutto educativo-religioso e di sviluppo sociale attraverso: scuole, oratorio, cooperative, lavori agricoli, realizzazioni di canali, strade e acque potabili, ecc.

PercHÈ le raccolte viveri?Da qualche anno in Perù è nata l’esigenza di ricevere anche generi alimentari: per aiutare le famiglie più biso-gnose, per sostenere i ragazzi che studiano e lavorano nelle varie missioni, per pagare i padri di famiglia a cui diamo lavoro nel realizzare opere per la comunità, per offrire un pasto agli oratoriani ogni fine settimana.

come si realizzano?Raccolta viveri casa per casa – è una proposta per gruppi di bambini e ragazzi, dopo aver ascoltato una testimonianza sulla missione, divisi in gruppi passano in ogni casa del paese portando un volantino che spie-ghi l’iniziativa e dopo una settimana ritornano per rac-cogliere ciò che la gente vuole offrire. Insieme si proce-de poi al lavoro di smistamento ed inscatolamento dei viveri. E’ un’esperienza che entusiasma molto i ragazzi, e lascia un bel segno nel paese.“Un Kg di viveri al giorno” - è una proposta che può es-sere fatta in chiesa, ai bambini del catechismo o dell’a-silo, o altro. Vengono preparati degli scatoloni con attaccati un’immagine dalla missione e un volantino, chi lo desidera può portarne a casa uno e tenerlo per alcune settimane, durante le quali potrà vivere insieme ai figli,ogni giorno un piccolo gesto di dono, metten-do dentro allo scatolone uno dei cibi indicati. Alla data prefissata gli scatoloni dovranno essere riportati nel luogo fissato, per essere poi inviati in missione.I viveri raccolti qui in Italia sono davvero preziosi per tante persone. Grazie!

Franca

LA MIA ESPErIENZA NELL’O.M.g.dare ognuno di noi, in vario modo: un’adozione

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IL LADRO DI SOGNI… un bambino un bel giorno, anzi un brutto giorno, rubò ai propri genitori tutti i loro sogni, li racchiuse nel proprio cuore e, da allora, non parlò più con nessuno, più nessuno guardò, nessun gioco giocò, custode silenzioso del proprio tesoro, camminatore solitario su strade impraticate da altre umanità…… il padre, ammutolito, lo guardava andare, senza più sogni di corse insieme, di risate condivise, di mani che si cercano, di braccia che si avvinghiano… solo l’amarezza per un figlio così bello che va via da solo, così presto, così inspiegabilmente… dove?… perché?…… sembrava la fine di tutto: del padre, del figlio, del marito e della mo-glie, dei fratelli, degli amici e di quel che restava del mondo e delle speranze… quel piccolo ladro di sogni pareva essersi trascinato con sé le vite di tutti, … sembrava così, ma non era così…… una cosa quel figlio “speciale” non si era preso… per paura?… per dimenticanza?… per istinto di sopravvivenza?… chissà……la Fede in Gesù quel figlio così speciale non l’aveva intaccata… la madre allora ascoltò le parole di Gesù che le uscivano dal cuore e si distese, come tappeto, come coperta, come tavola imbandita per il piccolo ladro di sogni e per tutti quelli che la rapina aveva lasciato deboli, affranti e infreddoliti… … la madre concepì nuovamente, portò dentro di sé, nutrì, riscaldò ancora quella creatura, sciogliendo dentro di sé quei grumi di tristezza, partorì per la seconda volta suo figlio, rendendolo daccapo partecipe appieno della vita… restituì infine ai legittimi proprietari le ricchezze recupe-rate…… tornarono i fiori in quel giardino e la gioia in quella casa…… tornarono i bambini a giocare ed i grandi a sperare…… tornarono i colori, le musiche, i profumi…… tornò il sorriso sui volti di quella famiglia rinata dalla Fede in Nostro Signore.

SUA ECCELLENZA MONSIgNOr gIANFrANCO AgOStINO gArdININCONtrA L’ASSOCIAZIONE MillepiediLa sera del 30 Aprile 2011 il Vescovo di Treviso Mons. Gianfranco Agostino Gardin ha fatto visita al Centro Millepiedi di Chiesa-nuova che si occupa di fare terapia ludico comportamentale ai bambini autistici. Era accompagnato da Don Paolo Dotto suo segretario e dal parroco di Musile Don Saverio. Il Centro è attualmente frequentato da 27 bambini autistici. Nella nostra USSL N.10 vi sono oltre 100 bambini autistici in attesa di essere presi in carico da un progetto di terapia insegnando loro abilità per ridurre la disabilità e migliorare la qualità di vita. Il Milllepiedi è sorto per volere della ANGSA Venezia Onlus (Ass.Nazionale Genitori Soggetti Autistici) nel marzo 2008 con personale specializzato in autismo. Il Vescovo ha ascoltato le invocazioni dei presenti e ha risposto con preghiere e con la benedizione. Erano presenti tutti i bambini e le loro famiglie circondate da amici e sostenitori. Ringrazio e confido che quanto sopra sia messo a disposizione dei lettori della Vita del Popolo.

