Emilia-Romagna Regione d’Europa

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a cura di PIETRO BACCARINI Emilia-Romagna Regione d’Europa Interventi dell’Unioncamere Emilia-Romagna per la sua modernizzazione e sviluppo

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Dieci anni di storia, di documenti, di accordi, di convenzioni, di relazioni, di interventi dell’Unioncamere Emilia-Romagna, Associazione delle Camere di Commercio della Regione, punto importante del sistema istituzionale e promozionale dell’economia regionale. Per conoscere i dati macroeconomici dell’Emilia-Romagna, lo sviluppo conseguito in un decennio, le iniziative promozionali adottate per favorirne l’internazionalizzazione, la crescita e l’ammodernamento.

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a cura di PIETRO BACCARINI

Emilia-Romagna Regione d’Europa

Interventi dell’Unioncamere Emilia-Romagna per la sua modernizzazione e sviluppo

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PIETRO BACCARINI

Emilia-RomagnaRegione d’Europa

Interventi dell’Unioncamere Emilia-Romagnaper la sua modernizzazione e sviluppo

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Ringrazio per la collaborazione prestata nell’elaborazione di questo volume, l’Ufficio Studi di Unioncamere Emilia-Romagna nelle persone del dott. Giampaolo Montaletti, dott. Guido Caselli, dott. Mauro Guaitoli, dott. Fabrizio Casalini,dott. Giovanni Guidetti, geom. Federico Pasqualini per l’apporto fornito nei documenti e nelle relazioni pubbliciati; il dott.Matteo Casadio per gli aggiornamenti relativi alle relazioni economiche e programmatiche; la sig.ra Lorenza Maccaferriper la raccolta dei testi.

P.B.

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Sono sinceramente lieto di contri-buire a questa pubblicazione chesegna 10 anni di collaborazione frala Regione Emilia-Romagna e l’U-nioncamere presieduta da PietroBaccarini. Quando, nel febbraio del 2000, si-glammo il Protocollo d’intesa, fusancito il fondamentale ruolo diUnioncamere per il sostegno dellosviluppo del sistema imprenditorialeregionale. Fu la prima intesa del ge-nere in Italia, e ribadì come fossenecessario superare i precedenti li-miti della separatezza di azioni e ini-ziative per lo sviluppo. Fu un accor-do che pose nero su bianco la ne-cessità di un confronto e di unaconcertazione per una prospettivadi più efficaci supporti al sistemadelle imprese. Era stata la caricaprofondamente innovativa espressadalla riforma Bassanini, a mettere inmoto un immediato e serrato con-fronto tra la Regione ed il sistemacamerale emiliano-romagnolo, perla definizione di una collaborazionestrutturale. Ma certamente, Regio-ne e Camere di Commercio veniva-no da anni di iniziative comuni, an-che se su temi delimitati. E nonposso, a questo proposito, non ri-cordare con soddisfazione la costi-tuzione, nel 1998, di Apt Servizi,prezioso strumento operativo dellalegge sul Turismo, creato per gesti-re al meglio le azioni di promozionecon un importante contributo diUnioncamere.I rapporti tra la Regione e l’Unionesi sono sempre più sviluppati, profi-cuamente ampliati, con iniziative

comuni per sostenere le impresesnellendo la burocrazia, per sup-portarle con il cofinanziamento diprogetti per andare oltre i confinidella regione e del Paese, solo percitarne alcune. Sostegni alle impre-se i cui effetti, peraltro, sono cosìben documentati nei periodici epuntuali servizi di monitoraggio chela vostra associazione sviluppa sulciclo economico e produttivo regio-nale.Un’economia, quella dell’Emilia-Ro-magna, che anche e soprattutto inquesto complesso momento devepuntare su una strategia di sviluppoche privilegi l’innovazione tecnolo-gica e organizzativa, la ricerca e laformazione. Sul versante delle im-prese, sono queste le priorità dellaRegione, e già da anni abbiamo co-minciato ad intervenire con forza inquesta direzione. La sfida che abbiamo di fronte èquella della qualità, dello sviluppo,dell’ambiente, del lavoro. Per conti-nuare a mantenere la competitivitàdel “sistema Emilia-Romagna”, siain Italia che all’estero, dobbiamopuntare su questi capisaldi, cosìcome sulla qualità della vita, dellerelazioni sociali. E con ciò mi riferi-sco sia alla sanità, alla scuola ed alwelfare che alle infrastrutture, siaquelle stradali, ferroviarie e logisti-che che quelle tecnologiche, ogginon meno strategiche. Non a caso, tra gli atti fondamenta-li già varati da questa legislatura c’èil piano Telematico, per far crescerein rete la ricerca industriale ed il tra-sferimento tecnologico, ma c’è an-

che l’importante riforma del Welfare,che universalizza l’assistenza e pro-muove più che mai la cittadinanzasociale, tra l’altro intervenendo sullatrasformazione delle Ipab. Non acaso abbiamo avviato migliaia di in-terventi per proteggere la nostra re-gione da frane e alluvioni, ma ancheinvestimenti sulla casa. Perché noisiamo più che mai convinti, confor-tati anche da attente ed autorevolianalisi, che lo sviluppo economicosia strettamente correlato ad unagiusta risposta alle esigenze di unasocietà che domanda innovazioni ecambiamenti, ma che allo stessotempo pretende giuste risposte avecchi e nuovi bisogni, che vuolecontinuare a basarsi su una culturadella solidarietà. D’altra parte, glistessi criteri di scelta delle impreseper un territorio su cui radicarsi sibasano su fattori competitivi chenon si chiamano più solo costo dellavoro e infrastrutture, ma ancheservizi, ambiente, scuola e forma-zione professionale, tema, quest’ul-timo, che si è spesso giovato anchedella vostra collaborazione.Dunque è fondamentale che azionicome il sostegno economico alleimprese e l’innovazione, non più fi-nanziate a pioggia, si accompagni-no all’obiettivo di dare risposte diqualità, in tutti i campi. E non inten-do riferirmi solo alla qualità del pro-dotto, fattore indispensabile dicompetizione per l’impresa, ma allaqualità dell’intero sistema territoria-le che lo produce, e che per noi èindissolubile da una nuova idea dipartecipazione, collaborazione, in-

Il Presidente della Regione Emilia-Romagna

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tegrazione. Anche e soprattutto aquesti temi dovrà dare risposte il fu-turo nuovo Statuto della Regione,che aprirà la strada al riconosci-mento del ruolo attivo delle autono-mie funzionali nel processo federali-sta, come naturale evoluzione delpercorso aperto con la riforma delTitolo V della Costituzione.Auspico dunque che la rodata col-laborazione tra la Regione e l’U-nioncamere Emilia-Romagna, dellaquale il presidente Baccarini è statoprotagonista, possa ancora più svi-lupparsi ed estendersi, con rapporticome sempre basati sulla concre-tezza e la costruttività, per il bene enell’interesse del nostro territorio,per continuare a competere con lepiù importanti regioni di un’Europa.

Vasco Errani

Il Presidente della Regione Emilia-Romagna

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Dal 1 gennaio 1983 al 31 dicembre2002 ho assicurato la mia collaborazio-ne professionale ad Unioncamere Emi-lia - Romagna, dapprima come diretto-re dell’ufficio studi, quindi dal 1992 co-me Segretario Generale. Questa riccaesperienza professionale ha rappre-sentato per me una straordinaria occa-sione di crescita professionale, di stu-dio sui fatti dell’economia regionale pri-ma e di esperienza manageriale poi, inanni di grandi cambiamenti e trasfor-mazioni strutturali per le imprese ed isistemi produttivi locali da un lato e peristituzioni ed amministrazioni pubblichedall’altro.In questi decenni il baricentro del pro-cesso produttivo dalle attività manifat-turiere si è spostato ai servizi ed alle at-tività terziarie, le piccole medie e picco-lissime imprese sono andate continua-mente riorganizzandosi in reti di inter-scambio e servizi, sia informali (distrettiindustriali, subfornitura) che formali(gruppi societari d’imprese), il mercatodel lavoro è profondamente evoluto,rendendo sempre più frequente loscambio e l’alternanza tra le diverseforme di lavoro dipendente e lavoro au-tonomo, il ruolo dello Stato e degli entilocali da protagonisti diretti dell’attivitàeconomica è andato progressivamenteevolvendo in una funzione di stimolo edi regolazione del mercato.Contemporaneamente gli assetti politi-ci ed istituzionali del Paese sono forte-mente mutati, con il processo di pro-gressivo trasferimento di competenzee funzioni dallo Stato a Regioni ed Entilocali, mentre la legge 580/93 ha rior-ganizzato assetti e funzioni delle Ca-mere di Commercio e dell’intero siste-

ma camerale, attribuendo alle associa-zioni imprenditoriali un nuovo ruolo daprotagonista dei processi di sviluppolocale e facendo delle Camere le istitu-zioni di incontro e mediazione degli in-teressi delle categorie economiche, ati-pica cerniera istituzionale tra il merca-to e le istituzioni pubbliche.Unioncamere Emilia - Romagna inquesti vent’anni è molto cresciuta in di-mensioni, capacità operativa ed auto-revolezza. Pur rimanendo infatti unapiccola struttura quanto a dimensioni,ha saputo evolvere in qualificata istitu-zione non solo nel sistema cameraleregionale e nazionale, ma anche nelpanorama istituzionale ed economicoregionale. Questa crescita è stata ac-compagnata negli anni anche visiva-mente dal trasferimento dagli uffici divia Ugo Bassi n 7 ai locali della Came-ra di Commercio di Bologna in viaSanto Stefano n. 1 nel 1983, quindi nel1989 nei due piani della palazzina di viaMontegrappa n. 4, infine negli elegantiuffici del palazzo a vetri di viale AldoMoro n. 62 all’interno del Fiera districta fine 2001.Il percorso seguito in questi anni per farcrescere l’associazione e farla identifi-care all’interno ed all’esterno del siste-ma camerale come un importante equalificato punto di riferimento nel pa-norama delle istituzioni economiche re-gionali è stato lineare e sufficientemen-te coerente nelle strategie e nelle scel-te gestionali ed organizzative.In primo luogo è stata valorizzata l’atti-vità di studi e ricerca economica, il nu-cleo dell’attività dal quale ha preso il vial’esperienza dell’Unione regionale, nel-la consapevolezza che la produzione di

qualificate ed autorevoli analisi econo-mico territoriali faceva di questo picco-la struttura di ricerca un punto di riferi-mento obbligato per Camere di com-mercio, categorie economiche e deci-sori politico istituzionali. Nel corso deglianni Unioncamere ed il suo ufficio stu-di sono divenuti un punto d’eccellenzanel panorama regionale (in particolarein materia di congiuntura economica epiù in generale di osservatori economi-ci settoriali) ed in quello nazionale (in-dagini sulla qualità della vita), generan-do quella cultura economica che èstata alla base di molte decisioni d’in-tervento e di politica economica sia daparte degli amministratori camerali che,sempre più spesso, degli amministra-tori regionali e locali.Unioncamere è stata sempre conside-rata da noi come la casa comune dellecategorie economiche, terreno neutra-le rispetto ai pur legittimi interessi diparte, luogo d’incontro e di confrontoper analisi, progetti comuni d’interven-to, definizione di proposte di politicheeconomiche e di sviluppo economicoterritoriale da presentare sia all’istituzio-ne regionale che al governo nazionale.La credibilità acquisita in questi annideriva anche da questa indipendenzaculturale e comportamentale, semprericercata, difesa e praticata, rispettoagli interessi di parte espressi anchedai cosiddetti poteri forti dell’economia.Il convinto e pervicace sostegno all’e-sperienza dei confidi, nati all’interno delmondo delle Camere di commercio, edin particolare all’affermazione, diffusio-ne e crescita operativa dei consorzi fidiregionali, fino al completamento del si-stema in tutti i principali settori d’attivi-

Un’istituzione in forte crescita

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tà economica, ha fatto di UnioncamereEmilia – Romagna il punto strategico dielaborazione e sviluppo dell’attività dierogazione di garanzie, un importanteservizio a sostegno dei processi di cre-scita della piccola e media impresa del-la regione. Le performance ottenutedal sistema regionale dei confidi inquesti vent’anni in termini di garanzieerogate, imprese coinvolte, contenutitassi d’insolvenza sono straordinarie.Oggi le prospettive di evoluzione perattività e nuovi servizi del sistema regio-nale dei confidi sono concrete e di par-ticolare rilevanza per le imprese ed ilruolo assunto da Unioncamere a so-stegno di questa esperienza, partico-larmente apprezzato, è pressoché uni-co nel panorama nazionale del sistemacamerale.Rispetto alle Camere di commercio,l’Unione regionale in questi anni ha cer-cato non solo di essere istituzione diraccordo e coordinamento delle attivi-tà, ma anche centro di stimolo cultura-le ed organizzativo nella definizione edattuazione di progetti di sviluppo, convalenza interprovinciale o regionale.Una funzione di servizio, di stimolo, maanche di surroga in quelle situazioniche registravano difficoltà organizzativeod operative per singole Camere. Que-sto ruolo è via via evoluto nel corso de-gli anni, fino all’attuazione dell’originale“progetto network” tra Unione e Came-re, che ha teso a mettere in rete nume-rosi servizi camerali, col duplice obietti-vo di conseguire economie di scala intermini di costi ed organizzazione, edeconomie di varietà per dotare tutte leCamere di servizi che sarebbe statoeccessivamente dispendioso per il sin-

golo ente avviare e gestire. Il contribu-to dato in questi anni dall’Unione regio-nale all’innovazione ed alla riorganizza-zione del sistema dei servizi nelle Ca-mere e tra le Camere stesse è innega-bile, ivi compresa negli ultimi anni ladecisione difficile di considerare supe-rata l’esperienza del Centro regionaleper il commercio estero, riattribuendo-ne le funzioni ed i servizi alle Camere elasciando in capo agli uffici dell’Unioneil compito di elaborare e supportare iprogetti di internazionalizzazione del si-stema camerale e di gestire il rapportostrategico ed operativo con gli asses-sorati regionali. L’attività di rappresentanza istituzionaledegli interessi delle singole Camere edell’intero sistema camerale è forte-mente evoluta e cresciuta per impor-tanza in particolare nel corso degli ulti-mi dieci anni. Grazie soprattutto allaquotidiana attività di relazioni istituzio-nali, alla capacità e credibilità dei suoidirigenti e funzionari, oggi Unioncame-re ed il sistema camerale sono un part-ner riconosciuto e qualificato di Regio-ne ed enti locali su molti temi ed attivi-tà: dalle attività produttive al turismo,dal commercio all’agricoltura, dall’in-ternazionalizzazione al credito.Gli straordinari risultati ottenuti in questianni, unanimemente riconosciuti, nonsarebbero stati raggiunti senza una vi-sione chiara e coerente delle strategieda parte di Presidenti ed amministra-tori camerali, e senza professionalità egrande disponibilità dei collaboratoridell’Unione regionale. L’interagire felicedi entrambi questi fattori è alla base deitraguardi ottenuti. Non sono certomancati in questi anni, né certo man-

cano oggi problemi, difficoltà relazio-nali, contrasti e tante contraddizioninei rapporti tra enti ed istituzioni. Que-ste tensioni sono state tuttavia gestite,controllate, talvolta anche superate,senza distogliere quindi l’Unione regio-nale e le sue attività dal coerente sen-tiero di sviluppo succintamente deli-neato in precedenza.Nel momento in cui professionalmen-te ho deciso di lasciare l’Unione regio-nale per occuparmi a tempo pieno a li-vello nazionale della rappresentanzadel management del terziario, desideroringraziare sinceramente Presidenti edamministratori camerali tutti che si so-no succeduti in questi anni nel Consi-glio di Unioncamere Emilia – Romagna,per la fiducia sempre concessami e peravermi lasciato operare in grande auto-nomia operativa, e tutti i collaboratoridell’ente che in questi anni si sono av-vicendati, perché senza la loro dedizio-ne e competenza l’Unione non avreb-be mai raggiunto gli straordinari risulta-ti ottenuti in mole di attività, qualità del-la stessa e credibilità ed affidabilità isti-tuzionale.Un ringraziamento particolare al Presi-dente di Unioncamere Emilia-Roma-gna, avv. Pietro Baccarini, col quale hocondiviso dieci anni di intenso e profi-cuo lavoro in comune, per far cresceree qualificare un’istituzione piccola, co-me l’Unione regionale, ma dalle grandipotenzialità e del quale ho avuto occa-sione di apprezzare competenza, visio-ne strategica ed umanità.

Claudio Pasini

Un’istituzione in forte crescita

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Abbiamo voluto raccogliere dieci annidi storia, di documenti, di accordi, diconvenzioni, di relazioni, di interventidell’Unioncamere Emilia-RomagnaAssociazione delle Camere di Com-mercio della Regione, punto impor-tante del sistema istituzionale e pro-mozionale dell’economia regionale.Attraverso la lettura di questo volumesi potranno conoscere i dati macroe-conomici dell’Emilia-Romagna, lo svi-luppo conseguito in questo decennio,le iniziative promozionali adottate perfavorirne l’internazionalizzazione, lacrescita e l’ammodernamento.Sono stati anni di intenso lavoro, chehanno visto una profonda mutazionedel sistema camerale con l’introduzio-ne della legge di riforma che ha sem-pre più legato le Camere all’economiadel loro territorio. Sono anche gli annidel federalismo, del decentramentoamministrativo dello Stato, del raffor-zamento dei poteri regionali e quindidella necessità di avere, a questo livel-lo, una struttura amministrativa effi-ciente e capace di cogliere questi pro-fondi mutamenti amministrativi edeconomici. Da anni la forza del siste-ma camerale è stata quella di esserein rete, di essere informatizzata e diavere strutture fra loro collegate. Eraevidente, e questa è stata una co-stante nella politica della nostra Unio-ne che, anche il nodo regionale, do-vesse essere efficiente e forte, tale,quindi, da dialogare con pari dignitàcon la Regione potendo da essa rice-verne deleghe e con essa stringereaccordi e intese in materia di comunecompetenza.Così la nostra Unione regionale ha via

via rafforzato la propria struttura buro-cratico-amministrativa, ha rimodellatogli uffici di promozione dell’internazio-nalizzazione delle imprese e della suaeconomia, divenendo un elementofondamentale del sistema istituzionaleregionale.Oggi possiamo tranquillamente affer-mare che la conoscenza del sistemaeconomico regionale passa attraversole indagini e gli studi dell’ufficio ricer-che dell’Unioncamere.Le politiche in molti settori economicitrovano progettazione proprio nell’U-nioncamere e molte intese sono stateraggiunte con la Regione e con altrienti.Una legge sul turismo, fondamentalesettore economico dell’Emilia-Roma-gna, ha istituito una partnership fraRegione e Unioncamere per la gestio-ne di attività promozionali e per il fi-nanziamento di progetti che riguarda-no gli operatori e le strutture del com-plesso sistema turistico regionale. Nelcampo dell’agricoltura, dell’industria,della sub-fornitura, del finanziamentoalle imprese, attraverso le cooperativedi garanzia e i confidi, l’Unioncameree la Regione sono oggi protagonistiimportanti.Recentemente il processo di moder-nizzazione dell’Unione ha avuto unasua simbolica rappresentazione conl’acquisto della nuova sede e il poten-ziamento degli uffici e della strutturaoperativa. La stessa collocazione delpalazzo acquistato, a fianco della pre-sidenza regionale, nel distretto fieristi-co, vuole anche simbolicamente raffi-gurare la forza della struttura, la dis-ponibilità al partenariato, che si vuole

rafforzare, con l’ente Regione.Il volume si divide in tre parti: la primaraccoglie dieci anni di programmi, diestratti della relazione annuale sull’an-damento dell’economia regionale,nonché le previsioni per l’anno suc-cessivo.E’ una raccolta importante, di facileconsultazione che consente di cono-scere l’andamento dell’economia re-gionale di anno in anno, i suoi punti diforza e quelli più deboli, i periodi dimaggior sviluppo e quelli in declino, laforza lavoro, l’occupazione, il grado diformazione professionale, il sistema fi-nanziario e del credito. Lo sviluppo diuna Regione, fra le più forti del nostroPaese, è anche contenuto negli inter-venti e nelle relazioni svolte dalla pre-sidenza in convegni nazionali ed inter-nazionali, oltre che in progetti elabora-ti insieme alle Camere nei più impor-tanti settori economici. Fra i tanti, ri-cordo quello relativo all’accorpamentodi servizi presso l’Unione, di modoche ogni Camera potesse usufruire diattività specialistiche come ad esem-pio quelle dell’ufficio legale o l’altro re-lativo alla certificazione, tant’è che leCamere emiliano-romagnole sonostate fra le prime in Italia ad avere lacertificazione del registro delle impre-se, della ragioneria e dell’economato.Importanti sono stati i progetti di inter-nazionalizzazione, attraverso la co-operazione delle Aziende Speciali, op-pure altri più specifici come quelli del-l’apertura di uffici a Shanghai o a Sa-rajevo o di missioni in varie parti delmondo.Nel volume ha rilevanza l’acquisto del-la nuova sede, che testimonia da un

Prefazione

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lato il rinnovamento, l’efficienza dellastruttura, e dall’altro la volontà di co-operare con pari dignità con la Regio-ne. La nuova struttura, illustrata da fo-tografie, mostra ampi ed eleganti spa-zi, completamente automatizzati e in-formatizzati, arricchiti da opere d’arteche danno un tocco di esclusività adambienti degni di un mondo imprendi-toriale all’avanguardia, come appuntoquello emiliano-romagnolo.

La seconda parte del volume è dedi-cata agli accordi, alle convenzioni, aiprotocolli d’intesa che in questi ultimidieci anni sono stati stipulati con laRegione. Questi documenti testimo-niano il lungo processo politico cheUnioncamere ha sviluppato per avvici-nare una Istituzione che aveva benscarsa dimestichezza e conoscenzadelle Camere di Commercio, dellequali poco si fidava politicamente e,per altro verso, ne temeva la concor-renza nel rapporto con le associazionidi categoria e con il mondo imprendi-toriale.Per lunghi anni le contrapposizioni po-litiche e ideologiche hanno tenuto di-stanti, anche se non contrapposti, si-stema camerale e Regione. Quest’ul-tima faceva riferimento esclusivo aglienti locali territoriali: Province, Comu-ni, Comunità Montane, come unicheistituzioni decentrate attraverso lequali sviluppare le politiche economi-che e promozionali della stessa regio-ne. Negli ultimi dieci anni, cadute lecontrapposizioni ideologiche, riforma-to il sistema delle Camere di Com-mercio, acquista una maggiore com-prensione da parte della Regione del

ruolo camerale nelle politiche di svi-luppo e di promozione, conosciuta laprofessionalità ed efficienza dei servi-zi, è stata fatta finalmente giustizia dipregiudizi e chiusure che in altre partid’Italia da tempo sono state abban-donate.Così si sono cominciati a formulareprotocolli d’intesa, accordi settoriali,impegni ad una reciproca consultazio-ne sui temi più importanti dello svilup-po regionale. La testimonianza di que-sto faticoso lavoro di sensibilizzazioneche l’Unioncamere ha svolto, è ripor-tato dai documenti pubblicati.

Una terza parte, originale ed impor-tante, riguarda la pubblicazione di al-cune fra le tante ricerche elaboratedall’Ufficio Studi dell’Unioncamere,veri e propri “trattati” sulle politicheeconomiche della regione, sulle dina-miche dello sviluppo, sull’analisi deifenomeni, sulla ricerca di indirizzi inno-vativi. Sono approfondimenti di gran-de qualità messi a disposizione diquanti vorranno approfondire temati-che così importanti come:Regionalismo e Camere di CommercioPolitiche di sviluppo del territorioCrescita della ricchezzaDemografia e Mercato del lavoroGlobalizzazione e innovazione tecno-logicaGià abbiamo parlato del decentra-mento amministrativo, del ruolo e del-le funzioni delle nuove regioni e dellanecessità per le Camere di Commer-cio di avere un punto forte a livello re-gionale per confrontarsi con esse dia-logando e collaborando con pari di-gnità. Lo studio pubblicato sviluppa il

rapporto pubblico e privato, la qualitàdei servizi alle imprese, le riforme isti-tuzionali, l’imprenditorialità diffusa el’associazionismo, il mercato.L’elaborato sulle Politiche di sviluppodel territorio analizza i distretti indu-striali, i settori chiave dell’economia,quelli trainanti e quelli in posizione in-termedia come gli alimentari e la mec-canica, il tessile, l’emergere di impre-se leader, la valutazione degli errori,dei vincoli e dei rallentamenti del mo-dello di sviluppo per poi passare allepolitiche che aiutano la nascita di nuo-ve imprese, il ricorso allo spin-off, l’im-portanza delle infrastrutture.Molto interessante in questo studio èl’analisi dello sviluppo illimitato, la crisidella politica, il progresso tecnologicoe internet, le politiche regionali per losviluppo, la partnership nell’industria enei servizi, il ruolo delle associazioni dicategoria, le azioni della pubblica am-ministrazione, gli obiettivi strategicidella regione , il potenziale contributodelle Camere di Commercio, sia comeaiuto alla piccola e media impresa, siacome erogatrice di servizi che facilita-no l’e-commerce, infine come rete diistituzione e di impresa. La politicaeconomica basata sulla conoscenza,l’Europa, la globalizzazione chiudonoquesto importante capitolo.La Crescita della ricchezza è il terzoargomento affrontato nel nuovo sce-nario della competizione globale. Unaserie di tabelle, grafici arricchiscono leanalisi dell’ufficio studi di Unioncame-re, aggiornano sulla posizione dell’E-milia-Romagna in Europa. In Demografia e mercato del lavorovengono approfonditi i dati di Excel-

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sior, banca dati europea di Unionca-mere sul ristagno o addirittura sul ca-lo demografico della nostra regione, ilpiù alto d’Italia e d’Europa, il mercatodel lavoro, l’immigrazione, i processidi integrazione, la tendenza in atto atrasformare il lavoro dipendente in la-voro autonomo, i fenomeni di disoc-cupazione e la sua distribuzione pro-vinciale, i redditi da lavoro. Davvero in-teressanti sono le analisi circa le con-seguenze economiche dell’evoluzionedemografica e qui vale veramente lapena lasciare allo studio ogni conside-razione perché da questo dipenderàgran parte dello sviluppo ma anchedell’assetto sociale e culturale dell’E-milia-Romagna.Questa parte si chiude con un tema digrande attualità Globalizzazione e in-novazione tecnologica nel quale sonoillustrati i servizi, le reti, le relazioni, perfar crescere l’internazionalizzazionedella nostra economia. Innovazionetecnologica; lavoro degli extra comu-nitari, necessità di aprirsi non solo al-l’Europa ma anche a paesi giovani infase di robusta crescita, attraversopolitiche industriali e servizi che con-sentono anche alle piccole imprese diportarsi sui mercati internazionali. Il volume si chiude con una breve ap-pendice nella quale sono indicati am-ministratori, strutture del sistema e bi-bliografia di Unioncamere.L’opera costituisce un’importante,seppur parziale, rappresentazionedelle attività di Unioncamere regiona-le, frutto della professionalità, serietà,impegno dei collaboratori altamenteconsapevoli del ruolo che svolgono edella qualità del lavoro che a loro si

chiede. Ad essi va il mio ringraziamen-to più sincero per averli avuti al fiancoin questi dieci anni così importanti ecosì significativi. Ho potuto usufruiredella loro professionalità, del loro at-taccamento all’istituzione a comincia-re dal Segretario Generale che in tuttoquesto decennio ha guidato la struttu-ra con grande competenza e intelli-genza, il Dott. Claudio Pasini, arteficedi quella spinta innovativa che ha col-locato l’Unione ad un livello istituzio-nale di grande prestigio e di grande ri-guardo. Vorrei ricordare tutti, cito gliuffici più significativi come quello studie statistica, la segreteria generale, laragioneria e l’economato, l’ufficio le-gale, il centro estero e poi l’ufficio perl’internazionalizzazione. Per terminare,ringrazio tutti i Presidenti delle Came-re di Commercio con i quali ho colla-borato e che hanno sempre condivisoil ruolo dell’Unione, difendendola a li-vello locale dove non sempre si ri-escono a comprendere i ruoli, le fun-zioni politiche, amministrative e pro-mozionali svolte.Ad una Regione europea, che si collo-ca in un quadro di relazioni internazio-nali forti e qualificate, con 450.000 im-prese, di cui molte leader a livellomondiale, abbiamo dedicato ogni no-stra risorsa ed ogni nostro impegnoper aiutarne lo sviluppo e la crescita.

Pietro Baccarini

Prefazione

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Programmi, attività,analisi economiche e congiunturali,

interventi e relazioni

Unioncamere Emilia-Romagna 1992-2002

Un impegno decennale

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1992 13Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Nel 1992 l’economia emiliano-roma-gnola è cresciuta ad un tasso piutto-sto contenuto, scontando innanzi-tutto la stagnazione delle attività in-dustriali, in linea con quanto avvenu-to nella quasi generalità delle regioniitaliane. In questo 1992, che sta perconcludersi, riteniamo che l’Emilia-Romagna possa crescere ad un tas-so lievemente più sostenuto rispettoal 1991, in ragione soprattutto delforte incremento della produzioneagricola e della lieve ripresa dell’atti-vità manifatturiera. Si può quindi rite-nere che la crescita reale del Pil po-trà attestarsi attorno all’1,5%, lieve-mente al di sopra dell’aumento na-zionale dell’1,2% previsto dalla rela-zione previsionale e programmatica.Il recupero del Pil non deve tuttaviafar pensare ad un’annata spiccata-mente positiva. L’Emilia-Romagna,come altre realtà del resto, ha risen-tito delle tensioni valutarie dellascorsa estate e del rincaro del costodel denaro conseguente ai ripetutiaumenti del tasso di sconto, decisidalla Banca d’Italia allo scopo di di-fendere il cambio della lira. Le pic-cole imprese industriali, che costitui-scono il nerbo produttivo della re-gione, sono state tra le più colpite,con ripercussioni negative sull’attivi-tà produttiva e sull’occupazione.I consumi privati e soprattutto gli in-vestimenti dell’industria manifatturierasono risultati in rallentamento, mentrela domanda estera è salita a tassi no-minali insoddisfacenti. La forza lavoroè diminuita, scontando il concomitan-te calo degli occupati e delle personein cerca di occupazione.

Il settore agricolo è stato contraddi-stinto da sovrapproduzione e daconseguenti crolli delle quotazioni.Problemi non sono nemmeno man-cati dal turismo, che ha visto scen-dere in misura apprezzabile le pre-senze straniere.Si è trattato in sostanza di uno sce-nario al chiaro scuro, non recessivo,ma nemmeno incoraggiante. Un an-no insomma di transizione verso unaripresa che non dovrebbe tuttaviamanifestarsi prima del 1994.Nel mercato del lavoro non sonomancate le difficoltà.Le rilevazioni Istat sulle forze di lavo-ro hanno registrato, da gennaio a lu-glio, un calo dello 0,5% - equivalen-te in termini assoluti a circa 8.000addetti - interamente dovuto alla di-minuizione dell’occupazione “di-chiarata”, la più numerosa e certa-mente più produttiva in termini direddito rispetto all’altra condizionedi occupato rappresentata dalle “al-tre persone con attività lavorativa”.Tra i settori è continuato l’aumentodel terziario (a luglio è stato supera-to per la prima volta il limite del mi-lione di addetti), mentre l’agricolturae le costruzioni sono apparse so-stanzialmente stazionarie. Le notepiù negative, in linea con quantoemerso nelle indagini congiunturali,sono venute dall’industria in sensostretto che ha accusato una flessio-ne del 4% equivamente in terminiassoluti a circa 19.000 addetti di cui11.000 alle dipendenze.Dal lato del sesso va sottolineato ilnuovo aumento delle donne (+0,6%)che ha rafforzato il peso sul totale

dell’occupazione. Questa tendenzaè in atto dal 1977 e non si è pratica-mente mai interrotta. In quell’anno ledonne costituivano il 35,7% deglioccupati. Nel 1991 arrivavano asfiorara il 40% per poi superarlo nel-la media dei primi sette mesi del1992.Un ulteriore aspetto negativo è ve-nuto dalle liste di mobilità (qualcunole considera come una sorta di anti-camera del licenziamento) che dal-l’entrata in vigore della normativa(Legge 223 dell’agosto 1991) a tut-to il 18 novembre scorso hannocontato 4.038 nuove iscrizioni afronte del soli 965 avviamenti.Al calo dell’occupazione si è coniu-gata la diminuzione delle persone incerca di occupazione. Questo anda-mento, apparentemente paradossa-le, ha sottinteso flussi in uscita dalmondo del lavoro assai più ampi de-gli ingressi, senza trascurare il feno-meno dello “scoraggiamento” chepuò avere colpito diverse persone incerca di occupazione a causa dellasfavorevole congiuntura.Dal lato della condizione i disoccu-pati “in senso stretto”, ovvero coloroche hanno perduto una precedenteoccupazione alle dipendenze permotivi prevalentemente economici,sono risultati in aumento del 5,8%,in linea con quanto emerso nelle li-ste di collocamento nei primi novemesi del 1992.Le persone in cerca di prima occu-pazione sono invece dimuinuite del12,3% senza risentire apparente-mente del rallentemento intercorsonei contratti di formazione-lavoro.

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14 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1992Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Resta da domandarsi quanto possaavere influito su questo andamento,registrato anche dalle liste di collo-camento, lo “scoraggiamento” alquale prima accennavamo. Il feno-meno non è purtroppo quantificabi-le, ma resta il dato di fatto che lenon forze di lavoro in età lavorativasi sono incrementate dell’1,2% percomplessive 15.000 persone.Il mercato del lavoro extracomunita-rio (le nazioni più rappresentate so-no Marocco, Tunisia e Senegal) èstato contraddistinto dalla flessionedegli iscritti nelle liste di collocamen-to e del numero degli avviati. La ca-ratteristica principale degli iscritti èstata rappresentata dalla scarsascolarità e dalle mansioni prevalen-temente generiche.I contratti di formazione lavoro, pre-visti dalla Legge 863/ 84 sono risul-tati in rallentamento. Sono stati pre-sentati meno progetti, mentre gli av-viamenti sono scesi, nei primi novemesi del 1992 a circa 12.000 controi quasi 15.000 nello stesso periododel 1991.La diminuzione più pesante ha ri-guardato l’industria, mentre il terzia-rio è risultato sostanzialmente stabi-le. La percentuale dei contratti con-vertiti a tempo indeterminato si èmantenuta sopra il 50%, in linea conquanto emerso nel Paese.Il part-time ha continuato a raffor-zarsi. Le trasformazioni di contrattida tempo pieno a tempo parzialehanno raggiunto la cifra record, dagennaio a settembre di 5.393 unità.Le difficoltà vissute nel 1992 nonhanno tuttavia compromesso la si-

tuazione di relativa solidità che con-traddistingue l’Emilia-Romagna nelpanorama italiano, con i secondi mi-gliori tassi di attività e di occupazio-ne, oltre al quarto miglior tasso didisoccupazione.L’annata agraria 1991/1992 è sta-ta influenzata positivamente da unasoddisfacente evoluzione metereo-logica, le produzioni sono risultateabbondanti e, in generale, di buonlivello qualitativo tuttavia la maggiorparte dei prodotti regionali sono sta-ti penalizzati dalla forte flessione deiprezzi di mercato.Il settore della pesca marittima elagunare, nei primi sette mesi del1992- l’unico periodo confrontabilein quanto non influenzato dal fermodi pesca- ha fatto registrare un calodella produzione sbarcata dal 4,5%che si è riflesso sulle quantità intro-dotte nei mercati ittici delle provincecostiere. La perdita economica chene è derivata è risultata ampia. Il va-lore del pescato introdotto nei mer-cati, pari a poco più di 27 miliardi e751 milioni di lire, è infatti sceso del13,5% rispetto ai primi sette mesidel 1991, a fronte di un’inflazionetendenziale del 5,5%.L’industria energetica, per quantoriguarda la produzione di energiaelettrica, ha fatto registrare nei primiotto mesi del 1992 una produzionenetta pari a 9.438 milioni di kwh conun aumento del 20,9% (+3,4%) ri-spetto allo stesso periodo del 1991,sintesi della diminuzione dell’11,4%della fonte idroelettrica e dell’incre-mento del 24,8% di quella termoe-lettrica. La forte crescita di quest’ul-

tima fonte, interamente attribuibilealle centrali controllate dall’Enel(aziende municipalizzate e autopro-duttori hanno subito decrementi pa-ri rispettivamente al 5,9% e 4,9%) èstata dovuta essenzialmente all’ac-cresciuto impiego di olio combusti-bile, che ha compensato il minoreutilizzo di metano.Questo andamento si è coniugatoalla generale flessione dei consumidi metano.Secondo i dati trasmessi dallaSnam, nel primo semestre del 1992sono stati registrati in Emilia-Roma-gna consumi pari a circa 3 miliardi e834 milioni di metri cubi, con un de-cremento del 2% rispetto allo stessoperiodo del 1991.La diminuzione più ampia ha riguar-dato gli usi industriali (-2,9%) segui-ti da quelli civili (-1,2%) e destinatiall’autotrazione (-0,5%).L’industria manifatturiera hachiuso i primi nove mesi nel 1992con un lieve recupero produttivo ri-spetto alla sostanziale stagnazioneregistrata nello stesso periodo del1991. Si è trattato tuttavia di unacrescita a due velocità. La piccolaimpresa, che costituisce il nerbodell’assetto industriale emiliano-ro-magnolo, ha infatti mostrato untrend stagnante, aggravato da signi-ficative diminuzioni dell’occupazio-ne, a fronte degli apprezzabili risul-tati conseguiti dalle grandi imprese.Tra i vari settori vanno sottolineati ipositivi andamenti delle industrie ali-mentari ed il lento recupero delle in-dustrie meccaniche. Le difficoltà piùampie hanno riguardato i mezzi di

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1992 15Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

trasporto e i mobili in legno. Il fattu-rato è praticamente cresciuto allostesso ritmo dell’inflazione, sottin-tendendo, alla luce della crescita del3,2%, dei prezzi alla produzione, unaumento reale del 2,2% rispetto allieve calo dello 0,2% relativo ai priminove mesi del 1991.La domanda ha dato segni di ripre-sa proponendo incrementi del 2,5%del mercato interno e del 3,7% daquello estero. La maggiore dinamicadegli ordinativi esteri non si è tutta-via riflessa in misura significativa sultrend delle esportazioni se si consi-dera che nel primo semestre è stataregistrata una crescita nominaledell’1,3% del tutto sproporzionataall’incremento quantitativo prossimoal 15%. Questo andamento ha sot-tinteso una secca diminuzione deiprezzi all’export che sottintendemargini di profitto sempre più ridot-ti, in linea con un politica ormai in at-to da diversi trimestri e che proba-bilmente la svalutazione della liracontribuirà a cambiare.La propensione all’export è statarappresentata da una quota sul fat-turato pari al 32,7% lievemente su-periore al rapporto rilevato nei priminove mesi del 1991.Il periodo di produzione assicuratodal portafoglio ordini è apparso inlieve calo, pur mantenendosi sopra itre mesi.Le difficoltà di approvvigionamentodei materiali destinati alla produzio-ne sono risultate minime, mentre legiacenze di prodotti finiti sono ap-parse meno pesanti.L’occupazione è risultata in calo del-

lo 0,2%. E’ la prima volta che neiprimi nove mesi dell’anno- i più in-fluenzati dalle assunzioni stagionali-avviene un fatto del genere. A que-sto andamento si è coniugato l’au-mento al ricorso alla cassa integra-zione guadagni sia per interventi an-ticongiunturali (+ 17,3% nei primidieci mesi dell’anno) che strutturali(+50,8%).La propensione all’investimento, va-lutata sulla base delle domande per-venute al Bimer è apparsa in sensi-bile calo. Dalle 1.133 domande neiprimi nove mesi del 1991, si è pas-sati a 937, mentre i finanziamentisono scesi da 830 miliardi e 220 mi-lioni di lire a 723 miliardi e 241 milio-ni di lire.Ulteriori elementi di incertezza sonovenuti dai fallimenti dichiarati salitida 169 a 171, mentre l’assetto im-prendoriale è stato caratterizzato daun tasso di sviluppo negativo. E’proseguito il processo di riduzionedelle imprese individuali a fronte delrafforzamento della forma societa-ria, fenomeno questo che, almeno inteoria, dovrebbe sottintendereaziende più solide e quindi megliocapaci di affrontare la concorrenza.L’industria delle costruzioni, sullabase dei dati parziali relativi alla vo-lumetria dei fabbricati progettati, hafatto registrare una tendenza in se-gno marcatamente negativo. Nonsono tuttavia mancati i segnali posi-tivi rappresentati in primo luogo daldiscreto andamento delle impreseartigiane e dalla sostanziale tenutadell’occupazione. La cassa integra-zione guadagni sia ordinaria che

speciale è scesa, mentre lo sviluppoimprenditoriale ha proposto un tas-so di crescita positivo, in controten-denza con quanto avvenuto nella to-talità delle imprese iscritte al Regi-stro Ditte. Note positive anche per ifallimenti, scesi nel primo semestreda 41 a 27, mentre la domanda diinvestimento indirizzata al Bimer, siè cifrata in 98 miliardi e 694 milionidi lire rispetto ai 50 miliardi e 436milioni dei primi nove mesi del 1991.Le attività commerciali sono ap-parse in rallentamento. Le difficoltàeconomiche, coniugate ai prelievi fi-scali decisi dal Governo al fine dicontenere il deficit pubblico, hannofrenato i consumi mentre la perditadi fiducia delle famiglie è risultatadelle più ampie contribuendo a ren-dere sempre più incerto il quadrocongiunturale. Dal lato strutturale èproseguita la corsa della grande dis-tribuzione alimentare, mentre è di-minuito il numero dei piccoli esercizispecie alimentari.Il commercio estero. Tra le regioniexport-oriented l’Emilia-Romagna èstata l’unica ad ottenere nel corsodel primo semestre un tasso di cre-scita inferiore a quello nazionale conun modesto +1,7%, I risultati più fa-vorevoli sono stati ottenuti nei pro-dotti agricoli, ceramico ed alimenta-re. I dati provinciali indicano unacrescita più consistente per l’exportdi Parma, Reggio Emilia e Ravenna,mentre stazionario è stato l’export diModena e flessioni si sono avute aFerrara e, soprattutto, a Bologna.La stagione turistica è risultatadeludente. Arrivi e prensenze sono

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diminuiti nei primi nove mesi del1992 dello 0,2% e 2,6% rispettiva-mente. I cali più accentuati hanno ri-guardato la clientela straniera. Ledifficoltà economiche che hanno in-teressato molti paesi industrializzatihanno certamente influito, ma nonva nemmeno trascurata la perdita diimmagine subita dal nostro Paese aseguito dei tragici fatti di Palermo.Il traffico portuale relativo al Portodi Ravenna è risultato nei primi ottomesi del 1992 in aumento del28,7% rispetto allo stesso periododel 1991. L’apporto più consistenteè venuto dalle merci secche, cioè daquel comparto merceologico chemeglio di ogni altro caratterizza l’as-setto commerciale di un porto. Perun’altra voce qualificante quale ilmovimento container, è stato regi-strato un apprezzabile aumento siain termini di tonnellaggio che di Teu.Il traffico aereo, dopo le tensioniprovocate dalla Guerra del Golfo, ètornato alla normalità. Nel più im-portante aeroporto dell’Emilia-Ro-magna, il Guglielmo Marconi di Bo-logna, le aeromobili movimentatenei primi dieci mesi del 1992 sonorisultate 10.000, superando del13,3% il quantitativo dello stessoperiodo del 1991. Uguali progressi,in termini di passeggeri movimenta-ti, sono stati rilevati anche nei con-fronti dei primi dieci mesi del 1990non influenzati dal conflitto. Situa-zione negativa invece per Rimini,che ha probabilmente risentito delcalo degli arrivi turistici stranieri,mentre Forlì ha fatto registrareun’apprezzabile ripresa del traffico

passeggeri.I trasporti ferroviari, relativamenteai primi nove mesi del 1992, sonostati caratterizzati dal lieve aumentodei traffico passeggeri e dell’apprez-zabile crescita delle merci. Per il be-stiame è continuata la tendenza re-cessiva.Nel settore del credito va sottoli-neata la forte crescita degli impieghi(+19,9% settembre) abbastanzaanomala se si considera la sfavore-vole congiuntura.Per i depositi l’incremento è statopari al 7,5%; lievemente superiore alcorrispondente aumento nazionale.Il rapporto impieghi-depositi ha ol-trepassato il 97%, attestandosi su li-velli mai registrati nel recente.L’assetto imprenditoriale dell’e-

conomia emiliano-romagnola in es-sere alla fine del mese di giugno èstato caratterizzato da un nuovo ca-lo del numero delle imprese cui ècorrisposto un tasso di sviluppo ne-gativo, in controtendenza con quan-to avvenuto nel Paese e nella circo-scrizione centro-settentrionale. Ilnumero delle imprese individuali èapparso ancora in diminuzione afronte della crescita della societàsoprattutto di capitale.L’evoluzione dei diversi settori è sta-ta contraddistinta dalla flessionesubita dall’industria manifatturierache fra il giugno 1991 e il giugno1992 ha ridotto il numero delle im-prese di circa 1.300 unità. Perquanto riguarda gli altri rami di attivi-tà va sottolineata la crescita delle

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Ingresso della sede di Via Monte GrappaNella foto da sinistra: Dott. Flavio Andrighetti, consulente commercio interno - Dott. Claudio Pasini- Dott. Giancarlo Lenzi, Presidente del Centro Estero

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1992 17Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

imprese edili e dei servizi legati alcredito o al noleggio dei beni mobili.Quest’ultimo settore, che rappre-senta parte del cosiddetto “terziarioavanzato” è in continua ascesa an-che alla luce del notevole impulsovenuto dagli ausiliari finanziari e daiservizi alle imprese.L’artigianato ha subito una nuovacontrazione del numero delle impre-se che ha consolidato la tendenza inatto da diversi anni. Dalle 137.195imprese rilevate dal censimento del1981 si è via via scesi alle 132.997di fine giugno 1992. Le cause diquesto ridimensionamento sono di-verse, ma le principali possono es-sere ricercate nel fenomeno di razio-nalizzazione in atto che vede sem-pre meno ditte individuali e più so-cietà, specie di capitale, e nelle diffi-coltà economiche che in questo1992 sono state rappresentate dalrientro presso le grandi aziende disegmenti di produzione prima affi-dati all’esterno in subfornitura.L’andamento economico registratodalla CNA regionale nel primo seme-stre è apparso deludente. Produzio-ne e domanda sono risultati in nettadecelerazione mentre l’occupazioneha accusato un calo dello 0,3%.Il quadro finanziario è risultato me-glio intonato di quello congiunturale.L’aspetto più positivo è stato rap-presentato dalla riduzione dei tempidi pagamento da parte dei clientiche ha contribuito a ridurre l’indebi-tamento bancario a breve.L’Artigiancassa, nei primi sei mesidel 1992, ha ridotto notevolmente ifinanziamenti in contributo in conto

interessi, risentendo delle restrizionifinanziarie imposte dal Governo.Meglio il leasing, i cui contributi so-no aumentati del 29,3%.Le imprese cooperative rilevatealla fine del 1991 sono apparse inaumento del 4,9% rispetto alla stes-sa data del 1990. L’associazionismoè aumentato del 2,8%, con unapunta del 4,1% relativa alla Conf-cooperative che con 2.245 societàsi è confermata come la più rappre-sentata in Emilia-Romagna, seguitadalla Lega delle Cooperative con2.041 società.L’andamento congiunturale del1992 è risultato in ulteriore rallenta-mento rispetto al 1991, in linea conl’andamento generale dell’economiaemiliano-romagnola. Il settoreagroindustriale ha fatto registraremodesti incrementi di fatturato, ri-sentendo della generale diminuzionedei prezzi commercializzati.Nella produzione e lavoro i bilanci difine anno traducono una difficile si-tuazione di mercato, con una parti-colare accentuazione per le costru-zioni.Il settore dei consumi ha mostratoun andamento prevalentemente po-sitivo e lo stesso è avvenuto per idettaglianti.Le cooperative sociali, che operanonel campo dei servizi, dell’assisten-za agli anziani, ai portatori di handi-cap ecc. hanno evidenziato forti in-crementi sia in termini di fatturatoche di occupazione. I problemi piùrilevanti sono venuti dai ritardi neipagamenti da parte delle ammini-strazioni pubbliche, che hanno or-

mai triplicato i termini previsti perlegge.La cassa integrazione guadagni,relativa ai primi dieci mesi del 1992,è apparsa in aumento. Le ore auto-rizzate per interventi anticongiuntu-rali sono risultate 7.865.078 con unincremento del 16,4% rispetto allostesso periodo del 1991. Le indu-strie metalmeccaniche hanno co-perto circa il 58% del monte ore ri-spetto al 54% dei primi dieci mesidel 1991. Forti aumenti percentualihanno riguardato inoltre le industriedel vestiario-abbigliamento-arreda-mento, alimentari e della carta e po-ligrafiche. Gli interventi straordinarisono ammontati a 5.661.493 oreautorizzate, vale a dire il 49,7% inpiù rispetto al 1991. Questo aumen-to va tuttavia considerato alla lucedell’ampio lasso di tempo che, acausa del lungo iter burocratico, in-tercorre fra la richiesta di Cig e la re-lativa autorizzazione. Con ogni pro-babilità, i primi dieci mesi del 1992hanno ereditato situazioni pregres-se. Ciò non toglie che il fenomenosia in ripresa, quasi a configurareuna nuova fase di ristrutturazionedopo quella massiccia registratanella prima metà degli anni ’80.Interventi ordinari e straordinari so-no aumentati assieme ad oltre 13milioni e mezzo di ore autorizzate.Questo quantitativo che, va sottoli-neato, non sempre corrisponde alleore effettivamente integrate in unsecondo tempo, è certamente am-pio, ma va tuttavia rapportato all’u-niverso degli occupati. Sotto questoaspetto le ore di Cig sia ordinarie

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che straordinarie sono corrisposteall’inattività di circa 10.500 personesu di un’occupazione industriale pa-ri a circa 595.000 unità. Il confronto,anche se non strettamente omoge-neo, è tuttavia indicativo di un feno-meno non abnorme, ma nemmenoirrilevante, che si coniuga al calodell’occupazione industriale rilevatosia nelle indagini congiunturali che inquelle sulle forze di lavoro.La gestione speciale edilizia, la cuiconcessione è subordinata a situa-zioni di inattività dovute al maltem-po, si è cifrata in 2.567.671 ore au-torizzate, vale a dire il 34,9% in me-no rispetto allo stesso periodo.Questo andamento, proprio per laspecifica natura delle concessioni,può sottindere una situazione cli-matica meglio intonata, ma ancheminori occasioni di utilizzo dovutealle diminuzioni di cantieri oppure alavori svolti prevalentemente alchiuso.I protesti levati nei primi sei mesi del1992 sono risultati 100.429 con uncalo dell’1% rispetto allo stesso pe-riodo del 1991. Non altrettanto è av-venuto per gli importi saliti dai circa234 miliardi di lire del primo seme-stre 1991 ai 251 miliardi e 554 milio-ni del 1992. In crescita sono appar-se soprattutto le cambiali pagherò,mentre assegni e tratte non accetta-te sono lievemente diminuite.I fallimenti dichiarati nel primo se-mestre sono risultati 490 rispetto ai513 dello stesso periodo del 1991. Ilmiglioramento è stato dovuto un pòa tutti i rami di attività- industrie edi-li e trasporti e comunicazioni in te-

sta- fatta eccezione per l’industriamanifatturiera i cui fallimenti sonolievemente aumentati da 169 a 171.In rapporto al numero delle impreseiscritte nel Registro ditte è stata re-gistrata una quota dell’1,56 per mil-le rispetto all’1,62 per mille di finegiugno 1991.La conflittualità del lavoro regi-strata nei primi otto mesi del 1992 èrisultata in decremento, in linea conquanto avvenuto nel Paese. Le oreperdute sono risultate 1.375.000contro i 2.843.000 dello stesso pe-riodo del 1991. I conflitti originati darapporti di lavoro sono scesi a681.000 ore perdute rispetto ai2.835.000 del 1991. In forte ripresasono invece apparsi gli scioperi “po-litici” che hanno coinvolto in Emilia-Romagna oltre 500.000 persone perun totale di 694.000 ore perdute.Parte di queste astensioni è statadovuta alle manifestazioni indettedai sindacati in occasione della tra-gica fine dei giudici Giovanni Falco-ne e Paolo Borsellino e di otto agen-ti di scorta.La domanda di investimenti, valu-tata sulla base delle domande per-venute al Bimer nei primi nove mesidel 1992 è apparsa in aumento. Incomplesso sono stati richiesti finan-ziamenti per complessivi 1.483 mi-liardi di lire, il 9,2% in più rispetto aiprimi nove mesi del 1991. Parte del-l’aumento è da imputare alla forteascesa dei servizi alberghieri chehanno beneficiato del rifinanziamen-to della Legge 424 relativa all’eutro-fizzazione algale.Note negative per l’industria mani-

fatturiera che ha visto scendere ledomande al 17,3% e gli importi del12,9%. Questo andamento si coniu-ga ad una situazione di generale in-certezza, come testimoniato dalmodesto incremento reale dello0,5% registrato, in termini di conta-bilità nazionale, per gli investimentiin attrezzature.Le richieste pervenute all’Artigian-cassa nel primo semestre sono ri-sultate in calo, traducendo il climad’incertezza che ha interessato an-che il mondo artigiano. Altri proble-mi hanno riguardato i finanziamentierogati. La mancanza di fondi haprovocato autentici crolli delle do-mande ammesse al contributo inte-ressi. Non altrettanto è avvenuto peril leasing che ha visto crescere i re-lativi finaziamenti del 29,3%.Per quanto concerne l’inflazioneregionale, i dati più aggiornati relati-vi alla città di Bologna, che concor-re alla formazione dell’indice nazio-nale, hanno registrato fra gennaio enovembre un ampio rallentamentodel ritmo di crescita dei prezzi diconsumo.Dall’incremento tendenziale del6,6% registrato ad inizio 1992 si èvia via passati al 4,9% di novembre,lo stesso registrato nel Paese. Dasottolineare il calo dello 0,1% regi-strato nello scorso settembre rispet-to ad agosto. Per trovare un’altra di-minuzione di questo genere, biso-gna risalire al luglio del 1986.

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Lo scenario internazionaleAl momento in cui scriviamo lo Sme èsottoposto a forti tensioni. La situazio-ne internazionale non è caratterizzatada segni univoci di ripresa e non con-sente di intravedere una prossima,seppur lenta, uscita dallo stato di crisigeneralizzata che sta caratterizzandoquesto periodo. La crescita del Prodotto interno lordodegli Stati Uniti prosegue molto lenta-mente. In Giappone i dati del Prodot-to nazionale lordo per il terzo trimestredel 1992 mostrano un calo dello 0,4%rispetto al trimestre precedente edell’1,6% su base annua. I consumiinterni giapponesi sono in diminuzio-ne, mentre gli ordini dei macchinari incontrazione fanno intravedere una di-minuzione o un sensibile rallentamen-to anche degli investimenti.In Germania il Pil è sceso dello 0,5%nel terzo trimestre 1992, mentre laproduzione industriale ad ottobre èsegnalata in calo del 2,2%, mentre gliinvestimenti sono segnalati in calo, fraluglio e settembre, del 3,9% rispettoallo stesso periodo dell’anno prece-dente.

In Francia il secondo trimestre del1992 ha evidenziato un’attenuazionedella crescita economica: i consumidelle famiglie hanno fatto registrareuna crescita molto lenta, così comepure gli investimenti sono in rallenta-mento. Ulteriori diminuzioni dell’attivitàeconomica sono da segnalarsi inoltrein Gran Bretagna.Di fronte ad un simile scenario inter-nazionale non ci si può aspettare unaripresa a breve della domanda mon-diale rivolta alle produzioni italiane; leaspettative di ripresa della domandainternazionale sono quindi da sposta-re in avanti di almeno un anno, riman-dando una seppur lenta crescita allafine del 1993.

La situazione italianaIl panorama dell’economia italiana ècaratterizzato da una forte incertezza.La svalutazione nei confronti del Mar-co e delle altre monete potrà ridare in-fatti una possibilità alle imprese di re-cuperare competitività nei prossimimesi. La svalutazione consentirà alleimprese di adeguare in parte i listinidelle produzioni destinate al mercato

internazionale, consentendo un recu-pero sui margini di profitto senza perquesto provocare aumenti di prezzosensibili sui mercati internazionali.D’altra parte c’è però da sottolineareche il permanere dei tassi di cambiosu livelli elevati potrà ripercuotersi suicosti delle materie prime e dei prodot-ti in generale provenienti dall’estero.Questa spinta inflativa avviene tuttaviain un contesto di deindicizzazione del-la nostra economia. Le spinte inflativepossono essere quindi riassorbite dalsistema economico, generando unariduzione della domanda interna conulteriori effetti di riduzione delle spinteinflative stesse.In questo quadro si innesta la mano-vra del governo per la riduzione deldebito pubblico, che pare destinata acolpire duramente i redditi sul finire del1992 e nel 1993, con conseguenti ef-fetti sulla domanda interna che ap-paiono di difficile valutazione. Occorreinfatti considerare che la percezionedella riduzione del reddito può sì por-tare ad una riduzione della crescita neiconsumi (molte decisioni di spesa, deltipo rinnovo dell’automobile o dei mo-bili di casa, vengono di fatto rimanda-te al futuro), ma è anche vero chemolte delle voci di spesa che com-pongono i consumi delle famiglie (ali-mentazione, trasporti, vestiario, casa)sono difficilmente riducibili poiché di-pendono ancora prima che dal reddi-to dalle caratteristiche strutturali dellafamiglia e dalle abitudini di vita, con-nesse si al reddito ma modificabili len-tamente. E’ quindi difficile oggi quan-tificare gli effetti della manovra del go-verno sui consumi.

Le previsioni 1993 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 1993Produzione Industriale Emilia-Romagna

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Le conseguenze per l’industriaemiliano-romagnolaIl 1992 sta per chiudersi con un anda-mento complessivo della produzioneindustriale in lieve recupero. Larghicomparti dell’industria stanno tuttaviaancora risentendo della crisi che li hacolpiti fra la fine del 1991 e l’inizio del1992, come ad esempio il settoremeccanico, ma nel complesso il 1992potrebbe chiudersi con un incrementodella produzione mediamente supe-riore al 2%.Il 1993 potrebbe rivelarsi un anno diffi-cile, a seconda di come si comporte-ranno consumi ed investimenti. La do-manda interna si troverebbe pesante-mente penalizzata dalla manovra delGoverno, così come pure in fase re-cessiva potrebbero trovarsi gli investi-menti. La sostanziale riduzione degliordini interni sarebbe compensata dal-la domanda estera, sostanzialmentestabile, ma incentivata dagli effetti dellasvalutazione. Una dinamica lenta delladomanda estera e la sostanziale cadu-ta nella crescita di quella interna, com-porterebbe una crescita produttiva me-dia nel 1993 del 2,4%. In termini occu-pazionali questo comporterebbe per il1993 una riduzione del 2,7%, da som-marsi al calo del 3,5% per il 1992.L’ipotesi di una ripresa a livello inter-nazionale a fine 1993 consentirebbela ripresa degli ordini esteri con un rit-mo più elevato, consentendo al siste-ma industriale emiliano-romagnolo unanno di lenta crescita.E’ tuttavia probabile che i comporta-menti dei consumatori, più prudenti inseguito alla manovra di rientro della fi-nanza pubblica, e degli investitori, dis-

incentivati dagli alti tassi di interesse,inducano una riduzione più forte delladomanda interna. Gli effetti sarebbe-ro tali da indurre una fase di lieve re-cessione alla fine del 1993.

I settori industrialiIndustria meccanicaIl 1992 sta per chiudersi con una len-tissima uscita dal comparto della faserecessiva che ha contrassegnato il1991. Tuttavia il rallentamento del ci-clo degli investimenti non consentiràal settore una ripresa netta per il 1993.Solo gli ordini esteri consentiranno alcomparto di non vivere una nuova re-cessione.CeramicaPer il settore il 1992 è stato un anno diripresa, soprattutto negli ultimi scorcidell’anno. Tuttavia i rallentamenti se-gnalati negli investimenti in edilizia sulmercato interno comprometteranno loslancio della ripresa, sostenuta preva-lentemente, per il 1993, dagli ordiniesteri.ElettronicaLa produzione del settore potrà asse-starsi, per tutto il 1993, su tassi di cre-scita significativamente positivi(+4,7%). Il livello della produzione edegli ordini totali tuttavia non consen-tiranno al settore di far rallentare l’e-spulsione di manodopera, che faran-no rilevare segni negativi per il terzoanno consecutivo.AlimentareIl settore risentirà particolarmente delrallentamento dei consumi internicontenuto nell’ipotesi di base che sor-regge questa previsione. Il settore èpoco esposto al mercato estero e ri-

sentirà quindi in misura minore dellaripresa della domanda estera. I tassidi crescita della produzione si manter-ranno comunque positivi per tutto l’ar-co della previsione.TessileIl 1992 è stato il secondo anno di cre-scita zero per il settore, dopo il 1991.Le previsioni per il 1993 non si disco-stano significativamente da tali anda-menti. Il calo degli ordini totali potreb-be ripercuotersi sulla produzione chepotrebbe presentare segni negativi dileggera entità.AbbigliamentoIl calo degli ordini totali si ripercuoteràsul livello di produzione del settore,che subirà un forte rallentamento neitassi di crescita (+ 1,9% nel 1993contro il 5,5% del 1992). Si segnalanocomunque forti riduzioni dell’occupa-zione nel settore.

Le previsioni 1993 per l’Emilia-Romagna

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 21

Il contesto istituzionaleNell’attuale fase di integrazione euro-pea, il sistema Italia sta incontrandomolte più difficoltà rispetto ai partnereuropei ad adattare le regole stabilitedalla Comunità al proprio sistema politi-co ed economico. Ciò dipende anchedalle profonde diversità isituzionali checaratterizzano l’Italia rispetto agli altripaesi industrializzati. Nello scenario in-ternazionale si sono consolidate due li-nee di tendenza: da un lato, la limitataefficacia delle politiche di localizzazionedelle imprese dettate dai governi nazio-nali e, dall’altro, l’influenza crescentedelle azioni realizzate dai governi sub –nazionali e da altri soggetti emergentiquali nuovi attori della politica per lo svi-luppo economico, quali, ad esempio, leCamere di Commercio. Ciò comporta ilcambiamento di ruoli e di metodologiedell’azione politica. I governi nazionalinon sono destinati a scomparire, ma asvolgere soprattutto azioni di coordina-mento e di garanzia rispetto a quantorealizzato da altri soggetti su scala loca-le. L’assetto istituzionale tedesco, ca-ratterizzato dal forte potere dei Länder,rappresenta certamente il modello di ri-ferimento. In Italia, invece, persistonoforti spinte all’unicità decisionale deicentri decisionali e difficoltà a realizzareazioni programmate e concertate fracentro e periferia e fra autorità di gover-no nazionale e locale, da un lato, ed al-tri attori della politica, dall’altro lato.Le Camere di Commercio sono in-dubbiamente in grado di svolgere nel-la dimensione locale e, grazie allastruttura a rete che si sono date, an-che nella dimensione nazionale e so-vranazionale, la funzione di promozio-

ne e qualificazione dei processi di svi-luppo economico, per la capillare pre-senza sul territorio che consente lorodi agire direttamente e interagire conimprese e Pubblica Amministrazione.Pare comunque urgente procederead una riflessione puntuale su tutto ilsistema istituzionale vigente ed al ri-conscimento del livello regionale dellapolitica industriale.Le Camere di Commercio in vista della legge di riordinoIn questo contesto il sistema camerale,sia a livello di regionale che a livello na-zionale, deve avere come obiettivo ilconsolidamento e l’ulteriore qualifica-zione degli assetti e del modello istitu-zionale costruito in questi anni e per farquesto ritiene necessario il superamen-to dei precari assetti legislativi e norma-tivi. L’Assemblea dell’Unioncamere re-gionale ha approvato un documento diindirizzi per una nuova strategia di si-stema. Dovrà essere consolidato il ruo-lo delle strutture regionali come mo-mento di raccordo locale delle attivitàdelle Camere di Commercio con unastruttura centrale sburocratizzata. E’necessario ridefinire ruolo e funzionidegli organismi collaterali e collegati al-le Camere di Commercio, quali agen-zie, società, centri, ecc. in particolarequelli di livello nazionale, anche me-diante l’adozione di adeguati strumentinormativi e legislativi. Deve essere ga-rantita l’effettiva partecipazione dell’in-tero sistema camerale al processo de-cisionale ed alle scelte di ricambio del-la classe dirigente camerale, con il co-involgimento anche delle associazionidi categoria, referenti fondamentali perle Camere di Commercio, e, attraverso

di esse, delle imprese, utenti primari deiservizi camerali: questo per strutturareun sempre più organico e sinergico si-stema di servizi utili alla operatività del-le imprese stesse e complementari allepolitiche di sviluppo locale. Qundi è in-dilazionabile da parte del Parlamentol’approvazione della tanto attesa rifor-ma delle Camere di Commercio persvincolarle da logiche burocratiche ver-ticistiche e centralizzate, mettendole incondizione di operare in favore delleeconomie locali, in condizioni di auto-nomia e di più stretto raccordo con leimprese, al fine di un pieno inserimentonella rete dell’Europa delle regioni enelle politiche concertate a livello euro-peo. L’Assemblea dell’Unione regiona-le sollecita anche l’urgenza di una revi-sione complessiva della natura giuridi-ca degli Enti, per uscire dal groviglio dinorme e dall’indeterminatezza di moltesituazioni che impediscono il loro pienodispiegarsi operativo, nonché la ridefin-zione del sistema dei controlli che, sedeve rimanere sulla legittimità degli atti,deve tuttavia garantire alle Camere lapiena operatività. Allo stesso modo de-ve essere riconsiderato il problema delfinanziamento delle Camere di Com-mercio, assicurando alle stesse risorsepubbliche per la gestione di pubblichefunzioni ad esse delegate dallo Stato,ma garantendo anche autonomia nel-le decisioni di spesa, essendo il loro fi-nanziamento derivante prevalentemen-te dalle imprese.L’attività dell’Unione regionalePur in una fase di profonda trasformazio-ne del sistema, l’Unione regionale ha sa-puto operare con efficacia e credibilità, ri-spondendo al meglio alle sollecitazioni

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1992

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22 Estratto dalla relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

provenienti non solo dal sistema came-rale, ma anche da gran parte delle realtàsocio – economiche della regione.Attività convegnisticaInnanzitutto l’Unione regionale ha datovoce al sistema delle Camere di Com-mercio dell’Emilia – Romagna affron-tando alcuni dei temi più rilevanti lega-ti allo sviluppo economico del territorioregionale. Serrata l’attività convegnisti-ca dell’Ente a partire dal tema del futu-ro del trasporto merci nel mercato uni-co europeo per ribadire come il com-pito del sistema camerale debba esse-re quello di aggregare gli interessi del-le PMI per consentire all’offerta di ade-guarsi e muoversi coerentemente conuna domanda non frammentata. Unasfida, quindi, che riguarda il settore siasul versante della domanda che suquello dell’offerta e che lega indissolu-bilmente la competitività del settorestesso alla capacità di riconversione eriammodernamento delle strutture.Ma il tema dell’integrazione europea èstato oggetto di riflessione anche nel-la sua accezione più ampia e a tal fineè stato organizzato un convegno neltentativo di capire il perché delle diffi-coltà che il “sistema Italia” sta incon-trando nell’adattare le regole stabilitedalla Comunità al proprio sistema po-litico ed economico. Il convegno si in-titolava: “Regioni, Enti locali e Cameredi Commercio: nuovi protagonisti nel-lo sviluppo dell’Europa”.E’ stata poi realizzata una ricerca, con ilDipartimento di Scienze Economichedell’Università di Bologna, dal titolo“Emilia – Romagna Regione d’Europa.Risorse e politiche di sviluppo per l’in-gresso nel mercato unico europeo”,

presentata in un convegno pubblico nelquale dall’esame della competitività didiversi sistemi industriali, come quellogiapponese e tedesco, ci si è sofferma-ti su alcune indicazioni di politica indu-striale e sono state individuate quattroaree critiche (capacità tecnologica, si-stema formativo, dotazione infrastruttu-rale, ordine finanziario) anche con l’o-biettivo di individuare la posizione com-petitiva dell’Emilia – Romagna. Infinel’Unione regionale ha organizzato unconvegno su “Le strategie di partecipa-zione al mercato del lavoro in Emilia –Romagna” per la presentazine di ulte-riori due ricerche realizzate in collabora-zione con l’Università Cattolica di Mila-no e con l’ISFEL Emilia – Romagna.Attività di sistemaMa la “voce” del sistema camerale del-l’Emilia – Romagna si è sentita ancheattraverso la realizzazione di iniziative eprogetti direttamente con la partecipa-zione delle Camere di Commercio. Adesempio la costituzione, con la colla-borazione dell’IFOA ed avvalendosi deiservizi di ASTER, della rete regionaledei Centri di Innovazione e Trasferi-mento di Tecnologie (CITT) che collegale piccole e medie imprese alle iniziati-ve promosse nel campo dell’innovazio-ne. Il Centro CITT, presso ogni Cameradi Commercio, svolge un ruolo di inter-faccia tra imprese, istituti di ricerca, en-ti di formazione, uffici di consulenzespecialistici, in particolare per:- fornire informazioni alle imprese e ri-

spondere a quesiti nel campo dellosviluppo tecnologico dell’organizza-zione aziendale e dei finanziamentiall’innovazione;

- porre gli imprenditori in contatto con

le istituzioni che possiedono cono-scenze tecnologiche;

- fornire conoscenze sull’impiego dinuove tecnologie;

- segnalare attività e sviluppi tecnolo-gici alle imprese.

Con il Coordinamento dell’Unione re-gionale è stata anche costituita la reteregionale degli Eurosportelli.Studi e ricercheL’attività studi e ricerche si è concretiz-zata, oltre che nella pubblicazione enella diffusione delle riviste e notiziaridell’Unione (Statistiche regionali, Stu-di, ricerche e documentazione, Nota dimercato, Congiuntura Industriale), innumerose iniziative di ricerca volte allaconoscenza dei settori economici re-gionali. In particolare nel 1992 sonostate completate le ricerche sul setto-re agroindustriale, realizzate in collabo-razione con l’Università Cattolica diPiacenza, sfociate nel Terzo Rapportosul Sistema Agroindustriale, le ricerchesul settore artigiano con la presenta-zione del Terzo Rapporto dell’Osser-vatorio, in collaborazione con la Regio-ne, nonché la già citata ricerca “Emilia– Romagna Regione d’Europa. Risor-se e politiche di sviluppo per l’ingressonel mercato unico europeo”. Le attività dell’Osservatorio Economi-co hanno inoltre riguardato l’export, incollaborazione con la Federazione del-le Casse di Risparmio e Banche delMonte dell’Emilia – Romagna ed il turi-smo, in collaborazione con ISCOM.L’Osservatorio sul sistema agroali-mentare oltre alle analisi dello scenariointernazionale e comunitario e dell’e-voluzione dei flussi commerciali e deiprezzi delle principali produzioni regio-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1992

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Estratto dalla relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 23

nali, ha rivolto particolare attenzioneall’andamento dell’annata agraria e al-la performance dell’industria alimenta-re. In particolare sono stati analizzatil’impatto del Mercato unico Europeosulla commercializzazione dei prodottialimentari e le relative strategie delleimprese della regione.Il rapporto dell’Osservatorio artigianoaffronta, invece, il tema della dimen-sione europea dell’artigianato condu-cendo una prima analisi esplorativasulla collocazione delle imprese mino-ri all’interno della CEE e sugli orienta-menti comunitari che riguardano inter-venti a favore di piccole imprese e im-prese artigianeNel corso del 1992 sono state com-pletate inoltre le già citate indagini sulmercato del lavoro: in collaborazionecon l’ISFEL è stata svolta un’indaginesu caratteristiche e prospettive degliiscritti alle liste di collocamento, in col-laborazione con il Consorzio per losviluppo dell’occupazione è statacompletata un’indagine sulle aspetta-tive di lavoro dei neo – diplomati, incollaborazione con l’Osservatorio re-gionale del mercato del lavoro è statafatta un’indagine sul fabbisogno dimanodopera dell’impresa manifattu-riera. Importanti e significativi sono poii progetti avviati nel 1992 ed attual-mente in svolgimento: in particolarel’indagine sul sistema agroalimentaredella Padania, in collaborazione con leUnioni regionali del Veneto e dellaLombardia e l’indagine sulle fusioni edacquisizioni in Emilia – Romagna dal1985 ad oggi, in collaborazione con laFederazione delle Casse di Risparmioe Banche del Monte.

L’attività dell’Ufficio Studi ha inoltre ri-guardato il coordinamento e l’assisten-za di alcuni rilevanti progetti regionali,tra i quali il progetto SIREDI (SistemaInformativo della Rete Distributiva Italia-na). Come è ormai tradizione, l’Unioneregionale ha presentato alle autorità, airappresentanti delle associzioni di ca-tegoria e degli enti economici regionali,il Rapporto sull’economia regionale1992 con le previsioni per il 1993.I rapporti con la RegioneIn una situazione congiunturale grave edifficile, che senza esagerazioni può es-sere definita di emergenza, lo sforzo delsistema camerale e dell’Unione regiona-le è, innanzitutto, quello di operare atti-vamente di fronte all’attuale crisi econo-mica. Sono due le principali direttrici del-le politiche di indirizzo dell’Unione.Da un lato uno stretto coordinamentocon le associazioni di categoria al finedi individuare interventi ed iniziative daporre in essere nel contesto regionale.Dall’altro si ritiene che si debba inter-venire per modificare il rapporto con laRegione nel senso di realizzare unamaggiore collaborazione tra Unionca-mere e la Regione stessa.Da tempo si propone, infatti, di uniregli sforzi su temi strategicamente im-portanti quali l’internazionalizzazionedell’economia emiliano – romagnola(sono state incrementate le attività delCentro Estero e rafforzata la sua strut-tura operativa) ed i servizi alle imprese,visto che in questo campo si continuaa disperdere risorse ed energie.Già nel 1991 è stato inviato al Presi-dente un protocollo d’intesa su alcunearee di intervento che potrebbero es-sere comuni, come avvenuto in altre

Regioni, ma non siè ricevuta alcuna ri-sposta. E’ comunque importante giàoggi la collaborazione nelle attività diOsservatorio in materia di agroalimen-tare, agricoltura, artigianato, turismo.Inoltre il Consiglio di Amministrazionedell’Unione regionale ha preso posizio-ne sui problemi connessi alla situazio-ne e riorganizzazione del sistema ER-VET e, prendendo spunto da questotema, ha affrontato il più ampio temadel ruolo della Regione nella politicaeconomica, delle politiche dei servizialle imprese auspicando il passaggiodai centri di servizio a politiche di in-centivazione del privato ai fini dell’avviodi nuovi punti di offerta, quindi dallapolitica dei servizi reali ad un maggiorimpegno organizzativo e finanziario.Riguardo all’ERVET, le Camere diCommercio hanno auspicato un riposi-zionamento e la fuoriuscita dell’ERVETstessa da funzioni secondarie, unacontestuale riorganizzazione dei Centriche garantisca all’ERVET un ruolo piùvicino a quello della società capogrup-po in grado di assicurare una efficientegestione del sistema avvalendosi diuna solida struttura decisionale ridi-mensionando la struttura tecnica.I Consorzi FidiL’economia emiliano-romagnola, so-stanzialmente sana, impone l’affianca-mento delle strutture produttive nell’af-frontare i punti di debolezza. In que-st’ottica, avendo valutato che il costodel denaro è oggi uno degli elementi dimaggior pericolo per l’economia e perle imprese, sono stati aumentati glistanziamenti a favore dei Consorzi diGaranzia e Fidi del commercio, dell’ar-tigianato e dell’industria.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1992

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24 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniPadova, 12 Maggio 1992

Non mi atterrò strettamente al temache è stato proposto. Parlerò di al-cuni problemi che sono stati soltan-to sfiorati nella prima parte di que-sta mattinata. Faccio mie le valuta-zioni contenute negli interventi chesono già stati fatti in merito al ruolodelle Camere di Commercio, alla lo-ro posizione nel sistema istituziona-le nazionale; condivido appieno larelazione del presidente Zambon.Vorrei però entrare un po’ in mediares. Abbiamo pensato a questi dueconvegni per parlare del sistemacamerale, dei problemi che quoti-dianamente abbiamo a livello nazio-nale ed a livello periferico e di qualepolitica il nuovo gruppo dirigentedovrà svolgere nei prossimi tre anni.Noi viviamo un momento molto dif-ficile, complesso, non parlo tantodel quadro politico-istituzionale na-zionale, che abbiamo tutti sotto gliocchi, quanto dell’intero sistemacamerale. Siamo ad una vigilia im-portantissima: ricambio della classedirigente, ridefinizione di coerentiobiettivi di sviluppo e qualificazionedel sistema. Ricambiare una classedirigente è già di per sé un proble-ma fondamentale per qualsiasi or-ganizzazione, per qualsiasi istituzio-ne, a qualsiasi livello. Credo che ri-cambiare una presidenza, qualequella che ha gestito in questi annil’Unioncamere, sia un problema nelproblema. Bassetti ha guidato l’U-nione con grande capacità ed in-ventiva , ha organizzato una struttu-ra tutta tesa alla costruzione di unsistema che avesse nell’Unione unpunto di riferimento sul piano della

promozione, dell’internazionalizza-zione dell’economia, della ricerca edegli studi. Il sistema ha avuto unassetto organizzativo che è sotto gliocchi di tutti noi. Tutto il nuovo si èsviluppato in virtù della forza, delcarisma del nostro Presidente e perla capacità di gestione che hannoavuto il Segretario Generale dr. Cer-roni e lo staff che lo circonda. Que-sta è stata in gran parte la forza del-l’Unione delle Camere di Commer-cio. Ma è al tempo stesso la suadebolezza. Ed è la debolezza del-l’Unioncamere nel sistema camera-le. Il ricambio di questa presidenzaquindi è un ricambio non di routine,bensì un ricambio che ci pone deiseri problemi per i prossimi anni.Bassetti ci lascia, abbiamo detto,perché intende inserire Milano nel-l’Europa. In questo momento, per laverità, Milano forse avrà bisogno diBassetti anche per altre ragioni enoi ce lo auguriamo vivamente perlui e per Milano. Ma noi conosciamole ragioni più vere del perché Bas-setti lascia la presidenza dell’Union-camere. L’amicizia che mi lega aBassetti mi ha portato ad accettarecon fatica questo ricambio. Ma, unavolta deciso, debbo dire con altret-tanta franchezza che la futura Unio-ne non potrà più continuare ad es-sere quella che è stata fino ad oggi.Oggi noi siamo in grande difficoltà.Rischiamo la paralisi. Siamo incertisulle funzioni e sulle competenzeche noi abbiamo e questo problemacominciamo ad avvertirlo anche a li-vello di Camere. Io non so se ad al-tri presidenti è capitato, ma oggi la

riflessione sulle nostre attività a li-vello camerale è certamente diversarispetto a quella di qualche annoaddietro. Questo è un problema difondo che non possiamo più sotta-cere. Abbiamo i due vice presidentidimissionari, 100 amministratorisotto inchiesta alla Corte dei Conti,un sistema di controlli paralizzanti,un’incertezza legislativa per cui ognivolta che noi a livello nazionaleprendiamo una decisione dobbiamoincrociare le dita sperando che ladecisione non sia anche questasoggetta alle mire di un procuratoredella Corte dei Conti. Non dimenti-chiamo che ci sono già state tresentenze che hanno condannato gliamministratori a risarcire danni perspese fatte non più secondo unprocuratore soltanto ma ora anchedi una prima Corte. Sono in discus-sione le agenzie che abbiamo costi-tuito, i bilanci sono sotto inchiesta;possiamo andare avanti in questecondizioni? Noi presidenti dell’Emi-lia-Romagna diciamo che non èpossibile andare avanti in questecondizioni. Noi diciamo che un con-tinuismo passivo senza il segno delcambiamento non lo possiamo ac-cettare. E’ di fatto impossibile am-ministrare in una situazione di que-sto genere. Neppure è più il tempodi furbizie, di piccoli tamponamentisperando poi che le cose si sistemi-no da sole. Noi abbiamo visto chein questi anni, e sono stati lunghianni, non siamo riusciti a produrrequella legittimazione delle attivitàdell’autoriforma che noi avevamoattuato e nella quale crediamo. Tut-

“Il Sistema Camerale e la Comunità Europea.Il contributo delle Camere di Commercio

alla Riforma Istituzionale del Paese”

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 25Padova, 12 Maggio 1992

tavia, tamponamenti, piccoli prov-vedimenti, interventi a livello mini-steriale o governativo, ecc., nonhanno affatto risolto questi che so-no ormai problemi di fondo del no-stro sistema. Dobbiamo allora ride-finire il ruolo dell’Unioncamere. Qualè il ruolo dell’Unioncamere? Questoè il tema di fondo di questi nostri in-contri. Noi dobbiamo dirci che cosavogliamo fare dell’Unioncamere allaquale le Camere di Commercio fan-no costantemente riferimento. C’èchi dice che l’Unioncamere può es-sere soltanto l’associazione delleCamere di Commercio come sonoaltre associazioni di enti locali terri-toriali, chi dice che può avere unruolo propositivo e gestionale di in-tervento diretto nell’economia, nellapolitica e nell’azione di lobby chedeve essere svolta per le Camere diCommercio. Certo dobbiamo defi-nirne il ruolo. Nell’approvare l’ultimobilancio, noi amministratori ci siamocompiaciuti del fatto che oggi il bi-lancio dell’Unioncamere per oltre il50% sia formato da finanziamentiextra-camerali. L’Unioncamere ècioè riuscita ad acquisire compe-tenze, funzioni attraverso provvedi-menti di leggi che le hanno asse-gnato risorse per oltre il 50% del bi-lancio camerale. Ebbene, questopuò essere un motivo di grandesoddisfazione su un ruolo che l’U-nioncamere si è acquisito sul cam-po. Noi abbiamo adeguato la strut-tura a questi compiti nuovi, diversiche ci sono stati assegnati. Voglioperò in questo ambito porre unaprima domanda: questi provvedi-

menti hanno una estemporaneità euna precarietà che è legata alla du-rata dell’intervento ed il finanzia-mento ha questo rapporto e questaproporzione; il giorno in cui noi co-me Unioncamere non avessimo piùquesta capacità di intervenire edacquisire determinate funzioni e ri-sorse la struttura che noi abbiamorealizzato e creato chi la gestirebbee soprattutto chi la finanzierebbe?Io credo che dobbiamo sempre piùdarci un ruolo ed una funzione per-manente, funzionale, conseguentenel tempo a quello che sono gliobiettivi fondamentali del sistemacamerale. Ho accennato a questoprimo problema che non credo siaaffatto secondario. Noi operiamo difatto come ente pubblico-economi-co, senza esserlo e senza essere ri-usciti in questi anni ad ottenere il ri-conoscimento. Voglio dare atto alSegretario Generale, al Presidente,degli sforzi che sono stati fatti inquesta direzione. Il risultato è statoperò assolutamente nullo sottoquesto aspetto. Recentemente si èriusciti ad acquisire nell’ultimo de-creto legge, non ancora approvatoperò dal Parlamento, un tampona-mento ad una situazione veramentedi emergenza, quale era quella dicontestazione del bilancio dell’U-nioncamere, per quanto attiene l’i-stituzione dell’Istituto Tagliacarne.Allora io credo che una vigilia cosìimportante, nel momento in cuicambiamo la classe dirigente, dob-biamo dirci, fra noi presidenti, checosa intendiamo fare nei prossimianni. Noi non possiamo continuare

nell’inerzia di un sistema che co-munque cammina. Un continuismosenza avere obiettivi precisi e deter-minazioni altrettanto chiare sul ruo-lo e sulle funzioni dell’Unioncamerenon è più possibile. Fra l’altro, saràun continuismo privo del carisma,dell’ascolto che Bassetti aveva intutte le sedi ed è certamente questoun motivo di ulteriore debolezza,pur con lo sforzo che la nuova clas-se dirigente metterà in atto. Allorapropongo che la nuova dirigenzaentro tempi brevi, sei mesi, un an-no, o ottiene legislativamente un ri-conoscimento del ruolo e delle fun-zioni che andiamo svolgendo, op-pure comincia a ridefinire e a ridise-gnare la struttura chiudendo dovenon si ha la certezza di operare nel-la legittimità e dando all’Unione unafunzione confacente al sistema giu-ridico che noi siamo riusciti ad ac-quisire. Non si può continuare adamministrare incrociando le dita esperando che la Corte dei Continon intervenga. Questo non è piùpossibile. Si rischia la paralisi del si-stema. E voglio dare atto agli ammi-nistratori che fino ad oggi, col ri-schio personale, hanno ritenuto nonsoltanto di essere nel giusto nel-l’amministrare, come riteniamo poli-ticamente di esserlo, di aver, pur inqueste condizioni, gestito una strut-tura che pur aveva e ha questi gra-vi problemi. Un secondo aspettoche deve essere considerato, a mioavviso, nei programmi è la necessi-tà di avviare un processo di sostan-ziale rafforzamento delle articolazio-ni regionali che in questi anni hanno

“Il Sistema Camerale e la Comunità Europea. Il contributo delle Camere di Commercio alla Riforma Istituzionale del Paese”

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26 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniPadova, 12 Maggio 1992

rappresentato una delle novità fortidel sistema. Questa politica è nelladirezione di un regionalismo che an-drà sempre più rafforzandosi; non èsoltanto un problema di referen-dum, è una tendenza, una politicache certamente troverà nei prossimimesi, nei prossimi anni, un rafforza-mento a livello istituzionale e a livel-lo programmatorio nazionale. Do-vremo poi ridefinire seriamente iruoli, le funzioni degli organismi col-laterali o collegati alle Camere diCommercio quali le agenzie, le so-cietà, i centri. Non si può continua-re nell’inerzia di un cammino chevediamo oggi incerto e non ricono-sciuto. Dobbiamo, e in questo hoapprezzato molto la relazione diZambon e gli interventi che si sonosucceduti, consolidare e rafforzare ilrapporto con le associazioni im-prenditoriali; questo non deve esse-re un rapporto di subordinazione,bensì un rapporto di collegamentostretto nelle strategie che ci voglia-mo dare, in alcuni campi dove le as-sociazioni di categoria hanno unruolo fondamentale nel Paese e nel-la vita economica del Paese. Dob-biamo mettere fra i nostri punti diforza la riforma delle Camere diCommercio. Bassetti ne ha fattoper anni un suo cavallo di battaglia;oggi deve essere un punto di forzadel nostro programma, perché sisappia che non sono le Camere diCommercio ed i presidenti delle Ca-mere di Commercio a rifiutareun’ormai improcastinabile riformadelle Camere di Commercio. Dob-biamo poi richiedere il ripristino più

consistente del finanziamento pub-blico delle Camere di Commercioper le funzioni ed i compiti pubbliciche le Camere ancora oggi assolvo-no. Credo che alla vigilia di questoimportante rinnovo, momento di ri-flessione sull’intero sistema, se noinon entriamo nel merito di alcuneproblematiche che ogni giorno vi-viamo nelle Camere, nelle UnioniRegionali e a livello nazionale, ri-schieremmo di andare ad un rinno-vo di una struttura così importante,quale è l’Unioncamere, senza averechiari gli obiettivi fondamentali suiquali impegnare il sistema. Se que-sti obiettivi saranno definiti e perse-guiti potremo veramente far com-piere un salto di qualità ulteriore alsistema, ponendolo al centro dellosviluppo del nostro Paese. Altri-menti, noi rischieremo realmente laparalisi del sistema che, fra l’altro,ha avuto come pochi la capacità dirinnovarsi e di cambiare in questianni, per merito del suo Presieden-te e per merito di una struttura cen-trale e periferica che si è dedicatacon grande impegno al servizio del-le Camere di Commercio.

“Il Sistema Camerale e la Comunità Europea. Il contributo delle Camere di Commercio alla Riforma Istituzionale del Paese”

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 27Bologna, 30 Giugno 1992

Nel 1991 le imprese del campionehanno destinato all’aumento o almantenimento dello stock di capi-tale circa 1.851 miliardi contro i2.469 dell’anno precedente.

Rispetto a quanto successo nel1990 risulta diminuita, in particolarmodo, la quota destinata all’acqui-sto, ampliamento o rinnovo di fab-bricati e costruzioni e di mobili emacchine per ufficio a vantaggiospecialmente della ricerca.E’ rimasta, invece, stabile la spesain formazione delle 625 imprese delcampione ammontante complessi-vamente a poco meno di 7 miliardi(soltanto lire 30.000 per addetto).L’aumento sia come quota che co-me livello della spesa in ricerca,specie se diventerà una tendenzadi lungo periodo, evidenzia uncambiamento importante nei com-portamenti aziendali per troppotempo incapaci di promuovere in-ternamente innovazioni di prodottoe organizzative e dipendenti in lar-ga parte dall’introduzione di pro-gresso tecnico incorporato nel ca-pitale fisso acquisito all’esterno.Inoltre, nell’attuale fase competitivaè chiaro oramai che premiano inmisura maggiore la tecnologia e laqualità piuttosto che l’esasperatacompetitività di prezzo. In ogni ca-so non si tratta di vie alternative, inquanto le prime agiscono nel me-dio-lungo periodo e l’altra nel bre-ve termine. Utilizzando come indicatore la spe-sa per investimenti rapportata alnumero di addetti, emerge un dra-

stico calo degli investimenti fissipassati dai 26,5 milioni per addettodel 1990 ai 12 milioni del 1991. La struttura degli investimenti inbase alle aree aziendali di destina-zione mostra un accentuarsi dellatendenza rilevata lo scorso anno,sono cioè ulteriormente aumentatele risorse destinate alle funzioni amonte e a valle del momento pro-duttivo in senso stretto. Cala diquasi due punti percentuali l’inve-stimento in produzione, cresconoinvece le risorse indirizzate allaprogettazione e ingegnerizzazione,al commerciale e marketinge, inparticolare, alla ricerca e sviluppoche, in linea con quanto detto inprecedenza, guadagna circa unpunto percentuale e mezzo rispettoall’anno precedente (dal 5,2% del’90 al 6,6% del ’91).

Per il complesso delle imprese in-tervistate l’autofinanziamento si èconfermato la principale fonte di fi-nanziamento (43,5%) che, tuttavia,rispetto all’anno precedente, è ap-parso in calo. E’ risultato in forteespansione l’indebitamento versogli istituti di credito ordinario: nel1990 le imprese del campione ave-vano ottenuto dalle banche circa il34% dei finanziamenti, nel 1991 siè arrivati al 39,5%; l’esposizione fi-nanziaria è apparsa, quindi, in con-tinua crescita se si considera chenel 1989 si è arrivati al 39,5%; l’e-sposizione finanziaria è apparsa,quindi, in continua crescita se siconsidera che nel 1989 era pari al30%. In particolare la quota relati-

va all’indebitamento bancario abreve risulta elevata in considera-zione dell’allungamento dei tempidi ritorno degli investimenti nelle fa-si recessive e del fatto che il veico-lo finanziario è divenuto abbastan-za cogente per il suo costo e per lalimitata disponibilità dei mezzi re-peribili. Il credito bancario a brevetermine comporta infatti, per l’im-presa, l’assunzione di maggiore ri-schio rispetto a quello a medio-lun-go termine, ciò non crea problemise l’investimento rende ritorni, intermini di cash-flow, elevati fin dal1° periodo. La situazione si aggra-va invece in condizioni di stagna-zione appunto perché i ritorni sonodilazionati e più lontani nel tempo. Va rilevato che ai livelli di investi-mento inferiori (< 88.5 milioni) corri-sponde una composizione dellefonti di finanziamento assai poco di-versificata ed il peso dell’indebita-mento a breve è maggiore. Al con-trario, le imprese che effettuano in-vestimenti per importi superiori ai1800 milioni possiedono un portafo-glio più diversificato ed equilibrato.

A livello settoriale spicca la perfor-mance del ceramico nel cui ambitosi è proceduto a razionalizzare lacomposizione delle passività: nelcorso del 1991 una parte consi-stente del debito a breve è statoquindi consolidato a medio-lungotermine o sostituito con risparmiod’impresa o credito agevolato. An-che nel meccanico si sta andandonella stessa direzione anche se gliscostamenti rispetto al ’90 sono

Rapporto sugli investimenti nell’industria manifatturiera in Emilia-Romagna

nel 1991

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28 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, 30 Giugno 1992

molto più contenuti. Il ricorso alcredito speciale per interventi abreve termine è risultato in espan-sione pur ricoprendo ancora unruolo marginale nel finanziamentodegli investimenti (1,3%); in calo èrisultato, invece, il ricorso ad inter-venti oltre i 18 mesi.

Il costo dell’indebitamento banca-rio è considerato dalle imprese delcampione la difficoltà di maggiorerilevanza incontrata nel corso della“gestione 1991”: la forte espansio-ne nel ricorso all’indebitamentobancario come fonte di finanzia-mento coniugata con l’elevato livel-lo dei tassi di interesse giustificapienamente tale giudizio.

La penetrazione commerciale è ri-sultata l’ostacolo più frequente e diimportanza pari al costo dell’inde-bitamento bancario. La recentesvalutazione della nostra monetadovrebbe avere attenuato tale pro-blema per quanto concerne i flussicommerciali destinati all’estero,tuttavia, anche in questo caso,l’acquisizione di competitività com-merciale ha connotati strutturali as-sai rilevanti che comprendono lacompetitività tecnologica e di qua-lità. Fra le ulteriori difficoltà incon-trate nello svolgimento dell’attivitàaziendale le più diffuse e sentitesono state: la reperibilità di perso-nale qualificato, la conoscenza deimercati e della concorrenza, il so-stegno pubblico ed infine i fattorirelativi all’organizzazione internadell’azienda.

Le imprese del campione hanno se-gnalato come finalità prioritaria lasostituzione del macchinario e delleattrezzature non più funzionanticonmacchinari innovativi; tale indicazio-ne unita al forte ridimensionamentodel livello degli investimenti effettua-ti nel 1991, rispetto al ’90, induce apensare che, in linea generale, latendenza sia stata quella di investiresolo quanto strettamente necessa-rio a causa del logorio tecnico edeconomico delle attrezzature giàesistenti. Con l’instabilità ambienta-le e l’aggravarsi della situazioneeconomica si fanno più stringenti ivincoli finanziari ed aumenta il ri-schio legato a ciascuna decisioned’investimento, di conseguenza leimprese tendono a puntare sullaflessibilità a breve termine cercandorapidi rientri ed immobilizzando alminimo il capitale. Questo potrebbeindurre a pensare che il ridimensio-namento degli investimenti sia avve-nuto per motivazioni finanziarie, ol-tre che per le aspettative di mercatosfavorevoli, più che per questioni distrategia industriale.

Per le imprese con un numero diaddetti superiore a 500 unità, le fi-nalità nettamente prioritarie degliinvestimenti sono risultate il miglio-ramento delle qualità rilevanti delleproduzioni e l’introduzione di pro-dotti nuovi: le imprese di maggioridimensioni appaiono orientate al-l’adozione di strategie dirette al-l’acquisizione di potere di mercatoconcentrando la propria attenzionesul prodotto.

Per quanto riguarda la distribuzio-ne territoriale dei flussi degli inve-stimenti, la provincia di Parma ri-sulta essere quella che investe dipiù: 26 milioni per addetto, corri-spondenti al 9,2% del fatturatoprovinciale. Il flusso degli investi-menti risulta, inoltre, in crescita ri-spetto all’anno precedente. Gli in-vestimenti sono aumentati nel ’91soltanto in altre due province: Fer-rara e Forlì pur mantenendo, in va-lore assoluto, importi piuttostocontenuti. Calo negli investimenti èstato rilevato a Modena e Ravenna.Nell’area di Modena vengono, tut-tavia, destinate più risorse alla ri-cerca rispetto a quanto succedenelle altre province. Particolarmen-te elevate rispetto alle altre areesono le risorse destinate all’acqui-sizione di partecipazioni finanziarienella provincia di Reggio Emilia.

A livello settoriale, nello corso del1991, gli investimenti nel settoremeccanico sono caduti vertigino-samente. Rispetto all’anno prece-dente è stata destinata alla proget-tazione e ingegnerizzazione ed allaricerca e sviluppo una maggiorequota di tali risorse.

Anche nel tessile e nel calzaturierogli investimenti sono diminuiti di al-cuni punti percentuali; nell’abbiglia-mento gli investimenti hanno rappre-sentato soltanto il 2,4% del fattura-to. Gli investimenti sono aumentatiin due settori dell’industria manifat-turiera emiliano-romagnola: nel set-tore della plastica e nel ceramico.

Rapporto sugli investimenti nell’industria manifatturiera in Emilia-Romagna nel 1991

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 29Bologna, 30 Giugno 1992

Nell’ambito del settore ceramico laspinta è apparsa essere la necessi-tà di controllare più direttamente lafase della distribuzione e commer-cializzazione del prodotto, ma an-che di orientare l’attività di ricercaverso la creazione di nuove possi-bilità di impiego del prodotto.

In base all’andamento della produ-zione e della produttività vi sonosettori quali l’elettronica (produzio-ne: + 3,1%; produttività + 7,5%) edil ceramico (produzione: + 2%; pro-duttività: + 5,5%) che hanno ripor-tato nel corso del ’92 performancemigliori rispetto a quanto rilevatonegli altri settori.Come nel 1990, nel ’91 l’elettroni-co continua a puntare sulla ricercae sviluppo e sulla progettazione eingegnerizzazione in misura assaimaggiore che negli altri settori. Aconferma del suo elevato grado diinnovatività il settore elettronico èrisultato l’unico assieme a quellodei mezzi di trasporto in cui preval-gono gli investimenti effettuati perla realizzazione di nuovi prodotti.Positivo è il fatto che la quota im-piegata nell’area progettazione eingegnerizzazione abbia riscontra-to aumenti pressoché generalizzatiin tutti i settori industriali.Nell’ambito del settore ceramico èstato intrapreso un processo di raf-forzamento strutturale evidenziatodall’aumento degli investimenti fissilordi passati dai 18,2 milioni peraddetto nel 1990 ai 19,6 del ’91 (enettamente superiore alla media:12 milioni per addetto), tali risorse

sono state destinate all’area pro-duttiva e, in misura maggiore chein passato, alla ricerca.Per quanto riguarda le valutazionicirca il contenuto tecnologico degliinvestimenti effettuati dalle impresedel campione si rimanda all’indagi-ne stessa.Le imprese con un numero di ad-detti compreso fra i 250 e i 499hanno mostrato alcuni segnali ne-gativi in termini di produzione, fat-turato e produttività del lavoro.Il forte aumento della produttivitiàper le imprese delle altre classi inmolti casi è stato ottenuto attraver-so l’espulsione di lavoratori dall’in-dustria, complessivamente la dimi-nuzione media dell’occupazione èstata pari a –3,6%. Tale fenomeno è stato meno forteper le imprese medio-grandi cheappunto sono le uniche ad avereregistrato un segno negativo perquanto concerne la produttività: lanecessità di intraprendere un pro-cesso di razionalizzazione dei costidella produzione è confortato an-che dal fatto che tali aziende han-no indicato fra le finalità principalidei propri investimenti proprio il ri-sparmio di manodopera.Le aziende con più di 500 addettihanno fatto registrare le perfor-mance migliori. I risultati assai po-sitivi e, comunque migliori rispettoa quanto accaduto mediamenteper le imprese delle altre classi di-mensionali sono da attribuire allaconcentrazione degli investimentinell’area produttiva e verso la ricer-ca e sviluppo nonché all’attenzione

dedicata al processo di razionaliz-zazione dei costi finanziari e pro-duttivi. Le grandi imprese sono, in-fatti, quelle che sono ricorse menoal finanziamento bancario scontan-do di conseguenza in misura mino-re l’effetto depressivo degli oneri fi-nanziari sulla redditività aziendale.Più consistente è stato invece il ri-corso al credito speciale (15,4% ri-spetto ad una media del 9,6%) e alrisparmio d’impresa. Ai positivi ri-sultati registrati in termini di produ-zione, fatturato e produttività fa ri-scontro l’elevata quota delle espor-tazioni sul fatturato: circa il 39%conseguente all’attenzione che legrandi aziende hanno riservato nelconcentrare i propri investimentisul miglioramento qualitativo deiprodotti esistenti e sull’innovazionedi prodotto vera e propria.In sostanza le imprese del campio-ne con più di 500 addetti sono ap-parse in grado, più delle altre, dicontrollare l’evoluzione del proprioprodotto e del proprio mercatopresentandosi sulla “scena” inter-nazionale un po’ meno come inse-guitrici e un pò più come protago-niste del mercato in grado non tan-to di fornire sempre un prodottonuovo quanto di garantire lo svilup-po innovativo e costante della pro-pria gamma di prodotti.

Va rilevato d’altra parte che la cre-scita debole è un ostacolo specieper le piccole imprese. Nelle fasi diespansione rapide del sistema pro-duttivo le imprese minori possonofruire di ampi spazi per produzioni

Rapporto sugli investimenti nell’industria manifatturiera in Emilia-Romagna nel 1991

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30 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, 30 Giugno 1992

specializzate che ancora non sonodi interesse per la grande impresa.Con l’avvento dell’automazione fles-sibile, tali spazi per le piccole impre-se si sono andati riducendo e ri-schiano di essere completamenteannullati in periodi di rallentamento orecessione dell’attività economica.

Le grandi aziende investono di piùin partecipazioni finanziarie. Esseappaiono, quindi, più strutturateanche dal punto di vista finanziarioo patrimoniale. Sono anche quelle che tendenzial-mente investono in misura maggio-re in ricerca: d’altra parte le inno-vazioni hanno assunto sempre piùcaratteristiche radicali che necessi-tano di ingenti risorse non sempredisponibili presso le imprese mino-ri. Non si notano, invece, differenzedi rilievo per quanto concerne laquota di investimenti destinati allaprogettazione e ingegnerizzazionemettendo in evidenza come le im-prese di piccole dimensioni sianoattive nella fase di implementazionedelle nuove realizzazioni e nell’otte-nimento di miglioramenti tecnici.Al crescere della dimensione au-menta anche la tendenza a porre alcentro delle strategie aziendali ilprodotto, finalizzando in misuramaggiore gli investimenti al miglio-ramento qualitativo della produzio-ne e all’introduzione di nuovi pro-dotti.

Brevi conclusioniA livello complessivo va detto dun-que che molte delle piccole e me-

die imprese della nostra regione in-dipendentemente dal settore di ap-partenenza non hanno per il mo-mento saputo fare il salto di quali-tà, erano vincenti quando, rispettoad un andamento favorevole del ci-clo economico, era sufficiente l’a-deguamento alla domanda. Le difficoltà che nella fase attualegravano sulle imprese emiliano-ro-magnole sono legate al fatto chealla forte capacità di utilizzare infor-mazioni concrete, tali aziende nonsembrano associare capacità al-trettanto significative di governaree di sfruttare le conoscenze astrat-te; tuttavia il maggior peso assuntodagli investimenti destinati alla ri-cerca e alla progettazione induce apensare che sia stato “imboccato”il sentiero di sviluppo più adeguato.Lo scenario generale che emerge èquello di un tessuto di imprese nontecnologicamente arretrate, macon alcune debolezze rispetto alruolo produttivo e di mercato chesvolgono.

Rapporto sugli investimenti nell’industria manifatturiera in Emilia-Romagna nel 1991

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 31Bologna, Sala del Consiglio Regionale, 2 Luglio 1992

- Le domande poste dalla relazioneche accompagna il rapporto sonodi enorme rilievo e mi pare che nesottintendano una più generale al-la quale è più difficile dare rispo-sta. La domanda sottointesa io laporrei così: quali settori ci posso-no assicurare domani la prosecu-zione dello sviluppo a tassi di cre-scita tali da garantire l’assorbi-mento della forza lavoro?

- la crisi, se di crisi si può parlare,dell’industria in regione dipendeoggi soprattutto dalle difficoltà delsettore meccanico, che è stato unsettore trainante nel ciclo 1984-1990, come anche le nostre inda-gini congiunturali hanno testimo-niato. Di fronte a tale crisi, che haaspetti sia congiunturali, chestrutturali, quali politiche indu-striali abbiamo intrapreso? Pur-troppo il panorama delle politicheè lo stesso da anni, sia a livello lo-cale che nazionale. E’ evidenteche le tensioni che oggi avvertia-mo sul mercato del lavoro proven-gono principalmente da questosettore, come pure da questo set-tore, per quanto riguarda l’indu-stria, sono venuti gli incrementioccupazionali più significativi. Oraoccorre che sia data una risposta,indipendentemente dalle risorseche si è in grado di mobilitare,credo sia importante chiarire la di-rezione nella quale le politiche vo-gliono indirizzare il settore. Voglia-mo favorire la crescita dimensio-nale? L’innovazione tecnologica?Vogliamo l’internazionalizzazione

dell’impresa, ma quale tipo di in-ternazionalizzazione? Aumentan-do le quote di export o incentivan-do la nascita di impianti produttivi,ad esempio, nei paesi dell’est concapitale di imprese regionali?L’imprenditore che si ponga oggiqueste domande non trova una ri-sposta chiara, non riesce a capirein quale direzione si spinge la po-litica industriale, non può quindiregolare la propria attività rispettoad un punto di riferimento.

- Naturalmente ho parlato dellameccanica come esempio più rile-vante ma avrei potuto parlare diqualsiasi altro settore industriale enon. Credo che le politiche ed i ri-sultati che esse sortiranno o nonsortiranno siano decisive per il fu-turo del mercato del lavoro. Tutta-via esistono politiche specificheper il mercato del lavoro che riten-go però possano essere indipen-denti dalla fase congiunturale seopportunamente strutturate.

- Il primo obiettivo di queste politi-che buone per tutte le stagionicredo sia quello di ridare mobilitàal lavoro o, se si vuole, di daremeno rigidità al mercato del lavo-ro. Un primo pallido esempio diciò è costituito dai servizi che fa-voriscono l’incontro fra domandaed offerta di lavoro. Nonostantepossiamo contare su un numerocrescente di tali servizi di orienta-mento, essi soffrono di notevolidifficoltà a dare risposte reali alleesigenze di mobilità. Coesistono

infatti difficoltà a reperire manodo-pera specializzata in alcune im-prese e contemporaneamente dif-ficoltà a ricollocare i cassaintegra-ti. Ritengo che il primo passo ver-so la risoluzione di questo tipo diproblema possa essere il coinvol-gimento non formale di imprese esindacato in questi centri. E’ inte-resse di entrambi infatti ricollocarela manodopera momentaneamen-te in esubero presso alcune im-prese in altre realtà produttive. Maè altresì evidente che questo nonpuò accadere se imprenditori erappresentanze sindacali non siaccordano e non si strutturanoper tempo, per non farsi trovareimpreparati dall’insorgere di statidi crisi, sia a livello settoriale cheterritoriale. Questo dovrebbe ren-dere più facile programmare l’u-scita dall’impresa e l’entrata in al-tre imprese dello stesso settore odi altri settori, prevedendo even-tuali periodi di riqualificazionepresso strutture formative che nel-la nostra regione non mancano.

- La mobilità non è solo mobilità ex-tra e intrasettoriale, ma è anchemobilità sul territorio. Ci sono si-curamente molti fattori che la in-fluenzano, sia soggettivi che og-gettivi. Tra quelli oggettivi possia-mo solo ricordare quelli che ri-guardano le politiche per i traspor-ti e le abitazioni. In certe aree ur-bane, come quella di Bologna,non è difficile integrare solo i lavo-ratori extracomunitari, ma anchequelli riminesi e piacentini. Una ri-

Seminario di presentazione del Rapporto Annuale sull’occupazione

“Mercato del lavoro e sviluppo regionale: quali politiche d’intervento?”

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32 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Sala del Consiglio Regionale, 2 Luglio 1992

flessione sulla mobilità territorialeche prendesse i livelli attuali comeun dato di fatto anche per il lungoperiodo sarebbe una riflessionemiope. L’unica indicazione che sipuò dare al riguardo è l’invito agliassessorati competenti a non tra-scurare gli effetti delle loro azionisul mercato del lavoro.

- Fra gli elementi soggettivi che in-fluenzano la propensione alla mo-bilità del lavoratore sul territoriocredo che un ruolo rilevante siagiocato dalla sua formazione. Maqui non mi riferisco solo alla for-mazione professionale, mi riferiscosoprattutto alla formazione di basefornita dalla scuola media superio-re. E’ proprio in questa fase che siformano infatti le aspettative neiconfronti del mercato del lavoro,che il lavoratore di domani si creauna immagine del lavoro e comin-cia a rendersi o meno disponibilealla mobilità anche sul territorio.Tuttavia è proprio in questa fasedelicata che mancano strumenti diorientamento e informazione. Ne-gli anni scorsi abbiamo lanciato,come Unioncamere, delle iniziativenelle scuole sull’Europa del 1992.Siamo rimasti sorpresi dalla parte-cipazione numerosa e attenta distudenti ed insegnanti, e soprat-tutto dal fatto che nessuno primadi noi avesse fornito informazioniné sul mercato del lavoro, né sullastruttura economica della regione.Forse una ripresa di iniziativa inquesta direzione anche da partedelle imprese può portare risultati

complessivi di notevole interesse.La formazione tecnica, d’altra par-te, potrebbe essere oggetto di ini-ziativa da parte delle imprese an-che a livello di investimento instrutture educative.

- Di fronte alle iscrizioni alle liste dicollocamento c’è da chiedersiquale tipo di lavoratore vi faccia ri-corso, con quale tipo di problemie per quali motivi non abbia trova-to occupazione in un mercato cheprocede quasi esclusivamente perassunzione nominativa. Su questitemi stiamo svolgendo un lavorodi ricerca che ci consentirà neiprossimi mesi di comprenderequanto rigidità sia insita in questosegmento del mercato del lavoro.

- Le Camere di Commercio sonoimpegnate da diversi anni sul fron-te della formazione professionaledi livello medio e alto tramite lestrutture di IFOA e PROFINGESTed a tutti i livelli, tramite le Azien-de speciali e le iniziative formativedelle singole Camere di Commer-cio. Siamo da tempo inoltre impe-gnati sul campo della ricerca e neiprossimi anni i rapporti di ricercache intratteniamo con gli osserva-tori sul mercato del lavoro e sullaformazione professionale si faran-no più stretti, consentendo di rea-lizzare progetti di ricerca di vastorespiro. Restiamo altresì disponi-bili a collaborare con l’Ente Regio-ne per tutti quei progetti di politicaindustriale sui quali riteniamo dipoter giocare un ruolo di rilievo.

- Lo scenario per il mercato del la-voro dei prossimi anni credo chesia caratterizzato, concludendo,da due grandi fattori: il primo, piùdeterminato, è il calo demograficoche ci fa sperare, nel lungo perio-do, nel sostanziale mantenimentodella piena occupazione; il secon-do, più indeterminato, è lo svilup-po possibile del sistema economi-co regionale e la sua direzione.Soprattutto da questo secondofattore dipendendone le rispostealle domande che la Relazione sipone in conclusione. Tuttavia,qualunque siano la direzione ed ilsegno dello sviluppo economico,ridare mobilità al lavoro può esse-re un obiettivo, se non una condi-zione perseguibile fin da ora econdivisibile dalle parti sociali.

Seminario di presentazione del Rapporto Annuale sull’occupazione“Mercato del lavoro e sviluppo regionale: quali politiche d’intervento?”

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 33Bologna, 30 Ottobre 1992

Siamo in una fase della congiunturainternazionale assai complessa e inEuropa, in particolare, la situazioneè preoccupante: alla debolezza nel-la crescita economica si aggiunge il“disordine” recentemente creatodalla “tempesta valutaria” e daglisconvolgimenti nei mercati finanzia-ri, fenomeni che stanno portando adun rallentamento del processo diconvergenza dei paesi meno forti,inasprendo gli squilibri interni e atte-nuandone ulteriormente la ripresaeconomica. Con il ritorno, se non dicondizioni normali, almeno di unacerta stabilità sui mercati finanziari econ l’approvazione in vista dellaLegge Finanziaria, si può fare il pun-to sullo stato dell’economia nazio-nale e regionale e definire con tem-pestività e precisione gli obiettividella politica economica: in questasede occorrerà porre particolare at-tenzione all’identificazione delle li-nee strategiche della politica indu-striale regionale.L’andamento dell’economia italianaè stato deludente e induce molti se-gnali di preoccupazione.

Tale andamento non si discosta daquello di altre economie: la produ-zione industriale è apparsa stagnan-te, il fatturato ha subito incrementiinferiori alla crescita tendenziale deiprezzi al consumo, evidenziandobruschi cali degli ordinativi. Alla con-giuntura negativa si aggiungono“vecchi” problemi: l’inflazione è an-cora assestata su livelli più elevati ri-spetto ai principali paesi industrializ-zati, il debito pubblico ha dimensio-ni assolutamente preoccupanti.L’aumento del tasso di sconto prati-cato dalla Banca d’Italia per difen-dere il tasso di cambio ha causatodegli inevitabili contraccolpi sugli in-vestimenti (a tale proposito speria-mo che la diminuzione del tasso disconto di 1 punto percentuale sia ilsegnale di una via intrapresa perrendere meno costoso il denaro):secondo l’ISCO i programmi di inve-stimento subiranno nel corso del1992 una flessione prossima all’8%.Anche il tasso di disoccupazionesegnala il grave stato della nostraeconomia avendo raggiunto l’11%e, evidentemente, non evidenziando

possibilità di riduzione vista la situa-zione di debole crescita economica.Il problema del riassetto della finan-za pubblica, come si sostiene daanni, ricopre un ruolo cardine nel ri-sanamento dell’economia nazionalee va collegato al tema dell’assettoistituzionale. D’altra parte, oggi piùche mai, le variabili politiche, l’orga-nizzazione sociale ed istituzionale,l’elemento politico delle relazioni in-ternazionali hanno la massima im-portanza nel modellare il corso del-lo sviluppo economico moderno.Alla crisi istituzionale si è affiancato,in questo periodo, il riesplodere dei“localismi”: si pensava che la crea-zione di un mercato comune euro-peo avrebbe rappresentato la solu-zione di tutti i problemi nazionali,problemi irresponsabilmente nonaffrontati per lungo tempo e che orasono ineludibili.Le sorti del sistema economico na-zionale ed internazionale non man-cano, evidentemente, di gravaresull’andamento dell’economia re-gionale acuendo l’esistenza di alcu-ni nodi strutturali sui quali da temporichiamiamo l’attenzione della Re-gione e del mondo imprenditoriale.Anche in Emilia-Romagna la situa-zione si è infatti fortemente deterio-rata e tuttora non mostra alcun se-gnale di miglioramento: nel corsodel secondo trimestre dell’anno laproduzione è risultata stagnante, levendite hanno subito un incrementonominale del 4,6% assai modestose rapportato all’evoluzione deiprezzi al consumo (+5,8% a giu-gno). Estremamente preoccupante

Seminario di presentazione della ricerca: “Emilia-Romagna regione d’Europa.

Risorse e politiche di sviluppo per l’ingresso nel mercato unico europeo”

Il contesto economico nazionale e regionale:“L’approccio risolutivo delle Camere di Commercio”

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34 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, 30 Ottobre 1992

è, inoltre, lo stato dell’occupazioneche ha evidenziato un forte ricorsoalla Cassa Integrazione guadagni:da gennaio a giugno sono state ri-chieste per interventi ordinari circa4 milioni 800 mila ore autorizzate, il31,9% in più rispetto allo stesso pe-riodo del 1991. La dimensione me-diamente contenuta delle impreseemiliano-romagnole, in passatoidentificata come fattore di flessibili-tà e quindi di successo del sistemaindustriale regionale, costituisce,nella difficile e complessa situazionecongiunturale attuale, un elementodi evidente debolezza. Ora le impre-se sono “condannate” a crescere edevono farlo avvantaggiandosi delfatto che la nostra competitività, inseguito alla svalutazione del cam-bio, è aumentata e costituisce un

punto di forza per noi ed un proble-ma per i concorrenti. E’ quindi necessario intraprendereun processo di ristrutturazione e ri-collocazione del sistema produttivoregionale affrontando con urgenza iproblemi di sempre: crescita quali-tativa e dimensionale, insufficientepatrimonializzazione, incertezza in-nescata dal ricambio generazionale,necessità di introdurre modelli ma-nageriali di gestione.La debolezza economica, la debo-lezza finanziaria e la debolezza tec-nologica delle imprese regionali im-pediscono l’allineamento della no-stra struttura industriale rispetto aquella degli altri Paesi. In Emilia-Ro-magna, come nel resto d’Italia,operano infatti un numero ristrettis-simo di grandi protagonisti, uno

scarso numero di imprese medie emoltissime piccole imprese. Occorre quindi trasformare e raffor-zare la nostra economia nella consi-derazione che il “modello tedesco”di specializzazione industriale èmolto simile a quello della nostra re-gione, pertanto si potrebbero otte-nere i medesimi risultati se il restodel sistema venisse adeguato. Que-sto vuol dire che oggi il vero prota-gonista è il sistema Paese: la crea-zione di un’economia di successopassa necessariamente attraversol’apporto sinergico delle varie com-ponenti, non è un fatto di azionesingola.Siamo inoltre convinti che nel mer-cato unico europeo la dimensioneregionale avrà una rilevanza assaimaggiore di quella attuale: sarannole regioni le vere protagoniste del-l’integrazione europea.E’ partendo da questa consapevo-lezza che le Camere di Commercio,con la preziosa collaborazione delDipartimento di Scienze Economi-che dell’Università di Bologna, han-no voluto offrire un valido contribu-to che consentisse di indagare suicaratteri del sistema economico perdefinire alcune direttrici strategichevolte a potenziare e creare fattori divantaggio competitivo.Abbiamo quindi cercato di indivi-duare gli orientamenti che dovrannoguidare lo sviluppo regionale, assu-mendo come prioritaria un’azioneincisiva di correzione dei fattori didebolezza intrinseci del nostro si-stema economico. Questa ricerca, icui risultati sono da noi pienamente

Seminario di presentazione della ricerca: “Emilia-Romagna regione d’Europa. Risorse e politiche di sviluppo per l’ingresso nel mercato unico europeo”

Da destra: Dott. Cesare Gherri - Presidente CCIAA di Parma, Dott. Guidalberto Guidi, Prof. E. Veronesi, Prof. Romano Prodi.

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 35Bologna, 30 Ottobre 1992

condivisi, fornisce un qualificato edefficace contributo alla proposta diPiano Regionale di Sviluppo.Lo studio, fra l’altro, individua quat-tro aree di debolezza sulle quali ènecessario intervenire tempestiva-mente e sulle quali riteniamo deb-bano convergere le risorse della Re-gione al fine di passare la competi-zione fra imprese alla competizionefra “sistemi”. Si tratta della capacitàinnovativa dell’apparato industriale,dell’esistenza di un sistema formati-vo flessibile, autonomo, dell’insuffi-cienza del sistema creditizio annua-le e della debolezza della rete infra-strutturale regionale.La quota high tech delle produzionimondiali riveste per i Paesi piùavanzati un’importanza sempremaggiore. A questo riguardo alcunicelebri esempi, come il MITI giap-ponese, insegnano che è il coordi-namento, la cooperazione fra mon-do istituzionale, mondo della ricercae sistema produttivo il vero fattorecritico di successo nella realizzazio-ne di innovazioni. Occorre dunquesviluppare, o forse meglio creare,questi collegamenti e questa capa-cità di sfruttare gli effetti sinergicianche in Emilia-Romagna.La riforma dell’autonomia dellascuola è fondamentale in questoprocesso di allineamento con gli al-tri Paesi comunitari dal momentoche è oggi indispensabile strumen-to di progresso e di creazione divantaggi comparati fra nazioni.La ristrutturazione del sistema fi-nanziario passa attraverso alcuneazioni fondamentali: da un lato la

creazione di nuovi strumenti quali ifondi pensione, i fondi chiusi, ormaiinvocati da anni e dall’altro la priva-tizzazione delle banche e quindi,grazie alla nuova legge bancaria, ladiffusione della proprietà di parteci-pazioni di imprese da parte dellebanche sull’esempio di quanto ac-cade in Germania. Carente e quindida potenziare è anche la dotazioneinfrastrutturale non solo di tipo fisi-co, cioè per il trasporto di beni epersone, ma anche delle reti di tele-comunicazione per la trasmissionedelle informazioni.In conclusione, come Camere diCommercio, riteniamo obiettivo prio-ritario definire le linee di crescita delsistema economico da un lato e dal-l’altro le linee di intervento per il si-stema istituzionale. Da quest’ultimoci si attende l’introduzione di un ap-proccio nuovo: esso dovrà garantireinnanzitutto l’esistenza di un liberogioco della concorrenza sul mercatoe non più soltanto interventi miratialla protezione dell’esistente.In questo senso le Camere di Com-mercio hanno da tempo offerto lamassima disponibilità dell’Ente Re-gione per definire accordi strategicied operativi di carattere globale. Co-gliamo dunque l’occasione per solle-citare la Regione affinchè questa no-stra disponibilità venga accolta.In ogni caso le Camere di Commer-cio, in stretto collegamento con leassociazioni imprenditoriali, sonopronte a “fare la loro parte”.

Seminario di presentazione della ricerca: “Emilia-Romagna regione d’Europa. Risorse e politiche di sviluppo per l’ingresso nel mercato unico europeo”

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36 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1993Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Le valutazioni sull’andamento del pro-dotto interno lordo risentono inevitabil-mente della parzialità dei vari indicato-ri che si rendono disponibili e vannosempre considerate con la dovutacautela. In sede di preconsuntivo 1992avevamo ipotizzato una crescita realedel Pil emiliano-romagnolo pariall’1,5%, lievemente più ampia dell’au-mento nazionale dell’1,2% previsto insede di relazione previsionale e pro-grammatica. I primi dati di consuntivoredatti dall’Istituto Guglielmo Tagliacar-ne hanno poi stimato una crescita rea-le per l’Emilia-Romagna nel 1992 parial 3,2% di due punti percentuali supe-riore alla corrispondente evoluzioneitaliana. Le nostre stime sono risultatesostanzialmente esatte in termini ten-denziali, ma più contenute di quantoavevamo ipotizzato, complice l’indi-sponibilità di diversi dati di produzione,una crescita reale del valore aggiuntodell’agricoltura pari al 18,3%.Nel 1993 la relazione previsionale eprogrammatica per il 1994 prevede,per il Paese, una crescita reale delreddito pari allo 0,4%, che sembra tra-dire un certo ottimismo se rapportataalle stime di segno prevalentementenegativo redatte dalla grande maggio-ranza dei centri econometrici. Per l’E-milia-Romagna riteniamo che il pro-dotto interno lordo del 1993 subirà undecremento reale pari allo 0,4%. Que-sta lieve diminuzione, più da conside-rare come linea di tendenza che noncome dato assoluto, sconta principal-mente le difficoltà accusate dall’indu-stria manifatturiera e delle costruzioni-installazioni impianti, oltre al prevedibi-le calo della produzione agricola nel

suo complesso, che ha visto diminuirei raccolti di importanti colture quali i ce-reali, le barbabietole da zucchero e lafrutta. Nell’ambito dei servizi è stata re-gistrata una sostanziale tenuta del set-tore turistico, tuttavia bilanciata dal ca-lo delle vendite del settore commercia-le. I trasporti aerei e ferroviari sono ri-sultati in espansione a fronte della di-minuzione dell’attività portuale regi-strata nello scalo ravennate. Per le at-tività creditizie si stima una crescitamoderata, anche alla luce del rallenta-mento registrato per gli impieghi.Se le nostre valutazioni saranno con-fermate dall’Istituto Tagliacarne in se-de di consuntivo si dovrà parlare con-seguentemente di anno all’insegnadella recessione. I segnali negativi aquesto proposito non sono certamen-te mancati. L’erosione della base oc-cupazionale c’è stata, anche se è dif-ficile dire in quali termini precisi a cau-sa delle continue modifiche che han-no interessato le rilevazioni sulle forzedel lavoro. L’impiego degli “ammortiz-zatori” sociali è risultato ampio: la cas-sa integrazione guadagni nei primidieci mesi del 1993 per quanto con-cerne gli interventi anticongiunturali èsalita del 33,2%; i contratti di solida-rietà rilevati nei primi nove mesi sonoarrivati a coinvolgere quasi 2.000 di-pendenti rispetto ai circa 90 del 1992;le liste di mobilità hanno visto cresce-re le iscrizioni di mese in mese, fino asfiorare, nello scorso mese di ottobre,le 9.200 unità; le domande di indenni-tà di disoccupazione sono aumentate,da gennaio a settembre, a 83.712 ri-spetto alle 70.683 dello stesso perio-do del 1992; infine gli avviamenti al la-

voro, scesi dai 378.853 dei primi novemesi del 1992 ai 335.087 dell’analogoperiodo del 1993 per una variazionenegativa pari all’11,6%. Clima difficiledunque al quale bisogna aggiungerel’aumento del tasso di disoccupazio-ne salito al 6%, nonostante l’accezio-ne più restrittiva Eurostat, nonché laforte crescita degli iscritti nelle liste dicollocamento della prima classe saliti,nella media dei primi nove mesi del-l’anno, da 128.071 a 165.027.La propensione agli investimenti nonpoteva che risentire del generale climad’incertezza: le domande di finanzia-mento pervenute al Bimer sono calateda gennaio a settembre del 26,6% ela stessa tendenza è stata osservataper quanto concerne le richieste inol-trate all’Artigiancassa nel primo seme-stre. Segnali negativi sono venuti an-che dal Registro ditte che ha vistoscendere il numero delle imprese atti-ve a causa soprattutto della flessioneaccusata dalle ditte individuali. Ai pro-blemi produttivi e occupazionali si so-no associate le difficoltà finanziarie,come testimoniato dal forte aumentodelle somme protestate, cui si è ac-compagnata la crescita dei fallimenti.Da queste note traspare certamenteun quadro negativo, ma bisogna tut-tavia sottolineare che la situazioneemiliano-romagnola si è allineata algenerale andamento e che alcuni indi-catori importanti quali il tasso di attivi-tà, di occupazione e di disoccupazio-ne hanno continuato ad apparire fra imigliori delle regioni italiane mentrel’assetto produttivo manifatturiero è ri-sultato meno colpito che altrove se siconsidera che in realtà industrializzate

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quali Lombardia, Veneto, Liguria eMarche ci sono state variazioni nega-tive nella produzione comprese fral’1,5% e il 4,5%.La stessa Cassa integrazione guada-gni è apparsa più “leggera” che non inaltre regioni. Se rapportiamo le ore au-torizzate per interventi anticongiuntu-rali alla media dei dipendenti dell’indu-stria, si può evincere, per i primi diecimesi del 1993, in Emilia-Romagna, unrapporto pari a 22 ore procapite, equi-valente in ambito nazionale alla 14maposizione. Le situazioni più critichesono state registrate in Piemonte con70 ore (la crisi dell’auto si è fatta sen-tire), Abruzzo (53 ore), Campania (51),Molise (50), e Lombardia (42).Le previsioni nazionali per il 1994 par-lano di moderata ripresa e solo dal1995 il Pil tornerebbe a crescere atassi prossimi al 2-3%. Per l’Emilia-Romagna si prevede una modesta ri-presa della produzione manifatturierapari al 2% circa. L’uscita dalla crisi siconfigurerebbe però lenta e non dura-tura. Le incertezze potrebbero scatu-rire dalla sostanziale stabilità della do-manda interna per il 1995 e dal rallen-tamento di quella estera. La produzio-ne risulterebbe così stazionaria pertutto il 1995, mentre l’occupazione di-minuirebbe nuovamente sia nel 1994(-2,3%) che nel 1995 (-2,1%).Vediamo ora più in dettaglio alcuniaspetti della congiuntura del 1993.Il mercato del lavoro ha fatto regi-strare un calo dell’occupazione di diffi-cile quantificazione, a causa delle mo-difiche di ordine sostanziale che sonostate apportate nel 1993 sulle rileva-zioni trimestrali delle forze del lavoro.

Il tasso di disoccupazione si è tuttaviaattestato al 6%, su valori abbastanzaelevati per gli standard emiliano-roma-gnoli, nonostante l’accezione più re-strittiva Eurostat in atto dall’ottobre1992. Altri indicatori hanno conferma-to questa tendenza.Gli avviamenti al lavoro sono apparsi innetto calo, mentre gli iscritti nelle listedi collocamento sono aumentati in mi-sura sensibile. Altri segnali negativi so-no venuti dalla Cassa integrazioneguadagni, le cui ore autorizzate per in-terventi anticongiunturali sono saliteda gennaio ad ottobre del 33,2%, edal forte aumento delle domande di in-dennità di disoccupazione passate, re-lativamente ai primi nove mesi, da70.683 a 83.712. In netta espansioneè pure apparso il ricorso ai contratti disolidarietà che da gennaio a settembrehanno coinvolto circa 2.000 addetti ri-spetto ai circa 90 del 1992 e lo stessoè avvenuto per gli iscritti nelle liste dimobilità saliti di mese in mese fino asfiorare, a fine ottobre, le 9.200 unità.Gli iscritti extracomunitari nelle liste dicollocamento sono risultati in crescitadell’11,2%, ma non altrettanto è avve-nuto per gli avviamenti ed i nuovi in-gressi. Per quanto concerne le pre-senze straniere in complesso un’inda-gine Istat aveva registrato a fine 199271.502 permessi di soggiorno di cui62.056 relativi agli extracomunitari. Afine 1989 e 1990 se ne contavano ri-spettivamente 23.117 e 43.830.I contratti di formazione lavoro sonoscesi considerevolmente sia in terminidi progetti approvati (-52,3% nei priminove mesi del 1993) che di giovani av-viati (-34,8%). In diminuzione sono

pure apparsi i relativi contratti trasfor-mati in tempo indeterminato. E’ conti-nua la diffusione del part-time: i con-tratti trasformati da tempo pieno atempo parziale sono aumentati del36,4% (da 5.393 a 7.354) a fronte del-la crescita del 26,4% relativa agli av-viati dalle speciali liste.L’annata agraria 1992-93 ha fattoregistrare una flessione nei livelli pro-duttivi che ha interessato la totalità deisettori. Oltre al calo della produzionefisica occorre sottolineare la flessionedei prezzi percepiti dai produttori agri-coli, mentre i prezzi dei mezzi di pro-duzione hanno registrato un aumentoa fronte della diminuzione della do-manda dei consumi intermedi.Nel settore della pesca marittima elagunare è stata registrata una ten-denza negativa della produzione do-vuta essenzialmente al forte calo dellevongole avviate verso altri mercati eall’industria. Più intonata la situazionedel pescato introdotto nei mercati itti-ci localizzati nelle province costiereche tuttavia ricevono solo una partedel pescato complessivo. Le quantitàimmesse nei primi nove mesi del 1993sono aumentate del 23,3%, mentre intermini di valore è stato registrato unincremento nominale del 9,9% a fron-te di un tasso medio di inflazione parial 4,5%.L’industria energetica, per quantoconcerne la produzione di energiaelettrica (i dati sono di fonte Enel), hafatto registrare nei primi sei mesi del1993 una produzione netta di energiapari a 6.881 milioni di Kwh, con un de-cremento del 5,4% rispetto allo stessoperiodo del 1992, più elevato di circa

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tre punti percentuali rispetto alla corri-spondente variazione negativa regi-strata nel Paese. Entrambe le principalifonti, idroelettrica e termoelettrica,hanno accusato diminuzioni pari ri-spettivamente al 4% e 5,5%. La fles-sione della fonte termoelettrica è daattribuire al minor impiego di olio com-bustibile (-9,3%) a fronte della crescitadel 7,2% relativa al gas naturale.Le erogazioni di gas metano, relativa-mente ai primi otto mesi del 1993, so-no ammontate, secondo i dati Snam,a poco più di 4 miliardi e 584 milioni dimetri cubi con un aumento dello 0,7%rispetto allo stesso periodo del 1992.Gli usi domestici e civili sono risultatipressochè stazionari, interrompendola tendenza espansiva, mentre quellidestinati all’autotrazione sono apparsiin lieve recupero.Il metano destinato alla produzione dienergia termoelettrica è apparso inforte crescita (+27,8%), in linea con latendenza emersa dai dati Enel. Gli usiindustriali sono risultati di poco supe-riori a 1 miliardo e 916 milioni di metricubi con un decremento del 3% ri-spetto ai primi otto mesi del 1992. Lacongiuntura sfavorevole non ha certa-mente stimolato i consumi, con unpunta particolarmente negativa perun’importante utilizzatrice quale l’in-dustria chimica. Non sono tuttaviamancati aumenti come nel caso delleindustrie ceramiche i cui consumi, co-erentemente con la favorevole con-giuntura, sono passati da 623 milionie 464 mila a 637 milioni e 298 milametri cubi.I primi nove mesi del 1993 si sonochiusi per l’industria manifatturiera

dell’Emilia-Romagna con una lieve di-minuzione del volume della produzio-ne rispetto all’analogo periodo del1992. Per trovare un altro andamentonegativo occorre risalire al 1983,quando i primi nove mesi di quell’an-no riservarono una flessione del 2,5%.Lo stato recessivo dell’industria mani-fatturiera emiliano-romagnola, in lineacon quanto avvenuto nel Paese, si èaccompagnato al forte impiego di“ammortizzatori” sociali quali la Cassaintegrazione guadagni, le liste di mobi-lità e i contratti di solidarietà. Non è tut-tavia mancato qualche segnale positi-vo. La domanda estera è salita note-volmente, rafforzando la quota delleesportazioni totali sul totale del fattura-to. Questa tendenza è stata conferma-ta dai dati ISTAT che hanno registratoper il valore dell’export tassi di crescitaragguardevoli. Questo andamento hacompensato la flessione del mercatointerno, consentendo una crescita delfatturato lievemente superiore all’infla-zione, oltre che positiva in termini rea-li. I prezzi alla produzione hanno datosegni di ripresa, sulla spinta dei listiniesteri, il cui tasso di crescita è appar-so nettamente superiore rispetto aquello dei prezzi interni.Le aziende stanno infatti sfruttando gliampi margini offerti dalla svalutazionedella lira, avvenuta nel settembre del1992, rifacendosi di un lungo periodocontraddistinto da incrementi estre-mamente contenuti. Il periodo di pro-duzione assicurato dal portafoglio or-dini, di poco superiore ai tre mesi, si èmantenuto sostanzialmente stabile,mentre l’approvvigionamento dei ma-teriali destinati alla produzione è risul-

tato prevalentemente agevole.Le giacenze dei prodotti destinati allavendita sono state influenzate dallaconcomitante crescita delle venditereali e dalla contrazione produttiva, fa-cendo registrare una diminuizione del-le aziende che hanno dichiarato esu-beri. L’occupazione è apparsa stabile,quando in passato i primi nove mesidell’anno per motivi prevalentementestagionali riservavano incrementi attor-no all’1%. Per quanto concerne la si-tuazione dei vari settori vanno segna-lati i buoni andamenti delle industriealimentari, ceramiche, del legno e del-la carta- stampa- editoria, mentre l’in-dustria metalmeccanica è apparsastazionaria. Le situazioni più negativesono state registrate nel settore dellamoda, dei materiali da costruzione-vetro e nei mobili in legno. Per quantoconcerne la dimensione aziendale, vasottolineata la situazione recessivadelle piccole aziende, da 10 a 49 ad-detti, che hanno registrato forti cali nel-la produzione e nella vendita dovuti al-la flessione della domanda interna.L’industria delle costruzioni, sullabase dell’indagine congiunturale relati-va al primo semestre 1993, ha vissutouna fase piuttosto negativa sia sottol’aspetto produttivo che della doman-da. L’occupazione, fra l’inizio dell’annoe la fine di giugno, ha subito un decre-mento del 2,4%. In calo è apparso an-che il decentramento produttivo, men-tre tra le difficoltà più evidenti incontra-te nel semestre si sono segnalati, oltrealla domanda debole, la forte dilazionedei tempi di pagamento ed il ricorso alcredito. Gli appalti banditi nel primosemestre sono stati contraddistinti

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dalla flessione del 25,5% degli importia base d’asta rispetto ai primi sei me-si del 1992. Note negative, anche sepiù attenuate, sono inoltre venute dal-le imprese artigiane. La compagine im-prenditoriale emersa dai Registri ditteè diminuita del 2,7%, scontando unsaldo negativo nel primo semestre fraimprese iscritte e cancellate pari a1.079 unità rispetto all’attivo di 69 im-prese rilevato nei primi sei mesi del1992. Ulteriori segnali negativi sonovenuti dalla diminuita domanda d’inve-stimento e dalla crescita dei fallimentisaliti da 27 a 33, relativamente alla pri-ma parte dell’anno.Le attività commerciali sono appar-se in rallentamento. La diminuzione delpotere d’acquisto delle famiglie dovutaalle politiche restrittive adottate dalGoverno in materia di reddito e di fiscoconiugate alle perplessità indotte dal-l’aumento della disoccupazione, dellaCassa integrazione guadagni e dallamessa in mobilità hanno causato unagenerale decelerazione dei consumi.Dal punto di vista strutturale sta conti-nuando lo sviluppo della grande distri-buzione a scapito dei piccoli esercizi,in particolare, alimentari.Nei primi sei mesi del 1993 le espor-tazioni della regione hanno eviden-ziato il maggiore incremento in valore(+27,8%), rispetto sia alla media italia-na (+16%) che alle regioni export-oriented. Tra i settori va sottolineata laperformance sfavorevole dell’agricol-tura e delle conserve animali. In gene-rale i mercati extra-CE (+31,1%) si so-no sviluppati in misura maggiore diquelli comunitari (+14,8%). I dati pro-vinciali riportano un generale incre-

mento delle esportazioni di tutti i di-stretti produttivi dal quale si discostaperò il calo dell’export di Parma nelleoperazioni superiori ai 20 milioni di lire.La svalutazione della lira ha favoritosoprattutto le imprese di Modena, Bo-logna e Ferrara che hanno recuperatoil calo di competitività registrato nelloscorso anno. Tra le rimanenti provinceRavenna è risultata la meno dinamica.La stagione turistica 1993 si è chiu-sa all’insegna della sostanziale stabili-tà. Nei primi nove mesi è stato regi-strato un aumento degli arrivi nelcomplesso degli esercizi pari al 2,7%e una tenuta nel livello delle presenze(+0,5%). Il flusso turistico degli stra-nieri ha fatto segnare un incrementonegli arrivi del 2,5% a fronte della fles-sione delle presenze pari all’1,4%.Nonostante i vantaggi offerti dalla sva-lutazione, l’Emilia-Romagna non èstata in grado di incrementare apprez-zabilmente il proprio livello di competi-tività risentendo anch’essa del climarecessivo che ha investito gran partedelle economie europee.Il traffico portuale registrato nei priminove mesi del 1993 nel porto di Ra-venna è apparso, da gennaio a otto-bre, in calo del 5,2% rispetto allo stes-so periodo del 1992, mentre il movi-mento marittimo è sceso del 22,5%.L’andamento portuale ha certamenterisentito del rallentamento dei trafficiinternazionali e del calo dell’import na-zionale, ma si può tuttavia ritenere lasituazione meno negativa di quantopossa apparire, soprattutto se si con-sidera che il confronto è stato effettua-to con uno dei migliori periodi, quale il1992, del porto di Ravenna. Un aspet-

to positivo, in termini di valore aggiun-to, è venuto dal movimento containercresciuto del 4,9% in termini di merci edel 5,6% relativamente ai Teu.Il traffico aereo è stato caratterizzatodagli apprezzabili incrementi registratinello scalo bolognese, sia in termini diaeromobili arrivate (da 18.910 si è sa-liti a 19.496) che di passeggeri (da1.274.390 a 1.377.166). In calo sonoinvece apparsi gli aeroporti di Rimini eForlì.I trasporti ferroviari limitatamente ainove mesi del 1993 sono cresciuti siain termini di passeggeri (+2%) chemerci (+6,1%). Ancora in calo il be-stiame: i capi movimentati sono scesida 1.047 a 534.Nel settore creditizio è stato regi-strato un certo rallentamento dellacrescita tendenziale degli impieghi,saliti a fine giugno ’93 del 5,8% rispet-to all’aumento dell’8,4% rilevato nelPaese. Il rapporto sofferenze/ impie-ghi è apparso in lieve incremento sen-za tuttavia raggiungere i livelli registra-ti a livello nazionale. I depositi sonoaumentati più velocemente in regione:il tasso di crescita della raccolta è sa-lito al 10,6% a fine giugno rispetto al+6,5% italiano.L’assetto imprenditoriale dell’eco-nomia emiliano-romagnola è stato ca-ratterizzato, fra il dicembre 1992 e ilsettembre 1993, da un calo delle im-prese attive pari al 2,4%. Tra le dimi-nuzioni più consistenti va segnalatal’industria manifatturiera (-3,9%), pe-nalizzata in particolare dai sensibili caliregistrati nelle imprese operanti nelsettore della moda. Dal lato della for-ma giuridica si può osservare un nuo-

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vo pesante calo delle ditte individuali afronte degli aumenti registrati nelle so-cietà. Questo andamento è tenden-ziale ed è indice di profonde ristruttu-razioni. La perdita di peso delle ditteindividuali ha riguardato la maggioran-za dei settori, con un’accentuazioneparticolare nel sistema moda. La dimi-nuzione del numero delle imprese re-gistrate in Emilia-Romagna si è alli-neata al generale andamento, ma intermini relativamente più negativi.L’artigianato ha subito un’ulteriorecontrazione della consistenza delleimprese scese dalle 132.997 di finegiugno 1992 alle 127.771 di fine giu-gno 1993. Questo andamento è in li-nea con la tendenza regressiva in attoda molti anni, ma è stato amplificatodalla difficile fase congiunturale vissu-ta nella prima metà del 1993. Secon-do l’indagine congiunturale effettuatadalla C.N.A., produzione ed ordinativisono risultati in calo, alla stessa stre-gua dell’occupazione scesa del 2,8%.Il quadro finanziario è stato caratteriz-zato dalla dilazione dei tempi di paga-mento e dal conseguente aumentodel ricorso all’indebitamento a breve.Le domande di finanziamento perve-nute all’Artigiancassa nei primi sei me-si del 1993, che misurano il clima esi-stente tra gli operatori, sono scesebruscamente. Non altrettanto è avve-nuto per i finanziamenti erogati. Losmaltimento delle pratiche arretrateha consentito di accrescere i contri-buti, consentendo 1.544 nuovi postidi lavoro, secondo le dichiarazioni del-le imprese, rispetto ai 698 previsti nel-la prima parte del 1992.Le imprese cooperative hanno fatto

registrare un ulteriore rallentamento ri-spetto al 1992, rispecchiando in ciòl’andamento generale dell’economiaemiliano-romagnola. Il settore agro-in-dustriale ha evidenziato una sostan-ziale tenuta, pur registrando compor-tamenti estremamente differenziati al-l’interno dei vari comparti. Nel settoredella produzione e lavoro si sono regi-strate le più consistenti flessioni di fat-turato e occupazione. Nel settore deiservizi è stata invece rilevata una so-stanziale tenuta. Buoni risultati infinenella grande distribuzione soprattuttoin termini di fatturato.La Cassa integrazione guadagni,relativa ai primi dieci mesi del 1993 èrisultata in forte aumento. Le ore auto-rizzate per interventi spiccatamenteanticongiunturali quali quelli ordinari,sono risultate pari a 10.467.985 conun incremento del 33,2% rispetto allostesso periodo del 1992 a fronte del-l’aumento del 39,7% registrato nelPaese. Ogni settore ha accusato au-menti con un’accentuazione partico-lare per il tessile- vestiario- abbiglia-mento. L’industria metalmeccanica hacontato più di 5 milioni 890 mila ore,equivalenti al 56,2% del monte oreautorizzato, con un aumento del28,7% rispetto ai primi dieci mesi del1992. Va inoltre sottolineata la fortecrescita delle ore autorizzate agli im-piegati salite da 486.174 a 1.264.333per una variazione percentuale pari al160,1% a fronte dell’aumento del24,8% registrato per gli operai.Le ore autorizzate di Cassa integrazio-ne guadagni straordinaria sono am-montate a 5.537.169, vale a dire il 6,4in meno rispetto ai primi dieci mesi del

1992. Bisogna tuttavia rimarcare chetali dati rivestono scarsa, per non direnulla significatività, in quanto rappre-sentativi di situazioni pregresse appar-tenenti al 1992 (tra la richiesta di Cig ela relativa autorizzazione intercorreabitualmente un lasso di tempo maiinferiore all’anno). Il fenomeno, secon-do un’indagine dell’Ufficio regionaledel lavoro, rappresentativo delle istan-ze in corso nel mese di ottobre, inte-ressava in Emilia-Romagna 143 unitàproduttive per complessivi 5.042 ad-detti. Gli esuberi risultavano 3.314,mentre i dipendenti a zero ore eranopari a 2.613. Si tratta di cifre che inrapporto alla totalità dei dipendentidell’industria, circa 477.000 secondole rilevazioni sulle forze di lavoro, mo-strano un fenomeno relativamentecontenuto, ma comunque apprezza-bile in termini assoluti, specie se lo siconiuga alle iscrizioni nelle liste di mo-bilità che nello scorso mese di ottobreavevano sfiorato le 9.200 unità. La ge-stione speciale edilizia, la cui conces-sione è subordinata ai casi di maltem-po, è ammontata a 2.703.034 ore au-torizzate con un incremento del 5,3%rispetto ai primi dieci mesi del 1992.I protesti levati nei primi otto mesi del1993 sono stati indice di gravi difficol-tà finanziarie. Il numero degli effettiprotestati è aumentato del 3,6% men-tre in termini di somme protestate vi èstato un incremento ancora maggiore(+23,6%). La crescita più ampia, dallato degli importi, ha riguardato le trat-te non accettate (+46,5%) che, ricor-diamo, non sono oggetto di pubblica-zione sul bollettino quindicinale deiprotesti cambiari, ma non è nemmeno

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1993 41Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

da trascurare la crescita delle cambia-li-pagherò e degli assegni saliti rispet-tivamente del 20,6% e 9,6%. I falli-menti dichiarati nei primi sei mesi del1993 sono risultati 602 , vale a dire il22,9% in più rispetto allo stesso pe-riodo del 1992. Si tratta di una cresci-ta ragguardevole, soprattutto se siconsidera che nell’analogo periododel 1992 era stato registrato un de-cremento del 4,5% rispetto ai primi seimesi del 1991. La crescita percentua-le più sostenuta è stata rilevata nelsettore del credito, assicurazioni e fi-nanziarie, i cui fallimenti sono saliti da47 a 89. L’incidenza dei fallimenti sul-le imprese attive iscritte nel Registroditte a fine giugno 1993 è stata pariall’1,98 per mille rispetto all’1,56 permille del 1992.La conflittualità del lavoro rilevatanei primi sette mesi del 1993 è appar-sa in crescita per effetto del forte au-mento registrato negli scioperi “politi-ci”, le cui astensioni sono passate da694.000 a 1.962.000, in linea conquanto avvenuto nel Paese (da1.631.000 a 7.710.000). Di diversosegno l’andamento della conflittualitàdovuta a rapporti di lavoro, le cui oreperdute sono scese a 476.000 controle 677.000 registrate nei primi settemesi del 1992. In questo caso l’anda-mento dell’Emilia-Romagna è risultatoin controtendenza con quello naziona-le, le cui ore perdute sono salite da3.434.000 a 5.128.000.La domanda di investimento, valu-tata sulla base delle richieste pervenu-te al Bimer nei primi nove mesi del1993 è risultata in netto calo per quan-to concerne il numero di richieste per-

venute (-26,6%) e in lieve diminuzionerelativamente agli importi (-0,7%). Latendenza è certamente negativa, an-che se è necessaria una certa cautelanel confronto con i dati 1992 poichéproprio in quell’anno è nato Bimer aseguito della fusione avvenuta il 19agosto fra Mediocredito regionale, Ir-caer e Sezione opere pubbliche e Cre-dito fondiario della Cassa di Risparmiodi Bologna. La diminuzione degli inve-stimenti registrati da Bimer è stata re-gistrata in forma molto più accentuatadalla Cassa per il credito alle impreseartigiane che nei primi sei mesi del1993 ha visto scendere le domandepresentate da 4.143 a 1.173 mentre intermini di investimenti si è passati dacirca 217 miliardi di lire a 65 miliardi e772 milioni. Il salto, come si può os-servare, è molto ampio e se da un latotraduce una diffusa sfiducia, dall’altrosottintende una competitività più ridot-ta con tutte le implicazioni che il feno-meno comporta.Per quanto riguarda l’inflazione re-gionale, i dati più aggiornati relativi aBologna che, ricordiamo, concorre al-la formazione dell’indice nazionale,hanno registrato a novembre un incre-mento tendenziale del 4,1%, rispettoall’aumento del 4,9% rilevato nellostesso mese del 1992. La fase di rien-tro dell’inflazione si è allineata all’an-damento nazionale il cui indice è au-mentato tendenzialmente a novembredel 4,2% rispetto al +4,8% registratonello stesso mese del 1992.

L’economia regionale nel 1993

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Lo scenario internazionaleA livello mondiale il 1993 si sta con-cludendo sotto il profilo della stagna-zione generalizzata. In particolare Eu-ropa e Giappone appaiono ancora inforte crisi. Per l’Europa il 1993 è desti-nato a chiudersi con un calo comples-sivo della produzione industriale al disotto dei livelli del 1989. Il tasso di cre-scita del commercio internazionale siassesterà comunque al 3,4%, soste-nuto soprattutto dalla crescita deipaesi non appartenenti all’Ocse. Di-versi sono invece i comportamenti diStati Uniti e Gran Bretagna. In questearee appare ormai evidente l’uscitadalla fase recessiva che ha caratteriz-zato il 1992. In fortissima crescita sistanno inoltre rivelando l’Asia e in par-ticolare la Cina che conferma per que-st’anno una crescita del Pil prossimaal 10%. Tuttavia le difficoltà che stan-no ancora attraversando le economiedell’ex Urss e degli ex paesi socialistimettono al riparo da facili entusiasmi,mostrando come il passaggio daun’economia pianificata ad un’econo-mia di mercato si presenti ancora tor-tuoso ed irto di difficoltà.

In un tale scenario internazionale la ri-presa della domanda autonoma, enon trascinata da slittamenti del tassodi cambio della lira, si ripresenta an-cora incerta. La crescita della doman-da mondiale potrà quindi riprendere,stanti migliorate condizioni di StatiUniti e Germania, solo nella secondametà del 1994. D’altra parte è estre-mamente probabile che il tasso dicambio della lira, libera di fluttuare, sistabilizzi e cessi quindi di esercitare ilsuo effetto di trascinamento della do-manda estera.

Lo scenario italianoNello scenario internazionale ancoraincerto e carico di ostacoli al manife-starsi di una chiara ripresa, la situazio-ne italiana si presenta con forti ele-menti di crisi, ma anche con una si-tuazione di tassi di cambio e tassi diinteresse fortemente deflattiva.La caduta del tasso di cambio della li-ra ha portato con sé un notevole au-mento della competitività delle produ-zioni italiane, rendendo possibile per iprossimi anni un riaggiustamento du-raturo dei conti italiani con l’estero. In

tali condizioni si rende possibile un’ul-teriore diminuzione dei tassi d’interes-se ed una loro destabilizzazione su li-velli più bassi degli attuali. Dalla disce-sa dei tassi d’interesse consegue uncontenimento del fabbisogno lordodel settore pubblico. Non occorre tut-tavia dimenticare che stanno concor-rendo a contenere l’inflazione anche leinattese e forti riduzioni dei salari reali,la caduta del reddito disponibile dellefamiglie e la conseguente caduta deiconsumi interni delle famiglie. Ancheinvestimenti ed importazioni hanno,come atteso, subito forti cali. La con-seguenza di tali riduzioni porterà mol-to probabilmente ad un calo del Pildello 0,6% secondo le stime di Pro-meteia. La riduzione del debito pubbli-co potrà quindi proseguire, ma è pro-babile che essa venga perseguita at-traverso la riduzione dei tassi di inte-resse e non tramite un ulteriore ina-sprimento della pressione fiscale. Po-trebbe così avviarsi un assestamentodella domanda interna generata daiconsumi delle famiglie, con una mo-derata ripresa dei consumi stessi ver-so la fine del 1994. Nello stesso pe-riodo è altresì molto probabile che siassista anche ad un assestamento deitassi di cambio. La necessità di nonimprimere nuove spinte recessive al-l’economia e allo stesso tempo di pro-seguire sulla via del risanamento deiconti pubblici rende altamente vulne-rabili i conti pubblici. In particolare visono forti elementi di incertezza con-nessi all’esito delle prossime elezionipolitiche e alla volontà e capacità deiprossimi governi di mantenere la stra-da del risanamento intrapresa. Il 1994

Le previsioni 1994 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 1994Produzione Industriale Emilia-Romagna

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potrà infatti portare con sé un’ulterio-re perdita di posti di lavoro, più conte-nuta di quella sperimentata nel 1993,ma che ad essa sommata comporte-rà costi e tensioni sociali più elevati.

La previsione per l’industria emiliano-romagnolaIl 1993 si avvia a concludersi con tassidi crescita della produzione industrialenegativi. Nell’ipotesi di un rallentamen-to del calo della domanda interna, chesi assesterebbe su un –0,5% circa, edi un rallentamento degli ordini estericonseguente ad un arrestarsi dello slit-tamento del tasso di cambio, la pro-duzione industriale potrebbe riprende-re a crescere a tassi medi annui di cir-ca il 2% nel 1994. L’uscita dalla crisi siconfigurerebbe però lenta e non dura-tura. Nuovi motivi di incertezza potreb-bero venire dalla sostanziale stabilitàdella domanda interna per il 1995 e daun netto rallentamento nella crescitadegli ordini esteri conseguente al ces-sato effetto della svalutazione. La pro-duzione risulterebbe così stazionariaper tutto il 1995. In tale scenario pro-seguirebbe l’espulsione di manodope-ra, seppure in rallentamento sia nel1994 (-2,3%) che nel 1995 (-2,1%). Inlieve controtendenza le ore lavorate,che si segnalerebbero in lieve aumen-to nel 1994 e sostanzialmente stazio-narie nel 1995.

Uno scenario alternativo: una più rapida ripresaGli effetti della domanda estera in fortecrescita potrebbero manifestare a par-tire dalla fine del 1993 e per i primi me-si del 1994 un effetto più marcato di

trascinamento sul livello della doman-da interna. Il riattivarsi del processo diinvestimento, sostenuto fra l’altro dauna più decisa discesa dei tassi d’ in-teresse, potrebbe riattivare con mag-giore decisione la domanda di beni diinvestimento, riattivando un ciclo vir-tuoso di crescita. Ne beneficierebberosia l’occupazione, con il rallentamentodei tassi di crescita della disoccupa-zione, sia il livello dei consumi delle fa-miglie, nell’ipotesi di una politica fisca-le che lasci, nel 1994, invariata la pres-sione fiscale. Non è inoltre da esclude-re che per la fine del 1994 e l’inizio del1995, pur venendo meno gli effetti po-sitivi della svalutazione, la ripresa or-mai avviata negli Stati Uniti e in GranBretagna possa portare ad una cresci-ta complessiva della domanda mon-diale più elevata rispetto all’ipotesi distazionarietà contenuta nella previsio-ne di base. In tali condizioni è possibi-le ipotizzare un’uscita dalla fase reces-siva più decisa.

Le conseguenze dello scenario al-ternativo per l’industria emiliano-romagnolaLe conseguenze di tale scenario alter-nativo sul livello degli ordinativi sareb-bero consistenti.Gli ordinativi esteri per il 1994 prose-guirebbero la loro crescita a tassi su-periori al 10% e molto prossimi a quellirilevati nei primi nove mesi del 1993.Lievemente in ripresa apparirebberoverso la fine del 1994 anche gli ordiniinterni, trascinati dalla domanda este-ra e dal riattivarsi dei ciclo degli inve-stimenti. Ne conseguirebbe una piùnetta e marcata ripresa produttiva,

che potrebbe toccare una crescitamedia del 4%. Tale crescita portereb-be notevoli conseguenze sia sulla cre-scita delle ore lavorate, segnalate inaumento di circa un punto percentua-le, ed attenuerebbe l’espulsione dimanodopera che continuerebbe apresentare tassi negativi.

I settori industrialiIndustria meccanicaProsegue la fase di lenta uscita dallafase recessiva del settore, dopo un1993 costellato da pesanti incertezze,soprattutto per i comparti dei prodottiin metallo e dei mezzi di trasporto. Il1993 si concluderà con un crescitaproduttiva non significativamente di-versa da zero. Tuttavia l’incrementodegli ordini esteri rilevato a fine 1993continuerà ad esercitare i suoi effettianche nel 1994, portando verso livellipositivi i tassi di crescita della produ-zione industriale. La domanda internarivolta verso il settore potrebbe riav-viarsi verso la fine del 1994, contri-buendo alla ripresa produttiva. In fles-sione, tuttavia meno accentuata diquella registrata negli ultimi due anni,si segnalano ancora i tassi di crescitadi occupazione a ore lavorate.CeramicaLa crescita, più accentuata del previ-sto, degli ordini esteri ha consentito alsettore di concludere il 1993 con unaumento molto forte della produzionee con un recupero della redditività suimercati esteri. La previsione per il1994, a fronte di una crescita ancoralenta della domanda interna condizio-nata dalla crisi del settore edile, vedeuna continua crescita della domanda

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estera, seppure più lenta di quella re-gistrata per il 1993 nel complesso. Itassi relativi all’andamento della pro-duzione industriale sono previsti in au-mento, con conseguenze positive suoccupazione e ore lavorate.ElettronicaNel 1993 gli incrementi di ordini esteriprovenienti dalla svalutazione della lirahanno compensato solo in parte l’ac-centuato calo degli ordini interni. Nelcomplesso il 1993 potrebbe chiudersicon un livello degli ordini totali non dis-simile da quello registrato nel 1992.Nel 1994 è invece attesa una bruscariduzione degli ordini provenienti dal-l’estero ad effetto dell’assestamentosui tassi di cambio. Potrebbe così ve-rificarsi nel 1995 una riduzione dellaproduzione. Industria alimentareIl settore è scarsamente esposto alladomanda estera, ma il 1993, nonostan-te il calo della domanda interna, potràchiudersi con tassi di crescita medi an-cora positivi. Una sostanziale tenutadella domanda interna rivolta al settorestesso è prevista per tutto il 1994, con-sentendo al settore di non presentare ri-sultati negativi. Potrebbe tuttavia cono-scere una forte riduzione dell’occupa-zione, pur in presenza di una sostanzia-le stazionarietà nelle ore lavorate.TessileGli ordini totali che pervengono al set-tore sono previsti in sostanziale sta-zionarietà. L’andamento ciclico pro-prio del settore potrebbe far segnarerisultati positivi in termini di produzio-ne ed incremento delle ore lavorateper il 1994. Più problematica si pre-senterebbe la situazione del settore

per gli anni seguenti, tanto in termini diordini totali, quanto in termini di pro-duzione ed occupazione.AbbigliamentoIl 1993 sta per chiudersi con una fortediminuzione della produzione totale,conseguente a due anni di successiveriduzioni degli ordinativi. Anche il 1994potrebbe presentare tassi di crescitanegativi, sia per la produzione che pergli ordini totali, anche se con un forterallentamento della caduta produttiva.Solo il 1995 potrebbe cominciare a pre-sentare segnali di ripresa del settore.

Le previsioni 1994 per l’Emilia-Romagna

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PremessaIl forte radicamento sul territorio, la di-mensione provinciale e l’inserimentoin un sistema a rete regionale e nazio-nale, ma soprattutto la collocazioneistituzionale tra Stato e Imprese, im-pongono alle Camere di Commerciodi orientare la propria operatività alladomanda espressa dalle imprese edal mercato. E’ a partire da questaconsapevolezza che le Camere diCommercio, per sopperire alla man-canza di una riforma attesa e disatte-sa dal lontano 1944, hanno avviato unprocesso di autoriforma, che il legisla-tore italiano non ha purtroppo ancorasancito, ma che nei fatti si è stanziatonel passaggio da entità autonome (lesingole Camere) a sistema (il sistemacamerale).Siamo però consapevoli che senzauna profonda riforma dell’apparatostatuale non potremo andare all’ap-puntamento con l’Europa, in coerenzacon quanto previsto dagli accordi diMaastricht. Nel Mercato Unico Euro-peo le Regioni assumeranno un ruolosempre più rilevante, ma, per gestirele nuove competenze, avranno biso-gno di nuovi strumenti operativi. Inquesta prospettiva le Camere di Com-mercio si propongono come uno stru-mento di raccordo tra organi centrali ecompetenze delegate a livello regio-nale, interfaccia fra sistema delle im-prese e Pubblica Amministrazione.Le Camere di Commercio sono parteintegrante di una rete di istituzioni estrutture che operano al fianco delleimprese e per promuovere lo sviluppoeconomico locale sia nella dimensio-ne nazionale che nella dimensione eu-

ropea. Questo è il vero punto di forzadelle Camere di Commercio, che sa-rebbe stolto non valorizzare e non uti-lizzare appieno per favorire i processidi integrazione europea, non solo deisistemi di impresa, ma anche di pezziprogressivamente crescenti di Pubbli-ca Amministrazione. Come Camere diCommercio dell’Emilia-Romagna rite-niamo che il rafforzamento della fun-zione di interfaccia fra Stato e impresee il conseguimento di livelli più elevatidi qualità ed utilizzo dei servizi possaessere ottenuto: • rafforzando il rapporto di collabora-

zione con le imprese e le associa-zioni imprenditoriali, per il coordina-mento e la gestione di servizi real-mente utili allo sviluppo dei sistemieconomici locali; è nostra intenzioneattivare un monitoraggio permanen-te sulla qualità e l’utilizzo dei serviziofferti dal sistema camerale;

• ridefinendo i rapporti istituzionali coni livelli di governo locale nel contestodell’auspicabile, quanto indispensa-bile, processo di riforma istituziona-le, al fine di raccordare strategie ediniziative di enti istituzionali che a li-vello locale hanno competenze edesercitano funzioni in materia eco-nomica.

La riforma delle Camere di CommercioPer consentire l’efficace assolvimentodella propria missione, rispetto alloStato, le Autonomie locali e soprattut-to il sistema delle imprese, non sonotuttavia più sufficienti le modifiche diprassi e comportamenti delle Cameredi Commercio, perseguiti autonoma-

mente nel pur meritorio processo diautoriforma. Gli interventi legislativiche nel tempo hanno ridefinito fisiono-mia e compiti del sistema cameralemancano di una visione univoca emoderna dell’istituto camerale.Il riordino e la riforma delle Camere diCommercio è ineludibile, non fosse al-tro che per completare il disegno rifor-matore avviato con la Legge 142/ 90relativo alle autonomie locali e per ren-dere coerenti gli assetti al nuovo regi-me finanziario delle Camere, in vigoredal 1991 e che addossa alle impreseil finanziamento pressochè integraledegli enti.Noi crediamo che le Camere di Com-mercio non possano essere concepi-te solo come un’organizzazione am-ministrativa periferica dello Stato,bensì come parte della Pubblica Am-ministrazione da un lato ed espressio-ne associativa del mondo delle impre-se dall’altro. Ciò comporta la necessi-tà di ridefinire la natura e le funzionidelle Camere di Commercio, di istitui-re presso le Camere il Registro delleimprese, di rivedere i rapporti con leautonomie locali e le Regioni, di rive-dere gli assetti finanziari, poiché servi-zi gestiti per conto dello Stato debbo-no essere finanziariamente sostenutidallo Stato, di modificare lo stato giu-ridico e contrattuale del personale ca-merale, di ridefinire le modalità di con-trollo degli atti. Infine, ma questo pro-blema è ai primi posti per importanza,è necessario che gli organi di governodelle Camere di Commercio venganoeletti democraticamente con la direttapartecipazione delle imprese.Diciamo con forza che la riforma è in-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1993

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dispensabile ed urgente per ricolloca-re su basi di efficienza operativa il si-stema delle Camere di Commercio ri-definendone i compiti, per tralasciarele funzioni non più attuali e concentra-re le risorse sulle effettive priorità di in-tervento.

Una stretta collaborazione con leAssociazioni ImprenditorialiNell’attesa, non certo passiva, della ri-forma del sistema camerale, le Came-re di Commercio dell’Emilia-Romagnaintendono rivedere, aggiornare edadeguare i propri assetti operativi perfar fronte ai cambiamenti strutturalidell’economia, alle mutate esigenzedelle imprese e alla grave crisi che stainteressando in particolare le piccoleimprese. E’ stato dato seguito ad uncostruttivo confronto con le associa-zioni imprenditoriali sia in sede provin-ciale che in sede regionale, avviato delresto lo scorso anno con la Conferen-za regionale sui servizi. Si è in partico-lare convenuto:• sulla necessità di conseguire una

maggiore coesione nell’azione tra lamolteplicità di soggetti, pubblici eprivati, che si occupano di promo-zione dello sviluppo economico lo-cale, favorendo la partecipazionedell’associazionismo economico aiprocessi decisionali dell’ente pubbli-co e per facilitare una più capillarediffusione sul territorio dei servizi al-le imprese; ciò è vero a maggior ra-gione per i settori ed i compartimaggiormente interessati da situa-zioni di crisi;

• sulla necessità di un maggiore coor-dinamento operativo tra il sistema

camerale ed Ente regione e tra si-stema camerale, aziende speciali edassociazioni imprenditoriali, per evi-tare sovrapposizioni e duplicazionidi interventi;

• sulla necessità di avviare tavoli diconfronto e di concertazione in me-rito alle iniziative da intraprendereper far fronte alle difficoltà dell’attua-le fase economica;

• sulla necessità di ampliare ed esten-dere la rappresentanza delle asso-ciazioni nel sistema camerale, in pri-mo luogo nel Consiglio di Ammini-strazione di Unioncamere.

Si sono, pertanto, approvate alcunemodifiche statutarie con le quali tral’altro:• viene allargata la composizione del

Consiglio di Amministrazione dell’U-nione regionale, formato dai presi-denti delle Camere di Commercio,integrandolo con quattro membri diGiunta delle Camere di Commerciodella regione, espressi dai settoridell’agricoltura, dell’industria, del-l’artigianato e dei servizi;

• viene rilanciata la consulta economi-ca regionale, composta dai Presi-denti e dai Direttori delle associazio-ni imprenditoriali regionali più signifi-cative, e che oltre ad entrare nel me-rito di ogni argomento ed iniziativaavente rilevanza per l’economia re-gionale, interverrà sui problemi an-nuali d’attività e sui bilanci dell’Unio-ne Regionale.

Nuovi rapporti con la RegioneEmilia-RomagnaLo stato dei rapporti tra la Regione e gliEnti locali da un lato e Camere di Com-

mercio dall’altro risente tuttora dei nonrisolti problemi di sovrapposizione dicompetenze, specie nelle materie eco-nomiche tradizionalmente proprie degliistituti camerali, e di contrapposizionipolitiche che oggi non hanno motiva-zione di esser mantenute.Lo stesso Statuto regionale non pre-senta alcun riferimento esplicito alleCamere di Commercio, che sonoconsiderate un interlocutore “generi-co” dell’Ente Regione assieme agli al-tri pubblici poteri relativamente ai pro-blemi socioeconomici.La prospettiva nella quale le Cameredi Commercio stanno lavorando edintendono operare è quella di diventa-re interlocutori privilegiati della Regio-ne sulle tematiche economiche, in vir-tù di riconosciute capacità progettua-li, operative e realizzative, del caratte-re di istituti che operano a sostegnodelle economie locali, della stretta vici-nanza con le imprese, in primo luogoquelle di minori dimensioni.La nuova realtà europea induce apensare in termini nuovi al ruolo delleRegioni, che dovranno avere respon-sabilità maggiori non solo nelle politi-che di spesa, ma anche in quelle dientrata. Questo nuovo inevitabile as-setto dei poteri porterà inevitabilmen-te ad un nuovo regionalismo e ad unprofondo ripensamento del ruolo del-l’Ente pubblico e del rapporto tra pub-blico e privato.Per quanto attiene ai rapporti tra EnteRegione e Camere di Commercio rite-niamo importante e necessario l’avviodi “accordi di programma”, secondoquanto previsto dalla Legge 142/90,al fine di definire concordemente ed

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attuare interventi rivolti al sistema eco-nomico locale, evitando sovrapposi-zioni e duplicazioni di iniziative. Comepure riteniamo vi siano oggi le condi-zioni che portino la Regione a consi-derare le Camere di Commercio sog-getti ai quali poter affidare deleghe perl’espletamento di funzioni, in materiasocio-economica, di competenza re-gionale.I rapporti di collaborazione tra Regio-ne e Camere non mancano in questaregione: sull’artigianato, la formazio-ne, la ricerca economica, in certa mi-sura anche nei servizi alle imprese. Sitratta però di rapporti con singoli As-sessorati legati a specifici compiti ediniziative. Noi avvertiamo l’esigenza diistituzionalizzare un organico rapportodi collaborazione che, partendo dal ri-conoscimento reciproco di ruoli ecompetenze, porti la Regione a consi-derare le Camere come istituti con iquali ricercare accordi per l’attuazionedegli interventi economici.L’Unione Regionale delle Camere diCommercio, con questa consapevo-lezza e volontà, all’indomani dell’inse-diamento del nuovo Consiglio di Am-ministrazione, aveva proposto alla Re-gione Emilia-Romagna di sottoscrive-re un accordo quadro, per unificare glisforzi su temi strategicamente impor-tanti per l’economia regionale, evitan-do dispersioni di energie e risorse.Crediamo che una simile intesa siaimposta dai tempi, oltre che dalla gra-vità della crisi, che deve trovare unaprecisa ed univoca risposta da partedella pluralità istituzionale presente sulterritorio. Dopo due anni di silenzio daparte della Regione, nonostante di-

chiarazioni di disponibilità a collabora-re che poi non si traducevano in ini-ziative concrete, oggi pare che siamofinalmente alla vigilia dell’accordo. Adesso attribuiamo grande importanzaper rafforzare e raccordare l’operativi-tà dei diversi soggetti istituzionali cheoperano in favore del sistema econo-mico regionale.In tale prospettiva concepiamo ancheil rapporto tra sistema camerale ed Er-vet, per il quale deve essere portato apieno e rapido compimento il proces-so di revisione e di riposizionamentosu funzioni prioritarie e strategiche.Tale riposizionamento deve realizzarsia partire dalla ridefinizione del ruolo edelle funzioni che la Regione deveesercitare e sviluppare nei prossimianni in materia di politiche di sviluppo.E’ nostra convinzione che la Regionepossa e debba svolgere un ruolo fortenon solo e non tanto nella politica deiservizi alle imprese, quanto nel com-plesso delle politiche economiche chedeterminano i processi di sviluppo delterritorio. Queste politiche possonoessere realizzate più che da un unicosoggetto attuatore (l’ente di sviluppo),come è stato in passato, chiamandola pluralità dei soggetti pubblici, tra iquali ovviamente anche le Camere diCommercio, e privati ad attuare speci-fici programmi di sviluppo, magari conil coordinamento operativo dell’ente disviluppo.La revisione ed il ripensamento dell’a-zione dell’Ervet, seguita dal necessa-rio riposizionamento su alcune funzio-ni strategiche e prioritarie, suggerisco-no l’opportunità di andare quanto pri-ma ad una razionalizzazione delle atti-

vità e dei centri di servizio, chiudendoquelli che non trovano rispondenzanella domanda delle imprese, disim-pegnandosi dalle funzioni di seconda-ria importanza ed impiantando un mo-nitoraggio permanente dei risultaticonseguiti dai programmi attuati edall’attività svolta dai centri.Certo è che il nuovo Ervet è opportu-no operi in futuro in un più stretto rap-porto operativo con associazioni dicategoria e Camere di Commercio.

Le linee di programma dell’UnioneRegionale e delle Camere di Com-mercio per il 1993È a partire dalla constatazione dellacomplessità dei problemi e dalla gra-vità dell’attuale situazione economicache le Camere di Commercio emilia-no-romagnole e la loro Unione Regio-nale hanno convenuto di sviluppare laloro attività. In particolare lungo tre li-nee generali:• operare in stretto raccordo con si-

stema a rete, con il coordinamentodell’Unione Regionale;

• ricercare continuamente intese ge-nerali ed accordi operativi con le as-sociazioni imprenditoriali provincialie regionali, facendo del sistema ca-merale un’occasione di confrontopermanente per la definizione di li-nee comuni di intervento;

• proporsi agli Enti locali ed all’Ente Re-gione, nonché ai suoi organismi col-legati, come autorevoli interlocutorisulle problematiche economiche,disponibili a cooperare, in primo luo-go nell’ambito di accordi di program-ma o di convenzioni quadro oppureancora di accordi operativi con i sin-

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goli assessorati, per attuare iniziativee servizi di reale interesse per le im-prese e l’economia regionale.

Seguendo questi criteri operativi leCamere di Commercio dell’Emilia-Ro-magna orienteranno la loro attività ed iloro servizi alle imprese nelle seguentidirezioni, considerate priorità d’inter-vento:L’informazione economica: le Camerevogliono esercitare il ruolo di principa-le istituzione pubblica sul territorio diraccolta, elaborazione e diffusionedell’informazione per le imprese. Ciò apartire dalla massima valorizzazionedelle informazioni reperibili nel Regi-stro delle ditte e dalla qualificazione edistribuzione delle informazioni dimercato necessarie ai processi di in-ternazionalizzazione delle imprese; ilsistema camerale emiliano-romagnolonel 1992 ha destinato oltre tre miliardidi lire al settore. C’è da dire che le tur-bolenze che il sistema economico na-zionale e regionale hanno attraversatonegli ultimi decenni, nonché i grandiprocessi di ristrutturazione che l’indu-stria emiliano – romagnola ha vissutoe sta vivendo in vista del mercato uni-co europeo, hanno posto l’enfasi sul-la necessità, per gli operatori econo-mici ed i responsabili della program-mazione economica di tutti i livelli, diuna informazione e di una analisi eco-nomica tempestiva e puntuale. In unoscenario in rapida evoluzione, infatti,l’informazione economica è una risor-sa che consente agli operatori di ade-guare i loro comportamenti nel tenta-tivo di cogliere l’opportunità che imercati presentano e soprattutto diattrezzarsi nei confronti delle difficoltà

che sorgono da mutamenti congiun-turali, dell’organizzazione dei settori edelle normative che regolano le attivi-tà economiche. Per questo l’Unioneregionale, attraverso il suo Ufficio Stu-di, incentra la sua attività su:- sviluppo degli osservatori (industria,

investimenti, export, artigianato,agroindustria, turismo) che nel 1993si amplieranno all’edilizia e alle pu-blic-utilities. Il settore delle public uti-lities, che è in gran parte sottopostoa regime di monopolio per legge, eche occupa alcuni rilevanti settori in-dustriali e dei servizi quali la distribu-zione di acqua, gas, energia, tra-sporti e telecomunicazioni, non èmai stato monitorato. Nonostanteciò è innegabile che il settore abbiaun enorme rilievo, sia dal punto di vi-sta occupazionale che dell’impattocomplessivo derivante dai suoi livellidi efficienza. Le attività dell’osserva-torio intendono verificare, attraversol’esame di indicatori sintetici, lo sta-to dei settori in regione e la loro evo-luzione nel tempo. Verranno coinvol-ti nell’attività dell’Osservatorio tutti isoggetti che istituzionalmente occu-pano il settore: le grandi aziendepubbliche e le associazioni di azien-de municipalizzate (CISPEL);

- sviluppo di indagini monografiche(qualità della vita nelle città, mercatodel lavoro) che nel 1993 saranno ri-volte soprattutto all’analisi delle stra-tegie di crescita delle piccole e me-die imprese; tra gli aspetti della fun-zionalità del mercato del lavoro ver-ranno approfonditi i temi dell’immi-grazione extracomunitaria, il fabbi-sogno di profili professionali, il lavoro

sommerso; collegata all’indaginesulla qualità della vita vi è quella rela-tiva alla penetrazione della criminali-tà organizzata in Emilia – Romagnaper verificare se, come, quando equanta penetrazione di capitali, per-sone e metodi mafiosi sia in atto o sisia già registrata nell’economia diuna regione ricca come l’Emilia –Romagna e nelle sue imprese;

- supporto informativo al sistema del-le Camere di Commercio e degli os-servatori economici presenti in re-gione.

Nel 1993 è previsto un impegno spe-cifico per il rilancio del Centro Regio-nale per il Commercio Interno (CER-COMINT) che consisterà nella realiz-zazione di una Collana di Studi e Ri-cerche sul settore, nella predisposizio-ne di schemi di ricerca in collaborazio-ne con l’Università, nella rivitalizzazio-ne della Consulta regionale per il com-mercio ambulante e la predisposizio-ne della “carta” dei mercanti ambulan-ti nella regione Emilia – Romagna.Le esperienze che in questi anniUnioncamere ha maturato nei con-fronti delle scuole medie superiori (in-contri di orientamento, iniziative sulmercato unico Europeo, indagine suidiplomati) hanno evidenziato la neces-sità di informazione rivolta alla scuolasulle principali caratteristiche del mer-cato del lavoro e soprattutto dell’eco-nomia a livello regionale. Solo la cono-scenza della struttura economica re-gionale può infatti costituire una solidabase per le attività di orientamento allavoro o a scelte scolastiche e fomati-ve successive.D’altra parte le iniziative già svolte

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1993

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Estratto dalla relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 49

hanno evidenziato l’estrema disponi-bilità delle strutture scolastiche, delcorpo docente e degli studenti stessiad iniziative di orientamento ed infor-mazione. A tale scopo si provvederàalla realizzazione di una videocassettache conterrà informazioni sulla strut-tura economica regionale.La formazione di base, la formazioneimprenditoriale, la formazione mana-geriale: le Camere di Commercio in-tendono impegnarsi ulteriormente, as-sieme alle loro più qualificate struttureformative, per contribuire ad elevare laqualità e la qualificazione delle risorseumane e per essere sempre più tavo-lo di orientamento e di incontro tra do-manda e offerta; complessivamente ilsistema camerale svilupperà attivitàformative per oltre 25 miliardi di lire nel1993;L’internazionalizzazione: le Camere diCommercio ed il Centro Estero inten-dono qualificare ulteriormente l’opera-tività con servizi in rete e rafforzando leiniziative promozionali; ad attività eservizi per la commercializzazione el’internazionalizzazione saranno desti-nati quasi 14 miliardi.La politica creditizia: le Camere diCommercio sono fortemente impe-gnate per favorire sia a livello provin-ciale che a livello regionale la crescitaoperativa dei consorzi e delle coope-rative di garanzia fidi, che in una fase,come l’attuale, di alti tassi di interessee di difficoltà per le piccole imprese adaccedere al credito bancario, costrui-scono l’unica risposta alternativa edefficace al tradizionale rapporto frabanca e piccola impresa; le Camere diCommercio erogheranno ai consorzi

fidi provinciali e regionali nel 1993contributi per oltre 5 miliardi di lire. Nel1993 verrà costituito un nuovo Con-sorzio tra imprese aderenti ai Consor-zi Fidi provinciali, promosso dall’Unio-ne regionale, che avrà tra gli oggettisociali in primo luogo l’analisi dei bi-lanci delle aziende che richiedono l’in-tervento della garanzia dei Consorziregionali e provinciali dei diversi setto-ri. Il Consorzio si occuperà anche diassistenza finanziaria per l’innovazio-ne, per la tecnologia, per le ricerche dimercato e per la qualità.La creazione su base locale di merca-ti per la trattazione di valori mobiliarinon quotati nella Borsa Valori e nelmercato ristretto risponde all’esigenzadi individuare, per le piccole e medieimprese, un nuovo strumento di finan-ziamento e un minor costo della rac-colta di capitale di rischio. Le indaginifino ad ora svolte hanno evidenziatoche il principale strumento di finzia-mento e costituito per le piccole e me-die imprese, dal reinvestimento degliutili. Grazie alla natura selettiva delmercato consente, inoltre, una ade-guata tutela del risparmiatore – inve-stitore e permette al sistema bancariolocale di utilizzare il “borsino” per svol-gere un’intensa attività di trading e,quindi, di intermediazione titoli con laclientela. Uno studio di fattibilità subase e mercati finanziari locali verràeffettuato nel 1993.Le infrastrutture: le Camere di Com-mercio sono già fortemente impegna-te e predisporre e gestire infrastruttu-re di base al servizio del tessuto eco-nomico locale (porti, aeroporti, inter-porti, enti fieristici, strutture mercantili,

ecc.); in questo settore intendono raf-forzare la loro presenza e la loro ope-ratività, coinvolgendo istituzioni pub-bliche ed operatori privati in iniziativeche siano al servizio dei processi disviluppo economico locale.Le quote dei bilanci camerali che si in-dirizzano in queste direzioni hanno di-mensioni rilevanti. Complessivamentele spese per soli interventi diretti in fa-vore dell’economia nei bilanci came-rali superano i 40 miliardi di lire.Lo sforzo che il sistema camerale emi-liano-romagnolo produrrà nel 1993,attivandosi maggiormente in una si-tuazione di crisi economica grave edifficile, è indiscutibile. In tal modo in-tendiamo essere interlocutore stabile,qualificato ed affidabile delle imprese,quale espressione decentrata sul ter-ritorio del sistema pubblico. In tempieconomicamente difficili quali quelliche stiamo vivendo, segnati oltretuttodalle grandi trasformazioni sociali, isti-tuzionali e politiche, non basta tuttaviala buona volontà dei singoli, individui oistituzioni. Occorre operare in équipe,concertando ruoli, strategie ed inter-venti. Noi, per parte nostra, intendia-mo operare in autonomia come siste-ma regionale, in sempre più strettoraccordo però con le associazioni im-prenditoriali, d’intesa operativa conEnti locali e Regione.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1993

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50 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1994Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Le valutazioni sull’evoluzione delprodotto interno lordo risentono ine-vitabilmente della incompletezza edella provvisorietà dei vari indicatoriche si rendono via via disponibili e,conseguentemente, vanno sempreconsiderate con la massima cautela.La Relazione revisionale e program-matica stima per il paese una cre-scita reale del Pil pari all’1,6%, dopoche nel 1993 era stata registratauna diminuzione reale dello 0,7%.Le nostre previsioni relative al 1993redatte nel dicembre dello stessoanno, avevano ipotizzato per l’Emi-lia-Romagna un calo dello 0,8% insostanziale linea con le valutazioni (-0,5%) pubblicate dall’istituto Gu-glielmo Tagliacarte nell’estate del1994. Per quest’anno si prevedeper l’Emilia-Romagna un aumentoreale prossimo al 2,5%, decisamen-te superiore alla stima governativarelativa al paese che, va doverosa-mente sottolineato, è ritenuta tutta-via un po’ pessimistica da non pochicentri di previsioni econometriche,che si aspettano invece una cresci-ta oscillante fra il 2-2,5%.La valutazione regionale è quindicautamente ottimista, senz’altro su-periore alle aspettative di inizio an-no. Il miglioramento del clima con-giunturale deriva innanzitutto dallanetta inversione di tendenza osser-vata in settori portanti della nostraeconomia quali l’industria manifattu-riera ed il turismo. Le attività mani-fatturiere, che nel 1993 hanno pro-dotto reddito per 34.839 miliardi dilire per un’incidenza del 27,5% sultotale regionale, hanno via via con-

solidato la ripresa produttiva benefi-ciando soprattutto del notevole di-namismo della domanda estera.Per il turismo è stata registrata unaforte ripresa delle presenze straniereche sarebbe riduttivo ascrivere alsolo effetto della svalutazione dellalira. A questo quadro marcatamentepositivo bisogna aggiungere i buonirisultati conseguiti nei trasporti (ilporto di Ravenna e l’aeroporto diBologna si avviano a conseguirenuovi record di traffico) e la sostan-ziale tenuta di importanti settoriquali il credito e l’agricoltura.Le note negative non sono tuttaviamancate. L’industria delle costruzio-ni e delle installazioni impianti, purpresentando indici meno negativi ri-spetto al 1993, è rimasta di fattoesclusa dalla ripresa. La produzioneittica è stata penalizzata dal fortecalo dei molluschi, quale conse-guenza di fattori ambientali ed an-che mercantili, dei più negativi. Nelcommercio non sono mancate lezone d’ombra, nonostante la lieveripresa dei consumi, con riflessi ne-gativi sull’occupazione e sulla consi-stenza delle imprese.L’aspetto più stridente della ripresaè stato rappresentato dal mancatomiglioramento del mercato del lavo-ro. Nel suo insieme –ci riferiamo allerilevazioni sulle forze di lavoro ese-guite dall’Istat in gennaio, aprile eluglio- l’occupazione regionale hasubito un calo dell’1,2% equivalentein termini assoluti, a circa 21.000unità. Alla timida ripresa dell’indu-stria in senso stretto ed alla fortecrescita dell’agricoltura, hanno cor-

risposto le pesanti flessioni dell’in-dustria delle costruzioni, installazioniimpianti e del terziario, in particolareil commercio. Nessuna schiaritanemmeno per la disoccupazione,nonostante la tendenza al ridimen-sionamento osservata da gennaio aluglio. Le persone in cerca di lavorosono aumentate del 4,4%, con unpicco del 9,4% relativo a coloro chehanno perduto una precedente oc-cupazione alle dipendenze. Il tassodi disoccupazione è così salito al6,3% contro il 6% dei primi settemesi del 1993. Si tratta di dati im-portanti, ma che vanno tuttavia va-lutati anche alla luce della situazioneesistente nel resto delle regioni ita-liane. Sotto questo aspetto si puòaffermare che l’Emilia-Romagna sicolloca fra le aree meglio disposte.Solo due regioni vantano tassi didisoccupazione più contenuti, men-tre in termini di tassi di attività e dioccupazione troviamo l’Emilia-Ro-magna nelle zone alte. Questa situa-zione ha dovuto tuttavia conviverecon il ricorso agli ammortizzatori so-ciali. Gli iscritti nelle liste di mobilitàsono risultati in costante crescita fi-no a raggiungere a fine ottobre le16.074 unità, di cui quasi 12.700appartenenti al settore industriale. Inforte espansione è anche risultato lostrumento della “solidarietà” che afine ottobre coinvolgeva 211 unitàproduttive per un totale di oltre7.000 dipendenti, sui circa 15.000impiegati. Situazioni di disagio in-somma, che non sappiamo fino ache punto possono avere inciso sulminore ricorso alla Cassa integrazio-

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1994 51Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

ne guadagni scesa nei primi novemesi del 1994 del 37,1%, relativa-mente alle ore autorizzate per inter-venti anticongiunturali.L’andamento della Cassa integra-zione guadagni straordinaria è risul-tato di tutt’altro segno (+ 62,4%),ma in questo caso occorre valutare idati con estrema cautela a causadella difficile collocazione temporaledei dati, dovuta al diverso e piùsnello iter burocratico adottato nel1994.Ripresa al chiaro e scuro, dunque,ma con prevalenza, a nostro giudi-zio, dei fattori positivi su quelli nega-tivi. Questa impressione è rafforzatadal diverso clima che si è venuto viavia a creare fra gli operatori. Nelcorso del 1994, la movimentazionedel Registro Ditte, ad esempio, do-po un primo trimestre marcatamen-te negativo (le cessazioni hanno su-perato le iscrizioni di 5.638 unità) ètornata su valori ampiamente positi-vi, consentendo di bilanciare il “crol-lo” dei primi tre mesi e di aumentarela consistenza delle imprese passa-te dalle 299.422 di fine marzo 1994alle 303.223 di fine settembre.Segnali discordanti sono venuti dal-la domanda di investimenti. All’au-mento delle richieste inoltrate all’Ar-tigiancassa si è contrapposta la di-minuzione di quelle rivolte a Bimer.Nonostante il calo, bisogna tuttaviasottolineare che nei primi nove mesidel 1994 Bimer ha ricevuto 1.206 ri-chieste per complessivi 1.182 mi-liardi e 749 milioni di lire, cifra que-sta che si può ritenere tutt’altro chetrascurabile.

Si tratta, in ogni caso, di segnali im-portanti che sottintendono la volon-tà di investire e creare, di conse-guenza, nuove opportunità di occu-pazione. Resta semmai da chiedersise la ripresa assumerà un carattereduraturo, “virtuoso”, senza cioè ge-nerare inflazione, e soprattutto se siestenderà alla totalità delle attivitàeconomiche. A questo proposito,occorre sottolineare che buona par-te della ripresa è legata ai fattoripressoché indipendenti dalla volon-tà dei soggetti economici esistenti inregione. I pericoli maggiori sono so-prattutto rappresentati dalla crescitadei tassi d’interesse e da un ritornoalla conflittualità sociale che in que-ste ultime settimane è apparsa inforte aumento come risposta aiprovvedimenti contenuti nella LeggeFinanziaria per il 1995. La crescitadei tassi è un po’ il terminale di tut-te le tensioni politiche, delle incer-tezze, della instabilità della compa-gine governativa dovuta ad una liti-giosità intermittente. Alti tassi equi-valgono a maggiori oneri di finanzia-mento del debito pubblico ed a uncosto del denaro più elevato , checomporterebbe costi più pesanti perle aziende con conseguente minorecompetitività e minori investimenti,verificando di fatto la ripresa econo-mica. L’approvazione di una LeggeFinanziaria, non snaturata nella suamanovra complessiva, costituisceun serio banco di prova per la credi-bilità del sistema Italia. In caso con-trario bisognerà mettere in contoforti tensioni sui mercati che obbli-gherebbero il Governo ad agire sulla

leva fiscale. Vengono ora esaminatipiù in dettaglio alcuni aspetti dellacongiuntura del 1994.Il mercato del lavoro non ha datosegni di miglioramento. L’occupa-zione ha subito una diminuzionemedia, fra gennaio e luglio,dell’1,2%, equivalente, in termini as-soluti, a circa 21.000 addetti. Dallato del sesso e della condizione,sono state le donne e le “altre per-sone con attività lavorativa” a subireil calo percentuale più pronunciato.Tra i settori di attività non sono ba-stati gli aumenti di agricoltura e in-dustria in senso stretto a colmare ivuoti rilevati nell’industria delle co-struzioni ed installazioni impianti enel terziario. Quest’ultimo settore,dopo un lungo periodo di crescita, èentrato in una fase di riflusso, fruttodel vasto processo di razionalizza-zione in atto.Le persone in cerca di occupazionesono aumentate da 107.000 a112.000, nonostante la tendenza alridimensionamento dei tassi di in-cremento rilevata di trimestre in tri-mestre. L’aumento più sostenuto hariguardato i maschi ed i disoccupati“in senso stretto”, ovvero coloro chehanno perduto una precedente oc-cupazione alle dipendenze. L’unicanota positiva ha riguardato il calodelle persone in cerca di prima oc-cupazione, scese da circa 27.000 acirca 25.000.Il tasso di disoccupazione è salitodal 6% al 6,3%, ovvero su valori chesi possono ritenere “normali” so-prattutto se rapportati al resto delleregioni italiane ed alla media nazio-

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nale pari all’11,3%. Gli iscritti nelle li-ste di collocamento hanno ricalcatoquesta tendenza, in termini ancorpiù accentuati, mostrando un certoappesantimento nella categoria ge-nerica dei non appartenenti ad alcunsettore, che si caratterizza per l’altapercentuale di giovani iscritti.Il mercato del lavoro extracomunita-rio è stato contraddistinto dalla fortecrescita degli iscritti nelle liste di col-locamento e dall’aumento degli av-viamenti. Gran parte degli extraco-munitari avviati è stata tuttavia as-sunta con contratti a termine ed atempo parziale. Sono risultati dicontro in diminuzione i nuovi ingres-si che la Legge consente a chi hagià assicurato un lavoro in Italia.Gli ammortizzatori sociali più impor-tanti sono rappresentati dalla Cassaintegrazione guadagni, dalle liste dimobilità e dai contratti di solidarietà.Gli interventi anticongiunturali dellaCassa integrazione guadagni sonorisultati in forte calo, ricalcando latendenza emersa nel Paese. Non al-trettanto è avvenuto per la Cigstraordinaria, apparsa in notevoleaumento. Bisogna tuttavia sottoli-neare che in questo caso occorreusare la dovuta cautela nel valutare idati, in quanto le modifiche apporta-te all’iter burocratico nel 1994, fina-lizzate allo sveltimento delle istrutto-rie, hanno reso problematico il con-fronto. Il fenomeno a fine ottobre ri-guardava tuttavia 169 aziende, conil coinvolgimento di circa 4.000 di-pendenti, con più di 3.200 posti dilavoro dichiarati in esubero. A fine1993 si contavano 186 situazioni di

crisi con circa 6.000 dipendenti inCassa integrazione. Per i contratti disolidarietà si può parlare di “boom”.La nuova regolamentazione previstadalla Legge 236/93 ha reso certa-mente appetibile questo istituto. Afine ottobre 1994 si contavano 211unità produttive interessate dal fe-nomeno rispetto alle 106 di fine1993, per un totale di oltre 7.000 di-pendenti (erano circa 3.900 a fine1993). Le liste di mobilità “ospitava-no” a settembre più di 16.000 iscrit-ti, di cui quasi 12.700 appartenential settore industriale. A fine ottobre1993 se ne contavano 9.867. Dall’i-nizio della normativa a tutto settem-bre sono state conteggiate 25.253iscrizioni, ma anche 11.494 avvia-menti di cui quasi 6.000 a tempo in-determinato. I progetti ed i contrat-ti di formazione lavoro sono ritornatia crescere, mentre è aumentata lapercentuale di conversione dei con-tratti in rapporto a tempo indetermi-nato. Le assunzioni part-time sonocresciute nei primi sei mesi del 1994del 22%. Rispetto al totale delle as-sunzioni di industria e terziario è sta-ta registrata una percentuale del6,2%, contro il 5,7% del 1993.L’annata agraria 1993-1994 si èconclusa con un bilancio complessi-vamente positivo, ma con ampiesacche di crisi. Risultano favorevoligli andamenti delle quotazioni neimercati di cereali, Parmigiano-Reg-giano, ortofrutta, mentre provengo-no segnali negativi dai settori bieti-colo, saccarifero e carni. Nel pano-rama italiano, l’agricoltura dell’Emi-lia-Romagna si conferma tra quelle

maggiormente internazionalizzate,meno assistite e più propense ad in-vestire al proprio interno per elevarel’efficienza delle aziende. Tuttavia, ilconfronto con il mercato interno nonappare più sufficiente per garantireprospettive economiche al settore. Iproblemi di bilancio della finanzapubblica, le misure radicali dellaPAC prefigurano un’economia agri-cola sempre più di mercato nellaquale la capacità competitiva si mi-sura nel confronto coi concorrentiinternazionali.L’industria energetica, per quantoriguarda la produzione di energiaelettrica (i dati sono di fonte ENEL),ha fatto registrare nei primi sei mesidel 1994 una produzione netta paria 6.283 milioni di Kwh (5,8% del to-tale nazionale), con un decrementodel 9,4% rispetto allo stesso perio-do del 1993, in controtendenza conquanto registrato nel Paese (+1,5%) e nell’Italia settentrionale (+5,2%). La flessione è da attribuire alforte calo della fonte termoelettrica(- 12,2%), a fronte dell’aumento del23,3% registrato nelle centrali idroe-lettriche, il cui contributo è stato pa-ri al 10,7% della produzione totaleemiliano-romagnola. Se si analizzal’andamento della produzione ter-moelettrica secondo i combustibiliimpiegati, si può evincere un calogeneralizzato: l’olio combustibile,che rappresenta la fonte energeticapiù utilizzata ha subito un calodell’8,1%; il metano del 32,,6%; ilcarbone del 12,7%; gli “altri combu-stibili”, voce generica che compren-de rifiuti urbani, residui di lavorazio-

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ne, ecc., sono stati i soldi a far regi-strare una crescita pari al 7,7%. Perquanto concerne la fonte idroelettri-ca, va segnalata la forte crescita,pari al 32,8% degli apporti naturaliche hanno beneficiato del clima fa-vorevole alle precipitazioni. Il consu-mo di metano, secondo i dati elabo-rati dalla SNAM, nei primi nove mesidel 1994 è ammontato a 4 miliardi e771 milioni di metri cubi rispetto acirca 5 miliardi dello stesso periododel 1993. La flessione del 5,7% (nelPaese è stata pari al 3,6%) è stataessenzialmente determinata dallesensibili diminuzioni degli usi dome-stici e civili (- 9,5%) e della produ-zione di energia termoelettrica (-10,9%). L’industria estrattiva e ma-nifatturiera ha consumato circa 2miliardi e 222 milioni di metri cubi,con una diminuzione dell’1,3% ri-spetto ai primi 9 mesi del 1993.Questo andamento, che è in contro-tendenza con l’evoluzione congiun-turale, è essenzialmente dipeso daiforti decrementi delle industrie chi-miche (-16,1%) e vetrarie (-6,5%),che hanno bilanciato gli aumenti ri-levati in particolare nelle industrieceramiche (+4,8%) e alimentari(+3,7%). Gli unici consumi apparsi inaumento sono stati rappresentatidall’autotrazione (+1,2%).L’industria manifatturiera hachiuso i primi nove mesi del 1994con un netto recupero dell’attivitàproduttiva, in linea con l’apprezzabi-le aumento del grado di utilizzo de-gli impianti e delle ore lavorate pro-capite dagli operai ed apprendisti.La ripresa dei fattori produttivi si è

associata alla buona disposizionedelle vendite. Il fatturato è cresciutonominalmente del 10,9%, sottinten-dendo, al netto dell’aumento deiprezzi alla produzione, un incremen-to reale dell’8,2%. La politica deiprezzi alla produzione è risultata del-le più moderate, come riflesso del-l’esigenza delle aziende di mantene-re le quote di mercato conquistategrazie alla svalutazione. La doman-da è stata caratterizzata dal risvegliodel mercato interno e dalla prosecu-zione del trend fortemente espansi-vo degli ordinativi dall’estero. Que-sto andamento ha rafforzato la quo-ta di export sul totale del fatturato,facendola salire oltre il 38%. Per tro-vare un rapporto più elevato occor-re risalire al 1988. Il periodo di pro-duzione assicurato dal portafoglioordini si è attestato oltre i tre mesi,risultando stabile rispetto al passa-to. Il miglioramento più evidente hariguardato le giacenze dei prodottifiniti. Il saldo fra chi ha giudicato ilmagazzino in esubero e chi, al con-trario, è sceso drasticamente scon-tando il maggior dinamismo dellevendite reali rispetto al volume pro-dotto. L’approvvigionamento deimateriali destinati alla produzione èrisultato piuttosto problematico, maanche questo è un chiaro segnodella vivacità della domanda. L’oc-cupazione è apparsa in aumentodello 0,5% rispetto alla stazionarietàemersa nei primi nove mesi del1993. Questo miglioramento è dipe-so dalla positiva evoluzione dei primisei mesi, a fronte della stabilità regi-strata nel periodo estivo.

