Emmaus Aprile 2011

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ANNO 5 - N. 1 APRILE 2011 - Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - E-mail: [email protected] Cari amici, questo nuovo numero di Emmaus che vi arriva per Pasqua vuole dare spazio, oltre che alle varie attività delle nostre parroc- chie della Collaborazione, soprattutto al grande interrogativo che riguarda il cammino di fede di ognuno di noi. In quale Dio crediamo? Qual è il volto del nostro Dio? Pasqua ci impone di guardare in faccia a un Dio davvero diverso dalle nostre attese, dalle nostre modalità e dal nostro modo di pensare. Sentite cosa scrisse S. Agostino nel quarto secolo: “Che cosa dunque diremo di Dio, fratelli? Se infatti ciò che vuoi dire lo hai capito, non è Dio. Se sei stato capace di capirlo, hai compreso una realtà diversa da quella di Dio. Se ti pare di essere stato capace di comprenderlo, ti sei ingannato a causa della tua immaginazione. Se dunque lo hai compreso, Dio non è così; se invece è così, non lo hai compreso”. Se crediamo che le nostre parole, le nostre Scritture, le nostre prediche, le nostre sicurezze, le nostre certezze, i nostri dog- mi dicano tutto di Dio... allora Dio non è quel che crediamo. Solo di una cosa siamo davvero sicuri: abbiamo una giusta rappresentazione di Dio quando Dio serve la vita dell’uomo e dell’umanità. Quindi ogni rappresentazione di Dio che va contro l’uomo, contro la sua vita, contro la sua umanità, che lo sminuisce o lo distrugge è una falsa rappresentazione di Dio. Scrive il teologo Jean-Marie Ploux: Meglio essere ateo e servire la dimensione umana dell’uomo che essere un uomo religioso posseduto da una rappresentazione di Dio che deforma lo sguardo sull’uomo e che quindi semina morte. Un Dio degno dell’uomo, un Dio per l’uomo, non può essere altro che un Dio che aiuta l’uomo a diventare più umano e che lo libera da ciò che, dentro di lui o fuori di lui, lo disumanizza.” E’ solo l’amore che rende umano l’uomo e quindi Dio è là dove gli uomini amano, si amano, là dove gli uomini hanno bisogno di amore. L’amore è divino. Cari amici partiamo da qui, dall’amore vero, dall’amore che ama e basta. Abbiamo tutti negli occhi le migliaia di stranieri che arrivano qui in Italia, tutti questi giovani ragazzi che tentano disperatamen- te di vivere, di lavorare. Troppo facile dire “fuori dalle scatole...”, troppo facile dire “che si arrangino...” troppo facile dire “tornino a casa loro...” “sono tutti delinquenti e non hanno voglia di lavorare”. Ma che cristiani siamo? Ma che volto di Dio abbiamo in mente? Ricordiamoci che alla fine dei tempi saremo tutti, proprio tutti, giudicati solo sull’amore (quello vero) un amore che sa accogliere oltre misura e che sa che in ogni volto (anche nel volto del tunisino, del marocchino, del rumero...) in ogni volto è riflesso qualcosa del volto di Dio. Saremo giudicati sui fatti e non sulle belle o brutte parole! Per questo vi invito alla festa multietnica che organizziamo insieme a tante associazioni e con il patrocinio del nostro Comu- ne di Musile, presso il campo sportivo dell’Oratorio di Musile il 2 giugno: “FRATELLINI E SORELLINE D’ITALIA...” come per dire che le 52 etnie presenti qui a Musile hanno diritto di sentirsi parte della nostra civiltà. Da parte nostra vuol dire fare tutto il possibile per accoglierli con il cuore aperto; da parte loro tutto il possibile per rispettare e condividere la nostra storia e la nostra cultura. Pura Utopia? No, solo Puro Vangelo. Don Saverio Buona Pasqua a tutti

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Collaborazione Pastorale di Musile di Piave - Emmaus Aprile 2011

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ANNO 5 - N. 1 APRILE 2011 - Piazza Libertà, 2 - 30024 MUSILE DI PIAVE - Tel. e Fax 0421.52308 - E-mail: [email protected]

Cari amici, questo nuovo numero di Emmaus che vi arriva per Pasqua vuole dare spazio, oltre che alle varie attività delle nostre parroc-chie della Collaborazione, soprattutto al grande interrogativo che riguarda il cammino di fede di ognuno di noi. In quale Dio crediamo? Qual è il volto del nostro Dio? Pasqua ci impone di guardare in faccia a un Dio davvero diverso dalle nostre attese, dalle nostre modalità e dal nostro modo di pensare. Sentite cosa scrisse S. Agostino nel quarto secolo: “Che cosa dunque diremo di Dio, fratelli? Se infatti ciò che vuoi dire lo hai capito, non è Dio. Se sei stato capace di capirlo, hai compreso una realtà diversa da quella di Dio. Se ti pare di essere stato capace di comprenderlo, ti sei ingannato a causa della tua immaginazione. Se dunque lo hai compreso, Dio non è così; se invece è così, non lo hai compreso”.Se crediamo che le nostre parole, le nostre Scritture, le nostre prediche, le nostre sicurezze, le nostre certezze, i nostri dog-mi dicano tutto di Dio... allora Dio non è quel che crediamo. Solo di una cosa siamo davvero sicuri: abbiamo una giusta rappresentazione di Dio quando Dio serve la vita dell’uomo e dell’umanità. Quindi ogni rappresentazione di Dio che va contro l’uomo, contro la sua vita, contro la sua umanità, che lo sminuisce o lo distrugge è una falsa rappresentazione di Dio. Scrive il teologo Jean-Marie Ploux: “Meglio essere ateo e servire la dimensione umana dell’uomo che essere un uomo religioso posseduto da una rappresentazione di Dio che deforma lo sguardo sull’uomo e che quindi semina morte. Un Dio degno dell’uomo, un Dio per l’uomo, non può essere altro che un Dio che aiuta l’uomo a diventare più umano e che lo libera da ciò che, dentro di lui o fuori di lui, lo disumanizza.”E’ solo l’amore che rende umano l’uomo e quindi Dio è là dove gli uomini amano, si amano, là dove gli uomini hanno bisogno di amore. L’amore è divino.Cari amici partiamo da qui, dall’amore vero, dall’amore che ama e basta. Abbiamo tutti negli occhi le migliaia di stranieri che arrivano qui in Italia, tutti questi giovani ragazzi che tentano disperatamen-te di vivere, di lavorare. Troppo facile dire “fuori dalle scatole...”, troppo facile dire “che si arrangino...” troppo facile dire “tornino a casa loro...” “sono tutti delinquenti e non hanno voglia di lavorare”. Ma che cristiani siamo? Ma che volto di Dio abbiamo in mente? Ricordiamoci che alla fine dei tempi saremo tutti, proprio tutti, giudicati solo sull’amore (quello vero) un amore che sa accogliere oltre misura e che sa che in ogni volto (anche nel volto del tunisino, del marocchino, del rumero...) in ogni volto è riflesso qualcosa del volto di Dio. Saremo giudicati sui fatti e non sulle belle o brutte parole!Per questo vi invito alla festa multietnica che organizziamo insieme a tante associazioni e con il patrocinio del nostro Comu-ne di Musile, presso il campo sportivo dell’Oratorio di Musile il 2 giugno: “FRATELLINI E SORELLINE D’ITALIA...” come per dire che le 52 etnie presenti qui a Musile hanno diritto di sentirsi parte della nostra civiltà. Da parte nostra vuol dire fare tutto il possibile per accoglierli con il cuore aperto; da parte loro tutto il possibile per rispettare e condividere la nostra storia e la nostra cultura. Pura Utopia? No, solo Puro Vangelo. Don Saverio

“DIO NON E’ QUEL CHE CREDI”

Buona Pasqua a tutti

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Il 7 e l’8 maggio prossimi, Be-nedetto XVI sarà tra noi. Avre-mo l’occasione per poterlo ve-dere e ascoltare direttamente la sua voce. Il dono della visita del Papa ci aiuterà a fare il punto sul-la nostra storia rilanciandola con maggiore forza nel nostro cam-mino di crescita umana e di fede, soprattutto per le nostre nuove generazioni.Il Nordest è stata terra di gente che ha affrontato la propria storia vivendo le fatiche del duro lavo-ro, le angosce delle guerre e le sofferenze dell’emigrazione, di-ventando terra di grande crescita sociale e di gente che ha saputo aprire le porte alla solidarietà, a l l ’ acco-glienza e alla condi-visione.Con uno spirito nuovo ci stiamo preparando quindi ad accogliere il Santo Padre con gioia e trepida attesa sulle parole dell’evangeli-sta Marco “Tu Pietro vieni qui per noi di persona”.

Il Papa inizierà la sua visita pasto-rale, sabato 7 maggio alle ore 17.00 da Aquileia, terra evange-lizzata secondo la tradizione di San Marco e sede dell’antico Pa-triarcato (568 – 1751) che ammi-nistrava un’area vastissima con al centro l’odierno Friuli Venezia Giulia e sede di un Concilio (nel 381) nel quale venne ribadita la condanna dell’arianesimo. Cuo-re della visita ad Aquileia sarà la basilica paleocristiana eretta nel 313 d.C. e centro spirituale per i territori del Nordest. Domenica 8 maggio alle ore 10.00 Benedetto XVI sarà a Me-stre presso il Parco San Giuliano per la celebrazione eucaristica per i fedeli delle 15 diocesi del Nordest e per quelli provenienti dalle altre chiese e che hanno avuto origine proprio da Aquileia.L’attesa della visita è forte e lo sforzo organizzativo sarà grande per poter accogliere nel migliore dei modi questo grande ospite e le decine di migliaia di persone che vorranno stringersi attorno a

Lui.Facciamo no-stro il messag-gio di saluto del Card. Angelo Scola, Patriar-ca di Venezia e presidente del-la Conferen-za Episcopale Triveneta “La

Fede non è solo una speranza certa nell’aldilà, ma è un nuovo modo di vivere il presente, vivere gli affetti, il lavoro, il riposo, la fra-gilità, la giustizia e la pace”.

2 APRILE 2011

Martedì 1 febbraio 2011 , alla pre-senza di Mons.Livio Buso, si sono ritrovati a Chiesanuova i Consigli Pastorali ed Economici delle sei parrocchie della nostra Collabora-zione, e come in una grande fami-glia, è stata accolta con gioia la notizia che anche Croce di Piave prossimamente vi entrerà a farne parte. Erano presenti anche i rap-presentanti del loro Consiglio Pa-storale accompagnati dal Parroco Don Primo.Don Livio, delegato del Vescovo e responsabile in Diocesi per l’attua-zione delle collaborazioni pastorali ha così esordito: “Questo incontro è un dono che il Signore fa alle comu-nità parrocchiali di questo territorio ed i consigli pastorali qui convenuti hanno una particolare responsabili-tà in questa progressiva e straordi-naria collaborazione come Chiesa oltre i confini della propria parroc-chia”.“E’ importante non essere soli, pro-segue don Livio, nel cammino della Diocesi impegnata a realizzare un ampio progetto di collaborazione pastorale tra parrocchie vicine. Al-tre comunità hanno avviato da alcu-ni mesi o da qualche anno questa esperienza. Le Collaborazioni Pa-storali sono parte del progetto di riorganizzazione territoriale e pasto-rale della nostra Diocesi. Possono essere considerate una risposta concreta alle nuove esigenze pa-storali e vanno attuate come forme stabili di comunione reciproca e di condivisione pastorale tra due o più parrocchie, generalmente dello stesso comune o vicariato.Vengo-no promosse ed istituite dal Vesco-vo in vista di una cura più efficace che la Chiesa attua nella missione di trasmettere la salvezza di Gesù a tutti gli uomini che vivono nel suo territorio”.E così, sette parrocchie del nostro territorio , Musile, Passarella, Chie-sanuova, Millepertiche, Caposile, Santa Maria e Croce un po’ alla volta sono chiamate a collaborare tra di loro, ed in un dono reciproco, scam-biare carismi, competenze, aiuto, strutture, tradizioni per cammina-

COLLABORAZIONE PASTORALE

ACCOGLIAMO CON GIOIA E FEDE LA VENUTA DEL SANTO PADRE TRA NOI

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3APRILE 2011

re alla sequela di Gesù e del suo Vangelo. Le principali motivazioni che hanno spinto la nostra diocesi ad orientarsi verso queste nuove forme pastorali sono: aumento de-mografico, forte calo di vocazioni sacerdotali e quindi impossibilità di essere presenti capillarmente nelle parrocchie, età media dei sacerdoti in attività piuttosto alta.Don Livio ha ribadito con fermez-za e convinzione la necessità di ripensare e riorganizzare il tessuto pastorale e le linee di azione per gli anni futuri in diocesi, invitando tutti i presenti a diventare loro stessi pro-mulgatori nelle proprie comunità di quanto si sta attuando. Su “Orienta-menti e norme per le collaborazioni Pastorali “, pubblicato da poco e divulgato nelle parrocchie in questi giorni vengono evidenziate le linee guida, gli obiettivi, i soggetti ed i nuovi organismi che un po’ alla vol-ta contribuiranno al rinnovamento

delle nostre comunità cristiane. E’ necessario sapersi coinvolgere in questo percorso, non breve e nean-che facile, con creatività, disponibi-lità e coraggio, tanto da far emer-gere quello spirito di maturità e di gratuità in ciascuno che ci fa dire: “nelle nostre parrocchie” e non “nel-la mia parrocchia.”..Tale cammino si potrà realizzare a partire da una attenta lettura della situazione ecclesiale, maturata nella preghiera e nell’ascolto della Paro-la di Dio. Si tratta di comprendere quali passi di conversione il Signore chiede a tutta la comunità ed alle singole parrocchie, affinchè ogni cristiano si senta sostenuto nel suo cammino di fede. I sacerdoti sono chiamati per primi a percorrere e ad accompagnare questo itinerario di conversione personale e comuni-taria. La nostra Collaborazione Pa-storale, attualmente formata da sei parrocchie, da due anni circa sta camminando in questa direzione, condividendo obiettivi, percorsi, formazione e metodi.

I nostri catechisti, gli educatori ed animatori dei gruppi giovanili, i mini-stri straordinari della comunione, gli animatori liturgici e della pastorale famigliare periodicamente si trova-no per una formazione comunitaria, per condividere fatiche ma anche gioie, per pensare programmi co-muni da mettere in atto nelle singo-le realtà. Anche i cori hanno avuto modo di ritrovarsi in occasioni di concerti e veglie di preghiera. Per non parlare delle attività promosse dai vari oratori, creative, di svago, culturali, ludiche...I nostri sacerdoti vivendo sotto lo stesso tetto mettono in comune spazi e tempi che facilitano sicura-mente la conoscenza reciproca e la relazione interpersonale. La pre-ghiera, i discernimenti lo scambio di vedute ed esperienze migliorano la qualità e lo spessore del loro es-sere pastori e guide spirituali nelle parrocchie. Non mancano certa-

mente le fatiche dovute alla fragilità umana, ma è in uno spirito di carità e di apertura che anche essi sono chiamati a superarle e questo stile di vita di convivenza e condivisione li farà sentire più vicini alle persone ed alle diverse situazioni famiglia-ri a loro affidate. In una realtà così vasta e complessa la figura del fe-dele laico sta assumendo un ruo-lo sempre più significativo. Diventa importante curare la preparazione spirituale ed anche pastorale che dia credibilità al suo operare, in vista di una decisiva cooperazione dei sa-cerdoti, consacrati e dei laici sem-pre più orientata ad una reciproca corresponsabilità. Siamo chiamati ad essere collaboratori gli uni con gli altri insieme ai pastori, con umil-tà , avendo cura di far crescere la vigna che il Signore ha messo nelle nostre mani Accoglienti verso co-loro che faticano a camminare con noi, coinvolgenti e pronti all’invito, alla partecipazione attiva della vita della propria parrocchia. Educarci a pregare gli uni per gli altri, per chi

svolge servizi anche solo tempo-ranei di responsabilità nella comu-nità, per coloro ai quali affidiamo i nostri figli e li educano a crescere alla conoscenza di Gesù, per tutti coloro che si mettono al servizio del prossimo, e che sentono la parroc-chia una casa dove poter investire il proprio capitale umano e spirituale sicuri che con l’aiuto dello Spirito Santo i frutti saranno abbondanti. Molto di tutto questo lo stiamo già vivendo e gustando nel cammino fin qui fatto e la parrocchia di Cro-ce un po’ alla volta ne verrà a far parte ed arricchirà a sua volta, con la sua esperienza e la sua storia le nostre vite. Non mancano le insidie lungo questo cammino di nuova conversione: la difficoltà a superare facili campanilismi; la difficoltà ad accettare di non avere un pasto-re tutto per noi, di incontrarlo fre-quentemente, di vedere cancellata qualche Messa, soprattutto nelle

parrocchie più piccole; il movimen-to continuo di sacerdoti, soprat-tutto nella celebrazione Eucarestica domenicale, può alla lunga provo-care disaffezione, smarrimento, non identificazione con la propria comu-nità, soprattutto per i più giovani; la paura o la percezione, da parte di alcuni, che questo riduca di fatto l’attenzione alla realtà della singola parrocchia, ed alla cura delle singo-le persone, dei loro bisogni, del loro vissuto personale.E’ importante mettere a fuoco le priorità da perseguire e la parola di Dio è la nostra guida.Gesù ci invita a seminare a larghe mani, con generosità, andando oltre il nostro piccolo orticello, ma l’azio-ne deve essere preceduta sempre dalla preghiera, dall’Eucarestia e da un sincero discernimento comunita-rio per poter essere una Collabo-razione Pastorale attenta, sensibile che coraggiosamente sa “essere nel mondo” senza “essere del mondo”.