Daniela Mantellato

Il Saluto del Presidente dell’AssociazioneMi presento: sono Daniela, fondatrice e Presidente dell’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici, ma soprattutto moglie e mamma di Gaia e Samuele un bambino autistico di 10 anni, come persona cristiana sono particolarmente orgogliosa di ricevere la Sua visita, nel nostro modesto laboratorio, voluto con caparbietà e con notevoli sacrifici, per poter dare a mio figlio e a tutti i bambini con autismo un futuro dignitoso, felice e una spe-ranza di una vita il più possibile autonoma. Mio figlio come tutti i bambini autistici sembra un angelo caduto dal cielo, è bellissimo di aspetto e un carattere dolcissimo, ma non riesce proprio ad adattarsi a questo mondo, i suoi capricci si chiamano “comportamenti problema”, frequenta più terapisti che amichetti, lui non capisce le mie pa-role ma i nostri cuori si parlano tutti i giorni, i rumori che per me sono normali per lui sono troppo forti o addirittura dolorosi, ha rituali strani alcune volte pericolosi o fastidiosi che si chiamano stereotipie, spesso piange in maniera inconsolabile e questo mi fa stare molto male, ma ho imparato tanto da lui, mi ha insegnato ad apprezzare le cose semplici, ad avere pazienza ma anche fermezza e ad essere pronta a iniziare tutto da capo perchè ogni giorno ci sono così tanti imprevisti che possono purtroppo causare regressi tali da rendere ancora più fragile l’equilibrio famigliare. Mi è stato detto che dall’autismo non si guarisce, però si può migliorare molto con una terapia psico-educativa intensiva e personalizzata, i servizi pubblici spesso sono carenti o inefficienti, ma mio figlio ha diritto ed io come genitore il dovere di assicurargli una vita serena ed appagante, perchè mio figlio è autistico ma quando sorride me ne dimentico, e proprio per questo nel 2008 ci siamo riuniti in associazione di genitori e abbiamo cre-ato IL MILLEPIEDI un laboratorio pomeridiano con personale specializzato in autismo dove i nostri figli svolgono attività per ridurre la loro disabilità e migliorare la qualità di vita, abbiamo iniziato con tre bambini e ora sono 27, e altre famiglie sono in attesa, perchè nella nostra asl ci sono oltre 100 autistici. Organizziamo anche corsi di in-formazione e formazione sull’autismo e gruppi di auto mutuo aiuto, per sostenere e supportare i genitori in questa strada così tortuosa, la Sua visita per tutti noi è molto importante perchè ci infonde forza d’animo e motivazione per continuare la nostra battaglia contro l’autismo e l’indifferenza altrui, nonostante le notevoli difficoltà economi-che, perchè le uniche entrate dell’associazione sono costituite da donazioni o dagli eventi da noi organizzati, noi crediamo nella buona riuscita del nostro progetto e stiamo lottando per avere una struttura che sia idonea alle esigenze e che possa dare una casa ai nostri figli anche dopo di noi.Le auguriamo ogni bene, confidando nelle Sue preghiere e nella Sua Benedizione per i nostri figli e per questa nostra grande Famiglia Cristiana colpita da questa terribile male l’AUTISMO.

Con sensi di distinta stima Daniela Secco Presidente Angsa Venezia Onlus

18 GIUGNO - LUGLIO 2011

CHIESANUOVA

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13 Marzo 2011Prima Confessione