L’industria delle costruzioni, sullabase delle indagini congiunturali re-lative al primo semestre 1994, havissuto una fase negativa, sia sottol’aspetto produttivo che dell’acquisi-zione ordini, tuttavia meno accen-tuata rispetto al 1993. L’occupazio-ne, fra inizio gennaio e fine giugno,ha accusato un’ulteriore flessione, inlinea con la tendenza pesantementenegativa emersa dalle rilevazioni sul-le forze di lavoro. Il numero delle im-prese iscritte nel Registro ditte a finesettembre 1994 è diminuitodell’1,4% rispetto allo stesso mesedel 1993. Il saldo fra imprese iscrittee cancellate di gennaio e settembreè apparso moderatamente negativo(-30 imprese), in virtù del recuperorilevato fra aprile e settembre che haattutito il pesante passivo registratonel primo trimestre. Gli importi a ba-se d’asta degli appalti banditi nellaprima metà dell’anno, sono risultati,in termini reali, stazionari rispetto al-la prima parte del 1993 ed in fles-sione rispetto ai primi sei mesi del1992. Le imprese artigiane hannobeneficiato di una situazione con-giunturale più favorevole rispetto al-le imprese industriali e cooperative,facendo registrare una buona tenutadell’occupazione.Le attività commerciali hanno inparte beneficiato della lieve ripresadei consumi, dopo la pesante fles-sione registrata nel 1993. Non sonotuttavia mancati i problemi. L’occu-pazione ha accusato un forte calo,mentre è diminuito il numero delleimprese attive a seguito di un saldonegativo, fra iscrizioni e cessazioni

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nel Registro ditte, pari nei primi no-ve mesi a 1.356 imprese. Qualchesegnale di ripresa non è tuttaviamancato: da aprile a settembre lamovimentazione del Registro ditte ètornata positiva, mentre è sceso ilnumero dei fallimenti dichiarati.Il commercio estero è aumentatonei primi sei mesi del 1994 del16,1%, risultando in linea con l’an-damento nazionale. Il deprezzamen-to della lira rispetto alle principalimonete estere ha permesso di gua-dagnare altre quote di mercato daparte dei settori tradizionali della re-gione ad esclusione di quello ali-mentare. Tuttavia, mentre nel 1993 ibenefici del nuovo tasso di cambioerano caduti a pioggia su tutte leprovince emiliano-romagnole e sututti i settori, la prima parte del 1994presenta un quadro più articolato.Occorre infatti registrare una certaerosione del miglioramento dellacompetitività di prezzo nelle provin-ce di Piacenza, Ferrara e Ravenna enei settori chimico ed alimentare.Il confronto con le rimanenti regioniexport-oriented permette di avanza-re l’ipotesi che la durata della pre-senza sui mercati esteri delle produ-zioni dell’Emilia-Romagna è soste-nuta in misura minore da fattoristrutturali, rispetto, ad esempio, allepiù dinamiche produzioni venete.La stagione turistica è stata carat-terizzata da una decisa ripresa, ingran parte determinata dal sensibileincremento della clientela straniera,in particolare tedeschi, inglesi, scan-dinavi e francesi. Sulla Riviera Ro-magnola, da gennaio a settembre,

sono stati registrati aumenti per arri-vi e presenze pari rispettivamente a+ 5,5% e + 5,9%, che per i soli stra-nieri salgono a + 15,5% e + 19,1%.Risultati ugualmente lusinghieri sonostati rilevati sui Lidi Ferraresi, i cuiarrivi e presenze si sono incremen-tati rispettivamente, fra gennaio edagosto, dell’11,8% e 11,3%. Il ritor-no degli stranieri non si può spiega-re con la sola svalutazione della lira.Altri fattori di stimolo sono venutidalla politica estremamente mode-rata dei prezzi nonché dalle difficilisituazioni politiche registrate in pae-si concorrenti quali la ex-Jugoslavia,l’Egitto, la Tunisia, la Turchia e l’Al-geria. Il movimento merci del Portodi Ravenna nei primi nove mesi del1994 è apparso in apprezzabile cre-scita, soprattutto per quanto con-cerne i carichi secchi che caratteriz-zano l’aspetto puramente commer-ciale di uno scalo marittimo. Da sot-tolineare inoltre il soddisfacente au-mento dei containers, sia in terminidi merci trasportate, che di Teu. Lenavi attraccate e partite sono risul-tate 5.935 rispetto alle 5.515 dei pri-mi nove mesi del 1993. I bastimentistranieri sono aumentati del 10,9%,a fronte della crescita del 2,8% diquelli nazionali.Il traffico aereo è stato caratteriz-zato dagli aumenti del movimentopasseggeri e aeromobili registratinello scalo di Bologna Borgo Pani-gale e Rimini. La tendenza all’inter-nazionalizzazione si è consolidata invirtù dell’apertura di nuovi collega-menti e del ritorno dei turisti stranie-ri nella riviera romagnola.

I trasporti ferroviari sono risultatiin espansione sia come traffico pas-seggeri, che merci. Il bestiame è ri-sultato in ulteriore forte diminuzione.Nel settore creditizio è stato regi-strato a settembre un lieve incre-mento degli impieghi bancari qualeconseguenza della ripresa del cicloeconomico. Per i depositi è stato ri-levato un sensibile rallentamento deltasso di crescita, che si può ricon-durre all’aumento del differenzialefra il rendimento dei titoli di Stato equello dei tassi passivi sulla raccol-ta. L’andamento dei tassi d’interes-se è stato caratterizzato dalla ridu-zione del divario esistente fra i tassiattivi e passivi, che potrà comporta-re un peggioramento della redditivi-tà delle aziende di credito.La movimentazione avvenuta nelRegistro ditte nei primi nove mesidel 1994 è stata caratterizzata dauna tendenza moderatamenteespansiva. Ad un primo trimestre disegno fortemente negativo (il saldofra imprese iscritte e cancellate èstato pari a –5.638) è seguita unafase di segno radicalmente oppostorappresentata da saldi positivi fraaprile-giugno e luglio-settembre,pari rispettivamente a +2.163 e+1.515. Le ripercussioni sul numerodelle imprese attive iscritte nel Regi-stro ditte non si sono fatte attende-re. Dalle 299.223 di fine marzo si èvia via saliti alle 302.223 di fine set-tembre.Questo andamento non ha tuttaviaimpedito di chiudere il 1994, limita-tamente ai primi nove mesi, con unbilancio negativo. Il forte passivo fra

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1994 55Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

imprese iscritte e cancellate regi-strato nel primo trimestre ha influitopesantemente sul risultato comples-sivo dei primi nove mesi, determi-nando un saldo negativo finale di960 imprese, tuttavia molto più con-tenuto di quello rilevato nei primi no-ve mesi del 1993, pari a –6.712.L’indice di sviluppo, dato dal rap-porto fra il saldo iscritte-cancellatedei primi nove mesi del 1994 e laconsistenza di fine settembre, è ri-sultato moderatamente negativo (-0,32%) rispetto al –2,19% dei priminove mesi del 1993. Lo stesso nu-mero d’imprese, per quanto in risali-ta, è apparso inferiore dell’1% ai li-velli di fine settembre 1993. Se sianalizza la consistenza dei vari set-tori di attività, si può evincere unageneralizzata diminuzione rispettoalla situazione in essere a fine set-tembre 1993.L’unica eccezione di un certo contoha riguardato il settore del credito,assicurazione, servizi alle imprese,ecc. aumentato del 3,4%. Il settoredel commercio, alberghi e pubbliciesercizi e riparazioni di beni di con-sumo, che caratterizza quasi il 40%del registro ditte, ha accusato unaflessione del 2,1% per un saldo ne-gativo di 1.356 imprese. La diminu-zione più ampia (-3,2%), ha riguar-dato il comparto del commercio alminuto, il cui passivo fra iscrizioni ecancellazioni, è stato pari a 1.421imprese. L’industria manifatturiera(20% del Registro ditte) è risultata incalo del 2,1% a fronte di un saldonegativo di 501 imprese. Ai segni diripresa rilevati soprattutto nelle im-

prese metalmeccaniche, si è con-trapposta la difficile situazione delcomparto moda, che ha accusatouna flessione della consistenza del6,2% ed un saldo negativo di 516imprese. I primi nove mesi del 1994hanno confermato la tendenza chevede le società in rafforzamento ascapito delle ditte individuali. Que-st’ultima forma giuridica ha fatto re-gistrare una diminuzione del 2,7%rispetto al settembre 1993, a frontedegli aumenti dello 0,4% e 5,6% ri-levati rispettivamente per le societàdi persone e di capitale. L’incidenzadelle ditte individuali sul totale delleimprese iscritte nel Registro ditte ècosì scesa al 60,8% rispetto al61,9% del settembre 1993 e 71,1%di fine 1985. Nell’arco di dieci annile società di capitale passanodall’8,3% all’11,8%; quelle di perso-ne dal 20,2% al 25,2%.Da questo numero traspare un cam-biamento che si può cogliere anco-ra meglio dall’evoluzione in terminiassoluti: dalle 27.058 società di ca-pitale di fine 1985 si arriva alle35.763 del settembre 1994, mentrele società di persone salgono da65.746 a 76.517. Di contro, le im-prese individuali si riducono da230.734 a 184.436. Il rafforzamentodella compagine societaria presu-me, almeno in teoria, strutture piùsolide economicamente che do-vrebbero essere in grado di megliocompetere in un mercato semprepiù internazionalizzato.L’artigianato ha subito una nuovadiminuzione del numero delle impre-se attive passate dalle 127.771 di fi-

ne giugno 1993 alle 125.172 di finegiugno 1994. L’andamento congiun-turale, desunto dall’indagine CNArelativa ai primi sei mesi del 1994,ha registrato una generale attenua-zione degli indici negativi del livellodi produzione e di domanda, rispet-to al 1993, L’occupazione, contra-riamente alle attese, ha beneficiatodi un incremento dell’1,7% da ascri-vere quasi per intero al lavoro alledipendenze. Il miglioramento delquadro congiunturale si è accompa-gnato alla crescita delle domande difinanziamento inoltrate dall’Artigian-cassa. L’erogazione dei finanzia-menti è invece risultata in calo del41,1% rispetto ai primi sei mesi del1993, con conseguente flessionedei nuovi posti di lavoro previsti dal-le imprese da 1.544 a 746.Le imprese cooperative, secondol’indagine congiunturale svolta dallaLega delle Cooperative e dalla Conf-cooperative, hanno evidenziato unpositivo recupero rispetto alla situa-zione di crisi emersa nel 1993. Il set-tore agroindustriale ha fatto registra-re un discreto aumento di fatturatoed una buona tenuta dell’occupa-zione. Per la produzione e lavoro c’èstato un modesto incremento di fat-turato ed una sostanziale tenutadell’occupazione. La cooperazionedi servizio ha fatto registrare una lie-ve crescita del fatturato associataad una stabilità dell’occupazione.Note negative per il settore consu-mo che ha arrestato la sua espan-sione, accusando una lieve diminu-zione dello 0,7%.La Cassa Integrazione Guadagni,

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56 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1994Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

relativa ai primi nove mesi del 1994,è stata caratterizzata dalla flessionedelle ore autorizzate per interventiordinari, la cui matrice è spiccata-mente anticongiunturale. Dai 9.373.941 dei primi nove mesidel 1993 si è passati ai 5.894.810del 1993, per un decremento per-centuale del 37,1%. Questo anda-mento assume una valenza ancorapiù positiva se si considera che si èscesi del 14,8% rispetto ai primi no-ve mesi del 1992 che, ricordiamo, èstato il primo anno nel quale gli in-terventi anticongiunturali sono statiestesi anche agli impiegati.L’andamento regionale è risultato inlinea con la tendenza emersa nelPaese. In questo caso se si rappor-ta il numero delle ore autorizzate perinterventi anticongiunturali con quel-lo dei dipendenti dell’industria, si ri-cava una sorta di indice di “males-sere congiunturale” che per l’Emilia-Romagna appare notevolmente ri-dotto rispetto alla media generale.Se si analizza l’evoluzione delle Cigper mansione si può registrare unaflessione più elevata per gli impiega-ti rispetto agli operai, pur permanen-do livelli più alti rispetto ai primi no-ve mesi del 1992, contrariamente aquanto avvenuto per gli operai. Il ri-corso alla Cassa Integrazionestraordinaria, la cui matrice è squisi-tamente strutturale in quanto vienedisposta per fronteggiare stati di cri-si settoriale locale o aziendale oppu-re per ristrutturazioni, ecc. è di diffi-cile lettura, in quanto sono posti aconfronto due periodi di tempo nonomogenei dal punto di vista della

collocazione temporale dei dati. Losnellimento dell’iter burocratico de-ciso ad inizio 1994 ha maturato unasituazione certamente più aderenteall’anno in corso, senza tuttavia eli-minare le situazioni pregresse ap-partenenti al 1993.Ciò premesso, nei primi nove mesidel 1994, è stato registrato un au-mento del 62,4% rispetto allo stes-so periodo del 1993.Una valutazione più mirata all’anda-mento effettivamente avvenuto nel1994 viene tuttavia dai dati relativialle istanze in corso, raccolti dall’Uf-ficio regionale del lavoro. A fine ago-sto il fenomeno coinvolgeva in re-gione 181 unità produttive e pocopiù di 5.000 dipendenti con 4.319posti di lavoro dichiarati in esubero.A fine 1993 le istanze in corso ri-guardavano 186 unità produttive perun totale di circa 6.000 dipendenti e4.350 esuberi.La gestione speciale edilizia, la cuiconcessione è subordinata ai casi didi maltempo, è ammontata a2.395.196 ore autorizzate con undecremento del 4,5% rispetto ai pri-mi nove mesi del 1993.Per i protesti cambiari levati neiprimi sei mesi del 1994 è stato regi-strato un ampio riflusso della fortecrescita rilevata nel 1993. In terminidi effetti protestati è stata rilevatauna flessione del 18,2%, mentre gliimporti si sono ridotti da 303 miliar-di e 685 milioni di lire a 360 miliardi.Relativamente agli importi bisognasottolineare la forte diminuzione (-17,4%) riscontrata per gli assegni.Anche questi andamenti possono

essere interpretati come un ulterioresegnale di miglioramento della si-tuazione congiunturale, pur perma-nendo livelli ancora superiori rispet-to alla situazione registrata nel primosemestre del 1992.I fallimenti dichiarati nei primi seimesi del 1994 sono risultati 515 ri-spetto ai 606 rilevati nello stessoperiodo del 1993. In miglioramentoè risultata anche l’incidenza sullaconsistenza delle imprese iscrittenel Registro ditte scesa dall’1,99per mille all’1,71 per mille.La conflittualità del lavoro rilevatanei primi otto mesi del 1994 si è ci-frata in Emilia-Romagna in 274.000ore perdute. Rispetto allo stesso pe-riodo del 1993 è stato registrato unautentico crollo (-88,2%), in pienasintonia con quanto avvenuto nelPaese (-76,2%). La totale assenzadi scioperi politici, coniugata al calodella conflittualità aziendale (l’accor-do sul costo del lavoro è stato so-stanzialmente rispettato) è alla basedi questo andamento. Tuttavia sitratta di una fotografia della realtàun po’ datata. Gli scioperi contro lafinanziaria decisi in autunno hannoriportato gli indici in alto e, con tuttaprobabilità, ci si dovrà misurare conuna situazione del tutto diversa daquella emersa nei primi otto mesi.Nel solo mese di settembre, adesempio, è stato stimato nel Paeseoltre un milione di ore in più rispettoal passato.La domanda d’investimenti è va-lutata sulla base delle richieste di fi-nanziamento pervenute a Bimer ead Artigiancassa. Si tratta di indica-

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L’economia regionale nel 1994

tori che danno una sufficiente ideadel clima di fiducia esistente fra glioperatori che anticipano la tendenzadegli investimenti regionale. Ciò pre-messo, nei primi nove mesi del1994, sono pervenute a Bimer1.206 richieste di finanziamentocontro le 1.234 dello stesso periododel 1993. In termini d’importi si èpassati da 1.472 miliardi e 449 mi-lioni di lire a 1.182 miliardi e 749 mi-lioni. Le flessioni più ampie hanno ri-guardato il settore commerciale,mentre l’industria manifatturiera hafatto registrare un lieve aumento delnumero delle richieste e un calo deifinanziamenti. Per quanto concernel’Artigiancassa, è stato registrato in-vece, nella prima metà del 1994, unforte aumento del numero di richie-ste di finanziamento e dei relativi im-porti, sia in conto interessi che inconto canoni.L’inflazione regionale viene valu-tata ponderando gli indici dei comu-ni capoluogo di provincia per la ri-spettiva popolazione residente. Ildato complessivo, aggiornato finoallo scorso mese di luglio, ha mo-strato una situazione di rallentamen-to per tutto il corso del 1994. Dal-l’incremento tendenziale del 4,3%rilevato a gennaio si è via via scesi al3,7% di luglio. Per valutare la ten-denza dei rimanenti mesi è disponi-bile il solo dato di Bologna, in quan-to concorre al calcolo dell’indice na-zionale. Fino a novembre è stato re-gistrato un ulteriore rallentamentocon una stabilizzazione del tassod’incremento al 3,3% rispetto al 4%di gennaio e al 4,1% di novembre

1993. Nel Paese l’aumento tenden-ziale dello scorso novembre è statopari al 3,7% rispetto al +3,7% digennaio e al +4,2% di novembre1993.

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Le previsioni 1995 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario internazionaleIl 1994 è stato caratterizzato dallaforte crescita delle economie di alcu-ni paesi in via di sviluppo. Cina, In-dia, Sud America ed Estremo Orien-te stanno aumentando la loro quotanella produzione di manufatti, conuna crescita che appare slegata da-gli andamenti ciclici delle principalieconomie industrializzate. Al di làdegli effetti di lungo periodo chequesta crescita può comportare,preme qui osservare che essa con-sente alle economie occidentali diampliare nel breve periodo le loroquote di export, consentendo quindiuna ridistribuzione delle quote di do-manda totale da domanda interna adomanda estera. La crescita delladomanda estera necessita quindi,per non tradursi in una spinta infla-zionistica, di un aumento contenutodella domanda interna. Le politichedi contenimento dei deficit pubblici,le operazioni al rialzo effettuate suitassi di interesse e la moderazionesalariale hanno lo scopo di mantene-re la crescita della domanda internae delle spinte inflazionistiche relative

a livelli bassi. Ne consegue che nel-l’immediato futuro la domanda inter-na crescerà per effetto della crescitaeconomica e non ne sarà il motore.Nei paesi che si trovano in una fasepiù avanzata della ripresa (segnata-mente Stati Uniti e Regno Unito) so-no già stati effettuati rialzi dei tassi diinteresse. V’è quindi da aspettarsiuna crescita moderata dell’inflazio-ne, anche di fronte ad un incremen-to del commercio mondiale che puòessere prevista attorno al 7% nel1995. L’accelerazione dei prezzi at-tesa potrebbe inoltre scaricarsi suiprezzi dei manufatti e dei beni inter-medi, trasmettendosi limitatamenteai prezzi al consumo finali.

Lo scenario italianoLe ipotesi che si possono formulareper il complesso dell’economia ita-liana sono fortemente legate alloscenario macroeconomico comples-sivo delineato per la situazione inter-nazionale, seppure con differenze ri-levanti. La deflazione in atto nel set-tore dei servizi pare ormai caratteriz-zata da connotazioni di tipo struttu-

rale e non semplicemente legata allasfavorevole congiuntura del 1993,mentre ormai consolidata appareanche la ridistribuzione delle quotedi domanda interna a favore di quo-te di domanda estera. Da questedue tendenze in atto dovrebbe sca-turire una maggiore profittabilità del-le attività industriali in comparazioneal settore dei servizi. Appare tuttavialontano da soluzione il problema po-sto dall’elevato rapporto fra debitopubblico e Prodotto interno lordo edalle spese per il suo servizio cheesso genera. Il ritorno della lira aquotazioni che oscillano attorno alle1.000 lire contro un marco, le ten-sioni sui mercati finanziari che stava-no spingendo al rialzo i tassi di inte-resse e il costo del debito pubblico,avrebbero potuto spingere il gover-no ad adottare misure più drasticheper il contenimento del fabbisogno,agendo sulla spesa sanitaria e sul si-stema pensionistico. Tali azioni di ri-sanamento sono, al momento in cuiscriviamo, rimandate al prossimoanno. Non siamo pertanto in gradodi valutare oggi quale sarà l’effettivaportata delle misure che si andrannoad intraprendere e soprattutto seesse potranno essere realmente effi-caci. In mancanza di tale efficacia ilgoverno sarà costretto ad intrapren-dere nuove misure di contenimentoche potrebbero prevedere il ricorsoa nuove tasse. Il clima di instabilitàpolitica non consentirà comunque diavviare azioni di risanamento tali dadeprimere radicalmente la crescitadella domanda interna. Nello scena-rio di base che si formula quindi è

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 1995Produzione Industriale Emilia-Romagna

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contenuto un certo effetto recessivodelle manovre di rientro del debitopubblico e di destabilizzazione deltasso di cambio, ma non tale da de-primere la crescita economica nelsuo complesso. Il Prodotto internolordo a livello nazionale potrebbeapparire in crescita del 2% circa pertutto il 1994, per continuare a cre-scere a tassi superiori al 2,5% nel1995 e nel 1996. L’inflazione potreb-be risultare in leggera accelerazionealla fine del 1994, pur mantenendo-si a livelli prossimi al 4%, mentre po-trebbe continuare l’avanzo del contocorrente estero. Per quanto riguardal’occupazione, si conferma l’ipotesigià più volte avanzata: la ripresa nonè destinata a generare una forte cre-scita della base occupazionale, an-che se i suoi primi effetti potrebberocominciare a manifestarsi nei primimesi del 1995.

Il quadro macroeconomico regionaleIl 1994 si avvia a conclusione conuna crescita del Prodotto internolordo prossima al 2,5%. Tale cresci-ta è determinata soprattutto dal riac-quisito dinamismo della produzioneindustriale, dal positivo andamentodell’annata agricola e dal buon an-damento della stagione turistica.Dopo un 1993 e un 1994 di nettorallentamento, il 1995 potrebbe ve-dere la ripresa, seppure moderata,della crescita dei consumi delle fa-miglie, sostenuti da una crescita deisalari nominali di 1 punto maggiorealla dinamica prevista dall’inflazione.La crescita del Prodotto interno lor-

do potrebbe assestarsi su livelliprossimi al 2% nel 1995 e al 3% nel1996 e 1997. I tassi di crescita diimportazioni ed esportazioni di benie servizi continueranno nel processodi convergenza avviatosi nel 1994,dopo il notevole divario registrato, acausa della svalutazione della lira,nel 1993. Il 1995 potrebbe inoltrevedere la forte ripresa del ciclo degliinvestimenti in macchine ed attrez-zature per il complesso dell’econo-mia regionale. Dal punto di vista oc-cupazionale, la ripresa dell’attivitàproduttiva nell’industria e la stabiliz-zazione della crescita del valore ag-giunto nel settore dei servizi potreb-be portare ad una crescita comples-siva sulle unità di lavoro equivalente(non dei posti di lavoro) a partire daiprimi mesi del 1995. In tal modo iltasso di disoccupazione potrebbescendere al 6% nel 1995, con ulte-riori diminuzioni di mezzo punto per-centuale nel 1996 e 1997.

L’andamento del valore aggiuntonei comparti dell’economia re-gionaleIl favorevole andamento dell’annataagraria potrebbe consentire al com-parto dell’agricoltura di chiuderel’anno con un incremento del valoreaggiunto pari all’1,9%. Consideran-do l’eccezionalità di questo anda-mento il 1995 potrebbe concludersicon un ritorno alla produzione ai li-velli del 1993. La forte ripresa del-l’industria nel 1994 potrebbe prose-guire a livelli più contenuti nel 1995,con una crescita del valore aggiuntosuperiore a 2,5 punti percentuali, fa-

cendo rilevare un incremento delleunità di lavoro che si ripercuoteràsulla crescita delle ore lavorate all’in-terno del comparto. Il 1995 potreb-be inoltre segnare l’uscita dalla crisianche per l’industria delle costruzio-ni, settore che avvia a concluderel’anno con una forte riduzione delvalore aggiunto (-4% circa) e delleunità di lavoro (-11% circa). La ridu-zione delle unità di lavoro proseguiràanche nel 1995, pur in presenza diuna modesta crescita del valore ag-giunto. Il settore dei servizi destinatialla vendita potrebbe vedere nel1995 un lento aumento, prossimo al2% in termini di tassi di crescita delvalore aggiunto, crescita tuttavianon sufficiente a generare fabbiso-gni di nuove unità di lavoro. Prose-guirà nei prossimi anni la diminuzio-ne del valore aggiunto generato dalsettore dei servizi non destinati allavendita (principalmente le pubblicheamministrazioni) anche in seguito aiprocessi di rallentamento della lorocrescita occupazionale.

La previsione per l’industria emiliano-romagnolaI primi nove mesi del 1994 hanno vi-sto un’impennata della produzione,sospinta dal mantenersi di elevatitassi di crescita della domanda este-ra, accompagnati da una ripresa so-stenuta della domanda interna. Gliordini interni risultano in crescita dalprimo trimestre 1994. Nel corso del1995 essi potrebbero conoscere unrallentamento, in conseguenza dimanovre di rientro della finanza pub-blica contenute nella legge finanzia-

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Le previsioni 1995 per l’Emilia-Romagna

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Le previsioni 1995 per l’Emilia-Romagna

ria e dalla stabilità del tasso di cre-scita dei salari su livelli bassi. La do-manda estera, se pure a ritmi piùcontenuti di quelli sperimentati nel1993, potrebbe continuare a salirecon tassi superiori al 10% nel 1994,per ridurre la sua crescita a circa il7% nel 1995, in conseguenza di unastabilizzazione del corso della lira.L’instabilità della domanda interna ela relativa stabilizzazione del tasso dicambio della lira potrebbero far co-noscere alla crescita produttiva unrallentamento nel corso del 1995,dopo un 1994 di crescita sostenuta,con tassi medi annui prossimi al 7%.Dal punto di vista occupazionale, lacrescita della produttività del lavorounita alla volatilità della domanda in-terna potrebbe portare ad una dimi-nuzione dell’occupazione, nel 1994rispetto al 1993, di circa 2 punti per-centuali, riduzione destinata a rallen-tare, se la produzione proseguirà lasua crescita, nel 1995, anche per ef-fetto del necessario riassorbimentoe stabilizzazione della crescita delleore lavorate, che si avviano ad unacrescita prossima, per il 1994, al4%, incidendo notevolmente sulladeterminazione delle unità di lavorostimate per il complesso del com-parto industriale.

Uno scenario alternativo per l’in-dustria manifatturiera: reazioneforte ad una crisi sui mercati in-ternazionaliNon è possibile tuttavia escludere apriori che la forte opposizione susci-tata dall’annuncio dei provvedimenticontenuti nella legge finanziaria pos-

sa portare ad un suo svuotamentosostanziale e ad una crisi forte suimercati internazionali della lira. Talecrisi potrebbe spingere il governo, aridosso o subito dopo le elezioniamministrative di primavera ’95, amanovre di rientro più radicali e coneffetti, sia reali che di annuncio, piùforti sull’economia reale. Potrebberoinoltre incidere sull’economia reale laripresa dei processi di accumulodelle scorte, nonché un riaccendersidel processo inflazionistico incorpo-rato nelle importazioni effettuate inperiodo di scambi sfavorevoli. I ri-schi di inflazione per l’economia ita-liana sono peraltro legati non tanto atale dinamica, quanto al persistere atutt’oggi di due forti punti di riferi-mento per il sistema della fissazionedei prezzi. Il primo punto di riferi-mento è la politica di moderazionesalariale a tutt’oggi ancorata agli ac-cordi di luglio 1992. E’ improbabileche essa venga meno, anche per lecondizioni di precarietà in cui versa ilmercato del lavoro, ma essa può es-sere messa in discussione da unalegge finanziaria che non trovi il ne-cessario consenso. Il secondo pun-to di riferimento è l’indipendenzadell’istituto centrale nel perseguirepolitiche deflazionistiche. Tale indi-pendenza è stata fino ad oggi assi-curata, ma il rischio che non lo siapiù in futuro può essere legittima-mente contemplato. In presenza diuna forte crisi sui mercati internazio-nali quindi potrebbero ricostituirsi,almeno in parte, le condizioni cheportarono alle manovre di rientrodella spesa pubblica a fine del 1992.

Le conseguenze di manovre di taleportata tuttavia si calerebbero in uncontesto internazionale e nazionaleprofondamente mutato, con unamaggiore quota di export del com-plesso dell’economia già consolida-ta, ed in un contesto inflazionisticogià raffreddato e comunque non ai li-velli del 1992. Il verificarsi in tali con-dizioni di un calo della domanda in-terna, ipotesi che riteniamo assaipoco probabile, della stessa portatadi quello del 1993 porterebbe co-munque ad un più marcato rallenta-mento della crescita della produzio-ne, che potrebbe presentare conno-tazioni recessive alla fine del 1995.Se si confrontano le previsioni mediea 12 mesi nelle due ipotesi, tale fasedi rallentamento è facilmente osser-vabile, anche se il proseguire del so-stegno alla produzione portato dalladomanda estera potrebbe evitare uncrollo netto della produzione stessa.Le conseguenze di una brusca rea-zione alla situazione dei mercati in-ternazionali aggraverebbero comun-que le incertezze che gravano sul-l’attuale fase della ripresa, amplian-do il divario fra economia reale e sta-to della finanza pubblica.AbbigliamentoIl 1994 ha visto l’uscita dalla crisi delsettore, che si avvia a concluderel’anno con tassi di incremento dellaproduzione industriale superiori al5%, crescita sostenuta soprattuttodal favorevole andamento della do-manda estera. Il 1995 potrebbe ve-dere la prosecuzione di tale crescitadella produzione con tassi prossimiall’1,5%, anche in conseguenza del

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Le previsioni 1995 per l’Emilia-Romagna

rallentamento della domanda esteraconseguente allo stabilizzarsi deitassi di cambio. Proseguirebbe, intale ipotesi, la crescita delle ore la-vorate mensilmente da operai e ap-prendisti.TessileIl rallentamento previsto degli ordi-nativi totali che affluiscono al settorenon consentirà una crescita equiva-lente della produzione industriale,che potrebbe presentare nel 1995tassi di crescita moderatamente ne-gativi. Potrebbe così perseguire ladiminuzione delle ore lavorate inter-rottasi nel 1993 e nel 1994.AlimentareLa rilevante crescita degli ordiniesteri ha scarsamente inciso sul li-vello della produzione industriale nel1994, anche per il moderato livello diapertura internazionale del settoreche produce prevalentemente per ilmercato interno. La produzione in-dustriale potrebbe continuare a cre-scere per il 1995 a tassi superiori al3%, con un incremento moderatoanche dalle ore lavorate.ElettronicaIl settore si avvia alla conclusione del1994 con tassi di crescita della pro-duzione industriale prossimi al 13%e con un incremento delle ore lavo-rate del 4%. L’incremento degli ordi-ni totali è previsto in crescitadell’8,7% circa anche per il 1995,con una crescita della produzioneindustriale a livelli superiori al 10%.Dal punto di vista occupazionale èprevista una stabilizzazione delle orelavorate mensilmente da operai eapprendisti.

MeccanicaLa fortissima crescita degli ordiniesteri ha consentito al settore unacrescita produttiva, nel 1994, pros-sima all’11%. Il rallentamento degliordini interni previsto per il 1995 edil riassestamento degli ordini estericonsentiranno comunque al settoretassi di crescita prossimi al 5%. Inaumento si segnalano anche le orelavorate, a tassi prossimi al 2% me-dio annuo.CeramicaL’aumento della produzione indu-striale è stato sostenuto, durante il1994, dalla crescita della domandaestera, a fronte di una stazionarietàdella domanda interna. Il 1994 po-trebbe concludersi con un tasso dicrescita della produzione industrialeprossimo al 7%. Il moderato aumen-to della domanda interna ed il rias-sestamento della domanda esterapotrebbero portare la produzione in-dustriale ad una crescita prossima al5% medio annuo per tutto il 1995,incremento non sufficiente a soste-nere l’incremento delle ore lavorate.

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62 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

L’economia dell’Emilia-Romagna,dopo la stagnazione delle attivitàproduttive iniziata nel 1992, è entra-ta in una fase di recessione. Le ri-percussioni della crisi e del calo del-la domanda interna si sono manife-state sia sulla struttura imprendito-riale, che si è indebolita, che suquella occupazionale, che sta regi-strando aumenti significativi del nu-mero dei disoccupati oltre ad un ac-centuato ricorso alla Cassa Integra-zione Guadagni.I caratteri della crisi in atto sono ta-li da provocare una forte selezionefra le imprese ed i settori di attivitàdell’economia regionale. Non man-cano tuttavia evidenti segnali, apartire dal riequilibrio dei conti conl’estero, dal contenimento del dis-avanzo pubblico e dal ridotto tassodi inflazione, circa l’esistenza di fa-vorevoli condizioni per l’avvio di unnuovo processo di un nuovo pro-cesso di ripresa lungo un sentiero dicrescita virtuoso.Le contraddizioni dell’attuale situa-zione economica stanno producen-do una crescente complessità delquadro di compatibilità e di selettivi-tà delle politiche e delle iniziative at-tuabili da parte delle istituzioni pub-bliche e fra queste anche le Came-re di Commercio. In ogni caso percontribuire al rilancio dell’economiaemiliano-romagnola è indispensabi-le che le istituzioni sia private chepubbliche, e tra queste il sistemacamerale, confermino e rafforzinol’impegno nell’attuazione dei pro-getti e delle attività di promozioneeconomica, sostenendo le imprese

in questa particolare, difficile fase dicontenimento delle difficoltà dellesituazioni di crisi per cogliere tuttele opportunità di un possibile nuovoavvio delle attività produttive.Il programma di attività ed il bilanciodi previsione per l’esercizio 1994dell’Unioncamere Emilia-Romagna,pur nella limitatezza dei mezzi dis-ponibili, sono stati predisposti inquesta logica e con questi obiettivi.E’ nostro fermo convincimento inol-tre che l’Unione Regionale possa edebba svolgere una funzione di in-dicazione e di elaborazione cultura-le per le Camere associate delle ini-ziative da attivare per fronteggiarele difficoltà dell’attuale congiunturae per contribuire a rilanciare l’eco-nomia regionale. L’obiettivo di por-

tare l’intero sistema camerale regio-nale ad intervenire a sostegno dellesingole economie provinciali nelcontesto di linee di intervento con-cordate e condivise in sede regio-nale, al fine di conseguire tutte lepossibili sinergie di sistema e di po-ter conseguire maggiori risultatigrazie alla massa critica delle risor-se attivate, rappresenta un impegnopreciso di questa Presidenza. Delresto l’Ente Regione, che è attual-mente un autorevole interlocutoredel sistema camerale e del quale èauspicabile che le stesse Camerecostituiscano l’interlocutore privile-giato per gli interventi in favore del-l’economia locale, ci richiede dioperare in qualità di sistema nelladimensione regionale.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1994

Da sinistra: M. Bouchet, G. Giovenzana, Pietro Baccarini, P. Bassetti, E. Boselli, J. Lerma

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 63

Il Consiglio di Amministrazione nellaseduta del 20 settembre scorso, inlinea con le decisioni già assuntenell’anno precedente, ha adottatoalcuni orientamenti generali per lapredisposizione del programmad’attività e del bilancio di previsioneper l’esercizio 1994:• contenimento delle spese di am-

ministrazione e di funzionamentodegli uffici;

• assestamento della struttura ope-rativa sugli attuali livelli numerici dipersonale;

• rafforzamento degli interventi infavore delle attività produttive;

• conferma dell’impegno in favoredello sviluppo dell’attività dei con-sorzi e delle cooperative di garan-zia fidi;

• ulteriore qualificazione della fun-zione di ricerca economica;

• definizione di progetti per il siste-ma camerale e partecipazione al-la loro gestione con compiti di co-ordinamento.

Alla luce dei suddetti orientamenti,l’attività nel 1994 si svilupperà lun-go sei grandi direttrici principali:1. politiche di sistema;2. attività di studio, ricerca e defini-

zione di progetti;3. attività di studio ed iniziative per il

commercio;4. pubblicistica;5. servizi e sostegno ai Consorzi di

garanzia fidi;6. politiche e relazioni europee ed

internazionali.L’assetto organizzativo dell’Entedovrà pertanto adeguarsi, sia pureprogressivamente, alla realizzazione

di tale programma, che viene di se-guito succintamente illustrato.

Politiche di sistemaIl conseguimento di più stretti rappor-ti operativi con le Associazioni impren-ditoriali da un lato e l’Ente Regionedall’altro rappresenta un impegno for-te per l’Unione Regionale ed un obiet-tivo che s’intende continuare a perse-guire. Con le Associazioni imprendito-riali sono state intensificate le relazionied i rapporti, mentre numerosi proget-ti ed iniziative vengono promossi edattuati congiuntamente; il prossimoampliamento del Consiglio di Ammini-strazione, a seguito dell’approvazioneda parte del Ministero dell’Industriadel nuovo Statuto, a Membri di Giun-ta, espressione delle Associazioni im-prenditoriali, agricole, artigiane, delcommercio e dell’industria, dovrà por-tare ad un consolidamento dei rap-porti sul piano regionale tra sistemacamerale ed associazioni. Con l’EnteRegione è stato sottoscritto, dopoquasi tre anni di pressioni, una con-venzione quadro con la quale i firma-tari si propongo di cooperare e di av-viare iniziative comuni impostando unrapporto nuovo tra Regione e Came-re; purtroppo non siamo finora riuscitia tradurre in iniziative concrete quellache a tutt’oggi rimane una mera di-chiarazione d’intenti. Nei prossimi me-si è necessario operare pressante-mente sull’Ente Regione affinchè di-mostri concreta volontà di rapportarsialle Camere di Commercio, poichésiamo profondamente convinti chemai come oggi è necessario raccor-dare progettualità ed iniziative tra la

pluralità dei soggetti pubblici che ope-rano a sostegno delle economie loca-li. Sul piano interno l’Unione Regio-nale deve intensificare l’attività perconsolidare il sistema di relazioni trae con le Camere associate, nel con-vincimento che la dimensione regio-nale acquisirà crescente importanzaanche per istituzioni provinciali qua-li sono le Camere di Commercio. Atale proposito l’Unione deve attrez-zarsi per fornire alle Camere asso-ciate, partendo da un attento esa-me dei programmi d’attività e dei bi-lanci delle Camere, linee di indirizzooperativo che consentano al siste-ma camerale emiliano-romagnolo dipoter raggiungere, operando, purnella piena autonomia dei singoliEnti, come unico grande sistemache intende, in quanto tale, relazio-narsi con Associazioni imprendito-riali ed istituzioni pubbliche. Tali fun-zioni rientrano nella sfera d’azionedella Segreteria Generale.

Attività di studio, ricerca e definizione di progettiLa funzione di studio dell’economiaregionale, dei suoi caratteri, dellesue potenzialità, nonché il costantemonitoraggio dell’intera economiaregionale, ha rappresentato e rap-presenta un punto qualificante del-l’attività dell’Unione Regionale. Nelcorso del 1994 si intende attivarepresso l’Ufficio Studi un comitatoscientifico, che registri la presenzadi qualificate competenze economi-che, sociologiche, statistiche e giu-ridiche, con il compito di fungere dasuggeritore, stimolo e costante vali-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1994

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64 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

dazione oltre che dell’attività di stu-dio e ricerca, anche delle più gene-rali linee di indirizzo dell’Ente.L’attività di studio e ricerca si svol-gerà lungo i seguenti indirizzi:• monitoraggio congiunturale sia

sull’industria manifatturiera chesull’edilizia ed elaborazione diprevisione sugli andamenti dell’e-conomia regionale, con la periodi-ca redazione di rapporti e studi;

• consolidamento ed ulteriore quali-ficazione del sistema degli Osser-vatori, attivati per tenere sotto co-stante esame l’andamento eco-nomico e le problematiche dei di-versi settori dell’economia regio-nale: andamento degli investi-menti industriali, andamento delcomparto artigiani sia di produ-zione che di servizio, stato e pro-blematiche del sistema agro-indu-striale, problematiche connesseall’evoluzione ed alla necessariaqualificazione della struttura del-l’offerta turistica regionale, avviodi un osservatorio sulla subforni-tura d’intesa con altre strutturecamerali regionali, avvio di un os-servatorio sui servizi di pubblicautilità d’intesa con Cispel;

• attività di studio e ricerca su pro-getti che nel 1994 riguarderanno:l’utilizzo dei dati del censimento1991, che a fine anno saranno fi-nalmente disponibili, per aggior-nare l’indagine sulla qualità dellavita nei comuni emiliano-roma-gnoli, la continuazione di iniziativedi ricerca per la creazione di nuo-vi strumenti finanziari per le picco-le e medie imprese.

Con l’Osservatorio regionale sulmercato del lavoro della RegioneEmilia-Romagna sono in corso trat-tative per il coinvolgimento dell’Unio-ne Regionale e delle Camere emilia-no-romagnole in due grossi progettidi ricerca inerenti la formazione suiluoghi di lavoro nei paesi CEE il pri-mo, e sulle condizioni di vita e di la-voro in Emilia-Romagna il secondo.Si prevede inoltre di avviare nel1994 un Centro Studi Legislativisull’Artigianato, su sollecitazionedelle associazioni interessate e, au-spicabilmente, d’intesa e con il so-stegno finanziario della RegioneEmilia-Romagna. Scopo dell’attivitàdel Centro, che rappresenta la na-turale evoluzione dell’Osservatorioregionale sull’artigianato, è di stu-diare ed approntare progetti, pro-grammi ed iniziative che richiedanoun approfondimento di caratteregiuridico-legislativo.Per far fronte alle necessità di raf-forzamento dell’attività dell’UfficioStudi, anche a supporto dell’attivitàdegli Uffici Studi e Statistica delleCamere associate, si procederà al-l’erogazione di una borsa di studiosu un progetto inerente lo sviluppodei sistema degli osservatori. L’atti-vità dell’Ufficio Studi, che costitui-sce per l’Unione Regionale e l’inte-ro sistema camerale la necessariapremessa conoscitiva per la defini-zione di azioni e politiche d’inter-vento, dovrà coordinarsi maggior-mente con quella delle Camere diCommercio e dovrà ricercare ulte-riori connessioni e collegamenti conquella della Regione Emilia-Roma-

gna, nell’articolazione della pluralitàdegli assessorati, nonché con quel-la delle associazioni imprenditoriali.Tra le funzioni proprie dell’UfficioStudi rientra inoltre quella dell’ela-borazione, mettendo a frutto i risul-tati conoscitivi ottenuti nell’attivitàdi indagine, di progetti ed iniziativeper le Camere di Commercio, la-sciando all’Unione Regionale in pri-mo luogo una funzione di coordina-mento e di stimolo. Ciò a partiredall’ulteriore crescita quantitativa equalitativa dell’attività della rete de-gli Eurosportelli e della rete Citt,progetti che stanno conseguendorisultati significativi adempiendo aduna fondamentale funzione di servi-zio e sostegno alle piccole e medieimprese in favore dell’internaziona-lizzazione del sistema economicoregionale e della diffusione di pro-cessi di innovazione tecnologica edi qualità nella struttura imprendito-riale emiliano-romagnola.Tali attività vedranno fortemente im-pegnato l’Ufficio Studi dell’UnioneRegionale.

Attività di studi ed iniziative peril commercioDopo la graduale ripresa d’attivitànel corso del 1993 del Centro per ilCommercio Interno, con iniziativeseminariali, documentariali e pubbli-cistiche, nel 1994 si rende necessa-rio un consolidamento dell’attività edelle iniziative in favore del sistemacommerciale della regione. E’ im-portante che si acquisisca pienaconsapevolezza delle trasformazio-ni in atto nel sistema dei servizi e

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1994

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 65

più in generale nelle attività terzia-rie, oggetto di profondi cambiamen-ti che stanno portando e semprepiù porteranno a significative ristrut-turazioni degli assetti economici edimprenditoriali del settore. Da quil’importanza di approfondimentiqualificati al fine di mettere in condi-zione soggetti pubblici e privati diprogrammare e progettare idoneeiniziative per fronteggiare gli inevita-bili processi di cambiamento. Inquesta logica si intende confermarela funzione di supporto all’Ente Re-gione per contribuire all’aggiorna-mento delle normative inerenti ilsettore, proseguendo sulla stradaintrapresa nel corso del 1993 e chesta portando a riscrivere, d’intesacon l’Assessorato regionale al com-mercio e le Associazioni imprendi-toriali interessate, la Legge Regio-nale inerente la gestione dei merca-ti all’ingrosso. Continuerà contem-poraneamente l’attività di studio ericerca sul commercio, nelle sue di-verse articolazioni e problematiche,nonché l’organizzazione di alcuniseminari tecnici per affrontare l’esa-me di problematiche nella distribu-zione commerciale.Tali funzioni verranno svolte con ilsupporto di esperienze e professio-nalità consulenziali.

PubblicisticaL’elaborazione di analisi, studi e ri-cerche in campo economico e so-ciale ha sempre caratterizzato equalificato fortemente l’attività del-l’Unione Regionale. Tale attività nonpuò che essere pertanto conferma-

ta ed ulteriormente qualificata nel1994. Allo stesso tempo si rendenecessaria una ristrutturazione del-le iniziative pubblicistiche dell’Unio-ne Regionale per adeguare questaattività ai tempi cambiati, finalizzan-do maggiormente le singole iniziati-ve editoriali nell’obiettivo che ci siprefigge. Vengono pertanto confer-mate le seguenti iniziative editoriali:“Statistiche regionali”, “Congiunturaindustriale”, “Nota di mercato”,“Borsa recuperi industriali”, “Studi ericerche”, “Flash Europa Eurospor-tello”, nonché la collana di studi“Emilia-Romagna economia”. Allostesso tempo è indispensabile pro-cedere ad un profondo ripensamen-to della rivista “Studi, ricerche e do-cumentazioni” e, come già delibera-to in precedenza in sede di Comita-to di Presidenza, sostituire tale rivi-sta con un nuovo progetto di rivistabimestrale dell’Unione Regionale.Con tale iniziativa, che dovrà esseredi elevato livello e qualificazione, cisi propone l’obiettivo di predisporree diffondere uno strumento di anali-si, anche in chiave giornalistica, deicaratteri e delle problematiche delsistema imprenditoriale emiliano-ro-magnolo, favorendo la conoscenzadelle valutazioni, dei progetti e delleiniziative dell’economia della regio-ne che si esprime attraverso la real-tà istituzionale delle Camere diCommercio. La rivista, che vedrà lacollaborazione di elevate professio-nalità esterne, rappresenterà un no-tevole sforzo organizzativo ed eco-nomico per mettere a disposizionedell’intero sistema camerale emilia-

no-romagnolo uno strumento di in-formazione, una tribuna per ospita-re opinioni e favorire un costanteconfronto fra la pluralità delle forzesociali e dei soggetti istituzionali.

Servizi e sostegni ai consorzi di garanzia FIDIL’Unione Regionale svolge un’im-portante funzione di supporto deiconsorzi fidi regionali, garantendoloro un servizio potenziato di segre-teria e maggiori risorse rispetto alpassato. Nel 1994 questo impegnosarà confermato e rafforzato, nellaconsapevolezza che il sistema deiconsorzi e delle cooperative di ga-ranzia fidi nei diversi settori rappre-senta l’unica opportunità per le pic-cole imprese di un rapporto facilita-to ed agevolato con il sistema cre-ditizio. L’intero sistema cameraledel resto è fortemente impegnato,con mezzi finanziari e risorse uma-ne, a sostegno della pluralità deiconsorzi fidi locali. In un periodo nelquale il credito agevolato per le im-prese è pressochè scomparso e ri-sulta indispensabile il trasferimentoprogressivo dell’indebitamento del-le imprese dal breve al medio termi-ne, l’attività dei consorzi e delle co-operative di garanzia fidi rappresen-ta l’unico reale servizio finanziario disostegno della piccola impresa.Inoltre, paiono maturi i tempi perl’avvio di un progetto di consorziofidi regionale per l’agricoltura, darealizzare d’intesa con le categoriecommerciali e, soprattutto, con laRegione Emilia-Romagna. Con que-sta consapevolezza, l’Unione Re-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1994

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66 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

gionale intende continuare ed ope-rare, con un proprio specifico ufficioche è stato rafforzato nel corso del1993, al fianco delle Camere diCommercio, anche con interventistraordinari per consolidare tale im-portante realtà di servizio.

Politiche e relazioni europee ed internazionalil’Unione Regionale è via via venutaacquisendo nel tempo rapporti in-ternazionali con organismi europeisia pubblici che privati ed in parti-colare con altre Camere di Com-mercio ed Agenzie di sviluppo re-gionale e locale. Con alcuni di que-sti organismi è stato avviato unoscambio di funzionari e con altri so-no in corso contatti di collaborazio-ne. La creazione del Mercato UnicoEuropeo, che deve vedere le Came-re di Commercio svolgere un ruoloattivo e dinamico in favore dell’in-ternazionalizzazione dei sistemieconomici e delle imprese, nonchéil parziale ma progressivo sviluppodelle reti istituzionali europee, ren-dono necessaria l’assunzione di unruolo e di una funzione politica daparte dell’Unione Regionale, instretto raccordo e d’intesa con leCamere associate ed auspicabil-mente con le politiche e le relazioniinternazionali della Regione Emilia-Romagna. In particolare è quantomai opportuno che, a partire dallaconferma dell’attività dell’Osserva-torio export e dall’esperienza in attocon il pieno adempimento della fun-zione di raccordo e coordinamentoregionale della rete di Eurosportelli

derivati dalla Camera di Commerciodi Ravenna e relativa pubblicazionemensile in apposita newsletter di in-formazioni comunitarie per le impre-se, si realizzino, d’intesa con altri si-stemi camerali regionali di altri pae-si della Comunità, indagini compa-rative sulle politiche regionali di svi-luppo in Europa e sul ruolo che inesse svolgono i sistemi camerali.Obiettivo ultimo di questa attivitàche si intende avviare è di inserire leCamere di Commercio emiliano-ro-magnole in un sistema di relazioniinternazionali che, a partire dal pia-no politico dei rapporti e delle inte-se, possa poi consentire la defini-zione e l’avvio concertato in chiaveeuropea di politiche ed iniziative disviluppo del mercato interno non-ché al Centro Estero ed alle singoleCamere di Commercio associate dimeglio sviluppare la propria attivitàdi promozione export.Questa funzione sarà svolta da unapposito nucleo che si avvarrà di unfunzionario dell’Unione Regionale,affiancato da un borsista messo adisposizione da Mondimpresa sulprogetto Eurosportello e da un ulte-riore borsista neolaureato che si in-tende attivare sempre sul progettoEurosportello.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1994

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Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 67Gerusalemme, 19 Aprile 1994

I Paesi del Mediterraneo sono statifra i primi ad allacciare rapporti eco-nomici e commerciali speciali con laComunità che ha accettato sin dal-l’inizio di farsi carico della stabilitàsociale del bacino del Mediterra-neo. La responsabilità di contribuireallo sviluppo economico e socialedell’intera regione si è accentuata inseguito alla guerra del Golfo.Dal 1° gennaio 1993 la maggiorparte delle esportazioni agricole deipaesi mediterranei è esente da dazidoganali. Oltre ai protocolli finanzia-ri stipulati con ciascuno dei paesi,sono stati finanziati progetti e azioninel quadro del nuovo strumento dicooperazione creato per il comples-so dei paesi terzi mediterranei.Med Campus, in quanto program-ma di cooperazione interuniversita-ria con i paesi terzi mediterranei,rappresenta un’integrazione deglialtri dispositivi esistenti di forte inte-resse.L’Unione Regionale delle Camere diCommercio dell’Emilia-Romagna èvia via venuta acquisendo nel tem-po rapporti internazionali con orga-nismi europei sia pubblici che priva-ti ed in particolare con altre Cameredi Commercio, Agenzie di sviluppoe istituzioni regionali e locali. Conalcuni di questi organismi è statoavviato uno scambio di funzionari econ altri sono in corso contatti, rap-porti e progetti di collaborazione.Il Mercato Unico rappresentaun’aggregazione di forze economi-che nell’ambito delle quali le regionidispongono di un potere politicosempre più influente sulla program-

mazione comunitaria, d’altra parteesiste una forte ricettività della Co-munità a sviluppare azioni richiestea livello locale in osservanza delprincipio di “sussidiarietà”.Riteniamo di estrema importanza lapredisposizione di una rete di rela-zioni e rapporti di cooperazione coni Paesi coinvolti nel progetto sia a li-vello istituzionale sia fra le impreseindustriali.Per la rete delle Camere di Com-mercio avere un ruolo in questo tipodi progetti, esercitare questa fun-zione di incentivazione della coope-razione internazionale è di impor-tanza prioritaria. Le Camere sono,infatti, vicine alle imprese e, in parti-colare, a quelle piccole imprese checostituiscono l’ossatura della strut-

tura industriale europea. A ragionedi questa vicinanza, esse possonoavere la funzione di canale politicoper le esigenze di questi ceti nonsolo in un contesto nazionale maanche a livello europeo ed interna-zionale essendo in grado di agirenel locale interpretandone le esi-genze secondo una logica globale,di collegamento fra i soggetti nazio-nali ed internazionali. Appunto gra-zie alla loro organizzazione a rete leCamere, svincolandosi dal rapportocon il centro, possono realizzare egià lo stanno facendo, almeno inparte, esperienze di cooperazioneistituzionale di grande interesse,rappresentare il ponte diretto di col-legamento fra realtà socio-impren-ditoriali diverse (italiane ed europee)

Convegno sul tema: “European Community Med-Campus

Programme of Interuniversitary Cooperation”

Fra gli altri, prof. Paolo Mengozzi dell’Università degli Studi di Bologna, promotore del Convegno

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68 Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniGerusalemme, 19 Aprile 1994

e quindi fra business communitydifferenti, con l’obiettivo della mo-dernizzazione del sistema e non de-gli interventi “chiusi”.Rispetto alle esigenze della struttu-ra industriale il ruolo del sistemadelle Camere di Commercio apparecentrale se si considera l’importan-za dei servizi all’internazionalizza-zione. La logica che muove l’offertadi servizi pubblici all’internazionaliz-zazione è diversa da quella privata,segue infatti due precisi bisogni: daun lato, la necessità di un intern-vento dello Stato più diffuso e menolegato ad iniziative particolari e dal-l’altro la necessità di integrare ilprocesso produttivo con opportuniservizi, in modo da aumentare lacompetitività delle imprese utenti.Il sistema camerale italiano intendequindi operare nella dimensione re-gionale in una logica integrata al fi-ne di capire e anticipare le esigenzedella struttura economica regionale,nella consapevolezza che mentre lestrutture private di assistenza rap-presentano la risposta alla richiestadelle PMI di servizi all’internaziona-lizzazione (una logica demand follo-wing), le strutture dell’operatorepubblico devono essere in grado dianticipare il formarsi di una doman-da spontanea di servizi avanzati,accelerandone lo sviluppo (una logi-ca supply leading).In questo ambito appare fondamen-tale anche intensificare lo sviluppodi rapporti e progetti in comunica-zione con soggetti istituzionali stra-nieri legati all’Unione Europea conuna duplice finalità: da un lato, ac-

compagnare e sviluppare i rapportidi collaborazione industriale fra leimprese, dall’altro attivare una retedi contatti per le CCIAA e, in un se-condo momento, di punti di servizionazionali ed esteri per le PMI. Oltread esercitare la funzione di contat-to, che rappresenta il primo stadiodi questa azione, la cooperazione èun passaggio privilegiato che con-sente di accrescere la flessibilità ele potenzialità operative del sistemacamerale e di acquistare la dimen-sione critica, necessaria per il man-tenimento ed il miglioramento di po-sizioni competitive alle PMI.In relazione a quanto detto rinnovol’appoggio del sistema camera allosviluppo di rapporti di cooperazioneinternazionale e di progetti realizza-ti sotto l’egida dell’Unione Europea.Inotre ringrazio i relatori per la loropreziosa disponibilità manifestata eauguro buon lavoro a tutti i parteci-panti.

Convegno sul tema: “European Community Med-Campus Programme of Interuniversitary Cooperation”

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1995 69Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Le valutazioni sull'evoluzione del Pro-dotto interno lordo regionale risentonoinevitabilmente della parzialità e dellaprovvisorietà dei vari indicatori che sirendono disponibili nel corso dell'an-no e conseguentemente occorre con-siderarle con la dovuta cautela. LaRelazione previsionale e programmati-ca per il 1996 stima per l'Italia unacrescita reale del Prodotto interno lor-do pari al 3 per cento, dopo che nel1994 era stato rilevato un aumentodel 2,2 per cento. Si tratta di un an-damento che si può ritenere positivo,di poco inferiore all'incremento stima-to in ambito comunitario. Le stimecontenute nella precedente Relazioneprevisionale avevano ipotizzato unacrescita reale pari al 2,7 per cento.Come si può costatare, la valutazioneè migliorata apprezzabilmente, riflet-tendo la buona intonazione dei vari in-dicatori congiunturali. I primi dati dis-ponibili per il 1995 consentono di sti-mare una crescita del Pil superiore al4 per cento.

L'annata agraria, se da un lato è statapenalizzata dalle avverse condizioniatmosferiche, dall'altro ha beneficiatodi un andamento mercantile apparsoparticolarmente intonato in alcuni im-portanti settori. L'industria manifattu-riera ha fatto registrare incrementi pro-duttivi e di fatturato tra i più ampi de-gli ultimi anni, con visibili vantaggi perl'occupazione. Il sostegno fornito dal-la domanda è apparso determinante.Il mercato interno ha consolidato la ri-presa avviata nel 1994, mentre l'este-ro ha continuato a proporre incremen-ti sostenuti. Segnali di timido recupe-

ro sono venuti dall'attività edilizia cheha chiuso il primo semestre con unasituazione meno negativa rispetto aquella riscontrata nei due anni prece-denti. Ulteriori segnali del migliora-mento delle attività industriali sonoinoltre venuti dalla massiccia diminu-zione del ricorso alla Cassa integra-zione guadagni e ai contratti di solida-rietà. Se rapportiamo le ore autorizza-te di Cig anticongiunturale ai dipen-denti dell'industria scaturisce un rap-porto molto contenuto. In ambito na-zionale solo Veneto e Friuli-VeneziaGiulia hanno evidenziato valori piùcontenuti. I contratti di solidarietà han-no interessato mediamente nei priminove mesi del 1995 113 unità produt-tive rispetto alle 209 dello stesso pe-riodo del 1994. I dipendenti posti insolidarietà sono risultati 3.513 su7.448 addetti. Erano rispettivamente7.762 e 16.113 nel 1994. I licenzia-menti scongiurati dall'adozione dellasolidarietà sono risultati 1.122 rispettoai 2.375 della media dei primi novemesi del 1994. Per restare in tema di"ammortizzatori" sociali appare inte-ressante l'evoluzione delle liste di mo-bilità. I dati raccolti dall'Ufficio regiona-le del lavoro hanno registrato un sen-sibile aumento degli iscritti passati dai13.998 della media dei primi novemesi del 1994 ai 17.153 dello stessoperiodo del 1995 per un incrementopercentuale pari al 22,5 per cento. Ilfenomeno è in forte crescita e rappre-senta uno degli aspetti negativi dellacongiuntura. Non è mancato tuttaviaqualche segnale positivo. Dalle listesono state avviate, da gennaio a set-tembre, 1.646 persone con contratto

di lavoro continuativo rispetto alle1.339 dello stesso periodo del 1994. Icontratti part-time sono risultati in lie-ve aumento (da 110 a 124). Sono in-vece sensibilmente diminuiti gli avvia-menti a tempo determinato passati da4.353 a 3.715. Si ricorda che gli av-viati part-time e con contratto a termi-ne mantengono l'iscrizione nelle liste.Un altro elemento positivo del quadrogenerale dell'economia emiliano-ro-magnola è venuto dall'importante set-tore turistico che è stato caratterizza-to dall'ampio aumento delle presenzestraniere. Le attività commerciali sonostate caratterizzate dalla ulteriore di-minuzione del numero delle imprese,ma non è mancato qualche timidosegnale di recupero nelle vendite. Ul-teriori miglioramenti hanno riguardato itrasporti nel loro complesso, con unamenzione particolare per quelli por-tuali, che hanno raggiunto un nuovomassimo storico delle merci movi-mentate, dopo quello registrato nel1994.L'assetto imprenditoriale ricavato daidati contenuti nel Registro ditte è ap-parso stabile, se confrontato con la si-tuazione di fine dicembre 1994. Il sal-do fra imprese iscritte e cessate neiprimi sei mesi è risultato attivo, deter-minando un indice di sviluppo di se-gno moderatamente positivo. Comeaccennato, la domanda estera haavuto un ruolo determinante nel so-stenere l'attività dell'industria manifat-turiera. I riflessi di questa situazionesono stati puntualmente registrati dal-le rilevazioni Istat che nei primi sei me-si hanno registrato nell'intera econo-mia emiliano-romagnola esportazioni

L'economia regionale nel 1995

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70 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1995Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

per un valore di 19.745 miliardi e 755milioni di lire, vale a dire il 20,8 percento in più rispetto allo stesso perio-do del 1994. Lo stesso andamento hacaratterizzato le regolazioni in valutaregistrate dall'Ufficio italiano dei cam-bi passate, sempre nello stesso perio-do, da 11.620 a 15.127 miliardi di lire,per un incremento percentuale pari al30, 2 per cento.Il ciclo degli investimenti, secondo leprevisioni effettuate in collaborazionecon Prometeia, è apparso in ripresa,in misura sostanzialmente più ampiarispetto alla stima formulata nel 1994.Una conferma, seppure parziale, diquesto andamento è venuta dalle do-mande pervenute all'Artigiancassa.Nel primo semestre ne sono state re-gistrate 2.797 per 180 miliardi e 530milioni di lire rispetto alle 1.910 percomplessivi 112 miliardi e 140 milionidi lire dello stesso periodo del 1994. Da sottolineare inoltre la diminuzionedei protesti e dei fallimenti dichiarati.Qualche nota negativa non è tuttaviamancata. Il settore della pesca ha do-vuto fare i conti con un andamentomercantile deludente. Il mercato dellavoro non ha dato segni di tangibileprogresso. La principale fonte rap-presentata dalle indagini sulle forze dilavoro, ha registrato nella media deiprimi sette mesi del 1995, un calo del-l'occupazione e un concomitante au-mento delle persone in cerca di occu-pazione. È stata registrata una dimi-nuzione degli occupati dell'industria insenso stretto (energia e trasformazio-ne industriale) tuttavia non confermatadal flusso degli avviamenti al lavoro edalle indagini congiunturali sull'indu-

stria manifatturiera (entrambi gli indi-catori sono risultati in crescita). Più indettaglio è stata la rilevazione di luglioa determinare il risultato negativo e lu-glio è il mese nel quale avviene la ro-tazione del campione delle famiglieoggetto delle interviste. In sintesi si può collocare questo 1995fra le annate economicamente positi-ve. Il risultato sarebbe stato ancorapiù intonato, se le attività agricole, checoncorrono significativamente alla for-mazione del reddito regionale, nonfossero state penalizzate dalle avversecondizioni climatiche.Passiamo ora a riassumere alcuniaspetti della congiuntura del 1995.I dati sul mercato del lavoro dannoadito a qualche perplessità interpreta-tiva. Le indagini sulle forze di lavorohanno infatti registrato una diminuzio-ne nell'industria in senso stretto, incontrotendenza con quanto emersonegli avviamenti al lavoro e nelle perio-diche indagini congiunturali effettuatedall'Unioncamere Emilia-Romagna edalla C.n.a. regionale; andamenti si-mili sono stati registrati in Lombardia,Friuli-Venezia Giulia e Liguria. Nei pri-mi sette mesi del 1995 è stata regi-strata una diminuzione degli occupatidell'intera economia pari allo 0,6 percento, equivalente, in termini assoluti,a circa 10.000 persone. Ogni ramo diattività è risultato in diminuzione, conl'unica eccezione rappresentata dal-l'industria edile. Il peso dell'occupazione femminile si èrafforzato, in linea con la tendenza inatto da lunga data. Tra le condizioni dioccupato, è stata l'occupazione "di-chiarata" ad apparire in calo a fronte

dell'aumento delle "altre persone conattività lavorativa" gruppo questo cheè composto da persone dedite ad at-tività prettamente occasionali.Le persone in cerca di occupazionesono aumentate dell'1,5 per cento,contribuendo ad innalzare il tasso didisoccupazione al 6,2 per cento, ri-spetto al 6,1 per cento dei primi settemesi del 1994. Occorre sottolineareche la crescita è stata essenzialmentedeterminata dalle "altre persone incerca di lavoro", classe questa costi-tuita da persone in condizione nonprofessionale quali ad esempio casa-linghe e studenti. L'aumento traducel'entrata nel mercato del lavoro di figu-re professionali che si sono moltoprobabilmente messe alla ricerca diun lavoro incoraggiate dalla buona in-tonazione congiunturale. Altri aspettidel mercato del lavoro sono stati rap-presentati dal forte aumento degli av-viamenti al lavoro, sia di manodoperanazionale che extracomunitaria. Que-st'ultimo aspetto, tanto di attualità inquesti ultimi mesi, si è coniugato allacostante crescita della popolazionestraniera. L'impatto della Legge 863/84 è statorappresentato da 20.985 giovani av-viati con contratto di formazione-lavo-ro nei primi otto mesi del 1995 rispet-to ai 14.828 dello stesso periodo del1994. È inoltre cresciuta la quota dicontratti convertiti a tempo indetermi-nato giunti alla naturale scadenza nel-la prima metà del 1995. Il part-time continua a diffondersi. A fi-ne 1994, tanto per avere un'idea digrandezza, risultavano depositatipresso l'Ispettorato del lavoro 47.824

L'economia regionale nel 1995

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1995 71Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

contratti rispetto ai 39.981 di fine1993.Le liste di mobilità hanno "ospitato" afine settembre 16.754 persone rispet-to alle 16.134 dello stesso periodo del1994. L'incremento c'è stato, ma oc-corre sottolineare che sono conte-stualmente aumentati gli avviati concontratto di lavoro continuativo.L'Emilia-Romagna continua a collo-carsi in una posizione privilegiata inambito nazionale. Il secondo migliortasso di occupazione e di attività, uni-tamente al quinto migliore tasso didisoccupazione, sono indicatori diuna struttura del mercato del lavorotra le migliori del Paese, strettamentecollegata agli alti livelli di reddito pro-capite.Per il settore agricolo emiliano-ro-magnolo si attende un andamento aprezzi costanti tendenzialmente favo-revole, con una riduzione dell'occupa-zione, da gennaio a luglio, pari allo 0,9per cento (-5,1 per cento nel Paese)che è equivalsa, in termini assoluti acirca 1.000 addetti. L'andamento complessivo del settoreriflette trend differenziati nei diversicomparti con una diminuzione signifi-cativa nei prodotti cerealicoli, dellabarbabietola da zucchero e nell'orto-frutta, mentre sono risultate in ripresale produzioni zootecniche, in partico-lare suini e Parmigiano Reggiano, e ilsettore vitivinicolo dovrebbe compen-sare le minor quantità con una mag-giore qualità e prezzi particolarmentefavorevoli. L’annata agraria 1994-1995 è stata caratterizzata da abbon-danti precipitazioni sia nel periodo pri-maverile che all’inizio e alla fine dell’e-

state, causando notevoli problemi unpo’ a tutte le colture.I primi otto mesi del 1995 della pescamarittima hanno visto il pescato ven-duto nei mercati ittici regionali aumen-tare in quantità del 13,6% (133.560 q)e in valore di solo il 5,9% ( 38.174 mi-lioni), per la riduzione dei prezzi (-6,8%), che ha reso palese le difficoltàmercantili del settore. Solo per i cro-stacei si è registrato un contempora-neo incremento di quantità (27,2%) eprezzi (6,5%), La produzione sbarca-ta, nelle zone rilevate, si riduce sensi-bilmente in quantità (-14,75%). Il navi-glio da pesca in Emilia-Romagna(1.136 unità) ha una quota del 4,5% diquello nazionale, un tonnellaggio me-dio sensibilmente minore e vede pre-valere i mezzi per la pesca con reti astrascico.L'industria energetica, per quantoconcerne la produzione di energiaelettrica registrata nelle centrali dislo-cate in Emilia-Romagna, ha fatto regi-strare nei primi otto mesi del 1995 unaproduzione netta pari 7.974 milioni diKwh con un decremento del 10,3 percento rispetto allo stesso periodo del1994. La diminuzione è stata determi-nata dalla flessione della fonte ter-moelettrica - i Kwh sono scesi dai8.079 milioni del 1994 ai 7.143 milionidel 1995 - a fronte del lieve aumentodi quella idroelettrica salita da 810 mi-lioni a 831 milioni di Kwh. L'andamen-to dell'Emilia-Romagna è apparso incontro tendenza con quanto avvenutonel Paese, la cui produzione netta èpassata da 144.269 milioni a 150.875milioni di Kwh, per un incremento per-centuale pari al 4,6 per cento.

Dal lato della categoria dei produttorisi può notare che la diminuzione èstata dovuta alle centrali gestite dal-l'Enel e dagli autoproduttori, a frontedell'aumento riscontrato nelle aziendemunicipalizzate che hanno copertol'1,2 per cento dell'energia prodotta.Dal lato dei combustibili impiegati èl'olio combustibile ad essere maggior-mente impiegato - ha contribuito perl'86,4 per cento dell'energia prodotta- seguito dal metano con una quotadel 12 per cento. La voce genericadegli "altri combustibili" si è attestataall'1,2 per cento; ultimo il carbone conappena lo 0,4 per cento. Nel Paese lastruttura dei combustibili impiegati èrisultata più articolata. L'olio combu-stibile ha coperto il 60,6 per cento deiKilovattori prodotti, seguito dal meta-no con il 22,9 per cento. Il carbone siè attestato al 12,3 per cento; gli "altricombustibili" al 4,2 per cento. Se con-frontiamo l'impiego dei combustibili inEmilia-Romagna nei primi otto mesidel 1995 con la situazione emersanello stesso periodo del 1994, si puòevincere un calo generalizzato, fattaeccezione per il carbone, il cui contri-buto è salito del 51,3 per cento. Il consumo di metano dell'Emilia-Ro-magna dei primi sei mesi del 1995 èammontato, secondo i dati forniti dal-la S.n.a.m., a circa 3 miliardi e 848 mi-lioni di metri cubi rispetto ai circa 3 mi-liardi e 592 milioni dello stesso perio-do del 1994, per un incremento per-centuale pari al 7,1 per cento ( +11,2per cento nel Paese). Il considerevoleaumento è da attribuire in primo luogoalla forte espansione delle reti cittadi-ne - incidono per circa il 50 per cento

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del consumo globale - il cui consumoè cresciuto dell'11,3 per cento. L'in-dustria ha bruciato 1 miliardo e 571milioni di metri cubi, superando del6,6 per cento il quantitativo dei primisei mesi del 1994. In ambito settorialeoccorre sottolineare il forte aumentodel settore ceramico, gres e materialirefrattari il cui consumo, pari al 16 percento del totale generale, è salito del10,6 per cento.I consumi destinati all'autotrazione(1,3 per cento del totale) sono au-mentati del 3,3 per cento. L'unico ca-lo significativo ha riguardato i quanti-tativi destinati alla produzione di ener-gia termoelettrica, compresa l'auto-produzione, scesi da 263 milioni e629 mila metri cubi a 221 milioni e709 mila (-15,9 per cento). L'industria manifatturiera ha fattoregistrare una crescita del volume del-la produzione nei primi nove mesi del1995 pari al 10,5 per cento, la più al-ta, limitatamente ai primi nove mesidell'anno, mai registrata da quandosono in atto le indagini congiunturali.Questa crescita, associata al forte au-mento del grado di utilizzo degli im-pianti e delle ore lavorate mediamentein un mese dagli operai e apprendisti,è stata corroborata dall'ottimo anda-mento delle vendite salite in terminimonetari del 17,4 per cento. In termi-ni reali, senza tenere conto dell'incre-mento dei prezzi alla produzione, èstata rilevata una straordinaria cresci-ta del 10,9 per cento. Il sostegno del-la domanda alla buona intonazioneproduttivo-commerciale è risultato im-portante. Il mercato interno è in fase dirilancio, mentre l'estero ha continuato

a proporre incrementi sostenuti, con-solidando la fase di ripresa avviata inoccasione della forte svalutazione del-la lira avvenuta nel settembre del1992. L'incidenza delle esportazionisul fatturato è arrivata a sfiorare laquota del 40 per cento rispetto allamedia del 35,5 per cento registratanel triennio 1992-1994. Una confermadi questa situazione è venuta dal forteaumento delle esportazioni registratosia dall'Istat che dall'Ufficio italiano deicambi.I prezzi alla produzione sono risultati insensibile aumento, scontando da unlato il rincaro delle materie prime edall'altro la vivacità della domanda.Nella media dei primi nove mesi del1995 è stato rilevato un incrementomedio del 6,5 per cento, mai registra-to in passato, frutto degli aumenti del6 per cento e 7,1 per cento registratirispettivamente per i listini interni edesteri.Il periodo di produzione assicurato dalportafoglio ordini è apparso in risalita,arrestando la tendenza al ridimensio-namento in atto dal 1991.L'approvvigionamento dei materialidestinati alla produzione è risultatomolto difficoltoso, anche alla luce del-la vivacità della domanda. La percen-tuale di aziende che ha dichiarato pro-blemi è stata di poco inferiore al 30per cento e anche in questo caso sia-mo di fronte a valori eccezionali.Le aziende che hanno giudicatoscarse le giacenze dei prodotti desti-nati alla vendita sono risultate piùnumerose di quelle che, al contrario,le hanno reputate in esubero. Nonaccadeva dal 1988. Anche questo

indicatore depone a favore della buo-na situazione congiunturale e del so-stanziale equilibrio che ha contraddi-stinto i flussi della produzione e dellevendite reali.L'occupazione ha dato segni di ampiorecupero. L'andamento dei primi novemesi dell'anno appare sempre positi-vo a causa soprattutto delle assunzio-ni di manodopera stagionale. Ciò no-nostante è stato registrato un incre-mento largamente superiore a quelliriscontrati in passato. Di tutt'altro se-gno sono invece apparse le rilevazionisulle forze di lavoro. Nella media deiprimi sette mesi del 1995 le indaginiIstat relative all'industria in sensostretto, largamente influenzata dalleattività manifatturiere, hanno registra-to in Emilia-Romagna circa 476.000addetti, vale a dire l'1,0 per cento inmeno rispetto allo stesso periodo del1994, equivalente, in termini assoluti,a circa 5.000 addetti. Se si analizzal'evoluzione dei singoli trimestri, si puòevincere che il calo è stato principal-mente determinato dalla flessione av-venuta nel mese di luglio. Gli avvia-menti al lavoro registrati nell'intera in-dustria sono invece risultati in forteaumento. Come si può constatare,l'eterogeneità degli indicatori, unita-mente alle diverse tendenze emerse,non consente di valutare compiuta-mente l'evoluzione del settore. Restatuttavia la sensazione di un trend del-l'occupazione meno negativo rispettoa quello emerso nelle rilevazioni Istat.Il fatto che sia stata la rilevazione di lu-glio a determinare la flessione, cioè ilperiodo dell'anno nel quale ruota ilcampione di famiglie da intervistare,

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può dare adito a qualche perplessitàsull'attendibilità dei risultati. Un'altraspiegazione di queste tendenze con-trastanti potrebbe derivare dai flussi diassunzioni provenienti dal Mezzogior-no e dai paesi extracomunitari, ovverodi individui che non possono essere ri-levati, almeno in un primo tempo, dal-le rilevazioni Istat sulle famiglie, mache è tuttavia registrata dalle indaginicongiunturali e dagli uffici del lavoro.In sostanza crescerebbero gli occu-pati nelle aziende, senza che aumentil'occupazione dei residenti di fatto inregione.L'evoluzione del Registro ditte è statacaratterizzata dal buon andamentodel secondo trimestre che ha ribaltatola negativa evoluzione dei primi tremesi. La somma dei due saldi, fra im-prese iscritte e cessate, è stata positi-va per tredici imprese. Il numero puòapparire modesto, ma occorre ricor-dare che nei primi sei mesi del 1994risultò un passivo di 659 imprese. Leimprese manifatturiere esistenti a finegiugno 1995 sono ammontate a59.209 rispetto alle 59.412 di fine di-cembre 1994. Sulla base di queste ci-fre possiamo parlare di sostanzialestabilità della compagine imprendito-riale, in linea, come abbiamo descrit-to, con la lieve crescita del saldo fraiscrizioni e cessazioni.L’industria delle costruzioni sullabase delle indagini congiunturali relati-ve al primo semestre 1995 mostra iprimi segnali di ripresa: la variazione diproduzione di competenza rispetto al-lo stesso semestre del 1994 presentaun saldo in sostanziale equilibrio, conoltre il 30% delle imprese che dichiara

una produzione in crescita. Anchel’occupazione pur registrando saldiancora negativi cala in misura inferioreal passato. Le aspettative per la pro-duzione nel prossimo semestre e so-prattutto a medio termine sono mode-ratamente ottimistiche e anche le pre-visioni sull’occupazione fanno sperarein una concreta ripresa nel futuro.Le attività commerciali soffrono lacontinua pressione sui redditi delle fa-miglie e la stagnazione del loro potered'acquisto che ne frena i consumi. Lariduzione dell'inflazione permettereb-be un incremento del reddito disponi-bile reale e dei consumi delle famiglie.Come nel 1995, anche nel 1996 iprezzi all'ingrosso e alla produzioneavranno una dinamica superiore aiprezzi al consumo. Per la ristruttura-zione in corso a luglio 95 gli addettidel commercio in erano 297.000 (-5,71% su luglio 94). Le imprese attivedel commercio, alberghi e pubbliciesercizi erano 120.668 al 30 giugno1995 (il 39,6% del registro ditte), conun trend negativo. Sono aumentate leimprese attive (+0,48%) del commer-cio all'ingrosso, mentre è rapida la ri-duzione delle imprese del commercioal dettaglio. La domanda di consuminon esprime tassi di crescita adegua-ti a far fronte alla lievitazione dei costigenerali e dei prezzi nella fase dellacommercializzazione precedente allafinale e la redditività media degli eser-cizi risulta in calo. Il commercio estero è aumentatonei primi sei mesi del 1995 del 20,8%.Permangono pertanto i riflessi positividel deprezzamento della lira sull'ex-port italiano nonché emiliano-roma-

gnolo che hanno permesso di guada-gnare altre quote di mercato da partedei settori tradizionali del tessuto pro-duttivo regionale. È stata rafforzata lapresenza nei Paesi dell'Unione mentredeve essere valutata con particolareattenzione il rallentamento riportatonegli USA e in Giappone accanto aisegnali negativi rilevati negli scambicon paesi con notevoli prospettivequali Cina, Hong Kong, Taiwan, Ar-gentina e Arabia Saudita.Rispetto all'andamento complessivopositivo nei primi sei mesi dell'anno,che però rimane inferiore alla medianazionale e alla media delle rimanentiregioni export-oriented non può nonessere valutato con una certa preoc-cupazione il diverso livello di crescitadelle province e dei settori. La minordinamica del settore agricolo, del tes-sile-abbigliamento, risultato in flessio-ne nella provincia di Modena, dellemacchine agricole e per l'industria, re-gistrata soprattutto nelle province diModena e Bologna, se verrà confer-mata, rappresenta un campanellod'allarme sulla capacità strutturale dirimanere sui mercati esteri da partesoprattutto dei cosiddetti punti di ec-cellenza dell'economia regionale.La stagione turistica 1995 dell'Emi-lia-Romagna è stata positiva. Gli stra-nieri hanno fatto registrare forti incre-menti degli arrivi e delle presenze. Èproseguito l'aumento della capacitàdella struttura ricettiva media e la ri-duzione delle unità sul territorio a fa-vore della qualità. Sulla riviera i datiufficiali registrano ovunque il maggio-re afflusso di turisti stranieri: da gen-naio a settembre 32.259.142 di pre-

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senze (+4,53%), di cui il 23% stranie-ri (+16,61%). Il 50% degli stranieri so-no tedeschi, al secondo posto po-trebbero esserci i cechi e gli slovac-chi. L'Appennino nella stagione 94-95 ha subito un inverno asciutto, conpochissima neve e una seconda me-tà di agosto fredda e bagnata. I datiregistrano presenze in calo(3.022.000 e -3,5%). Il turismo dellecittà d'arte e d'affari ha invece regi-strato un successo senza precedentisoprattutto presso i turisti stranierigrazie al patrimonio artistico culturalee alla convenienza dell'offerta. È rile-vante il successo della città di Ferra-ra. Il settore termale vive l'incertezzadella crisi del SSN. Il movimento al-berghiero registrato da aprile a set-tembre rileva un aumento della clien-tela straniera e la disaffezione di quel-la italiana. Per uscire dalla crisi si af-fianca all'offerta tradizionale un insie-me di nuovi prodotti (bellezza, fit-ness), in fase di sperimentazione.I trasporti aerei registrati nei tre scalicommerciali dell'Emilia-Romagna (Bo-logna Borgo Panigale, Rimini e Forlì)sono risultati in apprezzabile crescita,soprattutto per effetto dei voli interna-zionali. La ripresa dei flussi turistici sul-la riviera romagnola ha giocato unruolo importante assieme all'aperturadi nuovi collegamenti.L'attività portuale registrata nelloscalo di Ravenna nei primi nove mesidel 1995 è risultata molto positiva. Ilmovimento merci è ammontato a14.489.805 tonnellate, nuovo massi-mo storico dopo quello rilevato nel1994. Se la tendenza fortementeespansiva si manterrà anche nei mesi

rimanenti saranno probabilmente sfio-rati i 20 milioni di tonnellate. Le movi-mentazioni di segno spiccatamentecommerciale sono aumentate sensi-bilmente. I carichi secchi si sono in-crementati del 13,7 per cento per ef-fetto soprattutto dei forti aumenti ri-scontrati nei materiali destinati alla tra-sformazione industriale. In sensibilecrescita sono inoltre risultati i prodottiagricoli, legno segato e mais in testa,e i combustibili minerali, in particolarecoke. È aumentata la movimentazionedei containers e dei trailer/rotabili.L'afflusso dei prodotti petroliferi, ca-ratterizzato dai grossi quantitativi diolio combustibile, è risultato abbon-dante con oltre 5 milioni e 200 milatonnellate, superando del 10,4 percento la movimentazione dei primi no-ve mesi del 1994.I bastimenti arrivati e partiti sono risul-tati 6.345 rispetto ai 5.935 dello stes-so periodo del 1994. Le navi esteresono risultate 3.972 con un incremen-to del 9,5 per cento rispetto al 1994,a fronte della crescita del 2,9 per cen-to riscontrata per quelle italiane. Lastazza netta complessiva è stata paria 17.706.053 tonn., vale a dire il 7,4per cento in più nei confronti dei priminove mesi del 1994. In termini di staz-za media c'è stata una invece sostan-ziale stazionarietà, che è da ascrivereessenzialmente all'inadeguatezza deifondali del canale Corsini, che nonpermette di accogliere i bastimenti digrande tonnellaggio. Con l'inizio delprossimo anno saranno tuttavia avvia-ti i lavori di sistemazione dei fondali.I trasporti ferroviari sono risultati increscita segnatamente per quanto

concerne il trasporto delle merci, in li-nea con l'andamento emerso nel pae-se. È continuata la flessione dei capidi bestiame.La performance del settore crediti-zio regionale appare superiore rispet-to alla media nazionale avendo regi-strato tassi di crescita più elevati deldato medio nazionale.Nei primi sei mesi del '95 si registranoaumenti dei depositi del sistema ban-cario complessivamente considerato(banche con raccolta a breve eexICS). La stessa dinamica positivaha interessato gli impieghi che in re-gione sono cresciuti più velocementerispetto a quanto successo in Italia.Il rapporto sofferenze/impieghi in Emi-lia-Romagna si è assestato a partireda dicembre '91 su valori costante-mente inferiori rispetto ai corrispon-denti dati nazionali.L'andamento dei tassi di interesse èstato caratterizzato dalla crescita ten-denziale che ha interessato sia il tassomedio sugli impieghi a clientela resi-dente sia quello passivo medio sui de-positi in lire. Il Registro ditte ha conteggiato a fi-ne giugno 1995 una consistenza di304.783 imprese attive rispetto alle304.356 e 302.173 di fine dicembre1994 e fine giugno 1994. Il rafforza-mento della compagine imprendito-riale si è associato ad un saldo posi-tivo, fra imprese iscritte e cessate,pari a 948 imprese in netta controtendenza con la corrispondente si-tuazione del primo semestre del1994, quando si registrò un passivodi 2.475 imprese. Il miglioramento èevidente ed è anch'esso frutto della

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positiva fase congiunturale, senza di-menticare gli incentivi legati alla crea-zione di nuove imprese oppure i feno-meni di imprese che creano altre im-prese conosciuti anche come spin-off. Se si analizza l'evoluzione dei va-ri rami di attività (la nuova classifica-zione delle attività Ateco 1991 con-sente di mettere a confronto solo lasituazione in essere a fine dicembre1994 con quella di giugno 1995) sipuò evincere che l'aumento generaledello 0,1 per cento è stato determina-to dalle sole attività industriali, in par-ticolare energia e costruzioni. L'agri-coltura, caccia, silvicoltura e pescaha accusato una diminuzione dello0,8 per cento; i servizi dello 0,2 percento. All'interno di questo ramo oc-corre sottolineare il nuovo aumentodei servizi finanziari (+2 per cento) e laflessione del commercio (-0,6 percento). Un interessante aspetto delRegistro ditte è rappresentato dallostatus delle imprese registrate. Quelleattive costituiscono la maggioranza,con una quota dell'89,4 per cento.Poi esiste tutta la serie di inattive, so-spese, liquidate e in fallimento che ri-mangono formalmente iscritte nel Re-gistro ditte. Se confrontiamo la situa-zione in essere a fine giugno 1995con quella del corrispondente perio-do del 1994 si può evincere un gene-rale aumento, fatta eccezione le im-prese sospese scese da 656 a 619.Le liquidazioni sono salite del 3 percento, i fallimenti (con questo termines'intendono le varie procedure con-corsuali in atto) dell'8,1 per cento.Questi dati rappresentano il volto me-no positivo del Registro ditte, soprat-

tutto se si considera che il loro nume-ro è dal 1991 in tendenziale aumento.Per le inattive, che vivono in una sor-ta di limbo statistico (a volte si verificache lo stato di inattività è solo teori-co), la crescita è stata pari al 4,3 percento. All'incremento delle imprese si è as-

sociato l'aumento delle cariche esi-stenti, salite nell'arco di un anno da631.757 a 647.009. Premesso che lastessa persona può assumere più ca-riche, vi è da sottolineare l'apprezza-bile incremento delle cariche non me-glio specificate (+10,6 per cento) edegli amministratori (+4,3 per cento). Ititolari sono risultati stabili, mentre isoci sono cresciuti dell'1,0 per cento.Se guardiamo agli aspetti strutturali, sipuò evincere che la componente ma-schile è risultata preponderante ri-spetto a quella femminile, con unapercentuale del 73,8 per cento sul to-tale delle cariche, rimasta praticamen-te immutata rispetto alla situazione inatto dal giugno 1991. In termini di etàprevale la classe intermedia da 30 a49 anni (55,2 per cento del totale). Sesi osserva l'evoluzione degli ultimi cin-que anni si può registrare il gradualeinvecchiamento delle persone che ri-coprono le varie cariche, in linea conla tendenza demografica. La tenden-za che vede la forma giuridica indivi-duale perdere peso rispetto quellasocietaria è continuata. A fine giugno1995 le ditte individuali attive, pur ri-sultando in lieve aumento rispetto allasituazione di fine giugno 1994, hannovisto ridurre la propria incidenza sultotale delle imprese iscritte nel Regi-stro ditte dal 60,9 al 60,6 per cento.

Questo andamento ha tradotto cre-scite percentuali più sostenute per lesocietà sia di persone che di capitale.Il fenomeno ha radici lontane. Basticonsiderare che a fine 1985 le ditte in-dividuali coprivano il 71,1 per centodelle attività, rispetto all'8,3 per centodelle società di capitale (12,1 per cen-to a fine giugno 1995) e al 20,2 percento di quelle di persone (25,2 percento nel 1995). Il rafforzamento dellaforma societaria sottintende, almenoin teoria, imprese più solide, in gradodi meglio affrontare una concorrenzasempre più agguerrita e sempre piùinternazionale.In ambito nazionale l'evoluzione del-l'Emilia-Romagna, misurata in terminidi tasso di sviluppo (è dato dal rap-porto fra il saldo delle imprese iscrittee cessate nel primo semestre 1995 ela consistenza di fine periodo) è risul-tata in linea con la crescita generale,senza tuttavia raggiungere posizionidi particolare preminenza. Il tasso disviluppo dello 0,31 per cento è risul-tato dei più contenuti, collocandol'Emilia-Romagna al quint'ultimo po-sto. Tra le prime posizioni sono risul-tate Campania (1,64 per cento), Lom-bardia (1,19 per cento), Puglia (1,16per cento) e Liguria (1,01 per cento).Tutte le altre regioni hanno propostotassi di sviluppo inferiori all'1 per cen-to, fino ad arrivare ai valori negativi diMolise (-0,09 per cento) e Calabria (-1,24 per cento). La modesta posizio-ne dell'Emilia-Romagna è stata deter-minata dai limitati tassi di sviluppodelle società. Per quanto concernequelle di capitale l'Emilia-Romagnaha occupato la penultima posizione,

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pur vantando un tasso di sviluppo del2,03 per cento a seguito di un saldopositivo di 750 imprese. Lo svilupposocietario è quindi risultato ancorapiù ampio nel resto d'Italia. Nove re-gioni hanno infatti evidenziato tassisuperiori al 4 per cento, con puntedel 10,26 e 6,73 per cento per Lazioe Calabria rispettivamente. La stessasituazione ha riguardato le società dipersone. L'Emilia-Romagna, con untasso dello 0,51 per cento si è nuo-vamente trovata in penultima posizio-ne, con la Campania in testa con il3,78 per cento, seguita dalla Basilica-ta con il 3,08 per cento. La situazionedello sviluppo della forma individualeè apparsa molto meno differenziata.Nessuna regione ha evidenziato tassipari o superiori all'1,0 per cento, con-fermando la tendenza al ridimensio-namento.

Otto regioni, compresa l'Emilia-Ro-magna, hanno evidenziato tassi nega-tivi con il picco del 2,44 per cento re-lativo alla Calabria. Nelle rimanenti re-gioni i tassi positivi sono stati compre-si fra lo 0,03 per cento della Sicilia e lo0,57 per cento del Piemonte.L’indagine congiunturale condotta dalCNA sull’artigianato conferma la fa-se moderatamente positiva in corsoda oltre un anno. Nel primo semestre1995 la produzione e la domanda so-no risultate in espansione così come ilportafoglio ordini. Anche l’occupazio-ne ha risentito della favorevole con-giuntura, attenuando il trend negativo.Le previsioni formulate dagli imprendi-tori e dal CNA sono all’insegna del-l’ottimismo: la ripresa non sembra

avere carattere sporadico ma inseritain un contesto di crescita che dovreb-be proseguire anche in futuro.L’andamento della cooperazionenei primi mesi del 1995 evidenzia se-gnali di miglioramento in termini di fat-turato rispetto all’anno precedentecon l’unica eccezione di alcuni com-parti produttivi del settore agricolo pe-nalizzati da una produzione ridotta espesso di scarsa qualità. L’occupazio-ne evidenzia una buona tenuta e, perla prima volta dopo alcuni anni, non sidovrebbe registrare una diminuzionenel settore produzione e lavoro.La Cassa integrazione guadagnirelativa ai primi nove mesi del 1995 èstata caratterizzata da ampie flessioni.Il ricorso agli interventi anticongiuntu-rali, sotto forma di ore autorizzate, èdiminuito del 69,2 per cento rispettoai primi nove mesi del 1994. Questoandamento, apparso coerente con ilmiglioramento del quadro congiuntu-rale delle attività industriali, è risultatoin linea con l'andamento nazionale (-57,5 per cento). La grande maggio-ranza delle regioni italiane ha eviden-ziato diminuzioni, comprese fra il 27,9per cento della Valle d'Aosta e il 69,9per cento del Friuli-Venezia Giulia. Leuniche eccezioni sono state rappre-sentate da Molise e Calabria che han-no accusato aumenti pari rispettiva-mente al 26,8 e 0,4 per cento. Labuona intonazione dell'Emilia-Roma-gna appare ancora più evidente se sirapporta il numero di ore autorizzateper interventi anticongiunturali ai di-pendenti dell'industria come risultanodalle indagini Istat sulle forze di lavoro.L'indice che ne discende, che po-

tremmo definire di "malessere con-giunturale" ha visto l'Emilia-Romagnaoccupare la terza posizione con unaquota pro-capite di 3,86 ore, prece-duta da Veneto (3,71) e Friuli-VeneziaGiulia (3,46). Le situazioni più critichesono state registrate in Puglia (16,89),Molise (16,56) e Campania (14,73 percento). La Cassa integrazione guada-gni straordinaria viene concessa perfare fronte agli stati di crisi aziendale,locale e settoriale oppure a ristruttura-zioni, riconversioni e riorganizzazioni.Nei primi nove mesi del 1995 le oreautorizzate sono risultate 5.219.694,vale a dire il 34 per cento in meno ri-spetto allo stesso periodo del 1994.Lo snellimento dell'iter burocraticodeciso nel 1994, connesso alle prati-che di concessione, dovrebbe avereconsentito un confronto più aderenteal periodo preso in considerazione,cosa questa che non avveniva in pas-sato. Una certa cautela deve esseretuttavia adottata nell'analisi dei dati, inquanto non disponiamo di informazio-ni in grado di confermare quanto det-to. Al di là di questa doverosa puntua-lizzazione resta un andamento in lineacon quanto avvenuto nel Paese (-17,8per cento). Gli andamenti delle varieregioni sono risultati molto più artico-lati rispetto a quanto sopradescritto intermini di interventi ordinari.Sei regioni hanno accusato aumenticompresi fra il 129,1 per cento dellaValle d'Aosta e lo 0,7 per cento delVeneto. Se spostiamo l'osservazionedel fenomeno sulle aziende che inEmilia-Romagna hanno richiesto laCassa integrazione straordinaria nelcorso del 1995, possiamo evincere,

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1995 77Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

secondo i dati raccolti dall'Ufficio re-gionale del lavoro, un netto migliora-mento.Nella media dei primi nove mesi del1995 le aziende richiedenti sono risul-tate 115 per un'occupazione totale di9.688 addetti rispetto alle 186 per16.662 addetti dello stesso periododel 1994.I dipendenti in Cig sono risultati2.279, vale a dire il 53,5 per cento inmeno rispetto al 1994. I posti di lavo-ro considerati in esubero sono scesida 4.055 a 2.062. La gestione speciale edilizia viene dinorma concessa quando il maltempoimpedisce l'attività dei cantieri. Ognivariazione va quindi interpretata te-nendo conto di questa situazione.Eventuali aumenti possono quindicorrispondere a condizioni atmosferi-che avverse, ma anche sottintenderela crescita dei cantieri in opera. Le di-minuzioni si prestano naturalmente auna lettura di segno opposto. Ciòpremesso nei primi nove mesi del1995 sono state registrate 1.639.213ore autorizzate con un decrementodel 31,6 per cento rispetto allo stessoperiodo del 1994. Anche in questocaso l'andamento dell'Emilia-Roma-gna è apparso in linea con quello na-zionale (-30,4 per cento). Da sottoli-neare che tutte le regioni sono risulta-te in decremento, con variazioni com-prese fra il -7,2 per cento del Trenti-no-Alto Adige e il -52,6 per cento del-la Sicilia.I protesti cambiari registrati nei primisei mesi del 1995 in tutta l'Emilia-Ro-magna sono apparsi in sensibile calo.Il numero degli effetti è passato dagli

85.742 del primo semestre 1994 ai66.252 del 1995 per un decrementopercentuale pari al 22,7 per cento. Gliimporti sono scesi da circa 260 miliar-di a circa 220 miliardi (-15,4 per cen-to). Se analizziamo l'andamento pertipo di effetto si può evincere, relativa-mente alle somme protestate, il fortecalo delle tratte non accettate - si ri-corda che non sono soggette a pub-blicazione sul bollettino dei protesti - edei pagherò.

Il miglioramento dei protesti è indicedi una situazione finanziaria in ripresaanch'essa sintomo della favorevolefase congiunturale. I fallimenti di-chiarati in Emilia-Romagna nei primicinque mesi del 1995 sono risultati indiminuzione, consolidando la tenden-za regressiva in atto dal 1994. Dai430 del 1994 si è passati ai 386 del1995, per un decremento percentua-le pari al 10,2 per cento. Se rappor-tiamo il numero dei fallimenti alla con-sistenza delle imprese attive a finegiugno si ha una percentuale pariall'1,27 per mille rispetto all'1,43 permille del 1994.

L'andamento dei vari rami di attività èstato caratterizzato dalle flessioni del-le attività commerciali, dei trasporti edei servizi finanziari. L'industria mani-fatturiera è risultata sostanzialmentestazionaria. In aumento sono apparsele costruzioni-installazioni impianti e leattività immobiliari. La conflittualità del lavoro è appar-sa in ripresa. I conflitti generati dairapporti di lavoro sono risultati in Emi-lia-Romagna, nei primi otto mesi del

1995, 36 con il coinvolgimento di58.369 lavoratori per un totale di435.000 ore di lavoro perdute. Nellostesso periodo del 1994 erano statirilevati 21 conflitti originati dal rappor-to di lavoro, che avevano visto la par-tecipazione di 26.343 persone per untotale di 274.000 ore di lavoro perdu-te. L'aumento, in linea con quanto av-venuto nel Paese (le ore perdute sonopassate da 3.070.000 a 4.280.000) èapparso consistente, ma va tuttaviarapportato alla totalità dell'occupazio-ne alle dipendenze che in regione èstata stimata in circa 1.112.000 per-sone. Da sottolineare la totale assen-za di scioperi politici, in linea conquanto registrato nei primi otto mesidel 1994. In un contesto di crescitaaccelerata, pur in presenza di tassi diinteresse non bassi, gli investimentisono risultati in ripresa. Nel 1995 lafavorevole congiuntura si è coniugataagli effetti della Legge "Tremonti" che,come noto, prevede sgravi fiscali perle imprese che reinvestono gli utili.Secondo la Relazione previsionale eprogrammatica per il 1996, gli investi-menti fissi lordi aumenteranno in Italianel 1995 del 5,7 per cento in terminireali, rispetto alla lieve diminuzionedello 0,1 per cento riscontrata nel1994. Per le attrezzature l'aumento èstimato al 10,0 per cento (+5,3 percento nel 1994); per le costruzioni siprevede una crescita dell'1,2 percento, dopo la flessione del 5,2 percento del 1994. Si tratta di uno sce-nario virtuoso che dovrebbe prelude-re ad una vera e propria inversione ditendenza. Per l'Emilia-Romagna lestime parlano, relativamente ai mac-

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78 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1995Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

chinari e attrezzature, di un incremen-to reale prossimo al 7 per cento, su-periore alla stima indicata in sede diPreconsuntivo economico. Il migliora-mento del clima è stato osservato dallato delle domande di finanziamentopervenute alla Cassa per il credito al-le imprese artigiane, conosciuta an-che come Artigiancassa. I dati dispo-nibili, riferiti al primo semestre del1995, hanno registrato 2.797 richie-ste di finanziamento per complessivi180 miliardi e 530 milioni di lire rispet-to alle 1.910 per un totale di 112 mi-liardi e 140 milioni di lire dei primi seimesi del 1994. Lo stesso andamentoè stato riscontrato nel Paese le cuidomande sono passate da 17.096 a21.539 e gli importi da 996 miliardi e569 milioni di lire a 1.382 miliardi e299 milioni di lire.

Il sistema dei prezzi registrati in re-gione è apparso in ripresa. Le indagi-ni congiunturali condotte sull'indu-stria manifatturiera hanno registrato,nella media dei primi nove mesi del1995, una crescita media del 6,5 percento, la più alta mai rilevata daquando è in atto questo tipo di rileva-zione. La stessa tendenza è stata os-servata nell'indagine condotta dallaC.n.a. nel primo semestre del 1995su un campione di imprese artigiane:il saldo fra chi ha dichiarato aumenti echi, al contrario, diminuzioni ha vistoprevalere i primi di 22,41 punti per-centuali rispetto al +6,73 e + 10,85registrati rispettivamente nel primo esecondo semestre del 1994. I prezzial consumo per le famiglie di operai eimpiegati rilevati nel capoluogo di re-

gione - concorre alla formazione del-l'indice nazionale - sono risultati in ri-presa. L'incremento tendenziale anovembre 1995 è stato pari al 5,9 percento, rispetto al 3,1 per cento digennaio e al 3,3 per cento del no-vembre 1994. I provvedimenti sull'Ivaadottati dal Governo a inizio anno,coniugati al forte rincaro di alcunematerie prime - l'indice Confindustriaha registrato nei primi nove mesi del1995 un aumento medio pari al 13,1per cento - hanno avuto conseguen-ze tutt'altro che trascurabili. La so-stanziale stabilizzazione del tasso dicrescita registrata da luglio a ottobreè stata interrotta dal sensibile aumen-to riscontrato, come visto, a novem-bre. Nel Paese è stata registrata lastessa tendenza, con incrementi peròpiù accentuati rispetto a quelli regi-strati nella città di Bologna. Dall'au-mento del 3,8 per cento di gennaio siè passati, secondo le prime proiezio-ni, al 6 per cento di novembre. L'in-dice del costo di costruzione di unfabbricato residenziale relativamenteal capoluogo di regione ha fatto regi-strare ad agosto 1995 un incrementotendenziale piuttosto contenuto (+2,2per cento) in linea con quanto regi-strato nel Paese. L'evoluzione del co-sto di costruzione è apparsa in rallen-tamento rispetto al 1994. Nel corsodel 1995 c'è stato un andamento chesi può definire altalenante con il cul-mine del 2,7 per cento di giugno. Dalmese successivo si è instaurata unatendenza al rallentamento che si èprotratta anche nel mese di agosto.

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Lo scenario nazionaleLa previsione sull’andamento dell’in-dustria regionale per il 1996 è legataalla stabilità dello scenario politico ealla possibilità che il governo possa,entro il 31 dicembre 1995, emanareuna legge finanziaria compatibile conun risanamento della finanza pubbli-ca. Al momento in cui scriviamo taleobiettivo sembra raggiungibile, masono incerte le prospettive di un pe-riodo di stabilità politica susseguentealla finanziaria che le consenta diesplicare i suoi effetti positivi. Il qua-dro delle tensioni politiche è quindidestinato ad incidere sul peso che lalegge finanziaria in discussione potràavere. Tuttavia un primo scenario puòcostruirsi attorno all’ipotesi di una ra-gionevole distanza fra approvazionedella legge finanziaria e nuove elezio-ni politiche. Tale distanza temporalepotrebbe garantire un 1996 con rela-tiva stabilità del tasso di cambio e deltasso di interesse, ed un 1997 dovela riduzione del rapporto debito pub-blico/Pil potrebbe seguire con mag-giore decisione. Non va tuttavia tra-scurata l’ipotesi, altrettanto probabile,

di una elevata conflittualità politicache generi tensioni sia sulla quotazio-ne della lira che sul sistema dei tassidi interesse. In tal caso azioni di rien-tro della finanza pubblica potrebbero,nel corso del 1996 e del 1997, farsipiù incisive, dovendo fronteggiare ef-fetti inflazionistici e di instabilità piùaccentuati. Le ripercussioni sulla cre-scita del prodotto interno lordo e del-la domanda di consumi potrebberoaccentuare un rallentamento dellacrescita che dovrebbe già essere inatto nel corso del 1996. Nella ottimi-stica ipotesi di approvazione di unalegge finanziaria coerente, se purblanda, con l’obiettivo di rientro dellafinanza pubblica, la crescita del Pil alivello nazionale potrebbe assestarsisul 2,5% nel corso del 1996, scon-tando il relativo riassestamento delcorso della lira e il rallentamento ge-neralizzato della crescita nei principa-li paesi industrializzati. L’inflazione co-stituisce invece la principale incognitanell’arco della previsione per i prossi-mi anni. I principali istituti econometri-ci ritengono infatti che il ciclo inflazio-nistico possa essere giunto ad una

svolta, e che la riduzione dell’inflazio-ne possa considerarsi a portata dimano. Riteniamo invece assai piùprobabile che le tensioni sui mercativalutari, congiuntamente al permane-re di fattori strutturali penalizzanti l’e-conomia italiana siano destinati a farpermanere l’inflazione per il 1996 at-torno al 6%. Nel caso dello scenariocon maggiore instabilità politica an-che il sistema dei tassi a breve su-birebbe rialzi, compromettendo ilsentiero di risanamento della finanzapubblica. In ogni caso appare assaiimprobabile che l’Italia possa presen-tarsi alla scadenza dell’unificazionemonetaria con alcuni dei parametristabiliti in regola. Pur essendo questotecnicamente non impossibile, nonresta che constatare come l’instabili-tà politica attuale sia destinata a farpagare ai cittadini e alle imprese ita-liane un costo più elevato del neces-sario.

Il quadro macroeconomico regionaleDopo un 1994 conclusosi con unacrescita del prodotto interno lordo del2,4% (contro un 2,5% stimato nelRapporto Unioncamere dello scorsoanno) il 1995 dovrebbe vedere unacrescita del Pil prossima al 4,3%. Ta-le crescita è stata sostenuta soprat-tutto dalla crescita della produzioneindustriale e dei relativi valori di pro-dotto interno lordo dell’industria ma-nifatturiera prossimi ad un tasso dicrescita del 7,5%. Ad un ritmo soste-nuto hanno proceduto anche gli inve-stimenti in macchinari ed attrezzatu-re, già mostratisi in crescita dalla fine

Le previsioni 1996 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 1996Produzione Industriale Emilia-Romagna

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del 1994 e che sono stimati in cresci-ta per il 1995 ad un tasso del 7%. Leesportazioni di beni e servizi si sonomantenute in crescita ad un tassoelevato (+11,1%, tenendo presenteche le stime includono anche i servizie non solo i beni), mentre ad effettodella ripresa anche le importazioni sisono manifestate in crescita del10,3%. L’agricoltura, nonostante lepessime condizioni climatiche del1995, potrebbe avere segnato unacrescita prossima all’1% in virtù deibuoni andamenti della zootecnia. Ilsettore delle costruzioni ha fatto se-gnare un’altra diminuzione del tassodi crescita del Pil, assestatosi al -2%,mentre prosegue in questo settore ladiminuzione di unità di lavoro, seppu-re in misura più rallentata rispetto al1994. Il settore dei servizi ha cono-sciuto nel 1995 una netta ripresa, conuna crescita del 3,3% in termini di va-lore aggiunto, soprattutto grazie allabuona annata turistica alla moderataripresa dei consumi delle famiglie. Ta-le ripresa ha arrestato anche la dimi-nuzione delle unità di lavoro attestata-si su -0.8%. Prosegue la sostanzialestazionarietà del settore dei servizinon destinati alla vendita. Il prosegui-re della ripresa per il 1995 non haportato, nella provvisoria stima an-nuale, ad una riduzione della disoccu-pazione, il cui tasso medio annualepotrebbe raggiungere il 6,8%, in con-siderazione del fatto che la ripresa hariguardato soprattutto l’industria, abasso assorbimento di manodopera,mentre il settore dei servizi ha conti-nuato a vedere la riduzione delle uni-tà di lavoro. I salari reali hanno prose-

guito la loro discesa, avviatasi nel1992, pur a tassi inferiori a quelli del1994. Il 1996, stanti le indicazioni de-gli scenari formulati a livello interna-zionale e nazionale, potrebbe segna-re un rallentamento della crescita delPil, che pure si manterrebbe a tassipositivi e prossimi al 3,8%. La produ-zione industriale potrebbe segnare unrallentamento netto, portando il pildell’industria ad un tasso di crescitadel 5,3%. Potrebbe invece continuarea mantenersi positivo il tasso di cre-scita degli investimenti, a conclusionedel ciclo di ripresa attraversato dall’e-conomia regionale in questi anni. Lacrescita del Pil a livelli prossimi al3,8% potrebbe essere trainata dall’a-gricoltura (+5,5%) sulla quale pesaperò l’aleatorietà delle condizioni cli-matiche e da una ripresa del settoredelle costruzioni, in virtù dell’avvio diimportanti opere pubbliche che ri-guardano la regione. Anche il settoredei servizi potrebbe mantenere tassidi crescita prossimi all’attuale, avvian-do un riassorbimento, lento e gradua-le, dell’occupazione. Nonostante ilrallentamento dell’industria, il tasso didisoccupazione potrebbe riprenderela sua discesa, attestandosi attornoad una media del 6,1%, per progres-sivamente migliorare nel corso del1997 e del 1998. Un rallentamento,non marcato, potrebbero segnare iconsumi delle famiglie, scontando unatteggiamento prudenziale nei con-fronti delle manovre di governo an-nunciate a fine 1995 e delle inevitabi-li ripercussioni delle politiche di conte-nimento della finanza pubblica che sirenderanno necessarie, anche nella

migliore delle ipotesi, nel 1996. Appa-re invece inevitabile una ripresa dellacrescita, o perlomeno una staziona-rietà, dei salari reali, in calo ormai datroppo tempo e che paiono avereraggiunto un punto di non ulteriorecomprimibilità. La previsione del 1996si basa quindi, nonostante ipotesi so-stanzialmente ottimistiche, su un ral-lentamento generale dell’industria,leggermente compensato dalla cre-scita di settori, come il commercio el’edilizia, che potrebbero registrare inquesto anno una ripresa.

La previsione per l’industriaEmiliano-RomagnolaIl 1995 si appresta a concludersi conuna crescita della produzione indu-striale prossima al 10%. Tale crescitaè sostenuta soprattutto dal notevoleincremento degli ordini esteri(+12,6%), anche se in rallentamentorispetto al 1994, e da una rinnovatavitalità degli ordini interni (+10%). Ditale crescita ha risentito positivamen-te anche l’occupazione e, in partico-lare nel 1994, le ore lavorate mensil-mente da operai ed intermedi. Stantelo scenario nazionale ed internaziona-le di sostanziale rallentamento dellacrescita economica, anche la produ-zione industriale potrebbe nel 1996rallentare, pur mantenendosi a livellipositivi (+4,5% circa). Il rallentamentodegli ordini interni, previsti in crescitadel 3,7% contro il 10% del 1995,conseguente alla riduzione dei con-sumi indotta da manovre di stabilizza-zione del debito pubblico, saràaccompagnato da una riduzione neltasso di crescita degli ordini esteri

Le previsioni 1996 per l’Emilia-Romagna

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che si stabilizzerà attorno all’8%. Ilrallentamento complessivo del ritmodi crescita dell’industria manifatturieracomporterà una lieve riduzione delleore lavorate e avrà riflessi negativi sul-l’occupazione.

Uno scenario alternativo per l’in-dustria nel suo complesso: elevata instabilità politica.L’ipotesi di base formulata nella pre-visione di questo trimestre è fondatasu uno scenario politico a conflittuali-tà contenuta, che consenta l’appro-vazione di una legge finanziaria blan-da ma coerente, e che consenta dimantenere un ragionevole lasso ditempo fra approvazione della finan-ziaria e nuove elezioni politiche. L’a-leatorietà di tale scenario è estrema.Si può ipotizzare che l’instabilità poli-tica non consenta il mantenimentodegli obbiettivi di stabilizzazione e ri-duzione del rapporto debito pubbli-co/pil. In tal modo le conseguenze siavvertirebbero soprattutto in unamaggiore instabilità della lira sui mer-cati internazionali. Il tasso d’inflazio-ne potrebbe crescere a fine nel 1996sopra il 6%. Conseguentemente sa-rebbe inevitabile un rialzo dei tassid’interessi. La finanziaria 1996 si tro-verebbe a dover affrontare maggioritagli della spesa pubblica, senzachiare prospettive di risanamento delbilancio: i sacrifici richiesti in terminidi crescita del Pil e dei consumi dellefamiglie avrebbero un effetto depres-sivo sul sistema economico naziona-le, coniugandosi con un rallentamen-to generalizzato della domanda inter-nazionale.

Le conseguenze per l’industria emiliano-romagnola.Il realizzarsi di tale scenario compor-terebbe una riduzione progressivadegli ordinativi pervenuti all’industriaemiliano-romagnola; in particolare gliordini dal mercato interno nel corsodel 1996 arresterebbero la loro cre-scita. Gli ordini esteri subirebbero unincremento inferiore di circa due pun-ti percentuali. Il tasso di crescita dellaproduzione industriale a 12 mesi siporterebbe ad un tasso di crescitamedio del 3%, tendendo all’azzera-mento nei primi mesi del 1997. Inparticolare nel 1997 l’industria emilia-no-romagnola si troverebbe in unadifficile situazione di stallo. A partiredai primi mesi del 1996 i tassi di cre-scita dell’occupazione tornerebberonegativi.

I SETTORIL’abbigliamento Il 1995 è stato un anno particolar-mente positivo per l’industria dell’ab-bigliamento, che ha visto una cresci-ta della produzione industriale prossi-ma all’8%. Tale crescita ha influenza-to positivamente l’occupazione (cre-sciuta dell’1,3% circa su base annua)e l’andamento delle ore lavorate. In li-nea con le previsioni per il complessodell’industria manifatturiera, la produ-zione è prevista in rallentamento(+2,9%), spinta verso il basso da unaprogressiva riduzione degli ordinativi,che si attesterebbero su un tasso dicrescita del 5,5% circa. I contraccolpisarebbero immediati sia sulle ore la-vorate, previste in sostanziale stazio-narietà, contro i decisi aumenti se-

gnalati nel 1994 e nel 1995, con con-seguenze immediate sull’occupazio-ne, prevista in leggero calo.TessileIl progressivo rallentamento degli or-dinativi totali, in corso dai primi mesidel 1995, ha ridotto la crescita dellaproduzione industriale al 4,6 nel cor-so dello stesso anno. La progressivariduzione delle ore lavorate ha con-sentito qualche recupero occupazio-nale nel corso del 1995 (su base an-nua). L’ulteriore riduzione del tasso dicrescita degli ordinativi prevista nel1996 potrebbe portare ad una ridu-zione della produzione industriale del-l’ordine del 2% rispetto al 1996, por-tando alla riduzione delle ore lavoratee al sostanziale arresto del processodi riassorbimento dell’occupazione.AlimentareIl generale rallentamento degli ordiniinterni che provengono al settore, invirtù anche del rallentamento segnatodai consumi delle famiglie, è statocompensato nel 1995 da una cresci-ta sostenuta degli ordini esteri, chehanno comunque una incidenza, inquesto settore, inferiore alla media re-gionale. I tassi di crescita della produ-zione industriale, seppure al di sottodella media regionale, si sono mante-nuti positivi, consentendo un recupe-ro di ore lavorate e dell’occupazionesu base annua. La crescita degli ordi-ni interni prevista per il 1996 e la sta-bilità dei tassi di crescita degli ordiniesteri potrebbe consentire al settoredi mantenere tassi di crescita positividella produzione industriale, pur nonconsentendo ulteriori crescite dalpunto di vista occupazionale.

Le previsioni 1996 per l’Emilia-Romagna

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CeramicaNel 1995 gli ordini dal mercato inter-no hanno segnato un rallentamentorispetto al 1994, così come gli ordiniesteri. Le conseguenze sulla produ-zione industriale sono state immedia-te, con un tasso di crescita del setto-re che si attesterà a fine del 1995, at-torno al 3,8%. Nel 1996 gli ordini in-terni sono previsti in diminuzione (-2%), mentre potrebbe proseguire ilrallentamento nella crescita degli or-dini esteri, a causa del venir meno de-gli effetti della svalutazione della lira.La produzione, in conseguenza, èprevista in ulteriore rallentamento,con un tasso prossimo al 2%, che ar-resterebbe il processo di riassorbi-mento avviatosi nel 1995.MeccanicaIl 1995 è stato l’anno di vera ripresadel settore, che ha conosciuto tassi dicrescita della produzione che a fineanno si attesteranno sul 14% in me-dia. Il processo di crescita è stato so-stenuto dalla crescita degli ordiniesteri, in leggero rallentamento rispet-to al 1994, ma con tassi di crescitasuperiori al 20% e dal ritrovato vigoredegli ordini interni (+16% in media). Il1996 potrebbe, nonostante la ripresadel ciclo degli investimenti, conosce-re un brusco rallentamento degli ordi-ni interni, con tassi di crescita medidell’1% circa, mentre la produzione,prevista in crescita di circa il 6%, sa-rebbe sostenuta principalmente dagliordini provenienti dall’estero. La ripre-sa occupazionale potrebbe quindicontinuare, anche allo scopo di rias-sorbire la crescita elevata delle ore la-vorate.

Elettricità-elettronicaGli ordini totali provenienti al settoredell’elettricità-elettronica hanno supe-rato nel 1995 il tasso medio annuo dicrescita del 17%, sospingendo laproduzione al +13,7%. La ripresa oc-cupazionale conseguente ha consen-tito un assorbimento della crescitadelle ore lavorate. Il rallentamento delmercato interno nel 1996 è comun-que destinato a portare gli ordini tota-li a tassi di crescita più moderata(+4,5%) ma comunque positiva. Laproduzione è prevista in crescita del6% circa, mentre potrebbe rallentarela crescita occupazionale.

Le previsioni 1996 per l’Emilia-Romagna

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 83

Il sistema camerale e l’Unionca-mere Emilia-Romagna dopo la L.580/93Il 1994 è stato per il Paese un annodi grandi cambiamenti politici che, ol-tre alla sostituzione di una parte con-sistente di classe politica, hanno pro-dotto e stanno dando vita a radicalicambiamenti negli assetti istituzionalie di governo. Questi nuovi assetti seda un lato hanno rappresentato il na-turale sbocco democratico di unaforte tensione nel Paese al cambia-mento ed al superamento dei guasticausati da "Tangentopoli", dall'altrohanno indotto incertezze di compor-tamenti nell'attività di governo ed in-nescato contraddizioni che hanno tral'altro provocato reazioni negativeper la lira e forte tensioni speculativesui mercati finanziari internazionali.Per le Camere di Commercio il 1994è stato il primo anno di attuazionedella riforma, essendo la legge n.580 "Riordinamento delle Camere diCommercio, Industria, Artigianato eagricoltura" stata approvata il 29 di-cembre 1993. I cambiamenti politicinon potevano non ritardare la pienaattuazione della Legge, tanto che og-gi si è tuttora in attesa dell'emanazio-ne dei primi decreti e regolamenti diattuazione da parte del Ministero del-l'Industria. Indubbiamente però la L.580/93 ha aperto un capitolo nuovonei rapporti tra impresa e Stato, col-mando una lacuna pluridecennale delnostro ordinamento e sancendo ilruolo delle Camere di Commercioquali istituzioni pubbliche delle impre-se, dotate di loro autonomia, così co-me la L. 142/90 ha riconosciuto gli

enti locali come istituzioni dei cittadi-ni. Si apre dunque per le Camere diCommercio una fase nuova, dopoquella della cosiddetta “autoriforma",caratterizzata da un modello da co-struire di nuove relazioni con le im-prese e le loro associazioni, con loStato, le Regioni e gli enti locali.Nei primi sei mesi del 1994 i segnalidi ripresa sembrano essersi finalmen-te stabilizzati, anche se l'impatto sul-l'occupazione è tuttora modesto senon proprio assente: la produzioneindustriale è cresciuta di oltre il 7%,gli ordini dall'estero hanno continua-to a crescere a ritmi superiori al 10%,trainati dalla svalutazione della lira,mentre hanno ripreso a crescere si-gnificativamente anche gli ordini dal-l'interno, la stagione turistica è statacaratterizzata da andamenti partico-larmente favorevoli.Le Camere di Commercio emiliano-romagnole hanno operato, in partico-lare in questi anni di diffuse difficoltàdelle economie locali, a sostegno ed asupporto degli interessi generali delleimprese ed in particolare nella funzio-ne di promozione e sviluppo dei mer-cati. Un contributo concreto all'inseri-mento in un nuovo percorso di cresci-ta, ancorchè non particolarmenteequilibrata, è stato indubbiamenteprodotto dal sistema camerale.Il programma di attività ed il bilancio diprevisione per l'esercizio 1995 dell'U-nioncamere Emilia-Romagna, confer-mando le linee strategiche individuateed attuate con positivi risultati nel1994, si inserisce pienamente in unalogica di sistema volta al consegui-mento dell'obiettivo primario di con-

solidare la ripresa in atto e qualificareil processo di sviluppo delle imprese.In ciò svolgendo un ruolo non solo dicoordinamento delle attività delle sin-gole Camere di Commercio associa-te, ma anche di indicazione ed elabo-razione culturale con l'ideazione e laprogrammazione di iniziative e proget-ti di sostegno dei processi di sviluppodei localismi economici, in una logicadi conseguimento di tutte le possibilisinergie proprie di un sistema integra-to in dimensione regionale. Per essere interlocutori autorevoli erappresentativi dell'economia del ter-ritorio nei confronti dell'Ente Regioneè indispensabile che le Camere diCommercio imparino maggiormentead operare, pur nel rispetto delle au-tonomie e delle specificità locali, co-me unico grande sistema regio-nalein grado di fare massa critica con lamole di risorse, interventi e program-mi che sono in grado di attivare.ll programma di attività 1995Gli orientamenti generali sui quali èstato elaborato il programma d’attivi-tà per il 1995 sono i seguenti:- contenimento delle spese di ammi-

nistrazione e di funzionamento degliuffici;

- assestamento della struttura opera-tiva sugli attuali livelli numerici dipersonale, con verifica di ulteriorinecessità in funzione di nuovi servi-zi o esigenze;

- rafforzamento degli interventi in fa-vore delle attività produttive;

- conferma ed intensificazione del-l'impegno in favore dello sviluppodell'attività dei consorzi regionali digaranzia fidi;

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1995

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84 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

- qualificazione della funzione di ricer-ca economica e di monitoraggio del-l'economia regionale anche d'intesao su incarico dell'Ente Regione;

- definizione ed attuazione di pro-getti che coinvolgono il sistemacamerale regionale e partecipazio-ne alla loro gestione con compiti dicoordinamento.

L'attività dell'Unione regionale nel1995 si svilupperà lungo sei grandidirettrici che confermano e sviluppa-no quelle già intraprese nel corso delcorrente anno con risultati general-mente positivi ed in alcuni casi ottimi:1 - politiche di sistema2 - attività di studio, ricerca e defini-

zione di progetti3 - attività di studio ed iniziative per il

commercio 4 - pubblicistica5 - servizi e sostegno ai Consorzi di

garanzia fidi6 - politiche e relazioni europee.Nel corso del 1994, è stato sotto-scritto un protocollo di intesa opera-tiva tra l'Ente Regione ed Union-camere Emilia-Romagna, in cui sonoindividuate concrete linee operativeda sviluppare in collaborazione tra si-stema camerale e Regione. Si trattadi un importante risultato politico chevalorizza l'Unione regionale ed il si-stema camerale in generale, qualesoggetto referente e proponente allaRegione da un lato e dall'altro qualesoggetto attuatore di iniziative e pro-getti per conto o in collaborazionecon la Regione. Già a conclusionedel 1994, si può esprimere soddisfa-zione circa l'attuazione delle intesepreviste nel protocollo.

In particolare, la Regione ha chiestoed ottenuto la collaborazione diUnioncamere nella predisposizione diuna proposta per la definizione deidistretti industriali in Emilia-Roma-gna, nell'unificazione delle due inizia-tive di origine regionale e camerale inun unico osservatorio sul sistemaagro-alimentare in Emilia-Romagnapresso l'Unioncamere, nella conti-nuazione dell'Osservatorio sull'arti-gianato in Emilia-Romagna, nella rea-lizzazione dell'Osservatorio TuristicoRegionale in collaborazione conConfcommercio e ConfesercentiEmilia-Romagna, nell'effettuazione diun'indagine sul fenomeno dell'abusi-vismo commerciale, nella continua-zione del rapporto con le CCIAA perla gestione delle CPA e degli Albi Ar-tigiani, nell'avvio e nella realizzazionedel Progetto Spin-Off in collabora-zione con il BIC Regionale. Unionca-mere ha inoltre seguito, dando indi-cazioni e suggerimenti, la predisposi-zione da parte dei competenti UfficiRegionali dei programmi operativi re-lativi ai Fondi Strutturali Comunitari-Obiettivi 2 e 5/B. Infine, è stato pre-disposto, assieme alla Regione e conil coordinamento di Ervet, il Progettodi attrazione degli investimenti esteriin Emilia-Romagna, che prevede lacompartecipazione finanziaria del si-stema camerale ad una serie di ini-ziative-progetto che potranno averegrande rilevanza ai fini dell'internazio-nalizzazione dell'economia emiliano-romagnola. Sono inoltre in essere rapporti con isingoli Assessorati per l'avvio di ulte-riori iniziative nell'ambito del rappor-

to di forte collaborazione instaurato-si: con l'Assessorato ai Trasporti sista valutando la possibilità di attivareun Osservatorio Regionale sul tra-sporto delle merci; con l'Assessoratoal Commercio si sta definendo l'isti-tuzione di un Osservatorio Regionalesul Commercio; con l'Assessoratoall'Agricoltura si sta valutando lapossibilità di avviare in Emilia-Roma-gna, Lombardia e Veneto, in collabo-razione con i locali sistemi cameralied Enti Regione, un Osservatorio suiprezzi agro-alimentari; è stata infineraggiunta un'intesa con la RegioneEmilia-Romagna, che in merito atti-verà cospicue risorse finanziarie, perla costituzione di un Consorzio regio-nale di garanzia fidi per la coopera-zione, promosso da Lega Cooperati-ve, Confcooperative ed A.G.C.I.Emilia-Romagna, che hanno chie-sto all'Unione regionale di essereente promotore e di garantire i me-desimi servizi offerti alle altre struttu-re consortili.Il rapporto con la Regione sta valoriz-zando l'Unioncamere come centro dimonitoraggio e studio sull'economiaregionale ed i suoi molteplici settori,a conferma e riconoscimento di unaleadership riconosciuta ed ormai af-fermata in materia. La capacità di analisi dell'economiaregionale, nonchè il costante monito-raggio dei vari settori che la com-pongono, costituisce un elementoqualificante dell'attività dell'Unioneregionale. Nel corso del 1994 è statoattivato presso l'Ufficio Studi un Co-mitato Scientifico che tuttavia ha so-lo parzialmente iniziato a sviluppare

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1995

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 85

le proprie potenzialità e nel 1995 ver-rà maggiormente coinvolto nel sup-portare l'Unioncamere nel compieremeditate scelte operative. L'attività di studio e ricerca nel 1995continuerà a interessare i seguenti in-dirizzi generali:- monitoraggio congiunturale perio-

dico sull'industria manifatturiera,anche in raccordo con Unioncame-re Italiana ed Eurochambres, sulsettore edile ed elaborazione discenari previsionali sugli andamen-ti attesi dell'economia regionale;

- consolidamento, qualificazione edulteriore sviluppo del sistema degliosservatori, al fine di tenere sottocostante monitoraggio l'andamentoeconomico e le problematiche disviluppo dei diversi settori o seg-menti dell'economia regionale: in-vestimenti nel settore industriale;evoluzione strutturale e produttivadell'artigianato di servizio e di pro-duzione; prosecuzione dell'analisidelle problematiche del sistemaagro-industriale regionale; rafforza-mento dell'osservatorio export;

- prosecuzione dell'attività, iniziatanel corrente anno, di analisi delleproblematiche del turismo emilia-no-romagnolo nei diversi segmentiche lo compongono; prosecuzionee valorizzazione dell'Osservatoriosulla subfornitura assieme ad altrestrutture camerali regionali. Si staattualmente operando per avviare,sempre d'intesa con la Regione e leassociazioni imprenditoriali interes-sate, un Osservatorio sul trasportomerci in Emilia-Romagna ed un Os-servatorio sulle problematiche del

commercio emiliano-romagnolo,nonché un Osservatorio sugliscambi di mercato nel compartoagroalimentare, assieme a Regionie sistema camerale del centro nordItalia. Difficoltà non dipendenti dallanostra volontà rendono inveceestremamente problematico l'avviodel previsto Osservatorio sui servizidi pubblica utilità d'intesa con Ci-spel Emilia-Romagna;

- ulteriori attività di studio e ricercache nel 1995 riguarderanno: un'in-dagine d'intesa con la RegioneEmilia-Romagna e le Associazionidi categoria sul diffuso fenomenodell'abusivismo commerciale che,soprattutto nella stagione estiva,manifesta punte preoccupanti di il-legalità; la continuazione del pro-getto di orientamento scolastico in-dirizzato nel 1995 alle scuole mediesuperiori, dopo gli ottimi risultati ot-tenuti con il completamento delprogetto di orientamento scolasticorivolto alla scuola media inferiore.

Nel corso del corrente anno ha ripre-so la propria attività il Centro per ilCommercio Interno, concretizzatasinella riattivazione del Servizio Docu-mentazione sul Commercio, nelcompletamento e nella pubblicazionedi alcuni studi su problematichecommerciali, nella conclusione dei la-vori della Commissione creata oltreun anno fa per elaborare e presenta-re alla Regione un progetto di nuovalegge regionale sulla disciplina e lanormativa di gestione dei mercati al-l'ingrosso, nell'avvio infine di un ciclodi iniziative seminariali sulle proble-matiche del commercio.

Analisi, studi e ricerche di carattereeconomico e sociale hanno e conti-nuano a caratterizzare in positivo l'at-tività dell'Unione Regionale, divenutaun qualificato e riconosciuto punto diriferimento in materia di ricerca eco-nomica in Emilia-Romagna. Il problema è semmai di far conosce-re all'esterno il più possibile l'attivitàsvolta e le iniziative realizzate dall'U-nione regionale.Le iniziative editoriali dell'Unioncame-re sono: il quadrimestrale StatisticheRegionali, il trimestrale CongiunturaIndustriale, il quindicinale Nota diMercato, il quadrimestrale Borsa Re-cuperi Industriali, il mensile Flash Eu-ropa Eurosportello. A queste si ag-giungono le collane Studi e Ricercheed Emilia-Romagna Economia, que-st'ultima edita da F. Angeli che inquesti anni è andata arricchendosi dinumerosi ed interessanti volumi. Sta inoltre prendendo il via il quindi-cinale "Consorzi Notizie", uno stru-mento di informazione rapida su atti-vità e servizi offerti dai Consorzi Re-gionali di garanzia fidi che, come ènoto, hanno sede, eccezion fatta perArtigiancredit, presso l'Unione regio-nale.Nel corrente anno ha inoltre visto laluce la nuova rivista mensile dell'U-nione regionale denominata "Econer-re", acronimo di Economia Emilia Ro-magna Regione. La rivista si proponel'obiettivo di sviluppare analisi, contaglio giornalistico, dei caratteri e del-le problematiche del sistema impren-ditoriale emiliano- romagnolo favo-rendo la conoscenza e la diffusionedi opinioni, progetti ed iniziative del

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1995

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86 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

sistema camerale emiliano-romagno-lo in riferimento all'economia regio-nale. La rivista, che comporta un no-tevole sforzo organizzativo, ha otte-nuto già in questi primi mesi di uscitalusinghieri apprezzamenti. Nel corsodel 1995 ci si propone di qualificarlaulteriormente negli aspetti grafici e dicontenuto, nonchè di aumentareconsiderevolmente la diffusione dicopie, in particolare tra le imprese, ilche comporterà un significativo au-mento del budget.Sempre nel 1995 dovrà partire il ser-vizio di Televideo RAI 3, nel quale ilsistema camerale emiliano-romagno-lo immetterà quotidianamente o co-munque con cadenze quasi quotidia-ne informazioni brevi su attività, servi-zi, iniziative, programmi, etc., dellesingole Camere di Commercio di in-teresse per le imprese o comunqueper la società regionale. Anche inquesto caso si tratta di un notevolesforzo organizzativo che richiederàun grande impegno da parte di tutti,ma soprattutto la convinta collabora-zione da parte delle singole Cameredi Commercio.L'Unione Regionale, come del restole CCIAA a livello provinciale, svolgeun'importante funzione di supportodei consorzi fidi regionali, garantendoloro un servizio potenziato di segrete-ria e maggiori risorse rispetto al pas-sato.Nel 1995 questo impegno sarà con-fermato e rafforzato, nella consape-volezza che il sistema dei consorzi edelle cooperative di garanzia fidi neidiversi settori rappresenta l'unica op-portunità per le piccole imprese di

andare ad un rapporto facilitato edagevolato con il sistema creditizio.L'intero sistema camerale del resto èfortemente impegnato, con mezzi fi-nanziari e risorse umane, a sostegnodella pluralità dei consorzi fidi locali.In un periodo nel quale il credito age-volato per le imprese è pressochèscomparso e risulta indispensabile iltrasferimento progressivo dell'indebi-tamento delle imprese dal breve amedio termine, l'attività dei consorzie delle cooperative di garanzia fidirappresenta l'unico reale servizio fi-nanziario di sostegno della piccolaimpresa.Si sta costituendo inoltre un nuovoimportante consorzio regionale nelsettore cooperativo, COOP.E.R.FIDI.che avrà sede presso l'Unioncamere,promosso dalla Regione Emilia-Ro-magna (che ha previsto nella LR22/90 un contributo per la costituzio-ne di un Consorzio Regionale tra im-prese cooperative), dall'Unione Re-giona-le delle Camere di Commer-cio, dalla Associazione Generale del-le Cooperative Italiane E.R. dallaConfcooperative E.R. e dalla Legadelle Cooperative E.R. L'Unione regionale intende continua-re ad operare, con un proprio speci-fico ufficio che si dovrà provvedere arafforzare quando sarà operativo ilCOOP.E.R.FIDI, al fianco delle Came-re di Commercio, anche con inter-venti straordinari per consolidare taleimportante realtà di concreto serviziodelle imprese.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1995

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 87Villa Cicogna, San Lazzaro di Savena (Bo), 30 Giugno 1995

Il 1994 ha segnalato la definitivauscita dalla recessione del sistemaindustriale emiliano-romagnolo. Ilsistema industriale delle piccole emedie imprese dell’Emilia-Romagnaha reagito con un’enorme vitalità al-la recessione: la ripresa produttiva,sostenuta in una prima fase dalla ri-presa delle esportazioni, si è diffusae rafforzata tramite la crescita delladomanda interna e la ripresa degliinvestimenti. Nel primo trimestre del1995 la ripresa ha portato con séanche una crescita occupazionaledell’ordine del 2,5%, segnale, que-sto, significativo dello slancio dellaripresa in atto.Al di là dei dati aggregati, che tuttinoi conosciamo, la vitalità del siste-ma di imprese è fatta da numerosicasi singoli, da numerose impreseeccellenti che rappresentano lepunte emergenti del nostro sistemaindustriale. Spesso sia l’opinionepubblica che gli operatori però nonconoscono queste imprese eccel-lenti, non ne conoscono la storia, isuccessi, l’operosità.Con questa iniziativa abbiamo in-tenzione di portare all’attenzionedel pubblico queste storie eccellen-ti di impresa, di conoscere e farleconoscere meglio, di dare un voltoai successi del sistema industrialedell’Emilia-Romagna, andando al dilà delle significative presenze disuccesso e dei grandi marchi delnostro sistema industriale, già notiin tutto il mondo.La decisione quindi di istituire unpremio coinvolge due aspetti: dauna parte è una modalità simbolica

ma formale di riconoscimento delsuccesso, successo d’altra partegià decretato, ancor prima che dal-le nostre analisi, dai mercati nazio-nali ed esteri sui quali operano que-ste imprese, dall’altra è un modoper portare all’attenzione di tutti, esperiamo che fra questi vi siano an-che operatori economici, la realtà,le storie di queste imprese. Nomi-sma ha accettato l’incarico di indivi-duare queste imprese e di stilare 5graduatorie (ciascuna divisa in unaprima graduatoria per le impresecon meno di 100 addetti ed in unaseconda graduatoria per le impresecon più di 100 addetti) ed una gra-duatoria finale di sintesi. Incaricoquesto non facile, sia per il grandenumero di imprese eccellenti daesaminare, sia per la complessità

stessa della vita delle imprese,complessità che mal si presta aqualsiasi sintesi, che per sua naturariduce a pochi numeri molti fattori disuccesso che spesso sono qualita-tivi. Riteniamo comunque che i ri-sultati e la metodologia della ricercacostituiscano un utile di riferimentoper tutte le imprese coinvolte e peril mondo della ricerca economica.La metodologia utilizzata sarà poiintegrata e migliorata nei prossimianni, dato che è intenzione dei pro-motori ripetere questa esperienzaanche in futuro.Nel promuovere questa iniziativasiamo stati mossi anche da un’altraintenzione, oltre a quella di faremergere e rendere visibile l’eccel-lenza. E’ auspicabile che la nostrainiziativa stimoli nei prossimi anni in

Premiazione Top Imprese

Orazio Taddei, Presidente EURORICAMBI S.p.A.Prima società in graduatoria per efficienza del capitale investito - imprese con 100 o più addetti

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88 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniVilla Cicogna, San Lazzaro di Savena (Bo), 30 Giugno 1995

tutto il sistema industriale una spin-ta all’emulazione, alla ricerca del-l’eccellenza e soprattutto inviti leimprese a confrontarsi fra loro, adautovalutarsi facendo riferimento al-le migliori imprese del sistema.E’ pur vero che molte imprese ec-cellenti hanno avuto successo insettori ad elevata specializzazione,e quindi con una non elevata ripeti-tibilità, ma la diffusione di questiesempi può stimolare anche le im-prese di altri settori.La diffusione di tecniche di bench-marking fra le piccole e le medie im-prese è un obiettivo che richiede si-curamente molto più di un premio,ma è un obiettivo che va comunqueperseguito, anche in vista dell’evo-luzione che i mercati finanziariavranno nel prossimo futuro. L’a-pertura del sistema delle borse lo-cali, l’auspicata disponibilità di nuo-ve forme di reperimento del capita-le di rischio per la piccola e mediaimpresa, renderanno molto piùstringente la necessità per tutto ilpubblico di conoscere e valutaretempestivamente la profittabilità el’affidabilità non solo di tutto il siste-ma ma delle singole imprese.Quello finanziario è oggi uno deivincoli più grossi che il sistema im-prenditoriale regionale si trova adaffrontare, costituisce la vera barrie-ra all’ingresso sui mercati interna-zionali. Su questi mercati infatti nonbasta più solo affacciarsi per ven-dere: anche la svalutazione del1992 ci ha mostrato chiaramenteche ne hanno beneficiato soprattut-to le imprese che già avevano una

stabile presenza sui mercati inter-nazionali, reti di vendita e di assi-stenza che hanno consentito disfruttare tempestivamente le muta-te condizioni di cambio.Da ultimo credo che potranno trarrespunti di grande interesse da que-sta ricerca anche coloro che hannocompiti di politica economica e distimolo delle economie a livello lo-cale. Le storie d’impresa che abbia-mo esaminato ci mostrano che lacrescita dell’eccellenza può essereottenuta anche stimolando la quali-tà del sistema produttivo dal basso,investendo in formazione, in sistemidi qualità e certificazione e miglio-rando le performance di tutto il si-stema locale, pubblica amministra-zione compresa.Continuando ad osservare l’evolu-zione del sistema delle imprese noncome aggregato ma nella storia del-le sue migliori imprese, potremmotrarre spunto anche per i nostri fu-turi interventi di promozione del ter-ritorio.Da ultimo, questa iniziativa ci fa ri-flettere sulla qualità e sulle modalitàcon cui si costruisce e si trasmettel’informazione economica a livellolocale, nella coscienza che questa èuna risorsa per tutto il sistema pro-duttivo.Le Camere di Commercio che de-tengono i principali archivi ammini-strativi ed informativi del sistemaproduttivo italiano sono da sempreimpegnate nell’analisi e nella stan-dardizzazione dell’informazioneeconomica sull’impresa e per l’im-presa. La sfida che attende questo

sistema informativo si giocherà tut-ta sulla capacità, sia del sistemadelle imprese che delle Camere diCommercio di rendere le informa-zioni uno strumento non solo per lacertificazione e la trasparenza am-ministrativa, ma per la promozionedi tutto il sistema economico regio-nale e nazionale sui mercati interna-zionali.In questa direzione daremo un’am-pia pubblicità ai risultati dell’indagi-ne di Nomisma, anche attraverso lapubblicazione di un supplemento suEconErre, il mensile di UnioncamereEmilia-Romagna, che sarà stampa-to in ulteriori 5.000 copie in linguainglese e che utilizzeremo nelleprossime iniziative promozionali diUnioncamere e Centro Estero.Il mio ringraziamento va quindi aquanti hanno reso possibile questainiziativa, l’Agenzia Dire, Nomisma,la Regione Emilia-Romagna, la Cas-sa di Risparmio in Bologna e l’EnteFiera di Bologna.

Premiazione Top Imprese

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1996 89Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Nel 1995 l'Emilia-Romagna, secon-do le stime dell'Istituto Guglielmo Ta-gliacarne, ha visto crescere il valoreaggiunto al costo dei fattori, in termi-ni reali, del 3,6 per cento rispetto al1994, a fronte dell'incremento del2,9 per cento rilevato nel Paese.Prometeia, sulla base di modelli eco-nometrici regionali ha stimato un au-mento ancora più elevato, pari al 5per cento circa. Al di là delle diversemetodologie adottate dalle due fonti,resta tuttavia una crescita conside-revole, che ha collocato il 1995 fra imigliori anni dell'ultimo decennio. Nel 1996 subentra una fase di rallen-tamento, in linea con quanto avve-nuto in Italia e nei paesi membri del-l'Unione europea. La necessità diquadrare i bilanci pubblici in vistadell'adozione della moneta unica, haindotto i governi ad adottare politi-che restrittive, con conseguenti con-traccolpi sulla domanda. Per l'Italia èprevista una crescita reale che do-vrebbe aggirarsi fra lo 0,7 e 0,8 percento. Per l'Emilia-Romagna il mo-dello di Prometeia stima un aumentoreale del Prodotto interno lordoprossimo allo zero, mentre la cresci-ta del valore aggiunto al costo deifattori si attesterebbe allo 0,7 percento nel biennio 1996-1997. Nondovrebbero tuttavia sussistere gros-se differenze tra i due anni. Questeprevisioni sono da valutare con cau-tela, in quanto gli andamenti dei varisettori economici dell'Emilia-Roma-gna, come potremo costatare piùavanti, non sembrano tali da giustifi-care, sulla base dei primi dati dispo-nibili, una stima così contenuta. Re-

sta in ogni caso un evidente rallenta-mento rispetto al 1995, che può es-sere visto in chiave negativa per chiè abituato a valutare lo stato di salu-te di una economia sulla base del-l'entità delle variazioni reali del reddi-to, ma che tuttavia va rapportato aduna regione, quale l'Emilia-Roma-gna, terza in Italia e decima nell'Eu-ropa a quindici come reddito pro ca-pite, quarta regione esportatrice,con il terzo e secondo migliore tassodi occupazione e attività in ambitonazionale e che risulta seconda pervolume di derrate agro-ittiche pro-dotte. Per il 1997 non sono attesi impor-tanti progressi. In pratica l'Emilia-Romagna dovrebbe registrare un au-mento del Pil a un tasso ancora infe-riore all'1 per cento, rispecchiandol'evoluzione prevista per il 1996. Loscenario proposto tiene naturalmen-te conto degli effetti che la Legge Fi-nanziaria, in corso di approvazione,esplicherà e, sotto questo aspetto,non possono essere esclusi ulterioriritocchi delle stime verso il basso,soprattutto se dovesse rendersi ne-cessaria una nuova manovra nellaprossima primavera, al fine di man-tenere il deficit di cassa entro il 3 percento del Pil. I più colpiti dalla mano-vra finanziaria saranno i redditi dis-ponibili delle famiglie - è prevista unalieve diminuzione - con conseguenticontraccolpi sui consumi. Gli investi-menti, dopo il rallentamento eviden-ziato nel 1996 - il confronto è avve-nuto su un anno fortemente attivo aseguito degli effetti della Legge Tre-monti - dovrebbero risalire lentamen-

te, facendo segnare un incrementoattorno il 2 per cento. Nel 1998 si dovrebbe assistere aduna ripresa più consistente. Il Pil au-menterà dell'1,8 per cento, mentreconsumi ed investimenti miglioreran-no i tassi di crescita previsti per ilbiennio 1996-1997. Le esportazionisaliranno dell'8,7 per cento rispettoalla crescita del 5,4 per cento pro-spettata per il biennio 1996-1997.Tra i settori, i progressi più ampi so-no attesi per le industrie edili e per iservizi destinabili alla vendita. L'uni-co calo dovrebbe interessare i servi-zi non destinabili alla vendita, in granparte caratterizzati dalla PubblicaAmministrazione. L'occupazione po-trebbe aumentare dell'1 per cento,confermando il trend del biennio1996-97, mentre rimarrebbe stabileil tasso di disoccupazione. Si tratta,in estrema sintesi, di uno scenariosostanzialmente positivo, che po-trebbe preludere ad un periodo dicrescita stabile e duratura, se nonverrà meno la politica di risanamentodella finanza pubblica avviata dal1992. Se analizziamo più in dettaglio l'evo-luzione dei vari comparti produttivi,si può evincere un pressoché gene-rale rallentamento delle attività. L'in-dustria manifatturiera ha ridimensio-nato i tassi di crescita di produzionee di fatturato rispetto agli aumentistraordinariamente elevati rilevati nel1995. Il mercato interno ha interrottola tendenza espansiva avviata nel1994, mentre l'estero ha propostoincrementi molto più contenuti ri-spetto ai forti aumenti registrati nel

L'economia regionale nel 1996

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90 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1996Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

1995. L'attività edilizia ha chiuso ilprimo semestre del 1996 con una si-tuazione ancora più negativa dal latodella produzione e della acquisizionedegli ordini rispetto a quella riscon-trata nei due semestri precedenti. Una conferma del rallentamento del-la congiuntura industriale è venutodalla ripresa del ricorso alla Cassaintegrazione guadagni. Il fenomenoappare tuttavia più contenuto in rap-porto al carico medio degli anni '90.Inoltre se rapportiamo le ore autoriz-zate di Cig anticongiunturale ai di-pendenti dell'industria scaturisce laquota più contenuta in ambito nazio-nale (4,02), davanti a Veneto, FriuliVenezia-Giulia e Sardegna. All'au-mento della Cig si è contrapposta lanetta flessione del ricorso ai contrat-ti di solidarietà, che hanno interessa-to mediamente nei primi otto mesidel 1996 13 unità produttive rispettoalle 118 dello stesso periodo del1995, con una discesa dei dipen-denti collocati in solidarietà da 3.659a 516. Per restare in tema di "am-mortizzatori" sociali giova citare l'e-voluzione delle liste di mobilità. I datiraccolti dall'Ufficio regionale del la-voro hanno registrato un regressodegli iscritti passati mediamente dai17.203 dei primi otto mesi del 1995del 1994 ai 14.911 del 1995, per undecremento percentuale pari al 13,3per cento. L'andamento apparirebbepositivo se non si fosse associato al-la diminuzione degli avviamenti al la-voro a tempo indeterminato e allaconcomitante crescita dei cancellatiper decorrenza dei termini, ovvero dipersone che risultano uscite dalle li-

ste senza avere ricavato alcun bene-ficio sulla loro condizione di disoccu-pati. Le attività commerciali sonostate caratterizzate dalla stabilitàdella consistenza delle imprese, av-venuta in presenza di un saldo nega-tivo, fra iscrizioni e cessazioni, ap-parso molto più ampio di quello ri-scontrato nei primi nove mesi del1995. L'andamento delle vendite èstato caratterizzato da segnali nega-tivi, soprattutto negli esercizi tradi-zionali e da un rallentamento nellagrande distribuzione. I trasporti por-tuali sono risultati in lieve ridimensio-namento rispetto ai volumi recorddel 1995. Il commercio estero haconfermato il rallentamento emersodalle indagini congiunturali. Nel pri-mo semestre 1996, l'Istat ha regi-

strato nell'intera economia emiliano-romagnola esportazioni per un valo-re pari ad oltre 21.177 miliardi di lire,vale a dire il 7,3 per cento in più ri-spetto allo stesso periodo del 1995,con una diminuzione di circa tredicipunti percentuali rispetto all'anda-mento della prima metà del 1995. Lastessa tendenza ha caratterizzato leregolazioni in valuta superiori ai ven-ti milioni di lire registrate dall'Ufficioitaliano dei cambi, passate da15.127 a 15.878 miliardi di lire, perun incremento percentuale pari al 5per cento, rispetto alla crescita del30,2 per cento riscontrata nei primisei mesi del 1995. L'annata agraria, sulla base dei primiparziali dati, ha dato discreti risultatiquantitativi, ma è stata penalizzata

L'economia regionale nel 1996

Seduta di Consiglio Unioncamere: Avv. Pietro Baccarini - Presidente Unioncamere, Sig.ra Lorenza Maccaferri - Segreteria Unioncamere

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1996 91Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

da prezzi all'origine in sensibile calo. Le note positive non sono tuttaviamancate. La più importante è statarappresentata dal mercato del lavo-ro. Sulla base delle rilevazioni con-dotte dall'Istat, è stata rilevata dagennaio a luglio una serie di incre-menti tendenziali dell'occupazione,che hanno determinato un aumentomedio pari all'1,5 per cento, equiva-lente, in termini assoluti, a circa25.000 persone. Gli uomini e le don-ne in cerca di occupazione sono di-minuiti tendenzialmente da gennaioad aprile, per poi stabilizzarsi a lu-glio, evidenziando una flessione me-dia del 9,7 per cento, corrisponden-te a circa 11.000 persone. Il tasso didisoccupazione medio del periodogennaio-luglio è conseguentementedisceso dal 6,2 al 5,6 per cento. Ilsettore del credito, al di là dei pro-blemi strutturali comuni all'interoPaese, ha fatto registrare tassi di in-cremento per impieghi e depositi su-periori a quelli riscontrati nel Paese,mentre il rapporto sofferenze-impie-ghi è rimasto stabile a fronte dellacrescita nazionale. La stagione turi-stica è stata caratterizzata da anda-menti abbastanza differenziati daprovincia a provincia, ma nel com-plesso si può parlare di sostanzialetenuta. Miglioramenti degni di notasono inoltre venuti dai trasporti aerei(a Bologna è stato riscontrato unmovimento record di passeggeri) eferroviari, apparsi in ulteriore aumen-to sia in termini di passeggeri che dimerci. L'assetto imprenditoriale rica-vato dai dati contenuti nel RegistroDitte è apparso in crescita se con-

frontato con la situazione in essere afine settembre 1995: la consistenzadelle imprese attive, senza conside-rare il gruppo delle imprese agricole(le iscrizioni degli imprenditori agri-coltori e ittici in ossequio alla nuovanormativa hanno reso problematicoil confronto con il passato) è infattipassata da 300.526 (306.611 conl'agricoltura e pesca ) a 303.058 uni-tà (310.471 con l'agricoltura e pe-sca). Il saldo fra imprese iscritte ecessate, senza considerare l'agricol-tura-pesca, è risultato attivo per4.078 imprese, contribuendo a de-terminare un indice di sviluppo di se-gno moderatamente positivo, lieve-mente superiore a quello calcolatonei primi nove mesi del 1995. Il ciclo degli investimenti, secondo leproiezioni contenute nell'indagine ef-fettuata da Unioncamere Emilia-Ro-magna in un campione di aziendemanifatturiere, è risultato in rallenta-mento rispetto al 1995. Si tratta diun andamento per certi versi com-prensibile se si considera che il con-fronto è avvenuto con un anno forte-mente influenzato dagli effetti dellaLegge "Tremonti". Se guardiamo allasituazione in atto dal 1989 si puòtuttavia collocare il 1996 fra gli annisostanzialmente positivi. Passiamo ora ad illustrare più detta-gliatamente alcuni temi specifici del-la congiuntura del 1996, rimandandoai capitoli specifici coloro che desi-derano un ulteriore approfondimen-to. Dal mercato del lavoro provengo-no segnali relativamente contrastan-ti, ma di segno prevalentemente po-sitivo.

Confrontando il periodo ottobre1995-luglio 1996 con lo stesso pe-riodo dell'anno precedente, si rilevache il numero degli occupati è cre-sciuto (1,6 per cento), anche se inmodo non omogeneo fra i vari setto-ri. La crescita occupazionale si è es-senzialmente concentrata nel settoreterziario (4,7 per cento rispetto al1995) e nelle costruzioni (5,5 percento). Al contrario, l'agricoltura, inlinea con la tendenza di lungo perio-do, ha subito una notevole flessione(-11,6 per cento), mentre l'industriaè rimasta sostanzialmente stabile, inquanto l'aumento occupazionaledelle costruzioni è stato compensatodalla riduzione dell'industria in sensostretto (-1,2 per cento). Questi fatto-ri, associati all'incremento della forzalavoro dell' 1%, hanno determinatouna lieve contrazione del tasso me-dio di disoccupazione che, nel perio-do compreso fra l'ottobre 1995 e illuglio 1996 è sceso al 5,6 per centorispetto al 6,2 per cento registratonello stesso periodo dell'anno pre-cedente. Si tratta di un dato che èquasi la metà di quello nazionale. Il ridimensionamento del lavoro di-pendente rispetto a quello indipen-dente, rilevabile negli anni preceden-ti, ha interessato nel 1996 solo il set-tore industriale. A fronte di un andamento occupa-zionale complessivamente positivo(anche se di impatto relativamentecontenuto) alcune tendenze di se-gno negativo provengono dalle listedi mobilità e dalla consistenza dellacassa integrazione guadagni straor-dinaria. La consistenza dello stock di

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iscritti alle liste di mobilità si è ridotta(-13,3% nei primi otto mesi dell'an-no), tuttavia è contestualmente dimi-nuito il numero di cancellazioni dovu-te ad avviamenti verso lavori a tem-po indeterminato, mentre sono au-mentate le cancellazioni per scaden-za dei termini. La cassa integrazione guadagnistraordinaria ha fatto registrare un vi-stoso decremento rispetto al 1995,ciononostante negli ultimi mesi il nu-mero di unità produttive coinvoltenelle procedure di Cig è tornato acrescere: da 47 in aprile a 74 in ago-sto. La Cig anticongiunturale, in di-minuzione fino a giugno, dal mesesuccessivo è risultata in aumento fi-no ad arrivare ad un incrementocomplessivo, nei primi nove mesi,pari all'11,3 per cento. Il dato è ne-gativo, ma bisogna tuttavia conside-rare che il carico di ore autorizzate èrisultato largamente inferiore alla me-dia del periodo 1990-1995. Inoltre,se si rapportano le ore autorizzate aidipendenti dell'industria, scaturisce ilpiù basso rapporto fra le regioni ita-liane. Infine è da registrare il buonandamento dei contratti di formazio-ne lavoro (regolati dalla Legge863/84), rappresentato, nei primi ot-to mesi, da una crescita del 6,8%dei giovani avviati con questo tipo dicontratto. Come per gli anni prece-denti si può notare che questo tipodi contratto continua a privilegiaregiovani dotati di bassa scolarità. L'annata agraria 1996 appare ab-bastanza insoddisfacente, soprattut-to dal lato della redditività. La qualitàdei prodotti, in particolare ortofrutti-

coli, è stata in parte penalizzata dal-le avverse condizioni climatiche.L'andamento di mercato ha risentitodella crescita quantitativa, coniugataalla scarsa qualità, e della competiti-vità delle produzioni concorrenti, iltutto accentuato dalla generale sta-gnazione dei consumi delle famiglie. Il mercato cerealicolo registra unaflessione generalizzata di tutti i prez-zi, in media 10-15%. Il calo della do-manda dei prodotti finiti, ha determi-nato la riduzione della domanda dimaterie prime. La superficie investitaa cereali è aumentata, ma l'inversio-ne dei prezzi coniugata alla rivaluta-zione della lira verde ha ridotto i mar-gini di profitto. La superficie investitadalla barbabietola da zucchero è di-minuita del 13,1%. La campagnasembra però positiva per rese e gra-do saccarometrico. Il livello dei prezzi dell'ortofrutta è de-cisamente insoddisfacente ed appa-re sensibile l'aumento dei costi diproduzione. La domanda di orticoledestinate al consumo fresco è risul-tata debole, con quotazioni pocosoddisfacenti. La produzione del po-modoro è stata abbondante e spes-so sono state superate le quote pro-duttive. La produzione delle patateappare mediocre per quantità e qua-lità. Buona la quantità e la qualità deimeloni e dei cocomeri che hannotuttavia sofferto della contrazione deiconsumi a causa dell'estate menocalda e della concorrenza estera. I primi dati sulla vendemmia rientra-no negli standard di resa, con un li-vello qualitativo eterogeneo. La frut-ticoltura ha subito gli effetti della sta-

gnazione dei consumi delle famiglie.Per pere, pesche, nettarine, ciliege esusine sono state spuntate quota-zioni insoddisfacenti. Migliore into-nazione per mele e kiwi. Alcuni nuclei forti dell'agricolturaemiliano-romagnola come i compar-ti bovino e lattiero-caseario hannoparticolarmente risentito degli effettidella infezione da Bse - il fenomenoè anche conosciuto come "muccapazza" - e del problema delle quotelatte. La consistenza dei bovini si èridotta e sul mercato continua la ten-denza alla contrazione dei prezzi.Anche la consistenza dei suini pareessersi ridotta, ma i prezzi delle car-ni suine e dei suini vivi hanno fattoregistrare una buona ripresa. I primiotto mesi del 1996 risultano positiviper gli avicunicoli, l'offerta, anche aseguito delle difficoltà delle carni bo-vine, si è rapidamente incrementata,così come i prezzi sui massimi inaprile e maggio. Il Parmigiano Reggiano ha registratoprezzi più bassi rispetto allo scorsoanno, ma comunque soddisfacenti afronte di un buon andamento pro-duttivo: +6,35% nel primo semestre. Nei primi otto mesi del 1996 di attivi-tà della pesca marittima, il pescatointrodotto e venduto nei mercati itticiregionali è diminuito sia in quantità (-8,6 per cento) che in valore (-9,7 percento), in quanto è aumentata laquota delle varietà meno pregiate. Ipesci, che costituiscono il 90 percento circa del pescato introdotto,diminuiscono in quantità del 7 percento e in valore del 6,5 per cento,con prezzi apparsi sostanzialmente

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stabili. All'aumento quantitativo deicrostacei si è associata una riduzio-ne di prezzo equivalente, mentre alladiminuzione della quantità dei mollu-schi non ha corrisposto una sensibi-le variazione positiva dei prezzi. Incontro tendenza con la diminuzionedelle quantità introdotte nei mercatiittici, la produzione sbarcata da gen-naio a giugno nelle zone di Goro eMarina di Ravenna ha mostrato unnotevole aumento della quantità(+75,5 cento). L'industria energetica, per quantoconcerne la produzione di energiaelettrica registrata nelle centrali dis-locate in Emilia-Romagna, ha fattoregistrare nei primi sette mesi del1996 una tendenza di segno positi-vo. La produzione netta pari 8.026milioni di Kwh è aumentata del 10,3per cento rispetto allo stesso perio-do del 1995. Il forte incremento, lar-gamente superiore a quello registra-to nel Paese (+1,9 per cento), è sta-to determinato da entrambe le fonti,idroelettrica e termoelettrica. Tra le categorie dei produttori si puònotare che la crescita è stata dovutaalle centrali gestite dall'Enel - con6.907.974 migliaia di Kwh si sonoconfermate il principale produttore -e dagli autoproduttori, la cui quotaproduttiva sul totale è salita al 14,1per cento rispetto al 10,4 per centodei primi sette mesi del 1995. Dal la-to dei combustibili consumati nellecentrali emiliano-romagnole, l'oliocombustibile continua ad esserequello maggiormente impiegato, an-che se in misura inferiore rispetto al1995. L'incidenza sul totale dell'e-

nergia prodotta è stata pari al 78 percento rispetto all'87,1 dei primi settemesi del 1995. Il metano ha contri-buito con una quota del 20,7 percento, migliorando sensibilmente laquota rilevata nel 1995 pari all'11,3per cento. La voce generica degli"altri combustibili" si è attestata all'1per cento; ultimo il carbone con ap-pena lo 0,3 per cento. Nel Paese lastruttura dei combustibili impiegati èrisultata più articolata. L'olio combu-stibile ha coperto il 60,2 per centodei Kilovattore prodotti, seguito dalmetano con il 23,4 per cento. Il car-bone si è attestato al 12,6 per cen-to; gli "altri combustibili" al 3,8 percento. Per restare in tema di energia, il con-sumo di metano dell'Emilia-Roma-gna dei primi nove mesi del 1996 èammontato, secondo i dati fornitidalla S.n.a.m., a circa 5 miliardi e514 milioni di 38.100 Kjoule al metrocubo rispetto ai circa 5 miliardi e 150milioni dello stesso periodo del1995, per un incremento percentua-le pari al 7,1 per cento ( +2,4 percento nel Paese). L' aumento è daattribuire alla apprezzabile crescitadelle reti cittadine - hanno inciso percirca il 41 per cento del consumoglobale - e, soprattutto, del consu-mo destinato alla produzione dienergia termoelettrica salito sensibil-mente, coerentemente con i datiEnel commentati precedentemente.L'industria ha bruciato circa 2 miliar-di e 410 milioni di metri cubi (l'unitàdi misura è sempre 38.100 Kjou-le/metro cubo), con un lieve calodello 0,6 per cento rispetto ai primi

nove mesi del 1995. In ambito setto-riale occorre sottolineare l'aumentodel settore ceramico, grès e materia-li refrattari il cui utilizzo, pari al 15,8per cento del totale generale, è au-mentato del 2,6 per cento. Un altroforte utilizzatore di metano, quale ilsettore chimico (11,2 per cento deltotale generale) ha accusato inveceuna diminuzione del 6,9 per cento. Iconsumi destinati all'autotrazione(1,5 per cento del totale) sono cre-sciuti del 5,3 per cento. I primi nove mesi del 1996 si sonochiusi, per l'industria manifatturie-ra, con una crescita moderata emolto più contenuta rispetto all'evo-luzione dello stesso periodo del1995.

Bisogna tuttavia sottolineare che ilconfronto è stato eseguito rispettoad un anno, quale il 1995, giudicatotra i migliori, se non il migliore, degliultimi dieci anni. Il volume della produzione è aumen-tato, tra gennaio e settembre, del2,3 per cento rispetto allo stesso pe-riodo del 1995, che a sua volta risul-tò in crescita del 10,4 per cento ri-spetto ai primi nove mesi del 1994.A questo rallentamento, si è coniu-gato il ridimensionamento del gradodi utilizzo degli impianti - quasi trepunti percentuali in meno - e delleore lavorate mediamente dagli ope-rai e apprendisti. Il fatturato è aumentato in terminimonetari del 4,5 per cento, rispettoall'incremento del 17,3 per cento ri-levato nei primi nove mesi del 1995.Dal lato della redditività, in rapporto

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all'inflazione, siamo di fronte ad unmargine ancora positivo - circa unpunto percentuale - anche se note-volmente inferiore rispetto a quantoriscontrato nel 1995. In termini reali,ovvero senza considerare l'aumentodei prezzi alla produzione, è stato re-gistrato un aumento del 2 per cento,non trascurabile, ma tuttavia larga-mente inferiore rispetto alla perfor-mance del 1995, quando l'incre-mento risultò pari al 10,8 per cento. La domanda è apparsa in generalerallentamento. Il mercato interno,che assorbe abitualmente circa il 60per cento della produzione, ha inter-rotto la tendenza espansiva in attodai primi tre mesi del 1994, facendoregistrare un decremento dello 0,8per cento a fronte della crescitadell'11,6 per cento rilevata nei priminove mesi del 1995. Gli ordini dall'e-stero sono risultati nuovamente inaumento, ma a tassi molto più con-tenuti rispetto al 1995: +3,1 contro+14,1 per cento. La quota di espor-tazioni sul fatturato ha di poco supe-rato il 40 per cento, migliorando lie-vemente i valori emersi nel 1995. E'dal 1993, anno successivo alla sva-lutazione, che questo rapporto ap-pare in costante aumento. L'aumento medio dei prezzi indu-striali è stato pari al 2,4 per cento, ri-sultando inferiore di quattro puntipercentuali all'evoluzione dei priminove mesi del 1995. Il rallentamentodella domanda, coniugato alla rivalu-tazione della lira, ha indotto le impre-se a contenere i prezzi con il dichia-rato fine di mantenere le quote dimercato conquistate nei mesi prece-

denti. Il periodo di produzione assi-curato dal portafoglio ordini si è avvi-cinato ai tre mesi e mezzo e anche inquesto caso occorre annotare un lie-ve rallentamento rispetto ai primi no-ve mesi del 1995. L'approvvigionamento dei materialidestinati alla produzione è risultatomolto difficile per tutto il corso del1995. Dal 1996 la situazione è anda-ta via via migliorando, in linea con ilrallentamento della domanda. Lapercentuale di aziende che ha di-chiarato problemi è stata pari all'8,8per cento rispetto al 29,6 per centodei primi nove mesi del 1995. Nei primi nove mesi del 1996 i volumiprodotti sono aumentati del 2,3 percento, a fronte della crescita del 2per cento delle vendite reali. Questoandamento si è coniugato al peggio-ramento del saldo fra chi ha giudica-to il magazzino in esubero e chi, alcontrario, lo ha reputato scarso. L'occupazione è apparsa in crescitadello 0,9 per cento. Andò meglio neiprimi nove mesi del 1995 (+1,7 percento), ma in quel periodo vennerorilevati incrementi straordinari, mairegistrati prima. Di altro segno sonoinvece risultate le rilevazioni sulle for-ze di lavoro. Il dato va tuttavia valu-tato con una certa cautela in quantole informazioni disponibili riguardanol'industria in senso stretto, che com-prende, oltre al settore manifatturie-ro anche quello energetico. Fattaquesta premessa, nei primi settemesi del 1996 è stata riscontrata inEmilia-Romagna una diminuzionemedia dell'1,2 per cento rispetto allostesso periodo del 1995, equivalen-

te, in termini assoluti a quasi 6.000persone. Le ore autorizzate di Cassa integra-zione per interventi anticongiunturalisono passate da 1.636.147 dei priminove mesi del 1995 a 1.845.968 del-lo stesso periodo del 1996. Questoandamento, in linea con quanto av-venuto nel Paese, ha interrotto latendenza riduttiva che ha contrasse-gnato tutto il 1995 fino alla primametà del 1996. Gli interventi strutturali rappresentatidalle ore autorizzate di Cassa inte-grazione straordinaria sono risultatiin sensibile decremento. Da3.667.499 dei primi nove mesi del1995 si è passati a 1.598.942 dellostesso periodo del 1996, per un de-cremento pari al 56,4 per cento, sin-tesi delle flessioni del 63,1 e 42,5 percento registrate rispettivamente peroperai e impiegati. Questo anda-mento, in linea con quanto avvenutonel Paese, si è coniugato alla dimi-nuzione delle imprese richiedenti. Idati aggiornati fino ad agosto 1996,raccolti dall'Ufficio regionale del la-voro (si riferiscono al complesso del-l'industria), hanno rilevato un feno-meno esteso mediamente a 66 im-prese contro le 120 dello stesso pe-riodo del 1995. Un ulteriore elemento di analisi delsettore viene dalla tradizionale inda-gine sugli investimenti che l'Union-camere dell'Emilia-Romagna effettuaannualmente sul campione di azien-de che partecipano all'indagine con-giunturale. Le stime degli imprendi-tori per il 1996 evidenziano un certoregresso rispetto al 1995, abbastan-

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za comprensibile se si considera cheil confronto è avvenuto con un perio-do fortemente influenzato dagli effet-ti della Legge "Tremonti". Al di là del-la, diremo inevitabile, diminuzionedelle somme investite rispetto al1995, il 1996 può essere tuttaviaconsiderato sostanzialmente positi-vo, se posto a confronto con l'evolu-zione degli ultimi otto anni. Per quanto concerne lo sviluppo im-prenditoriale sono disponibili dati re-lativi ai primi nove mesi. Le impreseattive esistenti a fine settembre 1996sono risultate 59.460 rispetto alle59.426 rilevate nello stesso periododel 1995. La crescita delle impreseavvenuta su base annuale si è tutta-via coniugata all'andamento negati-vo di iscrizioni e cessazioni, conquest'ultime a prevalere sulle primeper 68 imprese, rispetto al saldo po-sitivo di 396 unità registrato nei priminove mesi del 1995. L'industria delle costruzioni, sullabase dei dati relativi ai primi sei mesidei 1996, non ha confermato i timidisegnali di ripresa che si erano deli-neati nella seconda metà del 1995. Ilivelli produttivi delle imprese indu-striali e cooperative di costruzionihanno subito un consistente calonella prima metà dell'anno, mentresegnali negativi sono venuti anchedagli ordini acquisiti, con saldi larga-mente inferiori alla soglia della stabi-lità. In termini occupazionali, il primosemestre 1996 ha prolungato il trendnegativo, facendo segnare, fra iniziogennaio e fine giugno, un calo deglioccupati del 2 per cento, quasi tuttoconcentrato nelle imprese con un

numero di addetti superiore ai 150.Le previsioni per la seconda partedel 1996 non sono apparse incorag-gianti. In particolare sono le impresedi dimensioni maggiori a prevederedi ridurre ulteriormente il numero de-gli occupati, al contrario delle azien-de più piccole orientate all'amplia-mento dei propri organici. Le indagi-ni Istat hanno invece evidenziato unandamento di segno opposto. Ledue fonti non sono omogenee, tutta-via bisogna ricordare che l'indagineUnioncamere-Quasco registra l'oc-cupazione dichiarata dalle imprese,compresi gli addetti nelle attività incorso fuori regione, mentre Istat va-luta gli occupati tramite intervistecampionarie effettuate presso le fa-miglie presenti in regione. La compa-gine imprenditoriale a fine settembre1996 si è articolata su 42.299 impre-se attive con un incremento del 4per cento rispetto allo stesso perio-do del 1995. Questa situazione, chesembra sottintendere l'avvio di nuo-ve attività da parte di occupati di-pendenti espulsi dal circuito produt-tivo, si è coniugata ad un attivo, fraimprese iscritte e cessate, pari a1.209 unità, in linea con la tendenzaemersa nei primi nove mesi del1995. Le attività commerciali continuanoa subire gli effetti delle politiche re-strittive sui redditi delle famiglie edella sostanziale stagnazione del lo-ro potere d'acquisto. Nel 1996 lacrescita reale dei consumi internidelle famiglie in Emilia-Romagna nondovrebbe andare oltre l'1 per cento. L'esperienza di questi anni ha muta-

to il comportamento dei consumato-ri. Le famiglie hanno sviluppato unapropria scala di priorità delle spese esono molto meno ricettive verso imessaggi pubblicitari, ne risultaquindi una mutazione delle gerarchiedi spesa: i prodotti di marca godonodi minore richiamo e l'attenzione delconsumatore è meno rivolta alle ap-parenze, mentre cresce l'importanzadel tempo libero, delle spese per lasalute e il benessere. Le imprese attive dell'aggregatocommercio, alberghi e pubblici eser-cizi iscritte al Registro delle impreseerano 121.186 al 30 settembre1996, sostanzialmente invariate ri-spetto alla situazione in essere alla fi-ne dello stesso mese del 1995, e co-stituivano il 39 per cento delle ditteiscritte nei registri delle imprese del-le CCIAA. Il flusso delle iscrizioni ecessazioni registrato nei primi novemesi del 1996 è risultato negativoper 711 imprese, che salgono a 893se non si considera il comparto deglialberghi e pubblici esercizi. Nellostesso periodo del 1995 lo stessosaldo era apparso moderatamentenegativo: -12 imprese che aumenta-vano a -331 se non si teneva contodegli alberghi e pubblici esercizi.Dalla rilevazione delle forze di lavororisulta che nel periodo gennaio-luglio1996 gli addetti del commercio inEmilia-Romagna erano circa299.000, 6.000 in più (+2,1 per cen-to) rispetto allo stesso periodo delloscorso anno. I consumi non esprimono tassi dicrescita adeguati a far fronte alla lie-vitazione dei costi generali, sì che la

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redditività media degli esercizi com-merciali risulta in calo. L'andamentodelle imprese della rete distributivarisulta nell'insieme negativo. Lestrutture commerciali tradizionali so-no particolarmente colpite dalla fles-sione della domanda. Il settore dell'ingrosso registra unastasi dell'andamento commercialetanto da risentire di un aumento del-le giacenze. La grande distribuzioneregistra un fatturato sostanzialmentestabile. Il commercio al dettaglio harisentito maggiormente dell'avversacongiuntura e le aspettative sullevendite future sono decisamenteorientate in senso negativo. Il commercio estero nei primi seimesi dei 1996, ricavato sulla basedei dati Istat, è aumentato del 7,3per cento rispetto allo stesso perio-do del 1995. Si tratta di un anda-mento che si può considerare positi-vo, nonostante il rallentamento evi-denziato rispetto agli ultimi anni. I dati raccolti dall'Ufficio italiano deicambi hanno ricalcato questa ten-denza. Nei primi sette mesi sonostate registrate operazioni valutarieper 18.892 miliardi di lire, con un in-cremento del 5,6 per cento rispettoallo stesso periodo del 1995, moltopiù contenuto in rapporto alla cresci-ta del 29,4 per cento riscontrata neiprimi sette mesi del 1995. L'apprezzamento della lira ha sicura-mente contribuito a rendere menocompetitive alcune produzioni emi-liano-romagnole, in particolare nehanno risentito i prodotti dei settorimaggiormente esposti alla concor-renza e che negli anni precedenti

non erano riusciti a consolidare lapropria posizione sui mercati esteri. Nel complesso, il tasso di crescitadelle esportazioni dell'Emilia-Roma-gna è risultato, secondo i dati Istat,superiore alla media nazionale(5,6%) e leggermente inferiore aquelli conseguiti da Veneto e Lom-bardia. In valore assoluto nel periodogennaio - giugno 1996 l'Emilia-Ro-magna ha esportato beni per oltre21 mila miliardi, costituiti in largaparte da beni provenienti dal com-parto metalmeccanico; meccanicatradizionale, elettronica e mezzi ditrasporto che globalmente hannoraccolto circa il 60 per cento dell'ex-port regionale. Seguono in ordine diimportanza il settore ceramico (12per cento), il sistema moda (10 percento circa) e l'alimentare (6,4 percento). L'Unione Europea rimane il principa-le mercato di sbocco delle esporta-zioni regionali: nel 1995 il 60 percento circa dei beni esportati è statodestinato al mercato comunitario, inparticolare in Germania (28,2 percento) e in Francia (20,1 per cento).Seguono in ordine di importanza imercati di Stati Uniti e Canada, quel-li degli altri paesi sviluppati e deiPaesi di nuova industrializzazionePur nell'incertezza legata alla raccol-ta di dati, il settore turistico nonsembra avere replicato i risultati del-la stagione 1995. I dati pervenuti dalle Amministrazioniprovinciali hanno registrato una lievediminuzione delle presenze com-plessive rispetto ad una stagione,quale quella 1995, giudicata tra le

migliori. Questa tendenza è stata so-stanzialmente confermata dai datidell'Osservatorio Turistico Regiona-le. La stagione estiva sulla Riviera ro-magnola, secondo Trademark, hafatto registrare un moderato calodelle presenze complessive dovutosostanzialmente al lieve rallentamen-to delle presenze di turisti italiani,mentre le presenze straniere hannomostrato un lieve incremento. I turistitedeschi continuano a costituire ilgruppo nazionale maggioritario (43,9per cento delle presenze turistichestraniere complessive) nella rivieraromagnola, seguiti dai paesi dell'Eu-ropa orientale (21,3 per cento). Per quello che riguarda la stagioneestiva sull'Appennino emiliano-ro-magnolo l'Osservatorio Turistico Re-gionale ha rilevato un'annata abba-stanza difficile. Infine è da segnalareil risultato contraddittorio del turismonelle città d'arte e di affari. Se il pri-mo ha fatto registrare un certo ral-lentamento, il turismo commerciale(legato soprattutto al sistema fieristi-co) ha confermato l'importanza dellapiazza emiliano-romagnola che co-stituisce il secondo polo fieristico,dopo quello milanese. L'andamento dei trasporti aereicommerciali rilevato nei tre principaliscali dell'Emilia-Romagna è statocontraddistinto da una generalizzatatendenza espansiva, in linea conquanto emerso nel Paese. L'aeroporto Guglielmo Marconi diBologna, il più importante della re-gione con oltre il 93 per cento delmovimento passeggeri rilevato nel1995 - ha fatto registrare nei primi

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dieci mesi del 1996, secondo i datidiffusi dal servizio Comunicazione eMarketing della S.a.b., un nuovosensibile incremento dei traffici, cheha rafforzato la tendenza espansivain atto da lunga data. Per i passeg-geri movimentati è stata raggiunta lacifra record di 1.863.618 unità Lo scalo riminese ha visto aumenta-re notevolmente il traffico aereo epasseggeri. Da gennaio ad agostodel 1996 sono stati movimentati2.592 aeromobili rispetto ai 2.394dello stesso periodo del 1995, men-tre in termini di passeggeri si è pas-sati da 144.560 a 188.438. Nelloscalo forlivese - il grosso del trafficoè costituito dai voli charter - è statarilevata una sostanziale stazionarietàdei voli e un concomitante aumentodel movimento passeggeri. I trasporti portuali dei primi nove me-si del 1996, secondo i dati diffusidall'Ufficio attività marittime dellaCamera di commercio di Ravenna,sono stati caratterizzati da un movi-mento merci pari a 14.088.445 ton-nellate, con un decremento del 2,8per cento rispetto allo stesso perio-do del 1995 equivalente, in terminiassoluti, a 401.360 tonnellate. Peruna migliore comprensione del feno-meno, occorre sottolineare che ilconfronto è stato effettuato rispettoad un periodo record. Resta tuttaviaun segnale negativo che conferma lostato di precarietà dei fondali, chenon permettono l'accesso alle navidi grande tonnellaggio, condizionequesta che consentirebbe di aumen-tare il volume del traffico e quindi ac-crescere il valore aggiunto di tutte

quelle attività che ruotano attorno al-la struttura portuale. Il movimento marittimo si è allineatoal negativo andamento delle mercimovimentate. Nei primi nove mesidel 1996 sono arrivati e partiti 6.160bastimenti rispetto ai 6.345 dellostesso periodo del 1995. La flessio-ne del 2,9 per cento che ne è deri-vata è da attribuire al calo delle navibattenti bandiera nazionale, sceseda 2.373 a 2.099, mentre quellestraniere sono salite da 3.972 a4.061. I trasporti ferroviari, secondo i datidiffusi dalle Ferrovie dello Stato fa-centi capo al Coordinamento Territo-riale Centro, ex-Compartimento diBologna, sono risultati in crescita. Iltraffico passeggeri, desunto dai bi-glietti emessi nelle stazioni localizza-te in Emilia-Romagna nei primi seimesi del 1996, sono aumentati del6,5 per cento rispetto allo stesso pe-riodo del 1995. Il traffico merci nonha risentito del generale rallenta-mento dell'economia, facendo regi-strare un nuovo incremento, che haconsolidato la tendenza espansiva inatto da diversi anni. Per il bestiame èstata registrata una lieve ripresa, cheha interrotto la tendenza regressivain atto da lunga data. Il settore del Credito, confermandola performance dello scorso anno,appare caratterizzato da una mag-giore dinamicità rispetto all'intero si-stema nazionale: i tassi di crescitadegli impieghi e dei depositi nel pri-mo semestre del 1996 sono risultatinotevolmente superiori a quelli medinazionali con accelerazioni pari ri-

spettivamente al 4,75% e 8,66%. Ulteriori buone notizie giungono dal-l'analisi del rapporto sofferenze/im-pieghi che, a livello regionale, è rima-sto pressoché costante, aumentan-do in tal modo il differenziale con l'a-nalogo dato nazionale, essendoquest'ultimo in ascesa. La crescita tendenziale dei tassi diinteresse attivi e passivi del sistemabancario che si era manifestata nel'95, a partire da gennaio '96 si é ar-restata e l'inversione di tendenza éstata netta: a fine settembre il tassomedio sugli impieghi é risultato pariall'11,30%, oltre un punto percen-tuale in meno rispetto al corrispon-dente valore di settembre '95, men-tre il tasso medio sui depositi ha re-gistrato un 5,79% contro il 6,44% diun anno prima. Nel Registro delle imprese figura-va a fine settembre 1996 una consi-stenza di 310.471 imprese attive ri-spetto alle 306.611 di fine settembre1995, per un incremento tendenzialepari all'1,3 per cento. Il rafforzamen-to della compagine imprenditoriale èinnegabile. Bisogna tuttavia conside-rare che i dati del 1996 possono es-sere stati influenzati dal flusso diiscrizioni delle imprese agricole edella pesca, che prima dell'istituzio-ne del Registro dell'imprese nonavevano obbligo d'iscrizione. Se dal-la consistenza generale togliamoquesto gruppo abbiamo ugualmenteun aumento, ma un po' più contenu-to, rispetto a quello generale, pari al-lo 0,8 per cento. Il flusso delle iscri-zioni e cessazioni rilevato da gennaioa settembre ha visto prevalere le pri-

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me sulle seconde per 5.301 impre-se, che scendono a 4.078 se non siconsidera il gruppo dell'agricoltura epesca. Nei primi nove mesi del 1995il saldo generale risultò positivo per3.446 imprese (3.461 senza il grup-po del settore primario). Il migliora-mento della movimentazione, in unafase di rallentamento congiunturale,è dovuto ad un ritorno dal "sommer-so" - la minimum tax provocò in pas-sato un andamento opposto - senzadimenticare inoltre gli incentivi legatialla creazione di nuove imprese.Un'altra motivazione può essere rap-presentata dalla sfavorevole con-giuntura che potrebbe avere indottoalcuni lavoratori dipendenti che han-no perduto il lavoro ad intraprendereun'attività in proprio. Il caso più em-blematico di questa situazione po-trebbe essere rappresentato dall'in-dustria delle costruzioni che in unmomento congiunturale molto sfa-vorevole ha visto crescere conside-revolmente il numero delle impreseattive. Se si analizza l'evoluzione dei vari ra-mi di attività si può evincere che l'au-mento tendenziale dello 0,8 per cen-to del numero delle imprese in esse-re (non è considerato il gruppo delleattività primarie) è stato determinatodalla maggioranza dei settori, conuna rilevanza particolare per le co-struzioni come già accennato, l'e-strazione di minerali, gli alberghi, ri-storanti e pubblici esercizi, le attivitàimmobiliari e alcuni servizi legati all'i-struzione e alla sanità. Le industriemanifatturiere, che costituisconoquasi un quinto delle imprese iscritte

nel Registro delle imprese, sono ap-parse sostanzialmente stabili. In di-minuzione sono risultati il commercio(rappresenta circa un terzo del tota-le delle imprese), escluso gli alberghie pubblici esercizi, e i trasporti. Un altro aspetto del Registro delleImprese è rappresentato dallo statusdelle imprese registrate. Quelle attivecostituiscono la maggioranza, conuna quota dell'88,7 per cento. Poiesiste tutta la serie di inattive, so-spese, liquidate e in fallimento che ri-mangono formalmente iscritte nelRegistro delle Imprese. Se confron-tiamo la situazione in essere a finesettembre 1996 con quella dellostesso periodo del 1995 si può os-servare un generale aumento. Lacrescita percentuale più vistosa, pa-ri al 7,7 per cento, ha riguardato leimprese liquidate, seguite da quellein fallimento (+7,2 per cento) e inatti-ve (+5,7 per cento). All'incremento delle imprese attive siè associato l'aumento delle caricheesistenti, salite nell'arco di un annoda 654.710 a 691.934. Premessoche la stessa persona può assume-re più cariche e che i dati possonoessere influenzati dalle nuove iscri-zioni che stanno affluendo dal setto-re primario, è da sottolineare il forteincremento delle cariche non megliospecificate (+60 per cento) e degliamministratori (+5,3 per cento). I ti-tolari sono risultati in aumentodell'1,1 per cento, mentre i soci so-no apparsi sostanzialmente stazio-nari. Se guardiamo agli aspetti strut-turali, si può evincere che la compo-nente maschile risulta preponderan-

te rispetto a quella femminile, conuna percentuale del 73,9 per centosul totale delle cariche, che è rimastapraticamente immutata rispetto allasituazione in atto dal giugno 1991. Intermini di età prevale la classe inter-media da 30 a 49 anni (55,5 percento del totale). Per quanto concerne la forma giuri-dica, a fine settembre 1996 le ditteindividuali attive, pari a 187.698 sonorisultate in aumento dell'1,1 per cen-to (+0,5 per cento senza considerareil gruppo del settore primario) rispet-to alla situazione dello stesso mesedel 1995, interrompendo la tendenzanegativa. Resta tuttavia una perditadi peso sul totale delle attività iscrittenel Registro delle imprese abbastan-za vistosa. A fine 1985 le ditte indivi-duali rappresentavano infatti il 71,1per cento delle attività. A fine 1990 siscende al 65,4 per cento, per poi ar-rivare al 60,5 per cento di fine set-tembre 1996. Di tutt'altro segno ap-pare l'evoluzione delle società di ca-pitale. A fine 1985 se ne contavano27.058 pari all'8,3 per cento del to-tale. A fine 1990 la percentuale saleal 10,9 per cento per salire a fine set-tembre 1996 al 12 per cento del to-tale. Le società di persone appaionoanch'esse in aumento. Dalle 65.746di fine 1985 salgono via via alle79.123 di fine settembre 1996, conun miglioramento della quota dal20,2 al 25,5 per cento. Per quanto riguarda l'artigianato,l'indagine congiunturale condottadal Comitato regionale della Confe-derazione Nazionale dell'Artigianatosu un campione di imprese artigiane

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1996 99Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

ha confermato il generale appesanti-mento del ciclo economico. Nel pri-mo semestre del 1996 la produzionee' risultata in calo per una quotamaggiore di imprese di quelle chehanno dichiarato crescita. No-nostante il calo produttivo l'occupa-zione è apparsa ancora in aumento.Le cause di tale variazione positivavanno ricercate nell'effetto moltipli-catore degli investimenti massiccia-mente effettuati nel corso del 1995,anche grazie all'utilizzo intensivo del-la legge "Tremonti". I dati di preconsuntivo 1996 relativialla cooperazione evidenziano unarealtà produttiva di una certa vivaci-tà, che si è distinta dal quadro dipressochè generale rallentamentoevidenziato dall'economia emiliano-romagnola. Il fatturato complessivo realizzatodalle cooperative emiliano-romagno-le è stimato in leggera crescita ri-spetto al 1995, mentre si prevedeuna sostanziale tenuta per l'occupa-zione. Le migliori performance sonovenute dal settore della solidarietàsociale, mentre più articolata apparela situazione delle cooperative ope-ranti nel settore lavoro e servizi. Ilcomparto agroindustriale, pur concomportamenti estremamente diffe-renziati all'interno dei vari sottosetto-ri produttivi, presenta complessiva-mente modestissimi incrementi inun'annata agraria caratterizzata damaggiori produzioni rispetto al pre-cedente esercizio, ma in alcuni casidi scarsa qualità a causa dell'ecces-siva piovosità. La Cassa integrazione guadagni

è stata caratterizzata dalla ripresadel ricorso agli interventi anticon-giunturali. Le relative ore autorizzatenei primi nove mesi del 1996 sono ri-sultate di poco superiori ai 2 milioni,con un aumento dell'11 per cento ri-spetto allo stesso periodo del 1995,sintesi degli incrementi del 7,3 e11,2 per cento rilevati rispettivamen-te per impiegati e operai. Questo an-damento, in linea con la tendenzaemersa nel Paese (+31,7 per cento)è certamente negativo, tuttavia sia-mo di fronte ad un carico di ore lar-gamente inferiore alla media del pe-riodo 1990-1995. Inoltre, se si rap-porta il volume di ore autorizzate perinterventi ordinari agli occupati alledipendenze dell'industria, l'Emilia-Romagna fa registrare la migliorequota pro capite, pari a 4,02 ore, ditutte le regioni italiane. La Cassa integrazione guadagnistraordinaria viene concessa perfronteggiare gli stati di crisi azienda-le, locale e settoriale oppure perprovvedere a ristrutturazioni, ricon-versioni e riorganizzazioni. Nei priminove mesi del 1996 le ore autorizza-te sono risultate 2.543.345, vale adire il 51,3 per cento in meno rispet-to allo stesso periodo del 1995, sin-tesi delle flessioni del 62,1 e 35,1 percento registrate rispettivamente peroperai e impiegati. Lo snellimentodell'iter burocratico deciso nel 1994connesso alle pratiche di concessio-ne, dovrebbe avere consentito unconfronto più aderente al periodopreso in considerazione, cosa que-sta che non avveniva in passato.Una certa cautela deve essere tutta-

via adottata nell'analisi dei dati, inquanto non disponiamo di informa-zioni in grado di confermare quantodetto. Al di là di questa doverosapuntualizzazione, resta un'evoluzio-ne in linea con quanto avvenuto nelPaese (-41,7 per cento). Se spostia-mo l'osservazione del fenomeno sulnumero di aziende che in Emilia-Ro-magna hanno richiesto la Cassa in-tegrazione straordinaria nel corsodei primi otto mesi del 1996, possia-mo evincere un netto miglioramento.Secondo i dati raccolti dall'Ufficio re-gionale del lavoro, cui spetta per leg-ge di esprimere un parere sulle ri-chieste, le aziende che avevano incorso istanze sono risultate media-mente 66, per un'occupazione tota-le di 6.177 addetti rispetto alle 120per 9.994 addetti dei primi otto mesidel 1995. I dipendenti in Cig sono ri-sultati 1.311, vale a dire il 45,3 percento in meno rispetto al 1995. I po-sti di lavoro considerati in esuberosono scesi da 2.142 a 1.348. La gestione speciale edilizia viene dinorma concessa quando il maltem-po impedisce l'attività dei cantieri.Ogni variazione deve essere inter-pretata, tenendo conto di questa si-tuazione. Eventuali aumenti possonocorrispondere a condizioni atmosfe-riche avverse, ma anche sottinten-dere la crescita dei cantieri in opera.Le diminuzioni si prestano natural-mente ad una lettura di segno oppo-sto. Ciò premesso, nei primi novemesi del 1996 sono state registrate1.846.070 ore autorizzate, con unaumento del 12,6 per cento rispettoallo stesso periodo del 1995. Anche

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in questo caso l'andamento dell'E-milia-Romagna è apparso in lineacon quello nazionale (+5,9 per cen-to). L'andamento delle varie regioniitaliane è risultato piuttosto differen-ziato. Gli incrementi più vistosi sonostati rilevati in Piemonte, Sicilia eSardegna. Le diminuzioni sono stateregistrate in circa una decina di re-gioni, con punte apprezzabili perUmbria e Molise. I protesti cambiari registrati nel pe-riodo gennaio-maggio 1996 in l'Emi-lia-Romagna (ci si riferisce ai protestilevati dai Tribunali a carico dei resi-denti nel territorio sotto giurisdizione)sono apparsi in apprezzabile calo,consolidando la tendenza in atto. Ilnumero degli effetti è passato dai55.553 dei primi cinque mesi del1995 ai 52.430 dello stesso periododel 1996, per un decremento per-centuale pari al 5,6 per cento. Gliimporti sono scesi da circa 183 mi-liardi a circa 162 miliardi (-11,4 percento). Se analizziamo l'andamentoper tipo di effetto si può evincere, re-lativamente alle somme protestate, ilforte calo delle cambiali-pagherò,che, ricordiamo, sono soggette, alpari degli assegni, alla pubblicazionesui bollettini quindicinali dei protestie il lieve aumento degli assegni. Ladiminuzione dei protesti può essereindice di una situazione finanziariameno negativa, ma può anche esse-re interpretata come effetto di unadiminuzione del giro di affari, coeren-temente, va sottolineato con il rallen-tamento della congiuntura. I fallimenti dichiarati in Emilia-Roma-gna nei primi cinque mesi del 1996

sono risultati in diminuzione, conso-lidando la tendenza regressiva in at-to dal 1994. Dai 393 del 1995 si èpassati ai 355 del 1996, per un de-cremento percentuale pari al 9,7 percento. Se rapportiamo il numero deifallimenti alla consistenza delle im-prese attive a fine giugno 1996 si hauna percentuale pari a 1,15 per millerispetto a 1,29 per mille del 1995. L'andamento dei vari rami di attività,come si può evincere dalla relativatabella, è stato caratterizzato dallaflessione delle attività manifatturieree dei servizi vari. In aumento sono in-vece risultate l'industria delle costru-zioni e le attività commerciali. Se osserviamo il fenomeno dei falli-menti secondo la situazione in esse-re nel Registro delle Imprese, nonconfrontabile con la statistica dei fal-limenti dichiarati, si può evincere unandamento meno intonato. Le im-prese in fallimento a fine settembre1996 sono risultate 10.240, vale adire il 7,2 per cento in più rispetto al-lo stesso periodo del 1995. A fine di-cembre 1991 se ne contavano6.763. Sotto questo aspetto, Il feno-meno appare in evidente espansio-ne. L'incidenza sul totale delle im-prese registrate è risultata tuttavia li-mitata ad una percentuale del 2,9per cento, inferiore di circa un puntopercentuale alla corrispondente quo-ta rilevata nel Paese. La conflittualitàdel lavoro, secondo i dati Istat relati-vi ai primi nove mesi del 1996, è ap-parsa in lieve diminuzione. I conflittigenerati dai rapporti di lavoro - non èstato registrato alcun sciopero "poli-tico" - sono risultati in Emilia-Roma-

gna 27 con il coinvolgimento di circa71.000 lavoratori per un totale di419.000 ore di lavoro perdute. Neiprimi nove mesi del 1995 erano sta-ti rilevati 36 conflitti originati dal rap-porto di lavoro, che avevano visto lapartecipazione di oltre 58.000 per-sone per un totale di 435.000 di oredi lavoro perdute. Il calo della conflit-tualità è apparso in linea con quantoavvenuto nel Paese: le ore perdute -anche in questo caso non sono sta-ti rilevati scioperi estranei al rapportodi lavoro - sono passate da4.499.000 a 4.428.000, nonostanteche il numero dei conflitti sia salitoda 348 a 409 e che i lavoratori coin-volti siano aumentati da 290.363 a461.654. Per quanto concerne gli investi-menti, un importante contributo allacomprensione del fenomeno vienedall'indagine che l'Unioncamere del-l'Emilia-Romagna effettua annual-mente sul campione di aziende chepartecipano all'indagine congiuntu-rale. Le stime degli imprenditori per il1996 evidenziano una diminuzionerispetto al 1995: gli investimenti peraddetto passano da circa 20 milionia 14 milioni e mezzo di lire, mentre intermini di incidenza sul fatturato siscende dal 7,3 per cento al 4,9 percento. Questo ridimensionamento,in linea con quanto avvenuto nelPaese, è imputabile sia al rallenta-mento congiunturale che al veniremeno degli effetti della Legge "Tre-monti" che, fra l'altro, ha indottomolte aziende ad anticipare al 1995 ipiani di investimento, pur di approfit-tare degli straordinari vantaggi fisca-

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li previsti. Al di là della, diremo inevi-tabile, diminuzione delle somme in-vestite rispetto al 1995, il 1996 puòessere tuttavia considerato sostan-zialmente positivo, se posto a con-fronto con l'evoluzione degli ultimiotto anni, tanto più che le previsionidegli imprenditori risultano, sulla ba-se della verifica dei comportamentipassati, sistematicamente sottovalu-tate, anche se in lieve misura. Dal lato della destinazione, la vocepiù importante è stata costituita dal-l'area produttiva (impianti, terreni efabbricati) con una percentuale sultotale pari al 62,2 per cento. Seguardiamo al passato si può tuttaviaevincere una perdita di peso a favo-re di altre aree quali ad esempio la ri-cerca e sviluppo, il cui peso è pas-sato dal 4,2 per cento del 1989 al7,7 per cento del 1996, e il commer-ciale e progettazione. Sulla base diquesti elementi si può dire che l'in-dustria manifatturiera dell'Emilia-Ro-magna mostra una crescente atten-zione verso quelle spese che posso-no consentire di innovare i prodotti,senza trascurare l'aspetto legato almarketing. Questa sensazione èconfermata dalle tendenze in attosulla finalità degli investimenti, misu-rata sulla base del grado di rilevanzacompreso fra zero (nessuna rilevan-za) e cinque (massima rilevanza). Idati disponibili fino al 1995 diconoche l'interesse maggiore è stato de-stinato alla sostituzione degli impian-ti, all'ampliamento della capacitàproduttiva e al miglioramento dellaqualità dei prodotti. Quest'ultima fi-nalità è risultata in costante aumento

dal 1989, coerentemente, va sottoli-neato, con l'aumento di peso di de-stinazioni quali la progettazione e laricerca e sviluppo. La realizzazionedi nuovi prodotti ha mostrato un"gradimento" minore, ma anche inquesto caso va rimarcata la costan-te crescita di attenzione delle azien-de verso questa finalità, che si puòdefinire "strategica", se si vuole re-stare su un mercato sempre piùaperto. Il sistema dei prezzi registra-ti in regione è apparso in generaleregresso dopo le fiammate registrateper gran parte del 1995. Le indaginicongiunturali condotte sull'industriamanifatturiera hanno registrato neiprimi nove mesi del 1996, una cre-scita media dei prezzi alla produ-zione pari al 2,4 per cento, rispettoall'aumento del 6,5 per cento riscon-trato nello stesso periodo del 1995.Nel paese i prezzi industriali sonoaumentati tendenzialmente a set-tembre dello 0,2 per cento rispetto al+8,7 per cento del settembre 1995.I prezzi al consumo per le famiglie dioperai e impiegati rilevati nel capo-luogo di regione - concorre alla for-mazione dell'indice nazionale - sonorisultati in rallentamento. L'incre-mento tendenziale di novembre èstato pari al 3,5 per cento, rispetto al6 per cento di gennaio e al 5,9 percento del novembre 1995. Nel Pae-se è stata registrata la stessa ten-denza, con incrementi tendenzialimeno accentuati rispetto a quelli re-gistrati nella città di Bologna. Dal-l'aumento del 5,5 per cento di gen-naio si è via via passati al 2,6 percento di novembre. Cogliamo l'oc-

casione per puntualizzare che la di-mensione degli incrementi non con-sente di stabilire in alcun modo seuna città sia più "cara" rispetto ad unaltra, in quanto gli indici non permet-tono di valutare la base generale deiprezzi da capoluogo a capoluogo.L'indice del costo di costruzionedi un fabbricato residenziale rela-tivamente al capoluogo di regione èapparso in lieve risalita. Nel corsodei primi nove mesi del 1996 è statoriscontrato un andamento piuttostoaltalenante, culminato nella crescitadel 4,2 per cento di luglio. Da agostol'indice ha ripreso a scendere, finoad arrivare all' incremento tenden-ziale del 3,6 per cento di settembre(+2 per cento del Paese). Nello stes-so mese del 1995 venne registratoun aumento tendenziale del 2,3 percento.