Adalberta Contarin

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LIBERA ChIESA O LIBERO STATO?Nell’anno in cui, convenzionalmen-te, si celebra il 150° anniversario dell’Italia unita, anche la re-dazione di Emmaus desidera esprimere una riflessione atta a interpretare il ruolo della Chiesa in questo processo storico.Volendo condurre la nostra ana-lisi in maniera argomentativa e non meramente espositiva, è utile avviare il nostro viaggio dall’arcipelago delle relazioni tra Chiesa e potere temporale nel corso dei secoli, poiché è tale caratteristica che deve essere esposta per comprendere la porta-ta della questione. Oggi sembrano ben distanti i tempi in cui, mediante decretale, il Pontefice esercitava, in maniera immediata, la sua potestà nell’ambito temporale (v. “potestas directa in temporalibus”), imponen-do una primazia funzionale all’im-pero romano d’oriente – come nel caso del Pontefice Gelasio I – ovve-ro arrivando a modificare le struttu-re del diritto civile e a influenzare le relazioni feudali facendo leva sulla canonistica e sul primato pontificio basato sul “munus (ufficio) petrino” – come testimoniano le decretali di Innocenzo III. Dopo questa lunga parentesi, conclusasi col definitivo crollo dell’ideale di Europa come prototipo di “res publica christiana” avente a fondamento l’interazione tra “imperium e sacerdotium” (C. Schmitt) conseguentemente alla riforma protestante e alla “pace di Westfalia”, v’è un mutamento nelle priorità degli stati che antepongo-no all’obiettivo della preservazione dell’unica cristianità quello della ga-ranzia della “pace tra i consociati” e dell’autotutela finalizzata all’esi-stenza dello stato stesso, andando oltre la religione – come dimostrano sia i trattati che compongono la già citata “pace di Westfalia” sia i prov-vedimenti come l’editto di Nantes. Si avvia quindi una fase in cui gli stati ricercano una rinnovata forma di convivenza con la religione, cosa che non sarà sempre agevole o faci-le da concepire. Ed è in questa tran-che storica, segnata tra l’altro dai fatti della rivoluzione francese, che vengono a conformarsi formazioni di pensiero che tentano di concepire

in maniera nuova il posto ed il ruolo della religione nel quadro degli stati;

tra questi movimenti ricordiamo in particolare quello dei cattolici libe-rali i quali possono essere agevol-mente identificati sulla scorta della locuzione del titolo di un’importante autore (Montalambert): “Ecclesia li-bera in libera patria”. Questa impor-tante linea di pensiero toccherà an-che l’Italia unita che, tuttavia, dovrà attendere il 1870, anno della “brec-cia di Porta Pia”, prima di poter par-lare concretamente di una soluzione efficace per stabilizzare i rapporti tra Regno d’Italia e Chiesa. In tal senso, una prima di presa di posizione da parte italiana fu la cosiddetta “legge della guarentigie” che conferisce al Pontefice un mero potere racchiu-so nella sfera spirituale, privandolo della sua potestà temporale. Altri importanti provvedimenti furono la già esistente “legge Sineo” che rese accessibili i diritti politici indipen-dentemente dal credo dei conso-ciati, la “legge Siccardi” che abro-gava i canoni sui privilegi del “foro ecclesiastico” e la ben nota “legge Crispi” (più nota come “legge IPAB”) che nazionalizzava tutti gli istituti re-ligiosi dediti alla beneficienza. Invero, dopo i patti del Laterano, soltanto con la Costituzione saran-no definiti importanti e stabili confi-ni tra la competenza della Chiesa e quella statale. Oggi può parlarsi di un’Italia laica – per quanto questo concetto possa essere relativo alla realtà analizzata volta per volta – in cui la Chiesa è sovrana “nel proprio ordine” e lo Stato nel suo proprio, ove è impegnato a tutelare e ad ossequiare un principio supremo dell’ordinamento, invero l’equidi-stanza dalle religioni. Tuttavia è ben difficile tracciare, an-

che per le ovvie ragioni storiche suc-citate, una netta e definitiva linea di

demarcazione di sfere d’influen-za giacché la legislazione può in-tendersi come elemento formale di delimitazione all’agire di una persona fisica o morale ma la tradizione, la storia e la consape-volezza di un ruolo debbono es-sere ricondotti ad una sfera d’e-sistenza sostanziale e poiché “la legge è potente, ma più potente è il bisogno” (J. W. von Göthe) così sarà più potente il bisogno

di imporre il proprio ruolo in virtù dei caratteri sopra detti, riassumibili con il termine “tradizione”. Vi sono dunque due tradizioni differenti: una ecclesiastica e l’altra statale. Ma è ancora necessaria la domanda “libero Stato o libera Chiesa”? Può essere corretto interpretare i fatti odierni con categorie risalenti alla metà dell’Ottocento? Personal-mente reputo uno studio basato su questo metodo un mero dispendio di tempo: pur non negando che an-cora oggi i rapporti tra Stato e Chie-sa costituiscono un importante am-bito di studio e di dibattito politico e giuridico non devono affrontarsi le questioni da ciò derivanti con la medesima ideologia delle gene-razioni precedenti. Ciò che invece sarebbe necessario riprendere in analisi sono le “tradizioni” che nel caso italiano ed europeo sono frutto di una secolare commistione tra en-tità statuale ed entità ecclesiastica che ha condotto all’affermarsi di un concetto caro a molti: la civiltà ro-manica, conseguenza dell’incontro tra cultura classica e influssi germa-nici nonché archetipo dell’odierna Europa. Ed è in tale contesto che si innesta il ruolo cardine della Chiesa nel preservare ciò che fu in un’ottica di sviluppo ed interazione. È anche difficile fornire un quadro esatto della questione in poche ri-ghe, sicché eventuali confronti sa-ranno benaccetti.

Luca Cadamuro

P.s.: Per continuare la discussione inviare e-mail a:

[email protected]

4 APRILE 2011

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“Quando uno di voi dice “io sono di Paolo!” e un altro ribatte: “io invece di Apollo!” non fate forse come fanno tut-ti? Voi siete l’edificio di Dio. Lui mi ha dato il compito e il privilegio di mettere

il fondamento, come fa un saggio architetto. Altri poi innalza su di esso la costruzione. Ciascuno però badi bene a come costruisce. Su quel fondamento altri costruiranno servendosi di oro, argento, di pietre preziose, di legno, di fieno, di paglia …”

I Corinzi, 3,4

Il mondo piange, il mondo soffre, il mondo è in crisi: e noi cosa possiamo fare? Volgiamo il nostro sguardo altrove rassegnandoci che … “tanto cosa posso fare io … le cose vanno così e così andranno”, rinun-ciando già in prima battuta a riprenderci il nostro protagonismo, la scena da primo attore; rinunciando ad essere artefici del nostro vivere lasciandoci passivamente trasportare dalla dolce musica am-maliatrice della sirena del consumismo sfrenato, irrazionale, non uti-le, lasciandoci tranquillamente plasmare e accettando “la maschera e il vestito preconfezionato e infiocchettato” che qualcun altro ha deciso di farci indossare o …… o ……. reagiamo a questo torpore con uno “stile di vita nuovo” perché è cambiando in qualità verso una vita attenta a quello che è il nostro vero e reale benessere, il nostro sentirsi veramente bene in quello che viviamo che il mondo cambierà, il bene comune sarà un obiettivo reale e non un sogno!Sulla scia dei tre incontri tenutisi questo inverno sui “nuovi stili di vita” con don Gianni Fazzini, alcuni di noi hanno voluto continua-re ad approfondire l’argomento. Ci siamo liberamente ritrovati, con semplicità, per cercare di capire come e cosa si può cambiare; in modo spontaneo e con piccoli e semplici compiti che ci siamo dati e ci diamo tutt’ora per casa, abbiamo iniziato a mettere sul tavolo quelle piccole cose quotidiane che possono essere “cambiate” o meglio “ SPOSTATE” di indirizzo verso l’uso, il contenimento e il consumo di prodotti che rispondono a equità, giustizia, eticità. Es. Non ha senso che mi batta per un mondo pulito, per il rispetto della natura se poi nella quotidianità uso prodotti altamente inquinanti.Cambiare un poco per volta, il proprio modo di vivere in modo tale da sentirci bene con noi stessi e con chi ci è accanto.Diverse le cose che sono state messe sul piatto della bilancia, di-versi i pensieri, le riflessioni poiché ognuno parte dal proprio vissuto e trova consiglio e spunto nel confronto con il vissuto degli altri:- il bilancio familiare, argomento comune a tutti oggi giorno dato che non è facile far quadrare le spese; - il tipo di spese che si sostengono e la loro reale necessità in quel determinato momento;- i detersivi che si usano; - gli elettrodomestici e il loro uso;- il cercare delle persone con le quali condividere questa ricerca;- i GAS : gruppi di acquisto solidale: uno strumento solidale con le economie virtuose;- la voglia di rinunciare alla “rassegnazione” che il mondo è così e tale va accettato;- riuscire a percepire la spirale del consumismo che ci è stata impo-sta e aprire gli occhi poiché importante non è ciò che la società ci induce a consumare MA IL NOSTRO STARE BENE.- …………………………………………… (questi puntini sono spazi liberi per quanti hanno voglia di mettersi in ricerca in modo sempli-ce, libero, e avrebbero voglia di provare a ritrovarsi con noi.Dopo questa prima panoramica ove ci siamo detti cosa ci potreb-be interessare, dai bilanci di giustizia ai GAS, ai detersivi ecc., si è reso necessario per il gruppo trovare la propria identità e specificità: dobbiamo concretizzare i criteri e le motivazioni comuni per partire. (e questo è il mitico compito per casa che ci siamo dati per il pros-simo incontro). Più volte, forse avete avuto occasione, ed anche in queste poche righe, di sentire la parola Bilanci di Giustizia e magari vi sarete chiesti cosa saranno. Niente paura, magari inconsapevol-mente, già qualcosa anche voi fate.

BilanCi Di giuStizia: parole che potrebbero farci prendere “pau-ra” pensando che sia chissà cosa: in realtà scommetto che già molti di voi sono, nel loro quotidiano, bilancisti. Chi, soprattutto in questi tempi di crisi, non fa un bilancio delle proprie spese familiari, della loro necessità e utilità, chi non “sposta” il consumo da un prodotto ad un’altro che migliora la vita? Chi non si affida per verdura e frutta ad aziende locali che hanno una loro etica lavorativa, chi non decide di usare e consumare prodotti equo solidali ed etici che rispettano il lavoro delle persone, l’ambiente ….. ? Le persone e le famiglie che aderiscono alla campagna Bilanci di Giustizia sono famiglie che in-traprendono un cammino di revisione dei propri consumi e tentano di ridurli o “spostarli” cercando di liberarsi dalle costrizioni imposte dalla società consumistica attuale: persone che desiderano e vo-gliono condurre una vita sobria. E questo non è cosa facile quando tutt’intorno la società ti induce a comprare e consumare sempre di più in modo effimero. Alcuni gruppi di Bilanci di Giustizia sono formati da famiglie che assieme rivedono i propri bilanci familiari, altri invece si incontrano per scambiarsi i prodotti degli acquisti col-lettivi, altri progettano campagne per il consumo sostenibile, ecc. Non esiste uno schema fisso : ogni gruppo insieme decide il proprio criterio e la propria motivazione e da lì parte. L’obiettivo delle fami-glie è modificare secondo giustizia la struttura dei propri consumi e l’utilizzo dei propri risparmi a favore di uno sviluppo che risulti sostenibile per i poveri, per il pianeta e per noi stessi. E questo si può energicamente realizzare solo se le persone sono assieme, in modo organizzato. C’è la voglia di condurre una vita sobria, che può essere fatta senza compiere eccessivi sacrifici, spostando i consumi da acquisiti considerati dannosi per la salute, l’ambiente, per i popoli del Sud del mondo e per la giustizia sociale a prodotti alternativi, che non danneggiano cicli biologici e non rappresentano uno sfruttamento ingiusto di persone e risorse naturali. Non si tratta di gesta eclatanti ma di semplici gesti quotidiani: dalla raccolta dif-ferenziata dei rifiuti (che oggi ancora tanti si rifiutano di fare) agli ac-quisti di prodotti locali e delle botteghe del Mondo, al preferire l’uso di prodotti di stagione (un ritorno ed un rispetto alla natura e ai suoi tempi) al riuso e scambio di vestiti, all’uso di prodotti biologici, na-turali, ecologici che rispettano sia l’ambiente che le persone, all’uso dell’automobile critico preferendo ove si può la bicicletta o i mezzi

alternativi quali treno, autobus, ecc. o la “macchina collettiva”: persone che

lavorano nello stesso luogo anziché usare ognuno una propria macchina

decidono di usare in modo collettivo e a settimane/periodi alternati l’auto prima di uno poi dell’altro collega: ne giova l’ambiente (meno inquinamento), ne giova il traffico cittadino (meno auto in circolazio-ne e meno caos di macchine), risparmio sul costo della benzina in quanto viene ripartito fra gli occupanti l’auto. Questo è un po’ quello che stiamo vivendo noi di questo gruppo: questa voglia di sobrietà, di equità, di giustizia. E se qualcuno ha voglia di aggregarsi anche solo per vedere, è ben accolto dato che le esperienze e l’apporto altrui è una ricchezza che non ha eguali.Cristo ha dato le fondamenta : a noi il compito di irrobustire queste fondamenta in modo tale che quanto vi verrà costruito non cada e la fatica sia stata vana. Laura Scabbio

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IL MONDO: L’AGO DELLA NOSTRA BILANCIA

APRILE 2011

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CORSI DI COMPOSIZIONE FLOREALE E DI CETRADal 27 al 30 dicembre 2010 a Chiesanuova nelle nuo-ve sale parrocchiali si sono svolti i corsi di Cetra e di Composizione floreale promossi dalla collaborazione pastorale di Musile di Piave.Si è trattato di due corsi pratici per la liturgia de-dicati non solo alle persone in cammino nella Chiesa e desiderose di esprimere la propria fede con modi e

metodi sempre nuovi, ma anche a coloro che, pur non avendo specifiche competenze in ambito musicale e/o liturgico, volevano avvicinarsi a tali tematiche o ap-profondirle. I corsi sono stati tenuti: per la cetra da sr Myriam Manca pddm e per la composizione floreale da sr Cristina Cruciani pddm e sr Emmanuela Vivia-no pddm (*)“Perché corsi di tale tipo ?” è stato chiesto a Don Sa-verio. “ Prima di tutto per continuare quanto intrapreso lo scorso anno con il corso tenuto da Stefano Trevisi al fine di soddisfare l’esigenza di una maggior consa-pevolezza del senso cristiano del celebrare e, secon-dariamente, per affrontare dei laboratori concreti sulla Liturgia studiando gli aspetti musicali e quelli dell’arte floreale applicati proprio alla celebrazione”.

Sono stati tre giorni intensi e ricchi di emozioni.

La dolcezza, la mitezza, la competenza e la capacità di mettere semplicemente a proprio agio, fin da subi-to i corsisti, delle suore “romane” ha conquistato tutti. Non vi ha partecipato solo chi ha voluto ritagliarsi un po’ di tempo per approfondire gli aspetti della Liturgia, o chi si occupa di abbellire le chiese della Parrocchia ma anche alcuni giovani che con curiosità ed interesse (soprattutto per il corso di cetra) si sono avvicinati a tali ambiti. La frase “ciò che non si conosce non si ama” applicabile anche all’ambito della Liturgia come è stato affermato nelle lezioni teoriche introduttive, ci ha fatto riflettere sull’importanza di tale affermazione. La parte del corso relativa alla Liturgia, il cui unico scopo è “san-tificare l’uomo e glorificare Dio” è stata infatti di gran-de interesse. Anche le spiegazioni sugli spazi liturgici come ad es. il sagrato, i gradini, la porta di ingresso, le porte laterali, la navata, il battistero, l’altare, l’ambone, ecc. hanno fatto “ scoprire” quasi per la prima volta o

comunque apprezzare i significati simbolici, e guar-dare forse con occhi nuovi la chiesa di Chiesanuova anche a chi è frequentatore abituale della stessa.Inoltre , comporre un bouquet di fiori dopo aver ascol-tato la Parola e abbinare i colori con il loro significa-to liturgico presuppone un tempo di interiorizzazione, creare quindi, una composizione che in qualche modo riporti a Dio, glorificandolo, ciò che Dio ha dato all’uo-mo, è stato affascinante e gratificante così come cer-care di imparare a suonare, per l’accompagnamento liturgico, uno strumento musicale dal suono delicato e melodioso come la cetra che ha permesso di abbinare la dolcezza del suono alla intensità della preghiera .