“….Mi è sembrato che Gesù fosse lì con me….”, così racconta Alberto, e continua Desiré “ …ho ricevuto il regalo più bello della mia vita”. Queste sono le prime impressioni di alcuni dei ragazzi di quarta elementare che Lunedì 21 Marzo 2011, in modo quasi sommesso - ma non per questo meno sentito - hanno ricevuto il Sacramento dell’Eucaristia per la primissima volta. In via sperimentale per la nostra parrocchia e per la Colla-borazione, le famiglie e i ragazzi hanno scelto di vivere questa prima volta un po’ fuori dagli schemi abituali della domenica, a volte un po’ troppo attenti alla pre-senza di tante persone, del fotografo, alle esigenze del rito, tutti aspetti che possono aggiungere distrazione dal vivere il Sacramento vero; così abbiamo celebrato nella quiete e nel raccoglimento di una sera come tante altre, una sera in cui Dio si è fatto Pane e Vino come la sera dell’Ultima Cena, con semplicità e gioia.I ragazzi e le famiglie hanno così vissuto la domenica successiva (27 Marzo) un rito più disteso, sempre cari-co di tanta emozione, ma con maggior consapevolez-za acquisita proprio la sera del lunedì. Come emerge dalle loro stesse parole: “…la Prima Comunione ero emozionatissimo…” (Marco) ma spiega Vera: “…lune-dì eravamo con i nostri genitori perciò potevamo pen-sare a quello che stavamo facendo con tranquillità e serenità..”. E così anche Chiara B. “…mi sono rivolta verso il crocefisso e ho visto Gesù che mi sorrideva…”. E dicono poi della domenica: “..la Prima Comunione era emozionante, e la Seconda Comunione era ancora emozionante..” (Thomas) Nelle loro espressioni emerge tantissima GIOIA, AMORE e anche un po’ di PAURA, come quella che hanno spiegato Chiara F. e Gloria, e che si leggeva negli occhi profondi e tenerissimi di An-

drea! Eh sì, perché, anche se abbiamo trascorso mesi a prepararci a questo Sacramento, un po’ di timore c’è sempre, (forse è più il timore che qualcosa non vada per il verso giusto, aspetto del tutto trascurabile rispet-to al Sacramento vero); invece è stato palpabile il fatto che ognuno di loro sentiva la famiglia al proprio fianco nel cammino di preparazione, prima, durante e dopo aver ricevuto la Prima Comunione. E Giulia sembra dar voce alla gioia di tutti noi nel ringraziare Dio ricordan-doci che “…noi saremo sempre i festeggiati di Dio ed è questo ciò che conta!” Il grazie va senz’altro a Don Sa-verio che è stato un po’ il “motore” di questa prima vol-ta speciale, e alle famiglie, che hanno scelto di viverla in questa modalità diversa ma che ha dato più spazio e importanza al Sacramento stesso. Come già detto sopra, le emozioni dei bambini sono state grandissime e come catechista posso dire che avere l’opportunità di vederle, anzi viverle assieme a loro, è stato motivo di gioia incredibile e la sensazione che ogni domenica si ripeta questa emozione è tuttora viva e presente! Quindi grazie Giulia, Marco, Thomas, Andrea, Gloria, Chiara F., Vera, Chiara B., Alberto, Desiré!

Stefania

tAPPE SACrAMENtALItAPPE SACtAPPE SACt rAMEN

“….Mi è sembrato che Gesù fosse lì con me….”, così racconta Alberto, e continua Desiré “ …ho ricevuto il regalo più bello della mia vita”. Queste sono le prime impressioni di alcuni dei ragazzi di quarta elementare che Lunedì 21 Marzo 2011, in modo quasi sommesso - ma non per questo meno sentito - hanno ricevuto il Sacramento dell’Eucaristia per la primissima volta. In via sperimentale per la nostra parrocchia e per la Colla-borazione, le famiglie e i ragazzi hanno scelto di vivere questa prima volta un po’ fuori dagli schemi abituali della domenica, a volte un po’ troppo attenti alla pre-senza di tante persone, del fotografo, alle esigenze del

drea! Eh sì, perché, anche se abbiamo trascorso mesi a prepararci a questo Sacramento, un po’ di timore c’è sempre, (forse è più il timore che qualcosa non vada

Prima della mia prima confessione ero un pò nervoso, ma dopo aver parlato con don Giovanni non lo ero così tanto. Grazie Gesù che mi vuoi bene. (Un Bambino) Il giorno della confessione ho detto grazie a Gesù per le belle cose di ogni giorno ed ho chiesto aiuto perchè io possa essere sempre brava. Il mio cuore era pieno di gioia. (Gaia Vazzola) Il giorno della 1° confessione mi è piaciuto molto. Quel giorno abbiamo detto al sacerdote i nostri peccati e lui ce li ha perdonati, poi gli abbiamo detto anche le cose belle che

abbiamo fatto. Mi sono sentita felice (Eleonora Tuis) Alla mia 1ª confessione ho provato un’emozione grande che mi ha dato Gesù. (Filippo Caldo)

27 Marzo 2011 S. Messa di Prima Comunione

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CHIESANUOVA

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19 Marzo 2011Prima Confessione

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MILLEPERTICHE

MILLEPERTICHE

MILLEPERTICHE

GIUGNO - LUGLIO 2011

Il giorno della mia prima comu-nione, il lunedì sera, quando per la prima volta ho ricevuto Gesù, lo ricorderò per sempre: solo noi bambini con i nostri geni-tori, fratelli, le catechiste e Don Saverio…