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Lo scenario nazionaleIn Italia, la necessità di un decisoprocesso di riduzione del deficit del-la finanza pubblica, in vista della fu-tura partecipazione al processo diunificazione monetaria, ha determi-nato il varo di una legge finanziaria1997 che richiede uno sforzo rile-vante per procedere sulla via del ri-sanamento. L'azione restrittiva dellemanovre previste per il 1997 verràquindi a sommarsi a rilevanti inter-venti correttivi operati nel corso del1996. Inoltre nei prossimi anni, maprobabilmente già a partire dallaprossima primavera, il governo do-vrà intervenire ulteriormente sia pertrasformare in permanente la partedi aggiustamento straordinario pre-vista dalla legge finanziaria 1997, siaper sostenere il processo di riduzio-ne del fabbisogno che non procedecon la necessaria rapidità. Una con-ferma giunge dal Ministero del Teso-ro, secondo il quale la previsione diun fabbisogno del Tesoro pari a123mila miliardi effettuata in sede direvisione del Dpef è già stata ampia-mente superata, in quanto a fine no-

vembre il fabbisogno del Tesoro hasuperato la soglia dei 135mila miliar-di (pari a circa il 7,1% del Pil), infe-riore di soli mille miliardi rispetto aquello registrato nell'analogo perio-do del '95. La necessità di contene-re il disavanzo pubblico porrà quindidei limiti alle politiche per il rilanciodell'attività e dell'occupazione. Nerisulta il formarsi di aspettative diuna crescita ulteriormente ridottanel corso del prossimo anno. Il recente rientro nello Sme dovevanecessariamente avvenire prima del31 dicembre 1996 per potere parte-cipare all'Unione monetaria europeae costituisce un fatto positivo cheaumenta la fiducia degli operatoriesteri verso l'Italia. Con questa de-cisione si pone un freno al rischio diturbolenze sul cambio della lira e al-la formazione di aspettative contra-rie al processo di unificazione. L'ac-cettazione di una parità centrale fis-sata a quota 990 lire contro marco,comporta però dei costi. Ne risenti-rà in primo luogo la competitivitàdelle produzioni nazionali sui mer-cati esteri. Inoltre, nonostante la

continua discesa dell'inflazione,l'auspicata manovra di riduzione deitassi di interesse potrebbe trovareun limite, sia per quanto riguarda ilivelli che per la velocità della disce-sa, nella necessità da parte dellaBanca d'Italia di controllare le oscil-lazioni della lira al fine di mantenereil quadro di stabilità necessario perrientrare nei parametri di Maa-stricht. In particolare la stabilità delnuovo livello di cambio risentirà del-l'efficacia della manovra di rientrodel deficit pubblico. In questo quadro prosegue il rallen-tamento della crescita economica.Secondo Prometeia la crescita delPil per il 1996 sarà dello 0,7%, amalapena sostenuta dalle esporta-zioni e con gli investimenti al palo(+0,8%). Per il 1997 il quadro nonmuta, la crescita del Pil non andràoltre l'1%, i consumi interni delle fa-miglie resteranno invariati e gli inve-stimenti si manterranno limitati. L'u-nico sostegno alla crescita potràvenire quindi dalla domanda estera.Su questo fronte si registra infatti unpositivo trend della domanda mon-diale. La rivalutazione della lira, la cautelanella manovra dei tassi di interesse,lo scarso sostegno all'occupazione,a fronte di una domanda interna de-bole, definiscono però un passag-gio stretto per il futuro economicodel paese.

Il quadro macroeconomicoregionaleIl 1995 si è concluso con un incre-mento del prodotto interno lordo

Le previsioni 1997 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 1997Produzione Industriale Emilia-Romagna

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stimato dai modelli econometrici re-gionali di Prometeia attorno al 5%(le stime formulate in sede di rap-porto di previsione 1995 erano atte-state attorno al 3,6%). L'Istituto G.Tagliacarne ha pubblicato stime re-lative alla crescita del valore aggiun-to al costo dei fattori a prezzi 1990che quotano una crescita in quanti-tà prossima al 3,6%. Nonostante laprovvisorietà dei dati e le differentimetodologie di stima utilizzate daUnioncamere Emilia-Romagna, Pro-meteia e Istituto G. Tagliacarne levalutazioni sono concordi: il 1995 èstato un anno di forte crescita perl'economia regionale nel suo com-plesso. Maggiori difficoltà sorgono nel valu-tare gli effetti complessivi dell'anda-mento dei singoli settori su valoreaggiunto e prodotto interno lordoregionale per il 1996. Prometeiaquota infatti la crescita del pil nazio-nale su una media annua 1996prossima allo 0,7%, risultato positi-vo, ma alquanto ridotto rispetto alleprevisioni formulate nel corso del1995 sul 1996. Inoltre il delinearsi inmaniera relativamente piu' chiaradella struttura e del peso della leg-ge finanziaria, costringono, al mo-mento in cui scriviamo, a rivedere alribasso anche tutte le stime effet-tuate sulla crescita del pil nel 1997. Una semplice trasposizione dei ri-sultati del modello econometricoutilizzato per la valutazione del pro-dotto interno lordo imporrebbe unastima della crescita del Pil nel 1996prossima allo zero, mentre la cre-scita del valore aggiunto si asseste-

rebbe attorno allo 0,4%, quindi, intermini di tassi di crescita, al di sot-to della crescita del prodotto inter-no lordo a livello nazionale. Tale stima va piu' che mai valutatacon estrema prudenza. Nel com-plesso i risultati dei diversi settoridell'economia regionale non sonotali da confermare una previsionecosi' bassa. Il settore agricolo haconosciuto una caduta dei prezzi,ma una crescita quantitativa delleproduzioni; l'industria si avvia aconcludere l'anno con tassi di cre-scita nulli, ma la media annuale del-la crescita della produzione indu-striale, pur prossima allo zero, nondovrebbe essere negativa; l'annataturistica è risultata nel complessostazionaria mentre credito e tra-sporti hanno ottenuto risultati nonnegativi. Di piu' difficile valutazionesono invece i risultati della distribu-zione commerciale, nella quale la ri-composizione delle quote di merca-to a favore della grande distribuzio-ne rende difficile la valutazione degliandamenti congiunturali. I risultati della simulazione ottenutacol modello econometrico vengonocomunque pubblicati come mediedel biennio 1996-1997. Lo scenarioutilizzato ingloba già gli effetti che lalegge finanziaria esplicherà soprat-tutto nel 1997; tuttavia risulta diffici-le alle procedure utilizzate dal mo-dello econometrico assegnare cor-rettamente a uno solo dei due annigli impatti che la legge finanziariaeserciterà. Ci pare quindi opportunosottoporre la previsione cosi' comeessa emerge dalle ipotesi formulate

nello scenario nazionale, pur tenen-do conto che le stime relative al1996 citate nel testo potrebbero es-sere ritoccate al rialzo mano a ma-no che nuovi dati si renderanno dis-ponibili. Nel 1997 la crescita del prodotto in-terno lordo potrebbe mantenersipositiva, ma comunque non supe-riore all'andamento del Pil a livellonazionale. Gli effetti restrittivi dellalegge finanziaria dovrebbero in par-ticolare esercitarsi sui redditi dellefamiglie, contenendo l'incrementodei consumi a prezzi costanti 1985.In definitiva la compressione deiconsumi (stimati in aumento soloper effetto di una crescita della pro-pensione al consumo) derivantedalla diminuzione del reddito dispo-nibile per il 1997 (come prevedePrometeia) potrebbe esercitare isuoi effetti sul livello complessivodella domanda interna provocandoun rallentamento di tutti i settori nelcorso del 1997. Tale rallentamentopotrebbe poi essere compensatoda una successiva crescita tra la fi-ne del 1997 e l'inizio del 1998. Il1998 dovrebbe infatti segnare unaripresa del clima di fiducia deglioperatori economici, in seguito ai ri-sultati ottenuti in termini di risana-mento del bilancio pubblico e in se-guito all'allentarsi della politica mo-netaria. Gli investimenti in macchi-nari ed impianti hanno segnato nel1995 un tasso di crescita molto ele-vato, accentuato anche dagli effettidella legge Tremonti. Dopo la battu-ta d'arresto segnata nel 1996 gli in-vestimenti potrebbero riprendere

Le previsioni 1997 per l’Emilia-Romagna

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lentamente a crescere nel 1997 e inparticolare nel 1998. La ripresa delciclo degli investimenti potrebbecomportare di riflesso una crescitapiu' accentuata anche dei consumisempre nel corso del 1998, ancheattraverso l'incremento dei salarireali, in crescita nell'ipotesi del per-manere di un tasso di inflazioneprossimo a 2,5 punti percentuali. Il biennio 1996-1997 potrebbe con-cludersi con tassi di disoccupazio-ne medi piu' elevati del 1995, anchein virtu' del venire meno degli effettidi crescita riscontrati in quell'annoche hanno esercitato effetti positivifino a tutta la metà del 1996. Il rallentamento indotto dalla com-pressione dei consumi avrebbe ef-fetti negativi su tutti i settori. In par-ticolare l'industria potrebbe cono-scere un calo del valore aggiuntomedio nel biennio dello 0,3%, an-che conseguente al calo della pro-duzione industriale previsto per ilprimo semestre del 1997. In terminidi importazioni il netto rallentamen-to dell'attività economica farebbesegnare una crescita estremamenterallentata nel 1997. Le esportazionisegnerebbero un rallentamento an-cora piu' accentuato in seguito allostabilizzarsi del tasso di cambiodella lira contro il marco attorno alle1.000 lire, come sancito anche dalrecente rientro della lira nello SME.Nel 1997 il tasso di crescita delleimportazioni potrebbe, anche inconseguenza del rafforzamento del-la lira, sopravanzare il tasso di cre-scita delle esportazioni.

Le previsioni per l’industriaemiliano-romagnolaLa crescita della produzione indu-striale emiliano-romagnola nel 1996ha subito un arresto e non parepossa andare oltre l'1,6%, dopoche nel 1995 aveva fatto segnareun incremento del 10%. La crescitaè stata supportata solo dagli ordiniesteri, mentre gli ordini interni sonodiminuiti rispetto allo scorso anno.Questo andamento è confermatoanche dalla sensibile riduzione delgrado di utilizzo degli impianti. La politica di bilancio orientata alcontenimento della spesa pubblica,la cautela dei consumatori, la stasidegli investimenti, hanno determina-to un accumularsi progressivo discorte nel sistema, ridottesi minima-mente solo nella seconda metà del-l'anno, e hanno provocato una pro-gressiva riduzione degli ordini inter-ni. Questi dovrebbero registrare a fi-ne anno una variazione media nega-tiva pari a -0,4%. Infatti l'andamen-to degli ordini interni è divenuto ne-gativo sin dalla primavera di que-st'anno e una sua lenta ripresa èpossibile solo in chiusura di que-st'anno e nei primi mesi del 1997,mentre una vera accelerazione siavrà solo a fine anno. Il ritmo di cre-scita degli ordini esteri è risultatoanch'esso ben lontano da quello del1995 (+12,2%). Dopo un deciso ral-lentamento nel primo trimestre 1996l'aumento degli ordini esteri è ripre-so, proseguendo però per il restodell'anno ad un ritmo non superioread un terzo rispetto a quello delloscorso anno. La crescita media nel

1996 non andrà quindi oltre un3,3%. Si rilevano qui gli effetti reces-sivi delle politiche di bilancio sull'an-damento delle principali economieeuropee. Ne risulta quindi la forte ri-duzione dell'incremento della pro-duzione industriale regionale. Si vie-ne anzi a definire una vera fase re-cessiva, seppure molto limitata indurata e intensità, in quanto le pre-visioni indicano che per il quarto tri-mestre 1996 e per il primo trimestre1997 la produzione industriale faràregistrare variazioni di segno negati-vo. In tale ipotesi la ripresa dellaproduzione potrebbe avverrebbesolo a metà del 1997, e con varia-zioni positive minime, si che il tassomedio di crescita previsto per il1997 è attorno all'1%. Nel corso del1997 dovrebbero però giungere isegnali della successiva ripresa. Lavariazione degli ordini interni è previ-sta in aumento del 4,3% e quelladegli ordini esteri del 6,6%. Tali an-damenti si manifesteranno però so-prattutto nella seconda parte del-l'anno. Occorre però segnalare il ne-gativo trend che pare riavviarsi perl'occupazione, di cui si prevede uncalo del 2,7% nel corso del 1997,dopo la riduzione prevista dell'1,5%delle ore lavorate nel 1996.

Uno scenario alternativo:il risanamento di bilancio e la difesa della lira nello SmeL'ipotesi di base formulata nellaprevisione per l'industria emiliano-romagnola si basa sull'efficacia del-l'azione di risanamento, la stabiliz-zazione del cambio lira/marco all'in-

Le previsioni 1997 per l’Emilia-Romagna

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circa a quota 1.000, la ripresa a ini-zio 1997 della domanda mondiale aritmi più sostenuti, seppure non dimolto, e una ripresa della domandainterna, inizialmente lenta e via viapiù sostenuta, a partire dal secondotrimestre 1997. Occorre considerare che il recenterientro nello Sme della lira è avvenu-to a un livello di parità centrale di990 lire per un marco e che per cor-rispondere ai criteri di Maastrichtper l'ingresso nell'Unione monetariasi richiede che le valute nazionali in-teressate abbiano avuto un com-portamento stabile all'interno delloSme per i due anni precedenti l'in-gresso. Questo potrebbe compor-tare un rallentamento della discesadei tassi di interesse, soprattuttonel caso che aspettative negativesull'economia italiana portino apressioni sul tasso di cambio daparte della speculazione internazio-nale. Inoltre allo stato attuale noncompaiono ancora segnali della fu-tura ripresa della domanda interna enei prossimi mesi occorrerà verifica-re l'efficacia dei provvedimenti presiper ridurre il deficit della finanzapubblica. Potrebbe quindi rendersinecessario il varo di ulteriori mano-vre fiscali, i cui effetti andrebbero asommarsi a quelli di una serie diprovvedimenti che nei prossimi dueanni dovranno trasformare in per-manente l'aggiustamento straordi-nario previsto dalla legge finanziariaper il 1997. In questo scenario al-ternativo ipotizziamo quindi che l'a-zione di bilancio non possa soste-nere la ripresa economica, ma svol-

ga anzi un ruolo restrittivo, insiemecon una discesa dei tassi di interes-se più lenta di quanto previsto, si dadeterminare una sensibile riduzionedella domanda interna, un puntopercentuale in media annua, e che ilcambio venga mantenuto moltoprossimo alla parità centrale. Inquesto quadro alternativo, le lineedi tendenza della previsione si man-tengono, ma assumono tinte piùscure. Infatti se la durata della faserecessiva non aumenta, si indeboli-sce sensibilmente la fase di recupe-ro. La produzione farebbe registrareun aumento dello 0,7% nel 1997,sostanzialmente determinato dal-l'ultimo trimestre. Se gli ordini este-ri continuassero a procedere nellaloro crescita con un ritmo solo lie-vemente più contenuto (+6,4%),appare evidente la flessione dellacrescita degli ordini interni per l'in-dustria regionale per i prossimi anni:l'incremento dovrebbe risultare del3,9% nel 1997 e avere tassi minorinegli anni successivi. In questo ca-so una vera ripresa per l'industriaregionale potrebbe venire solo dallaripresa della domanda mondiale nelcorso del 1998, se le imprese emi-liano-romagnole avranno saputo di-fendere i loro livelli di competitività.

I settoriL'industria dell'abbigliamento L'industria dell'abbigliamento hamolto risentito della riduzione delladomanda. Nel 1996 infatti la produ-zione risulterà stazionaria, dopol'incremento del 9% del 1995. Que-sto blocco della crescita era stato

preannunciato dalla riduzione del-l'incremento degli ordinativi, avviatadalla fine del 1995 e proseguita nel1996, si che a fine anno la loro va-riazione sarà solo di +0,8%. Sullascia dell'andamento produttivo po-sitivo dello scorso anno l'occupa-zione risulterà aumentata a fine an-no, mentre la riduzione del ritmoproduttivo determinerà una riduzio-ne delle ore lavorate. Per il 1997 siprevede una variazione positiva de-gli ordini (+2.8%) che attiverà laproduzione (+1,3%). Una crescitacosi limitata, dopo la stasi di que-st'anno, comporterà effetti negativisull'occupazione, prevista in calodel 5%, anche a seguito delle ri-strutturazioni avviate nel settore.L'industria tessile La riduzione della crescita degli or-dini totali ha determinato un fortecalo della produzione, che a partiredal primo trimestre ha fatto registra-re solo variazioni negative. A fineanno l'incremento della produzionedell'industria tessile si arresterà al2,3%, mentre quella degli ordini nonarriverà al 2%. Nel prossimo anno,dopo un ulteriore rallentamento, lacrescita degli ordini dovrebbe ri-prendere, ma ad un tasso limitato,che non andrà oltre il 2,2% a fine1997, si che la produzione farà regi-strare una variazione negativadell'1%. Lo sfavorevole andamentocongiunturale del 1996 ha determi-nato una riduzione delle ore lavora-te dello 0,5%, ma anche nel prossi-mo anno si dovrebbe registrare unacaduta occupazionale della stessaentità.

Le previsioni 1997 per l’Emilia-Romagna

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L'industria alimentare L'industria alimentare regionale harisentito meno di altri settori dellasfavorevole congiuntura di questoanno. La crescita della produzionenel 1996 dovrebbe risultare del3,8%, un livello superiore a quellodello scorso anno (+2,1%), grazieall'aumento della crescita degli ordi-ni. In particolare gli ordini interni do-vrebbero aumentare del 5,8%,mentre la crescita degli ordini esteririsulterà ancora più elevata(+10,9%). L'occupazione del setto-re non ne ha però beneficiato. Ri-masta stabile lo scorso anno, subiràquest'anno una sensibile riduzione,a fronte di una contemporanea di-minuzione delle ore lavorate. Per il 1997 si prevede una nuova ri-duzione della crescita degli ordini(interni +4%, esteri +6,3%), mentrela produzione manterrà il saggio dicrescita di quest'anno. Nonostantela crescita produttiva l'occupazioneè prevista in ulteriore decremento,mentre risulterà in aumento il nume-ro delle ore effettivamente lavorate.L'industria ceramica L'industria della ceramica vive daanni un trend di riduzione del ritmodell'attività produttiva. A fine anno lacrescita della produzione si sarà ri-dotta allo 0,8%, a fronte del 4,9%dello scorso anno. La diminuzionedegli ordini interni risulterà moltoforte a fine anno (-3,5%). A causadella elevata propensione all'espor-tazione, il settore ha risentito parti-colarmente della riduzione degli or-dini esteri, che nel 1996 faranno re-gistrare una variazione negativa

dell'1,9%. Nel 1997 il mercato inter-no non offrirà ulteriori spazi di cre-scita, che saranno forniti invece dal-la ripresa della domanda mondiale:si prevede che gli ordini interni si ri-durranno ulteriormente del 2,7%,mentre gli ordini esteri sono previstiin crescita del 2,1%. L'occupazionedel settore non risentirà particolar-mente di questa situazione, mentreil numero delle ore lavorate effettiva-mente si ridurrà sensibilmente. L'industria dell'elettricità e dell'elettronica Dopo anni estremamente positivi, lariduzione del ritmo di crescita degliordini dell'industria dell'elettricità edell'elettronica evidenziato nel corsodel 1995 costituiva un'avvisagliadella variazione negativa (-1,7%) delcomplesso degli ordini e della ridu-zione della produzione (-1,5%) chesi registreranno a fine 1996. L'anda-mento degli ordini dovrebbe ripren-dere la tendenza positiva già nel1997 (+7,5%), mentre la produzionedovrebbe riavviarsi nel 1998 e nelprossimo anno rimarrà ancora inva-riata. Questo andamento produttivoin tono minore, in un settore partico-larmente dinamico, ha determinatoquest'anno una diminuzione delleore effettivamente lavorate (-2,1%) edeterminerà nel 1997 una sensibileriduzione dell'occupazione (-3,4%).L'industria meccanica tradizionale Anche per l'industria della meccani-ca tradizionale, il 1996 ha visto labrusca interruzione di un ciclo posi-tivo. A fine anno la variazione degliordini interni risulterà negativa (-

1,7%), così come quella degli ordiniesteri (-0,5%). Si tratta di un seccacaduta rispetto ai trend dello scorsoanno, rispettivamente +18,85 e+20%, che però non ha annullato lacrescita della produzione, che pas-serà da una crescita del 15,1% nel1995 a una variazione del +2,8% al-la fine di quest'anno. La variazionedella produzione proseguirà questatraiettoria discendente anche nel1997, quando la produzione si ri-durrà dell'1%. A quella data tuttaviala crescita degli ordini esteri saràgià ripresa, +5,4% a fine 1997,mentre gli ordini interni continueran-no a fare segnare variazioni negati-ve (-0,3%). Nel corso del 1996 il ral-lentamento della produzione si èscaricato sulle ore lavorate effettiva-mente (-1,9%), che continueranno aridursi anche nel corso del 1997,mentre l'occupazione, ancora increscita nel corso del 1996, ne ri-sulterà più sensibilmente colpitadurante il prossimo anno.

Le previsioni 1997 per l’Emilia-Romagna

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Verso un nuovo modello di relazio-ni tra sistema camerale riformatoe nuovo regionalismoAi fini di una coerente stesura del Pro-gramma 1996 è necessario soffer-marsi su alcune valutazioni sul conte-sto politico ed economico nazionale eregionale.Il 1995 si è caratterizzato, rispetto agliultimi anni, per una ritrovata relativastabilità politica ed economica nel no-stro paese, non senza elementi di pre-carietà e di rischio che impongono unmoderato ottimismo per il futuro, so-prattutto per quello che riguarda lereali possibilità per l’Italia di essereammessa alla prossima tappa dell’U-nione Europea, quella dell’unione mo-netaria.Il “governo dei tecnici”, sulla scia dellaripresa dell’economia, grazie anche alrecupero di credibilità della lira suimercati internazionali, ha improntatoad un efficace realismo la politica de-gli interventi a favore del riassesta-mento delle finanze dello Stato.Appare però sempre più impellente,non solo per i suoi risvolti finanziari,bensì per il suo significato politico,una complessiva riforma delle autono-mie regionali in senso federalista chesignifica certamente dare al nostro si-stema democratico basi partecipativepiù solide, ma soprattutto significa,per una esigenza di efficienza ammini-strativa, rifuggire il diffondersi di ulte-riori logiche accentratrici negli appara-ti regionali.Di federalismo fiscale tanto si è parla-to e tanto si continua a parlare: le Re-gioni contestano una prospettiva difederalismo che proceda al semplice

trasferimento del gettito di alcuni tri-buti gestiti a livello centrale senza pe-rò attribuire alle Regioni stesse alcunaflessibilità ed autonomia sugli aspettigenerali di politica tributaria (presup-posti del tributo, soggetti passivi, dif-ferenziazione delle aliquote, controlli).Un riforma in questo senso, comun-que, a nulla varrebbe se non si proce-desse anche ad una complessiva ri-forma delle autonomie regionali, conl’alleggerimento dei vincoli di destina-zione delle risorse regionali e quindicon un ampliamento delle materie dicompetenza regionale.Con la prospettiva dell’attribuzione dimaggiori competenze alle Regioni, siaffranca anche la necessità di un di-verso rapporto, da un lato tra pubbli-ca amministrazione e cittadini, dall’al-tro tra pubblica amministrazione terri-torio ed imprese, per un decisivo sal-to di qualità delle politiche per il terri-torio. In particolare il sistema di picco-la e media impresa esprime una fortedomanda di un diverso modello di go-verno dell’economia, di diverse e piùefficaci forme di regolazione dei rap-porti tra imprese ed istituzioni pubbli-che. E’ anche attraverso nuove formedi concertazione e coinvolgimento deiprincipali attori dell’economia regiona-le che si definiscono più efficaci politi-che e strategie operative, che si indivi-duano regole chiare, certe e traspa-renti, che si riescono a stabilire priori-tà e che si attivano, infine, efficientistrumentazioni di controllo dei risulta-ti. In questo modo la Regione potrà ri-tirarsi, almeno in parte, dall’eccesso digestione diretta di iniziative e progettiche troppo spesso incontrano osta-

coli alla tempestività ed efficacia del-l’intervento, causa la rigidità d’azionepropria delle burocrazie pubbliche.Le Camere di Commercio sono in pie-na fase di prima attuazione della leggedi riforma, la 580/93, nella quale essesono state riconosciute come istitu-zioni pubbliche delle imprese, apren-do un capitolo nuovo nei rapporti nonsolo tra imprese e Stato, ma anche traimprese ed Ente Regione e ridise-gnando completamente anche il rap-porto tra sistema camerale, associa-zioni di categoria e parti sociali.Con l’emanazione del Regolamento diattuazione dell’art. 10 della legge580/93, sono stati definiti i nuovi criteriper la composizione dei consigli came-rali nei quali tutti i settori economici del-le singole provincie saranno rappresen-

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1996

Dott. Claudio PasiniSegretario Generale Unioncamere

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108 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

tati in base al “peso” di ciascuno nelcontesto dell’economia locale. Le Ca-mere di Commercio di Bologna e Pia-cenza saranno tra le 20 Camere italia-ne che nel 1996 avvieranno le proce-dure per i rinnovi dei loro Consigli, unasorta di banco di prova per la riforma.Proprio in vista di una piena attuazio-ne della 580/93, soprattutto nella par-te riguardante le nuove funzioni delleCamere di Commercio, il rapportocon l’Ente Regione deve essere com-pletamente ridisegnato anche alla lu-ce di necessarie innovazioni legislativea livello regionale per il pieno ricono-scimento delle stesse Camere (e delleloro Unioni regionali) quali soggetti delgoverno locale, parte della pubblicaamministrazione specificatamente de-dicata alle imprese, quindi con speci-fiche competenze e funzioni delegatead esse dalla Regione.Il programma di attività, ed anche il bi-lancio di previsione per l’esercizio1996 di Unioncamere Emilia-Roma-gna, tengono ovviamente conto diquesto radicale mutamento di pro-spettiva del sistema camerale regio-nale, sempre più “istituzione”, semprepiù “soggetto di governo” del sistemadelle imprese, obbligato, quindi, a ri-spondere della responsabilità di unafetta consistente dello sviluppo eco-nomico regionale.Questo significa operare per garantirealle imprese emiliano-romagnole ini-ziative e servizi adeguati in quegli am-biti nei quali si esprimono maggior-mente le potenzialità di sviluppo delleimprese stesse, e, cioè, internaziona-lizzazione e cooperazione, formazio-ne, innovazione, credito, qualità ed in-

formazione economica. In quest’ulti-mo ambito Unioncamere può legitti-mamente aspirare ad essere la princi-pale sede di monitoraggio sull’econo-mia regionale attraverso lo strumentodell’Osservatorio sull’economia regio-nale (congiunturale e strutturale) e lesue sezioni specializzate.Ma il sistema camerale si propone an-che come momento di composizionedelle molteplici istanze rappresentateda ognuno dei soggetti, associazionie categorie, dell’economia regionale,nel contesto di nuove sedi di concer-tazione e co-programmazione dellepolitiche dello sviluppo, come potreb-be essere il nuovo Consiglio Regiona-le per l’Economia ed il Lavoro(C.R.E.L.), oggetto, anch’esso, di unaspecifica proposta di Unioncamere. Inqueste sedi, tale opera di composizio-ne, si pone anche come obiettivoquello di correggere l’eccessivo fra-zionamento delle iniziative di promo-zione in molti settori dell’economia re-gionale, impegnandosi a lavorare conpiù assiduità sul versante della verificaex-post della ricaduta delle iniziativestesse per individuare una precisascala di priorità ed i più efficaci stru-menti di intervento.L'impostazione sia del Programmad'attività che del Bilancio di previsionedell'esercizio 1996, è nel segno di unachiara continuità con gli orientamentigenerali e le attività realizzate e svilup-pate nel corso degli ultimi tre anni.In particolare, si conferma anche per il1996 l'impegno:• al contenimento delle spese di ammi-

nistrazione e di funzionamento degliuffici, continuando nell'azione di razio-

nalizzazione e qualificazione della spe-sa già avviata negli anni precedenti;

• all'assestamento della strutturaoperativa sugli attuali livelli numericidi personale, che nel corso del 1995hanno registrato l'aumento di 1 uni-tà, collocata presso la SegreteriaGenerale con funzioni di assistenzain materia giuridico-legislativa; allostesso tempo nel 1996 sarà neces-sario inserire pienamente le due fi-gure che nell'Ufficio Studi hanno so-stituito le due persone collocatepresso il Centro Estero;

• alla sostanziale conferma dell'impe-gno per lo sviluppo ed il supporto adiniziative in favore delle attività pro-duttive;

• alla conferma ed intensificazionedell'impegno in favore dello sviluppodell'attività di consorzi regionali digaranzia fidi, anche nei settori chetuttora ne sono sprovvisti;

• all'ulteriore sviluppo e qualificazionedella funzione di ricerca economica,che si traduce nell'istituzione del-l'osservatorio economico regionale,i cui risultati vengono messi a dispo-sizione della domanda espressa sulpiano regionale, nazionale ed inter-nazionale, anche con strumentazio-ni tecnologicamente innovative;

• all'attuazione e completamento deiprogetti, avviati nel corso del 1995,o che verranno sviluppati nel 1996,rivolti allo sviluppo in rete dei servizie delle attività delle Camere di Com-mercio dell'Emilia-Romagna, svol-gendo in tale modo il compito di sti-molo e di coordinamento dell'attivitàcamerale che la Legge 580/93 affi-da alle Unioni Regionali.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1996

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 109

L'attività dell'Unione regionale si svi-lupperà nel 1996 lungo 5 direzioni:1. politiche di network del sistema ca-

merale emiliano-romagnolo;2. osservatorio economico regionale;3. pubblicistica ed informazione eco-

nomica;4. servizi e sostegno ai consorzi di ga-

ranzia fidi;5. politiche e relazioni europee.La capacità del sistema camerale re-gionale di immedesimarsi nel ruoloche la legge gli ha affidato, dipendepiù che mai dalla effettiva disponibilitàad operare in rete da parte delle sin-gole Camere di Commercio, che affi-dano all’Unioncamere il compito dirappresentarle anche nei confrontidell’Ente Regione nel contesto di unnuovo modello di reciproche relazioni.In questa prospettiva vale la pena ri-cordare che qualcosa è già stato fatto,come, ad esempio, la realizzazionedelle brochures sull’economia di ognisingola provincia emiliano-romagnola,iniziativa in corso di completamento o ilprossimo auspicabile avvio di un pro-getto di network regionale dei servizidelle C.C.I.A.A,. o ancora quello di unaGuida informatizzata ai servizi stessi. Obiettivo principale, oltre a quello dipotenziare queste funzioni di servizioalla rete, rimane, comunque, quello direalizzare un progetto di sviluppo or-ganizzativo del network camerale del-l’Emilia-Romagna.Si sta infatti affermando, sempre conmaggiore insistenza, l’esigenza di an-dare oltre la ricerca del “buon funzio-namento” della singola Camera diCommercio, per elaborare invece, co-me sistema camerale, politiche di re-

lazione e di offerta con l’ambiente piùampio, ispirate da logiche comuni ecaratterizzate da maggiore visibilità edefficacia.La riforma delle Camere di Commer-cio, per la mole di funzioni anchecompletamente nuove e particolar-mente impegnative nella gestione, im-pone una svolta in questo senso ed ilsistema camerale emiliano-romagnoloevidenzia un potenziale di offerta mol-to interessante, che va ben al di là deiservizi per le quali le singole Camere diCommercio sono conosciute nelle ri-spettive realtà provinciali.Ci sono quindi aree di attività nellequali le Camere di Commercio posso-no costantemente presentarsi edoperare come network, perchè solocosì possono raggiungere efficienza digestione nei servizi e potrà quindi es-sere loro riconosciuto il ruolo loro affi-dato dalla legge di riforma.

Network camerale ed Ente RegioneI principi ispiratori del nuovo modellodi relazioni che si intende proporre trala Regione ed il sistema camerale del-l’Emilia-Romagna, in sintonia con il di-segno istituzionale tracciato dalla leg-ge di riforma, sono quelli- della concertazione e del coordina-

mento nella corresponsabilità delleazioni di sostegno e sviluppo delleimprese;

- della specializzazione delle compe-tenze e delle professionalità e quindidella divisione del lavoro tra i sog-getti del “governo” regionale dell’e-conomia;

- della sussidiarietà nella concreta

realizzazione di progetti, programmied iniziative;

- della semplificazione della modalitàdell’offerta dei servizi alle imprese.

In questo contesto il sistema camera-le può legittimamente aspirare- al riconoscimento da parte della Re-

gione di una funzione consultiva e diproposta, attraverso l’Unioncamere,nelle materie che sono di competen-za camerale ed, in generale, nellematerie socio-economiche; tale rap-porto potrà allora prevedere, semprein sintonia con la 580/93;

- all’attribuzione ordinaria alle Cameredi Commercio delle funzioni ammini-strative ed economiche relative alleimprese, non esplicitamente attribui-te alle Regioni dalla legislazione re-gionale;

- all’utilizzo, da parte della Regione,dello strumento della delega di fun-zioni e degli accordi di programmatra Enti Locali ai sensi della legge142/90 di riforma delle autonomielocali.

La proposta dell’istituzione di un nuo-vo Consiglio Regionale dell’Economiae del Lavoro (C.R.E.L.) quale sede diconfronto tra istituzioni, categorie, Ca-mere di Commercio e parti sociali,nonchè di riflessione, di sintesi e dielaborazione progettuale sui temistrategici dell’economia regionale,rappresenta una concreta opportunitàper l’attuazione di questo nuovo mo-dello relazionale.Attraverso il sistema degli osservatorieconomici, con la responsabilità dellagestione di un unico OsservatorioEconomico Regionale, oggetto di unaspecifica convenzione con la Regione,

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1996

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110 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

Unioncamere potrà diventare, in colle-gamento e nell’ambito del C.R.E.L., ilfornitore di statistiche ed analisi eco-nomiche producendo le informazioniutili all’elaborazione di politiche di svi-luppo e svolgere, così, le sue istituzio-nali funzioni consultive e di proposta.Vanno confermate e consolidate leesperienze delle sezioni dell’Osserva-torio Economico Regionale già attiva-te ed è necessario stringere i tempi suquelle di nuova istituzione, in partico-lare per quel che riguarda i settori deltrasporto merci, del commercio e del-le fasce deboli del mercato del lavoro. Per quello che riguarda le funzioni nel-le materie amministrative ed economi-che relative alle imprese, vale la penasottolineare il ruolo affidato dall’ISTATal sistema camerale italiano nell’ambi-to del progetto del nuovo ArchivioStatistico delle Imprese Attive(A.S.I.A.): gli uffici di statistica delleCamere, con il supporto delle Unioniregionali, cureranno le indagini di con-trollo necessarie per l’impianto e l’ag-giornamento di A.S.I.A., nonchè la dif-fusione dei dati statistici derivanti dalprogetto stesso.Fra le possibili aree di intesa, Union-camere propone alla Regione iniziativecomuni per un complessivo migliora-mento del coordinamento e della qua-lità dell’offerta dei servizi alle imprese,in tema, ad esempio, di internaziona-lizzazione ed innovazione (con unaconseguente ridefinizione dei rapporticon ERVET, Centri Servizi e B.I.C.), intema di formazione professionale e dicertificazione della qualità.Di prioritaria importanza il settore delcredito dove mancano informazioni

sul sistema dei consorzi e delle co-operative di garanzia, esperienzascarsamente conosciuta ed utilizzatain molti settori produttivi (in particolarel’agricoltura).Questa sorta di ”istituzionalizzazione”del rapporto con la Regione, nel con-testo di un nuovo modello relazionale,ha imposto al sistema camerale e adUnioncamere una progressiva intensi-ficazione delle attività, conseguenteall’assunzione di maggiori responsabi-lità nel campo delle politiche di soste-gno alle imprese. Le tante iniziativeavviate e quelle che sono destinate apartire nei prossimi mesi hanno impo-sto un adeguamento della struttura in-terna dell’associazione e non sonoescluse ulteriori scelte in questo sen-so per corrispondere alle attese sem-pre crescenti e garantire la qualità deiservizi resi, così come si è saputo farefino ad ora.

Network camerale, associazioni e categorieL’affermazione di un network regionaledelle Camere di Commercio, non solosulla carta, ma nel concreto svolgimen-to delle proprie funzioni e competenze,è funzionale anche all’ulteriore obiettivoche la legge di riforma intende perse-guire: quello di sviluppare e qualificare ilrapporto con le associazioni e le cate-gorie economiche ed imprenditoriali, direnderlo più stretto e fattivo.Associazioni e categorie, con la580/93, si trovano coinvolte in un im-pegno “istituzionale” come è appuntola gestione di enti pubblici quali sonole Camere di Commercio, un impegnodi grande responsabilità che aumen-

terà la visibilità dei comportamenti e,di conseguenza, la trasparenza com-plessiva delle relazioni economichedomestiche ed internazionali.Era necessaria questa accelerazionepoichè il cambiamento che pervade ilnostro tempo, necessitava che si cer-cassero i protagonisti e gli strumentidella trasformazione là dove in realtàessi sono. Per il sistema camerale,pubblica istituzione delle imprese,questo significa andare incontro alleimprese per offrire una libera sede diconfronto e di dialettica a loro ed atutte le loro associazioni e categorie ele parti sociali.Già molte delle iniziative e dei progettiche Unioncamere ha promosso o cuiha partecipato non si sarebbero realiz-zate senza la collaborazione ed il contri-buto delle associazioni e delle catego-rie, proprio perchè il sistema cameraleha cercato e ricerca questo rapporto.Ora c’è bisogno di un ulteriore salto diqualità che porti all’elaborazione di unastrategia globale a sostegno dell’interosistema imprenditoriale emiliano-roma-gnolo, eliminandone squilibri esistentie valorizzandone tutte le potenzialità. Con la legge 580/93, le nuove Came-re di Commercio diventano, perciò, ilmomento di più efficace composizio-ne, di massima sintesi, di più autore-vole rappresentanza degli interessidelle imprese, delle loro istanze ed illoro essere “sistema”, il loro proporsicome sistema, rappresenta una delleprime condizioni affinchè anche nellepolitiche di sviluppo del territorio pos-sano affermarsi il valore delle autono-mie ed il principio di sussidiarietà car-dini di una più moderna forma di Sta-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1996

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 111

to e di un nuovo regionalismo.A condizione, ovviamente, che le Ca-mere di Commercio non si trasformino,al contrario, nella cassa di risonanza dinuove tensioni corporative, nel campodi battaglia di un disordinato scontrofra interessi che rifiutano di collaboraresolo per confliggere tra loro.

Osservatorio economico regionaleLa capacità di analisi dell'economiaregionale, nonchè il costante monito-raggio dei vari settori che la compon-gono, costituisce un elemento qualifi-cante dell'attività dell'Unione regiona-le. Il 1995 ha visto un consolidamentodelle attivita’ di osservatorio economi-co regionale. Anche se fino ad ora gliosservatori hanno mantenuto unaconfigurazione autonoma, la vasta co-pertura settoriale e il complesso dellaricerca svolta consentono per il 1996di considerare il sistema degli osser-vatori come un unico Osservatorioeconomico regionale. Se gli sviluppidei rapporti istituzionali con l’ente Re-gione lo consentiranno, il 1996 vedra’la costituzione anche formale dell’Os-servatorio economico regionale. Il sistema delle comunicazioni diUnioncamere Emilia-Romagna e delsistema camerale verra’ potenziato nel1996 per consentirgli di raggiungerecon le proprie notizie e strumenti infor-mativi il maggior numero di imprese esoggetti dell’economia regionale. No-tevoli passi in avanti in tale direzionesono stati compiuti con il rafforzamen-to della rivista Econerre, che raggiungeoggi le 10.000 copie, e con la bancadati Unioncamere on-line. Nel 1996 larivista Statistiche Regionali subira’ una

profonda trasformazione, con l’edizio-ne dell’annuario statistico in formatoelettronico ed una diffusione piu’ capil-lare. Le edizioni elettroniche dei pro-dotti e delle iniziative promozionali tro-veranno maggiore diffusione anchegrazie al sito Internet che Unioncame-re sta allestendo e che sarà piena-mente operativo entro il 1995.L'attività di studio e ricerca nel 1996continuerà a interessare i seguenti in-dirizzi generali:• monitoraggio congiunturale periodi-

co sull'industria manifatturiera, an-che in raccordo con UnioncamereItaliana ed Eurochambres, sul setto-re edile ed elaborazione di scenariprevisionali sugli andamenti attesidell'economia regionale; dai primimesi 1996 l’indagine congiunturalesull’industria verra’ coordinata conquelle delle principali regioni italianee resa con esse comparabile;

• consolidamento, qualificazione edulteriore sviluppo dell’ osservatorioeconomico regionale, al fine di tene-re sotto costante monitoraggio l'an-damento economico e le problema-tiche di sviluppo dei diversi settori osegmenti dell'economia regionale:investimenti nel settore industriale;evoluzione strutturale e produttivadell'artigianato di servizio e di pro-duzione; prosecuzione dell'analisidelle problematiche del sistemaagro-industriale regionale; rafforza-mento dell'osservatorio export; os-servatorio sui prezzi dei prodottiagroalimentari; osservatorio sui set-tori di pubblica utilita’; apertura dinuovi osservatori sul trasporto mer-ci, l’abusivismo commerciale, la

subfornitura, le richieste occupazio-nali delle imprese;

• partecipazione attiva alla definizionedelle politiche e dell’operativita’ delprogetto ASIA (Archivio Statisticodelle Imprese Attive) coordinato daIstat e che portera’ nel 1996-1997 adisporre di una banca dati completadel sistema delle imprese attraversol’integrazione degli archivi ammini-strativi;

• prosecuzione dell'attività, iniziatanel 1995, di analisi delle problema-tiche del turismo emiliano-roma-gnolo nei diversi segmenti che locompongono; prosecuzione e va-lorizzazione dell'Osservatorio sullasubfornitura assieme ad altre strut-ture camerali regionali.

• ulteriori attività di studio e ricercache nel 1996 riguarderanno: un’in-dagine sull’innovazione tecnologi-ca nel sistema delle piccole e me-die imprese; la realizzazione di unmonitoraggio internazionale sullepossibili politiche di crescita dellacooperazione; la continuazione delprogetto di orientamento scolasti-co indirizzato nel 1995 alle scuolemedie superiori, dopo gli ottimi ri-sultati ottenuti con il completa-mento del progetto di orientamen-to scolastico rivolto alla scuola me-dia inferiore.

Nel corso del 1995 la banca dati sta-tistica, con accesso telematico gra-tuito via modem, ha soddisfatto cir-ca 500 richieste di dati da parte di150 utenti. Il servizio verra’ estesoagli utenti Internet entro la fine del1995.Viene confermata, tra le funzioni pro-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1996

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prie dell'Ufficio Studi, quella dell'ela-borazione di progetti ed iniziative pered assieme al sistema camerale emi-liano-romagnolo, lasciando all'Unio-ne regionale la funzione di coordina-mento e di stimolo. La redazione diun progetto per il reperimento di ma-nodopera al Sud, ultimato nel 1995,comportera’, se attuato, un notevolesforzo da parte di tutto il sistema ca-merale e di quello associativo. Con-temporaneamente saranno sviluppa-te iniziative di promozione del territo-rio regionale, attraverso l’attuazionedel programma investimenti estero,e verra’ avviata la valutazione delladomanda di servizi espressa dalleimprese.In ciò si sta cercando di conseguireun forte raccordo operativo con lesingole Camere di Commercio, non-ché il supporto della Regione Emilia-Romagna. Nel 1996 si cercherà inoltre di dare ilvia ad un gruppo di lavoro formatoda riconosciute competenze tecni-che che, partendo dall'analisi di pun-ti di forza e punti di debolezza del si-stema produttivo regionale ("il mec-cano industriale"), definisca i possi-bili scenari di sviluppo socio-econo-mico nei prossimi 10-20 anni, conparticolare attenzione al nodo dellereti di comunicazione ("la regione ca-blata"), che sta modificando e modi-ficherà sempre più radicalmente as-setti produttivi e stili di vita. Su que-sti temi si cercherà quindi di organiz-zare un seminario di studio.In queste attività sono fortementeimpegnati l'Ufficio Studi dell'Unioneregionale e, in parte, la sezione Rela-

zioni Europee ed Eurosportello.Per quanto concerne l'attività delCentro per il Commercio Interno, peril 1996 si confermano le linee già in-dividuate nel corso del 1995, in par-ticolare per quanto attiene l'aggior-namento del servizio documentazio-ne, la realizzazione di alcuni studi suquestioni inerenti la distribuzionecommerciale, l'organizzazione di se-minari tecnici su problemi del com-mercio, al fine di riproporre l'Union-camere come punto di riflessione edi elaborazione culturale, croceviatra imprese, associazioni di catego-ria, studiosi ed istituzioni pubbliche.Tali attività verranno svolte con sup-porto di esperienze e professionalitàconsulenziali.Analisi, studi e ricerche di carattereeconomico e sociale hanno e conti-nuano a caratterizzare in positivo l'at-tività dell'Unione Regionale, divenutaun qualificato e riconosciuto punto diriferimento in materia di ricerca eco-nomica in Emilia-Romagna. Oltre alle tradizionali iniziative edito-riali e al mensile Econerre che nelsuo primo anno di pubblicazione hafatto riscontrare un apprezzamentodiffuso nella comunità economica re-gionale, sta prendendo il via il quin-dicinale "Consorzi Notizie", uno stru-mento di informazione rapida su atti-vità e servizi offerti dai Consorzi Re-gionali di garanzia fidi che, come ènoto, hanno sede, eccezion fatta perArtigian-credit, presso l'Unione re-gionale.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1996

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 113Bologna, Aula Magna Nomisma Incontri, 21 Giugno 1996

Unioncamere Emilia-Romagna hasvolto un’analisi sulla qualità della vi-ta nei comuni dell’Emilia-Romagna,fissando sulla carta poli di servizio eindustriali, aree di malessere e di rela-tivo benessere demografico e socia-le, con una metodologia statistica equantitativa. La lettura dell’indaginedi Unioncamere restituisce una im-magine del territorio e del suo svilup-po influenzati più che dalla program-mazione, dalla vitalità di chi lo abita,da scelte di politica che appaiono,singolarmente prese, minimali, mache nel loro complesso hanno pro-gressivamente cambiato il corso del-lo sviluppo, modificando profonda-mente le relazioni fra quegli aspettiche, considerati complessivamente,costituiscono la “qualità della vita”. Irisultati di questa indagine vengono,non a caso, resi noti proprio mentrela Regione Emilia-Romagna si appre-sta ad una revisione del Piano Territo-riale Regionale (PTR). Le linee guidadella programmazione del territoriosono nate e si sono sviluppate attor-no all’ipotesi della regione come “Si-stema Metropolitano Policentrico”,dove l’intera regione era vista comeuna città unica, fatta di più centri, fa-cilmente raggiungibili l’uno dall’altro.In questi anni, in realtà, si é sviluppa-to molto il policentrismo e pochissi-mo il sistema. Le difficoltà a muover-si rapidamente da un centro all’altrosono cresciute, un sistema ferroviarioe della mobilità a livello regionale re-stano obiettivi per il futuro, la specia-lizzazione per funzioni dei vari centriurbani che consentano alle città diraggiungere la massa dimensionale

necessaria a rendere economica lagestione dei servizi é lontana. Sicuramente la difficoltà a fare diven-tare realtà il piano non può essereascritta totalmente al programmatoree agli amministratori. Molte delle leve,molti dei poteri e delle risorse neces-sarie alla realizzazione del piano nonsono nelle mani delle amministrazionilocali (si pensi solo alle reti di traspor-to e alle reti telematiche, gestite damonopolisti nazionali che spesso simuovono in un sistema di vincoli e re-lazioni lontani dal territorio regionale edalle sue preoccupazioni).La difficoltà ad attuare la pianificazio-ne però non si può spiegare solo intermini di poteri e risorse. Vale la pe-na di chiedersi se non debbano es-sere rimesse in discussione le logi-che stesse che hanno portato allastesura del piano, le modalità con cuié stato scritto e pensato.Mentre si lavorava all’idea di un si-stema metropolitano policentrico, lesingole aree della regione, le forzeeconomiche, spesso le amministra-zioni locali stesse, lavoravano, svi-luppavano progetti e realizzavanoopere che cercavano di far diventareautosufficienti le aree stesse, di ren-derle competitive ed in certa misuraautonome. La trasformazione pro-fonda dei distretti industriali, la spin-ta della competizione internazionalehanno fatto il resto, rendendo il terri-torio circostante (non il “sistema ter-ritoriale”) un fattore ancora più im-portante di prima: l’impresa vende intutto il mondo, ma vive e produce inquella zona specifica: la competitivi-tà ed efficienza di quell’area non so-

no indifferenti, ma ancora più impor-tanti, quando ci si misura e si com-pete con imprese che vivono e pro-ducono in aree complessivamentepiù efficienti. Né d’altra parte la spin-ta alla competizione fra aree della re-gione ha limitato lo sviluppo; agli oc-chi di chiunque l’efficienza dell’areain cui si vive é evidente, le disecono-mie che provengono dalla mancatarealizzazione di un sistema metropo-litano sono tutte da dimostrare. Co-me si conciliano allora la necessità diuna pianificazione regionale (teorica-mente) utile e innovativa, con la per-cezione che la programmazione sia(praticamente) astratta e lontana?Come si concilia la richiesta di convo-gliare da parte di tutti risorse ed ener-gie su grandi progetti di mobilità e re-ti telematiche, magari rinunciando aprogetti locali, quando negli ultimi die-ci anni i primi sono rimasti sulla carta,mentre i secondi hanno supportato(magari in maniera non ottimale, maefficacemente) lo sviluppo locale?Si può essere disponibili a rinunciaread un proprio progetto, piccolo e lo-cale, per un progetto grande e regio-nale solo se il rapporto fra ciò a cui sirinuncia ed i benefici che se ne trar-ranno sono evidenti, condivisi e con-facenti alle strategie delle singole aree,solo se si può essere ragionevolmen-te sicuri che le promesse del piano di-venteranno rapidamente realtà. Occorre tornare a confrontarsi sui pro-getti locali, ascoltare e lavorare di piùcon tutti quelli che sul territorio spen-dono gran parte delle loro risorse (leassociazioni imprenditoriali, le Cameredi commercio, le amministrazioni loca-

Presentazione dell’indagine su“La qualità della vita nei comuni

dell’Emilia-Romagna -La nuova mappa del territorio regionale”

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114 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Aula Magna Nomisma Incontri, 21 Giugno 1996

li...). Questo può richiedere molti cam-biamenti e allungare il tempo della pia-nificazione. Ma se si può ridare credi-bilità e, soprattutto, utilità alla pianifica-zione, non sarà tempo perso.Schede - Le variabili demograficheSintesiIl territorio regionale presenta una si-tuazione molto differenziata. Il gene-rale invecchiamento della popolazio-ne é più acuto nelle aree di collina emontagna da Piacenza a Bologna, enel basso Ferrarese. Dal punto di vi-sta dell’occupazione, le aree di mag-giore disagio paiono essere quelledel basso ferrarese e del riminese. Dal punto di vista dinamico c’é daosservare che un processo di uscitadai centri urbani verso i comuni dellacintura ha caratterizzato tutti i princi-pali centri urbani della via Emilia. Alcune considerazioniIl processo di spopolamento non ri-guarda solo la montagna, ma anchei punti centrali delle aree urbane. Lamigrazione dei nuclei familiari é sicu-ramente dovuta ad una necessità diraggiungere, nelle condizioni abitati-ve e di vita, migliori livelli di qualità. Inuna simile situazione c’é un incre-mento notevole di mobilità personaleper motivi di lavoro e per raggiunge-re i centri urbani che si caratterizza-no come concentratori di strutture diservizio. Tale mobilità genera costisociali, ambientali e personali. Quali interventiLa politica dei trasporti deve fissare,in un sistema di mobilità regionale, aquali punti, a quali nodi del territorioassicurare una rapida accessibilità.Su questo disegno, su questa ma-

gliatura dei trasporti (soprattuttopubblici), va ricostruita una immaginedell’insediamento, anche produttivo.Naturalmente questo deisegno nonpuò essere costruito da zero, ma de-ve tenere conto delle attuali specifici-tà produttive del territorio.Le abitazioni - SintesiLe migliori condizioni abitative (rica-vate da indicatori sintetici sullo statodella abitazioni) si confermano pre-senti nelle aree delle cinture urbanedei principali centri sulla via Emilia.Le aree più svantaggiate si confer-mano quelle appenniniche.Alcune considerazioniLa dinamica abitativa coincide conquella localizzativa della famiglie piùgiovani, completando un quadro giàdelineato di spostamento nelle cin-ture urbane. Il costo dell’abitare étalmente elevato che ha generatoflussi verso i cenri limitrofi alle areeurbane.Quali politicheUna politica dell’insediamento cherecuperi i tessuti urbani all’insedia-mento abitativo é pensabile anche alivello locale. Ci si sposta anche per-ché non si trovano case a prezzi bas-si, sia in acquisto che in affitto. Cipossiamo porre l’obbiettivo di rende-re più trasparente il mercato della ca-sa (borse immobiliari)?Ricchezza, disagio sociale e disoc-cupazioneSintesiLa distribuzione della ricchezza siaccompagna spesso a situazioni didisagio sociale e alla contemporaneapresenza di disoccupazione. A partele aree più svantaggiate della regione

(anche qui alcune zone appenninichee del ferrarese) tale compresenzaevidenzia un ruolo della famiglia e piùin generale del tessuto sociale comeammortizzatore del disagio occupa-zionale. Le classiche relazioni fra oc-cupazione e ricchezza presentanouna discontinuità: al di sotto di tassidi disoccupazione particolarmenteelevati la disoccupazione cessa diessere un dramma. Alcune considerazioniTuttavia il problema delle aree menosviluppate della regione resta. Lapresenza di forza lavoro inoccupatasegnala una necessità di impiegarecorrettamente questa risorsa e di ri-lanciare dei progetti di sviluppo equi-librato del territorio.Quali politicheUn rilancio della formazione comestrumento di sviluppo del territoriova sicuramente tentato. Un piano disviluppo dell’offerta formativa e del-la nascita di nuove imprese innovati-ve nelle aree meno sviluppate vatentato. Occorre sicuramente tenereconto delle vocazioni e delle poten-zialità delle aree meno sviluppate,per proporre non uno sviluppo basa-to su modelli di industrializzazioneimproponibili, ma di specializzazionee di valorizzazione delle potenzialitàanche ambientali di tali aree.La politica delle localizzazioni e dellavalorizzazione dell’artigianato, chespesso costituisce la struttura eco-nomica portante di queste aree, varipensata a partire dalla piena attua-zione dei piani provinciali dell’artigia-nato e dal supporto alle imprese. Laterritorializzazione delle politiche di

Presentazione dell’indagine su“La qualità della vita nei comuni dell’Emilia-Romagna – La nuova mappa del territorio regionale”

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 115Bologna, Aula Magna Nomisma Incontri, 21 Giugno 1996

servizi alle imprese va ripresa in que-sta ottica, sfruttando al pieno le si-nergie che si possono attivare fra as-sociazionismo economico, enti loca-li e Camere di commercio.La localizzazione delle attività econo-miche - SintesiPermane prevalente il modello dellaspecializzazione territoriale delle atti-vità produttive che ha caratterizzatoin questi anni lo sviluppo di questaregione. Le aree urbane si caratteriz-zano sempre di più per una maggio-re presenza di sistemi di servizi alleimprese, mentre le attività produttivesono state in qualche modo deloca-lizzate sui comuni della cintura.Il rapporto fra industrializzazione epresenza di servizi con il reddito éelevato, ma la presenza di attivitàproduttive in forte concentrazionenon é sempre correlata con unaqualità della vita elevata (ad esempioper motivi di natura ambientale).Alcune considerazioniI distretti industriali stanno vivendo unforte periodo di trasformazione. L’af-fermarsi di imprese leader all’internodel distretto, la crescita dimensionaledelle imprese sospinta da fattori tec-nologici fanno si che le tradizionali ag-gregazioni distrettuali siano oggi scar-samente riconoscibili. Tuttavia unapolitica industriale rivolta a questi pro-cessi di trasformazione, più che aduna immagine statica del distrettoche appartiene ormai al passato, sirende ancora più necessaria, visti iprocessi di diffusione sul territorio chel’industrializzazione ha conosciuta.Quali politiche?Finanza per lo sviluppo degli investi-

menti, processi di internazionalizza-zione, diffusione dell’innovazione so-no i temi principali che occorre cala-re sul territorio per favorire i processidi sviluppo di quelli che sono stati idistretti industriali in Emilia-Roma-gna. L’attività creditizia e dei consor-zi fidi devono potere essere affianca-te da strumenti di finanza innovativache consentano la crescita dimensio-nale delle imprese e dei loro gruppi.Essi costituiscono anche una forteleva per l’attrazione di nuovi investi-menti, che può costituire, nell’ambitodello sviluppo di una politica di mar-keting territoriale, un ulteriore fattoredui crescita dell’economia locale.L’ambiente é un tema di forte rile-vanza, ma al quale va dato un ap-proccio positivo e non semplicemen-

te vincolistico. I dati che Cciaa stan-no arccogliendo tramite i moduli didichiarazione unica ambientale(MUD) ci daranno un quadro detta-gliato delle necessità di smaltimentodei rifiuti. La logistica della raccoltadei rifiuti e il loro smaltimento, stoc-caggio e riciclaggio vanno riformula-te, consentendo alle imprese di mini-mizzare il loro impatto ambientale edando una risoluzione positiva aiproblemi che l’attività produttiva ine-vitabilmente genera.I poli di attrazione ed i servizi.SintesiI principali poli di attrazione e dei ser-vizi di primo e secondo livello in Emi-lia-Romagna coincidono con la distri-buzione dei principali centri urbani sul-la via Emilia e con i capoluoghi di pro-

Presentazione dell’indagine su“La qualità della vita nei comuni dell’Emilia-Romagna – La nuova mappa del territorio regionale”

Seduta di Consiglio UnioncamereDa sinistra: M.se Claudio Macchiavelli, consigliere - Geom. Giorgio Serra, Direttore Centro Estero- Dott. Antonio Camellini, Presidente CCIAA di Modena.

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116 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Aula Magna Nomisma Incontri, 21 Giugno 1996

vincia. Tale distribuzione é rimasta so-stanzialmente invariata negli ultimi an-ni, e lascia presupporre che molti deimovimenti di pendolarismo siano do-vuti proprio alla localizzazione abitati-va della familie nelle zone di cintura ri-spetto a tali poli di attrazione.Alcune considerazioniStentano ad emergere in regione deipoli di servizio che fungano da attra-zione per l’investimento, anche dal-l’estero. Si avverte un diffuso biso-gno di raggiungere masse critiche,fino ad ora non raggiunte, anche perquanto riguarda servizi avanzati alleimprese, oltre che alle persone. Puòemergere una logica di specializza-zione del territorio in queste funzio-ni? Forse si, a patto che la mobilità(oltre che l’accessibilità) siano mag-giormente garantite sul territorio re-gionale.Quali politicheLe scelte di localizzazione delle prin-cipali infrastrutture, nelle quali sonospesso coinvolte le Camere di com-mercio, deve essere rivisto in un’otti-ca di specializzazione dei centri ur-bani sul territorio, assicurando mobi-lità ed accessibilità con il sistema deitrasporti.I bilanci delle amministrazioni comu-nali. - Sintesi L’indagine fa emergere che i comunicon elevate spese per servizi ai citta-dini sono, di norma, quelli con indicisintetici di ricchezza medio alta.D’altra parte vi sono comuni chemantengono una maggiore flessibili-tà dei loro bilanci, pur contribuendodi meno all’innalzamento della quali-tà della vita delle loro aree territoriali.

Da un punto di vista più generale si épotuto osservare che comuni vicini,dal punto di vista territoriale, tendo-no a mantenere strutture simili deibilanci.Alcune considerazioniLe autonomie locali giocano un ruo-lo, spesso trascurato ma importan-te nello sviluppo del territorio. La ri-chiesta di maggiore autonomia perònon deve fare dimenticare chespesso l’impresa é legata al suo ter-ritorio e non sempre può scegliere ovuole scegliere una localizzazionediversa. Comportamenti fortementedisomogenei delle amministrazionilocali finiscono così per trasformarsiin svantaggi competitivi per la pic-cola impresa, o in spinte a localiz-zarsi altrove per la media e grandeimpresa.Quali politicheé necessario ritrovare un momentodi confronto sulle politiche delle am-ministrazioni comunali e le forze eco-nomiche, anche attraverso il contri-buto delle Camere di commercio. Itemi di lavoro sono molteplici: la rea-lizzazione delle opere pubbliche, lavalorizzazione del territorio, le politi-che di insediamento e, ultimo manon ultimo, i sistemi di imposizione edi tariffe che a livello locale colpisco-no l’impresa. Un sistema che si oc-cupi di osservare e aiuto un naturalee libero coordinamento delle autono-mie locali su questi temi non puònon vedere coinvolta l’impresa e isuoi sistemi di rappresentanza.

Presentazione dell’indagine su“La qualità della vita nei comuni dell’Emilia-Romagna – La nuova mappa del territorio regionale”

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1997 117Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Il modello econometrico di Prome-teia stima per il 1997 un aumentoreale del Prodotto interno lordo del-l’Emilia-Romagna pari allo 0,8 percento, in lieve accelerazione rispettoalla crescita prevista dallo stessoistituto per il 1996. Questa stimasembra coerente con l’andamentomoderatamente espansivo che hacontraddistinto l’economia dell’Emi-lia-Romagna. Se le previsioni saran-no rispettate, si registrerà un aumen-to lievemente più contenuto rispettoa quello dell’1,2 per cento previstoper il Paese in sede di Relazione pre-visionale e programmatica. Chi in-tende interpretare negativamentequesto andamento deve tuttaviaconsiderare che bisogna confrontarequesta situazione con una regione,quale l’Emilia-Romagna, che vantaposizioni di eccellenza, in ambito na-zionale, in termini di reddito pro ca-pite e di export, senza dimenticaregli indicatori del mercato del lavoro,tra i meglio intonati in ambito nazio-nale. Lo scenario di medio periodoredatto da Prometeia prevede tutta-via un apprezzabile miglioramentogià dal 1998. L’adesione alla primafase dell’Europa monetaria, semprepiù reale visti i buoni risultati ottenutiin termini di tassi d’interesse, d’infla-zione e di controllo della spesa pub-blica, dovrebbe stabilizzare verso ilbasso il sistema dei tassi, consen-tendo a tutta l’economia di benefi-ciare di costi del denaro più conte-nuti. La prosecuzione delle politichevirtuose in termini di spesa pubblicadovrebbe consentire di alleggerire lapressione fiscale, con conseguente

liberazione di risorse verso gli inve-stimenti, creando di conseguenzanuova occupazione. Fino al 2000 ilPil dell’Emilia-Romagna è previsto increscita a tassi superiori al 2 percento. Per quanto concerne i rami diattività, agricoltura, industria e servi-zi destinabili alla vendita faranno re-gistrare fra il 1998 e il 2000 aumentireali del valore aggiunto compresi frail 2-3 per cento. Meno accentuatasarà la crescita dei servizi non desti-nabili alla vendita, in gran parte rap-presentativi delle attività della Pub-blica amministrazione, il cui aumentosalirà dal modesto 0,4 per cento del1998 all’1,2 per cento del 2000. Iconsumi delle famiglie, dopo il lieveaumento dello 0,6 per cento previstoper il 1998, riprenderanno quota nel1999 per arrivare all’incremento del2 per cento previsto nel 2000. Partedi questo andamento sarà imputabi-le alla crescita dei salari, che si man-terrà superiore di circa un punto per-centuale all’evoluzione dei prezzi alconsumo. Gli investimenti torneran-no a crescere in misura consistente -oltre il 4 per cento - già dal 1998,mantenendo questo trend fino al2000. Le esportazioni saliranno atassi apprezzabili, compresi fra il 6 el’8 per cento. Le ricadute sull’occupazione di que-sto scenario non saranno tuttaviaimmediate. Nel 1998 è prevista unadiminuzione dello 0,8 per cento, chesi sommerà a quella dell’1,4 percento attesa per il 1997. Nel 1999 siregistrerà una situazione di sostan-ziale stazionarietà e solo dal 2000 siavrà una situazione moderatamente

espansiva pari allo 0,4 per cento. Lepersone in cerca di occupazione so-no destinate a salire nel biennio1997-1998. Dal 1999 fino al 2000 siavranno invece flessioni accentuate,pari rispettivamente al 5,1 e 8,2 percento. Se analizziamo a grandi lineel’evoluzione dei vari comparti pro-duttivi, si può evincere, come antici-pato, una tendenza di moderata ri-presa, che tuttavia non ha interessa-to tutti i settori. In estrema sintesi sipuò parlare di un 1997 tra luci e om-bre, quasi a configurare una sorta diponte verso un triennio, quale il1998-2000, che dovrebbe riservare,secondo le previsioni, una svolta fi-nalmente positiva. L’annata agraria,sulla base dei primi parziali dati, do-vrebbe accusare un sensibile calodella produzione lorda vendibile ingran parte dovuto alle avverse con-dizioni meteorologiche.L’industria manifatturiera - nel 1996ha concorso alla formazione del red-dito regionale con una quota del28,6 per cento - ha proposto tassi dicrescita di produzione e di fatturatopiù ampi rispetto ai moderati aumen-ti rilevati nel 1996. Il mercato internoha interrotto la tendenza negativa,mentre l'estero ha proposto incre-menti apprezzabili, più ampi di quelliregistrati nel 1996. L’artigianato haaccusato nei primi sei mesi un caloproduttivo. L’industria delle costru-zioni ha chiuso il primo semestre, re-gistrando un calo della produzioneche ha consolidato la tendenza ne-gativa in atto dal 1993. Il ricorso allaCassa integrazione guadagni di ma-trice anticongiunturale si è attenuato,

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mentre è diminuito l’utilizzo degli in-terventi straordinari. I contratti di so-lidarietà sono risultati in lieve aumen-to, ma si è contestualmente allegge-rita la consistenza delle liste di mobi-lità, mentre è aumentato il numerodei relativi iscritti che hanno trovatoun lavoro a tempo indeterminato. Leattività commerciali sono state carat-terizzate da un ulteriore calo dellaconsistenza delle imprese, apparsoparticolarmente ampio nel compartoal dettaglio. L’andamento delle ven-dite - il settore del commercio, assie-me agli alberghi e pubblici esercizi,ha contribuito nel 1996 al 18 percento del reddito emiliano-romagno-lo - è stato caratterizzato dai segnalinegativi emersi nella piccola distribu-zione, rispetto alla moderata crescitarilevata nel grandi esercizi. L’occupa-zione, escludendo gli alberghi e pub-blici esercizi, è risultata in aumentodello 0,6 per un totale di circa 1.700addetti. I trasporti portuali sono ap-parsi in ripresa, superando significa-tivamente il movimento del 1996 elievemente gli eccellenti livelli del1995. Le esportazioni sono apparsein apprezzabile crescita, anche seben al di sotto degli aumenti a duecifre riscontrati nel 1995. Al deluden-te andamento dei primi tre mesi, ri-sultati in calo tendenziale del 6,9 percento, è subentrata l’ottima intona-zione del periodo aprile-giugno. Nelprimo semestre 1997, l’Istat ha cosìregistrato vendite all’estero per unvalore di poco inferiore ai 22 mila mi-liardi di lire, vale a dire il 3,7 per cen-to in più rispetto allo stesso periododel 1996. L’aumento assume conno-

tati ancora più positivi se si conside-ra che è maturato in un contesto na-zionale di sostanziale stagnazione(0,6 per cento) e che in importanti re-gioni, quali Piemonte, Lombardia eVeneto, sono stati rilevati dei decre-menti. In moderata crescita sono ri-sultate anche le regolazioni in valutasuperiori ai venti milioni di lire regi-strate dall'Ufficio italiano dei cambi,passate da 15.878 a 16.260 miliardidi lire. L’incremento percentuale, pa-ri al 2,4 per cento, è risultato lieve-mente superiore all’aumento del 2per cento riscontrato nel Paese. Ilmercato del lavoro ha dato segnalicontrastanti. Sulla base delle rileva-zioni condotte dall’Istat, da gennaioa luglio del 1997 è stata registratauna serie di incrementi tendenzialidell’occupazione, che hanno deter-minato un aumento medio, rispettoai primi sette mesi del 1996, pari allo0,5 per cento, equivalente, in terminiassoluti, a circa 9.000 persone. L’en-tità della crescita è indubbiamentemodesta - nei primi sette mesi del1996 l’aumento era stato pari all’1,5per cento - ma è maturata in un con-testo nazionale che non ha presenta-to alcun progresso. Note meno posi-tive hanno riguardato le persone incerca di occupazione. Ogni trimestreha accusato aumenti tendenziali, ap-parsi piuttosto ampi in aprile. Nellamedia dei primi sette mesi è stato ri-levato in Emilia-Romagna un incre-mento dell’11,4 per cento, che ha in-nalzato il tasso di disoccupazione al6,1 per cento (12,2 per cento nelPaese) rispetto al 5,6 per cento delperiodo gennaio-luglio 1996. Il setto-

re del credito, ha fatto registrare undecremento dei depositi superiore aquello riscontrato nel Paese e unaminore dinamica dal lato della cresci-ta degli impieghi. Il rapporto soffe-renze-impieghi si è ridotto a frontedella crescita nazionale. La stagioneturistica è stata caratterizzata dal ca-lo delle presenze, in particolare stra-niere. Miglioramenti degni di nota so-no inoltre venuti dai trasporti aerei (aBologna è stato riscontrato un nuovomovimento record di passeggeri) eferroviari, apparsi in ulteriore aumen-to in termini di merci. Il movimentoportuale è stato caratterizzato dallaripresa dei traffici, superando anchegli eccellenti livelli del 1995. L'asset-to imprenditoriale ricavato dai daticontenuti nel Registro delle impreseè apparso in crescita se confrontatocon la situazione in essere a fine set-tembre 1996: la consistenza delleimprese attive, senza considerare ilgruppo delle imprese agricole (leiscrizioni degli imprenditori agricolto-ri e ittici in ossequio alla nuova nor-mativa hanno reso problematico ilconfronto con il passato) è passatada 303.058 (310.471 con l’agricoltu-ra e pesca) a 305.148 unità (406.611con l’agricoltura e pesca). Il saldo fraimprese iscritte e cessate, senzaconsiderare l’agricoltura-pesca, è ri-sultato attivo per 2.247 imprese,contribuendo a determinare un indi-ce di sviluppo di segno moderata-mente positivo, lievemente inferiore aquello calcolato nei primi nove mesidel 1996. Il ciclo degli investimenti,secondo le previsioni proposte dalmodello econometrico di Prometeia,

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1997 119Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

dovrebbe riservare per il 1997, unaumento reale pari all’1,3 per cento,lievemente inferiore all’incrementodell’1,6 per cento stimato per il 1996e alla crescita stimata per il Paese.Gran parte del rallentamento è daimputare alla decelerazione degli in-vestimenti in costruzioni, il cui incre-mento è passato dal 2,1 all’1,1 percento. Più dinamici sono invece risul-tati gli investimenti in macchine, at-trezzature e mezzi di trasporto, il cuiaumento dovrebbe salire dall’1,1 del1996 all’1,5 per cento del 1997, in li-nea con la tendenza nazionale. Pas-siamo ora ad illustrare più dettaglia-tamente alcuni temi specifici dellacongiuntura del 1997, rimandando aicapitoli specifici coloro che desidera-no un ulteriore approfondimento.Il mercato del lavoro in Emilia-Ro-magna ha proposto segnali contra-stanti. La modesta crescita occupa-zionale non è stata sufficiente acontenere il tasso di disoccupazio-ne complessivo che si è attestato al6 per cento. Questo tasso, abba-stanza contenuto in rapporto allealtre regioni italiane, è la composi-zione del saggio di disoccupazionemaschile rimasto fermo al livellodell’anno scorso (3,4 per cento) e diquello femminile che, rispetto alloscorso anno, è cresciuto di quasiun punto percentuale, attestandosial 9,5 per cento. La modesta cre-scita occupazionale è stata deter-minata da un incremento dell’1 percento dell’industria e da aumentidelle costruzioni e del terziario paririspettivamente all’1,7 per cento eal 0,5 per cento. L’agricoltura, vice-

versa, ha continuato a perdere oc-cupati (-3,9 per cento).Segnali lievemente più incoraggian-ti sono arrivati dalle liste di mobilità,la cui consistenza ha conosciutouna lieve contrazione (-2,2 per cen-to). I dati relativi alla Cassa integra-zione guadagni straordinaria e ordi-naria sono apparsi meno positivi.Per la prima è stato registrato un in-cremento della media dello stock diimprese che avevano in corso istan-ze. Per la Cassa integrazione ordi-naria di matrice anticongiunturale, ilricorso è andato via via attenuando-si nel corso dell’anno, senza tutta-via evitare una crescita del numerodi ore autorizzate nei primi novemesi pari al 38,6 per cento. Un altroaspetto negativo è stato rappresen-tato dal lieve decremento degli av-viati con contratto di formazione-la-voro pari all’1,1 per cento nei primisette mesi. Un fattore in rapida cre-scita è stato costituito dalla presen-za di extracomunitari. Nella primametà del 1997 gli iscritti nelle liste dicollocamento sono cresciuti di qua-si il 29,8 per cento. I lavoratori ap-partenenti a questa componentedella forza lavoro si segnalano perle scarse qualifiche scolastiche dicui sono dotati: oltre il 90 per centorisulta del tutto privo di un titolo distudio riconosciuto dalle autoritàitaliane. Resta, infine, da segnalareche l’incidenza relativa degli avvia-menti a tempo determinato e a tem-po parziale continua a crescere inmodo estremamente rapido. Que-sta variabile quest’anno si è atte-stata al 67,4 per cento.

L’annata agraria è stata caratteriz-zata dalle avverse condizioni me-teorologiche, che hanno penalizza-to soprattutto le produzioni fruttico-le, determinando sensibili cali dellequantità prodotte e conferite all’in-dustria, con conseguente minoreimpiego della forza lavoro. Quantifi-care il calo della produzione lordavendibile sulla base dei primi par-ziali risultati quantitativi non è faci-le, tuttavia non è da escludere unaflessione superiore al 10 per cento.La campagna 1997 del frumento te-nero è risultata quanto mai condi-zionata dal comportamento anoma-lo del clima. Questo andamento si èriflesso sulla situazione dei prezziapparsi in calo nel periodo da luglio1996 a giugno 1997 del 13,3 percento. La campagna del frumentoduro è stata caratterizzata da unarilevante diminuzione delle semine.Le quotazioni del mais sono calatedel 24,8 per cento nel periodo com-preso fra settembre 1996 e agosto1997. La produzione dei foraggi si èattestata prevalentemente su valoricontenuti. La produzione della bar-babietola da zucchero dovrebbe ri-sultare superiore a quella delloscorso anno tra il 13 per cento e il15 per cento. La commercializza-zione dei meloni è terminata su tonimolto soddisfacenti per la ridottaofferta. La produzione dei cocomeriè risultata scarsa, ma con prezzilargamente superiori a quelli delloscorso anno. I prezzi delle patatehanno beneficiato di un incrementodel 40 per cento. Per la vendemmiasi può parlare di annata notevole.

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La produzione di uva da vino - di ot-tima qualità - è risultata superioredel 16 per cento. Il raccolto di pereè diminuito sensibilmente rispettoallo scorso anno (-30 per cento),con prezzi attestati su alti livelli. An-che la produzione di mele è risulta-ta in ribasso (10 per cento). Ci si at-tendeva tuttavia una riduzione piùconsistente e i prezzi ne hanno ri-sentito. La produzione delle susinesi è ridotta rispetto allo scorso an-no. Le migliori partite sono state as-sorbite solo a prezzi scarsamenteremunerativi. La produzione di pe-sche e nettarine si è drasticamenteridotta a seguito del crollo della re-sa, dovuto al maltempo. La mercedi qualità ha ottenuto discreti risul-tati commerciali. La produzione dialbicocche si è ridotta sensibilmen-te come quella di kiwi. La produzio-ne delle ciliegie è diminuita di circail 15 per cento. Le partite superstitihanno realizzato ottime quotazioni.Il settore bovino ha ancora forte-mente risentito della situazione sa-nitaria in Europa dipendente dal fe-nomeno della Bse. Sono continuatele tensioni derivanti dalla questionedelle quote latte. L’andamento mer-cantile dei suini è stato fortementeinfluenzato dalla peste suina esplo-sa in Europa, ma l’atteso forte in-cremento dei prezzi delle carni nonsi è realizzato. Secondo quanto in-dicato dall’Aerac, il 1997 non pareoffrire grosse prospettive per il set-tore avicunicolo. Nonostante ciò iprezzi delle uova (53-63 gr.) hannoregistrato un incremento del 32 percento. I prezzi del Parmigiano Reg-

giano sono stati mediamente ce-denti e inferiori a quelli molto eleva-ti dello scorso anno, mentre la pro-duzione è aumentata lievemente.L’andamento del prezzo del burroha visto una ripresa dopo la metàdel 1996, ma il prezzo medio negliultimi dodici mesi è risultato inferio-re del 7 per cento.Per quanto concerne la pesca ma-rittima, nei primi sette mesi del1997 il pescato introdotto e vendu-to nei mercati ittici regionali ha regi-strato un aumento in quantità del17,1 per cento e in valore dell’11,4per cento sullo stesso periodo del1996, che si è tradotto in una dimi-nuzione del prezzo medio pari al 4,9per cento. I pesci che costituisconol’89 per cento del prodotto introdot-to, sono aumentati quantitativa-mente del 15 per cento, mentre ilprezzo medio è diminuito dell’11,9per cento. I molluschi, pari al 15,8per cento del valore totale, sonoaumentati considerevolmente, ac-cusando una lieve diminuzione delrelativo prezzo medio pari al 3,4 percento. I crostacei costituisconoquasi il 20 per cento del valorecomplessivo. La relativa quantitàscambiata è aumentata appenadell’1,3 per cento. Il moderato in-cremento dell’offerta si è tuttaviaconiugato all’apprezzabile crescitadei prezzi pari al 12,5 per cento.La produzione sbarcata - il dato silimita a solo tre zone di competen-za - si è ridotta del 7,8 per cento.Molluschi (69,6 per cento del totale)e crostacei sono aumentati rispetti-vamente del 2,3 e 14,8 per cento.

Per i pesci (pari al 26,5 per centodel pescato) è stata rilevata unaflessione del 28,3 per cento.Il consueto quadro sull'industriaenergetica non può essere de-scritto come in passato, in quantol’Enel ha fermato la divulgazione deidati di produzione al mese di set-tembre 1996. Per avere un’idea al-meno sommaria sui flussi di energiaelettrica bisogna fare riferimento aidati relativi all’energia venduta del-l’Enel, che la sede di Bologna dellostesso Ente ha messo a disposizio-ne relativamente al primo semestredel 1997. Tali dati non vanno confu-si con i consumi, poiché non tengo-no conto, ad esempio, dell’impor-tante segmento dell’autoproduzio-ne. Tuttavia se guardiamo agli an-damenti degli anni scorsi consumied energia venduta hanno quasisempre proposto variazioni dellostesso segno. Nel primo semestrele vendite, compresa la quota dei ri-venditori, sono ammontate a 8.628miliardi e 523 milioni di chilovattori,vale a dire lo 0,6 per cento in più ri-spetto ai primi sei mesi del 1996. Lacrescita più ampia, pari al 2,8 percento, ha riguardato gli usi domesti-ci. L’illuminazione pubblica - questiconsumi possono dipendere dal-l’ampliamento delle zone edificate -ha registrato un modesto incremen-to pari allo 0,9 per cento. Nelleutenze diverse dagli usi domestici,che in pratica coincidono con ilmondo della produzione, è stato ri-levato un lieve aumento dello 0,2per cento, determinato dalle cresci-te rilevate nelle utenze con oltre 31

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Kw, che hanno compensato il lievecalo dello 0,2 per cento riscontratoin quelle fino a 30 Kw. In teoria lepiccole imprese sembrerebberoavere vissuto una fase produttivasostanzialmente stagnante, in lineacon la fase negativa vissuta dalleimprese artigiane nel primo seme-stre. Per restare in tema di energia,il consumo di metano dell'Emilia-Romagna dei primi nove mesi del1997 è ammontato, secondo i datiforniti dalla S.n.a.m., a 5.172 miliar-di e 123 milioni di 38.100 Kjoule almetro cubo rispetto ai 5.514 miliar-di e 78 milioni dello stesso periododel 1996, per un decremento per-centuale pari al 6,2 per cento. Laflessione è da attribuire essenzial-mente alla forte diminuzione, pariall’11,6 per cento, riscontrata nellereti cittadine - hanno inciso per cir-ca il 39 per cento del consumo glo-bale - e, soprattutto, nel gas desti-nato alla produzione di energia ter-moelettrica, sceso del 26,5 percento. L'industria ha consumatoquasi 2 miliardi e 642 milioni di me-tri cubi (l’unità di misura è sempre38.100 Kjoule/metro cubo), supe-rando dell’1,9 per cento la quantitàutilizzata nei primi nove mesi del1996. In ambito settoriale i più forticonsumatori di metano sono nuo-vamente risultate le industrie chimi-che e della trasformazione dei mi-nerali non metalliferi. Il solo settoredelle ceramiche, gres e materiali re-frattari, che comprende al suo inter-no l’importante segmento della pro-duzione di piastrelle, ha consumatocirca 957 milioni di metri cubi, equi-

valenti a quasi il 19 per cento del-l’intero consumo emiliano-roma-gnolo. Le industrie chimiche hannosuperato i 640 milioni di metri cubi,pari a circa il 12 per cento del tota-le. I consumi destinati all'autotrazio-ne (1,6 per cento del totale) sonocresciuti del 2,3 per cento, consoli-dando la tendenza espansiva. Dasegnalare infine l’aumento dell’8,8per cento registrato nei consumidestinati alla cogenerazione per te-leriscaldamento.I primi nove mesi del 1997 si sonochiusi, per l’industria manifattu-riera, con tassi di crescita più ampirispetto a quelli riscontrati nellostesso periodo del 1996. Alla fasemoderatamente recessiva riscon-trata fra la fine del 1996 e l’inizio del1997 è subentrata, dalla primavera,un tendenza espansiva che si è pro-tratta anche nel periodo estivo.Il volume della produzione è aumen-tato, tra gennaio e settembre, del3,2 per cento rispetto allo stessoperiodo del 1996, che a sua volta ri-sultò in crescita dell’1,6 per centorispetto ai primi nove mesi del1995. A questa accelerazione si èconiugata la sostanziale stabilità delgrado di utilizzo degli impianti e lacrescita del 4,2 per cento delle orelavorate mediamente dagli operai eapprendisti. Il fatturato è aumentatoin termini monetari del 3,7 per cen-to, rispetto all’incremento del 3,4per cento rilevato nei primi novemesi del 1996. Dal lato della reddi-tività, in rapporto all’inflazione, sia-mo di fronte ad un margine suffi-ciente - oltre due punti percentuali -

più ampio di quello riscontrato nel1996, quando crescita delle venditeed inflazione vennero a coincidere.In termini reali, ovvero senza consi-derare l’aumento dei prezzi alla pro-duzione, è stato registrato un ap-prezzabile aumento del 2,3 per cen-to, più ampio di quello rilevato neiprimi nove mesi del 1996, quandol’incremento risultò pari ad appenalo 0,5 per cento. La domanda è ap-parsa in ripresa. Il mercato interno,dopo il calo tendenziale del primotrimestre, è tornato a proporre au-menti significativi, che hanno per-messo di chiudere i primi nove me-si con un incremento medio pari al3,1 per cento, rispetto alla lieve va-riazione negativa dello 0,5 per cen-to riscontrata nei primi nove mesidel 1996. Gli ordini dall’estero sonocresciuti più velocemente di quelliinterni, distinguendosi significativa-mente dal trend di sostanziale sta-gnazione rilevato nei primi nove me-si del 1996. La quota di esportazio-ni sul fatturato ha sfiorato il 33 percento, migliorando di oltre un puntopercentuale i valori emersi nei priminove mesi del 1996. E’ dal 1993,anno successivo alla svalutazione,che questo rapporto appare in co-stante crescita. L’aumento mediodei prezzi alla produzione è statopari all’1,4 per cento, risultando in-feriore di oltre un punto percentualeall’evoluzione dei primi nove mesidel 1996. La rivalutazione della liraha indotto le imprese a proseguirenella politica di contenimento deiprezzi, allo scopo di mantenere lequote di mercato conquistate nei

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mesi precedenti. Il periodo di pro-duzione assicurato dal portafoglioordini si è attestato poco oltre i tremesi, confermando la situazioneemersa nei primi nove mesi del1996. L’approvvigionamento deimateriali destinati alla produzione èrisultato meno difficile, consolidan-do i miglioramenti emersi nel 1996,dopo le forti difficoltà che avevanocontraddistinto tutto il 1995. Le gia-cenze dei prodotti destinati allavendita sono state dichiarate inesubero da una quota più ridotta diaziende. L’occupazione è apparsamediamente in crescita, da gennaioa settembre, del 2,4 per cento. Neiprimi nove mesi dell’anno si regi-strano di norma degli aumenti, inquanto è molto forte l’influenza del-le assunzioni stagionali effettuatedalle industrie alimentari nel periodoestivo. Al di là di questa considera-zione, resta tuttavia un andamentomeglio intonato rispetto a quello ri-scontrato nei primi nove mesi del1996. La stessa tendenza espansi-va è emersa dalle rilevazioni sulleforze di lavoro. Il dato va tuttaviavalutato con una certa cautela inquanto le informazioni rese disponi-bili dall’Istat, a parte la diversità deimetodi di rilevazione adottati e deiperiodi presi in esame, riguardanol’industria in senso stretto, checomprende, oltre al settore manifat-turiero anche quello energetico.Fatta questa premessa, nei primisette mesi del 1997 è stata riscon-trata in Emilia-Romagna una cresci-ta media dello 0,4 per cento rispet-to allo stesso periodo del 1996,

equivalente, in termini assoluti a cir-ca 2.000 persone. Le ore autorizza-te di Cassa integrazione per inter-venti anticongiunturali sono passateda 1.850.899 dei primi nove mesidel 1996 a 2.658.334 dello stessoperiodo del 1997, per un incremen-to percentuale pari al 43,6 per cen-to. Questo andamento è risultato incontro tendenza con la ripresa av-viata nel secondo trimestre. Biso-gna tuttavia evidenziare che il ricor-so si è attenuato nel corso dell’an-no, essendo passato dall’aumentodel 97,5 per cento dei primi tre me-si al 64,3 per cento dei primi seimesi per arrivare, come visto, al43,6 per cento dei primi nove mesi.Gli interventi strutturali rappresenta-ti dalle ore autorizzate di Cassa in-tegrazione straordinaria sono risul-tati in crescita: da 1.598.942 deiprimi nove mesi del 1996 si è pas-sati a 1.807.151 dello stesso perio-do del 1997, per un aumento per-centuale pari al 13 per cento. L’in-cremento è stato determinato dallacomponente operaia aumentata del26,3 per cento a fronte del calo del4,8 per cento riscontrato per gli im-piegati. Questo andamento si è co-niugato alla ripresa delle istanze incorso. I dati disponibili fino alla finedel primo semestre, raccolti dall’Uf-ficio regionale del lavoro (si riferi-scono al complesso dell’industria),hanno rilevato 1.707 dipendenti in-teressati dalla Cig rispetto ai 1.464dell’anno precedente. Note moderatamente positive, al-meno sotto l’aspetto meramentenumerico, sono invece venute dai

fallimenti dichiarati passati dai 127della prima metà del 1996 ai 121dello stesso periodo del 1997.Per quanto concerne lo sviluppoimprenditoriale sono disponibili datirelativi ai primi nove mesi. Le impre-se attive esistenti a fine settembre1997 sono risultate 58.636 rispettoalle 59.460 rilevate nello stesso pe-riodo del 1996. Questa diminuzionesi è associata al negativo andamen-to delle iscrizioni e cessazioni, conquest’ultime a prevalere sulle primeper 455 imprese, rispetto al passivodi 68 unità registrato nei primi novemesi del 1996.A differenza dell'industria manifattu-riera, l’industria delle costruzioninon sembra fornire segnali di ripre-sa. La persistente crisi del settoretrova conferma nei dati dell'indagi-ne condotta da Unioncamere eCentro Servizi Quasco relativamen-te al primo semestre 1997. Il trendnegativo della produzione e dellaacquisizione delle commesse è pro-seguito. A questa situazione si èaggiunto il preoccupante andamen-to degli appalti pubblici, con oltre lametà degli importi ad appannaggiodi imprese provenienti da fuori re-gione. La concorrenza attuata dalleimprese con sede fuori regione, chenon si limita solamente agli incarichipubblici, ma che coinvolge anche ilmercato privato, è una delle princi-pali cause della crisi che sta attra-versando il settore. Le imprese chemaggiormente hanno risentito delperiodo congiunturale negativo so-no state soprattutto quelle di picco-le dimensioni (meno di 50 addetti),

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e rivolte quasi esclusivamente allaproduzione edilizia: le piccole im-prese sono anche quelle con una vi-sione più pessimistica per il futuro,prevedendo il permanere di un qua-dro negativo. La debolezza delladomanda costituisce ancora il prin-cipale problema del settore, avverti-to da oltre due terzi delle imprese.L'occupazione nelle imprese indu-striali di costruzioni del campioneha subito nella prima parte del 1997una nuova accelerazione negativa.Su base annua il calo dovrebbe es-sere superiore a quello registratonei primi sei mesi. In questi ultimi anni il settore delcommercio interno è stato pena-lizzato dalla sostanziale stagnazio-ne dei consumi. E’ inoltre in corsoun processo di ristrutturazione cheha colpito principalmente il com-mercio al dettaglio. Rispetto al set-tembre 1996, è stato rilevato un de-cremento dell’1,1 per cento delleimprese attive operanti nel settore.Il commercio al dettaglio è risultatoil più colpito con un decremento pa-ri al 2,4 per cento. Una sostanzialetenuta è stata invece riscontrata nelcommercio all’ingrosso (0,9 percento) e negli alberghi e ristoranti(0,5 per cento). L’occupazione(escluso il comparto degli alberghi epubblici esercizi), viceversa, è pas-sata attraverso un’annata discreta,con una crescita corrispondente al-lo 0,6 per cento. Per quanto con-cerne le vendite al dettaglio è statorilevato, in un campione di imprese,un modesto incremento che è tutta-via dipeso da andamenti piuttosto

differenziati. Ai moderati progressidella grande distribuzione si è con-trapposta la difficile situazione deipiccoli esercizi, che hanno dichiara-to diminuzioni delle vendite in oltre il50 per cento dei casi.Il commercio estero continua adessere per l'Emilia-Romagna unodei fattori competitivi di successo.La crescita nei primi sei mesi del1997 rispetto allo stesso periododell'anno precedente, è stata del3,7 per cento, percentuale inferioreai valori registrati negli ultimi anni,ma superiore all'incremento del to-tale Italia (+0,6 per cento). Il datoregionale è in contro tendenza al-l'andamento evidenziato dalle re-gioni che maggiormente incidonosull'export nazionale, caratterizzateda variazioni di segno negativo. Ciòtrova spiegazione principalmentenelle esportazioni registrate dalcomparto dei mezzi di trasporto, inparticolare di autoveicoli, in crescitain Emilia-Romagna, ma in sensibilediminuzione nelle altre regioni. La crescita delle esportazioni non siè manifestata in maniera uniformenelle province emiliano-romagnole:variazioni di segno negativo sonostate registrate nelle province diParma (-1,6 per cento), e Forlì-Ce-sena. Le province che hanno evi-denziato tassi di crescita superiorialla media sono risultate Modena(+6 per cento) e soprattutto Rimini,Piacenza e Ferrara aumentate di ol-tre il 10 per cento rispetto ai primisei mesi del 1996. Modena si con-ferma la provincia che maggiormen-te incide sull'export regionale, com-

mercializzando un quarto dei beniesportati dall'Emilia-Romagna. Ri-spetto al 1996 è da rilevare la pre-stazione di Ferrara, che ha aumen-tato la propria incidenza percentua-le, passando al 6,4 per cento deltotale dell’export regionale, supe-rando Ravenna e Forlì-Cesena. L’Unione europea costituisce oramainelle strategie imprenditoriali unmercato domestico: nel 1996 quasiil 60 per cento delle esportazioni èstato commercializzato sul mercatocomunitario. Rispetto al passato,l’incidenza del mercato dell’Unioneeuropea è tuttavia in calo. Si stannoaprendo importanti sbocchi com-merciali verso nuovi mercati qualiquelli dell’Europa centrale e dei nuo-vi paesi industrializzati (Argentina,Brasile, Corea del Sud, Israele,...). La stagione turistica 1997 è statacaratterizzata, sulla base dei datiprovenienti dalle Amministrazioniprovinciali, da un andamento nega-tivo. Tutte le province per le quali sidispone di dati hanno registratoflessioni delle presenze. A Rimini,capitale del turismo regionale, èstata rilevata una diminuzione supe-riore al 5 per cento. Anche i dati re-lativi ai flussi di arrivo non sono ap-parsi particolarmente incoraggianti.Le flessioni hanno riguardato sia ituristi italiani, sia quelli stranieri. Anche dai dati che riguardano il so-lo turismo balneare provengono se-gnali complessivamente negativi. Irisultati più insoddisfacenti sonostati rilevati nei centri balneari inprovincia di Rimini. Questi ultimi so-no i soli per i quali (con l’eccezione

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di Cattolica) si rilevano tassi di cre-scita negativi per quello che riguar-da i flussi degli arrivi di turisti italianie stranieri. I Lidi di Comacchio, Cer-via e, in generale, i centri balneari inprovincia di Ravenna registrano, vi-ceversa, tassi di crescita positivi.Se si considerano le presenze, i da-ti appaiono più omogenei, con dimi-nuzioni più o meno accentuate pertutte le località. Per quello che ri-guarda quest’area turistica - nel1996 ha coperto il 77,8 per centodelle presenze regionali - si può os-servare che una delle cause più im-portanti di questa contrazione èstata dovuta al decremento dei turi-sti stranieri.L’andamento dei trasporti aereicommerciali rilevato nei tre princi-pali scali dell'Emilia-Romagna èstato contraddistinto da una ten-denza prevalentemente espansiva,in linea con quanto emerso nel Pae-se. L'aeroporto Guglielmo Marconidi Bologna, il più importante dellaregione con il 92 per cento del mo-vimento passeggeri rilevato nel1996 - ha fatto registrare nei primidieci mesi del 1997, secondo i datidiffusi dal servizio Comunicazione emarketing della S.a.b., un nuovosensibile incremento dei traffici, cheha rafforzato la tendenza espansivain atto da lunga data. I passeggerimovimentati sono ammontati a2.192.761 contro 1.911.483 dellostesso periodo del 1996. In apprez-zabile aumento è risultato anche iltraffico di aeromobili - da 34.566 a37.730 - che si è valso del raddop-pio del traffico dei charter nazionali.

Lo scalo riminese nei primi novemesi del 1997, secondo i dati ela-borati da Aeradria, ha registrato unasostanziale contrazione del trafficoaereo, che si è associata alla fles-sione rilevata sulla riviera romagno-la in termini di arrivi stranieri. I char-ter movimentati sono risultati 1.865rispetto ai 1.876 dei primi nove me-si del 1996. I passeggeri arrivati epartiti sono ammontati a 205.152,vale a dire il 9,2 per cento in menorispetto al gennaio-settembre 1996.Nello scalo forlivese - il traffico èprevalentemente costituito dai volicharter - è stata rilevata, secondo idati raccolti da Civilavia, una ampiacrescita dei voli, cui non è corrispo-sto un eguale andamento del movi-mento passeggeri diminuito da11.816 a 11.022 unità.I trasporti portuali dei primi novemesi del 1997, secondo i dati diffu-si dall'Autorità portuale di Ravenna,sono stati caratterizzati da un movi-mento merci pari a 14.502.236 ton-nellate, con un aumento del 2,9 percento rispetto allo stesso periododel 1996 che è equivalso, in terminiassoluti, a circa 414.000 tonnellate.Si tratta di un andamento che sipuò considerare soddisfacente, so-prattutto se si tiene conto che èmaturato in un contesto generaletendenzialmente calante e che èstato lievemente superato anchel’eccellente livello conseguito neiprimi nove mesi del 1995. Il movi-mento marittimo si è allineato al po-sitivo andamento delle merci movi-mentate. Nei primi nove mesi del1997 sono arrivati e partiti 6.510

bastimenti rispetto ai 6.160 dellostesso periodo del 1996. L’aumen-to del 5,7 per cento che ne è deri-vato è da attribuire al dinamismodelle navi battenti bandiera nazio-nale, salite da 2.099 a 2.406, men-tre quelle straniere sono passate4.061 a 4.104.I trasporti ferroviari sono valutatisulla base dei dati trasmessi dalleFerrovie dello Stato facenti capo alCoordinamento Territoriale Centro,ex-Compartimento di Bologna. L’a-nalisi del traffico passeggeri, desun-to dai biglietti e abbonamenti ven-duti nella stazioni localizzate in Emi-lia-Romagna, non risulta delle piùfacili, in quanto è oltremodo difficilevalutare il volume di traffico effettivosulla base delle emissioni effettuate.Tanto per fare un esempio, un abbo-namento annuale conta per uno, ri-spetto ai dodici abbonamenti men-sili equivalenti e via di questo passo.Inoltre dal 1997 non è possibilequantificare la fascia di biglietti ven-duti presso le ricevitorie Sisal. Sitratta di volumi sostanzialmente ri-dotti, ma in grado tuttavia di provo-care qualche distorsione statistica.Ciò premesso, nei primi sette mesidel 1997 le emissioni di abbona-menti e biglietti - è esclusa la quotadelle agenzie di viaggio - sono dimi-nuite del 3,9 per cento rispetto allostesso periodo del 1996. Si tratta diun andamento che appare sostan-zialmente negativo, ma che tuttaviadeve essere interpretato alla lucedelle considerazioni sopra espresse.Il traffico merci dei primi nove mesidel 1997 nelle stazioni situate in

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Emilia-Romagna è stato caratteriz-zato da una movimentazione a car-ro per complessivi 7.241.505 tonn.,vale a dire l’1,1 per cento in più ri-spetto allo stesso periodo del 1996.Per quanto concerne il bestiamenon è pervenuta alcuna segnalazio-ne di movimento.Per quanto riguarda il credito, l’E-milia-Romagna è la regione italianache dispone della maggiore densitàdi sportelli bancari per abitante. Ilritmo di apertura di nuovi sportelli inregione è stato superiore a quellonazionale e si è notevolmente incre-mentato nel corso del 1997. La ri-composizione del passivo bancarioè uno dei principali fenomeni in cor-so oggi nel mercato creditizio, de-terminato dall’ampio processo di ri-composizione del portafoglio dellefamiglie. A livello regionale alla finedi giugno la riduzione tendenzialedei depositi è risultata pari al 4,4per cento, largamente superiore aquella nazionale (-1,6 per cento). Iltotale degli impieghi nazionali ha re-gistrato un incremento tendenzialedel 6,4 per cento, lievemente supe-riore a quello regionale (+5,5 percento). Al 30 giugno 1997, a livellonazionale le sofferenze facevano ri-sultare un incremento tendenzialedell’1,3 per cento. In Emilia-Roma-gna è stato invece registrato un ca-lo tendenziale del 3,6 per cento. Larelativa quota sugli impieghi è statapari a poco più della metà di quellanazionale. Nel corso del 1997 si èassistito a una generale tendenzaalla riduzione dei tassi di interesse.Per quanto riguarda i tassi attivi,

quelli medi sugli impieghi in lire sisono costantemente ridotti a partiredagli ultimi mesi del 1995, passan-do da valori prossimi al 13 per cen-to, a livelli di poco superiori al 9 percento, prossimi al prime rate Abi.L’andamento dei tassi passivi ha ri-sentito della generale fase di ridu-zione dei tassi attivi e della ricom-posizione del passivo bancario. Iltasso medio sui depositi in lire si èridotto a partire dal secondo trime-stre ’96, passando da livelli prossi-mi al 6,5 per cento nel maggio1996, a livelli del 4 per cento a set-tembre ’97.Nel Registro delle imprese figura-va a fine settembre 1997 una consi-stenza di 406.611 imprese attive ri-spetto alle 310.471 di fine settembre1996, per un incremento tendenzialepari al 31 per cento. La crescita èsenz’altro ampia, ma discende ingran parte dalle iscrizioni delle azien-de agricole avvenute nel 1997, in os-sequio alla Legge n. 580 del 29 di-cembre 1993, che prevede l’obbligod’iscrizione al Registro delle Impreseper tutti coloro che esercitano attivi-tà imprenditoriali, compresi queisoggetti prima esentati quali le so-cietà semplici, i piccoli imprenditori,gli imprenditori agricoli e coltivatoridiretti. Se dalla consistenza generaletogliamo il gruppo dell’agricoltura epesca abbiamo ugualmente un au-mento, ma molto più contenuto, ri-spetto a quello generale, pari allo 0,7per cento. Il flusso delle iscrizioni ecessazioni rilevato da gennaio a set-tembre, escluso l’agricoltura-pesca,ha visto prevalere le prime sulle se-

conde per 2.247 imprese. Nei priminove mesi del 1996 il corrisponden-te saldo generale risultò positivo per4.078. Se si analizza l'evoluzione deivari rami di attività si può evincereche l'aumento tendenziale dello 0,7per cento del numero delle impresein essere (non è considerato il grup-po delle attività primarie) è stato de-terminato da andamenti abbastanzadifferenziati. Settori numericamenteforti come l’industria manifatturiera eil commercio hanno accusato dimi-nuzioni pari rispettivamente all’1,4 e1,1 per cento. In apprezzabile cre-scita sono di contro risultate, fra glialtri, l’attività immobiliare, noleggioetc. (4,9 per cento) l’industria dellecostruzione (3,9) e l’intermediazionemonetaria e finanziaria (3,4). Aumen-ti degni nota sono stati inoltre rileva-ti nei servizi pubblici, sociali, perso-nali e sanitari. Per alberghi, ristorantie pubblici esercizi e trasporti, ma-gazzinaggio e comunicazioni si puòparlare di sostanziale tenuta. Un al-tro aspetto del Registro delle impre-se è rappresentato dallo status delleimprese registrate. Quelle attive co-stituiscono la maggioranza, con unaquota del 91 per cento. Poi esistetutta la serie di inattive, sospese, li-quidate e in fallimento che rimango-no formalmente iscritte nel Registrodelle imprese. Se confrontiamo la si-tuazione in essere a fine settembre1997 con quella dello stesso periododel 1996 si può osservare un anda-mento non privo di ombre. Al di làdel forte aumento delle imprese atti-ve che discende, come precedente-mente descritto, dalle massicce

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iscrizioni delle imprese agricole, sisono avuti aumenti di una certa con-sistenza nelle imprese liquidate (5,7)e fallite (5,1), anche se più contenutirispetto all’evoluzione rilevata nel1996. Si è di contro alleggerita laconsistenza delle imprese inattive (-1,6 per cento) e sospese (-10,6). Al-l'incremento delle imprese attive si ècoerentemente associato l'aumentodelle cariche esistenti, salite nell'ar-co di un anno da 691.934 a827.755. Questi dati sono fortemen-te influenzati dalle iscrizioni delle im-prese agricole e non si possono per-tanto prestare a particolari analisi.L’unica annotazione degna di notariguarda la classe di età delle variecariche. Con l’entrata degli impren-ditori agricoli, gli ultracinquantennihanno inciso per il 40 per cento deltotale rispetto al 34,4 per cento delsettembre 1996. Per i soli titolari lapercentuale passa dal 34,5 al 47,6per cento. Se guardiamo agli aspettistrutturali, si può evincere che lacomponente maschile risulta pre-ponderante rispetto a quella femmi-nile, con una percentuale del 74,5per cento sul totale delle cariche, lie-vemente più ampia di quella riscon-trata a fine settembre 1996 e 1991.Anche in questo caso si può ricon-durre il fenomeno alle iscrizioni degliimprenditori agricoli nei quali è domi-nante la componente maschile ri-spetto a quella femminile. Per quan-to concerne la forma giuridica, a finesettembre 1997 le ditte individualiattive, senza considerare l’agricoltu-ra e pesca, sono risultate 184.342,vale a dire lo 0,3 per cento in più ri-

spetto alla situazione dello stessomese del 1996. Questa lieve cresci-ta ha consolidato la ripresa osserva-ta nell’anno precedente. Resta tutta-via una perdita di peso sul totale del-le attività iscritte nel Registro delleimprese abbastanza vistosa. A fine1985 le ditte individuali rappresenta-vano infatti il 71,1 per cento delle at-tività. A fine 1990 si scende al 65,4per cento, per arrivare al 60,4 percento di fine settembre 1997. Di tut-t’altro segno appare l’evoluzionedella forma societaria. A fine 1985 lesocietà di capitale incidevano perl’8,3 per cento del totale. A fine 1990la percentuale sale al 10,9 per centoper passare a fine settembre 1997 al12,5 per cento del totale. Le societàdi persone appaiono anch’esse inaumento. Dalla quota del 20,2 percento di fine 1985 salgono al 25,2per cento di fine settembre 1997.Per quanto concerne l’artigianato,l'indagine congiunturale condottadal Comitato Regionale della Confe-derazione nazionale dell'artigianatosu un campione di circa 2.600 im-prese artigiane conferma le difficol-tà' incontrate dall'economia regio-nale nei primi mesi del 1997. Duran-te il primo semestre dell'anno la pro-duzione è risultata in calo per un nu-mero di imprese maggiore di quelleche hanno dichiarato crescita. Talerisultato ha confermato una tenden-za in atto dai primi mesi del 1996. I dati di preconsuntivo 1997 relativialla cooperazione, pur non ripe-tendo il brillante andamento rilevatonel 1996, hanno confermato il trendpositivo degli ultimi anni, pur regi-

strando alcune rilevanti recessioni inalcuni settori produttivi. Il compartoagroindustriale, pur con comporta-menti differenziati all’interno dei varisottosettori produttivi, ha accusatonel suo complesso un decrementoin termini di fatturato, scontando acausa delle avverse condizioni cli-matiche, produzioni nettamente in-feriori rispetto al precedente eserci-zio. Il buon andamento dei prezzi re-gistrato in diversi settori non è qua-si mai riuscito a bilanciare le minoriproduzioni, come nel caso del setto-re ortofrutticolo. Nel settore vitivini-colo, se si escludono alcuni prodot-ti di elevata qualità, è stata riscon-trata una generale diminuzione deiprezzi dei vini della vendemmia1996. La quantità di uva conferitanella vendemmia 1997 è diminuitadel 30 per cento con punte, in alcu-ne zone e per alcune varietà, di oltreil 50 per cento. L’ottima qualità deivini ottenuti ha fatto registrare solomodesti incrementi di prezzo. So-stanzialmente stabile l’andamentodelle quotazioni del settore lattiero-caseario, il cui mercato ha comun-que registrato una certa vivacità so-prattutto nel secondo semestre. Laproduzione del comparto avicolo èapparsa stabile, con prezzi in legge-ra diminuzione. L’occupazione nelsettore agroindustriale è risultata inflessione a causa soprattutto del mi-nor utilizzo di “stagionali”, a frontedelle minori produzioni realizzate.Le cooperative del settore servizihanno registrato un discreto au-mento del fatturato rispetto al 1996,corroborato da una sostanziale te-

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nuta dell’occupazione. Le maggioriperformances sia in termini di incre-mento di addetti che di fatturato so-no state nuovamente rilevate nelsettore della solidarietà sociale.La Cassa integrazione guadagniè stata caratterizzata dall’aumentodel ricorso agli interventi anticon-giunturali. Le relative ore autorizzatenei primi nove mesi del 1997 sonorisultate 2.796.249, con un aumen-to del 38,6 per cento rispetto allostesso periodo del 1996, sintesi de-gli incrementi del 7,7 e 40,6 percento rilevati rispettivamente per im-piegati e operai. Questo andamen-to, in netta contro tendenza conquanto emerso nel Paese (-5,5 percento) è certamente negativo, tutta-via bisogna sottolineare che il ricor-so è andato via via attenuandosi nelcorso dell’anno. Nei primi tre e seimesi del 1997 eravamo in presenzadi aumenti percentuali pari rispetti-vamente al 90 e 58,9 per cento.Inoltre, se si rapporta il volume diore autorizzate per interventi anti-congiunturali agli occupati alle di-pendenze dell’industria, l’Emilia-Ro-magna, nonostante l’aumento, hafatto registrare la terza migliore quo-ta pro capite (5,90) alle spalle diFriuli-Venezia Giulia (4,41) e Veneto(3,95), precedendo Trentino AltoAdige (5,91), Marche (6,27) e Cala-bria (6,82). Gli indici più elevati sonostati riscontrati in Piemonte (14,61),Sicilia (17,19) e Valle d’Aosta(21,32). La Cassa integrazione gua-dagni straordinaria viene concessaper fronteggiare gli stati di crisiaziendale, locale e settoriale oppure

per provvedere a ristrutturazioni, ri-conversioni e riorganizzazioni. Neiprimi nove mesi del 1997 le ore au-torizzate sono ammontate a2.224.645, vale a dire il 12,5 percento in meno rispetto allo stessoperiodo del 1996. La flessione, in li-nea con quanto avvenuto nel Paese(-18,6 per cento) è stata determina-ta dal sensibile calo degli impiegati afronte della crescita del 9,6 per cen-to accusata dagli operai. Lo snelli-mento dell'iter burocratico decisonel 1994 connesso alle pratiche diconcessione, dovrebbe avere con-sentito un confronto più aderente alperiodo preso in considerazione,cosa questa che non avveniva inpassato. Una certa cautela deve es-sere tuttavia adottata nell'analisi deidati, in quanto non disponiamo diinformazioni in grado di confermarequanto detto. Se spostiamo l'osser-vazione del fenomeno sul numero diaziende che in Emilia-Romagna ave-vano in corso istanze di Cassa inte-grazione straordinaria alla fine delprimo semestre 1997 - i dati sonoraccolti dall'Ufficio regionale del la-voro, cui spetta per Legge di espri-mere un parere sulle richieste - pos-siamo evincere situazioni tra lorocontrastanti. Al calo delle aziendecoinvolte - dalle 76 di fine giugno1996 e 80 di marzo 1997 si scendealle 59 di fine giugno 1997 - si con-trappone l’aumento dei dipendentiinteressati dal fenomeno saliti, nel-l’arco di un anno, da 1.464 a 1.707.In diminuzione risultano invece i po-sti di lavoro dichiarati in esuberopassati da 1.639 a 1.242. La gestio-

ne speciale edilizia viene prevalente-mente concessa quando il maltem-po impedisce l'attività dei cantieri.Ogni variazione deve essere conse-guentemente interpretata, tenendoconto di questa situazione. Even-tuali aumenti possono corrisponde-re a condizioni atmosferiche avver-se, ma anche sottintendere la cre-scita dei cantieri in opera. Le dimi-nuzioni si prestano naturalmente aduna lettura di segno opposto. Ciòpremesso, nei primi nove mesi del1997 sono state registrate2.233.864 ore autorizzate, con unaumento del 21 per cento rispettoallo stesso periodo del 1996. Anchein questo caso l'andamento dell'E-milia-Romagna è apparso in controtendenza con quello nazionale (-3per cento). L’andamento delle varieregioni italiane è risultato piuttostodifferenziato. Gli incrementi più vi-stosi sono stati rilevati nel Lazio(37,6 per cento), Umbria (33,6) eAbruzzo (31,9). Le diminuzioni sonostate registrate in tredici regioni, conpunte particolarmente elevate in Li-guria e Sardegna.I protesti cambiari registrati nelperiodo gennaio-marzo 1997 inEmilia-Romagna (ci si riferisce aiprotesti levati dai Tribunali a caricodei residenti nel territorio sotto giu-risdizione) sono apparsi in lieve au-mento sotto l’aspetto degli importi,per effetto della sensibile crescitadelle cambiali-pagherò, tratte ac-cettate, in parte bilanciata dalleflessioni rilevate per tratte non ac-cettate e assegni. Il numero deglieffetti è invece diminuito da 31.385

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a 28.200, per un decremento per-centuale pari al 10,1 per cento.La parzialità del periodo preso inesame non consente di azzardareprevisioni sull’andamento dell’interoanno. Le nuove normative introdottehanno allungato i tempi di elabora-zione, impedendoci di analizzare pe-riodi più ampi. Per alcune province ètuttavia possibile analizzare periodipiù ampi, consentendo di individuareuna linea di tendenza. A Bologna, adesempio, i primi otto mesi del 1997sono stati caratterizzati dalla flessio-ne del 14,7 per cento del numero dieffetti e dall’aumento del 3,8 percento delle somme protestate. Inprovincia di Ferrara nei primi settemesi sono state registrate flessioniper numero effetti e importo pari ri-spettivamente al 26,6 e 19,9 percento. A Forlì-Cesena è stato rileva-to un analogo andamento (-24 percento gli effetti; -23,2 per cento gliimporti) relativamente ai primi cinquemesi. In provincia di Modena i primiotto mesi sono stati caratterizzati daun incremento del 17,5 per centodelle somme protestate. Segno op-posto per Parma che nei primi quat-tro mesi ha visto scendere gli effettie gli importi protestati del 19,6 e13,9 rispettivamente. Lo stesso èavvenuto per Piacenza con diminu-zioni del 22,9 e 35 per cento relati-vamente ai primi otto mesi e Raven-na: -27,2 e -33,9 per cento limitata-mente ai primi sette mesi. A Rimini iprimi sei mesi sono stati caratteriz-zati dal lieve aumento degli effettiprotestati e dalla flessione dell’8,3per cento delle relative somme. In

pratica si può individuare una ten-denza generale prevalentementeflessiva, che dovrebbe ribaltare il ri-sultato globale moderatamente ne-gativo emerso fra gennaio e marzo.I fallimenti dichiarati in Emilia-Ro-magna nei primi sei mesi del 1997sono risultati in diminuzione, in lineacon la tendenza regressiva in attodal 1994. Dai 425 del primo seme-stre del 1996 si è passati ai 376 del-la prima metà del 1997, con una di-minuzione percentuale pari all’11,6per cento. Se rapportiamo il numerodei fallimenti dichiarati alla consi-stenza delle imprese attive iscrittenel Registro delle imprese a fine giu-gno 1997, escludendo il settore pri-mario per avere un confronto piùomogeneo (nel 1997 si sono iscritteper la prima volta migliaia di aziendeagricole), si ha una percentuale paria 1,24 per mille rispetto a 1,41 permille del 1996. L'andamento dei va-ri rami di attività è stato caratterizza-to da flessioni generalizzate, appar-se più consistenti nei settori delCommercio, alberghi e pubbliciesercizi e nei servizi vari. L’analisidelle tendenze emerse in alcuneprovince, in periodi superiori alla pri-ma metà dell’anno, evidenzia una si-tuazione un po’ differenziata, ma disegno prevalentemente positivo. Inprovincia di Bologna, relativamenteai primi nove mesi del 1997, siamodi fronte ad un calo dello 0,8 percento. A Ferrara nei primi sette me-si c’è stata una diminuzione del 6,8per cento. In provincia di Modenanei primi nove mesi sono stati con-teggiati 93 fallimenti contro gli 81

dello stesso periodo del 1996. AParma ne sono stati dichiarati, dagennaio a ottobre 1997, 77 rispettoai 73 dello stesso periodo del 1996.In provincia di Piacenza nei primi ot-to mesi ne sono stati dichiarati 38contro i 40 dello stesso periodo del1996. A Ravenna, sempre in riferi-mento ai primi sette mesi dell’anno,sono stati rilevati 28 fallimenti rispet-to ai 55 del gennaio-luglio 1996. Inprovincia di Reggio Emilia, limitata-mente al periodo gennaio-agosto, èstata registrata una flessione del39,7 per cento. Se osserviamo laconsistenza delle imprese in falli-mento registrate presso il Registrodelle imprese - il dato non è con-frontabile con la statistica dei falli-menti dichiarati - si può evincere unapprezzabile rallentamento del tas-so di crescita. Le imprese in falli-mento a fine settembre 1997 sonorisultate 10.767, vale a dire il 5,1 percento in più rispetto allo stesso pe-riodo del 1996, che a sua volta feceregistrare una crescita tendenzialepari al 7,2 per cento. L’incidenza sultotale delle imprese registrate è ri-sultata tuttavia limitata ad una quotadel 2,4 per cento, rispetto alla per-centuale del 3,2 per cento rilevatanel Paese. Le imprese liquidateiscritte nel Registro delle impresesono risultate 12.283 rispetto alle11.624 in essere a fine settembre1996, per un aumento percentualepari al 5,7 per cento. Anche in que-sto caso siamo di fronte ad un ral-lentamento della crescita, se si con-sidera che fra settembre 1995 e set-tembre 1996 era stato registrato un

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1997 129Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

incremento del 7,7 per cento. L’inci-denza delle imprese liquidate sul to-tale delle registrate è stata pari inEmilia-Romagna al 2,7 per cento, afronte del 4 per cento del Paese.La conflittualità del lavoro, se-condo i dati Istat relativi ai primi no-ve mesi del 1997, è apparsa in sen-sibile crescita. I conflitti generati dairapporti di lavoro - non è stato regi-strato alcun sciopero “politico” - so-no risultati in Emilia-Romagna 57con il coinvolgimento di 71.622 la-voratori per un totale di 542.000 oredi lavoro perdute. Nei primi novemesi del 1996 erano stati rilevati 27conflitti originati dal rapporto di la-voro, che avevano visto la parteci-pazione di 70.975 persone per untotale di 419.000 di ore di lavoroperdute. Il forte aumento della con-flittualità è apparso in linea conquanto avvenuto nel Paese: il nume-ro dei conflitti nazionali è salito da409 a 635 - c’è stato un solo scio-pero politico limitato alla Sardegna -mentre i lavoratori coinvolti sonopassati da 461.654 a 609.997 Leore perdute sono aumentate da4.428.000 a 6.880.000.Per quanto concerne gli investi-menti fissi lordi, il modello previsio-nale di Prometeia stima per il 1997in Emilia-Romagna una crescitareale pari all’1,3 per cento, più con-tenuta di quella dell’1,6 per centoriscontrata nel 1996. Le previsioninazionali, contenute nella Relazioneprevisionale e programmatica, sti-mano una crescita degli investimen-ti fissi lordi pari all’1,6 per cento, inlieve accelerazione rispetto al 1996.

Il rallentamento della crescita, avve-nuto in un periodo privo degli effettilegati alla Legge Tremonti, è statodovuto alla decelerazione degli in-vestimenti in costruzioni, il cui au-mento reale è passato dal 2,1 percento del 1996 all’1,1 per cento del1997 (1,8 per cento nel Paese). Inaccelerazione sono apparsi di con-tro gli investimenti in macchine, at-trezzature e mezzi di trasporto cre-sciuti dell’1,5 per cento - lo stessoaumento è stato previsto per il Pae-se - rispetto all’incremento dell’1,1per cento stimato per il 1996. Il sistema dei prezzi registrati inregione è apparso in tendenzialerallentamento. Le indagini congiun-turali relative all'industria manifattu-riera hanno registrato nei primi novemesi del 1997, una crescita mediadei prezzi alla produzione pariall’1,4 per cento, rispetto all’au-mento del 2,9 per cento riscontratonello stesso periodo del 1996. NelPaese i prezzi industriali sono au-mentati tendenzialmente a settem-bre dell’1,6 per cento, rispetto al+0,2 per cento del settembre 1996. I prezzi al consumo per le famiglie dioperai e impiegati rilevati nel capo-luogo di regione - concorre alla for-mazione dell'indice nazionale - sonorisultati in ulteriore rallentamento.L'incremento tendenziale di novem-bre è stato pari all’1,2 per cento, ri-spetto al 2,9 per cento di gennaio eal 3,5 per cento del novembre 1996.Nel Paese è stata registrata la stes-sa tendenza, con un incrementotendenziale più accentuato rispettoa quello registrato nella città di Bo-

logna. Dagli aumenti del 2,9 percento di gennaio 1997 e del 2,6 percento di novembre 1996, si è pro-gressivamente passati all’1,6 percento di novembre. Cogliamo l’oc-casione per puntualizzare che la di-mensione degli incrementi non con-sente di stabilire in alcun modo seuna città sia più “cara” rispetto adun altra, in quanto gli indici non per-mettono di valutare la base genera-le dei prezzi da capoluogo a capo-luogo. In parole povere, se a Bolo-gna una brioche costa 1.500 lire eviene aumentata di 100 lire, dà origi-ne ad un incremento percentualedel 6,7 per cento. Se a Modena lastessa brioche costa 1.200 lire eviene aumentata di 100 lire darà luo-go ad una crescita percentualedell’8,3 per cento. In questo caso, el’esempio può essere esteso a tantialtri beni, appare evidente che chimostra l’aumento percentuale piùsostenuto è in realtà il meno costo-so. L'indice del costo di costruzionedi un fabbricato residenziale relativoal capoluogo di regione ha dato se-gnali di sensibile rallentamento, di-stinguendosi positivamente dall’e-voluzione nazionale. Dall’aumentotendenziale del 4 per cento riscon-trato ad agosto 1996, si è passati al3,1 per cento di gennaio 1997 perarrivare infine all’1,4 per cento diagosto 1997. Nel Paese l’incremen-to tendenziale di agosto è stato parial 2,5 per cento rispetto agli aumen-ti dell’1,9 e 2,9 per cento rilevati ri-spettivamente ad agosto 1996 egennaio 1997.

L'Economia regionale nel 1997

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Lo scenario nazionaleNel corso del terzo trimestre ‘97 laproduzione industriale italiana è en-trata in una fase di espansione. Se-condo i dati del CsC – Centro studiConfindustria - la produzione indu-striale è aumentata del 5,1% e del4,4% rispettivamente a ottobre e anovembre ’97 sui corrispettivi mesidel ‘96. L’indice destagionalizzatodella produzione industriale mediagiornaliera ha segnato un aumentotendenziale del 3,1% nel terzo trime-stre e dell’2,2% nei primi undici me-si del ’97. Secondo il rapporto qua-drimestrale “Analisi dei settori indu-striali”, Prometeia Calcolo e Ufficiostudi Banca Commerciale Italiana(ottobre ’97), la crescita dell’indu-stria manifatturiera dovrebbe rag-giungere il 3,1% nel ’98 e accelerareulteriormente al 3,7% nel ’98. L’au-mento degli ordini e le basse scorteconfermano questa previsione. Neiprimi otto mesi del ’97, secondo l’I-stat, l’aumento degli ordini è statodel 4,4% rispetto al ’96, sono au-mentati del 3,1% gli ordini interni edel 6,3% quelli esteri. A fornire indi-

cazioni riguardo il basso livello dellescorte è l’indagine Isco di ottobre,dalla quale emerge una contrazionedel livello magazzino di prodotti finiti.Le aspettative degli operatori sonopositive sull’evoluzione degli ordina-tivi e della produzione per i prossimimesi. Ci si attende che l’occupazio-ne risenta positivamente di un pros-simo aumento dell’attività, essendo-si ormai esauriti i margini di flessibili-tà (cassa integrazione e straordinari)nell’impiego della forza lavoro esi-stente. L’indagine Isco individua in-tenzioni favorevoli all’aumento del-l’occupazione da parte delle impre-se. In alcune aree del paese si potràripresentare il problema della scarsi-tà di lavoratori specializzati. In basealla stima preliminare dell'Istat, il pro-dotto interno lordo è aumentato nelterzo trimestre del '97 dell'1,9%, ri-spetto allo stesso periodo del '96 edello 0,4% sul trimestre precedente.Se il dato fosse confermato ancheper il quarto trimestre, rileva l'Istat,sarebbe già raggiunto l'obiettivo dicrescita dell'1,2% fissato nel Dpef.L'incremento congiunturale del Pil

deriva dalla crescita sia dell'indu-stria, sia dei servizi. I consumi po-trebbero trovare un sostegno nel fu-turo andamento occupazionale posi-tivo, come è confermato dal miglio-ramento delle aspettative dei consu-matori sull’evoluzione economica delpaese, rilevate dall’indagine Isco dinovembre. L’inflazione non ha risen-tito più di tanto della manovra sull’I-va e l’incremento dei prezzi in liredelle materie prime si è arrestato,anche se nei primi dieci mesi del ’97ha raggiunto in media circa l’8% sul’96. A novembre ’97, l’aumento deiprezzi al consumo ha segnato un rit-mo annuo tendenziale dell’1,6%,sensibilmente inferiore alle previsioni,mentre l’incremento medio nel perio-do gennaio-novembre sullo stessoperiodo del ’96 ha raggiunto l’1,8%.L’incremento delle retribuzioni è su-periore a quello europeo, ma lo è an-che l’aumento della produttività, gra-zie alla crescita del grado di utilizzodegli impianti. Ne risulta una limitatadinamica del costo del lavoro perunità di prodotto, che nel secondotrimestre non è andato oltre il 2%tendenziale. Sono quindi in crescita imargini delle imprese. L’indagineIsco segnala la previsione da partedegli operatori di un’evoluzione mo-derata dei prezzi. Il cambio della liraè forte. Banca d’Italia mantiene ele-vati i tassi a breve, anche per soste-nere le aspettative dell’ingresso nel-l’Unione monetaria, ma questi do-vranno convergere verso i livelli euro-pei entro il maggio ’98, tanto che perquell’epoca si ritengono probabilitassi monetari intorno al 4%. Se

Le previsioni 1998 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 1998Produzione Industriale Emilia-Romagna

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prontamente attuato, l’adeguamentodella normativa italiana sulla riservaobbligatoria al quadro europeo pro-spettato comporterebbe una sensi-bile riduzione della sua quota e unaconsistente immissione di liquiditànel sistema, capace di sostenere unulteriore riduzione del costo del cre-dito. Se l’adeguamento dei tassi abreve da parte di Banca d’Italia ver-rà rapidamente trasmesso dal siste-ma bancario sui tassi attivi, ciò nonpotrà mancare di avere effetti positi-vi per tutti gli operatori che accedo-no in misura rilevante al credito abreve, in particolare le piccole e me-die imprese. In questo caso, condi-zioni reali favorevoli potrebbero av-viare un ciclo positivo degli investi-menti. Secondo il rapporto “Analisidei settori industriali” curato da Pro-meteia Calcolo e Ufficio studi BancaCommerciale Italiana (ottobre ’97), iltasso di variazione degli investimentiindustriali dovrebbe risultare di solo il+1,2% nel ’97, ma passerà ad un +6% nel corso del ’98. Comunque,secondo Banca d’Italia, la revisionedel tasso di sconto potrà essere af-frontata solo dopo avere superato loscoglio della finanziaria e a fronte diun continuo positivo andamento del-l’inflazione. Secondo la previsione diPrometeia, la crescita del Pil dovreb-be raggiungere l’1,3% nel ’97, men-tre nel ’98 dovrebbe aumentare e ar-rivare al 2,3%. Il ciclo positivo di in-vestimenti in macchinari e attrezza-ture realizzatosi negli ultimi mesi del97 (+3,2) accelererà ulteriormentenel ‘98 (+7,1%). La buona dinamicadelle esportazioni (+3,2% nel ‘97)

migliorerà nel ’98 (+7,1%), sostenutadall’alto livello del dollaro, ma conl’avvio della ripresa sarà superata daquella delle importazioni (+8,1% nel‘98). I consumi delle famiglie nel ’97crescono più del Pil (+1,8%), ma nonavranno incrementi sostanziali(+1,6% nel ’98) fino a quando alla ri-duzione dell’inflazione non si accom-pagneranno la discesa dei tassi no-minali, della pressione fiscale, prima,e della disoccupazione, poi, a deter-minare un aumento del reddito dis-ponibile reale e un miglioramentodelle aspettative delle famiglie. L’in-flazione potrebbe risalire nel ’98(+2,4%), ma in misura non rilevante,a fronte della pressione sul sistemaproduttivo derivante dalla ripresadella domanda interna ed estera. Sulfronte della politica monetaria, i tassidi interesse reali dovrebbero prose-guire nel loro trend discendente, inparticolare quelli a breve termine.Nel ’98 il tasso medio annuo sugliimpieghi bancari dovrebbe assestar-si all’8,1%, con una riduzione diquasi due punti percentuali, per poiridursi ulteriormente. La discesa deitassi in corso, dopo aver cominciatoa riflettersi sulle composizioni di por-tafoglio, dovrà quindi influenzare ledecisioni di investimento reale e diconsumo. Resta ancora da consoli-dare l’aggiustamento straordinariodel bilancio pubblico, ma l’imposta-zione della finanziaria ‘98 pare ade-guata. Il rapporto tra indebitamentodella pubblica amministrazione e Pilsarà del 3% a fine ‘97 e si ridurrà an-cora nel ’98. Dopo il ’99, l’incremen-to delle entrate, derivante dal mag-

giore ritmo di crescita, dovrà essereimpiegato anche per sostenere fortiinvestimenti in infrastrutture e servizialle imprese necessari per garantirela competitività del paese.

Il quadro macroeconomico regionaleAlla fine del 1996, secondo i model-li di previsione di Prometeia, la cre-scita del prodotto interno lordo re-gionale ha raggiunto a malapena lo0,5%, con un ritmo di crescita ana-logo a quello nazionale (+0,7%).Questa fase di debole congiunturaha fatto seguito a un ’95 positivo,ma ha introdotto nel ’97 l’economiaregionale con un andamento con-giunturale negativo, che è mutatosolo a partire da secondo trimestredell’anno. Per il ’97 la crescita previ-sta del Pil regionale risulta pari allo0,8%. Questo risultato moderata-mente positivo costituisce una revi-sione in lieve rialzo della previsioneper lo stesso periodo effettuata loscorso anno. Si tratta di uno dei pri-mi effetti della riduzione dell’inflazio-ne e dei tassi di interesse che, insie-me al buon andamento della do-manda estera, hanno fatto da soste-gno all’economia regionale. Nelbiennio ’98-99 la crescita dovrebbeprocedere ad un ritmo più rapidoanche a livello regionale, passandodal 2% al 2,4% rispettivamente. Il rit-mo di crescita del valore aggiuntoregionale è stato previsto a un livelloleggermente superiore a quello delPil, sia per il biennio trascorso, siaper il biennio ‘98-’99. Il tasso annuomedio di incremento del valore ag-

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giunto regionale, nel periodo 1990-94, è risultato superiore a quello na-zionale, mentre nel quinquennio1995-99 dovrebbe risultare inferiore.Il rilevante sostegno fornito dalla do-manda estera all’attività economicaregionale è confermato dall’anda-mento del ritmo di crescita delleesportazioni. Dopo l’eccezionale in-cremento fatto registrare nel ’95(+11,4%) e il forte rallentamento se-gnato nel ’96 (+1,9%), nel ’97 leesportazioni regionali sono aumen-tate in termini reali del 3,2% e nelcorso dei prossimi due anni la lorocrescita accelererà notevolmente ilpasso, fino a livelli del +7,1% e+8,2% rispettivamente. La cadutadel ritmo di crescita dell’attività eco-nomica a cavallo del ’96 è stato rile-vato anche dall’andamento delle im-portazioni, che nel ’96 si sono ridot-te dell’1,3%. La ripresa della produ-zione industriale nel corso del ’97 hafatto sentire i suoi effetti determinan-do un recupero del 4% delle impor-tazioni in termini reali, recupero de-stinato ad incrementarsi ulterior-mente nel ’98-’99 al consolidarsidella ripresa dell’attività economica.Questa evoluzione dell’attività eco-nomica ha determinato un forte ral-lentamento del ritmo di crescita de-gli investimenti, risultato di poco su-periore all1% nel ’96 e nel ’97, non-ostante che, pur con notevole pru-denza, la politica monetaria abbiapermesso la riduzione dei tassi di in-teresse. La ripresa dell’attività pro-duttiva, avviata dal secondo trime-stre ’97 e prevista in ulteriore raffor-zamento, determinerà un favorevole

ciclo degli investimenti nel prossimobiennio. Il tasso di crescita degli in-vestimenti risulterà del 6,8% nel ’98e del 7,7 nel ’99. Il ciclo positivo de-gli investimenti risulta essenziale pergarantire la competitività del sistemaproduttivo regionale a fronte dellamaggiore competizione indotta dalprocesso di unione monetaria euro-pea. È quindi importante che essotrovi sostegno in un favorevoleorientamento della politica moneta-ria. Nel quinquennio 1990-94, il tas-so di variazione medio annuo degliinvestimenti in macchinari e attrez-zature è stato negativo, ma la misu-ra della sua riduzione è stata menorilevante di quella nazionale. Il siste-ma regionale ha infatti tenuto un rit-mo di investimento superiore a quel-lo nazionale anche a fronte di un pe-riodo economico difficile. Nel suc-cessivo quinquennio (1995-99), lefasi di ripresa dell’attività, nel ’95 enel prossimo biennio 1998-99, de-terminano una ripresa del ciclo cheavrà un ritmo di crescita regionalesolo lievemente inferiore a quello na-zionale. La quota percentuale regio-nale degli investimenti in macchinarie attrezzature sul valore aggiuntocomplessivo regionale continua a ri-sultare inferiore a quella nazionale. Ilsuo andamento ha anticipato la ca-duta della quota a livello nazionaledei primi anni ’90, ma ne ha poiprontamente seguito la ripresa suc-cessiva e si prevede continuerà inquesto trend positivo. La necessitàdelle imprese di difendere e migliora-re il proprio livello di competitività in-terna ed estera, attraverso incre-

menti di produttività e miglioramentiqualitativi, sosterrà la ripresa degliinvestimenti. Alla fine del decennio laquota degli investimenti in macchi-nari e attrezzature dovrebbe trovarsisu livelli tra i più elevati degli ultimiventi anni. Il piccolo incremento fat-to registrare nel ‘95-’96 dalle unità dilavoro complessive occupate nell’e-conomia regionale risulta completa-mente compensato dalla riduzioneprevista per il 1997. L’andamentodell’impiego di forza lavoro non saràpositivo nemmeno durante il prossi-mo biennio, durante il quale un in-cremento è previsto solo nel ‘99. Nelcomplesso del sistema economicoregionale i salari reali lordi hannoavuto un andamento sostenuto nel’96 e nel ’97, che tenderà a ridursinel ’98-’99, pur continuando a pro-cedere con un ritmo di crescita su-periore a quello dell’inflazione. L’an-damento dei salari reali nell’industriarisulterà più sostenuto, ma con undifferenziale rispetto alla media ten-dente a ridursi. Dopo la diminuzioneregistrata nel ’96, i disoccupati risul-tano in crescita nel corso del ’97 econtinueranno ad aumentare lieve-mente anche nel ’98, per poi ridursisulla spinta della ripresa dell’attivitàproduttiva. Probabilmente il modellosovrastima leggermente l’incremen-to effettivo dei disoccupati, ma parerealistico attendersi come effettivoun tasso di disoccupazione superio-re di poco al 6% a fine ’97. La pres-sione fiscale e la questione apertadella disoccupazione, o meglio, a li-vello regionale, di una maggiore in-certezza riguardo la condizione oc-

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cupazionale, ha determinato in que-sti anni una compressione dei con-sumi, che nel corso del ’96 si sonoridotti in termini reali a livello regio-nale e nel corso del ’97 dovrebberorisultare poco più che invariati. La ri-presa dell’attività non potrà comun-que fornire un adeguato sostegno aiconsumi delle famiglie, fino a chenon si ridurrà la pressione fiscale emigliorerà la condizione occupazio-nale. Infatti il modello prevede unavariazione positiva sensibile dei con-sumi delle famiglie solo nel ’99. Iltasso medio annuo di variazione deiconsumi delle famiglie regionali è ri-sultato di poco superiore a quellonazionale nel periodo 1990-94. Nelsuccessivo quinquennio si prevedeche esso risulterà sensibilmente in-feriore a quello nazionale, +0,3% e+1,3% rispettivamente. Se ciò risul-tasse corretto se ne potrebbe trarrequalche indicazione sull’effettiva ca-pacità del sistema economico regio-nale di continuare a produrre, masoprattutto a distribuire ricchezza.

Le previsioni per l’industria emiliano-romagnola.Lo scenario di baseDopo la fase negativa fatta registraretra la fine del ‘96 e l’inizio del ‘97, laproduzione industriale regionale hainvertito la tendenza e ha rapida-mente recuperato, superando iltrend positivo a livello nazionale. Lafase di ripresa della produzione indu-striale è risultata intensa e prossimanel tempo, come previsto. La ripresadovrebbe procedere a ritmo soste-nuto sino alla primavera del ’98, per

poi ridursi nei trimestri successivi,mantenendo tuttavia tassi apprezza-bili. Quest’anno la produzione indu-striale dovrebbe aumentare del 3,0%e nei prossimi dodici mesi, dal IV ’97al III ’98, del 4,4%. Fino ad ora l’oc-cupazione non ha tratto sensibili be-nefici dalla ripresa, ma dovrebbe au-mentare in misura apprezzabile a se-guito dell’esaurimento dei margini diflessibilità del sistema industriale(Cig), come indicato dall’incrementodelle ore lavorate. L’inversione ditendenza della produzione ha incre-mentato il grado di utilizzo degli im-pianti, che continuerà ad aumentarenei prossimi dodici mesi. La ripresadegli ordini interni risulta apprezzabi-le nel corso di quest’anno (+3,0%),ma nei prossimi dodici mesi dovreb-be ridursi attorno al 2,1%, per poiaccelerare nuovamente il passo dal-la seconda metà del ‘98. La dinami-ca degli ordini esteri risulterà piùconsistente di quella degli ordini in-terni, sarà pari al 6,1% nel ’97 per ri-dursi lievemente al 4,3% nei prossi-mi dodici mesi. La ripresa dell’attivi-tà risulterà comunque trainata dalladomanda estera europea e dell’areadel dollaro. Uno scenario alternativo:il risanamento di bilancio e la difesadella lira nello Sme. La previsione dibase si fonda sull’ipotesi di una sen-sibile ripresa della domanda mondia-le. L’incertezza sull’evoluzione dellacongiuntura economica trova fonteprincipalmente nei tempi e nelle mo-dalità relative all’Unione monetariaeuropea e nell’entità della crisi dell’e-stremo oriente. Quest’ultima hamesso in luce le debolezze di capa-

cità di governo dell’economia e deisistemi bancari e finanziari dei paesidi quell’area. Sviluppatasi come crisivalutaria di alcune delle più giovanitigri del sud-est asiatico, a partiredalla crisi valutaria thailandese, lacrisi è divenuta poi una più generalecrisi dei sistemi valutari e finanziari ditutti i paesi dell’area, con forti inter-connessioni con le modalità di cre-scita dell’economia reale, da sempreeccessivamente basata sull’indebi-tamento. Dopo avere raggiunto laCorea del Sud, undicesimo paesesviluppato del mondo, e toccato ilsettore finanziario giapponese, que-sta crisi avrà importanti effetti realinell’area. L’impatto reale per il restodel mondo dipenderà dalla prontez-za con cui i governi locali accette-ranno la necessità di importanti rifor-me politiche, sociali ed economichee di un adeguato intervento del Fmi,di cui dovranno rapidamente adotta-re le indicazioni. Se da un mancatopronto intervento nei confronti dellacrisi dell’estremo oriente, derivasseuna riduzione della dinamica delladomanda mondiale, questa avrebbepronti effetti diretti sull’evoluzionedella produzione regionale. In questocaso la dinamica della produzioneindustriale regionale potrebbe rima-nere sostenuta nei prossimi dodicimesi (3,7%), ma poi finirebbe per ri-dursi complessivamente al 2,8% nel’98. La causa di questa evoluzionesarebbe da individuare sia nella forteriduzione della dinamica degli ordiniesteri (2,4% nel ’98), sia in successi-vo e in parte indotto calo di quelli in-terni (1% nel ‘98).

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I settoriL’industria dell’abbigliamento (Codifica Ateco91: 18)L'industria dell'abbigliamento ha ri-sentito fortemente della riduzionedella domanda nel '96. La domandasi è però ripresa nel corso del '97 equesta ripresa proseguirà nel corsodel '98 (+4,1%) e del '99. Nello stes-so periodo la ripresa degli ordini sa-rà lentamente seguita da una ripresadella produzione più lieve (+1,7% nel'98). Nel corso del '97, la crescita li-mitata del settore ha determinato unaumento delle ore lavorate media-mente da ogni lavoratore. Si prevedeche l'occupazione non trarrà vantag-gio nei prossimi anni dall'incrementodella produzione.L’industria tessile (Codifica Ateco91: 17)L'industria tessile ha registrato unariduzione degli ordinativi nel '96, cuiha fatto fronte un lento recupero nel'97, che accelererà ulteriormente neiprossimi due anni. La produzioneavrà invece un andamento negativonel '98, cui farà seguito una lieve ri-presa nel '99. Questo andamento al-talenante della produzione, ma com-plessivamente lievemente variato,determinerà solo lievi oscillazioni del-le ore mediamente lavorate e del-l'occupazione. L’industria alimentare (Codifica Ateco91: 15, 16)Per il settore alimentare l'evoluzionedegli ordini interni nel corso del '98(+3,9%) proseguirà nel trend positivoavviato dal '96. Dopo un buon perio-do di rapido incremento, gli ordiniesterni vedranno invece rallentare il

loro passo nel '98 (+3,2%), ritmo cheriprenderà rapido nel '99. La produ-zione riprenderà a un ritmo superioresia nel '98 (+2,7%), sia nel '99, dopoil rallentamento registrato nel ‘97.L’industria delle piastrelle in ce-ramica (Codifica Ateco91: 263)Dopo la caduta registrata nel 96, laripresa degli ordini dell’industria del-le piastrelle in ceramica nel ’97 pro-seguirà a ritmi elevati nel ’98 (+4,3%e +6,1% rispettivamente per gli ordi-ni interni ed esteri) e nel ’99, con unlieve rallentamento del ritmo di cre-scita degli ordini interni. Conforme-mente all’andamento degli ordini, ilritmo di crescita della produzione re-sterà anch’esso elevato nel prossi-mo biennio (+6,4% nel ’98). L’occu-pazione farà registrare un lieve incre-mento nel ’98 e nel ’99, nonostanteabbia un andamento poco variato,con oscillazioni collegate all’anda-mento della produttività.L’industria dell’elettricità e del-l’elettronica (Codifica Ateco91: 30,31, 32)Nel ’97 l’industria dell’elettricità edell’elettronica ha avuto un rapido in-cremento degli ordini, che proseguirànel prossimo biennio a un passo so-lo lievemente inferiore (+7,9% nel‘98). La variazione della produzionenel ‘97 ha avuto lo stesso senso e rit-mo di quella degli ordini. Il suo ritmoaccelererà nel corso del ’98 (+9,1) esi manterrà elevato anche nel ’99. Leore mediamente lavorate per addettoresteranno stazionarie nel prossimobiennio, mentre nello stesso periodol’occupazione registrerà un incre-mento (+1,3% nel ’98).

L’industria meccanica tradizio-nale (Codifica Ateco91: 28, 29, 33)L’industria meccanica tradizionalenel ’98 registrerà un aumento del rit-mo di crescita degli ordini interni(+7,3%), che si ridurrà nei dodici me-si successivi, pur rimanendo superio-re a quello del ’97. Gli ordini esteri in-crementeranno anch’essi il loro ritmodi crescita nel ’98 (+7,1%), ritmo cheaccelererà ulteriormente anche nel’99. Di conseguenza nel prossimobiennio la produzione registrerà buo-ni incrementi (+6,0% nel ‘98), chepotranno tradursi in un buon aumen-to dell’occupazione, a fronte dellaquasi stazionarietà delle ore media-mente lavorate per addetto.

Le previsioni 1998 per l’Emilia-Romagna

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 135

Dall’attuazione della riforma delleCamere di Commercio, un nuovorapporto fra istituzioni e imprese.Dal federalismo, un nuovo model-lo di governo dell’economia re-gionaleIl contesto politico ed economico nelquale ci troviamo ad operare è carat-terizzato da una ritrovata stabilità po-litica, dovuta dai risultati elettorali chehanno consegnato il paese ad unacoalizione di governo relativamentestabile. Gli imperativi imposti in termi-ni di politica di rientro del bilanciopubblico dalla scadenza dell’UnioneMonetaria impongono tuttavia scelterigorose, che potrebbero nei prossi-mi mesi comportare rallentamentinella crescita economica del paese.Inoltre il recupero di credibilità della li-ra sui mercati internazionali ne hastabilizzato il corso attorno alle millelire contro il marco, sancendo defini-tivamente la fine degli effetti beneficisull’export della svalutazione del1992 .Lo stato di emergenza fissato dallescadenza comunitarie ha in apparen-za anche rallentato il processo di ri-definizione dello stato in senso fede-ralista. Nonostante il tema sia statoalla ribalta delle cronache per tutto il1996, la complessità dei percorsi diconvergenze politica su un tema tan-to delicato non paiono garantire unarapida soluzione del problema. Nonper questo una complessiva riformadelle autonomie regionali in senso fe-deralista appare meno impellente,non solo per i suoi risvolti finanziari,ma anche per il suo significato politi-co, che significa dare al nostro siste-

ma democratico basi partecipativepiù solide. L’affronto di una riforma insenso federalista dello Stato, sotto lapressione di un bilancio pubblico darisanare, deve rifuggire il persegui-mento esclusivo della sola efficienzaamministrativa, evitando il diffondersidi ulteriori logiche accentratrici negliapparati regionali. I progetti che si li-mitino al semplice trasferimento delgettito di alcuni tributi gestiti a livellocentrale senza però attribuire alle Re-gioni stesse alcuna flessibilità ed au-tonomia sugli aspetti generali di poli-tica tributaria (presupposti del tribu-to, soggetti passivi, differenziazionedelle aliquote, controlli) rischiano difallire lo scopo di una maggiore effi-cacia delle politiche locali se non siprocederà anche ad una complessi-

va riforma delle autonomie regionali,con l'alleggerimento dei vincoli di de-stinazione delle risorse regionali equindi con un ampliamento delle ma-terie di competenza regionale. Con laprospettiva dell'attribuzione di mag-giori competenze alle Regioni, si raf-forza anche la necessità di un diver-so rapporto, da un lato tra pubblicaamministrazione e cittadini, dall'altrotra pubblica amministrazione territo-rio ed imprese, per un decisivo saltodi qualità delle politiche per il territo-rio. In particolare il sistema delle im-prese esprime una forte domanda diun diverso modello di governo dell'e-conomia, di diverse e più efficaci for-me di regolazione dei rapporti tra im-prese ed istituzioni pubbliche. Il terri-torio, per un sistema di imprese for-

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1997

Seduta di Consiglio Unioncamere - Da sinistra: Dott. Cesare Gherri, Presidente CCIAA di Parma- Dott. Sergio Mazzi, Presidente CCIAA di Forlì-Cesena - Geom. Reno Zoboli, Presidente CCIAAdi Reggio Emilia - Rag. Federico Franchella, Sindaco revisore.

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136 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

temente internazionalizzato comequello emiliano-romagnolo, mantieneinfatti la sua importanza come fattorecompetitivo strategico. Tuttavia, ri-spetto al passato, sono diversi i fat-tori che rendono competitivo il terri-torio per l’impresa. Fattori come lapresenza di servizi reali forniti da ap-posite agenzie pubbliche, la specia-lizzazione territoriale dei distretti, ladisponibilità di aree per l’insediamen-to restano importanti ma non piu’sufficienti a mantenere la competitivi-tà dei sistemi. Il trasferimento e la disponibilità ditecnologie e di un sistema di forma-zione adeguato, la ristrutturazionedelle principali infrastrutture di tra-sporto in una ottica di maggiore effi-cienza dei collegamenti internaziona-li, l’assistenza alle imprese in fasistrategiche del loro sviluppo (rappor-ti con i mercati finanziari, apertura dinuovi mercati) richiedono un ripensa-mento delle azioni sul territorio ancheattraverso nuove forme di concerta-zione e coinvolgimento dei principaliattori dell'economia regionale. Il coin-volgimento degli attori dell’economiaregionale consentirà all’ente Regionedi impiegare meno risorse nella ge-stione diretta di iniziative e progetti.La rigidità d'azione propria delle bu-rocrazie pubbliche ha poi spessoostacolato la tempestività ed effica-cia degli interventi gestiti direttamen-te dall’ente Regione.

Le Camere di commercio: la Pubblica Amministrazione perle impreseIl rapporto fra l'Ente Regione e le Ca-

mere di commercio puo’ quindi esse-re ridisegnato, anche in vista di unapiena attuazione della legge 580/93,nella quale esse sono state ricono-sciute come istituzioni pubbliche del-le imprese, aprendo un capitolo nuo-vo nei rapporti non solo tra imprese eStato, ma anche tra imprese, EnteRegione ed Enti locali, e ridisegnan-do completamente anche il rapportotra sistema camerale, associazioni dicategoria e parti sociali. Ci sonoquindi tutte le condizioni per il pienoriconoscimento delle stesse Camere(e delle loro Unioni regionali) qualisoggetti del governo locale, partedella pubblica amministrazione spe-cificatamente dedicata alle imprese,quindi con specifiche competenze efunzioni delegate ad esse dalla Re-gione. Il programma di attività ed an-che il bilancio di previsione per l'eser-cizio 1997 dell’Unione regionale, incontinuità con quello del 1996, ten-gono ovviamente conto di questo ra-dicale mutamento di prospettiva delsistema camerale regionale, semprepiù "istituzione", sempre più "sogget-to di governo" del sistema delle im-prese, obbligato, quindi, a risponde-re della responsabilità di una fettaconsistente dello sviluppo economi-co regionale. Questo significa opera-re per garantire alle imprese emilia-no-romagnole iniziative e servizi ade-guati in quegli ambiti nei quali siesprimono maggiormente le poten-zialità di sviluppo delle imprese stes-se, e, cioè, internazionalizzazione ecooperazione, formazione, innova-zione, credito, qualità ed informazio-ne economica. In quest'ultimo ambi-

to Unioncamere rappresenta la prin-cipale sede di monitoraggio sull'eco-nomia regionale attraverso lo stru-mento dell'Osservatorio sull'econo-mia regionale (congiunturale e strut-turale) e le sue sezioni specializzate.Ma il sistema camerale si proponeanche come momento di composi-zione delle molteplici istanze rappre-sentate da ognuno dei soggetti, as-sociazioni e categorie, dell'economiaregionale, nel contesto di nuove sedidi concertazione e co-programma-zione delle politiche dello sviluppo. Inqueste sedi, tale opera di composi-zione, si pone anche come obiettivoquello di correggere l'eccessivo fra-zionamento delle iniziative di promo-zione in molti settori dell'economiaregionale, impegnandosi a lavorarecon più assiduità sul versante dellaverifica ex-post della ricaduta delleiniziative stesse per individuare unaprecisa scala di priorità ed i più effi-caci strumenti di intervento. La rifor-ma delle Camere di commercio, incorso di attuazione contiene tutti glielementi necessari a questa ridefini-zione del ruolo delle Camere stesse.

Lo stato di attuazione della riformaCon Decreto del Ministero dell’indu-stria, del commercio e dell’artigiana-to del 18 luglio 1996 (pubblicato nel-la G.U. n. 179 del 1 agosto 1996) so-no stati resi noti i dati (per le provincedi Alessandria, Belluno, Bologna,Chieti, La Spezia, Lecce, Pisa, Reg-gio Calabria, Teramo, Verona e Vi-cenza) relativi al numero delle impre-se, all’indice di occupazione e al va-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1997

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lore aggiunto nei settori economiciindividuati dal regolamento di attua-zione dell’art. 10 della legge 580/93per la ripartizione dei membri deinuovi Consigli delle Camere di com-mercio. Le giunte attualmente in cari-ca delle Camere di commercio dellesuddette province, entro il mese dinovembre 1996, dovranno quindi ap-provare i nuovi statuti con la defini-zione delle norme per la ripartizionedei consiglieri secondo le caratteristi-che economiche del territorio dicompetenza. Con Decreto del Mini-stero dell’Industria, del Commercio edell’Artigianato 24 luglio 1996 (pub-blicato nella G.U. n. 226 del 26 set-tembre 1996) è stato reso noto an-che il regolamento di attuazione del-l’art. 12 comma 3 della legge 580/93relativo alle norme sulla designazionedei componenti dei Consigli camera-li da parte delle organizzazioni rap-presentative delle imprese dei settorieconomici interessati. La riforma del-le Camere di commercio è, quindi,giunta al suo punto cruciale, vistoche i rinnovi dei Consigli camerali inqueste prime province rappresenta-no un delicatissimo e decisivo bancodi prova.La ratio della riforma risponde a duenecessità fondamentali: la prima èche la composizione dei consigli ca-merali sia più rispondente agli assettidelle economie locali, la seconda èche l’attività e l’iniziativa degli stessitrasformi il ruolo delle Camere dicommercio rendendolo più adeguatoalle dinamiche del mercato. La possi-bilità per le associazioni di categoriadi eleggere direttamente i propri rap-

presentanti all’interno dei consigli ca-merali dovrebbe rendere ancora piùstretto il legame tra Camere di com-mercio ed imprese: ed essendo que-ste ultime oramai sempre più proiet-tate verso un mercato globale, le Ca-mere di commercio saranno chiama-te a caratterizzarsi sempre più comeenti locali non territoriali, esaltando la“vocazione alla globalità” dei sistemiproduttivi locali. Resta, comunque,aperto il problema del rapporto istitu-zionale tra Ente camerale, in partico-lare i suoi organi di vertice, e le im-prese non associate ad alcuna delleorganizzazioni rappresentative deisettori economici interessati all’ele-zione dei nuovi Consigli camerali.Proprio attraverso le Camere di com-mercio, il sistema di piccola e mediaimpresa potrà, ad ogni modo, espri-mere con più forza ed efficacia unaforte domanda di un diverso modellodi governo dell’economia, di diversee più efficaci forme di regolazione deirapporti tra imprese ed istituzionipubbliche, ma si troverà anche adassumere direttamente la responsa-bilità di questo diverso modello di go-verno dell’economia. Proprio nelleCamere di commercio, il sistema dipiccola e media impresa, attraversole sue rappresentanze settoriali, po-trà verificare la sua stessa propensio-ne al cambiamento ed alla trasforma-zione di un modello produttivo che, inparticolare nella nostra regione, deveindividuare nuovi e più moderni fatto-ri di competitività. Le Camere dicommercio, poi, costituiscono oggiun elemento unico ed originale nelpanorama della pubblica amministra-

zione italiana, essendo istituzionipubbliche prevalentemente finanziatee compartecipate dalle imprese: il si-stema camerale è così chiamato an-che a corrispondere positivamenteall’istanza di generale ammoderna-mento della pubblica amministrazio-ne italiana. L’obiettivo di creare unapubblica amministrazione finalmenteefficiente e “moderna” potrebbesembrare un’utopia, ma probabil-mente non si e’ ancora colta la ratioinnovativa del legislatore, che rappre-senta la vera sostanza della legge diriordino del sistema camerale: l’averaffidato agli utenti, cioè alle imprese,la sorte delle Camere di commercio.Il legislatore, prendendo atto del falli-mento dei tentativi della PubblicaAmministrazione di riformare se stes-sa, ha chiamato le imprese (gli “uten-ti”) a progettare il cambiamento delleCamere di commercio e ad assumer-si la responsabilità dell’efficienza edell’efficacia dei loro servizi. L’elezio-ne dei nuovi consigli camerali da par-te delle associazioni di categoria, inbase al peso dei vari settori nel con-testo delle economie locali, non èche lo strumento scelto dal legislato-re per ufficializzare questo “scambiodi consegne” ai vertici delle Cameredi commercio. Le Camere di com-mercio possono quindi diventare illuogo della programmazione per losviluppo economico del territorio e,quindi, interlocutrici privilegiate delleamministrazioni locali e provinciali:l’affermazione di questo ruolo rap-presenta una aspettativa diffusa nelmondo camerale sicuramente desi-deroso di essere messo alla prova di

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1997

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fronte ad una così delicata scom-messa L’intero sistema camerale, sigioca sul campo la possibilità di di-ventare, per naturale vocazione, sog-getto di deleghe o di trasferimento difunzioni da parte dello Stato e delleRegioni nelle materie di propria com-petenza: ed è proprio in questa pro-spettiva che si può dire che proprio leCamere di commercio si stanno giàpreparando a convivere con i cam-biamenti legati all’inarrestabile pro-cesso di riforma delle autonomie re-gionali in senso federalista. Dietro al-l’attuazione imminente della riformadelle Camere di commercio si cela-no, pertanto, grandi aspettative e siattende anche una iniezione di fan-tasia, di novità, di modernità nell’a-zione di promozione e sviluppo eco-nomico del territorio che nelle Came-re di commercio troverà la sua sedepiù naturale. E’ in questa logica poli-tica che si vuole sviluppare l’iniziativadel sistema camerale a partire dallestrategie operative dell’Unione regio-nale, al servizio dei sistemi produttivilocali.

Il programma di attività 1997L'impostazione sia del Programmad'attività che del Bilancio di previsio-ne dell'esercizio 1997, è nel segno diuna chiara continuità con gli orienta-menti generali e le attività realizzate esviluppate nel corso degli ultimi quat-to anni ed in particolare nel 1996.L’entità dei fondi trasferiti dal sistemacamerale all’Unione per la realizza-zione dell’attività 1997 tuttavia nonconsente un ulteriore allargamentodelle aree di intervento dell’Unione

stessa, ed in molti casi, non consen-te neppure il consolidamento e la ri-proposizione di attività svolte nel cor-so del 1996. Anche a causa di taliscelte di contenimento della spesa siconferma anche per il 1997 l'impe-gno:– alla razionalizzazione delle spese di

amministrazione e di funzionamen-to degli uffici, continuando nell'a-zione di controllo e qualificazionedella spesa già avviata negli anniprecedenti;

– all'assestamento della strutturaoperativa sugli attuali livelli numeri-ci di personale, che nel corso del1996 hanno registrato la sostituzio-ne di 1 unità, collocata presso l’ Uf-ficio Studi e il rafforzamento, conl’inserimento di una nuova figura,del Centro Estero;

– alla conferma dell'impegno per losviluppo ed il supporto ad iniziativein favore delle attività produttive;

– alla conferma dell'impegno in favo-re dello sviluppo dell'attività di con-sorzi regionali di garanzia fidi, an-che nei settori che tuttora ne sonosprovvisti;

– alla conferma delle attività di osser-vatorio economico regionale svoltedall’ufficio studi, i cui risultati ven-gono messi a disposizione delladomanda espressa sul piano regio-nale, nazionale ed internazionale,anche con strumentazioni tecnolo-gicamente innovative;

– all'attuazione e completamento deiprogetti, avviati nel corso del 1996rivolti allo sviluppo in rete dei servi-zi e delle attività delle Camere diCommercio dell'Emilia-Romagna,

svolgendo in tale modo il compitodi stimolo e di coordinamento del-l'attività camerale che la Legge580/93 affida alle Unioni Regionali.

Emerge quindi un quadro nel qualel’attività dell'Unione regionale si svi-lupperà nel 1997 lungo le 5, ormaitradizionali, direzioni:1. politiche di network e riorganizza-

zione del sistema camerale emilia-no-romagnolo;

2. osservatorio economico regionale;3. pubblicistica ed informazione eco-

nomica;4. servizi e sostegno ai consorzi di

garanzia fidi;5. politiche e relazioni europee.L’Unioncamere ha promosso nel1996 un “Progetto di sviluppo orga-nizzativo del network camerale del-l’Emilia-Romagna” e nel 1997 saràpossibile soffermarsi sulle linee stra-tegiche che il progetto ha suggeritoin vista dell’organizzazione “a siste-ma” delle Camere di commercio del-la regione. Nelle aree di business in-dividuate come “sede sperimentale”del sistema sarà necessaria, da par-te di tutte le Camere di commerciodella regione, una costante ricercadel network, di tutte le possibili siner-gie in termini di politiche di offerta, dicostruzione delle logiche di scambionel network, di politiche organizzati-ve. Senza voler snaturare la missioneistituzionale delle Camere sarà co-munque possibile pensare a politichedi sviluppo ed a logiche di azioneche, individuati i punti di eccellenzaed economie di scala all’interno dellarete (per evitare replicazioni ridon-danti nella fornitura di servizi), diano

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vita ad un sistema integrato di offer-ta, socializzando e diffondendo leesperienze eccellenti senza creare ri-dondanza negli apparati, ma raziona-lizzando e valorizzando le strutturegià esistenti. Il tentativo di individuarearee nelle quali sperimentare la pro-pensione delle Camere di commerciodella regione a fare “sistema”, nonrappresenta semplicemente l’obietti-vo di un progetto che si esaurisce nelcorso di un anno: questo progetto, inrealtà, si pone come la prima tappadi un percorso che deve aiutare a svi-luppare ed affermare una cultura or-ganizzativa di “rete” che favoriscauna visione globale del sistema ca-merale emiliano-romagnolo, attraver-so la diffusione di linguaggi comuni,per un maggiore orientamento al ser-vizio del sistema stesso e per favori-re approcci più dinamici nei confrontidei propri mercati di riferimento edinterlocutori istituzionali. Questo “si-stema” deve poi riappropriarsi diadeguate modalità di comunicazio-ne. Le Camere di commercio devonoriprendere a comunicare e comuni-care bene, progettando le strategiecomplessive della loro comunicazio-ne istituzionale, interna ed esterna,investendo in risorse umane e finan-ziarie, competenze e professionalitàda destinare a questo capitolo cosìimportante della loro attività. La co-municazione, potenziando e svilup-pando la nuova identità ed il ricono-scimento dell’Ente (perchè questodeve essere l’obiettivo prioritario deinuovi Consigli camerali e delle asso-ciazioni che andranno ad eleggere,nei Consigli stessi, i loro rappresen-

tanti), ha così una doppia valenza: daun lato sostiene e contribuisce ad or-ganizzare il cambiamento attraversola presa di coscienza da parte di fun-zionari e dirigenti di come ciò che pri-ma veniva inteso quasi come uncompito, un obbligo, oggi è diventa-to una “responsabilità”, e di come “illavoro che si fa” corrisponde ad un“ruolo che si ricopre”, ruolo che attri-buisce piena dignità a quel lavoro;dall’altro lato, la comunicazione è,quindi, componente fondamentaledell’erogazione dei servizi, della loroqualità, della loro efficienza e della lo-ro efficacia, perchè tende ad avvici-nare sempre più il servizio stesso al-l’utente in base a quelle che sono lesue fondamentali esigenze. L’evolu-zione in atto, che ha spinto le Came-re di commercio a mettersi in unaprospettiva di “sistema”, imponequindi strategie di comunicazione in-tegrata sia tra i diversi livelli organiz-zativi che tra questi e l’ambienteesterno regionale e nazionale. Le ri-sorse umane interne alle singoleCCIAA ed a Unioncamere Emilia-Ro-magna devono poter condivideresempre meglio le nuove prospettive,il che presuppone una circolazionedelle informazioni e l’instaurazione diun confronto costanti, giungendo co-sì a perseguire obiettivi secondo unamissione comune. Attraverso la co-municazione, quindi, il “sistema”prende coscienza di sè e si fa cono-scere. Anche in questo campo, quin-di, sempre su iniziativa di Unionca-mere, si stanno studiando iniziative eprogetti per dare vita ad un “Piano diMarketing Communication” dl siste-

ma camerale emiliano-romagnolo peril 1997, relativo sia alla comunicazio-ne interna che a quella esterna.

Osservatorio economico regionaleLa vasta copertura settoriale e ilcomplesso della ricerca svolta con-sentono di considerare il sistema de-gli osservatori come un unico Osser-vatorio economico regionale, attivitàche ha conosciuto un ulteriore raffor-zamento nel 1996. La capacità dianalisi dell'economia regionale, non-chè il costante monitoraggio dei varisettori che la compongono, conti-nuano a costituire un elemento quali-ficante dell'attività dell'Unione regio-nale. Se gli sviluppi dei rapporti istitu-zionali con l'ente Regione lo consen-tiranno, il 1997 vedrà la costituzioneanche formale dell'Osservatorio eco-nomico regionale. Ulteriori sviluppidell’attività di Osservatorio di Union-camere proverranno nel 1997 dallapartecipazione ad importanti progettinazionali di rilevazione ed analisi sta-tistica. L’esecuzione del censimentointermedio del 1997, il progetto na-zionale di rilevazione dei fabbisogni dimanodopera denominato Excelsior,il coordinamento delle indagini con-giunturali sull’industria manifatturierae la costituzione dell’ Archivio Stati-stico delle Imprese Attive (ASIA) sonodestinati nei prossimi anni a raziona-lizzare e rendere piu’ omogenea econfrontabile l’informazione disponi-bile a livello regionale. Il sistema dellecomunicazioni di Unioncamere Emi-lia-Romagna e del sistema cameralee’ stato potenziato nel 1996 per con-sentirgli di raggiungere con le proprie

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notizie e strumenti informativi il mag-gior numero di imprese e soggettidell'economia regionale. Notevolipassi in avanti in tale direzione sonostati compiuti con il rafforzamentodella rivista Econerre, che raggiungeoggi le 10.000 copie, con la bancadati Unioncamere on-line. Nel 1997la rivista Statistiche regionali ha subi-to una profonda trasformazione, conl'edizione dell'annuario statistico informato elettronico ed una diffusionepiu' capillare. Le edizioni elettronichedei prodotti e delle iniziative promo-zionali hanno trovato maggiore diffu-sione anche grazie al sito Internetche Unioncamere ha allestito. L'atti-vità di studio e ricerca nel 1997 con-tinuerà a interessare i seguenti indi-rizzi generali:• monitoraggio congiunturale perio-

dico sull'industria manifatturiera,anche in raccordo con Unioncame-re Italiana, sul settore edile ed ela-borazione di scenari previsionalisugli andamenti attesi dell'econo-mia regionale; dal 1997 l'indaginecongiunturale sull'industria vienecoordinata con quelle delle princi-pali regioni italiane e resa con essecomparabile;

• sviluppo dell'osservatorio econo-mico regionale: investimenti nelsettore industriale; evoluzionestrutturale e produttiva dell'artigia-nato di servizio e di produzione;prosecuzione dell'analisi delle pro-blematiche del sistema agro-indu-striale regionale; rafforzamento del-l'osservatorio export; osservatoriosul trasporto merci, la subfornitura,le richieste occupazionali delle im-

prese; analisi delle problematichedel turismo emiliano-romagnolo neidiversi segmenti che lo compongo-no; prosecuzione e valorizzazionedell'Osservatorio sulla subfornituraassieme ad altre strutture cameraliregionali.

• partecipazione ai progetti nazionalicondotti dal sistema camerale :progetto ASIA (Archivio Statisticodelle Imprese Attive) coordinato daIstat e che porterà nel 1997 a dis-porre di una banca dati completadel sistema delle imprese attraver-so l'integrazione degli archivi am-ministrativi, coordinamento della ri-levazione del progetto Excelsior, fi-nanziato dalla Unione Europea, suifabbisogni di manodopera;

• diffusione dell’informazione econo-mica tramite la rivista Econerre, ilsito Internet e la diffusione dell’an-nuario statistico informatizzato.

Viene confermata, tra le funzioni pro-prie dell'Ufficio Studi, quella dell'ela-borazione di progetti ed iniziative pered assieme al sistema camerale emi-liano-romagnolo, supportando con lapropria progettualità l'Unione regio-nale nella sua funzione di coordina-mento e di stimolo. Per quanto con-cerne l'attività del Centro per il Com-mercio Interno, per il 1997 si avvieràun gruppo di lavoro che contribuisca,assieme alle categorie economiche,alla ridefinizione della normativa re-gionale del settore e sulle principaliproblematiche generate nel settoredalla ristrutturazione della rete distri-butiva. Il gruppo di lavoro, che ope-rerà in stretto collegamento con In-dis, sottoporrà il risultato dei propri

lavori all’attenzione degli amministra-tori regionali e degli enti locali, alloscopo di sollecitare una maggiore at-tenzione allo sviluppo del settore.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1997

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 141Bologna, Villa Cicogna, 22 Settembre 1997

Nel corso dei prossimi anni, l’intro-duzione della moneta unica euro-pea, l’Euro, determinerà una tra-sformazione epocale del sistema direlazioni economiche in Europa e,ovviamente, anche nel nostro pae-se. Dalla caduta dell’Impero Roma-no d’Occidente, l’Europa tornerà aparlare un’unica lingua monetaria. Ilcambiamento causerà, prima di tut-to, rilevanti trasformazioni nelle rela-zioni commerciali e finanziarie fra ipaesi membri dell’Unione Europeae fra questi ultimi ed i paesi nonaderenti a quella che diventerà lapiù grande area di libero scambiodel mondo. L’Euro, inoltre, secondoun articolo recentemente pubblica-to dal prestigioso quotidiano eco-nomico “Financial Times” potrebbeaddirittura soppiantare il dollaro co-me moneta “leader” negli scambiinternazionali. Tuttavia, non si puòritenere che i cambiamenti sono li-mitati alla pur rilevantissima sferadelle relazioni economiche interna-zionali. Anche l’insieme delle rela-zioni e delle regole che governano ilsistema economico di un paese è

destinato a subire delle fortissimetrasformazioni. Limitando la nostraattenzione alla sfera della politicaeconomica, l’introduzione della mo-neta unica provocherà un drasticoridimensionamento dell’autonomiadei Governi centrali. L’implementa-zione delle politiche fiscali e mone-tarie, che nel dopoguerra hannogiocato in tutta Europa un ruolofondamentale come strumento diregolazione dei livelli dell’attivitàeconomica, subirà molte restrizionirispetto al passato; ce ne stiamogià accorgendo. In definitiva, il ruo-lo e l’area di discrezionalità dell’Au-torità Centrale come promotore dellivello di attività economica sarannolimitati ad un ambito assai più ri-stretto per evitare, da un lato, di de-terminare pericolosi squilibri suimercati finanziari, dall’altro di dis-torcere il gioco della libera concor-renza fra imprese. Tutto questo, na-turalmente, avrà effetti dirompentisoprattutto sulla vita delle imprese edei sistemi di imprese, i distretti in-dustriali, che operano nel nostropaese. Le imprese dovranno conta-

re sempre meno su uno Stato sti-molatore di domanda e dovrannofare sempre più affidamento sulleproprie capacità di contenimentodei costi di transazione: a parità diefficienza tecnico-produttiva, saran-no proprio questi ultimi a determi-nare il vantaggio competitivo delleimprese. La concorrenzialità del no-stro sistema dipenderà sempre dipiù dall’efficienza relativa delle poli-tiche di servizi alle imprese.È fondamentale, in questo caso, unpotenziamento di tre aree strategi-che:Innanzitutto il sistema delle infra-strutture, con particolare attenzio-ne allo sviluppo del trasporto inter-modale ed alla crescita delle tecno-logie informatiche; poi il mercato fi-nanziario con politiche atte a favo-rire l’accesso delle imprese ai capi-tali ed alle diverse fonti di finanzia-mento ed ultimo, ma non per questomeno importante, il sistema for-mativo che dovrà essere semprepiù in grado di far fronte ai fabbiso-gni professionali delle imprese e do-vrà soddisfare la crescente doman-da di tecnologie innovative impostadall’accresciuto livello di concorren-za. Questo è tanto più vero quantopiù il sistema è dominato dalle pic-cole imprese, concentrate essen-zialmente nello svolgimento di “coreactivities” e spesso non in grado diinternalizzare talune funzioni strate-giche. In questo scenario è essen-ziale che il settore pubblico ridisegnii confini delle proprie competenzeattraverso una vera e propria operadi ingegneria istituzionale: da un

Forum Top Ten“La sfida dell’Euro e l’occupazione”

“Le Camere di Commercio nei mercati globali”

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142 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Villa Cicogna, 22 Settembre 1997

ruolo di stimolatore di domanda apromotore di servizi alle imprese mi-rati a “lubrificare” il funzionamentodel sistema economico. Non è cer-tamente facile concepire una strut-tura ottimale per l’autorità pubblica.Comunque essa dovrà necessaria-mente modificare la propria articola-zione territoriale. Infatti, il nuovo ruo-lo dell’autorità pubblica necessitauna penetrazione capillare sul terri-torio, affinché i servizi messi a dis-posizione possano essere plasmatisulle esigenze delle imprese. Il pro-cesso di integrazione europea, per-ciò, valorizzerà sempre più il ruolo ela centralità delle politiche di inter-vento locale. Le Camere di Com-mercio, in questa ottica, partono dauna posizione privilegiata, in quantodalla loro istituzione vantano un for-te radicamento territoriale sia con iltessuto imprenditoriale, sia con il si-stema infrastrutturale. Anche il si-stema delle Camere di Commercio,tuttavia, dovrò passare attraversoforti trasformazioni nella concezionedei servizi erogati, da una parte, edin una generale e profonda riqualifi-cazione delle risorse umane, dall’al-tra. Tale processo di ristrutturazionedovrà procedere di pari passo conla razionalizzazione degli altri entiterritoriali allo scopo di evitare leconsuete sovrapposizioni e disper-sioni di risorse. Questo significherà,perciò, un processo integrato di ri-strutturazione del sistema delle isti-tuzioni pubbliche locali attraversouna chiara individuazione delle fun-zioni ed una successiva centralizza-zione dei servizi su base locale.

La Legge Bassanini 59/97 ha com-piuto il passo decisivo verso un’or-ganizzazione federalista dello Sta-to. Fino ad oggi, quando si è parla-to di “federalismo”, si è inteso il su-peramento definitivo del centrali-smo e la configurazione di un siste-ma amministrativo che deve opera-re, con apparati amministrativi or-ganizzati a livello regionale, intornoalle Regioni ed agli enti locali. LeRegioni sono, quindi, destinate a di-ventare il centro propulsivo del si-stema delle autonomie ma quelloche, in realtà, si va prefigurando èun “federalismo delle autonomie”,dove le “autonomie” non sono soloquelle territoriali ma anche quellefunzionali. In questo contesto, vieneampiamente valorizzato il ruolo del-le Camere di Commercio conferma-te tra i soggetti titolari del decentra-mento in un ambito regionale conuna serie di premesse, valide comeindicazioni generali nella LeggeBassanini, che ne rafforzano ulte-riormente il ruolo.Tali premesse consistono- nell’affermazione del principio di

sussidiarietà;- nel riconoscimento esplicito dei

“compiti esercitati in regime di au-tonomia funzionale dalle Cameredi Commercio, industria, artigia-nato, agricoltura”.

Essendo ad esse attribuite per leg-ge “funzioni di supporto e promo-zione degli interessi generali delleimprese” (legge 580/93), la suddet-ta premessa ci consegna il sistemacamerale come autorità funzional-mente più vicina all’interesse delle

imprese. Non per niente si sonousate per le nuove Camere di Com-mercio definizioni quali: “la PubblicaAmministrazione delle imprese”, il“Municipio delle imprese”…Le Camere di Commercio sonochiamate a svolgere un ruolo sem-pre più strategico nella programma-zione e gestione delle politiche diservizio alle imprese anche per il lo-ro forte radicamento territoriale eper le consolidate relazioni sia con iltessuto imprenditoriale sia con il si-stema infrastrutturale.Se, quindi,- l’introduzione della moneta unica

avrà effetti dirompenti sulla vitadelle imprese,

- se tali effetti richiederanno la ca-pacità delle imprese stesse di “in-ventarsi” gli strumenti di una per-sonalissima strategia competitiva,

- se questo significherà la necessitàdi un sistema più razionale ed effi-ciente dell’offerta dei servizi alleimprese stesse,

- se, su questo terreno, il “pubbli-co” sarà chiamato, perciò, a mo-dificare totalmente l’approccio allamateria, investendo primariamen-te sul principio di sussidiarietà, ecollocando le sedi della program-mazione e della gestione delle po-litiche di sostegno alle imprese nelpunto ad esse più vicino.

Se sono vere queste premesse, leCamere di Commercio, funzional-mente chiamate a promuovere l’in-teresse generale delle imprese, sidovranno proporre come “il trampo-lino di lancio” delle imprese stessesui mercati globali.

Forum Top Ten“La sfida dell’Euro e l’occupazione”

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1998 143Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Con tutta probabilità, il Prodotto inter-no lordo dell’Emilia-Romagna cresce-rà in termini reali attorno all’1,9 - 2 percento, distinguendosi positivamentedall’aumento dell’1,8 per cento previ-sto per il Paese in sede di Relazioneprevisionale e programmatica. La sti-ma regionale, da considerare con ladovuta cautela in quanto si basa sudati ancora parziali, si fonda su di unandamento che è apparso meglio in-tonato rispetto a quanto registrato nel1997, quando l’Istituto Guglielmo Ta-gliacarne aveva stimato una crescitareale pari all’1,1 per cento. Se guar-diamo all’evoluzione del passato, nonsiamo certamente di fronte ad un in-cremento dei migliori. Bisogna tuttaviaconsiderare che l’economia dell’Emi-lia-Romagna è riuscita a migliorare lapropria crescita in un contesto inter-nazionale dominato dalle incertezzederivanti dalle crisi, che si sono via viaabbattute sulle economie asiatiche,russa e sud – americane, per non par-lare della situazione nazionale, segna-ta dalla crisi conseguente alla cadutadel Governo guidato dall’OnorevoleRomano Prodi.

Se analizziamo a grandi linee l’evolu-zione dei vari settori produttivi, si puòevincere, come anticipato, una gene-ralizzata ripresa, che ha riguardato,sia pure con diversa intensità, lamaggioranza delle attività. Questoandamento è stato confermato daiconsumi di energia elettrica dei primisei mesi del 1998, aumentati del 3,9per cento rispetto alla stesso periododel 1997, a fronte dell’incremento na-zionale del 3,6 per cento. La sola in-

dustria ha visto crescere i consumidel 5,9 per cento, superando gli au-menti del 5,5 e 5,2 per cento riscon-trati rispettivamente nelle regioni delNord - Est e nel Paese. L’energiaelettrica venduta dall’Enel, da nonconfondere con i consumi in quantoè esclusa la quota, non trascurabiledell’autoproduzione, ha ricalcatoquesto andamento. Nei primi sei me-si del 1998 è ammontata a circa 9miliardi di kwh, con un incrementodel 4,4 per cento rispetto allo stessoperiodo del 1997. Le vendite effettua-te nei luoghi diversi dalle abitazioni,senza considerare inoltre l’illumina-zione pubblica, sono aumentate an-cora di più (5,3 per cento). La crescita delle attività non è stataperò in grado di creare nuova occu-pazione, come vedremo più diffusa-mente in seguito, ed è questo, pro-babilmente, l’aspetto più negativoemerso nel corso del 1998. L’annata agraria, sulla base dei primiparziali dati, è apparsa in lieve ripresasotto l’aspetto quantitativo rispettoad un 1997 che risultò fortementepenalizzato dalle avverse condizioniclimatiche. L’occupazione è tornatain crescita, ma i prezzi all’origine han-no dato segnali di pesantezza.L’industria manifatturiera - nel 1997ha concorso, assieme al compartoenergetico, alla formazione del reddi-to regionale con una quota del 27,8per cento - ha proposto tassi di cre-scita di produzione e di fatturato piùampi rispetto ai moderati aumenti ri-levati nel 1997. Il mercato interno haconsolidato la tendenza positiva av-viata nella primavera del 1997, men-

tre l'estero ha proposto incrementiapprezzabili, lievemente più ampi diquelli registrati nel 1997. L’occupa-zione è cresciuta ed è contempora-neamente diminuito il ricorso allaCassa integrazione guadagni.L’artigianato ha accusato nei primi seimesi un calo della produzione e delladomanda, tuttavia in termini menoaccentuali rispetto a quelli registratinel corso del 1997. L’occupazione,dopo diciotto mesi negativi, è risulta-ta in lieve aumento, mentre è risulta-to meno stringente l’indebitamento abreve. L’industria delle costruzioni hachiuso il primo semestre, mostrandoqualche segnale di ripresa. Il ricorsoalla Cassa integrazione guadagni dimatrice anticongiunturale si è atte-nuato, mentre è diminuito l’utilizzodegli interventi straordinari e delle im-prese coinvolte dal fenomeno. Il commercio estero è stato contrad-distinto da esportazioni in apprezza-bile crescita, con un ritmo superiore aquello rilevato nel Paese. Il commer-cio interno ha mostrato una situazio-ne ancora negativa soprattutto neipiccoli esercizi al dettaglio, tuttavia intermini meno accentuati rispetto al1997. L’andamento dei grandi eserci-zi e dell’ingrosso in genere è apparsopiù intonato. In calo occupazione enumero degli esercizi. In ambito creditizio gli impieghi sonocresciuti più dell’inflazione, mentrehanno segnato il passo i depositi. E’proseguita l’espansione degli sportel-li bancari.La stagione turistica dovrebbe esser-si chiusa con qualche progresso. LaRiviera è stata caratterizzata dalla ri-

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presa delle presenze. L’Appennino haconfermato i livelli del 1997. Inespansione le città d’arte. Sostanzia-le tenuta nelle località termali. Nei trasporti, indici in crescita in am-bito portuale, in termini di trasportimerci ferroviari e di movimento pas-seggeri negli aeroporti. Qualche se-gnale di pesantezza per l’autotra-sporto merci su strada, soprattuttoper quanto concerne i piccoli auto-trasportatori.Protesti e fallimenti sono risultati ten-denzialmente in calo. Si è alleggeritala Cassa integrazione guadagni. E’invece aumentato il sostegno alle im-prese artigiane effettuato dall’Ente Bi-laterale Emilia-Romagna.Il mercato del lavoro, come anticipa-to, è stato segnato dal calo degli oc-cupati, ma anche dalla contestualediminuzione delle persone in cerca dioccupazione. Gli iscritti nelle liste dimobilità sono aumentati, ma è anchecresciuto il relativo numero di coloroche è stato avviato al lavoro. La Cas-sa integrazione guadagni si è allegge-rita sia in termini di interventi anticon-giunturali che strutturali. La consistenza delle imprese è risul-tata in calo dell’1,4 per cento, so-prattutto a causa della flessione ri-scontrata nell’agricoltura. Se dalcomputo si toglie tuttavia il settoreprimario, il saldo fra imprese iscritte ecessate torna ad essere positivo,mentre la consistenza sale dello 0,6per cento.Dalla sintetica esposizione delle lineecongiunturali, il 1998 appare sostan-zialmente meglio intonato rispetto al1997. Tuttavia, se analizziamo l’evo-

luzione del ciclo congiunturale nelcorso dei mesi, siamo in presenza disegnali, che vanno nella direzione diun certo rallentamento. La crescitadella produzione industriale è andatavia via indebolendosi. La Cassa inte-grazione guadagni di matrice anti-congiunturale è diminuita in terminisempre più contenuti. Le esportazio-ni, dopo un primo trimestre straordi-nario, si sono assestate su ritmi dicrescita più ridotti. L’occupazione,apparsa in crescita tendenziale agennaio, è risultata in diminuzione adaprile e luglio.

Passiamo ora ad illustrare più detta-gliatamente alcuni temi specifici dellacongiuntura del 1998, rimandando aicapitoli specifici coloro che desidera-no un ulteriore approfondimento.Il mercato del lavoro in Emilia-Ro-magna ha proposto segnali sostan-zialmente positivi. Il lieve decrementooccupazionale non ha contribuito adincrementare il tasso di disoccupa-zione complessivo che si è attestatoal 5,7% per cento. Si è, infatti, assi-stito a una contrazione della forza la-voro. Il tasso di disoccupazione re-gionale, abbastanza contenuto inrapporto alle altre regioni, risulta dallamedia ponderata fra il saggio di dis-occupazione maschile, rimasto so-stanzialmente ancorato al livello del-l’anno scorso (3,5 per cento), e diquello femminile che, rispetto alloscorso anno, è diminuito di quasi unpunto percentuale, attestandosi al8,6 per cento. Il numero degli occu-pati ha subito una lieve contrazionepari allo -0,4% I risultati sono estre-

mamente diversificati per settore.L’agricoltura, dopo anni di continueperdite registra un buon incrementooccupazionale (2,5%), l’industria sicontrae di uno –0,3%, le costruzionie le altre attività, (sostanzialmente ilterziario e il settore pubblico) calanorispettivamente del –3,3%, e del -0,7%.Segnali lievemente meno incorag-gianti sono arrivati dalle liste di mobi-lità, la cui consistenza è passata at-traverso un incremento (6,9 per cen-to). I dati relativi alla Cassa integrazio-ne guadagni straordinaria e ordinariasono apparsi decisamente positivi.Per la prima è stato registrato una ri-duzione delle unità locali che ne han-no richiesto l’intervento. Per la Cassaintegrazione ordinaria di matrice anti-congiunturale, si è rilevato un calonotevole (-34,2%) delle ore autorizza-te per impiegati e operai. Un aspetto negativo è stato rappre-sentato dal decremento degli avviaticon contratto di formazione-lavoropari al 7,2 per cento nei primi sei me-si. Resta, infine, da segnalare chel’incidenza relativa degli avviamenti atempo determinato e a tempo parzia-le continua a crescere in modo estre-mamente rapido. Questa variabilequest’anno si è attestata al 69,3 percento.Per quanto riguarda il compartoagricolo, la campagna ‘98 del fru-mento tenero è stata caratterizzatadell’abbondante produzione. Nel pe-riodo luglio ’97 – giugno ’98, rispettoai dodici mesi precedenti, i prezzi sisono ridotti del 5,2%, per poi cedereulteriormente e in misura più sensibi-

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1998 145Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

le. La produzione di mais è risultatamolto inferiore ai valori medi. Le quo-tazioni hanno ceduto il -9,7% nel pe-riodo da settembre ’97 ad agosto’98, rispetto ai dodici mesi preceden-ti (fig. 8.1A). La produzione di foraggiè stata elevata sia in quantità sia inqualità. Nel periodo maggio ’98 – ot-tobre ’98 i prezzi dei vari tagli dellamedica hanno registrato una flessio-ne attorno al 40%, rispetto allo stes-so periodo del ‘97. La produzione dipere è stata considerevolmente su-periore alla media. I prezzi sono risul-tati mediamente in diminuzione. Lacampagna ’98 delle mele è stata unadelle peggiori campagne del decen-nio. La produzione è risultata sovrab-bondante e i prezzi bassi. Una scarsaproduzione e prezzi elevati sono statii tratti caratteristici della campagna’98 delle pesche. La scarsa produ-zione di nettarine ha caratterizzato lacampagna ’98. La commercializza-zione si è svolta su livelli di prezzoelevati e soddisfacenti per i produtto-ri.Per il settore bovino, si è avuto unbuon andamento dei vitelli da vita,mentre per le vacche da vita la con-dizione del mercato è critica. Il prez-zo dei vitelloni maschi da macello haavuto un andamento prima staziona-rio e poi leggermente crescente,mentre le vacche da macello hannoavuto un mercato complessivamentenegativo. Riguardo alla suinicoltura, iprezzi dei suini da allevamento sonostati mediamente in calo, ma menoconsistente di quello dei suini da ma-cello. La situazione negativa è in lineacon l’andamento e il livello dei prezzi

europei. Nel comparto lattiero casea-rio, nel periodo ottobre 1997-settem-bre 1998, e rispetto ai dodici mesiprecedenti, il prezzo del burro è me-diamente aumentato, mentre il prez-zo del parmigiano reggiano ha avutoun andamento cedente durante tuttoil corso del ’98.Nei primi nove mesi del 1998 e sullostesso periodo del ’97, il pescato in-trodotto e venduto nei mercati itticiregionali si è ridotto in quantità del4,9%, mentre in valore è sostanzial-mente invariato. La riduzione dellequantità ha agevolato un rialzo delprezzo medio del 5,2%. I pesci costi-tuiscono quantitativamente il 77% delprodotto e il 53,1% del valore del pe-scato introdotto. La quantità di pesciintrodotta si è ridotta del 13,7% e ilsuo controvalore del 12%. Il contro-valore dei molluschi introdotti rappre-senta il 31,8% del valore del prodottoed ha registrato un incremento sor-prendente del 49%. I crostacei costi-tuiscono l'aggregato con i prezzi me-di più elevati. La loro quota del quan-titativo trattato è pari a solo il 3,7%,mentre la loro quota del valore com-plessivo del pescato introdotto corri-sponde al 15,1%.La quantità scam-biata si è ridotta del 25%, invertendola tendenza degli anni precedenti, esolo un parziale incremento dei prez-zi (+10,5%) ha sostenuto il controva-lore (-17,2%). La produzione sbarca-ta mostra una sensibile riduzione del-la quantità rispetto allo stesso perio-do dello scorso anno (-14,9%). I pe-sci (-18,8%) costituiscono il 53% delpescato sbarcato e i molluschi (-8,7%) ne rappresentano il 43,9%.

Il consueto quadro sull'industriaenergetica non può essere descrittocome in passato, in quanto non sonopiù disponibili i dati mensili di produ-zione. Per avere un’idea almenosommaria sui flussi di energia elettri-ca bisogna fare riferimento ai dati re-lativi all’energia venduta dell’Enel,che la sede di Bologna dello stessoEnte ha messo a disposizione relati-vamente al primo semestre del 1998.Tali dati non vanno confusi con i con-sumi, poiché non tengono conto, adesempio, dell’importante segmentodell’autoproduzione. Tuttavia seguardiamo agli andamenti degli anniscorsi, consumi ed energia vendutahanno quasi sempre proposto varia-zioni dello stesso segno.Nel primo semestre le vendite, com-presa la quota dei rivenditori, sonoammontate a 9.005 miliardi e 29 mi-lioni di chilovattori, vale a dire il 4,4per cento in più rispetto ai primi seimesi del 1997. Le crescite più ampiesono state riscontrate per i rivendito-ri (hanno coperto l’8,6 per cento del-le vendite) e per gli usi nei locali e luo-ghi diversi dalle abitazioni, che in pra-tica corrispondono ai consumi delmondo della produzione. In questoambito, che corrisponde al 69,4 percento dell’energia venduta) spiccal’aumento del 7,2 per cento relativoalle grandi utenze, con forniture su-periori ai 500 kw. Le piccole forniturefino a 30 Kw sono aumentate più len-tamente (2,2 per cento). In teoria,dalla lettura di questi andamenti,sembrerebbe che le piccole impreseabbiano vissuto una fase produttivameno intonata rispetto alle industrie,

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in linea con la fase congiunturale so-stanzialmente negativa vissuta dalleimprese artigiane nel primo semestre.L’illuminazione pubblica - questi con-sumi possono dipendere dall’amplia-mento delle zone edificate - ha regi-strato un incremento pari all’1,3 percento. Negli usi domestici la crescitaè stata pari allo 0,8 per cento. I primi nove mesi del 1998 si sonochiusi, per l’industria manifatturie-ra, con tassi di crescita in linea conquelli riscontrati nello stesso periododel 1997. Il volume della produzioneè aumentato, tra gennaio e settem-bre, del 3,6 per cento rispetto allostesso periodo del 1997, che a suavolta risultò in crescita del 3,2 percento rispetto ai primi nove mesi del1996. A questa accelerazione si èconiugata la ripresa del grado di uti-lizzo degli impianti e l’innalzamentodelle ore lavorate mediamente daglioperai e apprendisti, aumentatedell’1 per cento rispetto ai primi novemesi del 1997.Il fatturato è aumentato in termini mo-netari del 5,6 per cento, rispetto al-l’incremento del 3,8 per cento rileva-to nei primi nove mesi del 1997. Dallato della redditività, in rapporto all’in-flazione, siamo di fronte ad un margi-ne sufficiente – quasi quattro puntipercentuali - più ampio di quello ri-scontrato nel 1997. In termini reali,ovvero senza considerare l’aumentodei prezzi alla produzione, è stato re-gistrato un apprezzabile aumento del4,3 per cento, più ampio di quello ri-levato nei primi nove mesi del 1997,quando l’incremento risultò pari al2,3 per cento.