I segni, soprattutto quelli sacramentali, devono posse-dere una grande espressività. Il pane e il vino, l’acqua e l’olio, ma anche l’incenso, le ceneri, il fuoco i fiori e quasi tutti gli elementi della creazione hanno il loro posto nella liturgia come offerta al Creatore e contributo alla di-gnità e alla bellezza della celebrazione” (Giovanni Paolo II lettera apostolica Vicesimus quintus annus, 10).I partecipanti, come ha affermato don Saverio - rispon-dendo alle domande riportate sui questionari anonimi che a conclusione degli stessi sono stati compilati e che chiedevano di esprimere un gradimento sull’orga-nizzazione, su come fossero stati vissuti i momenti di preghiera, alla possibilità di come testimoniare l’espe-rienza all’interno della collaborazione o della propria parrocchia , a come continuare la propria formazione liturgico spirituale , alla descrizione di cosa fosse pia-ciuto di più o di cosa avesse comportato qualche fatica - hanno manifestato alto apprezzamento e notevole in-teresse per l’iniziativa proposta esprimendo anche alcuni suggeri-menti o desideri per l’ eventuale prosegui-mento dei corsi.

Molti i ringraziamen-ti: a suor Myriam, a suor Cristina e a suor Emmanuela, a chi ha promosso l’ini-ziativa a chi ha con competenza e bravura organiz-zato, a chi ha offerto la propria collaborazione perché tutto risultasse al meglio. Il desiderio, per concludere, è che si possa in futuro non troppo lontano ripetere l’esperienza o comunque poter continuare il percorso di approfondimento intrapreso.

Una partecipante al corso di composizione floreale

*pddm Pie discepole del Divin Maestro Congregazione della Fa-miglia Paolina, fondata da D.Giacomo Alberione, in Alba (CN) il 10 febbraio 1924 come Istituto di via contemplativa-apostolica, centrato su Gesù Cristo presente nell’Eucarestia e nel sacerdo-zio e nella liturgia della Chiesa via Portuense, 739/741 RomaSito www. Pddm.it

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Andrea, Bertina, Enrico 1, Enrico 2, Luca, Massimo e Silvia…… CON UN BARATTOLO D’ ACQUA ……

Capita a volte che delle persone che non si conoscono si trovino ad immaginare una vita o un’esperienza che è la stessa per tutti. Questo a grandi linee è quello che è successo a noi.Noi sta per: Andrea, Bertina, Enrico, Enrico, Luca, Massimo e Silvia.L’esperienza che ci siamo trovati ad immaginare, a so-gnare, a pensare, riguarda: noi per forza, il nostro Don Saverio, ma, soprattutto, riguarda l’Africa.Tutto è cominciato quando abbiamo rivelato questo sogno al Don, che da bravo Orfeo ci ha creduto e ci ha spinto a realizzarlo.Ma voi che leggete vi starete domandan-do: si, ok, ma cosa vuol dire in concreto tutto questo??E noi nel concreto possiamo rispon-dervi che si tratta di un viaggio, destina-zione Africa, Genna-io 2012, più precisa-mente la Missione di Bedanda, in Guinea Bissau dove trove-remo ad accoglierci Suor Rina Contarin, una suora France-scana di Cristo Re, originaria di Chiesanuova che da qualche settimana è tornata nella “sua” Bedanda dopo un periodo di forma-zione qui in Italia. Bene, il luogo è ok, ma cosa andrete a fare??E qui sta il bello!! Già, perché questa è stata anche la nostra prima domanda e, se dobbiamo essere sinceri, un mese fa non lo avevamo ben chiaro neanche noi.Perché a partire da qui abbiamo cominciato ad interro-garci prima sul Perché partiamo??Per cui, per scoprire le motivazioni vere che ci spin-gevano a vivere un’esperienza di questo tipo, abbia-mo deciso di prendere parte ad un corso proposto e realizzato dal Centro Missionario Diocesano intitolato: “Ospiti Solidali”. Lo scopo di questi incontri è quello di riuscire a farci comprendere quali sono i veri valori che si possono acquisire nell’esperienza di Missione, metterci di fronte ai problemi concreti che affliggono il sud del mondo e, soprattutto, farci capire l’importanza di vivere la Missione nella nostra vita di tutti i giorni e nella vita della nostra comunità. Cosa che a dirla così sembra molto facile, ma vi possiamo assicurare che non lo è, anche perché abbiamo dovuto fare i conti con qualcosa di molto tosto, e cioè con le nostre Paure.Si perché non è affatto facile, dopo che si comincia a parlarne, a ragionarci sopra, a scavare dentro di noi, decidere di fare la valigia, andare via e trascorrere un mese della propria vita a stretto contatto con gente di cui non si sa assolutamente nulla, che vive con una cultura che è totalmente differente dalla nostra, che

non condivide neppure la nostra fede e che non parla la nostra lingua.Non è affatto facile, ma è assolutamente stimolante.Guardare l’altra faccia della medaglia, pensare che condivideremo una ciotola di riso, un sorriso, che im-pareremo una lingua, che apprenderemo una cultura e delle tradizioni mai viste, che riusciremo a comprende-re cos’è la dignità, parola molte volte usata ma spes-so non compresa, ecco, questo ci porta a mettere da parte i timori e a dare spazio alla gioia e alla felicità che comporta la preparazione alla partenza.

Perché lì, lo sappia-mo, di gioia ce ne sarà tanta, nono-stante manchi quasi tutto e questo pen-siero rasenta quasi l’assurdo, per noi che ci siamo abitua-ti ormai a non far-ci mancare nulla, a sprecare quello che abbiamo soprattut-to l’acqua bene per loro prezioso sapen-do che lì i bambini per lavarsi usano un semplice barattolino d’acqua e a volte ne avanzano! E allora ci

chiediamo: saremo in grado di ridare la stessa gioia che ci verrà data?? Beh, noi su questo siamo fiduciosi e mettiamo anche questo pensiero nella valigia delle motivazioni, perché sappiamo che il viaggio ci arric-chirà e ci farà crescere, ma nel nostro piccolo ci pia-ce credere che un po’ di noi possa far crescere altri. Quindi, ci rendiamo conto, che non andremo in Africa per FARE, ma la nostra, speriamo, sarà un’esperienza dello STARE.Allora per rispondere alla domanda di prima - Che cosa andrete a fare? – possiamo dire che noi andremo in Mis-sione per: accettare, imparare, condividere,ascoltare e…. sedersi, perché come dice Don Saverio: -Loro non lo dicono, perché sono buoni, ma se non ti siedi si of-fendono!Ed è proprio a Don Saverio che dobbiamo un ringrazia-mento speciale noi del gruppo, perché in tutto questo periodo di grande fermento, di attese e speranze la sua presenza ci è stata di grande aiuto.Primo perché ha accolto a braccia aperte la nostra ri-chiesta di Missione, poi perché la sua energia, i suoi racconti di esperienza diretta e la sua gioia nel condivi-derli, ci hanno spronato e tutt’ora ci stimolano affinchè il tutto si realizzi nella maniera migliore possibile.Un’esperienza del genere è chiaro che non si può im-provvisare, ci potrà essere nella Missione molti progetti e molte occasioni per conoscere a fondo qualcun altro, ma crediamo che quello che si riceverà sarà qualcosa di molto più grande …

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MUSILE DI PIAVE

MUSILE DI PIAVE

ALBERTO PIASENTIN: IL “NOSTRO” DIACONO

Caro Alberto,che strano scriverti attraverso le pagine di Emmaus …Voglio farti innanzitutto una premessa. Queste righe non nascono da una ri-unione programmatica: esce Emmaus, abbiamo un po’ di spazio, non sap-piamo cosa scrivere “buttiamoci” dentro Alberto Piasentin, né tantomeno la decisione di scriverti io non è il risultato di un “allora l’articolo per Alberto chi lo fa?”.Fin dal giorno in cui è stato dato l’annuncio in chiesa della tua ordinazione diaconale del prossimo 14 maggio mi sono detta che era giusto dedicarti un po’ di spazio nel prossimo numero di Emmaus e volevo farlo io.Ti conosco da sempre perché da sempre siamo vicini di casa, quasi dirimpettai e oggi –forse complice l’età che inesorabilmente avanza – mi sembra di averti sempre visto sgambettare per l’oratorio e, soprattutto, sull’altare: sempre composto, sempre in ordine, sempre attento al tuo servizio e - anche da piccolino – sembravi già a tuo agio mentre ti aggiravi per il presbiterio …E’ stato bello vederti crescere e notare, sebbene da lontano, che quella tua vicinanza ed attrazione verso un cammino che avrebbe potuto portarti un giorno ad essere sacerdote diventava ogni giorno più concreta e da “bel e bravo chierichetto” sei diventato il nostro seminarista: ai miei occhi eri e probabilmente resterai il semi-narista più vicino al mio cuore e questo non perché non voglia bene agli altri (come non ricordare d. Alberto e d. Gabriele con i quali sono cresciuta) o perchè abbia avuto una vicinanza particolare a te – sicuramente ci sono decine di persone nella nostra parrocchia che hanno avuto un rapporto più profondo e protratto nel tempo – ma non posso nascondere che, inconsciamente, ho scandito come fosse un calendario fatto di tante fotografie questi anni di tua permanenza in seminario. Come dimenticare i giorni del tuo ingresso in seminario; non erano più gli anni in cui si entrava in seminario da bambinetti ed era sempre più usuale parlare di entrata in seminario in età più adulta: tu no, convinto deciso fin da subito che quella fosse la tua strada …Poi è stato bello, ascoltando le persone più vicine a te, notare che nonostante la crescita, l’adolescenza, le ovvie fatiche la tua vocazione non venisse meno.Come scordare alcune celebrazioni in certi momenti forti dell’anno liturgico quando hai cominciato ad essere presente sull’altare per “dare una mano”: ti avevo conosciuto chierichetto ed ora “aggiustavi” le nuove leve, riempiva il cuore guardare con quanta cura ti occupavi di loro quasi a volerli rendere impeccabili.Adesso ti racconto un piccolissimo aneddoto e mi sembra di essere una di quelle anziane signore che si commuovono per un nonnulla: alcuni anni fa, non ricordo bene quanti …, in una giornata assai piovosa, per la prima volta ti ho visto entrare in chiesa per la Santa Messa con la veste bianca ripiegata su un braccio, con passo deciso ti sei diretto all’altare, ti sei inginocchiato ben attento di non sgualcire la veste, sei entrato in sacrestia, ti sei cambiato e sei uscito nuovamente indossando quella veste ecco quasi come due immagini sovrapposte ti ho rivisto bambinetto vestito da chierichetto e adulto con abiti non proprio sacerdotali ma molto, molto vicini: il nostro piccolo Alberto sarebbe diventato sacerdote e forse lo avevo sempre saputo, ne ero sempre stata certa.Permettimi di dedicare qualche riga anche alla tua famiglia. Se ritengo giusto ringraziare il Signore per la tua vocazione e per tutte le vocazione credo sia doveroso rin-graziarLo anche per la tua famiglia: una famiglia discreta, che mai si è sovraesposta.Come sai bene qualche tempo fa, proprio per fare una piccolo articolo su di te, ho avuto la possibilità di fare una chiacchierata con i tuoi genitori e coi i tuoi fratelli e posso dirti che quella serata con loro è stata un pre-zioso dono.Termino queste poche righe ringraziandoti per la tua testimonianza e la tua presenza.Non so se in occasione del diaconato si dica “auguri” o chissà quale altra frase di rito io ti dico semplice-mente “grazie, grazie al piccolo Alberto che ho visto crescere e grazie a don Alberto che ci apprestiamo ad accogliere”. Barbara Fornasier

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MISSIONILA MOSTRA MISSIONARIA

Il mese di febbraio segna una tappa impegnativa per il gruppo missionario, motivo?La mostra missionaria che ogni anno viene allestita in oratorio durante la festa di San Valentino. I preparati-vi, però, iniziano molto tempo prima per preparare ed esporre il materiale vario.Una parte del materiale viene preparato da persone del Gruppo a seconda delle nostre capacità ed un’altra parte viene offerta da volontari del paese che hanno capacità creative, così da rendere molto ricca e varia l’esposizione.La mostra è rimasta aperta al pubblico 20 giorni, con risultati soddisfacenti sia in senso economico che per

l’affluenza delle numerose persone che hanno fatto vi-sita acquistando qualche oggetto.Il gruppo è grato verso tutti coloro che ci sostengono in vari modi, dandoci così la possibilità di raccogliere fondi da inviare ai progetti che ogni anno prendiamo in considerazione.A tutte queste persone va il nostro doveroso “grazie”.La nostra opera di missione richiede la consapevolezza che abbiamo il dovere di sostenere queste popolazio-ni sfortunate, sia con aiuti economici, ma anche con la preghiera affinchè questi popoli possano riscattarsi dalla loro povertà, e di poter avere una vita dignitosa come ogni uomo ha diritto.

DENARO RACCOLTO E SPEDITO DA OTTOBRE 2008 AD OGGIGiornata mondiale missionaria 2008 (19/10/08) € 1.700Mercatino di San Martino (09/11/08) € 1.200Mercatino di Cortellazzo (30/11/08) € 200Mercatino di Oderzo (07/12/08) € 500Mercatino di Pasqua (05/04/09) € 600Mostra Missionaria Febbraio 2009 € 9.400Giornata mondiale missionaria 2009 (21/10/09) € 1.600Mercatino di San Martino € 1.000Mercatini Cortellazzo - Oderzo - Musile (12/09) € 1.000Mostra Missionaria 2010 € 7.850Giornata Mondiale Missionaria 2010 € 1.400Mercatino di San Martino 2010 € 950Mercatini Oderzo - Musile € 600Mostra Missionaria Febbraio 2011 € 7.630

RaCColta DEl “FERRo VECChio”Novembre 2009 € 2.550Giugno 2010 € 4.212Novembre 2010 € 4.050totalE inCaSSo: € 46.442 DEnaRo SPEDitoNel 2009 spedito in 6 paesi € 15.000Dato al Padre del Pakistan € 1.000Dato a Don Matteo € 500Spedito nei vari paesi - anno 2010 € 14.000IL CAIRO (vedere articolo sotto riportato) € 6.000HAITI € 5.000UN CARRO PER INDIO € 4.000 totalE SPEDito: € 45.500 Rimanenza in cassa € 942

MUSILE DI PIAVE

Suor Iwot racconta...“SE NON PIOVE NULLA GERMOGLIA”

In questi primi mesi del 2011 nelle parrocchie della nostra collaborazione ha soffiato un particolare vento missionario: a farci visita oltre a Padre Luciano abbia-mo avuto l’opportunità di ospitare Suor Iwot – suora francescana cappuccina proveniente dall’Eritrea.Suor Iwot – che ha adottato il nome di Suor Angelica in onore di Padre Angelico da Annone – ci racconta la situazione che si vive oggi in Eritrea. Quando persone cariche di esperienze vissute e con gli occhi che sem-brano raccontare situazioni quasi inconcepibili per noi ci vengono ad incontrare servirebbero pagine e pagine per descrivere quanto appreso ed ancora si rischiereb-be di essere poco esaustivi.Allora, evitando discorsi prolissi, riporto qui di seguito – come fossero pillole - alcuni dei fatti che ci ha rac-contato Suor Angelica:

• In Eritrea nessuna famiglia non è stata toccata dalla guerra;• Il servizio militare non è pagato;• Tutti gli uomini dai 18 ai 50 prestano servizio militare obbligatorio continuativo;• Tutte le donne dai 18 ai 40 anni o finchè non si sposa-no prestano servizio militare obbligatorio continuativo• Quest’anno sicuramente, poiché ha piovuto, avranno pane per 5 mesi;• Come descrivere la povertà in Eritrea? Manca addirittura il pane;• Nelle case ci sono solo bambini, anziani e donne;Lasciamoci toccare da queste pillole ...