…È stato bello anche la dome-nica e non mi sono dispiaciuti neanche i regali…

Gesù tu mi hai dato il più bel regalo… Tu sei morto per noi… Ricevere il corpo di Gesù è la gioia che ricorderò per sempre!!! I BAMBINI DELLA PRIMA COMUNIONE

tAPPE SACrAMENtALI

19 Marzo 2011Prima Confessione

tAPPE SACtAPPE SACt rAMENtALItALIt

Il giorno della mia prima comu-nione, il lunedì sera, quando per la prima volta ho ricevuto Gesù, lo ricorderò per sempre: solo noi bambini con i nostri geni-tori, fratelli, le catechiste e Don

…È stato bello anche la dome-nica e non mi sono dispiaciuti

Gesù tu mi hai dato il più bel regalo… Tu sei morto per noi… Ricevere il corpo di Gesù è la gioia che ricorderò

DELLA PRIMA COMUNIONE

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MILLEPERTICHE

Signore ti ringrazio per il dono dello Spirito Santo, fa’ che ci dia il coraggio di scegliere la via della fedeltà a Dio per collabo-rare alla realizzazione del suo progetto di salvezza per tutti gli uomini.

Nel sacramento della confermazione lo Spirito Santo ci è dato in dono perché ciascuno di noi sia unito più profonda-mente alla Chiesa .

I RAGAZZI DELLA CRESIMA

GIUGNO - LUGLIO 2011

1° Maggio 2011Confermazione

Signore ti ringrazio per il dono dello Spirito Santo, fa’ che ci dia il coraggio di scegliere la via della fedeltà a Dio per collaborare alla realizzazione del suo progetto di salvezza per tutti gli uomini.

Nel sacramento della confermazione lo Spirito Santo ci è dato in dono perché ciascuno di noi sia unito più profondamente alla Chiesa .

Confermazione

don Narciso ai cresimandiCasa del Clero, 11-06-2011

Carissimi ragazzi,il 1° Maggio avete ricevuto lo Spirito Santo, che rimane in voi sempre se l’invocate spesso. Avrei tanto desiderato incontrarvi. Per voi ho pregato anche in questa setti-mana in preparazione della Pentecoste. Rinnovate la vostra fede nello Spirito Santo che rimane in voi. Continuate a trovarvi assieme e ad aiutarvi. La Cresima non sia la fine della vostra vita cristiana, ma un rinnovato impegno a donarvi a Gesù, che conti-nua ad invitarvi ad essere fedeli.Anche se non vi vedo, continuo ad esservi vicino con la mia preghiera.La mia salute è ancora discreta e il mio ricordo è continuo.Ringrazio le persone che vi stanno vicino, in particolare don Saverio.Impegnatevi per il Grest che comincerà tra poco.Saluti a tutti

don Narciso che vi ama

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SANTA MARIA DI PIAVESANTA MARIA DI PIAVEtAPPE SACrAMENtALI

1. Avon Margherita2. Berton Enrico3. Dotto Elena4. Massarutto Eros

5. Sartorel Barbara6. Talon Dana7. Vomero Beatrice

Hanno celebrato per la prima volta il Sacramento della Riconciliazione:

“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovarono tutti insieme nello stesso luogo.Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano”.Venerdì 10 giugno 2011,in occasione della Pentecoste, Millepertiche ha ospitato la seconda edizione della veglia musicale” FUOCO DI PENTECO-STE”, proposta dalla collaborazione pastorale di Musile di Piave.Il tutto si è svolto sul sagrato della chiesa allestito per l’occasione, e, in una atmosfera molto suggestiva, creata da voci, colori e suoni, i cori di Millepertiche, Musile, Chiesanuova e Croce hanno dato voce alla loro pre-ghiera, alternando momenti di lettura e di riflessione arricchiti da immagini proposte in proiezione. Protagonista della serata lo SPIRITO SANTO che illumina, riscalda e soffia come un vento che senti ma non sai da dove viene nè dove va, ma che sa trarre il bene anche dal male.Nel corso della serata, infatti sono stati proposti diversi segni: fuoco, sof-fio, vento, olio, acqua, sigillo e colomba.Nonostante la serata a rischio pioggia la comunità delle varie parrocchie ha risposto in modo positivo partecipando in silenzio e con vivo interesse, consapevole che non si trattava di uno spettacolo ma di un momento di preghiera particolare e profondo.