La domanda è apparsa in ripresa. Ilmercato interno, che assorbe media-mente circa il 70 per cento della pro-duzione, ha consolidato la tendenzapositiva iniziata nella primavera del1997, chiudendo i primi nove mesicon un incremento medio pari al 5per cento, rispetto al 3 per cento ri-scontrato nei primi nove mesi del1997. Gli ordini dall’estero sono cre-sciuti più velocemente di quelli inter-ni, proseguendo il trend di espansio-ne rilevato nei primi nove mesi del1997. La quota di esportazioni sulfatturato ha sfiorato il 32 per cento, inlieve flessione rispetto ai valori emer-si nei primi nove mesi del 1997. L’aumento medio dei prezzi alla pro-duzione è stato pari all’1,3 per cento,in linea con l’evoluzione dei primi no-ve mesi del 1997. Il periodo di produ-zione assicurato dal portafoglio ordinisi è attestato poco oltre i tre mesi,confermando la situazione emersanei primi nove mesi del 1997.L’approvvigionamento dei materialidestinati alla produzione è risultatomeno difficile, consolidando i miglio-ramenti emersi sia nel 1997 che nel1996, dopo le forti difficoltà che ave-vano contraddistinto tutto il 1995.Le giacenze dei prodotti destinati allavendita sono state dichiarate in esu-bero da una quota più ridotta diaziende.L’occupazione è apparsa mediamen-te in crescita, da gennaio a settem-bre, del 3,3 per cento. Nei primi novemesi dell’anno si registrano di normadegli aumenti, in quanto è molto for-te l’influenza delle assunzioni stagio-nali effettuate dalle industrie alimen-

tari nel periodo estivo. Al di là di que-sta considerazione, resta tuttavia unandamento meglio intonato rispetto aquello riscontrato nei primi nove mesidel 1997. La stessa tendenza espan-siva è emersa dalle rilevazioni sulleforze di lavoro eseguite dall’Istat. Neiprimi sette mesi del 1998 è stata ri-scontrata in Emilia-Romagna unacrescita media dello 0,4 per cento ri-spetto allo stesso periodo del 1997,equivalente, in termini assoluti a circa1.700 persone. Per i soli occupati al-le dipendenze, l’aumento è stato pa-ri al 2 per cento, equivalente a circa2.000 persone.Le ore autorizzate di Cassa integra-zione per interventi anticongiunturalisono passate da 2.658.334 dei priminove mesi del 1997 a 1.783.624 del-lo stesso periodo del 1998, per undecremento percentuale pari al 32,9per cento. Gli interventi strutturalirappresentati dalle ore autorizzate diCassa integrazione straordinaria so-no risultati anch’essi in flessione, es-sendo scesi da 1.807.151 a1.376.673, per una diminuzione per-centuale pari al 23,8 per cento. Il ca-lo è apparso lievemente più accen-tuato per gli operai (-24,5 per cento)rispetto agli impiegati (-22,5 per cen-to). Se guardiamo al fenomeno dal la-to delle aziende che hanno richiestola Cig straordinaria - i dati sono ela-borati dall’Agenzia per l’impiego – neiprimi sei mesi del 1998 sono risultatecoinvolte 68 unità locali rispetto alle86 dei primi sei mesi del 1997. I lavo-ratori sospesi sono ammontati a1.428 contro i 2.107 del primo seme-stre 1997. In calo anche i lavoratori

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considerati in esubero passati da1.983 a 840.Note moderatamente positive, alme-no sotto l’aspetto meramente nume-rico, sono invece venute dai fallimen-ti dichiarati passati dai 127 della pri-ma metà del 1996 ai 121 dello stes-so periodo del 1997.Per quanto concerne lo sviluppo im-prenditoriale sono disponibili dati re-lativi ai primi nove mesi. Le impreseattive esistenti a fine settembre 1997sono risultate 58.636 rispetto alle59.460 rilevate nello stesso periododel 1996. Questa diminuzione si èassociata al negativo andamento del-le iscrizioni e cessazioni, con que-st’ultime a prevalere sulle prime per455 imprese, rispetto al passivo di 68unità registrato nei primi nove mesidel 1996.L’indagine sull’industria delle co-struzioni Unioncamere-Quasco rela-tiva al primo semestre del 1998 ha ri-levato qualche segnale di migliora-mento del quadro congiunturale. I se-gnali più positivi sono emersi nelleimprese di maggior dimensione e inquelle che operano nel campo delleinfrastrutture, dato confermato anchedalle aggiudicazioni degli appalti pub-blici. Anche il livello delle commesseacquisite dalle imprese ha conferma-to il trend espansivo della produzio-ne. Segnali positivi giungono anchedal dato relativo al portafoglio ordini,con l’aumento del numero di impre-se che possiedono una programma-zione superiore a sei mesi, e dagli in-vestimenti apparsi in espansione. Perquanto concerne l’occupazione l’in-dagine campionaria evidenzia per la

prima metà dell’anno una lieve inver-sione della tendenza regressiva,mentre l’indagine sulle forze di lavorodell’Istat continua a registrare unaflessione. In questi ultimi anni il settore delcommercio interno è stato penaliz-zato dalla sostanziale stagnazione deiconsumi. E’ inoltre in corso un pro-cesso di ristrutturazione che ha colpi-to principalmente il commercio aldettaglio. Rispetto al settembre1997, è stato rilevato un decrementodel 0,8 per cento delle imprese attiveoperanti nel settore. Il commercio aldettaglio è risultato il più colpito conun decremento pari al 2,2 per cento.Un discreto andamento è stata inve-ce riscontrato nel commercio all’in-grosso (1,4 per cento) e negli alber-ghi e ristoranti (0,2 per cento). L’oc-cupazione (escluso il comparto deglialberghi e pubblici esercizi) ha segna-to il passo, con una decremento cor-rispondente all’1,7 per cento. Il 1998 sembra profilarsi un anno dicrescita sostenuta per il commercioestero emiliano-romagnolo dopo ilrallentamento registrato nel 1997.Secondo i dati diffusi dall’Istat, neiprimi sei mesi del 1998 il valore delleesportazioni italiane ha avuto un in-cremento complessivo del 9,7% ri-spetto all’analogo periodo del 1997,mentre la crescita delle esportazionidell’Emilia-Romagna è stata pari al13,7%, incremento superiore a quel-lo fatto registrare dalle altre regioniexport-oriented. Il dato è ancora piùapprezzabile se si considera che lacrescita nei primi sei mesi del 1997rispetto allo stesso periodo del 1996

era stata del 3,7%. Un altro aspettopositivo che occorre sottolineare èche la crescita registrata in Emilia-Romagna ha interessato tutte le ma-crobranche di attività economica,mentre in altre regioni le variazionipositive sono da attribuire principal-mente a forti incrementi di alcunicomparti (tessile e calzature nelleMarche, la cantieristica navale in Ve-neto, il settore automobilistico in Pie-monte) in un contesto di sostanzialestazionarietà. L’unico comparto chein Emilia-Romagna ha mostrato diffi-coltà nel commercio verso l’estero èquello delle pelli, cuoio e calzatureche diminuisce dello 0,4%. Gli altrisettori hanno evidenziato tassi di cre-scita che si attestano mediamenteattorno al 10-15%. Reggio Emilia è la provincia con iltasso di crescita superiore, dato facil-mente spiegabile dall’incremento divendite di macchine agricole e indu-striali (+24,2%) che incidono per oltreil 38% dell’export reggiano. Crescitasostenuta anche per Bologna, Mode-na e Parma - in cui spicca la variazio-ne del comparto della chimica(+57%) e dell’industria del legno(+32%) - e per Rimini, trainata dal più19% del tessile abbigliamento che in-cide quasi per il 30% sull’export rimi-nese. Ferrara e Ravenna presentanocrescite più contenute, rispettiva-mente del 5,3% e 7,7%; in entrambi icasi è il comparto agroalimentare adevidenziare l’andamento più deluden-te con perdite rispetto al primo se-mestre 1997 superiori al 10%.Occorrerà vedere quanto inciderannosul dato di fine anno le crisi economi-

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che e politiche che, nel secondo se-mestre 1998, hanno interessato alcu-ni importanti partner commerciali del-l’Italia e dell’Emilia-Romagna. Nei pri-mi dieci mesi del 1998 l’Italia ha vistodiminuire l’export verso la Russia dioltre l’11%, il valore dei prodotti diret-ti verso il Giappone è diminuito del12,5%, mentre il calo nei confrontidei nuovi paesi industrializzati asiatici(Singapore, Corea del sud, Taiwan eHong Kong) è stato del 30%.La stagione turistica 1998 è statacaratterizzata, sulla base dei dati pro-venienti dalle Amministrazioni provin-ciali, da un andamento discreto. A Ri-mini, capitale del turismo regionale, èstato rilevato un degli arrivi pari all’1,7% e delle presenze in misura dello0,7%. Anche dai dati che riguardanoil solo turismo balneare provengonosegnali complessivamente discreticon un incremento delle presenze siadei turisti italiani (1,2%), sia degli stra-nieri (1,6%). L’andamento dei trasporti aereicommerciali rilevato nei tre principaliscali dell'Emilia-Romagna è statocontraddistinto da una generalizzatatendenza espansiva, in linea conquanto emerso nel Paese.L'aeroporto Guglielmo Marconi diBologna, il più importante della regio-ne con il 93 per cento del movimentopasseggeri rilevato nel 1997 - ha fat-to registrare nei primi dieci mesi del1998, secondo i dati diffusi dal servi-zio Comunicazione e marketing dellaS.a.b., un nuovo sensibile incremen-to dei traffici, che ha rafforzato la ten-denza espansiva in atto da lunga da-ta. I passeggeri movimentati sono

ammontati a 2.455.290 contro i2.192.761 dello stesso periodo del1997. Le aeromobili atterrate e de-collate sono risultate 41.664 rispettoalle 37.730 dei primi dieci mesi del1997. Il 76 per cento circa del trafficoè stato rappresentato da voli di linea.Gli aeroporti collegati sono ammon-tati a 125, praticamente gli stessi re-gistrati nel 1997. Lo scalo riminese nei primi dieci mesidel 1998, secondo i dati elaborati daAeradria, ha registrato una apprezza-bile crescita del traffico aereo, che siè associata alla crescita degli arrivistranieri rilevata sulla riviera roma-gnola. I charter passeggeri movimen-tati sono risultati 2.460 rispetto ai1.703 dei primi dieci mesi del 1997.I passeggeri arrivati e partiti sono am-montati a 232.671, vale a dire il 4,1per cento in più rispetto al periodogennaio - ottobre 1997. In forte ripre-sa è apparso il traffico degli aerei car-go, mentre il volume delle merci im-barcate è salito da 4.155 a 4.300tonnellate.Nello scalo forlivese - il traffico è pre-valentemente costituito dai voli char-ter - è stata rilevata nei primi novemesi del 1998, secondo i dati raccol-ti dalla S.e.a.f., la società che assistei voli, una diminuzione delle aeromo-bili movimentate di linea e charterspari al 16,4 per cento. E’ invece au-mentato il traffico passeggeri da10.104 a 11.025 unità.I trasporti portuali dei primi diecimesi del 1998, secondo i dati diffusidall'Autorità portuale di Ravenna, so-no stati caratterizzati da un movimen-to merci pari a 18.395.820 tonnellate,

con un aumento del 14,7 per centorispetto allo stesso periodo del 1997che è equivalso, in termini assoluti, apoco più di 2.351.000 tonnellate. Sitratta di un andamento eccellente,che potrebbe consentire allo scaloravennate di superare il record di ol-tre 20 milioni di tonnellate registratonel 1995. Il movimento marittimo si è allineatoal positivo andamento delle mercisbarcate e imbarcate. Nei primi diecimesi del 1998 sono arrivati e partiti7.471 bastimenti rispetto ai 7.723dello stesso periodo del 1997. L’au-mento del 3,4 per cento che ne è de-rivato è da attribuire al dinamismodelle navi battenti bandiera straniera,salite del 3,9 per cento a fronte dellacrescita del 2,6 per cento riscontrataper quelle nazionaliI trasporti ferroviari sono valutatisulla base dei dati trasmessi dalle Fer-rovie dello Stato facenti capo al Coor-dinamento Territoriale Centro, ex -Compartimento di Bologna. L’analisidel traffico passeggeri, desunto dai bi-glietti e abbonamenti venduti nellastazioni localizzate in Emilia-Roma-gna, non risulta delle più facili, inquanto è oltremodo difficile valutare ilvolume di traffico effettivo sulla basedelle emissioni effettuate. Tanto perfare un esempio, un abbonamentoannuale conta per uno, rispetto ai do-dici abbonamenti mensili equivalenti evia di questo passo. Inoltre dal 1997non è possibile quantificare la fascia dibiglietti venduti presso le ricevitorie Si-sal. Si tratta di volumi sostanzialmen-te ridotti, ma in grado tuttavia di pro-vocare qualche distorsione statistica.

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1998 149Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Ciò premesso, nei primi sette mesi del1998 le emissioni di abbonamenti ebiglietti - è esclusa la quota delleagenzie di viaggio - sono diminuite del14,9 per cento rispetto allo stesso pe-riodo del 1997. Si tratta di un anda-mento che appare sostanzialmentenegativo, ma che tuttavia deve essereinterpretato alla luce delle considera-zioni sopra espresse.Il traffico merci dei primi nove mesi del1998 nelle stazioni situate in Emilia-Romagna è stato caratterizzato dauna sensibile crescita. La movimenta-zione a carro è ammontata a com-plessivi 8.178.941 tonn., vale a dire il12,9 per cento in più rispetto allostesso periodo del 1997. Per quantoconcerne il bestiame non è pervenutaalcuna segnalazione di movimento.Per quanto riguarda il credito, a giu-gno ’98, i depositi a livello nazionalemostrano una variazione a dodici me-si negativa, ma molto meno sensibiledi quella registrata a livello regionale,mentre gli impieghi registrano una va-riazione a dodici mesi positiva, che èanche in questo caso più sensibile alivello regionale. L’incremento degliimpieghi testimonia del contributo delsistema creditizio alla fase di accele-razione del ciclo economico dell’eco-nomia regionale tra il terzo trimestre’97 e il secondo trimestre ‘98. Al 30giugno ’98, riferite alla localizzazionedella clientela, in Emilia-Romagna lepartite anomale risultano pari a unapercentuale degli impieghi sensibil-mente inferiore a quella nazionale, aconferma della minore rischiosità delmercato del credito regionale. La generalizzata tendenza alla ridu-

zione dei tassi si è riflessa anche suquelli bancari. I tassi attivi medi sugliimpieghi in lire si sono costantemen-te ridotti a partire dagli ultimi mesi del’95, fino a valori di poco superiori al7%. I tassi sugli impieghi in lire hannoridotto la differenza positiva rispettoal tasso medio applicato sugli impie-ghi in valuta. L’andamento dei tassipassivi ha risentito oltre che della ge-nerale fase di riduzione dei tassi e delfenomeno di ricomposizione del pas-sivo bancario in corso. Si può ritene-re che anche il margine di interesseregionale si sia parallelamente ridottonel periodo.L’Emilia-Romagna è la regione italia-na con la maggiore densità di spor-telli bancari per abitante. Cionono-stante, il ritmo di apertura di nuovisportelli in regione è stato superiore aquello nazionale nel ’96, nel 97, an-che se non nei primi 6 mesi del ’98.La crescita del numero di sportelli neidodici mesi precedenti al giugno ’98è da attribuirsi agli istituti a diffusioneinfraregionaleNel Registro delle imprese figuravaa fine settembre 1998 una consisten-za di 401.056 imprese attive rispettoalle 406.611 di fine settembre 1997,per un decremento tendenziale pariall’1,4 per cento. Siamo in presenzadi un andamento negativo, dovuto ingran parte alla forte diminuzione ac-cusata dalle attività dell’agricoltura,caccia e silvicoltura, diminuite ten-denzialmente del 7,4 per cento. Senon considerassimo questo settore,la cui consistenza è fortemente au-mentata nel corso del 1997 a causadell’obbligo di iscrizione contemplato

dalla Legge n. 580 del 29 dicembre1993, il Registro delle imprese dell’E-milia - Romagna avrebbe registratouna crescita dello 0,6 per cento. Se sianalizza l'evoluzione dei vari rami diattività si può evincere che l'aumentotendenziale più corposo è venutodalle industrie delle costruzioni e in-stallazioni impianti cresciute del 4,4per cento rispetto al settembre del1997, seguite dalla attività di interme-diazione monetaria e finanziaria, il cuiaumento è stato pari al 3,5 per cen-to. Le attività commerciali, compresigli intermediari del commercio e i ri-paratori di beni di consumi, che co-stituiscono quasi un quarto delle im-prese attive, hanno accusato un calodello 0,8 per cento. La relativa consi-stenza è scesa per la prima volta sot-to le centomila unità. In discesa sonorisultati anche i trasporti e i servizi ingenerale. Le industrie manifatturiere,che rappresentano il gruppo più nu-meroso dopo quello agricolo e com-merciale, sono risultate sostanzial-mente stabili. Un altro aspetto del Registro delle im-prese è rappresentato dallo statusdelle imprese registrate. Quelle attivecostituiscono la maggioranza, conuna quota prossima al 91 per cento.Poi esiste tutta la serie di inattive, so-spese, liquidate e in fallimento che ri-mangono formalmente iscritte nelRegistro delle imprese. Se confron-tiamo la situazione in essere a finesettembre 1998 con quella dellostesso periodo del 1997 si può os-servare un andamento di prevalenteridimensionamento. Alla diminuzionedelle imprese attive, in parte dovuta,

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come visto precedentemente, allaflessione delle imprese agricole, sisono associati i cali di quelle inattive,sospese e fallite. L’unico aumento èstato rilevato nelle imprese liquidatesalite tendenzialmente del 6,3 percento.Alla diminuzione delle imprese attive

non si è associato un analogo anda-mento per le cariche esistenti, salitenell'arco di un anno da 827.755 a862.567. Il numero delle cariche hamostrato un’impennata tra il dicem-bre 1996 e il marzo 1997, a seguitodelle iscrizioni delle imprese agricolee quindi dovremmo essere in presen-za di dati abbastanza omogenei. Conl’entrata degli imprenditori agricoli, gliultra cinquantenni hanno inciso per il40,4 per cento del totale rispetto al34,2 per cento del dicembre 1996.Per i soli titolari, nello stesso arco ditempo, la percentuale passa dal 34,7al 46,5 per cento del corrispondentetotale. Se guardiamo agli aspettistrutturali, si può evincere che lacomponente maschile risulta prepon-derante rispetto a quella femminile,con una percentuale del 74,6 percento sul totale delle cariche, lieve-mente più ampia di quella riscontrataa fine settembre 1997 e dicembre1991. Anche in questo caso si può ri-condurre il fenomeno alle iscrizionidegli imprenditori agricoli nei quali èdominante la componente maschilerispetto a quella femminile.Per quanto concerne la forma giuridi-ca, a fine settembre 1998 le ditte in-dividuali attive sono risultate267.574, vale a dire il 4,8 per cento inmeno rispetto alla situazione dello

stesso mese del 1997. Se dalla con-sistenza generale escludiamo le atti-vità dell’agricoltura, caccia e silvicol-tura si ha un decremento più ridottopari allo 0,7 per cento. Questo anda-mento si è allineato alla tendenza re-gressiva di lungo periodo, dopo l’epi-sodica lieve crescita riscontrata nelsettembre del 1997. A fine 1985 leditte individuali rappresentavano il71,1 per cento delle attività. A finesettembre 1998 la percentuale, alnetto delle imprese agricole per ave-re un confronto più omogeneo, è pa-ri al 66,7 per cento. Anche le societàdi persone mostrano una perdita dipeso. Dalla quota del 20,2 per centodi fine 1985 passano al 19,4 per cen-to di fine settembre 1998. Di tutt’altro segno appare l’evoluzio-ne della forma societaria. A fine 1985le società di capitale incidevano perl’8,3 per cento del totale. A fine set-tembre 1998 la percentuale è del10,1 per cento L'indagine congiunturale condottadal Comitato Regionale della Confe-derazione nazionale dell'artigianatosu un campione di circa 2.600 impre-se artigiane evidenzia un migliora-mento nelle valutazioni degli operato-ri del settore, pur permanendo le dif-ficoltà incontrate durante il 1997. Du-rante il primo semestre dell'anno laproduzione è risultata in calo per unnumero di imprese maggiore di quel-le che hanno dichiarato crescita. Talerisultato ha confermato una tendenzain atto dai primi mesi del 1996. Il re-lativo miglioramento ha inciso sull'oc-cupazione che ha fatto segnalare unsaldo moderatamente positivo.

I primi dati sull’andamento della co-operazione nel 1998 evidenzianouna realtà produttiva complessiva-mente in crescita, pur con sostanzia-li differenze all’interno dei vari settoriproduttivi. Da quanto emerge dal pre-consuntivo della Confcooperative ilcomparto agroindustriale presentacomplessivamente notevoli incre-menti di fatturato in un’annata agrariacaratterizzata da produzioni quantita-tivamente rientranti nella norma e dibuona qualità. In particolare il settoreortofrutticolo che evidenzia una mag-gior produzione mediamente aumen-tata del 20% ed un incremento delfatturato che si attesta intorno al 40-45% per la frutta estiva ed intorno al20% per la frutta invernale. Nel setto-re vitivinicolo, invece, se si escludonoalcuni prodotti di elevata qualità,sempre molto richiesti e con ottimiprezzi, si riscontra una sostanziale te-nuta dei prezzi per i vini della ven-demmia 1997. La quantità di uvaconferita nella vendemmia 1998 èaumentata del 35% con punte, in al-cune zone e per alcune varietà, di ol-tre il 50%.Nel settore lattiero-casea-rio, ad una produzione che si dimo-stra sempre più stabilizzata sotto l’a-spetto quantitativo, ha fatto riscontroun andamento di mercato molto ne-gativo soprattutto nell’ultimo periododell’anno portando una diminuzionedei prezzi attorno al 25%.L’occupazione nel settore agroindu-striale risulta in netto incremento so-prattutto a causa del maggior utilizzodi “stagionali” a fronte delle maggioriproduzioni realizzate in quasi tutti isettori.

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Articolata appare la situazione nellecooperative del settore servizi che,complessivamente, nel 1998 avrà unfatturato in discreto aumento (+7-8%) rispetto al 1997 e con un signifi-cativo incremento occupazionale. Lemaggiori performances sia in terminidi incremento di addetti che di fattu-rato continuano comunque ad esse-re garantite dal settore della solida-rietà sociale.La Cassa integrazione guadagni èstata caratterizzata dalla generalizza-ta diminuzione del ricorso alle ore au-torizzate. Le ore autorizzate nei priminove mesi del 1998 relativi agli inter-venti di matrice anticongiunturale so-no risultate 1.900.144, con una fles-sione del 32,0 per cento rispetto allostesso periodo del 1997, sintesi deidecrementi del 61,4 e 30,6 per centorilevati rispettivamente per impiegati eoperai. Se si rapporta il volume di oreautorizzate per interventi anticon-giunturali agli occupati alle dipenden-ze dell’industria, l’Emilia-Romagna,nei primi otto mesi del 1998, ha fattoregistrare la terza migliore quota procapite (3,54) alle spalle di Friuli - Ve-nezia Giulia (2,68) e Veneto (3,29),precedendo Trentino Alto Adige(3,62), Liguria (3,98) e Marche (4,76).Gli indici più elevati sono stati riscon-trati in Sicilia (12,36), Valle d’Aosta(12,30) e Lazio (10,84).La Cassa integrazione guadagnistraordinaria viene concessa perfronteggiare gli stati di crisi aziendale,locale e settoriale oppure per provve-dere a ristrutturazioni, riconversioni eriorganizzazioni. Nei primi nove mesidel 1998 le ore autorizzate sono am-

montate a 1.747.636, vale a dire il21,5 per cento in meno rispetto allostesso periodo del 1996. La flessio-ne, in linea con quanto avvenuto nelPaese (-18,6 per cento) è stata de-terminata dal concomitante calo deglioperai e degli impiegati diminuiti ri-spettivamente del 22,7 e 19,7 percento. Se spostiamo l'osservazione del fe-nomeno sul numero di aziende che inEmilia-Romagna avevano in corsoistanze di Cassa integrazione straor-dinaria nel primo semestre 1998 - idati sono elaborati dall’Agenzia perl’impiego - possiamo evincere unanalogo alleggerimento del fenome-no. Le unità locali coinvolte sono sce-se a 87 contro le 103 dei primi seimesi del 1997. I dipendenti sospesisono passati da 2.411 a 1.712, men-tre quelli dichiarati in esubero si sonoridotti da 2.239 a 1.004.La gestione speciale edilizia vieneprevalentemente concessa quando ilmaltempo impedisce l'attività deicantieri. Ogni variazione deve essereconseguentemente interpretata, te-nendo conto di questa situazione.

Eventuali aumenti possono corri-spondere a condizioni atmosfericheavverse, ma anche sottintendere lacrescita dei cantieri in opera. Le dimi-nuzioni si prestano naturalmente aduna lettura di segno opposto. Ciòpremesso, nei primi nove mesi del1998 sono state registrate 1.249.546ore autorizzate, con una flessione del44,1 per cento rispetto allo stessoperiodo del 1997. Anche in questocaso l'andamento dell'Emilia-Roma-

gna è apparso in linea con quello na-zionale (-3 per cento). L’andamentodelle varie regioni italiane è risultatopiuttosto differenziato. Gli incrementipiù vistosi sono stati rilevati nel Lazio(37,6 per cento), Umbria (33,6) eAbruzzo (31,9). Le diminuzioni sonostate registrate in tredici regioni, conpunte particolarmente elevate in Li-guria e Sardegna.I protesti cambiari registrati nel perio-do gennaio - giugno 1998 in cinqueprovince dell’Emilia-Romagna (ci si ri-ferisce ai protesti levati dai tribunali acarico dei residenti nel territorio sottogiurisdizione) sono apparsi nel lorocomplesso in forte diminuzione siacome numero degli effetti, sia comeentità degli importi. Questo anda-mento è stato determinato dalle fles-sioni riscontrate per le cambiali - pa-gherò, tratte accettate e per le trattenon accettate (queste ultime non so-no soggette a pubblicazione sul bol-lettino dei protesti). Per gli assegni èstato invece riscontrato un andamen-to di segno opposto, a causa dellacrescita degli effetti e delle sommeprotestate pari rispettivamente all’8,8e 21,5 per cento. La parzialità del periodo preso in esa-me e delle province analizzate nonconsente di azzardare previsioni sul-l’andamento dell’intero anno. Le nor-mative introdotte recentemente han-no allungato i tempi di elaborazione,impedendoci di analizzare periodi eambiti territoriali più ampi. Resta tut-tavia una tendenza che si può consi-derare comunque positiva, non-ostante la crescita degli assegni.I fallimenti dichiarati in otto province

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dell’Emilia-Romagna nei primi seimesi del 1998 sono risultati in nettadiminuzione, in linea con la tendenzaregressiva in atto dal 1994. Dai 367del primo semestre del 1997 si èpassati ai 307 dello stesso periododel 1998, per una diminuzione per-centuale pari al 15 per cento.

L'andamento dei vari rami di attività,è stato caratterizzato da flessioni ge-neralizzate, apparse più consistentinei settori manifatturiero e delle co-struzioni.Se osserviamo la consistenza delleimprese in fallimento registrate pres-so il Registro delle imprese - il datonon è confrontabile con la statisticadei fallimenti dichiarati - si può evin-cere un andamento che ha ricalcatoquanto emerso dalle statistiche deifallimenti dichiarati. Le imprese in fal-limento a fine settembre 1998 sonorisultate 10.590, vale a dire l’1,6 percento in meno rispetto allo stessoperiodo del 1997, che a sua volta fe-ce registrare una crescita tendenzialepari al 5,1 per cento. L’incidenza sultotale delle imprese registrate è risul-tata limitata ad una quota del 2,4 percento, rispetto alla percentuale del3,3 per cento rilevata nel Paese. Leimprese liquidate iscritte nel Registrodelle imprese sono risultate 13.053rispetto alle 12.283 in essere a finesettembre 1997, per un aumentopercentuale pari al 6,3 per cento. Inquesto caso siamo di fronte ad unalieve accelerazione della crescita, sesi considera che fra settembre 1996e settembre 1997 era stato registratoun incremento del 5,7 per cento. L’in-

cidenza delle imprese liquidate sul to-tale delle registrate è stata pari inEmilia-Romagna al 3 per cento, afronte del 4,2 per cento del Paese.Una ulteriore testimonianza del mino-re impatto delle procedure fallimenta-ri è venuto dalla statistica delle azien-de che hanno richiesto l’interventodella Cassa integrazione guadagnistraordinaria elaborata dall’Agenziaper l’impiego. I lavoratori sospesi nelprimo semestre del 1998 per causedipendenti da fallimenti e altre proce-dure concorsuali sono risultati in Emi-lia-Romagna 1.100 rispetto ai 1.307dello stesso periodo del 1997.La conflittualità del lavoro, secon-do i dati Istat relativi al periodo gen-naio-ottobre 1998, è apparsa in dimi-nuzione rispetto allo stesso periododel 1997. I conflitti generati dai rap-porti di lavoro sono risultati in Emilia-Romagna 41 con il coinvolgimento di17.593 lavoratori per un totale di133.000 ore di lavoro perdute. Nei pri-mi nove mesi del 1997 erano stati rile-vati 57 conflitti originati dal rapporto dilavoro, che avevano visto la parteci-pazione di 71.622 persone per un to-tale di 542.000 di ore di lavoro perdu-te. In Italia si è registrato un forte au-mento del numero dei conflitti, salitodai 737 dei primi 10 mesi 1997 ai 869dello stesso periodo 1998 – di cui 5 dinatura politica - mentre si è assistitoad una contrazione dei lavoratori coin-volti che sono passati da 651.703 a303.994, e delle ore perdute, calateda 7.393.000 a 3.020.000.Il sistema dei prezzi registrati in regio-ne è apparso in tendenziale rallenta-mento. Le indagini congiunturali rela-

tive all'industria manifatturiera hannoregistrato nei primi nove mesi del1998, una crescita media dei prezzialla produzione pari all’1,2 per cento,rispetto all’aumento del 1,4 per cen-to riscontrato nello stesso periododel 1997. Nel paese i prezzi industrialisono diminuiti tendenzialmente a set-tembre dello 0,5 per cento, rispetto al+1,6 per cento del settembre 1997. I prezzi al consumo per le famiglie dioperai e impiegati rilevati nel capo-luogo di regione - concorre alla for-mazione dell'indice nazionale - sonorisultati in lieve ripresa dopo la fles-sione del 1997. L'incremento ten-denziale di ottobre è stato pari al 2per cento, rispetto all’1,6 per cento digennaio e all’1,2 per cento di ottobre1997. Nel Paese è stata registrata lastessa tendenza, con un incrementotendenziale attestato su un valoreprossimo a quello registrato nella cit-tà di Bologna. Dagli aumenti dell’1,6per cento di gennaio 1997 e dell’1,6per cento di ottobre 1997, si è pro-gressivamente passati all’1,9 percento di ottobre. L'indice del costo di costruzione diun fabbricato residenziale relativo alcapoluogo di regione ha dato segna-li di sensibile rallentamento, prose-guendo il ternd mostrato nel 1997.Dall’aumento tendenziale del 2,7 percento riscontrato a maggio 1997, si èpassati all’1,9 per cento di maggio1998. Nel Paese l’incremento ten-denziale di maggio è stato pari al 3,7per cento rispetto all’aumento del 2,1per cento rilevato a maggio 1997.

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Lo scenario di baseDopo il picco del primo trimestre ’98,nel corso del secondo e del terzo tri-mestre ’98, la produzione industrialeregionale ha visto ridursi il suo ritmo dicrescita, trimestre su trimestre dell’an-no precedente, in misura superiore aquanto previsto. La tendenza della pro-duzione regionale rimane comunquepositiva e risulta superiore a quello na-zionale, a tutto il terzo trimestre ’98, etale dovrebbe risultare a fine ‘98. Laproduzione dell’industria manifatturieraregionale crescerà in media nel ’98 del3%. Per il quarto trimestre ’98 le previ-sioni del modello di base indicano unalieve ripresa del ritmo di crescita dellaproduzione industriale. Tale accelera-zione dovrebbe proseguire, ma rag-giungerà ritmi pari a quelli di inizio ‘98solo nella seconda metà del ’99, perpoi giungere a un picco nella primametà del 2000 19.1). Nel corso deiprossimi dodici mesi, dal IV trim. ’98 alIII trim. ’99, il ritmo di crescita della pro-duzione risulterà inferiore a quello deidodici mesi precedenti, in media pari al2,8%. Nei dodici mesi successivi, dalIV trim. ’99 al III trim. 2000, la produ-

zione industriale avrà una nuova fase diforte accelerazione del ritmo di cresci-ta, tanto da raggiungere il 6,2%.Il rallentamento della crescita della pro-duzione si riflette sul grado di utilizzodegli impianti che, raggiunto un picconella seconda metà del ’98, tenderà aridursi e ritornerà sugli alti livelli speri-mentati solo a fine del ’99, per poi au-mentare ulteriormente nel 2000. Siconferma la necessità di una ripresadel ciclo di investimenti, che a livellonazionale si protrarrà dal ’98 al 2000.Nel terzo trimestre ‘98, il ritmo di cre-scita degli ordini interni ha subito unabrusca flessione, risultando inferiore al-le previsioni. Le previsioni del modellodi base indicano per i prossimi dodicimesi una lieve ripresa del loro ritmo dicrescita medio, che sarà del 5,8%. Co-erentemente con le previsioni di unacrescita nazionale maggiormente so-stenuta dalla domanda interna, in me-dia, il ritmo di crescita degli ordini inter-ni dovrebbe continuare ad aumentarenel ’98 e più ancora nel ‘99 .Nei dodicimesi successivi, dal IV trim. ’99 al IIItrim. 2000, l’incremento degli ordini in-terni risulterà del 7% e per scendere

nel 2000. La dinamica degli ordini este-ri del terzo trimestre ’98 è risultata inforte ripresa, in misura superiore alleprevisioni. Nel ’98 l’aumento degli ordi-ni esteri risulterà del 6,6%. Per il mo-dello di base la ripresa del ritmo di cre-scita degli ordini esteri proseguirà forte.La crescita nei prossimi dodici mesidovrebbe risultare molto superiore aquella dei dodici mesi precedenti e pa-ri al 10,1%. Nei dodici mesi successivi,dal IV trim. ’99 al III trim. 2000, il ritmodi crescita degli ordini esteri tenderà aridursi, ma in media risulterà ancora su-periore e pari al 10,6%. La crescita del-la domanda estera continuerà a risulta-re determinante per l’espansione dellaproduzione industriale emiliano-roma-gnola.

Uno scenario alternativoLa previsione di base si fonda sull’ipo-tesi che la ripresa della domanda inter-nazionale di prodotti italiani in medianon risentirà di pesanti effetti negatividerivanti dalla crisi economica e finan-ziaria avviatasi nei paesi dell’estremooriente e diffusasi poi alla Russia e all’A-merica latina. Occorre però prendere inconsiderazione l’ipotesi che la crisi, purnon globale, possa avere effetti sostan-ziali sulla domanda rivolta ai prodotti na-zionali da parte di questi paesi. Gli effet-ti recessivi potrebbero trasmettersi incoincidenza con un rallentamento del-l’economia Usa e prima dell’avvio diuna solida ripresa in Europa. Secondoquesta ipotesi alternativa, la produzionedell’industria manifatturiera regionale ri-durrebbe la sua crescita in misura sen-sibile nel ’99, ma anche la ripresa del rit-mo di crescita nel 2000 ne sarebbe ne-

Le previsioni 1999 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 1999Produzione Industriale Emilia-Romagna

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gativamente influenzata (5,2%). La ridu-zione della domanda mondiale influen-zerebbe negativamente anche la ripre-sa di quella interna. La crescita degli or-dini esteri raggiungerebbe comunque il9,3% nel ’99, e l’9,7% nel 2000. Il ritmodi incremento degli ordini interni si fer-merebbe al 6,3% nel ’99 per ridursi al5% nel 2000.I settoriL’industria dell’abbigliamento (Codifica Ateco91: 18)L'industria dell'abbigliamento, nel ’97,ha visto gli ordini recuperare rapida-mente la riduzione subita nel ’96. Nel’98 gli ordini acquisiti risulteranno ulte-riormente superiori, tanto da fare regi-strare un incremento del 6,4%. Il ritmodi acquisizione degli ordini subirà unrallentamento durante il ’99 e accelere-rà nel 2000, pur rimanendo inferiore aquello segnato nel ’98. Nello stessoperiodo la ripresa degli ordini sarà se-guita da una buona ripresa della pro-duzione nel '98 (+4,8%), mentre nel’99 la produzione ristagnerà per ripren-dere la sua crescita solo nel 2000. Suquesto andamento della produzioneinciderà la spinta verso maggiori margi-ni competitivi e la riduzione dei costiproduttivi, ottenibili anche attraverso ildecentramento delle produzioni o di fa-si produttive.L’industria tessile (Codifica Ateco91: 17)L'industria tessile ha registrato una ri-duzione degli ordinativi nel '96, cui hafatto fronte un lento recupero nel '97, euna nuova forte caduta nel corso del’98. Anche nel corso del ’99 gi ordini siridurranno e un loro aumento potrà es-sere registrato solo nel 2000. La pro-

duzione si è sensibilmente ridotta nel‘98 e non avrà incrementi rilevanti nelprossimo biennio. L’industria alimentare (Codifica Ateco91: 15, 16)L'evoluzione degli ordini interni per ilsettore alimentare nel corso del '98(+3,5%) si è mantenuta sui livelli del’97. Nel corso del prossimo bienniodovrebbe accelerare e raggiungere il4,2%.Dopo un rapido incremento nel’97, la variazione degli ordini esterni ri-sulterà elevata anche nel ’98, ma si ri-durrà nel periodo ’99 – 2000, pur re-stando attorno al 4%. Anche la produ-zione, dopo il picco del ’98, nel prossi-mo biennio, ridurrà il suo ritmo di cre-scita attorno al 3%.L’industria delle piastrelle in cera-mica (Codifica Ateco91: 263)Dopo la caduta registrata nel 96, il rit-mo di crescita degli ordini dell’industriadelle piastrelle si è prontamente ripresonel ’97 e ancora più nel ’98, sia per gliordini interni (7,9%), ma soprattutto perquanto riguarda gli ordini esteri (9,9%).Entrambi registreranno nel biennio suc-cessivo una decelerazione, più sensibi-le per gli ordini interni, mentre l’incre-mento degli ordini esteri rimarrà co-munque molto elevato. La variazionedella produzione risulterà positiva esensibile nel ’98 (4,1%), seppure infe-riore a quella registrata nel ’97.Nel ’99l’incremento della produzione avrà ritmiprossimi a quelli del ’97 (6,4%), che siridurranno poi nel 2000, pur restandosuperiori a quelli del ’98.L’industria dell’elettricità e dell’elettronica (Codifica Ateco91:30, 31, 32)Nel ’97 l’industria dell’elettricità e del-

l’elettronica ha registrato un rapido in-cremento del ritmo di crescita degli or-dini, che si ridurrà nel ’98 e nel bienniosuccessivo, rimanendo comunque su-periore al 5%. Nel ’98, rispetto all’au-mento degli ordini, la produzione regi-strerà un più limitato incremento, ma ilsuo ritmo accelererà progressivamentenel biennio successivo, +2,9% nel ’99.L’industria meccanica tradizionale(Codifica Ateco91: 28, 29, 33)L’industria meccanica tradizionale nel’99 registrerà una diminuzione del rit-mo di crescita degli ordini interni(+2,9%), dopo il forte incremento del’98. La ripresa della domanda internasosterà l’incremento degli ordini nel2000.Gli ordini esteri hanno avuto unadinamica superiore a quella degli ordiniinterni nel ’97 e questa tendenza siconfermerà nel ’98 (+7,3%)e nel ’99(+5,8%), confermando l’importanza delruolo della domanda estera per la mec-canica regionale. Nel ’98 la produzioneregionale registrerà un incremento del-la suo ritmo di crescita (+3,9%) e nelprossimo biennio, dopo un rallenta-mento nel ’99, potrà avere un forte svi-luppo trainato dalla domanda internanel 2000.

Le previsioni 1999 per l’Emilia-Romagna

Dott. Giampaolo Montaletti, Capo Ufficio Studi Unioncamere

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 155

Il 1998 sarà l’anno decisivo, anchenella regione Emilia-Romagna, perquello che riguarda l’attuazione dellariforma delle Camere di commercio.Verranno avviate le procedure per l’e-lezione di quasi tutti i nuovi Consiglicamerali, delle nuove Giunte e deinuovi Presidenti.Le associazioni di categoria più rap-presentative del territorio eleggerannodirettamente i propri rappresentantiall’interno dei consigli camerali ed inquesta sede le Camere di commercio,attraverso la sensibilità e la lungimi-ranza della nuova classe dirigente,dovranno maturare le idee e gli stru-menti idonei alla “promozione degli in-teressi generali delle imprese”, obietti-vo ambizioso, strategico e che riem-pie di contenuti e di senso l’autono-mia funzionale delle Camere di com-mercio riconosciuta espressamentedalla recente legge 59/97 (Bassanini).I consigli camerali, così eletti, sembrapotranno garantire rispondenza agliassetti delle economie locali e questodovrebbe, a sua volta, rispondere aduna esigenza di migliore comprensio-ne da parte delle Camere di commer-cio di quelle che sono le dinamichedel mercato, le esigenze di ammoder-namento dei sistemi produttivi locali,gli interessi più generali da promuove-re e da perseguire.Potenzialmente la riforma delle Came-re di commercio potrebbe, pertanto,rappresentare un fatto di straordinariarilevanza, ma è chiaro che l’architettu-ra della riforma stessa sarà risponde-rà effettivamente agli obiettivi che sipropone nel momento in cui la nuovaclasse dirigente si dimostrerà in grado

di cogliere questa opportunità.Non esiste, in realtà, il problemadell’”inserimento” di una nuova classedirigente in un mondo camerale chiu-so nei suoi riti, nelle sue procedure,nelle contraddizioni, lungaggini edinefficienze dei suoi apparati, perchénon esiste più e non deve esistere piùuna “cultura camerale” intesa in que-sto senso: è oramai superata, nell’im-postazione del legislatore, l’idea dellaCamera come uno dei compartimentistagni della pubblica amministrazione, • essendo totalmente cambiato il ruo-

lo delle Camere stesse, alla luce deicompiti affidatigli ed affermata la lo-ro piena autonomia funzionale

• dovendo ripensare, le Camere stes-se, nell’ottica del servizio all’impresaed in piena autonomia, alla organiz-

zazione dei servizi stessi e della pro-pria struttura, nella prospettiva dellacostruzione di un sistema più snelloe più efficiente,

• dovendo cambiare, di conseguen-za, sia l’approccio con le problema-tiche del territorio, sia il rapporto conle imprese che operano sul territoriostesso,

• dovendo rivedere tutte le relazionidel sistema con il reticolo istituzio-nale locale e regionale.

L’identikit di una Camera di commer-cio, ma, più in generale l’identikit delsistema camerale regionale, deve su-perare, perciò i tratti tipici dell’appara-to burocratico (nel cui strettissimo pe-rimetro si è formata la cosiddetta “cul-tura camerale”), per assumere quelli di

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1998

Seduta del Consiglio di Amministrazione nella sede di Via Montegrappa

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156 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

una struttura autonoma di erogazionedi servizi alle imprese: sarà il modo diinterpretare la domanda di servizi,nonchè l’approccio ai servizi stessi(l’informazione, le modalità di eroga-zione, la verifica ed il controllo dei ri-sultati) che dovranno sempre più ca-ratterizzare il “modello” camerale ed ilsuo linguaggio.Interpretare nell’ottica del servizio tut-ta l’attività delle Camere di commerciosignifica compiere il passaggiodall’”orientamento alla pratica” a quel-lo della soddisfazione del “cliente-utente”, cioè l’impresa.

In questo contesto si devono collocare:A) le funzioni amministrative di regi-

strazione del mercato che rappre-sentano il primo grande terreno sulquale le Camere di commercio so-no chiamate a giocare la loro sfida.

Uno dei motivi che hanno legittimatol’Ente camerale alla tenuta ed alla ge-stione del nuovo Registro delle Impre-se è costituito dall’esistenza di un pa-trimonio di dati e di informazioni sulleimprese che non ha eguali in Italia edalla disponibilità di un sistema infor-matico già diffuso a rete sull’intero ter-ritorio nazionale.

Questo significa tre vantaggi:1) un contributo fondamentale alla tra-

sparenza del mercato garantita dal-la completezza ed organicità dellapubblicità legale di tutti gli operato-ri del mercato, nonché dalla tempe-stività dell’informazione;

2) la creazione, quindi, di un sistemadi pubblicità effettiva e non presun-ta delle informazioni economico-

giuridiche che consente l’accessoad un archivio nazionale consulta-bile da chiunque ed in qualsiasiparte del territorio;

3) la possibilità di uno scambio conti-nuo di documenti e di dati.

B) le funzioni amministrative di infor-mazione economica che devonogarantire il coordinamento provin-ciale delle statistiche economichedi rilevazione diretta, quindi l’utiliz-zazione statistica dei registri e deglialbi camerali anche mediante inte-se con altri enti ed organismi.

Collocare quelle che sono le funzioniamministrative di registrazione delmercato e di informazione economicadelle Camere di commercio (quindi leazioni non discrezionali) nell’ottica del“servizio” al sistema delle imprese,superando quello che si definiva co-me un semplice ed anacronistico“orientamento alla pratica”, rappre-senta uno degli obiettivi che le nuoveCamere e che il sistema camerale,nelle sue varie articolazioni, devonoporsi come assolutamente prioritarioperché questo è un campo nel qualele Camere hanno già maturato delleesperienze, delle competenze e delleprofessionalità e nel quale le Camerehanno degli strumenti tali da potergarantire un approccio moderno, in-novativo ed avanzato.Si tratta di rendere sempre più agevo-le per l’imprenditore il rispetto degliadempimenti certificativi, di garantirevelocità e semplicità di accesso.

Le Camere hanno di fronte un’altra

grande sfida, quella di maturare, cioè,una propensione • ad una nuova cultura organizzativa

nella logica, come si diceva, del ser-vizio e dell’orientamento all’utente ed

• a proporsi come “sistema” nel mo-mento in cui tale scelta possa ga-rantire riduzione dei costi ed accen-tuazione dell’efficienza e dell’effica-cia dei servizi.

C’è, infatti, una parte di azioni, nel-l’ambito delle molteplici attività delleCamere di commercio, che rientrano,a differenza di quelle che abbiamoanalizzato in precedenza, nella discre-zionalità delle stesse, una parte diazioni che possiamo definire “opziona-li” e nel cui ambito la politica cameraledei servizi ha assunto una notevole va-rietà di forme in tema, ad esempio, diformazione manageriale, di export, diinnovazione tecnologica. Rispetto aqueste azioni ci si deve chiedere checosa possono fare le Camere di com-mercio come “sistema” visto che, co-me sistema, anche e soprattutto nellanostra regione, le Camere stesse han-no evidenziato un potenziale di offertamolto interessante e che va ben al di làdei servizi per i quali, singolarmente, leCamere di commercio sono general-mente conosciute.

E qui si colloca la riflessione sull’Unioneregionale delle Camere di commercio esulle ragioni profonde che ispirano ilsuo programma di attività per il 1998.Un Programma che tende proprio aconcentrarsi sulle azioni che abbiamodefinito “discrezionali” e sulle quali leCamere di commercio sono chiamate

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1998

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 157

a verificare la loro propensione a fare“sistema”.

L’Unione regionale delle Camere dicommercio dell’Emilia-Romagna hapromosso nel 1995 l’avvio del “Pro-getto di sviluppo organizzativo del net-work camerale dell’Emilia-Romagna”che è entrato nel vivo della sua fasesperimentale e che nel 1998 dovrebbeportare ai primi concreti risultati.I gruppi intercamerali di lavoro, creatinell’ambito del “Progetto network”,hanno infatti già avanzato alle dirigen-ze delle Camere di commercio alcuneipotesi di sperimentazione di networ-king, di servizi, cioè, da gestire in rete,attivando tra le singole Camere dicommercio tutte le possibili sinergie intermini di contenuti e modalità di of-ferta dei servizi stessi.In particolare, le ipotesi progettualisulle quali sta convergendo l’intesa trale Camere di Commercio riguardanola Certificazione di Qualità dei RegistriImprese ed il Controllo di Gestione.L’Unione regionale, con l’obiettivo difarsi garante di quelle logiche di retedestinate a fare funzionare meglio il si-stema, segue con particolare atten-zione i progetti di sperimentazione dinetworking che sono stati avanzati,progetti che sono diventati parte inte-grante e rilevante della propria attività,in particolare nel campo della interpre-tazione normativa e della riorganizza-zione dei servizi amministrativi.A sua volta l’Unione stessa ha volutofortemente che i suddetti progetti, aiquali stanno lavorando praticamentetutte le Camere di commercio della re-gione, fossero presentati al Fondo in-

tercamerale nazionale di Perequazio-ne al fine di accedere ai finanziamentidestinati proprio alle più interessantied innovative sperimentazioni di reteche si stanno sempre più diffondendoin tutta Italia.I progetti delle Camere di commerciodell’Emilia-Romagna sono stati tuttiammessi ai suddetti finanziamenti epossono pertanto godere di un sup-porto in più al fine della loro concretarealizzazione.

Ma un altro ambito nel quale le Came-re di commercio della regione devonoproporsi come sistema è quello deirapporti con l’Ente Regione.

Le prospettive di riforma degli assettiistituzionali nel nostro paese si fonda-no sull’esigenza, da tempo richiama-ta, di un decentramento equilibrato difunzioni e poteri da troppo tempo ac-centrati negli apparati statali.Il percorso è in pratica cominciato trala fine degli anni ’80 e l’inizio degli an-ni ’90 ed ancora oggi il tracciato nonè privo di insidie ed ostacoli.Fino ad oggi, quando si è parlato di“federalismo”, si è inteso il supera-mento definitivo del centralismo e laconfigurazione di un sistema ammini-strativo che deve operare, con appa-rati amministrativi organizzati a livelloregionale, intorno alle Regioni e aglienti locali.Ma quello che, in realtà, si va prefigu-rando è un “federalismo delle autono-mie”, dove le “autonomie” non sonosolo quelle territoriali, bensì sono an-che quelle funzionali, tra le quali anchele Camere di commercio, il riconosci-

mento delle cui funzioni fondamentaligarantisce alle stesse piena dignitàistituzionale. Le Regioni sono comunque destinatea diventare il centro propulsivo del si-stema delle autonomie, in virtù di im-portanti poteri anche di tipo ordina-mentale, ma nel rispetto di quelle au-tonomie da un punto di vista organiz-zativo e normativo e nella valorizzazio-ne delle loro riconosciute vocazionifunzionali.E’ con la legge “Bassanini”, 59/97,che è stato forse compiuto il passodecisivo nella costruzione di questaprospettiva: le Camere di commerciovengono confermate tra i soggetti tito-lari del decentramento, nel contesto diquesto embrionale ed ancora informeregionalismo, ma con una premessache ne rinforza ulteriormente il ruolo.

Tale premessa consiste • nell’affermazione del principio di sus-

sidiarietà, con la previsione dell’attri-buzione delle responsabilità pubbli-che alle autorità territorialmente efunzionalmente più vicine ai cittadiniinteressati e, conseguentemente

• nel riconoscimento dei “compitiesercitati in regime di autonomiafunzionale dalle Camere di com-mercio, industria, artigianato, agri-coltura”.

Essendo ad esse attribuite per leg-ge “funzioni di supporto e promozio-ne degli interessi generali delle im-prese” (legge 580/93), la suddettapremessa ci consegna il sistema ca-merale come autorità funzionalmen-te più vicina all’interesse delle im-prese.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1998

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158 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

Dalla 580/93 alla legge Bassaninic’è un filo conduttore che ci rivelal’intenzione del legislatore che èquella di prendere in considerazionele Camere di commercio come “si-stema”. Ma questo sistema, cheancora deve prendere forma orga-nizzativa, non può che darsi un’im-pronta regionalista: la regione è ladimensione giusta, lo si intuisce an-che dalla nuova architettura istitu-zionale, per la definizione di quelleeconomie di scala adatte a costrui-re un sistema paese competitivocon i mercati globali.

Le Camere di commercio possonopertanto proporsi di aiutare le Re-gioni a diventare il centro delle fun-zioni di indirizzo, di legislazione diprogrammazione disimpegnandosigradualmente dalle funzioni di ge-stione e scongiurando il rischio dinuovi modelli centralistici, questavolta a livello regionale.Queste sono le sinergie che il siste-ma camerale deve garantire, collo-candosi coerentemente nel percor-so di ridefinizione degli assetti istitu-zionali del nostro paese e, contem-poraneamente, valorizzando appie-no la propria rinnovata vocazione, diautonomia funzionalmente votata alsostegno ed alla promozione degliinteressi generali delle imprese.

Ecco il perché di un nuovo regiona-lismo anche nel sistema camerale,perché è a questo livello che le Ca-mere di commercio possono assu-mere più efficacemente le responsa-bilità alle quali sono state chiamate.

Dalla legge 580/93 (di riordino delleCamere di commercio), alla legge549/95 (la finanziaria 1996 che haprevisto, con riguardo alle funzioniattinenti al sistema delle imprese,che le regioni, nell'ambito delle ma-terie ad esse trasferite o delegate,possano delegare le Camere dicommercio, industria, artigianato eagricoltura) alla legge 59/97 (la leg-ge Bassanini sulle nuove funzioni ecompiti a Regioni ed Enti Locali) c’èun filo conduttore che ci rivela l’in-tenzione del legislatore che è quelladi prendere in considerazione le Ca-mere di commercio come “sistema”.Ma questo sistema, che ancora de-ve prendere forma, non può chedarsi un impronta regionalista: la re-gione è la dimensione giusta, lo siintuisce anche dalla nuova architet-tura istituzionale, per la definizionedi quelle economie di scala adatte acostruire un sistema paese compe-titivo con i mercati globali.

Le Camere di commercio devonopertanto aiutare le Regioni a diven-tare il centro delle funzioni di indiriz-zo, di legislazione di programmazio-ne disimpegnandosi gradualmentedalle funzioni di gestione e scongiu-rando il rischio di nuovi modelli cen-tralistici, questa volta a livello regio-nale.Queste sono le sinergie che il siste-ma camerale deve garantire collo-candosi coerentemente nel percor-so di ridefinizione degli assetti istitu-zionali del nostro paese e, contem-poraneamente, valorizzando appie-no la propria rinnovata vocazione, di

autonomia funzionalmente votata alsostegno ed alla promozione degliinteressi generali delle imprese.Ecco perché un nuovo regionalismoanche nel sistema camerale, perchéè a questo livello che le Camere dicommercio possono assumere piùefficacemente le responsabilità allequali sono state chiamate.

In questo contesto nello Statuto diUnioncamere regionale si proponedi aggiungere un nuovo articolo 3dedicato ai “Rapporti con la Regio-ne Emilia-Romagna” che preveda lapossibilità per l’Unione di concor-dare “specifici strumenti di consul-tazione con la Regione Emilia-Ro-magna per definire le linee di azionee di coordinamento di iniziative co-muni e defiire la propria partecipa-zione al processo di programmazio-ne regaionale ed alla sua realizza-zione”; i rapporti con la Regione po-tranno prevedere, inoltre, “attribu-zione di funzioni, deleghe esercita-bili in via diretta o attraverso stru-menti specifici.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1998

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 159Forlì, 3 Aprile 1998

Sempre più spesso, per definire ilnuova assetto dell'economia mondia-le, si ricorre al termine globalizzazio-ne, dove con questa espressione siintende il processo attraverso cui pro-duzione e mercati nei diversi paesi di-ventano sempre più dipendenti tra diloro, a causa della dinamica delloscambio di beni e servizi, e mediante imovimenti di capitale e tecnologia.Di globalizzazione si parla forse fintroppo e talvolta in maniera impropria,ma è indubbio che la maggior apertu-ra del commercio internazionale e l'in-ternazionalizzaz¡one della tecnologiahanno impresso un impulso senzaprecedenti al sistema economico dalquale è impossibile prescindere nelleanalisi delle dinamiche di sviluppo, an-che a livello locale.Anche la Regione Emilia-Romagnanel suo recente documento relativoal Piano Territoriale Regionale indicail rapporto locale-globale come unpassaggio obbligato per lo sviluppodelle città e delle imprese. Al dibatti-to su internazionalizzazione e globa-lizzazione intende contribuire anchel'Unioncamere, cercando di portarenuovi elementi di analisi estrapolatidalle migliaia di interviste dirette cheannualmente il sistema camerale ef-fettua presso le imprese della nostraregione.

Il processo di internazionalizza-zione delle imprese della regionelnnanzitutto occorre valutare il gradodi internazional¡zzazione raggiuntodalle imprese dell'Emilia-Romagna:si può parlare di un'economia regio-nale già integrata con l'ambiente

esterno, oppure si tratta di un feno-meno circoscritto a poche imprese?Il commercio rappresenta una primacomponente importante nel determi-nare la capacità di penetrazione neimercati esteri del sistema economi-co emiliano-romagnolo. Il buon an-damento degli scambi commercialiintrattenuto dalla nostra regionesembra indicare un elevato grado diapertura verso i mercati esteri. Inparticolare le imprese dell'Emilia-Ro-magna hanno quadruplicato l'exportdiretto verso mercati non tradiziona-li. La ricerca di nuovi sbocchi com-merciali è testimoniata anche dallacrescita del numero dei Paesi part-ner commerciali con cui le impreseregionali intrattengono rapporti, pas-sati dai 194 del 1989 ai 217 del1996.Tuttavia, non necessariamente aduna crescita delle esportazioni si as-socia una maggior diffusione del fe-nomeno. Limitando l'analisi alle im-prese dell'industria manifatturieracon oltre 9 addetti emerge comequasi un terzo delle imprese nonesporta, mentre solo un’az¡enda suquattro realizza oltre la metà del pro-prio fatturato attraverso vendite all'e-stero. Vi è quindi oltre la metà delleimprese manifatturiere emiliano-ro-magnole che non sono coinvolte, olo sono in misura marginale, dalcommercio estero. Rispetto ai primianni novanta sono addirittura in au-mento le imprese non esportatrici.L'opportunità offerta dal mercatoglobale è stata quindi colta solo daun numero ristretto di imprese. Il mo-tivo principale è da ricercarsi nella

polverizzazione dell'Industria regio-nale, caratterizzata dalla presenza dimoltissime imprese di piccole di-mensioni. La dimensione aziendalerappresenta infatti una discriminanteimportante nella scelta di commer-ciare con l'estero. Sette imprese sudieci di piccole dimensioni nonesportano o realizzano all'estero unaquota di fatturato inferiore al 20%,quasi la metà delle grandi impreserealizza almeno il 50% del propr¡ofatturato attraverso vendite sui mer-cati esteri. Un ruolo fondamentale èda attribuire alla presenza dei di-stretti industriali che in molti casiporta le imprese più piccole a svol-gere l'attività di subfornitura per im-prese di dimensioni maggiori, desti-nando quindi l'intera produzione sulmercato locale. Vi è quindi un'orga-nizzazione all'interno del distrettoche delega solo alcune imprese al-l'attività commerciale con l'estero.In generale, possiamo individuaredue differenti modalità di avvicina-mento al mercato estero.La prima, adottata in particolare dal-le piccole imprese, considera il mer-cato estero come un’estensione diquello interno, che non richiede cioèuna diversa struttura organizzativa.Anche le strategie aziendali rimango-no sostanzialmente invariate neglianni; i periodi in cui il mercato esterooffre opportunità favorevoli sonosfruttati intensificando le risorse im-pegnate nella commercializzazionee nell'amministrazione.Nel secondo modo di vedere il mer-cato internazionale, la domandaestera è legata alla capacità dell'im-

Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna

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160 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniForlì, 3 Aprile 1998

presa di interpretarne le esigenze chepossono essere differenti da quelledel mercato interno. Si tratta quindidi un approccio più strutturato, doveper essere competitivi occorre inve-stire in progettazione e produzione,orientate specificatamente ai bisognidella domanda estera. Se nel primocaso gli investimenti a sostegno del-l'attività commerciale con l'estero so-no prettamente orientati verso un'ot-tica di breve periodo, nel secondocaso occorre attuare politiche chesiano strutturali e di medio-lungo pe-riodo. È in questo secondo caso cheè pertinente parlare di internaziona-lizzazione. Va infatti sottolineato cheinternazionalizzazione non significasoltanto la capacità di esportare, mapiù propriamente quella di radicarsisul mercati conquistati con i propriprodotti.L'internazionalizzazione, preveden-do una forte integrazione con i mer-cati di sbocco, è una operazione co-stosa che va pianificata in manieraaccurata. La scelta dei mercati chepossono rappresentare il target piùinteressante, la creazione di una for-te presenza nei mercati di riferimen-to con servizi in loco e comunicazio-ne efficiente, la credibilità presso l'u-tilizzatore finale di avere la stessa ca-pacità di risposta di un'impresa loca-le, rappresentano i principali fattoricompetitivi dell'impresa internazio-nalizzata e integrata nel contesto incui opera. Diventa quindi interessan-te verificare se le aziende regionalihanno attivato un processo di inter-nazionalizzazione, inteso quindi nonsolo come partnership commerciale,

ma soprattutto come presenza attivadell'industria emiliano-romagnola suimercati esteri.

Un’indagine dell’Unioncamere regionaleRecentemente l'Unioncamere hacondotto un'indag¡ne su un campio-ne molto ampio di imprese esporta-trici avente come oggetto di studio icomportamenti e i servizi all’interna-zionalizzazione.I principali risultati dell'indagine pos-sono essere riassunti, in estrema sin-tesi, attraverso la lettura di pochi nu-meri. Un primo dato molto significati-vo evidenzia che solo il 4% delle im-prese manifatturiere emiliano-roma-gnole ha decentrato produzioni all'e-stero. La delocalizzaz¡one dei proces-si produttivi è una strada percorsa inmaniera significativa solo dal settorechimico e dalle imprese appartenential sistema moda. Nel 30% dei casi sitratta di un decentramento effettuatoin Paesi aderenti all'Unione Europea(Spagna e Francia in particolare), nel27% dei casi in Paesi del centro estEuropa (Ungheria, Repubblica Ceca,Romania), il 17% riguarda i Paesi del-l'Asia centrale e orientale (Cina, In-dia). Un’impresa su dieci ha una pro-pria sede operativa all'estero, nellamaggioranza dei casi si tratta di filialicommerciali o di uffici di rappresen-tanza, in misura minore di unità pro-duttive e di magazzini.Quasi un terzo delle imprese ha ac-cordi con partner esteri. Sono so-prattutto le imprese che esportanodi più a collaborare con partner stra-nieri, anche se la percentuale per le

piccole esportatrici sfiora il 25%. Isettori maggiormente coinvolti in ac-cordi di collaborazione esteri sono ilchimico (la metà di imprese ha part-ner fuori dal territorio nazionale) ed ilmetalmeccanico, mentre il fenome-no non sembra interessare il siste-ma moda dove meno di due impreseogni dieci intrattengono accordi conpartner esteri. Gli accordi di collabo-razione sono in maggioranza di tipocommerciale (64%) e stabiliti conpartner comunitari nel 53% dei casi.E’ importante rilevare che il 3% ha inatto altre attività con l'estero, quali lapartecipazione a programmi europeio scambi di tecnologia.I canali utilizzati per esportare sonoprincipalmente quelli tradizionali. Alcrescere della quota esportata dimi-nuisce la percentuale di imprese chepercorrono il canale della vendita di-retta e aumentano le aziende che ri-corrono a modalità più strutturateper affrontare i mercati esteri. Vainoltre sottolineato come circa il 60%delle imprese esportatrici siano an-che importatrici.L'approccio delle imprese emiliano-romagnole al mercato estero sembradunque essere orientato quasi esclu-sivamente al commercio, solo pocheimprese hanno intrapreso con deci-sione la strada dell'internazionalizza-zione intensificando le collaborazionicon partner stranieri, aprendo sedi efiliali all'estero e, in alcuni casi, de-centrando parte della produzione.È interessante osservare che l'83%delle aziende ha dichiarato di averprogrammato per il prossimo futurouno sviluppo delle attività in ambito in-

Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna

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ternazionale. Nel 70% dei casi co-munque si tratta di strategie aziendalimirate ad un aumento delle esporta-zioni, non ad una presenza maggior-mente dinamica sui mercati esteri.La struttura del tessuto economicoemiliano-romagnolo e le scelte stra-tegiche adottate dalle imprese regio-nali non lasciano intravedere perl'immediato futuro un radicale cam-biamento di scenario dettato dalprocesso di internazionalizzazione.L'elevata organizzazione raggiunta alivello locale attraverso i distretti in-dustriali e la capacità di agire comenetwork hanno consentito di nonsubire eccessive penalizzazioni e, inalcuni casi, di trarre vantaggi com-petitivi dall'apertura del commerciointernazionale e dall'internazionaliz-zazione della tecnologia.In una prospettiva di medio-lungoperiodo, in presenza di una globaliz-zazione crescente, occorre imprime-re maggiore dinamismo al sistemaeconomico regionale, evolvendosida una struttura statica che subiscepassivamente i mutamenti impostidal mercato, ad una maggiormenteattiva promotrice delle innovazioni.Ciò non comporta semplicemente latrasposizione della rete locale in unaglobale in quanto molte delle s¡ner-gie vincenti a livello regionale nonsono replicabili su scala internazio-nale, ma occorre ripensare le regoleche stanno alla base del modello disviluppo emiliano-romagnolo e adat-tarle al nuovo contesto.Anche i rapporti esistenti tra le impre-se di uno stesso territorio devono es-sere rivisti in quanto sono venute a

cadere molte delle motivazioni chedeterminavano la convenienza del-l'appartenere ad uno stesso distretto.La vicinanza di processo e di prodot-to che ha caratterizzato gli anni ses-santa e settanta ha perso progressi-vamente di importanza. Gli anni ot-tanta hanno avuto come elementocoagulante la condivisione di strate-gie orientate al consumatore, mentrelo scambio di informazioni e di tecno-logia sembra essere il fulcro delle al-leanze degli anni novanta, in un siste-ma caratterizzato dalla forte presenzadi imprese di piccole dimensioni è im-portante consolidare la presenza diun gruppo di imprese leader capaci diconiugare la realtà locale con lo sce-nario internazionale, le economie discala con la flessibilità, la cooperazio-ne tra imprese con la competitività.

Il ruolo della Pubblica AmministrazioneIn questo passaggio verso il mercatoglobale un ruolo importante dove es-sere giocato anche dallo Stato e dal-le istituzioni locali. Una affermazioneche spesso è associata alla parolaglobalizzazione è "meno stato, piùmercato", intendendo la progressivariduzione dell'intervento statale nel-l'economia.E’ opinione diffusa, non solo tra gliimprenditori, che i principali ostacoliall'internazionalizzazione incontratidalle imprese derivino non tanto dalogiche di mercato, ma soprattuttodall'inefficienza dell'AmministrazionePubblica e dal fallimento delle politi-che di Stato. Tale insoddisfazioneverso l'operato dello Stato trova

conferma nelle indagini condottedall'Unioncamere, nelle quali le mag-giori difficoltà denunciate dalle im-prese sono direttamente correlate al-l'Amministrazione Pubblica: l'ecces-siva burocrazia che costringe adun'infinita teoria di pratiche, le infra-strutture pubbliche non adeguate,l'intervento statale che, in diverseoccasioni, più che un supporto all’in-ternazionalizzazione ha rappresenta-to per l'economia un vero e propriocollo di bottiglia nel processo diapertura verso i mercati esteri.Portare il sistema infrastrutturale na-zionale al livello di quello dei princi-pali Paesi concorrenti, favorire lo svi-luppo delle reti telematiche, snellirel'iter burocratico, devono essere gliobiettivi prioritari dello Stato neiprossimi anni. Sono interventi ne-cessari, essenziali alla crescita delleimprese, indipendentemente dalladimensione aziendale e dalla loro lo-calizzazione territoriale.

I servizi a sostegno dell'internazionalizzazionePiù complessa appare la definizionedelle linee strategiche da seguire edei servizi da approntare a sostegnodell'internazionalizzazione.Dalle risposte delle imprese dell'Emi-lia-Romagna intervistate emergechiaramente una frammentazionedella domanda di servizi; non è pos-sibile ricondurre le richieste delleaziende a sostegno della loro attivitàestera in una tipologia ristretta e bendefinibile di servizi, ma esse varianoin funzione della localizzazione, delladimensione aziendale, del settore di

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attività, della propensione all'exporte di altre numerose caratteristiche.Dall’analisi delle risposte è comun-que possibile estrapolare alcunicomportamenti condivisi dalla mag-gioranza delle imprese, da cui parti-re nell'approntare le politiche a so-stegno dell'internazionalizzazione.Una prima costante è la scarsa co-noscenza da parte delle aziende deiservizi offerti dalle varie istituzionioperanti sul territorio: mediamenteun terzo delle imprese non utilizza glistrumenti predisposti dalle strutturepubbliche proprio perchè‚ non neconosce l'esistenza. Se sono notiquasi a tutte le imprese i servizi of-ferti dalle banche, un quarto delleaziende esportatrici non è al corren-te delle opportunità messe a dispo-sizione dalle Camere di Commercioe dalle associazioni di categoria,percentuale che sale drasticamenteper altre strutture. Una maggior co-municazione delle attività e dei servi-zi offerti è quindi un primo punto es-senziale da sviluppare: molti dei ser-vizi richiesti dalle imprese sono giàesistenti, si tratta semplicemente direnderli noti.Un secondo elemento che emergedall'analisi dei dati è un maggior in-teresse da parte delle imprese pertutti quei servizi destinati ad agevola-re le esportazione, mentre appareevidente la scarsa importanza attri-buita ai supporti rivolti a sostenereun'attività p¡ù strutturata del solocommercio all'estero.Per questa ragione le imprese privi-legiano i servizi di tipo promozionalee informativo piuttosto che quelli

consulenziali e formatavi. Sono con-siderate di grande importanza le in-formazioni sulle opportunità nei di-versi Paesi d’interesse e, soprattut-to, è richiesta la predisposizione distrumenti per valutare l’affidabilitàdel partner. Non sono ritenute utili leinformazioni che implicano un mag-giore coinvolgimento nell’attività in-ternazionale non limitata solamenteall'import-export, quali quelle ineren-ti le normative e gli investimenti all'e-stero, gli strumenti e i programmidell'Unione Europea.Sempre nella stessa ottica va valuta-to il giudizio positivo espresso perfiere e mostre come servizi per lapromozione dell’attività internaziona-le, mentre non sono giudicate inte-ressanti le missioni all'estero e gli in-contri appositamente organizzati inItalia. Ai servizi di assistenza e con-sulenza si rivolgono principalmentele imprese maggiormente radicatesul territorio di riferimento e le azien-de forti esportatrici. Interessa so-prattutto ricevere assistenza nellavalutazione del rischio d'impresa enella ricerca di agenti o rappresen-tanti. L'attenzione delle imprese ver-so i servizi di formazione all'attivitàinternazionale è estremamente bas-sa, limitata all'area riguardante il fi-nanziamento e l'assicurazione deicrediti e rivolta al personale ammini-strativo incaricato delle operazionicon l'estero. Le richieste di serviziall’internazionalizzazione, come giàriscontrato nell'analisi del compor-tamento sui mercati esteri, sonofortemente condizionate dalla di-mensione aziendale.

A fronte di poche grandi imprese chegià hanno avviato il processo di in-ternazionalizzazione e consolidato lapropria presenza all'estero, la regio-ne conta la presenza di moltissimepiccole e medie aziende che soloora si affacciano sui mercati interna-zionali. Mentre le prime, dotate diun'organizzazione interna e di unarete di consulenti privati che le rendeautosufficienti, utilizzano solo pochisupporti forniti dalle strutture pubbli-che, per le seconde la qualità e l'ef-ficienza dei servizi forniti dalle istitu-zioni saranno fondamentali nel de-terminare la capacità di penetrazionenei mercati esteri. Le politiche indu-striali, dunque, devono tenere con-to di questa dicotomia. Le aziendedi maggiori dimensioni richiedonoprincipalmente servizi consulenziali,in particolare sull'individuazione esull'accesso alle risorse finanziarie esul recupero crediti. Nel pianificare i servizi per le piccoleimprese occorre non solo forniresupporti per agevolare le esportazio-ni, ma portare alla loro conoscenzale altre opportunità e risorse chel'internazionalizzazione offre, ogginon utilizzate perché non note.Le piccole imprese devono essereaccompagnate passo per passo nel-la nuova sfida competitiva, attraver-so una seria di servizi che vanno dal-la promozione alla consulenza.Le istituzioni locali, maggiormenteflessibili ed in grado di cogliere lereali esigenze delle imprese legatead un determinato territorio, hanno ilcompito di agevolare il collegamentotra realtà locale e scenario globale.

Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 163Forlì, 3 Aprile 1998

La capacità di interazione tra impre-se e istituzioni locali determinerà lacompetitività del sistema economicoregionale nei prossimi anni.

Conclusioni e proposteIn Emilia-Romagna l'offerta di serviziall'export e p¡ù in generale all’interna-zionalizzazione è indubbiamente cre-sciuta nel corso degli anni '90 e pre-senta aspetti positivi che possono es-sere così sinteticamente descritti:• l'ampliamento dell'offerta delle ti-

pologie dei servizi;• il parziale slittamento verso servizi

a più alto valore aggiunto;• l'attivazione di strumenti di comu-

nicazione mirati alle imprese e l'ini-zio di prime politiche di marketingattivo dei servizi;

• l'estensione dei servizi promozio-nali alle aree del mondo economi-camente emergenti;

• il relativo rafforzamento dei sog-getti che sul territorio operano inmateria di internazionalizzazione;

• l'avvio di prime esperienze di colla-borazioni in rete tra istituzioni, enti esoggetti operanti sul territorio re-gionale, quindi l'avvio di collabora-zioni anche operative tra enti dellaregione ed istituzioni di altre regio-ni italiane e straniere;

• l’aumento delle risorse, sia finan-ziarie che professionali, a sostegnodei processi d'internazionalizzazio-ne dell'economia e delle imprese.

Allo stesso tempo permangono evi-denti numerose insufficienze e gravidisfunzioni nell'attuale sistema d'of-ferta, che possono essere così deli-neate:

• frammentazione e dispersione del-le risorse su una molteplicità disoggetti beneficiari;

• estrema difficoltà nell'individuazio-ne dei progetti prioritari sui qualiconcentrare risorse e interventi;

• ridotta dimensione media dei singolienti o soggetti erogator¡ dei serviziall'internazional¡zzazione, con evi-dente difficoltà ad orientarsi verso laproduzione di servizi a maggiore va-lore aggiunto che richiedono profes-sionalità più elevate;

• insufficiente conoscenza e visibilitàdelle iniziative avviate sia tra i sog-getti operanti sul territorio, che trale imprese presenti sul territorio;

• ripetute e sempre meno giustifica-bili sovrapposizioni di iniziative econseguente mancata valor¡zza-zione delle possibili sinerg¡e traprogetti e soggetti realizzatori;

• prestazioni insufficienti, se non gra-vemente carenti, in certe aree diservizio e funzioni internazionali,quali ad esempio politiche sistema-tiche di marketing e promozionedell'immagine del sistema Emil¡a-Romagna e delle sue spec¡alizza-zioni produttive all'estero;

• debole valorizzazione del mercatoprivato dei servizi di consulenzaexport, nel quadro di un più strettorapporto pubblico privato e del-l'auspicato sviluppo e qualificazio-ne dell'offerta di servizi all’interna-zionalizzazione da parte del mer-cato.

Rapidi cambiamenti stanno verifican-dosi sul piano interno, in particolareper quanto attiene agli assetti istitu-zionali ed alla riforma della pubblica

amministrazione (prime risultanze deilavori della Commissione Bicamerale,Legge Bassanini, Legge di riformaICE, Legge di riforma della CCIAA,ecc). Allo stesso tempo vanno mu-tando le esigenze delle imprese in re-lazione alle trasformazioni in atto suimercati internazionali ed anche im-prese di dimensioni medio-piccolesono consapevoli che non è più suf-ficiente esportare, ma occorre sem-pre più acquisire una vera cultura diinternazionalizzazione. Sul piano in-ternazionale, poi, le opportunità dibusiness da cogliere e sviluppare so-no sempre più interessanti, ma an-che difficili da cogliere per imprese inmaggioranza di dimensioni medio-piccole o piccolissime, oltre che persistemi d'impresa con queste carat-teristiche. Da queste prime, generaliosservazioni emerge la necessità dipuntare ad assetti diversi dei serviziall’internazionalizzazione nella regio-ne, in modo tale da renderli più effi-cienti ed efficaci, rispondenti ai cam-biamenti verificatisi o in corso.L'obiettivo deve essere quello delmassimo coordinamento, dell'inte-grazione ed in parte dell'accentra-mento di molte funzioni proprie del-l'internazionalizzazione. Ovviamen-te, l'accentramento deve riguardarequelle funzioni che essendo moltospecializzate non sono efficacemen-te organizzabili a livello provinciale, ogestibili sul piano economico senzainutili duplicazioni di spesa.Occorre tenere conto (e non potrebbeessere diversamente in una regionecome questa) di alcuni criteri guida:• il principio di sussidiarietà, secon-

Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna

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164 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniForlì, 3 Aprile 1998

do il quale è opportuno operare alivelli sovraprovinciali, coinvolgen-do comunque le strutture locali,solo nei casi in cui la complessità el’onerosità delle iniziative esiganorisorse e funzioni attivabili ai livelliregionali o superiori. Ciò significache i singoli soggetti operanti nelleprovince ed appartenenti alle di-verse famiglie istituzionali dovran-no sviluppare attività ed iniziativericercando da un lato la coopera-zione e dall’altro la specializzazio-ne tra i diversi soggetti;

• il principio della chiara distinzionedei ruoli e delle funzioni tra le isti-tuzioni ed i soggetti in campo: unafunzione di indirizzo politico-stra-tegico negli orientamenti delle po-litiche di sostegno all’internaziona-lizzazione, propria dell’Ente Regio-ne; una funzione operativa di rea-lizzazione e gestione di attività eservizi all’internazionalizzazione,per le quali il sistema camerale sipropone come punto di riferimen-to in virtù del patrimonio di espe-rienze e di professionalità accu-mulato in questi anni; una funzio-ne di verifica delle attività svolteche, utilizzando i criteri analiticidell’analisi costi-benefici, consen-ta di compiere riflessioni sull’effi-cienza dei servizi ed alimentare lafunzione di indirizzo in precedenzaindicata.

Globalizzazione dell’economia e politiche per le imprese in Emilia-Romagna

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 165Università di Bologna a Buenos Aires, 5 Aprile 1998

Presentazione di una economia regionaleL'Emilia-Romagna è situata nel nord-Italia. È una regione metropolitanapolicentrica, caratterizzata dalla pre-senza di aree urbane di dimensionemedio-piccola, collegate da un effi-ciente sistema di infrastrutture, che leintegra fra loro in modo funzionale,sia da un punto di vista urbanistico esociale che economico. L'Emilia-Ro-magna è al centro di intensi scambicommerciali, che richiedono un'ele-vata dotazione infrastrutturale. Essasi trova al centro delle direttrici nord-sud ed est-ovest stradale, autostra-dale e ferroviaria italiana, che colle-gano il sud Italia con il nord Italia, el'Italia con la Francia, la Svizzera,l’Austria, la Germania e la Mittelleuro-pa. Sono 4 gli aeroporti regionali, Bo-logna, Rimini, Forlì e Parma. Il più im-portante è quello di Bologna il cuitraffico è in continua espansione, inparticolare per i servizi internazionali.Il porto di Ravenna è il principale del-l'Emilia-Romagna, è un porto di arri-vo, cui giungono soprattutto prodottimerci secche (derrate alimentari) eprodotti petroliferi. La popolazioneemiliano-romagnola è di 3.938.000abitanti, pari al 6,8% di quella nazio-nale e all’1% di quella dell’Unione eu-ropea. L’andamento demografico ne-gativo dal 1982 si è invertito dal 1995ed è caratterizzato da un tasso di na-talità assai contenuto, invecchiamen-to della popolazione e da saldi migra-tori positivi notevoli. Negli anni ‘70 e‘80 la forza lavoro è cresciuta in Italiae in Emilia-Romagna per l'affacciarsisul mercato del lavoro di un numero

crescente di donne. Al 1998, il tassodi partecipazione alla forza lavorofemminile (38,3%), era molto supe-riore a quello nazionale (30,2%). Iltasso di disoccupazione regionale(5,7%) è strutturalmente molto infe-riore alla media nazionale (12,3%), in-feriore a quello della Germania e suilivelli degli Stati Uniti. Rispetto alla si-tuazione nazionale, in Emilia-Roma-gna i settori primario e secondariohanno una maggiore importanza e laquota dei lavoratori dipendenti è sen-sibilmente inferiore, grazie all'elevatadiffusione di piccole e medie impre-se. Il valore aggiunto regionale nel1996 rappresentava una quotadell’8,9% di quello nazionale. Sul to-tale del valore aggiunto la quota delsettore primario regionale era del

4,1%, contro il 3,5% a livello nazio-nale, e quella dell’industria del32,7%, contro il 29%. Tra le principa-li fonti del valore aggiunto regionale èrilevante l’apporto del turismo. Dallacomposizione del valore aggiunto sirilevano alcune specializzazioni regio-nali: l’agricoltura, i prodotti in metalloe macchine, i minerali e prodotti nonmetalliferi, ovvero il forte compartoceramico, e l’industria alimentare edelle bevande. All’interno dell’Unioneeuropea, il prodotto interno lordo procapite dell’Emilia-Romagna, risultainferiore solo a quello del Lussem-burgo e pone la regione al 10° postonella classifica delle regioni europeeNUTS II, entro un nucleo centrale for-te che va dal Nord Italia al sud-estdel Regno Unito.

Il sistema delle piccole e medie imprese dell’Emilia-Romagna e i distretti industriali

Il Presidente della CCIAA di Modena Antonio Camellini, il Presidente Romano Prodie il Presidente Pietro Baccarini

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166 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniUniversità di Bologna a Buenos Aires, 5 Aprile 1998

Il sistema produttivo regionale: imprese, unità locali e addettiA fine 1998 in Emilia-Romagna ope-ravano oltre centomila imprese indu-striali, più di una ogni 40 abitanti. Ilsettore manifatturieroè compostodal 55,6% delle imprese e impiegal'80% degli addetti dell’industria re-gionale. In particolare è da notarel’importanza dell’industria meccani-ca in Emilia-Romagna. Caratteristicadell'industria regionale è l’elevatonumero di imprese di piccola e me-dia dimensione, la dimensione mediain termini di addetti delle unità localimanifatturiere è di 8,4 addetti. Laconcentrazione degli addetti dell’in-dustria regionale nelle unità locali diminore dimensione è andata aumen-tando dalla fine degli anni ’80, pereffetto di un progressivo fenomenodi disintegrazione verticale dell’attivi-tà, che ha visto aumentare l’impor-tanza delle medie dimensioni.Le piccole imprese in Emilia-RomagnaLe piccole imprese hanno un’elevatadiffusione in Emilia-Romagna, ope-rano all’interno di sistemi produttiviindustriali, caratterizzati da un’eleva-ta disintegrazione verticale delle atti-vità, da un clima di forte concorren-za e cooperazione tra imprese, dallaproduzione di una gamma ampia-mente differenziata di prodotti similie da un elevata apertura verso i mer-cati internazionali. Le piccole impre-se regionali operano sia come pro-duttori finali, sia hanno il ruolo disubfornitori o contoterzisti. La sub-fornitura regionale è caratterizzatada un elevato livello di specializza-

zione tecnologica e da una strettarete di relazioni tra subfornitori ecommittenti. Il processo produttivo èrealizzato dall’interconnessione in re-te di numerose imprese che operanociascuna su una singola fase delprocesso.Il sistema industriale di piccole e me-die imprese regionale e il suo am-biente sociale Nel sistema produttivo emiliano-ro-magnolo le piccole imprese si trova-no pienamente inserite in una rete direlazioni, non sono mai isolate. Leimprese regionali si caratterizzanoper l’alto livello tecnologico e/o quali-tativo delle produzioni realizzate, chegarantisce posizioni di leadership a li-vello mondiale, difficilmente contra-stabili da sistemi produttivi impronta-ti alla massima standardizzazione,come avviene per le produzioni dinicchia di beni strumentali, grazie al-la produzione di pezzi unici o in pic-cole serie, alla capacità di innovazio-ne e all’attenzione al cliente. Nel si-stema regionale di piccole imprese èdiffusa una forte etica del lavoro con-divisa. Ne deriva che nel sistemaeconomico è elevato il livello di fidu-cia. La separazione di classe tra la-voratori e imprenditori non è elevata,spesso l’imprenditore è un ex-dipen-dente messosi in proprio. Linguaggioe riferimenti morali comuni sostengo-no la collaborazione. Il clima di colla-borazione costituisce un vero van-taggio competitivo, da cui derivano laflessibilità degli orari di lavoro, l'attivoapporto dei dipendenti ai processi diinnovazione, condizioni di lavoro esalariali vantaggiose, l'identificazione

dei lavoratori con l’impresa e l’attac-camento all’impresa e al prodotto. Ilclima delle relazioni sociali è forte-mente orientato alla costruttiva com-posizione dei conflitti. A fronte di cri-si aziendali, pubbliche amministrazio-ni, sindacati, e associazioni imprendi-toriali collaborano per individuare in-terventi capaci di garantire l’impresae l’occupazione. Esiste un positivoquadro istituzionale favorevole all’at-tività imprenditoriale. Le pubblicheamministrazioni hanno fornito soste-gno all’imprenditoria e in particolarealle piccole e medie imprese, conuna politica delle aree attrezzate edei villaggi artigiani, con una politicadi servizi a favore delle imprese, so-stenendo l’azione delle associazionidi categoria e coinvolgendole nellescelte e nell’attività dell’operatorepubblico. Una delle basi del clima fa-vorevole all’imprenditorialità regiona-le è data dall’elevata mobilità sociale.La promozione e il sostegno dellapiccola impresa hanno offerto unapossibilità di promozione a molti la-voratori. La figura dell’imprenditore èconsiderata portatrice di valori so-cialmente positivi.Innovazione, internazionalizzazione estrutture proprietarie. Alcuni proble-mi di sviluppoIl sistema economico regionale dipiccole e medie imprese ha un’ele-vata flessibilità, a fronte delle varia-zioni del quadro economico naziona-le e internazionale, delle condizionidegli specifici mercati, e ha unagrande capacità di innovazione. Èelevato il carattere innovativo dellepiccole imprese, ma i processi inno-

Il sistema delle piccole e medie imprese dell’Emilia-Romagna e i distretti industriali

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 167Università di Bologna a Buenos Aires, 5 Aprile 1998

vativi sono spesso strettamente con-nessi e indistinguibili dalla ordinariaattività produttiva delle piccole e me-die imprese.L’apertura dei mercati internazionali,la crescente concorrenza, in partico-lare a seguito dell’unificazione mo-netaria europea e la forte innovazio-ne tecnologica e di prodotto hannodeterminato una accelerazione delprocesso di selezione delle impresee un forte processo di ristrutturazio-ne, cui anche le piccole impresehanno fatto fronte con capacità diadattamento. Per le piccole imprese,prive di una compiuta struttura orga-nizzativa, accentrata nella figura del-l’imprenditore, appare più problema-tica la soluzione dei problemi legatialla successione. Questo complesso di condizioni hafavorito le acquisizioni di piccole emedie imprese regionali, di tutti i set-tori industriali, da parte di medie egrandi imprese nazionali ed estere,nonché da grandi multinazionali.Questa condizione, se segnala unadebolezza del sistema di piccole im-prese, ne evidenzia anche un ele-mento di forza. All’interno del vivacesistema delle piccole e medie impre-se, la cessione di imprese, che con-tinuano comunque ad operare, forni-sce anche uno strumento per smo-bilizzare risorse, disponibili per co-gliere altre opportunità di sviluppo diattività imprenditoriali.Le piccole imprese e la politica indu-striale a livello localeLe piccole imprese sono abituate adavere relazioni tra loro, ad associarsiin organizzazioni di categoria, ad en-

trare in contatto con centri di servizi,istituiti in collaborazione da associa-zioni di categoria e pubbliche ammi-nistrazioni locali, ad essere coinvoltenelle azioni di politica industriale del-le pubbliche amministrazioni. La col-laborazione tra pubblico e privatogarantisce il consenso sociale e so-stiene la credibilità dell’operare deglienti locali.Dal primo dopoguerra, le ammini-strazioni pubbliche locali regionalihanno fornito sostegno allo sviluppodelle piccole imprese industriali met-tendo a disposizione aree attrezzateper un ordinato sviluppo delle attivitàindustriali e artigiane, a costi sensi-bilmente inferiori a quelli di mercato,grazie alle notevoli economie di sca-la ottenibili con la realizzazione digrandi strutture immobiliari fraziona-bili. Le piccole e medie imprese, sot-tocapitalizzate e con difficoltà di ac-cesso al credito, hanno avviato l’atti-vità con una minore dotazione finan-ziaria. L’istituzione di centri servizi, incollaborazione tra amministrazionipubbliche locali e associazini di ca-tegoria ha reso disponibili alle picco-le e medie imprese, a costi economi-camente convenienti, funzioni azien-dali che richiedono una scala supe-riore, quali il marketing, la gestionefinanziaria e l’informazione tecnolo-gica e di mercato. Le associazioni dicategoria regionali svolgono un ruo-lo di rappresentanza politica, ma an-che compiti di assistenza e sostegnoallo sviluppo economico, fornendoservizi alle imprese associate, in par-ticolare nel campo dell’amministra-zione, della contabilità e degli adem-

pimenti dipendenti da obblighi dilegge. Ciò permette alle imprese diesternalizzare parte delle attività am-ministrative, in una sorta di outsour-cing organizzato su base associati-va. La forma del consorzio è stataampiamente utilizzata per costituirestrumenti di sostegno all’attività del-le piccole e medie imprese regionali.I consorzi fidi o cooperative di ga-ranzia sono strutture mutualistiche dinatura associativa, autogestite daimprenditori, al cui sostegno concor-rono la Regione, le associazioni dicategoria e il sistema camerale, in unattivo e proficuo rapporto tra pubbli-co e privato. I consorzi fidi, per con-to delle imprese associate, garanti-scono i crediti che i soci ottengonodagli istituti di credito convenzionatie contrattano collettivamente le con-dizioni di accesso al credito, riuscen-do a ottenere condizioni più vantag-giose dalle banche convenzionate,riducendo il differenziale positivo suitassi di interessi pagati dalle piccolee medie imprese rispetto alle grandi,e soprattutto ottenendo un più am-pio accesso al credito. Le decisionidi finanziamento dei consorzi sonoassunte da un consiglio di ammini-strazione composto da imprenditori,che danno particolare importanza al-le caratteristiche personali, morali edi professionalità, del richiedente ealla validità della sua attività impren-ditoriale, mentre gli istituti di creditodanno un peso rilevante alle garan-zie reali del richiedente. I Consorzi fidi costituiscono un vali-do modello di gestione di risorsepubbliche con strumenti privati, la

Il sistema delle piccole e medie imprese dell’Emilia-Romagna e i distretti industriali

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168 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniUniversità di Bologna a Buenos Aires, 5 Aprile 1998

Regione svolge una funzione di indi-rizzo e di controllo, mentre la gestio-ne è lasciata ad un ente privato.Questo strumento contribuisce inol-tre a fare crescere la contiguità trabanca e impresa, un carattere es-senziale per lo sviluppo. Sono ingran parte convenzionati gli istituti dicredito locali, che meglio conosconoil tessuto imprenditoriale in cui ope-rano. Le imprese associate ai Con-sorzi fidi dell’industria sono 3.800nel 1998. La Regione ha stanziatocomplessivamente 34 miliardi a fa-vore dei consorzi fidi dell’industria,come contributi a fondo rischi. Nel1998 tali fondi hanno garantito finan-ziamenti per 430 miliardi e nel tempoi contributi a fondo rischi hanno ga-rantito operazioni per 1.500 miliardi.La politica industriale regionale poneparticolare interesse all’azione svoltada una pluralità di soggetti riguar-dante l’accesso al mercato del lavo-ro e i servizi di formazione professio-nale. In questo campo è attiva lapresenza del sistema regionale delleCamere di commercio. La ridotta na-talità e l’invecchiamento della popo-lazione hanno determinato la stasidella crescita della forza lavoro. So-no rilevanti i fenomeni di mismatchtra domanda e offerta di lavoro. Nerisulta un’ampia carenza di alcune fi-gure professionali, quali operai adelevata qualificazione. Occorre inte-grare nel sistema produttivo regiona-le i lavoratori provenienti da areesvantaggiate del paese e dall’esteroe favorire l’inserimento di segmentimarginali dell’offerta di lavoro. Il si-stema delle Camere di commercio,

le Associazioni di categoria, le Am-ministrazioni Pubbliche monitorano ifabbisogni formativi, formano forzalavoro qualificata e hanno fondato esostengono istituti di formazioneprofessionale di alto livello. Le specializzazioni territoriali: i distretti industrialiLa struttura del sistema produttivoemiliano-romagnolo è caratterizzatadalla presenza dei distretti industria-li. I distretti industriali hanno dato unrilevante contributo allo sviluppoeconomico italiano e regionale e leloro produzioni hanno ottenuto un ri-levante successo economico, sia sulmercato italiano, sia sui mercati in-ternazionali. L’analisi degli specialisti ha messo inluce come i distretti siano capaci dicombinare efficienza produttiva edelevata capacità di risposta ai muta-menti delle condizioni del mercato.Questo sistema di organizzazionedella produzione è caratterizzato da:capacità di raggiungere alti livelli dispecializzazione, che garantisconoun alto grado di competenza ed effi-cienza; rapido e facile accesso a tut-ta la gamma delle specializzazionidella catena produttiva; disponibilitàdi elevate competenze tecniche loca-li; forza lavoro altamente qualificata;atmosfera industriale che permetteuna rapida diffusione delle idee; mixefficace di cooperazione e competi-zione; buona cultura imprenditoriale;contesto di consenso e vasto nume-ro e ampia varietà di istituzioni disupporto all’attività economica. I di-stretti industriali sono agglomerazionidi centinaia, o migliaia di imprese,

prevalentemente di piccola o mediadimensione, specializzate e indipen-denti, che operano nello stesso set-tore, collaborano e competono e so-no concentrate in un’area territorial-mente delimitata. Queste agglomera-zioni costituiscono zone di attività diquasi monoproduzione.I distretti industriali emiliano-romagnoliEmilia-Romagna, Toscana e Venetosono le tre regioni nelle quali si trovala maggior parte dei distretti indu-striali italiani. In regione si identifica-no alcune concentrazioni industrialiimportanti e chiaramente definite, frale quali i seguenti distretti: tessile-abbigliamento nell’area di Carpi-Mo-dena; il calzaturieri nelle aree di Fusi-gnano (Ravenna) e S. Mauro Pasco-li (Rimini); i distretti ceramico e dellemacchine per l’industria ceramica,entrambi nell’area di Sassuolo (Mo-dena) e di Castellarano (Reggio Emi-lia); il motociclo nell’area attorno aBologna; le macchine automaticheper l’imballaggio nell’area attorno aBologna; le macchine agricole, nel-l’area delle provincie di Modena eReggio Emilia; il biomedicale a Mi-randola (Modena); le macchine per lalavorazione del legno di Carpi (Mo-dena) e di Rimini; le macchine uten-sili a Piacenza; l’industria alimentarele macchine per l’industria alimenta-re dell’area di Parma; il mobile im-bottito dell’area di Forlì.I distretti industriali di fronte alle sfidedella globalizzazione dei mercati.Le sfide che la globalizzazione deimercati e la crescente integrazionefra attività economiche locali, merca-ti globali e strutture produttive hanno

Il sistema delle piccole e medie imprese dell’Emilia-Romagna e i distretti industriali

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 169Università di Bologna a Buenos Aires, 5 Aprile 1998

posto ai distretti industriali hannodeterminato un’importante insiemedi trasformazioni nei distretti. Sonorilevanti i casi di innovazione organiz-zativa, di processo e di prodotto rea-lizzatisi nei distretti regionali. Si sonorealizzati anche casi rilevanti di cre-scita di interi comparti a monte o avalle della produzione principale deldistretto. Il processo di internaziona-lizzazione ha coinvolto anche i di-stretti regionali. Grandi imprese este-re e multinazionali estere si sono in-sediate in alcuni distretti regionali,attirate dalla qualità della rete di sub-fornitura, dal valore promozionaledella localizzazione e dalla qualifica-zione della forza lavoro, fattori attrat-tivi cui si può aggiungere anche l’al-ta qualità della vita. I distretti indu-striali regionali hanno affrontato lenuove sfide della competizione glo-bale seguendo sentieri di sviluppo“alti,” caratterizzati da competizionesulla base dell’innovazione, dellaproduttività, del costante incrementodella qualità, di buone condizioni dilavoro e di retribuzioni elevate. Alcuni cenni storici sui distretti e la loro evoluzioneIl sistema industriale emiliano-roma-gnolo è di origine relativamente re-cente. Dopo il secondo conflittomondiale, dal punto di vista dello svi-luppo industriale, l’Emilia-Romagnaera in condizione arretrata rispetto alcosiddetto Triangolo Industriale. Giànel corso degli anni Cinquanta, si av-viò uno sviluppo estremamente rapi-do che inserì progressivamente la re-gione nel novero di quelle più indu-strializzate. Il baricentro dello svilup-

po si spostò parzialmente dall’areadel Triangolo industriale alla cosid-detta “Terza Italia”, l’area né storica-mente industrializzata, né afflitta daiproblemi di sviluppo del Mezzogior-no. A questo periodo risale, essen-zialmente, la nascita del fenomenodei distretti industriali emiliano-roma-gnoli. Nel corso degli anni Sessanta,il fenomeno dei distretti si consolidòe l’Emilia-Romagna diventò rapida-mente una delle Regioni leader dellaproduzione industriale.I distretti industriali regionali chehanno visto consolidare e rafforzarela loro posizione sia sui mercati na-zionali, sia su quelli internazionali so-no quello delle macchine automati-che per il confezionamento (packa-ging) e quello delle piastrelle in cera-mica. Il distretto del packaging èsorto anche grazie alla capacità delbacino locale in cui è localizzato disviluppare specifiche professionalitàlegate ai settori della meccanica. Ta-le disponibilità ha trovato origine nel-la presenza di un importante scuolaprofessionale, l’Istituto Tecnico Indu-striale Aldini-Valeriani, fondato a Bo-logna nel 1846. Il distretto delle ce-ramiche si è sviluppato nell’area diSassuolo-Scandiano, tra le provincedi Modena e di Reggio Emilia. Pre-supposto per la sua nascita furono lapresenza di materie prime argillose,adatte per questa tipologia produtti-va, e il forte sviluppo di un mercatointerno, trainato dalla crescita dell’e-dilizia residenziale nazionale. All’ini-zio degli anni Ottanta questo distret-to conobbe una crisi preoccupantedalla quale è uscito grazie a una ri-

strutturazione radicale che ha contri-buito al risorgere del settore. In conclusione, occorre rilevare chele vicende dei distretti appena de-scritte mostrano che un ruolo decisi-vo è sempre giocato dalle autonomestrategie delle singole imprese. Il di-stretto può rafforzare la sua posizio-ne soltanto se emerge al suo internoun nucleo di imprese leader, capacidi imprimere un elevato ritmo inno-vativo, di fare crescere il livello dellamanodopera e di proiettarsi con ag-gressività sui mercati internazionali.

Il sistema delle piccole e medie imprese dell’Emilia-Romagna e i distretti industriali

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170 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Hotel Sheraton, 10 Luglio 1998

La crescente partecipazione delle picco-le e medie imprese italiane nei processi diinternazionalizzazione costituisce un ele-mento di novità nello scenario economi-co nazionale. Nel decennio scorso i casidi espansione multinazionale ad opera diaziende italiane erano scarsi e limitati so-lamente a pochi grandi gruppi finanzia-rio-industriali, a differenza di quanto av-veniva negli altri paesi industrializzati do-ve il fenomeno dell’internazionalizzazioneera già ampiamente diffuso. Ancora ametà degli anni ottanta il numero delleimprese industriali italiane partecipate al-l’estero era due volte e mezzo superiorea quello delle imprese estere industrialipartecipate in Italia. La rincorsa dell’Italiaha preso avvio a partire dalla fine deglianni ottanta e si è consolidata nel quin-quennio 1992-96 quando gli investimen-ti diretti verso l’estero hanno costante-mente superato quelli operati da impresestraniere in Italia. La liberalizzazione e laglobalizzazione dei mercati, il migliora-mento delle infrastrutture e l’avvento dinuove tecnologie hanno dato un impulsosenza precedenti al processo di interna-zionalizzazione, coinvolgendo anche im-prese di dimesioni medie e piccole. InEmilia-Romagna nel 1996 le imprese in-dustriali italiane con almeno uno stabili-mento produttivo all’estero erano 662, dicui oltre i tre quarti con meno di 500 ad-detti. Una conferma della crescente diffu-sione dell’internazionalizzazione produtti-va è venuta dalla relazione della Bancad’Italia del maggio scorso. Secondo talerelazione gli investimenti delle aziende ita-liane all’estero nel 1997 hanno raggiuntoi 34mila miliardi, evidenziando una cre-scita del 42% rispetto al 1996. Lo stessoGovernatore della Banca d’Italia ha forni-

to una chiave di lettura del dato: un flus-so di investimenti all’estero è fisiologico ineconomie avanzate, per conquistarenuovi mercati, acquisire know-how o piùsemplicemente per cercare vantaggi dicosto. Ma, come sostiene Fazio, emergeper il nostro Paese il problema del caricotributario e contributivo del sistema pro-duttivo in un contesto di crescente com-petizione fiscale e a questo problema siaffiancano una scarsa flessibilità nell’im-piego dei fattori produttivi, una regola-mentazione dell’attività economica spes-so troppo vincolante, la carenza di infra-strutture che ostacola l’operatività delleimprese. Ciò spiega perché parallela-mente all’espansione degli investimentidiretti all’estero non vi è stato un analogoincremento degli investimenti stranieri inItalia. Secondo un’indagine condotta daUnioncamere Emilia-Romagna il 4,4%delle imprese manifatturiere emiliano-ro-magnole ha decentrato produzioni all’e-stero. Non si tratta ancora di una quotaconsistente di imprese, ma le intenzionimanifestate nel corso dell’indagine fannoprevedere un rapido aumento nei prossi-mi anni. Le motivazioni che determinanola delocalizzazione produttiva di parte odell’intera attività sono molteplici e diver-se in base al settore economico e alla di-mensione aziendale. Le imprese di pic-cole e medie dimensioni, in particolarequelle che operano in comparti che nonrichiedono livelli di formazione elevati edotazioni infrastrutturali consistenti, han-no cercato soluzioni all’estero che per-mettessero di produrre a costi minori.Non sorprende quindi che una quota ri-levante dell’attività del settore del tessile eabbigliamento venga svolta fuori dall’Ita-lia, o che numerose industrie ceramiche

operino oltre i confini nazionali. Comples-sivamente si può stimare che nel 1996l’occupazione in stabilimenti insediati al-l’estero, in parte in economie emergenti,fosse pari a circa il 10% dell’occupazio-ne industriale in Italia. Alle Istituzioni spet-ta il compito di agevolare questo proces-so di delocalizzaizone. E’ opinione diffu-sa, non solo tra gli imprenditori, che iprincipali ostacoli all’internazionalizzazio-ne incontrati dalle imprese derivino nontanto da logiche di mercato, ma soprat-tutto dall’inefficienza dell’amministrazionepubblica e dal fallimento delle politiche diStato. Da quanto emerge dall’indaginecondotta da Unioncamere, le maggioridifficoltà denunciate dalle imprese sonodirettamente correlate all’Amministrazio-ne Pubblica: l’eccessiva burocrazia checostringe ad un’infinita teoria di pratiche,le infrastrutture pubbliche non adeguate,l’intervento statale che, in diverse occa-sioni, più che un supporto all’internazio-nalizzazione ha rappresentato per l’eco-nomia un vero e proprio collo di bottiglianel processo di apertura verso i mercatiesteri. Rimuovere le inefficienze internecostituisce il primo passo verso l’interna-zionalizzazione: l’espansione di un’im-presa verso mercati esteri va letta infatticome una naturale conseguenza delvantaggio competitivo. Occorre quindicreare tutti i presupposti che consentanoalle imprese di essere competitive, por-tando il sistema infrastrutturale nazionaleal livello di quello dei principali Paesi con-correnti, favorendo lo sviluppo delle retitelematiche, snellendo l’iter burocratico,fornendo un sistema formativo adegua-to. Sono interventi necessari, essenzialialla crescita delle imprese, indipendente-mente dalla dimensione aziendale e dal-

Tavola rotonda su“Internazionalizzazione e mercato globale: politiche e nuovi strumenti per le piccole

e medie imprese”

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 171Bologna, Hotel Sheraton, 10 Luglio 1998

la loro localizzazione territoriale. Più com-plessa appare la definizione delle lineestrategiche da seguire e dei servizi daapprontare a sostegno dell’internaziona-lizzazione. Dalle risposte delle impresedell’Emilia-Romagna intervistate emergechiaramente una frammentazione delladomanda di servizi; non è possibile ri-condurre le richieste delle aziende a so-stegno della loro attività estera in una ti-pologia ristretta e ben definibile di servizi,ma esse variano in funzione della localiz-zazione, della dimensione aziendale, delsettore di attività, della propensione al-l’export e di altre numerose caratteristi-che. Dall’analisi delle risposte è comun-que possibile estrapolare alcuni compor-tamenti condivisi dalla maggioranza delleimprese da cui partire nell’approntare lepolitiche a sostegno dell’internazionaliz-zazione. Una prima costante è la scarsaconoscenza da parte delle aziende deiservizi offerti dalle varie Istituzioni operan-ti sul territorio: mediamente un terzo del-le imprese non utilizza i mezzi predispostidalle strutture pubbliche proprio perchénon ne conosce l’esistenza. Se sono no-ti quasi a tutte le imprese i servizi offertidalle banche, un quarto delle aziendeesportatrici non è al corrente delle op-portunità messe a disposizione dalle Ca-mere di Commercio e dalle associazionidi categoria, percentuale che sale drasti-camente per altre strutture. Un secondoelemento che emerge dall’analisi dei da-ti è un maggior interesse da parte delleimprese per tutti quei servizi destinati adagevolare le esportazioni, mentre appareevidente la scarsa importanza attribuitaai supporti rivolti a sostenere un’attività diinternazionalizzazione diretta. Per questaragione le imprese privilegiano i servizi di

tipo promozionale e informativo piuttostoche quelli consulenziali e formativi. Sonoconsiderate di grande importanza le in-formazioni sulle opportunità nei diversiPaesi d’interesse e, soprattutto, è richie-sta la predisposizione di strumenti pervalutare l’affidabilità del partner. Non so-no ritenute utili le informazioni che impli-cano un maggiore coinvolgimento nel-l’attività internazionale non limitata sola-mente all’import-export, quali quelle ine-renti le normative e gli investimenti all’e-stero, gli strumenti e i programmi dell’U-nione Europea. Sempre nella stessa otti-ca va valutato il giudizio positivo espres-so per fiere e mostre come servizi per lapromozione dell’attività internazionale,mentre sono giudicate meno interessan-ti le missioni all’estero e gli incontri appo-sitamente organizzati in Italia. Ai servizi diassistenza e consulenza si rivolgonoprincipalmente le imprese maggiormenteradicate sul territorio di riferimento e leaziende forti esportatrici. Interessa so-prattutto ricevere assistenza nella valuta-zione del rischio d’impresa e nella ricercadi agenti o rappresentanti. L’attenzionedelle imprese verso i servizi di formazionedell’attività internazionale è estremamen-te bassa, limitata all’area riguardante il fi-nanziamento e l’assicurazione dei creditie rivolta al personale amministrativo inca-ricato delle operazioni con l’estero. Le ri-chieste di servizi all’internazionalizzazio-ne, come già riscontrato nell’analisi deicomportamenti sui mercati esteri, sonofortemente condizionate dalla dimensio-ne aziendale. A fronte di poche grandiimprese che già hanno avviato il proces-so di internazionalizzazione e consolida-to la propria presenza all’estero, la regio-ne conta la presenza di moltissime pic-

cole e medie aziende che solo ora si af-facciano sui mercati internazionali. Men-tre le prime, dotate di un’organizzazioneinterna e di una rete di consulenti privatiche le rende autosufficienti, utilizzano so-lo pochi supporti forniti dalle strutturepubbliche, per le seconde la qualità el’efficienza dei servizi forniti dalle Istituzio-ni saranno fondamentali nel determinarela capacità di penetrazione nei mercatiesteri. Le politiche industriali, dunque,devono tenere conto di questa dicoto-mia. In Emilia-Romagna l’offerta di servi-zi all’export e più in generale all’interna-zionalizzazione è indubbiamente cresciu-ta nel corso degli anni ’90 e presentaaspetti positivi che sembrano proprio an-dare nel senso degli orientamenti indica-ti dalle imprese. In particolare tali aspettipositivi possono essere così riassunti:• l’attivazione di strumenti di comunica-

zione mirati alle imprese e l’inizio di pri-me politiche di marketing attivo deiservizi;

• l’estensione dei servizi promozionalialle aree del mondo economicamenteemergenti;

• l’aumento delle risorse, sia finanziarieche professionali, a sostegno dei pro-cessi d’internazionalizzazione dell’e-conomia e delle imprese;

• l’avvio di prime esperienze di collabo-razioni in rete tra istituzioni, enti e sog-getti operanti sul territorio regionale,quindi l’avvio di collaborazioni ancheoperative tra enti della regione ed istitu-zioni di altre regioni italiane e straniere.

L’offerta di servizi è caratterizzata dallapresenza di una pluralità di soggetti ero-gatori: quelli di natura istituzionale (la Re-gione Emilia-Romagna ed i suoi enti de-rivati e specializzati, il sistema Ervet ed in

Tavola rotonda su“Internazionalizzazione e mercato globale: politiche e nuovi strumenti per le piccole e medie imprese”

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172 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Hotel Sheraton, 10 Luglio 1998

particolare Aster; il sistema camerale re-gionale costituito dalle Camere di Com-mercio e le loro Aziende Speciali, dall’U-nione Regionale delle Camere di Com-mercio e dal Centro Estero, l’Istituto peril Commercio Estero di Bologna), quelli dinatura associativa (le associazioni im-prenditoriali), quelli di natura consortile (iconsorzi d’imprese per l’export comeCepi, Expo Modena, Parma Tecnologia,Piacenza Alimentare, Romagna Alimen-tare ed altri). Non va poi dimenticato ilruolo del sistema fieristico regionale, as-se fondamentale di un potenziale nuovosistema integrato dell’offerta regionaledei servizi all’internazionalizzazione.Manca all’interno di questa pluralità disoggetti un punto di riferimento a livelloregionale riconoscibile da tutti. Si tratta dicapire se ed in che modo è possibileraggiungere questo obiettivo mettendoin rete e rendendo realmente disponibilealle imprese il sistema di servizi esistenti.Permangono evidenti numerose insuffi-cienze e gravi disfunzioni nell’attuale si-stema d’offerta, che possono essere co-sì delineate:• frammentazione delle risorse;• estrema difficoltà nell’individuazione

di progetti prioritari;• ridotta dimensione media dei singoli

enti;• insufficiente conoscenza e visibilità

delle iniziative avviate;• ripetute sovrapposizioni di iniziative;• prestazioni insufficienti in certe aree di

servizio;• debole valorizzazione del mercato pri-

vato dei servizi di consulenza export.La proposta di una riorganizzazione deiservizi all’internazionalizzazione presentied operanti in regione deve essere fina-

lizzata all’obiettivo del massimo coordi-namento, dell’integrazione ed in partedell’accentramento, in un soggetto unicoregionale, di molte funzioni proprie dell’in-ternazionalizzazione. Ovviamente, l’ac-centramento deve riguardare quelle fun-zioni che essendo molto specializzatenon sono efficacemente organizzabili a li-vello provinciale, o gestibili sul piano eco-nomico senza inutili duplicazioni di spe-sa. Il soggetto unico non si dovrà certoconfigurare come l’ennesima strutturache si occupa di servizi all’export ed al-l’internazionalizzazione, ma come l’unicoanimatore di una rete che opera su talimaterie nella dimensione regionale perconto e d’intesa con le istituzioni ed isoggetti che l’hanno promossa e ne so-stengno l’attività. Il modello gestionalepotrebbe rientrare nella sfera privatistica,la gestione dovrebbe essere fortementeorientata a garantire efficacia e tempesti-vità di risposta alla domanda di serviziespressa dalle imprese. Sul piano giuridi-co-organizzativo una soluzione in questosenso è suggerita dalle innovazioni legis-lative intervenute in questi ultimi mesi siacon l’approvazione della legge di riformadell’ICE (68/ 1997), sia con quella deldecentramento amministrativo (59/1997) ed i suoi decreti attuativi, in parti-colare il 112/98. L’articolo 3 comma 3della legge di riforma dell’ICE attribuiscelarga autonomia alle Regioni lasciandofacoltà alle stesse, ove esista una plurali-tà di soggetti pubblici operanti nell’eroga-zione di servizi di supporto all’internazio-nalizzazione, di costituire “nuovi ambitiorganizzativi regionali” destinati all’ero-gazione di servizi per i sistemi locali di im-presa. Viene quindi dato dal legislatoremolto spazio alle Regioni nella promozio-

ne all’estero. La costituzione di “nuoviambiti organizzativi regionali” destinati al-l’erogazione di servizi all’internazionaliz-zazione del sistema imprenditoriale re-gionale deve evitare da un lato la sovrap-posizione e la duplicazione delle modali-tà dell’offerta, dall’altra l’affermarsi dinuove logiche accentratrici negli appara-ti regionali, che altro non provocherebbe-ro se non un ulteriore allontanamentodella fruibilità dei servizi dell’utente-impre-sa. Si deve invece instaurare e struttura-re un rapporto di solida collaborazionefra i diversi soggetti, ognuno con unaspecifica vocazione e specializzazionenell’offerta di servizi all’internazionalizza-zione, tale da garantire la prossimità del-l’offerta complessiva di quei servizi al si-stema impresa Emilia-Romagna e la ri-spondenza puntuale ad una domanda,come si è detto, sempre meno standar-dizzata e sempre più personalizzata. LaRegione Emilia-Romagna ha recente-mente diffuso la prima bozza del proget-to di legge regionale sul decentramentoamministrativo e ha dedicato un articoloall’attuazione delle funzioni delegate ine-renti lo sviluppo delle esportazioni e del-l’internazionalizzazione. Tale attuazione èdetto che deve essere realizzata “in con-corso con altri soggetti” e che, a tal fine,la Regione “stipula accordi con le ammi-nistrazioni centrali dello Stato, l’ICE, il si-stema camerale, le Province, le associa-zioni delle categorie produttive, gli EntiFieristici ed altri soggetti pubblici e privatiritenuti idonei”. In linea di principio il det-tato legislativo regionale è coerente conl’impianto della riforma dell’ICE e preludea scelte innovative di riorganizzazione deisistemi all’internazionalizzazione.

Tavola rotonda su“Internazionalizzazione e mercato globale: politiche e nuovi strumenti per le piccole e medie imprese”

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1999 173Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

La valutazione sull’andamento delreddito dell'Emilia-Romagna del1999 risulta abbastanza problema-tica a causa della incompletezza deidati disponibili. Si può tuttavia affer-mare che i primi otto - nove mesidel 1999 si sono chiusi tra luci eombre, in sostanziale linea con l'e-voluzione congiunturale italiana.

I risultati più positivi sono stati rap-presentati dal miglioramento del-l’occupazione e dal contestuale ca-lo delle persone in cerca di occupa-zione, dai forti segnali di ripresa del-l’industria delle costruzioni, dalla ap-prezzabile crescita degli impieghibancari, dal nuovo aumento dei tra-sporti aerei, dall'allargamento dellacompagine imprenditoriale e dal mi-nore numero di fallimenti dichiarati.Gli investimenti dell'industria mani-fatturiera sono aumentati, anche sein misura più ridotta rispetto al1998. La cooperazione si avvia achiudere l'anno con risultati positiviin termini di fatturato e occupazione.La stagione turistica sembra averemantenuto i livelli di quella prece-dente. L'industria manifatturiera haconsolidato il trend di crescita, an-che se con un'intensità più conte-nuta rispetto al 1998. L'energiaelettrica venduta dall'Enel nei localie luoghi diversi dalle abitazioni, ècresciuta nel primo semestre del3,5 per cento rispetto all'analogoperiodo del 1998. Le note negative non sono tuttaviamancate. L'agricoltura ha accusatoflessioni dei prezzi alla produzione.La pesca marittima ha visto diminui-

re i ricavi. L’artigianato non ha datoalcun segno di ripresa produttiva. Ilcommercio al dettaglio ha accusatopesantezza nelle vendite, soprattut-to per quanto concerne la piccoladistribuzione. L’export è diminuito.Cali di attività sono inoltre venuti daitrasporti stradali, portuali e ferrovia-ri. I protesti sono aumentati. Lostesso è avvenuto per le ore di la-voro perdute a causa degli scioperi. Nel 1998 il reddito dell’Emilia-Ro-magna, secondo le valutazione del-l'Istituto Guglielmo Tagliacarne, èaumentato in termini reali del 2,1per cento. In ambito nazionale, soloil Trentino - Alto Adige è cresciutopiù velocemente. A nostro avvisoben difficilmente si riuscirà ad ugua-gliare quell’incremento, al massimoci attendiamo per il 1999 una cre-scita attestata attorno all’1,7 percento, certamente contenuta, matuttavia più ampia di quella prospet-tata per il Paese che dovrebbe atte-starsi fra l’1-1,3 per cento.Passiamo ora ad illustrare più det-tagliatamente alcuni temi specificidella congiuntura del 1999, riman-dando ai capitoli specifici coloroche desiderano un ulteriore appro-fondimento.Nel mercato del lavoro, la situa-zione occupazionale è stata carat-terizzata da un andamento tenden-zialmente positivo. Nei primi settemesi dell'anno, secondo la nuovaserie delle rilevazioni delle forze dilavoro, gli occupati sono aumentatidel 2,2 per cento rispetto all'analo-go periodo del 1998. La crescitaoccupazionale ha interessato mag-

giormente le donne, confermandol'Emilia-Romagna tra i primi posti inItalia ed Europa per partecipazioneal lavoro. Con riguardo alla posizio-ne professionale, l'occupazione alledipendenze è aumentata più inten-samente rispetto a quella indipen-dente. Le rilevazioni effettuate dagliUffici del lavoro relative agli avvia-menti sottolineano come, in Emilia-Romagna, siano sempre più utiliz-zati gli strumenti capaci di renderepiù flessibile il mercato del lavoro,quali le assunzioni a tempo determi-nato e part-time, in grado di stimo-lare le imprese ad accogliere un nu-mero crescente di lavoratori. In for-te espansione è inoltre apparso illavoro interinale. Le persone in cer-ca di occupazione sono diminuite dicirca 15.000 unità. Il relativo tasso èsceso dal 5,4 al 4,5 per cento. Intermini di disoccupazione giovanilel'Emilia-Romagna ha fatto registrarenello scorso luglio il terzo miglioretasso in ambito nazionale, alle spal-le di Trentino-Alto Adige e Valled'Aosta.La manodopera extracomunitariaha registrato un ampio aumento de-gli avviamenti. La relativa consisten-za degli iscritti nelle liste di colloca-mento è salita del 4,8 per cento.Per quanto concerne l'annataagraria nel periodo luglio 1998 –giugno 1999, i prezzi del frumentotenero sono diminuiti del 5,8 percento rispetto ai dodici mesi prece-denti. A partire da luglio, con l'iniziodella nuova campagna, è stata tut-tavia registrata una inversione ditendenza. Per l’eccedenza dell’of-

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174 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1999Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

ferta relativa alla produzione 1999 iprezzi del mais sono apparsi debolirispetto allo scorso anno, quando ilprezzo era invece aumentato me-diamente del 18,5%.La ridotta produzione delle pere hadeterminato forti incrementi deiprezzi. Note negative per le mele,con produzione molto abbondantee consumo disinteressato. La pro-duzione molto abbondante di pe-sche e di nettarine e un consumoparticolarmente svogliato per en-trambi i prodotti hanno determinatosensibili cali dei prezzi. Nel settorebovino, il bestiame da vita ha vistoscendere lievemente i prezzi dei ba-liotti. Il prezzo dei vitelloni maschida macello si è ridotto fino a giugnoper poi riprendersi. Per le vacche ladiscesa dei prezzi è stata presso-ché continua. Tra ottobre 1998 esettembre 1999, rispetto ai dodicimesi precedenti, il prezzo dei suinida allevamento da 30 Kg ha regi-strato un calo del 25 per cento. Ap-pena minore, ma ugualmente rile-vante (19 per cento), è risultata ladiminuzione dei prezzi della pezza-tura classica da 156-176 kg. La si-tuazione per produttori e trasforma-tori è apparsa particolarmente pe-sante fino a giugno. In difficoltà an-che il comparto lattiero-caseario. Iprezzi dello zangolato e del Parmi-giano-Reggiano si sono ripresi soloa partire da luglio-agosto, dopo unalunga continua caduta. L'occupa-zione è apparsa in ripresa nei primisette mesi del 1999 del 3,3 percento rispetto all'analogo periododel 1998. La posizione professiona-

le degli indipendenti è aumentata dicirca 5.000 unità a fronte del calo dicirca 1.000 dei dipendenti. Le im-prese attive iscritte nel Registro so-no risultate a fine settembre90.110, vale a dire il 2,7 per centoin meno rispetto allo stesso periododel 1998. Il saldo fra iscrizioni ecessazioni dei primi 9 mesi è risul-tato negativo per 1.561 imprese, ri-spetto al passivo di 5.428 dellostesso periodo del 1998.Nel periodo ottobre 1998 - settem-bre 1999 l'attività della pesca ma-rittima è stata interessata da unperiodo di fermo di pesca più ampiodegli scorsi anni, a seguito deglieventi bellici dipendenti dalla guerrain Kossovo. Nello stesso periodo, ilpescato introdotto e venduto neimercati ittici regionali ha registratouna sensibile diminuzione quantita-tiva pari all'8,7 per cento rispetto aidodici mesi precedenti. Anche il va-lore complessivo del pescato intro-dotto e venduto si è ridotto, sebbe-ne in misura minore (-6 per cento),grazie a un aumento dei prezzi me-di (+3 per cento). I dati della produ-zione sbarcata disponibili si riferi-scono a tre zone di competenza(Goro, Marina di Ravenna e Rimini).Nel periodo ottobre 1998 - settem-bre 1999, rispetto ai dodici mesiprecedenti, è stato rilevato un lieveaumento della quantità del prodottosbarcato complessivo pari al 3 percento. Il consueto quadro sull'industriaenergetica non può essere de-scritto come in passato, in quantonon sono più disponibili i dati men-

sili di produzione. Per avere un’ideaalmeno sommaria sui flussi di ener-gia elettrica bisogna fare riferimentoai dati relativi all’energia vendutadell’Enel, che la sede di Bolognadello stesso Ente ha messo a dis-posizione relativamente al primo se-mestre del 1999. Tali dati non van-no confusi con i consumi, poichénon tengono conto, ad esempio,dell’importante segmento dell’auto-produzione. Tuttavia se guardiamoagli andamenti degli anni scorsi,consumi ed energia venduta hannoquasi sempre proposto variazionidello stesso segno.Nel primo semestre le vendite,compresa la quota dei rivenditori,sono ammontate a 9 miliardi e 234milioni di chilovattori, vale a dire il2,5 per cento in più rispetto ai primisei mesi del 1998. La crescita piùampia, pari al 3,5 per cento, è statariscontrata negli usi in locali e luoghidiversi dalle abitazioni, che com-prendono gran parte del mondodella produzione. Tra le varie classidi potenza impegnata spicca l'au-mento del 4,8 per cento della fasciaoltre 30 fino a 500 kw. L’illuminazione pubblica - questiconsumi possono dipendere anchedall’ampliamento delle zone edifica-te - ha registrato un incremento pa-ri all’1,8 per cento. Negli usi dome-stici la crescita è stata pari al 3,2per cento. Nei primi nove mesi del 1999 l’in-dustria manifatturiera ha eviden-ziato tassi di crescita più contenutirispetto a quelli riscontrati nellostesso periodo del 1998. Il volume

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della produzione è aumentato, tragennaio e settembre, di appena l'1per cento rispetto allo stesso perio-do del 1998, che a sua volta risultòin crescita del 3,9 per cento rispet-to ai primi nove mesi del 1997. Il fatturato è aumentato in terminimonetari del 2 per cento, rispettoall’incremento del 5,8 per cento re-gistrato nei primi nove mesi del1998. Dal lato della redditività, inrapporto all’inflazione, siamo difronte ad un margine positivo moltoridotto - 0,2 punti percentuali - piùcontenuto di quello riscontrato nel1998. In termini reali, ovvero senzaconsiderare l’aumento dei prezzi al-la produzione, è stato registrato unincremento delle vendite dell'1,8per cento, inferiore a quello rilevatonei primi nove mesi del 1998, quan-do la crescita risultò pari al 4,5 percento. La domanda è apparsa inrallentamento. Il mercato interno èaumentato del 3 per cento, vale adire circa due punti percentuali inmeno rispetto al trend dei primi no-ve mesi del 1998. Gli ordini dall’e-stero sono cresciuti più lentamentedi quelli interni, e in misura più con-tenuta rispetto al 1998. La quota diesportazioni sul fatturato si è man-tenuta sul 33 per cento, uguaglian-do i valori emersi nei primi nove me-si del 1998. I prezzi alla produzione sono risulta-ti sostanzialmente stabili, confer-mando la politica di "attenzione" inatto da diversi mesi. Il periodo di produzione assicuratodal portafoglio ordini si è attestatopoco oltre i tre mesi, confermando

la situazione emersa nei primi novemesi del 1998.L’approvvigionamento dei materialidestinati alla produzione è risultatomeno difficile. Le giacenze dei prodotti destinatialla vendita sono state dichiarate inesubero da una quota lievementepiù ridotta di aziende.L’occupazione è apparsa media-mente in crescita nel campione con-giunturale dell'1,9 per cento. Neiprimi nove mesi dell’anno si regi-strano di norma degli aumenti, inquanto è molto forte l’influenza del-le assunzioni stagionali effettuatesoprattutto dalle industrie alimentarinel periodo estivo. Al di là di questaconsiderazione, resta un andamen-to apprezzabile, ma meno intonato

rispetto a quello riscontrato nei priminove mesi del 1998. La stessa ten-denza espansiva è emersa anchedalle rilevazioni sulle forze di lavoro.Nell'industria in senso stretto, che ècaratterizzata dal forte peso delleattività manifatturiere, nei primi settemesi del 1999, secondo i dati dellaserie recentemente revisionata dal-l'Istat, è stata riscontrata in Emilia-Romagna una crescita media del2,7 per cento rispetto allo stessoperiodo del 1998, equivalente, intermini assoluti a circa 13.000 per-sone, tutte occupate alle dipenden-ze. Per quanto riguarda la Cassa in-tegrazione guadagni, dai 2.058.604di ore autorizzate dei primi diecimesi del 1998 si è passati a2.766.954 dello stesso periodo del

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Il Consiglio di Amministrazione di Unioncamere

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1999, per un incremento percentua-le pari al 34,4 per cento. Se rappor-tiamo le ore autorizzate per inter-venti anticongiunturali ai dipendentidell’industria (il dato comprende tut-te le attività economiche sulle qualile attività manifatturiere incidono peroltre il 90 per cento), l’Emilia-Roma-gna ha fatto registrare, relativamen-te ai primi dieci mesi del 1999, il se-condo migliore indice nazionale(5,96), alle spalle del Veneto (5,69). Gli interventi strutturali rappresenta-ti dalle ore autorizzate di Cassa in-tegrazione straordinaria sono inve-ce risultati in decremento del 50,7per cento. Questo andamento si èconiugato al lieve decremento deidipendenti posti in Cassa integra-zione. I dati disponibili relativi al pri-mo semestre, elaborati dall’Agenziaper l’impiego, hanno evidenziato unfenomeno esteso a 1.407 dipen-denti rispetto ai 1.428 del primo se-mestre 1998. Le unità produttive in-teressate sono risultate 48 rispettoa 68. In diminuzione sono inoltre ri-sultati i lavoratori considerati in esu-bero scesi da 840 a 666. I fallimenti dichiarati nel primo se-mestre sono risultati pressoché sta-zionari rispetto allo stesso periododel 1998. Per quanto concerne lo sviluppoimprenditoriale, nei primi nove mesiè emersa una situazione di sostan-ziale stabilità. Le imprese manifattu-riere attive esistenti a fine settembre1999 sono risultate 58.671 rispettoalle 58.650 rilevate nello stesso pe-riodo del 1998. La sostanziale sta-zionarietà della consistenza delle

imprese rilevata su base annua si èconiugata al moderato saldo nega-tivo fra imprese iscritte e cessatepari a 14 unità, in contro tendenzacon il moderato attivo di 29 impreseriscontrato nei primi nove mesi del1998. Ancora una volta occorresottolineare la nuova crescita dellesocietà di capitale passate da10.859 a 11.290, a fronte dei calidelle ditte individuali e delle societàdi persone. L'industria delle costruzioni haevidenziato nel primo semestre del1999 una situazione ampiamente fa-vorevole, confermando e consoli-dando i segnali di ripresa manifesta-tisi nel corso del 1998. L'andamen-to più positivo è stato rilevato nelleimprese di maggiore dimensione,mentre chi ha operato al di fuori del-l'ambito locale ha avuto molte piùopportunità rispetto a chi ha invecelavorato in una dimensione stretta-mente locale. L'occupazione nel-l'ambito del campione congiunturaleè aumentata tra gennaio e giugnodel 2,9 per cento, ovvero in una mi-sura che non può essere imputata alsolo fenomeno della stagionalità.Secondo le rilevazioni sulle forze dilavoro, gli occupati mediamente rile-vati fra gennaio, aprile e luglio sonorimasti invariati rispetto all'analogoperiodo del 1998. E' tuttavia cam-biato il peso delle diverse posizioniprofessionali. Gli occupati indipen-denti sono infatti aumentati di circa4.000 unità, a fronte della flessionedei dipendenti, in linea con l’aumen-to del numero di imprese rilevato dalRegistro imprese. La Cassa integra-

zione guadagni ordinaria è lieve-mente aumentata, mentre è calatasensibilmente quella straordinaria.La gestione speciale, di solito con-cessa quando il maltempo limital'attività dei cantieri, è cresciuta del14 per cento.Il commercio interno ha registratouna tendenza sostanzialmente ne-gativa, in linea con la contrazioneavviatasi nel biennio precedente. Gliesercizi al dettaglio di piccole di-mensioni sembrano essere i più col-piti dalla crisi. I giudizi di calo dellevendite sono prevalenti, mentre siappesantiscono le giacenze. Appa-re invece nettamente migliore la si-tuazione degli esercizi commercialidi grande dimensione. I relativi giu-dizi sull'andamento delle venditesono apparsi in aumento rispetto al1998, rimangono tuttavia le difficol-tà legate alla debolezza della do-manda e alla nuova concorrenza.Da un punto di vista strutturale ilcommercio regionale continua adessere interessato dalla progressivacrescita della grande distribuzione.La consistenza delle imprese è di-minuita, in linea con il calo di circa3.000 unità dell'occupazione indi-pendente. L'occupazione comples-siva è tuttavia aumentata dell'1,9per cento, in virtù della crescita dicirca 8.000 dipendenti.I primi sei mesi del 1999 si sonochiusi per il commercio estero intermini moderatamente negativi.Secondo i dati diffusi dall’Istat, l’E-milia-Romagna ha esportato beniper un valore pari a circa 24.500miliardi di lire, vale a dire il 2,1 per

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cento in meno rispetto all’anno pre-cedente. La diminuzione è risultatapiù contenuta rispetto a quella regi-strata a livello nazionale, attestatasial 6,2 per cento. Se guardiamo all'evoluzione dei sin-goli trimestri sono stati i primi tremesi a mostrare le difficoltà mag-giori. La minore propensione all'ex-port si è manifestata in tutti i setto-ri, con l’eccezione dell’agricoltura edel comparto dei prodotti in metal-lo. I cali più rilevanti sono stati regi-strati nella carta-stampa-editoria,nella chimica e nelle pelli-cuoio ecalzature.La stagione turistica 1999 si èchiusa all'insegna della sostanzialetenuta. I dati relativi ai primi novemesi dell'anno registrano un movi-mento turistico pressoché equiva-lente a quello dello stesso periododel 1998, con un tendenziale incre-mento degli arrivi ed una sostanzia-le stazionarietà delle presenze. Piùin dettaglio, è stata registrata unalieve ripresa del movimento turisticonelle città d'arte e nelle località ter-mali, una faticosa tenuta per quan-to concerne gli Appennini, ed unacontinuità con gli anni passati relati-vamente alla riviera, da semprepunta di diamante delle estati emi-liano-romagnole.L’andamento dei trasporti aereicommerciali rilevato nei quattroprincipali scali dell'Emilia-Romagnaè stato contraddistinto da una pre-valente tendenza espansiva, in lineacon quanto emerso nel Paese.L'aeroporto Guglielmo Marconi diBologna, il più importante della re-

gione con il 93 per cento del movi-mento passeggeri rilevato nel 1997 -ha fatto registrare nei primi dieci me-si del 1999, secondo i dati diffusi dalservizio Comunicazione e marketingdella S.a.b., un nuovo sensibile in-cremento dei traffici, che ha rafforza-to la tendenza espansiva in atto dalunga data. I passeggeri movimenta-ti sono ammontati a 2.874.133 con-tro i 2.455.290 dello stesso periododel 1998. A metà novembre è statoinoltre superato il record dei tre mi-lioni di passeggeri. Le aeromobili at-terrate e decollate sono risultate51.105 rispetto alle 41.664 dei primidieci mesi del 1998. Il 79,3 per cen-to circa del traffico passeggeri è sta-to trasportato su voli di linea. Gli ae-roporti collegati sono risultati più dicentotrenta. L’aeroporto di Rimini, secondo i datiraccolti da Aeradria, ha chiuso i pri-mi dieci mesi del 1999 in termini so-stanzialmente negativi. Nonostantel’aumento dei charters movimentati,passati da 2.459 a 2.795, è stata ri-scontrata una flessione del relativomovimento passeggeri pari al 10,4per cento. L'aviazione generale, co-stituita da voli relativi ad addestra-mento, lanci di paracadutisti, aerota-xi ecc. ha visto diminuire il movimen-to aereo e passeggeri del 10,3 e13,8 per cento rispettivamente.La movimentazione degli aerei car-go è apparsa in calo del 10,5 percento. Lo stesso è avvenuto per lemerci imbarcate diminuite del 21,3per cento.Nell’aeroporto Luigi Ridolfi di Forlì,nei primi dieci mesi del 1999 sono

stati movimentati 1.029 aeromobilifra voli di linea e voli charters - i se-condi sono nettamente prevalenti -rispetto ai 346 dello stesso periododel 1998. Il forte incremento delmovimento aereo si è coniugato al-la crescita dei passeggeri movimen-tati passati da 14.142 a 16.735, perun aumento percentuale pari al18,2 per cento. Gli aerei cargo arri-vati e partiti sono risultati 700 con-tro i 134 del gennaio - ottobre1998. Le merci movimentate sonoammontate a 3.128 tonnellate, cir-ca il doppio del quantitativo riscon-trato nei primi dieci mesi del 1998. Per l’aeroporto Giuseppe Verdi diParma i primi dieci mesi del 1999sono stati caratterizzati dall'aumen-to dei passeggeri movimentati pas-sati da 26.560 a 41.828. Gli aereiarrivati e partiti sono ammontati a12.942, vale a dire il 2,6 per centoin meno rispetto allo stesso periododel 1998. Occorre tuttavia sottoli-neare che nel mese di giugno l’ae-roporto è rimasto chiuso causa la-vori per sedici giorni. I trasporti portuali dei primi diecimesi del 1999, secondo i dati diffu-si dall'Autorità portuale di Ravenna,sono stati caratterizzati da un movi-mento merci pari a 17.793.789 ton-nellate, vale a dire il 3,3 per cento inmeno rispetto all'analogo periododel 1998 che è equivalso, in terminiassoluti, a poco più di 602.000 ton-nellate. Gran parte del calo, avve-nuto in un contesto generale nega-tivo, è da attribuire ai prodotti pe-troliferi, la cui incidenza sull'econo-mia portuale è tuttavia relativa. Per

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le merci secche, che caratterizzanol'aspetto squisitamente commercia-le di una struttura portuale, è statorilevato un aumento del 6,2 percento. In crescita sono risultate an-che le merci trasportate sutrailer/rotabili. I containers, che co-stituiscono una delle voci a più altovalore aggiunto, hanno accusato unleggero calo delle merci trasportatee della relativa movimentazione mi-surata in teus. Il movimento marit-timo è risultato stabile dal lato degliarrivi e in lieve aumento da quellodelle partenze. I trasporti ferroviari sono valutatisulla base dei dati trasmessi dalleFerrovie dello Stato facenti capo alCoordinamento Territoriale Centro,ex - Compartimento di Bologna. Il traffico merci dei primi nove mesidel 1999 nelle stazioni situate inEmilia-Romagna è stato caratteriz-zato da una flessione. La movimen-tazione a carro, pari a 7.521.372tonn., è diminuita dell'8 per cento ri-spetto allo stesso periodo del 1998. Nel credito, a giugno 1999 i depo-siti per localizzazione della clientelaa livello nazionale sono risultati so-stanzialmente invariati, mentre han-no continuato a ridursi a livello re-gionale (-2,6 per cento). Gli impieghiper localizzazione della clientela re-gistrano invece un forte aumento subase annua, che a livello regionale(+13,1 per cento) è apparso supe-riore di quattro punti percentuali ri-spetto all'incremento nazionale. Le partite anomale riferite alla loca-lizzazione della clientela in Emilia-Romagna risultano pari al 5,9 per

cento degli impieghi, una percentua-le sensibilmente inferiore a quella na-zionale attestata al 10,9 per cento.I tassi attivi regionali medi sugli im-pieghi in lire si sono costantementeridotti fino all'ultima decade delloscorso giugno, dal 6 per cento diinizio anno a poco più del 5 percento a luglio, per poi invertire latendenza. I tassi applicati in mediain Italia sono più elevati per tutte leforme di impieghi, ma le differenzesi sono ridotte sino quasi a zero. Itassi passivi medi hanno mostratoun trend discendente più continuo,registrando i primi segnali di inver-sione solo a settembre. I tassi pas-sivi applicati in Italia continuano adapparire più elevati rispetto a quelliapplicati in Emilia-Romagna, senzache la differenza, pari anche a 60punti base per il tasso passivo me-dio sui depositi, tenda a ridursi,nemmeno in assoluto.La differenza tra il tasso medio sugliimpieghi e il tasso medio sui depo-siti in lire si è ridotta sensibilmente,passando in Emilia-Romagna da450 punti base a inizio anno ad at-torno ai 400 punti base durante l'e-state. Questa differenza in Emilia-Romagna è più elevata che in Italia,tra i 20 e 60 punti base, e la diffe-renza tra il dato regionale e quellonazionale si è riportata sui livellimassimi nell'estate scorsa.

Nel Registro delle imprese figura-va a fine settembre 1999 una consi-stenza di 402.837 imprese attive ri-spetto alle 401.056 di fine settembre1998, per un aumento tendenziale

pari allo 0,4 per cento. Il saldo fra leimprese iscritte e quelle cessate è ri-sultato positivo per 3.656 unità, innetta contro tendenza rispetto alpassivo di 2.935 dei primi nove mesidel 1998. Se si analizza l'evoluzionedei vari rami di attività si può evince-re che l'aumento tendenziale piùampio è venuto dalle industrie (2,5per cento), trainate dalla crescita del5,8 per cento evidenziata dalle indu-strie delle costruzioni e installazioniimpianti. Il comparto manifatturiero èrimasto praticamente invariato, men-tre quello estrattivo è diminuito del3,9 per cento. Nei servizi è stata rile-vata una crescita complessiva dello0,6 per cento, dovuta ad andamentipiuttosto differenziati. I forti incre-menti dell'intermediazione monetariae finanziaria e delle attività immobi-liari e di noleggio sono stati bilancia-ti dai cali dei trasporti e del commer-cio e riparazioni di beni di consumo.Il settore dell'agricoltura, caccia esilvicoltura ha accusato un nuovocalo pari al 2,7 per cento. Quello del-la pesca dello 0,5 per cento.Un altro aspetto del Registro delleimprese è rappresentato dallo sta-tus delle imprese registrate. Quelleattive costituiscono la maggioranza,con una quota prossima al 91 percento. Poi esiste tutta la gamma diimprese inattive, sospese, liquidatee in fallimento che rimangono for-malmente iscritte. Se confrontiamola situazione in essere a fine set-tembre 1999 con quella dello stes-so periodo del 1998 si può osserva-re un andamento di prevalente cre-scita. All'incremento delle imprese

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attive si sono associati gli aumentidi quelle inattive, liquidate e fallite.L’unico calo, pari all'8,9 per cento,ha riguardato le imprese sospese. Alla crescita delle imprese attive siè associato un analogo andamentoper le cariche esistenti, salite nel-l'arco di un anno da 862.567 a884.851. Il numero delle cariche hamostrato un’impennata tra il dicem-bre 1996 e il marzo 1997, a seguitodelle iscrizioni delle imprese agrico-le rese obbligatorie dalla legge. Do-vremmo conseguentemente esserein presenza di dati abbastanzaomogenei. Con l’entrata degli im-prenditori agricoli, gli ultra cinquan-tenni hanno inciso per il 41,1 percento del totale rispetto al 34,2 percento del dicembre 1996. Per i solititolari, nello stesso arco di tempo,la percentuale passa dal 34,7 al46,5 per cento del corrispondentetotale. Se guardiamo agli aspettistrutturali, si può evincere che lacomponente maschile risulta pre-ponderante rispetto a quella femmi-nile, con una percentuale del 74,6per cento sul totale delle cariche, lastessa riscontrata a fine settembre1998. Se proponiamo il confrontocon la situazione del 1991 siamo inpresenza di una crescita di circa unpunto percentuale. Anche in questocaso, il rafforzamento della compo-nente maschile si può ricondurre alfenomeno delle iscrizioni degli im-prenditori agricoli, nei quali è domi-nante la componente maschile ri-spetto a quella femminile. Per quanto concerne la forma giuri-dica, a fine settembre 1999 le ditte

individuali attive sono risultate265.480, vale a dire lo 0,8 per cen-to in meno rispetto alla situazionedello stesso mese del 1998. Questoandamento si è allineato alla ten-denza regressiva di lungo periodo,dopo l’episodica lieve crescita ri-scontrata nel settembre del 1997. Afine 1985 le ditte individuali rappre-sentavano, al netto delle attivitàagricole, il 71,6 per cento delle atti-vità. A fine settembre 1999 la per-centuale, sempre al netto delle im-prese agricole per avere un con-fronto più omogeneo, è pari al 59per cento. Anche le società di per-sone mostrano una perdita di peso.Dalla quota del 28,2 per cento di fi-ne 1985 passano al 25,3 per centodi fine settembre 1999.Di tutt’altro segno appare l’evolu-zione della forma societaria. A fine1985 le società di capitale incideva-no per l'11 per cento del totale. A fi-ne settembre 1999 la percentuale èdel 13,7 per cento.In ambito nazionale l'Emilia-Roma-gna vanta una delle più alte inciden-ze di imprese attive sulla popolazio-ne - 101 ogni mille abitanti - allespalle di Valle d'Aosta, Marche, Mo-lise e Trentino-Alto Adige. L'artigianato emiliano-romagnolonon ha ancora superato le difficoltàcongiunturali che affliggono il setto-re da molto tempo. Nel primo seme-stre del 1999 la maggior parte deisettori artigiani ha accusato una di-minuzione tendenziale dell'attivitàproduttiva, accompagnata da unanotevole riduzione degli ordini e delfatturato. Il numero di imprese arti-

giane non ha subito tuttavia varia-zioni negative rispetto al corrispon-dente semestre dell'anno preceden-te. Segnali positivi sono tuttavia ve-nuti dall'aumento dell'occupazionee dal miglioramento del quadro fi-nanziario, attribuibile alle condizionipiù favorevoli di accesso al credito. L'andamento economico della co-operazione nel 1999 è risultato so-stanzialmente positivo. Questo sin-tetico giudizio scaturisce dalle pri-me valutazioni espresse dalla Conf-cooperative. Per quanto concerne l'evoluzionedei vari settori, il settore agroindu-striale, pur in maniera non uniformeall’interno dei vari comparti produt-tivi, ha fatto registrare un consolida-mento del fatturato in un’annataagraria caratterizzata da produzioniabbondanti e di buona qualità.In quasi tutti i comparti i notevoli in-crementi quantitativi hanno a faticacompensato la rilevante diminuzionedei prezzi unitari di vendita. E’ il ca-so del comparto ortofrutticolo dovesi registra una maggior produzionedel 15 per cento nella frutta estiva edel 30 per cento nel Kiwi. Sul ver-sante dei prezzi di vendita ad unadiminuzione di circa il 30 per centodei prezzi della frutta estiva si è con-trapposto un andamento positivoper quanto attiene la commercializ-zazione del Kiwi. La commercializ-zazione dell’altra frutta invernale haconfermato il buon andamento dellacampagna precedente.Nel comparto vitivinicolo sono statiriscontrati prezzi in diminuzione per ivini della vendemmia 1998. Per la

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prima volta è stata rilevata una cer-ta flessione anche nei prezzi dei pro-dotti di elevata qualità, che si sonocomunque attestati su valori tali dagarantire ai produttori una buona re-munerazione. La quantità di uvaconferita nella vendemmia 1999 è ri-sultata sostanzialmente stabile, conuna lieve diminuzione della grada-zione alcolica media.Nel comparto lattiero-caseario, aduna produzione che continua ad es-sere stabile sotto l’aspetto quantita-tivo, ha fatto riscontro un andamen-to di mercato ancora negativo. An-che il settore avicolo ha raggiuntouna sostanziale stabilità nella produ-zione, con prezzi in diminuzione so-prattutto nell’ultima parte dell’anno.L’occupazione nel settore agroindu-striale è risultata in sensibile aumen-to a conferma del maggior utilizzo dimano d’opera “stagionale” a frontedelle maggiori quantità lavorate inquasi tutti i settori.Il settore lavoro e servizi farà regi-strare nel 1999 un considerevole in-cremento sotto l’aspetto del fattura-to (+10 per cento) con un conse-guente incremento occupazionale.Le maggiori performances, sia in ter-mini di incremento di addetti che difatturato, continuano ad essere ga-rantite dal settore solidarietà sociale.La Cassa integrazione guadagniè stata caratterizzata dalla crescitadelle ore autorizzate per interventianticongiunturali. Nei primi diecimesi del 1999 sono ammontate a2.891.145, vale a dire il 32,5 percento in più rispetto all'analogo pe-riodo del 1998, sintesi degli aumen-

ti del 66,2 e 31,4 per cento rilevatirispettivamente per impiegati e ope-rai. Se si rapporta il volume di oreautorizzate per interventi anticon-giunturali agli occupati alle dipen-denze dell’industria, vale a dire delmaggiore utilizzatore della Cig, l’E-milia-Romagna ha fatto registrare,relativamente ai primi dieci mesi del1999, la seconda migliore quota procapite (5,96) alle spalle del Veneto(5,69), precedendo Calabria (6,18)Friuli-Venezia Giulia (6,63), Umbria(9,85) e Trentino-Alto Adige (9,94).Gli indici più elevati sono stati ri-scontrati in Molise (26,84), Piemon-te (21,26) e Valle d'Aosta (21,00). La Cassa integrazione guadagnistraordinaria viene concessa perfronteggiare gli stati di crisi azienda-le, locale e settoriale oppure perprovvedere a ristrutturazioni, ricon-versioni e riorganizzazioni. Nei primidieci mesi del 1999 le ore autorizza-te sono ammontate a 826.242, valea dire il 55,9 per cento in meno ri-spetto allo stesso periodo del 1998.La flessione, in linea con quanto av-venuto nel Paese, è stata determi-nata dal concomitante calo delle au-torizzazioni a operai e impiegati paririspettivamente al 45,8 e 70,4 percento. Se spostiamo l'osservazione del fe-nomeno sul numero di aziende chein Emilia-Romagna avevano in corsoistanze di Cassa integrazione straor-dinaria nel primo semestre 1999 - idati sono elaborati dall’Agenzia perl’impiego - possiamo evincere unanalogo alleggerimento del fenome-no. Le unità locali coinvolte sono

scese a 59 contro le 87 dei primi seimesi del 1998. I dipendenti sospesisono passati da 1.712 a 1.517,mentre quelli dichiarati in esubero sisono ridotti da 1.004 a 678.La gestione speciale edilizia vieneprevalentemente concessa quandoil maltempo impedisce l'attività deicantieri. Ogni variazione deve esse-re conseguentemente interpretata,tenendo conto di questa situazione. Eventuali aumenti possono corri-spondere a condizioni atmosfericheavverse, ma anche sottintendere lacrescita dei cantieri in opera. Le di-minuzioni si prestano naturalmentead una lettura di segno opposto.Ciò premesso, nei primi dieci mesidel 1999 sono state registrate1.577.628 ore autorizzate, con unacrescita del 14 per cento rispetto al-lo stesso periodo del 1998, in con-tro tendenza con quanto avvenutonel Paese (-5,7 per cento).La tendenza che emerge nei primimesi del 1999 relativamente ai pro-testi cambiari va nella direzione diun aumento del fenomeno. La situa-zione dei primi sei mesi rilevata insei province è stata caratterizzatadalla crescita dell'8,7 per cento del-le somme protestate, a fronte delladiminuzione del 3,7 per cento delnumero degli effetti. Questo anda-mento è stato determinato dagli as-segni aumentati sia in termini di nu-mero che di importo. Per quantoconcerne le cambiali - pagherò sia-mo invece di fronte ad una flessionedel 7,2 per cento in termini numericie del 10 per cento relativamente agliimporti. Analogo andamento per le

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tratte non accettate (non sono og-getto di pubblicazione sul bollettinodei protesti cambiari) diminuite co-me numero effetti protestati del 9,2per cento e del 9,3 per cento perquanto concerne i relativi importi. Per quanto concerne i fallimentidichiarati, la tendenza che emergedai dati relativi a tutta la regione ap-pare positiva. Nei primi sei mesi del1999 i fallimenti dichiarati sono dimi-nuiti del 5,7 per cento rispetto all'a-nalogo periodo del 1998. La flessio-ne più ampia, pari al 22,7 per cento,è stata riscontrata nelle attività im-mobiliari, noleggio, informatica ecc.In apprezzabile diminuzione (-14,6per cento) sono inoltre apparse leattività commerciali. In ambito indu-striale, l'industria manifatturiera è ri-masta sostanzialmente stabile,mentre le costruzioni sono aumen-tate del 13,2 per cento. Se osserviamo la consistenza delleimprese in fallimento registrate pres-so il Registro delle imprese - il datonon è confrontabile con la statisticadei fallimenti dichiarati - è stato rile-vato un andamento che non ha ri-specchiato la tendenza emersa dal-le statistiche dei fallimenti dichiarati.Le imprese in fallimento a fine set-tembre 1999 sono risultate 10.992,vale a dire il 3,8 per cento in più ri-spetto allo stesso periodo del 1998,che a sua volta fece registrare unadiminuzione tendenziale pari all'1,6per cento. L’incidenza sul totale del-le imprese registrate è tuttavia risul-tata limitata ad una quota del 2,5per cento, rispetto al 3,4 per centorilevato nel Paese. Le imprese liqui-

date iscritte nel Registro delle im-prese sono risultate 13.467 rispettoalle 13.053 in essere a fine settem-bre 1998, per un aumento percen-tuale pari al 3,2 per cento. In questocaso siamo di fronte ad un rallenta-mento della crescita, se si conside-ra che fra settembre 1997 e settem-bre 1998 era stato registrato un in-cremento del 6,3 per cento. L’inci-denza delle imprese liquidate sul to-tale delle registrate è stata pari inEmilia-Romagna al 3,0 per cento, afronte del 4,3 per cento del Paese. Una ulteriore testimonianza del mi-nore impatto delle procedure falli-mentari è venuto dalla statistica del-le aziende che hanno richiesto l’in-tervento della Cassa integrazioneguadagni straordinaria elaboratadall’Agenzia per l’impiego. I lavora-tori sospesi nel primo semestre del1999 per cause dipendenti da falli-menti e altre procedure concorsualisono risultati in Emilia-Romagna ap-pena 107 rispetto ai 1.100 dellostesso periodo del 1998.Nei primi nove mesi del 1999 laconflittualità del lavoro è apparsain ripresa. Nonostante il calo deiconflitti, tutti originati da rapporti dilavoro, scesi da 40 a 23, le ore di la-voro perdute sono salite da132.000 a 335.000. Il numero deipartecipanti è inoltre cresciuto da17.224 a 32.911. Questi numeri vanno tuttavia rappor-tati all’universo degli occupati alle di-pendenze che in Emilia-Romagnasono risultati mediamente nei primisette mesi circa 1.183.000. Se con-frontiamo il numero dei partecipanti

a quello dei dipendenti ne discendeuna percentuale relativamente con-tenuta pari al 2,8 per cento, rispettoal 4,7 per cento del Paese.In ambito nazionale è stata registra-ta un’analoga tendenza. Le ore per-dute – anche in questo caso permotivi esclusivamente dovuti ai rap-porti di lavoro – sono ammontate a4.631.000 rispetto a 2.602.000 deiprimi nove mesi del 1998.Per quanto concerne il sistema deiprezzi, quelli al consumo per le fa-miglie di operai e impiegati rilevatinel capoluogo di regione sono ap-parsi in ripresa. A ottobre sono au-mentati tendenzialmente del 2,2 percento. Per trovare un incremento piùelevato bisogna andare al settembre1998, quando venne registrato unaumento tendenziale del 2,5 percento. Nel Paese è stato rilevato unincremento dell'1,8 per cento, lostesso riscontrato a settembre. An-che in questo caso siamo in presen-za di una ripresa dell'inflazione, do-vuta principalmente all'impatto delrincaro della benzina. A tale propo-sito giova sottolineare che nei priminove mesi del 1999 le quotazioni indollari del petrolio greggio sono au-mentate mediamente, secondo l'in-dice Confindustria, del 18,1 percento rispetto all'analogo periododel 1998, toccando a settembre unaumento tendenziale del 68,7 percento. Quelle in lire sono cresciutemediamente del 21,2 per cento, conun aumento tendenziale a settembredell'84,4 per cento.Le indagini congiunturali condottesull'industria manifatturiera hanno

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182 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 1999Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

registrato una sostanziale stasi deiprezzi alla produzione. Nei primi no-ve mesi del 1999 è stato rilevato unaumento medio pari ad appena lo0,2 per cento rispetto all'incremen-to dell’1,3 per cento riscontrato neiprimi nove mesi del 1998. I listiniesteri sono cresciuti dello 0,3 percento, mentre quelli interni sono ri-masti pressoché invariati. Questoandamento, in linea con la tenden-za nazionale, sottintende la neces-sità di mantenersi comunque com-petitivi, anche a costo di ridurre iprofitti, in una fase congiunturaleall’insegna del rallentamento.L'indice del costo di costruzione diun fabbricato residenziale rilevatonel capoluogo di regione è risultatoa luglio in lieve ripresa (1,4 per cen-to rispetto allo stesso mese del1998), in linea con quanto rilevatonel Paese. Nello stesso mese del1998 a Bologna venne registrato undecremento tendenziale pari allo0,2 per cento. Tra le principali voci,la crescita più contenuta (0,6 percento) è stata riscontrata nel costodella manodopera, anche in virtùdei minori oneri dovuti all’introdu-zione dell’Irap. L’incremento piùelevato è stato riscontrato nella vo-ce “trasporti e noli” salita del 2,6per cento.Gli investimenti dell'industriamanifatturiera sono stati stimati inleggero aumento rispetto al 1998.In termini reali si profila un incre-mento medio per addetto dello 0,3per cento, rispetto alla crescita del7,7 per cento del 1998. Se le previ-sioni formulate dalle imprese trove-

ranno conferma, saremo di frontead un rallentamento abbastanzapronunciato, in linea con la decele-razione prevista per il Paese. E' tut-tavia leggermente aumentata la re-lativa quota sul fatturato passatadal 5,3 al 5,8 per cento, come direche la propensione ad investire nonha comunque perso terreno. Dal la-to della tipologia, gli incrementi piùcospicui hanno riguardato la forma-zione professionale, i veicoli e gliimpianti. Un grosso passo indietro èstato invece fatto dalle partecipa-zioni finanziarie e dalla ricerca e svi-luppo. Se guardiamo agli investi-menti più effettuati troviamo al pri-mo posto impianti-macchinari e at-trezzature, seguiti dai mobili e mac-chine per ufficio. Molto più distan-ziati troviamo i veicoli, la ricerca esviluppo e la formazione. In praticale aziende si preoccupano innanzi-tutto di disporre di macchinari sem-pre più moderni, quindi più produt-tivi, in grado di limitare l'incidenzadel costo del lavoro per unità diprodotto e aumentare di conse-guenza la competitività. Gli investi-menti in terreni sono stati effettuatida appena il 2,7 per cento delleaziende, sottintendendo aumentipiuttosto contenuti della base pro-duttiva. In estrema sintesi siamo in presen-za di una sostanziale tenuta rispet-to ad un anno, quale il 1998, tra ipiù intonati dell'ultimo decennio.Le previsioni a breve/medio ter-mine sembrano improntate ad uncerto ottimismo. Per l'industria ma-nifatturiera si profila una fase di

crescita più robusta a partire dal2000. Dal quarto trimestre 1999 alterzo trimestre del 2000, la crescitaproduttiva, prevista al 3,4 per cen-to, sarà accompagnata da una for-te ripresa degli ordini esteri (5,9 percento) e da un apprezzabile aumen-to di quelli interni (4 per cento).Le imprese cooperative e industrialidelle costruzioni e installazioni im-pianti manifestano aspettative posi-tive riguardo l'attività produttiva sianel breve che nel medio termine,con ripercussioni favorevoli sullaoccupazione. Uguale ottimismo èriscontrato nel comparto artigiano. In ambito commerciale gli esercizicon dieci addetti e oltre vedonoprevalere largamente la quota di chiprevede di aumentare le vendite, ri-spetto a chi ipotizza, al contrario,delle diminuzioni. Nelle aspettativedei piccoli esercizi prevale invece ilpessimismo. Nell'artigianato è prevista per la se-conda parte del 1999 una lieve ri-presa di produzione, fatturato e or-dini, che dovrebbe costituire la ba-se di partenza per un nuovo cicloespansivo. E' inoltre previsto un al-largamento dell'occupazione. Nei trasporti stradali, le imprese ar-tigiane prevedono per la secondaparte del 1999 una moderata ripre-sa dell'attività, accompagnata aduna consistente crescita dell'occu-pazione. Meno ottimismo traspareinvece dai trasportatori bolognesi.

L’economia regionale nel 1999

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Lo scenario di base per l’industriaemiliano-romagnolaLa fase di riduzione del ritmo di crescitadella produzione industriale regionaleaperta con il secondo trimestre 1998 siè chiusa dopo aver raggiunto il suo pun-to di minimo nel primo trimestre 1999. Ildebole segnale di ripresa del secondotrimestre di quest'anno è stato confer-mato, come previsto, dai dati del terzotrimestre. L'andamento regionale è sen-sibilmente migliore di quello della produ-zione manifatturiera nazionale, il cui tas-so di crescita tendenziale annualizzatonei primi nove mesi del 1999 è risultatonegativo. La moderata ripresa produttivaregistrata, cui farà seguito una ulteriorelieve accelerazione, preannuncia una piùrobusta fase di crescita a partire dal2000. Nel quarto trimestre 1999, le pre-visioni del modello di base indicano unritmo di crescita della produzione indu-striale superiore, attorno al 2,4%. Nellaprima metà del 2000 l'ulteriore ripresaporterà la crescita su livelli superiori al3%, che diverranno poi del 4% a partiredalla seconda metà del 2000. Nel corsodei prossimi dodici mesi, dal IV trim.1999 al III trim. 2000, il ritmo di crescita

della produzione risulterà sensibilmentesuperiore a quello sperimentato nei do-dici mesi precedenti. Nei dodici mesisuccessivi, dal IV trim. 2000 al III trim.2001, l'incremento della produzione in-dustriale risulterà mediamente ancorapiù elevato, tanto da raggiungere il4,1%, anche se si avvierà un fase di lie-ve riduzione della crescita negli ultimidue trimestri. La crescita della produzio-ne manifatturiera regionale, in media an-nuale, si manterrà attorno al 4% tra dal2000 e al 2001. Nel terzo trimestre1999, il ritmo di crescita degli ordini in-terni è aumentato sensibilmente rispettoai livelli del trimestre precedente, in mi-sura lievemente superiore alla previsio-ne. Nei dodici mesi trascorsi, l'incremen-to degli ordini interni ha risentito dellalenta ripresa italiana. Le previsioni delmodello di base indicano per i prossimidodici mesi, dal IV trim. 2000 al III trim.2001, un forte aumento del tasso di cre-scita medio degli ordini interni (4%), an-che se con qualche oscillazione neiprossimi sei mesi. Nei dodici mesi suc-cessivi, dal IV trim. 2000 al III trim. 2001,l'accumulazione degli ordini interni au-menterà ancora più rapidamente (4,7%).

La dinamica degli ordini esteri del terzotrimestre 1999 è andata in senso con-trario alle nostre previsioni, in linea con leindicazioni di difficoltà sui mercati esteridelle esportazioni italiane. Il nostro mo-dello di base continua a indicare comeprossima una sensibile ripresa del ritmodi crescita, già dagli ultimi mesi del 1999.La crescita degli ordini esteri dovrebberitornare sui livelli del 1998 dalla primametà del 2000, per poi aumentare ulte-riormente nella seconda parte. La cre-scita nei prossimi dodici mesi, pari al6%, dovrebbe risultare ben doppia ri-spetto a quella dei dodici mesi prece-denti. Nei dodici mesi successivi, dal IVtrim. 2000 al III trim. 2001, l'acquisizionedegli ordini esteri sarà ancora lievemen-te più rapida, in media sarà pari al 6,5%.La crescita della domanda estera risultastrettamente legata all'avvio della ripresadella domanda interna in Germania, ilprincipale mercato di sbocco europeodelle esportazioni regionali.

Uno scenario alternativo per l’indu-stria emiliano-romagnolaLa previsione di base ipotizza che laesportazioni italiane cresceranno rapi-damente nel 2000, accompagnando laripresa della spesa delle famiglie e la for-te accelerazione degli investimenti inmacchinari e attrezzature. Per questaprevisione le incognite sono date dall'in-flazione e dalla situazione economica inGiappone e nei Pvs. La pressione deimercati delle materie prime sull'inflazio-ne è frenata negli Usa dalla crescita del-la produttività e in Europa dalla modera-ta crescita dell'attività In Giappone nonriprendono i consumi interni, a causadella crisi di fiducia delle famiglie, e le

Le previsioni 2000 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 2000Produzione Industriale Emilia-Romagna

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esportazioni risentono dell'alto valoredello yen. Il governo ripete periodica-mente interventi fiscali non risolutivi e labanca del Giappone ha reso più blandala sua politica monetaria. La situazionepolitico-economica latino-americana èancora incerta La diffusione della cresci-ta in Europa potrebbe risentire di un'e-voluzione negativa in queste aree eabortire. In questo scenario, si registre-rebbe una sensibile riduzione della cre-scita della produzione dell’industria ma-nifatturiera regionale nei prossimi dodicimesi (dal 3,4% al 2,6%), e la ripresa nesarebbe negativamente influenzata an-che nel 2001 (2,5%). La crescita degliordini esteri raggiungerebbe comunqueil 5% nel 2000, ma ne risulterebbe sen-sibilmente ridotto il ritmo di incrementodegli ordini interni, che non andrebbeoltre il 2,5% nel prossimo biennio.

La previsione per i settori dell’industria emiliano-romagnolaL’industria dell’abbigliamento (Codifica Ateco91: 18)Nel 1999 l'industria dell'abbigliamentoregistrerà un andamento quasi stazio-nario degli ordini, dopo il forte incre-mento messo a segno nel 1998. Nel2000 il ritmo di crescita degli ordini risul-terà mediamente in linea o appena infe-riore a quello del complesso dell'indu-stria manifatturiera regionale. L'anda-mento della produzione non ne trarràparticolare beneficio e chiuderà il 1999con una variazione attorno all'1%, ma ilsuo tasso di crescita si ridurrà ulterior-mente nel 2000.L’industria tessile (Codifica Ateco91: 17)L'industria tessile ha registrato una forte

riduzione degli ordinativi nel 1998, chesarà seguita da un'ulteriore, ma minore,riduzione nel 1999. Una minima varia-zione positiva degli ordini si registreràsolo nel 2000. Stante l'andamento degliordini, all'aumento della produzione chesi registrerà a fine 1999, farà quindi se-guito un'ulteriore minima riduzione nelcorso del 2000. L’industria alimentare (Codifica Ateco91: 15, 16)L'evoluzione degli ordini interni per ilsettore alimentare nel corso del 1999 ri-sulterà migliore di quella registrata nel1998. Il trend positivo in atto proseguiràanche nel 2000, con un ulteriore acce-lerazione. Dopo l'esplosione degli ordiniesteri avutasi nel 1998, il loro ritmo dicrescita si ridurrà sensibilmente nelbiennio 1999-2000. L'andamento ri-marrà positivo, anche se inferiore aquello del complesso dell'industria ma-nifatturiera regionale. Anche la produ-zione dell'industria alimentare vedràprogressivamente ridursi il suo tassocrescita nel biennio 1999-2000, purerestando mediamente in linea con l'an-damento dell'industria manifatturiera re-gionale.L’industria delle piastrelle in cera-mica (Codifica Ateco91: 263)L'andamento degli ordini sul mercatointerno dell’industria delle piastrelle risul-terà positivo nel 1999, e in accelerazio-ne rispetto al 1998. Nel 2000 si avrà unrallentamento della crescita degli ordiniinterni, che rimarrà comunque superio-re a quello medio dell'industria manifat-turiera regionale. L'andamento degli or-dini dai mercati esteri risulterà opposto,la loro crescita si ridurrà nel 1999, dopoil forte incremento avuto nel 1998, per

riprendersi prontamente nel corso del2000. In entrambi gli anni la crescita de-gli ordini esteri risulterà inferiore a quellamedia dell'industria manifatturiera regio-nale. La produzione registrerà a fine1999 una crescita minima, cui farà se-guito una pronta ripresa nel 2000.L’industria dell’elettricità e dell’elettronica(Codifica Ateco91: 30, 31, 32)L’industria dell’elettricità e dell’elettroni-ca registrerà una buon incremento degliordini nel corso del 1999, superiore aquello del 1998, cui seguirà un'ulterioreforte accelerazione nel 2000. La produ-zione nel 1999 aumenterà lievemente,ma un po' più rapidamente che nel1998. Nel 2000, il tasso di crescita del-la produzione aumenterà sensibilmenteportandosi a un livello superiore a quel-lo medio dell'industria manifatturiera re-gionale.L’industria meccanica tradizionale(Codifica Ateco91: 28, 29, 33)L’industria meccanica tradizionale nel1999 registrerà una diminuzione dellacrescita sia degli ordini interni (+3,1%),sia e soprattutto degli ordini esteri(+0,6%), dopo il forte sviluppo che hacaratterizzato il 1998. Nel 2000 si avràuna forte ripresa del processo di acqui-sizione degli ordini, sia interni che este-ri, anche se la dinamica degli ordini in-terni risulterà sensibilmente superiore aquello degli ordini provenienti dall'este-ro. Analogo risulterà l'andamento dellacrescita della produzione, che dopo laquasi stagnazione che registrerà il1999, crescerà più rapidamente nel2000, ma su livelli di poco inferiori aquelli della media dell'industria manifat-turiera regionale.

Le previsioni 2000 per l’Emilia-Romagna

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 185

Il 1999 e le nuove Camere di CommercioLe Camere di commercio dell’Emi-lia-Romagna con i nuovi verticiEntro i primi mesi del 1999 verrannocompletati i rinnovi degli amministratoridelle Camere di commercio dell’Emilia-Romagna: Consigli camerali, Giunte ePresidenti. Questo fatto coincide conuna vera e propria rivoluzione del siste-ma istituzionale regionale e locale, san-cita dalla legge regionale di attuazionedel decentramento amministrativo, chedovrebbe essere approvata entro il1998 e nel cui contesto alle Camere dicommercio è assegnato un ruolo digrande rilevanza. Si vedrà, nelle pagineseguenti, in che modo è destinato acambiare il ruolo delle Camere, ma ècomunque chiaro che si impone l’esi-genza di prendere bene coscienza del-le tante opportunità che scaturisconoper il sistema camerale da questo nuo-vo assetto istituzionale. L’Unione regio-nale, pertanto, potrà continuare a farsicarico, se richiesto, anche di promuo-vere, nel corso del 1999, una serie diattività di formazione, informazione, stu-dio ed approfondimento relative alle in-novazioni legislative in tema di decen-tramento amministrativo in Emilia-Ro-magna ed alle conseguenze di tali inno-vazioni sul ruolo, le funzioni, le sceltestrategiche, i programmi di attività delleCamere di commercio. Allo stesso mo-do, quindi facendo leva sul ruolo di co-ordinamento a livello regionale dell’U-nioncamere, si deve aprire una fase diconfronto tra Camere di commercio edassociazioni di categoria finalizzata alchiarimento sui rispettivi spazi di auto-nomia e di competenza, per evitare l’in-

generarsi di contrasti ed incomprensio-ni, che andrebbero ad esclusivo dannodel sistema imprenditoriale, e soprattut-to per sviluppare coerenti forme di col-laborazione in una logica di integrazionedelle attività e dei servizi: occorre scon-giurare la duplicazione degli interventi egarantire più efficacia, più efficienza, piùeconomicità. Solo in un contesto di col-laborazione e di integrazione tra siste-ma camerale e sistema associativo, piùfacilmente perseguibili con l’ingressodelle associazioni di categoria nei nuoviConsigli camerali, sarà possibile garan-tire alle Camere stesse il coerente e cor-retto esercizio delle “funzioni di suppor-to e di promozione degli interessi gene-rali delle imprese”, così come indicatoall’art. 2 comma 1 della legge 580/93.Nel contesto di un sistema economico

più integrato a livello locale, le logiche diintegrazione tendono a valorizzare, do-ve si sono affermati e sono unanime-mente riconosciuti, i “punti di eccellen-za” del sistema. Per le Camere di com-mercio i “punti di eccellenza” sono:- la capacità di analisi approfondita del-

le realtà territoriali, per una efficaceprogettualità;

- la rappresentatività degli interessi eco-nomici generali del territorio, tale dacontribuire ad un elevato livello di con-certazione delle politiche specifiche;

- la capacità di incidere sul migliora-mento delle condizioni del contestoproduttivo, per valorizzare le conve-nienze del territorio e per incrementar-ne la competitività;

- la gestione con i Comuni degli sportelliunici;

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1999

Seduta del Consiglio di Amministrazione di Unioncamere

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186 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

- l’assistenza alla creazione di nuoveimprese ed alla formazione imprendi-toriale.

In una corretta logica di integrazione,quindi, la Camera di commercio ha tito-lo per diventare uno dei nodi cruciali delsistema produttivo locale, ed in questalogica l’ingresso delle associazioni dicategoria nei Consigli camerali potrà - favorire il pieno riconoscimento e la

valorizzazione dell’autonomia funzio-nale dell’ente;

- rappresentare il presupposto per unulteriore passo in avanti, soprattutto intermini di efficienza, efficacia ed eco-nomicità dei servizi attraverso i qualiquell’autonomia si deve esprimere.

In un sistema territoriale integrato, altidevono essere anche il livello ed i con-tenuti della concertazione che si misu-reranno sulla capacità di incrociare pro-getti di sviluppo e politiche di sostegnoe sulla capacità di orientare gli strumen-ti a servizio dei programmi definiti (for-mazione, offerta di lavoro, qualità delleistituzioni, marketing): per le Camereuna ulteriore occasione di sinergia epartenariato con gli Enti locali e con isoggetti di rappresentanza, anche at-traverso la programmazione negoziata.

L’attuazione del decentramentoamministrativo nella regione Emi-lia-RomagnaEntro la fine del 1998 il Consiglio regio-nale dell’Emilia-Romagna licenzierà iltesto definitivo della legge “Riforma insenso federalista del sistema regionalee locale” che rappresenta il provvedi-mento attuativo del decreto 112/98 sulconferimento di compiti e funzioni dalloStato alle Regioni ed agli Enti locali e

funzionali. La legge Bassanini I (n.59/97), il decreto legislativo 112/98 e,quindi, quello che è ancora il progetto dilegge regionale di attuazione del decen-tramento amministrativo, hanno primariconosciuto che, oltre agli enti locali,anche gli enti funzionali, quali le Came-re di commercio possono essere titola-ri di funzioni conferite dallo Stato e dal-le Regioni ed hanno poi innestato le Ca-mere stesse nell’ordinamento istituzio-nale ed amministrativo raccordandolealle altre istituzioni. Si può dire che leCamere di commercio beneficiano dicompleta autonomia e di una posizioneformale di pari dignità istituzionale congli altri Enti locali. Ed è proprio il nuovomodello regionale dei rapporti interisti-tuzionali e degli strumenti di concerta-zione sociale che valorizza appieno ilruolo delle Camere di commercio nelsenso indicato dalla legge Bassanini edai suoi decreti attuativi. Il 1999 sarà,quindi, un anno decisivo per quello cheriguarda i rapporti tra sistema cameralee Regione e tra sistema camerale edistituzioni locali (Province e Comuni). Ilprogetto di legge sull’attuazione del de-centramento amministrativo, se doves-se essere confermato il testo dellaGiunta regionale, tende a valorizzarenotevolmente il ruolo delle Camere dicommercio e ad introdurre varie mate-rie sulle quali il rapporto tra il sistemacamerale e la Regione dovrà essereconsolidato. Il suddetto progetto codifi-ca l’istituzione di una sede ufficiale diconfronto tra Giunta regionale, Cameredi commercio e Unioncamere: saràquella la sede nella quale si procederàad una costante verifica dei rapporti incorso e di quelli destinati a venire in es-

sere. Alle Camere di commercio verràassegnata la delega in materia di albodelle imprese artigiane e di funziona-mento delle Commissioni Provinciali perl’Artigianato. Ma i temi all’ordine delgiorno, per esplicita previsione del pro-getto di legge, dovrebbero essere an-che quello della riorganizzazione del si-stema dei servizi all’internazionalizza-zione, rispetto al quale le Camere dicommercio hanno già elaborato una lo-ro proposta di costituzione di un’Agen-zia Regionale per l’internazionalizzazio-ne e quello degli strumenti di monito-raggio ed analisi dell’economia regiona-le e dell’informazione economica in ge-nerale. Il sistema camerale si proponecome uno dei principali interlocutoridella Regione in vista di una forte e con-creta iniziativa per la riorganizzazionedei servizi all’internazionalizzazione del-le imprese. Attraverso il progetto Net-prise, il sistema camerale punta allaspecializzazione nei servizi più sofistica-ti gestiti su reti e, attraverso l’attività del-la rete degli Eurosportelli, a rendere piùaccessibili e fruibili gli strumenti interna-zionali di sostegno ai rapporti con i mer-cati globali, alla formazione degli im-prenditori. Il presupposto di questa li-nea strategica è che “globalizzazione”non equivalga ad “esportazione”: sitratta cioè di un processo più ampio peril quale non esistono soggetti, oggi, ingrado di dare un contributo serio e dif-fuso alle imprese della regione. Perquanto riguarda l’attività di monitorag-gio e di analisi dell’economia regionaleessa si concentrerà sui settori tradizio-nali: industria manifatturiera, investi-menti, export, fabbisogni occupazionali(Progetto Excelsior) turismo, subfornitu-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1999

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 187

ra. Il tema del monitoraggio dell’econo-mia regionale, come si diceva, è entra-to a pieno titolo nell’agenda dei rappor-ti tra Camere di commercio e RegioneEmilia-Romagna che ha espressamen-te previsto, nel progetto di legge regio-nale sull’attuazione del decentramentoamministrativo, il supporto del sistemacamerale, in particolare, per “attività dianalisi e ricerca sulla struttura economi-ca regionale”. Le Camere potrebberocontribuire non solo a fornire una baseconoscitiva alla programmazione regio-nale, ma anche a determinare una piùselettiva gestione decentrata del siste-ma degli incentivi attraverso, ad esem-pio, il sistema dei consorzi fidi regionali.A riprova dell’intensificazione dei rap-porti tra sistema camerale e Regione,c’è da ricordare anche la proposta di unnuovo progetto editoriale per la rivistaECONERRE che vedrebbe una più di-retta partecipazione, anche in termini fi-nanziari, della Regione stessa. Ma l’at-tuazione del decentramento ammini-strativo imporrà all’Unione regionaleun’azione di coordinamento delle Ca-mere di commercio su altre materie sul-le quali deve per forza emergere unastrategia complessiva del sistema: inmateria di Sportello Unico, in materia diprogrammazione negoziata, in materiadi assistenza ed informazione alle im-prese. In materia di sportello unico perle attività produttive l’obiettivo delle Ca-mere di commercio deve essere quellodi stringere rapporti di collaborazionecon i Comuni, titolari della delega, al fi-ne di garantire le necessarie attività disupporto alle strutture comunali, la pre-disposizione di programmi informatici edella idonea strumentazione telematica

per la gestione degli sportelli. E’ auspi-cabile che i Comuni si consorzino tra diloro per una razionale ed efficace orga-nizzazione degli sportelli sul territorio eche le Province valorizzino questo tipodi percorso assumendo un ruolo di co-ordinamento per evitare dispersione esprechi di risorse. In questo quadro leCamere di commercio potranno realiz-zare, anche direttamente con le Provin-ce, accordi di collaborazione per la rea-lizzazione e la gestione di una rete deglisportelli per le autorizzazioni ammini-strative. Unioncamere regionale sta in-contrando gli organismi regionali di rap-presentanza delle autonomie locali al fi-ne di verificare la loro disponibilità aduna intesa in materia, al fine di raggiun-gere, per quanto possibile, l’obiettivo discelte e comportamenti omogenei ecoordinati in tutto il territorio regionale.Discorso analogo anche per quello cheriguarda l’assistenza e l’informazione al-le imprese, in particolare con riferimen-to all’informazione sulle opportunità e leagevolazioni finanziarie. L’obiettivo chesi è proposto la Regione è quello dellapromozione, a livello locale, in particola-re a livello provinciale, di una rete inte-grata di servizi informativi, promuoven-do le iniziative per il coordinamento, perla razionalizzazione e la riorganizzazionedei servizi esistenti eliminando le dupli-cazioni pur senza limitare o restringerel’azione dei vari soggetti operanti sulterritorio, soprattutto laddove questihanno maturato esperienze e compe-tenze eccellenti che possono diventaredi riferimento per tutto il sistema. Inquesta prospettiva il sistema cameralepuò mettere a disposizione la rete re-gionale degli Eurosportelli, indiscusso

“punto di eccellenza” in materia di assi-stenza ed informazione alle imprese.

Politiche di networkNel 1999 verranno realizzati due pro-getti di sistema ammessi anche ai fi-nanziamenti del Fondo di Perequazio-ne: si tratta della “Certificazione di qua-lità del Registro Imprese” e del “Con-trollo di gestione e adeguamento dei si-stemi di rilevazione contabile al nuovoregolamento di contabilità”. Si tratta di progetti che oltre a consoli-dare le relazioni interne al sistema, conil costante coordinamento dell’Unioneregionale, segnano una svolta decisanel senso della definizione di strumenticomuni per la semplificazione e l’am-modernamento dei servizi amministrati-vi camerali. Una delle grandi scommes-se per le Camere di commercio riguar-da, infatti, le funzioni amministrative cheesse, anche per legge, sono chiamatea svolgere: è la scommessa per la sem-plificazione burocratica delle proceduredi accesso ai servizi camerali per diven-tare modello di modernità amministrati-va. Anche in questo campo il ruolo del-l’Unione regionale può essere determi-nante e lo si è sperimentato nello svol-gersi del “Progetto di sviluppo organiz-zativo di un network camerale dell’Emi-lia-Romagna” che l’Unione stessa havoluto fortemente ed al quale quasi tut-te le Camere di commercio hanno ade-rito. E’ nell’ambito di questo progettoche, in particolare, i gruppi di lavoro sulRegistro Imprese, sui servizi ammini-strativi, sulle interpretazioni normative,hanno sperimentato la disponibilità del-le Camere di commercio alla concreta ecomune elaborazione di progetti finaliz-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1999

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zati alla semplificazione delle procedurepresso le singole Camere e, quindi,proiettati ad una offerta di servizi più ef-ficenti ed efficaci: si pensi proprio ai so-pracitati progetti per la “Certificazione diqualità del Registro Imprese” e per il“Controllo di gestione e l’adeguamentodei sistemi di rilevazione contabile alnuovo regolamento di contabilità”. Maanche tutta la riflessione avviata, sem-pre nell’ambito del Progetto network,sul tema della regolazione del mercatorisponde ad un’esigenza sempre piùimpellente per le Camere di poter usu-fruire di modelli condivisi di organizza-zione e gestione dei servizi: l’Unione re-gionale può, quindi, dare una concretarisposta, sul tema della regolazione delmercato, come anche su tutti gli altri te-mi di rilevanza amministrativa per le Ca-mere, ad una istanza di omogeneizza-zione dei comportamenti amministrativie di coordinamento delle strategie dellasemplificazione e modernizzazione deiservizi camerali. Entrerà inoltre a regimeil Servizio Legale regionale, istituito allafine del 1998, ma che nel 1999 dovràsempre maggiormente caratterizzare lasua presenza nel contesto del sistema.Con la fine del 1999 dovrebbe ancheessere portato a compimento il Proget-to Netprise, definito dagli esperti comeuno dei progetti più innovativi realizzatinell’ambito del sistema camerale euro-peo, e proseguiranno le attività dei pro-getti Demarche, Kismet e Lapin, finan-ziati dall’Unione Europea e coerenti conl’obiettivo di consolidare i rapporti tra leCamere di commercio emiliano-roma-gnole ed il sistema al quale partecipanoanche le Camere di commercio euro-pee. Importante è sostenere gli obiettivi

che si propone Eurochambres: - l’affermazione del ruolo delle Camere

nell’attivazione del criterio di sussidia-rietà all’interno delle politiche dell’UE;

- la messa a punto di strumenti comuniper l’occupazione e la creazione diimprese, favorendo i rapporti tra Ca-mere e tra sistemi camerali;

- l’azione per l’introduzione dell’Euronelle imprese;

- l’azione per la definizione dell’Agenda2000;

- i progetti di realizzazione delle funzionidi rete, in primis il Registro europeodelle imprese e l’autorità di certifica-zione per il commercio elettronico.

Per questi obiettivi i rapporti tra le Unio-ni nazionali di alcuni paesi potrebberoprodurre, come già stanno producen-do, intese tra sistemi camerali regionalidi diversi paesi e partenariati tra Came-re di commercio: su questa strada in-tende proseguire anche l’Unione regio-nale dell’Emilia-Romagna.

Il ruolo dell’Unione regionaleIn questo contesto il ruolo dell’Unioneregionale può essere ed è già stato diparticolare rilevanza. Se è vero che inquesta fase la parola spetta alle Regio-ni, che sono diventate lo snodo centra-le del nuovo reticolo istituzionale, l’im-pegno del sistema camerale deve es-sere quello di individuare modalità orga-niche di collaborazione, innanzituttocon la Regione, e strumenti di collabo-razione con gli enti locali per offrire ilproprio peculiare contributo allo svilup-po del territorio. L’Unione regionale haindividuato, già da alcuni anni, comeobiettivo prioritario quello della definizio-ne di iniziative e proposte nei confronti

della Regione per aprire nuovi spazi diintervento camerale: dalla proposta peril trasferimento della delega in materia diCPA, elaborata nel 1996 e che solo orasi sta concretizzando, alla proposta del-l’estate 1997 sulla riorganizzazione a li-vello regionale del sistema dei servizi al-l’internazionalizzazione delle imprese, alcoinvolgimento del sistema camerale,quale partner di riferimento, nella nuovaorganizzazione turistica regionale, alcostante e proficuo lavoro di confrontosvolto negli ultimi mesi con la Regionesul testo del progetto di legge regionalesull’attuazione del decentramento am-ministrativo nel quale le Camere dicommercio hanno visto consolidarsi laloro presenza ed il loro ruolo. E la Re-gione non ha mancato di riconoscereall’Unione regionale l’importanza dellasua funzione: il suddetto progetto dilegge regionale, infatti, prevede che laGiunta regionale promuova periodicheriunioni con le Camere e con l’Unione alfine di garantire i necessari rapporti dicollaborazione e che l’Unione regionalepresenti ogni anno alla Regione una re-lazione sulle attività delle Camere dicommercio. Questo significa che, dalpunto di vista della Regione, è stata ri-conosciuta all’Unione la rilevanza stra-tegica del tentativo di mettere a sistemale Camere di commercio, in modo taleda farne un interlocutore sempre piùforte, credibile ed affidabile. Ma oltre adun ruolo di rappresentanza, l’Unione re-gionale si è già attivata da tempo pergarantire a tutte le Camere di commer-cio della regione un supporto importan-te nella individuazione di strategie e distrumenti comuni sia in materia di pro-mozione dell’interesse generale delle

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1999

Page 191: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 189

imprese, che di modernizzazione am-ministrativa. Nel primo caso qualifican-do sempre di più l’attività di monitorag-gio, di analisi e di studio dell’economiaregionale, nel secondo caso, divenen-do soggetto attivo nel processo di sem-plificazione, predisponendo e soste-nendo, come abbiamo già visto nel-l’ambito del Progetto Network, propo-ste in tal senso. Si tratta di concordarecon le Camere sull’esigenza di una mi-surazione dei risultati dell’efficienza del-le Camere, attraverso diversi strumenti rfarne comparazione ai fini del migliora-mento degli standard, nonché di inno-vare nelle politiche comuni di selezione,formazione e promozione del persona-le per adeguare le prestazioni ai compi-ti sempre nuovi e sempre maggiori edinnestare la cultura del risultato.

Riorganizzazione del turismo regionaleIl Consiglio regionale dell’Emilia-Roma-gna ha approvato nel mese di aprile1998 la nuova legge su “Organizzazio-ne turistica regionale – Interventi per lapromozione e commercializzazione turi-stica” che rappresenta una svolta im-portante per l’intera economia regiona-le. E’ stata una formale intesa firmatadalla Regione e dall’Unione regionaledelle Camere di commercio dell’Emilia-Romagna, a gettare le basi della riformadel settore turistico e a candidare il si-stema camerale quale partner di riferi-mento della Regione stessa nella defini-zione degli strumenti attuativi di quellariforma. Una rappresentanza del siste-ma camerale è, così, presente nel Co-mitato di concertazione della AgenziaRegionale per il Turismo, il nuovo sog-

getto della programmazione turisticaregionale, mentre le Camere di com-mercio sono, dopo la Regione, che de-tiene la maggioranza del capitale socia-le, le principali azioniste della APT Ser-vizi S.r.l., la società cui è affidata l’attua-zione e la gestione delle politiche turisti-che regionali. Regione e sistema came-rale hanno condiviso in pieno i principiispiratori della nuova legge: - il principio della separazione tra pro-

grammazione e gestione, - il principio della concertazione, che

sancisce la possibilità per il privato,pur mantenendo la naturale titolaritàdella funzione di commercializzazione,di partecipare alla progettazione an-che delle attività di promozione, tradi-zionalmente riservate al pubblico,

- il principio del cofinanziamento regio-nale destinato a creare un sistema difinanziamento in grado di privilegiarele aggregazioni nel pubblico, tra ilpubblico ed il privato, nonché tra i pri-vati per aumentare le risorse disponi-bili, per favorire la progettualità, l’origi-nalità, l’innovazione, per favorire, indefinitiva, una nuova cultura turistica.

Il sempre più stretto rapporto in materiadi turismo tra Regione e sistema came-rale ha garantito, soprattutto in questiultimi anni, la conoscenza diretta del-l’offerta turistica e della domanda diservizi da parte delle imprese e questoha permesso di risalire alla comprensio-ne dei mutamenti che hanno caratteriz-zato il fenomeno turistico: la moltiplica-zione delle motivazioni e dei bisogni, latendenza a privilegiare il prodotto turisti-co, la necessità della diversificazione si-stematica dell’offerta turistica. Questoobiettivo è stato raggiunto, in questi an-

ni, anche grazie all’attività dell’Osserva-torio Turistico Regionale, la cui gestioneè affidata, anche per il 1998/1999 al-l’Unioncamere regionale. Allo stessomodo il confronto sistematico tra Re-gione e sistema camerale in materia diturismo ha evidenziato la necessità e,soprattutto, l’urgenza, di eliminare so-vrapposizioni e duplicazioni negli inter-venti con conseguente spreco di ingen-ti risorse. La riforma avrebbe dovuto, esembra esserci riuscita, individuare,quindi, tutti gli incentivi e gli strumenti fi-nalizzati alla creazione di reti ed allo svi-luppo di azioni concertate tra i protago-nisti pubblici e privati, per aggredire inmodo più efficace i mercati, e valorizza-re competenze e capacità progettualiveramente innovative. Le Camere dicommercio hanno saputo investire, an-che, non poche risorse a favore del tu-rismo ed hanno dimostrato di essere ingrado di attivare anche le risorse dei pri-vati attorno a progetti mirati al migliora-mento della qualità dell’offerta turistica,anticipando, in un certo senso, quelliche sono poi diventati i cardini della ri-forma. La conoscenza dei bisogni e ladisponibilità di risorse hanno reso cosìquasi inevitabile l’incontro tra Regione eCamere di commercio in materia di tu-rismo.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 1999

Page 192: Emilia-Romagna Regione d’Europa

190 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, 28 Maggio 1999

Il significato di questa giornata va ri-cercato nella necessità per il sistemacamerale di ripensarsi alla luce di al-cuni importanti mutamenti del conte-sto nel quale le Camere di commerciosono chiamate ad operare.1) Innanzitutto l’attuazione della legge

di riordino, la 580/93, che ha porta-to, in particolare in Emilia-Roma-gna, al completo rinnovo degli or-ganismi camerali costituiti, ora, daimembri designati dalle associazionidelle categorie economiche piùrappresentative dei singoli territori.

2) Poi l’attuazione del decentramentoamministrativo con il decreto legis-lativo 112/98, sul trasferimento difunzioni e compiti dallo Stato alleRegioni ed agli enti locali, e con lalegge regionale 3/99 sulla “Riformadel sistema regionale e locale” chehanno collocato le Camere di com-mercio tra i soggetti del governoterritoriale valorizzando la loro auto-nomia, finalmente, anche sul pianofunzionale.

3) Infine il corposo processo di riformadella pubblica amministrazione im-prontato a criteri di semplificazionedei procedimenti, nonché di effica-cia e di efficienza dei servizi: l’obiet-tivo della modernizzazione dellapubblica amministrazione è unobiettivo ancora lontano e che ri-chiede non soltanto il cambiamentodelle leggi, ma soprattutto un cam-biamento radicale di cultura, peròpossiamo dire che la strada è stataintrapresa e le Camere di commer-cio si devono sentire totalmente co-involte in questa scommessa.

Le conseguenze di queste trasforma-

zioni per le Camere di commercio so-no innumerevoli e non è certo questala sede per un completo approfondi-mento, ma con questa iniziativa vo-gliamo cominciare a ragionare su al-cune questioni che si sono aperte eche noi riteniamo decisive.a) La prima questione riguarda le ten-

denze ed i processi evolutivi del si-stema della rappresentanza degliinteressi ed il tipo di relazioni ed in-terazioni tra attori associativi e si-stema camerale:

❑ questo perché, come detto, le as-sociazioni di categoria sono diven-tate le principali azioniste delle Ca-mere di commercio,

❑ poi perché le nuove Camere dicommercio, anche alla luce delleesperienze e competenze matura-te, sono state “promosse” qualisoggetti di governo del territorio edevono concorrere con Regione edenti locali ad integrare le politicheeconomiche con quelle territoriali: siampliano gli ambiti ed i settori di in-tervento camerale e deve aumenta-re la collaborazione tra Camere dicommercio ed associazioni soprat-tutto ai fini dell’integrazione delleidee e delle risorse;

❑ infine perché assistiamo, un po’ intutti i settori dell’economia, alla isti-tuzionalizzazione degli strumenti diconcertazione tra la Regione, glienti locali, le Camere di commercioe le associazioni di categoria percui si fa sempre più stringente lanecessità di individuare sedi nellequali il sistema imprenditoriale, at-traverso le proprie associazioni dicategoria e d’intesa con le Camere

di commercio, si sforzi di costruireuna sintesi autorevole delle diverseistanze provenienti dal mondo del-l’economia.

Per questi motivi, anticipando gli ar-gomenti con i quali oggi siamo co-stretti a confrontarci, l’UnioncamereEmilia-Romagna, insieme, tra gli altri,alla Camera di commercio di Milanoed alla CNA della Lombardia, ha pro-mosso, circa un anno fa, la realizza-zione di uno studio su “La riforma del-le Camere di commercio e le nuovetendenze del sistema di rappresen-tanza degli interessi” realizzato dall’IR-SO, un importante istituto di ricercamilanese. Questo studio, al quale de-dicheremo tutta la mattinata, con unapresentazione da parte dei ricercatori,dott. Catino dell’IRSO e prof. Perullidell’Università del Molise, e con il di-battito al quale parteciperanno il prof.Zan dell’Università di Bologna, alcuniPresidenti delle Camere di commercio

Convegno sul tema:“Istituzioni camerali e sistema di rappresentanze

degli interessi. Relazioni, reti e servizi”

Page 193: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 191Bologna, 28 Maggio 1999

della regione ed il dott. Luigi Mastro-buono, Segretario Generale dell’U-nioncamere, contiene dei dati moltosignificativi ed introduce argomentiper certi aspetti molto stimolanti e chenon mancheranno di animare la dis-cussione.b) La seconda questione che si pone

alle Camere di commercio rinnova-te, in questo mutato scenario politi-co ed istituzionale, è quella dellanecessità di consolidare ed amplia-re le azioni di sistema, questo per-ché solo come sistema, le Cameredi commercio, anche attraversol’Unioncamere regionale, possonoaspirare

❑ da una parte a diventare affidabiliinterlocutori della Regione, ora chesi moltiplicano le opportunità peruna proficua collaborazione nelcampo del turismo, dell’agro – ali-mentare, dell’internazionalizzazio-ne, dell’assistenza ed informazionealle imprese, della programmazionenegoziata, ecc;

❑ dall’altra a definire strumenti comu-ni per la semplificazione, l’ammo-dernamento e l’innovazione dei ser-vizi camerali sia quelli amministrativiche quelli promozionali.