Barbara Fornasier

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Incontrare un missionario, ascoltarlo parla-re, sentire la sua esperienza è sempre un momento importante, se poi è un missiona-rio che hai avuto la possibilità di conoscere nella realtà in cui opera, l’incontro diventa ancora più toccante.E’ quanto è accaduto ad alcuni di noi che nei primi giorni di marzo hanno avuto la possibilità di rivedere Padre Luciano Ver-doscia, sacerdote comboniano di origine pugliese che da anni opera al Cairo e che nel giugno 2010 – durante il pellegrinaggio della collaborazione in Egitto e Giordania sulle orme di Mosè – ci ha accolti e ci ha fatto conoscere la realtà degli “zabbalin: i raccoglitori d’immondizia”.Padre Luciano è di passaggio da queste parti e – senza grande preavviso come è caratteristico di tutti i missionari – riesce a dedicare alle nostre parrocchie una serata alla quale sono invi-tati quanti hanno partecipato al suddetto pellegrinaggio, i vari gruppi missionari ma anche tutti i parrocchiani.Ovviamente il suo racconto spazia dalla realtà dei raccoglitori di immondizie “all’ombra della sfinge i bambini scavano tra i rifiuti”, della quale abbiamo già parlato nelle pagine di “Emmaus” di qualche mese fa, ai tragici fatti avvenuti nei primi mesi dell’an-no in Egitto e che tanto ci hanno scosso, ed ovviamente alla presentazione di un progetto alla quale il Gruppo Missionario di Musile di Piave ha destinato una parte del ricavato della Mostra Missionaria di quest’anno.“Il CAIRO è una grande metropoli con una spaventosa densità demografica (19.000.000 abitanti) dove modernità e ricchez-za coesistono con arretratezza e miseria estrema. Grattacie-li si affacciano su tuguri. Tra i quartieri poveri spicca quello di Manshiet Naser per disastro ambientale e per l’assurdità con cui si fa la cernita dei rifiuti. Una delle zone di questo quartiere si chiama Zaraib (stalle) perchè vi si allevano maiali. La gente che vive in questa zona è dedita al lavoro di differenziazione della zibala (spazzatura) da cui il nome di zabal (colui che raccoglie o che lavora la spazzatura).In questo lavoro sono impegnati tutti gli abitanti della zona, soprattutto donne e bambini. Questi ultimi imparano presto a badare a se stessi e cominciano a lavorare già all’età di sei-sette anni selezionando la spazzatura per una paga irrisoria (1 euro al giorno).Pochi hanno la fortuna di andare a scuola sia perchè devono lavorare sia per motivi economici dato che non hanno la possi-bilità di pagare le lezioni “private” che fanno parte del sistema scolastico in Egitto.Senza queste lezioni è veramente difficile procedere con profitto nel regolare corso di studi. L’opera che svolge il missionario comboniano Padre Luciano Verdoscia, ed i suoi collaboratori egiziani, cristiani e musulmani, vuole fornire a questi bambini una speranza di vita più dignitosa e un’alternati-va all’attuale degrado senza via d’uscita. Padre Luciano ha do-vuto chiarire la sua posizione di fronte alle autorità locali in meri-to alla falsa accusa di proselitismo religioso; l’Egitto è un paese in cui l’Islam è religione di Stato ed è vietata qualsiasi forma di proselitismo dall’Islam ad altre religioni. Le stesse autorità han-no trasferito il progetto in un’altra zona del quartiere di Manshiet Naser, conosciuta come Duwe’a, nella scuola elementare Tariq Ibn Ziyyad. Anche se in questa zona il disastro ambientale non è così grave come nella zona Zaraib, la povertà è ancor più diffu-sa. In questa scuola sono accolti finora 300 bambini dai 6 ai 12 anni che vengono istruiti, assistiti e nutriti; periodicamente viene donato loro anche qualche indumento. La scuola ha una capaci-tà superiore; i bambini aumenteranno fino a diventare 600.La Fondazione “Il meglio di te ONLUS” sostiene, con l’aiuto an-che di un gruppo di amici romani, l’opera che padre Luciano sta portando avanti per realizzare non solo dei corsi scolastici ma anche di un centro di accoglienza da attrezzare per fornire supporto logistico ai volontari e assistenza, istruzione e prepa-razione al lavoro ai bambini.

E’ importante sottolineare che questo progetto è “non confessionale”: ha lo scopo cioè di fornire sostegno a ragaz-zi sfortunati indipendentemente dal loro credo religioso. Il personale educativo e quello dei volontari è composto da mu-sulmani e cristiani coinvolti nel proget-to per soli fini umanitari. Infatti far stare insieme persone di religione, cultura ed etnia differenti per offrire e ricevere aiuto è il modo più giusto per promuovere sen-timenti di fratellanza, solidarietà e pace.”

(descrizione tratta da www.ilmegliodite.it)Ascoltarlo parlare, guardare quelle immagini così eloquenti an-che se prive di parole non ci poteva lasciare indifferenti. La cosa che comunque ci lascia stupiti è la serenità che traspare dal vol-to di padre Luciano e nel suo parlare richiama la “parabola” delle orme per spiegare il suo operare. Quindi come segno tangibile di questo incontro con padre Luciano abbiamo pensato di lasciare a tutti la parabola da lui richiamata:

Concludendo chiediamoci se anche noi, non solo economica-mente ma anche dedicando 1 mese delle nostre ferie, potrem-mo aiutare padre Luciano: la sua opera necessita non solo di soldi, ma di tante mani disposte ad accarezzare, di tante mam-me pronte ad accudire, di tanti papà capaci di abbracciare, di tanti ragazzi che hanno voglia di insegnare a giocare, di tanti pensionati che vogliono insegnare un mestiere.

Barbara Fornasier

Questa notte ho fatto un sogno,ho sognato che ho camminato

sulla sabbia accompagnato dal Signoree sullo schermo della notte

erano proiettati tutti i giorni della mia vita.Ho guardato indietro e

ho visto che ad ogni giorno della mia vita,proiettati dal film apparivano orme

sulla sabbia: una mia e una del Signore.Così sono andato avanti

finché tutti i giorni si esaurirono.Allora mi fermai guardando indietro,

notando che in certi posti c’era solo un’orma...Questi giorni coincidevano

con i giorni più difficili della mia vita;i giorni di maggior angustia di maggior paura

e di maggior dolore.Ho domandato allora:

“Signore, tu avevi detto che saresti stato con me tutti i giorni della mia vita

ed io ho accettato di vivere con te,ma perché mi hai lasciato proprio

nei momento peggiori della mia vita?”Ed il Signore rispose:

“Figlio mio, io ti amo e ti dissi che sarei stato con te durante tutta la camminata

e che non ti avrei lasciato solo, neppure per un attimo, e non ti ho lasciato…

I giorni in cui tu hai visto solo un’orma sulla sabbia…Sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio!

MUSILE DI PIAVE

PADRE LUCIANO VERDOSCIA “All’ombra della sfinge i bambini scavano tra i rifiuti”

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FESTA MULTIETNICA“FRATELLINI & SORELLINE D’ITALIA”

Questo il titolo che le associa-zioni organizzatrici hanno scelto per la festa multietnica che si terrà il prossimo 2 giugno 2011 presso il campo sportivo dell’o-ratorio di Musile di Piave.

2011 : anno in cui si celebra il 150° anniversario dell’Unità d’I-talia; un tempo che ha visto il susseguirsi di lotte, conquiste e trasformazioni che hanno fatto del nostro paese quello che oggi tutti noi conosciamo. Un paese multietnico abitato da famiglie di diversa origine e provenienza; un variopinto mosaico i cui tasselli ne rappresenta-no l’intreccio; un intersecarsi di culture e tradizioni, di persone, di linguaggi diversi. La Parrocchia e la Caritas parrocchiale, con la collaborazione della “Associazione tra Nigeriani a Venezia e dintorni” di San Donà di Piave, con il supporto dell’associazione culturale romena “Decebal-Traian”, l’associazione “Donne immigrate “And Liggey della provincia di Ve-nezia” di Croce e l’associazione del “Bangladesh del Veneto Orientale” di Musile, d’intesa con gli As-sessorati ai Servizi Sociali e alla Cultura del Comune di Musile di Piave e alla Conferenza dei Sindaci del Veneto Orientale, si propongono di celebrare l’Unità d’Italia con una iniziativa che punta a favorire l’inte-grazione tra le comunità e le etnie presenti nel nostro territorio.Così giovedì 2 giugno, presso il campo sportivo dell’oratorio di Musile di Piave, nell’ambito dei fe-steggiamenti di Comunità in Festa, si terrà una festa multietnica in cui verranno coinvolti con at-tività diverse, tutti i bambini di Musile e le loro famiglie e quant’altri vorranno partecipare.

La giornata inizierà alle 10,00 con l’accoglienza dei bambini e le loro famiglie e l’allestimento della mo-stra dei disegni da loro realizzati dal tema “Se tu fossi nato in un altro paese del mondo”. Successi-vamente la giornata si articolerà con i laboratori per i bambini, l’esibizione di band musicali, giochi per i bambini , sfilata di moda multietnica, esibizione di gruppi musicali e danze tipiche, ecc. I bambini sa-ranno poi invitati a scrivere dei pensierini sul tema della giornata. Questi verranno appesi a variopinti palloncini e verso le 17,00 verranno librati in aria. Il pranzo sarà a buffet e tutte le famiglie sono invitate a portare per l’occasione un piatto tipico del proprio

paese di origine.Per la sera verrà organizzata una “serata musicale multietnica” con alcuni gruppi. Le diverse associazioni di immigrati saran-no presenti nonché lo stand del commercio equo e solidale. Un modo concreto di fare comunio-ne e di condividere le esperien-ze, la lingua, i propri usi e co-stumi; un modo alternativo per riscoprire le persone che ci sono accanto ogni giorno, condivide-re i sogni e le aspettative in un clima gioioso e sereno; un modo semplice per imparare dai più

piccoli che la diversità di lingua e di colore della pelle non è una barriera insormontabile: a volte è faticoso e sarà faticoso camminare assieme come è faticosa a volte la vita all’interno di qualsiasi famiglia a prescindere dal colore delle pelle. Ma la fatica, se tutti accettiamo in modo sereno e pacifico il dialogo ed il confronto, pur con tutti i nostri reciproci timori, le nostre paure, ci verrà ricambiata con una moneta ben più preziosa! Questa è la sfida: a noi il compito di ricercare questa moneta.

Laura Scabbio

MUSILE DI PIAVE

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MUSILE DI PIAVE

Innanzitutto mi sento in dovere di ringraziare chi ha avuto fiducia in me, anche più di me stessa, e mi ha aiutata a intraprendere questo cammino. Cammino forse difficile, perché non è certo cosa facile farsi testimoni della propria Fede in una società come questa. Cammino che però sicuramente risulterà bello, ricco di esperienze da fare e da vivere, di persone da conoscere, di testimonianze da ascoltare e da prende-re come esempio. Prospettive per il futuro? Il massimo dell’impegno da parte mia, per fare in modo che l’A-zione Cattolica di Musile sia coesa, che vi si respiri un clima di serenità e che chiunque faccia parte dell’asso-ciazione possa sentirsi libero, libero di vivere la propria

cristianità tra altri cristiani, libero di essere parte di una famiglia, e capace di vedere l’Azione Catto- l i ca come tale, come un luogo in cui parlare di noi cristiani e di Gesù, e non come l’ennesimo impegno che porta via del tempo utile. Spero di riuscire a fare del mio meglio per realizzare queste “ piccole” cose, che però posso-no divenire delle grandi e solide basi per il futuro; ma ciò che importa, è che so di non essere sola in questo cammino e so di poter contare sul valido aiuto degli altri membri del consiglio e dell’Associazione.

Elena De Piccoli

A MUSILE NUOVA PRESIDENZA AC

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CHIESANUOVA

LA MOSTRA FOTOGRAFICA: “ I BAMBINI E LE LORO DIVERSE ESPRESSIONI DI VITA “

E’ stata aperta il 6 gennaio, nella Giornata Mondiale dell’Infanzia Mis-sionaria, per dare così spunti di riflessione e di conoscenza di realtà di guerra e di povertà. Le foto sono state scattate in Perù, Bolivia, Egit-to, Vietnam, Cambogia, Laos, Palestina, Kosovo, da giovani del nostro paese coinvolti in progetti umanitari di aiuto. Sono state suddivise in cinque esperienze di vita: scuola, casa, famiglia, lavoro, gioco. Incon-triamo bambini che passano poco tempo a scuola, solo perchè devono aiutare a casa. Incontriamo case diroccate, fatte di lamiera, legno, pla-stica pronte però ad accogliere chiunque passi di là.Incontriamo famiglie povere sì, ma con dignità da ricchi.Incontriamo bambini che lavorano, per sostenersi e guadagnarsi qual-che lira. Non ci dobbiamo indignare di fronte al lavoro minorile ma bensì di fronte allo sfruttamento di minori da parte di adulti.Troviamo infine bambini, che nonostante la loro condizione, hanno an-cora voglia di giocare e di sorridere alla vita.Gli sguardi di questi bambini non ci lascino indifferenti e ci portino a realizzare scelte concrete di sostegno, quali l’adozione a distanza, il volontariato, il commercio equo e solidale, la finanza etica ecc.

Andrea, Anna, Enrico e Mattia

Cosa aggiungere alla presentazione di questa mostra fotografica, rea-lizzata nella sala parrocchiale di Chiesanuova, solo che grazie ad essa abbiamo potuto riflettere sul significato profondo della “Giornata Mon-diale dell’Infanzia Missionaria”. La Giornata dell’Infanzia Missionaria è nata grazie all’amore di tutti i bambini e i ragazzi del mondo per la Missione universale, ossia “Ecco-mi manda me.” Spendere la propria vita per il Vangelo è la vocazione a cui tutti siamo chiamati senza distinzione di età. Ecco che anche i bambini e i ragazzi possono con la preghiera,con il loro entusiasmo e con piccoli impegni concreti diffondere nel mondo la speranza della solidarietà,della pace,della fraternità e contribuire a trasformare il mon-do in un meraviglioso giardino fiorito.

PARLIAMO UN PO’ DI AC Dalla seconda lettera

di San Paolo Apostolo a Timoteo

“Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamato a una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma

secondo il Suo progetto e la Sua grazia”

Da qualche anno ha ripreso vita ed è presente anche nella no-stra parrocchia di Chiesanuova, l’ Azione Cattolica; non è poca cosa, se consideriamo che è oggi vigente e completa in tutte le sue articolazioni e settori: ragazzi, giovani e adulti.Non mi dilungherò nel dire quanto questa associazione di laici cristiani sia diffusa su tutto il territorio italiano e come sia poi strutturata, bensì dirò solo che ogni associazione parrocchiale è strettamente legata alla propria diocesana e tutte assieme con-vergono a formare l’Azione Cattolica Italiana.Questa associazione per prima ascolta, medita, condivide e se-gue il pensiero e l’operare dei nostri pastori e della Chiesa del Signore Gesù e traduce quanto più possibile in stile di vita quo-tidiana. In Azione Cattolica perciò concetti come unità, condivi-sione, corresponsabilità, vicinanza alla Chiesa sono solo alcune delle parole chiave. Anche a Chiesanuova l’aderente di Azione Cattolica vive la parrocchia, e si alimenta principalmente nel più ampio gruppo associativo diocesano, dove tante e qualificate sono le proposte, le opportunità di arricchimento per lo Spirito. Partecipando ai vari momenti della vita associativa organizzati in diocesi tutti gli aderenti hanno l’opportunità di far parte di un più ampio respiro cristiano dove la Chiesa e il messaggio di Gesù davvero assumono una dimensione squisitamente cattolica.Certamente questa associazione, bene organizzata, che ricopre da nord e sud tutto il territorio italiano, si avvale di persone che seguono molto da vicino la vita dell’associazione ricoprendo quindi con competenza, incarichi di responsabilità con validità triennale a tutti i livelli. Presidenti, responsabili vari, segretari, amministratori ecc. dialogano, discutono con sacerdoti e vesco-vi, presiedono assemblee, parlano alla gente rappresentando il “modello” di laici cattolici italiani. Anche per questo lo statuto dell’associazione prevede, fra le altre cose, che la modalità di adesione all’associazione avvenga spontaneamente mediante il

pagamento della tessera associativa che ogni persona interessata rinnova annualmente, entrando così a pieno titolo a far parte dell’associazione contribuendo, anche con questo gesto, affinché l’associazione goda una vita autonoma, dinami-ca, libera da schemi e forzature dove comunque tutti gli aderenti indistintamente possano impegnarsi secondo le proprie forze e possibilità a sostenere e diffondere i valori del messaggio evan-gelico cristiano. Forse però a Chiesanuova l’ A.C. vive una vita associativa ancora un po’ nascosta; non perché la nostra espe-rienza in parrocchia sia povera, ma perché, (questo lo voglio sperare), sta lavorando in profondità, nelle coscienze delle sin-gole persone, facendosi portavoce e testimoniando valori come il primato della persona sul successo, dell’essere sull’avere, sull’apparire, sul fare; d’altra parte l’esteriorità, le manifestazio-ni ecc. bisogna sempre poi verificarle sul concreto per vede-re quanto siano radicate e tradotte in un’esperienza di ricerca evangelica quotidiana.Per l’associazione qui a Chiesanuova sarebbe veramente auspi-cabile che tanti buoni e sensibili cristiani, che già frequentano assiduamente partecipando e sostenendo nei modi più svaria-ti la chiesa e la parrocchia, potessero o volessero provare ad avvicinarsi all’A.C. trascorrendo al suo interno giusto il tempo necessario per esserne conquistati. L’esperienza associativa parrocchiale acquisterebbe poi ulteriore valore se vissuta e par-tecipata a tutti i livelli dove non solo il giovane e ragazzino-acr, ma magari tutta l’intera famiglia assuma un ruolo partecipativo.A Chiesanuova comunque è necessario un maggiore e since-ro dialogo all’interno dell’associazione parrocchiale, fra ragazzi, giovani e adulti, come anche con le varie esperienze di fede e vocazioni presenti in parrocchia poiché infine le diversità sono ricchezze ed è giusto cercare assieme una sintonia con la vita e un’ attenzione cordiale ai problemi della gente.Ecco: l’associazione diventa concreta quando con piccoli gesti quotidiani possiamo disegnare un futuro di collaborazione e si-nergia, di rispetto e di dialogo, di garanzia e di sviluppo.