Anna

“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovarono tutti insieme nello stesso luogo.Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano”.Venerdì 10 giugno 2011,in occasione della Pentecoste, Millepertiche ha ospitato la seconda edizione della veglia musicale” FUOCO DI PENTECOSTE”, proposta dalla collaborazione pastorale di Musile di Piave.Il tutto si è svolto sul sagrato della chiesa allestito per l’occasione, e, in una atmosfera molto suggestiva, creata da voci, colori e suoni, i cori di Millepertiche, Musile, Chiesanuova e Croce hanno dato voce alla loro preghiera, alternando momenti di lettura e di riflessione arricchiti da immagini proposte in proiezione. Protagonista della serata lo SPIRITO SANTO che illumina, riscalda e soffia come un vento che senti ma non sai da dove viene nè dove va, ma che sa trarre il bene anche dal male.Nel corso della serata, infatti sono stati proposti diversi segni: fuoco, soffio, vento, olio, acqua, sigillo e colomba.Nonostante la serata a rischio pioggia la comunità delle varie parrocchie ha risposto in modo positivo partecipando in silenzio e con vivo interesse, consapevole che non si trattava di uno spettacolo ma di un momento di preghiera particolare e profondo.

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CAPOSILE

CAPOSILE

CAPOSILE

“Beh ! Naturalmente il compleanno di Don Armando ed i festeggiamenti per questo ec-cezionale avvenimento”. Questa è stata la ri-sposta unanime, spontanea ed immediata su quale argomento trattare, per la parrocchia di Caposile, in quest’ultimo numero di Emmaus. Il nostro mitico “don” è riuscito a farci lavo-rare sodo ma con la gioia nel cuore, per po-ter organizzare una mega festa per i suoi 100 anni. Da subito abbiamo optato per dilaziona-re nell’arco di 15 giorni i vari momenti in suo onore per potergli permettere di gustare pie-namente tutto l’affetto che lo circonda, senza affaticare troppo il suo cuore centenario. Con immenso piacere abbiamo avuto la confer-ma, anche se non ce n’era bisogno, che pro-prio tantissima gente gli vuole bene e gli è ri-conoscente per quello che è riuscito a donare ad ognuno nell’arco dei suoi 75 anni di vita sacerdotale. Tante volte quando telefonavano per informazioni sulla festa o semplicemente per prenotarsi per i vari momenti, le persone anche da fuori Caposile, ci raccontavano il perché del loro attaccamento a don Arman-do e quanto fossero state aiutate con parole, benedizioni o semplicemente con il suo sorri-so sereno. Lunedì 9 maggio, giorno del com-pleanno, sono iniziati i festeggiamenti con la Santa Messa celebrata da Sua Ecc. il vesco-vo Gianfranco Agostino Gardin, concelebrata da circa 40 sacerdoti suoi amici e talmente partecipata da farci esclamare: “Mai vista tanta gente così ad una Santa Messa a Caposile !”. Giovedì 12 maggio è stato preparato un grandioso Concerto degno di essere scritto con la lettera maiuscola, che ha scaldato il cuore di don Arman-do ma anche di tutti noi. Venerdì 13 maggio, serata dedicata agli ex parrocchiani, don Armando ha visto riempire la nostra chiesa di amici arrivati da Zero Branco, Tombolo, Monastier. Di ognuno si è ricordato con grande sorpresa generale. Do-menica 15 maggio al pranzo comunitario oltre ai parrocchiani non hanno voluto mancare anche tante persone dal Cavallino, Zero Branco, Musile , San Donà, Marghera,Tombolo, Eraclea e…. Venerdì 20 maggio le Associazioni Combattentistiche e d’Arma con la loro numerosa presenza hanno omaggiato que-sto grande ed unico sacerdote. Domenica 22 maggio è stato organizzato un revival del “Canto dell’usignolo” ed è stato per tutti un momento nostalgico e gioioso. A pensarci bene, vi-sto l’affetto che circonda don Armando, sorge spontanea una considerazione: questo carisma è sì un dono del Signore, ma è anche frutto di un vissuto intenso e certamente né noioso né piatto.. Nasce così l’esigenza di ricordare a brevissime li-nee la sua vita, che forse non tutti conoscono. Armando Du-righetto nasce a Zero Branco, Treviso, il 9 maggio 1911 da papà Giovanni e mamma Giuseppina ed è il secondogenito di undici fratelli. Il buonumore, la prontezza alla battuta ed alle barzellette sono eredità paterne che caratterizzano la famiglia “Spaca”. Dopo aver frequentato le prime tre classi elemen-