I grandi obiettivi delle Camere di com-mercio devono infatti essere quelli❑ della semplificazione delle procedu-

re di accesso ai servizi camerali agaranzia dell’efficacia e dell’efficien-za dei servizi stessi e

❑ dell’innovazione di qualità.In questi campi il ruolo dell’Unione re-gionale si sta rivelando determinante elo si è sperimentato nello svolgersi del“Progetto di sviluppo organizzativo di

un network camerale dell’Emilia-Ro-magna”, il cosiddetto Progetto Net-work, che l’Unione stessa ha volutofortemente ed al quale quasi tutte leCamere di commercio hanno aderito.All’illustrazione dei risultati di questoprogetto dedicheremo la prima partedel pomeriggio con l’aiuto del dott. Pa-sini, Segretario Generale dell’Unioneregionale e del dott. Romanelli che è ilproject leader del Progetto Network. E’nell’ambito di questo progetto che, inparticolare, i gruppi di lavoro sul Regi-stro Imprese, sui servizi amministrativi,sulle interpretazioni normative, sullapromozione estero hanno sperimenta-to la disponibilità delle Camere di com-mercio alla concreta e comune elabo-razione di progetti finalizzati ad una of-ferta di servizi più innovativi, più efficen-ti ed efficaci: si pensi proprio ai sopra-citati progetti per la “Certificazione diqualità del Registro Imprese” e per il“Controllo di gestione e l’adeguamentodei sistemi di rilevazione contabile alnuovo regolamento di contabilità”, co-me al progetto Netprise. Alla luce degliinput che verranno dalle sollecitazionidella mattinata, con la ricerca dell’IR-SO, e del primo pomeriggio, con la illu-strazione dei risultati del Progetto Net-work, dedicheremo, quindi, un po’ ditempo a fare il punto della situazione sualcune specifiche tipologie di serviziche le Camere di commercio dell’Emi-lia-Romagna offrono alle imprese delterritorio: l’informazione economica, laformazione, l’internazionalizzazionedelle piccole e medie imprese, la certi-ficazione, semplificazione e informazio-ne commerciale, la regolazione delmercato. Per ognuna di queste tipolo-

gie di servizio avremo un introduzionesvolta da un rappresentante del siste-ma camerale che si soffermerà sullostato dell’arte, cioè sulle potenzialità, lerisorse ed i limiti attuali del sistema deiservizi camerali, su quello che sta giàcambiando e su quelle che sono leprospettive per un ulteriore salto diqualità. Ad essi faranno da contraltare icommenti degli esponenti delle asso-ciazioni di categoria che, a loro volta, ri-sponderanno alle sollecitazioni ed indi-cheranno quella che, a loro avviso, è lastrada da intraprendere per valorizzaregli aspetti positivi e per superare quellipiù contraddittori. Su ognuna dellesuddette tipologie di servizio è previstoanche un momento di dibattito perconsentire ai presenti una partecipazio-ne attiva: non può che essere così vi-sto che questa iniziativa vede la pre-senza dei Presidenti, dei Segretari Ge-nerali ed anche dei dirigenti delle Ca-mere di commercio, nonchè quella deivertici delle associazioni regionali e pro-vinciali delle categorie economiche,una platea, quindi, composta al 100%da addetti ai lavori che non vorrannomancare di dare anche il loro preziosocontributo. Questa giornata rappresen-ta, quindi, un momento importante peril sistema camerale e per quello asso-ciativo: non possiamo che considerar-lo il primo di una serie che non può in-terrompersi, ma anche deve prevedereulteriori occasioni di approfondimentoanche dedicate interamente a singoletipologie di servizio per verificare piùconcretamente la disponibilità delleCamere di commercio e delle associa-zioni di categoria ad una più proficuacollaborazione.

Convegno sul tema:“Istituzioni camerali e sistema di rappresentanze degli interessi. Relazioni, reti e servizi”

Page 194: Emilia-Romagna Regione d’Europa

192 Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna

Dal 31 maggio 1996, è operativa, aRavenna, la Camera di CommercioItalo-Bosniaca (C.C.I-B). Nata dallavolontà di svolgere un ruolo attivonella fase di ricostruzione dei PaesiBalcanici distrutti dalla guerra, ed inparticolare della nuova Federazionedella Bosnia-Erzegovina, la Cameradi Commercio Italo-Bosniaca si po-ne come obiettivo primario quello difavorire e sviluppare i rapporti eco-nomici, sociali e culturali fra i duePaesi.

Non è un caso che la Camera mistaabbia la propria sede operativa aRavenna, presso la locale Cameradi Commercio, se si considera che ilterritorio ravennate è sempre statostoricamente, grazie soprattutto alporto, ponte naturale verso i Balca-ni. Dopo l’intenso sforzo umanitariosviluppato dal nostro Paese a favo-re della Bosnia-Erzegovina durantegli anni del conflitto, la Camera diCommercio di Ravenna, nella per-sona del suo Presidente, l’Avv. Pie-tro Baccarini, ha infatti fortementeincoraggiato l’interesse, da parte

degli operatori economici della Pro-vincia, a partecipare attivamente aldifficile processo di ricostruzione diquel territorio, facendosi promotricedi un progetto che ha portato, ap-punto, alla costituzione di una Ca-mera di Commercio mista a soste-gno degli imprenditori.

Quanto agli obiettivi che sono allabase della attività svolta, sull’interoterritorio nazionale, dalla C.C.I-B, sipuò senz’altro dire che la funzioneessenziale della Camera mista siaquella di fungere da strumento con-creto per tutti gli imprenditori italianiinteressati ad operare con la Bo-snia-Erzegovina, svolgendo una du-plice attività: da un lato, la promo-zione e messa in atto di una serie diiniziative finalizzate a sensibilizzaregli operatori economici sulle oppor-tunità di operare con questo Paese(seminari, incontri informativi, gior-nate Paese, missioni economiche,ecc.), dall’altro, la realizzazione di unCentro di Documentazione aggior-nato che raccolga informazionicommerciali, normativa vigente nel

Paese, dati statistici sulle attivitàproduttive, ricerche a carattere eco-nomico, politico e culturale, docu-mentazione sulle opportunità di fi-nanziamento da parte di organisminazionali ed internazionali (ComunitàEuropea, Banca Mondiale, BERS,Ministero Commercio Estero, ecc.)In quest’ottica la Camera di Com-mercio Italo-Bosniaca offre un’am-pia gamma di servizi ai propri asso-ciati, che elenchiamo nei punti es-senziali:

❏ Informazione e prima assistenzain loco agli associati alla C.C. I-B.

❏ Promozione di convegni, semina-ri, workshop ed incontri tra le im-prese associate alla C.C.I-B e glioperatori bosniaci.

❏ Informazioni a carattere normati-vo, giuridico e regolamentare in-teressanti gli scambi commercia-li, con particolare riguardo alla di-sciplina doganale, valutaria e fi-scale.

❏ Documentazione su gare d’ap-palto internazionali, locali e ten-der.

❏ Informazioni e assistenza sull’uti-lizzo di finanziamenti internazio-nali (Banca Mondiale, Banca Eu-ropea per la Ricostruzione e loSviluppo, Unione Europea) e na-zionali (MINCOMES, MAE, ecc.).

❏ Ricerca partner per operazioni diimport-export e di cooperazioneeconomica.

❏ Servizio di consulenza in campolegale-societario-fiscale, trasportie dogane, finanziario-assicurati-vo.

Summit Economic Forum CEICentral European InitiativePraga, 3-4 Novembre 1999

La Camera di Commercio Italo-Bosniaca:uno strumento concreto per gli imprenditori

Page 195: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna 193

❏ Informazioni e assistenza per lapartecipazione a manifestazionifieristiche e/o ad altre iniziativepromozionali.

❏ Organizzazione e messa a puntodi missioni economiche e di visiteaziendali ad hoc su richiesta deisoci interessati (assistenza lingui-stica, tecnica, logistica, ecc.).

❏ Redazione mensile della “News-letter” informativa (informazionirelative a normativa, bandi e pro-grammi internazionali, tender, ri-chieste di collaborazione diaziende locali, fiere, seminari,iniziative speciali, ecc.).

Con l’obiettivo di realizzare le con-dizioni migliori per poter operare avantaggio dei propri membri, la Ca-mera di Commercio Italo-Bosniacaè intensamente impegnata a stabili-re un’ampia rete di rapporti con gliorganismi pubblici e privati di en-trambe le sponde, coinvolti nel diffi-cile compito di promuovere l’inte-grazione dell’economia bosniacanel mercato europeo. Il consolida-mento delle sinergie con gli interlo-cutori locali, in particolare, nonchél’individuazione di nuove forme diapproccio al paese costituisconoindubbiamente una premessa fon-damentale per avviare modalità piùmirate di cooperazione, permetten-do di volta in volta di mettere a pun-to iniziative in risposta alle esigen-ze specifiche dei soggetti coinvolti.A questo proposito, importanti col-laborazioni sono state avviate con iprincipali organismi locali, centrali eperiferici (OHR, delegazione della

Comunità Europea a Sarajevo, Mini-stero del Commercio Estero, Came-ra dell’Economia della BiH, CamereCantonali, Amministrazioni comu-nali, ICE, ecc.), mentre, sul territorioitaliano, rivestono un rilievo partico-lare le sinergie sviluppate con il Mi-nistero del Commercio con l’Estero,la Regione Emilia-Romagna, l’Unio-ne regionale delle Camere di Com-mercio, nonché, ad un livello piùoperativo, con organizzazioni priva-te, associazioni di categoria, socie-tà di consulenza ed imprese forte-mente motivate ad avviare attivitàeconomiche in territorio bosniaco.Non di minor importanza, la coope-razione con istituzioni e organismiinternazionali, quali la Comunità Eu-ropea, Eurochambres, la Internatio-nal Labour Organisation: progetti einiziative di notevole rilievo sono sta-ti realizzati congiuntamente nell’inte-resse dei partner italiani e bosniaci.

Per citare qualche esempio, un pro-getto mirante a rafforzare il sistemacamerale in Bosnia & Erzegovina e asviluppare, nel contempo, la coope-razione economica fra imprese eu-ropee e bosniache è stato realizzatonel corso del ’98, nel quadrodell’“Industrial Development Pro-gramme for Bosnia & Herzegovina”,uno speciale programma di assi-stenza lanciato dalla CommissioneEuropea. Il progetto era basato sul-la filosofia che sia compito della Co-munità Europea guidare il processodi riorganizzazione del sistema ca-merale bosniaco, aiutandolo a mi-gliorare la qualità dei propri servizi e

ad introdurre nuove procedure chelo pongano nelle condizioni di poterfornire risposte adeguate alle esi-genze delle imprese in un’economiaorientata al mercato. In quest’ottica,sono state istituite partnership fracamere europee e bosniache sele-zionate, con l’obiettivo di formarepiccoli gruppi di lavoro per lo svilup-po di attività concrete. In questoprogetto, la Camera mista Italo-Bo-sniaca (per conto della Camera diRavenna), assieme ad altre due ca-mere europee, ha lavorato in part-nership con la Camera Cantonale diTuzla, sviluppando molteplici iniziati-ve finalizzate essenzialmente al tra-sferimento di know-how a beneficiodei quadri e dipendenti della Came-ra bosniaca, nonché delle aziendelocali ad essa associate. Ciò che ècerto alla conclusione del progettoè che esso non possa che essereconsiderato solo l’inizio di un lavorocostruttivo comune. Il risultato piùevidente di questa prima fase di im-plementazione è stato quello di averportato alla luce i problemi e le diffi-coltà ad operare nel reale interessedegli imprenditori. L’augurio è chesia offerta l’opportunità di realizzareuna seconda fase del progetto, checonsenta alle partnership costituitedi portare avanti le iniziative avviatee di supportare concretamente ipartner locali nel porre le basi peruna attività più efficiente al serviziodell’impresa.

La Camera di Commercio Italo-Bo-sniaca è attualmente impegnatanella realizzazione di un progetto di

Summit Economic Forum CEI - Central Europe InitiativePraga, 3-4 Novembre 1999

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194 Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna

cooperazione industriale in Bosniaed Erzegovina nel settore edilizio,assieme ad un gruppo di imprendi-tori italiani, appartenenti tutti alla fi-liera delle costruzioni, e di consu-lenti esperti nelle tematiche dellacooperazione internazionale non-chè dei relativi aspetti giuridici e fi-nanziari. L’ipotesi che ha progressi-vamente preso forma e che, nelcorso del 1999, si è concretamentetradotta in un dettagliato progettodi fattibilità, è quella di impiantareun insediamento industriale in Bo-snia, con la duplice finalità di pro-durre, avvalendosi di manodoperalocale, e di creare una sorta di “cen-tro commerciale” con deposito ma-teriali e show-room per la distribu-zione ai punti vendita e vendita di-retta a progettisti, installatori, utentifinali e commercianti. Strettamenteconnessa alla attuazione del pro-getto sarà indubbiamente la neces-sità di formare il personale locale ri-spetto al know-how tecnico e ge-stionale richiesto, sia attraverso laprogrammazione di azioni formativead hoc sia tramite il “tutoraggio” inloco da parte di figure aziendali ita-liane. Va assolutamente sottolineato che ilvalore dell’iniziativa risiede in largamisura nella diversità di approccio alPaese che essa presuppone e chene accresce in misura sostanziale lepotenzialità di successo: non più untentativo individuale di penetrare ilmercato bosniaco, ma un approcciostrutturato e organizzato in cui l’im-prenditore può contare sul supportodi una compagine forte, sia da un

punto di vista istituzionale che daquello, più operativo, della consu-lenza legale e finanziaria sul posto.Obiettivo per i mesi futuri sarà quel-lo di dare forma concreta alle ipote-si di progetto formulate, sulla basedegli elementi messi in evidenza dal-lo studio di fattibilità.

Tra le altre iniziative realizzate dallaCamera Italo-Bosniaca, vale la penadi ricordare il contributo al progettodi metanizzazione della cittadina diVisoko, l’attivazione di segherie nelpaese , nonché l’implementazione,in qualità di broker, di un servizioper le imprese, disponibile via Inter-net, finalizzato a favorire l’incontrodi domanda e offerta nel settoredelle tecnologie di seconda mano.

La Camera di Commercio Italo-Bo-sniaca conta attualmente una ses-santina di associati, fra Camere diCommercio, associazioni di catego-ria, società di consulenza ed azien-de, per lo più piccole e medie im-prese, operanti in molteplici settori.Gli organi che la governano sono,oltre al Presidente, Assemblea Ge-nerale dei Soci, il Consiglio Direttivo(di cui fanno parte, fra gli altri, i rap-presentanti di Unioncamere dell’E-milia-Romagna, dell’Associazionedegli Industriali, della CNA e del-l’Associazione delle Piccole e MedieIndustrie della Provincia di Raven-na), la Segreteria e il Collegio deiRevisori.

Il riconoscimento ufficiale da partedel Ministero del Commercio con

l’Estero e la conseguente iscrizioneall’Albo delle Camere Italo-Estere inItalia, a decorrere dal luglio 1998,ha rafforzato la veste istituzionaledella C.C.I-B nei confronti degli in-terlocutori politici ed economici deidue Paesi, nonché, conseguente-mente, il ruolo di sostegno da essasvolto a favore dei propri associati.Nell’intento, infatti, di interpretare leesigenze delle imprese associate enel quadro del più ampio obiettivodi incrementare la presenza italiananei progetti di ristrutturazione chebeneficiano degli aiuti finanziari na-zionali ed internazionali, la Cameradi Commercio Italo-Bosniaca puntaa sviluppare nuove modalità di ap-proccio al mercato d’oltremare, ri-cercando sinergie e collaborazionicon i numerosi soggetti coinvolti, avario titolo, nell’attuazione di inizia-tive a supporto di una cooperazionead ampio raggio tra il nostro Paesee la Bosnia-Erzegovina.

Summit Economic Forum CEI - Central Europe InitiativePraga, 3-4 Novembre 1999

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2000 195Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

La valutazione sull’andamento delreddito dell'Emilia-Romagna del 2000può risentire della incompletezza etalvolta della provvisorietà dei datidisponibili.Al di là di questa doverosa premessa,si può tuttavia affermare che i primi ot-to - nove mesi del 2000 si sono chiu-si positivamente, in piena sintonia conla ripresa emersa nel Paese, che do-vrebbe chiudere l'anno con una cre-scita del Pil prossima al 3 per cento.I risultati più confortanti conseguiti inEmilia-Romagna sono venuti, a no-stro avviso, dal mercato del lavoro, invirtù della crescita dell’occupazione edel contestuale calo delle persone incerca di occupazione. L’industria ma-nifatturiera si è lasciata alle spalle lasituazione di sostanziale stagnazionedel 1999. L'industria delle costruzioniha consolidato la ripresa emersa nel1999. Gli impieghi bancari sono cre-sciuti sensibilmente, riflettendo la vi-vacità del ciclo congiunturale. La sta-gione turistica è stata caratterizzatadalla ripresa di arrivi e presenze. I tra-sporti aerei sono aumentati nuova-mente. Quelli marittimi hanno eviden-ziato una tendenza espansiva, chepotrebbe portare ad uguagliare, senon superare, il record di traffico del1998. Il settore commerciale ha fer-mato la tendenza al ridimensiona-mento delle imprese e mantenutostabile l'occupazione. L’export è cre-sciuto in misura adeguata. I protestisono diminuiti. I fallimenti sono rimastipressoché stabili. L’agricoltura do-vrebbe avere sostanzialmente mante-nuto i livelli produttivi rilevati nel 1999.L’artigianato ha visto diminuire gli in-

terventi di sostegno al reddito, cosaquesta che può sottintendere un mi-glioramento dell'attività produttiva. Isegnali negativi sono stati in praticacircoscritti ai settori della pesca marit-tima, che ha visto diminuire prezzi ericavi. Nel 1999 il reddito dell’Emilia-Roma-gna, secondo le stime redatte dall'I-stituto Guglielmo Tagliacarne, è au-mentato in termini reali dell'1,8 percento. Solo Basilicata e Calabria, en-trambe con una crescita del 2,3 percento, sono cresciute più velocemen-te. La valutazione sull’andamento delreddito regionale del 2000 risulta, co-me accennato, di non facile attuazio-ne a causa della provvisorietà e in-completezza dei dati disponibili. Tut-tavia a nostro avviso l'incremento ri-

scontrato nel 1999 sarà largamentesuperato. Ci attendiamo una crescitareale del Prodotto interno lordo emi-liano - romagnolo attestata attorno il3,2 per cento, che potrebbe anchesalire al 3,4 per cento, se l'industriamanifatturiera manterrà le previsionidi forte crescita e, soprattutto, se lastagione turistica riserverà importantiaumenti delle presenze anche nel tri-mestre luglio-settembre. Riteniamoche l'attuale shock petrolifero nonpotrà incidere più di tanto sulla cre-scita emiliano - romagnola. I prezzi in-dustriali hanno sì manifestato un cer-to risveglio, ma in termini relativamen-te contenuti, mentre l'inflazione si èstabilizzata attorno il 2,5 per cento.Qualche problema potrebbe sorgerenel 2001, quando la crescita potreb-

L'Economia regionale nel 2000

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196 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2000Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

be accusare un rallentamento valuta-to in circa mezzo punto percentuale,ammesso, e non concesso, che ilprezzo del petrolio si mantenga attor-no ai 35 dollari al barile. Ci sono insomma tutte le premesseaffinché il 2000 sia ricordato tra glianni più intonati dal punto di vistaeconomico. Passiamo ora ad illustrare più detta-gliatamente alcuni temi specifici dellacongiuntura del 1999, rimandando aicapitoli specifici coloro che desidera-no un ulteriore approfondimento.Il mercato del lavoro ha beneficiatodi un andamento positivo. Le rilevazioni Istat sulle forze di lavorohanno stimato nei primi sette mesidell’anno una media di 1.760.000 oc-cupati, vale a dire l’1,3 per cento inpiù rispetto allo stesso periodo del1999, equivalente, in termini assoluti,a circa 22.000 persone. In linea con gli anni passati, il trend dicrescita occupazionale ha interessatomaggiormente le donne (+2,1 percento), piuttosto che gli uomini (+0,7per cento).Con riguardo alla posizione professio-nale, l’occupazione alle dipendenze èaumentata con un’intensità maggiore(+2,1 per cento) rispetto agli occupa-ti indipendenti apparsi in calo dello0,5 per cento.Il settore agricolo ha accusato unaforte diminuzione degli addetti rispet-to ai primi sette mesi del 1999. L'in-dustria ha registrato un modesto au-mento occupazionale. In pratica sonostate le attività del terziario a sostene-re l'occupazione, in virtù di un incre-mento pari al 3,5 per cento, sintesi

delle concomitanti crescite dei dipen-denti (+3,1 per cento) e degli indipen-denti (+4,4 per cento).Le persone in cerca di occupazionesono diminuite da 83.000 a 77.000,con contestuale riduzione del tasso didisoccupazione dal 4,5 al 4,2 percento.L'agricoltura, assieme alle attivitàdella caccia e della silvicoltura, ha vi-sto scendere il numero di impreseiscritte nell'apposito Registro dalle90.110 di fine settembre 1999 alle88.153 di fine settembre 2000. Il sal-do dei primi nove mesi tra impreseiscritte e cessate è risultato negativoper 1.544 unità rispetto al passivo di1.561 dell'analogo periodo del 1999.L'occupazione nei primi sette mesidel 2000 è stata stimata in circa106.000 addetti, vale a dire l'11,1 percento in meno rispetto allo stesso pe-riodo del 1999, equivalente in terminiassoluti a circa 13.000 addetti, ingrande maggioranza indipendenti.Se guardiamo all'andamento delleprincipali colture, la riduzione del ciclodi sviluppo della pianta è stata l’ele-mento principale che ha influito nega-tivamente sulla produzione cerealico-la. La produzione di frumento teneroè risultata inferiore rispetto ai valoridegli ultimi anni. I risultati qualitativisono stati mediamente migliori rispet-to ad un anno decisamente negativoquale è stato il 1999. Le quotazionisono apparse in ripresa fino a novem-bre, dopo lo stagionale ribasso ad ini-zio campagna di commercializzazio-ne 2000/2001. Le prime previsioni sulla vendemmiadanno indicazioni contrastanti sul li-

vello quantitativo raggiunto rispetto al1999. La qualità è stata giudicata trail discreto e il buono. L'andamento dimercato è apparso debole per i vinibianchi sfusi e positivo per i rossi Doce Igt. La produzione di pere è risulta-ta in media assai abbondante rispet-to alla campagna 1999, ma in lineacon il livello medio delle produzionirealizzate nell’arco dell’ultimo quin-quennio. La campagna commercialenon è stata delle migliori, salvo cheper le pezzature di alta qualità. Laproduzione di mele si è attestata su li-velli quantitativi medi. I prezzi alla pro-duzione sono stati estremamentebassi ed insoddisfacenti. L’interacampagna delle pesche e delle netta-rine è stata caratterizzata dal sensibi-le anticipo della maturazione e da vo-lumi inferiori alla media. L’andamentocommerciale è risultato piuttosto alta-lenante, con prezzi alla produzionemedio - bassi e poco remunerativi.Per il settore bovino, l'annata si èaperta con un quadro pesante per levacche da macello di razze da carne.La ripresa dei prezzi da metà luglionon è riuscita a mutare sostanzial-mente il quadro di fondo del mercato.Le quotazioni dei vitelloni maschi damacello Limousine sono risultate ten-denzialmente cedenti. Per la suinicol-tura le quotazioni dei grassi da inizioanno sino a metà giugno, si sono at-testate ben sotto le 2.400 lire/kg, conun calo del 23 per cento sui prezzi diinizio anno. Con l'avvio di una fase diripresa, le quotazioni sono arrivate asuperare del 10 per cento i prezzi diinizio anno. Le quotazioni del parmi-giano-reggiano hanno fatto registrare

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2000 197Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

una lieve ripresa a inizio anno. Per laprima volta negli ultimi cinque anni laproduzione del 1999 è risultata in ca-lo, sia pure lievemente. Da giugno lequotazioni hanno fatto registrate unacostante risalita. La ripresa è stata fa-vorita dalla diminuzione della produ-zione lattiera, per evitare eccessi pro-duttivi e conseguenti multe. Per quanto concerne la pesca ma-rittima, la produzione sbarcata nelletre zone di competenza di Goro, Ma-rina di Ravenna e Rimini, nel periodoottobre 1999 - settembre 2000 è au-mentata del 14 per cento rispetto aidodici mesi precedenti. Nello stessoarco di tempo il pescato introdotto evenduto nei sette mercati ittici regio-nali è aumentato quantitativamentedel 5,2 per cento sui dodici mesi pre-cedenti. Il valore complessivo si è in-vece ridotto del 5,7 per cento, a cau-sa della sensibile riduzione dei prezzimedi pari al 10,4 per cento. Nei primi nove mesi del 2000 l’indu-stria manifatturiera ha evidenziatotassi di crescita molto più sostenuti ri-spetto a quelli riscontrati nello stessoperiodo del 1999. Il volume della pro-duzione è aumentato, tra gennaio esettembre, del 6,3 per cento rispettoallo stesso periodo del 1999, che asua volta risultò in crescita di appenal'1,1 per cento rispetto ai primi novemesi del 1998. Il fatturato è aumentato in termini mo-netari del 9,3 per cento, rispetto al-l’incremento del 2,0 per cento regi-strato nei primi nove mesi del 1999.In rapporto all’inflazione, siamo difronte ad un margine positivo più cherispettabile, pari ad oltre sei punti per-

centuali, largamente superiore a quel-lo riscontrato nel 1999. In termini rea-li, ovvero senza considerare l’aumen-to dei prezzi alla produzione, è statoregistrato un incremento delle venditedel 6,9 per cento, superiore di cinquepunti percentuali all'evoluzione deiprimi nove mesi del 1999. Alla buonaintonazione del quadro produttivo -commerciale non è stata estranea ladomanda, cresciuta nel suo comples-so del 7,2 per cento. Il mercato inter-no è aumentato del 6,3 per cento, va-le a dire oltre tre punti percentuali inpiù rispetto al trend dei primi novemesi del 1999. Gli ordini dall’esterosono cresciuti più velocemente diquelli interni, e in misura più ampia ri-spetto ai primi nove mesi del 1999.La quota di esportazioni sul fatturatosi è attestata poco oltre il 33 per cen-to, superando leggermente i valoriemersi nei primi nove mesi del 1999. I prezzi alla produzione hanno datoqualche segnale di risveglio, in lineacon la tendenza nazionale. Il tasso dicrescita, pari al 2,4 per cento, si è tut-tavia mantenuto leggermente al disotto dell'inflazione. Il periodo di produzione assicuratodal portafoglio ordini si è attestato suitre mesi, confermando nella sostanzala situazione emersa nei primi novemesi del 1999.L’approvvigionamento dei materialidestinati alla produzione è risultatopiù difficile, scontando con tutta pro-babilità la pressione esercitata da unadomanda apparsa piuttosto vivace. Le giacenze dei prodotti destinati allavendita sono state dichiarate in esu-bero da un numero più ridotto di

aziende, mentre è contestualmentesalita la quota di chi, al contrario, leha giudicate scarse.L’occupazione è apparsa mediamen-te in crescita nel campione congiun-turale del 2,5 per cento. Nei primi no-ve mesi dell’anno si registrano di nor-ma degli aumenti, in quanto è moltoforte l’influenza delle assunzioni sta-gionali effettuate soprattutto dalle in-dustrie alimentari nel periodo estivo.Al di là di questa considerazione, re-sta tuttavia un andamento apprezza-bile, meglio intonato rispetto a quelloriscontrato nei primi nove mesi del1999. Per quanto riguarda la Cassa integra-zione guadagni, dai 2.766.954 di oreautorizzate dei primi dieci mesi del1999 si è scesi a 1.465.634 dellostesso periodo del 2000, per un de-cremento percentuale pari al 47,0 percento. Se rapportiamo le ore autoriz-zate per interventi anticongiunturali aidipendenti dell’industria (il dato com-prende tutte le attività economichesulle quali le attività manifatturiere in-cidono per oltre il 90 per cento), l’E-milia-Romagna ha fatto registrare, re-lativamente ai primi nove mesi del2000, il terzo migliore indice naziona-le (3,20), alle spalle di Friuli-VeneziaGiulia (2,45) e Calabria (2,33). Gli interventi strutturali rappresentatidalle ore autorizzate di Cassa integra-zione straordinaria sono invece risul-tati in aumento del 74,4 per cento,mantenendosi tuttavia al di sotto dellivello dei primi dieci mesi del 1998. Per i fallimenti dichiarati in cinque pro-vince, nei primi sette mesi del 2000 èemersa una flessione del 25,6 per

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cento rispetto all'analogo periodo del1999.Per quanto concerne lo sviluppo im-prenditoriale i dati relativi ai primi no-ve mesi hanno evidenziato un lieve ri-dimensionamento della consistenzadelle imprese, scese dalle 58.671 difine settembre 1999 alle 58.571 di fi-ne settembre 2000. Il leggero calotendenziale della consistenza delleimprese si è coniugato al saldo nega-tivo fra imprese iscritte e cessate di266 unità, più elevato rispetto al pas-sivo di appena 14 imprese riscontra-to nei primi nove mesi del 1999. L’industria delle costruzioni ha re-gistrato un nuovo miglioramento pro-duttivo, che si è coniugato alla cresci-ta delle commesse acquisite. Il com-parto dell'edilizia non residenziale haregistrato l'andamento più dinamico,rispetto ai valori, comunque positivi,rilevati nell'edilizia residenziale e nelleinfrastrutture.La buona intonazione di produzione edomanda, apparsa più evidente nelleimprese di grandi dimensioni, è stataconfortata dall'aumento degli investi-menti, apparso particolarmente ele-vato per hardware e macchinari. Dasottolineare che oltre l'80 per centodelle imprese ha dichiarato di avereeffettuato investimenti. Il trend congiunturale positivo non hamancato di riflettersi sull'occupazio-ne. L'indagine delle forze lavoro haregistrato fra gennaio e luglio in Emi-lia-Romagna un aumento medio deglioccupati del 6,7 per cento, equiva-lente in termini assoluti a circa 7.000addetti, di cui la quasi totalità alle di-pendenze. Dall'indagine Unioncame-

re-Quasco emerge che, nel comples-so, i primi mesi dell’anno in corso so-no risultati propizi a tutte le figure pro-fessionali (totale addetti +1,7 per cen-to) ad esclusione delle figure dirigen-ziali che hanno invece subito una fles-sione (-7,0 per cento). La Cassa inte-grazione guadagni sia di matrice anti-congiunturale che strutturale è dimi-nuita significativamente. La base im-prenditoriale è risultata in forte au-mento, in contro tendenza con quan-to avvenuto nella totalità delle attivitàindustriali.Per quanto riguarda il commerciointerno, l’indisponibilità dell’indaginecongiunturale semestrale condottadalla Camera di commercio di Bolo-gna su di un campione provinciale diesercizi commerciali al dettaglio, nonci consente di tracciare una linea ditendenza sull’andamento delle vendi-te avvenute in regione. Dobbiamo li-mitarci ad osservare che nel Paese lacrescita media delle vendite al detta-glio nel periodo gennaio-settembre èstata di appena l’1,5 per cento, ri-spetto ad un’inflazione attestata ten-denzialmente a settembre al 2,6 percento, e che gli esercizi della grandedistribuzione sono cresciuti più velo-cemente rispetto alla piccola dimen-sione. Sulla base di queste conside-razioni non si può escludere un ana-logo andamento per l’Emilia-Roma-gna, ma si tratta di una supposizionenon suffragata da indagini specifichesul campo. La consistenza delle im-prese è leggermente cresciuta. L'oc-cupazione complessiva è aumentatadello 0,3 per cento, in virtù della cre-scita di circa 3.000 dipendenti che ha

compensato il calo degli occupati in-dipendenti.Il commercio estero è stato caratte-rizzato dal buon andamento delleesportazioni. Nel primo semestre del 2000 sonoammontate in valore a 27.649 miliardie 119 milioni di lire, rispetto ai 24.452miliardi e 956 milioni dell'analogo pe-riodo del 1999. L'aumento percen-tuale è stato del 13,1 per cento, afronte della crescita del 16,8 per cen-to riscontrata nel Paese. Se analizzia-mo l'evoluzione dei vari settori di atti-vità economica, possiamo evincereche, a parte i prodotti dell'agricoltura,silvicoltura e pesca, diminuiti del 7,3per cento (la caduta delle quotazioniè alla base di questo andamento),tutti gli altri hanno registrato diffusiaumenti. Quelli più consistenti sonostati rilevati in settori sostanzialmentemarginali, quali i prodotti delle minieree delle cave (+37,4 per cento), i pro-dotti petroliferi raffinati (+102,7 percento) e l'energia elettrica, gas, ac-qua e altri prodotti (+65,5 per cento).Nell'ambito degli altri prodotti sonostati riscontrati incrementi più conte-nuti, compresi fra l'8,1 per cento del-le industrie alimentari e il 26,6 percento della carta - stampa - editoria.L'importante industria metalmeccani-ca ha visto aumentare il proprio ex-port del 19,3 per cento. Sotto l'incre-mento medio del 13,1 per cento, sisono collocate le industrie alimentari(+8,1 per cento), tessili (+11,0), del le-gno (+9,1), della lavorazione dei mi-nerali non metalliferi (+12,6), dellafabbricazione di macchine e apparec-chi meccanici (+10,0), nonché le "al-

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tre industrie manifatturiere", escluso imobili (+11,6).La stagione turistica 2000 è statacaratterizzata da segnali positivi.L’andamento di arrivi e presenze neiprimi sette mesi dell’anno è risultatoin sensibile aumento in quasi tutte leprovince della regione rispetto allostesso periodo del 1999. Per gli arriviè stato rilevato un incremento del 7,3per cento. Per quanto riguarda le pre-senze, si segnala una crescita pari al4,6 per cento. La Riviera Adriatica hagiocato un ruolo fondamentale nel-l’attrarre turismo, contribuendo concirca il 60 per cento degli arrivi e l’82per cento delle presenze. Anche lecittà d’arte e le località termali sonoandate bene. Il turismo dell’Appenni-no è invece apparso in leggera fles-sione.Un'indiretta conferma della buona in-tonazione della stagione turistica èvenuta dalle rilevazioni dell’Ufficio ita-liano cambi, che nei primi sette mesidell’anno hanno stimato introiti deri-vanti dal turismo per 1.887 miliardi e289 milioni di lire, rispetto ai 1.583 mi-liardi e 397 milioni dell’analogo perio-do del 1999. Il saldo con le spese ef-fettuate dai residenti in Emilia-Roma-gna per viaggi all’estero è risultato at-tivo per poco più di 546 miliardi di lirerispetto ai 139 miliardi e 588 milionidei primi sette mesi del 1999.L’andamento dei trasporti aereicommerciali rilevato nei quattro prin-cipali scali dell'Emilia-Romagna è sta-to contraddistinto da una prevalentetendenza espansiva, in linea conquanto emerso nel Paese.L'aeroporto Guglielmo Marconi di Bo-

logna - il più importante della regionecon il 91,8 per cento del movimentopasseggeri rilevato nel 1999 - ha fat-to registrare nei primi dieci mesi del2000, secondo i dati diffusi dalla Dire-zione commerciale & marketing dellaS.a.b., un nuovo sensibile incremen-to dei traffici, che ha rafforzato la ten-denza espansiva in atto da lunga da-ta. Gli aeroporti collegati sia interniche internazionali sono risultati cento-trentuno, praticamente gli stessi dellostesso periodo del 1999. Gli aeromo-bili atterrati e decollati al GuglielmoMarconi, tra voli di linea, charter eaviazione generale, sono risultati52.849, con un incremento del 3,4per cento rispetto allo stesso periododel 1999. Il movimento dei passegge-ri è passato da 2.874.133 a3.073.454, per un incremento per-centuale del 6,9 per cento. Se la ten-denza emersa nei primi dieci mesi sa-rà mantenuta si riuscirà, con tuttaprobabilità, a superare la soglia dei 3milioni e mezzo di passeggeri, dopoavere superato nel novembre del1999 il traguardo dei 3 milioni.Lo scalo riminese ha chiuso i priminove mesi del 2000 in termini mode-ratamente positivi. Al leggero calo deicharters movimentati, passati da2.321 a 2.177, si è contrapposta lacrescita del relativo movimento pas-seggeri pari all'1,4 per cento. In ap-prezzabile aumento (36,0 per cento)è apparsa la movimentazione degliaerei cargo, cui si è associata la cre-scita del 15,0 per cento delle merciimbarcate. Sul positivo andamentodel traffico passeggeri hanno pesatogli incrementi riscontrati per islandesi,

belgi, lussemburghesi, inglesi, tede-schi e francesi. I russi sono apparsi inripresa (+24 per cento), senza tuttaviaarrivare ai livelli del 1998, quando ipasseggeri movimentati nei primi no-ve mesi furono 98.068 rispetto ai49.590 dell'analogo periodo del2000. Non sono mancate le diminu-zioni, apparse piuttosto consistentiper finlandesi, ucraini, olandesi e sve-desi. I passeggeri provenienti dallerotte nazionali sono diminuiti anch'es-si, passando da 4.104 a 3.940 unità. Nell’aeroporto L. Ridolfi di Forlì, neiprimi dieci mesi del 2000 sono statimovimentati 812 aeromobili fra voli dilinea e charters - i secondi sono pre-valenti - rispetto ai 1.029 dello stessoperiodo del 1999. Il forte decrementodel movimento aereo è da attribuirealla flessione del 33,3 per cento ac-cusata dai voli charters, a fronte deipiù che raddoppiati (da 92 a 187) vo-li di linea. La flessione delle aeromobili arrivate epartite non si è riflessa sul traffico pas-seggeri, il cui movimento è salito da16.735 a 26.842 unità. Per quantoconcerne la destinazione dei voli, iprogressi più sostenuti sono stati ri-scontrati nei voli internazionali comu-nitari (+142,0 per cento) e nazionali(+63,3 per cento). Più contenuto, macomunque apprezzabile, è apparsol'aumento dei passeggeri delle rotteinternazionali extracomunitarie, pari al22,3 per cento. Gli aerei cargo movi-mentati sono risultati 354 contro i 700del periodo gennaio - ottobre 1999.Le merci movimentate sono conse-guentemente diminuite da 3.126 a1.886 tonnellate, per un decremento

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percentuale prossimo al 40 per cento. L’aeroporto Giuseppe Verdi di Parma,nei primi undici mesi del 2000 ha evi-denziato un andamento spiccata-mente espansivo. La chiusura di sedi-ci giorni avvenuta nel mese di giugnodel 1999 non rende il confronto stret-tamente omogeneo, ma resta tuttaviauna situazione tra le meglio intonatedegli aeroporti commerciali emiliano -romagnoli.Gli aerei arrivati e partiti, tra voli di li-nea, charter e taxi-privati, sono risul-tati 17.536, vale a dire il 36,4 per cen-to in più rispetto ai primi undici mesidel 1999. I passeggeri movimentatisono passati da 43.837 a 65.441, perun aumento percentuale pari al 49,3per cento. I trasporti portuali dei primi diecimesi del 2000, secondo i dati diffusidall'Autorità portuale di Ravenna, so-no stati caratterizzati da un andamen-to favorevole. Il movimento merci èammontato a 18.874.731 tonnellate,vale a dire il 6,1 per cento in più ri-spetto all'analogo periodo del 1999equivalente, in termini assoluti, a po-co più di un milione di tonnellate. Par-te dell'aumento, avvenuto in un con-testo generale positivo, è da attribuirealla buona intonazione delle mercisecche - contribuiscono a caratteriz-zare l'aspetto squisitamente com-merciale di una struttura portuale -cresciute del 13,6 per cento rispettoai primi dieci mesi del 1999. I prodot-ti petroliferi, la cui incidenza sull'eco-nomia portuale è relativa, sono invecediminuiti del 5,4 per cento. I contai-ners, che costituiscono una delle vo-ci a più alto valore aggiunto, hanno

registrato un leggero incremento del-le merci trasportate e una crescita piùconsistente, pari al 6 per cento, perquanto concerne la relativa movimen-tazione misurata in teus. Il movimen-to di trailers-rotabili - ha inciso per ap-pena il 3,4 per cento del traffico glo-bale - è diminuito sia in termini di nu-mero (-12,6 per cento) che di mercitrasportate (-10,1 per cento). Il movimento marittimo è risultato incalo del 12,6 per cento, soprattutto acausa della flessione rilevata per i ba-stimenti nazionali. E' tuttavia aumen-tata del 12,4 per cento la stazza net-ta media per nave.I trasporti ferroviari sono stati ca-ratterizzati dalla ripresa del trafficomerci, cresciuto nei primi nove mesidel 2000 di circa il 9 per cento rispet-

to all'analogo periodo del 1999. Isegmenti di traffico che hanno mo-strato gli incrementi più sostenuti so-no stati rappresentati dai prodotti si-derurgici e dal combinato. Quest'ulti-mo comprende i trasporti di contai-ners, casse mobili e semirimorchi. Il positivo andamento economico diinizio anno si è riflesso anche sugliaggregati del credito. A giugno 2000gli impieghi per localizzazione dellaclientela hanno registrato una varia-zione positiva molto elevata, sia a li-vello nazionale (pari a circa l'11 percento), sia e soprattutto a livello re-gionale (circa il 14 per cento).A giugno 2000 i depositi per localiz-zazione della clientela hanno fatto re-gistrare, a livello nazionale, un au-mento tendenziale dell'1,5 per cento,

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Segretario Generale di Unioncamere, Claudio Pasini

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mentre sono risultati in diminuzione diquasi il 4 per cento in regione. A finegiugno 2000 le sofferenze rettificatesono apparse in tendenziale riduzio-ne, sia a livello regionale (-5 per cen-to), sia a livello nazionale (-7,3 percento). Nel corso del 2000 i tassi a livello in-ternazionale ed europeo hanno se-guito un trend ascendente. Tra i tassiattivi bancari regionali, quello mediosugli impieghi in lire, dopo essersi co-stantemente ridotto a partire dagli ul-timi mesi del 1995 e avere toccato ilminimo, pari al 5,1 per cento, a finegiugno 1999, è costantemente au-mentato, sino a giungere al 6,9 percento nella prima decade di novem-bre 2000. L'andamento dei tassi pas-sivi ha mostrato un rimbalzo menomarcato. La differenza tra il tasso me-dio sugli impieghi e il tasso medio suidepositi in lire è aumentata, passan-do in Emilia-Romagna da livelli attor-no ai 380 punti base dell'estate 1999,ai 510 punti base dell'agosto scorso.Questa differenza è apparsa più ele-vata di 60 punti base in Emilia-Roma-gna rispetto alla media italiana. Nel Registro delle imprese figuravaa fine settembre 2000 una consisten-za di 407.551 imprese attive rispettoalle 402.837 di fine settembre 1999,per un aumento tendenziale pariall'1,2 per cento. In ambito nazionalel'Emilia-Romagna ha registrato un in-cremento appena inferiore alla medianazionale di +1,4 per cento, collocan-dosi in una sorta di posizione media-na, se si considera che otto regionihanno evidenziato aumenti più soste-nuti, compresi fra il +1,7 per cento

della Lombardia e il +3,4 per centodella Calabria. Il saldo fra imprese iscritte e cessatedei primi nove mesi del 2000 è risul-tato attivo per 4.937 unità, con un mi-glioramento rispetto al surplus di3.656 imprese dei primi nove mesidel 1999.

Se guardiamo all’andamento dei varirami di attività, possiamo evincereche la crescita del Registro delle im-prese è stata dettata dalle attività in-dustriali, salite del 2,9 per cento. Piùin dettaglio sono state le industriedelle costruzioni (+6,7 per cento) adeterminare la crescita, a fronte dellediminuzioni riscontrate negli altri com-parti industriali. L'industria manifattu-riera, che caratterizza il 14 per centocirca del Registro delle imprese, haaccusato un leggero calo dello 0,2per cento, in parte causato dalle fles-sioni riscontrate nelle industrie ope-ranti nel campo della moda. Le attivi-tà del terziario sono aumentatedell'1,7 per cento. Le performancesrilevate nelle attività di intermediazio-ne monetaria e finanziaria, e nelle at-tività immobiliari, di noleggio, informa-tica e ricerca sono state frenate dalcalo dell'1,6 per cento rilevato nei tra-sporti, magazzinaggio e comunica-zioni. Da segnalare l'ottimo anda-mento del piccolo settore dell'istru-zione, cresciuto del 7,4 per cento. Ilsettore commerciale - costituisce cir-ca il 30 per cento del Registro delleimprese - ha fatto registrare assiemeagli alberghi e pubblici esercizi, un lie-ve aumento dello 0,3 per cento. I so-li alberghi, ristoranti e pubblici eserci-

zi sono saliti dello 0,7 per cento. Leattività commerciali in senso stretto,compresi gli intermediari e i riparatoridi beni di consumo, sono aumentatedello 0,2 per cento. Il settore dell’a-gricoltura, silvicoltura e pesca ha ac-cusato una nuova diminuzione pari al2,1 per cento, in linea con la flessionedell’occupazione indipendente emer-sa nei primi sette mesi del 2000. Intermini di saldo fra iscrizioni e cessa-zioni è emerso un valore negativo pa-ri a 1.528 imprese.Dal lato della forma giuridica, è conti-nuato l’incremento delle società dicapitale, cresciute del 6,5 per centorispetto al mese di settembre del1999. Per le società di persone è sta-to registrato un aumento tendenzialepiù contenuto pari all’1,6 per cento.Per le ditte individuali è emersa unacrescita pari ad appena lo 0,1 percento. L'arresto del calo tendenzialedi questa forma giuridica è da attri-buire al settore delle costruzioni e in-stallazioni impianti, che è aumentatotendenzialmente del 7,9 per cento.Un altro importante aspetto del Regi-stro delle imprese è rappresentatodallo status delle imprese registrate.Quelle attive costituiscono natural-mente la maggioranza, seguite daquelle inattive, liquidate, in fallimentoe sospese, che rimangono formal-mente iscritte nel Registro delle im-prese. All'aumento dell'1,2 per centoriscontrato, come già visto, nel grup-po delle attive, si sono associati gli in-crementi delle imprese inattive e falli-te. I cali, pari all'8,3 e 2,4 per cento,hanno riguardato quelle sospese e li-quidate. E' da sottolineare l'alta inci-

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denza di imprese attive sul totale del-le registrate che l'Emilia-Romagnaevidenzia rispetto alla media naziona-le: 90,5 contro 85,1 per cento. In am-bito italiano solo quattro regioni, valea dire Trentino-Alto Adige, Veneto,Molise e Marche hanno registratopercentuali superiori. La valutazione sull’andamento eco-nomico dell’artigianato risulta di nonfacile soluzione, in quanto non è sta-ta effettuata la tradizionale indaginesemestrale da parte degli enti prepo-sti. Gli unici dati in grado di interpre-tare sia pure indirettamente l'evolu-zione congiunturale del settore, pro-vengono dall’Ente Bilaterale Emilia-Romagna (EBER) e dall’Artigiancas-sa. I dati relativi al periodo gennaio-giugno elaborati dall’Osservatoriodell’EBER, relativi agli interventi effet-tuati dal Fondo Sostegno al Reddito edal Fondo Imprese, hanno evidenzia-to un lento recupero dell’attività pro-duttiva. I dati forniti dall’Artigiancassahanno mostrato una tendenza al ral-lentamento del numero di domandedi finanziamento e delle erogazioni ef-fettuate. A nostro parere, questa ten-denza non va considerata come unindicatore di sfiducia delle imprese ar-tigiane e quindi come un segnalecongiunturale negativo; piuttosto, ri-teniamo che questo fenomeno sia le-gato alla ricerca da parte delle impre-se artigiane emiliano - romagnole difonti di finanziamento alternative, rap-presentate ad esempio, dai consorzifidi che nel 2000 hanno previsto diampliare sensibilmente i propri inter-venti rispetto al 1999.L'andamento economico della co-

operazione nel 2000 è risultato so-stanzialmente positivo. Questo sinte-tico giudizio scaturisce dalle primevalutazioni espresse dalla Confcoo-perative. I dati di preconsuntivo hanno eviden-ziato una realtà produttiva vivace, an-che in quei settori che hanno accusa-to andamenti di mercato piuttostopesanti.Il comparto agro-industriale, pur inmaniera non uniforme all’interno deivari sottosettori produttivi, ha eviden-ziato un consolidamento del fatturato,in un’annata agraria caratterizzata daproduzioni quantitativamente nellanorma e di buona qualità. L’occupa-zione è risultata sostanzialmente sta-bile a conferma del consolidamentodelle quantità lavorate in quasi tutti isettori.Il settore lavoro e servizi si avvia a fa-re registrare un considerevole incre-mento del fatturato (+12 per cento),con un conseguente incremento del-l'occupazione.Le maggiori performances, sia in ter-mini di incremento di addetti che difatturato, sono state tuttavia garantitedal settore della "solidarietà sociale".La Cassa integrazione guadagni èstata caratterizzata dalla flessione delricorso agli interventi anticongiuntura-li. Nei primi dieci mesi del 2000 le oreautorizzate sono risultate pari a1.733.788, vale a dire il 40,0 per cen-to in meno rispetto all'analogo perio-do del 1999, sintesi dei decrementidel 36,4 e 40,2 per cento riscontratirispettivamente per impiegati e ope-rai. Questo andamento di segno lar-gamente positivo, in linea con la ten-

denza emersa nel Paese, ha riflessola buona intonazione congiunturaleche ha caratterizzato l'industria siamanifatturiera, che delle costruzioni,vale a dire dei maggiori utilizzatori del-la Cassa integrazione guadagni. Se rapportiamo le ore autorizzate diCig ordinaria dei primi nove mesi del2000 alla consistenza degli occupatialle dipendenze possiamo ricavare unindice che possiamo definire di "ma-lessere congiunturale". Sotto questoaspetto l'Emilia-Romagna ha fatto re-gistrare un rapporto pari ad appena3,30 ore pro capite. In ambito nazio-nale solo due regioni, vale a dire Ca-labria e Friuli - Venezia Giulia, hannoevidenziato indici migliori pari rispetti-vamente a 2,33 e 2,45 ore pro capi-te. Gli indici più elevati sono stati ri-scontrati in Valle d'Aosta (15,42), Pu-glia (13,61) e Piemonte (9,76). La me-dia nazionale si è attestata a 6,19 oreper dipendente dell'industria.La Cassa integrazione guadagnistraordinaria viene concessa per fron-teggiare gli stati di crisi aziendale, lo-cale e settoriale oppure per provve-dere a ristrutturazioni, riconversioni eriorganizzazioni. Nei primi dieci mesidel 2000 le ore autorizzate sono risul-tate 1.332.699, vale a dire il 61,3 percento in più rispetto allo stesso perio-do del 1999. Alla crescita hanno con-tribuito gli aumenti congiunti degli im-piegati e degli operai pari rispettiva-mente al 35,6 e 71,7 per cento. Inquesto caso occorre adottare unacerta cautela nell’interpretazione deidati in quanto l’iter burocratico legatoalla concessione della Cig, per quan-to sveltito rispetto al passato, com-

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2000 203Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

porta tempi un po' più ampi di quellivigenti per gli interventi anticongiun-turali. Non è quindi da escludere cheil 1999 possa avere ereditato qualchesituazione pregressa. Al di là di que-sta doverosa considerazione, biso-gna tuttavia sottolineare che il carico di ore utilizzate dei primidieci mesi del 2000 è risultato inferio-re del 30 per cento circa all'utilizzo ri-levato nell'analogo periodo del 1998.La gestione speciale edilizia viene dinorma concessa quando il maltempoimpedisce l'attività dei cantieri. Ognivariazione deve essere conseguente-mente interpretata, tenendo conto diquesta situazione. Eventuali aumentipossono corrispondere a condizioniatmosferiche avverse, ma anche sot-tintendere la crescita dei cantieri inopera. Le diminuzioni si prestano na-turalmente ad una lettura di segnoopposto. Ciò premesso, nei primi die-ci mesi del 2000 sono state registra-te 1.524.295 ore autorizzate, con uncalo del 3,4 per cento rispetto allostesso periodo del 1999. Se si consi-dera che l'attività edilizia è segnalatain forte ripresa, si può attribuire la lie-ve diminuzione al miglioramento dellecondizioni climatiche, ipotesi questatutt'altro che azzardata se si conside-ra che l'inverno è stato povero di pre-cipitazioni.Per i protesti cambiari, al di là dellacautela imposta dalla incompletezzadei dati disponibili, nei primi mesi del2000 è emersa una tendenza al ridi-mensionamento del fenomeno. Que-sto andamento potrebbe sottintende-re una migliorata liquidità, da leggereanch'essa come segnale della buona

intonazione congiunturale che ha in-teressato il 2000.La situazione rilevata in cinque pro-vince dell’Emilia-Romagna nei primicinque mesi del 2000, rispetto all'a-nalogo periodo del 1999, è stata ca-ratterizzata dalla concomitante fles-sione delle somme protestate (-18,4per cento) e del numero degli effetti (-13,0 per cento). Per quanto concerne le cambiali - pa-gherò siamo di fronte ad una diminu-zione del 7,4 per cento in termini nu-merici e ad una moderata crescita(+5,0 per cento) delle somme prote-state. Le tratte non accettate (non so-no oggetto di pubblicazione sul bol-lettino dei protesti cambiari) sono di-minuite sia come numero di effettiprotestati (-25,6 per cento), che diimporti (-29,3). Gli assegni sono risul-tati anch'essi in forte calo: -18,4 percento come numero effetti; -32,2 percento in termini di importi. Per i fallimenti dichiarati in cinqueprovince, nei primi sette mesi del2000 è emersa una sostanziale sta-zionarietà rispetto all'analogo periododel 1999, se si considera che c'è sta-to un aumento di appena una unità. Tra i vari settori di attività sono da sot-tolineare le flessioni del 25,6 e 13,0per cento riscontrate rispettivamentenelle industrie manifatturiere e neglialberghi e pubblici esercizi. L'indu-stria delle costruzioni è rimasta stabi-le. Le attività del commercio sono au-mentate del 13,0 per cento. Nell'am-bito degli altri settori del terziario sonostati registrati aumenti nelle attivitàimmobiliari e nei trasporti. In calo so-no invece apparsi i servizi sociali e

personali e l'intermediazione moneta-ria e finanziaria. Se osserviamo la consistenza delleimprese in fallimento registrate pressoil Registro delle imprese - il dato nonè confrontabile con la statistica deifallimenti dichiarati - è stato rilevatoun andamento che non ha rispec-chiato la tendenza emersa dalle stati-stiche dei fallimenti dichiarati. Le im-prese in fallimento a fine settembre2000 sono risultate 11.907, vale a di-re l'8,3 per cento in più rispetto allostesso periodo del 1999, che a suavolta fece registrare una crescita ten-denziale pari al 3,8 per cento. L’inci-denza sul totale delle imprese regi-strate è tuttavia risultata limitata aduna quota del 2,6 per cento, rispettoal 3,7 per cento riscontrato nel Pae-se. Le imprese liquidate iscritte nelRegistro delle imprese sono risultate13.139 rispetto alle 13.467 in esserea fine settembre 1999, per un decre-mento percentuale pari al 2,4 percento. L’incidenza delle imprese liqui-date sul totale delle registrate è statapari in Emilia-Romagna al 2,9 percento, a fronte del 4,2 per cento delPaese. La conflittualità del lavoro è appar-sa in forte ripresa. Dalle 335.000 oredi lavoro perdute da gennaio a otto-bre del 1999 in Emilia-Romagna, tut-te dovute a conflitti originati dal rap-porti di lavoro, si è passati alle707.000 dello stesso periodo del2000. Il numero dei conflitti è nel con-tempo passato da 25 a 97, mentre ipartecipanti sono saliti da 33.069 a76.401. In ambito nazionale è stataregistrata una tendenza di segno

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contrario. Le ore perdute – anche inquesto caso per motivi esclusivamen-te dovuti ai rapporti di lavoro, in granparte attribuibili a rivendicazioni eco-nomico normative e rinnovi contrat-tuali – sono ammontate a 4.344.000rispetto ai 4.694.000 dei primi diecimesi del 1999. Se rapportiamo il numero dei parteci-panti dell'Emilia-Romagna a quello de-gli occupati alle dipendenze, pari a cir-ca 1.208.000, ne discende una per-centuale pari al 6,3 per cento (3,1 percento nel Paese), più elevata rispettoal 2,8 per cento dei primi dieci mesi del1999 (4,8 per cento nel Paese). Per quanto concerne il sistema deiprezzi, il 2000 è stato contraddistin-to dalla ripresa dell'inflazione, sospin-ta dalla vivacità della domanda e so-prattutto dal rincaro delle materie pri-me, petrolio in primis. I prezzi interna-zionali del petrolio greggio hanno co-minciato a crescere dal giugno del1999, interrompendo una tendenzanegativa che durava dalla primaveradel 1997. Nei primi dieci mesi del2000 il prezzo medio in dollari, se-condo l'indice Confindustria, è au-mentato del 73,8 per cento rispettoall'analogo periodo del 1999. Se pas-siamo alla quotazione in lire, l'incre-mento sale al 100,1 per cento. La for-bice tra i due aumenti è costituita daldeprezzamento dell'euro nei confron-ti del dollaro, divenuto praticamenteuna costante della congiuntura del2000. L'effetto di questo andamentosull'inflazione non è mancato nem-meno in Emilia-Romagna, anche se intermini che possiamo definire ancorarelativamente contenuti.

I prezzi al consumo per le famiglie dioperai e impiegati rilevati nel capoluo-go di regione, che concorre alla for-mazione dell'indice nazionale, sonorisultati in accelerazione. L'incremen-to tendenziale dell'indice generale èstato pari a ottobre al 2,3 per centorispetto al +2,1 per cento di gennaioe al +2,2 per cento di ottobre 1999.Nel Paese è stata registrata la stessatendenza, in termini lievemente piùaccentuati. A ottobre l’incrementotendenziale è stato pari al 2,6 percento, contro il +2,1 per cento digennaio e il +1,8 per cento di settem-bre 1999. Le indagini congiunturali condottesull'industria manifatturiera hanno re-gistrato una ripresa dei prezzi allaproduzione, anche se in termini relati-vamente contenuti. Nei primi novemesi del 2000 è stato rilevato un au-mento medio pari al 2,4 per cento -l'inflazione è cresciuta del 2,6 percento - rispetto alla moderata cresci-ta dello 0,2 per cento riscontrata nel-l'analogo periodo del 1999. I listiniesteri sono aumentati del 2,2 percento, in misura lievemente più con-tenuta rispetto alla crescita del 2,5per cento di quelli interni. L'indice generale del costo di costru-zione di un fabbricato residenziale, re-lativo al capoluogo di regione, è au-mentato tendenzialmente in luglio del2,2 per cento, rispetto alla crescitadel 3,4 per cento rilevata a gennaio.Al di là del rallentamento intercorso,se guardiamo all'evoluzione del 1999siamo tuttavia in presenza di una fasedi risveglio dei costi, che ha avuto ini-zio dal mese di settembre dello scor-

so anno. La voce più dinamica è ri-sultata quella dei materiali, la cui cre-scita tendenziale è stata in luglio del2,5 per cento. Nel paese l'aumentotendenziale dell'indice generale è sta-to del 2,9 per cento, superiore a quel-lo riscontrato a Bologna. Anche inquesto caso siamo di fronte ad un2000 in accelerazione rispetto all'e-voluzione del 1999. La voce "materia-li" ha fatto registrare in luglio la cresci-ta tendenziale più elevata, pari al 3,9per cento.Le previsioni a breve/medio ter-mine sono orientate positivamente. Nel 2000 la crescita della produzionemanifatturiera risulterà mediamentesuperiore al 6 per cento. Il rallenta-mento si avrà solo nel 2001, quando lacrescita si ridurrà a un comunque po-sitivo 4 per cento. Fino al 2003 si pre-vedono tassi di crescita superiori all'at-tuale media decennale di crescita.Grazie alla ripresa della domanda in-terna, il 2000 si chiuderà con un incre-mento medio dei relativi ordini pari al5,7 per cento, rispetto all'aumento del3,9 per cento del 1999. Nel 2001 lacrescita si assesterà al 4 per cento.Nello stesso anno si avrà un incremen-to degli ordini esteri del 7,8 per cento,destinato a salire nel 2002 al 9 percento. In estrema sintesi siamo in pre-senza di uno scenario caratterizzatoda incrementi di entità apprezzabile. Le imprese cooperative e industrialidelle costruzioni e installazioni im-pianti hanno manifestato aspettativeorientate all'ottimismo, con ripercus-sioni favorevoli sulla occupazione, so-prattutto per quanto concerne impie-gati tecnici e operai.

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Lo scenario di base per l’indu-stria emiliano-romagnolaNonostante la variazione del quadromacroeconomico internazionale e in-terno, nel terzo trimestre 2000 non tro-va conferma la diffusa ipotesi di un ral-lentamento della fase di ripresa dellaproduzione industriale regionale. Dopola lieve decelerazione registrata nel se-condo trimestre 2000, quando il tassodi crescita tendenziale della produzio-ne dell'industria manifatturiera regio-nale è passato dal 7,4% al 5,4%, nelterzo trimestre non si è affatto avutoun ulteriore rallentamento, anzi la va-riazione della produzione rispetto allostesso periodo dell'anno precedente èrisultata leggermente superiore, pas-sando dal 5,4% al 5,9%. Nello terzotrimestre 2000 il tasso di crescita ten-denziale della produzione industrialeitaliana stimato da Istat è stato pari a+2,1%, era stato pari a +5,4% e a+3,8% rispettivamente nel primo e nelsecondo trimestre. L'aumento percen-tuale della produzione manifatturieraregionale continua a risultare sensibil-mente superiore a quello nazionale.Le ipotesi sottostanti al modello di

previsione di base portano ad atten-dersi, per il quarto trimestre 2000, ilpermanere del tasso di sviluppo del-l'attività sui livelli attuali. Nel 2000, inmedia, la crescita risulterà superiore al6%, un livello quasi doppio rispetto al-la media degli ultimi dieci anni. Con ilprimo trimestre 2001 dovrebbe av-viarsi una fase di lieve rallentamento,in anticipo rispetto a quanto previstoprecedentemente, che si protrarrà pertutto il 2001. Nel corso dei prossimidodici mesi, dal IV trim. 2000 al IIItrim. 2001, il ritmo di crescita dellaproduzione risulterà pari a circa il4,6%, inferiore rispetto a quello speri-mentato nei dodici mesi precedenti(5,6%). Nel 2002 si avrà una nuovalieve accelerazione della produzione.Fino al termine del periodo considera-to i tassi di crescita previsti risulteran-no superiori alla loro attuale mediadell'ultimo decennio.La variazione del quadro macroeco-nomico internazionale e interno ha in-vece avuto effetti negativi sul proces-so di acquisizione degli ordini.Nel terzo trimestre 2000, il tasso disviluppo tendenziale degli ordini inter-

ni (5,5%) è risultato inferiore rispetto altrimestre precedente (6,8%), antici-pando di un trimestre il rallentamentoprevisto. Nel secondo trimestre, lacrescita degli ordini nazionali per l'in-sieme dell'industria italiana aveva rag-giunto tassi dell'11,8%, ma nel terzotrimestre si è ridotta a un +5%. Graziealla ripresa della domanda interna ita-liana, negli ultimi dodici mesi, dal IVtrim. 1999 al III trim. 2000, l'aumentodegli ordini interni per l'industria mani-fatturiera regionale è stata molto forte(6,4%), di poco inferiore al doppio del-la crescita media degli ultimi dieci an-ni. Il 2000 si chiuderà in media con unincremento degli ordini pari al 5,7%.Per i prossimi dodici mesi, dal IV trim.2000 al III trim. 2001, le previsioni delmodello di base indicano un incre-

Le previsioni 2001 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 2001Produzione Industriale Emilia-Romagna

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mento percentuale degli ordini interni(3,7%) sensibilmente inferiore a quellodei dodici mesi trascorsi. Si tratta diun effetto del rallentamento anticipatodella fase espansiva. La variazione ri-sulterà comunque ancora lievementesuperiore all'attuale media decennaledi crescita. La tendenza positiva verràriconfermata nel periodo dal IV trim.2001 al III trim. 2002 da una ripresadel tasso di acquisizione degli ordiniinterni, che si riporterà su livelli prossi-mi a quelli degli ultimi dodici mesi eche si estenderà anche oltre, sino allafine del 2003, l'attuale limite del perio-do di previsione.Nel terzo trimestre 2000 è proseguitala fase di rallentamento della crescitadegli ordini esteri, avviatasi dopo ilbalzo del primo trimestre 2000(+11%). La variazione tendenziale re-gistrata nel III trim. 2000, pari al 7,5%,è comunque ben superiore alla mediamobile dell'ultimo decennio (6%). Il2000 si chiuderà con un aumento de-gli ordini esteri pari all'8,5%. Nel se-condo trimestre 2000, la crescita de-gli ordini esteri per l'insieme dell'indu-stria italiana aveva raggiunto un note-vole picco con un tasso dell'25,9%,ma nel terzo trimestre si è ridotta an-ch'essa, pure raggiungendo un buon+9,1%. La fase di rallentamento a li-vello regionale appare terminata e ilritmo di acquisizione degli ordini este-ri per l'industria manifatturiera si stabi-lizzerà nei prossimi trimestri, ma unavera inversione di tendenza la si avràsolo nella seconda parte del 2001.Per i prossimi dodici mesi, il modellodi base indica una crescita dell'acqui-sizione di ordini esteri lievemente infe-

riore (7,5%) a quella sperimentata neidodici mesi trascorsi. La ripresa dellacrescita a livello europeo eserciterà dinuovo un potente effetto traino sull'at-tività industriale regionale. Nei succes-sivi dodici mesi, dal IV trimestre 2001al III trimestre 2002, la dinamica trime-strale degli ordini esteri diverrà più so-stenuta, sarà pari al 9%, e risulterà in-feriore solo a quella sperimentata nelperiodo dal III trim. 1993 al III trim.1995.Le variabili esogene del modello per laprevisione di base derivano dal qua-dro definito in Prometeia, Rapporto diprevisione, settembre 2000.

Uno scenario alternativo per l’industria emiliano-romagnolaTra le ipotesi sulle quali posano le po-sitive previsioni dello scenario di basevi è quella di un rientro delle quota-zioni del petrolio nel medio termine.La capacità di contenere la trasmis-sione del processo inflazionistico po-trebbe ridursi a fronte di quotazioniche si mantengono a lungo su livellielevati. L'elemento di incertezza inquesto caso è dato, più che dall'an-damento climatico invernale, dall'e-voluzione del quadro di tensione nelmedio oriente. Un ulteriore elementodi rischio che condiziona la positivaprevisione è dato dall'evoluzione deimercati finanziari, in particolare per isuoi potenziali effetti reali negativi, at-traverso la riduzione della ricchezzadelle famiglie e della capacità di fi-nanziamento delle imprese. In parti-colare tra i fattori di rischio si annove-rano la correzione dei titoli tecnologi-ci, l'aumento del premio per il rischio,

il sostegno all'inflazione derivante dalpermanere dell'euro su livelli di cam-bio eccessivamente bassi o, al con-trario una repentina riduzione dellequotazioni del dollaro determinatadal peggioramento del quadro eco-nomico interno, dalla necessità dicorreggere il deficit dei conti correntie da un'inversione della direzione deiflussi di capitale. Un fallimento nell'a-zione del governo americano e dellaFed orientata a guidare l'economiadegli Stati Uniti verso un soft-landing,tale da determinare una brusca inter-ruzione della fase di crescita e l'avviodi una recessione, accompagnata daun serio inasprirsi della situazione inmedio oriente, potrebbe determinareun insieme di condizioni negative.Il permanere su livelli elevati del prez-zo del petrolio determinerebbe un ef-fetto reddito negativo sulla domandae sosterrebbe il processo inflazioni-stico. Verrebbe meno il sostegno da-to all'economia mondiale dalla do-manda americana, si avrebbe unadiffusione del rallentamento dell'atti-vità in primo luogo nei paesi del sudest asiatico, in Giappone e quindi inEuropa. La ricerca di sicurezza per icapitali internazionali, a fronte dellacrisi in medio oriente, manterrebbe ildollaro elevato, così che il riequilibriodel saldo di conto corrente negativorisulterebbe più difficoltoso e ciò ren-derebbe più intensa la fase recessi-va. In questo caso, a livello regionale,la crescita della produzione manifat-turiera si ridurrebbe sensibilmente giànel 2001, per poi riprendersi nel2002, ma su livelli inferiori a quelli in-dicati dalla previsione di base. Anche

Le previsioni 2001 per l’Emilia-Romagna

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il ritmo di acquisizione degli ordini ri-sulterebbe fortemente indebolito, siaper quanto riguarda gli ordini interni,sia e soprattutto per gli ordini esteri.Per questi però risulterebbe moltopositiva la fase di ripresa successivaallo shock ipotizzato per il 2001.

La previsione per i settori dell’industria emiliano-romagnolaL’industria dell’abbigliamento(Codifica Ateco91: 18)Nel 2000, per l'industria dell'abbiglia-mento il ritmo di acquisizione degliordini registrerà una forte accelera-zione, dopo avere avuto un anda-mento stazionario nel 1999. La fasepositiva proseguirà negli anni se-guenti. L'andamento della produzio-ne nel 2000 metterà a segno un fortebalzo, ma negli anni successivi gli in-crementi saranno più ridotti.L’industria tessile(Codifica Ateco91: 17)L'industria tessile registrerà una va-riazione positiva degli ordinativi nel2000, dopo i segni negativi degli an-ni precedenti. Negli anni successivi siavrà una serie di ulteriori lievi incre-menti degli ordini. Il positivo anda-mento della produzione nello scorsoanno verrà replicato nel 2000, ma leprevisioni per il 2001 indicano una ri-duzione della produzione, anche segia nel 2002 la tendenza dovrebbeinvertirsi. L’industria alimentare (Codifica Ateco91: 15, 16)L'evoluzione degli ordini interni per ilsettore alimentare nel corso del 2000risulterà positiva, ma lievemente infe-riore a quella degli anni precedenti.

Nel 2001 e 2002 l'acquisizione degliordini interni avverrà ad un ritmo sen-sibilmente superiore a quello recente-mente sperimentato. Dopo l'esplosione degli ordini esteriavutasi nel 1998, il 2000 farà regi-strare una buona ripresa della cresci-ta, mentre negli anni successivi la di-namica dell'acquisizione di ordini in-terni ritornerà sui livelli del 1999, infe-riori, ma comunque ampiamente po-sitivi. L'andamento della produzionemette in luce una riduzione del ritmodi crescita che si stabilizzerà tra il2001 e il 2002.L’industria delle piastrelle in ceramica (Codifica Ateco91: 263)L'andamento degli ordini per l’indu-stria delle piastrelle mostra tendenzeopposte per il mercato interno e perquello estero. Proseguiranno nei pros-simi anni sia la fase di rallentamentodell'acquisizione di ordini interni, dopoil picco del 1999, sia l'accelerazionedei nuovi ordini esteri, che comunquenon raggiungerà i tassi registrati nel1998. Nel 2000 la produzione regi-strerà un forte incremento, cui farannoseguito incrementi minori, ma comun-que rilevanti nel 2001 e 2002.L’industria dell’elettricità e dell’elettronica(Codifica Ateco91: 30, 31, 32)L’industria dell’elettricità e dell’elettro-nica registrerà nel 2000 un picco del-la crescita sia degli ordini, che dellaproduzione. Nel 2001 e nel 2002 pro-seguirà la fase positiva, si ridurrà il rit-mo della crescita, in particolare perquanto riguarda l'acquisizione degliordini nel corso del 2001.

L’industria meccanica tradizionale(Codifica Ateco91: 28, 29, 33)Nel 2000, sarà sensibile l'incrementodel ritmo di acquisizione degli ordiniper l’industria meccanica tradizionale,sia per quelli interni (+7,4%), sia e so-prattutto per quelli esteri (+9,4%), do-po il rallentamento avutosi nel 1999,che era stato particolarmente sensibi-le per gli ordini esteri. Nel 2001 si avràun nuovo rallentamento nella crescitadegli ordinativi, che sarà più sensibileper gli ordini interni e molto più lieveper gli ordini esteri. Anche l'andamen-to della produzione (+7,4%) segnala il2000 come un anno che si chiuderàmolto positivamente per la meccanicatradizionale, dopo che il 1999 si erachiuso con una variazione positivadella produzione minima. Nonostantel'anticipato rallentamento della faseespansiva che si sta verificando, laprevisione dell'andamento della pro-duzione per il 2001 (+4,6%) e per il2002 restano decisamente positive.

Le previsioni 2001 per l’Emilia-Romagna

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208 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

Le strategie del sistema cameraleLe Camere di commercio sono stateespressamente riconosciute dallalegge regionale 3/99 (“Riforma delsistema regionale e locale) come unodei soggetti istituzionali del governodel territorio. La suddetta legge attri-buisce un ruolo significativo al siste-ma delle Camere di commercio, inparticolare su alcune materie ineren-ti il settore delle attività produttive,materie nelle quali si dovrà concre-tizzare, nel corso dell’anno 2000, ilrapporto con la Regione e con gliEnti locali. I traguardi più attesi perquello che riguarda le Camere dicommercio sono:1) l’attuazione della delega relativa

alle funzioni amministrative ineren-ti la tenuta dell’Albo delle impreseartigiane;

2) l’approvazione del Programma re-gionale triennale delle attività pro-duttive (artt. 53 – 54 della L.R.3/99) nel quale verranno indivi-duate le misure e gli interventi at-te a realizzare le azioni di sistemagià specificate nella legge regio-nale 3/99.

Nel primo caso l’Unioncamere regio-nale, per conto delle Camere dicommercio, ha avviato con la Regio-ne un serrato confronto con l’obietti-vo di raggiungere, con l’attuazionedella delega, una forte integrazionefunzionale tra Albo artigiani e Regi-stro delle Imprese: per fare questo ènecessario fare chiarezza sui conte-nuti della delega stessa, quindi sullefunzioni effettivamente trasferite,nonché sulle risorse messe a dispo-sizione dalla Regione. Se entro il

1999 la delega dovrebbe essere at-tuata, con provvedimento legislativoregionale, per essere operativa conl’inizio del nuovo anno, nel corso del2000 il sistema camerale, anche at-traverso l’Unione regionale, dovràorganizzare strumenti di monitorag-gio costante sull’esercizio della dele-ga stessa da parte delle Camere dicommercio, per verificare costante-mente il rispetto degli obiettivi prefis-sati. Per quello che riguarda il Pro-gramma triennale regionale delle at-tività produttive, rispetto alla propo-sta diffusa dalla Regione, l’obiettivopiù ambizioso è quello di una so-stanziale condivisione e concertazio-ne tra Regione e sistema delle Ca-mere di commercio delle rispettivestrategie, il ché potrà significare:

- da un lato l’esplicito riconoscimentoda parte dell’ente Regione del ruolodel sistema camerale a sostegnodei processi di sviluppo delle impre-se e dei sistemi economici locali,

- dall’altro l’impegno delle Camere diCommercio a privilegiare, anche neipropri bilanci, linee di intervento perlo sviluppo locale coerenti con laprogrammazione regionale e, comedel resto è già successo in materiadi turismo, la disponibilità del siste-ma camerale dell’Emilia-Romagnaa partecipare, anche con apporti fi-nanziari, ai grandi progetti regionalidi coordinamento delle iniziative disostegno e rilancio del sistema pro-duttivo ed imprenditoriale (adesempio, in materia di internaziona-lizzazione o di agroalimentare).

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 2000

Carlo Sangalli, Presidente Unioncamere - Danilo Longhi, Presidente CCIAA di Vicenza giàPresidente Unioncamere - Luigi Mastrrobuono, Segretario Generale Unioncamere Italiana

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 209

Le materie nelle quali le Camere dicommercio dell’Emilia-Romagnahanno già avanzato una loro propo-sta di collaborazione riguardano:- analisi della struttura economica

regionale (Osservatorio economi-co) e informazione economica;

- credito e ruolo dei consorzi fidi;- internazionalizzazione;- programmazione negoziata;- servizi alle imprese.L’affidabilità del sistema camerale co-me soggetto istituzionale protagoni-sta del governo del territorio, si co-struisce con la disponibilità e la capa-cità delle Camere di commercio di la-vorare in rete: questo perché solo l’af-fermarsi di logiche di rete, quindi del-l’impegno comune delle Camere aduna verifica costante dell’efficienza edell’efficacia dei propri servizi, puònotevolmente migliorare la qualità diquei servizi e, di conseguenza, il con-tributo delle Camere allo sviluppo delsistema delle imprese. Il rapporto dicollaborazione tra Regione e Cameredi commercio si consoliderà con l’af-fermarsi del sistema camerale regio-nale come punto di eccellenza in ma-teria di servizi alle imprese, sia con ri-guardo a quelli amministrativi (conse-guenti ad una specifica attribuzionedella legge), sia con riguardo a quellidi promozione. Il limite di eccessivadispersione e sovrapposizione deiservizi alle imprese sul territorio regio-nale necessita di interventi di raziona-lizzazione e di riorganizzazione chevedano coinvolti tutti i soggetti eroga-tori. Anche il sistema camerale non èesente da questa responsabilità. Perquesto motivo, in questi ultimi anni,

l’Unione regionale ha promossoun’attività di consolidamento della re-te camerale, in primo luogo attraver-so il “Progetto per lo sviluppo orga-nizzativo di un network camerale del-l’Emilia-Romagna” (Progetto Net-work) grazie al quale si sono potutesperimentare le prime esperienze diservizi comuni a più Camere di com-mercio. Questo impegno ha portato iprimi frutti con l’istituzione di un Ser-vizio Legale regionale, con la Certifi-cazione di Qualità dei Registri delleImprese delle Camere di commercio(tutte le Camere della regione hannocondiviso questo obiettivo ed hannoinvestito risorse per realizzarlo con lestesse metodologie e la stessa tem-pistica), con l’introduzione del Con-trollo di gestione. Con la stessa filo-sofia sta maturando l’approccio delleCamere di commercio alla riorganiz-zazione degli Uffici del personale e delProvveditorato che rappresentanodue obiettivi concreti per l’anno 2000.Allo stesso modo, attraverso il coor-dinamento dell’Unione regionale, so-no stati presentati al Fondo di Pere-quazione sette progetti intercameraliche si propongono di qualificare, at-traverso strategie ed obiettivi comu-ni, altrettanti servizi per i quali si ren-de necessario garantire all’internodel sistema livelli omogenei di offertae standards comuni sul piano del-l’organizzazione e delle modalità dierogazione.I progetti sono:1) Sportello per l’Internazionalizza-

zione2) Piano formativo intercamerale re-

gionale

3) Informazione ed orientamenti on li-ne sulle opportunità finanziarie perle imprese dell’Emilia-Romagna

4) Sportello per l’informazione eco-nomico – statistica

5) Osservatorio regionale sul com-mercio articolato su base provin-ciale

6) Istituzione degli uffici metrici nell’a-rea della regolazione del mercato edella tutela della fede pubblica.

7) Diffusione della cultura conciliativaattraverso attività di informazionee formazione per completare lastrutturazione degli uffici di conci-liazione nell’area della regolazionedel mercato

Il livello regionale si propone, quindi,come la sede necessaria per far sìche le Camere di commercio possa-no percorrere in piena sintonia que-sto impegnativo percorso di sistemae di consolidamento della rete.Linee del programma di attività2000Le linee guida ispiratrici del Pro-gramma di attività 2000 consolidanole strategie operative degli anni pre-cedenti pur tenendo conto del radi-cale mutamento degli assetti del si-stema regionale e locale in attuazio-ne delle leggi Bassanini sul decen-tramento amministrativo e dell’incre-mento di attivita’ progettuale conse-guente all’accesso ai fondi di pere-quazione nazionale:a) incrementare il ricorso a fonti co-

munitarie e nazionali per lo svilup-po di nuovi progetti non fini a sestessi, ma con una forte ricadutasulle attività delle Camere di com-mercio, allo scopo di ridurre l’im-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 2000

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210 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

patto di tali progetti sulle risorse acarico del sistema camerale; inparticolare tali progetti si devonoporre l’obiettivo di consolidare irapporti tra le Camere di commer-cio della regione ed il sistema del-le Camere di commercio europee;

b) mantenere un forte collegamentocon il sistema nazionale al fine dipartecipare a progetti di qualitànel campo dell’informazione eco-nomica e delle rilevazioni statisti-che per diventare, in particolare inalcune materie, punto di riferimen-to sul territorio regionale sia per leistituzioni pubbliche che per larealtà associativa;

c) in questo contesto, ridurre l’attivi-tà dell’Osservatorio Economicoladdove, invece, competenze dialtri enti ed istituzioni siano mag-giormente qualificate e la parteci-pazione di Unioncamere non siaparticolarmente rilevante;

d) potenziare la diffusione dell’infor-mazione economica, razionaliz-zando il più possibile spese e pro-cessi di comunicazione;

e) promuovere con sempre maggio-re insistenza il consolidamento delsistema camerale regionale attra-verso progetti in rete ed iniziativefinalizzate, soprattutto, all’indivi-duazione di modelli comuni disemplificazione amministrativa e astrategie comuni di posiziona-mento delle Camere di commercionel contesto della riforma in sensofederale del sistema regionale elocale.

In sintesi vengono, quindi, confer-mate le tradizionali linee di attività:

1. Politiche di network e riorganizza-zione del sistema camerale emi-liano-romagnolo;

2. Osservatorio Economico Regio-nale;

3. Pubblicistica ed informazioneeconomica;

4. Servizi e sostegno ai consorzi digaranzia fidi;

5. Politiche e relazioni europee ed in-ternazionali;

6. Progetti nazionali di sistema.Sulle politiche di network si è giàdetto nel corso delle premesse alProgramma, anche attraverso l’indi-cazione dei progetti sui quali si in-tende lavorare. L’Osservatorio Eco-nomico sarà caratterizzato da que-ste attività:Congiuntura dell’industria manifattu-riera e previsioniL'indagine riguarda circa 1000 im-prese dei vari settori industriali dellaregione e fornisce indicazioni suiprincipali indicatori congiunturali(produzione, fatturato, prezzi allaproduzione, ordini, occupazione,etc.).ExportL'Osservatorio elabora ogni anno unRapporto sull'andamento congiun-turale e sui principali mutamentistrutturali, sia economici che istitu-zionali, sui flussi commerciali con l'e-stero. Rispetto al passato, i dati ven-gono acquisiti direttamente dall'Istatsu supporto informatico: la fornituraavviene quindi con maggiore tempe-stività e a un costo notevolmente mi-nore. Ciò ha permesso di acquisirenon solo i dati riepilogativi a fine an-no, ma anche i parziali semestrali.

Osservatorio agroalimentareNell'ambito della collaborazione tral’Assessorato Regionale all’Agricol-tura e l’Unione Regionale delle Ca-mere di Commercio, l’Istituto di Eco-nomia Agroalimentare dell’UniversitàCattolica di Piacenza, diretto dalprof. Giovanni Galizzi, e l’Osservato-rio Agro-industriale della Regione,coordinato dal professor RobertoFanfani dell’Università di Bologna,l'osservatorio Agro-Alimentare pro-duce ogni anno il Rapporto: Il siste-ma agro-alimentare dell’Emilia-Ro-magna. Banca datiLa banca dati è stata impiantata nel1986 per consentire all’Ufficio studidi utilizzare razionalmente i vari datiutili ai commenti congiunturali, studi,relazioni etc. Attualmente è costituitada circa 3.000 files per oltre200.000.000 di caratteri. Sono con-tenuti dati sugli argomenti socio-economici più rilevanti, spaziandodal mercato del lavoro alla popola-zione, dai conti economici alla giusti-zia, dall’ambiente al credito, dallasanità-assistenza all’artigianato, dal-la cooperazione al commercio este-ro, etc. Esiste inoltre una banca datiriservata che contiene, ad esempio, ifiles di input dei questionari congiun-turali, che non possono essere divul-gati al pubblico per motivi di riserva-tezza.Congiuntura ediliziaDal secondo semestre 1992 l’Unio-ne regionale e il Centro Servizi Qua-sco conducono un’indagine seme-strale per valutare l’andamento con-giunturale delle imprese edili non ar-

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tigiane. L’indagine riguarda circa 200imprese e rileva le variazioni dellaproduzione, degli ordini, dell’occu-pazione e le prospettive per il seme-stre successivo. Si tratta dell'unicostrumento disponibile in regione perpoter delineare le tendenze congiun-turali dell'industria edilizia. Osservatorio turistico regionaleViene gestito dall’Unioncamere re-gionale su incarico della RegioneEmilia – Romagna. Nel 2000 verran-no portate a compimento le ricerchedel programma di attività 1999 cheriguardano l’analisi congiunturale deivari comparti in cui il settore turisticosi articola, l’analisi della domanda diservizi turistici concentrata sul turi-smo termale e sul turismo negli Ap-pennini, il mercato spagnolo, la qua-lità del sistema turistico dell’Emilia-Romagna e il ruolo del turismo nel si-stema economico regionale. Le ana-lisi di politica per il turismo, infine, ri-guarderanno le strategie generali peril consolidamento e l’espansione delsettore turistico in Emilia-Romagna eforniranno un contributo fondamen-tale per l’elaborazione del Piano An-nuale di Promozione 2000 per il set-tore turistico in Emilia-Romagna. Ilprogramma dell’Osservatorio per il2000, invece, non è ancora stato de-finito. Sicuramente verrà completatal’indagine sulla qualità del sistematuristico e proseguiranno le attività dimonitoraggio sui vari comparti delsettore turistico. Si stanno poi defi-nendo intese con partners europeiper la realizzazione di uno strumentoinformatico e telematico che garanti-sca al turista un accesso facile a tut-

te le informazioni disponibili, quindiuna assistenza completa al turistastesso nell'organizzazione della suapermanenza in Emilia-Romagna.Osservatorio sugli investimentiL'osservatorio produce un rapportoannuale sulle strategie di investimen-to delle imprese dell'industria mani-fatturiera emiliano-romagnola. Taleindagine, condotta presso le stesseimprese della rilevazione congiuntu-rale, rileva il livello delle risorse finan-ziarie impegnate nell'impresa, la de-stinazione degli investimenti nelle va-rie aree aziendali, la struttura dell'in-debitamento, le finalità degli investi-menti e, infine, previsioni sugli inve-stimenti futuri. Il questionario è sog-getto a revisione annuale, ciò perraccogliere una maggior quantità diinformazioni su problematiche speci-fiche su temi di attualità. Le analisisono effettuate in base alla classe di-mensionale, al settore ed alla provin-cia di appartenenza delle imprese,oltre all'andamento congiunturale.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 2000

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212 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Hotel Jolly, 31 Marzo 2000

La giornata di oggi è una giornataimportante per il sistema delle Ca-mere di commercio dell’Emilia-Ro-magna. La Certificazione di qualitàdei Registri delle Imprese di ben cin-que delle nostre nove Camere dicommercio (Modena, Forlì – Cesena,Ravenna, Rimini e Reggio Emilia)rappresenta, infatti, un traguardoprestigioso e coerente con gli obiet-tivi di innovazione e modernizzazioneche stanno caratterizzando il cam-biamento della pubblica amministra-zione nel nostro paese.Obiettivi, per altro, irrinunciabili inun contesto di graduale decentra-mento di funzioni dallo Stato alleRegioni ed agli enti locali e funzio-nali: se è vero che le funzioni pub-bliche, infatti, si stanno avvicinandosempre più ai cittadini è necessarioche tale prossimità risponda anchea criteri di maggiore efficacia ed ef-ficienza. Questo deve valere anche per leCamere di commercio: se vogliamoessere più coinvolti nelle relazioni enelle dinamiche di governo dellosviluppo del territorio, dobbiamoanche dimostrare di essere all’altez-za delle responsabilità che vogliamocondividere.Con il decreto legislativo 112/98 e lalegge regionale 3/99 che hannocompletamente riformato il sistemaregionale e locale dell’Emilia-Roma-gna, le Camere di commercio sonostate poste, con la loro autonomiafunzionale, al centro del nuovo as-setto istituzionale con particolare ri-ferimento ai temi dello sviluppo delsistema produttivo.

Il recente Programma triennale re-gionale di sviluppo delle attività pro-duttive ha, infatti, spiegato in chemodo le Camere di commercio sonoeffettivamente diventate il luogo delraccordo tra imprese, società civile epubblica amministrazione, lo stru-mento attraverso il quale fare un po’di ordine nel variegato (e forse un po’disordinato) mondo dei servizi alleimprese.La disponibilità della Regione, quin-di, non si è fatta attendere, ma pos-siamo dire di essere pronti.Il sistema camerale dell’Emilia-Ro-magna, ancora quando ci si stavapreparando a questa riforma in sen-so regionalista, aveva intuito che perle Camere di commercio si sarebbeaperta una partita decisiva: il pieno

riconoscimento della autonomia fun-zionale e, quindi, l’ingresso a pienotitolo tra i soggetti istituzionali delgoverno regionale, avrebbe impostouno sforzo di enormi dimensioni invista di una graduale riorganizzazio-ne e riqualificazione dei servizi, sia diquelli istituzionali che di quelli pro-mozionali.Con l’inizio, nel 1995, di quello chenoi abbiamo chiamato il ProgettoNetwork, cioè il progetto per lo svi-luppo organizzativo del network ca-merale regionale, siamo partiti con laconvinzione che l’obiettivo di unamigliore organizzazione e di una mi-gliore qualità dei servizi camerali sisarebbe raggiunto solo se le Came-re di commercio avessero pensatoinsieme agli obiettivi ed alle strategie

La sfida della qualità nelle Camere di CommercioL’esperienza della Certificazione

del Registro Imprese

Il Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini con i dipendenti della Camera di Commercio diRavenna che hanno conseguito la cartificazione di qualità del Registro delle imprese. ErnestoQuarto, Marco Martini, Maria Cristina Venturelli, Nadia Minghetti, Cristina Caffo, Francesca Collina,Cristina Zambelli, Monica Persiani,Cristina Altieri, Loretta Sangiorgi, Nicoletta Selli, GlaucoCavassini, Rita Drei.

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 213Bologna, Hotel Jolly, 31 Marzo 2000

di miglioramento.Quello della Certificazione di qualitàdel Registro delle Imprese (il piùgrande patrimonio informativo sul si-stema economico nazionale e locale,nonché l’Ufficio dove è concentratala parte più rilevante delle funzioniamministrative di un ente camerale)avrebbe dovuto rappresentare il pri-mo importante traguardo da rag-giungere, proprio perché in questomodo ci si proponeva di interveniresu quei servizi dei quali le impresenon possono fare a meno, essendoconnessi anche a degli adempimen-ti di legge. Per questo abbiamo deciso di parti-re da qui e per questo cinque Came-re di commercio hanno deciso di la-vorare insieme per raggiungere insie-me l’obiettivo della certificazione.Ed insieme, nel corso di quest’anno,perfezioneranno gli strumenti di unaverifica costante del sistema di qua-lità certificata dei loro Registri.Nella stessa direzione si sono poimosse altre tre Camere di commer-cio (Bologna, Piacenza e Ferrara)che non erano partite insieme alle al-tre e che entro la fine del 2000 o, almassimo, all’inizio del 2001 raggiun-geranno il medesimo obiettivo.Nel corso di questi 5 anni di Proget-to Network abbiamo raggiunto altriimportanti risultati.E non si tratta soltanto di concretiprogetti di supporto alle funzioni ca-merali, come la nascita del ServizioLegale regionale o come la speri-mentazione di una metodologia co-mune di controllo di gestione o co-me il Piano formativo intercamerale

regionale.E non si tratta nemmeno soltanto delfatto che con tali progetti si sianopotute realizzare economie di scala edi varietà anche con consistenti ri-sparmi di risorse finanziarie.Il risultato forse più importante è, in-vece, quello di aver radicato all’inter-no delle Camere di commercio, tra ifunzionari che hanno percorso que-sto cammino, una cultura di sistema,la consapevolezza che il lavoro in re-te ha garantito un progressivo mi-glioramento della qualità e dei risul-tati del loro lavoro, attraverso loscambio di esperienze, di know how,attraverso la valorizzazione di com-petenze e professionalità che si sonomesse al servizio del sistema.Questo è il vero investimento com-

piuto con il Progetto Network.Con queste basi possiamo guardarecon fiducia al futuro ed in particolareagli innumerevoli progetti intercame-rali dei quali, anche con l’aiuto deicontributi del Fondo di Perequazionenazionale, l’Unione regionale sta cu-rando il coordinamento per contodelle Camere di commercio della re-gione: sono progetti che mirano allaqualificazione dei servizi camerali eche si concentrano in quegli ambitinei quali le Camere stesse possonointrodurre procedure di semplifica-zione e snellimento della loro attivitàburocratica, nei quali hanno già ma-turato esperienze e competenze divalore, nei quali possono valorizza-re il proprio patrimonio informativo onei quali già si prospetta un rappor-

La sfida della qualità nelle Camere di CommercioL’esperienza della Certificazione del Registro Imprese

La platea dei Presidenti e dei funzionari delle Camere di Commercio al convegno

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214 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Hotel Jolly, 31 Marzo 2000

to di collaborazione con la Regione ocon gli enti locali.Penso alla creazione di un centro ac-quisti regionale, allo Sportello perl’Internazionalizzazione, allo Sportel-lo per l’informazione economico –statistica, al potenziamento dell’areadella regolazione del mercato, all’in-formazione sulle agevolazioni finan-ziarie, alle iniziative per la nuova im-prenditorialità, alla promozione delcommercio elettronico.Ma l’obiettivo prioritario rimane quel-lo della certificazione delle Camere dicommercio, quindi di tutti i loro ser-vizi: un obiettivo ambizioso, un pro-getto unico nel nostro paese, mache siamo sicuri essere alla portatadel sistema camerale emiliano – ro-magnolo proprio perché l’essersiabituato al lavoro in rete, l’aver con-solidato una autentica cultura di si-stema rappresentano le premessefondamentali in vista di quel presti-gioso traguardo, un traguardo chepiù è condiviso e più è a portata dimano.Per quest’anno gli sforzi delle Came-re si dovranno giustamente concen-trare sul mantenimento del sistemadi qualità nei Registri delle Imprese,di cui oggi attestiamo la certificazio-ne, nonché sui tanti progetti interca-merali in corso di realizzazione o inattesa del responso dell’Unioncame-re italiana sulla loro ammissibilità.Ma già da oggi possiamo dichiara-re che l’obiettivo della certificazionedelle Camere di commercio deverappresentare una priorità nellaprogrammazione delle attività delsistema.

In questo senso abbiamo già mani-festato la nostra disponibilità alla Bu-reau Veritas (l’ente certificatore deiRegistri Imprese) a costituire ungruppo di lavoro sui sistemi di quali-tà all’interno delle Camere di com-mercio.Mi sembra che queste riflessionipossano bastare per introdurre que-sta giornata e per spiegarne il sensoche il sistema camerale regionale gliattribuisce: una tappa del grandepercorso di modernizzazione dellapubblica amministrazione che le Ca-mere di commercio vogliono prose-guire senza soste a favore delle im-prese, per il loro affrancamento dagliappesantimenti della burocrazia ed asupporto della loro competitività.

La sfida della qualità nelle Camere di CommercioL’esperienza della Certificazione del Registro Imprese

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Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna 215

In questo mio intervento vorrei soffer-marmi sull’esperienza della regioneEmilia-Romagna in materia di iniziati-ve di supporto agli imprenditori chedecidono di avviare rapporti econo-mici con i paesi esteri ed in particola-re del centro Europa, iniziative disupporto all’internazionalizzazionedel sistema produttivo regionale.Il Programma triennale regionale disviluppo delle attività produttive inEmilia-RomagnaLa Regione Emilia-Romagna nelsuo Programma triennale di svilup-po delle attività produttive ha dedi-cato un Asse prioritario agli inter-venti a sostegno dell’internaziona-lizzazione del sistema produttivo enell’ambito del suddetto Asse ha in-dividuato varie misure:1. Attività e servizi per l’export e

l’internazionalizzazione;2. Strumenti di agevolazione e assi-

curazione ai programmi di inter-nazionalizzazione delle imprese;

3. Sostegno ai consorzi Export;4. Osservatorio sull’internazionaliz-

zazione del sistema produttivo.A questo scopo la Regione♦ stipula accordi di programma con

il Ministero del Commercio conl’estero per lo sviluppo di attivitàdi promozione a sostegno del si-stema produttivo regionale suimercati esteri;

♦ promuove con le forme più ade-guate di convenzione o accordi lacostituzione e l’attività della strut-tura definita “Sportello per l’inter-nazionalizzazione” rivolta a realiz-zare in modo coordinato nel terri-torio regionale la prestazione, la

diffusione e lo sviluppo dei servizialle imprese (promozionali, finan-ziari, assicurativi) ai quali ICE, SA-CE e SIMEST sono preposti,

♦ attua le più efficaci forme di inte-razione tra interventi nazionali einterventi regionali;

♦ costituisce per l’indirizzo ed il co-ordinamento di tutte le suddetteattività, il Comitato per l’export el’internazionalizzazione.

La nascita in Emilia-Romagna delloSportello regionale per l’internazio-nalizzazione rappresenta, sicura-mente, uno degli aspetti più signifi-cativi e qualificanti delle politiche perl’export e l’internazionalizzazione.La rete degli sportelli camerali perl’internazionalizzazioneLo sportello camerale sarà fonda-mentalmente il punto di accesso edi snodo rivolto al sistema delle im-prese ed al mondo delle associazio-ni e costituirà un primo livello di as-sistenza rispetto alle esigenze dellasingola impresa. Interventi della Regione Emilia-Ro-magna per assistenza tecnicaTramite la struttura dello Sportello laRegione promuove anche intese econvenzioni per l’assistenza alle im-prese in materia di studi di fattibilitàper investimenti all’estero, quindi,per accompagnare l’impresa nelladefinizione di piani di investimentocomprensivi delle verifiche commer-ciali, finanziarie, legali e fiscali, finoalla ricerca di partner per lo svilup-po di joint venture. Le imprese po-tranno richiedere tale assistenza ri-volgendosi allo Sportello regionaleper l’internazionalizzazione.

Interventi della Regione Emilia-Ro-magna per programmi promozionaliLe attività dello Sportello regionalesi innesteranno, ovviamente, nellaprogrammazione regionale delle at-tività di promozione per la penetra-zione dei mercati esteri: un Pro-gramma triennale definirà e selezio-nerà le proposte di realizzazione dieventi e progetti organici di promo-zione riguardante settori, comparti,filiere significativi del sistema pro-duttivo regionale.Il Programma stesso formulerà indi-cazioni relative alle aree ed ai setto-ri d’intervento prioritari per il siste-ma regionale.Questo è il contesto delle politichepubbliche in materia di internazio-nalizzazione nel quale si sta muo-vendo la Regione Emilia-Romagnae quale è il ruolo che stanno gio-cando le Camere di commercio cheè un ruolo di tutto rispetto, anzi, di-rei di primissimo piano.Camera di Commercio Italo-BosniacaDesidero anche informare, a con-clusione di questo mio intervento, lacostituzione di una Camera mistaItalo-Bosniaca con sede a Ravennae con Uffici a Sarajevo.La Camera di Commercio Italo-Bo-sniaca opera, a livello nazionale, dalmaggio 1996, con l’obiettivo prima-rio di favorire e sviluppare i rapportieconomici, sociali e culturali fra idue Paesi. Non è un caso che laCamera mista abbia la propria sedeoperativa a Ravenna, presso la lo-cale Camera di Commercio, se siconsidera che il territorio ravennate

Summit Economic Forum CEICentral European Initiative

Budapest, 22-25 Novembre 2000

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216 Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna

è sempre stato storicamente, graziesoprattutto al porto, ponte naturaleverso i Balcani.Quanto agli obiettivi che sono allabase della attività svolta dalla C.C.I-B, si può senz’altro dire che la fun-zione essenziale della Camera mi-sta sia quella di fungere da stru-mento concreto per tutti gli impren-ditori italiani interessati ad operarecon la Bosnia-Erzegovina, svolgen-do una duplice attività: da un lato,la promozione e messa in atto diuna serie di iniziative finalizzate asensibilizzare gli operatori economi-ci sulle opportunità di operare conquesto Paese (seminari, incontri in-formativi, giornate Paese, missionieconomiche, ecc.), dall’altro, la rea-lizzazione di un Centro di Docu-mentazione aggiornato che raccol-ga informazioni commerciali, nor-mativa vigente nel Paese, dati stati-stici sulle attività produttive, ricer-che a carattere economico, politicoe culturale, documentazione sulleopportunità di finanziamento daparte di organismi nazionali ed in-ternazionali (Comunità Europea,Banca Mondiale, BERS, MinisteroCommercio Estero, ecc.)Con l’obiettivo di realizzare le con-dizioni migliori per poter operare avantaggio dei propri membri, la Ca-mera di Commercio Italo-Bosniacaè intensamente impegnata a stabili-re un’ampia rete di rapporti con gliorganismi pubblici e privati di en-trambe le sponde, coinvolti nel diffi-cile compito di promuovere l’inte-grazione dell’economia bosniacanel mercato europeo. Il consolida-

mento delle sinergie con gli interlo-cutori locali, in particolare, nonchél’individuazione di nuove forme diapproccio al paese costituisconoindubbiamente una premessa fon-damentale per avviare modalità piùmirate di cooperazione, permetten-do di volta in volta di mettere a pun-to iniziative e progetti in risposta al-le esigenze specifiche dei soggetticoinvolti.A questo proposito, la Camera diCommercio Italo-Bosniaca ha isti-tuito una propria sede di rappresen-tanza a Sarajevo, che diverrà piena-mente operativa dal gennaio 2001.Grazie alla rete di rapporti diretticon gli organismi e le istituzioni lo-cali più significative nel Paese(OHR, Comunità Europea, ICE, Co-muni, Camere cantonali, Agenziepubbliche per la privatizzazione), ilnuovo ufficio svolgerà, quale osser-vatorio privilegiato in loco, un’azio-ne decisiva in termini di informazio-ne ed aggiornamento costante, dipromozione di progetti congiunti,costituendo, nel contempo, un rea-le punto di riferimento e di concretaassistenza per gli imprenditori cheoperano sul posto.La Camera di Commercio Italo-Bo-sniaca conta attualmente un’ottan-tina di associati, fra Camere diCommercio, associazioni di catego-ria, società di consulenza ed azien-de, per lo più piccole e medie im-prese, di entrambe le sponde.Gli organi che la governano sono,oltre al Presidente, l’AssembleaGenerale dei Soci, il Consiglio Diret-tivo (di cui fanno parte, fra gli altri, i

rappresentanti di Unioncamere del-l’Emilia-Romagna, dell’Associazio-ne degli Industriali, della CNA e del-l’Associazione delle Piccole e MedieIndustrie della Provincia di Raven-na), la Segreteria e il Collegio deiRevisori.Il riconoscimento ufficiale da partedel Ministero del Commercio conl’Estero e la conseguente iscrizioneall’Albo delle Camere Italo-Estere inItalia, a decorrere dal luglio 1998,ha rafforzato la veste istituzionaledella C.C.I-B nei confronti degli in-terlocutori politici ed economici deidue Paesi, nonché, conseguente-mente, il ruolo di sostegno da essasvolto a favore dei propri associati.

Summit Economic Forum CEI - Central European InitiativeBudapest, 22-25 Novembre 2000

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2001 217Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Le stime di crescita del Prodotto in-terno lordo italiano sono state pro-gressivamente ridimensionate. Contutta probabilità, per non dire cer-tezza, il 2001 si chiuderà con unaumento reale inferiore al 2 percento. Le previsioni più recenti re-datte dal Centro studi Confindu-stria, Prometeia, Isae e Fondo mo-netario internazionale dopo i tragicieventi americani, si sono attestateall'1,9-1,8 per cento. Gli attentatidell'11 settembre alle torri gemelledi New York e al Pentagono hannoreso ancora più incerta la situazio-ne economica italiana, di per sé giàin rallentamento a causa della pe-santezza del quadro internazionalee della decelerazione della doman-da interna. Stime risalenti a inizioautunno parlano di un impatto ne-gativo dell'attentato sulla crescitadel Pil italiano attorno ai 0,2-0,3punti percentuali, con il rischio chela crescita prevista, scendendosotto il 2 per cento, comprometta ilraggiungimento dell'obiettivo dello0,8 per cento in termini di deficitdella P.a. sul Pil. In Emilia-Romagna i primi otto -nove mesi del 2001 si sono chiusiin termini che si possono tuttavia ri-tenere sostanzialmente positivi,nonostante il rallentamento eviden-ziato nei confronti di un anno percerti versi straordinario quale il2000. Il mercato del lavoro è stato carat-terizzato dalla crescita dell’occupa-zione e dal contestuale calo dellepersone in cerca di occupazione.L’industria manifatturiera è cresciu-

ta meno intensamente, ma è tutta-via riuscita a migliorare rispetto adun anno molto intonato quale il2000. L'industria delle costruzioniha dato qualche segnale di rallen-tamento produttivo, dopo i buoni ri-sultati che hanno caratterizzato ilbiennio 1999-2000. Gli impieghibancari sono cresciuti meno velo-cemente, ma in termini comunqueapprezzabili, mentre si è ridotto ilpeso delle sofferenze. La stagioneturistica, pur nell'eterogeneità deidati disponibili, è stata caratterizza-ta dalla ripresa di arrivi e presenze.I trasporti aerei sono aumentatinuovamente. Lo stesso è avvenutoper quelli marittimi. L’export è cre-sciuto meno velocemente rispettoal 2000. I protesti sono aumentati.Altrettanto è avvenuto per i falli-menti. I prezzi alla produzione e alconsumo sono cresciuti in misurapiù contenuta, in linea con la ten-denza nazionale. Qualche segnaledi tenue ripresa è venuto dalle atti-vità commerciali, per effetto soprat-tutto della buona intonazione degliesercizi di maggiori dimensioni. L’a-gricoltura ha riportato non pochidanni a causa delle avverse condi-zioni climatiche e non dovrebbeavere mantenuto i livelli produttivirilevati nel 2000. La pesca maritti-ma ha registrato la crescita di prez-zi e ricavi. L’artigianato ha visto di-minuire gli interventi di sostegno alreddito effettuati da Eber, sottinten-dendo una situazione congiuntura-le meglio intonata rispetto al 2000.Sono aumentate le ore perdute perscioperi, soprattutto a causa della

vertenza dei metalmeccanici. Sonodiminuite le ore autorizzate di Cas-sa integrazione guadagni di matriceanticongiunturale, ma leggermenteaumentate quelle straordinarie. Lacompagine imprenditoriale è risul-tata in espansione.Nel 2000 il reddito dell’Emilia-Ro-magna, secondo le prime stime re-datte dall'Istituto Guglielmo Taglia-carne, è aumentato in termini realidel 3,4 per cento. Solo la Toscanaè riuscita ad uguagliare la crescitaemiliano - romagnola. La valutazione sull’andamento delreddito regionale del 2001 non ri-sulta facile a causa della provviso-rietà e incompletezza dei dati dis-ponibili. Tuttavia ci attendiamo untasso di crescita reale del Prodottointerno lordo emiliano - romagnoloattestato al 2 per cento. Il rallenta-mento rispetto al 2000 deriverà so-prattutto dal calo della produzioneagricola, penalizzata da avversecondizioni climatiche, e dalla dece-lerazione dell'industria. In sintesi, il2001 può essere considerato perl'Emilia-Romagna, alla luce delladebolezza del quadro congiunturalenazionale e internazionale, come unanno di sostanziale tenuta rispettoall'ottimo 2000. Quanto avvenutonegli Stati Uniti d'America farà sen-tire i suoi effetti soprattutto nel2002. Il calo della domanda internamondiale colpirà soprattutto il com-mercio internazionale oltre ai tra-sporti aerei e al turismo. I turisti cheaffluiscono in regione servendosi diaerei potrebbero obiettivamente di-minuire, man mano che aumentano

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le distanze, ma è anche vero che laregione potrebbe accogliere partedella clientela italiana prima direttaall'estero, arrivando ad una sorta dicompensazione. Se i flussi turisticiamericani in Emilia-Romagna, adesempio, costituiscono una partesostanzialmente esigua delle pre-senze, non altrettanto si può direper il commercio estero. Nel 2000gli U.S.A. hanno acquistato merciper 6.314 miliardi di lire, risultando ilterzo cliente, dopo Francia e Ger-mania. Una contrazione del 4-5 percento, e la stima potrebbe peccareper difetto, costerebbe all'Emilia-Romagna minori introiti per circa 3-400 miliardi di lire. Le incognite nonmancano, ma l'economia mondialeha in sé le capacità per reagire egettare le fondamenta per una nuo-va ripresa, che non può tuttaviaprescindere dalla pace. Questa infondo è la scommessa principaleche una regione ben integrata nelquadro economico internazionale,quale l'Emilia-Romagna, può sicu-ramente vincere.

Passiamo ora ad illustrare più det-tagliatamente alcuni temi specificidella congiuntura del 2001, riman-dando ai capitoli specifici coloroche ambiscono ad un ulteriore ap-profondimento.Il mercato del lavoro ha registratoun andamento nuovamente positi-vo. Le rilevazioni Istat sulle forze dilavoro hanno stimato nei primi set-te mesi dell’anno in Emilia-Roma-gna una media di 1.779.000 occu-pati, vale a dire l’1,0 per cento in

più rispetto allo stesso periodo del2000, equivalente, in termini asso-luti, a circa 19.000 persone. In linea con gli anni passati, il trenddi crescita occupazionale ha inte-ressato maggiormente le donne(+1,2 per cento), piuttosto che gliuomini (+0,9 per cento).Con riguardo alla posizione profes-sionale, l’occupazione alle dipen-denze è aumentata del 2,1 per cen-to, a fronte del lieve calo dello 0,2per cento degli occupati indipen-denti. Il comparto agricolo ha accu-sato una forte diminuzione degliaddetti (-5,3 per cento) rispetto al2000. Il settore industriale ha inve-ce registrato un aumento occupa-zionale decisamente superiore ri-spetto alle rilevazioni del medesimodei primi sette mesi 2000. In cre-scita è apparso anche il ramo delterziario (+1,4 per cento), per effet-to soprattutto della componente al-le dipendenze salita del 3,1 percento rispetto alla flessione del 2,2per cento degli occupati autonomi.Le persone in cerca di occupazionesono risultate circa 75.000, vale adire il 3 per cento in meno rispettoai primi sette mesi del 2000. Il tas-so di disoccupazione è sceso dal4,2 al 4,0 per cento.Il numero delle imprese attive delsettore dell'agricoltura, caccia esilvicoltura si è ridotto anche nelcorso del 2000 e dei primi nove me-si del 2001. Anche l’occupazioneagricola ha registrato un sensibilecalo. Per la cerealicoltura, l’annataagraria 2000/2001 è stata caratte-rizzata da due problemi di gravità

inconsueta, l’uno colturale, attacchifungini, l’altro commerciale, dovutoagli effetti della grave crisi del setto-re zootecnico determinata dallaBSE. Per tutte le varietà di pere, lacampagna 2001 è stata caratteriz-zata da una produzione scarsa ri-spetto ai livelli medi fatti registrarenell’ultimo decennio. Le mele hannobeneficiato di quotazioni positive,dovute alla scarsità dell'offerta. Do-po ripetute annate negative, lacampagna 2001 delle pesche e del-le nettarine è finalmente risultatapositiva, sia per i volumi, sia per i ri-cavi. Nel settore bovino l’annata èstata caratterizzata dall’avvio deicontrolli e dall’individuazione deiprimi casi in Italia di Bse, ed è risul-tata molto critica per l’intera filiera,non solo per quanto riguarda lequotazioni. Per il settore suinicolol’avvio dell’anno è stato positivo siaper gli animali da vita che per quellida macello. Lo spostamento delladomanda verso la carne suina, aseguito della BSE, non è tuttavia ri-sultato della ampiezza sperata daglioperatori del settore.Nella pesca marittima, nel periodoottobre 2000 - settembre 2001 èstata registrata rispetto ai dodicimesi precedenti una riduzione del17,2 per cento della quantità delprodotto sbarcato nelle zone dicompetenza di Goro, Marina di Ra-venna e Rimini. Il pescato introdot-to e venduto nei sette mercati itticiregionali ha registrato un caloquantitativo del 5 per cento. Il rela-tivo valore è invece aumentato sen-sibilmente (+27 per cento), a causa

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del sensibile aumento dei prezzimedi (+34 per cento).Nei primi nove mesi del 2001 l’in-dustria manifatturiera ha evi-denziato tassi di crescita più conte-nuti rispetto a quelli riscontrati nel-lo stesso periodo del 2000. Il volume della produzione è au-mentato, tra gennaio e settembre,del 2,8 per cento rispetto allo stes-so periodo del 2000, che a sua vol-ta era risultato in crescita del 6,2per cento rispetto ai primi nove me-si del 1999. Il fatturato è cresciuto in terminimonetari del 5,4 per cento, rispettoall’incremento del 9,3 per cento re-gistrato nei primi nove mesi del2000. In rapporto all’inflazione, sia-mo di fronte ad un margine positivomeno ampio rispetto a quello ri-scontrato nel 2000. In termini reali,ovvero senza considerare l’incre-mento dei prezzi alla produzione, èstato registrato un aumento dellevendite del 3,3 per cento, inferioredi quasi quattro punti percentualiall'evoluzione dei primi nove mesidel 2000. Al rallentamento del qua-dro produttivo - commerciale non èstata estranea la domanda, cre-sciuta nel suo complesso del 2,5per cento, rispetto all'incrementodel 7,1 per cento dei primi novemesi del 2000. Il mercato interno èaumentato dell'1,4 per cento, valea dire circa cinque punti percentua-li in meno rispetto al trend dei priminove mesi del 2000. Gli ordini dal-l’estero sono cresciuti più veloce-mente di quelli interni, ma anche inquesto caso siamo di fronte ad un

rallentamento rispetto alla crescitadel 2000. La quota di esportazioni sul fattura-to si è attestata al 34 per cento, su-perando leggermente i valori emersinei primi nove mesi del 2000. I prezzi alla produzione sono appar-si in rallentamento, in linea con latendenza nazionale. Il tasso di cre-scita, pari al 2,2 per cento, si èmantenuto al di sotto dell'inflazione. Il periodo di produzione assicuratodal portafoglio ordini si è attestatopoco oltre i tre mesi, confermandonella sostanza la situazione emersanei primi nove mesi del 2000.L’approvvigionamento dei materialidestinati alla produzione è risultatopiù agevole, scontando con tuttaprobabilità la minore pressioneesercitata da una domanda in ral-lentamento. Le giacenze dei prodotti destinatialla vendita sono state dichiarate inesubero da un numero più ampio diaziende, mentre è contestualmentediminuita la quota di chi, al contra-rio, le ha giudicate scarse.L’occupazione è apparsa media-mente in crescita nel campionecongiunturale dell'1,3 per cento.Nei primi nove mesi dell’anno si re-gistrano di norma degli aumenti, inquanto è molto forte l’influenza del-le assunzioni stagionali effettuatesoprattutto dalle industrie alimenta-ri nel periodo estivo. Al di là di que-sta considerazione, resta tuttaviaun andamento apprezzabile, anchese meno intonato rispetto a quelloriscontrato nei primi nove mesi del2000.

La Cassa integrazione guadagni,dal lato degli interventi anticongiun-turali, è apparsa in calo. Nei priminove mesi del 2001 le ore autoriz-zate sono ammontate a 1.135.979,vale a dire il 13,6 per cento in me-no rispetto allo stesso periodo del2000. L’utilizzo degli interventistraordinari è apparso anch'esso indiminuzione: nei primi nove mesi èstata registrata una flessione pari al28,3 per cento. Se rapportiamo leore autorizzate per interventi anti-congiunturali ai dipendenti dell’in-dustria (il dato comprende tutte leattività economiche sulle quali le at-tività manifatturiere incidono pe-santemente), l’Emilia-Romagna hafatto registrare, relativamente ai pri-mi nove mesi del 2001, il miglioreindice nazionale (2,45), davanti aVeneto (2,47) e Calabria (2,65). I fallimenti dichiarati in sei provincenei primi cinque mesi del 2001 so-no scesi da 47 a 43.Per quanto concerne la movimenta-zione avvenuta nel Registro delleimprese, nei primi nove mesi del2001 il saldo fra imprese iscritte ecessate è risultato negativo per 58unità. Le crescite rilevate nel secon-do e terzo trimestre hanno compen-sato solo parzialmente la flessionedi 261 accusata nei primi tre mesi.Nei primi nove mesi del 2000 erastato registrato un passivo ancorapiù ampio, pari a 266 imprese. A fi-ne settembre 2001 sono risultateattive 58.822 imprese manifatturie-re, vale a dire lo 0,4 per cento in piùrispetto allo stesso mese del 2000.L'aumento del numero delle impre-

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se, avvenuto in presenza di un sal-do negativo tra iscrizioni e cessa-zioni non deve meravigliare, inquanto la consistenza delle impresepuò essere influenzata da variazionidi attività di imprese già esistenti nelRegistro. Nei primi nove mesi del2001 l'industria manifatturiera ha"guadagnato" 488 imprese a segui-to di variazioni, annullando di con-seguenza gli effetti della negativamovimentazione.L’industria delle costruzioni se-condo l’indagine relativa al primosemestre del 2001, effettuata dalsistema camerale con la collabora-zione del centro servizi Quasco, haregistrato un leggero rallentamentoproduttivo, dovuto essenzialmentealla decelerazione delle imprese dipiccola dimensione, parzialmentecompensata dalla crescita dellagrande dimensione, maggiormenteorientata alla produzione di operepubbliche. Il lieve calo produttivo èstato tuttavia bilanciato dal buonandamento della domanda. Si può quindi parlare di un quadrocongiunturale sostanzialmente sta-zionario che segue ad un periodo dicrescita. Riflessi positivi si sono avu-ti sui livelli occupazionali. Sia l’inda-gine congiunturale Unioncamere-Quasco che l’indagine Istat sulle for-ze lavoro hanno segnalato una cre-scita del numero degli occupati.Dal lato della posizione professio-nale, è stata la componente degliindipendenti a determinare la cre-scita complessiva del settore, afronte della flessione del 6,5 percento accusata dai dipendenti.

Per quanto concerne il commerciointerno, l’Emilia-Romagna, doveoperano circa 98.000 imprese impe-gnate nelle vendite al dettaglio, haregistrato nei primi nove mesi del-l’anno una crescita del volume dellevendite prossima all’1,0 per cento,leggermente superiore alla medianazionale. Se guardiamo all’evolu-zione dei singoli trimestri, quelloestivo è apparso in accelerazione ri-spetto ai primi due. La ripresa è sta-ta determinata soprattutto dalla vi-vacità della grande distribuzione, lecui vendite sono cresciute in volumedel 9,5 per cento (circa +6,3 percento a livello nazionale), a frontedel calo dello 0,9 per cento dellapiccola distribuzione e della sostan-ziale stazionarietà degli esercizi di

media dimensione (+0,5 per cento).Per quanto riguarda il commercioestero, secondo i dati diffusi dall’I-STAT relativi al primo semestre2001, le esportazioni italiane hannoregistrato un aumento in valore del12,3 per cento rispetto all’analogoperiodo del 2000. L’incrementotendenziale più marcato è stato re-gistrato nel Mezzogiorno (più 13,5per cento), seguito da quello dell'I-talia Centrale (più 12,8 per cento).Nell'Italia Nord - orientale solamen-te il Veneto (più 15,6 per cento) hafatto registrare un incremento su-periore alla media nazionale. A talerisultato hanno contribuito, in parti-colare, il sensibile aumento delleesportazioni di prodotti della modae metalmeccanici.

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Da sinistra: Mario Ruozzi Berretta, Presidente CCIAA Terni - Alviero Moretti, Presidente CCIAAPerugia - Luigi Matrobuono, Segr. Gen. Unioncamere - Danilo Longhi, Presidente CCIAA di Vicenza- Antonino Zaniboni, Presidente CCIAA di Mantova - Sergio Mazzi, Presidente CCIAA di Forlì-Cesena- Aldo Ferrari, Presidente CCIAA di Reggio Emilia - Vittorio Macchitella, Vice Seg. Gen. Unioncamere

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L’Emilia-Romagna è cresciuta del7,7 per cento, risultando, in valoreassoluto, la quarta regione italiana,preceduta da Piemonte, Veneto eLombardia. I settori che hanno evi-denziato tassi di crescita superiorialla media sono quelli appartenential sistema moda - in particolare ilcomparto delle pelli, cuoio e calza-ture – dell’elettricità-elettronica edei mezzi di trasporto. I restanticomparti dell’industria manifatturie-ra hanno evidenziato incrementimolto contenuti e, nel caso del set-tore della carta stampa editoria,addirittura di segno negativo.Piacenza e Forlì - Cesena sono leuniche province dell'Emilia-Roma-gna a mostrare saggi di crescitasuperiori alla media nazionale. Leesportazioni di Piacenza sono au-mentate del 16 per cento, in virtùdel buon andamento del sistemamoda e del comparto metalmecca-nico. La crescita di Forlì-Cesena sideve all’incremento superiore al 40per cento delle vendite all’estero diprodotti del comparto delle pelli,cuoio e calzature e alla buona tenu-ta del comparto meccanico.La stagione turistica dell'Emilia-Romagna dei primi sette - novemesi del 2001 si è chiusa in terminisostanzialmente positivi. La RivieraAdriatica ha continuato a giocare ilsuo ruolo fondamentale nell'attrarreturismo. Le città d'arte e, in misuraminore, le località termali hanno be-neficiato di una fase espansiva. Lelocalità turistiche dell'Appenninocontinuano invece a vivere una fasecontrassegnata da una lenta e gra-

duale contrazione del turismo.In generale, nei primi sette mesi del2001, i dati relativi a otto province,hanno registrato una situazione dimoderata crescita di arrivi e pre-senze, con aumenti rispettivamentepari al 2,4 e 3,5 per cento. L'evoluzione delle spese legate alturismo è risultata poco intonata.Nel primo semestre 2001, l'Ufficioitaliano cambi ha stimato introiti de-rivanti dal turismo internazionale perquasi 1.324 miliardi di lire rispetto ai1.435 miliardi dell'analogo periododel 2000. I primi sei mesi di que-st'anno hanno visto ridursi l'attivodella bilancia dei pagamenti turisticada 356 miliardi a 209 miliardi di lire.L’andamento dei trasporti aereicommerciali rilevato nei quattroprincipali scali dell'Emilia-Romagnaè stato contraddistinto da una pre-valente tendenza espansiva. Gli ef-fetti dell'attentato dell'11 settem-bre sono apparsi evidenti in otto-bre, come inevitabile conseguenzadalla paura di volare. Sulla base deidati disponibili è stato lo scalo bo-lognese a subire la flessione pas-seggeri più accentuata, mentreParma è apparsa in crescita. L'aeroporto Guglielmo Marconi diBologna ha fatto registrare nei primidieci mesi del 2001, secondo i datidiffusi dalla Direzione commerciale& marketing della S.a.b., un mode-sto incremento dei traffici. La cre-scita sarebbe certamente stata piùampia, se l'aeroporto non fosse ri-masto chiuso dalla mezzanotte del26 marzo alle ore sei del primo apri-le, a causa dei lavori di rifacimento

della pista. Il traffico è stato conse-guentemente dirottato in gran partesull'aeroporto di Forlì, che ha vistocrescere notevolmente il propriotraffico di linea, che normalmente siarticola su pochi voli mensili. Un'al-tra causa del rallentamento, comeaccennato precedentemente, è sta-ta rappresentata dalle conseguenzedell'attentato dell'11 settembre,che ha provocato in ottobre unabrusca flessione del movimento siaaereo (-3,0 per cento) che passeg-geri (-22,0 per cento). Gli aeromobili atterrati e decollati alGuglielmo Marconi, tra voli di lineae charter, sono risultati 49.002, conun incremento dell'1,0 per cento ri-spetto allo stesso periodo del2000. La crescita dei voli si è asso-ciata al lieve aumento dei passeg-geri movimentati, passati da3.067.661 a 3.087.562, per un in-cremento percentuale dello 0,6 percento. Nello scalo riminese i primi otto me-si del 2001 si sono chiusi in terminimoderatamente negativi. Al calo deicharters movimentati, passati da1.890 a 1.497, si è associata la lie-ve diminuzione del relativo movi-mento passeggeri - a Rimini il gros-so del traffico è costituito dai voli in-ternazionali - pari allo 0,3 per cento. Nell’aeroporto L. Ridolfi di Forlì, neiprimi nove mesi del 2001 sono sta-ti movimentati 1.105 aeromobili fravoli di linea e charters rispetto ai624 dello stesso periodo del 2000.Il forte incremento del movimentoaereo è da attribuire alla notevolecrescita - da 142 a 540 - evidenzia-

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ta dai voli di linea rispetto ai char-ters cresciuti da 482 a 565. Lastraordinaria impennata dei voli di li-nea è stata determinata dai dirotta-menti provocati dalla chiusura del-l'aeroporto di Bologna - dalla mez-zanotte del 26 marzo alle ore sei delprimo aprile - per lavori di rifacimen-to della pista. In sintesi siamo inpresenza di un andamento "droga-to" da un evento straordinario.L’aeroporto Giuseppe Verdi di Par-ma, nei primi undici mesi del 2001ha evidenziato un andamento spic-catamente espansivo. Gli aerei arrivati e partiti, tra voli dilinea, charter e taxi-privati - avia-zione generale sono risultati19.081, vale a dire l'8,8 per centoin più rispetto ai primi undici mesidel 2000. I passeggeri movimentati sonopassati da 65.441 a 77.748, per unaumento percentuale pari al 18,8per cento. Per quanto riguarda i dati sul movi-mento marittimo, secondo i datidiffusi dall’Autorità portuale di Ra-venna, il movimento merci del por-to di Ravenna è stato pari a19.978.115 tonnellate, con un in-cremento del 5,9 per cento rispettoai primi dieci mesi del 2000, equi-valente, in termini assoluti, a oltre1.103.000 tonnellate. Il migliora-mento dei traffici, avvenuto in uncontesto di rallentamento del com-mercio internazionale e della do-manda interna, è da attribuire allavivacità delle merci secche - contri-buiscono a caratterizzare l’aspettosquisitamente commerciale di uno

scalo portuale - cresciute del 16,1per cento rispetto ai primi dieci me-si del 2000. Il traffico petrolifero,che incide relativamente nell'eco-nomia portuale, si è ridottodell'11,6 per cento, per effetto del-la flessione accusata dalla voce piùimportante, vale a dire gli oli com-bustibili pesanti. In calo sono risul-tate anche le altre rinfusa liquide (-4,5 per cento). Per una voce ad al-to valore aggiunto per l’economiaportuale, quale i containers, i primidieci mesi del 2001 si sono chiusiin perdita. In termini di teu, vale adire l’unità di misura internazionaleche valuta l’ingombro di stiva diquesti enormi scatoloni metallici, siè passati da 150.711 a 132.347teus, per un decremento percen-tuale del 12,2 per cento, principal-mente dovuto alla flessione accu-sata dai cts vuoti da 20 pollici. Lerelative merci movimentate sonoammontate a 1.381.769 tonnellate,con una diminuzione del 5,5 percento rispetto ai primi dieci mesidel 2000. Nel settore del credito, prima dellasensibile inversione di tendenza av-venuta nella seconda parte del2001, la favorevole evoluzione dellacongiuntura dei primi sei mesi siera direttamente riflessa sull’evolu-zione degli aggregati del credito. Agiugno 2001, rispetto allo stessomese dello scorso anno, gli impie-ghi, a livello nazionale e regionale,rilevati per localizzazione deglisportelli o per localizzazione dellaclientela, erano aumentati tra il 9 eil 10 per cento. I depositi erano in-

vece risultati pressoché stazionari alivello nazionale mentre in Emilia-Romagna avevano registrato unaumento del 4,3 per cento. Le par-tite anomale, riferite per localizza-zione a clientela emiliano - roma-gnola, sono risultate in diminuzionedel 7,2 per cento e pari a solo il4,25 per cento degli impieghi. I tas-si bancari regionali attivi e passivi,dopo avere toccato il picco dellafase ascendente nel primo trime-stre 2001, hanno cominciato ascendere nel secondo trimestre,sulla scia dell’andamento dei tassiinternazionali.Nel Registro delle imprese figura-va a fine settembre 2001 una consi-stenza di 409.797 imprese attive ri-spetto alle 407.551 di fine settem-bre 2000, per un aumento tenden-ziale pari allo 0,6 per cento. In am-bito nazionale l'Emilia-Romagna haregistrato un incremento inferiorealla media nazionale di +1,0 percento, collocandosi in una sorta diposizione mediana, se si considerache nove regioni hanno evidenziatoaumenti più sostenuti, compresi frail +0,6 per cento della Liguria e il+4,0 per cento della Calabria. Il saldo fra imprese iscritte e cessa-te dei primi nove mesi del 2001 èrisultato attivo per 4.342 unità, conun peggioramento rispetto al sur-plus di 4.937 imprese dei primi no-ve mesi del 2000. Se guardiamo all’andamento deivari rami di attività, possiamo evin-cere che la crescita del Registrodelle imprese è stata dettata dalleattività industriali, salite del 3,0 per

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cento. Più in dettaglio sono state leindustrie delle costruzioni e installa-zione impianti (+6,0 per cento) adeterminare la crescita. L'industriamanifatturiera - caratterizza il 14per cento circa del Registro delleimprese - ha registrato un leggeroaumento (0,4 per cento), in partedovuto all'incremento riscontratonelle industrie metalmeccaniche,che ha annullato la nuova flessione(-3,1 per cento) emersa nelle im-prese operanti nel campo della mo-da. Le attività del terziario sono au-mentate dell'1,4 per cento. Le per-formances rilevate nelle attività diintermediazione monetaria e finan-ziaria, e nelle attività immobiliari, dinoleggio, informatica e ricerca so-no state frenate dai cali dello 0,6 e0,4 per cento rilevati rispettivamen-te nel commercio e riparazioni - co-stituisce circa un quarto del Regi-stro delle imprese - e nei servizipubblici, sociali e personali. Da se-gnalare l'ottimo andamento del set-tore dell'istruzione, cresciutodell'8,9 per cento. Per alberghi, ri-storanti e pubblici esercizi è statorilevato un modesto aumento dello0,1 per cento. Il settore dell’agri-coltura, silvicoltura e pesca ha ac-cusato una nuova diminuzione parial 3,9 per cento, in linea con la fles-sione dell’occupazione indipenden-te emersa nei primi sette mesi del2001. In termini di saldo fra iscrizio-ni e cessazioni è emerso un valorenegativo pari a 2.309 imprese. Re-sta tuttavia da chiedersi quantopuò avere influito su questo nuovopesante calo, l'opera di revisione in

atto sugli archivi al fine di eliminarei doppioni.Dal lato della forma giuridica, ècontinuato l’incremento delle so-cietà di capitale, cresciute del 7,8per cento rispetto al mese di set-tembre del 2000. Per le società dipersone è stato registrato un au-mento tendenziale più contenutopari all’1,0 per cento. Per le ditteindividuali è emersa una diminuzio-ne dello 0,9 per cento. Nelle altreforme societarie, che costituisconoun aspetto marginale del Registrodelle imprese, è stato registrato unincremento del 2,0 per cento. Ladiffusione delle società di capitale èun fenomeno che è in atto da lungadata. A fine settembre 2001 hannocaratterizzato il 12,1 per cento delRegistro imprese. Quattro anni pri-ma l'incidenza era del 9,5 per cen-to. Per le ditte individuali è stato in-vece rilevato un cammino opposto.Dalla quota del 69,1 per cento delsettembre 1997 si è scesi al 64,3per cento del settembre 2001.

Un altro importante aspetto del Re-gistro delle imprese è rappresenta-to dallo status delle imprese regi-strate. Quelle attive costituiscononaturalmente la maggioranza, se-guite da quelle inattive, liquidate, infallimento e sospese, che rimango-no formalmente iscritte nel Registrodelle imprese. All'aumento dello0,6 per cento riscontrato, come giàvisto, nel gruppo delle attive, si so-no associati gli incrementi di tutti glialtri status, spaziando dal +1,4 per

cento delle sospese al +7,8 percento delle sospese. E' da sottoli-neare l'alta incidenza di imprese at-tive sul totale delle registrate chel'Emilia-Romagna evidenzia rispet-to alla media nazionale: 89,7 contro84,6 per cento. In ambito italianosolo quattro regioni, vale a direTrentino-Alto Adige, Molise, Venetoe Marche hanno registrato percen-tuali superiori.

L’andamento dell’artigianato del-l'Emilia-Romagna nel 2001 risultadi non facile valutazione a causadell'assenza di specifiche indaginicongiunturali. Gli unici dati disponi-bili, che possono riflettere, anchese parzialmente e indirettamente,l'andamento congiunturale, sonorappresentati dagli interventi chel'Ente Bilaterale Emilia-Romagna(EBER), effettua presso le impreseartigiane dotate di dipendenti. Sot-to questo aspetto, la situazionecongiunturale dei primi sei mesidell’anno si è evoluta favorevol-mente, alla luce della sensibile di-minuzione del ricorso al Fondo diSostegno al Reddito e dell’incre-mento delle erogazioni del FondoImprese, in particolare quelle diret-te al sostegno della qualità (marchiCE, brevetti), all’acquisto di mac-chinari utensili e al risanamento.I dati forniti dall’Artigiancassa di-mostrano una tendenza al rallenta-mento del numero di domande difinanziamento e delle erogazioni ef-fettuate. A nostro parere, questatendenza non va considerata comeun indicatore di sfiducia delle im-

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prese artigiane e quindi come unsegnale congiunturale negativo;piuttosto, riteniamo che esso sia unfenomeno legato alla ricerca daparte delle imprese artigiane dellanostra regione di fonti di finanzia-mento alternative.Riguardo la cooperazione, i dati dipreconsuntivo 2001 relativi alle co-operative associate a Confcoope-rative hanno evidenziato una realtàproduttiva dinamica, estesa anchea quei settori caratterizzati da unandamento congiunturale del mer-cato non favorevole. Il compartoagroindustriale ha beneficiato diun’annata agraria caratterizzata daproduzioni quantitativamente nellanorma e di buona qualità, regi-strando, sia pure in maniera nonuniforme, un incremento di fattura-to nella maggioranza dei settori.Nell'ortofrutta la commercializza-zione della frutta estiva ha registra-to un buon andamento. Per la frut-ta invernale si prevede un conside-revole calo della produzione, chedovrebbe tuttavia essere compen-sato dagli incrementi di prezzo.Il mercato dei vini ha confermato latendenza al ribasso. Iin particolareviene confermata la difficoltà dicommercializzazione dei prodotti dimedia qualità. I prodotti di altissimaqualità, soprattutto nel compartodei vini rossi, continuano ad essererichiesti, pur nella tendenza al ri-basso dei prezzi.Nel settore lattiero-caseario, aduna produzione che continua amantenersi stabile sotto l’aspettoquantitativo, ha fatto riscontro un

buon andamento di mercato. L’occupazione del settore agroin-dustriale è apparsa sostanzialmen-te stabile a conferma del sostanzia-le consolidamento delle quantità la-vorate in quasi tutti i settori.Il settore lavoro e servizi beneficerànel 2001 di un considerevole au-mento di fatturato (+15 per cento)con un conseguente incrementodell'occupazione. Il settore solidarietà sociale conti-nua a garantire buone performan-ces, sia in termini di incremento diaddetti che di fatturato.La Cassa integrazione guadagniè stata caratterizzata dalla flessionedel ricorso agli interventi anticon-giunturali. Nei primi nove mesi del2001 le ore autorizzate sono risul-tate pari a 1.194.872, vale a dire il23,9 per cento in meno rispetto al-l'analogo periodo del 2000, sintesidei decrementi del 30,2 e 23,7 percento riscontrati rispettivamenteper impiegati e operai. Questo an-damento è risultato in contro ten-denza con la tendenza espansivaemersa nel Paese. Se rapportiamo le ore autorizzate diCig ordinaria dei primi nove mesidel 2001 alla consistenza degli oc-cupati alle dipendenze possiamo ri-cavare un indice che possiamo de-finire di "malessere congiunturale".Sotto questo aspetto l'Emilia-Ro-magna ha fatto registrare il migliorerapporto nazionale pari ad appena2,45 ore pro capite. Gli indici piùelevati sono stati riscontrati in Valled'Aosta (29,30), Lazio (17,91) ePiemonte (15,09). La media nazio-

nale si è attestata a 6,85 ore per di-pendente dell'industria.La Cassa integrazione guadagnistraordinaria viene concessa perfronteggiare gli stati di crisi azienda-le, locale e settoriale oppure perprovvedere a ristrutturazioni, ricon-versioni e riorganizzazioni. Nei priminove mesi del 2001 le ore autorizza-te sono risultate 1.239.744, vale adire il 2,1 per cento in più rispettoallo stesso periodo del 2000. Lamodesta crescita è stata determina-ta dal forte aumento degli impiegati(+80,0 per cento), a fronte della fles-sione del 20,1 per cento riscontrataper gli operai. In questo caso occor-re adottare una certa cautela nell’in-terpretazione dei dati in quanto l’iterburocratico legato alla concessionedella Cig, per quanto sveltito rispet-to al passato, comporta tempi unpo' più ampi di quelli vigenti per gliinterventi anticongiunturali. Non è quindi da escludere che il2001 possa avere ereditato qual-che situazione pregressa. Al di là diquesta doverosa considerazione,bisogna tuttavia sottolineare che ilcarico di ore utilizzate dei primi no-ve mesi del 2000 è risultato inferio-re del 29 per cento circa rispettoall'utilizzo rilevato nell'analogo pe-riodo del 1998.La gestione speciale edilizia vienedi norma concessa quando il mal-tempo impedisce l'attività dei can-tieri. Ogni variazione deve essereconseguentemente interpretata, te-nendo conto di questa situazione.Eventuali aumenti possono corri-spondere a condizioni atmosferiche

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2001 225Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

avverse, ma anche sottintendere lacrescita dei cantieri in opera. Le di-minuzioni si prestano naturalmentead una lettura di segno opposto.Ciò premesso, nei primi nove mesidel 2001 sono state registrate1.157.049 ore autorizzate, con uncalo del 17,9 per cento rispetto al-lo stesso periodo del 2000. Questoandamento è avvenuto in presenzadel rallentamento della attività edili-zia e in un contesto climatico carat-terizzato da una stagione invernalericca di precipitazioni. Per i protesti cambiari al di là del-la necessaria cautela imposta dallaincompletezza dei dati disponibili,nei primi mesi del 2001 è emersauna tendenza espansiva. Questoandamento potrebbe sottintendereuna peggiorata liquidità, da leggereanch'essa come segnale del rallen-tamento congiunturale che ha inte-ressato il 2001.La situazione rilevata in quattroprovince dell’Emilia-Romagna neiprimi quattro mesi del 2001, rispet-to all'analogo periodo del 2000, èstata caratterizzata dalla crescita(+8,0 per cento) delle somme pro-testate, nonostante la leggera dimi-nuzione dello 0,9 per cento del nu-mero degli effetti. Per quanto concerne le cambiali -pagherò siamo di fronte ad un au-mento del 3,5 per cento in termininumerici e ad una crescita (+18,0per cento) delle somme protestate.Le tratte non accettate (non sonooggetto di pubblicazione sul bollet-tino dei protesti cambiari) sono in-vece diminuite sia come numero di

effetti protestati (-20,3 per cento),sia come importi (-13,5). Gli asse-gni sono risultati in calo come nu-mero effetti (-1,2 per cento), men-tre in termini di importi c'è stato unincremento del 3,2 per cento. Per quanto concerne i fallimentidichiarati, la tendenza emersa insei province nei primi cinque mesidel 2001 è risultata di segno nega-tivo, con un aumento del 13,8 percento rispetto all'analogo periododel 2000. Gli incrementi percentuali più rile-vanti hanno riguardato i settori del-le costruzioni e installazioni impian-ti e delle attività immobiliari, noleg-gio, informatica e ricerca. Il ramodel commercio, che costituisceparte importante del Registro delleimprese, è aumentato del 5,5 percento. Non sono mancate le dimi-nuzioni relative alle industrie mani-fatturiere e agli alberghi e ristoranti.

Se osserviamo la consistenza delleimprese in fallimento registratepresso il Registro delle imprese - ildato non è confrontabile con la sta-tistica dei fallimenti dichiarati - èstato rilevato un andamento che harispecchiato la tendenza emersadalle statistiche dei fallimenti di-chiarati. Le imprese in fallimento afine settembre 2001 sono risultate12.347, vale a dire il 3,7 per centoin più rispetto allo stesso periododel 2000, che a sua volta aveva re-gistrato una crescita tendenzialepari all'8,3 per cento. L’incidenzasul totale delle imprese registrate ètuttavia risultata limitata ad una

quota del 2,7 per cento, rispetto al3,8 per cento riscontrato nel Pae-se. Solo quattro regioni, vale a direPiemonte (2,6), Basilicata (2,3),Molise (2,0) e Trentino-Alto Adige(1,6) hanno registrato rapporti piùcontenuti. Le imprese liquidateiscritte nel Registro delle impresesono risultate 13.776 rispetto alle13.139 in essere a fine settembre2000, per un aumento percentualepari al 4,8 per cento. L’incidenzadelle imprese liquidate sul totaledelle registrate è stata pari in Emi-lia-Romagna al 3,0 per cento, afronte del 4,4 per cento del Paese.Anche in questo caso solo quattroregioni hanno evidenziato rapportipiù contenuti, le stesse descritteprecedentemente in merito alle im-prese in fallimento.La conflittualità del lavoro è ap-parsa in crescita. Dalle 707.000 oredi lavoro perdute da gennaio a otto-bre del 2000 in Emilia-Romagna,tutte dovute a conflitti originati dairapporti di lavoro, si è passati alle746.000 ore dello stesso periododel 2001. L'aumento delle ore per-dute, che è stato determinato dal-l'agitazione dei metalmeccanici del-lo scorso luglio, si è associato allacrescita dei partecipanti passati da76.401 a 90.724. Il numero dei con-flitti è invece sceso da 97 a 70.Se rapportiamo il numero dei parte-cipanti a quello degli occupati alledipendenze, pari a circa 1.227.000(il dato è relativo alla media dei pri-mi sette mesi), ne discende unapercentuale pari al 7,4 per cento(4,1 per cento nel Paese), più ele-

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vata rispetto al 6,3 per cento deiprimi dieci mesi del 2000.In ambito nazionale è stata regi-strata una uguale tendenza. Le oreperdute per scioperi sono ammon-tate a 4.557.000 rispetto ai4.344.000 dei primi dieci mesi del2000. La stragrande maggioranzadei conflitti è stata originata dairapporti di lavoro. Gli scioperi poli-tici hanno originato due soli conflit-ti che hanno visto la partecipazionedi 28.250 persone per un totale di6.000 ore perdute.Per quanto concerne il sistemadei prezzi, è stata rilevata una ge-nerale tendenza al rientro. Nel 2001l'indice dei prezzi al consumo perfamiglie di operai e impiegati rileva-to nella città di Bologna ha supera-to la soglia del 3 per cento - nonaccadeva dal novembre 1996 - nelmese di gennaio. Dal mese succes-sivo è subentrata una fase di so-stanziale rientro, fino ad arrivare insettembre ad un incremento ten-denziale del 2,4 per cento. In otto-bre l'indice è apparso in risalita al2,6 per cento. In Italia l'indice ge-nerale è sceso progressivamentedal 3,1 per cento di gennaio al 2,6per cento del bimestre settembre -ottobre. Il rientro dell'inflazione si èassociato al rallentamento dei prez-zi internazionali delle materie prime,dopo i forti rincari del 2000, soprat-tutto per quanto concerne il petro-lio greggio. Secondo l'indice Con-findustria, nel 2000 i prezzi interna-zionali delle materie prime espressiin dollari sono mediamente aumen-tati del 35,0 per cento. Nei primi

dieci mesi del 2001 è stata invecerilevata una diminuzione dell'8,0per cento. Il solo petrolio greggioche nel 2000 era aumentato media-mente del 60,4 per cento rispettoal 1999, nei primi dieci mesi del2001 ha mostrato un calo del 10,2per cento rispetto all'analogo pe-riodo del 2000. Se guardiamo all'e-voluzione in lire, nel 2000 l'indicegenerale delle materie prime eramediamente cresciuto del 52,1 percento. Nei primi dieci mesi si regi-stra un decremento del 4,3 percento. Per il petrolio greggio dal-l'aumento dell'84,5 per cento sipassa ad una diminuzione del 6,9per cento. Il diverso andamento deidue indici, in dollari e lire, è da at-tribuire alla debolezza dell'euro, equindi della lira, nei confronti dellamoneta americana.

Le indagini congiunturali condottesull'industria manifatturiera hannoregistrato una decelerazione deiprezzi alla produzione, anche se intermini relativamente contenuti. Neiprimi nove mesi è stato rilevato unaumento medio pari al 2,2 per cen-to rispetto alla crescita del 2,4 percento riscontrata nei primi nove me-si del 2000. I listini esteri sono au-mentati del 2,0 per cento, in misurapiù contenuta rispetto alla crescitadel 2,2 per cento di quelli interni. L'indice generale del costo di co-struzione di un fabbricato residen-ziale, relativo al capoluogo di regio-ne, è aumentato tendenzialmentein giugno di appena l'1,1 per cento,rispetto alla crescita dell'1,2 per

cento rilevata a gennaio. Nel giu-gno 2000 l'incremento tendenzialeera stato pari al 2,3 per cento.NelPaese l'aumento tendenziale del-l'indice generale di giugno è statodel 2,2 per cento, rispetto alla cre-scita del 3,0 per cento riscontratanel giugno 2000. La voce più dinamica, relativamen-te alla città di Bologna, è risultataquella dei materiali, la cui crescitatendenziale a giugno è statadell'1,7 per cento. L'aumento piùcontenuto è stato rappresentatodalla manodopera, pari allo 0,5 percento. Nel Paese è stata rilevatauna situazione simile, ma su livellirelativamente più elevati. Per i ma-teriali l'incremento è stato del 4,2per cento, per la manodopera dello0,6 per cento.Per quanto concerne le previsionidell'industria manifatturiera siprospetta per la produzione unabreve fase di recessione, che andràdal 4° trimestre 2001 fino a tutto il2° trimestre 2002. Nel corso deiprossimi dodici mesi, tra il IV trime-stre 2001 e il terzo trimestre 2002,la variazione della produzione ma-nifatturiera risulterà lievemente ne-gativa (-0,4 per cento), mentre neisuccessivi dodici mesi, grazie al-l’avvio della ripresa, il tasso mediodi sviluppo della produzione saliràal 3,1 per cento. Nello stesso pe-riodo gli ordini interni si ridurrannolievemente (-0,1 per cento). La va-riazione tendenziale degli ordiniesteri sarà invece positiva, pari al2,7 per cento.

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Lo scenario di base per l’industria manifatturiera emiliano-romagnolaNel corso del 3° trimestre 2001 ildeciso peggioramento congiuntura-le internazionale e interno si è rifles-so sull’andamento della produzionedell'industria manifatturiera regiona-le, che è risultato comunque ancorapositivo e pari allo 0,9%. Negli ultimidodici mesi l’incremento della pro-duzione industriale regionale è statodel 3,48%. Dopo la riduzione pari a–0,8% fatta segnare nel 2° trime-stre, secondo l’Istat, nel 3° trimestre2001, il tasso di crescita tendenzia-le della produzione industriale italia-na è risultato peggiore, pari a–1,3%. Negli ultimi dodici mesi, laproduzione industriale nazionale èaumentata solo dello 0,4% in media.Rispetto a quello nazionale, l’anda-mento regionale della produzionemanifatturiera ha risentito con ritar-do e in minore misura dell’accentua-zione del rallentamento economicomondiale.Le previsioni per le variabili macroe-conomiche internazionali e italiane,

impiegate come riferimento per ilmodello di stima di base, sono note-volmente peggiorate nel corso degliultimi mesi, soprattutto a causa del-l’attentato terroristico dell’11 set-tembre. Contemporaneamente so-no aumentati gli squilibri e i fattori diincertezza. Allo stato attuale, per laproduzione manifatturiera regionalesi prospetta una breve fase di reces-sione, che andrà dal 4° trimestre2001 fino a tutto il 2° trimestre2002. La crescita potrebbe mantenersi sulivelli inferiori all’attuale media degliultimi dieci anni fino alla metà del2003. Nel corso dei prossimi dodicimesi la variazione della produzionemanifatturiera risulterà lievementenegativa (-0,4%), mentre nei suc-cessivi dodici mesi, grazie all’avviodella ripresa, il tasso medio di svi-luppo della produzione raggiungeràil 3,1%. Nel 3° trimestre 2001, la va-riazione tendenziale degli ordini in-terni è risultata negativa (-1.4%) eha fatto segnare una brusca frenatarispetto al trimestre precedente. Ne-gli ultimi dodici mesi, gli ordini inter-

ni per l’industria regionale hannoavuto un aumento medio del 2,2%.Nonostante le difficoltà, l’andamen-to regionale appare migliore di quel-lo nazionale. Nel 3° trimestre 2001gli ordini nazionali per l’industria ita-liana si sono ridotti tendenzialmentedel 3,5%, mentre da ottobre 2000 asettembre 2001 hanno avuto un in-cremento dell’1%. Nei prossimi do-dici mesi, dato il forte rallentamentodella domanda interna e della pro-duzione italiana, gli ordini interni siridurranno lievemente (-0,1%). L’av-vio della fase di ripresa si avrà solodal 3° trimestre 2002, ma sarà fortee nei dodici mesi successivi, si regi-strerà una crescita media superioreal 5%. Nonostante il rallentamentodella congiuntura internazionale, lacrescita tendenziale degli ordiniesteri ha avuto solo una lieve ridu-zione nel 3° trimestre (+3,6%) e ne-gli ultimi dodici mesi è stata del5,1%. Secondo l'Istat, gli ordiniesteri per l'insieme dell'industria na-zionale hanno avuto una variazionetendenziale negativa (-7,2 %) nel 3°trimestre 2001 e a mala pena positi-va (+0,1%), nel periodo 09/2000 –10/2001. La crescita degli ordiniesteri dovrebbe toccare un minimoe riprendersi, tra la fine del 2001 e ilprincipio del 2002, mostrando mag-giore prontezza rispetto a quella de-gli ordini interni. Nel 2° trimestre2002 ritornerà sugli attuali livelli. Inmedia nei prossimi dodici mesi lavariazione tendenziale sarà del2,7%, mentre da ottobre 2002 asettembre 2003 gli ordini esteri au-menteranno del 6,6%.

Le previsioni 2002 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 2002Produzione Industriale Emilia-Romagna

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Uno scenario alternativo per l’industria manifatturiera emiliano-romagnolaLe variabili esogene del modello perla previsione di base derivano dalquadro definito in Prometeia, Rap-porto di previsione, Ottobre 2001.Lo scenario alternativo prendespunto dalla concreta possibilitàche gli interventi di politica moneta-ria, attuati dalla Fed e dalla Bce, e lemanovre antirecessive di politica fi-scale attuate a sostegno della do-manda, non riescano a sostenere lacrescita dell’attività economica nel-le tre principali aree mondiali, anchea causa dei fattori di rischio noneconomici – attentato dell’1 set-tembre in primis - che gravano sulclima di fiducia di famiglie ed impre-se. Per l’industria regionale l’effettodell’avvitarsi della recessione si tra-durrebbe in una variazione negativadella produzione pari a –1,5% nel2002, determinata dalla minore di-namica degli ordini esteri (+1,5%),che ne costituiscono il principalesostegno.

La previsione per i settori dell’industria manifatturiera emiliano-romagnolaL’industria dell’abbigliamento (Codifica Ateco91: 18)A fine 2001, per l'industria dell'abbi-gliamento, il ritmo di acquisizionedegli ordini risulterà in accelerazionerispetto all’anno precedente, ma sidimezzerà nel 2002. La fase positivaproseguirà negli anni seguenti. L'an-damento della produzione nel 2002segnerà un ulteriore rallentamento

dopo quello avutosi nel 2001, maresterà positivo.L’industria tessile (Codifica Ateco91: 17)L'industria tessile continuerà a sub-ire una flessione degli ordini anchenel 2002, ma di minore entità rispet-to a quella con la quale si chiuderà il2001. L’andamento della produzio-ne a fine 2001 risulterà di poco po-sitivo, ma il trend negativo in corsoporterà ad una sua lieve riduzionenel 2002.L’industria alimentare (Codifica Ateco91: 15, 16)La variazione degli ordini interni peril settore alimentare a fine del 2001risulterà positiva e superiore a quel-la dell’anno precedente. Nel 2002 ilritmo di acquisizione degli ordini in-terni rallenterà, in misura minima, eresterà ampiamente positivo. Il2001 si chiuderà con una variazionepositiva per gli ordini esteri, che nel2002 rimarranno pressoché invaria-ti. A fine 2001 la produzione del set-tore alimentare sarà superiore aquella del 2000 e aumenterà, in mi-sura minore, anche nel corso del2002.L’industria delle piastrelle in ce-ramica (Codifica Ateco91: 263)Continua la tendenza frenata del rit-mo di acquisizione degli ordini inter-ni per l’industria delle piastrelle , cheperò rimarrà positivo anche nel2002. Al contrario, gli ordini esteri ri-torneranno ad aumentare al terminedel prossimo anno. La produzioneaumenterà lievemente nel 2002, do-po la leggera riduzione che registre-rà quest’anno.

L’industria dell’elettricità e dell’elettronica (Codifica Ateco91: 30, 31, 32)Gli ordini per l’industria dell’elettrici-tà e dell’elettronica nel 2001 si ridur-ranno sensibilmente e la tendenzanegativa proseguirà, in misura mino-re, nel prossimo anno. Dopo la lievediminuzione con cui chiuderà il 2001la produzione del settore subirà unariduzione si ampiezza maggiore nel2002.L’industria meccanica tradizionale (Codifica Ateco91: 28, 29, 33)Gli ordini interni per l’industria mec-canica tradizionale si riprenderannoprontamente nel 2002, dopo la lieveriduzione con cui chiuderanno il2001. Sia il ritmo di acquisizione de-gli ordini esteri sia l’incremento dellaproduzione del settore meccanicotenderanno a ridursi rispetto all’an-no precedente sia a chiusura del2001, sia alla fine del 2002, pur re-stando ampiamente positivi, in parti-colare per la variazione degli ordiniesteri.

Le previsioni 2002 per l’Emilia-Romagna

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 229

Il sistema camerale protagonistadi una nuova governance del territorioLa graduale riforma del sistema re-gionale e locale attuata con la leggeregionale 3/99 di attuazione del de-centramento amministrativo in Emi-lia-Romagna ha messo in luce l’esi-genza di interpretare la prospettivadel “decentramento” non come il fi-ne, bensì come lo strumento di unampliamento delle responsabilità deiterritori e delle loro istituzioni politi-che, economiche e sociali. Conse-guentemente il principio di sussidia-rietà sembra aver trovato una suapiù corretta interpretazione grazie alcriterio della “prossimità”.L’idea tradizionale di sussidiarietàper la quale il pubblico intervienesolo quando la società non è in gra-do di organizzare la risposta ad unbisogno coincidente con un interes-se generale, sta evolvendo in vistadell’esigenza di garantire prioritaria-mente gli strumenti della massimaprossimità di una funzione e di unservizio a coloro che ne devonousufruire. Si sta affermando, pertan-to, il tema della “sussidiarietà attiva”che non è la semplice ripartizionedelle competenze tra i soggetti diquesto nuovo modello di “governan-ce”, ma la continua collaborazionetra i soggetti stessi per organizzareal meglio la prossimità delle funzionie dei servizi a coloro che chiedonouna risposta efficace e tempestiva albisogno che rappresentano. In que-sto contesto le Camere di Commer-cio si devono proporre come unodei soggetti protagonisti della go-

vernance delle politiche di sviluppoeconomico territoriale.Proprio la traduzione del principio di“sussidiarietà attiva”, nel senso diuna sempre maggiore prossimitàdelle politiche a chi rappresenta edesprime un bisogno, deve portare leCamere a proporsi come le interpre-ti più fedeli degli interessi di quellache è stata chiamata la “comunitàeconomica metropolitana”. Del re-sto gli abitanti di questa comunità ecioè imprese, lavoratori e consuma-tori, nella Camera di Commercio so-no seduti allo stesso tavolo per per-seguire un interesse comune che èallo stesso tempo il migliore (quellopiù prossimo) interesse per ciascu-no. Le Camere di Commercio sonogià per definizione, quindi, un’espe-

rienza di nuova governance del ter-ritorio. In questa direzione si è mos-sa l’Unione regionale che ha creatole condizioni per la concretizzazionedi alcuni atti molto importanti che nehanno consolidato il ruolo di interlo-cutore privilegiato del sistema Re-gione. Nel corso del 2001 questi at-ti dovranno trovare una loro concre-ta ed operativa attuazione.

Il protocollo d’intesa con la Regione Emilia-RomagnaL’atto più importante è stato quellodella firma del Protocollo d’Intesacon la Regione Emilia-Romagna aifini di una sempre maggiore integra-zione della rete dei servizi cameralicon le politiche e le strategie regio-nali in materia di attività produttive.

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 2001

Da sinistra: Duccio Campagnoli, Assessore Attività Produttive - Pietro Baccarini, PresidenteUnioncamere - Vasco Errani, Presidente Regione Emilia-Romagna. Firma di un accordo quadro fraUnioncamere e Regione Emilia-Romagna.

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230 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

In questo modo Regione e Cameredi Commercio si sono impegnati acondividere gli obiettivi del Program-ma regionale triennale per lo svilup-po delle attività produttive e hannoindividuato alcuni ambiti nei qualicostruire rapporti di collaborazione:creazione di nuove imprese, iniziati-ve a sostegno del lavoro autonomodelle professioni sportello per l’in-ternazionalizzazione e programmipromozionali per l’export, osserva-torio sull’internazionalizzazione, pro-getti per la competitività dei sistemiproduttivi locali, sportelli unici per leimprese ed informazione economi-ca. Un’intesa di grande rilevanzache individua strumenti per la realiz-zazione di interventi in comune ocomunque tra loro integrati, anche(e questo è un fatto importante) “at-traverso la valorizzazione di espe-rienze di eccellenza già consolidateall’interno del sistema camerale”. Sitratta della logica conseguenza deiprincipi affermati già all’interno dellalegge regionale 3/99, la legge di at-tuazione del decentramento ammi-nistrativo, nella quale il sistema del-le Camere di Commercio dell’Emilia-Romagna è stato riconosciuto a pie-no titolo come soggetto istituzionaledel governo del territorio.

L’attuazione del protocollo d’in-tesaGli ambiti prioritari e strategici delrapporto tra sistema camerale e Re-gione riguardano la creazione dinuova impresa, il monitoraggio e l’a-nalisi dell’economia regionale, l’in-ternazionalizzazione: i principi ispi-

ratori di questo rapporto sono quellidell’integrazione dei servizi, attra-verso il coinvolgimento di tutti i sog-getti che possono spendere compe-tenze utili e caratterizzate da un ri-conosciuto grado di specializzazio-ne, nonchè il co-finanziamento delleiniziative dei soggetti coinvolti. Sullacreazione di nuova impresa l’obietti-vo è quello della costituzione di unarete di sportelli territoriali localizzatipresso le Camere di Commercio ingrado di fornire diverse tipologie diservizi integrati a sostegno dell’aspi-rante imprenditore, anche d’intesacon le associazioni di categoria lequali hanno già maturato esperienzee competenze significative:• informazione sui finanziamenti (at-

traverso l’aggiornamento annualedella guida on line già realizzatadal sistema camerale regionale);

• formazione per gli aspiranti im-prenditori e per i neo-imprenditori;

• assistenza personalizzata;• osservatorio nuove imprese (inda-

gine sulle dinamiche d’impresa neiprimi cinque anni di vita);

• mappatura delle opportunità im-prenditoriali (analisi dei dati socio-economici di determinate aree ter-ritoriali- distretti- ed individuazionedi macro-settori di attività di mag-giore potenzialità);

• promozione (uscite sulle testatelocali e riviste specializzate, bollet-tino sulle attività della rete destina-to ad amministratori locali e diri-genti associativi);

• dispense monografiche sulle sin-gole professioni.

In questo ambito le Camere di Com-

mercio della regione si stanno giàimpegnando nell’aggiornamentodelle loro competenze attraverso ilProgetto Olimpo finalizzato alla spe-rimentazione di servizi di orienta-mento all’imprenditorialità, progettoammesso ai contributi del Fondo diPerequazione 1999.Sul tema del monitoraggio e dell’a-nalisi dell’economia regionale, l’o-biettivo è quello di fornire il sistemaregione di uno strumento di suppor-to alle politiche economiche regio-nali immaginando di far lavorare, an-che in questo caso, in una logica direte i soggetti che detengono le piùqualificate ed affidabili fonti di infor-mazione economica presenti in re-gione, a partire dalle Camere diCommercio, anche valorizzando leanalisi e le rielaborazioni già esisten-ti. Anche in questo caso le Cameredi Commercio della regione hannogià fatto un primo passo nel sensodella razionalizzazione dei propri ar-chivi informativi attraverso l’istituzio-ne degli sportelli camerali per l’infor-mazione economico-statistica. Que-sto perché sia possibile garantire al-la regione un monitoraggio costantedell’economia regionale (anche persettore e per aree territoriali) attra-verso studi di scenario che preluda-no a loro volta alla definizione distrategie di sviluppo consapevolidelle criticità e coerenti con le po-tenzialità dell’economia stessa. Infi-ne sul tema dell’internazionalizza-zione l’obiettivo delle Camere diCommercio è quello di definire conla Regione Emilia-Romagna un’inte-sa in particolare in materia di pro-

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 2001

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 231

mozione. Le Camere di Commerciopossono già mettere a disposizionela rete degli sportelli per l’internazio-nalizzazione che già si propone l’o-biettivo di integrare funzionalmente ilsistema camerale con soggetti di-versi che operano a livello locale,nazionale ed internazionale.Il consolidamento del networkcamerale dell’Emilia-RomagnaL’affidabilità del sistema cameralecome soggetto istituzionale prota-gonista del governo del territorio sicostruisce con la disponibilità e lacapacità delle Camere di Commer-cio di lavorare in rete: questo perchèsolo l’affermarsi di logiche di rete,quindi l’impegno comune delle Ca-mere ad una verifica costante del-l’efficienza e dell’efficacia dei propriservizi, può notevolmente migliorarela qualità di quei servizi e, di conse-guenza, il contributo delle Camereallo sviluppo del sistema delle im-prese. Il 2001 sarà l’anno in cui ottoCamere di Commercio su noveavranno certificato il loro Registrodelle Imprese, in cui alcune Cameredi Commercio cominceranno insie-me a sperimentare il controllo di ge-stione, in cui si avrà un ampliamen-to delle attività del servizio legale re-gionale. L’Unione regionale conti-nuerà, comunque, a lavorare per unulteriore consolidamento del net-work camerale dell’Emilia-Roma-gna, in particolare attraverso i pro-getti ammessi ai contributi del Fon-do di Perequazione. Il 2001 sarà an-che l’anno dell’attuazione definitivadella delega relativa alle funzioni am-ministrative inerenti la tenuta dell’Al-

bo delle imprese artigiane, sancitanella legge regionale 3/99. L’Union-camere regionale, per conto delleCamere di Commercio, ha da tempoavviato con la Regione un serratoconfronto con l’obiettivo di raggiun-gere, con l’attuazione della delega,una forte integrazione funzionale traAlbo artigiani e Registro delle Impre-se, anche a garanzia di un gradualecontenimento delle risorse umane efinanziarie impiegate per la gestionedi questo servizio. Proprio nel corsodel 2000 il sistema camerale, ancheattraverso l’Unione regionale, dovràorganizzare strumenti di monitorag-gio costante sull’esercizio della de-lega stessa da parte delle Camere diCommercio, per verificare costante-mente il rispetto degli obiettivi pre-fissati.

Linee guida del programma di attività 2001 PremessaIl Programma di attività del 2001 edil relativo budget saranno inevitabil-mente condizionati dallo sforzo chela struttura dovrà sostenere in vistadell’acquisto della nuova sede del-l’Unione regionale e del trasferimen-to degli uffici previsto per la metàdell’anno.Tale avvenimento comporterà, peralcuni mesi, il pagamento contem-poraneo dell’affitto dei locali dellasede attuale e del mutuo contrattoper l’acquisto della sede futura, conuno sforzo economico straordinarioe non certo indolore. Questo impor-rà, comunque, l’impegno della strut-tura dell’Unione regionale, a tutti i li-

velli, nel realizzare gli obiettivi prefis-sati investendo in maniera semprepiù significativa sulle potenzialità dellavoro in rete e sulla valorizzazionedelle attività di network del sistemacamerale regionale e nazionale agaranzia di un maggiore conteni-mento delle risorse pur nel manteni-mento delle qualità delle iniziative.Allo stesso tempo il consolidamentodel sistema camerale può far sì chel’attiviazione di partnership impor-tanti, come quella con la RegioneEmilia-Romagna, garantisca, pur inun regime di razionalizzazione dellerisorse, la costante valorizzazionedel ruolo delle Camere di Commer-cio nelle iniziative di sviluppo delleattività produttive del territorio regio-nale.

Le linee guidaLe linee guida del Programma 2001dell’Unione regionale sono, quindi,finalizzate al consolidamento diquelle dell’anno precedente con l’o-biettivo prioritario di qualificare ulte-riormente le “specializzazioni” del si-stema delle Camere di Commercio ecaratterizzare sempre di più il loroposizionamento ed il loro ruolo nel-l’ancora troppo frammentato siste-ma regionale dei servizi alle imprese.In questa prospettiva vengono indi-cate le seguenti linee di lavoro:a) incrementare il ricorso a fonti co-

munitarie e nazionali (Fondo diPerequazione) attraverso la ela-borazione di progetti il cui valoreaggiunto sia garantito dal lavoroin rete tra le Camere di Commer-cio della regione e tra di esse, il

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 2001

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232 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

sistema camerale nazionale equello europeo: tali progetti si de-vono caratterizzare per la ricadu-ta positiva sulle competenzecomplessive del sistema, quindisulla innovatività dei servizi al si-stema imprenditoriale regionale;

b) mantenere un forte collegamento,in particolare con il sistema na-zionale, al fine di partecipare aprogetti di qualità nel campo del-l’informazione economica dellerilevazioni statistiche: analisi deibilanci aziendali, indagine sullademografia “reale” delle imprese(anche nel settore della new eco-nomy), studio sui gruppi di impre-se rappresentano gli strumentiper una più approfondita cono-scenza delle dinamiche del tessu-to imprenditoriale emiliano-roma-gnolo;

c) riqualificare le relazioni tra siste-ma camerale, istituzioni regionalie categorie economiche al fine diun’intesa sulla complessiva rior-ganizzazione del sistema dei ser-vizi alle imprese che valorizzi,sempre in una logica di rete, le ri-spettive esperienze e competen-ze maturate da ciascuna realtàoperante nel contesto del sistemastesso;

d) rendere operativo il Protocollod’Intesa con la Regione Emilia-Romagna puntando al co-finan-ziamento ed alla realizzazione incomune di iniziative in materia dicreazione di nuova impresa, inter-nazionalizzazione ed informazio-ne economica;

e) promuovere con sempre maggio-

re insistenza il consolidamentodel sistema camerale regionaleanche attraverso il progressivomiglioramento dei processi di co-municazione interna, la qualifica-zione dei percorsi formativi delpersonale camerale, la valorizza-zione del ruolo di coordinamentoe di rappresentanza del sistemada parte dell’Unione regionale,l’approfondimento delle temati-che inerenti la semplificazioneamministrativa, l’innovazione, intermini di efficienza ed efficacia,nei servizi amministrativi delle Ca-mere stesse.

Le suddette linee di lavoro sono co-munque coerenti con i tradizionaliambiti di attività dell’Unione regiona-le:1. politiche di network e riorganizza-

zione del sistema camerale emi-liano-romagnolo

Nell’ambito di questa linea di lavorovanno ricordate le iniziative proget-tuali riguardo alle quali l’Unione re-gionale svolge un ruolo di coordina-mento e tra le quali possono essereinserite anche quelle che usufrui-scono di un contibuto del Fondo diperequazione. In particolare posso-no essere citati il progetto per l’isitu-zione presso le Camere di un servi-zio di orientamento all’imprendito-rialità, per la promozione dell’e com-merce tra le piccole e medie impre-se, per l’istituzione degli sportelli ca-merali per l’informazione economico– statistica e degli sportelli per l’in-ternazionalizzazione, il progetto perl’e procurement delle Camere diCommercio dell’Emilia – Romagna.

Quest’ultimo progetto non è l’unicoche riguarda le iniziative di sistemafinalizzate all’innovazione organizza-tiva delle Camere, perché tra questevanno annoverati anche i progettiper la manutenzione e l’estenzionedei Sistemi di Qualità delle Camerestesse, il Controllo di Gestione, non-ché il Piano formativo intercameraleregionale.2. Osservatorio Economico Regio-

nale Alle ordinarie attività dell’Os-servatorio (congiuntura manifat-turiera, export, osservatorioagroalimentare, banca dati, con-giuntura edilizia, osservatorio turi-stico regionale, osservatorio sugliinvestimenti), vanno aggiuntequelle svolte in collaborazionecon il centro studi dell’Unione ita-liana tra i quali occorre citarel’Osservatorio sulla new eco-nomy, lo studio sulla demografiadelle imprese, l’analisi dei bilancicamerali e sui gruppi d’impresa.

3. pubblicistica ed informazioneeconomica

4. servizi e sostegno ai Consorzi digaranzia fidi;

5. politiche e relazioni europee edinternazionali

La strategia dell’Unione regionalenel campo delle politiche e relazionieuropee ed internazionali si è foca-lizzata sul perseguimento di treobiettivi: 1. lo sviluppo di relazioni con part-

ners istituzionali europei, finaliz-zato in primo luogo alla parteci-pazione congiunta a programmicomunitari e alla realizzazione diiniziative di partenariato europe,

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 2001

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 233

2. il consolidamento della rete degliEurosportelli camerali e la suaconnessione con gli altri servizicamerali per l’internazionalizza-zione,

3. il rapporto con lo Sportello regio-nale per l’Internazionalizzazione.

Rispetto al primo punto il lavorosvolto ha portato ad intessere nu-merosi rapporti con enti di varia na-tura (Camere di Commercio, Agen-zie di sviluppo regionale, parchi tec-nologicci, Governi regionali e locali,ecc.) e di varia provenienza (Spa-gna, Francia, Svezia, Germania, Re-gno Unito, Norvegia solo per citare ipaesi con i quali sono state avviatele collaborazioni più significative)che hanno comportato una nutritapartecipazione da parte dell’Unioneregionale a numerosi programmi co-munitari, in particolare nell’ambitodelle iniziative di promozione delpartenariato transnazionale fra im-prese e dei programmi di Ricerca eSviluppo. In riferimento al secondopunto, il costante supporto diUnioncamere per sviluppare il pro-getto regionale degli Eurosportelli hacontribuito a creare una rete efficaceed in grado di lavorare mettendo afrutto le sinergie possibili e le com-petenze diffuse fra i vari punti. Rela-tivamente ai rapporti con lo Sportel-lo regionale per l’Internazionalizza-zione, in attesa che vengano defini-te formalmente le relazioni fra siste-ma camerale e sistema regionale,così come proposto dal Protocollod’Intesa fra Regione Emilia – Roma-gna e Camere di Commercio, l’U-nione regionale ha promosso a livel-

lo operativo la collaborazione tra idue sistemi organizzando incontri dicarattere formativo/informativo tra irappresentanti dello Sportello regio-nale e gli esponenti camerali ed in-centivando l’organizzazione, da par-te delle Camere, di incontri per ilpubblico finalizzati alla diffusione deiservizi e delle attività prestate dalloSportello regionale in rete con strut-ture attivata a questo scopo pressole Camere di Commercio. 6. progetti nazionali di sistemaSi deve, a tal proposito, ribadirel’impegna dell’Unione regionale nelProgetto Network Subfornitura, perpromuovere l’attività delle impresedi subfornitura attraverso la realizza-zione di un repertorio delle aziendeconsutabile via Internet, nel proget-to Excelsior sulle previsioni dei fab-bisogni formativi, nel progetto Star-net per la condivisione di risorse eknow how dei singoli Uffici Studi eStatistica camerali.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 2001

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234 Intervento del Presidente di Unioncamere all’inaugurazioneCentro Esposizioni e Convegni Tiapoint - Bologna, 27 Settembre 2001

Non posso che sottolineare l’im-portanza della sede bolognese diquesta manifestazione, dato il rilie-vo del centro fieristico bolognese eil ruolo dell’Emilia-Romagna, qualeregione chiave in senso geograficoed economico tra centro e nord Ita-lia.Ci si trova quindi nelle giuste condi-zioni per diffondere la conoscenzarelativa al sistema economico e al-l’offerta di prodotti e servizi dellaSardegna e per attivare moltepliciconnessioni tra le imprese e glioperatori dei settori interessati al fi-ne di ottenere reciproci vantaggidall’apertura verso nuovi mercatida parte delle piccole e medie im-prese della Sardegna.

Emilia-Romagna e Sardegna hannouna dimensione territoriale simile(tra i 20 e i 25 mila km2, ma ben di-versa è la conformazione morfolo-gica delle due regioni, caratterizza-ta, rispettivamente, dal prevaleredella pianura (47,8%) e dell’am-biente collinare (67,9%), spessoimpervio.

Ancora notevole è la differenza trala densità della popolazione (pocomeno di 4 milioni di abitanti in Emi-lia-Romagna contro 1.650.000 ab.in Sardegna) e la distribuzione sulterritorio dei centri abitati (un fittoreticolo di centri di media dimensio-ne in Emilia-Romagna, a fronte diuna polverizzazione di centri minoria volte distanti tra loro in Sarde-gna), ma entrambe le regioni si tro-vano ad affrontare i problemi deri-

vanti dalla presenza di aree metro-politane quali quella di Bologna(Casalecchio, S. Lazzaro) e quelladi Cagliari (Monserrato QuartucciuQuartu).Anche l’andamento della popola-zione mostra tendenze differenzia-te. È leggermente in calo in Sarde-gna e leggermente in aumento inEmilia-Romagna, e se l’andamentonaturale è poco sotto o sopra lo ze-ro in entrambi i casi, la differenza lafa il saldo dell’andamento migrato-rio. In particolare l’Emilia-Romagnain questi anni sta diventando unaimportante destinazione per i sardiche lasciano la loro isola per il con-tinente (dopo Lombardia Piemontee Marche).

Il sistema delle infrastrutture di co-municazione ha caratteristiche sen-sibilmente diverse,ma si trova adaffrontare problemi analoghi.La Sardegna ha una rete viaria eferroviaria rada sul territorio, chedetermina difficoltà di comunicazio-ne. Ad esse è importante dare so-luzione per sostenere l’attività eco-nomica della regione. In questosenso vanno i piani di trasformazio-ne autostradale della ss131, cheviene indicata dalla CommissioneEuropea come una delle strozzatu-re della rete stradale nell’orizzontedel 2010. L’Emilia-Romagna è do-tata di una notevole rete di infra-strutture di comunicazione, viarie eferroviarie, con una presenza fittasul territorio, che però mostra lasua insufficienza a rispondere alleesigenze di trasporto regionali e al

notevole traffico di attraversamen-to, determinato dalla collocazionein posizione chiave tra nord e cen-tro Italia. La disponibilità e l’econo-micità dei collegamenti marittimihanno ovviamente un ruolo fonda-mentale per le possibilità di svilup-po della Sardegna, come d’altrocanto lo sviluppo delle idrovie ap-pare fondamentale per contribuireallo sviluppo del sistema dei tra-sporti delle regioni attorno al Po. Ilsistema aeroportuale di entrambele regioni, che registra un continuoe sensibile incremento del numerodei passeggeri trasportati, costitui-sce un importante supporto per losviluppo dei sistemi produttivi e inparticolare dell’attività turistica. An-cor più esso riveste un importanzaparticolare per le esigenze di tra-sporto degli abitanti della Sarde-gna. A queste esigenze i provvedi-menti in merito alla continuità terit-toriale danno una risposta a lungoattesa.Il mercato del lavoro ha caratteristi-che diametralmente opposte nelledue regioni, riassumibili nel livellodel tasso di disoccupazione, pari al4% in Emilia-Romagna e al 20% inSardegna.

La composizione dell’occupazionetra i principali settori è sensibilmen-te diversa. Rispetto alla media ita-liana, in Sardegna è maggiore laquota dell’occupazione nei servizi erisulta circa doppia la quota del-l’occupazione agricola, mentre inEmilia-romagna è la quota dell’oc-cupazione industriale a essere sen-

Sardegna expo1° meeting economico della produttività sarda

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Intervento del Presidente di Unioncamere all’inaugurazioneCentro Esposizioni e Convegni Tiapoint - Bologna, 27 Settembre 2001 235

sibilmente superiore alla media na-zionale, mentre la quota dell’occu-pazione nei servizi è inferiore. Nel2000 in Sardegna gli occupati sonorisultati impegnati: per il 9.1% inagricoltura, per il 22.3% nell’indu-stria e nei servizi per il 68.7%. InEmilia-Romagna l’occupazione ri-sulta suddivisa per il 5.9% in agri-coltura, il 36.2% nell’industria e neiservizi per il 57.9%. In Italia le quo-te di occupazione sono rispettiva-mente del 5,3% nell’agricoltura, del32,1% nell’industria e del 62,6%nei servizi.

L’analisi della composizione del va-lore aggiunto mette in luce differen-ze e analogie tra i sistemi produtti-vi. Si può cominciare dal maggiorepeso relativo dell’agricoltura in Sar-degna rispetto all’Emilia-Romagna,4,9% del valore aggiunto comples-sivo contro il 3,5%, ma è soprattut-to la differenza di rilievo tra indu-stria e servizi che caratterizza ledue economie regionali, L’industriamanifatturiera dell’Emilia-Romagnaproduce una quota del valore ag-giunto regionale pari al 27,4%,mentre il valore aggiunto dell’indu-stria manifatturiera della Sardegnarisulta pari al 17% di quello regio-nale. La situazione si ribalta com-pletamente se si considera l’aggre-gato dei servizi, la cui quota del va-lore aggiunto regionale in Sardegnaè pari al 73,6%, mentre risulta solodel 62,7% in Emilia-Romagna.Questa differenza è però determi-nata totalmente dai servizi nonorientati al mercato (in prevalenza

la pubblica amministrazione), men-tre la quota dei servizi commercialiè sostanzialmente analoga. Tra iservizi è importante notare come leattività che ruotano attorno al turi-smo assumono un peso notevole inentrambi i sistemi economici e co-stituiscono uno dei settori più dina-mici.

Stante queste differenze l’integra-zione e gli scambi tra i due sistemieconomici offrono interessanti op-portunità. In entrambe le regioni, il settoreagro-alimentare ha fatto delle pro-duzioni di qualità e a denominazio-ne d’origine protetta la chiave delsuo sviluppo, potendo attraversoquesta via qualificare le proprieproduzioni, accreditarle presso iconsumatori e produrre maggiorevalore aggiunto. Per le imprese agro-alimentari sar-de sono inoltre positive le opportu-nità di contatto con alcune impor-tanti operatori regionali della gran-de distribuzione organizzata chehanno un ruolo rilevante anche al difuori della regione e a livello nazio-nale, al fine di stabilire nuovi e im-portanti canali di sbocco.Le imprese industriali emiliano-ro-magnole hanno da sempre postoalla base del loro sviluppo una fittarete di relazioni industriali di fornitu-ra e un alto grado di decentramen-to produttivo. La ricerca di aree didecentramento produttivo ha por-tato a volte anche molto lontano leimprese regionali. Il supporto del si-stema creditizio e l’azione dell’ope-

ratore pubblico possono esserefattivamente impiegate per orienta-re verso la Sardegna una parte piùconsistente di questo flusso, giun-gendo ad una maggiore integrazio-ne dei settori industriali. Ad esempio appare evidente lapossibilità di ottenere sensibili si-nergie dall’integrazione delle reci-proche attività nel settore estratti-vo, dei materiali da costruzione eceramico.In questo senso è fondamentalemantenere alta l’attenzione verso leproblematiche del trasporto, in par-ticolare marittimo, che costituisceuna fattore condizionante per losviluppo delle attività produttive. Un altro campo di reciproco inte-resse e di possibile collaborazioneè dato dallo sviluppo delle poten-zialità del settore del turismo, set-tore chiave per entrambe le regioni.L’offerta delle due regioni è ampia edifferenziata, sia all’interno di ogniregione, sia nel suo insieme. Pos-sono quindi positivamente essereavviate occasioni di scambio diesperienze tra operatori privati eorganismi pubblici del settore, chepossano anche essere premessa aforme di impegno diretto, e posso-no essere studiate forme di promo-zione comune, in particolare verso imercati esteri e i più lontani.

Sardegna expo1° meeting economico della produttività sarda

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236 Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna

Il sostegno all'internazionalizzazio-ne delle imprese rappresenta unadelle massime priorità del sistemacamerale della Regione Emilia-Ro-magna, che già da tempo opera inquesta direzione, al fine di consen-tire all'imprenditoria locale di esserepresente sui mercati europei e mon-diali. In questo non facile impegno,il sistema camerale regionale opera,attraverso proprie strutture specia-lizzate, puntando a fornire servizi edassistenza alle piccole e medie im-prese della regione in un contestoeconomico sempre più complessoquanto mai interessante.Volendo tracciare un quadro gene-rale che illustri sinteticamente glistrumenti attivati dal sistema came-rale emiliano-romagnolo in rispostaalle esigenze di internazionalizza-zione delle imprese, un ruolo di pri-maria importanza rivestono indub-biamente le Aziende Speciali costi-tuite, a livello provinciale, dalle Ca-mere di Commercio della Regione.Nella veste di Presidente della Ca-mera di Commercio di Ravenna, ci-to, a titolo esemplificativo, l'espe-

rienza di tale ente camerale. La co-stituzione, nel 1990, di un Euro-sportello ufficiale riconosciuto dal-l'Unione Europea presso la propriasede, ha consentito alla Camera diCommercio di Ravenna di disporredi un qualificato strumento di orien-tamento per le imprese, in grado dioffrire alle stesse servizi ed assi-stenza sulle principali tematiche dicarattere comunitario: legislazione,giurisprudenza, agevolazioni e fi-nanziamenti, programmi di partena-riato, appalti pubblici. Con la tra-sformazione in Azienda Speciale SI-DI della Camera di Commercio diRavenna, avvenuta nel 1994 a se-guito della riforma delle Camere diCommercio, l'Eurosportello ha poiprogressivamente ampliato il raggiodelle proprie attività, diventando unpunto di riferimento anche per tuttigli operatori economici della nostraprovincia orientati ai mercati ex-traeuropei. La sempre maggiore esigenza dicompetitività delle imprese legataalla crescente globalizzazione deimercati ha fortemente incentivato le

strutture camerali a rendere più in-novativo il proprio ruolo di supportoall'impresa. Ne è un esempio la retedi sportelli per l'internazionalizza-zione Globus, recentemente attiva-ta dal sistema camerale, a livellonazionale, allo scopo di realizzareeventi promozionali innovativi e ren-dere disponibili alle aziende servizispecializzati ed aggiornati per la lo-ro internazionalizzazione tramite l'u-tilizzo della rete delle camere dicommercio.Va sottolineato, a questo proposito,come presso tutte le Camera diCommercio della nostra regionesiano dislocati sportelli di tale reteGlobus, in grado di fornire valoreaggiunto alla gamma di servizi giàofferti alle imprese. Tali sportelli, cheoperano in una logica di sistemacon gli altri punti della rete italiana,le Camere di Commercio italiane al-l'estero e le reti europee, fornisconoinformazioni sui mercati esteri, leopportunità di business, gli stru-menti finanziari, le gare d'appaltointernazionali; realizzano inoltre ri-cerche di partners stranieri pertransazioni commerciali e valutazio-ne dell'affidabilità finanziaria.Desidero in questa sede sottolinea-re le importanti sinergie sviluppate,a livello regionale, dal sistema ca-merale e dal governo locale relativa-mente alla priorità rappresentata daltema dell'internazionalizzazionedelle imprese. Dal gennaio 2000, èdivenuto operativo lo Sportello perl'Internazionalizzazione della Regio-ne Emilia-Romagna: si tratta di unastruttura nuova, la prima di questo

Summit Economic Forum CEICentral European Initiative

Trieste, 21-24 Novembre 2001

Il sistema delle Camere di Commerciodella Regione Emilia Romagna per le politiche a sostegno della cooperazione economica e dello sviluppo infrastrutturale nella regione dell'Europa Sud-Orientale

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Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna 237

tipo in Italia, frutto di un accordo fraMinistero del Commercio con l'E-stero, Regione Emilia-Romagna,ICE, SACE e SIMEST, costituita perassistere le imprese locali che in-tendono investire all'estero, offren-do loro un pacchetto di servizi com-pleto, fatto di misure promozionali,finanziarie, assicurative. Che le po-litiche regionali e quelle cameraliprocedano sinergicamente versoobiettivi comuni, lo dimostra l'impe-gno assunto dall'Unione regionaledelle Camere di Commercio a svol-gere, nell'ambito di questa iniziati-va, un importante ruolo di soste-gno, in virtù del quale lo Sportelloregionale, che ha sede presso l'ICEdi Bologna, potrà contare su unarete di terminali provinciali dislocatipresso tutte le Camere di Commer-cio della regione.

La regione dell'Europa centro-su-dorientale rappresenta in misurasempre crescente un'area di forteinteresse per l'imprenditoria emilia-no-romagnola e sulle opportunitàche questi mercati offrono è punta-ta già da tempo l'attenzione del si-stema camerale della nostra regio-ne. Basti pensare, ad esempio, chel'ente camerale ravennate ospita lasede della Camera di CommercioItalo-Bosniaca, che dal 1996 opera,a livello nazionale, a supporto dellacooperazione economica fra i duePaesi. E se si considera che il terri-torio ravennate è sempre stato sto-ricamente, grazie soprattutto alporto, una sorta di ponte naturaleverso i Balcani, si intende chiara-

mente come la scelta di Ravennaquale sede della Camera Mista Ita-lo-Bosniaca non sia affatto casuale. Colgo l'occasione per segnalareche dal gennaio 2001, la Camera diCommercio Italo-Bosniaca ha atti-vato una propria sede di rappresen-tanza a Sarajevo, grazie alla qualeha fortemente rafforzato la propriapresenza sul territorio, attivando im-portanti sinergie operative con tutti iprincipali soggetti locali ed interna-zionali che svolgono un ruolo neldifficile processo di ricostruzionedel Paese. Mi pregio inoltre di sot-tolineare che, nella gestione dellaneo-costituita sede di Sarajevo, laCamera Mista è affiancata da part-ner quali il Consorzio delle BanchePopolari dell'Emilia-Romagna-Mar-che, a cui fanno capo ben 19 istitu-ti di credito nazionali, e dalla socie-tà di consulenza IC & Partners, il cuiapporto in termini di know-how e diesperienza professionale risulta de-terminante nell'offerta di assistenzaqualificata agli imprenditori.

Forte e unanimemente condivisa èla consapevolezza che il processo diintegrazione economica che, sep-pur molto lentamente, si sta avvian-do nell'area geografica di nostro in-teresse, comporterà un significativoaumento della domanda di infra-strutture e servizi nell’ambito dei tra-sporti. Se infatti è innegabile chel’efficienza dell’economia di un pae-se è strettamente connessa all’effi-cienza del sistema dei trasporti inquell’area, risulta evidente che losviluppo di una rete di comunicazio-

ne adeguata rappresenta una delleprincipali pre-condizioni per la pro-sperità economica della regione del-l’Europa sud-orientale e per l’ inte-grazione della stessa nel sistemaeuropeo. La riparazione delle infra-strutture danneggiate, nonché la co-struzione e l'organizzazione di nuo-ve reti infrastrutturali rappresentanopertanto una priorità immediata perla regione del Sud-Est europeo ecostituiscono un primo passo indi-spensabile al raggiungimento delpiù ampio obiettivo indicato dal Pat-to di Stabilità, ossia quello di pro-muovere la completa integrazionedell'intera area nell'Unione Europea.Il tema delle infrastrutture e dei tra-sporti risulta dunque prioritario. An-che in relazione a questo aspetto, ilsistema camerale della nostra regio-ne ha investito energie a sostegnodi iniziative di rilevanza strategicaper lo sviluppo infrastrutturale del-l'area in questione. Cito ad esempioil progetto relativo alla realizzazionedel Corridoio Adriatico. Si tratta so-stanzialmente di un progetto di tra-sporto intermodale che sviluppa unadirettrice nord-sud della penisolaitaliana, che, interconnettendosi allarete trans-europea dei trasporti, mi-ra ad avvicinare il Centro Europa aipaesi del sud-est europeo. Puntan-do sul trasporto combinato strada-ferrovia-mare, il progetto mira acreare le condizioni affinchè si arrivial decongestionamento del traspor-to su strada, divenuto ormai inade-guato a sopportare il crescente cari-co di traffico derivante dal mutatopanorama geopolitico ed economi-

Summit Economic Forum CEI - Central European InitiativeTrieste, 21-24 Novembre 2001

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238 Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna

co dell’Europa centro e sud-orienta-le. L' integrazione della portualitàitaliana con la portualità balcanicadiviene pertanto un obiettivo prima-rio del progetto, la cui attuazionenon può che rappresentare un ec-cellente fattore di sviluppo dell'inte-ra regione Adriatica compresa fra ledue sponde. Il progetto, di evidenteinteresse strategico per la nostra re-gione, ha trovato ampio appoggioda parte del sistema camerale emi-liano-romagnolo. La Camera diCommercio di Ravenna, insieme adaltre Camere di Commercio dellesette regioni adriatiche interessate alprogetto, ha promosso la costituzio-ne un comitato di coordinamento,avente il compito di sostenere l’a-zione dei parlamentari europei per ilconseguimento dei finanziamentinecessari alla realizzazione delleopere previste dal progetto stesso.Non è difficile, d'altra parte, capirel’importanza che per il porto di Ra-venna riveste la realizzazione delCorridoio Adriatico. E’ infatti proprioall’attuazione delle opere infrastrut-turali previste dal Corridoio Adriaticoche sono legate le vere prospettivedi sviluppo dello scalo ravennate,che seppur potenzialmente moltointeressante in virtù della sua posi-zione geografica e strategica e, so-prattutto, del vastissimo hinterlanddi cui dispone, risulta di fatto taglia-to fuori dalle grandi rotte commer-ciali.

Sempre nell’ambito delle politiche asostegno dello sviluppo infrastruttu-rale dell’area del Sud-Est europeo,

desidero citare, a conclusione delmio intervento, un progetto di co-operazione che riveste particolareinteresse nel quadro di riferimentodegli obiettivi indicati dal Patto diStabilità. Di tale progetto, formulatodall’Ingegner Paolo Radogna tra il2000 e il 2001, l’Unione regionaledelle Camere di Commercio si è fat-ta promotrice nel corso della Confe-renza Adriatico-Ionica tenutasi aSpalato, lo scorso 24 maggio.La proposta intende fornire un con-tributo alla formulazione, da partedella Banca Europea per gli Investi-menti, della strategia di sviluppodella regione del Sud Adriatico Bal-canico, attraverso la realizzazionedi uno studio di fattibilità del siste-ma delle infrastrutture dei trasportinell’area in questione. Si tratta, nel-la sostanza, di un progetto di co-operazione fra le Repubbliche del-l’Albania, della Macedonia, delMontenegro e della Provincia delKosovo, il cui obiettivo generale è losviluppo di una regione potenzial-mente forte, quella appunto del SudAdriatico Balcanico inscritto nei ter-ritori dei quattro Paesi, nonché lacreazione delle condizioni per la suatransizione all’economia di mercato.La strategia di fondo è la program-mazione e realizzazione di ferrovie,strade, porti e interporti in una logi-ca di “sistema” e di “reti” infrastrut-turali, nell’ottica di favorire la co-esione economica delle aree balca-niche interessate e, al tempo stes-so, la loro apertura verso una politi-ca di cooperazione e di integrazioneeconomica con l’Unione Europea. Il

complesso sistema infrastrutturaleipotizzato costituisce una sorta dianello che, raccordando Tirana,Scopje, Pristina e Podgorica, pog-gia sui due porti di Durazzo e di Bar,quale terminale Adriatico del corri-doio transbalcanico n. 8 che colle-ga il Mare Adriatico e il Mar Nero. Ilprogetto riflette la consapevolezzache l’organizzazione delle opere se-condo sistemi consente di aggrega-re le singole capacità in capacitàcomplessive ad un minor costo diinvestimento e di disporre di unaflessibilità che garantisce, fra l’altro,l’operatività del sistema anche nelcaso di forzata interruzione di una opiù componenti. Per quanto riguar-da poi la possibilità di fruizione delsistema da parte di ogni sito, essa èassicurata dalle reti predisposte peril raccordo del territorio con il siste-ma stesso.Va precisato, chiaramente, che lostudio di fattibilità del sistema infra-strutturale proposto è funzionale adun più ampio programma di coope-razione fra i quattro Paesi, che im-plica, quali ulteriori fattori strategici,l’attuazione di riforme del quadroistituzionale, economico e legale.Nella misura in cui il progetto di co-operazione riuscirà a garantire pa-ce, stabilità politica, liberalizzazionedel commercio, sviluppo dell’eco-nomia di mercato, ecc., il sistemadelle infrastrutture dei trasporti ipo-tizzato per la regione del Sud Adria-tico Balcanico potrà costituire unforte fattore di richiamo di iniziativeindustriali e, quindi, di investimentiproduttivi nell’intera area.