Eleonora Biancotto

CHIESANUOVA

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“EMERGENZA EDUCATIVA”

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Benedetto XVI in una lettera alla diocesi di Roma e poi in una grande udienza in Piazza San Pietro, ha fatto riferimento alla “emergenza educativa”. “Educare non è mai stato facile, osservava il Papa, e oggi sembra diventare sempre più difficile, di fronte alle troppe incertezze, ai troppi dubbi, alle troppe immagini di-storte… Non pochi genitori e insegnanti sono tenta-ti di rinunciare al proprio compito e non riescono più nemmeno a comprendere quale sia veramente l’opera la loro affidata. Diventa difficile proporre alle nuove generazioni qualcosa di valido e di certo, delle regole di comportamento e degli obiettivi per i quali spendere la propria vita.”

Fra gli orientamenti pastorali della CEI per il prossimo decennio 2010-2020, particolare attenzione sarà de-dicata all’educazione chiaramente intesa nelle sue di-mensioni globali e coinvolgente l’intera società.

Una priorità quindi, questa, per il decennio che si è ap-pena aperto.

La Collaborazione pastorale di Musile di Piave è par-tita da qui per invitare don Armando Matteo ad un incontro che si è tenuto mercoledì 15 dicembre 2010 in Chiesa a Musile con i genitori dei ragazzi del cate-chismo, i membri dell’A.C. (educatori ed animatori), gli operatori pastorali e tutti coloro che operano nel cam-po educativo per illustrare, commentare e dialogare del suo recente libro “La prima generazione incredu-la” e delle tematiche prese in esame nel volume.

La serata di don Matteo si è svolta a conclusione del ciclo di incontri dal titolo “Ma tu ci credi?” durante i quali è stato letto e commentato il libro . Gli incontri pensati per tutti, erano però indirizzati in modo particolare ai genitori desiderosi di approfondire la propria “situazio-ne” di credenti e di interrogarsi anche in relazione alle molte domande provocate dalla lettura del libro.

CHI È:

Don ArMAnDo MAtteo: 40 anni, dal 2005 assisten-te ecclesiastico nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), autore di molti articoli e studi sul postmoderno e sul rapporto tra giovani e la fede, insegnante di teologia alla Pontificia università Urbaniana e all’Istituto teologico calabro .

Don Matteo tenta di rispondere alle molte e comples-se domande relative al difficile ed attuale rapporto che oggi intercorre tra i giovani e la fede attraverso illuminanti ed originali chiavi di lettura.

PrIMA GenerAZIone InCreDULAAttualmente ci si trova davanti a quella che don Mat-teo definisce la prima generazione incredula dell’oc-cidente: una generazione - in particolare coloro che sono nati tra il 1980 ed il 1990 - che non si pone con-tro Dio o contro la Chiesa ma una generazione che sta imparando a vivere senza Dio e senza la Chiesa . Ed i giovani di adesso sono i primi ad averlo fatto.I segni di tale incredulità sono per l’autore almeno tre:• una profonda ignoranza nella cultura biblica• una scarsa partecipazione alla formazione cristiana post-cresimale• una notevole disinvoltura nel disertare l’assemblea eucaristica domenicale.

Per molto tempo in occidente coloro che sono nati pri-ma degli anni ’80 ricevevano in seno alla famiglia dal-le mamme, dalle nonne, ma anche dalle maestre un primo ed efficace annuncio della fede , ma poi ad un certo punto questa cinghia di trasmissione tra le ge-nerazioni si è spezzata ed oggi nascere e diventare cristiano sono due cose distinte. In definitiva i giovani di adesso e questa è la novità del tempo attuale, non hanno ricevuto alcuna informazione circa l’autentica convenienza della fede : non sanno perché dovrebbe-ro credere o perché dovrebbero pregare.

Nessuno li ha aiutati a sviluppare nel loro cuore anten-ne per Dio. Sono semplicemente increduli.

In tale contesto a ben vedere però si possono appa-rentemente scorgere alcune contraddizioni parados-sali. Da un lato questi ventenni o trentenni scappano dalla Chiesa, si tengono a distanza dalle parrocchie e dagli oratori o più semplicemente dalle pratiche di preghiera o di formazione proposte dalla chiesa, ma dall’altra esprimono un generale apprezzamento per il valore dell’esperienza religiosa; non si curano del loro analfabetismo cristiano, ma d’altro canto si ricono-scono vicini a molte delle posizioni assunte dai Vescovi o dal Papa relativamente alla difesa della tradizione cristiana della cultura occidentale e dei suoi segni pub-blici. E si esamina il mondo di internet si scopre che sempre più utenti di facebook nei loro profili si asse-gnano un orientamento ateo o agnostico ma sono in crescita, per contro, i siti web dove lasciare una pre-ghiera o “accendere una candela”.

Ed ancora, il dato forse più rilevante è che moltissimi giovani pur avvalendosi dell’insegnamento della reli-gione a scuola e pur provenendo da ambienti di ispi-razione cattolica, disertano la Messa della domenica

“da conservare”

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e non sembrano per nulla interessati a percorsi di ap-profondimenti della fede cristiana.Ma chi sono i genitori di questi ventenni o trentenni? Sono proprio coloro che hanno respirato in pieno il cambiamento del ’68 e le istanze allora imperanti del rifiuto della tradizione culturale, morale e religiosa del passato.Questi genitori con il tempo hanno reso meno fre-quente la pratica della preghiera, ed hanno attenuato il loro legame con la fede , hanno imparato a cavarsela senza Dio e pur non impedendo che i figli andassero a catechismo o scegliessero l’insegnamento della reli-gione a scuola, a casa non hanno testimoniato alcuna fiducia nel Vangelo, hanno piano piano disimparato a credere e a pregare e così non vi hanno potuto avvia-re la loro prole. Il ’68 ha fatto prendere un po’ a tutti le distanze dalla Chiesa e dalle forme tradizionali della preghiera. L’in-dividualismo che si è imposto prepotentemente negli anni successivi ha fatto il resto.

E’ nata così la “prima generazione incredula “della sto-ria dell’Occidente figlia dei figli del ’68.

L’autore non esprime giudizi morali circa l’irrituale com-portamento dei giovani … e non intende neppure as-segnare ogni colpa al ceto adulto.Si tratta piuttosto di prendere coscienza che il mondo è cambiato. Di ciò bisogna prendere piena consapevo-lezza. E rispetto a ciò si deve anche trovare il coraggio di interrogare ciò che è vivo e ciò che è morto nella prassi della Chiesa ed anche chiedersi quali strategie e modi siano più adatti per prendersi cura di questa prima generazione incredula.Si tratta di prendere coscienza che le parrocchie ed in parte le associazioni ed i movimenti sono per lo più luoghi “di esercizio della fede” e non di “generazione della fede”.La comunità ecclesiale esprime per i giovani una cura che è molto al di sotto di quanto sarebbe necessario. Oggi non si può più fare affidamento nell’educazione dei giovani alla fede sui tre punti d’appoggio del pas-sato che erano: chiesa, famiglia e società.

L’autore d’altro canto non dimentica di citare gli sforzi espressi nei confronti dei giovani come le grandi as-semblee volute da Giovanni Paolo II o da Benedetto XVI o il grande apporto donato di giovani nel settore del volontariato e da ultimo il richiamo alla cosiddetta “emergenza educativa” come priorità pastorale per il prossimo decennio del XXI secolo, confinando però queste questioni un po’ come “extra curriculari” men-tre la routine delle parrocchie resta dominata da pochi anziani che non vogliono mettere in discussione alcun cambiamento.

QUAttro SVAntAGGI DeI GIoVAnI ConteMPorAneI rISPetto ALLA PoSSIBILItA’ DeLLA FeDe

•mancata evangelizzazione primaria in seno alla famiglia sull’esempio degli stessi genitori che hanno preso le distanze dalla preghiera dalla lettura della Bibbia;• l’aver a che fare con una comunità di cristiani che continua a presupporre un effettivo lavoro di iniziazione alla fede da parte delle famiglie e della scuola e non predispone alcun cammino di generazione della fede;•disporre di una immagine diffusa di Chiesa come potenza di tipo politico con ampie riserve economiche (molto dovuta alla comunicazione di massa)• la dimostrazione di una grande indifferenza nei confronti del cristianesimo espressa dalla cultura europea attuale.

Lo spazio ecclesiale quindi da semplice luogo di eser-cizio della fede va pensato, strutturato e reso sempre più come luogo di generazione della fede , luogo quin-di in cui non solo si prega ma nel quale anche si impara a pregare luogo nel quale non solo si crede ma nel quale si impara a anche a credere. Luoghi dove ci si può interrogare, ci si può mettere alla prova, luoghi di libertà e di respiro.

La sfida per don Matteo è questa: la fede presuppo-ne una decisione che semplicemente non si eredita ma che si prepara e si promuove e si comunica.L’autore chiede quindi il coraggio di un cambiamen-to di strategia per individuare una reale e rinnovata attenzione nei confronti del mondo giovanile perché senza giovani le parrocchie sono destinate a morire . Non è che ci siano ricette magiche o soluzioni pronte per una pastorale dedicata ai giovani ma vanno speri-mentati sentieri nuovi.Sfiorare con la mente il cuore dei giovani è difficile; bisogna imparare a guardarli così nel loro essere radi-calmente increduli senza Dio e senza Chiesa, condizio-ne questa, che nasconde secondo don Matteo la più assoluta di tutte le povertà.

InSeGUIMento DeL MIto DeLLA GIoVIneZZALa società attuale è una società che ama la giovinezza più dei giovani venendo meno in tal modo al suo ruo-lo educativo ed “il giovanilismo “ degli adulti provoca nei giovani una influenza negativa. La nostra società dopo il ’68 ha scoperto qualcosa di profondamente rivoluzionario: una ventata straordinaria di novità per il desiderio di cambiare regole e mondo. La categoria della giovinezza nata da lì e quel tratto di giovanilismo che si è imposto in maniera così dirompente su larga scala unitamente alla evoluzione tecnica ha avviato

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quel processo di svecchiamento costante stimolando gli adulti ad un miglioramento continuo ed avallando l’idea che si può essere sempre “young” e sempre al “top”. Ma questo ha un costo elevato per chi giovane lo è davvero.

Il vero nodo scoperto della nostra società è la man-cata attenzione da parte degli adulti alla condizione giovanile.

Gli adulti ed in particolare la generazione dei cinquan-tenni e dei sessantenni non è più in grado di ascoltare i bisogni dei giovani .Hanno in pratica interrotto il dia-logo intergenerazionale.Un adulto che non fa l’adulto non interessa ai giovani e non entra più in contatto con loro.

Il mondo adulto diventato sempre più autoreferen-ziale e desideroso di mantenere i posti di comando non mette in atto quelle riforme economiche politiche e sociali necessarie ai giovani per un loro futuro conse-gnando loro, in tal modo, un avvenire che appare più come minaccia che orizzonte di speranza , favorendo quindi un “nichilismo” ed un male dell’anima che c’è e trova anche il modo di rendersi visibile.

Quando una società di adulti non mette i giovani in condizione di essere tali, favorendo il loro accesso al lavoro, alla casa e quindi alla famiglia, all’esperienza della genitorialità , all’espressione della propria pro-fessionalità allora li costringe a vivere immersi in una soglia del presente e a non guardare al futuro con speranza e fiducia ma ad immaginare un futuro insicu-ro e non affidabile. La ragione di un tale singolare comportamento va indi-viduata – è la tesi dell’autore – in un certo risentimento che gli adulti spesso inconsapevolmente nutrono nei confronti dei giovani che giovani lo sono per davvero e che diventano specchio di paure che la persona adulta porta con sé ( paura della morte, della malattia della vecchiaia).

Blocco del futuro come causa dell’emergenza educati-va quindi.Come si potrà superare tale impasse? Si interroga l’autore.

tU M’ IntereSSIVa riscoperta la formula magica del processo educati-vo il tu m’interessi formula che l’adulto deve testimo-niare al giovane, in famiglia, a scuola, nella società nel modo dello sport e anche in quello ecclesiale.

Ed allora, tornino gli adulti.E’ necessaria una autentica conversione del mondo degli adulti verso un amore e cura pieni per i giovani .

Adulti-testimoni di una vita dura, ma bella, faticosa sì, ma ricca di opportunità fragile sì, ma segnata da un “brivido di eternità”.Adulti- testimoni di un futuro possibile che possa illumi-nare ed orientare il cammino presente.Adulti-testimoni di una speranza che possa accompa-gnare il sacrificio e la rinuncia che ogni progetto auten-tico impone.

UnA FeDe GIoVAneDon Matteo offre alcune indicazioni concrete di un agire ecclesiale capace di prendersi cura efficacemen-te della prima generazione incredula dell’Occidente iniziando da un’idea guida individuata nella duplice giovinezza delle fede cristiana poiché in primo luogo il cristianesimo non è sempre esistito ed in secondo luogo quella cristiana è un’esperienza giovane. Come afferma don Matteo non si è più costretti ad onorare Dio per paura, si può invece scegliere di corrisponde-re alla sua offerta di amicizia.Quella cristiana è allora un religione giovane perché non teme il tempo anzi, ha saputo con il tempo gua-dagnare continui e sempre più consistenti accessi alla profondità del Vangelo.Anche questa prima generazione incredula ha dunque qualcosa d suggerire alla comunità dei credenti mentre la sfida costringe ancora una volta al cambiamento.Come testimoniano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI qualcosa è già in atto. La loro capacità di immediatez-za nel rivolgersi ai giovani sorprende.Bisogna ripartire oggi dalla catechesi che se pur atten-tamente strutturata non può andare bene per tutti i giovani, per molti è necessaria una nuova introduzione per avvicinarli ai tesori della Bibbia, della liturgia della letteratura e dell’arte cristiane. I giovani ”postmoderni” dimostrano una grande di-sponibilità al dialogo con chi ha da proporre qualcosa, se costui sa porsi in una disposizione di ascolto sincero.Suggerisce l’autore che bisogna credere di più nella lettura della Bibbia leggendola insieme con i giovani proponendola loro come elemento qualificante della vita cristiana. E’ solo dall’ascolto della Parola che poi può nascere qualcosa come la fede che altro non è che la conver-sione della libertà al comandamento dell’amore pro-posto da Gesù.

E’ la legge dell’amore infatti la novità cristiana. In quanto amato da Dio posso amare l’altro e cosa assai difficile amarmi. Ciascuno può essere amico di se stes-so perché Dio è suo amico. E così liberamente indirizza-re il suo amore all’altro.

L’autore insiste sul punto che la questione dell’emer-genza educativa è anche emergenza della fede Tutti insieme, in concreto, cosa si puo’ fare per contra-

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DOSSIERstare la paura dei giovani di non essere utili alla socie-tà, di non trovare uno spazio, un futuro? La comunità cristiana cosa può fare?

teMPo DI DIetAOccorre far un po’ di dieta: dice don ArmandoL’evangelizzazione della prima generazione incredula dell’Occidente chiede infatti alla Chiesa anche una ra-zionalizzazione e gerarchizzazione degli interessi. Ci sono troppe diocesi, parrocchie, movimenti ed or-ganizzazioni che in qualche misura distolgono energie.Non si possono mantenere in piedi strutture ed istitu-zioni per le quali mancano persone o che corrispon-dono a principi territoriali ormai sorpassati. Intorno al tema dei giovani bisogna trovare unità , bisogna pen-sare a dove e come e con quali progetti e sinergie presentarsi ai giovani.Don Matteo elenca una serie di esempi concreti e di suggerimenti di possibili cambiamenti partendo dalle cose più semplici come:• la collaborazione tra parrocchie e associazioni e movimenti• alla creazione di un centro per i giovani a livello inter-parrocchiale che unisca risorse, idee;• l’offerta degli spazi per studiare insieme;• alle discussioni sui temi più attuali;• distribuzione quotidiana o settimanale delle attività parrocchiali.