tari Armando, come si usava ai quei tempi, fu avviato al mondo del lavoro paterno cioè al trasporto di vitelli e pecore ai mercati della zona, questa sembrava essere la sua strada ma “galeotto fu l’incontro con due suoi ami-ci seminaristi , l’ammirare la loro bella divisa nera, il fregio dorato sul berretto a visiera e le mostrine di fili d’oro al colletto delle loro divise “ così ama raccontare don Armando quando gli si chiede dell’inizio della sua vo-cazione sacerdotale. Il 1° ottobre 1924, a 15 anni, Armando entra nel Seminario Vescovile di Treviso e grazie al suo carattere aperto e spontaneo da subito si trova bene in questo nuovo ambiente. Il 5 luglio 1936 dopo 12 anni di seminario viene ordinato Sacerdote. Dal 1936 al 1940 è cappellano a Pederobba e da subito inizia ad organizzare gruppi giova-nili, a curare la banda musicale ed il coro par-rocchiale – queste attività lo caratterizzeran-no in tutte la sue parrocchie. Nel frattempo è anche cappellano dell’ospedale Sanatorio femminile di Pederobba e con il suo naturale entusiasmo riesce ad infondere serenità alle ammalate che sono ben consapevoli della gravità della loro malattia. Dal 1940 al 1943 è chiamato a svolgere il suo servizio a Treviso come direttore del Patronato di San Nicolò dove segue i giovani. Siamo nel pieno della seconda guerra mondiale ed è in questo cli-ma di repressione che a causa di una barzel-

letta canzonatoria contro Mussolini e Hitler, non raccontata da lui ma da un suo ragazzo, Don Armando viene arrestato il 19 aprile 1943. Resterà in carcere a Treviso per 37 giorni, ne uscirà il 2 giugno 43 -dopo essere stato condannato a 3 anni di “confino”- per essere trasferito a Castemauro ( Cam-pobasso) dove dovrà scontare la sua pena. In questo paesino però rimarrà solo 67 giorni, grazie alla caduta del fascismo. Don Armando pur nella sua condizione di “prigioniero” anche in Molise svolge un’intensa attività pastorale e riesce a farsi voler bene tanto che la mattina della partenza i “ suoi ragazzi” gli nascondono le scarpe per non lasciarlo andare via. Il 9 agosto 1943 torna finalmente nel suo Veneto e dopo un breve periodo in Patronato a San Nicolò, sarà designato a Tombolo (Padova) dal 43 al 1952 – in questi 9 anni il giovane cappel-lano lascia un segno indelebile del suo gioioso operato. Dal 1952 al 1955 sarà cappellano a Monastier e Pralongo. Il 7 settembre 1955 finalmente Don Armando arriva in un piccolo borgo di poche e povere case, Caposile. Il 14 giugno 1956 Caposile diventerà parrocchia e Don Armando il suo parroco.

tANtI AUgUrI AL dON 3 CIFrE…

Grazie don Armando TANTI AUGURI

Da allora

don Armando e Caposile sono un’unica realtà

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CAPOSILE

tAPPE SACrAMENtALI

1. Cattalano Melissa2. Dianese Giacomo3. Ferrazzo Andrea4. Furlan Alver5. Silvestrini Linda6. Tamai Aurora7. Vazzola Chiara

13 Marzo 2011Prima Confessione

Hanno celebrato per la prima volta il Sacramento della Riconciliazione:

10 Aprile 2011 S. Messa di Prima Comunione

1° Maggio 2011 Confermazione

S. Messa di Prima Comunione

1° Maggio 2011 Confermazione

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PASSARELLA

PASSARELLA

tAPPE SACrAMENtALI

1. Basso Jenni2. Florian Luca3. Ferrazzo Laura4. Finotto Aurora5. Marson Lorenzo6. Marson Nicola

7. Niero Nicole8. Ongaretto Giorgia9. Roder Beatrice10. Salgarella Alessia11. Trevisan Davide12. Zennaro Gaia

Hanno celebrato per la prima volta il Sacramento della Riconciliazione:

6. Marson Nicola 12. Zennaro Gaia

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UN tEStIMONEUN LIBrODON PINO PUGLISI