Summit Economic Forum CEI - Central European InitiativeTrieste, 21-24 Novembre 2001

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2002 239Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

Le stime di crescita del Prodotto inter-no lordo italiano del 2002 sono stateprogressivamente ridimensionate nelcorso dell’anno. L’incremento previstosarà largamente inferiore all’1 per cen-to. Le previsioni più recenti di Irs, Isae ePrometeia, formulate nello scorso me-se di ottobre, e di Confindustria, Ocsee Commissione europea dello scorsonovembre e inizio dicembre stimanouna crescita reale compresa fra lo 0,3e 0,5 per cento. Questo andamento in-feriore alle attese - il Governo nella Re-lazione previsionale e programmaticaaveva stimato un aumento del 2,3 percento, poi ridotto all’1,3 per cento insede di Dpef - è il frutto del rallenta-mento della congiuntura internazionalee del basso profilo della domanda in-terna, penalizzata dalle gravi difficoltàvissute dal gruppo Fiat, dalla ripresadell’inflazione e dalla crisi dei mercati fi-nanziari. Secondo lo scenario predi-sposto dall’Unione italiana delle came-re di commercio nello scorso settem-bre, il Prodotto interno lordo dell’Emilia-Romagna dovrebbe aumentare nel2002 dello 0,7 per cento. Siamo in pre-senza di un importante ridimensiona-mento, rispetto alle previsioni di aprile(+1,7 per cento) e luglio (+1,4 per cen-to), che riflette il progressivo appesan-timento del quadro congiunturale. Lavalutazione dell’Unione italiana appa-re, a nostro avviso, abbastanza realisti-ca, tenuto conto dell’andamento sta-gnante dell’industria manifatturiera,che si protrarrà anche nella secondametà del 2002, e degli effetti negatividovuti alle avverse condizioni climati-che, che hanno penalizzato pesante-mente l’agricoltura e influito negativa-

mente sulla stagione turistica estiva. Il rallentamento della crescita ha inte-ressato la quasi totalità delle regioni ita-liane. La crescita dell’Emilia-Romagnaè risultata appena inferiore a quella delNord-est (+0,8 per cento) e superiore aquella delle regioni nord-occidentali(0,0). Nell’ambito delle regioni del nord,solo Valle d’Aosta e Veneto registranoun tasso di crescita superiore (+1,1 percento). In sintesi, il 2002 si avvia ad es-sere per l'Emilia-Romagna un anno dibasso profilo, in linea con quanto avve-nuto nel Paese. Secondo lo scenarioprospettato da Unioncamere naziona-le, solo nel 2004 l’evoluzione del Pil re-gionale tornerà a toccare la soglia del 2per cento, dopo il modesto aumentodell’1,1 per cento atteso per il 2003. Gli indicatori resisi disponibili hannoconfermato la sfavorevole situazioneevidenziata dalle stime dell’Unione ita-liana delle camere di commercio. Tra isettori più in difficoltà troviamo l’agricol-tura, che è stata fortemente penalizza-ta da condizioni climatiche particolar-mente avverse, che in alcune zonehanno compromesso interi raccolti. Nelsettore della pesca marittima sono di-minuiti i quantitativi immessi nei merca-ti ittici. L’industria manifatturiera ha vis-suto nei primi sei mesi una fase di re-cessione, anche se moderata. Nel con-tempo sono notevolmente cresciute leore autorizzate di Cassa integrazioneguadagni di matrice anticongiunturale.Le attività commerciali hanno accusatocali quantitativi delle vendite, per effettosoprattutto della scarsa intonazione deipiccoli esercizi. I trasporti aerei non sisono ancora ripresi dalle conseguenzedell’attentato dell’11 settembre 2001. I

trasporti marittimi sono rimasti pratica-mente stazionari. L’export è legger-mente diminuito. Gli impieghi bancarisono apparsi in rallentamento. Sono in-vece aumentati i depositi, riflettendo la“fuga” dei risparmiatori dai titoli aziona-ri. I protesti sono cresciuti. L’artigianato,secondo i dati Eber, ha visto cresceresensibilmente il ricorso al Fondo Soste-gno al Reddito per i dipendenti e dimi-nuire, anche se leggermente, le risorsedestinate agli investimenti. L’inflazioneha dato segni di risveglio sia in terminidi prezzi al consumo che di costo dicostruzione di un fabbricato residenzia-le. E’ notevolmente aumentata l’asten-sione dal lavoro, a causa soprattuttodegli scioperi di protesta decisi controle modifiche dell’articolo 18 dello Statu-to dei lavoratori. La stagione turistica,ben intonata fino a maggio, ha comin-ciato a perdere qualche colpo dall’esta-te. In questo panorama di basso profi-lo congiunturale non è tuttavia manca-ta qualche nota positiva. L’occupazio-ne è risultata ancora in aumento, men-tre è diminuito il tasso di disoccupazio-ne sia complessivo che giovanile. L'in-dustria delle costruzioni è apparsa inbuona salute sia sotto l’aspetto produt-tivo, che occupazionale. La compagineimprenditoriale è risultata in espansio-ne. Passiamo ora ad illustrare più det-tagliatamente alcuni temi specifici dellacongiuntura del 2002, rimandando aicapitoli specifici coloro che ambisconoad un ulteriore approfondimento.Il mercato del lavoro ha registrato unandamento nuovamente positivo. Le ri-levazioni Istat sulle forze di lavoro han-no stimato nei primi sette mesi dell’an-no in Emilia-Romagna una media di cir-

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ca 1.818.000 occupati, vale a dire il 2,2per cento in più rispetto allo stesso pe-riodo del 2001, equivalente, in terminiassoluti, a circa 39.000 persone. In linea con gli anni passati, il trend dicrescita occupazionale ha interessatomaggiormente le donne (+3,7 per cen-to), piuttosto che gli uomini (+1,1 percento). Con riguardo alla posizioneprofessionale, l’occupazione alle di-pendenze è aumentata del 4,6 percento, a fronte della flessione del 3,1per cento degli occupati indipendenti. Per quanto concerne l’andamento deivari rami di attività, il comparto agricoloè diminuito dello 0,5 per cento rispettoal 2001. Il settore industriale ha inveceregistrato un aumento dell’occupazio-ne pari allo 0,5 per cento, determinatodal miglioramento delle industrie edili(+1,8 per cento), a fronte della sostan-ziale stabilità manifestata dalle industriedella trasformazione industriale. In cre-scita è apparso anche il ramo del ter-ziario (+3,5 per cento), per effetto so-prattutto della componente alle dipen-denze salita del 5,9 per cento, a frontedel calo dell’1,5 per cento degli indi-pendenti. Le persone in cerca di occu-pazione sono risultate circa 60.000,vale a dire il 19,5 per cento in meno ri-spetto ai primi sette mesi del 2001. Iltasso di disoccupazione è sceso dal4,0 al 3,2 per cento.Nel settore dell’agricoltura, continua ascendere il numero delle imprese attive(81.856 al 30 settembre 2002, con83.597 unità locali). Nel periodo ottobre2001 – luglio 2002, rispetto ai dodicimesi precedenti, gli addetti sono rimastiinvariati: il calo dell’1,9 per cento degliindipendenti è stato compensato dal-

l’aumento del 5,2 per cento dei dipen-denti. La stagione è stata caratterizzatada condizioni climatiche particolarmenteavverse, soprattutto nei mesi estivi. Fareuna stima sull’andamento produttivosulla base di dati incompleti e provvisorinon è facile, ma non sembra azzardatoipotizzare un calo attorno al 3-4 percento. Quanto ai danni subiti tra giugnoe agosto, la stima ufficiale della Regioneparla di più di 168 milioni di euro, equi-valenti ad oltre 326 miliardi di lire. Gli et-tari colpiti, secondo il conteggio effet-tuato da Province e Comunità montane,sono risultati più di 104.000. La provin-cia più colpita è stata quella di Ferrara,con più di 84.000 ettari bersagliati dallegrandinate di giugno, luglio e agosto edalla tromba d’aria di luglio. Resta inogni caso un calo di redditività che ri-schia di aumentare l’indebitamento del-le imprese, anche alla luce dell’inade-guatezza della legislazione vigente sullecalamità naturali. La legge prevede infat-ti che il risarcimento abbia luogo solo sei danni ammontano ad almeno il 35 percento della produzione lorda vendibile.Ne discende che parte dei danni nonsarà oggetto di risarcimento con conse-guenti perdite degli agricoltori. Per quanto riguarda la pesca marit-tima, nel periodo ottobre 2001 - set-tembre 2002, è stata registrataun’ampia riduzione della quantità delprodotto sbarcato rispetto ai dodicimesi precedenti. Anche il pescato in-trodotto e venduto nei mercati ittici re-gionali è diminuito notevolmente, siain quantità che in valore. La minore of-ferta ha tuttavia vivacizzato le quota-zioni, risultate mediamente in crescitadell’8,4 per cento.

Nei primi nove mesi del 2002 la con-giuntura dell’industria manifatturieraha dato chiari segnali di rallentamento,consolidando la situazione di bassoprofilo in atto dalla primavera del 2001. La produzione è diminuita mediamentedello 0,4 per cento rispetto allo stessoperiodo del 2001, a sua volta apparsoin aumento del 2,8 per cento. Questoandamento è stato determinato dai calitendenziali emersi nei primi due trime-stri, che hanno disegnato uno scenariomoderatamente recessivo, come nonavveniva dall’estate-autunno del 1991,quando venne rilevata una diminuzionemedia dello 0,8 per cento. Nel trimestreestivo la produzione ha fatto registrareuna situazione di sostanziale staziona-rietà (+0,1 per cento). Non a caso laCassa integrazione guadagni di matriceanticongiunturale dei primi nove è ap-parsa in forte aumento (+82,0 per cen-to). Il grado di utilizzo degli impianti hasfiorato l’80 per cento, vale a dire oltremezzo punto percentuale in meno ri-spetto al livello medio dei primi novemesi del 2001. Anche le ore lavoratemediamente in un mese da operai eapprendisti sono apparse in ridimen-sionamento. Alla diminuzione produtti-va si è associato il deludente andamen-to del fatturato, cresciuto a valori cor-renti di appena lo 0,2 per cento, in con-tro tendenza con la crescita del 5,4 percento riscontrata nei primi nove mesidel 2001. La decelerazione delle vendi-te, a fronte di un’inflazione attestatatendenzialmente in settembre al 2,6 percento, è stata in parte determinata dal-la frenata dei prezzi alla produzione au-mentati di appena l’1,3 per cento, ri-spetto alla crescita del 2,2 per cento ri-

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levata nei primi nove mesi del 2001. Seconsideriamo il fatturato al netto deiprezzi alla produzione, si ha una dimi-nuzione reale delle vendite pari all’1,1per cento, in contro tendenza con l’in-cremento del 3,3 per cento riscontratonei primi nove mesi del 2001. Al bassoprofilo del quadro produttivo - commer-ciale non è stata estranea la domanda.I primi nove mesi del 2002 si sono chiu-si con un modesto aumento pari allo0,7 per cento, a fronte dell’incrementodel 2,6 per cento riscontrato nei priminove mesi del 2001. Il rallentamentopiù vistoso è venuto dai mercati esteri, icui ordinativi sono aumentati di appenalo 0,7 per cento, rispetto all'incrementodel 4,7 per cento riscontrato nei priminove mesi del 2001. La domanda inter-na ha riservato una crescita dello stes-so tenore, ma in questo caso siamo difronte ad una decelerazione meno ac-centuata rispetto al ritmo di crescita deiprimi nove mesi del 2001. Un anda-mento poco intonato è stato rilevatoper quanto concerne le vendite all'este-ro desunte dai dati Istat. Nei primi seimesi del 2002 è stata registrata una di-minuzione delle esportazioni di prodottimanifatturieri pari allo 0,5 per cento (-5,4 per cento nel Paese) rispetto allostesso periodo del 2001, che a sua vol-ta era cresciuto del 4,7 per cento. Laquota di export sul totale del fatturato siè attestata al 34,1 per cento, in sostan-ziale linea con i livelli dei primi nove me-si del 2001. L’occupazione all’internodel campione manifatturiero è cresciutamediamente dell'1,3 per cento. Si trat-ta di un andamento in larga parte impu-tabile a fattori stagionali legati per lo piùalle assunzioni effettuate dalle industrie

alimentari soprattutto nel periodo esti-vo. Nei primi nove mesi del 2001 l’in-cremento risultò dello stesso tenore. Lastatistica sulle forze di lavoro, assoluta-mente non confrontabile con le indaginicongiunturali, non ha registrato nel pe-riodo gennaio - luglio, per l’industriadella trasformazione industriale, alcunavariazione rispetto all’analogo periododel 2001 (+0,9 per cento nel Paese). Lastabilità dell’occupazione è stata deter-minata dall’aumento degli addetti alledipendenze, che ha compensato laflessione del 12,4 per cento accusatadagli indipendenti. Secondo le previsio-ni del modello econometrico P.i.e.ro, laproduzione risulterà sostanzialmente in-variata nel 2002. Nel 2003 la ripresa sa-rà lenta, con un tasso di crescita (+2,5per cento) che sarà inferiore all’attualemedia degli ultimi dieci anni. L’industria delle costruzioni si è distin-ta dal quadro di basso profilo dell’eco-nomia regionale. L’indagine relativa alprimo semestre del 2002, effettuata dalsistema camerale con la collaborazio-ne del centro servizi Quasco, ha regi-strato in un campione di 148 impreseindustriali e cooperative, una crescitaproduttiva di rispettabili proporzioni,dovuta soprattutto alla buona intona-zione delle imprese di grandi dimensio-ni, maggiormente orientate alla produ-zione di opere pubbliche. Questo an-damento si coniuga alla forte crescitadegli appalti aggiudicati, aumentati del36,7 per cento in termini di importi edel 35,7 per cento come numero. Lafavorevole congiuntura si è riflessa sul-l’occupazione. Secondo l'indagineIstat sulle forze lavoro, fra gennaio e lu-glio è stato registrato un aumento me-

dio degli occupati dell’1,8 per cento,equivalente in termini assoluti a oltre2.000 addetti. L’aumento degli addettisi è associato al forte incremento dellaconsistenza della compagine imprendi-toriale. A fine settembre 2002 le impre-se attive iscritte nel Registro delle im-prese sono risultate 57.784, vale a direil 5,7 per cento in più rispetto allo stes-so periodo del 2001.Nei primi nove mesi del 2002 il com-mercio interno ha accusato una di-minuzione del volume delle vendite, re-lativamente agli esercizi al dettaglio,pari allo 0,4 per cento, a fronte del ca-lo nazionale dello 0,7 per cento. Seguardiamo all'evoluzione dei tre trime-stri, è nel secondo che è stato regi-strato il peggiore andamento tenden-ziale (-0,9 per cento). Il basso profilodelle vendite è stato determinato so-prattutto dalla pesantezza della picco-la distribuzione, che ha registrato unadiminuzione in volume dell’1,8 percento (idem nel Paese), a fronte delcalo dello 0,6 per cento della mediadistribuzione e della crescita del 2,9per cento evidenziata dagli esercizidella grande distribuzione. L’occupa-zione, escludendo il comparto degli al-berghi e pubblici esercizi, non ha ri-sentito del basso profilo congiunturale.Tra gennaio e luglio 2002 è stato regi-strato dalle indagini Istat sulle forze dilavoro un aumento medio del 6,0 percento rispetto all’analogo periodo del2001 per un totale, in termini assoluti,di circa 16.000 addetti.Le esportazioni dell'Emilia-Romagnadei primi sei mesi del 2002, secondo idati Istat, sono ammontate in valore a15.287,9 milioni di euro, rispetto ai

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15.373,0 milioni dell'analogo periododel 2001. Il decremento percentuale èstato relativamente contenuto (-0,6 percento), a fronte delle diminuzioni del3,6 e 5,2 per cento riscontrate rispetti-vamente nel Nord-est e nel Paese. Se analizziamo l'evoluzione dei varisettori di attività economica, possiamoevincere che la maggioranza dei pro-dotti è apparsa in decremento. Quellipiù consistenti sono stati rilevati in set-tori sostanzialmente marginali, quali iprodotti a base di tabacco (-79,8 percento), degli “altri servizi” (-66,7 percento) e delle attività professionali e im-prenditoriali (-52,9 per cento). Nell'am-bito degli altri prodotti è da segnalare laflessione del 16,8 per cento della pa-sta-carta e prodotti di carta. Il bassoprofilo dell'export emiliano - romagnolodescritto dai dati Istat è emerso anchedalle statistiche dell'Ufficio italianocambi. Nei primi sette mesi del 2002sono state rilevate operazioni valutarie- vengono considerate solo quelle pario superiori a 12.500 euro - per com-plessivi 14.587 milioni di euro, vale adire lo 0,8 per cento in meno (-5,7 percento nel Paese) rispetto all'analogoperiodo del 2001.Il settore turistico ha chiuso i primi ot-to mesi del 2002 con un leggero au-mento degli arrivi (+0,1 per cento) econ presenze rimaste praticamente lestesse dei primi otto mesi del 2001. Seconsideriamo che i dati del 2002 pos-sono essere suscettibili di qualche mo-difica al rialzo, come l’esperienza c’in-segna, si può parlare di andamentotutto sommato accettabile, soprattuttose si tiene conto della congiuntura sfa-vorevole, unitamente a condizioni cli-

matiche tra le più avverse degli ultimianni. La tendenza è apparsa positiva fi-no a giugno, con incrementi per arrivi epresenze rispettivamente pari all’1,0 e1,8 per cento, rispetto all’analogo pe-riodo del 2001. La situazione cambia disegno dall’estate. Nel bimestre luglio-agosto arrivi e presenze accusano di-minuzioni nei confronti dello stesso pe-riodo del 2001 rispettivamente pariall’1,2 e 1,1 per cento. Nell’ambito dei trasporti aerei, l'an-damento dei primi dieci mesi del 2002è risultato di segno prevalentementenegativo. Questa situazione è un po’ laconseguenza del tragico attentatodell’11 settembre del 2001 avvenuto aNew-York, ma è anche il frutto del ral-lentamento che ha colpito l’economiamondiale. Non sono mancate le sop-pressioni di alcuni collegamenti, oltre alridimensionamento dei voli. In termini dipasseggeri movimentati è stata regi-strata una diminuzione complessiva inEmilia-Romagna pari al 2,0 per cento.L'andamento dei trasporti aerei com-merciali del principale scalo dell'Emilia -Romagna, l’aeroporto Guglielmo Mar-coni di Bologna, è stato caratterizzatoda una situazione sostanzialmente ne-gativa. Secondo i dati diffusi dalla Dire-zione commerciale e marketing dellaS.a.b. nei primi dieci mesi del 2002 so-no stati movimentati 2.956.375 pas-seggeri (è esclusa l'aviazione generale),con una flessione del 4,3 per cento ri-spetto all'analogo periodo del 2001.Questo andamento assume una valen-za ancora più negativa se si considerache il confronto è avvenuto rispetto adun periodo nel quale l'aeroporto era ri-masto chiuso, dalla mezzanotte del 26

marzo alle ore sei del primo aprile, acausa dei lavori di rifacimento della pi-sta. Occorre tuttavia sottolineare chetra agosto e ottobre non sono mancatii segnali di recupero rispetto allo stessoperiodo del 2001, dopo sette mesi ca-ratterizzati da flessioni, apparse parti-colarmente ampie in gennaio, febbraioe aprile. L’aeroporto di Rimini ha chiusoi primi dieci mesi del 2002 in termini so-stanzialmente negativi. Alla crescita deicharters movimentati, passati da 1.917a 3.303, si è contrapposta la flessionedel relativo movimento passeggeri - aRimini il grosso del traffico è costituitodai voli internazionali - passato da196.455 a 181.780 unità, per un varia-zione negativa pari al 7,5 per cento. Nell’aeroporto L. Ridolfi di Forlì, i primidieci mesi del 2002 si sono chiusi posi-tivamente. Sono stati movimentati1.672 aeromobili fra voli di linea e char-ters rispetto ai 1.162 dell’analogo pe-riodo del 2001, per una variazione per-centuale pari al 43,9 per cento. Il forteincremento del movimento aereo è daattribuire soprattutto all’ampia crescita -da 544 a 1.026 - evidenziata dai voli dilinea rispetto ai charters passati da 618a 646. L’aeroporto Giuseppe Verdi diParma nei primi dieci mesi del 2002 haevidenziato un andamento di segno ne-gativo. Parte di questa situazione è daattribuire al ridimensionamento dei voliconseguente all’attentato dell’11 set-tembre. Sono da sottolineare le sop-pressioni di importanti collegamenti conMilano Malpensa e Barcellona. Gli aereiarrivati e partiti, tra voli di linea, charter etaxi-privati - aviazione generale sono ri-sultati 10.435 vale a dire il 31,3 per cen-to in meno rispetto ai primi dieci mesi

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del 2001. I passeggeri movimentati so-no diminuiti da 74.204 a 57.836. Secondo i dati diffusi dall’Autorità por-tuale, il movimento merci del porto diRavenna dei primi dieci mesi del 2002è stato di 20.172.720 tonnellate, conun incremento dell’1,0 per cento ri-spetto all’analogo periodo del 2001,equivalente, in termini assoluti, a circa195.000 tonnellate. Il leggero migliora-mento dei traffici, avvenuto in un con-testo di basso profilo del commerciointernazionale e della domanda inter-na, è da attribuire alle crescite delle rin-fusa liquide (+10,6 per cento) e dellemerci varie trasportate in container(+3,1 per cento). Le merci secche checontribuiscono a caratterizzare l’a-spetto squisitamente commerciale diuno scalo portuale, sono diminuitedello 0,9 per cento rispetto ai primidieci mesi del 2001. Il traffico petrolife-ro, che incide relativamente nell'eco-nomia portuale, è aumentato del 2,7per cento. Per una voce ad alto valoreaggiunto per l’economia portuale,quale i containers, i primi dieci mesi del2002 si sono chiusi con un leggero ca-lo. In termini di teu, vale a dire l’unità dimisura internazionale che valuta l’in-gombro di stiva di questi enormi sca-toloni metallici, si è passati da 132.347a 131.892 teus, per un decrementopercentuale dello 0,3 per cento, princi-palmente dovuto alla flessione accu-sata dai cts vuoti da 40 pollici. Già dall’inizio dell’anno i primi effetti delrallentamento dell’attività economica edella crisi dei mercati finanziari si sonomanifestati sul credito. A fine giugno2002, le variazioni tendenziali degli im-pieghi sono risultate sensibilmente infe-

riori a quelle registrate nello scorso an-no, a causa del rallentamento dell’attivi-tà economica e dei consumi. La dina-mica dei depositi è risultata invece am-piamente superiore a seguito della crisidei mercati azionari che ha indotto mol-ti risparmiatori a detenere in forme liqui-de una più ampia quota della propriaricchezza. A giugno 2002, rispetto allostesso mese dell'anno precedente, laconsistenza degli impieghi concessi al-le società non finanziarie è aumentata inregione del 5,5 per cento. Tale incre-mento è derivato dalla crescita degli im-pieghi verso società del settore dei ser-vizi (10,4 per cento) e dell’edilizia (10,8per cento), che hanno beneficiato diuna congiuntura positiva, mentre quelliverso società industriali sono rimastistazionari. Le partite in sofferenza han-no mostrato, rispetto a un anno fa, unlieve calo (-2,1 per cento). Sono tuttaviacresciute sensibilmente le partite inca-gliate (+18,7 per cento). I tassi attivi abreve termine sui finanziamenti per cas-sa sono passati dal 6,70 per cento digiugno 2001 al 5,75 per cento di giu-gno 2002. I tassi passivi sui depositihanno toccato il minimo a marzo 2002,poi hanno avuto una lievissima risalita.Rispetto a giugno 2001 hanno ceduto46 punti base in regione, attestandosiall’1,82 per cento di giugno 2002. Nel Registro delle imprese figurava afine settembre 2002 una consistenzadi 412.003 imprese attive rispetto alle409.767 di fine settembre 2001, peruna variazione percentuale dello 0,5per cento. In ambito nazionale l'Emilia-Romagna è cresciuta meno rispetto al-la media nazionale di (+1,1 per cento).Solo cinque regioni sono cresciute più

lentamente dell’Emilia-Romagna, in unarco compreso fra il calo dello 0,9 percento del Molise e l’aumento dello 0,4per cento del Veneto. Gli aumenti per-centuali più sostenuti sono stati regi-strati in Calabria (+3,7 per cento) e Ba-silicata (+2,8 per cento). Al di là dellaminore intensità degli incrementi, l’Emi-lia-Romagna si colloca tuttavia tra le re-gioni dove è più elevato il rapporto traimprese e popolazione. A fine settem-bre 2002 la regione registrava, assiemeal Molise, un’impresa ogni 9,76 abitan-ti, preceduta da Trentino-Alto Adige(9,60), Marche (9,54) e Valle d’Aosta(9,44). Il rapporto più elevato appartie-ne a Lazio (15,57) e Calabria (13,94).Il saldo fra imprese iscritte e cessate deiprimi nove mesi del 2002 è risultato atti-vo in Emilia-Romagna per 1.871 unità,in ridimensionamento rispetto al surplusdi 4.342 imprese dei primi nove mesi del2001. Se guardiamo all’andamento deivari settori di attività, possiamo evincereche la crescita percentuale più ampia,pari al 6,3 per cento, è stata registratanelle attività immobiliari, di noleggio, in-formatica e ricerca. Più in dettaglio sonostate le imprese legate alla ricerca e svi-luppo e al comparto immobiliare a regi-strare gli incrementi più vistosi, rispetti-vamente pari all’ 8,3 e 9,8 per cento. Ilsecondo settore per dinamismo è statoquello delle costruzioni, con una cresci-ta del 5,3 per cento. Segue il piccolosettore dell’istruzione (+4,0), davanti asanità e altri servizi sociali (+3,9 per cen-to). L'industria manifatturiera - caratte-rizza circa il 14 per cento circa del Regi-stro delle imprese - ha registrato un leg-gero aumento (0,2 per cento), in partedovuto alla vivacità delle industrie metal-

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244 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2002Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

meccaniche che ha annullato la nuovadiminuzione (-1,9 per cento) emersanelle imprese operanti nel campo dellamoda. Il settore del commercio e ripara-zioni - costituisce quasi un quarto delRegistro delle imprese - ha accusatouna nuova diminuzione pari allo 0,6 percento. Per alberghi, ristoranti e pubbliciesercizi è stato invece rilevato un au-mento dell’1 per cento. Il settore dell’a-gricoltura, silvicoltura e pesca ha accu-sato una nuova diminuzione, pari al 3,3per cento. Dal lato della forma giuridica,è continuato l’incremento delle societàdi capitale, cresciute del 7,3 per centorispetto al mese di settembre 2001. Perle società di persone è stato registratoun aumento tendenziale più contenutopari allo 0,7 per cento. Per le ditte indivi-duali è emersa una diminuzione dello0,8 per cento. Nelle altre forme societa-rie, che costituiscono un aspetto nume-ricamente marginale del Registro delleimprese, è stato rilevato un incrementodel 2,3 per cento. La diffusione delle so-cietà di capitale è un fenomeno che è inatto da lunga data. A fine settembre2002 hanno caratterizzato il 12,9 percento del Registro imprese. Cinque an-ni prima l'incidenza era del 9,5 per cen-to. Per le ditte individuali è stato invecerilevato un cammino opposto. Dallaquota del 69,1 per cento del settembre1997 si è scesi al 63,4 per cento del set-tembre 2002.Un altro aspetto del Registro delle im-prese è rappresentato dallo status del-le imprese registrate. Quelle attive co-stituiscono naturalmente la maggioran-za, seguite da quelle inattive, liquidate,in fallimento e sospese, che rimangonoformalmente iscritte nel Registro delle

imprese. All'aumento dello 0,5 percento riscontrato, come già visto, nelgruppo delle attive, si sono associati gliincrementi degli status di inattive (+4,8per cento) e sospese (+4,3 per cento).Le imprese liquidate sono risultate incalo del 2,3 per cento. Quelle fallite,pari a 12.348, sono rimaste pratica-mente le stesse dell’anno precedente.E' da sottolineare l'alta incidenza di im-prese attive sul totale delle registrateche l'Emilia-Romagna evidenzia rispet-to alla media nazionale: 89,6 contro84,9 per cento. In ambito italiano soloquattro regioni, vale a dire Trentino-AltoAdige, Molise, Veneto e Marche hannoregistrato percentuali superiori. Per l’artigianato il 2002 si chiuderà ne-gativamente, in linea con il resto dell’e-conomia. I dati congiunturali curati dalCentro studi di Unioncamere segnalanouna elevata percentuale di imprese arti-giane che nel terzo trimestre 2002 han-no visto ridursi produzione, fatturato edordinativi. La flessione congiunturaletrova conferma anche in Emilia-Roma-gna, sia dal focus group della CNA, siadai dati elaborati dall’Osservatorio Im-prese Artigiane di E.B.E.R: sulla basedelle erogazioni del “fondo sostegno alreddito conseguenti ad accordi sinda-cali di sospensione o riduzione di orarioin imprese che hanno sospeso o ridot-to l’attività lavorativa per crisi congiun-turali”. Il ricorso al Fondo è apparsoparticolarmente sostenuto nel primosemestre del 2002, con un incrementorispetto al primo semestre del 2001 del61 per cento. Aumentano anche le im-prese coinvolte, da 711 a 1.085 (+52per cento) e l’incremento è dovutoesclusivamente a sospensioni dell’atti-

vità. I dipendenti coinvolti aumentanodel 54 per cento, le ore non lavorate del58 per cento. Gli interventi crescono inmodo rilevante nella meccanica di pro-duzione, nel tessile-abbigliamento e nelcalzaturiero, mentre diminuiscono nel-l’alimentare e nelle imprese di pulizia.I dati di preconsuntivo 2002, secondole prime stime effettuate dalla Confcoo-perative, evidenziano una realtà pro-duttiva della cooperazione comun-que vivace anche in quei settori chehanno dimostrato andamenti di merca-to piuttosto pesanti. Il compartoagroindustriale, pur in maniera non uni-forme, conferma un incremento di fat-turato in linea con il tasso di inflazionein un’annata agraria caratterizzata daproduzioni quantitativamente nella nor-ma, anche se di qualità scadente a se-guito dell’andamento climatico che difatto non ha favorito i consumi. Nel set-tore ortofrutticolo si registra un pessi-mo andamento nella commercializza-zione della frutta estiva. Per quantoconcerne la frutta invernale si prevedeun buon incremento dei prezzi e pro-duttivo. Il mercato dei vini ha confer-mato la tendenza al ribasso seppure inmaniera molto differenziata fra le variearee produttive. In particolare si confer-ma la difficoltà di commercializzazionedei prodotti di media qualità. Nel setto-re lattiero-caseario, ad una produzioneche continua ad essere stabile sottol’aspetto quantitativo, ha fatto riscontroun buon andamento di mercato. L’oc-cupazione del settore agroindustrialerisulta sostanzialmente stabile. Il setto-re lavoro e servizi, così come la solida-rietà sociale, registrerà un considerevo-le aumento di fatturato, con un conse-

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Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2002 245Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

guente incremento dell’occupazione.La Cassa integrazione guadagni èstata caratterizzata dal forte aumentodel ricorso agli interventi anticongiuntu-rali. Nei primi nove mesi del 2002 le oreautorizzate sono risultate pari a2.107.075, vale a dire il 76,3 per centoin più rispetto all'analogo periodo del2001, sintesi degli incrementi del 169,1e 72,7 per cento riscontrati rispettiva-mente per impiegati e operai. Questoandamento è risultato in linea con latendenza emersa nel Paese (+68,8 percento). In ambito regionale solo la Valled’Aosta è apparsa in calo. Gli aumentipercentuali più consistenti sono stati ri-levati Calabria (+229,7 per cento), Um-bria (+198,4 per cento), Toscana(+110,8 per cento) e Lombardia(+101,9 per cento). Tra i vari settori diattività dell’Emilia-Romagna sono dasottolineare i forti incrementi delle indu-strie del legno (+239,1 per cento), del-la trasformazione dei minerali non me-talliferi (+405,4 per cento) e della carta-stampa-editoria (+312,8 per cento). Se rapportiamo le ore autorizzate diCig ordinaria dei primi nove mesi del2002 alla consistenza degli occupatialle dipendenze dell’industria, vale a di-re del maggiore utilizzatore di Cig, pos-siamo ricavare un indice che possiamodefinire di "malessere congiunturale".Sotto questo aspetto l'Emilia-Roma-gna ha fatto registrare il migliore indicenazionale (4,19 ore pro capite), davan-ti alla Sardegna con 4,37. Gli indici piùelevati sono stati riscontrati in Piemon-te (26,36), Abruzzo (23,64) e Basilicata(17,95). La media nazionale si è atte-stata a 11,41 ore per dipendente del-l'industria (vedi figura 1). La Cassa inte-

grazione guadagni straordinaria vieneconcessa per fronteggiare gli stati dicrisi aziendale, locale e settoriale oppu-re per provvedere a ristrutturazioni, ri-conversioni e riorganizzazioni. Nei priminove mesi del 2002 le ore autorizzatesono risultate 1.053.116, vale a dire il15,5 per cento in meno rispetto all’a-nalogo periodo del 2001(+7,0 per cen-to nel Paese). La diminuzione è statadeterminata dalla flessione degli impie-gati (-56,1 per cento), a fronte dellacrescita dell’11,0 per cento riscontrataper gli operai. In questo caso occorreadottare una certa cautela nell’interpre-tazione dei dati in quanto l’iter burocra-tico legato alla concessione della Cig,per quanto sveltito rispetto al passato,comporta tempi un po' più ampi diquelli vigenti per gli interventi anticon-giunturali. Non è quindi da escludereche il 2002 possa avere ereditato qual-che situazione pregressa. La gestionespeciale edilizia viene di norma con-cessa quando il maltempo impediscel'attività dei cantieri. Ogni variazionedeve essere conseguentemente inter-pretata, tenendo conto di questa situa-zione. Eventuali aumenti possono cor-rispondere a condizioni atmosfericheavverse, ma anche sottintendere lacrescita dei cantieri in opera. Le dimi-nuzioni si prestano naturalmente aduna lettura di segno opposto. Ciò pre-messo, nei primi nove mesi del 2002sono state registrate 1.347.876 ore au-torizzate, con un aumento del 16,5 percento rispetto allo stesso periodo del2001. Questo andamento si è colloca-to in un ambito di vivacità dell’attivitàedilizia e può quindi essere conse-guenza della crescita dei cantieri in

opera. Al di là della necessaria cautelaimposta dalla provvisorietà dei dati dis-ponibili, nei primi otto mesi del 2002 iprotesti cambiari hanno evidenziatouna tendenza spiccatamente espansi-va. Questo andamento potrebbe sot-tintendere una peggiorata liquidità, daleggere anch'essa come segnale delrallentamento congiunturale in atto.La situazione rilevata in otto provincedell’Emilia-Romagna nei primi otto me-si del 2002 è stata caratterizzata dallaforte crescita, rispetto all'analogo perio-do del 2001, delle somme protesta-te(+56,7 per cento), che si è associataall’aumento del 4,0 per cento del nu-mero degli effetti. Per quanto concernele cambiali - pagherò - tratte accettatesiamo di fronte ad un incremento del4,3 per cento in termini numerici e aduna crescita (+44,1 per cento) dellesomme protestate. Le tratte non accet-tate (non sono oggetto di pubblicazio-ne sul bollettino dei protesti cambiari)sono aumentate anch’esse come nu-mero di effetti protestati (+1,6 per cen-to) e di importi (+129,2 per cento). Gliassegni sono risultati in crescita sia co-me numero effetti (+4,0 per cento), chein termini di importi (+53,9 per cento). Per quanto concerne i fallimenti di-chiarati, la tendenza emersa in tre pro-vince dell’Emilia-Romagna, vale a direBologna, Ferrara e Ravenna è risultatadi segno positivo. La parzialità dei pe-riodi presi in esame e la incompletezzadelle province in grado di fornire i dati,devono indurre alla massima cautelanell’analisi dei dati. Ciò premesso, i fal-limenti dichiarati in provincia di Bolognasono diminuiti nei primi sette mesi del2002 da 115 a 92. In provincia di Fer-

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246 Rapporto sull’andamento economico regionale, tenutosi a Bologna nel dicembre 2002Relazione del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini

rara si passati nei primi nove mesi da30 a 19. A Ravenna nei primi due me-si non c’è stata alcuna variazione. Seosserviamo la consistenza delle impre-se in fallimento registrate presso il Re-gistro delle imprese - il dato non è con-frontabile con la statistica dei fallimentidichiarati - è stata rilevata una situazio-ne di stabilità. Le imprese in fallimentoa fine settembre 2002 sono risultate12.348, praticamente le stesse rilevatenello stesso periodo del 2001, che asua volta aveva registrato una crescitatendenziale pari al 3,7 per cento. L’inci-denza sul totale delle imprese registra-te è risultata limitata ad una quota del2,7 per cento, rispetto al 3,8 per centoriscontrato nel Paese. Solo quattro re-gioni, vale a dire Piemonte (2,6), Basili-cata (2,4), Molise (2,1) e Trentino-AltoAdige (1,5) hanno registrato rapportipiù contenuti. La conflittualità del lavoro è apparsain forte crescita. Dalle 746.000 ore dilavoro perdute da gennaio a ottobredel 2001, tutte dovute a conflitti origi-nati dal rapporto di lavoro, si è passatiai 4.907.000 ore dello stesso periododel 2002. Il sensibile aumento delle oreperdute in Emilia-Romagna è da attri-buire ai due scioperi politici decisi all’in-domani dell’assassinio del Prof. MarcoBiagi e per protestare contro la deci-sione di modificare l’articolo 18 delloStatuto del lavoratori. I partecipanti so-no passati da 90.724 a 877.059. Diquesti circa 749.000 hanno partecipa-to agli scioperi politici. Il numero deiconflitti è invece sceso da 70 a 63.Se rapportiamo il numero dei parteci-panti a quello degli occupati alle dipen-denze, pari a circa 1.284.000 (il dato è

relativo alla media dei primi sette mesi),ne discende una percentuale del 68,3per cento, molto più elevata rispetto al7,4 per cento registrato nei primi diecimesi del 2001.In ambito nazionale è stata registratauna uguale tendenza. Le ore perduteper scioperi sono ammontate a 28 mi-lioni e 463 mila rispetto ai 4.557.000dei primi dieci mesi del 2001. Anche inquesto caso il forte aumento della con-flittualità è da attribuire al peso degliscioperi politici, che hanno visto la par-tecipazione di circa 4.245.000 lavora-tori e comportato la perdita di oltre 25milioni e mezzo di ore di lavoro.Per quanto concerne l’evoluzione deiprezzi, nel 2002 l'indice di quelli al con-sumo per famiglie di operai e impiegatirilevato nella città di Bologna è aumen-tato tendenzialmente in ottobre del 2,4per cento, rispetto alla crescita del 2,3per cento rilevata in gennaio. In Italia èstato registrato un incremento del 2,6per cento rispetto al +2,3 per cento digennaio. Tra i comuni capoluogo dell’E-milia-Romagna - i dati in questo casosono aggiornati a settembre - la cresci-ta tendenziale più elevata, pari al 3,0 percento, è appartenuta alla città di Raven-na. Quella più contenuta è stata regi-strata a Parma (+2,1 per cento). La leg-gera ripresa dell'inflazione rilevata in ot-tobre a Bologna rispetto a gennaio, si èassociata alla fiammata dei corsi dellematerie prime registrata in settembre eottobre. Secondo l'indice Confindustria,i prezzi internazionali delle materie primeespressi in euro sono aumentati tenden-zialmente in settembre del 3,2 per cen-to e in ottobre del 17,7 per cento, dopoquattordici mesi caratterizzati da cali. Un

forte contributo alla sensibile crescita diottobre è venuto dal petrolio greggio rin-carato del 24,5 per cento. Nei primi die-ci mesi del 2002 è stata tuttavia rilevatauna diminuzione media dell’indice gene-rale del 5,8 per cento. Se guardiamo al-l'evoluzione in dollari, nel 2002 l'indicegenerale delle materie prime è cresciutotendenzialmente in ottobre del 27,8 percento, consolidando la tendenzaespansiva in atto da luglio. Nei primi die-ci mesi si registra tuttavia un decremen-to medio dell’1,9 per cento. Il diversoandamento dei due indici, in dollari edeuro, è da attribuire al rafforzamentodell'euro nei confronti del dollaro. Le in-dagini congiunturali condotte sull'indu-stria manifatturiera hanno registrato unadecelerazione dei prezzi alla produzione,anche se in termini relativamente conte-nuti. Nei primi nove mesi del 2002 è sta-to rilevato un aumento medio pari all’1,3per cento rispetto alla crescita del 2,2per cento riscontrata nell’analogo perio-do del 2001. I listini esteri sono aumen-tati dell’1,2 per cento, in misura legger-mente più contenuta rispetto alla cresci-ta dell’1,3 per cento di quelli interni. L'indice generale del costo di costruzio-ne di un fabbricato residenziale, relativoal capoluogo di regione, è aumentatotendenzialmente in luglio del 5,2 percento, rispetto alla crescita del 3,6 percento rilevata a gennaio. Nel luglio 2001l'incremento tendenziale era stato pariall’1,2 per cento. Nel Paese l'aumentotendenziale dell'indice generale di luglioè risultato più contenuto (+4,3 per cen-to), rispetto a quanto registrato per Bo-logna. In gennaio e luglio 2001 le cre-scite tendenziali erano state pari rispet-tivamente al 4,1 e 2,4 per cento.

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Lo scenario di sviluppo regionaleSulla base delle previsioni elaboratedal Centro studi di Unioncamere, co-erentemente con l’evoluzione delquadro internazionale e interno, per iquali l’avvio di una vera fase di ripre-sa si avrà solo nella seconda partedel 2003, la crescita del prodotto in-terno lordo dell’Emilia-Romagna sa-rà nel 2002 dello 0,7 per cento, lie-vemente superiore nel 2003 (1,1 percento), per poi divenire apprezzabilesolo successivamente. L’andamentodel Pil regionale per gli anni 2003-2005 risulta meno dinamico rispettoa quello dell’area del Nord est e aquello nazionale. Quest’ultimo, nelleipotesi fatte dal Centro studi diUnioncamere, risulta sostenuto dal-l’assunzione di piena realizzazionedelle opere pubbliche previste nellaLegge Obiettivo. L’evoluzione delladomanda interna regionale, sensibil-mente inferiore a quella del Nord Este a quella nazionale, sarà sostenutadalla ripresa dei consumi delle fami-glie, prossima a quella media nazio-nale, dopo il sensibile rallentamentoregistrato nel 2002. Per quanto ri-

guarda gli investimenti, la crescita diquelli in macchinari e impianti sarànulla nel 2002. Negli anni successiviavverrà ad un tasso di mezzo puntoinferiore a quello medio nazionale,mentre gli investimenti in costruzionie fabbricati avvieranno da quest’an-no un trend fortemente decrescente.Le importazioni aumenteranno sen-sibilmente anche nel corso del 2002.Negli anni successivi il ritmo della lo-ro crescita progredirà ulteriormente,con la ripresa della domanda inter-na. Le esportazioni invece conclude-ranno il 2002 con un segno negativoe nei prossimi anni registreranno unaripresa largamente inferiore a quelladelle importazioni. Si tratta di un an-damento in contro tendenza conl’andamento delle esportazioni e del-le importazioni regionali sperimenta-to nel passato. La crescita delleesportazioni e più ancora quella del-le importazioni sarà sensibilmentesuperiore a quella della media delNord Est.A livello di macro settori, la crescitadel Pil nel 2002 e nel 2003 risulta so-stenuta dal settore dei servizi, cui si

affiancherà l’industria solo a partiredal 2004, mentre il settore delle co-struzioni darà un apporto negativoper tutto il periodo. Nel mercato del lavoro il supporto al-la crescita complessiva delle unità dilavoro impiegate verrà dato dal set-tore dei servizi. Il tasso di disoccu-pazione si ridurrà ulteriormente nel-l’anno in corso, aumenterà lieve-mente nel 2003, per poi riprendereun trend di riduzione negli anni suc-cessivi, accompagnando la tenden-za al continuo accrescimento deltasso di attività.

La previsione per l’industria emiliano-romagnolaLo scenario di base per l’industriaemiliano-romagnolaLa congiuntura internazionale e in-terna continua ad avere un’evoluzio-ne negativa e anche nel 3° trimestre2002 la variazione tendenziale dellaproduzione dell'industria manifattu-riera regionale non è risultata so-stanzialmente positiva (+0,1 percento). La fase di rallentamento del-la crescita, sfociata nella lieve reces-sione dei primi sei mesi, non pareavere una chiusura certa e rapida.Negli ultimi dodici mesi la produzio-ne industriale regionale è rimastasostanzialmente invariata. Quellaitaliana, dato grezzo, mostra tassi dicrescita tendenziale negativi da seitrimestri. La sua variazione tenden-ziale è stata pari a –0,7 per centonel 3° trim. 2002 e a –2,7 per centonella media degli ultimi dodici mesi(tali variazioni risultano pari a -1,1per cento e -3,7 per cento per l’in-

Le previsioni 2003 per l’Emilia-Romagna

Lo scenario di P.I.E.R.O. per il 2003Produzione Industriale Emilia-Romagna

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dustria ma-nifatturiera). L’andamen-to della produzione manifatturiera,dati grezzi, è stato negativo negli ul-timi dodici mesi, anche in Francia,Germania e Spagna, paese da cuigiungono segnali di ripresa nel 3°trimestre. Le stime delle variabili ma-croeco-nomiche internazionali e in-terne, impiegate nel modello di pre-visione di base, prospettano un len-to avvio della ripresa nel corso del2003. A livello regionale la produzio-ne manifatturiera risulterà pressochéinvariata nel 2002, la ripresa saràlenta e per tutto il 2003 la crescitasarà inferiore alla sua attuale mediadecennale, risultando nei prossimidodici mesi pari al 2 per cento. Neisuccessivi dodici mesi, il tasso me-dio di sviluppo raggiungerà il 3,6 percento.Dopo quattro trimestri di variazionitendenziali negative o nulle, gli ordiniinterni per l'industria regionale hannoregistrato un buon incremento. Inmedia negli ultimi dodici mesi sonolievemente aumentati (0,5 per cen-to). Tale andamento è migliore diquello nazionale, che nel periodo ot-tobre 2001 - settembre 2002 ha se-gnato una variazione tendenziale suidodici mesi precedenti di -1,2 percento. Nei prossimi dodici mesi (4°trim. 2002 - 3° trim. 2003), nell’ipo-tesi di ripresa della domanda interna,l’acquisizione degli ordini interni perl’industria regionale raggiungerà il 3per cento, per portarsi su un livellopoco più elevato nei dodici mesisuccessivi.Gli ordini esteri per l’industria mani-fatturiera regionale dopo tre trimestri

di variazioni tendenziali pressochénulle hanno messo a segno un buonincremento, ma negli ultimi dodicimesi sono aumentati solo dello 0,6per cento. Nello stesso periodo an-che gli ordini esteri per l’industria na-zionale hanno avuto una variazionetendenziale della stessa entità. Lacrescita degli ordini esteri per l’indu-stria regionale dovrebbe ritornare subuoni livelli dalla fine del 2002 e pertutto il 2003. A fine 2002 l’incremen-to sarà dell’1,5 per cento, e del 4,6per cento nei prossimi dodici mesi.Con la ripresa, nei dodici mesi suc-cessivi, la crescita degli ordini esteriraggiungerà il 5,7 per cento, ma itassi di variazione trimestrali risulte-ranno comunque inferiori alla loro at-tuale media decennale sino alla finedel 2004.

Le variabili esogene del modello perla previsione di base derivano dalquadro definito in Prometeia, Rap-porto di previsione, Settembre 2002.Uno scenario alternativo per l’indu-stria emiliano-romagnola

Lo scenario di base prevede un gra-duale andamento positivo per l’eco-nomia mondiale. Senza con-siderarefattori di rischio effettivi quali terrori-smo, crisi in medio oriente e questio-ne irachena, lo scenario alternativotenta ancora di valutare, con pru-denza, gli effetti per l’industria regio-nale di un quadro economico più in-certo. Un tale scenario si basa sullamancata ripresa degli Usa dovuta al-lo sfociare della crisi dei mercati fi-nanziari in un ampio movimento late-

rale, all’indebolimento della doman-da per consumi, non accompagnatada una ripresa degli investimenti in-dustriali, e a un cambio del dollarodebole. L’Unione europea non po-trebbe trainare l’economia mondiale,ne sostenere una buona crescita in-terna stante la debolezza di consumie investimenti e i vincoli di finanzapubblica. In Italia l’andamento deiprezzi, le esigenze di bilancio eun’inferiore dinamica dell’occupazio-ne comprimerebbero il reddito realedisponibile. Ne risulterebbero unaminore crescita dei consumi e degliinvestimenti. Per l’industria regiona-le, gli effetti si farebbero sentire nel2003, che non vedrebbe ancora unachiara uscita dall’attuale basso profi-lo congiunturale.

Le previsioni 2003 per l’Emilia-Romagna

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Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione 249

Il programma 2002 di UnioncamereEmilia-Romagna costituisce una faseimportante e decisiva nella storia del-l’associazione quale organizzazione re-gionale delle Camere di commercio.Dopo diversi anni di transizione, Union-camere e’ una struttura fortementeorientata all’attività per progetto, chederiva le sue risorse da differenti fonti difinanziamento e che ha come principa-le modalità di lavoro il coinvolgimentodelle Camere di commercio in rete.Il seminario sulle strategie di sistematenutosi a Salsomaggiore nel giugno2001 ha ulteriormente rafforzato taleimpostazione, assegnando ad Union-camere compiti nuovi e confermandole modalità di lavoro in rete come prin-cipale risorsa del sistema e modellorelazionale con le Camere stesse. Ta-le impostazione ha influenzato forte-mente la stesura di questo program-ma, soprattutto nelle parti che riguar-dano l’internazionalizzazione, gli studie i progetti di rete.Ricorda infatti il documento finale del ci-tato seminario:“L’esperienza del Progetto Network hafatto maturare all’interno del sistemacamerale regionale la consapevolezzache ci sono obiettivi di miglioramentodelle prestazioni del sistema stesso chesi possono più facilmente raggiungerelavorando insieme, attraverso una co-stante pluralità di scambi relativi a com-petenze, informazioni e risorse.”

In questo contesto l’Unione regionaleha saputo rappresentare la voce del si-stema camerale dell’Emilia-Romagna,in particolare nei rapporti con la Regio-ne. Proprio per il graduale consolida-

mento delle relazioni e delle attività di si-stema tra le Camere, queste ultime, at-traverso l’Unione regionale sono diven-tate tra i privilegiati interlocutori dellaRegione che ha formalizzato, comeespressamente previsto dalla legge diattuazione del decentramento ammini-strativo (legge regionale 3/99), rapportied intese di collaborazione con il siste-ma camerale.L’Unione regionale è impegnata a coor-dinare le attività finalizzate all’attuazionedel Protocollo d’Intesa sottoscritto traRegione e Camere di commercio nelfebbraio 2000 che elenca le tematichenelle quali si sono già definite e si stan-no definendo iniziative ed azioni comu-ni a sostegno dello sviluppo del sistemaimprenditoriale regionale.Il 2002 rappresenterà l’anno decisivo,nel senso che su alcune di quelle tema-tiche, come la creazione di nuova im-presa e l’internazionalizzazione, è ne-cessario che le suddette iniziative edazioni comuni mettano in evidenza con-

cretamente come l’intesa tra sistemacamerale e Regione è un’intesa profi-cua per tutto il mondo delle imprese. Ea tal fine occorre che le Camere di com-mercio rendano ancora più strette lemaglie della loro rete ed efficaci le logi-che di sistema che regolano le loro re-lazioni. Allo stesso modo si deve dire aproposito del turismo, visto che il 2002sarà anche l’anno del rinnovo dell’inte-sa con la Regione sulla organizzazionedella promozione e commercializzazio-ne turistica.

Per questo nel 2002 occorre anche chevengano con chiarezza ridefiniti i termi-ni del patto associativo tra le Camere dicommercio sugli assetti e sulle attivitàdell’Unione regionale per garantire adessa la legittimazione e gli strumenti ne-cessari per rappresentare il perno delsistema di fronte agli impegni che lo at-tendono. Di fronte all’intensificarsi deirapporti con la Regione, dopo la con-ferma referendaria della riforma costitu-

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 2002

Bologna, Consiglio di Amministrazione Unioncamere: Annamaria Zambelli, Dott. Claudio Pasini,Lorenza Maccaferri.

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250 Estratto dalla Relazione del Presidente di Unioncamere al Consiglio di Amministrazione

zionale che apre nuovi possibili scenaridi sviluppo di quei rapporti, di fronte ascelte importanti di riorganizzazione dellivello regionale del sistema con la chiu-sura del Centro Estero è necessarioche il sistema camerale dell’Emilia-Ro-magna definisca con chiarezza le suestrategie e, con esse, il ruolo che nelcontesto di quelle strategie deve gioca-re l’Unione regionale scongiurando il ri-schio che tale ruolo sia poi nei fatti de-legittimato dall’affermarsi di quei locali-smi che altro non farebbero che inde-bolire la credibilità del sistema e accen-tuare la sua vulnerabilità.Il programma di attività del 2002, quin-di, dedica il primo capitolo alla costru-zione ed al consolidamento del networkcamerale dell’Emilia-Romagna elen-cando tutti i progetti che dovranno es-sere realizzati d’intesa tra più Camere dicommercio.

La Manutenzione del Sistema Qualitànei Registri Imprese delle Camere dicommercio certificate oltre a prevedere - la formazione continua a supporto

del processo di sviluppo dei SistemiQualità

- la creazione di nuovi Verificatori Interni- la preparazione dei momenti centrali

del processo di sviluppo del SistemaQualità (Verifiche Interne, Riesami del-la Direzione, ecc.) con l’obiettivo direndere progressivamente autonomele strutture coinvolte si dovrà dedicareal riorientamento del Sistema Qualitàverso le indicazioni delle nuove normeVision 2000.

Le Camere di Commercio di Bologna eRavenna hanno poi scelto di procedere

alla estensione del Sistema Qualità adaltri servizi.

Il Controllo di Gestione continuerà conle sperimentazioni programmate in ognisingola Camera aderente.Su proposta del Coordinamento delpiano formativo, realizzato dalla societàNet Working, è stato costituito un focusgroup tra le Camere di commercio del-l’Emilia-Romagna per la rilevazione deibisogni formativi ed in vista della elabo-razione delle attività per il 2002.Il confronto a livello di sistema ha presospunto dalla valutazione dei risultati del-le due precedenti edizioni del Piano for-mativo: le Camere di commercio hannomesso in evidenza le criticità, sia sulpiano organizzativo, che su quello deicontenuti, emerse dalle precedentiesperienze ed hanno suggerito propo-ste per un progressivo miglioramentodella qualità dell’iniziativa e della sua ri-spondenza alle effettive esigenze for-mative.

Con il progetto sull’E-procurement al-cune Camera di Commercio intendonodotarsi di uno strumento informaticoper la gestione degli approvvigiona-menti e la gestione di bandi e gare diacquisto on-line.Scopo di tale strumento e’ quello dirazionalizzare i processi interni di svol-gimento delle gare nelle CCIAA ade-renti, di dotarsi di uno strumento perla ricezione di documentazione e of-ferte commerciali on-line e di fornirealle imprese del territorio un ambitonel quale sperimentare processi dicommercio elettronico per la venditaon-line in un rapporto fiduciario con la

pubblica amministrazione locale.Dopo le sperimentazioni attuate nelcorso del 2001 conseguenti all’analisidelle attivita’ procedurali che hannoportato allo sviluppo dei sistemi infor-matici, nel 2002 l’attivita’ proseguira’valutando la possibilita’ di integrare iservizi di approvvigionamento all’inter-no dei sistemi di qualita’ delle Cameredi commercio stesse, nonche’ di valu-tare l’adozione di tale strumento in ma-niera diffusa dalle Camere di commer-cio della regione, proponendo attivita’progettuali all’interno dell’utilizzo deifondi di perequazione 2001.Sono poi stati proposti gruppi di lavorointercamerali sulla regolazione del mer-cato e sul benchmarking. Sempre in una logica di rete è statopoi elaborato un Piano operativo delleattività Studi e statistica dell’intero si-stema camerale regionale che deveportare al raggiungimento di obiettivipiù specifici quali:

• aiutare le Camere di commercio a co-municare di piu' con le imprese

• innovare nel campo dell'informazioneeconomica

• progettare informazione economicapersonalizzata

• valutare l'impatto delle politiche eco-nomiche ed industriali

• connettere le reti nazionali ed europeedi innovazione e progettazione.

Tali obiettivi sono perseguiti in questoprogramma di attività e vedranno unaprima attuazione già nel corso del2002, assieme ad una nuova imposta-zione della comunicazione via rete ver-so le imprese.

Programma di attività dell’Unioncamere per l’anno 2002

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 251Bologna, Unioncamere, 9 Dicembre 2002

Interverrò brevemente per affermare cheritengo i Consorzi Fidi e le Cooperativedi Garanzia uno degli strumenti più im-portanti al servizio delle piccole e medieimprese. Sia in Italia che all’estero,quando si parla di piccole e medie im-prese si ricorda che sono il fiore all’oc-chiello e il modello di un’economia cheappunto si è sviluppata sulle imprese dipiccole dimensioni. Un sistema che ècresciuto e si è strutturato grazie ai ser-vizi che le Associazioni forniscono e ai fi-nanziamenti sui quali possono contare.Quando all’estero vengono illustrate lecaratteristiche di questo tessuto pro-duttivo, uno dei punti fondamentali cheattira l’attenzione di tutto il mondo eco-nomico è proprio il sistema dei Consor-zi Fidi, punto focale dello sviluppo eco-nomico del nostro tessuto imprendito-riale. Si tratta infatti di organismi pro-mossi dalle Associazioni imprenditorialiche prestano garanzie collettive allebanche per conto dei singoli imprendi-tori soci. Tali strutture hanno il sostegnodegli Enti pubblici (dalle Camere diCommercio, alle Province, alla stessaRegione, ai Comuni) che con le loro ri-sorse incrementano il patrimonio deiConfidi e consentono di abbattere gli in-teressi. Questa funzione di raccordo frabanche e imprese si gioca anche a li-vello regionale. In Emilia-Romagna, co-me in altre Regioni, questi strumentiassolvono per questa via anche unafunzione di miglioramento delle relazio-ni fra istituti di credito e imprese so-prattutto per quelle piccole e medie.Purtroppo sono ancora privi di un ade-guato riconoscimento legislativo, puressendo all’esame del Parlamento pro-getti di legge che potrebbero ulterior-

mente incrementare la loro funzionepositiva. Sull’aspetto del credito si so-no incentrate grandi energie nella poli-tica di sostegno alle imprese da partedelle Camere di Commercio.Riporto il caso della Camera di Raven-

na: il 40% delle risorse camerali desti-nate alla promozione è erogato al fi-nanziamento delle imprese attraverso ilsistema delle Cooperative di Garanzia;la Camera sostiene inoltre iniziative vol-te a promuovere l’export, come il finan-

“La riorganizzazione delle risorse per il territorio:L’utilità di fare sistema con i Confidi e le Banche”

Pietro Baccarini - Presidente Unioncamere dell’Emilia-Romagna con Duccio Campagnoli - Assessore Regionale alle Attività Produttive,

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252 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Unioncamere, 9 Dicembre 2002

ziamento di progetti di imprese chepartecipano a fiere, missioni, partena-riati, investimenti all’estero. Calcoliamoche tale attività di movimentazionecomporti una ricaduta sulle capacità diinvestimento delle imprese superiore ai150 milioni di euro nel triennio in corso.Tali servizi e risorse potranno consenti-re un impulso di ammodernamentodell’apparato produttivo dell’intero ter-ritorio ravennate. Abbiamo creduto, findall’inizio, nello strumento operativo deiConsorzi Fidi come strumento di finan-ziamento e di innovazione del sistemadelle piccole e medie imprese che dasole non sono in grado di raggiungeresenza un adeguato supporto da partedelle varie Istituzioni.Si tratta infatti di una delle cose concre-te che le Camere di Commercio pote-vano fare a favore delle imprese, perchèuno dei punti fondamentali dei pro-grammi e dei sistemi di finanziamento –e di ritorno alle imprese del contributoche versano alle Camere di Commercio- è quello dell’erogazione di fondi aiConsorzi Fidi. Qui si presenta “un do utdes” immediato: si paga il diritto annua-le e si assegnano ai Consorzi determi-nati quantitativi di risorse che vanno alfinanziamento delle imprese.Porto questo esempio: quella di Raven-na è una delle quindici Camere di Com-mercio in Italia che ha applicato l’au-mento del 20% del diritto annuale chela legge consentiva. Per le imprese l’au-mento si traduce in poche decine di eu-ro, ma nei bilanci delle Camere di Com-mercio diventano milioni disponibili perinvestimenti. Altre Camere non sonoriuscite a compiere questo sforzo, per-chè il mondo associativo non si è trova-

to d’accordo sull’aumento del dirittoannuale. A Ravenna abbiamo immediatamentetrovato l’intesa sulla destinazione diqueste risorse in un capitolo specialedel bilancio camerale da spendere nonin modo generico, ma per la gran partedestinato al finanziamento dei ConsorziFidi e delle Cooperative di Garanzia.Questo capitolo di finanziamento è au-mentato progressivamente, e oggi le ri-sorse che vengono erogate sono mol-to consistenti. Viene, in questo modo,fertilizzato l’ambiente delle imprese, vain accelerazione lo svolgimento degliaffari, aumentano le convenienze di in-sediamento di investitori esterni; in sin-tesi aumenta il generale grado di fidu-cia per la collettività, fiducia che certa-mente è uno dei massimi volani dell’e-conomia.Naturalmente alla fiducia va accostatala trasparenza e per quest’ultima non èsolo questione di cultura-conoscenzada diffondere, ma anche di professiona-

lità da parte di entrambe le parti, le ban-che e le imprese.A livello regionale i Consorzi Fidi sonoun punto fondamentale di coordina-mento di queste politiche e in tale otticai nuovi accordi di Basilea possono rap-presentare una opportunità utile allebanche e alle imprese per migliorarel’efficienza del sistema di relazioni e dirapporti e per qualificare ulteriormentel’economia e lo sviluppo di un territorio.Questo aiuterà il mondo delle imprese acrescere e il sistema consortile e quellobancario dovrà accompagnarle in que-sto percorso di crescita, nello sforzo diqualità degli investimenti, nel tipo di pro-cesso e di sviluppo a cui sono chiamate.In conclusione posso dire che la nostraprovincia e la nostra regione sono pron-te per la nuova filosofia, quella sottesaanche agli accordi di Basilea, in virtù delgrande lavoro svolto attraverso il sistemadei Consorzi Fidi, vera chiave di volta peril successo e l’ammodernamento dellanostra struttura produttiva regionale.

“La riorganizzazione delle risorse per il territorio:L’utilità di fare sistema con i Confidi e le Banche”

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Intervento del Presidente di Unioncamere 253Shanghai, 23 Giungo - 1 Luglio 2002

Nel momento in cui inauguriamoquesto Centro delle Camere diCommercio e della Regione Emilia-Romagna qui a Shanghai, dobbia-mo sottolineare l’importanza di unmercato che nel prossimo futuroavrà sempre più rilievo nello scena-rio mondiale. L’iniziativa è partitadalla Camera di Commercio di Mo-dena, dal suo Presidente AlbertoMantovani e dal Direttore GiancarloZanni ed ora è patrimonio di tutto ilsistema regionale.Così oggi l’Emilia-Romagna trovacasa a Shanghai con l’apertura diun Centro Servizi per sostenere chivuol avviare presenza e iniziative inCina. Qui all’inizio dell’estate si so-no insediate le società fieristiche diBologna, Rimini, Parma, il porto diRavenna e tutte le associazioni re-gionali di categoria. Un progetto alquale hanno già aderito 13 tra leaziende più significative dell’Emilia-Romagna, dalla Sacmi alla Saeco,dalla Technogym al gruppo Coltiva.Una opportunità per il processo diinternazionalizzazione delle impreseemiliano-romagnole in un’area dienormi dimensioni che rappresentauna grande frontiera per il futuro.Con il Centro si è creata un’oppor-tunità utile soprattutto alle Pmi perentrare in una delle aree del mondoche avranno maggiore sviluppo neiprossimi anni. E’ un’intuizione chevuole che siano gli imprenditori adessere protagonisti visto che hannola possibilità di fare affari perun’ampia gamma di prodotti e ser-vizi con il supporto di una strutturache nel tempo potrà essere miglio-

rata. Per la prima volta in Italia unaRegione e le Camere di Commerciocompiono uno sforzo unitario, of-frendo ad enti ed imprese regionaliuna solida piattaforma per consen-tire a ciascuno di sviluppare nel mi-gliore dei modi un proprio autono-mo progetto di ingresso su un mer-cato estero, potendo contare su unsupporto istituzionale di alto livello.L’Emilia-Romagna si presenta cosìin Cina come sistema, come dasempre fanno i grandi Paesi euro-pei. Creatività, iniziativa, capacità diinvestire e di stringere accordi inter-nazionali saranno le chiavi vincentiper penetrare in un mercato distraordinarie potenzialità. E’ un la-voro lungo per il quale la strada ètracciata. Le aziende emiliano-ro-magnole, hanno una carta in più da“esportare” .

Ma cosa offre concretamente ilCentro alle imprese? Anzitutto vieneproposto un pacchetto gratuito,che comprende l’assistenza tecnicae informativa sulle istituzioni e lenormative dell’economia cinese, sulsuo sistema giuridico contrattualenei diversi settori produttivi, sulleopportunità e sulle procedure ne-cessarie per gli investimenti e le ini-ziative commerciali nel Paese dellaGrande Muraglia e in particolare aShanghai. Si potrà inoltre essereperiodicamente aggiornati sulle fie-re e le manifestazioni locali. Per chi non si accontenta ed è giàpronto a compiere un passo ulterio-re, è possibile aderire al Centro (ilcosto è di 5.165 euro), per usufrui-re di una sede per mantenere rap-porti in loco, richiedere una ricercadi mercato settoriale personalizza-

Inaugurato un Centro Servizi ed una show-room a Shanghai

Assessore Regionale D. Campagnoli, Avv. Pietro Baccarini

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254 Intervento del Presidente di UnioncamereShanghai, 23 Giungo - 1 Luglio 2002

ta, attivare la ricerca di un partnerper avviare nuove iniziative. Si avràanche assistenza legale, ammini-strativa e fiscale di base, assistenzanella redazione di un progetto per-sonalizzato di penetrazione nellaRepubblica Popolare Cinese o perl’organizzazione di missioni cinesi inItalia.Esiste anche la possibilità di usu-fruire di una show room all’internodel Centro, nel quartiere di Xintian-di, prestigioso e antico cuore – re-centemente ristrutturato – di Shan-ghai. Collegati allo show room i ser-vizi magazzino e deposito, l’assi-stenza nelle pratiche doganali e lapossibilità di accesso prioritario e diutilizzo degli spazi per eventi espettacoli. Questi spazi, sempre si-

tuati nella zona Xintiandi, compren-dono due piccole piazze interne, laclub house del Centro, la sala con-vegni da 400 posti, un salone con-gressi da 3.000 posti.C’è molta voglia di Cina in Italia e diItalia in Cina. L’interesse riscontratoci fa capire di essere sulla giustastrada. Importante la scelta di muo-verci come sistema: la presenza de-gli enti fieristici nel Centro favorirà lapartecipazione degli operatori cine-si alle più importanti manifestazionifieristiche in Italia e preparerà im-portanti iniziative fieristiche dall’Ita-lia a Shanghai.Secondo i dati più recenti, la Cinasta vivendo momenti di sviluppoeconomico significativi: il suo Pil haritmi di crescita nettamente supe-riori a quelli degli altri Paesi. E’ unmercato particolare e difficile che fi-nora si è concentrato quasi esclusi-vamente sulla produzione, dovepossono trovare spazio le impreseitaliane che producono tecnologie,piuttosto che beni di consumo: è unpaese in forte sviluppo tecnologicoe ha bisogno del know how occi-dentale e soprattutto della sua ca-pacità di innovazione e di creatività.

Inaugurato un Centro Servizi ed una show-room a Shanghai

Dott. Alberto Mantovani, Presidente CCIAA di Modena

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Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro Baccarini 255Bologna, Aula Magna della Regione Emilia-Romagna, 24 Ottobre 2002

Negli ultimi anni sono stati approvatiimportanti provvedimenti legislativiche hanno enormemente ampliato ipoteri posti in capo alle Regioni, primifra tutti le leggi costituzionali n.1/1999(sull’elezione diretta dei Presidenti del-le Giunte e l’autonomia statutaria del-le Regioni) e n.2/2001 (sull'elezionediretta dei Presidenti delle Regioni aStatuto speciale e delle Province au-tonome di Trento e di Bolzano). Inquesto percorso così innovativo unaposizione del tutto particolare è occu-pata dalla riforma del titolo V della Co-stituzione operata, a seguito di refe-rendum confermativo, con la leggecostituzionale 3 del 18 ottobre 2001.Le Regioni sono ora chiamate a modi-ficare i rispettivi Statuti per attuare lasuddetta riforma rispettandone i prin-cipi ispiratori.

La nuova fase costituente regionale Il rinnovo degli Statuti costituirà per leRegioni un vero e proprio momentocostituente. Lo Statuto infatti potràassumere la struttura e la natura diCostituzione regionale, potendo inter-venire su luoghi classici del dibattitocostituzionale quali la forma di gover-no, il sistema delle fonti di diritto, iprincipi fondamentali di organizzazio-ne e funzionamento. Mentre la Regio-ne verrà sempre più a configurarsi co-me lo snodo principale del nuovo as-setto dei poteri, lo Statuto sarà il luo-go fondamentale per ridefinire il com-plesso dei rapporti tra le istituzioni, perpromuovere il dialogo tra la pubblicaamministrazione e la società civile, pervalorizzare le autonomie tanto territo-

riali che funzionali, per dare voce agliorganismi originari in cui quotidiana-mente si forma la società. Se attornoal processo statutario si svilupperà undibattito ampio e approfondito e simobiliteranno le energie e le capacitàpolitiche, culturali e istituzionali, alloralo Statuto regionale potrà avere la ric-chezza di vera Costituzione regionale.Fatta questa premessa, mi sembrache come introduzione al convegno sipossano fare alcuni brevi considera-zioni.

La valorizzazione della sussidiarietàEsaurita la fase dell’elezione dei nuoviPresidenti, in tutte le Regioni la nuovafase costituente è resa necessaria ol-tre che dalle antinomie tra i vecchi sta-tuti e la nuova disciplina costituziona-le, dal dato politico rappresentato dal-la più forte legittimazione democraticadei Presidenti. Ma è da ritenere che, intale fase, i Consigli regionali non do-

vranno limitare il loro intervento allaforma di governo in senso stretto, madovranno disciplinare ex novo anche i“principi fondamentali di organizzazio-ne e funzionamento”. Tra questi è ne-cessario che emerga a livello statuta-rio, in un’eventuale preambolo o nel ti-tolo dedicato ai “principi fondamenta-li” o alle “disposizioni generali”, il prin-cipio di sussidiarietà. Come la sussi-diarietà deve essere declinata neiconfronti delle istituzioni del territorio -e della Regione in particolare - qualeprincipio fondamentale per accresce-re il ruolo di snodo della Regione stes-sa tra Unione europea, Stato, Enti lo-cali e territorio, allo stesso modo, sideve imporre quale principio a cui lastessa Regione deve garantire pienaapplicazione nei confronti delle altrerealtà istituzionali e sociali. Se il principio di sussidiarietà deverappresentare il principio cardine delladisciplina delle deleghe amministrati-ve, lo Statuto non deve dimenticare di

Gli Statuti Regionali:le proposte delle Camere di Commercio

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256 Intervento del Presidente di Unioncamere Pietro BaccariniBologna, Aula Magna della Regione Emilia-Romagna, 24 Ottobre 2002

codificare anche gli altri criteri da uti-lizzare ai fini della scelta dell’ente loca-le in favore del quale procedere, divolta in volta, alla delega. Ci si riferi-sce, in particolare, ai principi di unicitàdell’amministrazione, di omogeneità,di adeguatezza, di autonomia orga-nizzativa e regolamentare degli entidelegati, del consenso degli enti de-stinatari della delega ed infine il princi-pio in forza del quale all’ente delegatodebbono essere fornite le risorse ag-giuntive necessarie all’esercizio dellefunzioni delegategli. Sulla base di que-sti principi, la Regione pone le fonda-menta per una azione di gradualesemplificazione del rapporto tra im-presa e pubblica amministrazione, alfine di eliminare lo spezzettamentodelle competenze tra amministrazioni,snellire la complessità delle procedu-re, ridurre le lungaggini burocratiche: equesto, per le imprese stesse, si tra-durrebbe in un recupero di competiti-vità.

Le autonomie funzionali oggiUno dei passaggi più impegnativi chelo Statuto regionale dovrà affrontareconcerne la definizione e l’articolazio-ne dei poteri sul territorio. Il nuovo as-setto istituzionale non dovrebbe trala-sciare quelle realtà non necessaria-mente legate al dato territoriale, macomunque rappresentative di specifi-che esigenze. Le autonomie funzionali(tra cui si annoverano oltre alle Came-re di commercio, anche le Università,le fondazioni bancarie ecc.) sono isti-tuzioni rappresentative non della ge-neralità dei soggetti di una comunitàterritoriale, ma piuttosto di settori par-

ticolari e di specifiche popolazioni(quale la comunità delle imprese). Perquesto motivo le autonomie funzionaliamministrano funzioni importanti perdelle comunità parziali che esprimonola articolata complessità delle relazionidi ciascun soggetto nei diversi ambiti(produttivi, di consumo, ecc.). Quelloche ha sorpreso è come le autonomiefunzionali siano scomparse, invece,dalla legge di riforma costituzionaledell’ottobre scorso, dopo che il loro ri-conoscimento non era mai stato mes-so in discussione nelle bozze prece-denti (a partire dal testo della riformacostituzionale dell’ultima Commissio-ne Bicamerale). E’ questo uno dei li-miti evidenti della suddetta riformache viene ad incrinare ed indebolire ilprincipio stesso di sussidiarietà chedovrebbe invece rappresentare, nellasua più completa accezione, una del-le grandi ed auspicate innovazioni del-la nuova architettura istituzionale. Si ri-tiene, pertanto, che lo Statuto regio-nale abbia il dovere di sanare questa“svista” del legislatore costituzionale edi affermare la più corretta interpreta-zione del principio di sussidiarietà, at-traverso l’esplicito riconoscimentodelle autonomie funzionali.

Le Camere di commercio oggiLe Camere di commercio - autonomiefunzionali con un ruolo di raccordoistituzionale tra imprese, mercato epubbliche amministrazioni locali, na-zionali ed europee - sono istituzioniautonome nei cui Consigli sono rap-presentate tutte le componenti dell’e-conomia locale: le imprese, i lavorato-ri ed i consumatori. Esse sono diven-

tate, quindi, infatti un punto di contat-to, di mediazione e di sintesi degli in-teressi coinvolti nell’ambito locale suitemi economici, in cui si raccordano leistanze provenienti dal mondo dellaproduzione, del lavoro e del consumo.La prossimità delle Camere di com-mercio al sistema delle imprese sta,quindi, nella loro stessa natura. E’ lalegge a riconoscere la possibilità cheesse siano destinatarie di delegheamministrative dallo Stato e dalle Re-gioni, ma tale loro legittimazione vie-ne, come si è detto, dalla più coeren-te applicazione del principio di sussi-diarietà. Le Camere di commercio,inoltre, per questa prossimità con tut-ti i soggetti del mercato possono aiu-tare la Regione a decentrare gli inter-venti destinati alle imprese ed ai siste-mi locali. La particolare natura delleCamere di commercio - enti pubblici eal tempo stesso rappresentative diuna specifica realtà sociale - le rendeparticolarmente adatte in questo sen-so. Il sistema camerale può, poi, offri-re la disponibilità di una rete telemati-ca interconnessa a livello locale, na-zionale ed europeo che rende le attivi-tà camerali fruibili dagli utenti ancheall’interno delle loro aziende.Per tutti questi motivi ci è sembrato in-teressante dedicare un momento di ri-flessione proprio al contributo che leCamere di commercio possono darein questa fase di redazione dei nuoviStatuti regionali e alle proposte con-crete che il sistema ha elaborato affin-chè, dopo la riflessione ed il confron-to, le Regioni possano dare risposteadeguate alle nostre sollecitazioni.

Gli Statuti Regionali: le proposte delle Camere di Commercio

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Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna 257

Unioncamere Emilia-Romagna, in-sieme alla Camera di Commercio diRavenna, con il supporto della pro-pria Azienda Speciale per l’interna-zionalizzazione, sta realizzando unprogetto di collaborazione economi-ca con la Romania per promuoverela cooperazione bilaterale tra le pic-cole e medie imprese italiane e quel-le rumene. L’obiettivo del progetto èdi valorizzare l’esperienza delle pic-cole e medie imprese italiane, in par-ticolare quelle della fascia adriaticadella Romagna, quale fattore di prin-cipale vitalità dell’economia del no-stro paese, al fine di contribuire allacrescita economica ed occupazio-nale della Romania in vista della fu-tura integrazione nell’Unione Euro-pea. Le imprese della provincia diRavenna e quelle della Romagnahanno infatti sviluppato in questi an-ni rilevanti relazioni economiche conla Romania ed una specifica espe-rienza del mercato rumeno. I settoridi attività prevalenti delle nostre im-prese sono quelli dell’agroalimenta-re, del tessile-abbigliamento, delcalzaturiero, dell’edilizia e della mec-

canica. La maggior parte di questeimprese, circa 150, opera nei di-stretti di competenza delle Cameredi Commercio di Timisoara e CarasSeverin, che sono i partners rumeniche partecipano al progetto. In que-sti due distretti si è assistito negli ul-timi anni ad una crescita del ruolodella piccola imprenditorialità rume-na, che tuttavia richiede ancora, perconsolidarsi a livello competitivo, dicompetenze gestionali e tecniche, diaumento della capitalizzazione e didiffusione di cultura imprenditorialetramite lo sviluppo dell’associazioni-smo tra imprese. Un ambiente favo-revole allo sviluppo delle imprese ri-chiede poi che sia potenziato inquesti due distretti il ruolo delle isti-tuzioni locali (enti locali, camere dicommercio) nella guida delle sceltedi sviluppo del territorio e nella pro-mozione economica. Il risultato diqueste esperienze e di queste anali-si ha portato alla ideazione di questoprogetto, che si propone quattroobiettivi principali: 1) rafforzare le strutture camerali di

Timisoara e Caras Severin, in par-

ticolare per la promozione dellacompetitività internazionale dell’e-conomia locale. Sono previste at-tività di formazione del personalecamerale locale in Italia e Roma-nia e rafforzamento della dotazio-ne informatica degli uffici.

2) realizzare uno scambio di espe-rienze di buone pratiche e di for-mazione sullo sviluppo di un am-biente favorevole alla crescita del-le nuove imprese rumene sul terri-torio. Sono previsti seminari inRomania per le imprese sulle buo-ne pratiche del modello italiano dicrescita delle piccole e medie im-prese.

3) progettazione esecutiva e realiz-zazione di uno Sportello Italia perla cooperazione tra piccole e me-die imprese sul territorio pressole Camere di Commercio di Timi-soara e Caras Severin. Lo Spor-tello sarà costituito da un esper-to italiano e da due esperti localipresso le due camere di com-mercio coinvolte.

4) identificazione ed assistenza tec-nica a progetti di cooperazionediretta tra imprese italiane e ru-mene nei settori artigiano e mani-fatturiero.

Il progetto, per la sua focalizzazionesugli obiettivi di sviluppo della picco-la e media impresa a livello regiona-le, corrisponde agli obiettivi prioritaridella strategia di pre-adesione con-cordati tra il governo della Romaniae l’Unione Europea. La validità delprogetto è stata inoltre riconosciutadal Ministero degli Esteri italiano chelo ha cofinanziato nell’ambito delle

Summit Economic Forum CEICentral European Initiative

Skopjie, 13-15 Novembre 2002

Politiche per l’Est Europeo: progetto per la Romania

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258 Relazione ufficiale del Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna

agevolazioni previste dalla Legge212/92 per i progetti di cooperazio-ne economica con i Paesi dell’EstEuropeo. Il progetto è iniziato nelfebbraio 2002 e terminerà nel set-tembre 2003. Inoltre, in un quadro dicollaborazione interregionale, è infase di realizzazione un’Antenna Ve-neto Romania, progettata dal CentroEstero Veneto e patrocinata dallaRegione del Veneto. L’Antenna è at-tiva dal 1° marzo 2002 ed è costitui-ta presso la Camera di Commerciodi Timisoara con il compito di fornireagli enti ed alle aziende venete i ser-vizi di assistenza e consulenza mira-ti, per intraprendere rapporti com-merciali e di cooperazione produtti-va con partner rumeni. L’Antennasvolge la funzione di sportello per gliimprenditori veneti che intendonoavviare o consolidare i rapporti eco-nomici con la Romania e per leaziende già presenti nel mercato. E’coinvolto il sistema bancario italianoe quello veneto in particolare.

Summit Economic Forum CEI - Central European InitiativeSkopjie, 13-15 Novembre 2002

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INAUGURAZIONE NUOVA SEDEUNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

VIALE ALDO MORO, 62

ANNO 2002

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260 Intervento del Presidente di UnioncamereBologna, 24 Ottobre 2002, Unioncamere Emilia-Romagna ha ufficialmente inaugurato

la nuova sede di Viale Aldo Moro, 62

L’inaugurazione di questa sede as-sume un ruolo simbolico e di testi-monianza della volontà delle Came-re di Commercio dell’Emilia-Roma-gna di rafforzare la loro presenza ela loro politica a livello regionale.Anche il luogo dove questo Palazzoè collocato, a fianco della Presiden-za Regionale, ha un significato nonsecondario: l’impegno a collabora-re, in piena autonomia, con una Isti-tuzione che ha visto crescere le suecompetenze, l’ambizione di una raf-forzata visibilità, frutto del tanto la-voro che in questi anni abbiamo svi-luppato. In campo economico la Regionesviluppa una serie di politiche e dicompetenze esclusive con le quali ilsistema delle Camere di Commer-cio deve continuamente confrontar-si, collaborare, mettere in campoogni risorsa possibile. Le Camere hanno compreso, spe-riamo definitivamente, che ogni po-litica localistica potrà dispiegare leproprie potenzialità solo se vi saràfra di loro una forte cooperazione esoprattutto se avranno una UnioneRegionale forte, capace di dialoga-re con la Regione, di esprimere esviluppare politiche di sistema. Daanni andiamo sostenendo in tutte lesedi, specie a livello nazionale, chele Camere hanno retto agli urti delladisgregazione solo perché erano fraloro in rete, avevano una UnioneNazionale che ha saputo sul pianolegislativo contenere le spinte chevolevano la loro scomparsa o inde-bolimento, accompagnando una ri-forma che ha democratizzato l’Isti-

tuzione, con la creazione dei Consi-gli e la elezione dei Presidenti.Oggi possiamo con altrettanta tran-quillità affermare che dicevamo giu-sto quando, spesso inascoltati, so-stenevamo che occorreva rafforzarele Unioni Regionali se si voleva chel’intero sistema fosse più forte.

Questa mattina nel convegno cheabbiamo promosso sul tema degliStatuti abbiamo sentito rassicurantiparole dal Presidente della RegioneVasco Errani e dall’assessore prof.Luciano Vandelli.

Io credo che queste parole di stimae di riconoscimento di ruolo dell’U-nioncamere dell’Emilia-Romagnaderivino dal tanto lavoro che in que-sti anni abbiamo fatto a livello regio-nale, guadagnandoci un ruolo pri-mario nell’informazione economica,nell’internazionalizzazione delle im-prese, nella promozione dell’econo-mia regionale, nel finanziamento al-le imprese tramite i consorzi fidi e lecooperative di garanzia, nel colla-borare alle politiche di sviluppo nel-l’Agenzia Regionale per il turismo,solo per citare alcuni dei settori dimaggior collaborazione.

Ma questo non è stato un lavoro néfacile né breve. Le spinte localistichedelle Camere, l’incapacità della Re-gione di definire un rapporto conl’Unioncamere risalgono a dieci annifa, i primi protocolli d’intesa, hannoreso complesso questo percorso.

L’inaugurazione della sede, dicevo

all’inizio, ha anche questo significa-to simbolico, perché le Camere sisono impegnate nell’acquisto del-l’immobile, riconoscendo il ruolo diUnioncamere e la Regione è qui connoi a celebrare l’evento.

Ma oggi è anche un giorno di festae con l’occasione abbiamo voluto ri-cordare i nostri predecessori, quellicioè che con grande lungimiranzafondarono l’Unione nel lontano 1965e poi la guidarono negli anni.Ai Presidenti di quel periodo conse-gniamo una medaglia d’oro qualesegno della stima che abbiamo perloro e della riconoscenza per il lavo-ro fatto.

Un po’ di storiaUnioncamere Emilia-Romagna èstata costituita il 23 gennaio del1965 in via Del Lavoro 67 a Bolo-gna. Primo presidente fu l’ingegnerErnesto Stagni, Presidente dellaCamera di Commercio di Bologna,che resse l’incarico fino al 1968, unanno dopo il trasferimento della se-de in via Ugo Bassi 7. Secondo presidente di Unioncame-re fu il commendator Luciano Ca-valcoli, Presidente della Camera diCommercio di Ravenna negli anni’69 e ’70, poi il dottor Claudio Leo-nelli, Presidente della Camera diCommercio di Modena dal 1971 al1973, il dottor Romeo Sgarbanti,Presidente della Camera di Com-mercio di Ferrara dal ’74 al ’75,quindi il professor Lorenzo Cappelli,Presidente della Camera di Com-mercio di Forlì dal 1975 al 1976, il

Un’inaugurazione ad un tempo simbolica ed augurale

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Intervento del Presidente di Unioncamere 261Bologna, 24 Ottobre 2002, Unioncamere Emilia-Romagna ha ufficialmente inaugurato la nuova sede di Viale Aldo Moro, 62

dottor Dario Mengozzi, Presidentedella Camera di Commercio di Mo-dena dal 1976 al 1978, il dottor Ma-rio Bertolini, Presidente della Ca-mera di Commercio di Parma dal1979 al 1985, l’on. Roberto Pinza,Presidente della Camera di Com-mercio di Forlì dal 1986 al 1992.

Nel 1984 Unioncamere aveva tra-sferito la sua sede in via Santo Ste-fano 1, dove rimase fino al 1989,anno in cui si spostò in via MonteGrappa 4 e nel novembre 2001 nel-la sede da poco ufficialmente inau-gurata in Viale Aldo Moro, 62.

Si sono anche succeduti, dalla suaistituzione ad oggi, come SegretariGenerali, il dott. Plinio Cazzola dal1965 al 1966, il dott. Franco Boaridal 1967 al 1968, il dott. EugenioCasini dal 1969 al 1973, il geom.Giovanni Guatelli dal 1974 al 1978,il sig. William Arletti dal 1979 al1992, il dott. Claudio Pasini dal1993 al 2002 e dal 2003 il dott. Lui-gi Bottazzi.Il loro contributo è stato determi-nante al conseguimento di quei ri-sultati che oggi qui celebriamo.

Accanto a loro hanno operato conspirito di grande dedizione e di ec-cezionale professionalità tutti i di-pendenti che in questi anni si sonosucceduti nei nostri uffici. Il loro at-taccamento all’Istituzione, la capa-cità di comprendere l’utilità delle ini-ziative che si andavano a sviluppa-re, l’alta qualità del loro lavoro, neha fatto una squadra che ha sem-

pre retto nelle allettanti offerte chespesso venivano loro avanzate.A loro va un ringraziamento sinceroe l’augurio che in futuro l’Unione Vidia ancora maggiori soddisfazioni.

A tutti i Presidenti attualmente incarica si deve la volontà di acqui-stare questa sede, di comprendereil ruolo che oggi ha Unioncamere esoprattutto quanto dovrà fare in fu-turo in una politica di sistema di svi-luppo regionale. L’Emilia-Romagnaè fra le prime 10 regioni d’Europa ese in questi anni è cresciuta, si èsviluppata, ha accresciuto il suotasso di internazionalizzazione,questo lo si deve anche, seppur inminima parte, alle politiche che il si-stema camerale ha portato avanti inquesti anni.Infine, se questa sede è così bella,luminosa, funzionale e moderna, unringraziamento particolare intendorivolgerlo all’Amministratore Unicodi Unioncamere Servizi Srl, dott.Marco Pancaldi che con grande en-tusiasmo ha portato avanti il pro-getto di ristrutturazione, all’arch.Giampiero Giacomini della societàOrchidea Fissa, che ne ha curatoogni particolare, dall’arredo alle lu-ci, alla struttura, all’ambientazione,ai materiali, alla collocazione di que-ste bellissime opere d’arte, fruttodella bravura e di uno stile incon-fondibile del pittore Bruno Pinto.

Un’inaugurazione ad un tempo simbolica ed augurale

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Cerimonia di inaugurazione della sede - Il Consiglio di Amministrazione - da sinistra: Carlo Alberto Roncarati (Ferrara), Aldo Ferrari (Reggio Emilia), ManlioMaggioli (Rimini), Luigi Gatti (Piacenza), Pietro Baccarini (Ravenna), Alberto Mantovani (Modena), Sergio Mazzi (Forlì-Cesena), Andrea Zanlari (Parma),Marco Pancaldi (Amministratore Unico di Unioncamere Servizi Srl).

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L’entrata della nuova sede Unioncamere

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Taglio del nastro - Da sinistra: Vasco Errani (Presidente Regione Emilia-Romagna), Pietro Baccarini (Presidente Unioncamere Emilia-Romagna), Carlo Sangalli (Presidente Unioncamere Italiana).

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Mons. Tommaso Ghirelli impartisce la benedizione alla nuova sede di Unioncamere, accanto a lui Marco Pancaldi, Amministratore Unico diUnioncamere Servizi

Il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani al libro delle firme il giorno dell’inaugurazione della Sede Unioncamere.

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Pietro Baccarini premia l’ing. Ernesto Stagni, Presidente Unioncamere dal 1965 al 1968.

Pietro Baccarini premia il Dott. Romeo Sgarbanti, Presidente Unioncamere dal 1974 al 1975.

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Pietro Baccarini premia il Prof. Lorenzo Cappelli, Presidente Unioncamere dal 1975 al 1976.

Pietro Baccarini premia l’On. Dario Mengozzi, Presidente Unioncamere dal 1976 al 1978.

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Pietro Baccarini premia il Dott. Mario Bertolini, Presidente Unioncamere dal 1979 al 1985.

Pietro Baccarini premia l’On. Roberto Pinza, Presidente Unioncamere dal 1986 al 1991

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I Segretari Generali di Unioncamere: da sinistra Giovanni Guatelli dal 1974 al 1978; Claudio Pasini dal 1992 al 2002; Willian Arletti dal 1979 al 1993

Pietro Baccarini, Presidente Unioncamere Emilia-Romagna - Vasco Errani, Presidente Regione Emilia-RomagnaCarlo Sangalli, Presidente Unioncamere Italiana

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Il 24 ottobre 2002 UnioncamereEmilia – Romagna ha inaugurato lasua nuova sede nei locali dell’ex Oli-vetti in Viale Aldo Moro n° 62.Per l’acquisto della nuova sede lenove Camere di Commercio dell’E-milia – Romagna hanno dato vita aduna società denominata Unionca-mere Servizi S.r.l. il cui scopo è an-che quello della gestione dell’immo-bile che ospita la sede stessa.

In realtà la ristrutturazione dei localiè terminata circa un anno prima del-la data dell’inaugurazione, ma soloper l’evento ufficiale sono state ter-minate le ultime finiture e collocatele opere del Maestro Bruno Pinto.

La nuova sede, realizzata su un pro-getto di Giampiero Giacomini, sipresenta con un look fino ad ora im-pensabile per un ufficio pubblico:colori caldi, legno chiaro e marmo,preziose finiture alle pareti, ne dan-no un ricercato sapore artigianale.

Fin dall’ingresso si incontrano duesculture del Maestro Pinto, i “guar-diani”, collocati uno a destra e uno asinistra e realizzati in vetroresina eresi policromi da un sapiente uso delcolore, di terre colla, legno e gesso.Le scale sono realizzate in un parti-colare tipo di marmorino a granagrossa color camoscio e illuminateda una luce soffusa che corre lungoil controsoffitto, mentre i gradini so-no coperti da una lastra di legno diacero sbiancato.Al primo e secondo piano la recep-tion è collocata in una vasta stanza

dal parquet anch’esso di legno diacero sbiancato su cui poggianopareti con estremità tondeggianti. Afianco della postazione della segre-teria tecnica è posto un altro “guar-diano” di Pinto e, sulla destra, unagrande vetrata che dà sul cortilepensile, novanta metri quadri dighiaia bianca con al centro un pianorialzato di legno scuro e, su una del-le due pareti corte, una fontana dimarmo.I corridoi, con le pareti in marmorinopastellato arancio, formano, su ognipiano, una“U” che collega tutti gli uf-fici i cui interni sono realizzati a mi-sura d’uomo. Sui muri, nelle stanzedei dirigenti, sono appesi quadri delMaestro Pinto.Il pezzo forte di tutto l’edificio è lasala riunioni e conferenze. Cinquan-ta posti su comode poltroncine ros-se, lavagne luminose, proiettori etutto il necessario per seminari e in-contri pubblici. Sullo sfondo capeg-gia la realizzazione più importantedel Maestro Pinto: una grande ope-ra di sei metri per tre di altezza com-posta da sei grandi pannelli. Al cen-tro emerge dalla materia dell’opera ilmarchio dell’Unione regionale.

Una attenzione a parte merita lascelta fatta sui colori e sulle finitureutilizzate da Giacomini in tutti gli ele-menti architettonici, di arredo e deicomplementi. Che il colore non siadi secondaria importanza, special-mente nei luoghi di lavoro, è un da-to oramai acquisito, anche se pochilo sanno utilizzare in modo opportu-no. La psicologia ambientale e l’ar-

chitettura naturale, negli ultimi anni,stanno verificando quanto e comecolori e materiali di finitura influenzi-no fortemente, non solo il benesse-re psicofisico, ma anche il rendi-mento professionale.

Dai colori caldi alla scelta dei mate-riali è tutto innovativo per un entepubblico. Non c’è niente di standar-dizzato o fatto in serie, ogni partico-lare è disegnato. Il prezzo totale del-la ristrutturazione, poi, è stato piùbasso di quello di una casa popolare.

La nuova sede, che si sviluppa sudue piani per complessivi 1.600 me-tri quadrati circa, prevede 53 posta-zioni di lavoro, una sala convegni da50 posti, una sala per le riunioni de-gli organi da 14 posti ed una salaper le riunioni varie da 12 posti. Alprimo piano è ubicata la sede del-l’Unione regionale, mentre al secon-do sono collocate le sedi dei Con-sorzi regionali di garanzia fidi, aiquali l’Unione regionale, con propriopersonale, garantisce la segreteriatecnica e dell’APT Servizi s.r.l., lasocietà compartecipata da Regionee sistema camerale, che gestisce gliinterventi di promozione e commer-cializzazione turistica.

Nei locali, come accennato, sonocollocate 18 opere del Maestro Bru-no Pinto che contribuiscono a valo-rizzare la nuova sede e a dareun’immagine insolita rendendolaunica e prestigiosa.

La nuova sede dell’Unione regiona-

La nuova sede di Unioncamere

Colore, arte, luce nel luogo di lavoro dove si elaborano le strategie e le politiche

di sviluppo dell’Emilia-Romagna

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le, pertanto, non è soltanto un luogoperfettamente ergonomico, ma an-che una galleria d’arte contempora-nea.L’Italia, del resto, ha un passato ar-tistico così pesante che rischia disoffocare la creatività visto che sia-mo oramai abituati a vivere in mezzoa delle opere storiche. Nessunoaveva pensato ai<luoghi di lavoro.Questo esperimento può costituire,quindi, un buon esempio da seguiree può dare la possibilità a degli otti-mi artisti di esprimersi in sintoniacon un progetto architettonico ecreare ambienti in cui lavorare assu-me un senso meno incombente.

Pinto è stato allievo di Renato Gut-tuso, amico di Moore e Severini ed èuno fra i più interessanti artisti italia-ni viventi.

“Pinto è un’artista poliedrico che saadattarsi alle situazioni più diversesapendo essere sia pittore che scul-tore. Come scultore l’indagine attor-no alla materia si sposa con quellacoloristica. Le sue continue stesure,l’inserzione di materiali aggettanticome il legno o il gesso, hannosempre prodotto l’effetto di una su-perficie pittorica gonfiata di stratifi-cazioni.L’artista possiede un’energia che gliviene dalla continua ricerca e dallacostante manipolazione dei materia-li.Ma anche nelle opere a parete, Pin-to fa avvertire lo spettatore di comesappia disporre le forme nello spa-zio e come il rapporto tra il colore e

la disposizione spaziale sia un fattod’intuizione e di continua sperimen-tazione.Può sembrare curioso e constrad-dittorio, ma le opere di Bruno Pintohanno costantemente questa dop-pia natura: i lunghi tempi di realizza-zione e progettazione in progress el’estrema intuitibilità delle stesse, lafacilità del pubblico di rapportarsi adesse” (Valerio Dehò).

Colore, arte, luce nel luogo di lavoro dove si elaborano le strategie e le politiche di sviluppo dell’Emilia-Romagna

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Accordi, protocolli d’intesa, convenzioni tra Unioncameree Regione Emilia-Romagna

1992-2002

Processi di decentramento

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Bologna, 3 maggio 1993

L'attuale situazione economica èsempre più caratterizzata dalla cre-scente internazionalizzazione dei si-stemi economici, dal processo diavvicinamento all'avvio del MercatoUnico Europeo, dalla recente aper-tura dei mercati dell'Est Europa. Intale contesto la sfida che l'Emilia-Romagna si trova a dover affrontarein dimensione europea è quella didivenire “Regione d'Europa”, piena-mente e stabilmente integrata nelnucleo centrale delle aree trainanti,qualitativamente e quantitativamen-te, l'economia europea.

Il conseguimento di ulteriori traguar-di di sviluppo economico e socialein una dimensione sovranazionale el'esigenza di governare la comples-sa evoluzione della società regiona-le richiedono un rinnovato impegnoalla pluralità dei soggetti istituzionalipubblici e privati per attivare, in sin-tonia con le politiche nazionali, lamolteplicità e la ricchezza delle ri-sorse di un vasto policentrismo re-gionale.

Lo stesso accentuato rallentamentodell'economia emiliano-romagnolain atto, in sintonia del resto con ten-denze nazionali ed internazionali,consiglia a tutti unitarietà d'intenti,concretezza operativa, raccordo trale diverse iniziative, al fine di soste-nere coerentemente l'apparato pro-duttivo della Regione in una fasecongiunturalmente difficile.La ”Dichiarazione programmatica di

maggioranza” approvata dal Consi-glio regionale delinea un quadro diazioni e di interventi volti ad “affer-mare una dimensione europea del-l'Emilia-Romagna” mediante “politi-che di qualificazione e di sostegnodella competitività dell'economia re-gionale”, intensificando le relazionitra pubblico e privato.

Nel contesto della funzione primariadel rapporto tra soggetti pubblicicon differente livello di sovranità, sidevono creare le condizioni per losviluppo del rapporto sistematicotra la Regione ed il sistema delle Ca-mere di Commercio, superando lastraordinarietà delle occasioni di in-contro e di collaborazione.

Al fine di definire i rapporti e le mo-dalità di collaborazione tra la Regio-ne Emilia-Romagna e le Camere di

Commercio dell'Emilia-Romagna sirende opportuno delineare una con-venzione-quadro, all'interno dellaquale stabilire accordi di collabora-zione, dando attuazione anche aquanto previsto dalla Legge n. 142del 08.06.1990 di riforma delle au-tonomie locali.

Tutto ciò premesso e preso atto:

- che la Regione è Ente di governo eche, come statuito dall'art. 4 com-ma 1 del proprio Statuto, “pone afondamento della propria attivitàlegislativa, amministrativa e di pro-grammazione il principio della col-laborazione con le Province e i Co-muni al fine di realizzare un coordi-nato sistema delle autonomie”;

- che la Regione, secondo quantostatuito all'art. 3 comma 2 del pro-

Convenzione-quadro tra Regione e UnioncamereEmilia-Romagna

Enrico Boselli Presidente della Giunta regionale

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prio Statuto “concorre quale sog-getto della programmazione, allaformazione ed attuazione dei pro-grammi statali; provvede, in armo-nia con gli indirizzi della program-mazione nazionale, alla formazionedel programma di sviluppo regio-nale ed alla definizione ed attua-zione di specifici piani di interven-to, assicurando la partecipazionedegli Enti locali e l'autonomo ap-porto dei sindacati, della coopera-zione e delle altre organizzazionisociali ed economiche”;

- che le Camere di Commercio sonoEnti locali (autonomi) di diritto pub-blico, non territoriali, con compe-tenze istituzionalmente riferite al-l'ambito provinciale, che hanno ilcompito di coordinare e rappre-sentare gli interessi dei diversi set-tori economici nelle rispettive pro-vince e di promuovere lo sviluppodell'economia locale a vantaggiodell'intera collettività ed in armoniacon gli interessi generali del Paese;

- che l'Unioncamere dell'Emilia-Ro-magna, secondo quanto previstodal comma 5 dell'art. 2 dello Sta-tuto "può anche intervenire pressole Amministrazioni centrali e perife-riche dello Stato e di altri Enti Pub-blici locali a nome e per conto del-le Camere che ne diano esplicitomandato" proponendosi di essereuna efficace struttura di raccordotra le Camere e Ente Regione;

- che sia la Regione, direttamente oattraverso i propri enti strumentali,

quanto gli Enti camerali operanoda tempo secondo logiche inter-settoriali, in stretto rapporto con ilsistema delle imprese e con il si-stema delle autonomie locali, fun-gendo pertanto quale naturale ter-reno di incontro tra Istituzioni emercato, ricercando un'unitarietàdi intervento rispetto alla pluralità ediversità degli interessi economicisettoriali;

- che le Camere di Commercio, gra-zie alla creazione ed al consolida-mento di un sistema a rete, nelquale ogni punto è telematicamen-te collegato agli altri, sono riuscitenon solo a conseguire tempestivitàe razionalità nell'adempimentodelle proprie funzioni amministrati-ve, ma anche a creare, nell'ambitodelle funzioni di pubblicità legale dicarattere formale loro attribuitedelle norme, una Anagrafe econo-mica nazionale di grande portataconoscitiva, premessa e supportotecnico-logistico per il costituendoRegistro delle Imprese;

- che a seguito del riordino dellecompetenze e delle funzioni istitu-zionali stabilite dal DPR n. 616/77è opportuno e necessario che leCamere di Commercio assumano,nell'ambito della provincia di com-petenza, il ruolo di interlocutoridell'Ente Regione, come pure de-gli altri pubblici poteri, relativamen-te ai problemi socio-economici;

- che, in attesa della legge di riformadi cui all'art. 64 del DPR n.

616/77, le Camere di Commerciohanno avviato un processo internodi rinnovamento di ampia portata,al fine di adeguare la propria azio-ne alle mutate esigenze delle im-prese e delle economie locali;

- che già in passato ambiti di colla-borazione sono stati trasposti inatti convenzionali tra la RegioneEmilia-Romagna e le Camere diCommercio emiliano-romagnoleassociate nella loro Unione Regio-nale, in attuazione di precisi dispo-sti normativi (in materia di artigia-nato, L.R. n. 24/88) e sulla base diobiettive e riconosciute esigenzedi collaborazione nell'analisi dell'e-conomia regionale.

Tutto ciò considerato e premesso laRegione Emilia-Romagna e l'UnioneRegionale delle Camere di Commer-cio dell'Emilia-Romagna convengo-no con la presente Convenzione-Quadro:

- di verificare lo stato di attuazione ela gestione delle convenzioni in es-sere, anche al fine di una valoriz-zazione dei risultati conseguiti e dieventuali ulteriori sviluppi deglispecifici rapporti in essere;

- che per il conseguimento di alcuniobiettivi di crescita, svilupperannoambiti di più stretta collaborazione,al fine di evitare l'appesantimentodegli apparati pubblici, la sovrap-posizione degli interventi e per pro-muovere la valorizzazione dei patri-moni di professionalità accumulati;

Convenzione-quadro tra Regione Emilia-romagna e Unioncamere Emilia-romagna

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- che la Regione Emilia-Romagna egli Enti Camerali attraverso la loroUnione Regionale si impegnano arealizzare iniziative finalizzate adevidenziare le situazioni socio-economiche locali, a dare risaltoallo sviluppo delle varie attivitàproduttive e distributive, ad averea disposizione una documentazio-ne sistematica dei moltepliciaspetti della vita economica e so-ciale locale al fine di incidere posi-tivamente sull'attuazione della pro-grammazione, ad intensificare leiniziative promozionali al fine di de-terminare lo sviluppo economicocomplessivo, ad accrescere glistrumenti operativi e conseguire gliobiettivi che la stessa Regione po-ne nei propri indirizzi politici e stra-tegici delineati dagli strumenti del-la programmazione economica;

- che la Regione, al fine di inserirel'attività di promozione e di servizialle imprese, da esse attivate, nelcontesto delle politiche regionali disettore, ritiene opportuna una in-tensificazione dei rapporti di colla-borazione con le Camere di Com-mercio, anche degli enti ai quali laRegione stessa demanda l'attua-zione di tali politiche;

- che la Regione Emilia-Romagna eCCIAA si impegnano a sviluppare econsolidare iniziative comuni nelcampo dei sistemi di supporto alleimprese, specialmente in riferimen-to alla diffusione dell'innovazione,dell'integrazione europea e dellapromozione delle imprese a partire

dal rafforzamento e dall'ottimizza-zione delle strutture esistenti;

- che le Camere di Commercio ma-nifestano la loro disponibilità adoperare in raccordo strategico edoperativo con la Regione per ilperseguimento degli obiettivi daessa delineati con gli strumentidella programmazione economicae con le iniziative di sostegno all'e-conomia emiliano-romagnola daessa promosse;

- che la Regione Emilia-Romagnanel quadro delle materie ad essatrasferite e delegate, instaureràrapporti di collaborazione con leCamere di Commercio;

- di costituire un Tavolo per l'indivi-duazione degli ambiti di comuneinteresse e collaborazione nonchéper la definizione delle concreteforme di collaborazione sulle sin-gole tematiche che potranno esse-re oggetto di successive appositespecifiche convenzioni.

Il Presidente della Giunta RegionaleEmilia-RomagnaEnrico Boselli

Il Presidente dell'UnioncamereEmilia-RomagnaPietro Baccarini

Convenzione-quadro tra Regione Emilia-romagna e Unioncamere Emilia-romagna

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In data 11 maggio 1994 il Presidentedi Unioncamere, i Presidenti delle Ca-mere di Commercio e il Presidentedella Regione approvano il presenteverbale d'intesa.

PREMESSA

La Legge 29 dicembre 1993 n. 580“Riordinamento delle Camere di Com-mercio, industria, artigianato, agricol-tura” valorizza, sia pure ancora in mo-do non pienamente soddisfacente, ilrapporto tra sistema camerale ed EnteRegione, su una pluralità di piani: dellecompetenze, funzionale, operativo,dell'intervento nella composizione de-gli organi, dei rapporti inter-istituziona-li. La prospettiva che noi auspichiamoè quella dell'affermazione di un nuovoregionalismo, che si concretizzi in pri-mo luogo in decentramento di funzionie competenze dallo Stato, sulla basedei principi di autonomia, sussidiarietàed efficienza delle Amministrazioni.In questo rinnovato contesto istituzio-nale le Camere di Commercio ricono-scono la Regione quale Ente di gover-no generale con funzioni di indirizzopolitico e di programmazione; ricono-scono inoltre alle assemblee elettive ilruolo e le funzioni di programmazionee governo dello sviluppo del territorio.La Regione riconosce a sua volta lafunzione delle Camere di Commercio,quali parti della Pubblica Amministra-zione specificatamente rivolta alle im-prese, con funzioni di supporto e dipromozione degli interessi generalidelle imprese, nonché le competenzericonosciute dalla L. 580/93 e le indivi-dua come uno degli strumenti di at-

tuazione della programmazione regio-nale e delle politiche di sviluppo locale.In questa prospettiva la collaborazio-ne operativa tra Regione e Camere diCommercio assume sul piano regio-nale e locale rilevanza strategica nei li-miti della legislazione vigente (comuni-taria, nazionale e regionale).Con questa consapevolezza la Regio-ne e le Camere di Commercio dell'E-milia-Romagna, nel sottoscrivere que-sto verbale di intesa operativo in at-tuazione della convenzione quadrosottoscritta il 3 maggio 1993, si impe-gnano a sviluppare concrete norme dicollaborazione, a partire dalle temati-che di seguito riportate. Facendo rife-rimento al tavolo operativo già attiva-to, che vede la partecipazione delPresidente della Giunta regionale perla Regione Emilia-Romagna e del Pre-sidente dell'Unioncamere Emilia-Ro-magna si assume l'impegno reciprocoad effettuare una verifica periodicasullo stato di attuazione della seguen-te intesa operativa, articolata per sin-goli Assessorati e ad aggiornarla in re-lazione ad ulteriori esigenze e possibi-lità di collaborazione.

INDUSTRIA, ARTIGIANATO,COMMERCIO, COOPERAZIONEProgetto di consorzio fidi per le impre-se cooperative. Si conferma che l'As-sessorato ha istituito un gruppo di la-voro per la predisposizione di un testodi statuto per la costituzione di unconsorzio fidi per le imprese coopera-tive, in attuazione della L. 22/90. E'accettabile che l'Unioncamere conl'apporto anche di altri Enti pubblici

sia socio promotore con eventuali ap-porti finanziari. Sull'attivazione di uncoordinamento regionale per indicarele linee operative degli interventi a so-stegno delle cooperative di garanzia edei consorzi fidi, si ritiene che talecoordinamento debba essere finaliz-zato ad un miglior utilizzo delle risor-se disponibili.

Distretti industriali. Formalizzazione deirapporti operativi da tempo instaurate-si fra funzionari Unioncamere e funzio-nari regionali per la definizione dellearee di distretto industriale in Emilia-Romagna ai sensi dell'art. 36 della L.31/91. Il lavoro è completato ed è sta-to formalmente consegnato alla Regio-ne in data odierna. Potrà poi essere or-ganizzato un convegno nazionale che,prendendo spunto dalla definizione deidistretti industriali nella regione e dellaloro evoluzione, esamini le possibili po-litiche realizzabili sui distretti.

Promozione economica. Si concordadi organizzare un incontro tecnico perdefinire metodologie di lavoro e pro-gramma '95.

Obiettivo 2 fondi strutturali. Il coinvol-gimento degli Eurosportelli potrà es-sere oggetto di valutazione nell'ambi-to delle iniziative previste nelle misuredel programma di cui all'obiettivo 2.

Mercato mobiliare locale. In merito alprogetto ed all'iniziativa promossadalle Camere di Commercio della re-gione, e che ha come capofila ReggioEmilia, si rimanda a successivi specifi-ci approfondimenti, in particolare per

Verbale d'Intesa tra Regionee Unioncamere Emilia-Romagna

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quanto attiene a possibili collabora-zioni tra sistema Regione e sistemacamerale.

Convenzione tra Regione e CCIAA perle CPA. La nuova convenzione è al-l'esame della Commissione Consilia-re. Il parere della Regione è di mante-nere tale rapporto convenzionale cheva comunque inquadrato nelle deter-minazioni che assumerà il coordina-mento degli Assessori regionali all'In-dustria e Artigianato che stanno ela-borando una proposta comune.

Osservatorio regionale artigianato. E'già stato rivisto l'art. 25 del Pdl del Te-sto Unico sull'artigianato, per mante-nere un rapporto convenzionale an-che con l'Unioncamere.

Acquisizione e diffusione, all'internodell'Amministrazione Regionale epresso gli Enti Locali, delle informazio-ni del Registro delle Imprese. Il Servi-zio Informativo e Statistica e il ServizioInformatico dell'Assessorato Bilancioe Affari Generali acquisiranno pressoCerved, a costi da ricontrattare, i datiin questione, sulle imprese industriali.

Disciplina delle manifestazioni fieristi-che e degli Enti fieristici. La Regioneprende atto del documento predispo-sto e presentato dall'Unioncamere erimanda l'esame dello stesso ad ap-posito incontro.

Progetto Excelsior. Sarà fatta una va-lutazione sulla proposta dell'Unionca-mere nella logica di non creare sovrap-posizioni ed inutile dispendio di risorse.

PROGRAMMAZIONE,PIANIFICAZIONE, AMBIENTEL'Albo degli smaltitori, stoccatori etrasportatori di rifiuti tossico-nocivi,collocato presso la Camera di Com-mercio capoluogo di Regione è giàpressoché operativo, di fatto costitui-sce una parte rilvante del Catasto ri-fiuti di competenza regionale che laRegione deve avviare. Si propone dipervenire ad un accordo che consen-ta alla Regione di realizzare il catastoa partire dall'Albo, riducendo in talmodo i propri costi. A quest'accordopuò essere inoltre collegata l'attivazio-ne della borsa informatizzata dellematerie prime secondarie. Per esami-nare queste proposte e la loro pratica-bilità, anche in relazione alle esigenzedel sistema informativo regionale, siconviene sulla creazione di un gruppodi lavoro tecnico tra Regione e Union-camere. Nel frattempo Unioncamerepredisporrà una prima nota informaleche invierà all'Assessorato.

Ecolabel ed ecoaudit. La Regionemanifesta disponibilità ad attribuire al-le Camere di Commercio, anche av-valendosi della rete Eurosportelli, ilruolo di promozione e diffusione di in-formazioni presso le imprese.

FORMAZIONE PROFESSIONALE,LAVORO, SCUOLA, UNIVERSITÁLa Regione è disponibile a riconosce-re il sistema camerale e le sue struttu-re formative come un proprio partner:

1. attivando un tavolo apposito diconfronto tra Regione e Camere sultema della formazione. In questo

tavolo potranno essere raggiuntiaccordi strategico/operativi;

2. inserendo un rappresentante came-rale nell'organismo di concertazionecon le parti sociali per la definizionedelle linee generali di intervento.

La Regione è interessata ad appro-fondire contenuti e potenzialità delprogetto Excelsior, che è di estremointeresse per l'Assessorato ai fini didefinizione di strategie di intervento.E' stata sollecitata la partecipazionedelle Camere di Commercio alla pros-sima Conferenza annuale di verificasulla Formazione Professionale in Re-gione. Unioncamere ha proposto unprogetto di rete regionale di sportelliinformativi, finalizzato ad azioni di sup-porto, assistenza e formazione a dis-posizione di imprese (giovani).Disponibilità reciproca ad istituziona-lizzare forme di collaborazione traUnioncamere/CCIAA ed Osservatorioregionale sul mercato del lavoro.

TURISMO, CULTURA, QUALITÅURBANALa Regione è disponibile ed interessa-ta ad attivare un progetto di Osserva-torio turistico regionale d'intesa conUnioncamere, Confcommercio e Con-fesercenti. L'Osservatorio avrà compi-ti di monitoraggio su domanda ed of-ferta turistica nella Regione e dovràimprontare un sistema di verifica deirisultati di politiche e programmi realiz-zati. Regione Emilia-Romagna edUnioncamere fungeranno da capofilae da sede operativa.

Verbale d'Intesa tra Regione e Unioncamere Emilia-Romagna

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La Regione finanzierà l'Osservatorioavvalendosi di Unioncamere. Per lagestione delle risorse e la definizionedelle strategie operative ci si avvarràdi un Comitato tecnico-scientifico chedovrà definire le linee di azione e leconseguenti attività annuali.

Conturister. La Regione attende laconclusione dei lavori del gruppo distudio attivato presso l'Unioncamere,che dovrà formulare una proposta direvisione della legge.

AGRICOLTURAPromozione e prodotti agro-alimentari.Con riferimento alle iniziative promozio-nali anno '95 ferma restando la specifi-cità del sistema secondo il quale i pro-getti sono presentati dai soggetti bene-ficiari del contributo regionale, sul pro-gramma si riscontra l'utilità di raccordie valutazioni congiunte fra Assessora-to, Unioncamere e soggetti interessati.

Registro delle imprese. Rispetto all'i-scrizione del settore agricolo nel Regi-stro delle imprese prevista dalla legge580/93 ed ai relativi problemi di so-vrapposizione con altri centri di certifi-cazione si è concordata la creazionedi un Gruppo misto di lavoro. In baseal criterio generale di evitare duplica-zioni di adempimenti ed ulteriori oneria carico delle imprese, tale Gruppo hail compito di analizzare il problema e diproporre alcune soluzioni che potran-no essere inviate ai Ministeri compe-tenti prima dell'uscita dei regolamentiattuativi della legge 580/93. Potranno,in ogni caso, essere studiate alcune

soluzioni in ambito regionale con rife-rimento all'istituzione ed all'avvio daparte dell'Assessorato dell'anagraferegionale delle imprese agricole.

Certificazioni di qualità. L'Assessoratointende promuovere ed incentivare unsistema di servizi per le piccole e me-die imprese dell'intera filiera agro-ali-mentare e sta realizzando un censi-mento dell'offerta di servizi presente inRegione; le CCIAA hanno dato dispo-nibilità a collaborare a questa fasecensuaria ed alla promozione dei ser-vizi per l'implementazione dei sistemidi qualità. La certificazione di qualitàsarà effettuata dagli organismi che ot-terranno i previsti riconoscimenti.

Credito all'agricoltura. E' stata verifi-cata la disponibilità ad incontrarsi abreve per affrontare la materia valu-tando l'opportunità o meno di un si-stema di garanzia fidi per il settoreagricolo, simile a quello già operantenei rimanenti comparti produttivi.

Revisione Albi vigneti vini doc. Rispet-to al problema sollevato dall'Unionca-mere sull'attuale scarsa attendibilitàdegli Albi nella quasi totalità delle pro-vince, l'Assessorato si è impegnato averificare la consistenza del problemadando, eventualmente, le indicazioninecessarie per le soluzioni possibili.

Osservatorio agro-industriale. Si staterminando la stesura del rapporto re-lativo al 1993 ed all'organizzazionedell'iniziativa di presentazione in baseagli accordi sottoscritti dai due entipromotori.

TRASPORTI E VIE DI COMUNICAZIONEOsservatorio sul trasporto merci.L'Assessorato attende una propostadi studio di fattibilità da Unioncamere.Si procederà poi ad un apposito in-contro. Premesso che le CCIAA sonogià presenti nella Conferenza di pro-gramma per l'Alta Velocità ferroviaria,la Regione è disponibile ad invitare leCCIAA a confrontarsi ogni qualvolta siaffrontino problematiche relative al tra-sporto merci.

In merito alla situazione ed alle pro-spettive di sviluppo di esperienze diborse telematiche, si organizzerà unapposito incontro di verifica.

In merito alla proposta Unioncameredi avviare un progetto di studio sul te-ma della qualità nel trasporto merci, siè convenuto di inviare tutta la docu-mentazione, ed eventualmente unaproposta, all'Assessorato.

Verbale d'Intesa tra Regione e Unioncamere Emilia-Romagna

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Bologna, 6 dicembre 1995

Art. 1 - Temi della ConvenzioneLa Regione e la Unioncamere concor-dano nell’operare congiuntamente peracquisire gli elementi di informazionenecessari alla programmazione degliinterventi nell’ambito dell’offerta e del-la domanda turistica.

Art. 2 - Obiettivi generali della convenzione

La Regione e l’Unioncamere ritengo-no che, sul fenomeno turistico, la col-laborazione deve concentrarsi sul li-vello quali-quantitativo dei fenomenida monitorare, sia sul fronte dell’offer-ta che su quello della domanda.

Art. 3 - Oggetto dell’incaricoNell’ambito delle attività dell’Osserva-torio Regionale sul Turismo, l’Union-camere si impegna a:

a) fornire il supporto tecnico al funzio-namento del Comitato Tecnico Scien-tifico previsto dal citato protocollod’intensa, mantenendo uno strettocollegamento con la Regione attivan-do eventuali rapporti con fornitori diservizi e attività di ricerca aderenti aicodici deontologici del settore.

b) fornire rapporti su:1. rilevazione dell’attività turistica;1.1 rilevazione degli arrivi e delle par-

tenze;1.2 monitoraggio congiunturale se-

condo le metodologie indicatedall’Unione Europea;

2. indagine sui consumatori e sull’of-ferta commerciale irregolare;

3. analisi e monitoraggio della situa-zione dell’offerta turistica;

4. indagine sull’innovazione nelle im-prese turistiche per bacino turisticoe realtà geografica;

5. impostazione del metodo di calcolodel PIL del settore turistico regionale;

6. indagine della domanda potenzialedel mercato italiano;

7. indagine sulla domanda potenzialedi due mercati esteri;

8. previsioni sull’andamento della do-manda turistica;

9. monitoraggio delle modalità di ap-plicazione della L.R. 28/90 nelle va-rie città della costa.

Art. 4 - Tempi di esecuzione del mandato

La durata della presente convenzione

è fissata in mesi 12 a decorrere dalladata di stipulazione. Dopo tale perio-do la convenzione potrà essere rinno-vata. Le parti si riservano di provvede-re di anno in anno, con successivaconvenzione, all’aggiornamento deicontenuti tecnici.

Art. 5 - Oneri finanziariLa previsione di spesa per lo svolgi-mento dell’incarico è fissata in £.70.000.000 a carico dell’Unioncame-re e £. 460.000.000 a carico della Re-gione.

Regione Emilia-RomagnaUnioncamere Emilia-Romagna

Convenzione tra Regione e Unioncamereper la realizzazione dell’Osservatorio turistico

Lanfranco Morri, Presidente APT Servizi Srl e Claudio Pasini, Segretario Generale Unioncamere

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Bologna, 23 gennaio 1996

PREMESSA

La logistica delle merci è caratterizzatanel nostro Paese da una serie di speci-ficità, spesso di segno negativo, cheincidono non poco nel contesto di si-stemi industriali sempre più aperti all'in-tegrazione ed alle relazioni economi-che. Il settore dell'autotrasporto, per-tanto, rischia di essere fortemente pe-nalizzato dal dispiegarsi delle linee gui-da della politica comunitaria che, nel-l'arco di pochi anni, porterà alla com-pleta liberalizzazione delle tariffe e deitraffici. Questa prospettiva di crescita,nel contempo, costituisce un'opportu-nità che impone una seria politica disviluppo del settore, soprattutto in unaregione come l'Emilia-Romagna che èal primo posto in Italia per merci tra-sportate per regione anche in virtù diuna collocazione geografica che ne fa ilpunto di passaggio obbligato delleprincipali direttive di traffico.

Tra la Regione Emilia-Romagna e l'U-nioncamere Emilia-Romagna si con-viene e si stipula quanto segue:

Art. 1 - Istituzione ed obiettivi dell'Osser-vatorio Regionale sul trasporto merci.È istituito l'Osservatorio Regionale sultrasporto merci. L'Osservatorio si pro-pone come:- punto di raccolta e sistematizzazio-

ne delle informazioni di interesse peril settore, per un costante allarga-mento della base informativa e co-noscitiva, in modo da colmare lemolte lacune delle fonti tradizionali;

- soggetto di elaborazione in propriodi specifiche proposte di interventoe di politica del settore, destinate siaai soggetti istituzionali, sia agli ope-ratori economici;

- strumento di diffusione delle cono-scenze acquisite anche per l'utilizzodi portata più vasta del settore deitrasporti in senso stretto, quindi perl'impostazione di piani di sviluppo lo-cale, per la programmazione territo-riale ed in materia ambientale, per lepolitiche e gli interventi.

Art. 2 - Oggetto dell'incarico all'Unio-ne Regionale delle Camere di Com-mercioLa Regione Emilia-Romagna affida al-l'Unione Regionale delle Camere diCommercio l'incarico di realizzare leattività di (FASE 1):- assistenza e consulenza nella defini-

zione progettuale dell'Osservatorio;- reperimento delle fonti informative,

di origine sia amministrativa che sta-tistica, anche attraverso accordi dicollaborazione con gli enti detentori,nonché ricognizione ed analisi dellefonti stesse;

- assistenza e consulenza nella pro-gettazione di un sistema informativoper la gestione del patrimonio infor-mativo.

Sul piano della ricerca e dell'indagine(FASE 2), l'Unione Regionale delle Ca-mere di Commercio si impegna, neiconfronti della Regione Emilia-Roma-gna, a curare anche la realizzazione didue indagini territoriali parallele, relati-ve ai poli agro-alimentari di Parma e diForlì-Cesena:

- sul versante della domanda, l'attivitàdi indagine riguarderà il sistema del-le imprese produttrici, agricole ed in-dustriali;

- sul versante dell'offerta riguarderà illivello di concentrazione e la tipolo-gia delle imprese e dei servizi di tra-sporto che operano, in via prevalen-te, per il comparto agro-alimentare.

Art. 3 - Metodologia e strumenti di ri-cerca ed indagineL'attività di ricerca ed indagine (FASE3) realizzata dall'Unione Regionaledelle Camere di Commercio e di cuiall'art. 2 comma 2 riguarderà:a) la determinazione di campioni stati-

sticamente significativi in relazioneall'universo delle imprese interessa-te, con esclusione, sia per le impre-se produttrici che per quelle di auto-trasporto, di quelle di dimensioneminima, fissando delle soglie e delleclassi di ampiezza, per estensionedelle superfici (in caso di aziendeagricole) e per numero di addetti (perle imprese industriali e di autotra-sporto); nel caso dell'autotrasporto,il comparto delle imprese minori po-trà essere indagato con rilevazionepresso i consorzi;

b) l'estrazione dei nominativi corrispon-denti alla numerosità campionariada archivi anagrafici (SCAU, Regi-stro Ditte, Albi autotrasportatori);

c) la predisposizione dei questionari;d) la rilevazione diretta presso le im-

prese;e) il controllo, il caricamento, l'elabo-

razione dei questionari;f) l'analisi e la stesura dei rapporti finali

di ricerca.

Convenzione tra Regione e Unioncamereper un progetto di fattibilità

dell’Osservatorio Regionale sul trasporto merci

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Art. 4 - Collaborazioni e apporti del si-stema cameraleL'Unione Regionale delle Camere diCommercio si avvale, quale supportoalla realizzazione delle attività dellapresente convenzione, della collabo-razione di Uniontrasporti, organismotecnico del sistema camerale nazio-nale nel settore dei trasporti, nonchédelle Camere di Commercio delle pro-vince di Parma e Forlì.In particolare le Camere di Commer-cio delle province di Parma e Forlì siimpegnano a garantire, nel territorio diloro competenza, i punti di lavoro dicui alle lettere b) e d) dell'articolo pre-cedente.Il sistema camerale partecipa alla rea-lizzazione dell'Osservatorio anche conun finanziamento di L. 40.000.000(IVA compresa).

Art. 5 - Comitato di gestione delle at-tività dell'OsservatorioIl coordinamento delle attività dell'Os-servatorio spetta all'Unione Regionaledelle Camere di Commercio dell'Emi-lia-Romagna, d'intesa con l'Assesso-rato Mobilità e Turismo della RegioneEmilia-Romagna.Quale principale forma di consultazio-ne fra gli Enti promotori sarà istituitoun Comitato di Gestione delle attivitàdell'Osservatorio composto da 2membri designati dall'Unione Regio-nale delle Camere di Commercio (dicui uno è il Segretario Generale), dadue membri designati dalla RegioneEmilia-Romagna e da un membro de-signato dall'Uniontrasporti con il com-pito di segreteria tecnica.Il Comitato di Gestione sarà convoca-

to dal Segretario Generale dell'UnioneRegionale delle Camere di Commer-cio qualora risulti necessaria una veri-fica sul lavoro svolto ed i risultati con-seguiti, nonché sugli obiettivi ancorada realizzare.All'interno del Comitato potrannoessere concordate in qualunque mo-mento le integrazioni o modifiche al-la presente convenzione per il mi-gliore conseguimento degli obiettiviindividuati, nonché i contenuti delleconvenzioni che rinnoveranno, an-nualmente, il programma dell'Osser-vatorio.

Art. 6 - Tempi di esecuzione delle atti-vità, durata della convenzione e verifi-ca dei risultati conseguiti – DisdettaL'Unione Regionale delle Camere diCommercio si impegna a svolgere leattività di cui al precedente art. 2, en-tro 12 mesi dalla data di stipulazione,compatibilmente con il rispetto dellescadenze che verranno fissate in sedeoperativa, soprattutto per quanto ri-guarda l'effettuazione delle indagini di-rette presso le imprese.La durata della convenzione è purefissata in 12 mesi sempre dalla stipuladella stessa.Alla scadenza, la Regione Emilia-Ro-magna e l'Unione Regionale delleCamere di Commercio, in sede diComitato di Gestione di cui all'artico-lo precedente, si impegnano a verifi-care i risultati conseguiti dalle attivitàdell'Osservatorio e la qualità del ser-vizio reso ed, eventualmente, o rin-novando la presente convenzionecon le opportune modifiche ed inte-grazioni oppure con una nuova con-

venzione, a concordare il nuovo pro-gramma delle attività e a ricercarenuove possibili collaborazioni con lesingole Camere di Commercio delleprovince della regione e con le asso-ciazioni di categoria interessate alprogetto con le quali sottoscriverel'eventuale nuovo accordo.L'eventuale disdetta di una delle partiviene comunicata all'altra, con letteraraccomandata, almeno tre mesi primadella scadenza.

Art. 8 - Titolarità ed utilizzo dei risulta-ti dell'OsservatorioI risultati scaturiti dal compimentodelle attività dell'Osservatorio sono diproprietà della Regione Emilia-Ro-magna.

Art. 10 - Oneri di spesa e modalità difinanziamento delle attività dell'Osser-vatorioA fronte delle prestazioni che obbliga-no l'Unione Regionale delle Camere diCommercio ai sensi dell'art. 2 dellapresente convenzione, la RegioneEmilia-Romagna si impegna per lasomma di L. 80.000.000 (comprensi-va di IVA).

Regione Emilia-RomagnaUnioncamere Emilia-Romagna

Convenzione tra Regione e Unioncamere per un progetto di fattibilità dell’Osservatorio Regionale sul trasporto merci

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Convenzione tra Regione e Unioncamere per la promozione delle attività turistiche

Bologna, 9 dicembre 1997

Tra la Regione Emilia-Romagna ed ilsistema delle Camere di Commerciodell'Emilia-Romagna, rappresentatodalla loro Unione Regionale,

si conviene quanto segue

1. Si constata preliminarmente chela ricchezza generata dal settoreturistico, sia direttamente, che in-direttamente, attraverso la produ-zione di beni e servizi intermediattivata dalla domanda dei com-parti produttivi interessati dai flus-si turistici, ha dimensioni rilevanti.Secondo un'indagine dell'Osser-vatorio Turistico regionale del1995, i consumi effettuati dai turi-sti nell'Emilia-Romagna sono sti-mati in circa 18.000 miliardi di li-re. Ogni 1.000 lire di spese turisti-che hanno attivato 664 lire di pro-duzione di beni e servizi interme-di. I consumi dei turisti hannoprodotto 10.896 miliardi di lirecorrenti di valore aggiunto (8,3%del valore aggiunto dell'interaeconomia regionale). Questamassa di consumi turistici ha so-stenuto, direttamente o indiretta-mente, 198.000 unità di lavoroequivalenti, 106.000 delle qualilavoratori dipendenti e 93.000 la-voratori indipendenti. Rispetto altotale degli occupati in regione,l'occupazione nel turismo rappre-senta pertanto circa il 12% del-l'intera occupazione emiliano-ro-magnola, e sale al 17% per le at-tività di lavoro indipendente.

Ne consegue l'assoluta rilevanzadelle attività turistiche per l'econo-mia della regione e per i livelli occu-pazionali che caratterizzano il mer-cato del lavoro emiliano-romagnolo.

La Regione ed il sistema cameraledell'Emilia-Romagna, constata lacentralità che hanno le attività turi-stiche per l'economia dell'intera re-gione, convengono pertanto sull'in-dividuazione del turismo come unadelle attività economiche strategi-che per lo sviluppo e la qualificazio-ne dell'economia e del sistema diimprese emiliano-romagnole.

2. Il turismo è settore delegato allaRegione che, in materia, svolge:

- funzioni di programmazione, coor-dinamento, qualificazione e svilup-po delle attività e delle iniziative tu-ristiche;

- promozione in Italia ed all'esterodell'immagine complessiva dell'of-ferta turistica regionale e delle di-verse componenti dell'offerta turi-stica presenti nel territorio;

- statistiche regionali sul turismo,nonché rilevazioni e produzione diinformazioni concernenti l'offerta ela domanda turistica, anche me-diante l'Osservatorio regionale sulTurismo;

- realizzazione di progetti speciali.

Al fine di aggiornare l'impegno e l'o-peratività delle Regione ai cambia-menti rilevati in questi anni, nel mer-cato ed anche sul piano istituziona-le, l'Assessorato Regionale sta ride-finendo la legge 28/93 in tema di tu-

rismo e la Regione sta dotandosi diun nuovo quadro normativo in mate-ria di turismo.

3. Le Camere di Commercio rappre-sentano il naturale luogo d'incon-tro, confronto e mediazione degliinteressi generali del sistema del-le imprese che, mediante le loroassociazioni più rappresentative,nominano i nuovi Consigli came-rali. Allo stesso tempo le Camerecostituiscono sede idonea per in-dividuare sinergie, definire pro-getti ed iniziative comuni a impre-se, associazioni di categoria edistituzioni locali anche in materiaturistica. Tra la Regione ed il si-stema camerale dell'Emilia-Ro-magna, attraverso l'Unione Re-gionale, in collaborazione con leassociazioni regionali di catego-ria, è stato costituito l'Osservato-rio Turistico Regionale e sonostate attivate iniziative in materiaturistica. Allo stesso tempo, lesingole Camere di Commerciohanno attivato ed attiveranno ri-sorse per la promozione turistica,la facilitazione dell'accesso alcredito, la qualificazione dellastruttura ricettiva delle impreseturistiche, ad ulteriore confermadell'attenzione per questa impor-tante parte dell'economia dellaregione.

4. La Regione ed il sistema camera-le dell'Emilia-Romagna conven-gono pertanto sull'opportunità diagire per contribuire alla crescitadella cultura turistica, sia nelle

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Convenzione tra Regione e Unioncamere per la promozione delle attività turistiche

istituzioni pubbliche locali, relati-vamente alle quali vanno ricerca-te forme di integrazione operativapartendo dal pieno riconoscimen-to della pari dignità istituzionaletra le stesse, sia in rapporto conle categorie economiche e i priva-ti, rispetto ai quali sviluppare tut-te le possibili sinergie. Ciò a par-tire dal rapporto tra le Camere diCommercio e le associazioni im-prenditoriali e nello stesso model-lo di relazioni tra Regione e siste-ma camerale emiliano-romagno-lo, così come definito dal nuovoprogetto di legge della Giunta Re-gionale sul Turismo.

5. La Regione ed il sistema camera-le emiliano-romagnolo concorda-no inoltre sulla necessità di farmaturare una cultura del turismopiù proiettata alla creazione di re-ti ed allo sviluppo di azioni con-certate tra i protagonisti pubblicie privati, per aggredire in modopiù efficace i mercati, in pienacorresponsabilità e complemen-tarietà. Vanno pertanto ricercatetutte le forme di valorizzazione dicompetenze e di capacità pro-gettuali e gestionali, evitando so-vrapposizioni, duplicazioni esprechi di risorse. Le Camere diCommercio concordano pertantocon il progetto di riorganizzazionedegli strumenti attuativi delle poli-tiche del turismo, nel contestodella definizione di nuove condi-zioni operative che integrino traloro promozione e commercializ-zazione dei prodotti turistici.

6. La Regione ed il sistema camera-le dell'Emilia-Romagna conven-gono, vista la proposta di leggedella Giunta Regionale e subordi-natamente alla sua approvazioneda parte del Consiglio Regionale,in particolare su:

- la costituzione di un'Agenzia turi-stica regionale e di un Comitato diconcertazione al quale partecipi larappresentanza del sistema came-rale;

- la trasformazione in chiave privati-stica dell'Azienda di PromozioneTuristica, superando elementi diburocratizzazione, affidandole ilcompito di gestire, il più efficace-mente possibile, le strategie regio-nali di promozione turistica, che lestesse Camere contribuiscono adeterminare nel Comitato di con-certazione;

- individuazione del sistema came-rale come partner di riferimentodella Regione nell'APT;

- partecipazione, con le altre istitu-zioni pubbliche locali (Province eComuni), alle Aggregazioni di pro-dotto (Mare, Città d'arte, Terme,Appennino e Turismi verdi) per de-finire progetti di promozione deisingoli prodotti che caratterizzanol'offerta turistica emiliano-roma-gnola.

7. Al fine di dare massima concre-tezza e respiro all'intesa tra Re-gione e sistema camerale emilia-no-romagnolo, la Regione indivi-dua nel sistema camerale regio-nale il partner di riferimento per lacostituzione della APT Servizi Srl,

chiamando lo stesso sistema ca-merale a partecipare a questa at-tività di carattere gestionale. Il si-stema camerale regionale, a suavolta, si impegna a sottoscriveree rafforzare questa cooperazioneistituzionale, rendendo tra l'altrodisponibili risorse, significativeper i propri bilanci, in misura da 2a 2,5 miliardi annui per i prossimiquattro anni, da destinare al fi-nanziamento di iniziative e pro-getti di promozione turistica, nel-l'ambito della nuova APT o co-munque d'intesa con essa.

8. Tale intesa rappresenta uno deiprimi momenti di concreta e fatti-va collaborazione che la Regioneed il sistema camerale emiliano-romagnolo intendono svilupparein un rapporto di partnership ope-rativa su altri importanti settoridell'economia della regione.

Il Presidente Unioncamere E.R.Pietro Baccarini

Il Presidente della Regione E.R.Antonio La Forgia

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Bologna, 30 dicembre 1998

La giunta della Regione Emilia-Romagna

Premesso:- che la Regione Emilia-Romagna ha

avviato da tempo con l’Unioncame-re un rapporto di collaborazione perl’esame dei problemi e di promozio-ne di concrete iniziative per favorirelo sviluppo economico della Regio-ne;

- che la dimensione regionale sta as-sumendo per l’economia, in tutte lesue articolazioni, un’importanzasempre più rilevante;

- che il processo di decentramentoavviato dalla legge Bassanini nel ri-conoscere l’importanza della dimen-sione regionale come la più idonea agovernare i fenomeni che caratteriz-zano i territori nei quali le impresesono inserite, fornisce alla Regioneulteriori strumenti per svolgere e po-tenziare il proprio ruolo nei confrontidel tessuto economico locale;

Rilevato:- che a fronte di questa importanza

crescente e riconosciuta, non esistein ambito regionale uno strumentoper un’adeguata informazione sullerealtà e i fenomeni che contraddi-stinguono l’economia su scala terri-toriale. La dimensione regionale inquanto tale ottiene infatti poco spa-zio sui mezzi di comunicazione, pen-sati ancora, il più delle volte, secon-do un’ottico alternativamente nazio-nale o strettamente provinciale;

- che la Giunta della Regione Emilia-Romagna, per i motivi sopra espres-

si ed in seguito alla nuove compe-tenze che riceverà dall’attuazionedella legge Bassanini, e l’Unione Re-gionale Camere di Commercio po-tenziare un’azione congiunta per lacrescita del tessuto imprenditoriale,promuovere una più puntuale e dif-fusa conoscenza dei fenomeni in at-to nell’economia su scala regionale;

Considerato:- che il mensile di proprietà dell’Union-

camere, “Econerre”, giunto al suoquinto anno di vita, é in sostanza ilsolo strumento del giornalismo scrittoche si propone di coprire l’intero ven-taglio geografico e contenutistico del-l’informazione economica regionale;

- che l’assolvimento di questa funzio-ne, sia pure con mezzi e obiettivi li-

mitati, ha richiamato sul mensile del-l’Unioncamere attenzioni e apprez-zamenti da parte del mondo politicoe dell’imprenditoria;

Considerato inoltre- che allo sviluppo dello strumento in-

formativo “Econerre” l’Amministra-zione regionale é direttamente inte-ressata in ragione delle nuove com-petenze derivatele dalla riforma Bas-sanini e che si propone di utilizzarloquale mezzo di comunicazione diret-ta con il mondo dell’imprenditoria edelle associazioni di categoria for-nendo loro le informazioni necessa-rie per accedere ai finanziamenti re-gionali e ai programmi comunitari;

- che tale strumento potrà essere utiliz-zato dalla Regione Emilia-Romagna

Convenzione tra Regione e Unioncamere per la stampa, pubblicazione, distribuzione

del periodico “Econerre”, mensile di attualitàe analisi economica di proprietà di Unioncamere

Dott. Claudio Pasini e Dott. Uber Fontanesi

Page 297: Emilia-Romagna Regione d’Europa

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per mantenere vivo il dibattito attornoai temi che via via costituiranno l’og-getto della propria azione di sviluppodel locale tessuto produttivo, ancheal fine di favorire un’elaborazione co-mune di soluzioni e proposte;

- che inoltre tale pubblicazione costi-tuirà, al di fuori dei confini regionali,un biglietto da visita per meglio farcomprendere l’economia della no-stra regione e le diverse dinamicheche la caratterizzano, nonché per di-vulgare le politiche economicheadottate dall’Amministrazione perfarvi fronte;

Ritenuto:- che la Giunta della Regione Emilia-Ro-

magna e Unioncamere, al fine di otti-mizzare le risorse a disposizione emettere in campo efficaci sinergie,possano curare insieme una edizioneriveduta e potenziata di “Econerre”,guardando anche con favore a ognipossibile interazione del mensile conaltre iniziative di comunicazione imper-niate sui mezzi televisivi e telematici;

Ritenuto pertanto- di stipulare con la predetta Unionca-

mere apposita convenzione, nel te-sto allegato al presente atto, delquale costituisce parte integrante,per la stampa, pubblicazione e dis-tribuzione del periodico “Econerre”.

Su proposta dell’Assessore alle Attivi-tà Produttive a voti unanimi e palesidelibera:- di approvare la compartecipazione

dell’Amministrazione regionale allarealizzazione di una edizione riveduta

e potenziata di “Econerre”, mensiledell’Unioncamere Emilia-Romagna alfine di promuovere congiuntamenteuna più puntuale e diffusa conoscen-za dei fenomeni che contraddistin-guono l’economia su scala regionale;

- di approvare la convenzione con l’U-nione Regionale Camere di Com-mercio dell’Emilia-Romagna nelloschema allegato alla presente deli-berazione della quale costituisceparte integrante;

- di dare atto che alla sottoscrizionedella convenzione provvederà il Diret-tore Generale alle Attività Produttive;

- di stabilire, così come previsto all’art.11 della citata convenzione, la quo-ta di finanziamento a carico dell’Am-ministrazione regionale in L.216.000.000.

Convenzione

Tra Regione Emilia-Romagna e Union-camere Emilia-Romagna per la stam-pa, pubblicazione, distribuzione delperiodico “Econerre”, mensile di at-tualità e analisi economica di proprie-tà dell’Unione Camere di Commerciodell’Emilia-Romagna.La dimensione regionale sta assu-mendo per l’economia, in tutte le suearticolazioni, un’importanza semprepiù rilevante. La scala regionale appa-re la più idonea infatti per governare ifenomeni che caratterizzano i territorinei quali le imprese sono inserite edalla cui crescita dipende una quotacrescente della loro competitività.Il processo di decentramento avviatodalla legge Bassanini nel riconoscere

tutto ciò fornisce alla Regione ulterioristrumenti per svolgere e potenziare ilproprio ruolo nei confronti del tessutoeconomico locale.A fronte di ciò ancor oggi non esisteuno strumento regionale per un’ade-guata informazione sulle realtà e i feno-meni che contraddistinguono l’econo-mia su scala territoriale. La dimensioneregionale in quanto tale ottiene infattipoco spazio sui mezzi di comunicazio-ne, pensati ancora, il più delle volte, se-condo un’ottica alternativamente na-zionale o strettamente provinciale.Per motivi succitati la Giunta della Re-gione Emilia-Romagna, anche in se-guito alle nuove competenze derivantidall’attuazione della legge Bassanini,e l’Unione Regionale delle Camere diCommercio dell’Emilia-Romagna ri-tengono utile per la propria azione eper la crescita dello stesso tessuto im-prenditoriale, nonché coerenti con lerispettive finalità istituzionali, promuo-vere una più puntuale e diffusa cono-scenza dei fenomeni in atto nell’eco-nomia su scala regionale, utilizzandogli idonei mezzi di comunicazione.Considerati tutto ciò, al fine di ottimiz-zare le risorse a disposizione e mette-re in campo efficaci sinergie, fra laGiunta della Regione Emilia-Romagnae l’Unioncamere Emilia-Romagna siconviene e si stipula quanto segue:

Art. 1 - La presente convenzione é daintendersi a valere per l’intero anno1999 e potrà essere rinnovata, conapposito atto deliberatorio, di anno inanno, per un massimo di ulteriori dueanni, salvo disdetta, da una delle dueparti, da comunicare entro l’1/10 di

Convenzione tra Regione e Unioncamere per la stampa, pubblicazione, distribuzione del periodico “Econerre”, mensile di attualità e analisi economica di proprietà di Unioncamere Emilia-Romagna

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ciascun anno. I contraenti si impegna-no a sviluppare un’azione comune, at-torno ad “Econerre”, il mensile dell’U-nioncamere Emilia-Romagna, l’unicomezzo di comunicazione esistente in-teramente dedicato all’economia re-gionale per promuovere in modo con-giunto iniziative di informazione eco-nomica a scala regionale.

Art. 2 - Per perseguire tale obiettivo leparti contraenti potranno deliberarel’integrazione alla presente convenzio-ne concordando di avvalersi anchedei mezzi che riterranno via via più op-portuni, compresi quelli televisivi, ra-diofonici e telematici.

Art. 3 - La rivista “Econerre” avrà pe-riodicità: mensile, per 10 numeri annuidiffusione: spedizione gratuita in ab-bonamento postaledestinatari: operatori economici, ammi-nistrazioni ed enti pubblici, organizza-zioni economiche, professionali e sin-dacali, Camere di Commercio e rap-presentanze italiane all’estero, ecc.Sarà possibile prevedere allegati, sup-plementi ed eventuali gadget distribui-ti con la rivista. Eventuali variazionidelle caratteristiche indicate sarannoconcordate tra il Direttore responsabi-le della Redazione di “Econerre” ed ilResponsabile del Servizio Stampa eInformazione della Giunta Regionale.

Art. 4 - La Direzione Responsabile ri-mane affidata a Claudio Pasini, diret-tore Unioncamere e consigliere del-l’Ordine dei Giornalisti, mentre l’incari-co di caporedattore sarà attribuito alResponsabile del Servizio Stampa e

Informazione della Giunta Regionale.Art. 5 - La Regione Emilia-Romagnaaffiancherà Unioncamere come edito-re della testata, contribuendo alle spe-se per la sua realizzazione.

Art. 6 - La proprietà della testata“Econerre” resterà a tutti gli effetti del-l’Unioncamere regionale. L’assetto re-dazionale corrisponderà agli obiettivieditoriali definiti di comune accordotra L’Amministrazione regionale eUnioncamere.

Art. 7 - La gestione amministrativadella redazione sarà a totale caricodella struttura Unioncamere, la qualeprovvederà a liquidare le fatture relati-ve alla realizzazione della stessa, ivicompresi i compensi spettanti per cia-scuna delle collaborazioni editoriali.

Art. 8 - Sarà l’Unioncamere a curare inproprio la vendita e cessione deglispazi pubblicitari; la stessa potràquindi procedere ad un accordo conuna società specializzata alla quale af-fidare la gestione della pubblicità, pre-via verifica delle condizioni di massimaconvenienza e affidabilità offerte.

Art. 9 - La concessione, relativamenteagli spazi pubblicitari, figurerà nelsommario della rivista “Econerre”. Ilnumero delle pagine che sarannomesse a disposizione per inserzionipubblicitarie sarà comprensivo dellaseconda, terza, quarta di copertina enon potrà superare un terzo della fo-liazione della rivista.

Art. 10 - Gli introiti, derivanti dalla ven-

dita degli spazi pubblicitari, verrannoincamerati dall’Unioncamere. L’Union-camere si impegna dal canto suo amettere a disposizione della Regionela contabilità relativa alla rivista in pa-rola per ogni controllo che si riterràopportuno. Tali verifiche vengono pre-viste a cadenza quadrimestrale e achiusura del bilancio consuntivo an-nuale della rivista. L’introito totale ver-rà poi detratto dai costi di gestionedella rivista.

Art. 11 - In accordo fra le parti si convie-ne che il riparto delle quote di finanzia-mento per il primo anno è fissato rispet-tivamente nei tre quinti e nei due quintidelle spese effettivamente sostenute,detratti gli introiti pubblicitari, per unaspesa quindi presuntivamente calcola-bile in L. 216.000.000 a carico della Re-gione, e in L. 144.000.000 a carico del-l’Unioncamere. Tale concorso di parteregionale riconosce, nel quadro di unagestione paritaria dello strumento, l’im-pegno economico profuso da Unionca-mere dal 1993 ad oggi per dare vita alperiodico “Econerre” che in questi cin-que anni è divenuto un protagonista ri-conosciuto ed apprezzato del panora-ma informativo regionale, nonché quotaparte dell’onere derivante all’Unionca-mere per la gestione amministrativa (co-me previsto al precedente art. 7).

Regione Emilia-RomagnaUnioncamere Emilia-Romagna

Convenzione tra Regione e Unioncamere per la stampa, pubblicazione, distribuzione del periodico “Econerre”, mensile di attualità e analisi economica di proprietà di Unioncamere Emilia-Romagna

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Bologna, 9 novembre 1998

Premessoa) che tra l’Unione Italiana delle Camere

di Commercio, con sede in Roma,Piazza Sallustio n. 21 e la Confedera-zione Nazionale dell’Artigianato e dellaPiccola e Media impresa con sede inRoma, Via Guattani n. 13 è stato sot-toscritto un protocollo di intesa, bennoto alle parti e che si ha qui per inte-gralmente richiamato, nel quale le me-desime si dichiarano disponibili a col-laborare con le Camere di Commercioper impiantare un sistema telematicoed informatico che consenta ai propriuffici territoriali di svolgere le operazio-ni rilevanti per le competenze camera-li, a partire da quelle previste per il Re-gistro delle Imprese;

b) che in virtù del suddetto protocollo diintesa la società INFOCAMERE, consede in Roma, Piazza Sallustio n. 21,ha concluso con la ConfederazioneNazionale dell’Artigianato e della Pic-cola e Media impresa una convenzio-ne, ben nota alle parti e che si ha quiper integralmente richiamata, che co-stituisce prerequisito per rendere effi-caci gli accordi contenuti nella pre-sente scrittura;

c) che la CNA EMILIA ROMAGNA hadislocato sull’intero territorio regionale220 sedi decentrate che possonofungere da punto di raccolta e trans-izione delle pratiche camerali che so-no dettagliatamente indicate nell’Alle-gato A della convenzione di cui al pre-cedente punto b);

d) che si rende necessario ed opportu-no procedere ad una sperimentazio-ne, la più possibile completa ed arti-

colata, dei complessi meccanismicontemplati dagli accordi assunti a li-vello nazionale;

e) che UNIONCAMERE EMILIA ROMA-GNA e CNA EMILIA ROMAGNA, aquanto infra espressamente autoriz-zate giuste delibere dei rispettivi Or-ganismi Dirigenti, ritengono altamenteinteressante e proficuo procedere allasperimentazione nel territorio dell’E-milia Romagna, indicando quali part-ners tecnici necessari rispettivamenteINFOCAMERE e SIAER – Soc. cons.a r.l. con sede in Modena, Via Mala-volti n. 5

Si conviene1. L’epigrafe e la premessa formano

parte integrante della presente scrit-tura, costituendone il patto primo.

2. Il presente accordo è finalizzato aconsentire alle Associazioni Provincialidella CNA dell’Emilia Romagna e lorosedi decentrate, intese come sportelliperiferici, di sperimentare la compila-zione informatica e l’inoltro telematicodelle domande di iscrizione o variazio-ne di dati nel Registro delle Imprese enel Repertorio delle notizie economi-che e amministrative (R.E.A.) riguar-danti imprese artigiane e piccole emedie imprese ed a consentire a det-ti sportelli l’accesso ai servizi cameralidi cui al successivo articolo 4).

3. Lo sportello periferico compila la do-manda di iscrizione o variazione e, pre-via verifica di completezza dei dati edegli adempimenti previsti nella circo-lare del Ministero dell’Industria n.3385/C dell’8/2/1996, la trasmette pervia telematica ad INFOCAMERE. Ledomande vengono identificate e con-trollate da INFOCAMERE e, sulla base

dei dati inviati, generano un identificati-vo dell’operazione e la restituzione te-lematica della attestazione di avvenutoricevimento; in caso di irregolarità for-male della domanda viene restituita daINFOCAMERE allo sportello perifericocomunicazione motivata dell’impossi-bilità a riceverla. In caso di variazionedei dati di impresa già iscritta, la do-manda è preceduta dalla richiesta del-la visura dei dati presenti nell’archiviodel Registro delle Imprese che devonoessere modificati. Successivamenteall’ottenimento della ricevuta, e sino al-la definizione normativa delle regoletecniche per l’apposizione della firmadigitale ai documenti elettronici, losportello periferico invia per fax e perposta, a proprie spese alla Camera diCommercio competente la distintadella domanda, in bollo, con la firmaautenticata del denunciante, unita-mente agli estremi della attestazione diavvenuto ricevimento. Le domandeinoltrate dallo sportello periferico sonoda INFOCAMERE messe a disposizio-ne delle Camere di commercio perl’attività di istruttoria e quelle successi-ve di convalida o sospensione o riget-to. In caso di convalida viene inviata te-lematicamente allo sportello perifericoentro il termine ridotto previsto dall’art.11, comma 8 del DPR 7 dicembre1995, n. 581, la visura dei dati iscritti;in caso di sospensione per irregolaritàl’ufficio del Registro delle Imprese inviauna comunicazione con le causali del-la sospensione e il termine entro il qua-le si dovrà provvedere alla regolarizza-zione della domanda; in caso di riget-to della domanda l’ufficio del Registrodelle Imprese invia il provvedimento di

Convenzione tra Unioncamere e CNAEmilia-Romagna per la sperimentazione

nel territorio regionale di un sistema telematicoper i registri delle imprese

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Convenzione tra Infocamere e Unioncamere per la sperimentazione nel territorio regionale di un sistema telematico per i registri delle imprese

rifiuto con la causale e la domanda do-vrà essere inviata nuovamente.

4. Lo sportello periferico può altresì ri-chiedere e ottenere, per via telemati-ca, certificazione e visura dei dati diimpresa, elenchi merceologici o topo-grafici di imprese, informazioni sullostato di avanzamento di ogni praticainoltrata telematicamente alle Came-re di Commercio. Il servizio è riserva-to agli associati della CNA EMILIAROMAGNA. L’erogazione di certifica-ti avverrà con i principi e le regole tec-niche indicate dal decreto del Mini-stero dell’Industria sulla certificazionea distanza e secondo le modalità sta-bilite nella convenzione tra la singolaAssociazione provinciale e la localeCamera di Commercio.

5. Le parti convengono sulla possibilitàdi estendere il presente accordo adaltri eventuali servizi informatici o tele-matici connessi al decentramentodegli accessi agli archivi e alle notizietenuti dalle Camere di Commercio oda altre Pubbliche Amministrazioni.

6. In considerazione dell’obbligo di leggedi versamento alle Camere di Com-mercio dei diritti di segreteria, le impre-se verseranno i diritti di segreteria do-vuti per prima iscrizione e iscrizioni dimodifica, certificati, visure ed elenchidirettamente alla propria AssociazioneProvinciale. Sarà cura dello sportelloperiferico verificare, inoltre, gli adempi-menti previsti dalla normativa fiscale inordine all’assolvimento dell’imposta dibollo, ove prevista. Per le operazionieffettuate dall’Associazione provincialesaranno dovuti compensi ragguagliatialle tariffe definite nell’Allegato A di cuialla lett. b) della premessa. Le tariffe

unitarie indicate nell’Allegato A potran-no essere soggette ogni anno a revi-sione nella misura massima della va-riazione dell’indice annuo nazionale deiprezzi al consumo per famiglie di ope-rai ed impiegati pubblicato dall’ISTATin relazione all’anno precedente; in ta-le evenienza INFOCAMERE comuni-cherà per iscritto i nuovi valori almeno60 (sessanta) giorni prima della lorodata di decorrenza. Trattandosi di unasperimentazione che ha una durata li-mitata nel tempo, per il primo anno divigenza del presente accordo e a par-ziale deroga di quanto contemplatonell’accordo che verrà sottoscritto fraINFOCAMERE e SIAER, le parti con-vengono quanto segue: restano a ca-rico di UNIONCAMERE i costi relativi alcollegamento del server di SIAER finoal punto dell’interconnessione con larete di INFOCAMERE, nonché i costidi trasmissione e ricezione dei dati si-no a e da quel punto, nonché l’instal-lazione e manutenzione dei program-mi software a livello centrale.

7. Fermi restando gli obblighi di naturaeconomica scaturenti dalla presenteconvenzione, la CNA EMILIA ROMA-GNA delega a SIAER, Soc. cons. a r.l.l’attuazione delle disposizioni tecni-che previste dal presente accordo.

8. Il presente contratto si intende validoed efficace per 12 (dodici) mesi dalladata della sua sottoscrizione ed è ta-citamente rinnovato per i successivi12 (dodici) mesi, salvo disdetta dacomunicarsi con almeno 6 (sei) mesidi anticipo, a mezzo lettera racc. a/r,rispetto alla data di scadenza del pe-riodo. La prima scadenza è fissata al31/12/1999.

9. Qualsiasi controversia dovesse insor-gere tra UNIONCAMERE EMILIA RO-MAGNA e CNA EMILIA ROMAGNA inordine all’interpretazione, esecuzioneed all’eventuale risoluzione del presen-te accordo, sarà deferita ad un Arbitrounico che dovrà essere scelto di co-mune accordo tra gli avvocati del Forodi Bologna o, in assenza di accordo,dal Presidente del Tribunale di Bolo-gna. L’arbitro, che avrà sede in Bolo-gna, deciderà secondo diritto in osse-quio alle norme del codice di procedu-ra civile e dovrà pronunciare il lodo en-tro il termine di 90 (novanta) giorni dal-la data di accettazione della nomina.

CNA EMILIA ROMAGNAUNIONCAMERE EMILIA ROMAGNA

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Bologna, 24 gennaio 2000

Premesso:- che la normativa che ha istituito lo

sportello unico ha demandato allaRegione uno specifico compito dipredisposizione e coordinamentodella strumentazione informativa e in-formatica di supporto al miglioramen-to dei servizi e dell'assistenza alle im-prese, con particolare riferimento allalocalizzazione e autorizzazione degliimpianti produttivi e alla creazionedelle aree industriali;

- che la L.R. 3/99, specifica che l'attivi-tà di informazione e assistenza è pro-mossa direttamente dalla Regione, incollaborazione con soggetti pubblicie privati che svolgono attivita' di assi-stenza e informazione alle imprese edin particolare con le Camere di Com-mercio, Industria, Artigianato, Agricol-tura, attraverso una rete integrata diservizi finalizzata alla raccolta e alladiffusione, anche in via telematica,delle informazioni su insediamenti esvolgimento delle attività produttivesul territorio regionale, sulle normativee sugli strumenti agevolativi ed è svol-ta anche attraverso gli sportelli uniciistituiti dai comuni.

- che, sempre a livello regionale, il Pro-gramma Regionale Triennale per losviluppo delle attività produttive tra ipropri obiettivi individua come strate-gico e prioritario il miglioramento delrapporto tra imprese e pubblica am-ministrazione da attuare mediante larealizzazione dello sportello unico e lamessa in rete delle strutture associati-ve e camerali a servizio delle imprese.

In particolare, attraverso specifiche mi-

sure di intervento, la Regione è impe-gnata verso la semplificazione proce-durale e lo snellimento del rapporto traimprese e pubblica amministrazione epunta a migliorare le possibilità di ac-cesso delle imprese alle informazioni eai servizi della P.A., cercando nel con-tempo di migliorare questa offerta e direndere tali servizi realmente utili e facil-mente utilizzabili.- che a tal fine, in coerenza con lo svi-

luppo della c.d. Società dell'Informa-zione e della politica di sostegno allosviluppo telematico dell'Emilia-Ro-magna, si sta concretamente provve-dendo alla strutturazione di una seriedi servizi informativi e comunicatividestinati in primo luogo agli operatoridegli sportelli unici (responsabili disportello, referenti del sistema came-rale, referenti presso altri enti coinvol-ti, associazioni di categoria, ecc.) de-gli enti protagonisti dell'innovazioneorganizzativa e tecnologica della P.A.Nel territorio regionale – che costitui-rebbero in questo modo gli utentiprotagonisti della Comunità profes-sionale virtuale che si intende creare;

- che le figure degli innovatori organiz-zativi e tecnologici rappresentano unfattore critico di successo sul quale ef-fettuare degli investimenti in una fasedi forte cambiamento ed espansione;

- che in tale contesto si inserisce laproposta di convenzione tra RegioneEmilia-Romagna e Unioncamere perla realizzazione nel territorio regionaledi una comunità virtuale e di servizi inInternet per gli operatori degli sportelliunici per le attività produttive e gli altrienti della pubblica amministrazionecoinvolti nel processo di semplifica-

zione e trasparenza fin qui delineato;- che, in particolare, con la sottoscri-

zione del presente accordo, si inten-dono promuovere e valorizzare i rap-porti fra la Regione, nell'esercizio del-le proprie funzioni in materia di attivitàproduttive, e il sistema delle Cameredi Commercio, quali enti funzionali al-la promozione dello sviluppo locale etra questi e il sistema degli enti locali.

Tutto ciò premesso si sottoscrive il pre-sente accordo tra:- la Regione Emilia-Romagna rappre-

sentata dal Dott.Uber Fontanesi nellasua qualità di Direttore Generale alleAttività Produttive e

- l'Unioncamere Regionale rappresen-tata dall'Avv.Pietro Baccarini nella suaqualità di Presidente

Art. 1 - (Finalità)1. Il presente accordo è concluso ai

sensi dell'art. 77 della L.R. 3/99 –che prevede la sottoscrizione di ac-cordi per lo svolgimento di specificheiniziative comuni volte a coordinare leazioni in materia di servizi alle impre-se – e definisce le finalità e i reciprociimpegni, ruoli e responsabilità.

2. Con la conclusione del presente ac-cordo si intende, ai sensi dell'art. 71della L.R. 3/99 e in attuazione del-l'art. 23 comma 2 del D.Lgs. 112/98,promuovere la realizzazione di un si-stema informativo distribuito in Inter-net con particolare riferimento aquanto previsto dal D.Lgs. 112/98,dal D.P.R. 447/96 e dalla L.R. 3/99 inmerito alla raccolta e diffusione, an-che in via telematica, delle informa-zioni concernenti le normative chedisciplinano lo svolgimento delle atti-

Convenzione tra Regione e Unioncamere per la realizzazione di servizi in internet

per gli operatori degli sportelli unici per le attività produttive

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Convenzione tra Regione e Unioncamere per la realizzazione di servizi in internet per gli operatori degli sportelli unici per le attività produttive

vità produttive nel territorio regionale,compresa la necessaria informazio-ne sugli strumenti di agevolazionecontributiva e fiscale con riferimentoanche alle competenze e ai flussi in-formativi di livello comunale.

3. In particolare, la Regione Emilia-Ro-magna e l'Unioncamere si impegnanoa promuovere una rete integrata diservizi finalizzati a caratterizzare e qua-lificare la loro presenza e quella deglienti locali nei confronti delle imprese edelle loro associazioni e dei cittadini ea creare, supportare e sviluppare laComunità dei gestori dei servizi inno-vativi utilizzando le modalità Internet ele tecnologie della cooperazione.

Art. 2 - (Oggetto dell'accordo)1. Oggetto del presente accordo è la

realizzazione delle finalità di cui al-l'art. 1 mediante la creazione di unsistema informativo che sia coeren-te con la proposta di sviluppo di unportale delle PP.AA. Operante sulterritorio regionale e nazionale e coni servizi sviluppati sulla base del mo-dello della RUPA e delle proposteoperative provenienti dal Forum perla Società dell'Informazione.

2. In particolare, si intende sviluppareun sistema informativo regionale perlo sportello unico che si propone di:

a) realizzare una comunità virtuale deglioperatori degli sportelli unici, com-presi gli operatori di altri enti, me-diante l'utilizzo di servizi informativi ecomunicativi;

b) fornire alle imprese, tramite gli spor-telli unici, il collegamento a banchedati di interesse;

c) fornire supporto alle attività di pianifi-

cazione e controllo del sistema deglisportelli unici e per lo studio del si-stema delle imprese.

Art. 3 - (Individuazione dei destinataridei servizi e delle modalità di accesso econsultazione)1. I destinatari del sistema informativo

sono gli enti locali e gli altri enti coin-volti nel processo di semplificazionee trasparenza previsto dal D.Lgs.112/98, dal D.P.R. 447/98 e dallaL.R. 3/99 in tema di sportello unico.

2. Il sistema informativo è sviluppato egestito tramite servizi informativi, co-municativi e banche dati sul Webdella Regione ERMES direttamentedalla Regione, attraverso gli oppor-tuni link con soluzioni Infocamere,nonché tramite il trasferimento dibanche dati su supporto magnetico.

In particolare, a seconda della tipologiadei destinatari sono individuati i se-guenti servizi:a) i servizi per la comunità virtuale (In-

tranet) che comprendono: Anagrafi-ca degli sportelli e degli operatori;Profilo degli sportelli; Semplificazionedei procedimenti amministrativi; Fo-rum; Agenda; FAQ; Rassegna stam-pa; Newsletter; Siti interessanti

b) i servizi per gli operatori degli spor-telli (Intranet) che comprendono:Anagrafica degli sportelli; Visure ca-merali (link a banche dati da Infoca-mere e disponibilità dei dati elemen-tari); Normativa (link a banche datiInfocamere); Contributi (link a ban-che dati Infocamere); Aree industriali

c) i servizi per le imprese (Internet) checomprendono: Anagrafica deglisportelli; Atlante Sistema informativo

sulle aree industriali; Temisia – Servi-zi per il marketing del territorio.

1. L'accesso a tutte le sezioni informa-tive è consentito oltre che alle Came-re di Commercio, a tutti i soggettidelle amministrazioni locali e centrali,alle associazioni di categoria, alle as-sociazioni sindacali, agli istituti di stu-dio e ricerca, ecc., operanti dentro efuori la regione Emilia-Romagna.

2. Per gli sportelli unici degli enti locali èprevisto il collegamento a seconda deicasi per la consultazione e l'aggiorna-mento diretto dei dati dal lato clientmediante un sistema di user e pas-sword amministrato dalla Regione.

3. L'operatore dello Sportello Unicopuò, in Intranet, visualizzare tutti i re-cord, ma può aggiornare solo i re-cord contrassegnati dalla user che gliè stata assegnata; inoltre è possibileanche l'inserimento di un nuovo re-cord o la cancellazione con l'attribu-zione da sistema della user utilizzata.

Art. 4 - (Ruolo e responsabilità dellaRegione)1. La Regione si impegna a mettere a

disposizione tutti i servizi individuatiall'art. 3, comma 2, lett. a), b), c) e,altresì, a sottoscrivere con Infoca-mere un apposito contratto per lafornitura, in relazione al fabbisognolocale e con la necessaria graduali-tà, delle banche dati concernenti lanormativa, i contributi, le agevolazio-ni di settore e l'aggiornamento sulleimprese del territorio.

2. Le banche dati indicate nel commaprecedente vengono fornite da Info-camere e i relativi dati possono esse-re utilizzati esclusivamente all'interno

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Convenzione tra Regione e Unioncamere per la realizzazione di servizi in internet per gli operatori degli sportelli unici per le attività produttive

della pubblica amministrazione delterritorio regionale. Il contratto di for-nitura regolerà sia il collegamento on-line presso gli sportelli unici degli entilocali alle banche dati indicate (Jorba,normativa, agevolazioni) sia il collega-mento tra il CED della Camera diCommercio di Bologna come nododella rete Infocamere e il CED dellaRegione come nodo della rete ER-NET allo scopo di velocizzare e ren-dere più sicuri i collegamenti con pro-tocollo TCPIP e modalità Internet.

Art. 5 - (Ruolo e responsabilità diUnioncamere)1. Al fine dell'aggiornamento delle in-

formazioni relative ai servizi nellearee industriali e le opportunità loca-lizzative, Unioncamere mette a dis-posizione informazioni aggiornate ri-guardanti la mappatura del territorioregionale e indicatori di competitivitàdei territori provinciali e comunalicomprensivi di schede di analisi.

2. Al fine di supportare l'azione di studioe pianificazione del sistema economi-co regionale, Unioncamere mette adisposizione, con modalità operativeda concordare nel rispetto delle normesul segreto statistico e la tutela della ri-servatezza, i risultati contenuti nell'ar-chivio integrato EXCELSIOR; tali infor-mazioni saranno utilizzate esclusiva-mente per alimentare processi statisti-ci o di studio a livello di disaggregazio-ne territoriale idonea a non consentirel'individuabilità del singolo dato.

Art. 6 - (Archivio Unico Regionale delleImprese)1. La Regione e Unioncamere, si impe-

gnano a sviluppare un progetto perla costituzione di un archivio dinami-co delle imprese operanti sul territo-rio regionale, denominato A.U.R.I., alfine di monitorare il sistema econo-mico tramite l'acquisizione dei dati dibase delle imprese e il loro aggiorna-mento tramite l'aggancio ai sistemigestionali in corso di attivazione. Talearchivio unificato sarà utilizzabile siaper fini gestionali e di controllo sia perfini di studio e programmazione.

2. L'acquisizione dei dati elementariconcernenti le sedi di impresa e le uni-tà locali delle imprese non artigianedella Regione Emilia-Romagna avvie-ne sulla base di un apposito contrattocon Infocamere, salvo che diversecondizioni di accesso ai dati medesi-mi siano garantite dal sistema came-rale sulla base di specifiche conven-zioni in attuazione di normative statali.

3. Lo sviluppo del progetto prevedecome prima fase di realizzazione, lacostituzione, dal gennaio 2000, diun archivio unico delle imprese edelle unità locali presenti nel territorioregionale (AURI) tramite il trattamen-to e l'integrazione dei dati dell'archi-vio delle imprese.

4. Unioncamere si impegna a fornire ilsupporto metodologico e tecnicoper la predisposizione del progettononché la disponibilità delle informa-zioni di base; Unioncamere metteinoltre a disposizione le altre fonti in-formative in proprio possesso per lavalutazione e il controllo dei risultati.

5. La Regione si impegna a svilupparele procedure di controllo, validazionee integrazione (ove possibile) dei da-ti con altri provenienti da altre fonti.

6. I dati grezzi e i risultati dell'integra-zione saranno trasmessi, a cura del-la Regione, agli enti del sistema re-gionale e locale che ne faranno ri-chiesta e messi a disposizione, nelformato più idoneo alla loro diffusio-ne, anche in rete.

Art. 7 - (Progetto sperimentale con-giunto Regione-Unioncamere)1. Ferma restando la possibilità per gli

enti locali che gestiscono gli sportelliunici di adottare l'applicazione di ge-stione delle pratiche ritenute più ri-spondente, Regione e Unioncamereconvengono di sperimentare un si-stema che consenta di realizzare lasemplificazione e la massima tra-sparenza nei confronti delle imprese,dei cittadini e di tutti gli enti coinvoltinei processi di autorizzazione per gliinsediamenti produttivi.

2. Tale sistema metaprocedimentale inrete prevede l'utilizzo di standardtecnici utili per confrontare, scambia-re e monitorare i dati delle pratiche.

3. Si valuterà l'opportunità di presenta-re congiuntamente anche ad altrienti una richiesta di finanziamentodell'Unione Europea sul progetto.

Letto e sottoscritto per accettazione

Regione Emilia-RomagnaUnioncamere Emilia-Romagna

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Bologna, 21 Febbraio 2000

• Vista la L. 580/93 che definisce leCCIAA quali autonomie funzionaliper il governo del territorio;

• Visto il D. Lgs 112/98 (ed altri) suldecentramento amministrativo;

• Visti gli artt. 17-19-54-55-56-58-61-62-63-64-70-71-77 della leggeregionale 21 aprile 1999, n. 3, “Ri-forma del sistema regionale e loca-le”, tra

• la Regione Emilia-Romagna, chericonosce le Camere di commerciocome autonomie funzionali chia-mate a collaborare con i Comuni,le Province e la Regione per favori-re, nell’ambito del confronto e del-la concertazione con le Associa-zioni imprenditoriali e le organizza-zioni sociali, l’integrazione dellepolitiche economiche con quelleterritoriali, ed il sistema cameralecome partner nelle azioni e negliinterventi di promozione dello svi-luppo delle imprese e dei sistemieconomici locali, e

• l’Unione regionale delle Camere diCommercio dell’Emilia-Romagnaed il sistema camerale emiliano ro-magnolo

è sottoscritta l’intesa volta a integra-re la rete dei servizi camerali al siste-ma delle imprese con le politiche e lestrategie della Regione;

A tal fine le Camere di Commercio siimpegnano a privilegiare, anche neipropri bilanci, linee di intervento perlo sviluppo locale coerenti con laprogrammazione regionale, manife-stando così la disponibilità del siste-

ma camerale dell’Emilia-Romagna apartecipare, anche con apporti fi-nanziari, ai grandi progetti regionalidi sviluppo delle attività produttive.

Il sistema camerale dell’Emilia-Ro-magna concorre alla determinazioneed al conseguimento degli obiettivigenerali contenuti nel Programmaregionale triennale delle attività pro-duttive, che definisce l’attuazionedell’insieme degli interventi derivantidalle deleghe previste nei già richia-mati provvedimenti legislativi.

La condivisione degli obiettivi delloschema di Programma regionaletriennale si esplicita nell’intesa ope-rativa, rettificata con la sottoscrizio-ne del presente protocollo, nel quale

sono indicati gli strumenti attuativida predisporre ed attivare per il con-seguimento degli obiettivi indicati.Strumenti finalizzati alla realizzazionedi interventi in comune o comunquetra loro integrati, anche attraverso lavalorizzazione di esperienze d’eccel-lenza già consolidate all’interno delsistema camerale.

La Regione si impegna, comunque,all’utilizzo del meccanismo dell’avva-limento, già previsto in via generaledalla Costituzione nell’ambito dellerelazioni organizzative tra Regioneed enti locali, per lo svolgimento difunzioni proprie da parte delle Ca-mere di Commercio.

Per i fini suddetti la Regione Emilia-

Protocollo d’intesa tra Regione e Unioncamere

I presidenti delle Camere di Commercio dell’Emilia-Romagna

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Romagna, l’Unione regionale delleCamere di Commercio dell’Emilia-Romagna ed il sistema cameraleemiliano-romagnolo, nell’ambito del-lo schema di Programma regionaletriennale delle attività produttive, in-dividuano le seguenti Misure qualistrumenti di una intesa operativa fi-nalizzata al sostegno del sistema im-prenditoriale.

1) Creazione di nuove impreseLa Regione intende favorire la nasci-ta di nuove imprese valorizzando lacollaborazione del sistema cameralee della rete dei consorzi fidi territoria-li e cooperative artigiane di garanzia.Regione e Camere di Commercio(vedi Misura 2.2 - Azione A) defini-scono attraverso una apposita con-venzione le modalità di un’intesa per:• la fornitura tecnica e di informazio-

ni di natura finanziaria e ammini-strativo-gestionale allo start updelle nuove imprese, anche in con-corso con altri organismi e le asso-ciazioni imprenditoriali.

• la finalizzazione di contributi aiConsorzi fidi per la concessione digaranzie a favore di nuove imprese.

2) Lavoro autonomo e professioniLa Regione prevede il cofinanzia-mento di iniziative e azioni, promos-se anche dalle Camere di Commer-cio, rivolte a soggetti che svolgono,o intendono svolgere, attività di pre-stazioni d’opera o di servizio in for-ma autonoma o para subordinata(Misura 2.3).Le iniziative promosse in particolaredalle Camere o cofinanziate dalla

Regione potranno essere:• volte a favorire l’incontro tra do-

manda e offerta di attività profes-sionali;

• destinate a facilitare l’accesso aicentri di servizio realizzati da asso-ciazioni imprenditoriali, sindacali ofondazioni;

• indirizzate alla costituzione di ini-ziative associate tra gli stessi lavo-ratori autonomi;

• volte a facilitare l’accesso al credito

3) Sportello per l’internazionalizza-zione

La Regione promuove, attraversoaccordi e convenzioni, lo “Sportelloper l'internazionalizzazione” (‘Misura4.2) con il compito di riorganizzaresul territorio regionale la presenza

degli strumenti nazionali di politica eservizi alle imprese di ICE, SACE, SI-MEST. Il coordinamento e l’azione diindirizzo delle attività dello Sportelloper l’internazionalizzazione sono affi-dati ad un Comitato di cui fanno par-te, oltre alla Regione stessa, il siste-ma camerale, MINCOMES, ICE, SA-CE, SIMEST.La Regione promuove, con le piùadeguate forme d’intesa, l’integra-zione del sistema a rete delle Came-re di Commercio con l’attività delloSportello nell’erogazione di servizi asupporto dell’export e dell’interna-zionalizzazione. Tale obiettivo si rea-lizza attraverso:• la diffusione dei servizi e delle atti-

vità prestate dallo Sportello perl’internazionalizzazione in rete con

Protocollo d’intesa tra Regione e Unioncamere

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strutture attivate a questo scopopresso le Camere di Commercio,

• il coinvolgimento delle strutture delsistema camerale che già operanonell’ambito dell’internazionalizza-zione, Centro Estero, CCIAA eAziende Speciali, IFOA, nell’attua-zione dei programmi e dei progettidefiniti dal Comitato di cui sopra.

4) Programmi promozionaliQuali supporto nella predisposizionedi un programma annuale, conproiezione triennale, di attività di pro-mozione per la penetrazione neimercati esteri, la Regione istituisce ilComitato per l’export e l’internazio-nalizzazione (Misura 4.3).Essendo parte del Comitato delloSportello per l’internazionalizzazione,il sistema camerale è rappresentato,al pari di Regione, MINCOMES, ICE,SACE, SIMEST, anche all’interno delComitato per l’export e l’internazio-nalizzazione che vede inoltre la parte-cipazione dei rappresentanti delle as-sociazioni imprenditoriali e sindacali,degli istituti di credito convenzionaticon la Regione nel campo delle ini-ziative economiche internazionali edella cooperazione allo sviluppo.Ai fini della promozione e della defi-nizione di tale Programma la Regio-ne stipula, con l’Unioncamere regio-nale ed il sistema camerale, unaconvenzione che prevede forme emodalità di raccordo, integrazionedell’attività del sistema camerale inmateria di internazionalizzazione,nonché il cofinanziamento di iniziati-ve ed azioni previste dal Programmastesso e condivise; il cumulo di tali

risorse alle quali si aggiungerà il fi-nanziamento del MINCOMES, rap-presenterà il finanziamento pubblicodei progetti del Programma, che nonpotranno superare il 50% del finan-ziamento previsto.Le strategie di internazionalizzazionedefinite dal Comitato allargato trove-ranno anche nel Centro Estero e nellarete delle Camere di Commercio sulterritorio uno degli strumenti di gestio-ne degli interventi in collaborazionecon gli altri soggetti che a livello regio-nale già operano in questo settore.

5) Osservatorio sull’internazionaliz-zazione

Regione ed Unioncamere convengo-no sull’istituzione di un Osservatoriosull’internazionalizzazione, di analisi

di tendenze, opportunità risultati, in-caricando l'Unioncamere della suarealizzazione e gestione.

6) Progetti per la competitività dei si-stemi produttivi locali

Il sistema camerale è disponibile adun’intesa con la Regione che, parten-do dall’analisi e dall’individuazionedelle tematiche fondamentali dellosviluppo economico locale (infrastrut-ture pesanti e leggere), consenta diindividuare alcuni obiettivi e progettidi analisi grande significati e portataper l’economia dei territori che le Ca-mere possono impegnarsi a sostene-re finanziariamente (Misura 5.1).

7) Sportelli unici per le impreseLa Regione promuove intese con il

Protocollo d’intesa tra Regione e Unioncamere

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sistema camerale ai fini del consoli-damento delle attività degli SportelliUnici per le Attività Produttive, in par-ticolare per lo sviluppo dell’accessibi-lità, anche telematica, delle attività diinformazione concernenti le opportu-nità di nuovi insediamenti e le relativenormative agevolate incidenti sul ter-ritorio regionale (Misura 6.1)

8) Informazione economicaAl fine di perseguire l’obiettivo di unapiù forte integrazione tra il propriopatrimonio informativo, quello degliEnti Locali e quello delle Camere diCommercio.A tal fine la Regione riconosce, valo-rizza e sostiene la competenza diUnioncamere e del sistema camera-le nell’effettuare analisi sulla strutturaeconomica regionale (Osservatorieconomici regionali), informazioneeconomica, monitoraggio congiun-turale, monitoraggio dell'efficaciadelle politiche nazionali e regionali, agaranzia di una più stretta correla-zione tra attività di programmazioneregionale e utilizzo delle fonti infor-mative sulla struttura economica re-gionale disponibili presso il sistemacamerale.La Regione promuove una più strettacorrelazione anche tra servizi di ammi-nistrazione pubblica prestati da Re-gione ed Enti locali e quelli di compe-tenza delle Camere di Commercio(Misura 6.2), attraverso la più ampiaarticolazione e decentramento deiservizi delle Camere sul territorio inconnessione con Enti locali ed asso-ciazioni imprenditoriali, utilizzandotecnologie informatiche e telematiche.

Unioncamere Emilia-Romagnail PresidentePietro Baccarini

Regione Emilia-Romagnail PresidenteVasco Errani

Protocollo d’intesa tra Regione e Unioncamere

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Bologna, 24 luglio 2000

In occasione dell’acquisto della nuovasede di Unioncamere in Viale AldoMoro 62, è stata costituita la Società“Unioncamere Emilia-Romagna Servi-zi S.r.l.”

Oggetto-scopoNel rispetto delle attribuzioni conferitealle Camere di Commercio dalle dis-posizioni di cui all'art. 2 della L. 29 di-cembre 1993, n. 580, le Camere diCommercio dell'Emilia Romagna co-stituiscono la società di cui in oggettoal fine di acquistare la nuova sede del-l'Unione regionale e del Centro Este-ro; tali associazioni, infatti, costitui-scono organismi mediante i quali leCamere, ai sensi dell'art. 6 della sud-detta L. 580/93, raggiungono i propriscopi istuzionali. La predetta società,pertanto, ha per oggetto il compimen-to di operazioni immobiliari relative al-l'acquisto, alla ristrutturazione ed allagestione di un compendio immobiliareda adibire a nuova sede dell'Unioneregionale delle Camere di Commerciodell'Emilia Romagna e del CentroEstero. La società potrà, altresì, com-piere ogni operazione mobiliare, finan-ziaria, bancaria, necessaria od utile alconseguimento dell'oggetto sociale,scontare effetti cambiari, contrarremutui passivi, chiedere aperture dicredito, anticipazioni e sovvenzioni,assumere prestare garanzie reali e fi-deiussioni ed avalli a garanzia di obbli-gazioni proprie e/o di terzi, purché tut-te le predette operazioni siano stru-mentali al conseguimento dell'oggettosociale e non abbiano carattere pre-

valente. É tassativamente esclusaogni sollecitazione del pubblico rispar-mio, nonché lo svolgimento di attivitàdi “intermediazione mobiliare” ai sensidel D. Lgs. 58/98, lo svolgimento neiconfronti del pubblico delle attività dicui agli artt. 4, comma 2, legge197/91 e 106 D. Lgs. 385/93 ed ognioperazione di intermediazione immo-biliare ai sensi della legge 39/1989.CapitaleIl capitale è di Lire 100.000.000 (lirecentomilioni), diviso in quote, ai sensidell'art. 2474 c.c.AssembleaLe assemblee ordinarie e straordinariesono tenute di regola, presso la sedesociale, salvo diversa determinazionedell'Organo Amministrativo che puòfissare un luogo diverso purché sitonel territorio dello Stato Italiano. L'as-semblea ordinaria deve essere convo-cata almeno una volta all'anno, entroquattro mesi dalla chiusura dell'eser-cizio sociale, ovvero entro sei mesi,ma solo qualora particolari esigenze lorichiedano, da enunciarsi ad operadell'Organo Amministrativo nei terminiordinari. L'assemblea, sia ordinariache straordinaria, è convocata, oltreche nei casi e per gli oggetti previstidalla legge, ogni qualvolta l'OrganoAmministrativo lo ritenga opportuno.Presidenza dell’AssembleaLa presidenza dell'assemblea compe-te all'Amministratore Unico. Qualoral'Amministratore Unico non possa onon voglia esercitare tale funzione, gliintervenuti designano, a maggioranzaassoluta del capitale rappresentato, ilPresidente fra i presenti. L'Assembleanomina un segretario, anche non so-

cio e, se lo crede opportuno, duescrutatori anche estranei. Le delibera-zioni dell'Assemblea devono risultaredal verbale firmato dal Presidente, dalSegretario ed eventualmente dagliscrutatori. Nei casi di legge ed inoltrequando il Presidente dell'Assemblealo ritenga opportuno, il verbale vieneredatto da un Notaio.Amministrazione e rappresentan-zaLa società è amministrata da un Am-ministratore Unico. L'AmministratoreUnico rimane in carica per un triennio,salvo revoca o dimissioni, ed è rieleg-gibile. L'Amministratore Unico è inve-stito di tutti i poteri di ordinaria estraordinaria amministrazione, fattosalvo quanto riservato dalla legge edal presente statuto all'Assemblea deisoci. All'Amministratore Unico spettala rappresentanza legale della società,di fronte ai terzi ed in giudizio, con fa-coltà di promuovere azioni ed istanzegiudiziarie ed amministrative per ognigrado di giurisdizione, nominando av-vocati e procuratori alle liti.

Statuto della Società a responsabilità limitata“Unioncamere Emilia-Romagna Servizi S.r.l.”

Dott. Marco PancaldiAmministratore Unico Unioncamere Servizi

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Bologna, 4 dicembre 2000

Tra Ecocerved S.r.l. e Unione Regio-nale delle Camere di Commercio del-l'Emilia-Romagna si conviene e stipu-la quanto segue:Art. 1 - Oggetto della convenzione1. Oggetto della convenzione tra le

parti é lo svolgimento da parte diEcocerved di attività inerenti:

A. la progettazione e riorganizzazionedel sistema informativo regionalesull'ambiente comprendenti:

• l'organizzazione di un'anagrafe ge-nerale normalizzata delle impresecon impatto ambientale collegata alRegistro delle Imprese e all'Albo Ge-stori Rifiuti, costituiti presso le Ca-mere di Commercio e integrabilecon il sistema cartografico in uso al-l'ARPA;

• la realizzazione dei Catasti Ambien-tali, in particolare per i comparti: ac-qua, aria, suolo e rifiuti;

• la realizzazione del sistema di co-municazione per l'interscambio didati ambientali ed amministrativi fragli Enti costituenti il polo infraregio-nale;

• lo sviluppo delle interfacce specializ-zate, per tipologia di utenti (Regio-ne, Province, Comuni, AUSL, ARPA)per l'interrogazione, l'estrazione el'elaborazione delle informazionicontenute nelle B.D.A. ai vari livelli;

• l'integrazione delle procedure all'in-terno della rete telematica regionaleERNET;

• l'adozione di tecniche di sicurezzamediante uso di firma elettronica;

• il supporto alle attivitá di project ma-nagement della struttura informatica

dell'ARPA;• l'assistenza e formazione del perso-

nale di ARPA all'utilizzo delle proce-dure.

B. La diffusione al pubblico delle infor-mazioni in campo ambientale, an-che tramite l'integrazione delle retitelematiche regionali e del sistemacamerale;

C. L'accesso alle informazioni e ai da-ti relativi al riutilizzo, riciclaggio e re-cupero del rifiuti per favorire la co-noscenza ai fini delle attività di sup-porto alla pianificazione svolte dal-l'ARPA. In particolare Ecocervedmetterà gratuitamente a disposi-zione di ARPA ed Unioncamerel'accesso al proprio sistema infor-mativo di Borsa del Recupero delrifiuti e del servizi correlati;

D. La valutazione della possibilità diinterscambio dati ed accesso alleinformazioni contenute nella bancadati ambientale anche da parte dialtri utenti quali lo Sportello Unicodelle imprese.

2. Ecocerved metterà inoltre a dispo-sizione dell'Unione Regionale delleCamere di Commercio:

• le proprie esperienze nell'attivazionedelle procedure EMAS/ISO 14000;

• i progetti che ha in corso di realizza-zione, insieme ad altre strutture delSistema Camerale, sul tema dellosviluppo, creazione ed applicazionedi uno strumento informativo, for-mativo ed operativo per favorirel'implementazione dei sistemi di ge-stione ambientale nelle PMI;

3. Le attività di cui al punto 1 sarannosvolte in due fasi: la prima ha ad.oggetto la realizzazione di:

A. disegno del sistema informativoglobale, modellizzazione e prototi-pizzazione funzionale;

B. revisione e personalizzazione del-l'esistente catasto depuratori;

C. fornitura di n. 12 licenze per ECO-MUD'98.

4. La descrizione dettagliata delle atti-vità comprese nella prima fase con-tenuta nell'allegato alla presenteconvenzione.

5. La seconda fase, consequenzialealle attività di prima fase e relativaalla realizzazione e messa in eserci-zio del sistema informativo regiona-le sull'ambiente, fornirà oggetto diun'ulteriore convenzione tra le partinella quale saranno definite in det-taglio le attività da svolgere, le risor-se necessarie, i costi ed i tempi direalizzazione.

Art. 2 - Durata e tempi della conven-zione1. La realizzazione delle attività di cui

all'articolo 1 decorre dalla data disottoscrizione della presente con-venzione e terminerà il 31/12/2002.

Ecocerved SrlIl PresidenteSergio Mazzi

Unioncamere Emilia-RomagnaIl PresidentePietro Baccarini

Convenzione tra Ecocerved e Unioncamere perla gestione automatizzata dei catasti ambientali

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Bologna, 20 giugno 2001Tra la Regione Emilia-Romagna e l'Unio-ne regionale delle Camere di Commer-cio dell'Emilia-Romagna in nome e perconto dei sisterna camerale regionale • con riferimento al Protocollo di Intesa

tra la Regione e Unioncamere Emilia-Romagna dei 21 febbraio 2000 ed, inparticolare, ai punti 3 (Sportello perl’internazionalizzazione) e i (Programmipromozionali)

• considerato l'art. 2 dei Regolamentodella Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri per la "Semplificazione di proce-dimenti per la concessione di agevola-zioni, contributi, sovvenzioni, incentivie benefici per il sostegno allo sviluppodelle esportazioni e per l'internaziona-lizzazione delle attività produttive cheistituisce lo Sportello Unico Regionaleper l’internazionalizzazione delle attivi-tà produttive le cui modalità di orga-nizzazione sono definite da un accor-do tra il Ministero del Commercio conl'Estero e la Regione Emilia-Romagnaal quale può essere chiamato a parte-cipare anche il sistema delle Cameredi Commercio;

• considerato che le Camere di Com-mercio, anche ai sensi dei comma 4dei suddetto Regolamento, possonoessere coinvolte nelle attività delloSportello al fine di garantirne la diffu-sione territoriale dei servizi;

• considerando che il Programma re-gionale triennale per lo sviluppo delleattività produttive prevede alla Misura4.1 - Azione A la costituzione del Co-mitato per l'export e l’internazionaliz-zazione per l'indirizzo ed il coordina-mento delle attività dello Sportello re-gionale;

viene stipulata la seguente intesa:Art. 1 - Il sistema regionale delle Cameredi Commercio dell'Emilia-Romagna, at-traverso Unioncamere Emilia-Romagna,partecipa alla stipula dell'accordo di cuial comma 2 dell’art. 2 del Regolamentodella Presidenza del Consiglio istitutivodello Sportello per l’internazionalizzazio-ne per la definizione delle modalità di or-ganizzazione dello Sportello stesso,Art. 2 - Presso le Camere di commerciodell'Emilia-Romagna sono istituiti, aisensi del comma 5 dell'art. 2 del sud-detto Regolamento, gli sportelli provin-ciali operativi rivolti a garantire la diffusio-ne territoriale dei servizi offerti dalloSportello regionale.Art. 3 - Unioncamere Emilia-Romagnadesigna due componenti nel Comitatoregionale per l'export e l'internazionaliz-zazione per l'indirizzo ed il coordina-mento delle attività dello Sportello, unodei quali con l'incarico di Vice - Presi-dente dei Comitato.Art. 4 - Unioncamere Emilia-Romagna,

sulla base delle direttive del Comitato re-gionale, garantisce l'operatività in retedegli sportelli di cui all'art. 3 della pre-sente intesa, in particolare, anche attra-verso la definizione di progetti promozio-nali di sistema. A tal fine UnioncamereEmilia-Romagna si impegna anche acollocare presso la struttura dello Spor-tello regionale adeguate competenze eprofessionalità in materia di servizi all'in-ternazionalizzazione delle imprese.Art. 5 - Le singole Camere di Commer-cio, anche attraverso Unioncamere Emi-lia-Romagna, possono presentare allaRegione progetti di carattere promozio-nale che, se coerenti con gli indirizzi de-finiti dal Comitato per l'export e l'inter-nazionalizzazione, possono accedere alcofinanziamento regionale.Unioncamere Emilia-RomagnaIl PresidentePietro BaccariniRegione Emilia-RomagnaL'Assessore alle Attività ProduttiveDuccio Campagnoli

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Protocollo di intesa tra la Regione e Unioncamereper l’internazionalizzazione

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Bologna, 11 luglio 2001

Art. 1 - Nel precipuo interesse delle Isti-tuzioni e delle categorie economicheinteressate, la Regione Emilia-Roma-gna e l’Unione regionale delle Cameredi Commercio dell’Emilia-Romagna,nell’ambito della propria attività istitu-zionale e per delega conferita da cia-scuna Camera di Commercio, si impe-gnano, con riferimento alla normativanazionale e regionale e nel rispetto del-le disposizioni della Regione, ad opera-re congiuntamente per la messa apunto di un sistema trasparente, snelloed efficace per la gestione degli adem-pimenti connessi alla concessione diincentivi fiscali alle imprese commercialie turistiche di cui all’art. 11 della legge449/1997. Per la realizzazione di taleobiettivo la Regione Emilia-Romagna el’Unione regionale delle Camere diCommercio dell’Emilia-Romagna con-vengono sull’opportunità di avvalersidelle strutture operative del sistema ca-merale, già a tal fine predisposte edoperative sulla base di quanto operatonel biennio 1998-1999 in base a con-ferimento di funzioni da parte della nor-mativa previgente.

Art. 2 - La presente ha per oggettol’attribuzione alle Camere di Commer-cio emiliano-romagnole delle funzionidella Regione Emilia-Romagna in ma-teria di gestione delle domande di in-centivazione fiscale alle imprese com-merciali e turistiche così come trasfe-rite dal Ministero dell’Industria, delCommercio e dell’Artigianato funzioniprecedentemente svolte dalle stesseCamere di Commercio, Industria, Arti-

gianato, Agricoltura in base all'art. 11della legge n. 449/97 e successivemodificazioni e decreti attuativi:

- raccolta e istruttoria delle domandedi concessione incentivi;

- verifica della documentazione tra-smessa dai soggetti beneficiari,successivamente alla comunicazio-ne della concessione dell'agevola-zione da parte dell'Assessorato Tu-rismo, Commercio;

- controllo post-concessione pressole aziende beneficiarie.

Per lo svolgimento di tali funzioni leCamere di Commercio, con il suppor-to e il coordinamento dell'Unione re-gionale delle Camere di Commerciodell'Emilia Romagna, si impegnanoad assicurare la continuità delle azio-ni attuate per le medesime finalità nelbiennio 1998-1999 in base all'art. 11della L. n. 449/1997.

Art. 3 - Al fine di consentire uniformi-tà e celerità di risposta a eventualiquesiti circa l'interpretazione dellanormativa di riferimento che dovesse-ro emergere nel dialogo con le impre-se e le loro associazioni o con altri en-ti e istituzioni, è costituito un gruppodi lavoro composto di rappresentantidella Unione regionale delle Cameredi Commercio dell'Emilia Romagna,in rappresentanza delle Camere diCommercio e della Direzione genera-le Attività Produttive, Commercio, Tu-rismo nelle cui competenze rientranoi settori Commercio e Turismo. Imembri del Comitato tecnico sarannodesignati pariteticamente dalle parti

fino a un massimo di n. 8 componen-ti complessivamente, di cui uno, indi-cato da Unioncamere Emilia Roma-gna, curerà le funzioni di segreteria. Aicomponenti il gruppo di lavoro nonviene erogato alcun compenso.

Art. 4 - Per lo svolgimento delle attivi-tà previste all'art. 2 della presente con-venzione, la Regione Emilia Romagnastabilisce un contributo di lire72.899.975, che in ottemperanza allanormativa vigente è pari allo 0,5% del-le risorse complessivamente messe adisposizione per il finanziamento dellaconcessione di incentivi fiscali alle im-prese commerciali e turistiche, a co-pertura dei costi sostenuti dalle Came-re di Commercio e da Unione regiona-le delle Camere di Commercio dell'E-milia Romagna per lo svolgimento del-le attività conferite. La liquidazione del-le competenze sarà disposta con attodel Direttore generale alle Attività Pro-duttive, Commercio, Turismo per il50% dell'importo complessivo entro60 giorni dalla scadenza del bando e ilrimanente entro 30 giorni dalla conse-gna di tutti gli elenchi predisposti dalleC.C.I.A.A. contenenti le risultanze del-le istruttorie effettuate.

Art. 5 - Il numero dei controlli ispetti-vi di cui all'articolo 2, verrà definito dalgruppo di lavoro di cui all'articolo 3.Le ispezioni dovranno essere effet-tuate in ciascuna provincia da perso-nale camerale della rispettiva Cameradì Commercio.