Don Matteo riferisce che la prima generazione incredu-la dell’Occidente chiede ancora alla Chiesa una dieta per quel che riguarda i suoi rapporti con gli organi isti-tuzionali. I giovani non amano compromessi ed ambi-guità e non fanno sconti neppure a se stessi e così an-che in questo ambito la parola dieta potrebbe offrire qualche suggerimento operativo.

Don Matteo insiste sul punto che la comunità cristiana dovrà dotarsi - se vorrà muoversi nella direzione dei giovani - di una nuova configurazione passando da un modello di tipo cronologico a uno di tipo “kairologico” inventando occasioni per chiunque fosse anche l’ultimo arrivato o quello che è arrivato ultimo perché anch’egli avverta che c’è posto per lui.

E poiché uno dei tratti più caratteristici dei giovani è quello della creatività, allora si tratterà di mettere in mano ai giovani quelle occasioni attraverso le quali la loro creatività possa trovare canali di espressioni origi-nali o addirittura di forme inedite di testimonianza in questo nuovo secolo.

Occorrerà mostrare loro realtà religiose attraenti del tipo di Taizè o Bose o Camaldoli in grado già oggi di attirare molti giovani , ma anche molte altre realtà essi possano venire a contatto con un’esperienza forte dove possono diventare protagonisti della preghiera, della condivisione.

Sono tutte occasioni che possono rispondere alla con-dizione di ricerca e di disagio dei giovani.

La conclusione a cui arriva il testo è che superando questa miopia degli adulti si possa riattivare un circolo virtuoso tra le generazioni Bisogna, conclude don Matteo, sentire e raccogliere il grido che questi giovani stanno lanciando al mondo degli adulti un grido che chie-de speranza per il futuro.

1. I GIoVAnI e IL Loro FUtUro: VISto DA Loro e DAGLI ADULtI.Di questi tempi, visti i vari disordini che gravitano attor-no a noi (crisi, guerre, catastrofi climatiche…), sorge spontaneo interrogarsi sul proprio futuro; per questo è stata svolta una doppia indagine che aveva come tema questo stesso interrogativo, rivolto sia ai giovani della nostra parrocchia, sia ai loro genitori.Il quadro che ne è emerso è certamente interessan-te: buona parte dei giovani coinvolti nel sondaggio, percepisce le incertezze di questi tempi. C’è chi non sa cosa aspettarsi al punto da non saper cosa rispondere alla domanda. C’è chi si aggrappa ai propri sogni, spe-rando un giorno di poterli e potersi realizzare, magari lottando un po’, magari augurandosi che le cose prima o poi migliorino. C’è chi è assolutamente negativo e vede per sé un futuro difficile, fatto di privazioni e di difficoltà. Qualcun altro invece, pur rendendosi conto di come le cose non procedano nel migliore dei modi, è sicuro che il suo futuro sarà indubbiamente migliore del presente, perché sa di avere la voglia, la forza e la possibilità di poter cambiare e migliorare le cose, per sé e per gli altri.Ma forse, è importante anche sapere come i genitori e gli educatori dei ragazzi, vedono il futuro di questi ultimi, poiché dipende anche un po’ da loro la visione che i giovani potranno avere. La loro idea è indubbiamente positiva, soprattutto perché sono motivati nel voler dare il meglio che pos-sono a questi ragazzi, perché è giusto sfatare quel mito secondo il quale i giovani non hanno più valori, e sono succubi di ciò che offre loro questa società. Certo, in un’ottica cristiana, è sicuramente difficile pensare di trasmettere determinati valori e non temere che essi vengano disfatti dall’impatto con la società moderna; ma è anche vero che in un’epoca come questa, in cui si accetta incondizionatamente tutto e il contrario di tutto, ci si avvicina sempre di più ad una saturazione, che può solo portare al desiderio di ristabilire alcune cose al loro ordine originario. E nelle mani dei nostri ragazzi, c’è sicuramente la forza e la possibilità di ro-vesciare le cose, di volgere la situazione a loro favore e di incamminarsi verso un futuro certo non facile, ma sicuramente aperto a mille possibilità di cambiamento in positivo. elena De Piccoli

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Mattia Baldissin, un giovane di Chiesanuova, ha accolto l’nvito apparso sulla nostra testata qual-che mese , di fare una esperienza come volonta-rio presso gli Zabbalin, Al Cairo, in Egitto.E’ stato ospite di Padre Luciano Verdoscia, che proprio qui a Musile qualche settimana fa ha presentato il suo am-bizioso progetto al nostro Gruppo Missio-nario: si tratta di co-struire un edificio dove trovano spazio aule scolastiche, laboratori ed alloggi per la popo-lazione del posto che, come ricordiamo, vive nella spazzatura.Mattia gentilmente ci ha rilasciato questa intervista che deside-riamo condividere con voi, con la speranza che altri possano se-guire il suo esempio.

Come è nata l’idea di questo viaggio e perma-nenza di servizio nella citta del Cairo?Questo viaggio e’ nato da un desiderio forte, che avevo da tempo, di mettermi in gioco personal-mente in un’esperienza umanitaria di volontariato.Essendo una persona molto curiosa, ho un forte interesse in tutto quello che succede nel mondo. Penso che tutti dovrebbero esser coscienti e par-tecipi di quello che ci accade intorno e di poter di dare il proprio contributo per qualsiasi cosa che necessiti un cambiamento. Piccole cose possono portare grandissimi risultati. Purtroppo qui ci si va a scontrare con l’ingnoranza, l’egoismo, il giudi-zio, il razzismo, l’individualismo e altre cose che di sicuro fanno tutto fuorche’ bene alla singola per-sona e alla societa’ in generale. Comunque que-sto e’ stato il mio primo desiderio seguito subito dopo da quello di vivere e praticare lo spirito di ca-rita’. Ho vissuto in questi ultimi tempi un momento di forte riavvicinamento a Colui che mi ha creato, grazie alla Beata Vergine alla quale voglio molto bene, e mi sono trovato a ragionare e meditare cio’ che potrebbe far contento il Padre mio e di come potrei fare il sua volonta’, visto che lo pre-go tanto. Spinto da questo desiderio, ho trovato la possibilita’ di avventurarmi in questa esperienza grazie all’aiuto del mio parroco Don Saverio, re-duce da un pellegrinaggio che lo porto’ nella citta’

del Il Cairo ed a conoscere Padre Luciano Verdo-scia. Sono venuto a conoscenza del suo proget-to di istruzione rivolto ai bambini. Dopo essermi messo d’accordo per la durata di un mese di vo-lontariato, ho prenotato il volo e sono partito.

Cosa hai trovato quando sei arrivato? Come è l’ambiente e come è stato il tuo inserimento in que-sto posto così diver-so dal nostro? Non era la prima vol-ta che vedevo l’Egitto e mi confrontavo con gli egiziani ma era la prima che andavo al Cairo. Sono rimasto, prima di tutto, stupe-fatto perche’ non mi ero mai trovato in una citta’ cosi sporca, in-

quinata, caotica, popolata come quella. La cul-tura ha poi fatto il resto. La religione musulmana e’ sicuramente molto interessante da conoscere nonostante resto comunque di parte cristiana. Ho avuto modo, con Padre Luciano,di venire a co-noscenza di un mondo dove normalmente, e’ difficile aprirsi, comprendere ed ascoltare. E’ una societa’ fortemente improntata sulla religione, an-che se pero’, personalmente, l’ho trovata oppri-mente! Il continuo richiamo alla preghiera, l’abisso che c’è tra uomo e donna, il fatto che non esista la liberta’ di scegliere come vivere liberamente la propria vita sono alcuni degli aspetti che mi hanno fatto sentire sicuramente molto diverso da loro.Quello che mi ero comunque prefissato era di es-sere solamente un’osservatore e di imparare cosa sostanzialmente differenzia gli islamici dai cristia-ni.Sono dell’idea che la diversita’ aiuta a com-prendere e a crescere.

Chi sono gli zabbalin?Il termine Zabbalin fa riferimento ad una certa par-te della popolazione del Cairo. Sono coloro che praticamente vivono per mezzo della spazzatura, raccogliendola e smistandola. Vivono nelle zone lontane dal centro, in veri e propri quartieri dove puoi trovare proprio tutto. Cio’ nonostante guar-dandoti attorno e’ evidente che magari cammini in viali molto sporchi e certe parti sono proprio

INTERVISTA A MATTIA BALDISSIN

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CHIESANUOVA

squallide. In una zona, che mi capitava di attra-versare quando andavo ad insegnare, la gente, soprattutto donne, si siede in mezzo alla spazza-tura e, a mani nude, la smista, dividendo princi-palmente la plastica e la latta. Ci sono comuque anche tante capre, cani, mosche, gente con carri con asini e cavalli che corrono per i viali. Sicura-mente una cosa diversa dal solito e dal mio im-maginario. Nonostante lo squallore,questa gente non manca certamente di una cosa: la DIGNITA’! Hanno veramente poco, o niente niente, vivono in zone molto sporche, dove molto probabilmente si prendono malattie, ma cio’ non vieta loro di essere guardate con rispetto e di vivere in piena liberta’ la loro vita. Sicuramente sono poveri ma-terialmente ma veramente ricchi spiritualmente!!!! Cio’ che, al contrario, sta mancando sempre di piu’ nella societa’ occidentale. Ed e’ vero.

Parlaci un pò di Padre luciano e di quello che fa in mezzo a questa gente..Padre Luciano Verdoscia e’ un padre comboniano che ha fatto e sta facendo molto in questa realtà. Infatti in tutti gli anni trascorsi al Cairo, ha cerca-to di fare il possibile per dare a questa gente un possibilita’ di vivere diversamente, cominciando proprio dai bambini. L’educazione e’ il mezzo che, come tutti sappiamo, permette ad una perso-na, di farsi una cultura, poter scalare nella socie-ta’ e vivere meglio. Quindi, P. Luciano e’ riuscito ad aprire con i suoi sforzi, due centri d’istruzione dove i bambini locali hanno la possibilita’ di im-parare e leggere e scrivere arabo ed inglese e la matematica. Materie basilari ma importanti! I cen-tri si avvalgono di maestre locali, molto cordiali e semplici. La fondazione Saqqara è al vertice di tutto questo lavoro. E’ una fondazione creata per legalizzare tutto quello che P. Luciano sta facendo con i bambini e per fare in modo che qualsiasi al-tri tipi di organizzazioni possano essere disposte a sostenere il suo progetto. In aggiunta, aiutera’ i bambini, una volta istruiti appropriatamente, a tro-vare un lavoro che li possa finalmente sdradicare da una realta’ dura e non molto bella. Quali sono state le tue maggiori fatiche e qua-li sono state le gioie che ti porti dentro anche ora?Sinceramente, grazie a Padre Luciano, che mi e’ stato moltissimo d’aiuto e di supporto, non ho avuto molte fatiche. Potrei dire il ritmo caotico della citta’ e il notevole divario di cultura che esi-ste tra islamici e cristiani mi ha portato certe volte ad avere una sensazione di oppressione. Il fatto poi che tutte le chiese cristiane siano recintate e

custodite da guardiani, l’ho trovato molto discrimi-natorio verso chi non segue le loro leggi di vita. Ho sicuramente realizzato cosa significhi veramente professare una religione liberamente, senza pau-ra, e di rispettare le credenze del prossimo, qua-lunque sia la loro religione.La goia maggiore che porto tutti i giorni dentro di me e’ il fatto che aver avuto finalmente la possibili-ta’ di vivere un’esperienza solidale di volontariato, mettendomi in gioco in prima persona invece di far fare ad altri. Era un pensiero che mi stavo por-tando dentro da molto tempo e sono contentissi-mo di aver avuto questa possibilta’. Avevo viag-giato infatti in altri paesi poveri ma vivendo solo da turista e quindi di passaggio. Mi sento molto fortunato di aver conosciuto ed esser ancora oggi in contatto con una persona meravigliosa come Padre Luciano, che e’ una grandiosa guida spi-rituale e un fantastico esempio di vita. Continuo a sperare che il suo progetto diventi sempre piu’ grande e possa continuare in futuro ad essergli d’aiuto. Voglio che questa esperienza sia solo un punto di partenza verso una strada di sostegno e di carita’ che possa continuare ad allenare il mio cuore e la mia fede di cristiano. Inoltre certe imma-gini, pensieri e sensazioni che ho vissuto e si sono impresse nella mia mente sono di notevole aiuto per capire ogni giorno quanto ho e quante possi-bilita’ mi passano per le mani, potendomi sempre ricordare di esser grato a Dio di tutto quello che mi sta attorno e, allo stesso tempo, responsabile di dover far qualcosa per rendere, nel mio piccolo, questo mondo migliore.

ora che sei a casa, quali progetti hai in cantiere per il futuro?L’esperienza al Cairo mi ha dato la netta possibili-ta’ di indirizzarmi verso ad un’altro tipo di profes-sione che e’ l’insegnamento. Mi e’ piaciuto cosi tanto insegnare ai bambini di Padre Luciano che mi son detto tra me a me: perche’ non provare a studiare per diventare un’insegnante d’ingle-se, specialmente visto che desideravo da tempo cambiare lavoro ma non sapevo dove poter sbat-tere la testa. Sono quindi tornato a Londra dove ce la sto mettendo tutta per poter prendere i cer-tificati necessari per insegnare inglese nel mondo. Non è un percorso facile e mi sembra a volte di non potercela fare. In questi momenti ripenso a quanto sono fortunato per cio’ che ho ricevuto nel mio paese, per l’educazione e la mia fede cristiana.Questo mi da molto stimolo per andare avanti e proseguire.Grazie Mattia

La redazione di Emmaus

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don Saverio, Adalberta Contarin, Luca Cadamuro, Laura Scabbio, Andrea, Bertina, Enrico 1, Enrico 2, Luca, Massimo, Silvia,

Barbara Fornasier, Elena De Piccoli, Eleonora Biancotto, Andrea, Anna, Enrico, Mattia, Anna Scappatura, Eliana B., Giovanni M.,

I ragazzi di don Armando, Cinzia Baratella e i ragazzi, don Flavio, Gloria Cornolò, Simone, Guido De Nobili, Shahbaz Bhatti,

Vignette: Natalino Cadamuro

CHIESANUOVA

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MILLEPERTICHE

MILLEPERTICHE

Percorrendo la Triestina, che da Musile di Piave porta verso Mestre, ad un cer-to punto troviamo sulla sinistra un località chiamata “Trezze”, composta da via Fossetta e da via Mutilati.Via Mutilati è così chiamata perché è composta da tanti piccoli appezzamenti di terreno bonificato che furono dati dallo stato ai mutilati della prima guerra mondiale.La piccola comunità di Trezze, che oggi conta una trentina di famiglie, inizial-mente era formata da alcune famiglie capostipite che si sono “arricchite” di figli e nipoti, rimasti in questa frazione.“Trezze”, pur facendo parte della parrocchia di Millepertiche, ha comunque la sua chiesa, il cui patrono è San Giuseppe lavoratore e viene festeggiato la prima domenica di maggio con la Santa Messa solenne, la processione e il bacio della reliquia. Da diversi anni ormai, la festa viene arricchita da una cena conviviale a cui partecipa molto volentieri tutta la comunità insieme ai parenti e agli amici.Un altro momento di ritrovo e di festa molto gradito è il “pan e vin” con l’arrivo della befana per i più piccoli e “pinza e vin brulè” a volontà per i più grandi.Lo spirito che regna in questa piccola comunità, penso sia quello di una grande famiglia in cui tutti si conoscono, si ritrovano, si aiutano e collaborano per por-tare avanti le proprie tradizioni.Ogni primo sabato del mese, alle 18.30, viene celebrata la Santa Messa e...ci si sente proprio in famiglia!