Padre Giuseppe Puglisi meglio conosciuto come don Pino, (Palermo, 15 settembre 1937 – Palermo, 15 settembre 1993) è stato un presbitero italiano, uc-ciso dalla mafia a motivo del suo costante impegno evangelico e sociale. Nacque a Brancaccio, quartiere periferico di Palermo, da famiglia modesta (il padre calzolaio, la madre sarta). A 16 anni, nel 1953 entrò nel seminario palermitano ove fu ordinato prete il 2 luglio 1960. Entrò subito in servizio come cappellano in diverse realtà parrocchiali e orfanatrofi della propria diocesi e come prorettore del seminario minorile, do-cente di religione e direttore del centro diocesano vo-cazionale: è in questi anni che Padre Puglisi cominciò a maturare la sua missione educativa rivolta partico-larmente ai giovani e declinata specialmente secondo l’attività di animazione in seno all’Azione Cattolica e alla FUCI. Il 29 settembre 1990 venne nominato par-roco a San Gaetano, nel degradato quartiere Bran-caccio, controllato dalla criminalità organizzata dei fratelli Graviano. Qui iniziò la lotta antimafia di Don Pino Puglisi col partico-lare intento di preservare i giovani dal “risucchio” del vortice della criminali-tà proponendo, attraverso giochi e attività, idee e va-lori spirituali e civili edifi-canti. Il 29 gennaio 1993 inaugurò per questo il centro Padre Nostro per la promozione umana e l’evange-lizzazione. Questa “interferenza” risultò letale per il consenso sociale necessario alla mafia: per questo dopo una lunga serie di minacce di morte, di cui don Pino non parlò con nessuno, i boss ne ordinarono l’e-secuzione. Il 15 settembre 1993, il giorno del suo 56º compleanno, venne ucciso. L’amore incondizionato di don Puglisi fu dono per tutti: anche il suo assassino dopo l’arresto intraprese un cammino di pentimento e conversione. Egli stesso ha raccontato le ultime paro-le di don Pino prima di essere ucciso: un sorriso e poi un criptico “me lo aspettavo”. Sulla sua tomba, nel Cimitero di Sant’Orsola a Palermo, sono scolpite le parole del Vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amo-re più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Il 15 settembre 1999 il cardinale di Pa-lermo Salvatore De Giorgi ha aperto ufficialmente la causa di beatificazione proclamandolo “Servo di Dio”.

Federico Contarin

“OCCHIStANCHI” di don Vanio Garbujo

Giovedì 16 giugno alle ore 21, nella chiesa di Musile di Piave, ha avuto luogo la pre-sentazione dell’ultimo libro di don Vanio, dal titolo “Occhistanchi”.La serata, costrui-ta sulla lettura della prefazione del libro ad opera di Sabino Chialà, monaco della Comunità di Bose, e di alcune poesie tratte dal libro stesso, ac-compagnate da mu-sica dal vivo, ha visto

una folta presenza di persone, nonché quella dello stesso editore, che ha dato il suo contributo con un intervento, con il quale ha voluto sottolineare il valo-re letterario del libro, ma anche il valore della poesia religiosa in sè, da considerare non come un “sotto-genere” poetico, ma come letteratura a tutti gli effetti.Gli occhi sono, come già preannuncia il titolo, il fulcro dell’opera; occhi che vedono e vivono situazioni di gioia nel contemplare il creato, ma anche di sofferen-za, di stanchezza nel portare il peso di tanto vissuto, di tante esperienze che in un modo o nell’altro, nel bene e nel male, lasciano il loro segno.Attraverso il filo conduttore degli occhi, dello sguardo e delle immagini evocate, le quali spesso sono por-tatrici di metafore ed allegorie dal forte significato, sono esposti diversi temi, come collocati in un lungo viaggio, che è il viaggio della vita, le cui diverse tappe sono costituite da situazioni ed emozioni compren-sibili da chiunque: la gioia, la morte, la sofferenza, la stanchezza, ma anche la speranza e l’accettazione di un destino che non sempre appare gradevole, ma dal quale si può sempre apprendere una grande lezione.La serata si è rivelata sicuramente un successo, sia per la struttura che l’ha resa gradevole e scorrevole, sia perché molti vi hanno partecipato, sia per dare una dimostrazione d’affetto nei confronti di don Vanio, sia per dimostrare che fortunatamente in un paese come Musile, la poesia può risvegliare ancora l’interesse delle persone. E questo è un segnale culturalmente importante, anche perché, citando don Saverio, “se fossimo tutti un po’ più poeti, la vita sarebbe un po’ più bella!”

Elena De Piccoli

26 GIUGNO - LUGLIO 2011

Page 27: Emmaus Luglio 2011

LE vIgNEttEUN FILM

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tHe tree of life (L’ALBERO DELLA VItA) di Terrence Malick.