Art. 6 - La proprietà delle informazionie dei dati, anagrafici e statistici, relativi

Convenzione tra Regione e Unioncamere per la gestione degli adempimenti connessi

alla concessione di incentivi fiscali alle imprese commerciali e turistiche

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alle funzioni espletate è della RegioneEmilia Romagna. L'Unione regionaledelle Camere di Commercio dell'EmiliaRomagna si impegna a salvaguardar-ne il segreto statistico e quindi a nondiffondere a soggetti terzi i dati pun-tuali, con le eccezioni costituite daisoggetti aderenti al SISTAN, per la rea-lizzazione di indagini, e dagli altri Entidella Pubblica Amministrazione, nellalogica della semplificazione ammini-strativa e dello sportello unico. La dif-fusione dei dati aggregati è comunquepossibile per l'Unione regionale delleCamere di Commercio dell'Emilia Ro-magna e le Camere di Commercio; intal caso verrà fatto riferimento alla fon-te e proprietà dei dati.

Art. 7 - Nell'ambito dei rapporti di col-laborazione in atto, la Regione EmiliaRomagna e l'Unione regionale delleCamere di Commercio dell'Emilia Ro-magna potranno concordare even-tuali procedure e adempimenti nonspecificati nella presente convezionema necessari per un ottimale conse-guimento degli obiettivi e dei risultatiqui individuati; inoltre si impegnano arisolvere con il medesimo atteggia-mento collaborativo eventuali contro-versie che dovessero insorgere nelcorso del rapporto. Le parti possonoconcordare in qualunque momento leintegrazioni o le modifiche alla pre-sente convenzione che si reputinonecessarie per le esigenze attinenti lefunzioni da essa regolate.

Letto, firmato e sottoscrittoRegione Emilia RomagnaUnioncamere Emilia-Romagna

Convenzione tra Regione e Unioncamere per la gestione degli adempimenti connessi alla concessione di incentivi fiscali alle imprese commerciali e turistiche

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Bologna, 22 ottobre 2001Premesso che:a) Il Programma regionale triennale per lo

sviluppo delle attività produttive 1999-2001 prevede, alla misura 4.1; azioneC, che, ai fini della definizione del pro-gramma promozionale regionale, Re-gione, Unioncamere e sistema Came-rale possono convenzionarsi per sta-bilire un impegno comune di risorse,sulla base di regole condivise;

b) come previsto dal sopra richiamatoProgramma triennale tra RegioneEmilia-Romagna ed Unione regio-nale delle Camere di Commerciodell’Emilia-Romagna è stato sotto-scritto data 20/6/2001 un protocol-lo di intesa per la collaborazionenell’attività dello sportello regionaleper l’internazionalizzazione;

c) Camere di Commercio e Regionehanno convenuto, nell’incontro del14 giugno u.s. di promuovere, attra-verso un finanziamento congiunto, lacostituzione di un centro servizi aShanghai, sulla base di un primo pro-getto predisposto da PRO.M.EC., fi-nalizzato a promuovere la visibilità ela presenza del sistema regionale nelsuo complesso ed a costruire unpunto di riferimento qualificato per gliEnti e le imprese interessate ad inse-diarsi sul mercato cinese;

d) PRO.M.EC. ha successivamentemesso a punto il progetto esecuti-vo ed il relativo budget;

Tutto ciò premesso tra Regione Emilia-Romagna, le Camera di Commercio diBologna, Ferrara, di Forlì-Cesena, di Mo-dena, di Parma, di Piacenza, di Ravenna,di Reggio Emilia, di Rimini, Unione Regio-nale Camere di Commercio dell’Emilia-

Romagna, si conviene quanto segue:Art. 1 - Oggetto della convenzioneRegione e Camere di Commercio, inconsiderazione di quanto esposto inpremessa e qui integralmente richiama-to, promuovono congiuntamente il pro-getto per la costituzione di un centroservizi e di insediamento della RegioneEmilia-Romagna a Shanghai, teso a fa-vorire la presenza in Cina di Enti ed im-prese della regione Emilia-Romagna, ri-portato nell’allegato di cui all’art. 1 dellaconvenzione sottoscritta tra la RegioneEmilia-Romagna e PRO.M.EC.Art. 2 - Modalità di realizzazionea) Il progetto, della durata di 30 mesi

compresa la fase di avvio, a far datadal 30 dicembre 2000, sarà realizzatocon le modalità previste dal progettoesecutivo, riportato nell’allegato alladeliberazione n. 1925 del 18/09/2001,predisposto dalla stessa PRO.M.EC.;

b) La gestione operativa del progettoviene affidata a PRO.M.EC.;

c) PRO.M.EC. sarà l’unico interlocu-tore responsabile nei confronti dellaRegione e delle Camere di Com-mercio nonché nei confronti di tuttigli organismi, pubblici e privati, chesi avvarranno del centro servizi;

d) Il centro servizi di Shanghai opereràin stretta connessione con le artico-lazioni regionali e territoriali dellosportello per l'internazionalizzazio-ne Emilia-Romagna.

Art. 3 - Indirizzi, monitoraggio, controlloa) Regione e Camere di Commercio

costituiscono, per l’attuazione, ilmonitoraggio ed il controllo del pro-getto, un comitato di coordinamen-to di cui fanno parte: un rappresen-tante delle Camere di Commercio,

un rappresentante di PRO.M.EC.;b) ciascuna delle parti comunicherà

alle altre il proprio rappresentante;c) le modalità operative del Comitato

sono autoregolate dal Comitatostesso, fermo restando che i rap-presentanti di ciascun organismo ri-feriranno, per quanto di loro com-petenza, ai rispettivi Enti.

Art. 4 - Costi e copertura finanziariaa) Il budget presentato da PRO.M.EC

per la realizzazione del progetto ese-cutivo, riportato nell’allegato alla de-liberazione n. 1925 del 18/09/2001,comporta una previsione di spesacomplessiva, per la durata complessi-va di 30 mesi, a far data dal 30 dicem-bre 2000, a carico del finanziamentopubblico, di Lit. 2.263.749.120 (al difuori del campo di applicazione IVA);

b) la Regione assume a proprio carico laquota del 50%, pari a quella assuntadalle Camere di Commercio, per l’im-porto massimo, per l’intera durata delprogetto, di Lit. 1.131.874.560;

c) le modalità di erogazione del cofinan-ziamento verranno regolate separata-mente tra Regione e PRO.M.EC e traCamere di Commercio e PRO.M.EC.;

d) la finalizzazione dell’impiego delleentrate derivanti dalle quote asso-ciative al Centro servizi versate aPRO.M.EC. verrà stabilito dal Co-mitato di cui al precedente art. 3;

e) i costi del progetto, per la partequantificata in US$, è soggetta adoscillazioni del tasso di cambio di cuisi terrà conto in sede di consuntivo.

Art. 5 - Validità della convenzioneLa presente convenzione è valida finoal 2 luglio 2003, data prevista per laconclusione del progetto.

Convenzione tra Regione e Camere di Commercioper la realizzazione del progetto Shanghai

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Bologna, 26 settembre 2002

Tra Regione Emilia-Romagna e Unioneregionale delle Camere di commerciodell’Emilia-Romagna, si conviene e sti-pula:Art. 1 - La Regione Emilia-Romagna affi-da all’Unione Regionale delle Camere dicommercio dell’Emilia-Romagna, cheaccetta, la realizzazione e/o il completa-mento - in attuazione della L.R. 16/95delle seguenti attività:a) relativamente alla partecipazione al

“Salone del Gusto” di Torino (lettera c)delle premesse): esecuzione dell’e-vento, secondo quanto concordatocon l’ente organizzatore della manife-stazione;

• relativamente alle azioni di promozionedel marchio Q.C. e delle produzioni diqualità regolamentate (lettera d) dellepremesse): collaborazione nella realiz-zazione delle azioni previste ed in par-ticolare: preparazione di messaggi re-dazionali; ricerca e selezione dei me-dia (quotidiani, periodici, ecc.) più si-gnificativi per la tipologia di messaggioda comunicare; supervisione all’acqui-sto di spazi pubblicitari sui media;

• relativamente al progetto di valorizza-zione della pesca e della nettarina diRomagna (lettera e) delle premesse):esecuzione di azioni previste nel pro-getto, ed in particolare organizzazionedel settore della grande distribuzionee della stampa specializzata;

• relativamente alla realizzazione di ini-ziative europee di partenariato e dipromozione del culatello di ZebelloDOP e del Jamò de Huelva (Spagna)(lettera f) delle premesse): per quantoconcerne il precedente punto 4): pro-

gettazione ed esecuzione di azioni dipromozione nei circuiti gastronomicinazionali ed internazionali;

b) relativamente alla partecipazione allaterza edizione di “Cibus Tour - Salonedel turismo gastronomico” (lettera a)delle premesse): progettazione e rea-lizzazione dell’allestimento dello spazioriservato alla Regione Emilia-Roma-gna, compresi i contatti con i fornitori;

• relativamente alla manifestazione pro-mo-commerciale dei prodotti tipiciemiliano-romagnoli a Monaco di Ba-viera e Stoccarda (lettera b) delle pre-messe): collaborazioni nella realizza-zione degli eventi;

• relativamente al progetto di valorizza-zione della “Pera dell’Emilia-RomagnaI.G.P.” (lettera c) delle premesse): ese-cuzione di azioni previste nel progetto,ed in particolare organizzazione di in-contri con gli operatori specializzatidel settore della grande distribuzionee della stampa specializzata;

• relativamente alla partecipazione “SA-NA - Salone internazionale dell’ali-mentazione naturale e di qualità, Sa-lute e Ambiente” (lettera e) delle pre-messe): collaborazione nella proget-tazione ed esecuzione del materialeinformativo e allestimento dello spazioespositivo nello stand istituzionale del-la Regione Emilia-Romagna;

c) relativamente al progetto OrtofrutticoliFreschi Far East - intervento “missionidi operatori nei paesi del sud-est asia-tico per intrattenere rapporti commer-ciali con operatori locali e missioni dioperatori asiatici in Emilia-Romagnaper acquistare la conoscenza dellarealtà produttiva regionale”: organiz-zazione delle missioni in Italia e all’e-

stero degli operatori di settore;• relativamente al progetto Regno Unito

- intervento “seminari informativi rivoltialla stampa specializzata, agli impor-tatori, ai buyers della grande distribu-zione”: organizzazione dei seminari in-formativi, contatti con giornalistici, im-portatori e i buyers individuati;

• relativamente al progetto Giappone -interventi “missione di operatori spe-cializzati nel settore enogastronomicoin Emilia-Romagna” e “produzione dimateriale informativo specifico”: orga-nizzazione di missioni e preparazionenel materiale informativo.

Art. 4 - Verifica e monitoraggio dell’attivitàL’Unione regionale delle Camere di com-mercio dell’Emilia-Romagna, nello svol-gimento delle attività oggetto del presen-te contratto, si impegna a rispettare gliindirizzi forniti dal referente regionale dicui all’art. 3, nonché a presentare una re-lazione mensile relativamente alle attivitàsvolte.

Convenzione tra Regione e Unioncamere per la realizzazione di attività

di promozione dei prodotti agroalimentari

Dott. Maurizio Ceci

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Regionalismo e Camere di Commercio Le politiche di sviluppo del territorio

La crescita della ricchezza Demografia e mercato del lavoro

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Ufficio Studi Unioncamere 1992-2002

I grandi temi dell’analisi economica di Unioncamere Emilia-Romagna

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Regionalismo e ruolo delle Camere di Commercio 315Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1992 e previsioni per il 1993

Senza una profonda riforma dell'ap-parato statuale non si può andare al-l'appuntamento con l'Europa in co-erenza con quanto previsto dagli ac-cordi di Maastricht.La qualità e l'operatività della pubblicaamministrazione, in particolare di quel-la parte che più direttamente interfac-cia con le imprese, sono il punto dinon ritorno degli enti locali e degli entiterritoriali. Il forte radicamento nel terri-torio, la dimensione provinciale, masoprattutto la prossimità alle impreseobbligheranno sempre più tali enti adoffrire servizi il cui orizzonte di riferi-mento non potrà non essere lo stessodelle imprese, ovvero il mercato.Consapevoli di tale problema le Ca-mere di Commercio hanno dato vitaad un progetto di riforma istituzionale,meglio di autoriforma, che il legislato-re italiano non ha ancora sancito, mache nei fatti si è già sostanziato nelpassaggio da entità separate (le Ca-mere) a sistema (il sistema camerale).La riforma coinvolge anche il sistemadelle Regioni. Nel mercato unico euro-peo le Regioni assumeranno un ruolosempre più importante, ma avrannobisogno, per gestire le nuove compe-tenze, di strumenti operativi nuovi. Ri-spetto a tale prospettiva le Camere dicommercio possono proporsi comestrumento di raccordo fra coordina-mento centrale e competenze delega-te a livello regionale, utilizzando la pro-pria natura di interfaccia funzionale framondo delle imprese e mondo dellaPubblica Amministrazione.Il principale punto di forza delle Ca-mere di commercio e' la loro prossi-mità rispetto ai quattro milioni di im-

prese, soprattutto di piccole e mediedimensioni, che rappresentano l'os-satura dello sviluppo economico na-zionale. Inoltre l'appartenenza ad unsistema già attivo offre la possibilità diadattarsi senza grandi difficoltà a qua-lunque riorganizzazione non solo deglispazi politico-territoriali regionali, maanche di qualsiasi altro raggruppa-mento, subnazionale, interregionale,che dovesse essere imposto dal mer-cato unico europeo.Le recenti modificazioni negli assetti fi-nanziari delle Camere, pressoché inte-ramente addossati alle imprese, ren-dono tuttavia indilazionabile la demo-cratizzazione degli organi di governo ela revisione del sistema dei controlli,che cosi sono attualmente realizzaticostituiscono più un pesante ostacoloalla piena attività delle Camere chenon un reale ed efficace sistema di vi-gilanza. Per il sistema camerale emi-liano-romagnolo il raggiungimento dipiù' elevati livelli di qualità' ed il raffor-zamento della funzione di interfacciafra impresa e stato può essere perse-guito secondo le seguenti politiche:- ridefinizione dei rapporti istituzionali

con i livelli di governo locale nel con-testo dell'indispensabile processo diriforma istituzionale, al fine di raccor-dare fra loro le strategie e le iniziativedegli enti che localmente hannocompetenze e svolgono funzioni inmateria economica;

- rafforzamento del rapporto di colla-borazione con le imprese e con le lo-ro associazioni, per la gestione epredisposizione dei servizi utili a fa-vorire i processi di sviluppo dei siste-mi economici locali;

- politica della qualità per i servizi of-ferti dalle Camere di commercio.

I rapporti istituzionali a livello localeIl mercato unico europeo rende im-prorogabile la definizione delle com-petenze attribuibili alle autorità na-zionali e alle autorità locali per indivi-duare i compiti che le une e le altredebbono avere nel campo della poli-tica economica. Se consideriamo le esperienze e leaspettative maturate in Emilia-Ro-magna negli ultimi anni si è afferma-ta la tendenza della diversificazionedegli attori delle politiche in partico-lare dei governi sub-regionali forte-mente correlata alla esigenza di indi-viduare nuovi obiettivi e nuove meto-dologie nelle politiche industriali.Ciò che emerge è l'importanza dellafunzione di coordinamento della com-patibilità tra politiche centrali, nazionalie sub-nazionali.Inoltre si sta affermando un diffusopluralismo anche in campo economi-co che sta facendo, emergere nuoveforme di rappresentanza che nonpossono essere esaurite dalla tradi-zionale rappresentanza politica deiComuni, delle Province, delle Regioni.In tale prospettiva il rapporto fra Re-gione e Camere di commercio puòessere impostato sulla base di unaconcertazione tra le diverse autoritàche operano sul territorio locale.Allo stato attuale i rapporti tra Cameredì commercio e Regione può essereanalizzato da due prospettive comple-mentari:- istituzionale - funzionale.

Regionalismo e Camere di Commercio

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316 Regionalismo e ruolo delle Camere di CommercioDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1992 e previsioni per il 1993

Dal punto di vista istituzionale non ètuttora risolto il problema della so-vrapposizione di competenze fra l'or-dinamento regionale e quello degli en-ti camerali, soprattutto nelle materieeconomiche che sono state tradizio-nalmente di competenza delle Came-re di commercio quali, ad esempio,agricoltura, artigianato, turismo ecommercio.Il legislatore non ha ancora risolto ilproblema circa le funzioni di promo-zione, di cooperazione e di gestionetecnica dei servizi che istituzionalmen-te competono ancora alle Camere dicommercio, anche nelle materie tra-sferite o delegate alla Regione.Anche il recente Statuto regionale,successivo alla riforma delle autono-mie locali, non presenta alcun riferi-mento esplicito alle Camere di com-mercio. Gli unici riferimenti che posso-no essere utilizzati per la definizione diun rapporto innovativo tra i due entisono rintracciabili all'art. 3 comma 2dello Statuto:"la Regione ... concorre quale sogget-to della programmazione, assicuran-do la partecipazione degli Enti Locali el'autonomo apporto dei sindacati, del-la cooperazione e delle altre organiz-zazioni sociali ed economiche".Pertanto, per il sistema camerale l'at-tuale situazione istituzionale, a partiredal DPR n. 616/77, e' quella di "gene-rico" interlocutore dell'Ente Regione,come pure degli altri pubblici poteri,relativamente ai problemi socio-eco-nomici. La prospettiva sulla quale leCamere di Commercio intendono la-vorare è quella di diventare interlocu-tori privilegiati e di riferimento della

Regione sulle tematiche economiche.La nuova realtà europea porta a pen-sare in termini nuovi il ruolo delle Re-gioni, che vengono sempre più intesecome nuovo punto di equilibrio istitu-zionale che privilegia l'aspetto nego-ziale, il coordinamento e la co-pro-grammazione con una responsabiliz-zazione più diretta nelle politiche dispesa.Da parte della Giunta regionale dell'E-milia-Romagna si avverte l'esigenza,annunciata nel IV Piano Regionale diSviluppo, di un nuovo assetto dei po-teri al fine di ottenere una autorità digoverno e di progetto in grado di deli-neare politiche adeguate a determina-re effetti di sistema, integrate con i li-velli nazionali ed europei. Ciò compor-ta, però, la necessità di ripensare pro-fondamente il ruolo del pubblico, ilrapporto pubblico privato, l'ambienteesterno alle imprese, la partecipazio-ne, ecc.. In particolare una Regione, rafforzatadalla responsabilità per le politiche disviluppo, necessita di un sistema isti-tuzionale che la ponga a più direttocontatto con la realtà e con gli interes-si della società regionale. I caratteridel nuovo regionalismo non possononon prevedere l'allargamento delle at-tuali competenze, autonomia finanzia-ria attraverso una quota di comparte-cipazione del prelievo fiscale, autono-mia impositiva, autonomia tariffaria,forme di partecipazione e controllodemocratico, una rappresentanzadelle regioni negli organismi comuni-tari, strumenti partecipativi e d'armo-nizzazione fra politiche nazionali e re-gionali.Tra i propri "desiderata" la Re-

gione comprende la realizzazione diun ordinamento capace di fare pernosu un livello territoriale regionale piùforte ed autorevole (seppur leggero),in modo aperto e dialogante, nonschematico o centralistico.Ciò intro-duce nel vasto campo dei rapporti ditipo funzionale. Tra gli strumenti che illegislatore nazionale prevede per l'at-tuazione di soluzioni progettuali è l'ac-cordo di programma previsto dalla L.142/90. Esso consiste in uno stru-mento ordinario di coordinamento of-ferto agli enti locali quali centri auto-nomi di poteri per "la definizione e l'at-tuazione d'opere, di interventi o diprogrammi di intervento".Gli elementiinnovativi possono essere diversi siadal punto di vista funzionale che ope-rativo. In particolare preme sottolinea-re che proprio dal punto di vista ope-rativo l'accordo di programma con-sente il superamento della staticità deirapporti di competenza, quindi il su-peramento delle sovrapposizioni, inquanto consente di individuare un'uni-ca sede di discussione e di decisio-ne.La concertazione, la contrattualiz-zazione e la corresponsabilizzazionedei diversi attori, pubblici e privati,contribuirebbe a garantire l'efficacia el'efficienza degli interventi a favore del-l'economia.

Il rapporto pubblico/privato per losviluppo dell'economiaIn attesa di una riforma del sistemacamerale che attribuisca un ruolo so-stanziale nella gestione delle CCIAAalle espressioni d'impresa, essendoqueste le principali finanziatrici del si-stema stesso, è possibile pervenire ad

Regionalismo e Camere di Commercio

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Regionalismo e ruolo delle Camere di Commercio 317Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1992 e previsioni per il 1993

un rapporto congiunto tra le Cameredi commercio ed il sistema delle im-prese, strutturando una più adeguatarete di servizi alle imprese stesse? Larisposta a tale domanda è certamenteaffermativa. Infatti il mercato dei servi-zi alle imprese è caratterizzato da fasidi introduzione e sviluppo delle attivitàdi servizio, nelle quali spesso la do-manda latente non genera profitti suf-ficienti all'attivazione sul mercato deiprivati, ma può essere favorita e so-stenuta dal pubblico e dall'associazio-nismo imprenditoriale. Solo in fasisuccessive, quando il mercato valutala sostenibilità del servizio e la suaprofittabilità, si pone il problema delruolo dell' ente pubblico in concorren-za con i privati; il giudizio sull' operati-vità di un servizio, può comunque es-sere affidato solo agli operatori che nesono clienti.A partire da questa rinnovata coscien-za dei reciproci ruoli e dalla peculiaritàdel ruolo delle Camere, le linee di in-tervento possono convergere sui se-guenti punti:- maggiore coesione fra l'azione degli

enti pubblici che si occupano dell'economia regionale. Tale coesioneva vista come strumento per favorirela partecipazione dell'associazioni-smo economico ai processi decisio-nali dell' ente pubblico stesso, perevitare le dispersioni di risorse cheprovengono dal bilancio dello Statoe per favorire la diffusione capillaresul territorio dei servizi alle imprese;

- rivolgere una maggiore attenzioneall' Ente Regione, sia per stimolarnel’attività e per superare le lentezzenelle fasi di attuazione, sia per evita-

re confusione di ruoli e sovrapposi-zioni che non giovano al sistemadelle imprese;

- migliorare il coordinamento tra leazioni che le Camere di commerciointraprendono con le loro Aziendespeciali e che spesso rischiano disovrapporsi o di non sfruttare ade-guatamente il rapporto, con azionisimilari che le associazioni di cate-goria intraprendono tramite i lorocentri di servizio;

- avviare tavoli di concertazione per-manenti fra associazioni di catego-ria e sistema delle CCIAA, nel meri-to delle iniziative da intraprenderenei confronti dell' economia regio-nale;

- ampliare ed estendere la rappresen-tanza delle associazioni nel sistemacamerale.

Il ruolo delle Camere di commercioL'attività delle Camere di commerciorisulta fortemente condizionata, non-ostante in questi anni sia andato rea-lizzandosi un processo di adegua-mento alle esigenze delle imprese,dalla mancata ridefinizione degli as-setti istituzionali. E' dal lontano 1944che le Camere di commercio attendo-no la riforma, la cui necessità s'è an-data rafforzandosi nel tempo a frontedella creazione del nuovo ordinamen-to regionale con il dpr. 616 del 1977.Per consentire alle Camere l'efficaceassolvimento del proprio ruolo, rispet-to allo Stato ed alle autonomie localima anche, e soprattutto, rispetto alleimprese, non sono più sufficienti lemodifiche di prassi e comportamentiperseguiti autonomamente in una sor-

ta di pur meritorio processo di autori-forma. Né sono certo sufficienti gliadeguamenti legislativi che nel tempohanno ridefinito fisionomia e compitidel sistema camerale, quasi sempre,nell'assenza di una visione univocadell'istituto camerale.Il riordino delle Camere di commercio,tuttora ancorate allo stereotipo di pre-fettura delle economie locali di cui allanormativa del 1934, appare ineludibi-le, al fine di metterle in grado di supe-rare i numerosi ostacoli che ne limita-no fortemente l'operatività.Nella decima legislatura, pure caratte-rizzata dall'ennesima mancata appro-vazione della riforma, sono però stateintrodotte importanti novità nel regimefinanziario delle Camere e presso laCommissione Industria della Cameraha lungamente operato un Comitatoristretto con l'obiettivo di predisporreun testo unificato dei vari progetti di ri-forma presentati in Parlamento. Nellabozza del testo di riforma predispostadal Comitato i temi affrontati per rifor-mare i nostri enti, che si collocano ametà strada tra pubblico e privato, so-no numerosi: natura e funzioni dell'isti-tuto camerale, istituzione del registrodelle imprese, ridefinizione dei rappor-ti con le Regioni, modifica dello statogiuridico e contrattuale del personalecamerale, ridefinizione delle modalitàdi controllo sugli atti, assetti finanziari.Lo scoglio difficile da superare è rima-sto quello della nomina e della rappre-sentatività degli organi di governo,problema sul quale sono naufragatidecenni di tentativi di riforma.Gli stessi progetti di legge presentatiin parlamento all'inizio di questa legis-

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318 Regionalismo e ruolo delle Camere di CommercioDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1992 e previsioni per il 1993

latura partono da una concezione del-le Camere di commercio non più solocome un'organizzazione amministrati-va periferica dello Stato, ma comeparte dell'amministrazione pubblica(enti pubblici a struttura associativa)da un lato ed espressione del mondodelle imprese dall'altro. L'azione delleCamere infatti sempre più si riferiscealle imprese ed alle loro associazioni.Oggi il sistema camerale appare un si-stema flessibile, in grado di rafforzarele relazioni con il sistema delle impre-se e delle loro associazioni, ma che, inassenza di un chiaro disegno di rifor-ma, corre il rischio di un progressivo erapido deterioramento.I sintomi di tale situazione si avvertonoanche in Emilia-Romagna. E' neces-sario che gli organi di governo delleCamere siano eletti con la diretta par-tecipazione delle imprese, per assicu-rare il conseguimento di una piena de-mocrazia economica nei rapporti traStato, Amministrazione Pubblica eImprese. Le difficoltà delle Camere sulfronte della gestione del personale,stante la generale situazione di caren-za degli organici, dei controlli ministe-riali sugli atti e della ripartizione dellerisorse finanziarie, dopo la soppres-sione dei trasferimenti pubblici, sonorilevanti ed assumono dimensioni cheinducono a grande preoccupazione.La riforma appare dunque indilaziona-bile, per ridefinire natura giuridica ecompiti dell'istituto camerale, per ri-scoprire le condizioni di base per ele-varne efficacia ed efficienza.La riforma è pure indilazionabile per ri-visitare anche su un piano normativole funzioni non più attuali, quindi da

abbandonare, liberando in tal modorisorse da destinare alle nuove prioritàd'intervento a partire dalle attività infavore delle imprese e di promozionedelle economie locali.

La qualità nei servizi alle impreseFino al recente passato il principale fi-lone di intervento pubblico regionaleriguarda i servizi reali all'impresa. Con-tinuare tale esperienza si giustifica so-lo se il pubblico è in grado ,di preser-vare una funzione incentivante edagevolativa per l'impresa, in primoluogo quella di minori dimensioni.Se tali funzioni mancano o non trova-no nessuna giustificazione logica ap-pare opportuno che il pubblico favori-sca la gestione privata di tali serviziaccanto al pieno coinvolgimento delleassociazioni imprenditoriali.Ciò che accomuna e contemporanea-mente separa Regione e Camere dicommercio è proprio la politica deiservizi reali alle imprese.I punti di confronto riguardano soprat-tutto la mancata territorializzazione deicentri Ervet e dei relativi servizi pressoistituzioni naturalmente vocate alloscopo, quali le Camere di commercio.Tuttavia sembrano maturi i tempi perun riesame globale dell'offerta dei ser-vizi reali, da collegare con la politicadelle infrastrutture, valorizzando il rap-porto di collaborazione tra pubblico eprivato. Fin da oggi è sempre menoproponibile una massiccia presenzadel pubblico nell'attività economica,alla pari delle politiche di incentivazio-ne diretta alle imprese, che sono gia,inibite dai regolamenti comunitari.Più che un impegno degli enti pubbli-

ci nel fornire direttamente risposte alladomanda di servizi espressa dal siste-ma delle imprese, appare più oppor-tuno un graduale mutamento di cultu-ra e strategia in grado di condurre glienti stessi all'adozione di politiche in-centivanti il privato a predisporre essostesso punti di offerta.In tale prospettiva la revisione ed il ri-pensamento dell'azione dell'Ervet,che rimane la principale esperienzadelle politiche industriali adottate in re-gione, seguita dal necessario riposi-zionamento su alcune funzioni priori-tarie, suggeriscono la necessità di an-dare verso una razionalizzazione delleattuali attività ed un progressivo disim-pegno da funzioni di secondaria im-portanza. Per gestire il processo dicambiamento dei nuovi assetti che neusciranno, la riforma societaria più ap-propriata appare quella della holding,al fine di assicurare un'efficiente ge-stione del sistema, avvalendosi di unastruttura decisionale efficiente e di unaridimensionata struttura tecnica, macon professionalità e managerialitàrinnovate e rafforzate. Per conseguiretali obiettivi le condizioni minime dasoddisfare possono essere riassuntenel seguente modo:- operare secondo i criteri propri della

società per azioni;- garantire il conseguimento di una

maggiore efficienza decisionale egestionale e superare la logica di at-tribuzione delle risorse finanziarie al-l'Ente nella forma dei contributi inconto gestione, sostituendoli contrasferimenti a fronte di progetti lacui realizzazione è affidata dalla Re-gione all'Ervet.

Regionalismo e Camere di Commercio

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Riforme istituzionali e politiche di sviluppo regionale 319Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Il 1994 è stato un anno di grandi cam-biamenti e tensioni nel Paese.In primoluogo cambiamenti politici che, oltrealla sostituzione di gran parte dellaclasse politica e di governo, hanno giàin parte e stanno tuttora dando vita amodificazioni, talvolta anche radicali,negli assetti istituzionali e di governodel Paese ed in particolare della suaeconomia. Non sono mancate tutta-via, in questo periodo che ha tuttoraevidenti caratteri di instabilità e ditransizione, contraddizioni ed incer-tezze di comportamento nell'azione digoverno che hanno finito per provoca-re, oltre a flessioni generalizzate del-l'indice di borsa, reazioni negative perla lira e forti tensioni speculative suimercati finanziari internazionali. Lastrada per riconquistare la fiducia de-gli ambienti finanziari internazionalinella capacità italiana di risanamentodei nodi strutturali della nostra econo-mia ed in primo luogo dei conti pub-blici è tuttora lunga e tutta in salita. Il1994 è stato un anno di importanticambiamenti anche per l'economiaemiliano-romagnola: dopo un 1993caratterizzato da indicatori economici

regionali tutti orientati negativamente,nell'anno in corso i concreti segnali diripresa produttiva si sono finalmentestabilizzati. La produzione industrialeed il fatturato sono in significativo esensibile aumento, grazie in primoluogo all'effetto di trascinamento del-l'export, incentivato dai favorevoli rap-porti di cambio, ma anche, nella se-conda metà dell'anno, dalla ripresadei consumi sul mercato interno. Nonva tuttavia sottovalutato il fatto chequesta ripresa produttiva non com-porta necessariamente creazione dinuova occupazione e le tensioni sulmercato dei lavori permangono.

Nuovo regionalismo e Camere diCommercioIl 1994 è anche stato, per le Cameredi Commercio e per l'intero sistemadelle imprese, il primo anno di attua-zione della riforma, essendo la leggen. 580 " Riordinamento delle Cameredi Commercio, Industria, Artigianato eAgricoltura" stata approvata il 29 di-cembre 1993. Ciò che ora sembra in-teressante fare è l'avvio di una rifles-sione che, oltre ad accelerare l'attua-

zione della riforma, in primo luogo sol-lecitando il Ministero dell'industria ademanare decreti e regolamenti attuati-vi, la orienti positivamente e la collochia pieno diritto entro il processo di ri-forma istituzionale dei Paese.Così come la L. 142/90 ha riconosciu-to gli enti locali quali istituzioni dei cit-tadini, la L. 580/93 ha aperto un nuo-vo capitolo nei rapporti tra Impresa eStato, sancendo il ruolo delle Cameredi Commercio quali istituzioni pubbli-che delle imprese, dotate di una loro ri-conosciuta autonomia. E' stato cioèsancito un nuovo modello tra impresae pubblica amministrazione, superan-do il vecchio schema ministeriale chefaceva delle Camere di Commerciouna sorta di prefetture economichecon il compito di garantire soprattuttoil collegamento tra centro e periferia. Afronte di imprese, in particolare i siste-mi di piccola e media impresa, chechiedono con forza un diverso rappor-to con la pubblica amministrazione, lalegge 580 riconosce esplicitamente lafunzione dell'impresa ed affida alle Ca-mere di Commercio l'importante com-pito di avviare un nuovo rapporto "de-mocratico", a partire dai meccanismidi nomina degli organi, tra impresa edamministrazione dello Stato. Questocompito, in sé particolarmente difficile,potrebbe essere più facile per la Ca-mera di Commercio che non per altreistituzioni, grazie a due elementi por-tanti: lo stretto legame con il territorioed il decentramento sul territorio da unlato e l'organizzazione a rete, regiona-le nazionale ed internazionale, che ren-de il sistema camerale capace di inter-loquire con le imprese, dall'altro.

Regionalismo e Camere di Commercio

Riforme istituzionali e politiche di sviluppo regionale

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320 Riforme istituzionali e politiche di sviluppo regionaleDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Il riconoscimento alle Camere di Com-mercio della natura di ente locale nonterritoriale e la possibilità prevista dallalegge di essere oggetto di deleghe daparte sia dello Stato che delle Regioni,nonchè di instaurare accordi di pro-gramma sia con altre istituzioni checon altre Camere di Commercio anchenon territodalmente contigue, prefigu-ra un modello relazionale nuovo nonsolo tra Camere di Commercio e terri-torio, ma soprattutto tra sistema ca-merale regionale ed Ente Regione. Inparticolare il nuovo assetto istituziona-le della Camera di Commercio puòagevolare il superamento dei limiti og-gettivi dell'esperienza italiana, del de-centramento in base al tradizionale ap-proccio territoriale degli anni '70 (DPR616/77), che ha lasciato nell'ambiguitàil rapporto tra potere politico-ammini-strativo e potere economico. Infatti perquanto riguarda il rapporto tra Regioneed imprese o tra territorio e imprese,questo risulta limitato alle sole compe-tenze territoriali, mentre il rapporto conl'impresa oggi richiede sempre più disvilupparsi anche in verticale in ambitinon più solo locali o pur anche regio-nali, ma sempre più nazionali, europeie sovraeuropei.La riforma delle Camere di Commer-cio, che non può intaccare certo lafunzione di rappresentanza delle im-prese propria del libero associazioni-smo imprenditoriale, apre dunque adun nuovo rapporto tra nuovo sistemacamerale e nuovo regionalismo. Da unlato infatti il processo di edificazionedell'Europa non può non attribuire unruolo centrale alle Regioni, nell'orga-nizzazione territoriale europea e dei

suo governo, come già oggi sta avve-nendo in altri paesi europei, Germaniain primo luogo. Dall'altro il sistema arete europea delle Camere di Com-mercio, espressione di un nuovo mo-dello di autogoverno delle imprese, inparticolare della nebulosa delle piccolee medie imprese, basato su un diver-so rapporto tra impresa, pubblica am-ministrazione e territorio. Il sistema ca-merale non può pertanto che esserefavorevole al pieno dispiegarsi di unnuovo regionalismo, non solo quale ri-sposta alle odierne difficoltà politico-istituzionali dei Paese, ma soprattuttocome nuovo possibile ed auspicabilemodello di governo dell'economia delPaese. Il pieno dispiegarsi di un ruolopiù pregnante di governo dell'econo-mia e, dei territorio da parte dell'EnteRegione, non può tuttavia prescindereda indispensabili trasformazioni dellaRegione in autentico ente di governo,che cioè fissa le regole, determina po-litiche e strategie operative, stabilendopriorità, quindi le realizza chiamando acollaborare alla loro attuazione quellapluralità di soggetti sia pubblici che pri-vati, che rappresentano un'autenticaricchezza dei nostro tessuto sociale eproduttivo, da salvaguardare. L'attri-buzione di maggiori competenze alleRegioni in materia di politica industria-le e di promozione dello sviluppo eco-nomico dei territorio non può e nondeve tradursi unicamente in mero am-pliamento dell'operatività dell'ammini-strazione regionale o delle sue emana-zioni dirette, pena un ulteriore aggraviodell'intervento pubblico e delle ineffi-cienze gestionali che inevitabilmentequesto comporta. Può però e deve

portare alla piena responsabilizzazioneed al coinvolgimento operativo in pri-mo luogo dei sistema camerale, valo-rizzando la propria funzione di suppor-to e promozione degli interessi gene-rali delle imprese che si concretizzapienamente nella promozione e svilup-po dei mercato, nonché' delle asso-ciazioni imprenditoriali, nella loro fun-zione di rappresentanza delle impreseassociate che oggi deve sempre piùtradursi in assunzione diretta di re-sponsabilità nella gestione di program-mi e progetti, su incarico dell'ammini-strazione regionale, provinciale e loca-le. Questo nuovo modello di interventoregionale consentirebbe alla Regionestessa da un lato di concentrare il pro-prio impegno sulla funzione strategicadi programmazione e dall'altro di ac-crescere la propria efficienza operati-va, avvalendosi delle professionalità edella capacità gestionale di una plura-lità di soggetti presenti sul territorio re-gionale, con stretti legami al territorioed alla sua economia, ma in grado an-che di interagire con le reti europee siaistituzionali che economiche. Ovvia-mente questi soggetti dovranno ope-rare in regime convenzionale o di dele-ga con la Regione, garantendo lamassima trasparenza operativa, sotto-posti a vigilanza e rispondendo perio-dicamente ed ovviamente a consunti-vo della loro capacità operativo-ge-stionale, nonché dell'effettivo conse-guimento degli obiettivi prefissati.

Imprenditorialità diffusa, associa-zionismo e Camere di CommercioIn tutta Europa è grande l'interesseper il ruolo che le Camere di Commer-

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Riforme istituzionali e politiche di sviluppo regionale 321Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

cio possono svolgere per sostenere losviluppo delle economie locali ed infavore dell'evoluzione delle imprese, inparticolare di quelle piccole e medie,aiutandole a meglio affrontare i pro-cessi di internazionalizzazione deimercati. Le stesse Camere di Com-mercio di diritto privato (come nei Re-gno Unito, in Belgio e Portogallo) so-no sempre più orientate a svolgere unruolo nel sistema economico localeche trascenda i soli servizi resi alle im-prese socie, candidandosi a gestireservizi di interesse generale per ilmondo delle imprese, quali formazio-ne professionale o imprenditoriale oRegistro delle imprese.In tutt'Europa insomma le Camere diCommercio sono riconosciute comeistituzioni che si collocano tra le impre-se e lo Stato, in grado di interpretare leesigenze delle imprese e di ricondurlead un quadro coerente di interessi del-l'intera economia. Ovunque in Europasi sta ponendo, generalmente in posi-tivo, il problema dei rapporti tra Came-re di Commercio e Regioni, sia puretenendo conto delle differenze che ca-ratterizzano la realtà regionale nei pae-si dell'Unione Europea: in Germania vi-ge il sistema federale e c'è grande col-laborazione con le Camere di Com-mercio; il Belgio con la recente riformaistituzionale ha adottato un sistemaanalogo a quello tedesco sul pianoamministrativo e le Camere di Com-mercio sono state privatizzate; la Fran-cia continua a mantenere un sistemacentralizzato nonostante gli sforzi didecentramento effettuati e forse non èun caso che si registrino tensioni e dif-ficoltà nei rapporti tra Camere di Com-

mercio e Regioni; la Spagna ha invecepuntato a concedere maggiori autono-mie regionali.in tutti questi paesi le Camere di Com-mercio sono espressione delle impre-se ed adempiono ad una funzione dirappresentanza istituzionale (dunqueanche politica) del carattere diffusodel sistema di piccola e media impre-sa e della sua grande vitalità. La cre-scita economica nei paesi europei èinfatti generalmente determinata nonda pochi grandi soggetti, bensì dauna grande pluralità di protagonistiimprenditoriali, tutti imbevuti di spiritod'iniziativa. Particolarmente accentua-ti sono tali caratteri nella struttura eco-nomico-produttiva italiana.Questo composito mondo dell’im-prenditorialità diffusa e della culturadello spirito di iniziativa individuale,troppo spesso subordinato in passatoalla funzione trainante e di leadershipdella grande impresa, nonostante l'e-norme sviluppo fatto registrare dal se-condo dopoguerra, trova finalmentenelle Camere di Commercio riformateuna rappresentanza istituzionale. D'al-tronde è la stessa imprenditoria diffu-sa che, contrapponendosi a ormaistagionati assetti oligarchici del potereeconomico nel Paese, chiede di esse-re rappresentata nello Stato, comenelle istituzioni pubbliche che operanosul territorio. E' ad esempio la culturadell'azionariato diffuso che si contrap-pone a quella dell'assetto sul "noccio-lo duro", espressione degli interessieconomici forti ed accentrati, nel di-battito sulle privatizzazioni. Le Came-re di Commercio riformate, ben lungidal costituire un rischio per il libero as-

sociazionismo imprenditoriale, unasorta di pericoloso concorrente adadesione per di più obbligatoria in an-ni non certo facili per l'associazioni-smo, possono invece essere il luogodi confronto, di incontro e di ricom-posizione degli interessi dell'imprendi-toria diffusa, rappresentata da or-ganizzazioni associative meno seg-mentate e dunque ancor più autore-voli. In una prospettiva di nuovo regio-nalismo, o se si preferisce di federali-smo, nel quale i poteri forti e le lobbiesassociative sono destinate a vederinevitabilmente ridotta la loro capacitàdi pressione sulle istituzioni dello Sta-to, mentre allo stesso tempo risultaquanto mai incerta la loro effettiva ca-pacità di moltiplicazione della funzionedi lobbing presso la pluralità dei centridecisionali regionali, le Camere diCommercio possono rappresentareed esprimere da un lato gli interessidell'economia diffusa e dall'altro i nodidi una rete policentrica che possonoaggregare i localismi economici deiterritorio.

Servizi alle imprese, mercato eCamere di CommercioIn ogni nodo della rete le Camere so-no chiamate a svolgere funzioni di in-teresse generale per il sistema delleimprese, il che significa che debbonoproporsi di offrire servizi alle imprese,in particolare quei servizi che non so-no offerti da altre istituzioni sia pubbli-che che private, singole od associati-ve. Questi servizi devono mirare allacreazione di un mercato efficiente.Obiettivo ultimo dei servizi delle Ca-mere di Commercio deve pertanto es-

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sere il miglioramento dell'organizza-zione ed il consolidamento dei singolimercati locali, per integrarli in un unicomercato globale. Tale compito, con-cretizzandosi in una funzione tipica-mente pubblica, non può che essereproprio di un soggetto pubblico: sitratta infatti di contribuire alla creazio-ne di mercati efficienti e dunque rego-lamentati, non certo lasciati in mano apoteri economici forti che possanodistorcerne sia le modalità di funzio-namento che la natura stessa. Ed og-gi i mercati hanno quanto mai bisognodi regole certe e chiare. Un mercatoefficiente possiede requisiti precisi.A) In primo luogo i beni ed i servizi de-

vono poter essere scambiati nellacertezza delle regole per tutti i sog-getti presenti sul mercato, garan-tendo l'operare di strumentazioni dimisura delle caratteristiche siaquantitative che qualitative di beni eservizi. Le rilevazioni di scambi eprezzi, non sono fini a se stessema, assieme alla possibile predi-sposizione di contratti tipo, posso-no costituire punti di riferimento pergli operatori. Oggi è poi quanto maiopportuno estendere tali rilevazionianche al mercato dei servizi.

B) L'efficienza dei mercati può esserepoi conseguita se vi è trasparenzaed abbondanza di informazioni sudomanda e offerta di beni e servizi.Queste informazioni, che in parte leCamere di Commercio hanno giàed in parte possono potenziare,debbono divenire effettivamente unpatrimonio dì conoscenze che leimprese possono utilizzare.

C) La libertà d'accesso ai mercati, è

garantita dall'assenza di barriereall'entrata per nuovi operatori, non-chè dalla possibilità di effettiva per-manenza sui mercati, che in talunesituazioni può risultare problemati-ca per le piccole imprese. Lo svi-luppo dell'integrazione produttiva edell'associazionismo imprenditoria-le può rappresentare una possibilerisposta al problema.

D) Parimenti, la certificazione delle im-prese che operano sui diversi mer-cati (certificazione anagrafica), maanche delle caratteristiche di quali-tà dei loro prodotti e dei loro servizi(certificazione di qualità) assumonorilevanza via via crescente specie inuna dimensione di mercati semprepiù globali. Questi servizi debbonoessere assicurati e resi effettiva-mente usufruibili alle nostre impre-se.

E) Un mercato efficiente richiede infineche i conflitti che al proprio internopossono scoppiare siano regolati erisolti da idonei meccanismi, qualicommissioni arbitrali e di concilia-zione tra le parti.

Il ruolo della moderna Camera diCommercio si concretizza in questedirezioni, nell'esplicitazione, ancorchènon esclusiva, di funzioni non certodelegabili a soggetti privati; è in que-sta logica che possono essere supe-rati i problemi di sovrapposizione o diconcorrenza tra servizi camerali, di al-tre istituzioni pubbliche o private, inparticolare associazioni di categoria osingole imprese. I servizi delle Came-re, che sono e debbono essere indi-rizzati al sistema delle imprese e fina-lizzati all'efficienza dei mercato, deb-

bono essere complementari a quellierogati da altri soggetti economici.Si tratta di una sfida notevole per leCamere di Commercio, che richiedeloro di consolidare e qualificare attivitàin essere, di attivarne di nuove nellalogica indicata, ma anche di uscire daaree di servizi diretti alle singole impre-se nelle quali operano già con logichedi mercato altri soggetti privati ma an-che pubblici. Vi sono invece alcunecategorie di servizi nelle quali le Ca-mere di Commercio possono e deb-bono continuare ad operare, qualifi-cando le attività, verificando le dimen-sioni ottimali di certi interventi rivolti alsistema delle imprese, che talvoltapossono usufruire di economie di sca-la più che a livello provinciale a livelloregionale o addirittura interregionale,comunque garantendo la messa a si-stema degli stessi ed il loro funziona-mento in rete sovraprovinciale. Sem-mai è necessario un coordinamentocon le attività di altri soggetti istituzio-nali, per integrarli tra loro in un co-erente sistema d'offerta.I servizi di informazione economicaper le imprese, a partire dall'elabora-zione delle informazioni anagrafiche,relative sia al sistema economico na-zionale che europeo e più in generaleestero, restano essenziali per consen-tire al business organizzato confronti ericerca di opportunità di mercato.Nella formazione si deve probabil-mente puntare ad una maggiore con-centrazione degli interventi e ad unaloro ulteriore qualificazione, favorendola diffusione nel sistema economicodella cultura dei cambiamento, lo svi-luppo della formazione manageriale

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Riforme istituzionali e politiche di sviluppo regionale 323Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

ed imprenditoriale, in particolare quel-la rivolta al neoimprenditore. Una ri-flessione a vasto raggio con i sogget-ti e gli enti che in regione si occupanodi formazione è invece indispensabileper evitare inutili dispersioni di ener-gie, duplicazioni di interventi e com-plessivamente possibili sprechi di ri-sorse.Particolare attenzione ed impegno leCamere di Commercio riservano aiservizi che riguardano l'organizzazio-ne dei mercati, la promozione e lo svi-luppo degli scambi, la creazione el'ampliamento delle reti tra imprese,nonché la promozione dell'associa-zionismo tra le microimprese. Le "bor-se" di beni e servizi, in tale contesto,costituiscono una risposta tesa a fa-vorire l'incontro tra domanda ed offer-ta, in condizioni, per quanto possibile,di massima trasparenza.L'attivazione dei progetto di borsamobiliare locale in Emilia-Romagna,nel quale è fortemente impegnato il si-stema camerale regionale, potrà rap-presentare una risposta al fabbisognofinanziario della piccola e media im-presa, generalmente sottopatrimonia-lizzata, per sostenere i processi di svi-luppo. Tale risposta potrà essere real-mente efficace se vedrà il sostegno edil coinvolgimento delle istituzioni eco-nomiche regionali pubbliche e private.Per sciogliere il Nodo finanziario, par-ticolarmente gravoso per le piccole emedie imprese della regione, rispettoalle esigenze di sviluppo e qualificazio-ne che queste da tempo manifestano,occorre tuttavia attivare una strumen-tazione più vasta, che verrebbe sicu-ramente consolidata se potessero

sorgere uno o più poli bancari regio-nali, o anche sovraregionali, ma conforte radicamento nei tessuti produtti-vi a forte composizione di piccola epiccolissima impresa. L'ulteriore raf-forzamento dei sistema dei consorzidi garanzia fidi, a breve e medio termi-ne, attivandoli anche nei settori chetuttora ne sono privi, può contribuire ariequilibrare il rapporto tra istituti dicredito e piccole e medie imprese. Vaapprofondita inoltre la possibilità di at-tivare una struttura regionale d'investi-mento, che potrebbe essere parzial-mente dotata anche di capitali pubbli-ci, la quale con logiche proprie degli .investitori istituzionali, come nel casodei MBG Mittelstandische Beteili-gungs-geselIschaft Hessen GmbHche opera nel Land tedesco dell'As-sia, col quale la Regione Emilia-Ro-magna ha uno stretto rapporto istitu-zionale e di cooperazione operativa,potrebbe investire in iniziative selezio-nate, di qualità e buon livello tecnolo-gico, contribuendo in tal modo allosviluppo di imprenditoria da un lato edall'altro alla qualificazione del tessutoproduttivo locale. Un'ulteriore area dilavoro che può vedere attive le Came-re di Commercio è quello della valuta-zione dei servizi pubblici, a partire daquelli propri. Più in generale tuttavial'esplicazione di "funzioni di interessegenerale per il sistema delle imprese"da parte delle Camere di Commerciorichiede che vengano monitorati servi-zi pubblici e politiche per lo sviluppo,nella consapevolezza che l'inefficienzadei servizi pubblici rappresenta un fre-no alla competitività dei sistema delleimprese e che l'inefficacia di politiche

di sviluppo può rappresentare unosvantaggio competitivo rispetto ad al-tri sistemi, regionali o locali più effi-cienti nelle strumentazioni politiched'intervento. L'avvio di un primo mo-nitoraggio sui servizi di pubblica utilità,premessa all'istituzione di un osserva-torio permanente, in considerazionedella loro notevole rilevanza economi-ca e del forte peso da loro esercitatosugli assetti di efficienza dell'intero si-stema produttivo emiliano-romagnolo,può essere particolarmente utile allavigilia di grandi cambiamenti negli as-setti degli stessi, che certamentecomporteranno una modificazione nelrapporto con l'utenza sia delle famiglieche delle imprese.Sui servizi per l'internazionalizzazionedelle imprese e dei mercati infine è in-dispensabile che quanto prima si por-ti a compimento un'attenta riflessioneper un riassetto ed una messa a si-stema dell'offerta presente in regionee che registra una qualificata ed attivapresenza, tra gli altri, dei sistema ca-merale. Tale riflessione deve infatticontribuire all'eliminazione delle so-vrapposizioni d'offerta, al riempimentodei vuoti d'offerta, al superamentodelle offerte più formali che sostanzia-li. La ristrutturazione dei sistema del-l'offerta dei servizi all'internazionaliz-zazione. Potrà essere fatta seguendotre principi: della sussidiarietà tra lefunzioni attualmente svolte dalla plura-lità dei soggetti, del coordinamentotra le iniziative ed ì servizi, della spe-cializzazione per professionalità edesperienze acquisite dai vari soggetti.

Regionalismo e Camere di Commercio

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Le prestazioni governative vanno va-lutate non tanto in termini di efficien-za, vale a dire del rapporto più o me-no soddisfacente fra investimenti e ri-sultati, quanto di efficacia, cioé dellamisura in cui si riesce a creare unsoddisfacente rapporto fra risultati ot-tenuti. Nella fase attuale l’obiettivoprioritario nel breve e medio termineconsiste nello “smantellamento” dellapresenza pubblica nell’economia enella costituzione di spazi adeguatiper la concorrenza. Il processo di pri-vatizzazione delle public utilities pre-suppone una serie di passaggi e veri-fiche che é necessario avviare fin daora. Tale processo, é complesso mava affrontato anche perché la presen-za pubblica nella proprietà di impre-se, banche e attività immobiliari hauna dimensione assolutamente supe-riore, in Italia, rispetto ai paesi più in-dustrializzati. In questo contesto unaparticolare attenzione va dedicata alsistema industriale che costituisce ilfulcro dello sviluppo delle conomiemoderne, come dimostrano gli esem-pi tedesco e giapponese.Nel rafforzamento delle capacità tec-

nologiche e innovative del sistemaproduttivo ha un influsso sempre piùrilevante l’organizzazione del sistemaPaese: scuole, centri di formazione,laboratori, spese per la ricerca e svi-luppo sono elementi che condiziona-no sempre più l’effettiva capacità delPaese di utilizzare la tecnologia qualefattore strategico di sviluppo e non disubirla più o meno passivamente.Esistono, quindi, delle correlazionirealmente efficaci fra sistema, struttu-ra organizzativa della società e la suacapacità innovativa: la realizzazionedei prodotti innovativi è sempre piùun fatto di azione sinergica e non diinnovazione singola.Mentre in Germania lo Stato promuo-veva una serie di politiche pubblichein favore dell’innovaziobne e della suacontinuità di sviluppo, in Italia i sussi-di pubblici, oltre ad essere in rappor-to al PIL decisamente superiori aquelli degli altri paesi, erano prevalen-temente destinati a favorire la specia-lizzazione di processo rendendo il no-stro sistema industriale, e questo èparticolarmente ecidente nelle impre-se emiliano-romagnole, scarsamente

capace di innovare il prodotto. Eppu-re la capacità di innovare ha assuntoun ruolo ancora più rilevante nel cor-so degli anni ‘80 quando diventavaessenziale la scelta della specializza-zione industriale e l’avere un posizio-namento alto nella catena del valore.In seguito all’emergere di questi nuo-vi fatti si accentua la necessità chevengano predisposte, a tutti i livelli digoverno, adeguate politiche indu-striali in grado di favorire il passaggiodall’intervento diretto e assistenzialead un intervento che garantisca uncorretto funzionamento del mercato eun contesto favorevole ad ampliare labase imprenditoriale e ad accrescerel’apertura internazionale.Esistono, in particolare, quattro areecritiche su cui vanno concentrati gliinterventi e le risorse degli Enti pubbli-ci regionali perché sia possibile il pas-saggio della competizione fra impresealla compentizione fra “sistemi”. Sitratta della capacità innovativa e “tec-nologica dell’apparato industriale, delsistema formativo, di quello creditizioe della rete infrastrutturale regionale.Sono aree diverse, ma fra le quali esi-stono nessi di complementarietà diassoluta rilevanza nell’ottica di unaconcorrenza internazionale nella qua-le é vincente la competitività com-plessiva di un sistema e non soloquella delle singole imprese. L’inter-vento sulla capacità innovativa del si-stema industriale emiliano-romagnolova finalizzato, dopo troppe indecisio-ni, a rendere operativo definitivamen-te uno strumento di effettivo collega-mento fra strutture universitarie estrutture scientifiche esterne, labora-

Strategie di qualificazione del sistema economico regionale

324 Strategie di qualificazione del sistema economico regionaleDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1992 e previsioni per il 1993

Le politiche di sviluppo del territorio

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Strategie di qualificazione del sistema economico regionale 325Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1992 e previsioni per il 1993

Le politiche di sviluppo del territorio

tori e imprese come era nell’ottica del“Polo tecnologico” bolognese. Ilmondo della ricerca e quello dell’in-dustria devono essere in grado disfruttare canali di diffusione dei risul-tati comuni e ogni laltro tipo di siner-gia operativa dal momento che il con-tributo della ricerca scientifica al pro-gresso industriale è sempre più deci-sivo.L’internazionalizzazione dei mercati,la velocità del cambiamento tecnolo-gico e, in generale, la crescente com-plessità dei meccanismi competitivirendono sempre più necessario l’in-gresso di una nuova classe dirigente,di un managment preparato alla gui-da di imprese e banche. In questosenso la scuola è l’unico strumentoche può garantire una preparazioneprofessionale e orientata alla padro-nanza delle strategie di gestione dilungo periodo. Per far questo occor-re, però, che le strutture educativesiano flessibili, autonome e compren-dano la tecnologia, non solo le mate-rie astratte, fra le discipline prioritarie.Alcune riforme richiedono necessa-riamente provvedimenti legislativi na-zionali, altre invece possono e devo-no partire dalla collaborazione fra au-torità pubbliche a livello regionale. Sicolloca in questa prospettiva l’istitu-zione di una rete di scuole tecnichesuperiori cioé di scuole di istruzionepost-secondaria, medio-alta, al difuori dell’Università. Non è, d’altraparte un’esperienza completamentenuova: strutture simili nei vari Laen-der tedeschi “partoriscono” i tecnicidell’industria. Nell’ambito del sistemafinanziario, sono in atto cambiamenti

veramente determinanti per la ri-strutturazione di alcuni operatori co-me le banche e per l’introduzione dinuovi strumenti come i fondi chiusi, ifondi pensione e le Borse locali. Labanca “universale” e “mista” costitui-sce un’opportunità ineludibile, dalpunto di vista tecnico-operativo, perriequilibrare la struttura finanziariadelle imprese emiliano-romagnole ein senso strategico per creare lega-mi, alleanze fra mondo industriale epartner finanziario. Per procedere inquesta direzione non basta una nor-mativa favorevole, ma occorre adot-tare una cultura ed una mentalità si-stemica. Anche nel settore bancariodiventa necessario un processo diqualificazione delle risorse umane:servono persone che sappiano nonsolo leggere i bilanci, ma che cono-scano le strategie e il modo di opera-re delle imprese.Il mercato unico bancario introdottodalla seconda direttiva bancaria Cecomporterà un aumento della con-correnza: i grossi gruppi finanziaristranieri potranno operare, secondole norme del paese d’origine, anchein Italia. È per questo che una alter-nativa praticabile, al fine di non per-dere competitività, è quella dell’ag-gragazione delle tante Casse di ri-sparmio emiliano-romagnole, già tra-formate in SpA. Ultimo, ma non menoimportante, il problema di rendereadeguata alle eigenze del sistema in-dustriale e, in generale, della circola-zione delle persone la dotazione infra-strutturale della regione anche perchéè proprio la rete delle infrastrutture,materiali ed immaterili, a giocare un

ruolo sempre più importante nellescelte di localizzazione industriale. Ilproblema maggiore è, evidentemen-te, quello di individuare nuove moda-lità di finanziamento recuperando ri-sorse tramite la politica di privatizza-zione delle public utilities che, a livellolocale, può in parte avvenire tramite laprivatizzazione delle aziende munici-palizzate, e attivare la disponibilità dirisorse private nel finanziamento dellenuove infrastrutture. Le proposte dipolitica industriale sopra tratteggiatehanno una dimensione locale, ma so-no orientate verso uno scenario di ri-ferimento europeo. L’individuazionedelle aree su cui intervenire è statafatta considerando gli effetti e le pro-blematiche sollevate dal processo diintegrazione europea che rende as-solutamente urgente e necessarioporre in essere scelte di governo nuo-ve a livello nazionale e locale.

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La legge 317/92 ha riportato alla ri-balta in Italia ed in Emilia-Romagna ildibattito sulla natura, il funziona-mento e la delimitazione territorialedei distretti industriali. Il decreto diattuazione dell’articolo 36 delle317/92 ha posto un insieme di serielimitazioni alla determinazione dellearee distrettuali che giova qui sinte-ticamente ricordare:- le aree distrettuali sono state de-

terminate a partire da bacini deter-minati dal pendolarismo per motividi lavoro. In tal modo le specializ-zazioni produttive sono statespesso ricercate in aree (come adesempio quelle a ridosso del crina-le appenninico) che all’interno delbacino sono naturali fornitrici di la-voro e non attrattrici;

- le aree distrettuali sono state indi-viduate in base a criteri di indu-strializzazione che hanno finito perescludere sia le aree a forte voca-zione agricola che le aree a fortevocazione terziaria come sonoparticolarmente i centri urbani. Intal modo alcuni distretti di rilievo(come ad esempio quello delle

macchine per il packaging a Bolo-gna) non appaiono candidabili adistretto;

- le aree distrettuali sono state de-terminate con un vincolo posto sulnumero di addetti nelle impresecon meno di 200 addetti. Tale vin-colo ha fatto si che aree comequella di Sassuolo (ovunque notacome centro del distretto della ce-ramica) venissero escluse. Al di là

dei paradossi provocati dall’appli-cazione dei parametri di legge,l’individuazione delle aree distret-tuali è proceduta cercando anchedi riformulare le aree di base, inmodo da produrre una “mappa”non solo formalmente, ma sostan-zialmente omogenea, alla cono-scenza diffusa che gli operatorieconomici hanno della realtà eco-nomica regionale.

Ora che la determinazione delle areedistrettuali è compiuta nelle suegrandi linee, permane comunque ir-risolta la domanda che si ritiene de-cisiva: quali politiche operare suqueste aree? Ma prioritariamenteoccorre quindi chiedersi: che posi-zione hanno tenuto i settori di spe-cializzazione nel sistema dei distret-ti emiliano-romagnoli all’interno delperiodo di recessione che l’industriaha appena attraversato?

326 Distretti industriali: quali politiche per lo sviluppo del territorioDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

Distretti industriali: quali politicheper lo sviluppo del territorio

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Distretti industriali: quali politiche per lo sviluppo del territorio 327Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

I distretti nella crisi: l’analisi di cinque settori chiave

Per meglio sintetizzare l’analisi sullearee distrettuali e settoriali occorrefocalizzare l’attenzione sugli anda-menti relativi dei settori nel cicloeconomico.La capacità di traino o la necessità diristrutturazione di un settore (e quin-di delle aree sulle quali incide), puòessere letta solo dalla capacità delsettore stesso di mantenere le sueperformances al di sopra (o al di sot-to) di quelle del ciclo economico ge-nerale che concorre a determinare.Saranno quindi settori trainanti la ri-presa quei settori che mantengono ipropri livelli di crescita della produzio-ne e della produttività al di sopra deilivelli medi regionali e i livelli di cresci-ta dei prezzi al di sotto di quelli mediregionali. Saranno altresì settori chenecessitano di ristrutturazione quei

settori che mantengono livelli di cre-scita di produzione e produttività al disotto dei livelli medi regionali e tassidi crescita al di sopra. Incidono natu-ralmente su queste considerazioni,svolte su indicatori di natura con-

giunturale, almeno 2 fattori di naturastrutturale che non si possono nonconsiderare:- il primo è la svalutazione della lira

del settembre 1992, che ha con-sentito, almeno in una prima fase,ai settori più presenti sui mercatiesteri, incrementi dei prezzi nomi-nali praticati all’export. Nell’analisidei settori occorre quindi tenereconto che aumenti elevati deiprezzi normali potrebbero distor-cere le conclusioni che si traggonoper i settori export-oriented;

- il secondo fattore è l’emergere, al-l’interno dei distretti industriali, diimprese leader, con conseguenteaumento della concentrazione set-toriale e con l’instaurazione di unnuovo sistema di rapporti di produ-zione all’interno del distretto stesso.

Non è quindi solo la spinta congiuntu-rale che porta ad una redifinizione del

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distertto e delle sue specificità, maanche l’emergere di differenziazionistrutturali notevoli, delle quali occorretenere conto sia nella lettura dellacongiuntura stessa che nella formula-zione di ipotesi di politica industriale.

I settori trainanti all’uscita dala recessione

Elettronica e ceramica sono stati i duesettori che per primi hanno visto unacrescita al di sopra dei tassi medi re-gionali di produzione e produttività.

Per l’elettronica i differenziali di cresci-ta rispetto alla media regionale di pro-duzione e produttività si mantengonopositivi dalla metà del 1992, vale a di-re da prima dell’avvio del ciclo reces-sivo vero e proprio, e si mantengonoelevati anche nei primi due trimestridel 1993. I tassi di crescita dei prezzi

globali si mantengono al di sotto dellemedie regionali per tutto l’arco tempo-rale considerato, sia pure con unatendenza all’erosione del differenzialeche viene interrotta solo nel 1992, sal-vo poi la svalutazione dela lira.

Per la ceramica il periodo recessivoviene vissuto dal settore prima della fa-se clinica media dell’industria nel suocomplesso. La produzione industrialepresenta differenziali negativi nel 1990e nel 1991, differenziali che ritornanopositivi a partire dal 1992. La svaluta-zione della lira consente un consisten-te innalzamento dei prezzi nominali suimercati esteri ed un netto balzo inavanti di produzione e produttività, so-stenuta, in un primo momento, da in-crementi nelle ore lavorate mensilmen-te e solo successivamente da incre-menti occupazionali. Dalla metà del1993 il differenziale di produttività ces-sa di crescere (per diventare negativo

nel 1994), mentre si avvia il processodi riassestamento dei prezzi. tale pro-cesso è volto al consolidamento dellequote di mercato estero e la dinamicadei differenziali ritorna sulla linea di cre-scita tenuta dal 1989 al 1992.

Per entrambi i settori il ruolo giocatodentro la fase recessiva apparequindi positivo, con un effetto di an-ticipazione della ripresa che nel me-dio periodo ha giocato un ruolo for-te nella riattivazione della domandainterna livello di intero sistema.

Settori in posizione intermedia:alimentare e meccanica

Il settore alimentare ha mantenutodifferenziali di produzione e produtti-vità elevati fino alla fine del 1993. Idifferenziali di prezzo si sono mante-nuti mediamente al di sopra dellamedia regionale, divenendo negatividal 1993, all’indomani della svaluta-zione, ma particolarmete per la con-comitante riduzione dei consumi in-terni. Tale riduzione ha fatto scende-re i differenziali di produzione e pro-duttività al di sotto della media re-gionale, così come ha sospinto nuo-vamente verso il basso la dinamicadei prezzi. La situazione del settorealimentare (che era stato uno deisettori trainanti nella fase di crescitaciclica della seconda metà degli an-ni ‘80) presenta quindi non zone dicrisi manifesta (i tassi di crescita so-no infatti ancora positivi) ma di po-tenziale pericolosità per i prossimianni. Hanno sicuramente giocato a

328 Distretti industriali: quali politiche per lo sviluppo del territorioDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

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Distretti industriali: quali politiche per lo sviluppo del territorio 329Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

sfavore di questo settore le spinteconcorrenziali verticali esercitatedalla distribuzione commerciale.

La meccanica è uscita dalla fase re-cessiva in concomitanza con la suafine, ma dopo un periodo caratteriz-zato da differenziali di produzione eproduttività negativi dalla metà del1989 fino alla metà del 1993. I diffe-renziali di prezzo si sono mantenuti,anche se su livelli molto bassi, al disopra delle medie regionali negli ul-timi cinque anni.

La situazione di questi due settori sipresenta quindi come intermedia.La fase di “crisi” relativa della mec-canica si è avviata prima della re-cessione ed è stata di lunga durata,mentre il settore alimentare presen-ta negli ultimi periodi una pesantez-za congiunturale desincronizzata ri-spetto al ciclo.

Un settore al traino della ripresa:il tessile

Dal 1990 ad oggi il settore ha presen-tato differenziali negativi nei tassi dicrescita della produzione industriale.Tali differenziali si sono ampliati duran-te tutto il corso del 1993 e stanno ma-nifestando una loro riduzione solo ne-gli ultimi mesi del 1994. I differenziali diprezzo si sono mantenuti positivi finoal 1992, salvo poi divenire negativi dal1993 in poi pur manifestando tenden-ze alla riduzione. Appare evidente co-me il settore sia da classificare fraquelli che hanno necessità di ristruttu-razione e/o riconversione.

L’emergere di imprese leader neidistretti

Al di là delle considerazioni di naturacongiunturale che hanno evidenziato

la presenza di almeno tre categorie disettori (e quindi di interventi da porrein essere) c’è un fenomeno che attra-versa trasversalmente molti distretti:l’emergere di imprese leader. Taleconstatazione rischia, nella progetta-zione di politiche di intervento, di ri-manere tale (e quindi infruttuosa) senon si cerca di delineare quali conse-guenze si producono a livello di di-stretto e come muta l’ambito compe-titivo. Vi sono infatti alcuni elementiche non possono essere tracurati:- l’impresa leader si innesta nel siste-

ma dei rapporti di competizione/col-laborazione che esistono nel distret-to svolgendovi la funzione di cataliz-zatore dei rapporti e mutandone lanatura stessa. In distretti che la leg-ge 317/92 definisce in base alla di-mensione prevalente d’impresa chegenera occupazione questo equiva-le alla destrutturazione del distrettostesso secondo quella definizione,alla perdita della dimensione territo-riale del distretto e delle sue tradizio-nali catene del valore tutte situate inaree contigue e limitate;

- l’impresa leader agisce sui merca-ti internazionali non solo comevenditore ma anche come acqui-rente: di competenze, di tecnolo-gie, di reti distributive. Questaazione a tutto campo rompe il le-game tradizionale con la strutturadel territorio, favorendo spessoscelte di localizzazione diversedall’area distrettuale in cui opera.

L’emergere di imprese leader “destrut-tura” non solo il distretto tradizional-mente inteso, ma anche il complesso

Page 332: Emilia-Romagna Regione d’Europa

delle politiche tradizionalmente opera-te nei distretti stessi, soprattutto quan-do le politiche riguardano settori trai-nanti, secondo la definizione che neabbiamo dato sopra, dell’industria re-gionale. Si potrebbe infatti essere ten-tati di proporre una immagine dell’in-tervento sul distretto “tradizionale”, fat-ta di una programmazione di interven-ti, di “misure” (per parafrasare il lin-guaggio comunitario) dove gli attoritradizionalmente presenti sul territorio(Camere di commercio, associazioni

imprenditoriali, sindacati, centri di ser-vizio, enti locali ecc.) rafforzano le lorostrutture, potenziano la loro azione erafforzano il loro livello di cooperazioneper meglio sfruttare sinergie ed evitareduplicazioni ed inefficienze nel sistemadei servizi che offrono. Pur rimanendoquesto ultimo intento, che richiede unascelta precisa da parte dell’autoritàpreposta alla programmazione (la Re-gione), prioritario ed urgente, esso po-trebbe rivelarsi non sufficiente a rag-giungere gli obiettivi di valorizzazione e

sviluppo del territorio che si prefigge. Ilrapporto fra imprese leader e strutturedi servizio sul territorio richiede chequeste riadeguino profondamente leloro modalità operative a quelle delleimprese leader stesse, configurandosiquindi come reti, in grado di compete-re come tali su un mercato globale, dirapportarsi a livelli istituzionali transna-zionali e di muoversi rapidamente suun insieme di relazioni non più esclusi-vamente locali.Ad una prima necessaria e non piùprocrastinabile fase di coordinamentoe cooperazione (della quale pare unbuon esempio da seguire il sistema deiComitati di distretto promosso dallaRegione Lombardia) seguirà quindiuna inevitabile fase di nuova competi-zione verso l’eccellenza anche dellestrutture di servizio pubbliche. La sfidadunque si pone su un livello successi-vo a quello della programmazione,quello del mercato nel quale si vieneselezionati per ciò che si è in grado dioffrire e non per le deleghe ricevute,anche se resta evidente che un siste-ma di deleghe monodirezionale (consempre un solo soggetto delegato suuna molteplicità di competenze) nonpuò che ostacolare l’efficacia e lo svi-luppo di questo processo, rendendo-lo, mano a mano che passa il tempo,sempre più necessario ed inevitabile.In questo contesto il sistema delle Ca-mere di commercio si candida comeinterlocutore naturale all’interno di unpiù ampio sistema di deleghe, con-scio che il suo essere sistema a rete(non solo a livello regionale e naziona-le, ma internazionale) lo pone in unaposizione di vantaggio competitivo.

330 Distretti industriali: quali politiche per lo sviluppo del territorioDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

I Comitati di distretto in Lombardia: un caso di delega

Nell’attuazione di politiche di distretto la Regione Lombarda ha varato una delibera-zione (nel giugno 1994) che istituisce per ogni area dei Comitati di distretto. Ai comi-tati di distretto partecipano Provincie, Comunità montane, Comuni, organizzazioni sin-dacali, associazioni imprenditoriali e i centri di servizio alle imprese. Il compito princi-pale dei comitati di distretto è quello di redigere e attuare un piano di distretto. Il pia-no di distretto deve prevedere almeno questi contenuti:- una analisi dei principali elementi della filiera produttiva con cui viene identificato il di-

stretto;- l’individuazione dei punti di forza e di debolezza del sistema produttivo del distretto;- la specificazione di obiettivi di breve e medio termine di consolidamento e sviluppo

della filiera, con eventuale diversificazione verso altre attività già presenti nell’area eche possano svolgere una funzione trainante;

- l’individuazione di priorità di finanziamento di progetti attuativi e l’individuazione diparametri di valutazione;

- l’individuazione dei soggetti attuatori dei singoli interventi finanziabili dalla regione;- il piano temporale di attuazione dei singoli interventi e del piano nel complesso.Il Comitato sorveglia lo stato di avanzamento del programma e produce relazioni se-mestrali da inviare alla giunta regionale. Di norma è coordinato da uno degli enti par-tecipanti (Camere di commercio, centro di servizio, associazione di categoria) ed èdotato di una sede e di una segreteria tecnica, funzioni queste non necessariamentesvolte dal coordinatore. Il Comitato, dotato di un regolamento di funzionamento pub-blicizza la sua attività e consulta soggetti pubblici e privati interessati all’attuazione delprogramma. Le spese di funzionamento sono a carico degli enti che lo compongono.

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Distretti industriali: quali politiche per lo sviluppo del territorio 331Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

Si può, nonostante questo, fin daora stabilire una agenda delle azionipiù urgenti e delle modalità operati-ve che prevarranno in sistemi di-strettuali profondamente mutati:- fornire una nuova qualità della for-

mazione tecnica e del lavoro, pun-tando ad una maggiore integrazio-ne fra sistemi della formazioneprofessionale, superiore ed univer-sitaria. Una riforma che concedamaggiore autonomia agli istitutisuperiori (e favorisca la manageria-lità della loro gestione) potrà favo-rire questo processo;

- facilitare i processi di trasferimentodelle tecnologie adottando formesnelle di aggregazione puramentecommerciale fra imprese, e so-prattutto favorendo l’industrializza-zione dell’innovazione prodotta daicentri di ricerca universitari. Taleprocesso va favorito offrendo op-portunità commerciali e/o disponi-bilità di strutture per lo start-up anuove imprese ad alto contenutotecnologico nate, ad esempio, daspin-off accademici;

- facilitare la crescita di imprese a re-te anche con partenariati a livelloalmeno comunitario, anche poten-ziando il sistema infrastrutturale disupporto all’attività dell’impresa,sia dal punto di vista dei trasportiche delle reti di telecomunicazione;

- rendere accessibile il capitale di ri-schio che consenta il finanziamentoe la crescita di iniziative innovative,in connessione col sistema localedel credito e con la costituenda re-te nazionale delle borse locali.

Si tratta di una agenda di lavori sicura-

mente non nuova, ma che attende an-cora risposte efficaci, di tipo microeco-nomico più che macroeconomico, ov-vero che richiedono un modello di ge-stione degli interventi nuovo, in gradodi imparare dagli errori che in passatohanno bloccato l’efficacia delle azionidi politica industriale.

Imparare dagli errori

Quali sono stati gli errori del model-lo di gestione delle politiche indu-striali che ne hanno depotenziato glieffetti? Si può, in una estrema sinte-si, elencarli in quattro punti:

1) la ricerca dell’unanimismo.La ricerca del consenso delle forzesociali e politiche è sempre una azio-ne meritoria, tuttavia la ricerca delconsenso da parte delle forze polit-che, sindacali e degli operatori suglistrumenti di politica economica nonpuò che partire da una proposta chia-ra degli obiettivi che lo strumento siprefigge. Tale proposta deve esseresviluppata dall’ente Regione che ha latitolarità della programmazione delterritorio: la sede politica è luogo dellameditazione degli interessi ma non èdetto che lo debba essere anche lasede operativa. Le difficoltà, ancheoperative, di molti interventi strutturali(ad esempio per l’innovazione tecno-logica) sono un chiaro esempio di co-me sedi operative che si fanno caricodella meditazione politica senza aver-ne titolo, legittimazione e capacità, fii-scano per paralizzare la loro attività.Le sedi operative devono essere po-

ste in capo, mano a mano, a sogget-ti diversi che se ne fanno carico e nerispondono: possono, ad esempio,essere poste in capo a soggetti pub-blici (come la CCIAA) o a soggetti pri-vati (Ervet, centri di servizio, consorzifidi, associazioni di categoria). Deveessere chiaro che da lì in poi chi con-divide gli obiettivi avrà compiti opera-tivi sotto il coordinamento delle istitu-zioni a cui fanno capo le iniziative.

2) la stereotipazione del bisogno.Le politiche industriali sono statespesso incentrate su una analisi di ti-po macroeconomico di scarsa valen-za contenutistica. La conoscenza deifenomeni è necessaria per approntarele politiche e definire obbiettivi, ma èspesso dannosa quando pretende dideterminare soluzioni. La insufficienzadell’analisi non risiede solo nella ap-prossimazione della ricerca economi-ca (è nella sua natura stilizzare i fatti)ma nel tentativo di dare risposte di ti-po macroeconomico a necessità chesono aziendali, cioè microeconomi-che. Si è finito così per stereotipare ilbisogno dell’azienda in una immaginefissa, costringendo le aziende stessea “reinventare” i propri progetti per go-dere di benefici di legge. Questa ope-ra di riprogettazione è risultata, a vol-te, talmente fastidiosa che è stata ab-bandonata quando le leggi di incenti-vazione hanno cessato di dare contri-buti consistenti. Una politica che fissiun obiettivo generale deve avvalersidell’esperienza degli imprenditori edelle imprese eccellenti, deve instau-rare con esse un rapporto che ne po-tenzi l’azione e l’efficacia. Occorre

Page 334: Emilia-Romagna Regione d’Europa

quindi passare dalla stereotipazionedei bisogni alla incentivazione dellestrategie d’azienda.

3) la mancata differenziazione terri-toriale.

Le politiche territoriali legate agli obiet-tivi 2 e 5b concentrano le loro azionisu zone determinate e con obiettiviprecisi. È da presupposti simili cheoccorre ripartire per l’azione di svilup-po, rivolgendosi anche alle zone “me-diocri” del territorio regionale. In gene-rale si può affermare che non solo si èstereotipato il bisogno delle aziende,ma anche l’immagine del territorio. Èvero: l’Emilia-Romagna non è, comestruttura produttiva e sociale, parago-nabile alle regioni, ad esempio, delsud-europa, ma è altrettanto vero chela sua struttura produttiva non è indif-ferenziata sul territorio. L’evidenzadell’affermazione ha inciso poco onulla nella definizione di leggi e stru-menti (alcuni dei quali peraltro ottimi);gran parte delle passate legislature havisto la promulgazione di strumenti in-differenziati per tutte le imprese delterritorio regionale;

4) un sistema rigido ed univoco dideleghe

I soggetti del territorio, come le im-prese, possono essere indotti a pro-gettare iniziative spesso senza unreale interesse, ma per “approfondiredei finanziamenti”. Come per le im-prese si devono valorizzare strategieeccellenti, così si deve valorizzare,nel delineare obbiettivi e strumenti, lacapacità autonoma di progettazionee realizzazione dei soggetti.

Quale “modello” per le politiche

Imparando dagli errori del passatopossiamo ipotizzare il funzionamen-to di un “modello” delle politiche peril sistema dei distretti, ma più in ge-nerale per il sistema delle politicheeconomiche ed industriali.- È necessario disporre di una “anten-

na” sul territorio col compito di pro-durre tutta l’attività di osservatorio,coordinando, lavorando, ammini-strando la ricerca di un complessosistema di competenze presentiovunque (associazioni, enti pubblicie privati) e provocando anche il con-tributo di studiosi ed universitàquando questo si renda necessario.Questo ruolo, a livello regionale, puòessere ricoperto da Unioncamere, alivello territoriale dalle Camere dicommercio in collaborazione con leorganizzazioni imprenditoriali.

- Tutta l’attività di analisi ha unoscopo: sottoporre all’organo politi-co di programmazione (la Regione)un ventaglio di problemi e di obiet-tivi da raggiungere;

- L’organo politico può quindi ordi-nare prioritariamente tale obiettivi,che possono essere di sistema, mache dovranno essere principalmen-te tesi ad individuare aree precisedi territorio sulle quali agire, fissan-do le priorità strategiche attraversol’individuazione dei budget di spe-sa e delle leggi quadro che vorràpromulgare;

- Fissati gli obiettivi l’organo politicochiama alla cooperazione i sogget-ti del territorio, invitandoli a pro-durre progetti;

- Individuato per ogni obiettivo earea il soggetto di riferimento, aquesto vanno le quote di budget el’onere amministrativo dei fondi;

- Il soggetto di riferimento attiva lecollaborazioni che ritiene necessa-rie sul suo territorio;

- L’organo politico verifica periodica-mente se i risultati sono stati rag-giunti. In base a tale verifica:1) ridefinisce gli obiettivi;...............2) scegli altri soggetti di riferimento;3) ridefinisce i budget.

Il sistema amministrativo della regionedovrebbe concentrarsi su questa fasedi verifica e valutazione, che non nellaburocratica (e troppo spesso lenta)gestione di leggi di incentivo.

Un nuovo regionalismo è necessario,ma le regioni devono allargare le pro-prie competenze senza caricarsi dinuovi compiti burocratici. Il principiodi sussidiarietà del trattato istitutivodell’Unione Europea è un principio diprossimità al territorio, non un princi-pio solidaristico, ed agisce con un si-stema di deleghe a cascata all’inter-no delle quali la fase di verifica èstringente, e la responsabilità reale fi-no al punto di far perdere fondi e fi-nanziamenti a chi non è in grado dispendere pur avendone bisogno. Bi-sogna imparare da questo modello,che libera dalle pastoie della gestionecaricando della responsabilità delcontrollo, nella convinzione che ilconsenso nasce dai risultati delle po-litiche, non dagli artifici con i quali lesi amministra.

332 Distretti industriali: quali politiche per lo sviluppo del territorioDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

Page 335: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Quali politiche per promuovere la nascita di nuove imprese 333Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

Il quadro della struttura produttiva edella sua territorializzazione sta velo-cemente cambiando, come è statogià sottolineato anche nel capitolo suidistretti industriali. All'interno di unoscenario di profondo cambiamentooccorre pertanto adeguare le politichedi intervento a schemi che valorizzinole strategie delle imprese eccellenti. Sida di seguito, per l'importanza e l'ori-ginalità dei contributo di analisi, unbreve resoconto di una ben piu' am-pia indagine sulla natalità d'impresa(spin-off), uno strumento di crescitaesterna dell'impresa, che Unioncame-re Emilia-Romagna ha svolto per con-to di European Businnes innovationcenter Network (E.B.N., associazioneeuropea dei centri di innovazione tec-nologica) e con la collaborazione deiB.I.C. Emilia-Romagna, d'intesa conl'Assessorato Industria della Regione.

Che cosa è lo spin-off ?I fenomeni di nascita di nuove impreseattraverso la fuoriuscita di ex dipenden-ti, sono stati sempre molto diffusi inEmilia-Romagna. Tuttavia con il terminespin-off si intende individuare, più che il

fenomeno in quanto tale, l'azione stra-tegica dell'impresa madre volta a facili-tare la nascita di nuove imprese fonda-te da ex dipendenti. Lo spin-off, in que-sta accezione, è divenuto un program-ma di European Businnes innovationcenter Network (E. B. N., associazioneeuropea dei centri di innovazione tec-nologica) per promuovere lo sviluppoimprenditoriale nelle regioni europee.L' E.B.N. stessa definisce lo spin- offcome " una azione dinamica condottada una impresa, attraverso strumentifinanziari e altre facilitazioni, a suppor-to di tutti i progetti per la creazione e laristrutturazione di una impresa iniziatada uno o più dei suoi dipendenti". Lospin-off è quindi una azione strategica,in qualche modo differenziata dalleazioni di semplice decentramento pro-duttivo. Come si vedrà in seguito i le-gami fra impresa madre ed impresa fi-glia permangono nel tempo, ma han-no lo scopo di far crescere l'autonomiaoperativa dell'impresa figlia, al fine diconsentire a questa di crearsi un pro-prio mercato ed una propria autono-mia. E.B.N. classifica lo spin-off come: a) reattivo:

- di conversione; attivià di spin-off rivol-ta all'attuazione di piani sociali, o adanticipare possibili situazioni di esube-ro di manodopera, incoraggiando fi-nanziariamente dipendenti a lasciarele imprese per fondame di proprie.

- di salvaguardia; una attività di spin-offrivolta a preservare know how preesi-stente, che possa, al di fuori dell'im-presa madre, continuare ad esserecompetitivo e che consenta all'impre-sa madre stessa la ristrutturazione

b) proattivo:- strategico; una attività di spin-off ri-

volta ad incoraggiare la crescitaesterna di attività o prodotti in diret-ta relazione con l'impresa.

- offensivo; una attività dì spin-off conlo scopo di incoraggiare la creazionedi imprese innovative organizzate inrete, attraverso lo sviluppo di nuoviprodotti o nuovi mercati.

Quali politiche per promuovere la nascita di nuove imprese

Copertura del campionein termini di addetti

CERAMICA,VETRO,CEM. 6.04MECCANICA Di PREC. 18.73PELLI E CUOIO 4.76CARTA STAMPA EDIT. 6.13MECCANICA 8.87LEGNO E MOBILI 6.44ELETTRONICA 7.87TESS. E ABBIGL. 4.67CHIMICA 6.50ALIMENTARE 3.49GOMMA E PLASTICA 7.98METALLURGIA 1.47MANIF. DIVERSE 7.75TOTALE 8.23

Page 336: Emilia-Romagna Regione d’Europa

L'indagine effettuata da Unioncamereha avuto essenzialmente uno scopo:valutare il fenomeno in Emilia-Roma-gna, e saggiarne le potenzialità comestrumento di politica economica. So-no state contattate 1300 imprese cir-ca: tutte le imprese del settore mani-fatturiero con più di 40 addetti e tuttele imprese del settore servizi alle im-prese (ex codice istat 83) con più di25 dipendenti aventi sede in regione. Sono state inoltre contattate anche1000 imprese artigiane con 17 o piùdipendenti. Hanno complessivamenterisposto 455 imprese, delle quali 224(circa il 50%) hanno avuto esperienzedi spin-off negli ultimi 10 anni.Al fine di facilitare la lettura degli atteg-giamenti delle imprese sono state utiliz-zate due risposte "critiche" nella com-pilazione dei questionario. Gli atteggia-menti sono stati definiti in base alle:- esperienze passate (vale a dire se

nel passato le imprese avevano avu-

to casi di spin-off o meno)- propensioni per il futuro (vale a dire

se le imprese avevano intenzione di

praticare lo spin-off in futuro).Seguendo questa suddivisione è pos-sibile individuare quattro gruppi di im-prenditori:- i poco favorevoli; non hanno effet-

tuato spin-off in passato nè intendo-no effettuarne nel futuro.

Sono il 34,3% del campione.- i riservati; hanno praticato lo spin-off

nel passato, ma non si esprimono ri-guardo al futuro.

Sono il 31,7% del campione.- i favorevoli; non hanno esperienze di

spin off, ma si dichiarano favorevoli apraticarlo in futuro.

Sono il 13,5% del campione.- i molto favorevoli; hanno già avuto

esperienze di spin off ed intendonoproseguire anche per il futuro

Sono il 20,5% del campione.Esiste quindi un'area rilevante di im-

334 Quali politiche per promuovere la nascita di nuove impreseDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Addetti coinvolti in operazioni di spin-off per settore

SETTORE % DI SPIN-OFF ADD.COINVOLTISERVIZI ALLE IMPRESE 3.87 187CERAMICA,VETRO,CEM. 3.28 94MECCANICA Di PREC. 2.67 50PELLI E CUOIO 2.51 5CARTA STAMPA EDIT. 2.39 30MECCANICA 1.93 277LEGNO E MOBILI 1.89 34ELETTRONICA 1.70 49TESS. E ABBIGL. 1.52 49CHIMICA 1.45 14ALIMENTARE 1.45 24GOMMA E PLASTICA 0.95 12METALLURGIA 0.00 oMANIF. DIVERSE 0.00 oTOTALE 2.20 825

Le politiche di sviluppo del territorio

Favorevoli

Molto favorevoli

Poco favorevoli

Riservati

32%

33%

21%

14%

Page 337: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Quali politiche per promuovere la nascita di nuove imprese 335Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

prese (favorevoli e molto favorevoli)pari al 34% delle imprese che può es-sere fin da subito attivata da politicheper la promozione dello spin-off.

Valutare le potenzialitàNelle operazioni di spin-off rilevate so-no stati coinvolti 825 dipendenti. Poi-chè le imprese al 31/12/93 contavano36.922 addetti, si tratta dei 2,2% cir-ca dello stock di occupazione.Mediamente ogni impresa madre ha vi-sto coinvolti 4 dipendenti in operazionidi spin-off; fra le imprese con atteggia-mento riservato la media scende a 2dipendenti, nelle imprese favorevoli lamedia sale a 6. I settori industriali "for-ti" dell'economia regionale sono quelliche hanno dato vita, in percentuale sultotale dei loro addetti, al maggior nu-mero di spin-off. Ceramica, meccanicadi precisione, ma anche i servizi alle im-prese sono stati i settori più "attivi".Tali dati risultano di grande rilievo se si

utilizzano per valutare le potenzialità diuna politica di spin-off. Nell’industriamanifatturiera emiliano-romagnola al31/12/92 erano impiegati (dati Cerved)492.838 addetti. Ad un tasso di spin-off dei 2,2% questo significa una po-tenzialità di circa 10.000 nuove figureimprenditoriali in dieci anni. Se ogninuova impresa raggiunge i 5 addetti inmedia nell'arco di 3 anni, questo signi-fica circa 50.000 posti nei prossimi 10anni. Anche dal punto di vista occupa-zionale quindi le potenzialità di un inter-vento pubblico che favorisca lo spin-offvanno valutate attentamente.

Motivazioni del ricorso allo spin-offPrevalentemente si è fatto ricorso allospin-off soprattutto per avere un nuo-vo partner o un nuovo forntore, men-tre minore rilievo hanno le risposte cheriguardano la cessione di attività e/o lesituazioni di crisi (eccesso di persona-le). Si tratta quindi, riandando alle defi-

nizioni di E.B.N. di spin-off prevalente-mente proattivo piuttosto che reattivo.Lo spin-off, come strumento di pro-mozione della nuova impresa, preve-de che l'impresa madre utilizzi stru-menti di incentivazione. Lo strumentopiù utilizzato è stato la garanzia di or-dini verso l'impresa figlia; lo ha utiliz-zato il 60% dei favorevoli e il 45% deiriservati, mentre si sono dichiarati dis-posti ad utilizzarlo in futuro il 58% deimolto favorevoli e il 48% dei favorevoliConsigli e consulenze costituiscono ilsecondo strumento più utilizzato(45,9% delle imprese). Tale strumentoe' stato utilizzato dal 35% dei riservatie dal 50% dei favorevoli, e sarà usatodal 46% dei favorevoli e dal 51% deimolto favorevoli. Gli strumenti quali:presentazione a clienti e/o fornitori,prestito di materiali e macchine sonostati usati meno frequentemente. Vi èultimamente da notare che solo il 15%delle imprese ha utilizzato come stru-mento di incentivazione la acquisizio-ne di partecipazioni nella impresa fi-glia. Tuttavia tale strumento si presen-ta in forte crescita, poichè sarà in fu-turo utilizzato dal 24% dei favorevoli edal 29% dei molto favorevoli.

Le variabili strutturaliPer meglio comprendere le dinami-che passate di spin-off occorre valu-tare come le variabili dimensionali estrutturali abbiano inciso sulle strate-gie delle imprese. Osserveremo per-ciò i comportamenti dei vari gruppidi imprese secondo variabili struttu-rali. Da punto di vista dimensionalele imprese di dimensione più grandesono piu presenti nel gruppo dei fa-

Partecipazione Capitale

Mat. e Macchine

Pres. a Clienti

Consigli

Ordini

0 10 20 30 40 50 60

Altro

Strumenti utilizzati per incentivare lo spin-offPercentuale di risposte positive

Page 338: Emilia-Romagna Regione d’Europa

vorevoli e dei molto favorevoli. A li-vello territoriale si evidenzia come nelgruppo di provincie "emiliane" (Pia-cenza, Parma, Reggio-Emilia, Mode-na) vi è una maggiore presenza diimprese favorevoli allo spin-off; lapercentuale decresce nell'area Bolo-gna-Ferrara e in romagna, ma va va-lutata positivamente la presenza diuna ampia disponibilità futura. Fra leimprese artigiane (con più di 17 ad-

detti) sono più diffusi atteggiamentipoco favorevoli nonostante ciò oc-corre notare che gli artigiani sono piùpossibilisti per la futura adozione distrategie di spin-off; il segmento del-le imprese artigiane quindi va guar-dato in futuro con molta attenzione.Le imprese industriali sono general-mente più propense ad adottarestrategie di spin-off; nel settore deiservizi alle imprese appare comun-

que una ampia area di disponibilità.

Il passato e il futuroNel passaggio fra passato e futurodello spin-off in emilia- romagnacambiano le strategie adottate dalleimprese, e cambiano anche le previ-sioni di utilizzo degli strumenti di in-centivazione per il futuro. In partico-lare cresce la previsione di parteci-pare con quote minoritarie nel capi-tale di rischio dell'impresa. Quandole strategie di crescita dell' impresamadre e le sue necessità si fanno piùsofisticate il costo di transazione del-le operazioni di spin-off si fa più ele-vato. Se all'impresa madre servonosolo nuovi subfornitori i passaggi percreare una nuova impresa, gli stru-menti da utilizzare, sono ben definitie codificati, se all’impresa madreserve invece un nuovo partner di re-te, che ad esempio sviluppi l'attivitàdi commercializzazione o di ricerca esviluppo in alcuni segmenti del mer-cato, allora le azioni da intraprende-re appaiono più complesse. Il com-pito di una politica che favorisca lospin-off è quindi quello di abbassarei costi di transazione, fornendo assi-stenza e consulenza alle impreseche intendono praticare lo spin-off.

L'indagine qualitativa; suggeri-menti di politica dalle impreseAll'indagine postale è seguita una in-dagine qualitativa, composta da circa60 interviste ad imprenditori che han-no valutato positivamente l'azione dispin-off. Da queste interviste sonostate raccolte delle indicazioni di poli-tica economica da attuare per favorire

336 Quali politiche per promuovere la nascita di nuove impreseDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

Domande e risposte sullo spin-offDurante l'indagine qualitativa sono state rilevate diverse domande di imprese sull'op-portunità dello spin-off. Vengono di seguito riproposte assieme ad alcune risposte. Domanda n. 1: le aziende in Emilia-Romagna sono troppe. Non è il caso di conso-lidare quelle che già esistono invece di farne di nuove?Risposta: Siamo d'accordo con chi esprime questa posizione: occorre consolidareil tessuto produttivo esistente per rispondere ad un allargamento dei mercati che hafatto crescere la dimensione media dei competitori. Proprio per questo proponiamolo spin-off: è un modo per favorire la crescita esterna e il consolidamento del tes-suto imprenditoriale consentendo a ciascuna impresa di fare ciò in cui eccelle. Insintesi lo spin-off consolida. Domanda n.2: le strategie di spin-off appaiono attraenti, ma richiedono molte risor-se, non solo economiche. Che vantaggi reali porta lo spin off? Vale quel che costa?Risposta: lo spin-off fa crescere le opportunità di business condividendone il rischiocon i dipendenti. Inoltre lo spin-off è uno strumento di sviluppo delle risorse umanee dà al personale una prospettiva di carriera (non solo interna) che ne aumenta lemotivazioni sul lavoro. Anche per questi motivi è una strategia vincente, anche al dila' degli esiti delle imprese che nasceranno. In sintesi: lo spin-off fa crescere le op-portunità.Domanda n. 3: lo spin-off costa. Ci sono finanziamenti pubblici che si possonoutilizzare ?Risposta: certo, fin da ora può utilizzare i fondi messi a disposizione dalla legge re-gionale n.9/93, che consente di ottenere fondi per imprese nate da ex dipendenti.Domanda n.4: cosa garantisce che l'operazione di spin-off sarà una operazione disuccesso? Il risultato più probabile e che gli ex dipendenti dell'impresa prima o poifiniranno per farle concorrenza.Risposta: molto dipende da come si pianifica l'attività di spin-off, da come nasce ilbusinnes plan e soprattutto dai legami successivi che intratterranno impresa madreed impresa figlia. Molto. In definitiva, dipende dalla strategia dell'impresa madre.

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Quali politiche per promuovere la nascita di nuove imprese 337Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1994 e previsioni per il 1995

Le politiche di sviluppo del territorio

lo spin-off che di seguito riportiamo:1) Occorre che le iniziative di spin-offsiano accompagnate dalla disponibili-tà dì capitale a rischio. La prima fontedi finanziamento di una attività di spin-off è la redazione di un corretto busin-nes-pian. Dal businnes-plan si posso-no ricavare infatti tutte le informazioninecessarie per richiedere finanzia-menti di seed-capital; l'investitore tro-va in esso tutti gli elementi (finanziaried economici) che gli servono a valu-tare l'iniziativa. Tuttavia la scarsa pre-senza di investitori finanziari sul mer-cato locale costituisce un ostacolo.2) Gli imprenditori delle nuove impresedebbono, se possibile, godere di pe-riodi di mobilita' interaziendale checonsentano loro di familiarizzare convari aspetti dei businnes che vanno adintraprendere. Tale sistema formativo"sul lavoro" è scarsamente realizzabilein Italia, se non per le imprese che for-mano reti. All'interno della rete azien-dale è possibile allargare la conoscen-za dei processi produttivi attraverso lamobilità interaziendale. Al di fuori dellarete aziendale, anche con subfornitoriabituali o con i quali corrono stretti le-gami strategici, motivi di discrezione esegretezza impediscono spesso taleforma di esperienza, che potrebbecomunque essere promossa da strut-ture di formazione.3) E' necessario concedere anni sa-batici ai dipendenti delle imprese,consentendo loro un rientro in aziendain caso di fallimento dell'iniziativa. Ingenerale gli imprenditori sono favore-voli a concedere anni sabbatici ai di-pendenti che vogliono tentare una lo-ro attività. Questo consente, in caso di

mancato successo, di far rientrare inazienda il personale migliore e più mo-tivato. Sull' esempio dell'esperienzafrancese, l'anno sabatico andrebbefavorito da provvedimenti di legge.4) Occorre favorire la conoscenza de-gli strumenti che facilitano lo spin-off.Dalle interviste dirette è emerso che: - pochi sanno cosa sono i B.I.C.;- pochi conoscono gli strumenti co-

munitari;- quasi nessuno conosce la legislazio-

ne regionale;- i pochi che la conoscono la ritengo-

no complessa e povera di finanzia-menti;

- le poche informazioni che arrivanosono veicolate prevalentemente dal-le associazioni di categoria.

5) I fondi della cassa integrazione po-trebbero essere utilizzati, alternati-vamente alla loro originaria destina-zione, per favorire lo spin-off di sal-vaguardia.

In generale gli imprenditori emiliano-romagnoli sono poco propensi ad uti-lizzare i fondi di cassa integrazione perfavorire lo spin-off. Lo strumento e' ri-tenuto attualmente troppo burocraticoe farraginoso. Strumenti meno farragi-nosi per il finanziamento, come i fondichiusi, sono visti con maggior favore.6) Si potrebbero attivare dei contrattidi formazione-impresa. Alcune impre-se hanno segnalato che sarebbe utileformare i neo imprenditori in azienda,con contratti di lavoro a termine e fi-nalizzati alla formazione imprenditoria-le. Si tratterebbe di una sorta di con-tratti di formazione-lavoro volti alla for-mazione-impresa. Di scarsa efficaciaè invece giudicata la formazione "tra-

dizionale" in aula. E' piuttosto ritenutoutile che una parte delle azioni di for-mazione che si svolgono sul territorioregionale riguardino lo spin-off, oppu-re che i corsi per imprenditori venganoarricchiti con sessioni dove si illustra lospin-off e le sue potenzialità.7) Utilizzare gli incubatori per sviluppa-re spin-off ad alto contenuto innovati-vo. Secondo alcune imprese i B.i.c.ed i loro incubatori possono costituireil luogo ideale per sviluppare spin-offvolti al potenziamento della rete azien-dale. Inoltre i B.i.c. possono promuo-vere concorsi per progetti imprendito-riali, per rendere visibile il potenzialeimprenditoriale "latente" nelle impresegià operative.

Un atteggiamento pragmatico,non socialeIn generale le aziende emiliano-roma-gnole hanno un atteggiamento solida-mente pragmatico nei confronti dellospin-off; lo vedono come uno stru-mento di azione strategica o comeuno strumento per allargare la propriaarea di affari. Altre considerazioni, co-me la possibilità di allargare la baseoccupazionale o di prevenire situazio-ni di disagio occupazionale (cassa in-tegrazione etc.), non entrano nel no-vero delle preoccupazioni principali.Tuttavia le aziende hanno interpretatocorrettamente l'azione di spin-off, nonconfondendola con il decentramentoproduttivo. V'è dunque spazio per lapromozione di iniziative a favore dellenuove imprese che si discosti dal tra-dizionale (modesto) incentivo di natu-ra finanziaria.

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338 Un modello di funzionamento dell’economia regionale. Note introduttiveDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Le politiche di sviluppo del territorio

Per anni le descrizioni dell’economiaregionale dell’Emilia-Romagna si so-no fondate sul presupposto dell’esi-stenza di un modello economico difunzionamento (il cosiddetto “mo-dello emiliano”). Tale modello è sta-to oggetto di studio e di analisi daparte di numerosi e autorevoli espo-nenti del mondo accademico e dellaricerca economica. Alla base di es-so stanno molte piccole e medie im-prese che lavorano in rete, ma cheper potere svolgere il loro lavoro inrete, sono sostenute da un dialogoe da una collaborazione continuanon solo tra imprese, ma degli stes-si livelli amministrativi ed istituzionalilocali. Le istituzioni locali e la politicache le esprime si sono adoperateper fornire un livello adeguato di in-frastrutture, di centri di servizio, diaree artigianali e industriali che han-no favorito non tanto la crescita del-le singole imprese, quanto la cresci-ta di un sistema di imprese. Il tessu-to economico (le imprese), politico(le amministrazioni) e sociale (le as-sociazioni di categoria ed i sindaca-ti) costituiscono quindi, in una fitta

rete di relazioni, una sorta di conti-nuo che consente, tramite la con-certazione, flessibilità della produ-zione e un sistema di servizi (socialie alle imprese) che fungono da retedi protezione e da leva per la ridistri-buzione della ricchezza. Ampia crescita del reddito, livellibassi di disoccupazione, una qualitàdella vita diffusa, una programma-zione attenta del territorio, livellibassi di criminalità e di disagio so-ciale sarebbero i risultati della con-certazione e i fattori che a loro voltaalimentano un ciclo virtuoso di nuo-va programmazione concertata e dinuovo sviluppo.

Il modello così disegnato, pur nellanecessaria semplificazione che i limi-ti di questo lavoro richiedono, è sì unmodello di sviluppo economico, madove la crescita economica è una fa-se intermedia, che serve a sua voltada strumento di sviluppo della vitasociale. La chiave di volta del suofunzionamento è in realtà politica: èla politica che consente, nella sua vi-sione più ampia della realtà, di gesti-

re i fattori della crescita e di innesta-re e controllare uno sviluppo econo-mico “giusto”, non solo per i suoi ri-sultati in termini di ricchezza, ma so-prattutto in termini di ridistribuzionedel reddito e di partecipazione allavita politica e sociale stessa. La poli-tica è il motore e il fine dello “svilup-po economico controllato”.

Tale modello di sviluppo controllatoappoggia implicitamente su duepresupposti:

- Che la politica funzioni, sia in gra-do cioè di indirizzare risorse e atti-vare consenso attorno alle lineeche la concertazione individua co-me strategiche;

- Che l’economia e i suoi fondamen-tali garantiscano in ogni caso unasignificativa crescita, senza la qua-le inevitabili ombre calano sull’effi-cacia della politica di garantire i ri-sultati promessi.

Si può condividere o meno tale prio-rità della politica nell’efficacia delmodello, sia a livello esplicativo sianell’agire reale degli attori coinvolti,ma si può facilmente constatare chenel corso degli anni ‘80 e ‘90 en-trambe le condizioni delineate sonovenute meno. Proprio nel corso de-gli anni ’80 e ’90 si sono avviate lediscussioni sulla “fine” o sulla “crisi”del modello. Tali discussioni si sonoall’inizio focalizzate sull’incapacitàdella piccola e media impresa ad af-frontare problemi crescita (sui mer-cati internazionali, sullo sviluppo

Un modello di funzionamento dell’economia regionale.Note introduttive

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Un modello di funzionamento dell’economia regionale. Note introduttive 339Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Le politiche di sviluppo del territorio

tecnologico) per spostarsi poi sulleproblematiche di crescita dei sistemid’impresa. I distretti industriali, l’e-semplificazione più evidente delleregole di funzionamento del model-lo, sono stati analizzati dal punto divista della loro ristrutturazione, dellarilocalizzazione delle attività produt-tive, dell’emergere di imprese leaderche hanno in qualche modo messoin discussione la caratteristica d’o-mogeneità dimensionale che li ave-va caratterizzati in passato.

Crisi dello sviluppo “illimitato”

Lo sviluppo sostenuto degli anni ‘60e ‘70 ha lasciato posto a crisi cicli-che sempre più frequenti, provocateda eventi esogeni e da azioni di po-litica economica sempre differenti,ma sempre avvertiti in maniera acu-ta dal sistema produttivo regionale.Le crisi energetiche della fine deglianni ‘70, la crisi valutaria del 1992,la piccola crisi associata alla guerradel Golfo, l’odierno rallentamentodell’economia indotto dalle politichedi rientro del bilancio pubblico, han-no determinato un processo di sele-zione delle imprese e delle aree pro-duttive, di diversificazione dei tassidi sviluppo per aree e settori prece-dentemente sconosciuto. Non solo ifattori di crisi ciclica hanno influitosu queste ragioni. Anche eventi diper sé non negativi, come l’affac-ciarsi sul mercato europeo dei paesiex comunisti, l’integrazione del mer-cato europeo, la concorrenza cre-scente dei paesi del sud est asiatico

hanno ulteriormente selezionato leimprese ed i loro sistemi relazionali.Sotto l’etichetta “globalizzazione” sisono concentrate non solo le op-portunità offerte dall’ampliamentodei mercati, ma soprattutto le paureverso un ambiente a competizionecrescente. Un territorio regionale che a una pri-ma superficiale osservazione appa-riva omogeneamente organizzato,sotto la pressione delle crisi ciclichee della concorrenza internazionaleha mostrato le sue latenti contraddi-zioni. L’attenzione dell’opinionepubblica si è a più riprese concen-trata su fenomeni evidenti di males-sere: l’emergenza ambientale sullacosta e i suoi riflessi sul turismo, ilcrescente numero di acquisizioni diimprese regionali da parte di im-prenditori esteri, la difficoltà a inte-grare le immigrazioni crescenti dal-l’area del mediterraneo, la crisi deisistemi di mobilità urbana sono ma-crofenomeni che, a volte male ana-lizzati ed enfatizzati, hanno portatoall’evidenza comune i limiti dellaprogrammazione della capacità di ri-sposta della politica locale.

Crisi della politica

Ma negli stessi anni il paese ha vis-suto una crisi (della quale non si ve-de ancora la conclusione) della ca-pacità della politica, non solo di af-frontare razionalmente grandi pro-blemi, ma anche di generare con-senso e il coinvolgimento delle forzesociali. Questa crisi della politica è

apparsa evidente particolarmentenegli anni 90. L’impossibilità di man-tenere elevato il debito pubblico, lacrescente difficoltà delle strutturepubbliche a raggiungere livelli di effi-cienza hanno provocato una crisiprofonda dello stato sociale, nonpiù’ in grado di tutelare gli interessi inprimo luogo delle fasce deboli dellapopolazione. L’attendibilità del siste-ma dei partiti è crollata con le notevicende giudiziarie che hanno coin-volto parte di essi. La crescentecomplessità dell’organizzazione so-ciale e produttiva, ha poi reso diffici-le rappresentare interessi sempre piùframmentati e differenti, quando noncontrastanti. La difficoltà a giungeread una sintesi degli interessi ha coin-volto progressivamente non solo ipartiti ma anche i sindacati e l’asso-ciazionismo tradizionalmente radica-to in alcune regioni del paese. La politica si è così racchiusa neltentativo di risolvere la sua stessacrisi. L’attenzione è passata dalla ri-cerca di una soluzione dei problemialla ricerca di una coalizione o diuno schieramento sufficientementestabile, senza fra l’altro riuscirvi. Laricerca di identità stabile del sistemapolitico ha lasciato i fenomeni dellosviluppo sociale ed economico a li-vello locale spesso non governati,anche nelle regioni dove la stabilitàdei governi locali non è mai stata indiscussione. L’instabilità economicae l’invadenza fiscale dello stato han-no messo in discussione quanto difiduciario vi era ancora nel rapportofra sistema produttivo e politica.Ogni richiesta pure legittima della

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politica locale (ad esempio l’autono-mia fiscale) è immediatamente ac-colta con sospetto, quando nonconcretamente rifiutata, dal mondoproduttivo.

Un insieme di problemi non gover-nati, e forse difficilmente governabilia livello solamente locale e semprepiù spesso anche a livello nazionale,restano sul tappeto irrisolti ma so-prattutto non discussi, non analizza-ti, spesso affrontati con una logicadi navigazione a vista che li trasfor-ma in un susseguirsi ininterrotto diemergenze sempre più’ eclatanti eper risolvere le quali si dispone disempre meno risorse.Tale mancanza di visione è ancorapiù’ grave in un momento nel quale,con i decreti Bassanini, un numerocrescente di competenze sta per ri-versarsi sui livelli politici ed ammini-strativi locali. L’imminenza delle scadenze eletto-rali amministrative genera grandeagitazione negli schieramenti, ma fi-nora poca o nessuna riflessione. È proprio su alcuni di questi proble-mi che la prima parte del rapportointende in qualche modo richiamarel’attenzione, con una richiesta espli-cita alla politica di rimetterli in agen-da per la discussione e l’intervento.

I temi affrontati di seguito non hannopretesa di esaustività, ma voglionoporre alcune domande all’attenzionedei programmatori e degli ammini-stratori a livello locale. Si tratta inestrema sintesi di cinque domande:

1. Il livello di innovazione tecnologi-ca generato spontaneamentedalle piccole e medie imprese èsufficiente a garantire la compe-titività del sistema? In Emilia-Ro-magna il dibattito sulla competiti-vità delle imprese verte prevalen-temente sul costo del lavoro. Èinnegabile che il costo del lavoro(e soprattutto la fiscalità da cui èoberato il mondo del lavoro) siaun forte disincentivo ad investire.La crisi finanziaria delle economiea bassi costi del lavoro è balzataagli occhi dell’opinione pubblicanel corso dei primi mesi del 1998,ha ricordato che competere èqualcosa di più che essere capa-ci di comprimere i costi e soprat-tutto qualcosa di estremamentediverso dalla competitività acqui-sta in passato a seguito delle ri-petute ed importanti svalutazionidella moneta;

2. Il sistema delle PMI è in grado diassumere lavoro ad alto contenu-to intellettuale e formativo, o con-tinuerà a generare una domandadi lavoro poco o non particolar-mente qualificato che trova rispo-sta in un rilevante flusso di immi-grazione extracomunitaria?

3. Il sistema creditizio regionale, nel-la sua frammentarietà, può soste-nere processi di crescita delle im-prese e dell’innovazione su vastascala?

4. Sistemi imprenditoriali a base so-ciale diffusa e scarsa capitalizza-

zione, come la cooperazione, so-no in grado di adeguare la lorostruttura finanziaria ad esigenzedi crescita dimensionale?

5. Il settore terziario, nel quale si tro-vano comparti di rilievo come ilturismo, è in grado di ristrutturar-si e di innovare di fronte ai cam-biamenti nelle abitudini dei con-sumatori e della concorrenza in-ternazionale?

I capitoli che seguono cercano diapprofondire e delineare al meglioqueste domande, documentandocon dati e con analisi quale sia l’at-tuale situazione del sistema econo-mico regionale.

340 Un modello di funzionamento dell’economia regionale. Note introduttiveDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Le politiche di sviluppo del territorio

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Innovazione, progresso tecnologico ed Internet. Politiche regionali per lo sviluppo 341Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1999 e previsioni per il 2000

Le politiche di sviluppo del territorio

Commercio elettronico: moda o impatto inevitabile?La separazione fra flussi fisici di beni eservizi e flussi informativi che di solitoaccompagnano beni e servizi sta effet-tivamente generando una nuova eco-nomia, basata su modelli di creazionedel valore diversi da quelli noti nel pas-sato. Anche se questi modi di crearevalore possono parere ad oggi margi-nali e poco sviluppati, spesso limitati apochi casi aziendali di studio, essi so-no destinati ad essere i modelli cheeserciteranno nei prossimi anni la mag-giore attrazione di investimenti e quotecrescenti di valore aggiunto. Ciò cheoggi chiamiamo commercio elettronicoè destinato, almeno nei paesi indu-strializzati che sono i principali partnerscommerciali dell'Emilia-Romagna, adessere la modalità con cui si svolgeogni attività produttiva e commercialead alto valore aggiunto.È pensabile quindi che i livelli di svilup-po mantenuti dal sistema produttivoregionale possano mantenersi inaltera-ti se la struttura produttiva di questa re-gione evita l'impatto delle tecnologiedelle telecomunicazioni? È pensabile

trattare la tecnologia delle telecomuni-cazioni come un ulteriore strumentoper la promozione dello sviluppo e far-ne oggetto di una politica fra le altre disviluppo? Oppure non occorre rifor-mulare ogni politica tenendo conto dicosa la tecnologia comporta? È possi-bile mantenere il livello di benessere fi-nora raggiunto?Se si ricorre alle statistiche, è noto chel’Emilia-Romagna è un’economiamolto forte: nel 1997, il Prodotto inter-no lordo della regione eguagliavaquello del Portogallo, o di Singapore;3 milioni e 900 mila emiliano-roma-gnoli erano ricchi come 39 milioni dicolombiani o 139 milioni di indiani.Sempre in termini di ricchezza prodot-ta, l’Emilia-Romagna pesava nel 1997come 70 paesi in via di sviluppo. Nonsolo in termini di quantità, ma anche intermini di qualità questa regione hasempre avuto qualcosa di caratteristi-co. Spirito di intrapresa personale,qualità del lavoro, coesione sociale, laconsapevolezza di avere qualcosa incomune e di avere un vantaggio nelprodurre in quest’area hanno semprecaratterizzato l’Emilia-Romagna. Que-

sto vantaggio lo si è chiamato, giusta-mente, “territoriale”, dove il territorionon è solo la “terra che pestiamo”, maun sistema di relazioni che rendonopossibile e sostenibile lo sviluppo. Manel mondo ci sono dei fatti nuovi checomplicano l’orizzonte delle previsionie soprattutto mettono in discussione iprimati acquisiti. Uno di questi fatti è,solo per fare un esempio, che ci sonoimprese tanto grandi (le possiamochiamare “globali”) che il loro fatturatoè più grande della ricchezza prodottada una intera regione o nazione (gran-dezze non comparabili, ma che ren-dono comunque l’idea delle propor-zioni). Basta citarne una che sia chia-ma Wal-Mart; è una catena di super-mercati che ha come motto “Ognigiorno il prezzo più basso”. Nel 1998ha fatturato circa 120.000 milioni didollari. 20.000 milioni di dollari in piùrispetto al Pil dell’Emilia-Romagna. Haraggiunto questo risultato con circa900.000 dipendenti, mentre in Emilia-Romagna lavorano circa 1.800.000persone. Ha qualcosa come 90 milio-ni di clienti in 50 stati. Anche per chilavora in imprese come questa ha unagrande importanza lo spirito di intra-presa personale, la qualità del lavoro,la consapevolezza di avere qualcosain comune e di avere un vantaggio nellavorare in una grande organizzazio-ne. Ci sono, solo per fare un altroesempio, sistemi di sviluppo del soft-ware nati in rete, che competono perqualità e numero di installazioni, con ilsoftware sviluppato da grandi impresecome Microsoft, la quale nei suoi rap-porti interni mostra più di una fondatapreoccupazione per le sue strategie

Innovazione, progresso tecnologico ed Internet. Politiche regionali per lo sviluppo

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342 Innovazione, progresso tecnologico ed Internet. Politiche regionali per lo sviluppoDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1999 e previsioni per il 2000

Le politiche di sviluppo del territorio

future. Anche questi sono nati comesistemi di relazioni informali e volonta-ri, eppure producono valore, seppurecon regole diverse da quelle dellegrandi imprese. Anche per questi si-stemi è importante lo spirito di intra-presa personale, la qualità del lavoro,la consapevolezza di avere qualcosain comune. Le organizzazioni che svi-luppano software in rete non sono im-prese, ma competono con le imprese;le imprese grandi come Wal-Mart nonsono stati nazionali e nemmeno regio-ni, ma sono spesso più potenti di unostato e di una regione. La loro presen-za mette in discussione non solo la si-curezza di chi pensa di potere vivereal riparo dalla concorrenza, ma la no-zione stessa di potere politico e di sta-to nazionale. Queste organizzazionisono, in qualche modo, un “territorio”,un luogo di relazioni che rende possi-bile lo sviluppo. Spesso si parla di“globalizzazione” come se tutto si ri-ducesse al vendere prodotti a clientisempre più lontani per chilometri ecultura. Per fare questo servono pro-grammi speciali di investimento, si de-vono condurre politiche di promozio-ne più efficaci e si deve favorire l’inno-vazione. Tutto giusto ma insufficientequando cambiano i soggetti che fan-no concorrenza: non sono solo piùlontani, sono proprio diversi da prima.“Territori di terra” e “territori del valore”cooperano e competono fra di lorocon regole completamente nuove emai sperimentate prima. Sarebbe unerrore pensare che per ripetere i suc-cessi del passato basti riproporre glistrumenti di allora con più impegno,coordinamento e “volontà politica”.

Emilia-Romagna fra debolezzastrutturale e prudenzaCome hanno messo in evidenza i pri-mi due capitoli di questo rapporto, leimprese si muovono ancora in un pa-norama nazionale incerto e comples-sivamente arretrato per quanto ri-guarda sia la Ricerca e sviluppo chela penetrazione delle tecnologie delletelecomunicazioni. In conseguenzadi questa difficile situazione naziona-le, l'adozione delle tecnologie delletelecomunicazioni avviene lentamen-te e con scarsa integrazione nei pro-cessi produttivi, di acquisto e di ven-dita dei beni aziendali. Internet perora è prevalentemente posta elettro-nica, mentre il commercio elettronicopare lontano per i più. La prudenzadelle imprese è sicuramente giustifi-cata non solo dalla sostanziale as-senza di politiche pubbliche che va-dano al di là delle dichiarazioni, maanche da una pubblicistica che inquesti anni ha presentato Internetquasi esclusivamente come un ricet-tacolo di criminali. Anche oggi chemolti giornali hanno aperto rubrichededicate alla rete, esse sono preva-lentemente orientate al consumatore.

Difficoltà e incertezze delle impreseLe imprese si trovano dunque ad af-frontare diversi tipi di incertezze:• Incertezza sui benefici reali del com-

mercio elettronico.• Incertezza sulle competenze neces-

sarie.• Incertezza sui costi di avvio e sui

prezzi da praticare.• Incertezze sulla sicurezza e la legisla-

zione.

La crescita continuaNonostante tutto questo il numerodegli utenti e soprattutto delle impre-se che usano Internet per il loro lavo-ro sta crescendo a ritmi sempre ele-vati, in Italia forse più che nel restod’Europa. E tutto questo non devesorprendere. Il successo nel mondodel commercio elettronico sta nellacapacità di allearsi fra produttori, for-nitori di servizi logistici (magazzini etrasporti), fornitori di servizi finanziari,fornitori di tecnologia. Il successo nelmondo del commercio elettronico ri-siede anche nella capacità di concen-trarsi sul valore delle singole trans-azioni e non sul volume, sulla capaci-tà di fidelizzare i clienti e non sulla ca-pacità di creare grandi strutture gerar-chicamente organizzate. Il successonel mondo del commercio elettroniconon riguarda solo le grandi imprese:nel 1997, negli Usa più della metàdelle imprese di commercio elettroni-co con meno di 10 dipendenti hannoottenuto utili dalle loro vendite su In-ternet; questa percentuale scende al25% nelle imprese con più di 50 di-pendenti. Capacità di allearsi, capaci-tà di integrazione orizzontale, capaci-tà di fidelizzare il cliente sono da sem-pre patrimonio delle piccole e medieimprese dell’Emilia-Romagna. Mancacomunque una politica che faccia del-l’innovazione nel campo delle teleco-municazioni e del commercio elettro-nico non uno dei tanti interventi (nonci mancano certo i progetti) , ma unapolitica che faccia dell’innovazione ilfilo conduttore di tutte le azioni, il pun-to di vista con cui leggere e condurreogni intervento.

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Innovazione, progresso tecnologico ed Internet. Politiche regionali per lo sviluppo 343Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1999 e previsioni per il 2000

Le politiche di sviluppo del territorio

Quali politiche si possono attuareQuali sono dunque le politiche che po-tenzialmente potrebbero favorire le im-prese a superare gli ostacoli che in-contrano nelle effettiva adozione deglistrumenti di commercio elettronico?Quali sono gli strumenti che si posso-no utilizzare perché l'intera società re-gionale e il mercato locale raggiunganoun adeguato livello di prontezza alcommercio elettronico che consenta atutti di beneficiare del suo sviluppo?

Alcuni principi generaliOccorre anzitutto che siano condivisialcuni principi generali che guidino lepolitiche: garantire la giusta dimensio-ne delle azioni. Contrariamente aquanto si poteva sostenere per le poli-tiche tradizionali, nelle politiche per losviluppo delle reti la competizione fraterritori limitrofi e fra soggetti limitrofi èdistruttiva. Non si può infatti pensare dipoter fare avere ad una impresa delterritorio un vantaggio in termini di con-nessioni, di competenze, di finanzia-menti per lo sviluppo delle tecnologiesenza che ne traggano beneficio im-prese e territori provinciali limitrofi o ad-dirittura distanti, in altri paesi. La glo-balizzazione e la diffusione dell'infor-mazione in rete tende sì a permetterela visibilità mondiale, ma solo di territo-ri e di aree che abbiano una dimensio-ne rilevante. Le politiche di promozionee di sviluppo delle reti telematiche pos-sono partire solo da questo livello. Svi-luppare le politiche sulla rete come po-litiche in rete. Che le politiche debbanoavere una adeguata dimensione terri-toriale non significa affatto che debba-no essere svolte da un soggetto solo.

Proprio perché di dimensione territoria-le rilevante, esse richiedono la parteci-pazione di tutti i soggetti potenzial-mente coinvolti e coinvolgibili nella suadefinizione e nella sua attuazione. Insintesi, le politiche di rete si possonoattuare solo in rete. L'esclusione dallarete indebolisce chi si esclude, elimi-nandone il vantaggio competitivo. Fa-vorire la cooperazione fra industria ePubblica Amministrazione. È invecedalla cooperazione fra governi locali eimprese locali o globali che possonoemergere progetti fattibili e sostenutisolo parzialmente dal finanziamentopubblico. Incoraggiare la competizionead ogni livello. Lavorare in rete non si-gnifica eliminare la competizione, maanzi farla emergere, perché si eviden-ziano fra diversi attori (ad esempio fraenti locali diversi) le rispettive capacitàe competenze differenziali, al di là deivincoli territoriali che consumatori e cit-tadini vivono (ad esempio nei confron-ti dei loro enti locali). Questa competi-zione è importante, favorisce l'emula-zione di modelli efficaci, e va favorita inmodo strutturato e sistematico.

I soggettiAll'attuazione di queste azioni debbo-no comunque essere chiamati unapluralità di soggetti che hanno da unaparte interesse a promuovere lo svi-luppo di attività correlate al commer-cio elettronico, dall'altra che sono na-turalmente accompagnatori del siste-ma della piccola e media impresa du-rante le fasi del ciclo di vita del suosviluppo. Senza l'azione congiunta diquesti soggetti congiuntamente è dif-ficile ipotizzare una accelerazione nel-

l'effettiva adozione di strumenti dicommercio elettronico. Nessuno diquesti soggetti è infatti in grado di ri-solvere da solo i problemi delle picco-le e medie imprese.Formatori. Gli enti di formazione chehanno per anni assistito le piccole emedie imprese nello sviluppo di nuoveprofessionalità debbono oggi forte-mente investire nella formazione sia difigure professionali tradizionali conforti contenuti di innovazione (adesempio, come cambia l'azione e ilcontenuto professionale di un agentedi vendita che opera con strumenti dilavoro remoto) sia per figure profes-sionali completamente nuove (adesempio che competenze ed espe-rienze deve avere un agente che devevendere o meglio ancora comperareesclusivamente in rete). Senza unaadeguata azione a tutti i livelli sulla for-mazione nei prossimi anni le PMI cheintendono passare al commercio elet-tronico e soprattutto le nuove impreseche nasceranno per operare in rete ri-schiano di non potere disporre di per-sonale qualificato.Consulenti di organizzazione aziendale.La ristrutturazione dei processi azien-dali è la naturale conseguenza e in al-cuni casi presupposto per l'introduzio-ne del commercio elettronico in azien-da. La ristrutturazione dei processiaziendali infatti consente, ad esempio,l'integrazione della logistica con la con-tabilità e degli ordini con la contabilitàdi magazzino. Tutto il mondo dellaconsulenza aziendale che si sta spo-stando verso questa attività può esse-re coinvolto in azioni di diffusione delcommercio elettronico.

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Consulenti fiscali e legali. Spesso co-stituiscono il primo contatto con la pic-cola e media impresa e sono chiamatia risolvere problemi di natura contrat-tuale e fiscale in attività di commercioelettronico internazionale. Il loro coin-volgimento è importante per rimuove-re gli ostacoli formali percepiti oggi dal-le imprese. Associazioni di imprese. Le associa-zioni di impresa svolgono diverse dellefunzioni citate fino ad ora (formazione,consulenza legale e fiscale), oltre asvolgere una funzione di stimolo e didibattito fra gli associati che assistono.Internet providers. Sono stati in questianni i primi a favorire la conoscenza diInternet fra le piccole e medie imprese,e possono oggi fornire soluzioni a bas-so costo per il primo approccio e i pri-mi tentativi di adozione di strumenti die-commerce. Fornitori di soluzioni software e hard-ware. Costituiscono un punto di riferi-mento importante per le imprese cheterminate le prime sperimentazioni die-commerce sono in cerca di soluzio-ni da sperimentare con un maggiore li-vello di integrazione con i processiaziendali e con maggiori livelli di perso-nalizzazione. Operatori delle telecomunicazioni. Sonoestremamente importanti per i servizi ele soluzioni di rete che possono offrire indiverse situazioni di impresa, integran-do l'offerta di servizi internet con quellidi fonia tradizionale. È ipotizzabile che lacrescente liberalizzazione dei servizi ditelefonia comporterà nei prossimi anni,come conseguenza della concorrenza,una ulteriore discesa dei costi di utilizzodelle tecnologie di rete.

Operatori finanziari e del credito. Glioperatori finanziari e del credito hannoun doppio ruolo e interesse:- da una parte come finanziatori degli

investimenti che le imprese in trans-izione verso il commercio elettronicorichiedono;

- dall'altra come gestori di alcuni deglistrumenti di pagamento o dei cicli fi-nanziari connessi alle modalità di pa-gamento.

La presenza quindi degli operatori fi-nanziari si presenta necessaria, ancheper dare maggiore diffusione agli stru-menti (home banking ad esempio) chehanno sviluppato in questi anni.

Partnership industria - PubblicaAmministrazione - associazioniLa collaborazione fra Pubbliche ammi-nistrazioni, associazioni di imprese eprofessioni e industria privata è fonda-mentale per generare azioni di diffusio-ne dell'informazione sul commercioelettronico e l'uso delle reti.Tali azioni si rendono necessarie perrendere più diffuso l'uso della rete erendere, anche dal punto di vista dellamassa critica di mercato, più rilevanteed interessante il territorio locale. Ilcomplesso dei soggetti elencati soprasono allo stesso tempo destinatari epromotori delle azioni di informazione econoscenza sul commercio elettronico.Sotto questo punto di vista vanno fa-vorite e integrate le iniziative volte a da-re accesso pubblico alla rete nelle bi-blioteche e nei luoghi pubblici, così co-me le iniziative volte a diffondere nellescuole l'uso di Internet. Elaborazione di piani di sviluppo. I pia-ni di sviluppo del territorio, dei sistemi

di telecomunicazione e delle iniziative afavore dell'e-commerce e della diffu-sione della telematica andrebbero ela-borati e discussi con questi soggetti. Presentazioni dello sviluppo futuro. Lapresentazione alla società regionaledegli obbiettivi, delle azioni e della pia-nificazione andrebbero presentati as-sieme ai piani di sviluppo nelle diverseoccasioni di incontro della società edell'economia regionale. Progettazione e ristrutturazione dellaformazione. La pianificazione della for-mazione, sia nella quantità che neicontenuti, andrebbe sviluppata in si-nergia con i soggetti citati.

Le azioni per le impreseCosto delle telecomunicazioni, e diffi-coltà tecniche di implementazione co-stituiscono barriere all'introduzionecommercio elettronico nelle piccole emedie imprese, barriere che abbiamogià in parte citato, così come abbiamoindividuato quali soggetti sono chia-mati ad agire assieme alla pubblicaamministrazione ed ai governi locali.Vediamo ora come questi soggettipossono agire direttamente a favoredelle imprese. Far scendere il costodelle telecomunicazioni. La riduzionedel costo delle telecomunicazioni puòinfatti facilitare notevolmente l'accessoai sistemi informativi in rete da parte dipiccole imprese o da parte di loro rag-gruppamenti e consorzi. Anche favori-re l'acquisto di connettività con paga-menti a consumo, secondo sistemi ta-riffari certi, trasparenti e verificabili puòfavorire l'accesso alla rete da parte dimolte piccole e medie imprese edaziende individuali. Creare dei cataliz-

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Le politiche di sviluppo del territorio

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Innovazione, progresso tecnologico ed Internet. Politiche regionali per lo sviluppo 345Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1999 e previsioni per il 2000

Le politiche di sviluppo del territorio

zatori. Si possono individuare sul terri-torio soggetti in rete fra di loro (Asso-ciazioni e Camere di commercio adesempio) che favorendo con progettil'implementazione del commercio elet-tronico presso gruppi di piccole impre-se funzionino come punto di primoorientamento e luogo di incontro, an-che virtuale, fra domanda e offerta diservizi specializzati, formazione per leimprese, etc... Sostenere gli investi-menti. L'intervento pubblico può an-che sostanziarsi nel sostegno agli inve-stimenti per le piccole e medie impre-se che adottano soluzioni di commer-cio elettronico o di telelavoro. Il soste-gno può avvenire tramite il credito age-volato, ad esempio adeguando e svi-luppando nuovi strumenti finanziari perl'attività dei consorzi fidi, la defiscaliz-zazione degli investimenti e il parzialecofinanziamento.

Le azioni delle Pubbliche AmministrazioniUn ruolo guida lo hanno, nello sviluppodella società dell'informazione, le pub-bliche amministrazioni locali e nazionalinon solo per gli acquisti diretti e le spe-se in telematica che operano annual-mente, ma anche perché dalla loro cre-dibilità come soggetti che operano inrete dipende la credibilità delle azioni dipromozione che svolgono. Per questomotivo è importante verificare quali sia-no gli obiettivi generali delle pubblicheamministrazioni e verificare quali sianole politiche che possono mettere incampo con un duplice scopo:- migliorare la loro efficienza;- stimolare lo sviluppo del settore pri-

vato.

Dovrebbe essere in particolare la Re-gione a costituire il punto di program-mazione e coordinamento delle azionia livello territoriale, per la adeguata di-mensione del territorio regionale a que-sto tipo di azione. Rendere disponibili le informazioni utilidei governi locali. Molte delle informa-zioni maggiormente utili dei governi lo-cali (ad esempio le procedure di auto-rizzazione, le modalità e gli orari di fun-zionamento dei servizi pubblici) sonospesso nascoste o non disponibili inrete. La loro disponibilità pubblica co-stituirebbe di per sé un buon motivoper le imprese per utilizzare la rete. Coordinare e razionalizzare le reti perl'innovazione. Molte reti per l'innova-zione sono presenti sul territorio e so-no finanziate o alimentate da denaro erisorse pubbliche (si pensi agli Innova-tion relay centres, ai nodi Midas net, al-la rete degli eurosportelli a livello co-munitario, si pensi agli incubatori co-munali e ai centri di servizio per il sololivello regionale). Molte di queste retihanno come scopo la diffusione dellainnovazione e della tecnologia, maspesso non raggiungono sul territorio,da sole, la dimensione minima per ef-fettuare interventi con un impatto reale.Il coordinare e razionalizzare queste re-ti potrebbe dare risultati importanti e al-meno non disorientare gli utenti. Assicurare che le p.a. siano in rete edagiscano come una impresa a rete.Questa è la premessa che darà ad im-prese e cittadini una maggiore qualitàdi servizio ed eviterà duplicazioni disforzi con denaro pubblico. Favorire l'adozione generalizzata dipratiche di telelavoro. La pubblica am-

ministrazione ha il ruolo naturale dibanco di prova per il telelavoro, sia perla natura spesso burocratica del lavoroche svolge, sia per l'inevitabile impattosociale che esso ha. Le iniziative di te-lelavoro vanno quindi incoraggiatepresso tutti i livelli delle pubbliche am-ministrazioni. Censire, diffondere la conoscenza, fa-vorire l'utilizzo dei risultati dei progetti diinnovazione. Molte pubbliche ammini-strazioni e molti privati hanno accessoa fondi comunitari per la ricerca e losviluppo della società dell'informazio-ne, sia a livello di comuni e di provincesia a livello di Camere di commercio.Sarebbe opportuno che l'insieme deiprogetti svolti o in corso di svolgimen-to venisse censito, verificando la pos-sibilità di utilizzarne i risultati all'internodi altri settori della Pubblica Ammini-strazione e verificando la possibilità diintegrare sforzi progettuali comuni. Lanciare iniziative sperimentali di e-procurement. Un enorme beneficioverrebbe alle imprese se la pubblicaamministrazione effettuasse acquisti inrete. Forse questo sarebbe uno stimo-lo con una efficacia maggiore rispettoa molte iniziative di pubblicità sul com-mercio elettronico. Iniziative del generepotrebbero infatti essere abbinate aprogrammi di accompagnamento alcommercio elettronico degli attuali for-nitori locali della P.A. Diffondere best practice nel settorepubblico. Al fine di stimolare l'emula-zione e condividere le migliori espe-rienze fra pubbliche amministrazioni,andrebbero sviluppate iniziative per ef-fettivamente diffondere e fare capirel'utilità della telematica, soprattutto fra

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la dirigenza ed i quadri, che spesso so-no più resistenti ad una effettiva inno-vazione e i più culturalmente deboli.

Le politiche regionali in Emilia-Ro-magnaLa Regione Emilia-Romagna ha pre-sentato di recente le "Linee guida perlo sviluppo telematico dell'Emilia-Ro-magna". Il piano si dichiara aperto alcontributo della società regionale e de-linea le principali linee di intervento del-l'ente Regione in materia. Molte delleindicazioni sviluppate sopra sono pre-senti nel documento, che si sviluppa insei punti, o linee di azione, nell'ambitodegli obiettivi strategici della Regione.

Gli obiettivi strategici della regioneGli obiettivi sono stati più volte presen-tati dalla Regione Emilia-Romagna esono quindi già noti, ma hanno tuttaviadelle conseguenze anche su un pianoper lo sviluppo della telematica:Specializzazione ed eccellenza per lacompetitività nelle reti globali. La pos-sibilità di specializzare la regione Emi-lia-Romagna come un polo delle tele-comunicazioni e del multimediale ap-pare ad oggi difficile, anche se un ten-tativo va fatto con uno sforzo maggio-re di quello preventivato nel piano. Equilibrio territoriale e sviluppo sosteni-bile. Significa riportare tramite la tele-matica il decentramento dello sviluppoe verificare fra pubblico e privato comeridurre il costo delle telecomunicazioninelle aree marginali. In particolare l'Ap-pennino potrebbe beneficiare notevol-mente della diffusione della telematica,così come in generale la pressione abi-tativa e il traffico della pianura potreb-

bero godere di un certo sollievo dall'a-dozione sistematica del telelavoro. Servizi pubblici di qualità e un nuovogoverno al servizio dei cittadini e delleimprese. Si tratta di un principio gene-rale la cui realizzazione passa attraver-so l'integrazione delle reti telematichedelle pubbliche amministrazioni. Lapercezione del cittadino nei confrontidella pubblica amministrazione è comedi un insieme unitario, del quale noncapisce le articolazioni, se non quandogli viene imposto un numero diverso ecrescente di adempimenti.

Le sei linee di azioni regionali perla TelematicaLe sei linee di azione sono sotto elen-cate, e integrate da allegati progettualiche sostanziano le azioni che l'enteRegione vorrebbe intraprendere neiprossimi anni. Come è possibile osser-vare, tre di esse sono volte all'internodella pubblica amministrazione ed inparticolare a quella che fa riferimento insenso stretto al sistema Regione, men-tre altre azioni riguardano il mercato lo-cale delle telecomunicazioni, la scuolae la formazione, e il commercio elettro-nico (ma in particolare il multimediale).Nel complesso si ha l'impressione diuno sforzo di razionalizzare azioni giàesistenti, molte delle quali forse in sta-to progettuale già avanzato, presen-tandolo come un insieme unitario. Losforzo è lodevole, ma mancano alcuneattività progettuali e linee di azione cheriteniamo rilevanti. L'impressione è cheda una parte si sia voluto toccare poco(forse i tempi non sono ancora maturi)l'insieme delle procedure della pubblicaamministrazione, spesso complessa e

ridondante, mentre dall'altra si è spintopoco sul coinvolgimento della societàregionale, valorizzando così al massi-mo quello che già si fa in Regione, maforse limitando l'efficacia delle azioni.Sicuramente le discussioni in corso equelle programmate per il 2000 (allequali questo rapporto vuole dare uncontributo) focalizzeranno e chiariran-no le azioni da intraprendere.• Innovare i servizi al cittadino e all'im-

presa.• Potenziare e completare la Rete Uni-

taria dell'Emilia-Romagna.• Modernizzare il governo regionale.• Diffondere la "quarta conoscenza" e

l'accesso pubblico per la societàdell' informazione.

• Promuovere il commercio elettronicoe l'industria multimediale.

• Promuovere un mercato regionalecompetitivo delle telecomunicazionie sviluppare i servizi Internet.

Alcune integrazioni necessarieSi rendono quindi necessarie, a nostroparere, alcune integrazioni ai piani pre-sentati dalla Regione Emilia-Romagna,che qui presentiamo per punti qui diseguito riportati:Maggiore utilizzo della progettualitàgià esistente. L'insieme dei progettipresenti nella pubblica amministrazio-ne è più ampio di quelli citati e presicome esempio di attuazione del pia-no, e può essere reso condiviso perrendere più veloce il cambiamento emigliorare le prestazioni complessivedella P.A. e delle azioni per le piccolee medie imprese.Maggiore attenzione al telelavoro e al-l'e-procurement. Seppure questi temi

346 Innovazione, progresso tecnologico ed Internet. Politiche regionali per lo sviluppoDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1999 e previsioni per il 2000

Le politiche di sviluppo del territorio

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Innovazione, progresso tecnologico ed Internet. Politiche regionali per lo sviluppo 347Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1999 e previsioni per il 2000

Le politiche di sviluppo del territorio

comportino una ristrutturazione deiprocessi di lavoro delle pubbliche am-ministrazioni, essi vanno almeno speri-mentalmente affrontati, poiché sono isettori più promettenti di sviluppo del-l'attività della pubblica amministrazione. Maggiore integrazione delle reti tele-matiche già esistenti. È un passaggioobbligato dare effettivamente al citta-dino un maggiore livello di servizio euna interfaccia unica, nei confronti del-la pubblica amministrazione che operasul territorio. La costituzione di un call-centre unico regionale, ad esempio,per tutte le pratiche dei cittadini e del-le imprese, costituirebbe un passo inavanti veramente notevole.

Il potenziale contributo delle Ca-mere di commercioIn questi anni le Camere di commerciohanno sviluppato, in Italia ed in Emilia-Romagna, tre linee di azione che ven-gono qui riportate e che possono co-stituire un apporto, se opportunamen-te integrate nella pianificazione regio-nale, allo sviluppo del sistema locale.

La Camera di commercio come aiu-to per la piccola e media impresaLe Camere di commercio hanno svoltoin questi anni diverse iniziative per favo-rire la conoscenza prima e l'implemen-tazione poi del commercio elettronicopresso le PMI. Oltre ai numerosi incon-tri (seminari, workshop, etc...) e corsi diformazione (anche a distanza) sulla te-lematica e sul commercio elettronicopromossi dal sistema delle Camere dicommercio, non vanno dimenticati icentri di telelavoro promossi da IFOAcon il sostegno delle Camere, la dispo-

nibilità di fondi comunitari e il supportodegli enti locali e delle imprese.

La Camera di commercio comeerogatore di servizi che facilitanol'e-commerceLa disponibilità del registro delle impre-se come sistema di pubblicità legalerende disponibile uno strumento per laidentificazione corretta delle imprese inrete, consentendo di rafforzare la fidu-cia del consumatore e facilitare latransizione. In questa direzione il siste-ma delle Camere di commercio si staattrezzando per proporsi come autoritàdi certificazione della firma elettronicaper le imprese. Nei prossimi mesi si av-vieranno anche le sperimentazioni perrendere taluni servizi (disponibili anchein rete), come ad esempio la concilia-zione fra imprese e consumatori.

La Camera di commercio comeimpresa in reteNotevoli sforzi sono stai fatti in questianni per la costruzione di sistemi per illavoro in rete fra le Camere di Com-mercio, oltre agli strumenti noti di ge-stione del Registro Imprese. In partico-lare per le attività di internazionalizza-zione della piccola e media impresa eper le attività di ricerca economica estatistica i progetti, le sperimentazionie le pratiche di lavoro in rete con l'uti-lizzo di strumenti di knowledge mana-gement sono già avanzati. Tali speri-mentazioni e pratiche di lavoro sonodisponibili anche per altri enti della p.a.o per altri soggetti privati che voglionolavorare a stretto contatto con le Ca-mere di commercio. Un altro capitoloimportante sono le interconnessioni

con il sistema delle Camere di Com-mercio delle Associazioni di Categoria(sono ad oggi più di 200 gli sportellicollegati in regione) per lo svolgimentodelle pratiche camerali presso le asso-ciazioni in via telematica. Crediamoche tale esperienza di integrazione direti possa essere estesa facilmentecon altri scopi e modalità tecniche, atutta la pubblica amministrazione re-gionale.

ConclusioniL'introduzione della telematica e delletecnologie dell'informazione non è unasfida facile per territori e culture politi-che fortemente gratificati da un passa-to di successo e da un presente rassi-curante. Per di più l'approccio alla dif-fusione del commercio elettronico edell'information technology richiedemetodi inevitabilmente differenti daquelli utilizzati per lo sviluppo delle po-litiche industriali tradizionali.Un maggiore coinvolgimento dei priva-ti, un maggiore ruolo della pubblicaamministrazione nella ristrutturazione di se stessa prima che nella ristruttura-zione di altri settori, una maggiore ne-cessità di condivisione delle linee dipolitica fra enti pubblici e territori diver-si costituiscono i difficili ingredienti peril successo in breve tempo di tali politi-che. Le linee guida emesse dalla Re-gione Emilia-Romagna costituisconoun valido punto di partenza per una ra-pida e ampia implementazione di unapolitica di sviluppo della telematica inregione.

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348 Politiche per un’economia basata sulla conoscenzaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

Il presupposto: lo sviluppo è unprocesso basato sull’accumula-zione e l’uso della conoscenza

Per svolgere questo tema partiremoda un presupposto del quale si dà do-cumentazione in questa prima partedel Rapporto 2000: il principale fatto-re di competitività di un territorio è l’in-sieme di conoscenze che in essooperano e in esso concorrono alla ge-nerazione di valore. In altre parole le economie territorialimoderne sono economie basate sul-la conoscenza, con una quota cre-scente del valore creata dalle com-ponenti immateriali del processo pro-duttivo. Non vogliamo trattare qui so-lo di new-economy: quest’ultima èsolo la parte più evidente ed emer-gente, almeno nell’opinione pubbli-ca, di un fenomeno più complesso epiù vasto che sta attraversando tuttal’economia. Le relazioni che attraver-sano il sistema delle imprese nellesue configurazioni a gruppo, le rela-zioni che legano le imprese con il si-stema educativo e il mercato del la-voro dal quale esse attingono com-

petenze, la crescita della ricchezzaattraverso l’innovazione e l’investi-mento che la incorpora, sono feno-meni che ripropongono la centralitàdella conoscenza, la sua accumula-zione, la sua trasformazione in valorecome il tema centrale di ogni settoreeconomico. Sarebbe un grave errore se le politi-che non adottassero un approccioglobale a questo tema, trattando co-noscenza e innovazione come qualsi-voglia fattori di competizione, mentreessa è una delle cause del fenomeno,tanto citato, ma scarsamente analiz-zato, della globalizzazione.

L’emergere del problema globalizza-zioneLa globalizzazione viene infatti spessotrattata come un insieme indistinto difenomeni fra loro eterogenei, accomu-nati dal solo fatto di essere incontrol-labili dagli stati nazionali. Fanno partedel novero dei fenomeni la estremamobilità dei capitali, il progressivo de-terioramento ambientale, la cadutaprogressiva delle barriere tariffarie enormative, la rilocalizzazione delle atti-

vità produttive, la crescita della com-petizione proveniente da paesi a bas-so costo del lavoro, l’uniformarsi dimodelli di vita e di consumo a livelloplanetario. Tuttavia alcuni di questi fattori sonocause della globalizzazione e nonconseguenze. In particolare la cadutadelle barriere alla mobilità di alcuni fat-tori della produzione ha generato i fe-nomeni che vanno sotto il nome diglobalizzazione.Il primo dei fattori a mostrare una al-ta mobilità è stato quello finanziario.La mobilità dei capitali ha mostratocome essi tendano a concentrarsi inalcune aree del pianeta. Da tali con-centrazioni le decisioni di investimen-to vengono prese avendo a riferi-mento l’andamento complessivo deimercati mondiali e i loro rendimentiprospettici in termini di investimento.La forte mobilità speculativa a suavolta determina i rendimenti del capi-tale e diviene così una concausa del-la propria stessa dinamica. Anche la conoscenza, incorporatanelle persone, nei sistemi aziendalicomplessi, nelle relazioni clienti-forni-tori, ha avuto una accelerata tenden-za alla mobilità e alla concentrazionea livello mondiale. L’industria del soft-ware per gli elaboratori personali, adesempio, si è venuta concentrandonel tempo e Microsoft ha assuntoposizioni dominanti nel relativo seg-mento di mercato. Al di là del giudizioche diversi organi inquirenti negli Sta-ti Uniti e in Europa hanno dato e da-ranno sull’abuso di tale posizione do-minante, ci interessa qui rilevare cheessa è essenzialmente una concen-

Le politiche di sviluppo del territorio

Politiche per un’economia basata sulla conoscenza

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Politiche per un’economia basata sulla conoscenza 349Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

trazione di conoscenza specifica cheinfluenza il mercato mondiale. Concentrazioni di capitali e di cono-scenza costituiscono le leve competi-tive che generano la famiglia di feno-meni altrimenti nota come globalizza-zione, e che attraversa diversi settorieconomici anche tradizionali (si pensiad esempio alle biotecnologie appli-cate in agricoltura). L’incremento dellacompetizione a livello mondiale, l’o-mogeneizzazione delle abitudini vita edi acquisto dipendono principalmenteda queste concentrazioni.

Il ruolo dell'ICT Le tecnologie dell’informazione e dellacomunicazione (ICT d’ora in poi) han-no sicuramente giocato un ruolo im-portante nel rendere sempre più facilela mobilità di conoscenza e di capita-le. Progressivamente, assieme al sa-pere tecnico (know-how) hanno as-sunto una importanza strategica com-plessiva sia per le imprese che per leistituzioni, altre forme di conoscenza;ad esempio il sapere perché (know-why) i consumatori di una determina-ta area del mondo reagiscono in ma-niera diversa all’introduzione di certiprodotti (si pensi alla velocità con cuigli italiani hanno accettato la telefoniacellulare contro la lentezza con cuihanno accettato la rete internet), op-pure il sapere chi (know-who) detienedeterminate conoscenze, capacitàproduttive, propensioni all’acquisto.La rete Internet ha costituito e costi-tuisce oggi il luogo principale di moni-toraggio, accumulazione e ricerca diqueste forme di conoscenza da partedelle imprese.

Europa e globalizzazione: il pro-gramma di lavoro della Commis-sione Europea per la politica a fa-vore delle imprese per gli anni2000 – 2005

Le conseguenze della globalizzazionee della competitività basate sulla mobi-lità di capitale e conoscenza costitui-scono il principale oggetto dei piani dipolitica Comunitaria per le imprese. Nelmaggio del 2000 la Commissione dellaUnione Europea ha pubblicato un do-cumento di lavoro intitolato “Verso l’Im-presa Europa” contenente il program-ma di lavoro per la politica a favore del-le imprese per gli anni 2000 - 2005. Il programma di lavoro ha i seguentiobiettivi: • l’incoraggiamento dell’attività im-

prenditoriale, • la realizzazione di un ambiente più

favorevole all’innovazione ed alcambiamento,

• un più corretto funzionamento deimercati di beni e servizi.

L’incoraggiamento dell’attività impren-ditoriale L’attività imprenditoriale può essereincoraggiata • rivitalizzando una nuova cultura di

impresa attraverso, in particolare,l’intesa con il mondo della scuoladove occorre trovare il modo per im-partire una conoscenza generale inmateria di attività economica e diimpresa;

• assicurando che gli aspiranti im-prenditori dispongano di strumentiefficaci per consolidare le propriemotivazioni ed il senso delle proprie

scelte, per formare le proprie capa-cità imprenditoriali, per qualificare leproprie strategie organizzative e ge-stionali, per semplificare i rapporticon la Pubblica Amministrazione;

• garantendo la disponibilità ed il faci-le accesso a finanziamenti, attraver-so crediti e garanzie, capitali di ri-schio, capitale iniziale o seed capi-tal;

• creando condizioni strutturali ed unfavorevole ambiente normativo;

• offrendo un’ampia e diversificatadisponibilità di efficienti servizi e retidi supporto alle imprese.

La politica delle imprese deve, poi, su-perare il tradizionale pregiudizio neiconfronti dell’imprenditore che non haavuto successo: verrà così esaminatala possibilità di una revisione della le-gislazione in materia di fallimento perincoraggiare la presa di iniziative checomportano un rischio.

La realizzazione di un ambiente più fa-vorevole all’innovazione ed al cambia-mento La Commissione individua la necessi-tà di creare quegli strumenti che con-sentano di migliorare la capacità degliimprenditori di utilizzare, oltre alla tec-nologia ed alla ricerca, il capitale uma-no ed intellettuale. Questo perché si sta progressivamen-te affermando la consapevolezza dicome “innovazione” significa di piùdello sviluppo e della creazione dinuovi prodotti, ma richiede un atteg-giamento mentale tale da combinarecreatività, imprenditorialità, la disponi-bilità ad accettare mobilità sociale,

Le politiche di sviluppo del territorio

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350 Politiche per un’economia basata sulla conoscenzaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

geografica o professionale, una orga-nizzazione rigorosa, la capacità di cal-colare il rischio, di prevedere il fabbi-sogno e di controllare i costi. In questa prospettiva gli investimentiin “capitale umano” rappresentano si-curamente una delle scelte più inno-vative. La politica delle imprese deve, quindi,saper affrontare tutti i molteplici aspet-ti dell’innovazione. Bisogna, comunque, fare i conti conalcuni ostacoli che hanno tradizional-mente condizionato le potenzialità in-novative del sistema imprenditoriale. La Commissione indica l’obiettivo diun sistema brevettuale che deve es-sere reso più atto a garantire un’atten-dibile tutela delle idee ad un prezzoaccessibile sia per le imprese che na-scono sulla base di una nuova idea,sia per le imprese che sfruttano lenuove idee per mantenere la propriacompetitività. Altri ostacoli da rimuovere sono rap-presentati dalla scarsità di manodo-pera qualificata, dalle regole sull’ac-cesso ai mercati dei prodotti innovati-vi, dalla debolezza strutturale del mer-cato interno dei servizi commerciali dicomunicazione che condiziona l’attivi-tà di marketing transfrontaliera delleimprese. È in fase di elaborazione, infine, unprogetto di benchmarking, in collabo-razione con gli Stati membri, per l’in-dividuazione e l’adozione di buonepratiche in materia di innovazione: ilprogetto interesserà la finanza dell’in-novazione, la creazione e lo sviluppodi imprese innovative, la protezionedella tecnologia e la promozione dei

trasferimenti tecnologici. La mancanza di capitale e di espertiper l’analisi di progetti ad alta tecnolo-gia costituiscono tuttora un ostacoloall’innovazione, in particolare, in vistadel consolidamento della rete delle“regioni d’eccellenza”, formata da unnumero limitato (15) di regioni e dipar-timenti europei in grado di dimostrareprogrammi e condizioni di successoper la creazione di imprese innovativee che hanno la possibilità di scambia-re informazioni, esperienze e metodiallo scopo di migliorare i sistemi regio-nali attraverso le esperienze recipro-che.

Un più corretto funzionamento deimercati di beni e servizi Oltre all’incoraggiamento dell’attivitàimprenditoriale ed alla creazione dicondizioni più favorevoli all’innovazio-ne, il terzo grande obiettivo delle poli-tiche delle imprese dell’Unione Euro-pea è quello di assicurare l’accesso aimercati, indipendentemente dal fattoche l’interesse delle imprese si collo-chi a livello regionale, nazionale, euro-peo o globale. Il principale strumento per garantireche le imprese abbiano un ampio ac-cesso ai mercati è stato ed è il merca-to interno, una delle più grandi realiz-zazioni dell’Unione Europea. La strategia per il mercato interno inEuropa è destinata ad essere annual-mente adattata a garanzia di un pro-gressivo, quanto inesorabile processodi identificazione ed eliminazione dellebarriere: dopo l’ultimo Consiglio Euro-peo di Lisbona le priorità individuatesono quelle dell’accelerazione della li-

beralizzazione nei settori dell’energia,nelle telecomunicazioni, nei servizi po-stali e nei trasporti, dei miglioramentiin materia di appalti pubblici, compre-si i temi dell’accesso per le PMI e del-lo sviluppo degli appalti su Internet, diulteriori sforzi per promuovere la con-correnza e diminuire gli aiuti di Stato. Allo stesso modo il mercato interno vasostenuto attraverso una migliore co-operazione amministrativa (anche conla creazione di reti telematiche per mi-gliorare le comunicazioni tra ammini-strazioni pubbliche) e con accordi coni paesi associati per l’applicazione deiRegolamenti UE e per la cooperazio-ne tra le istituzioni del mercato. Infine l’ampliamento dell’Unione Euro-pea permetterà di estendere il Merca-to interno, a condizione di una effica-ce attuazione dell’acquis communitai-re che deve conferire effettivi beneficialle imprese, sia quelle dei paesi can-didati che quelle degli Stati membri. La politica commerciale dell’UE mira,poi, a facilitare l’accesso ai mercatimondiali e questo attraverso • l’accordo con l’Organizzazione

Mondiale del Commercio sugli osta-coli tecnici al commercio globale;

• una migliore e più efficiente gestionedegli accordi di riconoscimento reci-proco;

• l’incoraggiamento del dialogo con leimprese all’interno e all’esterno del-l’Unione Europea, per aiutare le im-prese europee ad avere accesso aimercati in crescita nell’economiamondiale;

• la convergenza normativa con ipartners commerciali e la promozio-ne della standardizzazione interna-

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Politiche per un’economia basata sulla conoscenza 351Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

zionale per ridurre i costi di confor-mità con la normativa di paesi terzi.

L’utilizzazione del commercio elettro-nico rappresenta una sfida d’impor-tanza fondamentale per le PMI: vi sa-ranno opportunità per gli imprenditori,sfide per gli innovatori e la necessità diun ripensamento radicale dei problemirelativi all’accesso ai mercati. Ci si ren-de comunque conto del fatto chemolte PMI hanno grande difficoltà adutilizzare appieno il potenziale delmercato interno e del mercato mon-diale. Di fronte a questo ostacolo, la politicadelle imprese dell’Unione Europea hacome uno degli obiettivi prioritari quel-lo dell’incoraggiamento di provvedi-menti nazionali tendenti a sostenere lacooperazione tra imprese al di là deimercati locali, regionali e nazionali.

Economia della Conoscenza: ilterritorio luogo centrale dello svi-luppo e della competizione

La conoscenza come fattore dell'eco-nomia nel territorio Anche dall’esame dei documenti pro-grammatici della Commissione Euro-pea, emerge chiaramente il ruolo prio-ritario che conoscenza e l’innovazionegiocano come componenti interne delprocesso economico: • la conoscenza è una forma di base

del capitale, incorporata negli inve-stimenti in tecnologia, nella forma-zione dei lavoratori, nella relazionicliente-impresa e viene generata erinnovata all’interno dei processi

aziendali e nel rapporto impresa-mercato;

• le piattaforme tecniche e i centri diricerca (università, enti privati, formemiste di co-operazione tecnologica)costituiscono un fattore di sviluppoper i territori sui quali incidono, con-sentendo nuovi investimenti, ancheper spin-off dal mondo accademicoo per accordi contrattuali fra univer-sità e impresa volte alla risoluzionedi problemi tecnologici e allo svilup-po di nuovi prodotti e servizi

• la conoscenza è un fattore determi-nante per la crescita veloce delle im-prese e per garantire un adeguatoritorno sugli investimenti sia nel set-tore delle tecnologie, sia nel settoredei servizi che impiegano nuove tec-nologie per migliorare le relazionicon i mercati e i clienti;

• Esiste un circolo virtuoso fra accu-mulazione di capitale e accumula-zione di conoscenza, poiché investi-menti finanziari e investimenti in co-noscenza si muovono assieme sulterritorio.

Che ruolo hanno le politiche del terri-torioIn una Europa che ha fatto caderebuona parte delle barriere rappresen-tate dalle diversità nazionali, e in cui gliStati membri hanno sottoscritto un“patto di stabilità” che ha ridotto note-volmente i margini di discrezionalitàdelle politiche macroeconomiche, inuna Europa nella quale, il modello fe-deralista, pur interpretato in manieradifferente da paese a paese, sembradestinato a ridisegnare l’assetto com-plessivo delle relazioni interistituziona-

li, hanno acquisito un ruolo centrale lepolitiche di sviluppo elaborate ed at-tuate a livello regionale e locale, con ilcoinvolgimento delle imprese, delleforze economiche e sociali e delle isti-tuzioni locali.Poiché la tendenza alla mobilità di ca-pitale e conoscenza genera concen-trazione, il territorio che ruolo ha nellepolitiche per lo sviluppo? Lo scenariocompetitivo vede i territori come areegeografiche dotate di caratteristicheche rendono o meno attrattive lo spo-stamento di capitale e conoscenza suquelle aree. Assieme alle tradizionali componentiche facilitano l’insediamento (accessi-bilità, disponibilità di infrastrutture, pre-senza di reddito disponibile al consu-mo, basso costo del lavoro o altri fatto-ri della produzione) se ne affiancano al-tre come la stabilità politica, l’efficienzadei servizi pubblici e privati ivi compre-si quelli finanziari, la qualità del sistemaeducativo, la disponibilità di connessio-ni telematiche ad alta velocità e costicontenuti, la facilità all’insediamentoabitativo e la qualità della vita. Insiemi di fattori competitivi del territo-rio sono immateriali e legati alla cono-scenza che si genera, si impiega e sitrasforma su quel territorio, e all’insie-me di componenti infrastrutturali chene facilitano la comunicazione, la con-divisione e l’uso.

Le conseguenze economiche delle di-namiche di capitale e conoscenzaIl ritardo nella capacità di generare eattrarre capitale e conoscenza hannonotevoli sui territori. Le evidenze ma-croeconomiche sono molteplici:

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• i paesi meno sviluppati non attiranoinvestimenti non quando non hannocondizioni di costo del lavoro com-petitive, ma quando non hanno suf-ficiente conoscenza diffusa per atti-rare, usare e ritenere investimenti adalto contenuto di tecnologia e di va-lore aggiunto;

• la debolezza dell’euro non dipendetanto dalle politiche della Bancacentrale europea o della Commis-sione, ma dalla debolezza relativadelle economie europee. La forzarelativa del dollaro dipende dalla ca-pacità che gli Stati Uniti hanno avu-to in questi anni non solo di far cre-scere l’economia sfruttando cono-scenze scientifiche e tecnologiche,ma anche nella capacità di importa-re cervelli e competenze, esportan-do un modello globale di sviluppobasato sulle reti.

La forte mobilità di capitale e cono-scenza può rendere molto instabile lacrescita territoriale. Intere aree delmondo possono essere rapidamentemarginalizzate dai processi di crescitarapida del valore, provocando una es-senziale caduta degli standard di vitaed un impoverimento nel contenutotecnologico delle relazioni commer-ciali internazionali. D’altra parte paesipiccoli e dinamici, come l’Irlanda, o la Finlandia, hanno beneficiato di tassi dicrescita estremamente rapidi propriograzie a politiche economiche orienta-ti all’uso e all’attrazione di conoscen-za tecnologica. Il compito principale delle politiche ter-ritoriali è di evitare la marginalizzazionedei territori stessi, creandone o ri-

creandone le condizioni che li rendo-no globalmente attrattivi.

La politica economica locale: ricrearele condizioni per la competitivitàPer ricreare condizioni di competitivitàoccorre che le politiche sul territorio siarticolino in obbiettivi tangibili coordi-nati da un approccio strategico e per-seguiti attraverso azioni svolte da unarete di istituzioni. Per delineare in maniera completa unapolitica economica occorre quindi de-finire: • quali sono gli elementi o atteggia-

menti che caratterizzano un approc-cio strategico;

• quali sono gli obbiettivi tangibili; • quali azioni di politica possono es-

sere messe in campo; • quali istituzioni debbono fare parte

della rete.

Un approccio strategico: Le istituzioni, viste come organizzazio-ni complesse che gestiscono cono-scenza per la programmazione delterritorio, sono in prima persona coin-volte nel processo non solo di attua-zione delle politiche, ma nell’ammo-dernamento delle proprie modalità diagire, comunicare e generare la cono-scenza che gestiscono. Solo operando sulle proprie modalitàdi azione e riorientando il modo concui generano e comunicano la loropropria conoscenza le istituzioni pub-bliche possono ambire a guidare conl'esempio i processi e le politiche eco-nomiche sul territorio. L’approccio strategico di una istituzio-ne che guidi con l’esempio deve quin-

di essere improntato a comunicareuna visione e una direzione delle poli-tiche che possano essere assunte inmaniera non equivoca come punto diriferimento anche per il settore privatodell’economia regionale. In altre paro-le il settore privato deve poter contaresu chiare indicazioni di come la politi-ca pubblica intende rimuovere rimuo-vere gli ostacoli che impediscono alprivato di generare valore e occupa-zione, o se si preferisce, profitto e uti-lità sociale. Un atteggiamento di politica che noncomunichi il senso dell'urgenza di unrinnovamento complessivo dell’eco-nomia regionale potrebbe continuaread agire solo passivamente, valoriz-zando le indicazioni che provengonodal settore privato in termini di fabbi-sogni di politica, ma pagando lo scot-to di un inevitabile ritardo nelle azioni.

Gli obiettivi di una politica economicadel territorio Come si possono articolare gli obbiet-tivi di una politica economica in unaeconomia che vede la conoscenzacome principale fattore competitivo? Possiamo articolare una primissimaagenda in cinque obbiettivi tangibili sucui articolare le azioni di sviluppo delterritorio: • Assicurare alle piccole e medie im-

prese, ai lavoratori atipici e ai lavora-tori autonomi l’accesso a piattafor-me informatiche condivise dove siapossibile effettuare transazioni e re-perire informazioni di immediato usooperativo e strategico.

• Innalzare il livello di educazione tec-nologica di chi partecipa al mercato

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del lavoro, facendo crescere il nu-mero di diplomati e laureati e di par-tecipanti alla formazione post-laureae post-diploma.

• Facilitare l’immigrazione e l’insedia-mento di personale altamente quali-ficato.

• Innalzare la quota di investimenti inricerca e sviluppo sul prodotto inter-no lordo regionale favorendo l’ac-cesso al capitale di rischio da partedelle piccole e medie imprese.

• Favorire l’espansione dell'exportmix, innalzando la quota di esporta-zione di prodotti ad alto contenutotecnologico.

Va dato atto al governo regionale diavere già articolato negli assi del pia-no Triennale per le imprese alcuni diquesti obbiettivi in azioni e disposizio-ni, in particolare per quanto riguardal’accesso al capitale di rischio, l’innal-zamento delle quote di investimenti inricerca e sviluppo e l’espansione dellequote di esportazione. Ci limiteremoquindi, e solo per alcuni temi, ad indi-care azioni che potrebbero integrare, anche con il contributo delle Cameredi commercio, il complesso delle azio-ni già delineate.

Le azioni per una politica sul territorio. Assicurare alle piccole e medie impre-se, ai lavoratori atipici e ai lavoratoriautonomi l’accesso a piattaforme in-formatiche condivise dove sia possibi-le effettuare transazioni e reperire in-formazioni di immediato uso operativoe strategico. Va sempre più diffondendosi lo svilup-po di piattaforme per la transazione

commerciale, allestite da privati, chefavoriscono non solo lo scambio fradomanda e offerta di prodotti e servi-zi, ma anche la transazione on-linecon supporti logistici, di pagamentosicuro, di assicurazione o finanzia-mento delle transazioni che prevedo-no il pagamento dilazionato. La cre-scita di questi market places pone dauna parte il problema dell’adegua-mento della piccola e media impresaad operare su uno o verosimilmentepiù mercati di questo tipo, e dall’altrapone il problema del sistema di rego-le e garanzie che su tali mercati sa-ranno operative. L’urgenza di pianificare questa trans-azione è ancora più forte in una regio-ne come l’Emilia-Romagna con unforte radicamento della subfornitura,specialmente quando i grandi acqui-renti e i grandi gruppi industriali stan-no pianificando lo spostamento delleloro attività di acquisto su tali piatta-forme. Anche la pubblica amministra-zione regionale potrebbe avviare pro-getti che consentano non solo il dialo-go fra differenti market places, ma an-che l’utilizzo di queste piattaformetecnologico-organizzative per le pro-prie attività di acquisto, ponendo lecondizioni per un rapido adeguamen-to delle piccole e medie imprese. In tale senso occorre anche rivederequale comunicazione e quale cono-scenza la pubblica amministrazionelocale genera e distribuisce. Nel com-plesso insieme di informazioni nonsempre utile che la rete mette a dis-posizione di chiunque, anche per lapubblica amministrazione locale si po-ne il problema di produrre strumenti

informativi di uso operativo per le im-prese, passando da una generazione di siti Internet votati prevalentementealla pubblicizzazione delle attività poli-tiche ed amministrative interne (fun-zione che rimane importante dal pun-to di vista civile), alla costruzione dipiattaforme di co-operazione fra im-prese, cittadini e pubblica amministra-zione. Il compito di selezione e di sviluppo dinuovi strumenti può apparire banale,ma non lo è. Un esempio per tutti puòessere fatto per quanto riguarda ilmarketing territoriale: per attrarre inve-stimenti sul territorio regionale occorreche oltre alle tradizionali leve di inse-diamento (disponibilità di aree e servi-zi) sia fornita una informazione realisti-ca sugli effettivi contenuti tecnologicidella formazione che viene impartitaed è disponibile sul territorio. La puringente massa di informazione dispo-nibile sui sistemi formativi e scolastici ancora non restituisce questa appa-rentemente semplice informazioneoperativa. Anche una rapida adozione dei mec-canismi di firma elettronica da partedella pubblica amministrazione neirapporti con le imprese e i cittadini co-stituisce un pilastro fondamentale perla costruzione di un rapporto più effi-cace ed operativo fra stato e cittadini. Innalzare il livello di educazione tecno-logica di chi partecipa al mercato dellavoro, facendo crescere il numero didiplomati e laureati e di partecipantialla formazione post-laurea e post-di-ploma. Nonostante le indagini sulmercato del lavoro mettano in eviden-za che spesso il sistema della piccola

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e media impresa rivolge richieste dimanodopera poco qualificata, v’è an-che da osservare che la richiesta dimanodopera con maggiore qualifica-zione si scontra con la sua mancanza.La presenza di pochi laureati non èquindi semplicemente una conse-guenza di un modello dello sviluppo,ma soprattutto oggi un limite alla suariconversione. Si pone quindi con forza il tema di unrinnovamento del sistema educativo,che riguarda non solo l’educazione dibase, ma la formazione continua e pertutta la vita del lavoratore. Le azioni da intraprendere debbonogarantire che: • tutti coloro che partecipano al mer-

cato del lavoro siano invitati ad ave-re una conoscenza di base dell’in-formatica, da mantenere aggiornatanel tempo;

• i docenti di qualsiasi materia e istitu-zione formativa siano in grado di uti-lizzare l’informatica anche nella loroattività didattica

• la cooperazione fra l'università e for-mazione si stringa più fortementecon un travaso bidirezionale di com-petenze

• avvenga un effettivo rafforzamentodei corsi post diploma

• tutte le scuole e gli enti di formazio-ne siano in rete e la utilizzino per l’at-tività didattica

Facilitare l’immigrazione e l’insedia-mento di personale altamente qualifi-cato. Il circolo vizioso che si innestafra una domanda di lavoro poco qua-lificato, che attira lavoratori poco qua-lificati, che a sua volta rafforzano una

richiesta poco qualificante va rotto fa-vorendo l’“immigrazione di cervelli”, ri-ducendo la fuga (“brain drain”) dellemigliori competenze all’estero o in al-tre regioni europee, o favorendone ilritorno. Rendere attrattivo l’insediamento dinuove imprese o di imprese estere adelevata tecnologia procede di paripasso con una politica pubblico-pri-vata che renda l’insediamento ancheabitativo in Emilia-Romagna nuova-mente attrattivo.

Innalzare la quota di investimenti in ri-cerca e sviluppo sul prodotto internolordo regionale favorendo l’accesso alcapitale di rischio da parte delle pic-cole e medie imprese.

Le politiche a favore della ricerca esviluppo e del suo finanziamento tro-vano già ampio spazio nella program-mazione triennale della regione Emilia-Romagna. Tuttavia scorrendo le listedelle istituzioni e delle imprese chepartecipano, ad esempio, a program-mi di iniziativa comunitaria, sorprendeche non vi siano momenti che favori-scano lo scambio e la co-operazionefra progetti, anche e soprattutto in ter-mini di utilizzo commerciale ed indu-striale dei risultati. In tal modo il potenziale moltiplicatorelocale della spesa in ricerca e svilupporimane ampiamente sottoutilizzato.L’uso della conoscenza cumulata e lasua trasformazione in valore devonoessere facilitati al di là dei pur neces-sari processi di formazione e com-mercializzazione. Favorire l’espansione dell'export mix,

innalzando la quota di esportazione diprodotti ad alto contenuto tecnologi-co e utilizzando le reti informatiche.

Abbiamo già evidenziato in altra partedi questo rapporto come il bisogno diservizi da parte delle imprese orientateall’esportazione si sostanzi in una do-manda di informazione (sull’affidabilitàdel cliente, sui partner potenziali, sullepotenzialità dei mercati e sulle oppor-tunità e vincoli dei mercati). Anche inquesto campo una azione di accom-pagnamento alle imprese nell’uso del-le reti (telematiche e logistiche) per ap-procciare meglio i mercati internazio-nali può trovare un campo di fecondacooperazione fra pubblico e privato.

Con quali istituzioni? Definiti gli obiettivi di politica per le im-prese che spettano al Governo regio-nale, rimane aperto il problema dellanecessità della messa in rete di tutti isoggetti presenti nel sistema–regioneche possono contribuire a fornire sup-porto alle imprese, favorendo la loroconvergenza verso gli obiettivi comu-ni, quindi promovendo un maggiorecoordinamento tra i diversi attori edevitando, così, costose e dannoseduplicazioni e sovrapposizioni. Si tratta, cioè, di capire in che modorafforzare la rete locale di sostegno edi sviluppo dei sistemi produttivi equale potrà essere, in questo nuovocontesto, il ruolo delle Camere dicommercio. Come si colloca l’esperienza dell’Emi-lia-Romagna in questo contesto? L’esperienza dell’Emilia-Romagna La graduale riforma del sistema regio-

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nale e locale attuata con la legge re-gionale 3/99 di attuazione del decen-tramento amministrativo in Emilia-Ro-magna ha messo in luce l’esigenza diinterpretare la prospettiva del “decen-tramento” non come il fine, bensì co-me lo strumento di un ampliamentodelle responsabilità dei territori e delleloro istituzioni politiche, economiche esociali. Conseguentemente il principio di sus-sidiarietà sembra aver trovato una suapiù corretta interpretazione grazie alcriterio della “prossimità”. L’idea tradizionale di sussidiarietà perla quale il pubblico interviene soloquando la società non è in grado diorganizzare la risposta ad un bisognocoincidente con un interesse genera-le, sta evolvendo in vista dell’esigenzadi garantire prioritariamente gli stru-menti della massima prossimità di unafunzione e di un servizio a coloro chene devono usufruire. Si sta affermando, pertanto, il temadella “sussidiarietà attiva” che non è lasemplice ripartizione delle competen-ze tra i soggetti di questo nuovo mo-dello di “governance”, ma la continuacollaborazione tra i soggetti stessi perorganizzare al meglio la prossimitàdelle funzioni e dei servizi a coloro chechiedono una risposta efficace e tem-pestiva al bisogno che rappresentano.

Le Camere di commercio nella “go-vernance” dei territori In questo contesto le Camere di com-mercio si propongono come uno deisoggetti protagonisti della “governan-ce” delle politiche di sviluppo econo-mico territoriale.

Proprio la traduzione del principio di“sussidiarietà attiva”, nel senso diuna sempre maggiore prossimità del-le politiche a chi rappresenta edesprime un bisogno, porta le Camerea proporsi come le interpreti più fe-deli degli interessi di quella che è sta-ta definita la “comunità economicametropolitana”. Del resto gli abitanti di questa comu-nità e cioè imprese, lavoratori e con-sumatori, nella Camera di commerciosono seduti allo stesso tavolo perperseguire un interesse comune cheè allo stesso tempo il migliore (quellopiù prossimo) interesse per ciascuno. Le Camere di commercio sono già perdefinizione, quindi, una esperienza dinuova governance del territorio. Alla luce di questa premessa possia-mo delineare per le Camere di com-mercio dell’Emilia-Romagna • una prospettiva di sistema che si

gioca sul grado di consapevolezzainterna al sistema stesso del proprioruolo di soggetto istituzionale di go-verno del territorio, chiamato, quin-di, a partecipare alla definizione del-le strategie regionali di politica per leimprese e a realizzare gli obiettiviconcreti del rapporto di collabora-zione con l’Ente Regione in una effi-cace interazione ed integrazionecon i livelli regionali delle associazio-ni imprenditoriali;

• una prospettiva locale che si giocainvece sulla volontà effettiva di ognisingola Camera di commercio diperseguire l’interesse generale delsistema locale delle imprese inve-stendo risorse e competenze a ser-vizio dello sviluppo.

Il sistema delle Camere di commerciodell’Emilia-Romagna In una prospettiva di sistema si èmossa l’Unione regionale che hacreato le condizioni per la concretizza-zione di alcuni atti molto importantiche ne hanno consolidato il ruolo diinterlocutore privilegiato del sistema –Regione. Nel corso del 2001 questiatti dovranno trovare una loro concre-ta ed operativa attuazione. L’atto più importante è stato quellodella firma di un Protocollo d’Intesacon la Regione Emilia-Romagna ai finidi una sempre maggiore integrazionedella rete dei servizi camerali con lepolitiche e le strategie regionali in ma-teria di attività produttive. In questo modo Regione e sistemadelle Camere di commercio si sonoimpegnati a condividere gli obiettividel Programma regionale triennale perlo sviluppo delle attività produttive edhanno individuato alcuni ambiti neiquali costruire rapporti di collaborazio-ne: creazione di nuove imprese, inizia-tive a sostegno del lavoro autonomo edelle professioni, sportello per l’inter-nazionalizzazione e programmi pro-mozionali per l’export, osservatoriosull’internazionalizzazione, progettiper la competitività dei sistemi produt-tivi locali, sportelli unici per le impreseed informazione economica. Un’intesa di grande rilevanza che indi-vidua strumenti per la realizzazione diinterventi in comune o comunque traloro integrati, anche (e questo è unfatto importante) “attraverso la valoriz-zazione di esperienze di eccellenzagià consolidate all’interno del sistemacamerale”.

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356 Politiche per un’economia basata sulla conoscenzaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

Si tratta della logica conseguenza deiprincipi affermati già all’interno dellalegge regionale 3/99, la legge di at-tuazione del decentramento ammini-strativo, nella quale il sistema delleCamere di commercio dell’Emilia-Romagna è stato riconosciuto a pie-no titolo come soggetto istituzionaledel governo del territorio. I principi ispiratori di questo rapportosono quelli dell’integrazione dei servi-zi, attraverso il coinvolgimento di tut-ti i soggetti che possono spenderecompetenze utili e caratterizzate daun riconosciuto grado di specializza-zione, nonché il co-finanziamentodelle iniziative dei soggetti coinvolti. Sulla creazione di nuova impresa l’o-biettivo è quello della costituzione diuna rete di sportelli territoriali localiz-zati presso le Camere di commercio,in rete con le associazioni territorialied i relativi servizi, in grado di fornirediverse tipologie di servizi integrati asostegno dell’aspirante imprenditore: • informazione sui finanziamenti (at-

traverso l’aggiornamento annualedella guida on line già realizzata dalsistema camerale regionale);

• formazione per gli aspiranti impren-ditori e per i neo – imprenditori;

• informazione personalizzata; • osservatorio nuove imprese (inda-

gine sulle dinamiche di impresa neiprimi cinque anni di vita);

• mappatura delle opportunità im-prenditoriali (analisi dei dati socio–economici di determinate areeterritoriali – distretti – ed individua-zione di macro settori di attività amaggiore potenzialità);

• promozione (uscite sulle testate lo-

cali e riviste specializzate, bollettinosulle attività della rete destinato adamministratori locali e dirigenti as-sociativi)

• dispense monografiche sulle singo-le professioni;

• servizi di consulenza in genere (tu-toraggio in materia di fisco, conta-bilità, tenuta paghe, ecc.) immessinella rete dalle associazioni di cate-goria che hanno già maturato, inquesto campo, esperienze e com-petenze di valore.

Sul tema del monitoraggio e dell’ana-lisi dell’economia regionale, l’obietti-vo è quello di fornire il sistema regio-ne di uno strumento di supporto allepolitiche economiche regionali imma-ginando di far lavorare, anche in que-sto caso, in una logica di rete, i sog-getti che detengono le più qualificateed affidabili fonti di informazione eco-nomica presenti in regione, a partiredalle Camere di commercio, anchevalorizzando le analisi e le rielabora-zioni già esistenti. Anche in questocaso le Camere di commercio dellaregione hanno già fatto un primopasso nel senso della razionalizzazio-ne dei propri archivi informativi attra-verso l’istituzione degli sportelli ca-merali per l’informazione economico– statistica. Questo perché sia possibile garantirealla società regionale ed ai suoi atto-ri pubblici e privati un monitoraggiocostante dell’economia regionale(anche per settore e per aree territo-riali) attraverso studi di scenario chepreludano a loro volta alla definizionedi strategie di sviluppo consapevoli

delle criticità e coerenti con le poten-zialità dell’economia stessa.

Una nuova cultura camerale In una prospettiva locale, invece, unadelle sfide più importanti per le Ca-mere di commercio dell’Emilia-Ro-magna è quella dell’innovazione dellacultura, degli strumenti e delle strate-gie attraverso le quali rispondere alloro nuovo ruolo ed, in questa pro-spettiva, emerge come centrale il te-ma del rapporto con le associazionidi categoria, diventate le nuove“azioniste” delle Camere di commer-cio e, quindi, le potenziali artefici eprotagoniste di questa auspicabileevoluzione di una nuova cultura ca-merale. Va allora visto in maniera positiva iltentativo di formare nelle Camere dicommercio, in occasione del recenterinnovo dei Consigli camerali, in at-tuazione della legge 580/93 di riordi-no delle Camere di commercio, unnuovo gruppo dirigente senza cede-re alla tentazione di riproporre neiConsigli stessi l’esatta fotografia del-l’establishment associativo: se nelleCamere di commercio si devono svi-luppare, come abbiamo visto, unanuova modalità di relazioni con il ter-ritorio e le sue istituzioni (la nuova“governance”) è stata e sarà coeren-te, in vista di questo obiettivo, lascelta di investire su una nuova clas-se dirigente. Si tratta, in definitiva, di scongiurare ilrischio di un approccio troppo rigidocon la riforma del sistema: le asso-ciazioni di categoria sembra abbianodavvero interpretato il riconoscimen-

Le politiche di sviluppo del territorio

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to del diritto di designazione dei pro-pri rappresentati nei Consigli came-rali come una opportunità per contri-buire alla trasformazione del ruolodella Camera di commercio nello svi-luppo del territorio, nella promozionedi un interesse generale del sistemadelle imprese. In realtà nelle nuoveCamere di commercio, al di là di unaasettica interpretazione delle normeriformate, è proprio la capacità di ela-borare idee per lo sviluppo comples-sivo del sistema imprenditoriale loca-le che legittima una associazione aformulare la designazione dei proprirappresentanti all’interno dei Consiglicamerali, indipendentemente dalla“quantità” di quella rappresentanza. La Camera di commercio deve pro-porsi, pertanto, come soggetto di fi-nanziamento pubblico dello sviluppolocale. Qui si gioca il futuro delle Ca-mere di commercio e la credibilità delsistema, ad esempio, per quello cheriguarda le risorse: d’altronde il siste-ma camerale non riuscirà a racco-gliere dallo Stato o dalle Regioni ulte-riori risorse senza un previo sostan-ziale giudizio su come queste risorsevengono utilizzate. E su questo giudi-zio peserà certamente il modo in cuisarà fatta la programmazione, pese-rà l’effettiva capacità di concentra-zione di investimenti e risorse e di se-lezionare i progetti sulla base della di-retta incidenza sullo sviluppo locale. Il giudizio ultimo sarà, quindi, sulle ca-pacità delle Camere di commercio diessere fattore moltiplicativo non dellespese, bensì degli investimenti sulterritorio, sulla capacità delle Cameredi essere un buon utilizzatore della

spesa. Questa riflessione va, quindi,approfondita con le associazioni dicategoria, perché occorre continuaresulla strada che porta il managementassociativo a rendere funzionale lamodalità di spesa e di impostazionedella progettazione della propria Ca-mera ad una logica di sviluppo com-plessivo del territorio. Con questa lo-gica le Camere devono essere prota-gonisti della concertazione sul territo-rio e fare della concertazione lo stru-mento per mettere insieme la disponi-bilità di vari attori, pubblici e privati, asperimentare congiuntamente nuovemodalità di promozione e gestionedello sviluppo. Il Programma regionale triennale perle attività produttive ha giustamentededicato un apposito Asse agli inter-venti per la promozione della com-partecipazione delle istituzioni locali,per l’attuazione di metodi concertati-vi, anche per favorire il cofinanzia-mento locale di iniziative e progettida parte di soggetti pubblici, asso-ciativi o privati presenti nel territorio. Programmazione negoziata, attrazio-ne e realizzazione di progetti di inve-stimento da parte di imprese esternenel territorio regionale e ristrutturazio-ne di imprese sono gli obiettivi dellesingole misure dell’Asse. Un incentivo in più per promuoverel’idea di una Camera di commercioche, in questo contesto, è in grado digarantire un contributo di idee e di ri-sorse tali da legittimare a pieno titoloil riconoscimento del proprio ruolo disoggetto istituzionale del governoterritoriale, protagonista della nuova“governance” del territorio.

Le politiche di sviluppo del territorio

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358 Politiche industriali locali per uno sviluppo globale. Alcune considerazioniDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2002 e previsioni per il 1993

L’intersezione fra reti produttive e di-namiche del territorio non può esse-re più solo descritta in termini di lo-calizzazione, come appare evidentedalle analisi riportate in questa primaparte del Rapporto sull’economia re-gionale.

Se il “fare impresa” nell’economiaglobale risulta sempre più comples-so, anche il "fare politica" nel nuovocontesto competitivo assume con-torni nuovi e sempre più indetermina-ti. Una delle certezze che ha caratte-rizzato le politiche economiche ed in-dustriali degli ultimi anni è stata l’am-bito territoriale di intervento. Oggi non è più così, la globalizzazio-ne porta alla creazione di sistemi ca-ratterizzati da un’ampia multidimen-sionalità del valore localizzativo, intutte le sue componenti. Non si trat-ta solo delle componenti “immobili”ma anche di fattori legati all’impren-ditorialità e ad una “conoscenza” dif-fusa - scientifica, tecnologica, com-merciale - ad una ricchezza del con-testo culturale e ad una attitudine po-sitiva verso la “spinta ad intraprende-

re”. E, non ultimo, di un riferimentoistituzionale, nei suoi diversi livelli, ne-gli anni sempre più cosciente e re-sponsabile della centralità, ma nondella esaustività della dimensione lo-cale.

Se, infatti, vi è una diffusa coscienzache le modalità di produzione sonoda sempre organizzate in reti produt-tive e filiere, tale osservazione ha ra-ramente costituito oggetto di analisidell’impresa nel suo complesso, eancora più raramente è divenutaspunto operativo per interventi di po-litica economica. I capitoli preceden-ti dimostrano come non solo le mo-dalità di vendita o di presenza suimercati si sono andate in questi annisviluppando come reti di relazioni,ma le stesse forme organizzative (siadal punto di vista delle forme giuridi-che dei gruppi che dal punto di vistadei sistemi di localizzazione) dell’im-presa siano forme organizzative a re-te, plurilocalizzate e sempre di piùdisancorate dal territorio. Diventa urgente quindi la risposta aduna domanda: cosa è possibile real-

mente realizzare a livello di politicheeconomiche regionali? Quale azionepuò essere effettivamente efficace equali strumenti sono adeguati? Queste domande sono più urgentiproprio quando il processo di devolu-zione dei poteri si trova sostanzial-mente incompiuto e ancora in pienocorso di definizione. Anche a livelloregionale in Emilia-Romagna si staper discutere lo statuto regionale e sista per avviare la discussione sulnuovo programma triennale per le at-tività produttive. In questa prospetti-va ci sembra importante rileggere leprincipali necessità di politica econo-mica locale in una ottica rinnovata.

Cosa è accaduto alle politicheeconomiche ed industriali negliultimi anniIl dibattito che si è svolto nella se-conda metà degli anni ’90 è stato in-centrato sulla “crisi del modello emi-liano” e sulla necessità di modificare,anche in vista di un potenziato ruolodelle regioni, gli interventi di politicaindustriale. In particolare le critichesono state rivolte al funzionamentodel sistema dei servizi reali alle im-prese, e, nello specifico, dei centri diservizio settoriali. Deterritorializzazio-ne delle catene del valore, trasforma-zioni radicali nei principali distretti in-dustriali, dove l’emergere di impreseleader ha cambiato il sistema dellerelazioni, concorrenza fra aree hannoreso evidente la debolezza di formedi sostegno alla piccola e media im-presa. Non solo il mercato stavaprovvedendo altrimenti, ma l’organiz-zazione stessa dei sistemi produttivi

Le politiche di sviluppo del territorio

Politiche industrialiper uno sviluppo globale.Alcune considerazioni.

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Politiche industriali locali per uno sviluppo globale. Alcune considerazioni 359Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2002 e previsioni per il 1993

ricorreva ad altre forme di approvvi-gionamento dei servizi, sostanzial-mente estranee alle logiche che pre-siedettero alla fondazione e gestionedei centri di servizio reali alle imprese. La coscienza dei limiti delle politichedel passato e la necessità di definir-ne nuove hanno portato ad una serielunga, e molto probabilmente nonancora conclusasi, di chiusure, di ri-definizioni strategiche, di ristruttura-zioni del sistema dei servizi reali nonsolo da parte del sistema che fa rife-rimento alla Regione e all’Ervet. Soloper rimanere al mondo delle Cameredi commercio, la constatazione diuna necessità di svolta nelle politichea favore dell’internazionalizzazioneha portato alla chiusura del CentroEstero, senza che questo necessa-riamente rendesse disponibili mag-giori risorse alle imprese, né rendes-se maggiormente flessibile la gestio-ne dei fondi destinati all’internaziona-lizzazione nel complesso sistemapubblico-privato. travagliato e maiben definito (in termini di consenso)tentativo di regionalizzazione dell’e-sperienza parmense, non ha portatoa nuovi strumenti, deviando ognidiscussione non tanto sulla necessitàdi una politica per le nuove imprese esulle sue finalità, ma sui “ruoli” e le“prerogative dei soggetti”, questionequesta di difficile soluzione se non èchiaro cosa si intenda veramente fa-re. Sarebbe troppo facile continuarecon altri esempi, non v’è settore eco-nomico (il commercio, l’artigianato…)o tema di politica (l’informazione eco-nomica, i distretti…), che non sia sta-to, per motivi diversi e sempre co-

erenti e giusti, “semplificato”. La ne-cessaria semplificazione, il desideriodi evitare duplicazioni, sembra averetrasformato la politica regionale inuna corsa alla chiusura, realizzandocosì il paradosso per cui una regioneche è ovunque analizzata e studiataper la sua “istitutional thickness”, ilsuo “spessore istituzionale” sia in ter-mini qualitativi che quantitativi, correil rischio di essere in realtà talmentesemplificata da rimanere in qualchemisura assente da temi importanti.

Nulla vi sarebbe da obbiettare a talesemplificazione nelle politiche se ef-fettivamente ci trovassimo “in mezzoal guado”, vale a dire se ci si trovas-se in quel delicato momento in cuiabbandonati vecchi modi di agire an-cora non si vedono gli effetti di quellinuovi. In realtà funzioni che venivanosvolte in passato lo sono ancora og-gi, azioni di politica che non sono piùsvolte sono da alcuni richieste, senon rimpiante.

Anche qui i comportamenti sono inqualche misura paradossali: mentre ilsistema delle imprese, ma anchequello delle pubbliche amministrazio-ni, in Europa si rivolge sempre di piùalla esternazionalizzione delle suefunzioni tecniche e burocratiche, de-legandole sempre di più o a vincitoridi gare di appalto o a forme associa-tive pubblico private, o semplice-mente a forme di associazionismoprivato, i policy makers regionalistanno restituendo funzioni agli ap-parati amministrativo-burocraticipubblici.

Gli enti locali, come istituzioni, sonoinfatti dotati di loro risorse finanziarie,vengano esse da trasferimenti dellostato o dalla fiscalità generale o spe-cifica, e da obiettivi politici definiti dalmandato elettivo e oggetto di verificada parte dell’elettorato. Per il rag-giungimento di tali obiettivi occorresvolgere attività per le quali, spesso,le istituzioni non sono attrezzate, siaperché non hanno la necessaria fles-sibilità per decidere rapidamente edin maniera snella, sia perché non ri-escono ad attrarre le competenzenecessarie. Da sempre, quindi le isti-tuzioni si sono dotate di “agenzie”,vale a dire di strumenti operativi piùflessibili, capaci di agire più rapida-mente, dotati di missioni che realiz-zano operativamente il mandato elet-tivo, ma non di risorse finanziarie pro-prie. Ne sono esempi l’Ervet per laRegione, le Municipalizzate per i Co-muni, le Aziende Speciali per le Ca-mere di commercio. Il processo di semplificazione o ride-finizione delle missioni di tutti questisoggetti in una ottica di snellimentodel settore pubblico, ha, come ab-biamo già descritto, portato alla chiu-sura di alcuni strumenti, le cui funzio-ni e attività sono paradossalmentenon cessate, ma ritornate nelle manidirette degli uffici delle istituzioni, chenon sono per loro natura, strutturatiper svolgerle.

Possiamo ancora rifarci all’interna-zionalizzazione e alle nuove impreseper trovare esempi eloquenti. Lachiusura del Centro Estero delle Ca-mere di commercio è seguita alla

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360 Politiche industriali locali per uno sviluppo globale. Alcune considerazioniDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2002 e previsioni per il 1993

apertura di uno sportello regionalecon il compito di “regionalizzare” leiniziative e gli strumenti finanziari diICE, SACE e SIMEST. Di recente talesportello, da piccola agenzia che era,è stato nuovamente trasformato inun servizio della Regione Emilia-Ro-magna, con un suo dirigente. Unaparte delle funzioni precedentementesvolte da Centro Estero, continuanoad essere richieste (una fra tutte: l’or-ganizzazione della partecipazione dipiccole e medie imprese a fiere este-re), ma nessuno se ne fa carico; lefunzioni che prima venivano svolte intempo ora lo sono con i ritardi tipicidella struttura istituzionale pubblica,senza che vi sia una chiarezza su re-gole e priorità d’azione. Nel settoredella promozione delle nuove impre-se le Camere di commercio stannoora cercando di fornire un livello mini-mo di informazione sulle iniziative afavore dei nuovi imprenditori. Anchetale funzione civile minima, primasvolta dal BIC viene ora svolta trami-te sportelli dedicati ma spesso inter-ni alla struttura camerale.

Piccole strutture specializzate sonostate chiuse e le loro funzioni riporta-te all’interno di grandi istituzioni de-specializzate: ci si può attenderemaggiore trasparenza e non concor-renzialità coi privati, ma non ci si puòattendere miglioramenti in terminid’efficacia delle politiche.

Politiche tradizionali e politicheinnovativeSe ci troviamo dunque alla fine (tu-multuosa) di un ciclo di politiche eco-

nomiche, da quali politiche ripartire econ quali modalità? Vorremmo ripro-porre qui le stesse chiavi di letturaproposte nel primo capitolo: esistono considerati desueti, ma che tuttavianon possiamo evitare di utilizzare peravere una indicazione, sia pure ap-prossimativa, di cosa avviene sul ter-ritorio. Possono esservi politiche emodi di fare politica che si pongonoesattamente come obiettivo il miglio-ramento di quegli indicatori. Discute-remo di queste politiche per capirese e come esse possano essere an-cora perseguite, con quali costi econ quali risultati attesi, da quali isti-tuzioni con quali strumenti. Ci per-metteremo poi di accennare anche apotenziali politiche e modi di fare po-litica che invece cerchino di migliora-re e consolidare cosa nasce dal terri-torio inteso come sistema di relazioniche lo attraversa, che origina in unterritorio ma ne “invade” e ne struttu-ra altri.

Politiche tradizionaliL’agenda delle politiche tradizionali disviluppo è nota da tempo. Essa an-novera: • le politiche per favorire la crescita

della dimensione aziendale, o perlo meno la rimozione degli ostacolialla crescita; in particolare il favori-re in ogni modo l’accesso al mer-cato dei capitali, farsi carico dellasuccessione d’impresa, della for-mazione imprenditoriale, favorirel’insieme delle dismissioni del pub-blico e una seria politica di privatiz-zazioni che favorisca l’emergere disoggetti privati di grandi dimensio-

ni. Su una tale agenda di crescitanon v’è tuttavia nessuna forma diconsenso diffusa. Il tema della cre-scita dimensionale e dell’importan-za della coesistenza e in un siste-ma economico complesso di im-prese di grande dimensione assie-me ad imprese di dimensione mi-nore sembra essere uscito dallediscussioni di politica economica,spesso bollato come desueto, ba-nale o scarsamente rilevante. Inparte ciò è dovuto alla maggiore vi-sibilità sociale della crisi delle gran-di imprese nei momenti sfavorevoli,in parte effettivamente le reti inter-imprenditoriali hanno saputo ricrea-re, spesso a livello di gruppo, alcu-ni dei vantaggi della grande dimen-sione. Sicuramente ciò che apparenon chiaro è chi possa farsi caricodi azioni di politica come quelle de-scritte, se non in una logica di forteco-operazione fra istituzioni e fraqueste e il settore privato.