Anna Scappatura

P.S.: Vi aspettiamo a Trezze Domenica 1° Maggio alle ore 10.00 per la Santa Messa, Processione e la Benedizione degli autoveicoli

LOCALITA’ “TREZZE”

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MILLEPERTICHE

Perché Comunicare con il proprio partner quando posso “Comunicamare”?Che parola strana vero ? Deriva dall’unione di due parole straordinarie, Comunicare e Amare.Abbiamo pensato di presentarvi questo percorso con un’intervista alla persona che poi farà anche da guida, “e perciò Giorgia per prima cosa ti chiediamo di presentarti.Sono sempre in difficoltà quando devo inscatolarmi in poche parole...Cominciamo da quello che faccio: insegnante, counselor e formatrice. Sono: mam-ma di due stupende creature e moglie di una terza meravigliosa creatura. Mi piace tanto leggere, stare con amici, dedicarmi alle mie piante grasse, andare in vacanza... e il resto lo riservo a chi vorrà parte-cipare al corso!Perché una coppia do-vrebbe prendere in con-siderazione questa pro-posta?Credo che il primo moti-vo per cui partecipare ad un corso simile sia quello di fermare il tempo che corre tra lavoro, figli, im-pegni di ogni tipo per de-dicarlo finalmente a “noi”, dove tu ed io, coppia, possiamo serenamente discutere su come stia-mo e come ci piacerebbe stare insieme. Diciamo che la vedo come un’opportunità di crescita ma contemporaneamente come un momento socia-lizzante da trascorrere con altre coppie che, il più delle volte, diventano compagne di un viaggio che mostra spesso problematiche comuni (della serie: meno male, credevo di essere solo io ad avere questa difficoltà, già mi sento meglio!)E’ auspicabile avere già alle spalle anni di Vita Insieme? O figli ?Questi incontri hanno l’obiettivo di aumentare il benessere della coppia, di qualsiasi coppia, a prescindere dall’età, dal numero dei figli e dall’ “anzianità di servizio”. Non è una terapia di cop-pia ma si può considerare sia sotto l’aspetto della prevenzione (quindi anche per coppie di fidanza-ti) che come strumento per rinforzare, rinvigorire, mettere in discussione coppie di vecchia data.

Ma non è tempo sprecato parlare di come si Co-munica tra coniugi ?Ci possono essere diversi modi e contenuti della comunicazione. Non è importante quanto tempo parlo con l’altro, ciò che conta è la qualità, il come dico le cose e di cosa parlo. Posso vivere fisica-mente vicino all’altro, giorno dopo giorno, e igno-rare anche le cose più semplici di lui, per esempio qual è il suo film preferito e perchè. Comunicare è la strada principale per rendersi presente all’altro, per accrescere la conoscenza reciproca e l’intimità.Comunicamando può avere ricadute positive anche nel rapporto con i figli ?Nelle famiglie dove il rapporto di coppia è più

profondo, ricco di oc-casioni di scambio e confronto, ci sono figli che “assorbono” come spugne le modalità re-lazionali viste in casa e facilmente le ripropon-gono nelle loro relazio-ni, amicali o di coppia che siano. E’ il valore pedagogico dell’esem-pio.Ed ora sii accattivante per convincere i tuoi

potenziali compagni di viaggio che ti stanno leggendo:Dico solo questo: che per me, come in tutti i corsi condotti fino ad oggi, sarà un grande onore condi-videre un pezzetto di vita con chi vorrà prendere al volo questo treno che passa. “Ve l’assicuriamo noi, è un’esperienza da non perdere, parola di chi ha partecipato!Tanto più che questo anno il Comune di Musile ha stanziato i soldi necessari alla realizzazione di questo progetto, ( che sarà quindi totalmente GRATUITO ) che tanto è piaciuto all’assessore ai Servizi Sociali Tamai. Appena raggiunto il nume-ro di coppie massime che possono partecipare al corso ( 10-12 ) partiremo con questa avventura, se siete quindi interessati non aspettate troppo...potrebbe essere tardi…,contattate gli uffici di Ser-vizio Sociale al n° 0421 592225 o 592248 o l’As-sociazione Famiglie 2000 promotrice di questa iniziativa al n° 0421 462360.

Eliana B. e Giovanni M.

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CAPOSILE

CAPOSILE

Quando si vuole celebrare una persona si tende na-turalmente a sottolineare i risultati che questa ha rag-giunto, il suo cammino e ciò che ha lasciato dietro di sé ; se poi la persona in questione è Don Armando, sa-rebbe davvero semplice enumerare i suoi successi, ma forse in un’occasione così importante come l’anniver-sario dei cento anni di vita di questo uomo, di questo sacerdote, vale la pena di parlare di qualcosa di molto più profondo e importante, un’eredità invisibile, un te-soro che ora sta dentro ognuno di noi e che ci è stato donato dalla vita che questo sacerdote condivide da più di 50 con tutti noi, arricchendo a sua volta la nostra attraverso i luminosi sorrisi e l’intramontabile allegria, le attenzioni per tutti, una grande voglia di vivere e il desiderio di donarsi al prossimo senza riserva.In questo modo si sono creati rapporti di sincero affetto tra Don Armando e non solo i suoi parrocchiani, ma tutti quelli che hanno la fortuna di conoscerlo, in parti-colare i più giovani; è proprio a noi che il nostro parroco dedica la maggior parte delle sue attenzioni, l’interesse

e la disponibilità costante, la voglia di mettersi in gioco e coinvolgerci,la ricerca del dialogo e di punti d’incon-tro, accompagnando ogni suo gesto con il sorriso.Noi giovani d’altra parte lo guardiamo con ammira-zione, orgogliosi di conoscerlo, e lo viviamo come se fosse il punto di riferimento di un’unica grande fami-glia, una persona a noi vicina nonostante la lontananza d’età, ricevendo dalla sua presenza almeno tanta gioia quanta ne prova lui.

Concludiamo ringraziando di cuore Don Armando per tutto quello che ci ha donato e continuerà a donarci, porgendogli i nostri più cari auguri di buon compleanno e augurandoci di avere la fortuna di stargli accanto per molto tempo ancora.“Una cosa che mi piace molto di Don Armando e che mi fa tanta tenerezza è il fatto che adora tutti, soprat-tutto i bambini; sarà perché, nonostante l’età, si sente giovane dentro e condivide la sua allegria. Ogni volta che un bambino va a salutarlo lui gli lascia un piccolo dono e un po’ il suo ricordo: un bacio sulla mano o un sorriso. Credo che ci insegni a vivere la vita con tanta gioia e ironia e che a volte tornare bambini fa bene a sé stessi e agli altri”. Gianmarco, 11 anni

“ Ho la fortuna di abitare a Caposile e, ogni volta che lo dico,quasi tutti come prima cosa mi chiedono come sta Don Armando. Questo mi fa capire quanto questo piccolo sacerdote sia in realtà un grande uomo che, con la sua disponibilità e la sua grande generosità, ha

sempre avuto una parola di con-forto per tutti. Io gli voglio bene e, anche se oggi il suo fisico non glie-lo permette più, lui è sempre vicino a noi ragazzi, a me basta vederlo sorridere seduto sulla sua sedia per sentirmi felice.” Martina

“ Io non ho conosciuto i miei due nonni e per me lui ha colmato que-sta figura che mi è sempre manca-ta.” Monica, 17 anni

“Don Armando è sempre presente e disponibile, per me resta e reste-rà un esempio da cui si può sem-pre imparare.” Enrico, 22 anni

I ragazzi di Don Armando

DON ARMANDO... E SIAMO ARRIVATI A 100!!!

Auguri mitico don Armandoda tutta la Collaborazione di Musile

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SANTA MARIA DI PIAVE

Siamo un gruppo di adolescenti di Santa Maria di Piave; ci incontriamo con continuità da alcuni anni e stiamo anche progettando delle nuove iniziative. Vorremmo farvi partecipi di questa nostra realtà, perché siamo convinti che sia fondamentale stare insieme, confrontarsi, porre sempre nuove que-stioni da affrontare ed incontrare tutti coloro che hanno la pazienza di ascoltarci.

Partiamo da lontano. Abbiamo cominciato con le attività estive, che ci sono state proposte da un gruppo di adul-ti del nostro paese. Quand’eravamo an-cora bambini, loro ci hanno insegnato che stare insieme è una grande opportunità, che aiuta ad espri-mersi e nello stesso tempo rende capaci di ascoltare gli altri. Siamo stati sollecitati molte volte a propor-re, organizzare, fare festa insieme, usare i giochi come momenti di scambio, per imparare a crescere in solidarietà. Oltre che pregare qual-che volta, cantare (magari stonati) tutti insieme prima di mangiare, prima di cominciare a giocare, prima di partire per qualsiasi attività ed impresa, ci viene ricordato sempre che è bene fare i conti con la presenza di Qualcuno, che ha detto che è vivo, ci sta accanto e partecipa direttamente alla nostra vita. Noi lo ringraziamo sempre, anche se non glielo diciamo direttamente, perché pensiamo che lo facciano già i nostri accompagnatori, per dovere o per scelta di vita: il testardone Alessio; l’idealista Monica, indispensabile come l’acqua, che operava per il progetto minori, che non cono-sce l’impazienza e la stanchezza e sopporta quel-lo che una normale persona non sopporterebbe; aggiungiamo la materna Lorella, che continua a pensarci come i suoi bambini di catechismo, fon-dalmentalmente buoni e incapaci di cattiveria o di furbizia; poi c’è Manuela “Manu” che con la sua

energia positiva condiziona la nostra giornata e la rende solare; infine anche Cinzia con la sua risata coinvolgente ed esplosiva, che, sempre in nero, ci accompagna come se fossimo la sua famiglia allargata, e per questo porta con sé anche i suoi figli.

Ci incontriamo ogni mercoledì pomeriggio e, dopo la prima ora di chiacchiere e gossip su come va il mondo, iniziamo con i nostri progetti! Quello

che stiamo portando avanti ora è la costru-zione di nostro ango-letto personalizzato e accogliente, per invi-tare altri a partecipa-re ai nostri incontri e per allargare l’invito a gruppi e associazioni del territorio, in modo che possano anche loro fare ciò che fac-ciamo noi.

Siamo nati con que-sto scopo; non vo-gliamo ridurci ad una

congrega particolare, esclusiva e troppo legata al nostro ambiente “del confin”. Ci siamo convinti che sia bello creare nuovi legami, incontrare per-sone, realizzare iniziative di dialogo e soprattutto, come ci è stato sempre insegnato, trovare modo di dare tempo e spazio a chi è meno fortunato, più solo, più triste. Pensiamo a trovare un modo di portare un po’ di allegria e un po’ di gioia, di fare festa anche ad altri (magari gli anziani) e di aiutare chi ha bisogno di piccoli servizi e piccoli interventi, di cui non è più capace.

Accettiamo consigli e suggerimenti da tutti, per-ché sappiamo di essere giovani e di non sapere tutto; inoltre, facciamo parte di un paese piccolo, che ha bisogno di tante persone che pensino in grande.

Cinzia Baratella e i ragazzi

GRUPPO ADOLESCENTI: Chi siamo e cosa cerchiamo

SANTA MARIA DI PIAVE

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Domenica Delle Palme 17 aprile 2011 ore 9.15 Benedizione dell’Ulivo e Santa Messa Al termine, Solenne Benedizione della Grotta della Madonna di Lourdes Presente e parte attiva nell’organizzazione della Liturgia l’Arma dei Carabinieri. lunedì 18 – martedì 19 ore 16.30 – 18.00 Adorazione Eucaristica (in canonica)

mercoledì 20 aprile 2011 ore 18.00 Riposizione del Santissimo e Santa Messa

Giovedì Santo 21 aprile ore 19.00 Santa Messa “Nella Cena del Signore” Gesto della Lavanda dei piedi

Venerdì Santo 22 aprile ore 19.00 Azione Liturgica “Nella Passione del Signore” e Processione

Sabato Santo 23 aprile ore 19.00 Solenne Veglia Pasquale nella Notte Santa

Domenica Di RiSuRRezione 24 aPRile ore 9.30 Santa Messa Solenne

lunedì dell’angelo 25 aprile ore 9.30 Santa Messa

CALENDARIO SETTIMANA SANTA 2011

Confessioni: dalle 14.00 alle 18.00

Confessioni: dalle 9.00 alle 12.00

Domenica delle Palme 17 aprile 2011 ore 9.45 Benedizione dell’Ulivo e Santa Messa

lunedì 18 – martedì 19 ore 17.00 - 20.00 Adorazione Eucaristicamercoledì 20 aprile 2011 mercoledì 20 aprile

Giovedì Santo 21 aprile ore 20.30 Santa Messa “Nella Cena del Signore” Gesto della Lavanda dei piedi

Venerdì Santo 22 aprile ore 20.30 Azione Liturgica “Nella Passione del Signore” e Processione

Sabato Santo 23 aprile ore 20.30 Solenne Veglia Pasquale nella Notte Santa

Domenica di Risurrezione 24 aprile ore 10.00 Santa Messa Solenne

lunedì dell’angelo 25 aprile ore 10.00 Santa Messa

CALENDARIO SETTIMANA SANTA 2011

Confessioni: dalle 15.00 alle 18.00

Confessioni: dalle 15.00 alle 18.00

CAPOSILE

SANTA MARIA DI PIAVE

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PASSARELLA

PASSARELLA

Il 24 aprile 1991 faceva ritorno alla casa del Padre don Gianni Gottardi all’età di 62 anni. E’ stato par-roco di Passarella, per 12 anni, dal 1976 al 1988, quando per gravi problemi di salute lascia l’incari-co, pur continuando a risiedere in parrocchia. Per una felice e provvidenziale coinci-denza il 20° anniversario sarà pro-prio il giorno di Pasqua. Per que-sto lo ricorderemo quest’anno in maniera speciale. Don Giancarlo Ruffato, suo amico e per un buon tratto di strada suo collaboratore ha voluto redigere un libretto che raccoglie alcuni dei suoi sapien-ti scritti, per lo più lettere, scritte in maniera colloquiale, schietta e profonda: offriremo questo seplice testo a tutte le famiglie di Passa-rella, come messaggio augurale per la Pasqua 2011. Prendendo spunto da una Lettera di San Gio-vanni, e volendo assecondare la più grande passione di don Gianni, cioè i giovani, il testo porta il titolo “Scrivo a voi, giovani”.Proponiamo ai lettori di Emmaus la presentazione del testo fatta da don Flavio.

“Non dimenticate l’ospitalità: alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli” (Lettera agli Ebrei 13,2)

E’ proprio vero, ci sono delle persone che ci pas-sano accanto nel nostro quotidiano e lasciano un segno luminoso, limpido, indelebile. Talvolta rima-niamo affascinati dai tratti della loro personalità, dall’affabilità dei loro gesti, dalla straordinaria elo-quenza delle loro parole. Talvolta, anzi spesso, ci rendiamo conto troppo tardi, solo dopo il loro pas-saggio, del bene che per noi hanno rappresentato e, così, ci sentiamo pervadere il cuore da un sen-timento di nostalgia e ci lasciamo andare ai ricordi delle loro parole, dei loro gesti e ci pentiamo per non essere riusciti a dire loro almeno una parola di saluto e di congedo… Insomma, ha ragione l’au-tore della Lettera agli Ebrei: praticando l’ospitalità, talvolta, spesso, senza saperlo abbiamo accolto

degli angeli! E gli angeli, talvolta, spesso, attraver-sano le nostre strade e ci incoraggiano a guardare oltre, a non fermarci, a non abbatterci…Don Gianni Gottardi senza dubbio è un “Ange-lo”: uso il presente perché lo sentiamo vivo anche

oggi, pur essendo passati 20 anni da quel 24 aprile 1991, quando il suo cuore appassionato e malato ha smesso di battere e ha spento i suoi occhi al mondo, per riaprirli in Dio e contemplare così, per l’e-ternità quell’Amore che stando in mezzo a noi ha amato, annuncia-to, testimoniato senza stancarsi, fino… all’ultimo respiro.Io, purtoppo, non ho avuto la grazia di conoscere don Gianni diretta-mente, ma ho potuto “leggerlo” nei suoi scritti, ho potuto “ascoltarlo” dalle parole di tanti di voi, suoi gio-vani… e mi sono sentito nascere nel cuore un senso di (credo sana) invidia, per non essere come lui, capace di conquistare a Cristo, di

creare condizioni perché, soprattutto voi giova-ni di oggi, che come me non l’avete conosciuto ma forse ne avete sentito parlare, sentiate dentro quella salutare inquietudine e quella nostalgia di infinito e di assoluto che può portare a Dio…Per una singolare (e provvidenziale?) coincidenza il 20° anniversario del ritorno a Dio di don Gianni cade proprio il giorno di Pasqua, quella festa in occasione della quale “dG” (così amava firmarsi nelle sue lettere) era solito scrivere o lanciare dei messaggi forti ai giovani. Alcune di queste lettere sono riportate in questo libretto: sono di un’attua-lità e di una freschezza incredibili. Accoglietele e leggetele come una carezza che un angelo vi fa, come segno di tenerezza, ma anche di forte in-citamento a “darci da fare”, qui e ora, senza ten-tennare, senza tirarci indietro, senza rimanere alla finestra a guardare gli altri, magari con l’intento malevolo di criticarli perché sbagliano o, peggio, perché, se si impegnano, non lo fanno certamente per niente…Il giorno di Pasqua un angelo si avvicina alle don-ne andate di buon mattino al sepolcro e dice loro