Le nuvole si rincorrono su nel cielo creando vortici, cumuli, labirinti; più giù a terra alberi altissimi si alzano arditi: tutti i misteri del mondo e di una trascendente natura sembra-no precipitare su una piccola famiglia del Midwest america-no, nella serenità apparente dei primi anni Cinquanta.Il film, che ha vinto la Palma d’oro al recente Festival del cinema di Cannes, tenta di raccontare il senso della vita, il perchè delle nostre esistenze e soprattutto la presenza di una trascendenza che ci avvolge

e che dà luce alle nostre vite. Il linguaggio usato dal regista, Terrence Malik, non è propriamente narrativo, ma visivo, ricco di immagini estremamente poetiche e riflessive, quasi privo di dialoghi. Bellissime le scene della natura, rappresentata in tut-ta la sua potenza e bellezza, anima del mondo che ci protegge e a volte ci ferisce, ed altrettanto belle le immagini di vita quo-tidiana della famiglia protagonista, in cui vengono raccontate le giornate tra giochi, silenzi, affetto e severità che vivono i tre figli. Il padre (l’attore Brad Pitt), a modo suo amoroso, cerca di educare con un eccesso di severità (le scarpine strette) i suoi tre ragazzi. Molti anni dopo il figlio, Jack (l’attore Sean Penn) si ricorderà in ogni dettaglio quella furente educazione , non senza la coscienza dolorosa di essere stato sempre sot-to condizione: l’affetto del genitore poteva arrivare soltanto se tutte le prove erano state superate, se era riuscito a essergli piaciuto. Il padre cerca di insegnare al figlio la via della vita mettendo se stesso in primo piano. La madre (l’attrice Jessica Chastian), figura eterea e solare, li invita ad amare tutto e tutti e a lasciarsi andare alla bellezza che ci circonda. Lei rappre-senta la via dell’amore e della misericordia, Ciascun genitore cerca di ottenere la sua fedeltà, e Jack deve conciliare le loro richieste. L’immagine si oscura quando per la prima volta ha la testimonianza della malattia, della sofferenza e della morte. Il mondo, una volta una cosa gloriosa, diventa un labirinto. Da qui parte la storia di Jack adulto, un’anima persa in un mon-do moderno che cerca di scoprire tra le scene mutevoli del tempo ciò che non cambia: lo schema eterno di cui facciamo parte. Più tardi si rende conto che ogni cosa che fa parte del nostro mondo sembra un miracolo prezioso, incomparabile. Jack, con la sua nuova comprensione, è in grado di perdonare il padre e di muovere i primi passi sul sentiero della vita. E’ certamente un genere di film complesso, difficile da seguire in quanto si passa da una situazione presente (uno dei figli della famiglia protagonista che ricorda il suo passato), al pas-sato (la propria infanzia) fino all’inizio della storia del mondo (la nascita delle prime cellule, addirittura dei dinosauri), senza soluzione di continuità. La storia si conclude con la speranza, riconoscendo la bellezza e la gioia in tutte le cose, nel quo-tidiano e, soprattutto, nella famiglia - prima nostra scuola - l’unico luogo dove la maggior parte di noi impara la verità sul mondo e su noi stessi, o scopre la lezione importante della vita, l’amore disinteressato.

Adalberta Contarin

Finalmente Beato!

Pellegrinaggio in “Terra Santa”

150° dell’Unità d’Italia

Page 28: Emmaus Luglio 2011

Il 1° maggio è stato un gran giorno di festa e di contemplazione per tutta la cristianità.Giovanni Paolo II è stato beatificato ap-pena 6 anni dopo la sua morte, perché così è piaciuto al Signore, evento che il mondo intero ha trepidamente atteso e sperato.Giovanni Paolo è Beato per il suo eroico esempio di fede, di generosità apostolica e per la sua profonda umiltà, radicata in un’intima unione con Cristo. Una fede che non ha vacillato nemmeno nei mo-menti più difficili della sua sofferenza; quando le forze cominciarono a venir meno, Papa Wojtyla riuscì comunque a svolgere il suo ministero pastorale di guida alla Chiesa. Il mondo lo ha rico-nosciuto come Padre, fratello e amico, cogliendo nella esperienza umana e di credente la sua profonda fede nel Signo-re e nel materno aiuto di Maria.Al richiamo del Santo Padre Benedet-to XVI, una moltitudine di fedeli pro-venienti da numerosi paesi e di ogni religione, accorse in preghiera per rac-cogliersi attorno all’altare e celebrare l’atteso evento.Ciascuno è accorso con il proprio baga-glio di affettuosi ricordi, gioiosa speran-za in un clima di grande accoglienza. Mi ha particolarmente colpito la generosi-tà con cui Roma ha accolto e celebrato questo grande momento, manifestato con cuore grande, stringendo tutti nel caloroso abbraccio di Piazza San Pietro. Tra la moltitudine di segni e di colori fa-ceva risalto uno striscione, che ritengo riproducesse il messaggio più significa-tivo di Papa Wojtyla: “NoN ABBIATe PAURA SPAlANCATe le PoRTe A CRISTo”. ora, Santo Padre che sei Be-ato, continua a benedire tutta l’umanità che ha bisogno di Cristo e che non vuole rinunciare a sperare.

Elisa Montagner

Roma, 1° Maggio Beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II