DON GIANNI GOTTARDI: un dono per i giovani di Passarella

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PASSARELLA

“Non abbiate paura, voi” (Matteo 28,5) …Il giorno di Pasqua il nostro “angelo dG”, forse sussurra anche lui, a ciascuno di noi, soprattut-to ai giovani: “Non abbiate paura”, non lasciatevi scoraggiare dalle amarezze della vita, non lascia-tevi tentare dalla rassegnazione di chi preferisce battere in ritirata. Riprendete coraggio, Colui che è il Risorto è accanto a voi e cammina con voi! Ripropongo proprio alcune sue toccanti paro-le che potrete leggere nel libretto: “…Non sono capace di togliermi dalla testa che voi, con molti altri, avete delle enormi, vistose, concrete possibi-lità di diventare uomini e donne nuovi, perché già ora siete giovani nuovi, con possibilità di interessi vivaci, di rapporti tra voi di autentica amicizia e amore. Si tratta solo di scoprire queste possibilità, si tratta di coraggio., di creatività, di credere a se stessi…”Un angelo, tanti angeli sono passati e passano a noi vicini: non lasciamoli andare, ospitiamoli al-meno un po’ in casa nostra. Forse possono di-ventare, oltretutto, una spinta, una provocazione per ciascuno di noi: anch’io, piccolo o grande che sia, giovane o adulto, bambino o anziano, posso essere un angelo del quale Dio misteriosamente si serve, perché… ce n’è tanto bisogno! “Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi. Cristo non ha piedi… Cristo non

ha mezzi… Siamo noi forse l’unica bibbia che gli uomini leggono ancora, siamo l’unico messaggio di Dio scritto in opere e parole”. Affascinante e impegnativa realtà dell’essere cri-stiano: diventare ed essere segno della presenza del Risorto… diventare “angeli”, o se può meglio piacere quest’altra immagine: diventare “stelle” che anche nella notte più buia illuminano e ri-scaldano. Il Sole è Cristo, noi possiamo essere semplicemente stelle, che all’irrompere del giorno lasciano il posto a Lui, il solo capace di illumina-re (“Io sono la luce del mondo, chi vede me non cammina nelle tenebre” – Gv 9: Gesù guarisce il cieco nato, 4° domenica di Quaresima), di disse-tare (“l’acqua viva che zampilla per la vita eter-na” – Gv 4: Gesù e la Samaritana, 3° domenica di Quaresima), di ridare vita (“Lazzaro, vieni fuori” – Gv 11: Gesù richiama alla vita l’amico Lazzaro, 5° domenica di Quaresima).Grazie, don Gianni, per aver “visitato” la nostra Passarella e per averci annunciato, senza sconti, il Vangelo di Cristo; grazie perché sei un angelo che Dio ci dona; grazie perché sei una stella luminosa, chiara, limpida e così “questa notte non è più not-te: davanti a Te il buio come luce risplende” (da un canto di Taizè).

don Flavio

Il 27 giugno 2010 è stato inaugurato il nuovo ora-torio di Passarella. Struttura bellissima e multifun-zionale che sta prendendo sempre più vita.L’oratorio viene “vissuto” dai nostri bambini non solo per le attività di ACR ma anche la domenica pomeriggio con la visione di film adatti a loro. Gli anziani hanno la possibilità di trovare un luogo acco-gliente e vivace per gioca-re a carte o chiacchierare. A loro è dedicato in modo particolare il mercoledì po-meriggio con il gioco della tombola.Viene svolto anche un corso di Ci-Qun, l’attività di ACG per i giovani, , la possibilità di fare riunioni, di festeggia-re compleanni, insomma, di sentirlo nostro, di tutti, gran-di e piccoli, giovani e non.Grande soddisfazione han-no dato alcune proposte speciali come le feste in

piscina, la festa della Birra, la Castagnata, la Gran-de Tombola, la festa di Natale (con Babbo Natale che ha portato tanti giochi in scatola a disposi-zione di tutti), la festa di Carnevale, la Cena degli Ossi, la festa per i papà.Tra poco inizierà anche un corso di taglio e cucito

e gli incontri per l’organiz-zazione del Grest che vedrà occupato l’oratorio da circa un centinaio tra ragazzi e adulti.Ci auguriamo che sempre più persone si prendano a cuore il “progetto oratorio” che vuol essere centro ag-gregativo positivo dove i nostri ragazzi accompagna-ti da figure adulte di riferi-mento possano vivere un’e-sperienza significativa che li leghi al progetto stesso.

Gloria Cornolò

NOTIZIE DALL’ORATORIO...

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Mi presento sono Simone, ho 32 anni, mi sono sposato nel 2009 e da qualche mese sono anche neo-papà di due gemellini. Oltre alle importanti novità familiari da pochissimo sono anche il nuovo presidente Parrocchiale dell’Associazione di Pas-sarella. Sto vivendo un momento di profondi cam-biamenti, sono da poco sposato, da poco papà e da poco presidente: tutti ruoli/incarichi importanti e che richiedono attenzione ed impegno proprio per la loro delicatezza.La nostra è una piccola associazione (ci sono 36 iscritti) nata nel 2004 grazie ad una forte espe-rienza di servizio di alcuni educatori alla GMG del 2000 di Roma; è un’associazione giovane in tutti i sensi perché nata da poco ma anche perché a fronte di 23 ragazzi

iscritti gli adulti sono 3. Il nuovo incarico mi preoc-cupa un po’ perché è assolutamente una novità per me anche perché, ad eccezione dell’esordio, siamo rimasti per anni senza la figura del presidente parrocchiale.La nostra associazione è da sempre in carenza di figure educative che, specie per il settore gio-vani, sono poche; fortunatamente però siamo in

crescita, il settore ragazzi è ben avviato, molto partecipato e ric-co di giovani educatori che hanno avuto modo di crescere nella proposta di A.C.. Il settore giovani è in maggior difficoltà, sia perché gli adolescenti sono più difficili da coinvolgere sia perché servono molte energie per riuscire a creare proposte alternative a quello che i ragazzi vivono nel quotidiano. Il settore adulti attualmente non è presente ma con il tempo vogliamo riuscire a for-mare un gruppo “stabile”.Siamo in costante cammino e questo ci rende fi-duciosi proprio perché stiamo cercando di entrare più a fondo nello spirito di questa associazione sia perché vogliamo riuscire a farla nostra sia perché vogliamo viverla in pienezza e proporla quindi con rinnovata consapevolezza.In preparazione al nuovo incarico sono andato a rileggere alcuni punti dello statuto e del progetto formativo per conoscere meglio il ruolo e le caratte-ristiche del presidente, mi sono rallegrato nel risco-prire come alla base di ogni figura in A.C. ci siano le Persone che hanno come fondamento il “tessere continui rapporti di comunione con gli altri”.

Simone

NUOVO PRESIDENTE AC

CALENDARIO SETTIMANA SANTA 2011Domenica delle Palme 17 aprile 2011 ore 8.00 Santa Messa ore 11.00 Benedizione dell’Ulivo e Santa Messa lunedì 18 – martedì 19 ore 8.30 Recita delle Lodi e Apertura Adorazione (fino alle 10.00)mercoledì 20 aprile 2011 ore 16.00 Adorazione Eucaristica ore 20.00 Riposizione del Santissimo e Santa Messa Giovedì Santo 21 aprile ore 20.30 Santa Messa “Nella Cena del Signore” – Gesto della Lavanda dei piedi

Venerdì Santo 22 aprile ore 8.30 Recita delle Lodi e Ufficio delle Letture ore 15.00 Via Crucis Azione Liturgica “Nella Passione del Signore” e Processione

Sabato Santo 23 aprile ore 8.30 Recita delle Lodi e Ufficio delle Letture ore 20.30 Solenne Veglia Pasquale nella Notte Santa con 2 Battesimi

Domenica di Risurrezione 24 aprile ore 8.00 Santa Messa ore 11.00 Santa Messa Solenne

lunedì dell’angelo 25 aprile ore 11.00 Santa Messa nel ricordo di don Gianni Gottardi (20° ann.)

Confessioni: dalle 16.00 alle 18.00

Confessioni: dalle 16.00 alle 18.00

Confessioni: dalle 15.00 alle 18.00

PASSARELLA

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UN TESTIMONEUN LIBROil testamento di Shahbaz Bhatti

Cristiano, cattolico, pakistano, Shahbaz Bhatti si è sentito chia-mato dal Signore a fare del suo meglio per un popolo martoriato dall’odio e dall’estremismo religio-so. Eletto ministro per le Minoranze Religiose è stato assassinato pochi giorni fa da un commando terrori-stico. Vocazione cristiana, vocazio-ne famigliare, vocazione al servizio

della buona politica si sono fuse in un unico cuore.

«Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrifi-cio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sa-crificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico. Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi consi-dererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiu-tare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan— Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese».Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune». Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Molte volte gli estremisti hanno cercato di uccidermi e di imprigionarmi; mi hanno minacciato, per-seguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Gli estremisti, qualche anno fa, hanno persino chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio pa-dre, di dissuadermi dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti mi avrebbero perso. Ma mio padre mi ha sempre incoraggiato. Io dico che, finché avrò vita, fino all’ultimo re-spiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi». I passi che più amo della Bibbia recitano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete ve-stito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro.Per cui cerco sempre d’essere d’aiuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati.”

Voglia Di VolaREdi Guido De Nobili

Un impegno oneroso durato tre anni: per alli-neare ricordi, ricerche, interviste, trasferte an-che aeree; il tutto per includere un condensato di vita improntato spe-cialmente sul mio “dna” di genere aviatorio. Nel libro si può avvertire come l’ottimismo mi sia dote naturale, malgrado

ed oltre le immancabili difficoltà incontrate.La sintesi aviatoria: ho conseguito il brevetto di pilota, ad appena 18 anni, minorenne, con il consenso, sot-toscritto in municipio con le lacrime di mia madre, nel rispetto al desiderio del figlio.La “VOGLIA DI VOLARE - dal sogno alla realtà”, che sintetizza il titolo del mio libro, è rimasta latente fino a quando, nel 2007, ho rifatto il brevetto (con forti e sensate contrarietà) dopo un intervallo di ben 67 anni che costituisce primato in Italia quale arco temporale di distanza. Pratico il volo a noleggio per diporto do-menicale ed anche ospite di colleghi piloti (Bernacca permettendo, ovvero il fattore tempo).Il culto per la Famiglia rappresenta la mia forza e ric-chezza di vita. Alimento, quale asse portante di questa risorsa, è l’amore che la quotidianità trasparente dalla dolcezza di mia moglie (e tanta santa sopportazione) mi dona sostegno ed equilibrio. Il prossimo anno co-roneremo (a Dio piacendo) il 60° di felice matrimonio.La panoramica dal cielo mi permette di osservare in volo la bellezza del territorio, con le sue geometrie, i colori, la sinuosità delle curve della terra, come fem-mina che sa donare alimento all’uomo che la coltivi, ma che spesso viene offesa cementandola.Non solo di sensazioni ottiche, però, si presta il mio volo, ma anche di genere spirituale. Infatti, mi aiuta a volare, attento e sereno, il sostegno affettuoso dell’a-mico e collega giornalista Arcivescovo Loris Fran-cesco Capovilla, Segretario di Papa Giovanni XXIII, “illuminante di fede e benedizioni” nei miei confronti (pag.110 del mio libro); ed altrettanto quello umilissi-mo di “Don Caposil”, come uso appellare il caro Don Armando.Il 27 Febbraio ho presentato il libro presso l’aula ma-gna delle scuole medie, affollate di tanti amici verso i quali sono grato per la attenzione e l’accoglienza ca-lorosa tributatami, in particolare dai colleghi piloti.

Guido De Nobili

nota. il libro è in vendita con incasso destinato a beneficio di Associazioni benemerite

26 APRILE 2011

Page 31: Emmaus Aprile 2011

LE VIGNETTEUN FILM

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“il giaRDino Di liMoni” è un film del 2008, diretto da Eran Riklis.Secondo la trama, Salma Zidane vive in Cisgiordania, ha 45 anni ed è rimasta sola da quando suo mari-

to è morto e i suoi figli se ne sono andati. Quando il Ministro della Difesa isra-eliano si trasferisce in una casa vicina a quella di Sal-ma, la donna ingaggia una battaglia legale con gli av-vocati del Ministro che, per motivi di sicurezza, voglio-no abbattere i secolari al-beri di limoni che sono nel suo giardino. Ma Salma non lotterà da sola. Infatti, oltre al supporto del suo avvocato - un trentenne di-

vorziato con cui nasce un profondo sentimento amo-roso - Salma troverà inaspettatamente anche quello della moglie del Ministro che, stanca della sua vita solitaria per gli impegni del marito, prende a cuore il caso della sua vicina di casa palestinese.Questo film descrive esattamente le diverse sfaccet-tature del conflitto israelo-palestinese; nella protago-nista, possiamo vedere la Palestina privata della sua terra, dei suoi diritti e della sua dignità. Salma vuole difendere non solo il suo appezzamento di terra, ma anche il suo passato, tutto ciò che ha fatto di lei la persona che è e che non vuole rischiare di perdere. Il Ministro della Difesa invece, rappresenta quella fetta di governo israeliano senza scrupoli, pronta a passa-re sopra ogni sentimento di umanità in nome di una “sicurezza” impossibile da ottenere, se non si fa che alimentare l’odio.Ma i volti del conflitto non sono solo questi, che certa-mente sono i più noti e “inflazionati”; ci sono anche gli amici del marito defunto di Salma, che tentano di isti-garla all’odio e alla lotta contro il ministro non perché lei possa mantenere i propri diritti, ma per il semplice fatto di infliggere un qualsiasi tipo di perdita a quello che può essere considerato soltanto un nemico e non un possibile vicino.Infine, c’è il volto più bello, quello che spesso si na-sconde nel caos delle azioni di guerra, nel rumore delle opinioni discordanti, quello che si cela dietro il pesante tendaggio dell’odio: il volte di due donne, che tutti vorrebbero nemiche, ma che trovano inve-ce il coraggio di liberarsi dei pregiudizi e di guardarsi negli occhi e anche di sostenersi, seppure sempre si-lenziosamente, a vicenda. Due donne, che di fronte al dramma l’una dell’altra si spogliano delle loro nazio-nalità e dei sentimenti reciproci che esse comportano e si guardano, guardano il riflesso delle loro anime e comprendono che la soluzione non è l’odio perpetuo.

Il 1° Secolo di don (Spaca) Armando

Il mega evento dell’anno 2011

Solidarietá Europea??

APRILE 2011

Page 32: Emmaus Aprile 2011

La CoLLaborazione pastoraLe di Musile di piavee il Gruppo Caritas di Musilepresentano l’iniziativa:

“una goccia nel mare”

Il gruppo Caritas di Musile vuole dare un semplice aiuto (concreto) a tanti Giovani e aduL-ti Che sono senza Lavoro, donando loro piccole opportunità di lavoro occasionale. L’iniziativa non è rivolta agli studenti ed ai pensionati.

Chi avesse bisogno di: qualcuno che faccia compagnia per alcune ore a persone anziane o malate; qualcuno che accompagni le persone anziane dal medico o a fare la spesa; qualcuno che vada a fare la spesa; qualcuno che faccia pulizie di casa; qualcuno che stiri; qualcuno che tenga in ordine il giardino: es.: taglio dell’erba, siepi, foglie…; qualcuno che segua l’orto; qualcuno che faccia piccoli lavori di trasloco o sgombero; qualcuno che faccia piccole manutenzioni e/o riparazioni; qualcuno che faccia piccoli lavori di dipintura (ringhiere, porte, portoni…); qualcuno che segua gli animali domestici quando si va in vacanza per qualche giorno; qualcuno che scriva documenti a computer;

può chiamare il sig. santino Marson (0421.330030) oppure la sig.ra Loredana Loren-zi (0421.54728) oppure in CanoniCa (0421.52308) dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 per informazioni.Si può anche entrare nel sito della collaborazione: www.collaborazionemusile.it

Sarete contattati al più presto!

don saverio e il Gruppo Caritas

PS.: Il lavoratore verrà pagato direttamente da chi richiede il servizio a mezzo “voucher” per il tempo della prestazione (un’ora, due ore…). I “voucher” si trovano dal tabaccaio oppure presso l’I.N.P.S. Il “voucher” è un sistema di pagamento del lavoro occasionale accessorio, cioè di quelle prestazioni di lavoro svolte al di fuori di un normale contratto di lavoro, in modo discontinuo e saltuario, che tuttavia garantiscono oltre alla retribuzione anche la copertura previdenziale presso l’Inps e quella assicurativa presso l’Inail. Il valore nominale di ciascun “voucher” (10 euro) comprende la contribuzione in favore della Gestione separata dell’I.N.P.S. (13%), l’assicurazione all’I.N.A.I.L. (7%) e un compenso all’Inps per la gestione del servizio (5%). Il valore per il lavoratore è di 7,50 euro netti. L’importo del “voucher” può essere riscosso in qualsiasi Ufficio Postale.