• Innovazione, ricerca e sviluppocontinuano ad essere invece attua-li anche nelle discussioni che sicompiono a livello regionale. È in-fatti abbastanza evidente che inmodelli regionali che importanotecnologie ed esportano prodotti dibase una maggiore quota di svilup-po tecnologico endogeno possaessere un fattore di riequilibrio, nonsolo della bilancia dei pagamenti,ma anche di un mercato del lavoroche stenta ad assorbire lavoratorifortemente qualificati e continua adesprimere domande di lavoro abasso contenuto formativo. Se vi èunanimità di consenso su tale

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obiettivo, non appare esservi unasufficiente articolazione delle politi-che, nemmeno di quelle tradiziona-li. Se appare irrinunciabile infattistringere ulteriormente i rapporti frauniversità e impresa (ma con mag-giore mobilità di persone e ricerca-tori in ambo le direzioni) ed è meri-tevole finanziare direttamente la ri-cerca svolta dalle imprese, rimanebassa, ad esempio, la quota di bi-lancio che le pubbliche amministra-zioni locali spendono direttamentein ricerca e sviluppo.

• L’internazionalizzazione delle pic-cole e medie imprese rimane unobiettivo attuale, anche se le formedi tale sostegno ai processi di inter-nazionalizzazione debbono ritrova-re una più ampia articolazione chevada dalla più semplice delle inizia-tive di partenariato, fino al soste-gno dell’investimento rilocalizzati-vo, passando per la partecipazionea piani di sviluppo che individuinochiaramente mercati e prodottistrategici da promuovere. La politi-ca di internazionalizzazione nonregge ad una semplificazione ec-cessiva che le sottrae ricchezza diazione.

• I problemi di coesione sociale chesi manifestano, ad esempio, con laforte discrasia fra qualità della do-manda e dell’offerta di lavoro, do-vrebbero essere i naturali temi og-getto di concertazione fra governi eparti locali, poiché possono trovaresoluzione solo in una ottica di coin-volgimento complessivo di tutta lasocietà locale. Occorre quindi evi-tare che la concertazione venga

meno da una parte o si attivi, dal-l’altra, solo in una ottica si risolu-zione di emergenze o per discuteredella destinazione di fondi.

L’innovazione nelle politicheRadicare le politiche di sviluppo, os-sia permetterne la forte condivisionedegli obiettivi di intervento, non signi-fica tuttavia concepirle secondo unapproccio di chiusura e di autoconte-nimento dal punto di vista territoriale.Il successo delle imprese di un di-stretto o, più in generale, di un siste-ma locale è, invece, da ricondurreproprio nella capacità di tessere unarete di relazioni con altre imprese, se-condo la logica del network. A que-sta logica devono rispondere anchele politiche locali, superando i confiniamministrativi, perché lo stesso svi-luppo dei distretti e dei sistemi eco-nomici travalica gli ambiti provinciali eregionali. Ne consegue che i soggetti che con-cepiscono queste politiche, in una lo-gica di concertazione sul territorio,contesto che è più vasto di quello lo-cale/regionale. La stessa concerta-zione parte dal locale, ma deve ga-rantire un confronto più ampio traistanze e soggetti che operano in unsistema globale. In caso contrario ri-schia di chiudersi sul territorio conforte rischio di involuzione: l’espe-rienza ci dimostra che diversi distret-ti hanno attraversato periodi di crisiproprio quando è prevalso un ap-proccio eccessivamente “localistico”e troppo “autocontenuto”.

Anche la specializzazione settoriale,

tipica del distretto “marshalliano” -con una divisione per fasi della produ-zione e le caratteristiche di auto-con-tenimento territoriale dei processi pro-duttivi - è oramai largamente superatadalla dinamica dei fenomeni competi-tivi e non riesce oggi a fotografare larealtà produttiva distrettuale, che vasempre più diversificandosi. Questo conferma che il successodelle politiche di intervento passa at-traverso la capacità degli attori localidi organizzarsi ed elaborare progettidi sviluppo secondo aggregazioninon necessariamente prestabilite mache possono, di volta in volta, coin-volgere aree diverse e segmenti diffe-renti della filiera. Tutto ciò ha profonde implicazioni sul-l’organizzazione della capacità di ri-sposta da parte dei soggetti istituzio-nali, soprattutto per quelli che hannoun carattere “funzionale” e che sonochiamati a intervenire nelle politiche disviluppo. Solo attraverso una forma di"governo" che vede pubblico e priva-to integrati sul territorio ed impegnati aconcordare possibili percorsi comunidi sviluppo è possibile garantire com-petitività al sistema economico senzaperdere di vista l’obiettivo della co-esione sociale. L’impresa, e la rete a cui appartiene,

sarà quindi tanto più forte quantomaggiore sarà la capacità degli atto-ri economici e dei decisori politici dioperare come un unico soggetto col-lettivo, come “sistema territorio”.

In termini di agenda politica questosignifica: • sostenere le reti inter-imprendito-

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riali attraverso il supporto alle infra-strutture telematiche e ai servizi direte. Non si può infatti pensare chele infrastrutture telematiche sanocostituite solo dai sistemi di ca-blaggio, così come un’autostradanon è costituita solo dal nastro d’a-sfalto ma dall’insieme di servizi chesono resi per renderla fruibile. L’al-ta velocità delle connessioni restainutilizzata se pubblica amministra-zione e privati non si alleano percostruire servizi e contenuti che lautilizzino.

• Favorire l’aggancio del sistema lo-cale della ricerca alle reti europee,facilitando la partecipazione dellePMI. Il IV programma quadro per laricerca e sviluppo sta infatti conso-lidando reti europee di ricerca chesaranno le destinatarie di consi-stenti fondi e di larga autonomiaoperativa. Tali reti a giudizio dellacommissione sono il solo strumen-to in grado di dare massa critica eforte crescita anche dimensionaleagli output della ricerca in Europa.

• Favorire il radicamento di impresead alto contenuto di ricerca e diconoscenza, anche riprendendo esostenendo in una nuova forma,iniziative di marketing del territorio.

• Fare leva per realizzare gli obiettivisu alleanze strutturate, anche se atermine, fra imprese, fra imprese ele loro forme associative e consor-tili e fra imprese ed enti locali, senon si vuole tornare all’apertura ditradizionali “agenzie” e non ci sivuole ridurre alla pura distribuzionedi fondi.

Agire come “sistema territorio” trava-

licando i confini amministrativi è diprioritaria importanza nell’appronta-mento degli interventi mirati ad innal-zare al competitività del contesto incui opera l’impresa. A partire dalladotazione infrastrutturale, che richia-ma immediatamente un ambito so-vra-regionale di riferimento. È infattievidente come tutte le infrastrutture“di rete” - strade, ferrovie, oleodotti,… - teoricamente in grado di fornire ipropri servizi in ciascun punto delterritorio attraversato, non possanoesaurire i loro effetti nei confini regio-nali. Allo stesso modo, le infrastruttu-re “puntuali” - porti, aeroporti, ospe-dali, università, … - che implicano lospostamento dell’utenza dal luogo diresidenza a quello di localizzazionedei servizi, possono insistere su areedi gravitazione estese al di fuori dellaregione di localizzazione. In sostanza, possiamo dire che l’“of-ferta” di infrastrutture di un territorionon esaurisce solamente la “doman-da” del territorio stesso, ma anchequella espressa dalle aree ad esso vi-cine, con modalità progressivamentedecrescenti. Una ricerca svolta daUnioncamere e dall’Istituto GuglielmoTagliacarne evidenzia infatti come ilpassaggio dalla regione alla macroarea comporti un avvicinamento deivalori della domanda a quelli dell’of-ferta. Questa considerazione vale pertutte le tipologie infrastrutturali, sianoesse di rete o puntuali. Il trasferimento ai soggetti locali dellecompetenze in materia di politica in-dustriale e la differenziazione sul ter-ritorio degli interventi, per quanto au-spicabile in un'ottica di recupero di

efficacia, potrebbe quindi rivelarsiportatrice di rischi per quel che ri-guarda il grado di efficienza comples-sivo delle politiche di intervento. Un'eccessiva attenzione ai micro-in-teressi locali farebbe infatti perdere divista il disegno unitario che legarel'autonoma azione delle autorità lo-cali ad un obiettivo di carattere gene-rale, quale può essere quello del raf-forzamento della competitività strut-turale del Paese.

Ma quali conseguenze avrà il trasferi-mento di competenze agli enti de-centrati sull’impostazione della politi-ca industriale? A prima vista, l'assun-zione delle competenze in materia dipolitica industriale da parte degli entilocali potrebbe favorire il ritorno all'u-tilizzo di criteri di intervento impronta-ti a maggiore selettività. Il decentra-mento amministrativo risolve infatti laquestione sul livello “ottimale” al qua-le non soltanto gestire gli interventi,ma anche definire gli obiettivi dellapolitica industriale: la scelta cade sullivello locale, da tempo indicato co-me il più adeguato. Sembra comunque importante rile-vare come, nel primo anno di appli-cazione del decentramento ammini-strativo, le regioni abbiano mostratouna spiccata tendenza a differenziarele caratteristiche degli interventi e aselezionare in modo non uniforme glistrumenti disponibili. L'orientamentoverso un recupero della selettività, sedavvero dovesse consolidarsi, è sog-getto a rischi non trascurabili. Il ri-schio maggiore si manifesterebbequalora il recupero di selettività nel-

Le politiche di sviluppo del territorio

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Politiche industriali locali per uno sviluppo globale. Alcune considerazioni 363Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2002 e previsioni per il 1993

l'uso degli strumenti dovesse avveni-re in assenza di una strategia gene-rale di sviluppo, rispondendo più allepressioni dei gruppi di interesse me-glio radicati sul territorio, che ad unpiù alto obiettivo di miglioramento delcontesto in cui si trova ad operarel'intera platea degli operatori locali. Se un legame fra decentramento especificità dell'intervento può dun-que essere auspicato, il disegno del-le politiche industriali regionali nonpotrà darsi per completato se non afronte della condivisione di obiettiviche leghino fra loro i diversi interven-ti sul territorio e che assicurino unapiena coerenza con le azioni per losviluppo intrapreso a livello europeo.È questo, tra l’altro, il caso dei Pro-grammi Operativi Regionali (Por) nel-l’ambito dell’utilizzo dei Fondi struttu-rali europei. Si ripropone qui la ne-cessità di una stretta forma di coordi-namento fra la gestione diretta dellapolitica industriale da parte delle am-ministrazioni locali e le capacità di in-dirizzo che lo stato centrale sarà co-munque chiamato a svolgere. La definizione di una corretta specia-lizzazione funzionale fra apporti delGoverno e degli enti territoriali costi-tuisce un elemento in grado di in-fluenzare fortemente gli esiti del pro-cesso federalista sulla gestione dellapolitica industriale. Ci sembra inoltre che proprio in que-sto campo possa rivelarsi fecondo ilcoinvolgimento di soggetti terzi che,seppur non deputati direttamente algoverno degli strumenti di politicaeconomica, hanno comunque carat-teristiche e competenze fruibili nel-

l'ambito del processo conoscitivo sucui si fondano le scelte pubbliche. Ilriferimento non è tanto alle procedu-re di concertazione già avviate, chegarantiscono in misura più o menoampia il coinvolgimento delle partisociali nelle scelte di politica indu-striale, quanto alla predisposizione dinuove funzioni di analisi e di apportodi conoscenze alle amministrazionilocali.

Importante potrebbe rivelarsi, in que-st'ambito, il ruolo delle Camere dicommercio. Per il loro radicamentolocale, unito alla diffusione sull'interoterritorio nazionale, le Camere dicommercio possono costituire unponte fra le esigenze di conoscenzagenerale e di intervento specifico concui si confronteranno i nuovi respon-sabili della politica industriale. Attraverso un accorto ampliamentodelle cosiddette "funzioni espletate", ilsistema camerale può farsi portatoredi un apporto conoscitivo aggiuntivoanche nei confronti dell'opera di coor-dinamento e indirizzo che residua allostato centrale, proponendosi di fattocome trait d'union fra un governo na-zionale, che ha rinunciato a moltecompetenze in materia di gestionedegli strumenti di politica industriale, egli enti locali, che devono ancora ac-quisire la necessaria esperienza perutilizzare le deleghe conferite.

Le politiche di sviluppo del territorio

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364 Il nuovo scenario competitivoDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Il principale argomento di discussionedel dibattito economico l'unificazionemonetaria europea, in particolare ivantaggi e gli svantaggi che la mone-ta unica arrecherà alle imprese emilia-no-romagnole. Attraverso l'analisicongiunturale e basandosi sulle sceltedi investimento effettuate dalle impre-se nel periodo 1989-96 è possibilefornire alcune linee di tendenza checaratterizzeranno i prossimi anni. Il1996 presenta infatti una situazionedel ciclo economico che per moltiaspetti può essere assimilata a quelladei primi anni novanta: produzione infase di stagnazione, domanda in calo,prospettive occupazionali negative.

Sono di fatto caduti tutti i fattori che inqualche maniera in passato hannogenerato forme di disparità nel merca-to a favore di determinate realtà indu-striali, alimentando effetti distorsivisulla concorrenza, come il deprezza-mento della Lira. Ripercorrere, seppu-re per grandi linee e limitandosi a soli8 anni, l'evoluzione del ciclo economi-co dell'industria in Emilia-Romagnapuò fornire utili indicazioni per delinea-

re lo scenario che si prospetterà neiprossimi anni. Analizzare gli investi-menti industriali nello stesso arco tem-porale, disaggregati per ammontare,tipologia, area di destinazione e finali-tà, consente di tracciare le linee stra-tegiche di sviluppo da seguire in futu-ro per accrescere, o almeno mante-nere inalterata, la posizione competiti-va raggiunta dall'industria regionale.

Gli anni ottanta sono stati caratteriz-zati da una lunga fase espansiva delciclo economico. In questo periodo leimprese regionali hanno intrapresouna delle più massicce fasi di ristruttu-razione del dopoguerra, motivataprincipalmente dalla fine dell'energia abasso prezzo, l'alto costo del denaro,la necessità di abbattere il costo dellavoro per unità di prodotto, l'esigen-za di accrescere la produttività. I risul-tati della profonda trasformazione sisono registrati a partire dal 1984: fa-vorita da una domanda crescente l'e-conomia regionale, ma anche quellanazionale, è cresciuta a ritmi costanti.L'espansione della produzione neces-saria a soddisfare una domanda in

continua accelerazione ha condizio-nato le finalità che negli stessi anni so-no alla base del processo di determi-nazione delle scelte di investimento.Sono state infatti, la sostituzione delmacchinario e delle attrezzature, non-ché l'ampliamento della capacità pro-duttiva stessa ad orientare le strategiedi accumulazione del capitale. Si èquindi puntato prioritariamente al po-tenziamento del processo produttivo,utilizzando, in misura consistente, acopertura degli investimenti l'indebita-mento bancario a breve termine.

I primi anni novanta hanno segnato ilrallentamento dell'economia, acuitodalla crisi del Golfo Persico. Le aspet-tative, fino ad allora improntate all'otti-mismo, si sono raffreddate brusca-mente, alimentando un clima di sfidu-cia ed incertezza motivato da timori diun nuovo shock petrolifero con con-seguenze sull'inflazione. Anche lasuccessiva ripresa degli anni 1994 e1995, trainata dall'incremento delleesportazioni a seguito della svaluta-zione della lira del settembre 1992, èattenuata dai molti fattori di incertez-za, non direttamente controllabili dal-l'impresa, quali la crescita dei tassi diinteresse e il ritorno alla conflittualitàsociale. La mancanza di punti di riferi-mento stabili nel tempo su cui punta-re, anche a breve termine, risulta es-sere l'elemento caratterizzante lo sce-nario economico di riferimento deglianni novanta.

L'analisi della serie storica dei daticongiunturali evidenzia la presenza dialcune variabili critiche su cui le impre-

La crescita della ricchezza

Il nuovo scenario competitivo

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Il nuovo scenario competitivo 365Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

se in questi anni hanno agito in ma-niera massiccia per far fronte ai muta-menti congiunturali in atto. È propriodallo studio di questi fattori che sipossono comprendere le variazioniavvenute e avanzare valutazioni sulledinamiche che si verificheranno nelbreve periodo.

I prezzi sono sicuramente una delle le-ve su cui si è agito maggiormente permodificare l'andamento congiunturalein atto, in particolare nel periodo1993-95 quando la svalutazione dellalira ha permesso di invertire il trendcongiunturale negativo dei primi anni

novanta. Nel settembre 1992 l'uscitadell'Italia dallo SME, legata prevalen-temente all'indiscriminato aumentodell'inflazione, ha sancito il suo ingres-so in un sistema di cambi fluttuanti. Ildeprezzamento del cambio ha resopiù competitive le esportazioni e haportato una forte iniezione di ripresanel sistema nazionale aprendo la pos-sibilità alle imprese di attuare strategiebasate sulla variazioni dei prezzi este-ri. Nel 1994 è prevalsa una strategiaorientata all'espansione del mercatodi riferimento attraverso una politicavolta a contenere l'aumento dei prez-zi, mentre nel 1995 si è puntato parti-

colarmente a massimizzare la profitta-bilità delle operazioni con l'estero pro-cedendo anche al rialzo dei listini.

I primi nove mesi 1996 tuttavia, purcontinuando ad essere caratterizzatidall'appartenenza ad un regime dicambi flessibili, presentano perfor-mance della struttura industriale chelo rendono più simile ai primi anni no-vanta. L'aumento delle esportazioniitaliane verso il resto del mondo e, inparticolare, nei confronti del "migliorecliente", l'Unione Europea, ha indottoun forte incremento della domanda e,conseguentemente ha innescato un

Tabella 3.1 I principali indicatori congiunturali dal 1980 al 1996.

Anno Var. % % util. Var. % % estero Prezzi Prezzi Ordini Ordini Ordini Var. % OreProduz. impianti Fattur. su fattur. interni esteri interni esteri totali occupaz. lavorate

80 5,93 74,85 0,25 81 -1,35 76,05 -0,23 82 -3,45 74,00 -0,60 83 -1,15 72,50 -0,40 84 9,03 75,35 11,13 5,88 8,50 7,05 -0,53 132,73 85 1,18 74,68 7,88 1,28 6,58 3,49 -0,73 130,45 86 3,20 76,58 6,10 2,80 4,48 3,55 -0,34 130,10 87 5,90 77,03 9,15 9,48 4,18 7,31 -0,35 133,65 88 8,60 79,08 13,40 7,78 10,10 8,82 0,18 133,68 89 6,25 80,53 10,08 31,90 5,80 5,03 5,98 7,13 6,35 0,03 133,3390 2,78 78,75 6,40 32,35 4,70 4,18 3,20 4,13 3,49 0,00 128,9891 1,28 76,83 4,35 32,10 4,23 3,65 1,23 1,38 1,28 -0,68 127,4592 1,93 76,20 5,40 32,80 3,15 3,25 1,33 4,23 2,27 -0,98 127,4393 0,10 75,20 4,05 36,03 2,75 4,70 -2,70 10,18 1,96 -0,75 127,7094 7,70 79,30 11,85 38,25 3,08 3,25 9,35 16,33 12,02 0,03 133,0395 10,03 82,03 16,55 39,35 6,05 6,73 10,43 12,15 11,10 0,68 135,3596 2,33 79,43 4,47 40,10 2,93 1,67 -0,80 3,10 0,76 0,93 132,50

I valori 1996 si riferiscono ai primi tre trimestri. Alcune variabili sono state rilevate solo in indagini successive al 1980.

La crescita della ricchezza

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366 Il nuovo scenario competitivoDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

processo di apprezzamento della no-stra valuta. Da ciò consegue che sista annullando il vantaggio in terminidi competitività legato alla riduzionedel prezzo.

L'incidenza delle politiche adottate intermini di prezzi nel periodo 1989-1996 possono essere illustrate effica-cemente attraverso rappresentazionigrafiche. Nella prima parte della figura1 le variazioni del fatturato sono statescomposte nelle sue due componen-ti, le variazioni del fatturato reale stret-tamente connesse alle variazioni pro-duttive, e le variazioni dei prezzi. In pe-riodi di crescita economica l'incidenzadelle variazioni di prezzo risulta inferio-re alla componente "fatturato reale", inanni meno favorevoli le politiche diprezzo svolgono un ruolo fondamen-

tale per compensare i minori incre-menti produttivi. La seconda partedella figura 1 riporta i tassi di variazio-ne dei prezzi interni ed esteri: i tassi divariazione sono simili nel periodo1989-92, mentre due sono i momentidi disallineamento: uno nel 1993 a se-guito della svalutazione della lira e unonel 1995, sempre dovuto alla debo-lezza della nostra valuta. I saggi di in-cremento nominali dei prezzi sia inter-ni che esteri si sono mantenuti tra il3% e il 6% con la sola eccezione del1995 quando la variazione per i listiniesteri ha sfiorato il 7%. Tale andamen-to conferma quanto precedentementeasserito: al fine di mantenere la pro-pria competitività in regime di cambifissi le imprese non potevano agire alrialzo sui listini esteri avendo come li-mite il tasso di inflazione corrente nei

vari Paesi. Nel 1995, invece, è statopossibile ampliare i margini di profitta-bilità ritoccando sensibilmente i prezziesteri, poiché da un lato la svalutazio-ne aveva pienamente esplicato i suoieffetti rendendo più convenienti le no-stre esportazioni, dall'altro le impreseavevano già conquistato nei due anniprecedenti ampie nicchie di mercato.

Un'altra variabile critica su cui è op-portuno focalizzare l'attenzione è l'oc-cupazione, una delle variabili chiavesu cui operare aggiustamenti. Il trendrelativo alle variazioni dell'occupazio-ne riprende quello corrispondente del-la produzione, con però un acuirsi del-le tendenze negative e un appiatti-mento di quelle positive, l'occupazio-ne cioè cala in misura maggiore dellaproduzione nelle fasi negative del ciclo

La crescita della ricchezza

Figura 3.1 Variazione del fatturato scomposta in componente "fatturato reale" e componente "prezzo" Variazione dei prezzi interni e prezzi esteri

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Il nuovo scenario competitivo 367Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

economico e aumenta in misura mi-nore in anni positivi. Da ciò consegueimmediatamente che, per osservarevariazioni strutturali sull'occupazione,occorre spostare l'attenzione sul lun-go periodo; nel breve termine infatti leimprese effettuano aggiustamenti pre-ferendo agire sul monte ore lavorate esul grado di utilizzo impianti. Dalla fi-gura 2 si evince chiaramente comevariazioni congiunturali positive si tra-ducono prima in un aumento del nu-mero delle ore lavorate e solo l'annosuccessivo in una maggior occupa-zione. Viceversa flessioni congiunturalicomportano adeguamenti immediaticon calo sia delle ore lavorate sia delnumero degli addetti. I valori 1996 in-dicano produzione e monte ore lavo-rate posizionate su valori simili a quelliregistrati nei primi anni novanta, men-

tre l'occupazione, sempre in virtù de-gli aggiustamenti effettuati con un ri-tardo temporale, gode ancora delleinfluenze positive del 1994 e 1995.

Assumere nuove forze di lavoro senzanessuna sicurezza sul futuro econo-mico anche a breve termine è quindiuna scelta difficile da operare, si pre-ferisce mantenere flessibilità ricorren-do ad aggiustamenti interni e agendo,quindi, sul numero delle ore lavorate. Ilclima di instabilità in cui ci si trova adoperare è testimoniato anche dalcomportamento delle grandi aziendenel 1994 che, a fronte della ripresaeconomica, hanno preferito aumenta-re il monte ore mensile per addetto dioltre venti ore prima di effettuare nuo-ve assunzioni. Le medie e grandi im-prese ricorrono in misura minore alla

riduzione della forza lavoro nei periodidi rallentamento preferendo ridurre ilnumero di ore lavorate per addetto.

Una relazione spesso non considera-ta ma ricca di informazioni riguarda lacorrelazione tra cassa integrazione or-dinaria e giacenze di magazzino. La fi-gura 3 riporta la variazione percentua-le del numero dei ricorsi alla cassa in-tegrazione ordinaria e il saldo tra chiha giudicato in esubero le scorte dimagazzino rispetto a chi ha denuncia-to una scarsità di prodotti finiti.

La relazione tra le due variabili è evi-dente: valutazioni su esuberi di ma-gazzino comportano un aumento del-la cassa integrazione ordinaria, al con-trario una diminuzione delle giacenzesi traduce in un minor ricorso alla cas-

La crescita della ricchezza

Figura 3.2 Variazione della produzione, dell'occupazione e del numero di ore lavorate. Anni 1985-96

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368 Il nuovo scenario competitivoDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

sa integrazione anticongiunturale. An-che in questo caso si può osservarecome i dati riferiti ai primi nove mesi1996 ripresentino situazioni già speri-mentate nei primi anni novanta. L'analisi di queste variabili, quelle cioèa cui le imprese hanno fatto ricorso inmaggior misura per manovre anticon-giunturali, consente già di avanzare al-cune considerazioni sullo scenarioche caratterizzerà l'economia regio-nale nel futuro più immediato. Il qua-dro congiunturale attuale è, come si èvisto, riconducibile a quello dei primianni novanta, tuttavia non si ripresen-tano più le opportunità di crescita ri-scontrate in quegli anni. È fuori didubbio che l'incremento delle espor-tazioni conseguente alla svalutazionedella lira del settembre 1992, ha inparte contribuito ad offuscare l'entità

e la direzione dei cambiamenti che in-teressano la struttura industriale. Il re-cente rientro della Lira nel Sistemamonetario europeo ha ridotto il van-taggio connesso alla competitività diprezzo delle merci italiane. In parallelosono cambiati i fattori che determina-no la competitività delle aree, vale adire sono mutati i rapporti costi/bene-fici connessi alla localizzazione stessa.Essere situati in un determinato di-stretto industriale, così come la solaappartenenza ad uno specifico setto-re, non costituiscono attualmente fat-tori di successo se considerati a séstanti. Cambiamenti che in passatoavvenivano in decine di anni oggi sisusseguono con impressionante rapi-dità richiedendo modificazioni struttu-rali in tempi assai ristretti. Conseguen-temente le strategie di crescita devo-

no essere ripensate in tempi moltobrevi. La pianificazione strategica dilungo periodo, così come concepita inpassato, non rappresenta ormai altroche una direzione di sviluppo che puòessere sovvertita da eventi specificie/o accelerazioni nel verificarsi di certifenomeni. Il concetto di pianificazione tradiziona-le non appare più applicabile, o, in al-tri termini, non è più efficace concepi-re e fissare obiettivi come stadi futurida perseguire. A ciò si deve sostituirela capacità di elaborare una visione diuno "stato futuro" basata su informa-zioni e conoscenze disponibili nel pre-sente e modificabile in base all'espe-rienza. Questo tipo di processo è resonecessario da situazioni in cui l'am-biente di pianificazione è in parte igno-to e dove capacità innovativa e flessi-

La crescita della ricchezza

Figura 3.3 Cassa integrazione ordinaria e saldo tra chi ha giudicato in esubero le scorte di magazzino rispetto a chi hadenunciato una scarsità di prodotti finiti. Anni 1989-95 e primi nove mesi 1996

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Il nuovo scenario competitivo 369Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

bilità sono fattori critici di successo.Tale situazione che caratterizza l'am-biente di riferimento della generalitàdelle imprese, ci porta al paradossoper cui una efficace pianificazione dilungo periodo è sempre di breve pe-riodo. Un altro elemento che concorre a ren-dere estremamente incerto l'ambientenel quale le imprese si troveranno adoperare riguarda il processo di globa-lizzazione che ha sicuramente accele-rato la modifica degli scenari di riferi-mento. Attualmente il fattore qualitàrappresenta ancora una discriminanteimportante su cui le imprese emiliano-romagnole devono puntare nel breveperiodo: la qualità del prodotto, la ca-pacità di innovazione nei processiproduttivi e la possibilità di disporre dicompetenze umane distintive costitui-scono ancora fonti di vantaggio com-petitivo. In un'ottica di medio-lungotermine tutto ciò potrebbe non esserepiù fattore premiante, il divario tecno-logico esistente tra l'economia occi-dentale e quella asiatica è destinato inmolti campi a colmarsi in tempi brevi.Il numero sempre crescente di impre-se occidentali che investono nei paesiemergenti per sfruttare le opportunitàlegate a un minor costo del lavorocontribuiscono a trasferire know-howe conoscenze sui processi di qualità aPaesi particolarmente ricettivi e cultu-ralmente pronti ad affrontare processidi sviluppo e apprendimento veloci.Dopo decenni di investimenti nel si-stema economico asiatico alla ricercadi un maggior margine reddituale, ilmondo occidentale rischia quindi discontare pesantemente la concorren-

za asiatica che ha contribuito a crea-re. Si va verso un mercato in cui i Pae-si emergenti saranno in grado di offri-re prodotti di qualità comparabile aprezzi notevolmente più bassi. La sfi-da competitiva non può essere quindisvolta sullo stesso terreno, ma occor-re ripensare la propria economia e in-dividuare nuovi fattori di successo. Diventa quindi interessante analizzarecome le imprese hanno modificato leproprie decisioni di investimento neltempo adattandole alla fase congiun-turale e da ciò cercare di individuare ipossibili fattori di successo su cui ba-sare le strategie in uno scenario comequello prospettato. Da una prima ana-lisi andamento della produzione indu-striale e dinamica del processo di ac-cumulazione del capitale appaionofortemente correlate. Nel periodo1989-93, contrassegnato da una si-tuazione congiunturale di progressivorallentamento, gli investimenti presen-tano tassi di variazione negativi.Oc-corre attendere il 1994 per registrareun'inversione di tendenza che toccatuttavia il valore massimo l'anno suc-cessivo quando, all'effetto favorevoledella congiuntura, si aggiunge l'incre-mento e/o anticipazione di investi-menti legati al forte ricorso alla LeggeTremonti, dispositivo legislativo attoad incentivare la ripresa del processodi accumulazione del capitale. I valoriprevisti per il 1996 sembrano asse-starsi sui livelli del 1994, facendoquindi registrare una ulteriore accele-razione nella dinamica degli investi-menti pur se a ritmi meno sostenutidell'anno precedente. Dai dati espressi in valore assoluto è

possibile notare che il livello delle ri-sorse investite nel periodo 1989-93 simantiene compreso entro l'intervallodi 11-12 milioni per addetto; i valorideflazionati ed espressi in Lire 1995mostrano un trend in decelerazionecon il minimo storico nel 1993, quan-do si investe soltanto il 4,76% del fat-turato rispetto al 6% del 1989. All'inizio del 1994 il ciclo economicoappare in ripresa, ma la crescita delladomanda di beni di investimento risul-ta modesta; il sistema economico ècaratterizzato da un processo di ristrut-turazione basato sullo snellimento del-le strutture e razionalizzazione dei pro-cessi piuttosto che sulla ricerca di effi-cienza ed efficacia mediante investi-menti innovativi. Il favorevole andamen-to dell'export non ha ancora indotto laripresa del ciclo degli investimenti. Tut-tavia alla fine del 1994 si raggiungono i13,4 milioni di investimento complessi-vo per addetto che diventano oltre 20milioni nel 1995. Si passa, quindi, daun 5,38% di fatturato investito nel1994, ancora inferiore rispetto ai valoriregistrati nel 1989 e nel 1990, al 7,26%dell'anno successivo. La forte crescita del 1995 è senzadubbio frutto, fra l'altro, dell'introdu-zione della "Legge Tremonti". Restada capire, da un lato, quanta partedegli investimenti siano da attribuiread un effetto anticipatore legato allalegge stessa e quanti siano legati allasituazione congiunturale di ripresa e,dall'altro, se non fosse più opportunoproporre incentivi all'investimento inperiodi congiunturali meno favorevoliquando è più efficace un interventoanticiclico.

La crescita della ricchezza

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370 Il nuovo scenario competitivoDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

I dati in nostro possesso lasciano pre-sagire che se il provvedimento fossestato strutturato su più anni avrebbepermesso di conseguire risultati mag-giormente apprezzabili; è infatti a par-tire dal 1996, che mostra performan-ce in linea con i difficili primi anni no-vanta, che avrebbe potuto esplicareappieno la sua efficacia. Il ridimensionamento della crescita os-servato nei primi mesi 1996, essen-zialmente legato al rallentamento del-l'export e degli investimenti, i due mo-tori della forte espansione, dimostraquanto sia importante valutare i tempidi intervento delle politiche pubbliche.All'esaurirsi dell'impatto della leggeTremonti è infatti legata la notevolecontrazione della dinamica della spe-sa per impianti e macchinari confer-mata anche dai dati sugli ordini deibeni d'investimento che appaiono inforte decelerazione. Le previsioni1996 indicano un ammontare di inve-stimenti per addetto pari a 14,5 milio-ni, valore sensibilmente superiore a

quello riscontrato nel 1994, ma laquota investita sul fatturato scende al4,86%, percentuale simile a quella ri-levata negli anni di rallentamento eco-nomico e comunque inferiore al valoreregistrato nel 1994. Oltre alla correlazione tra ciclo econo-mico e ammontare del capitale inve-stito, è particolarmente interessantesoffermarsi sulla diversa destinazionedegli investimenti. Il relativo minor pe-so delle risorse destinate all'area pro-duttiva negli anni più recenti è spiega-bile inoltre con la diversa finalità concui vengono affrontati gli investimentirispetto al passato. In tempi di soste-nuta crescita economica obiettivoprioritario dell'imprenditore è aumen-tare la profittabilità dell'impresa che incerte condizioni è perseguibile au-mentando i prezzi, in altre diversifican-do, in altre ancora soddisfacendo lamaggiore domanda e incrementandoconseguentemente la produzione. At-tualmente, in condizioni di domandastagnante, per molti dei settori che

costituiscono l'ossatura dell'industriaregionale e in ambiente fortementeconcorrenziale, soddisfare la doman-da non significa soltanto produrrequantitativi superiori. In altre parolenon è più sufficiente adeguarsi alla do-manda, occorre invece porre il clienteal centro del sistema in un'ottica diservizio e di qualità di processo e diprodotto. L'arma vincente anche inambito produttivo per l'impresa èsempre più la personalizzazione e l'o-rientamento al cliente. La ricerca della massima efficacia edefficienza dei processi produttivi azien-dali, coniugata alla necessità di soddi-sfare le esigenze del mercato in termi-ni di domanda, ha creato condiziona-menti rilevanti nelle scelte aziendali dimedio-lungo periodo effettuate nel1994 e 1995. A ciò si coniuga la mag-giore attenzione destinata al prodottosia in relazione al miglioramento di al-cune qualità di quelli esistenti, sia perquanto riguarda la realizzazione dinuovi prodotti. È interessante rilevare

La crescita della ricchezza

Tabella 3.2 Investimento per addetto per tipologia e quota investita sul fatturato. Anni 1989-96.

89 90 91 92 93 94 95 96

fabbricati 2,33 1,90 2,24 2,33 1,95 2,16 4,31 3,04impianti 6,87 6,43 5,96 6,35 6,62 7,55 10,32 8,46mobili 0,72 0,62 0,57 0,79 0,61 0,69 0,88 0,62veicoli 0,55 0,52 0,51 0,53 0,50 0,51 0,87 0,39terreni 0,12 0,13 0,15 0,13 0,08 0,14 0,33 0,23part. finanziarie 1,01 1,13 0,87 1,02 1,11 1,19 2,05 0,51 formazione 0,06 0,04 0,04 0,04 0,04 0,09 0,10 0,09ricerca & sviluppo 0,10 0,62 0,99 0,79 1,13 1,08 1,20 1,18 totale 11,75 11,37 11,34 11,97 12,03 13,41 20,06 14,52inv./ fatturato 6,00 5,45 5,06 4,83 4,76 5,38 7,26 4,86

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Il nuovo scenario competitivo 371Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

che nel periodo 1989-1996 vi sono al-cuni obiettivi delle attività di investi-mento che hanno assunto in anni re-centi una importanza decisamente su-periore rispetto a quanto succedevanella fase iniziale della serie storica anostra disposizione. Mentre infatti nel1990 circa il 55% delle imprese attri-buiva scarsa importanza al migliora-mento qualitativo dei prodotti e ben il63% non considerava molto rilevantela realizzazione di nuovi prodotti, nel1995 le due percentuali scendono ri-spettivamente al 35% e al 47%. A dif-ferenza quindi di quanto succedeva inprecedenza l'attenzione al prodottocondiziona le scelte di investimentodella maggioranza delle imprese. È di-ventato infatti sempre più strategico,per soddisfare adeguatamente la do-manda, fornire al cliente un prodotto

personalizzato e comprendente serviziadeguati e mirati. Ciò ha portato benoltre il 50% delle imprese a considera-re rilevante l'investimento per migliora-re la flessibilità dei processi produttivinel 1995, mentre nel 1990 oltre il 60%delle aziende attribuiva a tale finalitàscarsa importanza. Ulteriore confermadella maggiore attenzione verso le fasia monte del processo produttivo si ri-trova nell'investimento in ricerca e svi-luppo passato in valore assoluto dalle100 mila lire per addetto del 1989 a1,2 milioni del 1995. Inoltre la spesaper ricerca & sviluppo è l'unica tipolo-gia che non subisce contrazioni nel1996 rispetto all'anno di maggiore effi-cacia della Legge Tremonti, essendouna variabile critica sulla quale si giocagran parte della capacità competitivaprospettica delle imprese emiliano-ro-

magnole. Il dato è ancora più eclatan-te se si considera che nel 1989 rap-presentava meno dell'1% del totaledegli investimenti, mentre nel 1995 siassesta circa al 6% con previsione ditoccare oltre l'8% nel 1996. È estre-mamente positivo che sia risultata increscita la quota investita in ricerca esviluppo, indipendentemente dalla di-mensione aziendale: acquisire innova-zione tecnologica "preconfezionata"dall'esterno non è più sufficiente. Ilprocesso di crescita tecnologica cheha caratterizzato le imprese nel corsodegli anni ottanta è stato imperniatoprevalentemente su alcuni settori ma-turi sviluppandosi con modalità "tradi-zionali". Le aziende ricercavano il van-taggio competitivo nell'area produttivae commerciale, rispondendo alle esi-genze di un mercato che richiedeva

La crescita della ricchezza

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372 Il nuovo scenario competitivoDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

per essere concorrenziali la capacità diadeguarsi alla domanda. In tale conte-sto appariva più efficiente acquisire letecnologie e, ove necessario, attività diricerca dall'esterno; negli anni novantaquesto comportamento ha dimostratodi non essere più efficace perché neifatti significava perdere il controllo diun'importante leva competitiva. Lacrescente attenzione rivolta alla qualitàdel prodotto e di conseguenza deiprocessi produttivi ha modificato lestrategie imprenditoriali rendendo in-sufficienti politiche basate quasi esclu-sivamente sulla realizzazione di econo-mie di scala. I costi crescenti e l'alta in-cidenza dei costi fissi rendono l'attivitàdi ricerca difficilmente realizzabile in or-ganizzazioni isolate di piccola dimen-sione, per cui i network per la ricercasono diventati un fenomeno semprepiù diffuso. La cooperazione in ricercae sviluppo infatti è un valido strumentoper condividere rischi e risorse conpartners dotati di conoscenza e patri-moni anche fisici complementari. Leimprese emiliano-romagnole sono cre-sciute in modo particolare in settoritradizionali e specialistici nell'ambitodei quali hanno in molti casi conqui-stato posizioni di leadership innovandogradualmente. Si è puntato cioè adaccumulare competenze e progressinel tempo anche perché la realizzazio-ne di salti nello sviluppo tecnologicoavrebbe richiesto grandi capacità direalizzare e finanziare ricerca di base.Si è, quindi, prestato grande attenzio-ne a cogliere i cambiamenti che inte-ressavano la domanda e sono stateattivate strategie di adattamento basa-te sulla gestione del trasferimento di

tecnologia e più in generale sulla razio-nalizzazione ed ottimizzazione dell'a-rea produttiva. Lo scenario economico che emergedalle precedenti analisi appare dun-que fortemente caratterizzato da unclima di instabilità ed incertezza: lastagnazione economica, l'impossibili-tà di ricorrere a leve competitive che inpassato hanno costituito fattori disuccesso, l'accresciuta concorrenzia-lità dei competitor noti e dei Paesiemergenti, le strategie di investimentoancora troppo concentrate sugliaspetti prettamente produttivi sonosolo alcuni degli aspetti che hannocontrassegnato il 1996. In tale conte-sto quali sono le strategie e le politi-che da adottare per il consolidamentoe la crescita del sistema emiliano-ro-magnolo? L'Emilia-Romagna è stata per anniuna sorta di laboratorio di politiche in-dustriali, forte del modello di coopera-zione tra mondo pubblico e privato.Non è quindi casuale che in questocontesto territoriale l'avvento di unacompetitività di tipo globale sia parti-colarmente avvertito e si stiano speri-mentando nuove forme di sviluppo.Mentre in passato la spinta principaleall'investimento era data dalla sostitu-zione di macchinari e dall'ampliamen-to della capacità produttiva, negli anninovanta si è investito principalmenteper migliorare i prodotti esistenti e perintrodurne dei nuovi. Dal lato della ge-stione dei processi produttivi il miglio-ramento della loro flessibilità è statauna finalità rilevante a dimostrazioneche la sensibilità verso il cliente, la ri-cerca di nuovi target di clientela e di

nuovi mercati rappresentano un obiet-tivo strategico. In una regione comel'Emilia-Romagna in cui la strutturaeconomica si fonda sulla piccola emedia impresa, l'esistenza delle reti diimpresa diventa fattore indispensabi-le. La collaborazione, sia di tipo verti-cale che orizzontale, tra imprese cheoperano nella stessa filiera può essereuno dei fattori vincenti. La messa incomune di risorse e tecnologie puòagevolare, nell'ambito dello stessosettore, il raggiungimento di una mas-sa critica adeguata per la realizzazio-ne di attività di ricerca & sviluppo eformazione avanzate. Una "coopera-zione verticale" che unisca in una po-litica comune tutti gli operatori di unostesso settore, dalla fase di acquisi-zione delle materie prime alla fase fi-nale di commercializzazione e, even-tualmente, di distribuzione, portereb-be a vantaggi competitivi non raggiun-gibili individualmente. Particolare at-tenzione deve essere rivolta anche al-le fonti di finanziamento: dalle pre-messe precedenti è innegabile che cisi debba muovere nell'ambito di politi-che di investimento i cui ritorni si col-locano nel medio-lungo periodo. Èquindi di prioritaria importanza supe-rare uno dei limiti che da sempre han-no interessato le piccole e medie im-prese regionali, cioè il reperimento dicapitale di rischio per sostenere i pro-getti di sviluppo. Inoltre la necessità diorientare le politiche degli investimentiverso aree e tipologie che rendono ri-torni dilazionati e lontani nel temporende necessario che la composizio-ne del portafoglio delle fonti di finan-ziamento si sposti dall'indebitamento

La crescita della ricchezza

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Il nuovo scenario competitivo 373Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

bancario verso il capitale di rischio. Atale proposito le imprese dovrebberoaccorgersi che essere partecipate daun socio finanziario, venture capitaliste/o merchant bank, rappresenta unareale e concreta possibilità di sviluppoanche al fine, in un secondo momen-to, di aumentare la forza contrattualeper ottenere dalle banche denaro acondizioni migliori. Per quanto ineri-sce il rapporto banca-impresa si av-verte la necessità che le banche, peraccompagnare il processo di crescita

delle imprese, passino dal ruolo di for-nitrici di risorse finanziarie indifferen-ziate a quello di sostenitrici di progettiaziendali rafforzando, quindi il profilodella valutazione economica dell'im-presa e del suo investimento nonché ilpotenziale di sviluppo futuro dell'a-zienda. Fra banche e imprese occorresiano instaurate relazioni creditizie dilungo periodo, veri e propri rapporti diclientela che consentano agli istituti dicredito di disporre di maggiori infor-mazioni da parte dei clienti, di ridurre

le disparità informative tra creditori edebitori e quindi i fenomeni di raziona-mento del credito. Ciò permetterebbeanche alle aziende di diminuire la pra-tica del pluri-affidamento, limitando icosti aziendali. Anche il pubblico può e deve svolge-re un ruolo di collaborazione fattiva, inparticolare favorire la commercializza-zione attraverso una rete adeguata diinfrastrutture, stimolare i progetti di ri-cerca e coordinare l'attività di forma-zione.

La crescita della ricchezza

Tabella 3.3 Distribuzione percentuale per aree di destinazione. Anni 89-95.

89 90 91 92 93 94 95

Progettazione 7,07 9,14 11,34 8,53 7,27 8,14 8,55Produzione 66,92 64,93 62,45 62,94 62,80 64,09 62,20 Commerciale 8,34 8,51 8,98 9,65 10,01 8,70 9,01Amministrazione 7,76 7,52 7,66 6,34 6,81 7,16 7,17Ricerca & sviluppo 4,16 4,92 7,41 6,70 7,16 7,22 7,69Gest. Finanziaria 2,78 2,12 2,16 2,37 2,36 1,97 2,02Altre aree 2,97 2,86 0,00 3,46 3,60 2,72 3,36

Tabella 3.4 Finalità degli investimenti fissi. Valore medio (0 nessuna rilevanza, 5 massima rilevanza). Anni 1990-1995

90 91 92 93 94 95

Sostituzione 2,04 1,81 1,96 2,12 2,31 2,69 Ampliamento cap. produttiva 1,71 1,57 1,55 1,81 2,15 2,46 Risparmio manodopera 1,29 1,23 1,28 1,46 1,43 1,66 Risparmio energia 1,03 1,01 0,93 1,00 1,14 1,38 Miglioramento qualità prodotti 1,69 1,73 1,67 1,86 2,08 2,23 Realizzazione nuovi prodotti 1,43 1,59 1,45 1,82 1,78 1,90 Nuovi processi produttivi 1,11 1,15 1,05 1,26 1,38 1,47 Flessibilità processi produtt. 1,36 1,31 1,33 1,44 1,64 1,81 Innovazioni organizzative 1,19 1,19 1,22 1,30 1,47 1,61 Riduzione danni ambiente 1,23 1,20 1,24 1,18 1,47 1,57

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374 L’Emilia-Romagna in Europa: politiche e processi di convergenzaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

La crescita della ricchezza

La scadenza che da lì a quattro anniattendeva il sistema economico re-gionale era il 31 dicembre 1992, da-ta ufficiale della caduta delle frontierein Europa. Al di là del valore simboli-co di tale data, competizione ed inte-grazione sono andate crescendo dipari passo in questi anni, spingendole imprese dell'Emilia-Romagna a ri-vedere, in alcuni casi drasticamente,le loro strategie di crescita sia in ter-mini di investimento sia in termini oc-

cupazionali. Su questi due aspetti siincentra la prima parte del rapportodi quest'anno, a partire da una do-manda: è cresciuta la convergenzadelle economie reali delle regioni eu-ropee? E in che posizione si trovaoggi l'Emilia-Romagna in questo pro-cesso di convergenza? Le condizioniattuali del mercato del lavoro e deicapitali sono favorevoli o sfavorevoliad una nuova crescita? A quattro anni dal 1992 e a poco me-

no di tre dalla data ufficialmente fis-sata per l'unione monetaria occorreconcentrare lo sforzo delle politichelocali per verificare se le condizioni dibase dell'economia (capacità di ge-nerare occupazione e nuovi investi-menti) siano oggi in grado di spinge-re il tessuto locale verso una integra-zione reale più forte. Il dibattito attuale sull'integrazioneeuropea è infatti incentrato principal-mente sulle condizioni monetarie e difinanza pubblica. Si tratta di una giu-sta attenzione dato che l'obbiettivodi integrazione monetaria ha avuto eavrà riflessi di natura reale sullo svi-luppo, ma il dibattito attuale non puòfar dimenticare che una piena inte-grazione può avvenire solo attraversola convergenza degli aspetti reali del-le singole economie regionali. L'at-tenzione su questi aspetti non puòinoltre venire meno a livello locale,dove le leve di politica monetaria nonsono disponibili, ma dove le azioni di

L’Emilia-Romagna in Europa: politiche e processi di convergenza

Tabella 1.1 Graduatoria delle regioni NUTS II in base al PIL pro capite espresso in SPA - anno 1993

Posto di grad. Paese Regione v. a. in SPA NI Eur 15=10

1 D Hamburg 30.060,7 189,7 2 B Bruxelles-Brussel 28.900,5 182,43 F Ile de France 26.335,6 166,24 L Luxembourg (Grand-Duché) 25.421,7 160,45 D Bremen 24.477,0 154,5 6 D Hessen 23.597,1 148,9 7 I Lombardia 20.703,2 130,78 D Baden-Wuerttemberg 20.261,8 127,99 SF Ahvenanmaa/Aaland 20.006,3 126,310 I Emilia Romagna 19.941,2 125,9

Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Eurostat

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L’Emilia-Romagna in Europa: politiche e processi di convergenza 375Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

La crescita della ricchezza

Tabella 1.2 Graduatoria decrescente delle regioni NUTS I dell'Ue (tranne l'ex-DDR) in base alle variazioni percentuali delPil per abitante in SPA 1985-1992

Paesi Regioni Var. % Eur 12 =100 Paesi Regioni Var. % Eur12 =100

1 IRL Ireland 87,6 175,8 34 UK Scotland 52,6 105,5 2 LUX Luxembourg 80,4 161,3 35 I Nord Ovest 52,4 105,1

(Grand-Duché)3 E Madrid 75,2 150,9 36 I Lombardia 51,9 104,1 4 P Portugal 72,5 145,5 37 F Ile de France 51,6 103,6 5 E Este 69,6 139,7 38 F Est 50,8 101,86 D Hessen 68,2 136,8 39 NL West-Nederland 50,2 100,6 7 E Canarias 66,8 133,9 40 UK South West (UK) 50,0 100,3 8 E Sur 64,7 129,9 41 F Centre-Est 50,0 100,3 9 D Schleswig Holstein 63,0 126,4 42 D Saarland 49,9 100,2 10 NL Zuid-Nederland 62,2 124,8 43 UK West Midlands 49,4 99,0 11 D Bayern 61,6 123,6 44 I Centro (I) 49,1 98,6 12 B Bruxelles-Brussel 60,5 121,4 45 F Ouest 49,0 98,2 13 NL Oost-Nederland 60,5 121,3 46 UK South East (UK) 48,9 98,0 14 I Lazio 59,8 120,0 47 D Nordrhein-Westfalen 48,7 97,6 15 B Vlaams Gewest 58,8 117,9 48 F Bassin Parisien 48,1 96,4 16 GR Attiki 58,7 117,8 49 UK Yorkshire and

Humberside 47,9 96,117 I Sicilia 58,4 117,2 50 GR Kentriki Ellada 47,8 95,9 18 I Nord Est 57,9 116,2 51 UK East Anglia 47,7 95,8 19 I Sardegna 57,8 116,0 52 F Sud-Ouest 47,1 94,4 20 E Noreste 57,3 114,9 53 F Méditerranée 47,0 94,4 21 D Niedersachsen 57,0 114,4 54 UK North 46,5 93,4 22 D Bremen 56,9 114,2 55 D Rheinland-Pfalz 46,4 93,1 23 E Centro (E) 56,7 113,8 56 UK East Midlands 45,2 90,7 24 I Sud 56,6 113,5 57 GR Nisia Aigaiou, Kriti 45,2 90,7 25 I Abruzzi-Molise 56,2 112,8 58 F Nord-Pas-de-Calais 45,0 90,2 26 UK Wales 55,7 111,7 59 GR Voreia Ellada 44,0 88,3 27 D Baden-Wuerttemberg 55,5 111,4 60 UK North West (UK) 43,8 87,9 28 I Campania 55,1 110,5 61 DAN Danmark 42,2 84,6 29 E Noroeste 55,0 110,3 62 NL Noord-Nederland 8,5 17,1 30 D Hamburg 54,8 109,9 63 D Berlin 7,3 14,7 31 B Region Wallonne 54,6 109,432 UK Northern Ireland 54,2 108,7 EUR12 49,8 100,033 I Emilia Romagna 52,7 105,7

Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne su dati Eurostat (Regio)

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376 L’Emilia-Romagna in Europa: politiche e processi di convergenzaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

politica economica giocano e sonodestinate a giocare un ruolo crescen-te. Definire quali interventi sono av-vertiti come necessari dal tessutoeconomico regionale e quali attoripossono giocare un ruolo rilevantepermane un tema rilevante di lavoro.

Un aggiornamento: la posizionedell'Emilia-Romagna in EuropaLa tabella che segue aggiorna al1993 (ultimo dato disponibile e con-frontabile a livello Europeo) le posi-zioni relative delle regioni in termini diprodotto interno lordo procapiteespresso in unità standard di potered'acquisto. La tavola ripropone il da-to relativo all'Europa dei 15. Nel 1986la posizione relativa dell'Emilia-Ro-magna era l'ottava sull'Europa dei12, mentre oggi si trova alla decimaposizione nell'Europa dei 15. Il "grup-po di testa" delle regioni ricche è ri-masto sostanzialmente invariato:Berlino ha perso la sua posizione inseguito all'unificazione, la regione te-desca dell'Hessen è passata dalladecima alla sesta posizione e il Ba-den-Wuerttemberg dalla 12ma allaottava; nella nona posizione si è inse-rita la regione finlandese del Ahve-nanmaa/Aaland. Al di là degli aspetti "sportivi" dellaclassifica vi è da osservare che le re-gioni centrali dell'Europa (e in parti-colare della Germania) hanno conso-lidato e accresciuto la loro capacitàdi produrre ricchezza. In l'Italia l'Emi-lia-Romagna e Lombardia hannomantenuto le loro posizioni relativesostanzialmente invariate. La Lom-bardia era al settimo posto allora ed

oggi, l'Emilia-Romagna ha vistoscendere il suo numero indice da130 a 125, posizionandosi decima. Le relative perdite di posizione dell'E-milia-Romagna sono state dovute aduna minore dinamica nella crescitadel reddito. La tavola che segue ri-porta i tassi di crescita regionali perl'Europa dei 12 fra il 1985 e il 1992.La crescita del reddito in Emilia-Ro-magna si è mantenuta al di sopra deltasso di crescita medio dell'Europadei 12 (numero indice=100), mentrenelle posizioni più alte della classificaper tasso di crescita si sono posizio-nate sia regioni che partivano da li-velli di reddito molto bassi (è il casodi molte regioni del sud italiano) siada regioni che partivano da livelli giàelevati di reddito medio procapite(come nel caso di molte regioni dellaGermania). Nonostante la forte crescita di alcunearee povere non si deve ritenere cheil processo di convergenza fra le re-gioni europee sia proseguito in misu-ra lineare. Un'analisi comparativa deilivelli di reddito (della quale non si ri-portano qui i dati per motivi di spazio)rivela che circa il 26% della popola-zione europea vive in regioni dove ilPil procapite è inferiore al 75% dellamedia comunitaria e solo un terzodelle regioni ha un valore del Pil pro-capite uguale o superiore alla mediacomunitaria. In generale il processodi convergenza è proseguito per tuttigli anni '80, mentre gli anni '90 nonhanno apportato sostanziali cambia-menti. Se si analizzano le 10 regionipiù ricche (fra le le quali l'Emilia-Ro-magna) e le 10 più povere il divario in

termini di reddito pro-capite è passa-to da 3,3 volte nei primi anni ottantaa 3,6 volte nei primi anni novanta. Sesi opera lo stesso confronto fra le pri-me 25 e le ultime 25 regioni il divarioè rimasto pressoché stabile (2,5 vol-te). Il processo di convergenza hadunque riguardato principalmente leregioni "mediane", mentre la diver-genza fra regioni più ricche e più po-vere è aumentata sensibilmente. Se inoltre si completa l'analisi valu-tando la variabilità interna alle regioni(utilizzando i dati provinciali, o delleaggregazioni amministrative equiva-lenti) si nota che la variabilità è piùelevata nelle regioni dove i grandicentri urbani giocano un ruolo fonda-mentale nello sviluppo complessivodell'attività economica; l'Emilia-Ro-magna, pur in presenza di tassi dicrescita meno rapidi rispetto alle re-gioni centrali del continente, presen-ta un modello di crescita con unamoderata variabilità interna del reddi-to, se comparata alla variabilità delleregioni europee più avanzate. Le politiche comunitarie e nazionaliper l'attuazione della convergenzahanno quindi ottenuto risultati nonunivoci a livello territoriale. In partico-lare negli ultimi anni i processi di con-vergenza reale paiono essersi arre-stati se non invertiti, anche per unamaggiore attenzione posta dai go-verni nazionali ai vincoli di bilancio.Occorre inoltre notare che i dati utiliz-zati in questa analisi si fermano allesoglie del 1994, vale a dire prima chela crisi economica che ha attraversa-to il continente introducesse ulteriorifattori di differenziazione nei tassi di

La crescita della ricchezza

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L’Emilia-Romagna in Europa: politiche e processi di convergenza 377Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

crescita. La valutazione dei processidi convergenza può infatti esserefuorviata dal considerare periodi disola crescita, all'interno dei quali leregioni più svantaggiatepossono piùfacilmente sostenere tassi di sviluppopiù elevati (partendo da basi di reddi-to medio procapite più basse).

La posizione dell'Emilia-RomagnaGli studi sulla distribuzione territorialehanno da tempo individuato un'"areacentrale" dell'Europa caratterizzatada una sostanziale omogeneità sianella distribuzione che nella forma-zione della ricchezza. Tale "cuore" siestenderebbe dall'Italia del nord al-l'area di Londra passando per Parigie la Germania Centrale. Accogliendola definizione di recente fornita dall'I-stituto G.Tagliacarne l'area centraledell'Europa risulta composta comedalla tabella 1.3. In essa si trovanoquindi concentrati il 25% della popo-lazione e il 34% della ricchezza pro-dotta nell'Europa dei 15. Questa areacomprende inoltre 9 delle prime 10regioni per reddito procapite. La col-locazione dell'Emilia-Romagna inquesto gruppo centrale, sia geografi-camente che economicamente, è or-mai consolidata, anche se i differen-ziali nei tassi di crescita del redditorendono l'appartenenza a quest'areadelle regioni marginali sempre insta-bile e mai definitivamente acquisita.Si deve infatti notare che la composi-zione delle quote del valore aggiuntodetenute dai macrosettori non èomogenea in questa area centrale, enon lo è neanche nelle prime 10 re-gioni per reddito procapite.

La tavola 1.4 riporta i differenziali frale quote del valore aggiunto per ma-crosettori rispetto all'Emilia-Roma-gna. (quote della regione considera-ta-quota dell'Emilia-Romagna). Leregioni sono ordinate in maniera de-crescente secondo il valore della de-viazione standard delle differenze ri-portate in tabella. In maniera moltogrezza viene così valutata la similarità(o dissimilarità) nella ripartizione dellaproduzione di ricchezza per macro-settori fra le aree considerate. Emer-gono, dalla lettura dei dati, modelli dispecializzazione nella produzionedella ricchezza, estremamente diffe-renziati. Rispetto alla media europeal'Emilia-Romagna si contraddistingueper una maggiore quota di ricchezzaprodotta dal settore agricolo (+2% ri-spetto alla media europea) e dal set-tore industriale (+5,3% rispetto allamedia europea). La regione risulta re-lativamente meno specializzata ri-spetto al settore dei servizi destinabi-li alla vendita (la quota media euro-pea è più elevata del 2%), così comepure meno incidente risulta la pre-senza della pubblica amministrazione(-4,3% rispetto alla media europea) Nei confronti delle regioni che costitui-scono l'area centrale dell'Europa ilmodello di produzione del reddito piùsimile a quello regionale può essere ri-scontrato, oltre che nelle regioni italia-ne, nella regione tedesca del Bayern.Nelle regioni di Amburgo, Bruxelles enel Lazio il peso maggiore delle pub-bliche amministrazioni e le minori quo-te di agricoltura e industria pongonoqueste regioni addirittura fra le 10 me-no simili rispetto all'Emilia-Romagna.

Altre regioni del gruppo centrale pre-sentano ulteriori elementi di specia-lizzazione e differenziazione; il Ba-den-Wuettemberg ad esempio hauna specializzazione industriale piùforte rispetto all'Emilia-Romagna, l'-Hessen una specializzazione indu-striale molto forte e una forte presen-za di servizi, mentre Ile de France eLussemburgo hanno vocazioni moltoforti nel settore dei servizi. Ne consegue che anche l'area cen-trale dell'Europa, che coincide in lar-ga parte con il gruppo delle regionipiù ricche, ha modelli di crescita esviluppo estremamente differenziati.Inevitabile conseguenza di questimodelli di specializzazione, peraltronecessari e giustificati da caratteristi-che storiche, è la differente rispostaal ciclo economico che le singolearee sono in grado di esprimere. Allavelocità ed efficacia delle fasi di ri-strutturazione strategica delle impre-se e delle pubbliche amministrazionisono affidate la capacità dei sistemieconomici locali di mantenere i pro-cessi di sviluppo agganciati ai livellimedi delle aree di riferimento vicine,e quindi la capacità di mantenerestabile il processo di convergenzadelle economie reali. Alle politiche re-gionali, intese anche come politichedegli enti che operano sul territorio, èquindi affidato un compito crescente.Questo compito non è affidato dadispositivi di legge (nazionali o comu-nitari) o da possibili e auspicabili rifor-me istituzionali, ma dalla dinamicastessa del processo di convergenza. Altra conseguenza di questa differen-ziazione nei modelli di specializzazio-

La crescita della ricchezza

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378 L’Emilia-Romagna in Europa: politiche e processi di convergenzaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

ne è che le aree a forte vocazioneproduttiva (e l'Emilia-Romagna è fraqueste) sono più esposte delle altreai cicli congiunturali, e devono quindibasare sulla loro flessibilità e capaci-tà di adattamento nelle fasi basse delciclo la possibilità di mantenersi alli-neate al processo di convergenza.Non si sta qui affermando che i mo-delli attuali di specializzazione vada-no abbandonati (obbiettivo oggetti-vamente non perseguibile e velleita-rio), ma che le politiche economicheed industriali debbono attrezzarsi inquesta prospettiva di convergenzaall'affronto di problemi territoriali e diflessibilità che sono specifici e difficil-mente mutuabili dai sistemi di politi-che, pur di successo, attuate in altrearee europee.

Una ulteriore conferma dell'incidenzadelle fasi congiunturali sulla dinamicadella convergenza a livello europeopossono essere tratti dall'analisi dialcuni dati sull'andamento congiun-turale dell'industria manifatturiera inEuropa negli ultimi due anni.

Congiuntura e convergenzaI dati che di seguito commentiamosono tratti da una indagine annualesvolta dalle Camere di commercioeuropee, sotto il coordinamento diEurochambres, che raccoglie valuta-zioni di natura qualitativa espresse daimprese industriali sulla congiuntura;le valutazioni raccolte riguardano leprospettive globali per gli anni di rife-rimento e sono state espresse adesercizi non ancora chiusi, assumen-

do quindi il valore di "previsioni" o sti-ma su esercizi in corso. I risultati,rappresentativi delle realtà regionalisecondo la classificazione NUTS I(nella quale l'Emilia-Romagna com-pare come regione non aggregata adaltre), non sono in alcun modo com-parabili con le indagini congiunturalicorrenti svolte dalle Camere di com-mercio dell'Emilia-Romagna, anchese le linee di tendenza emerse sono,come atteso, le medesime per i duesistemi di rilevazione. I risultati sono riportati in estrema sin-tesi nella tabella seguente. Per tuttele principali variabili le valutazioni del-le imprese emiliano-romagnole e levalutazioni medie sono concordi nel-l'individuare nel 1996 un anno di for-te rallentamento rispetto al 1995, co-

La crescita della ricchezza

Tabella 1.3 L' "area centrale" dell'economia europea (1993)

Regioni NUTS I Pil (in % su EUR 15) Popolazione (in % su EUR 15) variazioni 85-92

D -Baden-Wuerttemberg 3,8 2,7 55,5D - Bayern 4,7 3,2 61,6 D - Bremen 0,3 0,2 56,9 D - Hamburg 1 0,4 54,8D - Hessen 2,8 1,6 68,2 B - Bruxelles 0,5 0,3 60,5F - Ile de France 5,2 2,9 51,6L - Luxembourg 0,2 0,1 80,4I - Nord Ovest 1,7 1,7 52,4I - Lombardia 2,8 2,4 51,9I - Nord Est 1,9 1,8 57,9I - Emilia Romagna 1,2 1,1 52,7I - Lazio 1,5 1,4 59,8 A - Ostoesterreich 1,2 0,9 -GB - South East 4,9 4,8 48,9Incidenza % su EUR 15 34,1 25,6 49,8

Fonte: elaborazione Ist. G. Tagliacarne su dati EUROSTAT

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L’Emilia-Romagna in Europa: politiche e processi di convergenza 379Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

me d'altra parte rilevato dalle princi-pali indagini congiunturali. Per ognivariabile sono inoltre riportati i coeffi-cienti di variazione (rapporti fra la de-viazione standard e la media della va-riabile) che misurano la dispersionerelative delle risposte rispetto alla

media e consentono di stimare, sepure in maniera sintetica ed appros-simativa, se vi sia stata o meno con-vergenza nelle valutazioni congiuntu-rali. Si osservi in merito che per leprincipali variabili i giudizi presentanouna variabilità crescente fra il 1995 e

il 1996, tranne che per l'occupazio-ne. I giudizi sul rallentamento dell'at-tività economica è quindi mediamen-te condiviso, ma le differenze fra ter-ritori aumentano, anche e soprattuttoin momenti di ciclo congiunturale ne-gativo. L'unanimità, e quindi la con-

La crescita della ricchezza

Tabella 1.4 Comp. % del VA ai prezzi di mercato per settore di attività economica nelle regioni europee al livello NUTS I- 1990. Differenziali rispetto alle quote dell'Emilia-Romagna, ordinate secondo lo scarto quadratico mediodei differenziali stessi.

Paesi e regioni Totale Prodotti Prodotti Prodotti Edilizia e Servizi Servizi nondell'agricoltura, energetici industriali opere destinabili destinabilisilvicoltura, pubbliche alla vendita alla venditapesca

Emilia Romagna (quote) 100,0 5,1 4,0 29,4 5,3 46,2 10,0EUR 12 -2,0 0,4 -5,3 0,6 2,0 4,3 Prime 10 regioni (più simili) Nord Est (I) 1 -1,4 -0,3 -1,7 1,5 0,7 1,3Nord Ovest (I) 2 -2,5 1,9 -0,2 -0,7 1,1 0,6Zuid-Nederland (N) 3 -0,4 -2,2 -0,8 0,2 3,2 0,0Bayern (D) 4 -3,1 -1,0 0,3 0,9 0,5 2,4 Noreste (Spagna) 5 -1,5 1,9 0,5 1,6 -3,2 0,7Centro (I) 6 -2,0 0,5 -2,9 0,0 1,4 3,0 Lombardia (I) 7 -3,4 0,6 3,4 -0,1 1,9 -2,4Nordrhein-Westfalen (D) 8 -4,2 1,0 0,8 -0,1 -1,1 3,6Vlaams Gewest (B) 9 -2,8 0,2 -3,3 0,1 4,7 1,1Saarland (D) 10 -4,5 1,2 -0,2 0,4 -1,3 4,4Ultime 10 regioni (meno simili) Méditerranée (F) 55 -1,1 -0,3 -16,8 0,8 8,3 9,0Sardegna (I) 56 -1,2 4,1 -16,8 2,6 0,0 11,2Lazio (I) 57 -3,0 0,9 -16,2 -1,0 11,3 8,0 Hamburg (D) 58 -4,9 3,2 -13,3 -1,6 16,3 0,3Wales (UK) 59 -2,1 15,1 -7,7 -0,1 -11,9 6,7 Noord-Nederland (N) 60 1,0 17,3 -13,8 -0,6 -4,2 0,3Northern Ireland (UK) 61 -1,8 -1,0 -3,5 0,9 -13,0 18,4Sicilia (I) 62 1,2 3,5 -20,5 2,0 3,5 10,3Bruxelles-Brussel (B) 63 -5,1 -0,3 -18,1 -1,3 17,1 7,8Canarias (E) 64 -0,8 1,0 -22,5 4,9 12,3 5,0

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380 L’Emilia-Romagna in Europa: politiche e processi di convergenzaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

vergenza, pare raggiunta solo un giu-dizio, quello sul rallentamento delladinamica occupazionale. Se si esaminano i risultati per le re-gioni dell'area centrale europea, pos-siamo osservare che le sole regioniitaliane esprimono valutazioni so-stanzialmente positive anche se al ri-basso rispetto al 1995. Le regionidella Germania continuano invece adesprimere valutazioni sostanzialmen-

te negative. In questo divario fra levalutazioni può essere colto tutto ilvantaggio competitivo accumulatocon la svalutazione della lira nel cor-so degli ultimi anni. Gli effetti dellasvalutazione hanno spostato la com-petizione sul fattore prezzo, renden-do difficile la comparazione delle ef-fettive possibilità di competizione incondizioni di stabilità monetaria, con-dizioni nelle quali si troveranno le im-

prese emiliano-romagnole nei prossi-mi anni. Nei prossimo capitolo, con riferimen-to alle imprese dell'Emilia-Romagna,verranno esaminati i comportamentiin termini di nuovi investimenti ecreazione di posti di lavoro, allo sco-po di valutare le strategie competitiveche hanno prevalso in questi anni disvalutazione, strategie che difficil-mente saranno ripetibili nei prossimianni.

La crescita della ricchezza

Tabella 1.4 Indagine Eurochambres Saldi fra risposte in aumento e in diminu-zione rispetto all'anno precedente

1995 1996

Clima degli affari Emilia-Romagna 50 25 Media EUR 35,6 20,8 Coefficiente di variazione 0,5 1,0 Fatturati Emilia-Romagna 48 50 Media EUR 45,6 42,1 Coefficiente di variazione 0,4 0,5 Andamento mercato interno Emilia-Romagna 70 17 Media EUR 44,3 33,0 Coefficiente di variazione 0,4 0,7 Andamento export Emilia-Romagna 70 32 Media EUR 36,4 30,8 Coefficiente di variazione 0,5 0,6 Occupazione Emilia-Romagna 17 10 Media EUR 1,0 4,1 Coefficiente di variazione 15,1 5,0 Investimenti Emilia-Romagna 27 14 Media EUR 17,4 15,1 Coefficiente di variazione 1,0 1,5

Page 383: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Il fenomeno dei gruppi d’imprese in Emilia-Romagna 381Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

La crescita della ricchezza

Il mercato delle imprese in Emilia-Romagna ha dimostrato negli ultimianni una forte vivacità nella compra-vendita di aziende, nelle fusioni, nel-le quotazioni in Borsa, nelle acquisi-zioni e/o partecipazioni in altre azien-de. L’indagine semestrale effettuatada Nomisma sugli aspetti della vitasocietaria, relativa al 1999, colloca lanostra regione al secondo posto del-la graduatoria per numero di opera-zioni realizzate, dietro soltanto allaLombardia. Dopo la diminuzione re-gistrata alla metà degli anni ’90 delnumero di operazioni, il mercato re-gionale delle imprese ha mostratouna crescita graduale e continua,ben intonata con l’andamento delmercato nazionale. Secondo l’inda-gine di Nomisma, dalle 70 operazio-ni del 1997 si è passati alle 134 del’99, con una crescita del 91,4 percento. Le attese sono di un’ulterioreimpennata nel 2000-2001. Protagoniste di queste performancesono soprattutto le imprese del set-tore meccanico impegnate, nel ’99,in ben 41 operazioni (22 delle qualirelative all’acquisto di anltre impre-

se). Anche le operazioni all’estero ri-sultano in aumento, così come quel-le effettuate da società estere nelnostro territorio. Considerando latotalità dei settori, nel ’99 sono statiregistrati 19 acquisti di quote dimaggioranza o minoranza da partedi imprese emiliano romagnole all’e-stero (di cui 12 nei mercati europei e7 in quelli extraeuropei). Il processoinverso, e cioè quello di impresestraniere che hanno acquisito quotedi maggioranza o minoranza di im-prese locali, è stato ancor più mar-cato, con 25 casi di acquisizione, dicui 14 effettuati da imprese europeee 11 da imprese extraeuropee. Tutto ciò è significativo poiché di-mostra come il sistema imprendito-riale emiliano romagnolo, basatoprincipalmente sulla piccola e mediaimpresa familiare, stia rispondendoall’elevata competizione internazio-nale e al cambiamento prodotto dal-l’introduzione delle nuove tecnologiedell’informazione con segnali di tra-sformazione non solo nel rapportotra proprietà e gestione delle impre-se, ma anche nella compagine so-

cietaria stessa. Tra questi segnali ditrasformazione si è sviluppato inparticolare quello della forma orga-nizzativa di gruppo. A livello nazio-nale, la diffusione di questo fenome-no è alquanto elevato e matura, so-prattutto tra le grandi imprese quo-tate. Meno noto è il fatto che questofenomeno interessi anche le impre-se non quotate e di piccola-mediadimensione, come appunto la stra-grande maggioranza delle impreseemiliano romagnole. Quali sono le ragioni che spingonoalla creazione di un gruppo di impre-se? E cosa distingue un gruppo diimprese da altre forme societarie dicontrollo? Un gruppo di imprese èstato definito come “un insieme disocietà giuridicamente autonome,interrelate da legami di proprietà chene permettono una direzione unita-ria o, quantomeno, ne garantisconoil coordinamento”. In Italia, così co-me in gran parte degli altri stati eu-ropei, il modello predominante fra igruppi d’imprese è quello ‘gerarchi-co’, dove un unico soggetto econo-mico (un singolo azionista, una fami-glia, una gruppo di azionisti, un entepubblico) controlla direttamente oindirettamente un insieme di impre-se. L’attività decisionale all’internodel gruppo è organizzata in manieragerarchica, per cui le imprese ad es-so appartenenti possono essereconsiderate come “un’unica entitàeconomica sotto la direzione delsoggetto ultimo controllante”. Le ragioni di ‘raggruppamento’ pos-sono essere molteplici: dalla possi-bilità di esercitare il controllo su dif-

Il fenomeno dei gruppi d’imprese in Emilia-Romagna

Page 384: Emilia-Romagna Regione d’Europa

ferenti attività imprenditoriali con in-vestimenti inferiori rispetto a quellinecessari ad un’unica entità giuridi-ca che, di fatto, offra tali attività, al-la possibilità di limitare il rischio im-prenditoriale limitando l’esposizionedel patrimonio; dal decentramentoproduttivo e organizzativo, che con-sente una forte incentivazione per ilmanagement, alla possibilità di ri-durre il grado di trasparenza verso ilmercato e lo Stato; il gruppo di im-

prese può anche essere la risultantedi un processo di acquisizione di al-tre imprese, che non vengono ne-cessariamente incorporate dall’ac-quirente; infine, la creazione di ungruppo di imprese è visto da moltiimprenditori come uno strumentoutile ad eliminare le problematichelegate alla successione. Il tessuto economico dell’Emilia-Ro-magna si è dimostrato, in questi ultimianni, un fertile terreno per la crescita

dei gruppi di imprese. La presenza dinumerosi distretti industriali, la neces-sità di concentrazioni orizzontali e ver-ticali della produzione, l’esigenza di le-garsi fedelmente a determinati tipi difornitura, sia di diffondere anche neisistemi locali di piccola e media im-presa tipici della nostra regione la pre-senza di gruppi di imprese. L’utilizzo della Banca dati soci haconsentito di verificare la diffusionedi questa forma organizzativa nel-l’ambito del sistema economico emi-liano-romagnolo, permettendo di co-gliere appieno la complessità e l’arti-colazione delle dinamiche che si in-staurano tra le imprese regionali edevidenziando come una lettura ba-sata sulla semplice dimensione delleimprese intese come singole entitàgiuridiche non sia più sufficiente. Nel 1998 in Emilia-Romagna sonostate stimate 15.112 imprese conpartecipazioni in altre imprese; il15,6 per cento di queste imprese,pari a 2.363, hanno partecipazionisuperiori al 50 per cento. Per le im-prese partecipate, ne sono stateconsiderate 48.132, di cui 4.426partecipate con un controllo mag-giore del 50 per cento, corrispon-denti al 9,2 per cento delle parteci-pate (vedi tabella 3.1). Analizzando la distribuzione di fre-quenza delle 2.363 imprese capo-gruppo per numero di partecipazio-ni (dirette ed indirette e superiori al50 per cento) si nota che il 74 percento delle capogruppo, pari 1.749imprese, hanno partecipazioni dicontrollo in una sola impresa (veditabella 3.2)

382 Il fenomeno dei gruppi d’imprese in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

La crescita della ricchezza

Tabella 3.1 - Banca dati soci. Partecipazioni superiori al 50 per cento

Totale imprese partecipate considerate 48.132Imprese partecipate con controllo > 50 per cento 4.426Percentuale di imprese partecipate con controllo > 50 per cento 9,2%

Totale imprese con partecipazioni 15.112Imprese con partecipazioni > 50 per cento 2.363Percentuale di imprese con partecipazioni > 50 per cento 15,6%

Tabella 3.2 - Distribuzione di frequenze delle imprese capogruppo per numerodi partecipazioni (dirette ed indirette > 50 per cento)

Numero di imprese controllate Numero di capigruppo %

1 1.749 74,0%2 309 13,1%3 125 5,3%4 48 2,0%5 40 1,7%6 15 0,6%7 18 0,8%8 13 0,6%9 6 0,3%da 10 a 20 28 1,2%> di 20 12 0,1%Totale 2.362 100%

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Il fenomeno dei gruppi d’imprese in Emilia-Romagna 383Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

La crescita della ricchezza

Disaggregando i dati a livello provin-ciale, Bologna risulta avere 272 im-prese capogruppo che partecipanocon oltre il 50 per cento alla compa-gine societaria di 591 imprese distri-buite su tutta la regione. L’89,8 percento si trovano nella stessa provin-cia di Bologna, seguono Modena eRavenna con rispettivamente il 3,7 e2,9 per cento delle aziende parteci-pate. Nel resto delle altre provincedella regione, le capogruppo bolo-gnesi controllano un numero di im-prese che varia da 1 a 5. La provin-cia di Ferrara conta 52 imprese ca-pogruppo che partecipano con oltreil 50 per cento in 95 imprese, quasitutte dislocate nella stessa provinciaferrarese. Le province di Forlì-Cese-na e Reggio Emilia hanno entrambe113 imprese capogruppo, ma la pro-vincia reggiana dimostra una mag-gior vitalità nel partecipare alla strut-tura societaria di altre imprese: 224sono infatti le imprese partecipate

con oltre il 50 per cento dalle impre-se reggiane, contro le 197 controlla-te dalle imprese di Forlì-Cesena. Laprovincia di Modena conta 179 im-prese capogruppo che controllano346 partecipate. Quest’ultime sonodislocate soprattutto nella stessaprovincia modenese, anche se leaziende modenesi detengono il nu-mero più alto di partecipazioni in im-prese localizzate in’altra singola pro-vincia, con 26 partecipazioni in im-prese bolognesi. Nella provincia diPiacenza si trovano le capogruppocon l’attaccamento più alto al territo-rio. Le 40 imprese partecipate dalle34 capogruppo piacentine sono tut-te (a parte una) dislocate nella stessaprovincia di Piacenza. La provincia diParma ha 95 capogruppo che con-trollano 161 partecipate, mentre laprovincia di Ravenna registra 112capogruppo per untotale di 255 con-trollate. Infine Rimini, che con 59 ca-pogruppo controlla 83 partecipate.

Su un totale di 2.363 imprese capo-gruppo con partecipazioni maggioridel 50 per cento, meno della metà(1.029) sono dislocate nelle noveprovince della Regione. Le rimanen-ti 1.334 capogruppo sono distribui-te, in maniera quasi equa, tra restod’Italia ed estero. Le capogrupporegionali controllano con una quotasuperiore al 50 per cento 1.992 im-prese della regione, contro le 2.434controllate da altre imprese italianeo estere (vedi tabella 3.3). Una lettura più approfondita di que-st’ultimo dato permette di capirecome il dinamismo economico del-l’Emilia-Romagna non solo stimolale stesse imprese emiliano roma-gnole a muoversi dalla propria pro-vincia di origine per ricercare investi-menti in altre realtà produttive regio-nali, ma coinvolge anche impresenazionali o estere, che vedono dibuon occhio l’acquisizione di impre-se della nostra Regione.

Tabella 3.3 - Partecipazioni per provincia

PROVINCIAImprese

capogruppo BO FE FO MO PC PR RA RE RN TOTALEBO 272 531 5 5 22 1 4 17 4 2 591FE 52 6 84 5 95FO 113 6 3 163 3 1 9 12 197MO 179 26 4 2 303 1 1 1 7 1 346PC 34 39 1 40PR 95 1 1 2 2 147 7 1 161RA 112 3 2 2 3 243 1 1 255RE 113 6 4 1 18 1 194 224RN 59 1 2 80 83Resto Italia 654 414 65 81 255 149 176 89 122 51 1.402Estero 680 302 42 79 199 56 97 67 64 126 1.032

Page 386: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Uno sguardo al grafico 1, relativo al-le partecipazioni delle capogruppodi cui si conosce la classe dimensio-nale, mostra che il 62,5 per centodelle imprese con un quota di mag-gioranza sulle partecipate hannomeno di dieci addetti e controllanosoprattutto imprese della stessaclasse dimensionale. Più in genera-le, sono le imprese al di sotto deicinquanta addetti a controllare ilgrosso delle partecipate (1.363 im-prese su un totale di 2.235 parteci-pate con classe dimensionale nota).Man mano che cresce la classe di-mensionale dei capigruppo, diminui-sce il numero delle partecipazionicon quota di maggioranza su altreimprese. Il fatto che la presenza dei

gruppi si riscontri soprattutto fra leimprese con classi dimensionali piùpiccole suggerisce che la proprietàdelle imprese si concentri in un nu-mero minore di soggetti controllanti.Una conseguenza di questo feno-meno, peraltro da verificare, è che laframmentazione delle dei benefici,derivanti ad esempio dalle politicheindustriali nazionali o regionali, su unminor numero di fruitori effettivi. Allostesso tempo però, l’appartenenzaad un gruppo, fa sì che questi bene-fici possano trasferirsi in imprese dialtri settori o di classe dimensionalediversa.

Infine consideriamo la tabella 3.4dove sono riportate le partecipazio-

ni per settore delle 2.363 capogrup-po che possiedono una quota supe-riore al 50 per cento in altre impresedello stesso settore o di settori di-versi.

Le rilevazioni effettuate mostranocome le aziende impegnate nell’atti-vità di agricoltura e caccia controlli-no soprattutto industrie nel settorealimentare e bevande e industrie im-pegnate nel commercio all’ingrosso.Quest’ultimi sono anche i settorimaggiormente partecipati dalle ca-pogruppo alimentari e bevande. Leimprese del settore minerali non me-talliferi (in particolare la ceramica)hanno invece numerosi interessi inattività immobiliari. Le capogruppo

384 Il fenomeno dei gruppi d’imprese in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

La crescita della ricchezza

Grafico1 – Concentrazione dei capigruppo per classe dimensionale e percentuali di controllo su partecipate

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

60,0%

70,0%

80,0%

minore 10 da 10 a 49 da 50 a 99 da 100 a

249

da 250 a

499

da 500 a

1000

oltre 1000

% capogruppo % partecipate

Page 387: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Il fenomeno dei gruppi d’imprese in Emilia-Romagna 385Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

La crescita della ricchezza

Tabella 3.4 – Principali settori di partecipazione delle capogruppo

ATECO Attività economica Imprese Principali settori di partecipazione* capogruppo con oltre 50 per cento*

01 Agricoltura e caccia 50 20 partecipate nel 13 partecipate nellecommercio all’ingrosso industrie alimentari e

delle bevande

15 Alimentari e bevande 38 14 partecipate nelle 12 partecipate nelindustrie alimentari e commercio all’ingrossodelle bevande

26 Fabbr. prodotti di lavoraz. 19 12 partecipate nelle 11 partecipate nondi minerali non metall. attività immobiliari determinate

29 Fabbr. macchine e app. 40 37 partecipate nellomeccanici + install., mont. rip. stesso settoree manutenz.

45 Costruzioni 104 121 partecipate nello 87 partecipate nellestesso settore attività immobiliari

51 Commercio all’ingr. e interm. 108 48 partecipate nello 31 partecipate nelledel comm. esclus. autoveic. stesso settore attività immobiliarie motocicl.

52 Commercio al dett. esclus. 30 11 partecipate nelloautov. e motocicl.; stesso settoreripar. Beni pers. e per la casa

63 Attiv. di supp. dei trasp. e attiv. 22 12 partecipate nelloagenzie di viagg. stesso settore

65 Interm. monet. e finanz. 219 139 partecipate nelle 73 partecipate nelattività immobiliari commercio all’ingr. e

interm. del comm. esclus.autoveic. e motocicl.

70 Attività immobiliari 160 54 partecipate nello 19 partecipate nelstesso settore commercio all’ingr. e

interm. del comm. esclus.autoveic. e motocicl.

72 Fornitura di software e 20 13 partecipate nelloconsulenza informatica stesso settore

74 Altre attiv. profess. e imprend. 122 52 partecipate nelle 49 partecipate nelattività immobiliari commercio all’ingr. e

interm. del comm. esclus.autoveic. e motocicl.

*La tabella riporta solo gli incroci con numerosità > di 10

Page 388: Emilia-Romagna Regione d’Europa

386 Il fenomeno dei gruppi d’imprese in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

nel settore meccanico controllanosoprattutto imprese dello stessosettore. Le imprese delle costruzionisono capogruppo in particolare diaziende impegnate sia nello stessosettore sia in attività immobiliari. Perquanto riguarda le attività di com-mercio all’ingrosso e di intermedia-zione commerciale (con esclusionedegli autoveicoli e dei motocicli) si ri-leva che i principali settori di parte-cipazione sono nelle attività immobi-liari e nel settore all’ingrosso. Le im-prese con attività al dettaglio e di ri-parazione di beni personali e dellacasa hanno partecipazioni soprat-tutto in imprese dello stesso settore.Lo stesso vale per le attività di sup-porto dei trasporti e le agenzie diviaggio. Le imprese attive nell’inter-mediazione immobiliare e finanziariapartecipano con quote di maggio-ranza soprattutto in attività immobi-liari e nel commercio all’ingrosso.Questi settori sono anche parteci-pati da imprese immobiliari. Le im-prese che forniscono software e of-frono consulenza informatica hannopartecipazioni soprattutto in aziendedello stesso settore. Infine, la cate-goria che raggruppa altre attivitàprofessionali e imprenditoriali parte-cipa in particolare in attività immobi-liari e nel commercio all’ingrosso. Una riflessione sull’analisi dei gruppidi imprese in Emilia-Romagna ci of-fre nuovi spunti per studiare e inter-pretare il modello industriale emilia-no-romagnolo. Generalmente, si èsempre identificato il successo del-l’economia dell’Emilia-Romagnanella presenza di una struttura indu-

striale composta da una miriade dipiccole e medie imprese concentra-te territorialmente (nei distretti indu-striali) e funzionalmente integrate inun’efficiente sistema di infrastrutturesocio-economiche. In particolare, laletteratura economica ha sempredato enfasi all’esistenza di un com-plesso di relazioni informali che, at-traverso i legami di sub-fornitura, ilsupporto delle banche locali e l’a-zione di coesione sociale ed econo-mica promossa dalle istituzioni, han-no permesso di raggiungere all’Emi-lia-Romagna e ai suoi distretti indu-striali posizioni di leadership in moltisettori produttivi. In realtà, l’analisi sui gruppi di im-prese fa emergere un quadro assaipiù complesso. In molti settori indu-striali, come negli alimentari, nellameccanica e nel commercio (veditabella 4.5) sembrano esistere, ac-canto ai legami informali messi inevidenza dalla letteratura, veri e pro-pri legami formali di tipo proprieta-rio. Questa conclusione ci porta aconsiderare l’appartenenza ad ungruppo come un nuovo aspetto datenere in considerazione quando sivuole analizzare la competitività del-le piccole e medie imprese dell’Emi-lia-Romagna sui mercati nazionali einternazionali.

La crescita della ricchezza

Page 389: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati Excelsior 387Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

In questi ultimi anni si è assistito auna crescita esponenziale del dibat-tito relativo ai processi di integrazio-ne internazionale dell’attività econo-mica. In particolare, ci si riferisce afenomeni di ampliamento dell’esten-sione geografica dei mercati di riferi-mento delle imprese. Secondo unavisione eccessivamente ottimistica esemplificata, le imprese si trovanoad operare su mercati globali e sonoesposte alla concorrenza su scalainternazionale. Le cose, naturalmen-te, non stanno così. Se, effettiva-mente, alcuni settori sono esposti auna concorrenza di tale natura eproducono all’estero una buonaparte del loro fatturato, per altricomparti produttivi questo discorsoè ben lungi dall’essere in atto. Questi processi di progressiva esten-sione dei mercati di riferimento do-vrebbero avere effetti consistenti sullemodalità di gestione del fattore lavoroda parte delle imprese. A queste ulti-me, infatti, è richiesta, una volta venu-ta meno qualunque barriera di tipoprotezionista, un’ottimizzazione deiprocessi produttivi che consenta il

conseguimento di elevati livelli di effi-cienza, per poter fare fronte alle pres-sioni provenienti dai competitori inter-nazionali. L’effetto, sotto questo pun-to di vista, è duplice: alla forza lavoroè richiesto un elevato livello di compe-tenze produttive e di addestramento.Inoltre, le imprese richiedono un note-vole grado di flessibilità numerica checonsenta di aggiustarsi, nel modo piùrapido possibile, alle inevitabili fluttua-zioni della domanda di prodotto. Può essere estremamente interes-sante, per quello che riguarda la re-gione Emilia-Romagna, vedere l’im-patto di questi processi di interna-zionalizzazione sulla gestione delfattore lavoro. La strategia di analisiche sarà adottata per il raggiungi-mento di questo obiettivo prevedel’utilizzo della banca dati Excelsior.Attraverso questa banca dati, infatti,è possibile studiare in modo alquan-to dettagliato sia quello che è avve-nuto nel corso del 1996, sia quelloche gli imprenditori prevedono av-verrà in termini di fabbisogni (quali-tativi e quantitativi) di forza lavoro.Per sottolineare ulteriormente questi

effetti, sono stati scelti tre settoridella manifattura per i quali i merca-ti internazionali giocano un ruolo de-terminante e sono stati comparaticon i due comparti della manifatturaper i quali i mercati esteri hanno unpeso relativamente marginale. Ci siè concentrati su comparti della pro-duzione appartenenti al settore ma-nifatturiero sia perché si dispone deidati di interesse, sia perché si ritieneutile comparare settori che abbianoun seppur minimo livello di affinità.Non avrebbe molto senso un con-fronto che coinvolga, per esempio,un comparto della manifattura conuno appartenente al terziario. Per ottenere questo tipo di dati si èfatto ricorso al lavoro di Caselli e Co-vezzi (1996) “Investimenti e competiti-vità nell’industria manifatturiera”. Inquesta ricerca è riportata una tabellache mostra, per una serie di compartidella manifattura, la quota di fatturatorealizzato all’estero nel triennio 94-96.Tre sono i comparti per cui questa va-riabile presenta valori estremamenteelevati: la ceramica (60,8%), l’elettro-nica (49,4%) e pelli e cuoio (57,1%).Viceversa vi sono due comparti che sisegnalano per un livello abbastanzabasso della variabile summenzionata:alimentare (10,1%) e carta, stampa-editoria (11,4%). L’analisi procederà secondo i se-guenti stadi: innanzitutto, sarannodiscusse le diverse strutture dimen-sionali dei cinque settori sopra elen-cati; successivamente, saranno ri-portati e discussi i dati relativi al1996. In questa fase sarà possibileanche quantificare le prospettive oc-

Processi di internazionalizzazionee mercato del lavoro:un’analisi sui dati Excelsior

Page 390: Emilia-Romagna Regione d’Europa

cupazionali nel biennio 1997-98, iltasso di turnover totale previsto e lastruttura occupazionale di ciascunsettore in termini di “macroprofili pro-fessionali” (dirigenti, impiegati-quadrie operai-apprendisti). La terza sezio-ne, infine, analizzerà in modo abba-stanza dettagliato le caratteristichesalienti dei lavoratori per i quali è pre-vista l’assunzione nel biennio 1997-98. Inoltre, a titolo di curiosità, si ve-drà, sempre per ciascun profilo pro-fessionale, la competenza linguisticarichiesta, l’unica variabile collegabilein qualche modo ai processi di inter-nazionalizzazione economica di cuiExcelsior tiene conto.

2.1 La struttura produttiva perclassi dimensionali e l’andamentooccupazionale nel 1996

La Tabella 1 riporta la composizioneoccupazionale per classe dimensio-

nale nei cinque settori di interesse.Si osserva una notevole eterogenei-tà intersettoriale. Il settore alimenta-re si caratterizza per una notevoleomogeneità: non prevale in modonetto una classe dimensionale sullealtre. Per quello che riguarda l’indu-stria del cuoio, della carta stampa edell’elettronica, prevale la classe di-mensionale con un numero di ad-detti compresi da 10 a 49, mentreper il comparto dei minerali non me-talliferi (ceramiche) prevale la classecon un numero di addetti superiorea 200.

La tabella 2 riporta l’andamento oc-cupazionale nel 1996 per i cinquecomparti produttivi di interesse. Sono poi riportate le previsioni di as-sunzione e di dimissioni o licenzia-menti per il biennio 1997-98 e sonocalcolati i relativi tassi di turnover.Quest’ultimo costituisce un indica-tore delle transizioni che avvengono

entro le imprese e quindi è unaproxy della mobilità dei posti di lavo-ro all’interno del settore. L’analisi ècondotta sia per il complesso deglioccupati sia per i tre macroprofiliprofessionali costituiti da dirigenti,impiegati-quadri e operai-apprendi-sti. La sezione finale della tabella re-gistra, inoltre, il rapporto fra impie-gati e operai e costituisce un indica-tore del rapporto fra lavoratori ma-nuali e non manuali. Soffermandosi dapprima sull’anda-mento occupazionale nel 1996, perquello che riguarda l’occupazionecomplessiva non sembrano esisteretrend comuni entro i due raggruppa-menti settoriali identificati in prece-denza (quelli che hanno un’elevatapropensione ad esportare e quelliche hanno una bassa propensioneall’esportazione). Nell’ambito deisettori che esportano in misura rela-tivamente contenuta, le industrie ali-mentari registrano perdite abba-stanza consistenti (-2,8%), mentrepiù contenute sono le perdite relati-ve al settore della carta stampa (-0,9%). Anche nell’altro raggruppa-mento settoriale si rilevano rimar-chevoli difformità: le macchine elet-triche ed elettroniche registrano unacrescita molto contenuta (0,3%), ilsettore delle ceramiche perde unnumero di addetti pari allo 0,7%,mentre il comparto del cuoio e cal-zature perde addirittura il 2,6% deidipendenti. Come è immediato ri-scontrare dalla tabella, difformità diquesta natura si rilevano anche perciò che riguarda le previsioni di as-sunzione: nel medesimo raggruppa-

388 Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati ExcelsiorDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 1- La composizione occupazionale per classe dimensionale

Industriealimentari

Industrie delcuoio e

calzature

Industriedella carta,

stampa,editoria

Industrieminerali nonmetalliferi

Industriedelle

macchineelettriche edelettroniche

TOTALE

1 - 9 Addetti 11.072 1.913 4.061 3.035 7.179 27.26024,8% 19,2% 23,2% 6,9% 19,6% 17,9%

10 - 49Addetti

10.315 4.776 7.108 8.618 12.301 43.118

23,1% 47,9% 40,6% 19,7% 33,6% 28,3%50 - 199

Addetti12.156 2.334 4.048 12.085 8.549 39.172

27,2% 23,4% 23,1% 27,6% 23,3% 25,7%>= 200

Addetti11.087 958 2.274 20.032 8.594 42.945

24,8% 9,6% 13,0% 45,8% 23,5% 28,2%TOTALE 44.630 9.981 17.491 43.770 36.623 152.495

Page 391: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati Excelsior 389Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 2- L’andamento occupazionale nel 1996 per il complesso degli occupati e per dirigenti, impiegati e operai

Industrie Industrie del Industrie della Industrie Industrie delle Totalealimentari cuoio e carta, stampa, minerali non macchine

calzature editoria metalliferi elettriche edelettroniche

Dipendenti al '95 45931 10247 17643 44066 36524 154411Dipendenti al '96 44630 9981 17491 43770 36623 152495dip. 1998 44535 9972 17716 44105 37118 153446Entrate Dip. 97-98 1559 398 879 2635 1922 7393tassi di assunzione 3,5% 4,0% 5,0% 6,0% 5,2% 4,8%Uscite Dip. 97-98 1654 407 654 2300 1427 6442tassi di uscita 3,7% 4,1% 3,7% 5,3% 3,9% 4,2%tasso di turnover 7,2% 8,1% 8,8% 11,3% 9,1% 9,1%var dip 96-95 -2,8% -2,6% -0,9% -0,7% 0,3% 0,3%var. dip. 98/96 -0,2% -0,1% 1,3% 0,8% 1,4% 1,4%var.dip. 98/95 -3,0% - 2,7% 0,4% 0,1% 1,6% 1,6%Dirigenti al '95 715 49 204 725 618 2311Dirigenti al '96 695 49 204 729 597 2274dir. 98 691 51 202 736 598 2278Entrate Dir. 97-98 9 2 4 37 13 65tassi di assunzione 1,3% 4,1% 2,0% 5,1% 2,2% 2,9%Uscite Dir. 97-98 13 0 6 30 12 12tassi di uscita 1,9% 0,0% 2,9% 4,1% 2,0% 0,5%tassi di turnover 3,2% 4,1% 4,9% 9,2% 4,2% 3,4%var.dir.98/96 -0,6% 4,1% -1,0% 1,0% 0,2% 0,2%var.dir. 98/95 -3,4% 4,1% -1,0% 1,5% -3,2% -3,2%var.dir. 96/95 -2,8% 0,0% 0,0% 0,6% -3,4% -3,4%Impiegati-quadri al '95 11888 1310 4982 9964 13160 41304Impiegati-quadri al '96 11538 1303 4938 9917 12896 40592imp. 1998 11471 1321 5000 9979 12984 40755Entrate Imp.-Qua. 97-98 340 58 264 556 559 1777tassi di assunzione 2,9% 4,5% 5,3% 5,6% 4,3% 4,4%Uscite Imp.-Qua.97-98 407 40 202 494 471 1614tassi di uscita 3,5% 3,1% 4,1% 5,0% 3,7% 4,0%tasso di turnover 6,5% 7,5% 9,4% 10,6% 8,0% 8,4%var.imp. 96-95 -2,9% -0,5% -0,9% -0,5% -2,0% -2,0%var. imp. 98/96 -0,6% 1,4% 1,3% 0,6% 0,7% 0,7%var. imp.98/95 -3,5% 0,8% 0,4% 0,2% -1,3% -1,3%Operai-apprendisti al '95 33328 8888 12457 33377 22746 110796Operai-apprendisti al '96 32397 8629 12349 33124 23130 109629operai 1998 32373 8600 12514 33390 23536 110413Entrate Ope.-Appr. 97-98 1210 338 611 2042 1350 5551tasso di assunzione 3,7% 3,9% 4,9% 6,2% 5,8% 5,1%Uscite Ope.-Appr. 97-98 1234 367 446 1776 944 4767tassi di uscita 3,8% 4,3% 3,6% 5,4% 4,1% 4,3%tasso di turnover 7,5% 8,2% 8,6% 11,5% 9,9% 9,4%var.op. 96-95 -2,8% -2,9% -0,9% -0,8% 1,7% 1,7%var. op. 98/96 -0,1% -0,3% 1,3% 0,8% 1,8% 1,8%var.operai 98/95 -2,9% -3,2% 0,5% 0,0% 3,5% 3,5%impiegati/operai 95 35,7% 14,7% 40,0% 29,9% 57,9% 57,9%impiegati/operai 96 35,6% 15,1% 40,0% 29,9% 55,8% 55,8%impiegati/operai 98 35,4% 15,4% 40,0% 29,9% 55,2% 55,2%

ns. elaborazioni su Dati Excelsior

Page 392: Emilia-Romagna Regione d’Europa

mento si trovano settori che preve-dono tassi di crescita occupaziona-le positiva e settori che, viceversa,mostrano tassi di crescita inferioriallo zero. Anche per ciò che concerne l’anda-mento di ciascun macroprofilo pro-fessionale, non si può mancare diosservare che le dinamiche sonoestremamente differenziate nell’am-bito di ciascun raggruppamento. Sirileva, infatti, come la crescita occu-pazionale riscontrabile per il com-parto delle macchine elettriche edelettroniche sia concentrata eslusi-vamente nella categoria di operai eapprendisti che crescono di un dis-creto 1,7%. Per questo settore, im-piegati e dirigenti perdono rispetti-vamente il 2,0% e il 3,4%. Nel setto-re dei minerali non metalliferi (cera-mica) le difformità fra i diversi ma-croprofili sono meno evidenti. Leperdite occupazionali interessanosolo operai ed impiegati (rispettiva-mente -0,8% e -0,5%), mentre i diri-genti crescono dello 0,6%. L’indu-stria del cuoio e delle calzature haun andamento ancora diverso: an-che in questo caso le contrazionioccupazionali riguardano solo ope-rai ed impiegati, ma le differenze fraqueste due categorie sono rimar-chevoli, in quanto gli operai perdonoun 2,9%, mentre gli impiegati unmodesto -0,5%. Una notevole uniformità di compor-tamenti si rileva, viceversa, nell’am-bito dei comparti che hanno mostra-to una debole propensione all’e-sportazione del prodotto: in ciascunsettore le perdite sono omogenea-

mente distribuite per ciascun ma-croprofilo Il discorso è lievemente diverso perciò che concerne le previsioni di as-sunzione. Le imprese che hannouna maggiore propensione all’e-sportazione prevedono dinamicheoccupazionali, per ciascun macro-profilo, estremamente diversificate.Nell’altro raggruppamento di settori,le previsioni di assunzioni sono piùdisomogenee rispetto all’andamen-to occupazionale per macroprofiloriscontrato per il 1996.Queste dinamiche occupazionali siriflettono, inevitabilmente, sullacomposizione fra lavoratori manualie lavoratori non manuali riportata infondo alla tabella 2. Anche qui esi-ste una notevole eterogeneità nel-l’ambito di ciascun raggruppamen-to. Per quello che riguarda cuoio,ceramica ed elettronica il rapportofra impiegati ed operai era rispetti-vamente il 15,1%, 29,9% e 57,9%.Sulla base delle previsioni di assun-zione si può affermare che, per ilcuoio, è previsto un incremento diquesto rapporto, nel settore cerami-co dovrebbe rimanere sostanzial-mente stazionario, mentre nel com-parto dell’elettronica pare destinatoa diminuire. Resta infine da vedere il tasso di tur-nover. Si osserva, innanzitutto, cheper tutti i comparti produttivi esisteun rilevante grado di segmentazionein relazione alla mobilità dei posti dilavoro. I tassi di turnover più accen-tuati si rilevano per operai e appren-disti, mentre i più bassi sono regi-strati per i dirigenti. Anche qui, os-

servando che cosa succede a que-sta variabile entro ciascun raggrup-pamento, non si rilevano regolaritàmolto marcate. E’ tuttavia vero che,mediamente, i settori con una mag-giore propensione all’esportazionesembrano mostrare tassi di turnoverlievemente più elevati rispetto ai set-tori con una propensione ad espor-tare più bassa. L’evidenza empirica,tuttavia, non è a senso unico inquanto se il discorso appena fatto èindubbiamente vero per il compartodell’elettronica e della ceramica,non lo è altrettanto per quello che ri-guarda l’industria del cuoio e dellecalzature che presenta tassi di tur-nover più bassi del settore della car-ta, stampa ed editoria.

2.2 Un’analisi delle caratteristichedelle assunzioni previste per ilbiennio 1997-98

La Banca dati Excelsior consente dianalizzare in modo piuttosto detta-gliato le caratteristiche dei lavoratoriper i quali è prevista l’assunzione nelbiennio 1997-98. L’analisi procede-rà secondo il seguente schema. In-nanzitutto si discuterà per quali pro-fili professionali è prevista l’assun-zione. I profili considerati sono ottoe sono, di conseguenza, meno am-pi di quelli presi in considerazionenella sezione precedente. Si vedrà, comunque, anche l’inci-denza relativa di una figura profes-sionale che può rivestire un’impor-tanza strategica nell’ambito dei pro-cessi di internazionalizzazione. Suc-

390 Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati ExcelsiorDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

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Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati Excelsior 391Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

cessivamente, sarà discussa la pre-visione di assunzione per titolo distudio. Anche in questo caso, peramore di sintesi, il livello di aggrega-zione sarà mantenuto piuttosto ele-vato. La tabella 3 riporta le previsioni diassunzione per profilo professiona-le. Anche per quello che riguardaquesti dati, le difformità sono riscon-trabili sia confrontando i singoli set-tori, sia verificando che cosa accade

entro ciascuno dei due raggruppa-menti identificati nella sezione intro-duttiva. I cosidetti “colletti bianchi”(in questo caso la somma di impie-gati e dirigenti) costituiscono la mi-noranza delle assunzioni per tutti isettori, benché nei settori del cuoioe della ceramica l’incidenza relativadi questi lavoratori sia abbastanzapiù bassa rispetto agli altri settori. Ovviamente, il rovescio della meda-glia di questa considerazione è dato

dal fatto che i colletti blu costitui-scono la maggioranza delle assun-zioni in tutti i settori con particolareenfasi per cuoio e ceramica. La banca dati Excelsior consente diosservare le figure professionali inmaniera anche più disaggregata ri-spetto a quella utilizzata nella tabel-la 3. Può essere interessante vederel’incidenza relativa delle assunzionipreviste per una figura definita come“Professioni nei rapporti con i mer-

Tabella 3- Le previsioni di assunzione per profili professionali

Industrie Industrie del Industrie della Industrie Industrie delle Totalealimentari cuoio e carta, stampa, minerali non macchine

calzature editoria metalliferi elettriche edelettroniche

val. val. val. val. val. val. val. val. val. val. Totaleass. perc. ass. perc. ass. perc. ass. perc. ass. perc.

Dirigenti direttori e responsabili 4 0,3% 7 1,8% 10 1,1% 37 1,4% 11 0,6% 69Profess. intell. scientif. specializz. 94 6,0% 13 3,3% 46 5,2% 146 5,5% 100 5,2% 399Profess. intermedie,tecnici 228 14,6% 44 11,1% 88 10,0% 268 10,2% 489 25,4% 1117Profess. esecutiveamministr. gestione 121 7,8% 6 1,5% 151 17,2% 100 3,8% 98 5,1% 476Profess. vendita e servizi famiglie 178 11,4% 7 1,8% 17 1,9% 54 2,0% 23 1,2% 279Colletti bianchi 40,1% 19,3% 35,5% 23,0% 37,5% 31,7%Operai specializzati 322 20,7% 177 44,5% 367 41,8% 522 19,8% 475 24,7% 1863Conduttori impiantimacchin. montaggio 478 30,7% 128 32,2% 173 19,7% 1382 52,4% 617 32,1% 2778Colletti blu 51,3% 76,6% 61,4% 72,3% 56,8% 62,8%Personale non qualificato 134 8,6% 16 4,0% 27 3,1% 126 4,8% 109 5,7% 412TOTALE 1559 398 879 2635 1922 7393

ns. elaborazioni su Dati Excelsior

Page 394: Emilia-Romagna Regione d’Europa

cati”. Per questa figura si presumeche le imprese con una elevata pro-pensione all’esportazione presenti-no una domanda superiore alle im-prese per le quali il peso delle

esportazioni è di scarso rilievo. L’e-videnza empirica, tuttavia, non sup-porta questa supposizione. Questotipo di figura professionale costitui-sce il 2,2% delle assunzioni previste

nel comparto dell’elettronica, il3,9% nella ceramica, l’1% nel cuoio,il 3,3% nella carta e il 2,4% nelle in-dustrie alimentari. Nella tabella 4 si trovano i dati relati-

392 Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati ExcelsiorDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 4 Assunzioni previste nel biennio 1997-98 per titoli di studio

Industrie Industrie del Industrie della Industrie Industrie delle Totalealimentari cuoio e carta, stampa, minerali non macchine

calzature editoria metalliferi elettriche edelettroniche

Non rilevante 230 73 86 627 151 1167Licenza media 681 145 198 823 360 2207Basse qualifiche 58,4% 54,8% 32,3% 55,0% 26,6% 45,6%Qualifica professionale 163 114 299 444 511 1531Diploma superiore 422 51 268 531 739 2011Qualifica intermedia 37,5% 41,5% 64,5% 37,0% 65,0% 47,9%Diploma universitario 0 2 0 38 1 41Laurea 63 13 28 172 160 436Qualifica alta 4,0% 3,8% 3,2% 8,0% 8,4% 6,5%TOTALE 1559 398 879 2635 1922 7393ns. elaborazioni su Dati Excelsior

Tabella 5. Le assunzioni per tipologie contrattuali

Industrie Industrie del Industrie della Industrie Industrie delle Totalealimentari cuoio e carta, stampa, minerali non macchine

calzature editoria metalliferi elettriche edelettroniche

Entrate Dip. 97-98 1559 398 879 2635 1922 7393Assunti a tempo indet. 955 244 609 1716 1160 4684

61,3% 61,3% 69,3% 65,1% 60,4% 63,4%Assunti a tempo determ. 192 121 93 335 263 1004Assunti a tempo parz. 76 4 39 16 29 164Assunti con C.F.L. 336 29 138 568 470 154138,7% 38,7% 30,7% 34,9% 39,6% 36,6%TOTALE 3672 873 2026 6577 4364 17512ns. elaborazioni su Dati Excelsior

Page 395: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati Excelsior 393Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

vi alla previsione di assunzione pertitoli di studio. Salta immediatamen-te agli occhi che il settore dell’elet-tronica richiede, mediamente, quali-fiche scolastiche molto più elevaterispetto agli altri comparti produttiviconsiderati. In questo settore, lanetta maggioranza delle assunzionicontempla qualifiche scolastichemedio-alte e solo il 27% delle as-sunzioni previste riguarda lavoratoridotati di qualifiche basse. Un dis-corso analogo vale per il settore del-la carta, benché l’incidenza relativadei laureati sia la più bassa fra tutti ecinque i settori. Viceversa, negli altri

tre settori produttivi la domanda pertitoli di studio è principalmente con-centrata sulle basse qualifiche sco-lastiche. Da queste semplici osser-vazioni, dovrebbe essere abbastan-za chiaro che fra i due raggruppa-menti industriali su cui si concentral’analisi non esistono, per quello cheriguarda la domanda di titoli di stu-dio, differenze nette.

2.3 Processi di internazionalizza-zione e competenze linguistiche

L’elemento più banale che dovrebbe

differenziare la forza lavoro occupatanelle imprese use a operare sui mer-cati esteri rispetto a quelle con unaminore propensione all’esportazioneè costituito dalla conoscenza lingui-stica. Secondo il tipo ideale dell’im-presa globale, questa dovrebbe es-sere dotata perlomeno di un mana-gement internazionale, in grado dimuoversi con notevole disinvolturasui mercati internazionali. Una pre-condizione necessaria, sebbene nonsufficiente, per poter fare ciò è rap-presentata dalla conoscenza lingui-stica. La banca dati Excelsior con-sente di stabilire a quanti lavoratori

Tabella 6 - Competenze linguistiche richieste per profilo professionaleIndustrie alimentari

Nessuna Elementare Buona Approfondita Totaleval. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc.

Dirigenti direttorie responsabili 0 0,0% 0 0,0% 4 100,0% 0 0,0% 4Profess. intell.scientif. specializz. 16 17,0% 51 54,3% 22 23,4% 5 5,3% 94Profess.intermedie,tecnici 132 57,9% 37 16,2% 36 15,8% 23 10,1% 228Profess.esecutiveamministr. gestione 102 84,3% 6 5,0% 5 4,1% 8 6,6% 121Profess. venditae servizi famiglie 141 79,2% 33 18,5% 4 2,2% 0 0,0% 178Operai specializzati 321 99,7% 0 0,0% 1 0,3% 0 0,0% 322Conduttori impiantimacchin. montaggio 434 90,8% 41 8,6% 3 0,6% 0 0,0% 478Personale nonqualificato 131 97,8% 3 2,2% 0 0,0% 0 0,0% 134TOTALE 1277 81,9% 171 11,0% 75 4,8% 36 2,3% 1559

Ns. elaborazioni su Dati Excelsior. I valori percentuali rappresentano l’incidenza relativa di ciascun incrocio rispetto al totale di riga

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394 Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati ExcelsiorDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 7- Competenze linguistiche richieste per profilo professionaleIndustrie del cuoio e calzature

Nessuna Elementare Buona Approfondita Totaleval. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc.

Dirigenti direttorie responsabili 5 71,4% 0 0,0% 2 28,6% 0 0,0% 7Profess. intell.scientif. specializz. 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0% 0 0,0% 13Profess. intermedie,tecnici 10 22,7% 26 59,1% 6 13,6% 2 4,5% 44Profess. esecutiveamministr. gestione 5 83,3% 0 0,0% 1 16,7% 0 0,0% 6Profess. venditae servizi famiglie 0 0,0% 0 0,0% 7 100,0% 0 0,0% 7Operai specializzati 175 98,9% 0 0,0% 2 1,1% 0 0,0% 177Conduttori impiantimacchin. montaggio 124 96,9% 0 0,0% 4 3,1% 0 0,0% 128Personale nonqualificato 16 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 0 0,0% 16TOTALE 335 84,2% 26 6,5% 35 8,8% 2 0,5% 398

Ns. elaborazioni su Dati Excelsior. I valori percentuali rappresentano l’incidenza relativa di ciascun incrocio rispetto al totale di riga

Tabella 8 - Competenze linguistiche richieste per profilo professionaleIndustrie della carta, stampa, editoria

Nessuna Elementare Buona Approfondita Totaleval. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc.

Dirigenti direttorie responsabili 8 80,0% 0 0,0% 2 20,0% 0 0,0% 10Profess. intell.scientif. specializz. 12 26,1% 17 37,0% 9 19,6% 8 17,4% 46Profess. intermedie,tecnici 60 68,2% 15 17,0% 12 13,6% 1 1,1% 88Profess. esecutiveamministr. gestione 113 74,8% 7 4,6% 26 17,2% 5 3,3% 151Profess. venditae servizi famiglie 10 58,8% 0 0,0% 3 17,6% 4 23,5% 17Operai specializzati 299 81,5% 47 12,8% 21 5,7% 0 0,0% 367Conduttori impiantimacchin. montaggio 89 51,4% 72 41,6% 12 6,9% 0 0,0% 173Personale nonqualificato 23 85,2% 4 14,8% 0 0,0% 0 0,0% 27TOTALE 614 69,9% 162 18,4% 85 9,7% 18 2,0% 879

Ns. elaborazioni su Dati Excelsior. I valori percentuali rappresentano l’incidenza relativa di ciascun incrocio rispetto al totale di riga

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Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati Excelsior 395Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

per i quali si prevedono assunzioni èrichiesta la conoscenza di una lingua.Le tabelle che seguono, consentonodi stabilire per ciascun profilo profes-sionale e per ciascun settore, il gradodi competenza linguistica Per il raggruppamento delle impreseche hanno un’elevata propensione aesportare, si rileva che ai colletti bian-chi è richiesta, soprattutto per taluniprofili professionali, una conoscenzaalmeno buona di una lingua straniera.Nel settore dell’elettronica, come sivede dalla tabella 10, questo vale so-prattutto per le professioni legate allavendita (oltre il 90%) e per dirigenti e

direttori (oltre il 50%).

Un discorso analogo è valido per ilcomparto delle ceramiche (vedi ta-bella 9), e, seppure in misura mino-re, per il comparto del cuoio. Comesi può vedere, l’incidenza relativadelle assunzioni per cui è previstoun certo grado di conoscenza lin-guistica non corrisponde a quellache ci si potrebbe attendere dall’im-presa globale”, comunque il gradodi competenze linguistiche richiestoè, soprattutto per i colletti bianchi,abbastanza elevato. Le imprese ap-partenenti ai settori che esportano

in misura minore, invece, mostranouna domanda di competenze lingui-stiche meno accentuata: con l’ec-cezione di dirigenti e direttori delsettore alimentare, a tutti i profiliprofessionali per questo settore è ri-chiesta una competenza delle linguestraniere che non va oltre una cono-scenza elementare

2.4 Conclusioni

Questo contributo ha cercato di evi-denziare le differenze sussistenti,nella gestione del fattore lavoro, fra

Tabella 9 - Competenze linguistiche richieste per profilo professionaleIndustrie dei minerali non metalliferi

Nessuna Elementare Buona Approfondita Totaleval. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc.

Dirigenti direttorie responsabili 9 24,3% 14 37,8% 5 13,5% 9 24,3% 37Profess. intell.scientif. specializz. 28 19,2% 3 2,1% 85 58,2% 30 20,5% 146Profess. intermedie,tecnici 64 23,9% 39 14,6% 87 32,5% 78 29,1% 268Profess. esecutiveamministr. gestione 78 78,0% 13 13,0% 6 6,0% 3 3,0% 100Profess. venditae servizi famiglie 13 24,1% 1 1,9% 35 64,8% 5 9,3% 54Operai specializzati 482 92,3% 40 7,7% 0 0,0% 0 0,0% 522Conduttori impiantimacchin. montaggio 1318 95,4% 32 2,3% 32 2,3% 0 0,0% 1382Personale nonqualificato 126 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 0 0,0% 126TOTALE 2118 80,4% 142 5,4% 250 9,5% 125 4,7% 2635

Ns. elaborazioni su Dati Excelsior. I valori percentuali rappresentano l’incidenza relativa di ciascun incrocio rispetto al totale di riga

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settori che realizzano una quotaconsistente del proprio fatturato al-l’estero e altri per i quali il rapportocommerciale con i mercati esterinon è di rilevanza strategica. Dalleconsiderazioni delle sezioni prece-denti, dovrebbe essere abbastanzachiaro che non esistono, entro cia-scuno dei due raggruppamenti,comportamenti omogenei fra i set-tori, tali da far ritenere che l’esposi-zione ai mercati internazionali costi-tuisca un elemento determinante ediscriminante. L’andamento occu-pazionale nel 1996, la struttura oc-cupazionale per classe dimensiona-

le e la composizione della forza la-voro occupata non presentano re-golarità nette all’interno di ciascunraggruppamento. Per quello che at-tiene le previsioni di assunzione e diuscita non sembrano esistere rego-larità all’interno di ciascun gruppo; iltasso di turnover totale previsto,inoltre, è mediamente più elevatonel raggruppamento dei settori conelevata propensione ad esportare,tuttavia il settore del cuoio e calza-ture mostra dei valori più vicini aidue settori con scarsa propensionealle relazioni commerciali con l’este-ro (perlomeno in termini di mercati di

sbocco). Anche per ciò che attienealle esigenze di flessibilità numerica,misurata dall’incidenza delle assun-zioni a termine, non si può certo di-re che le imprese appartenenti aisettori “che esportano” manifestinouna propensione ad attivare contrat-ti di questo tipo superiore alle im-prese con scarse relazioni commer-ciali con l’estero. La stessa doman-da per titoli di studio e per profiliprofessionali non è discriminante,così come la domanda per “Profes-sioni nei rapporti con i mercati”. L’u-nico elemento discriminante fra idue gruppi di settori, emerso in ma-

396 Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati ExcelsiorDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 10 - Competenze linguistiche richieste per profilo professionaleIndustrie delle macchine elettriche ed elettroniche

Nessuna Elementare Buona Approfondita Totaleval. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc. val. ass. val. perc.

Dirigenti direttorie responsabili 0 0,0% 4 36,4% 4 36,4% 3 27,3% 11Profess. intell.scientif. specializz. 25 25,0% 32 32,0% 31 31,0% 12 12,0% 100Profess. intermedie,tecnici 199 40,7% 110 22,5% 156 31,9% 24 4,9% 489Profess. esecutiveamministr. gestione 30 30,6% 28 28,6% 38 38,8% 2 2,0% 98Profess. venditae servizi famiglie 1 4,3% 0 0,0% 12 52,2% 10 43,5% 23Operai specializzati 384 80,8% 82 17,3% 9 1,9% 0 0,0% 475Conduttori impiantimacchin. montaggio 481 78,0% 70 11,3% 61 9,9% 5 0,8% 617Personale nonqualificato 109 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 0 0,0% 109TOTALE 1229 63,9% 326 17,0% 311 16,2% 56 2,9% 1922

Ns. elaborazioni su Dati Excelsior. I valori percentuali rappresentano l’incidenza relativa di ciascun incrocio rispetto al totale di riga

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Processi di internazionalizzazione e mercato del lavoro: un’analisi sui dati Excelsior 397Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Demografia e Mercato del Lavoro

niera piuttosto netta, riguarda la do-manda di conoscenza linguisticheche le imprese maggiormente espo-ste alla concorrenza internazionalerichiedono alla componente nonmanuale delle assunzioni che si pre-vede di attivare nel corso del biennio1997-98. Bisogna dire, però, chequesta osservazione costituisce unapalese ovvietà. Naturalmente, queste considerazio-ni non devono portare alla conclu-sione secondo la quale i processi diinternazionalizzazione/globalizzazio-ne dei mercati non esercitano alcu-na influenza sulle modalità di gestio-ne del fattore lavoro. Tuttavia, sem-brerebbe legittimo asserire che, inrelazione ai comportamenti d’impre-sa in termini di gestione del fattorelavoro, non esiste un modello che siattagli alle imprese coinvolte nei pro-cessi di internazionalizzazione di-stinto da quello applicato da impre-se marginalmente coinvolte in questiprocessi. O, perlomeno, un’eviden-za di questo tipo non emerge consi-derando solo i dati aggregati. Inquesto senso, perciò, non sembradelinearsi un modello chiaro e di-stinto di impresa che opera sui mer-cati internazionali. Fino a ora, quin-di, i processi di globalizzazione dicui tanto si parla non hanno condot-to a processi di omogenizzazione,cui ci si riferisce implicitamentequando si parla di imprese globali,anche fra settori con notevoli rela-zioni commerciali con l’estero. Ciò, naturalmente, non significa, co-me si è detto, che l’internazionaliz-zazione sia ininfluente.

L’influenza che questi processi eser-citano, però, agisce in modo com-plesso e non può prescindere dafattori istituzionali, su base locale,nazionale e internazionale, territoria-li, tecnologici... che richiedono un’a-nalisi a livello più disaggregato. Oc-corre, cioé, procedere per “catenecorte” approfondendo, con studi dicaso molto mirati e approfonditi, co-me i processi di internazionalizzazio-ne si innestano nel complesso pa-norama del sistema produttivo edelle sue relazioni con il mondoesterno.

Page 400: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Il mercato del lavoro in Emilia-Roma-gna presenta alcune caratteristichestrutturali che occorre avere presen-te prima di esaminare i dati congiun-turali relativi al 1996. Vedremo di fareemergere una selezione significativadi queste caratteristiche strutturali oattraverso un'analisi di medio-lungoperiodo delle serie di dati di interes-se, o per mezzo dell'analisi di alcunidati dai quali si spera che emerganoun insieme di elementi (tra i qualiun'analisi di alcune dimensioni delladisoccupazione) utili alla compren-sione dei fenomeni sottostanti i cam-biamenti congiunturali. E' opportuno precisare che, a causadelle molteplici revisioni delle proce-dure utilizzate dall'ISTAT per le rileva-zioni relative al mercato del lavoro,esiste un notevole grado di disomo-geneità nei dati che rende estrema-mente arduo e azzardato compieredelle comparazioni intertemporali.Per questo motivo si è cercato di fo-calizzare l'attenzione o sulle serie didati contenenti le unità di lavoro, osui dati dal 1993 in avanti. Questo tipo di lavoro mira, come si è

fatto riferimento in precedenza, adintegrarsi con l'analisi dei dati con-giunturali dei quali costituisce in uncerto senso "lo sfondo". Questo sfor-zo di elaborazione dei dati sarà con-dotto attraverso una serie di compa-razioni con alcuni dati riferibili all'Ita-lia, benché una maggiore enfasi saràriservata all'Emilia-Romagna. In que-sto modo si tenterà di mettere in lucequali siano le specificità del mercatodel lavoro emiliano-romagnolo e, vi-ceversa, quali tendenze di questomercato siano assimilabili a quelloche è avvenuto o sta avvenendo inaltre parti del paese.

La distribuzione occupazionaleper settori di attività

La struttura occupazionale dei paesiindustrializzati ha conosciuto negliultimi decenni profondi mutamentistrutturali. Due sembrano essere ipiù macroscopici segni di questetrasformazioni. Da un lato vi è statoun drastico ridimensionamento delsettore agricolo come creatore di

posti di lavoro. Dall'altro si è osser-vato un processo, maggiormentegraduale del precedente, di riduzio-ne del peso dell'occupazione indu-striale sia in termini assoluti che ri-spetto all'occupazione complessiva.Per entrambi questi fenomeni, an-che se con modalità e sviluppi stori-ci molto differenti, un ruolo fonda-mentale è stato indubbiamente gio-cato sia dai processi di cambiamen-to e innovazione tecnologica chedalle strategie di ristrutturazione edecentramento produttivo cui si èassistito in questi ultimi anni (si pen-si, per esempio, a ciò che è avvenu-to al settore industriale nel RegnoUnito nel corso degli anni '80). Si èassistito, quindi, ad un processo diterziarizzazione della struttura pro-duttiva di tutte le più sviluppate eco-nomie capitaliste. Lo sviluppo economico dell'Italia,pur con le consuete disomogeneitàterritoriali, e anche della RegioneEmilia-Romagna non costituisconoun'eccezione da questo punto di vi-sta. Osservando le tabelle 1 e 2, checontengono i numeri indice, calcola-ti dal 1980, della distribuzione delleunità totali di lavoro per macrosetto-ri rispettivamente in Emilia-Roma-gna e in Italia, è immediato rilevarequei fenomeni menzionati nel para-grafo precedente. La serie storicaqui utilizzata arriva solamente fino al1993, l'ultimo anno per il quale sonodisponibili i dati Istat relativi alle uni-tà di lavoro. Assieme alla sostanziale stazionarie-tà nel numero di unità totali di lavo-

398 Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-Romagna

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Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-Romagna 399Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

ro occupate, per entrambe le aree siosserva, da un lato il drastico ridi-mensionamento delle unità di lavorooccupate nel settore agricolo, assaipiù evidente in Emilia-Romagna chenel resto dell'Italia, dall'altro si regi-stra il più lento ma pressoché co-stante declino delle unità di lavorooccupate nel settore industriale (in-teso come industria in senso strettoe costruzioni). Solo nel settore deiservizi è possibile osservare unaqualche difformità fra la situazioneemiliano-romagnola e l'Italia. A livel-lo nazionale, infatti, fra il 1991 e il1993, l'indice delle unità di lavoronel settore dei servizi registra, per laprima volta dal 1980, un'apprezza-bile contrazione contrariamente aquello che accade nello stesso pe-riodo in Emilia-Romagna in cui il nu-mero di unità di lavoro occupate neiservizi rimane pressoché stabile.Ciononostante può emergere il ra-gionevole dubbio secondo il quale inEmilia-Romagna questo ridimensio-namento potrebbe essere compar-so più tardi (il condizionale dipendedall'incomparabilità fra unità di lavo-ro e numero degli occupati). Infatti,osservando la tabella 3, che riporta inumeri indice della distribuzione oc-cupazionale per macrosettori inEmilia- Romagna dal 1993 al 1995(qui i due comparti relativi ai servizicorrispondono alla colonna "AltreAttività), è immediato registrare uncerto rallentamento nell'occupazio-ne del settore dei servizi, oltre a unaripresa dell'occupazione nel settoreagricolo. Questo, naturalmente, nonassicura necessariamente una con-

Tabella 2.1 - Numeri indice Emilia-Romagna - Unità totali di lavoro.

Anno Agricoltura Industria Servizi Serv. non Totale dest. vendita

1980 100,0 100,0 100,0 100,0 100,01981 90,9 99,8 102,9 103,6 100,21982 84,4 96,3 105,6 104,2 99,01983 86,1 93,7 105,8 103,9 98,31984 83,8 91,9 109,3 105,8 98,81985 76,7 90,0 113,8 106,8 98,81986 77,3 88,2 115,3 107,3 98,81987 74,7 90,4 114,6 107,0 99,01988 71,1 93,4 116,4 107,1 100,31989 66,0 92,8 117,5 105,9 99,51990 63,1 90,9 122,2 109,9 100,61991 61,6 87,1 126,5 113,1 101,01992 58,4 84,4 128,8 113,3 100,41993 53,2 82,9 129,0 111,7 98,9

Anno Base: 1980 = 100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Tabella 2.2 - Numeri indice Italia - Unità totali di lavoro

Anno Agricoltura Industria Servizi Serv. non Totale dest. vendita

1980 100,0 100,0 100,0 100,0 100,01981 95,0 97,7 103,2 102,4 100,01982 89,6 95,8 108,0 104,5 100,51983 91,7 92,8 111,3 106,5 101,21984 89,7 88,5 116,8 108,6 101,61985 86,2 87,3 121,0 110,7 102,51986 85,6 86,8 123,7 111,7 103,31987 83,8 86,0 125,7 113,2 103,71988 80,0 87,0 128,0 115,1 104,61989 76,1 87,3 129,4 115,8 104,81990 74,7 88,0 131,5 116,6 105,71991 74,7 87,4 134,1 117,9 106,61992 71,2 85,2 133,9 119,2 105,51993 66,0 82,0 131,4 118,7 102,7

Anno Base: 1980=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Tabella 2.3 - Numeri indice degli occupati in Emilia-Romagna.

Anno Agricoltura Industria Altre attività Totale 1993 100,0 100,0 100,0 100,0 1994 104,3 99,0 98,1 99,1 1995 102,2 98,5 98,8 99,1

Anno base 1993=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

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400 Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

trazione delle unità di lavoro, tuttaviasembra gettare un'ombra, anche inEmilia-Romagna, sulla capacità diespansione della domanda di lavorodel settore dei servizi che era parsa,fino all'inizio degli anni '90, sempreestremamente vivace.Per concludere, restano infine davedere le serie relative all'Italia e al-l'Emilia-Romagna per quello che ri-guarda il peso occupazionale relati-vo di ciascun settore (tabelle 4 e 5).Come dovrebbe essere chiaro dalleconsiderazioni svolte in precedenzasi osserva dal 1980 fino al 1993 unridimensionamento del peso relativodelle unità di lavoro occupate nelsettore agricolo e nell'industria avantaggio dei servizi. Da osservareinfine che, rispetto alla media nazio-nale, l'Emilia-Romagna mantiene,lungo tutto l'arco di tempo conside-rato, un peso relativo delle unità dilavoro occupate nell'industria rispet-to alle unità di lavoro complessivelievemente, ma stabilmente, supe-riore.

Lavoro dipendente e indipendente

Le dinamiche occupazionali descrit-te nella sezione precedente sotten-dono tendenze talvolta divergentiper quello che riguarda l'andamentodelle unità di lavoro dipendente e in-dipendente (vedi rispettivamente ta-belle 6 e 7 per l'Emilia-Romagna e 8e 9 per l'Italia). Molto spesso, cioé,a variazioni nelle unità di lavorocomplessivamente occupate coinci-dono variazioni di segno opposto in

Tabella 2.4 - Composizione percentuale delle unità di lavoro occupate inEmilia-Romagna

Anno Agricoltura Industria Servizi Serv. non dest. vendita

1980 13,9% 37,1% 35,0% 13,9% 1981 12,6% 37,0% 36,0% 14,4% 1982 11,9% 36,1% 37,4% 14,6% 1983 12,2% 35,4% 37,7% 14,7% 1984 11,8% 34,6% 38,8% 14,9% 1985 10,8% 33,8% 40,4% 15,0% 1986 10,9% 33,1% 40,9% 15,1% 1987 10,5% 33,9% 40,6% 15,0% 1988 9,9% 34,6% 40,7% 14,9% 1989 9,2% 34,6% 41,4% 14,8% 1990 8,7% 33,5% 42,6% 15,2% 1991 8,5% 32,0% 43,9% 15,6% 1992 8,1% 31,2% 45,0% 15,7% 1993 7,5% 31,1% 45,7% 15,7%

Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Tabella 2.5 - Composizione percentuale delle unità di lavoro occupate in Italia.

Anno Agricoltura Industria Servizi Serv. non dest. vendita

1980 13,6% 35,9% 34,0% 16,5% 1981 12,9% 35,1% 35,1% 16,9% 1982 12,1% 34,2% 36,5% 17,2% 1983 12,3% 32,9% 37,4% 17,4% 1984 12,0% 31,3% 39,1% 17,7% 1985 11,4% 30,6% 40,2% 17,9% 1986 11,2% 30,2% 40,7% 17,9% 1987 11,0% 29,8% 41,2% 18,1% 1988 10,4% 29,8% 41,6% 18,2% 1989 9,8% 29,9% 42,0% 18,3% 1990 9,6% 29,9% 42,3% 18,2% 1991 9,5% 29,4% 42,8% 18,3% 1992 9,2% 29,0% 43,2% 18,7% 1993 8,7% 28,7% 43,5% 19,1%

Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Page 403: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-Romagna 401Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

una delle due componenti delle uni-tà di lavoro (dipendente e indipen-dente). Si determinano, così varia-zioni del peso relativo di ciascunacomponente rispetto al totale delleunità di lavoro. Per quello che riguarda gli indici to-tali delle unità di lavoro dipendente eindipendente, è da rimarcare sia perl'Italia (vedi tabelle 2, 8, 9) che perl'Emilia-Romagna (vedi tabelle 1, 6,7), oltre alla sostanziale stazionarie-tà delle unità totali di lavoro, un len-to incremento del peso relativo del-l'occupazione indipendente rispettoa quella dipendente. L'analisi delleserie relative all'occupazione dipen-dente e indipendente in Italia e inEmilia-Romagna nell'intervallo1993-95 (vedi tabelle 10, 11, 12 e13) sembra confermare questa ten-denza in particolar modo nel settoreindustriale.Per ciò che riguarda il settore agri-colo in Emilia-Romagna, il peso dellavoro dipendente si è notevolmenteridotto rispetto a quello del lavoroindipendente (vedi tab. 6 e 7). L'op-posto fenomeno, anche se su scalapiù ridotta, si è verificato a livello na-zionale in cui le unità di lavoro di-pendente si sono percentualmenteridotte in misura inferiore rispetto al-le unità di lavoro indipendente. Per quello che riguarda l'industria,mentre sia in Italia che in Emilia-Ro-magna si rileva, comparando il 1980al 1993, una crescita delle unità dilavoro indipendente, il lavoro dipen-dente registra in entrambe le unitàoggetto di analisi un notevole ridi-mensionamento. Questo, ovviamen-

Tabella 2.6 - Numeri indice Emilia-Romagna delle unità di lavoro dipendente.

Anno Agricoltura Industria Servizi Serv. non Totaledest. vendita

1980 100,0 100,0 100,0 100,0 100,01981 83,5 97,9 103,1 103,6 99,91982 83,5 93,5 102,7 104,2 97,81983 72,7 89,4 101,1 103,9 94,91984 67,1 87,4 104,3 105,8 95,01985 53,0 85,0 107,9 106,8 94,41986 57,0 82,4 110,5 107,3 94,21987 52,5 83,6 110,8 107,0 94,61988 50,3 87,2 112,4 107,1 96,61989 49,6 87,1 112,6 105,9 96,31990 43,0 85,5 117,8 109,9 97,61991 33,1 81,4 126,6 113,1 98,31992 35,8 79,6 130,9 113,3 98,81993 27,7 77,6 130,6 111,7 97,1

Anno base: 1980=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Tabella 2.7 - Numeri indice Emilia-Romagna. Unità di lavoro indipendente

Anno Agricoltura Industria Servizi Totale 1980 100,0 100,0 100,0 100,0 1981 93,1 108,1 102,6 100,7 1982 84,6 109,4 108,8 101,3 1983 90,1 113,7 110,9 104,9 1984 88,9 112,8 114,7 106,2 1985 83,8 113,0 120,3 107,4 1986 83,4 114,6 120,6 107,7 1987 81,4 121,6 118,7 107,6 1988 77,4 121,5 120,9 107,3 1989 70,9 119,2 122,8 105,8 1990 69,1 115,5 127,1 106,6 1991 70,1 113,2 126,5 106,2 1992 65,1 106,5 126,5 103,3 1993 60,8 107,4 127,2 102,5

Anno base: 1980=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

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402 Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

te, ci consente di concludere che lariduzione delle unità totali di lavorooccupate nell'industria è da attribui-re essenzialmente al ridimensiona-mento del lavoro dipendente. Questifenomeni, però, in Italia e in Emilia-Romagna hanno assunto un profilotemporale molto diverso. Infatti,mentre in Emilia-Romagna il numeroindice relativo alle unità di lavoro in-dipendente cresce fino al 1987 perpoi subire, negli anni successivi, unanotevole flessione (vedi tabella 7), inItalia, perlomeno dal 1983 in avanti,si osserva la dinamica contraria (ve-di tabella 9). Infatti fra il 1983 e il1987 si osserva un'apprezzabile ri-duzione delle unità di lavoro indipen-denti occupate nell'industria allaquale fa seguito una crescita lenta econtinua fino al 1993. Questo pro-cesso potrebbe essere un indicato-re della volontà di esternalizzare al-cune funzioni d'impresa per accre-scere il livello di flessibilità funziona-le e numerica del fattore lavoro. Altre difformità fra Emilia-Romagna eItalia sono rilevabili, sempre per glianni fra il 1980 e il 1993, anche nelsettore dei servizi. Mentre a livello na-zionale le unità di lavoro indipendentehanno conosciuto fra il 1992 e il 1993un brusco decremento, in Emilia-Ro-magna nello stesso periodo si può ri-levare una sostanziale tenuta sia del-le unità di lavoro dipendente che indi-pendente. Con le stesse cautele chesi sono osservate nei precedentiparagrafi sulla dinamica delle unità to-tali di lavoro nei servizi, la tenuta dellavoro indipendente nel settore deiservizi in Emilia-Romagna potrebbe

Tabella 2.8 Numeri indice delle unità di lavoro dipendente in Italia.

Anno Agricoltura Industria Servizi non Vend. TOTALE 1980 100,0 100,0 100,0 100,0 100,01981 93,4 96,9 101,7 102,4 99,31982 90,6 94,2 105,4 104,5 99,51983 88,4 90,7 106,8 106,5 98,71984 84,6 86,6 111,7 108,6 98,61985 83,7 85,3 117,1 110,7 100,01986 81,9 84,2 120,0 111,7 100,41987 80,0 83,5 121,4 113,2 100,81988 78,4 84,6 122,9 115,1 102,01989 79,8 84,9 124,2 115,8 102,71990 79,1 85,8 127,0 116,6 104,01991 76,1 84,6 130,7 117,9 104,71992 76,4 81,9 131,6 119,2 104,11993 69,4 77,9 130,3 118,7 101,5

Anno base 1980=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Tabella 2.9 Numero indice delle unità di lavoro indipendente in Italia.

Anno Agricoltura Industria Servizi TOTALE 1980 100,0 100,0 100,0 100,0 1981 95,8 101,5 105,3 101,6 1982 89,2 103,3 111,3 102,9 1983 93,2 103,3 117,0 106,9 1984 92,1 97,9 123,4 108,6 1985 87,3 97,4 126,1 108,3 1986 87,3 99,5 128,5 109,9 1987 85,5 98,0 131,3 110,5 1988 80,8 98,6 134,7 110,8 1989 74,4 99,1 136,1 109,6 1990 72,6 99,3 137,4 109,7 1991 74,1 101,0 138,5 111,1 1992 68,8 101,4 136,8 108,7 1993 64,5 102,1 132,8 105,5

Anno base: 1980=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Page 405: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-Romagna 403Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

essersi indebolita come mostrano leserie relative agli occupati dipendenti

e indipendenti in Emilia-Romagna (sivedano le tabelle 11 e 13).

Una possibile tendenza di trasfor-mazione del lavoro dipendente

I dati regionali ISTAT consentonoun'analisi, sebbene ancoramoltopreliminare, di come si stanno modi-ficando le modalità dierogazione dellavoro. In particolare, si riesce già aottenereun quadro di come l'occu-pazione complessiva si segmentafralavoratori a tempo pieno e a tem-po parziale. Inoltre, èpossibile, per illavoro dipendente, considerare lasegmentazionefra occupazioni per-manenti, esemplificabili nel rapportodilavoro dipendente a tempo deter-minato, e occupazioni tempora-nee,che includono una costellazionedi rapporti contrattuali inrapida evo-luzione (apprendistato, tirocinio, for-mazione-lavoro,borse di studio...). Per ciò che riguarda come il com-plesso degli occupati inEmilia-Ro-magna si distribuisce fra lavoratori atempo pieno e atempo parziale, nonsembra esistere un'evidenza empiri-ca moltochiara (vedi tabella 14). Se,effettivamente, fra il 1993 e il1994 siè rilevato un incremento del lavoro atempo parziale eun decremento delnumero di occupati a tempo pieno,con saldooccupazionale complessi-vo negativo, fra il 1994 e il 1995,con unnumero di occupati stabile, siè registrato un incrementodell'occu-pazione a tempo pieno che ha esat-tamente compensato lariduzionedell'occupazione a tempo parziale.Con tutte le dovutecautele, vista l'e-siguità dei dati oggetto di analisi,questopotrebbe suggerire una certaanticiclicità del lavoro a tempopar-

Tabella 2.10 - Numeri indice degli occupati dipendenti in Italia.

Anno Agricoltura Industria Altre attività Totale 1993 100,0 100,0 100,0 100,0 1994 90,7 97,9 98,9 98,2 1995 86,3 96,0 99,0 97,3

Anno base 1993=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Tabella 2.11- Numeri indice degli occupati dipendenti in Emilia-Romagna.

Anno Agricoltura Industria Altre attività Totale 1993 100,0 100,0 100,0 100,0 1994 100,0 98,3 97,8 98,1 1995 88,4 97,7 98,1 97,6

Anno base 1993=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Tabella 2.12 - Numeri indice degli occupati indipendenti in Italia.

Anno Agricoltura Industria Altre attività Totale 1993 100,0 100,0 100,0 100,0 1994 96,6 98,2 99,4 98,7 1995 91,2 99,3 101,0 98,9

Anno base 1993=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Tabella 2.13 - Numeri indice degli occupati indipendenti in Emilia-Romagna.

Anno Agricoltura Industria Altre attività Totale 1993 100,0 100,0 100,0 100,0 1994 107,4 102,6 98,8 101,1 1995 109,5 101,7 100,0 102,0

Anno base 1993=100 Fonte: ns. elaborazione su dati ISTAT

Page 406: Emilia-Romagna Regione d’Europa

404 Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

ziale, come peraltro, è relativamenteragionevole attendersi. Diverso è il discorso per quello che ri-guarda l'occupazionedipendente.Nel triennio 1993-1995 si è rilevato,con l'unicaeccezione per il settoreagricolo fra il 1994 e il 1995, unarile-vante crescita delle posizioni lavorati-ve temporanee assiemea un ridimen-sionamento sia dell'occupazionepermanente che diquella complessi-va. E' cambiata, quindi, la composi-zione dellaforza lavoro dipendente,anche se è opportuno osservare cheladimensione relativa dello stock di

occupazione temporanea èquantita-tivamente rilevante solo nel settoreagricolo (in cui glioccupati tempora-nei costituivano nel 1995 il 31,0% deidipendentioccupati) mentre sia nelsettore terziario (8,5%) che nell'indu-stria(5,4%), il fenomeno rimane an-cora relativamente contenuto. Mentre il notevole peso dell'occupa-zione temporanea inagricoltura èquasi certamente spiegabile conl'andamentostagionale della produ-zione, la questione non è ancoramoltochiara per quello che riguardala dinamica delle posizionilavorative

temporanee nell'industria e nel setto-re terziario. Non èancora molto chia-ro, cioè, se i cambiamenti descrittinei treparagrafi precedenti sottendo-no un cambiamento strutturale della-voro dipendente o se, viceversa, sitratta di trasformazioni temporanee.In effetti, queste trasformazioni po-trebbero costituire unindicatore dellavolontà dei datori di lavoro di accre-scere laflessibilità quantitativa del la-voro dipendente per far frontealle esi-genze di aggiustamento delle unitàproduttrici di beni eservizi.

La distribuzione dell'occupazioneper classe dimensionaled'impresa

Una lunga serie di lavori prodotti perlo-meno da un ventennio aquesta parteha sottolineato il peso preponderantedelle impresedi piccole dimensioni sia inEmilia-Romagna che nel restodell'Italiadel Nord. I dati curati da Infocamere(Sast Iset),anche se non del tutto com-pleti (specialmente per quello cheri-guarda il settore agricolo), consentonodi confermare perl'Emilia-Romagnal'importanza delle imprese di piccoledi-mensioni. Per fornire un'indicazione sul-la completezza dei datiforniti da Infoca-mere relativi alla situazione nelle impre-seemiliano-romagnole, occorre osser-vare che i dati riguardano ladistribuzio-ne occupazionale per dimensione diimprese di poco piùdi 1100 migliaia dilavoratori mentre l'indagine ISTAT sulla-forza lavoro rilevava per il 1995 la pre-senza di 1671 migliaia dioccupati. Ben-ché sia indubbiamente improprio con-frontare dati provenientida due diverse

Tabella 2.14 - Occupati in Emilia-Romagna per tempo di lavoro

anno 1993 1994 93/94 1995 94/95

Occupati incomplesso 1689 1672 -1,0% 1672 0,0%tempo pieno 1584 1554 -1,9% 1562 0,5%tempo parziale 104 118 13,5% 110 -6,8%tempo parz./tempo pieno 6,6% 7,6% 1,0% 7,0% -0,6%Occupati alle dipendenze 1147 1125 -1,9% 1120 -0,4%occupazione permanente di cui occupati in: 1082 1049 -3,0% 1039 -1,0%agricoltura 35 31 -11,4% 29 -6,5%industria 461 450 -2,4% 444 -1,3% altre attività 586 568 -3,1% 566 -0,4%occupazione temporanea di cui occupati in: 65 76 16,9% 81 6,6%agricoltura 8 12 50,0% 9 -25,0%industria 18 21 16,7% 24 14,3% altre attività 39 43 10,3% 48 11,6%tempor./ perm. 6,0% 7,2% 1,2% 7,8% 0,6% agricoltura 22,9% 38,7% 15,9% 31,0% -7,7% industria 3,9% 4,7% 0,8% 5,4% 0,7% altre attività 6,7% 7,6% 0,9% 8,5% 0,9%

Dati ISTAT

Page 407: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-Romagna 405Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

fonti, tuttavia non pare azzardato affer-mare che idati Infocamere tenganoconto della posizione della maggioran-zadegli occupati. Da una semplice oc-chiata alle tabelle 15 e 16, in cui sono-riportati il numero delle unità locali (U.L.nelle tabelle)divise per tre classi dimen-sionale (da 1 a 49 addetti, da 50 a499addetti e oltre 500 addetti) e la relativadistribuzioneoccupazionale, si rileva ilruolo fondamentale giocato dalle picco-

leimprese (tali si possono considerarequelle sotto i 50 addetti) sia per quelloche riguarda l'occupazione complessi-va che per idiversi settori economici.Per quello che riguarda la capacità dicreare occupazione da parte di unastruttura produttiva concentrata essen-zialmente sulla piccola impresa vale lapena di citare alcune conclusioni tratteda un recente studio dell'Osservatoriodel Mercato del Lavoro della Regione

Emilia-Romagna. Secondo questa ana-lisi mentre il saldo occupazionale dellepiccole imprese (lo studio considerapiccole imprese quello fino a 20 addet-ti) riferibili a un sottoinsieme dei com-parti dell'industria e dei servizi è statofra il 1993 e il 1994 praticamente nullo,quello delle imprese con più di 20 ad-detti è stato negativo (-8000 posti di la-voro circa). Il sistema di piccole impresepare confermare una certa vitalità.

Tabella 2.15 - Unità locali eaddetti per classe di addetti e attività economica in EmiliaRomagna.

Situazione al 31/12/95 Agricoltura Industria Industria in Servizi Totalesenso stretto

U.L. da 1 a 49 addetti 5192 93139 57432 189730 288061Occupati in U.L da 1 a49 addetti 12495 376859 290968 463648 853002U.L. da 50 a 499addetti 12 1343 1246 623 1978 Occupati in U.L da 50 a499 addetti 957 159058 147111 71346 231361 U.L. con oltre 500addetti 0 34 31 21 55Occupati in U.L conoltre 500 addetti 0 27213 24825 19778 46991 Totale U.L. 5204 94516 58709 190374 290094 Totale Occupati 13452 563130 462904 554772 1131354

Fonte: Infocamere (Sast Iset).

Tabella 2.16 - Unità locali eaddetti per classe di addetti e attività economica in EmiliaRomagna. Valori percentuali ri-spetto al totale del settore.

Situazione al 31/12/95 Agricoltura Industria Industria in Servizi Totalesenso stretto

U.L. da 1 a 49 addetti 99,77% 98,54% 97,82% 99,66% 99,30%occupati in U.L da 1 a 49 addetti 92,89% 66,92% 62,86% 83,57% 75,40%U.L. da 50 a 499 addetti 0,23% 1,42% 2,12% 0,33% 0,68%occupati in U.L da 50 a 499 addetti 7,11% 28,25% 31,78% 12,86% 20,45%U.L. con oltre 500 addetti 0,00% 0,04% 0,05% 0,01% 0,02%occupati in U.L con oltre 500 addetti 0,00% 4,83% 5,36% 3,57% 4,15%

Fonte: Infocamere (Sast Iset).

Page 408: Emilia-Romagna Regione d’Europa

406 Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

La disoccupazione in Emilia-Ro-magna e la sua distribuzione pro-vinciale

Il tasso di disoccupazione in Emilia-Romagna è rimasto sostanzialmentestabile nel corso del triennio 1993-95(vedi tavola 18) ed è in controtenden-za rispetto al dato nazionale che èpassato dal 10,2% al 12%. Tutto que-sto avviene a fronte di una crescita del

PIL regionale a prezzi costanti (le sti-me provengono dall'Istituto Tagliacar-ne) stimata al -0,6% nel 1993, al 2,4%nel 1994 e al 3,6% nel 1995. Anche inEmilia-Romagna si verifica il fenome-no di "crescita senza creazione di oc-cupazione" ormai abbastanza diffusoa livello europeo. Come si può con-statare dalla figura 2 della sezionesuccessiva, la dinamica dell'occupa-zione è estremamente più fiacca ri-

spetto a quella della produzione, con-trariamente a quello che capita ai tas-si di crescita delle ore lavorate. I dato-ri di lavoro preferiscono (o riescono a)controllare la domanda di lavoro au-mentando o decrementando le ore dilavoro lavorate piuttosto che interveni-re sul livello dell'occupazione. La difficoltà nella creazione di nuovi po-sti di lavoro può determinare un allun-gamento nella durata della ricerca per i

Tabella 2.17 - Durata della disoccupazione in Emilia-Romagna

meno di 12 mesi Più di 12 mesi Totale % disoccupati per più di 12 mesi 1993 71232 37041 108274 34,2% 1994 64660 43937 108598 40,5% 1995 66971 41144 108115 38,1%

Dati ISTAT ns. elaborazioni

Tabella 2.18 - Il tasso di disoccupazione nelle provincie dell'Emilia-Romagna.

anni 1993 1994 1995ITALIA 10,2% 11,3% 12,0%crescita Pil- Italia -0,7% 2,2% 3,0% EMILIA-ROMAGNA 6,0% 6,1% 6,1%crescita PIL- Emilia-Romagna -0,6% 2,4% 3,6% Piacenza 7,0% 6,3% 8,8%Parma 5,0% 4,4% 4,9%Reggio nell'Emilia 4,1% 4,1% 3,1% Modena 4,8% 5,6% 4,1%Bologna 5,1% 4,5% 5,1%Ferrara 11,0% 11,4% 10,1%Ravenna 6,5% 8,4% 7,4%Forlì 7,1% 7,0% 6,9%Rimini - - 8,5%

Fonte: dati ISTAT e Istituto Tagliacarne

Page 409: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-Romagna 407Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

lavoratori in cerca di occupazione: il si-stema fatica a assorbire forza lavoronon occupata e i tempi di ricerca si di-latano. Questo sembra confermato os-servando i dati relativi alla composizio-ne per durata della ricerca di un postodi lavoro da parte dei lavoratori in cer-ca di occupazione (vedi tavola 17) nelperiodo 1993-95. Fra il 1993 e il 1995vi è stato un incremento del 3,9% nellapercentuale dei lavoratori in cerca dioccupazione per più di 12 mesi rispet-to ai lavoratori in cerca di occupazionecomplessivi. Tutto questo è avvenuto

nonostante un decremento di questapercentuale fra il 1994 e il 1995. I buo-ni risultati in termini di crescita del PILregionale non sono riusciti a riportare lapercentuale dei lavoratori in cerca dioccupazione da più di 12 mesi ai livellidel 1993. Per di più il risultato non tra-scendentale di questo indicatore a li-vello nazionale per il 1996 (0,7% se-condo le previsioni di Prometeia) noncrea un'aspettativa di miglioramentoper quello che riguarda il tipo di per-centuale sopra descritto.Il fenomeno della disoccupazione pre-

senta in Italia marcatissime disomo-geneità territoriali non solo fra Nord eSud, ma anche nell'ambito della me-desima Regione. In questo senso l'E-mila-Romagna non costituisce un'ec-cezione (vedi tabella 18). Come si puònotare, osservando i dati che copronoil triennio 1993-95, a livello regionalesi sono rilevati tassi di disoccupazionemacroscopicamente inferiori alla me-dia nazionale italiana. Tuttavia, questaosservazione non è valida per tutte leProvincie Emilano-Romagnole. A Fer-rara, per esempio, dove si sono regi-

Tabella 2.19 - La disoccupazione giovanile in Emilia-Romagna

Anno Forza lavoro Giovani Giovani Disoccupati Giovani Tasso di Forza lavorogiovanile in cerca di disoccupati totali disoccupati/ disoccupazione giovanile/forza

occupazione Disoccupati giovanile lavoro totaletotali (%)

1993 241 44 21 58 36,2% 18,3% 13,4%1994 230 42 20 62 32,3% 18,3% 12,9%1995 239 42 16 60 26,7% 17,6% 13,4%

ns. elaborazione su dati ISTAT Giovani =l avoratori compresi nella fascia di età 15-24 anni

Tabella 2.20 - La disoccupazione giovanile in Italia

Anno Forza lavoro Giovani Giovani Disoccupati Giovani Tasso di Forza lavorogiovanile in cerca di disoccupati totali disoccupati/ disoccupazione giovanile/forza

occupazione Disoccupati giovanile lavoro totaletotali (%)

1993 3013 1039 227 844 26,9% 34,5% 13,2% 1994 3214 1041 240 983 24,4% 32,4% 14,2% 1995 3172 1074 213 1005 21,2% 33,9% 14,0%

ns. elaborazione su dati ISTAT Giovani =l avoratori compresi nella fascia di età 15-24 anni

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408 Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

strati in tutto il triennio i tassi più ele-vati di disoccupazione della regione,solo per il 1995 il dato è inferiore allamedia nazionale. Un'altra provinciadove si sono manifestati alcuni pro-blemi sembra essere quella di Piacen-za che ha conosciuto, fra il 1994 e il1995, un incremento del tasso di dis-occupazione di 2,5 punti percentuali.Inoltre, tutte le provincie della Roma-

gna, in particolar modo Rimini, hannoregistrato tassi di disoccupazione su-periori alla media regionale, anche senotevolmente al di sotto del tasso didisoccupazione nazionale. Viceversanelle tre Provincie emiliane di Bolo-gna, Modena e Reggio nell'Emilia iltasso di disoccupazione è probabil-mente molto prossimo a quello di pie-no impiego.

Resta infine da rimarcare la diversa di-namica del tasso di disoccupazionefra le diverse Provincie. In alcune (Pia-cenza e Ravenna) questo indicatore ècresciuto nel corso del triennio, in al-tre è rimasto sostanzialmente stabile(Bologna e Parma), in altre ancora èregredito (Modena, Reggio nell'Emilia,Ferrara e Forlì). Questo sembra costi-tuire un importante indicatore della

Tabella 2.21 - Forza lavoro e disoccupazione per titolo di studio in Emilia-Romagna (1995)

Forza lavoro persone in cerca tassi di di occupazione disoccupazione

Dottorato e Laurea 152 10 6,6% Diploma univ. o laurea breve 14 1 7,1%Maturità 476 35 7,4%Qualifica senza accesso 161 11 6,8% Licenza media 633 37 5,8%Licenza elementare-nessun titolo 344 14 4,1% Totale 1.780 108 6,1%

Dati ISTAT

Tabella 2.22 - Forza lavoro e disoccupazione per titolo di studio in Italia (1995)

Forza lavoro persone in cerca tassi di di occupazione disoccupazione

Dottorato e Laurea 2.065 153 7,4% Diploma univ. o laurea breve 140 18 12,9% Maturità 6.153 851 13,8%Qualifica senza accesso 1.593 181 11,4% Licenza media 8.637 1.118 12,9%Licenza elementare-nessun titolo 4.147 404 9,7% Totale 22.735 2.725 12,0%

Dati: ISTAT

Page 411: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-Romagna 409Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

necessità di approfondimento dell'a-nalisi dei mercati locali del lavoro (per-lomeno disaggregati a livello provin-ciale).

La disoccupazione giovanile e intellettuale

La componente giovanile della disoc-

cupazione rappresenta uno dei pro-blemi più drammatici di diverse eco-nomie occidentali. Come testimoniatoin una recente pubblicazione dell'OC-

Tabella 2.23 Rapporto percentuale fra unità di lavoro dipendente e indipendente

1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993Emilia 51,7 52,1 53,5 57,1 57,8 58,8 59,1 58,8 57,4 56,8 56,5 55,8 54,0 54,6Italia 43,2 44,2 44,6 46,8 47,6 46,8 47,3 47,3 46,9 46,1 45,6 45,8 45,1 44,9

Dati ISTAT

Tabella 2.24 Risultato lordo di gestione su valore aggiunto al netto delle imposte indirette. Valori percentuali

1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993Emilia 55,8 55,1 55,6 54,9 55,6 55,5 56,5 56,6 56,5 56,0 55,0 54,2 54,0 54,4Italia 49,6 48,9 49,3 49,5 50,8 50,8 52,1 52,0 52,1 51,9 50,6 50,2 50,1 50,8

Dati ISTAT

Tabella 2.25 Incremento dell'indice dei prezzi al consumo in Emilia-Romagna a dicembre

1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 199311,9 9,1 8,5 3,9 5,6 5,4 7,2 6,2 6,5 4,2 4,3

Dati ISTAT

Tabella 2.26 Retribuzioni lorde per unità di lavoro- variazione rispetto all'anno precedente

1990 1991 1992 1993 Agricoltura, silvicoltura e pesca 8,5% 6,6% 10,8% 4,1%Industria 8,3% 11,8% 6,8% 3,7% Industria in senso stretto 7,8% 12,4% 7,1% 4,3%servizi 7,2% 8,2% 5,5% 4,5%

Dati ISTAT

Page 412: Emilia-Romagna Regione d’Europa

410 Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

SE (The OECD Observer, n. 202 Oc-tober/November) dal 1979 in avanti,nella maggior parte dei paesi, i tassi diattività dei giovani maschi si sono ridi-mensionati drasticamente. Inoltre, vi èstata una tendenza alla crescita per-centuale dei giovani disoccupati in fa-miglie in cui nessun altro membro èoccupato. Infine, l'analisi OCSE regi-stra un parziale fallimento delle politi-che attive del mercato del lavoro indi-rizzate ad accrescere l'occupazionegiovanile. Anche per l'Italia e, seppurein misura minore, per l'Emilia-Roma-gna, la disoccupazione giovanile co-stituisce un fenomeno di dimensionipreoccupanti (vedi tabelle 19 e 20). In Italia e in Emilia-Romagna, il tasso didisoccupazione giovanile, inteso comeil rapporto fra i giovani in cerca di oc-cupazione e la forza lavoro giovanile, èestremamente più elevato del tasso didisoccupazione complessivo. In Emi-lia-Romagna nel corso del triennio 93-95, questo tasso è rimasto sostanzial-mente stabile (attorno al 18%). I giova-ni disoccupati in Emilia-Romagna co-stituivano nel 1995 il 26,7% dei disoc-cupati complessivi, pur costituendo laforza lavoro giovanile appena il 14%della forza lavoro totale. In Italia il feno-meno ha assunto dimensioni più dram-matiche, essendo il tasso di disoccu-pazione giovanile il 33,9%. Un altro fenomeno su cui si è estesa-mente discusso riguarda la compo-nente intellettuale della disoccupazio-ne, ovverosia, la distribuzione dei dis-occupati per titolo conseguito nel si-stema educativo scolastico. La tavole21 e 22 documentano, per il 1995, larilevazione statistica del fenomeno in

Emilia-Romagna e in Italia. Benché i tassi di disoccupazione pertutti i gruppi della forza lavoro sianopiù elevati in Italia che in Emilia-Roma-gna, è importante sottolineare che inEmilia-Romagna (diversamente da ciòche avviene in Italia) il tasso di disoc-cupazione dei laureati è superiore aquello dei detentori di licenza elemen-tare (6,6% contro il 4,1%) e anche altasso complessivo (6,1%). Sia in Emi-lia-Romagna che in Italia, il gruppomaggiormente colpito sembra esserequello dei lavoratori dotati di diplomadi maturità, mentre ottimi risultati liconsegue il gruppo di coloro che so-no dotati di sola licenza elementare.Addirittura questo fenomeno è tal-mente accentuato in Emilia-Romagnada far supporre, pur con le cautelederivanti da un'analisi ancora prelimi-nare, una carenza di offerta di lavoroper questo gruppo di lavoratori.

Redditi da lavoro e distribuzione delvalore aggiunto in Emilia-Romagna

Per ciò che riguarda la distribuzionedel reddito fra redditi da lavoro dipen-dente e risultato lordo di gestione, idati aggiornati al 1993 consentono l'i-dentificazione da un lato, di alcunediscrepanze fra la realtà italiana equella emiliano-romagnola in terminidistributivi, dall'altro consentono divedere la dinamica delle retribuzionilorde percepite dal lavoro dipendente. La tabella 24 consente di visualizzarecome, a livello complessivo dell'eco-nomia, in Emilia-Romagna il peso re-lativo del risultato lordo di gestione ri-

spetto al valore aggiunto al netto del-la tassazione indiretta sia, negli annioggetto di esame, estrememente sta-bile (oscilla attorno al 55%). Inoltre,questo rapporto è stabilmente supe-riore al dato corrispondente alla realtàitaliana (anche se bisogna notare cheil differenziale sta progressivamente ri-ducendosi). Tutto questo, tuttavia,sembra spiegabile, più che con unacompressione delle retribuzioni al la-voro dipendente rispetto ai redditi daimpresa, con il maggior peso che il la-voro indipendente riveste in Emilia-Romagna rispetto all'Italia. In effetti, ilrapporto fra unità di lavoro dipenden-te e indipendente in Emilia-Romagnaè stabilmente al di sopra del 50% (ve-di tab. 23), mentre in Italia il medesimorapporto si è aggirato attorno al 45%.Inoltre la dinamica settoriale delle retri-buzioni lorde al lavoro dipendente intermini nominali (vedi tavola 26) è qua-si sempre cresciuta in termini percen-tuali da un anno all'altro (con l'ecce-zione del 1993), a un tasso superiorea quello registrato per l'indice regiona-le dei prezzi al consumo (vedi tavola25). Quest'ultima osservazione fa rite-nere che i redditi da lavoro dipenden-te non abbiano subito eccessive pe-nalizzazioni in termini reali, perlomenonegli anni fino al 1992. Viceversa nel1993 si registra un notevole rallenta-mento dell'incremento percentualedelle retribuzioni lorde che si allinea altasso di incremento dei prezzi al con-sumo. Da queste osservazioni sem-bra di potere concludere che, comeminimo, fino al 1993, non vi sono sta-te erosioni di potere di acquisto del la-voro dipendente.

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Alcune caratteristiche strutturali del mercato del lavoro in Emilia-Romagna 411Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1996 e previsioni per il 1997

Demografia e Mercato del Lavoro

Conclusioni

In tutti i paesi occidentali il mondo dellavoro sta passando attraverso tra-sformazioni che taluni non hanno esi-tato a definire epocali (si veda il recen-te contributo di Jeremy Rifkin "La finedel lavoro").

In Emilia-Romagna da alcuni anni aquesta parte si avvertono alcuni sinto-mi di cambiamento. L'industria faticasempre di più a creare nuovi posti dilavoro: il lavoro dipendente, in partico-lare, si va progressivamente ridimen-sionando e solo il lavoro indipendentemanifesta un minimo di vitalità, segno,forse di processi di disintegrazioneverticale in atto. Solo il settore terzia-rio continua a mantenere, pur con ledifficoltà di questi ultimi anni, una cer-ta capacità di creare posti di lavoro. InEmilia-Romagna le unità di lavorocomplessivamente occupate sono lie-vemente calate fra il 1980 e il 1993,pur in presenza di tassi di crescitamantenutisi sempre positivi. Nel 1994e nel 1995, in presenza di tassi di cre-scita del valore aggiunto regionale aprezzi costanti pari rispettivamente a2,5 e 3,6 punti percentuali, il tasso didisoccupazione è rimasto sostanzial-mente ancorato al 6%.

Anche se con un ritmo relativamentelento, stanno crescendo forme di oc-cupazione atipica, legate molto pro-babilmente, a fenomeni di precarizza-zione e instabilità dei posti di lavoro.Tutto questo sembra indirettamenteconfermato anche da un recente stu-dio di Caselli e Covezzi ("Investimenti

e competitività nell'industria manifat-turiera" pubblicato nell'ambito dell'at-tività di ricerca dell'UnionCamere Emi-lia-Romagna) in cui si mostra la rilut-tanza da parte delle imprese ad inve-stire in formazione del personale.Questo fenomeno pare strettamentelegato alle esigenze di flessibilità nu-merica da parte delle imprese. Si ten-de, forse, a recuperare questo tipo diflessibilità non più agendo sulle ore dilavoro, ma aggiustando il livello di oc-cupazione. Tutto questo, presumibil-mente, potrebbe dare luogo nel futuroa fenomeni di redistribuzione del red-dito da lavoro nella direzione di unaaccresciuta diseguaglianza.

Page 414: Emilia-Romagna Regione d’Europa

412 Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

L’implosione demografica emiliano-romagnola è ormai un fatto consolida-to: popolazione sempre più anziana,un tasso di natalità tra i più bassid’Europa, un saldo naturale costante-mente negativo non sempre compen-sato dal saldo migratorio. Se questetendenze si confermeranno in futuro leconseguenze economiche e socialisaranno rilevanti con evidenti riper-cussioni sul mercato del lavoro, il con-sumo privato, l’edilizia abitativa, lepensioni, l’assistenza sanitaria e l’i-struzione. Quantificare queste conse-guenze non è semplice, in quanto alleassunzioni alla base delle proiezionidemografiche occorre aggiungerequelle sui fenomeni economici ogget-to di studio. Al di là comunque dellaprecisione delle stime è possibile deli-neare le tendenze di fondo, valutare lecapacità del mondo economico diadattarsi alle variazioni strutturali dellapopolazione. L’intento di questa relazione consiste

proprio nell’ipotizzare diversi scenaridemografici, costruiti sulla base di as-sunzioni differenti sui tassi di fecondi-tà, di mortalità e di migratorietà, e cer-

care di tradurre numericamente leconseguenze che il verificarsi di questiscenari avrebbe sul mercato del lavo-ro, all’occupazione e al sistema previ-denziale. Il punto di partenza è l’analisi dell’evo-luzione demografica. In questi annil’Emilia-Romagna sta attraversando lafase iniziale della transizione demo-grafica: dopo oltre un secolo di cre-scita con tassi di incremento più o

meno elevati, il saldo di variazione an-nua della popolazione presenta valorinegativi o prossimi a zero. In questatendenza l’Emilia-Romagna sembraessere anticipatrice di quella che saràl’evoluzione nazionale. Il confronto tra la struttura per età del-la popolazione emiliano-romagnolacon quella nazionale offre validi spuntidi analisi (tabella 1).

La percentuale di popolazione in etàlavorativa, compresa tra i 15 e i 65 an-ni, è quasi identica (68,3% per la re-gione, 68,5% il valore per l’Italia);quello che cambia radicalmente è lacomposizione delle classi inattive. Po-sto uguale a 100 il totale della popola-zione, in Italia vi sono 32 persone inat-tive ripartite in 16 giovani e 16 anziani,a livello regionale gli inattivi sono an-cora 32 costituiti però da 11 giovani e21 anziani. Ulteriori conferme della di-versa distribuzione per classi di età

Conseguenze economiche dell’evoluzionedemografica in Emilia-Romagna

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Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-Romagna 413Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

sono evidenziate dagli indici strutturalidella popolazione (tabella 2). La tabella oltre al confronto territoriale propone il confronto storico 1982-1995. La crescita dell’indice di vecchiaia (co-stituito dal rapporto tra persone oltre i65 anni con quelle di età inferiore ai 14anni) è stata rapidissima: nel 1982ogni 100 ragazzi c’erano 96 anziani,

oggi ve ne sono 192. L’indice di ri-cambio (rapporto tra le persone com-prese tra 60 e 65 anni appartenenti al-l’ultima classe dell’età lavorativa conquelle di 14-19 anni appartenenti allaprima classe) e l’indice di carico figliper donna in età feconda (rapporto trai bambini di età inferiore ai 5 anni conla popolazione femminile in età fecon-da) preannunciano una popolazione

sempre più anziana anche per i pros-simi anni. Se a questi dati aggiungia-mo una maggior vita media rispetto alpassato diventa palese come sia ne-cessario approntare in tempi brevi po-litiche sociali ed economiche per ri-spondere alle esigenze di una popola-zione profondamente mutata rispettoa pochi decenni prima. Basandosi sulle esperienze empirichedi altri Paesi Europei, la capacità diadattamento di una Società alle modi-fiche strutturali della popolazione è in-direttamente proporzionale alla veloci-tà con cui questi mutamenti avvengo-no: la trasformazione della popolazio-ne emiliano-romagnola sta avvenendomolto rapidamente creando forti squi-libri intergenerazionali e difficilmentepotrà essere assorbita senza traumi.

La tabella 3 riporta il saldo naturale e ilsaldo migratorio della regione negli ul-timi dieci anni; il valore è confrontatocon quello nazionale e quello delle ri-partizioni geografiche. Il primo dato darilevare è il saldo totale, somma trasaldo naturale e saldo migratorio e mi-sura della variazione totale della po-polazione. Per l’Emilia-Romagna saldipositivi si alternano a saldi negativi,comportando una sostanziale inva-rianza della popolazione: tale stabilitàè dovuta però al saldo migratorio checompensa il saldo naturale costante-mente negativo (maggior numero dimorti rispetto alle nascite). Il saldo na-turale è abbondantemente superioreal saldo dell’area centro settentrionaleanch’esso negativo. L’Italia solo dal1993 registra un numero di decessisuperiore alle nascite, il Sud continua

Tabella 1: Anno 1995 - Struttura per età della popolazione in Emilia-Romagnae in Italia. Composizione percentuale

Emilia-Romagna Italia

% classe età % maschi % cl.età % maschisul totale sulla classe sul totale sulla classe

0-4 3,58% 51,49% 4,84% 51,34%5-9 3,47% 51,35% 4,88% 51,20%10-14 3,82% 51,36% 5,34% 51,12%15-19 5,11% 51,28% 6,45% 51,00%20-24 6,94% 51,50% 7,76% 50,88%25-29 7,76% 51,45% 8,19% 50,54%30-34 7,77% 51,14% 7,85% 50,20%35-39 7,01% 50,60% 6,95% 49,98%40-44 6,60% 49,73% 6,57% 49,75%45-49 7,11% 49,54% 6,77% 49,59%50-54 6,57% 49,20% 6,04% 49,06%55-59 6,88% 48,64% 6,16% 48,40%60-64 6,52% 47,83% 5,79% 47,26%65-69 6,30% 45,92% 5,31% 45,54%70-74 5,89% 43,02% 4,66% 42,38%75-79 3,20% 40,01% 2,45% 39,47%80-84 3,31% 36,75% 2,42% 36,52%85-89 1,56% 31,34% 1,15% 31,68%90 E + 0,60% 25,12% 0,43% 26,18%Totale 100,00% 48,36% 100,00% 48,53%

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

Page 416: Emilia-Romagna Regione d’Europa

ad avere un saldo naturale positivoseppur in lieve calo rispetto al passato.presenta valori superiori alle altre areegeografiche: interessante notare comeil saldo con l’estero sia passato da va-lori molto bassi e inferiori a quelli di tut-te le ripartizioni territoriali considerate asaldi abbastanza consistenti e mag-giori rispetto alle altre aree italiane.

I dati esposti permettono già di prefi-gurare le difficoltà che l’Emilia-Roma-gna sarà chiamata a fronteggiare: se-condo Golini “L’Emilia-Romagna... pertrovarsi all’avanguardia in un processodemografico-sociale che va coinvol-gendo tutte le regioni italiane, sarà ne-cessariamente un laboratorio nel qua-

414 Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 2: alcuni indici strutturali della popolazione. Emilia-Romagna e Italia .Anni 1982, 1990 1992-1995.

1982 1990 1992 1993 1994 1995INDICE DI VECCHIAIA Emilia-Romagna 96,48 152,14 172,09 179,71 186,44 191,83(pop. >65)/(pop. 0-14) Italia 62,03 86,65 97,56 101,57 105,48 109,05INDICE DEM. DI DIPEND. TOTALE Emilia-Romagna 49,50 44,07 45,11 45,50 45,91 46,46(pop. >65 + pop. 0-14)/(tot. pop.) Italia 52,78 45,32 45,56 45,64 45,73 45,92INDICE DEM. DI DIP. GIOVANILE Emilia-Romagna 25,19 17,48 16,58 16,27 16,03 15,92(pop. 0-14)/(tot. pop.) Italia 32,57 24,28 23,06 22,64 22,25 21,96INDICE DEM. DI DIP. SENILE Emilia-Romagna 24,31 26,59 28,53 29,23 29,88 30,54(pop. >65)/(tot. pop.) Italia 20,20 21,04 22,50 23,00 23,47 23,95INDICE DI STRUT. POP. ATTIVA Emilia-Romagna 98,98 96,75 97,25 96,84 96,78 97,38(pop. 40-65))/(pop. 15-39) Italia 82,93 81,74 83,62 83,57 83,64 84,21INDICE DI RICAMBIO Emilia-Romagna 73,70 100,00 107,55 111,55 117,69 127,54(pop.60-65)/(pop. 15-19) Italia 51,54 73,76 78,92 81,51 84,92 89,75IND.FIGLI PER DONNA FECONDA Emilia-Romagna 12,91 9,52 9,84 10,06 10,27 10,41(pop. 0-5/(pop. femm. 15-44) Italia 17,08 13,30 13,11 13,24 13,32 13,28RAPPORTO Emilia-Romagna 48,45 48,29 48,35 48,39 48,39 48,36

Italia 48,63 48,58 48,54 48,55 48,55 48,53

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

Page 417: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-Romagna 415Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 3 - Popolazione, saldo naturale e migratorio. Valori per mille residenti

1985 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 6,84 11,08 19,35 0,89 17,45 0,54 -4,23 1,89 0,35 2,24 -1,99Nord-centro 8,36 10,35 22,11 1,22 20,98 0,73 -1,99 1,13 0,48 1,62 -0,38Sud 13,72 8,29 20,95 1,82 20,45 1,21 5,43 0,51 0,61 1,12 6,55Italia 10,30 9,61 21,69 1,44 20,79 0,91 0,69 0,91 0,53 1,44 2,13

1986 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 6,43 10,94 19,15 0,96 17,44 0,55 -4,51 1,72 0,41 2,12 -2,39Nord-centro 7,93 10,29 21,67 1,20 20,68 0,72 -2,36 0,99 0,48 1,47 -0,88Sud 13,02 8,27 19,52 1,51 19,43 1,17 4,75 0,09 0,34 0,44 5,19Italia 9,78 9,56 20,89 1,31 20,22 0,88 0,23 0,66 0,43 1,10 1,32

1987 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 6,40 10,82 18,64 1,31 16,70 0,56 -4,42 1,94 0,75 2,68 -1,74Nord-centro 7,86 9,96 20,92 1,68 19,83 0,65 -2,09 1,09 1,03 2,12 0,03Sud 13,07 8,21 18,12 2,06 18,94 0,95 4,85 -0,82 1,10 0,29 5,14Italia 9,76 9,32 19,90 1,82 19,50 0,76 0,44 0,40 1,06 1,45 1,89

1988 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 6,71 10,98 19,14 1,22 16,33 0,49 -4,27 2,81 0,72 3,53 -0,74Nord-centro 8,24 10,08 20,93 1,52 19,74 0,63 -1,84 1,19 0,90 2,09 0,25Sud 13,18 8,07 17,79 1,47 18,83 0,95 5,11 -1,04 0,52 -0,52 4,59Italia 10,05 9,35 19,79 1,50 19,41 0,74 0,70 0,38 0,76 1,14 1,84

1989 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 6,71 10,75 19,77 1,25 16,26 0,57 -4,04 3,51 0,68 4,19 0,15Nord-centro 8,11 10,06 20,95 1,42 19,37 0,77 -1,95 1,58 0,65 2,23 0,28Sud 12,87 7,80 17,29 1,42 19,10 1,75 5,06 -1,81 -0,33 -2,15 2,92Italia 9,85 9,23 19,61 1,42 19,27 1,13 0,62 0,34 0,29 0,63 1,25

Page 418: Emilia-Romagna Regione d’Europa

416 Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

1990 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 7,13 11,19 20,57 3,12 17,23 0,59 -4,06 3,34 2,53 5,88 1,82Nord-centro 8,36 10,25 21,25 3,09 19,74 0,74 -1,89 1,51 2,35 3,86 1,97Sud 12,99 8,00 17,31 2,86 19,11 1,42 4,98 -1,81 1,43 -0,37 4,61Italia 10,06 9,43 19,80 3,00 19,51 0,99 0,63 0,29 2,02 2,31 2,94

1991 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 7,06 11,32 18,25 2,26 15,72 0,56 -4,26 2,53 1,70 4,23 -0,03Nord-centro 8,12 10,23 18,87 2,55 18,19 0,69 -2,11 0,67 1,86 2,54 0,43Sud 12,22 8,15 15,20 1,87 18,28 1,59 4,07 -3,08 0,28 -2,80 1,26Italia 9,62 9,47 17,52 2,30 18,22 1,02 0,16 -0,71 1,28 0,58 0,73

1992 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 7,15 10,92 23,71 1,89 17,95 0,44 -3,77 5,77 1,45 7,22 3,45Nord-centro 8,45 10,24 21,83 2,00 18,86 0,57 -1,79 2,97 1,43 4,40 2,60Sud 13,00 8,39 18,00 1,45 17,95 0,86 4,62 0,06 0,58 0,64 5,25Italia 10,10 9,57 20,44 1,80 18,53 0,68 0,53 1,91 1,12 3,04 3,57

1993 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 7,03 11,30 24,78 2,01 20,86 0,60 -4,27 3,92 1,40 5,32 1,05Nord-centro 8,21 10,40 26,04 2,23 23,17 0,81 -2,19 2,87 1,42 4,29 2,11Sud 12,23 8,51 21,33 1,46 20,50 1,12 3,72 0,83 0,35 1,18 4,89Italia 9,67 9,71 24,33 1,95 22,20 0,92 -0,04 2,13 1,03 3,16 3,12

1994 N. vivi Morti Isc. It. Isc.Est. Can. It. Can. Saldo Saldo Saldo Saldo SaldoEst. nat. It. Est. mig. tot.

Emilia R. 7,00 11,35 23,08 1,95 20,50 0,62 -4,36 2,58 1,33 3,91 -0,44Nord-centro 8,07 10,40 23,96 2,16 22,31 0,87 -2,33 1,65 1,29 2,94 0,61Sud 11,64 8,57 20,88 1,30 18,65 1,43 3,07 2,23 -0,13 2,10 5,17Italia 9,37 9,74 22,84 1,85 20,98 1,07 -0,36 1,86 0,78 2,64 2,27

Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

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Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-Romagna 417Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

le ricercare nuove soluzioni e nuoviequilibri. Le altre regioni avranno poiun compito più facile, potendosi ispi-rare all’esperienza emiliana”. (“L’Emilia-Romagna nel contesto na-zionale ed europeo”, relazione di Fe-derica Citoni e Antonio Golini conte-

nuta in Atti della conferenza: la popo-lazione dell’Emilia-Romagna alle so-glie del 2000, a cura del servizio infor-mativo e statistica della regione Emi-lia-Romagna).Diventa quindi fondamentale pro-grammare per tempo politiche e stra-

tegie, conoscere anticipatamentequale sarà la struttura della popolazio-ne e adottare i provvedimenti più ade-guati. Una proiezione demografica sibasa su algoritmi e su specifiche as-sunzioni relative ad alcuni parametridella popolazione. L’attendibilità delle

Tabella 4 - Proiezione 1: fecondità e mortalità costanti, nessuna migrazione

1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030Popolazione (migliaia) 3.923 3.813 3.677 3.518 3.337 3.139 2.935 2.725

0-14 Maschi 11,55% 11,63% 11,97% 11,81% 11,15% 10,16% 9,25% 8,77%Femmine 10,23% 10,29% 10,60% 10,48% 9,86% 8,95% 8,11% 7,64%Totale 10,87% 10,94% 11,26% 11,12% 10,48% 9,53% 8,65% 8,18%15-64 Maschi 70,75% 69,29% 67,72% 67,11% 66,42% 66,41% 65,47% 62,84%Femmine 65,97% 64,20% 62,39% 61,48% 60,43% 60,04% 58,91% 56,30%Totale 68,28% 66,66% 64,96% 64,19% 63,31% 63,10% 62,05% 59,42%65 + Maschi 17,70% 19,09% 20,31% 21,07% 22,43% 23,43% 25,28% 28,39%Femmine 23,80% 25,50% 27,01% 28,04% 29,71% 31,01% 32,98% 36,06%Totale 20,85% 22,41% 23,78% 24,68% 26,21% 27,37% 29,30% 32,40%

Fonte: nostra elaborazione

Tabella 5 - Proiezione 2: fecondità, mortalità e migrazioni costanti

1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030Popolazione (migliaia) 3.923 3.919 3.894 3.850 3.788 3.712 3.628 3.540

0-14 Maschi 1 1,55% 11,72% 12,07% 12,01% 11,54% 10,83% 10,18% 9,84%Femmine 10,23% 10,40% 10,78% 10,82% 10,46% 9,86% 9,30% 9,02%Totale 10,87% 11,04% 11,41% 11,40% 10,99% 10,34% 9,73% 9,43%15-64 Maschi 70,75% 69,66% 68,65% 68,57% 68,47% 69,02% 68,87% 67,49%Femmine 65,97% 64,59% 63,30% 62,90% 62,44% 62,67% 62,36% 60,95%Totale 68,28% 67,05% 65,90% 65,67% 65,39% 65,78% 65,56% 64,17%65 + Maschi 17,70% 18,62% 19,28% 19,42% 19,99% 20,15% 20,95% 22,67%Femmine 23,80% 25,01% 25,92% 26,28% 27,10% 27,47% 28,33% 30,03%Totale 20,85% 21,91% 22,69% 22,93% 23,62% 23,88% 24,70% 26,40%

Fonte: nostra elaborazione

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proiezioni sull’andamento demografi-co è dunque strettamente correlataalle ipotesi assunte relative alla natali-tà, alla mortalità e al saldo migratorio.In questa relazione si è scelto di pro-spettare tre differenti scenari, elabora-ti partendo da assunzioni diverse. Laprima, puramente teorica ma utile ascopo esemplificativo, ipotizza fecon-dità e mortalità a tassi costanti e nes-suna migrazione. La seconda proie-zione assume tassi costanti per tuttee tre le variabili. La terza prevede untasso di mortalità decrescente, fecon-dità crescente e un tasso costante dimigrazione (tabelle 4, 5 e 6).

La prima proiezione, nell’ipotesi dinessuna migrazione, presenta unoscenario inquietante: calo della popo-lazione di oltre un milione di unità inpoco più di trent’anni, circa un terzodegli abitanti con più di 65 anni, solo8 bambini ogni cento abitanti. È bene

ricordare che questa ipotesi è pura-mente accademica, ma utile per mo-strare in maniera lampante come ladinamica demografica dell’Emilia-Ro-magna sia sempre più condizionatadai flussi migratori. La seconda e terza proiezione mo-strano scenari fondati su ipotesi piùrealistiche. Il secondo scenario (tassi

costanti) presenta una popolazione incontinuo calo, prima contenuto poisempre più consistente, con un saldo migratorio insufficiente a compensarela differenza tra nascite e decessi. Tradieci anni la perdita ammonterebbe a circa 30.000 unità, tra 35 anni a causadel maggior invecchiamento della po-polazione il calo sarebbe di quasi

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Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 6 Proiezione 3: fecondità crescente, mortalità decrescente e migrazioni costanti

1995 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030Popolazione (migliaia) 3.923 3.934 3.938 3.934 3.921 3.900 3.879 3.864

0-14 Maschi 11,55% 11,97% 12,83% 13,47% 13,58% 13,31% 13,04% 13,16%Femmine 10,23% 10,64% 11,48% 12,19% 12,37% 12,20% 12,01% 12,19%Totale 10,87% 11,29% 12,14% 12,82% 12,96% 12,74% 12,52% 12,67%15-64 Maschi 70,75% 69,40% 67,89% 67,14% 66,51% 66,70% 66,30% 64,73%Femmine 65,97% 64,38% 62,67% 61,68% 60,80% 60,74% 60,29% 58,79%Totale 68,28% 66,81% 65,21% 64,35% 63,60% 63,67% 63,26% 61,73%65 + Maschi 17,70% 18,63% 19,28% 19,39% 19,90% 19,99% 20,66% 22,11%Femmine 23,80% 24,98% 25,85% 26,13% 28,63% 27,06% 27,70% 29,01%Totale 20,85% 21,90% 22,65% 22,84% 23,44% 23,59% 24,23% 25,60%

Fonte: nostra elaborazione

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400.000 unità. La struttura per età ve-drebbe accentuarsi lo squilibrio tra po-polazione giovane e anziana. Il terzoscenario ipotizza una ripresa del tassodi fecondità fino a raggiungere il valoredi 6 , un aumento della vita media e in-varianza del tasso di migrazione. Leproiezioni effettuate su queste ipotesievidenziano una popolazione inizial-mente in leggero aumento, dovuto allanatalità crescente e alla mortalità decre-scente. In seguito la popolazione cala:tra il 2010 e il 2015 ritorna ai valori at-tuali e nel 2030 si attesta. Determinatialcuni possibili scenari futuri diventa in-teressante cercare di valutare l’impattodelle variazioni demografiche sul mon-do del lavoro. Le statistiche su cui ba-sare le proiezioni sono la forza di lavoroe l’occupazione. L’analisi dei dati pas-sati può fornire utili indicazioni. La tabel-la 7 riporta per gli anni compresi tra il1977 e il 1994 la forza lavoro, suddivisain occupati e in cerca di lavoro, e le nonforze di lavoro. Nel considerare questidati bisogna fare estrema attenzionepoiché dall’ottobre 1992, in base alleindicazioni dell’Eurostat sono ridefinitele persone in età lavorativa e le personein cerca di occupazione. Il primo aggre-gato arriva a comprendere le persone inetà di 15 e oltre (prima erano 14 anni).Vengono considerati in cerca di lavorosolo coloro che hanno effettuato alme-no un’azione di ricerca nei trenta giorniprecedenti l’indagine e che si dichiara-no immediatamente disponibili (entrodue settimane) a lavorare. Le informazioni sulla condizione lavo-rativa della popolazione, analizzatecongiuntamente con la struttura peretà, consentono di formulare alcune

Tabella 7 - Popolazione suddivisa per condizione lavorativa. Dati in migliaia

OCCUPATI IN CERCA FORZA LAV. NON FORZEDI LAVORO

1977 1.657 92 1.749 2.1561978 1.652 100 1.752 2.1591979 1.657 106 1.763 2.1581980 1.692 102 1.794 2.1241981 1.686 115 1.801 2.1231982 1.657 119 1.776 2.1501983 1.646 138 1.784 2.1471984 1.667 150 1.817 2.1051985 1.667 141 1.808 2.1041986 1.666 143 1.809 2.0971987 1.677 135 1.812 2.0841988 1.698 114 1.812 2.0731989 1.703 99 1.802 2.0741990 1.747 87 1.834 2.0481991 1.743 92 1.835 2.0621992 1.734 94 1.828 2.0711993 1.689 131 1.820 2.0861994 1.672 131 1.803 2.106Fonte: dati Istat

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ipotesi sulla consistenza della forza la-voro e sull’occupazione nei prossimianni. La forza lavoro è stata calcolatacome funzione della popolazione sud-divisa per classi di età ricalcolando ivalori in base a due ipotesi: la primaipotesi contempla una forza lavoro co-stante, che significa che le quote diforza lavoro rispetto alle classi di etàdella popolazione non subiscono va-riazioni nel tempo e rimangono ai va-lori attuali; la seconda ipotesi contem-pla invece una forza lavoro in aumen-to, con tassi crescenti ogni cinque an-ni. L’occupazione è stata vista comenumero di posti di lavoro disponibili eanche in questo caso sono state fattedue ipotesi, una di disponibilità di po-sti costante e una decrescente. La tabella 8 riporta il tasso di disoccu-pazione (rapporto tra la popolazionein cerca di occupazione e la forza la-voro) previsto dal 2000 al 2025 al ve-rificarsi delle tre proiezioni demografi-

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Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 8 Tasso di disoccupazione previsto dal 2000 al 2025.

Tasso di disoccupazioneAnno Proiez. FL=;Oc= FL+;OC- FL+;Oc= FL=;OC-2000 1 1,41% 2,88% 2,48% 1,82%2000 2 4,63% 6,06% 5,67% 5,03%2000 3 4,66% 6,09% 5,69% 5,06%2005 1 -4,92% -0,09% -2,67% -2,28%2005 2 2,34% 6,83% 4,43% 4,79%2005 3 2,41% 6,90% 4,50% 4,86%2010 1 -10,99% -2,50% -7,45% -5,88%2010 2 0,87% 8,45% 4,03% 5,44%2010 3 1,01% 8,58% 4,16% 5,57%2015 1 -18,62% -6,03% -13,64% -10,68%2015 2 -1,17% 9,57% 3,08% 5,60%2015 3 -0,49% 10,18% 3,73% 6,24%2020 1 -26,51% -9,39% -19,93% -15,39%2020 2 -2,64% 11,25% 2,69% 6,38%2020 3 -0,94% 12,72% 4,31% 7,93%2025 1 -37,62% -15,07% -29,13% -22,64%2025 2 -5,35% 10,01% -0,99% 6,12%2025 3 -2,52% 14,28% 3,81% 8,64%Fonte: nostra elaborazione

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che elaborate in precedenza. La terza colonna assume la forza la-voro e l’occupazione costante, laquarta colonna forza lavoro in aumen-to e occupazione decrescente, laquinta colonna forza lavoro in aumen-to e occupazione costante, la sestaforza lavoro costante e occupazionedecrescente. Ricordiamo inoltre chela proiezione 1 considera tassi di fe-condità e mortalità costanti e nessuneffetto migratorio, la seconda proie-zione ipotizza tassi costanti, la terzaproiezione infine assume feconditàcrescente, mortalità decrescente etasso migratorio costante. Come nel caso delle proiezioni demo-grafiche l’obiettivo non è tanto quellodi stimare il valore esatto del tasso didisoccupazione nei prossimi anni, macercare di comprendere le tendenze,capire se l’economia emiliano-roma-gnola sarà in grado di offrire un’occu-pazione a tutti, oppure se la forza la-

voro sarà insufficiente rispetto ai pos-sibili posti di lavoro.L’interpretazione dei valori riferiti allaprima proiezione è immediata: se nonci fossero flussi migratori positivi leconseguenze per l’economia regiona-le sarebbero disastrose. Già nel 2005,qualunque sia l’ipotesi sulla consi-stenza della forza lavoro e dell’occu-pazione, il numero dei posti di lavorodisponibili sarebbe superiore al totaledella forza lavoro, prima del 2000 sa-rebbe raggiunto un tasso di disoccu-pazione superiore a quello che vieneconsiderato “frizionale”. Anche una ri-presa della fecondità a tassi prossimial livello di sostituzione (2,1 nasciteper donna feconda, valore attualmen-te non ipotizzabile) non potrebbe nelbreve e medio periodo compensarel’assenza di immigrazioni. Accantoniamo la prima proiezione evediamo come varia il tasso di disoc-cupazione al verificarsi del secondo o

del terzo scenario demografico. 1. Nell’ipotesi di occupazione in calo e

forza lavoro costante il tasso didisoccupazione calerebbe inizial-mente per risalire fino ai valori attualinel 2010 per entrambe le proiezioni.

2. Nell’ipotesi meno favorevole per ladisoccupazione, forza lavoro in au-mento e occupazione in calo, il tas-so di disoccupazione nel 2010 siassesterebbe attorno all’8,5%.

3. Se assumiamo costante l’occupa-zione, nel caso di forza lavoro co-stante, il tasso di disoccupazionescende al di sotto del livello frizio-nale prima del 2005.

4. Nel caso di occupazione costantee forza lavoro in aumento, i valori ri-feriti alla seconda proiezione decre-scente (3,08% nel 2015), quelli cal-colati sulla terza proiezione oscilla-no attorno al 4%.

Se escludiamo l’ipotesi al punto 2 chea nostro avviso è quella con minori

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probabilità di realizzarsi, in tutti i casi visarà la necessità di ricorrere nel breveo nel medio termine a forza lavoroesterna, cioè importare lavoratori.Nella creazione delle ipotesi sono sta-te volutamente escluse le assunzionidi occupazione in crescita e di forzalavoro in calo, condizioni che avrebbe-ro maggiormente avvalorato la tesi delricorso a lavoratori esterni. Solo nell’ipotesi di forza lavoro in au-mento, sostanziale stabilità dell’occu-pazione e il verificarsi dei tassi demo-grafici previsti nel terzo scenario sem-bra plausibile mantenere nel medioperiodo tassi netti di migrazione similia quelli attuali (attorno al 5,3 per mille)che per i primi cinque anni possiamoquantificare in circa 20.800 unità inpiù ogni anno. In tutte le altre ipotesi ilnumero di migrazioni nette dovrà es-

sere superiore. Nelle elaborazioni precedenti non so-no state considerate le possibili varia-zioni dei tassi di attività femminile. Nel breve periodo una maggior parte-cipazione femminile potrebbe in partesopperire al calo demografico: il tassodi attività femminile dovrebbe però av-vicinarsi a quello maschile (situazionenon ancora raggiunta in nessuna na-zione) con evidenti ripercussioni sullanatalità. Nel lungo periodo anche unaforte partecipazione femminile non sa-rà sufficiente a compensare le modifi-che strutturali della popolazione.

Spunti d’analisi particolarmente inte-ressanti si possono ricavare dall’esa-me delle pensioni erogate nell’ultimodecennio; inoltre, utilizzando le proie-zioni demografiche e i dati sulla condi-

zione lavorativa, è possibile avanzarequalche considerazione sul futuro delsistema pensionistico. I dati presi inesame sono quelli forniti dall’INPS dal1982 al 1993. I dati INPS non com-prendono la totalità delle pensioni ero-gate (vanno aggiunte le pensioni INAILe quelle del Ministero del Lavoro: lacopertura INPS è comunque superio-re al 90%) ma poiché l’analisi è effet-tuata sulle pensioni di vecchiaia la fon-te è esaustiva.

Nelle tabelle successive sono pensio-ni di vecchiaia (tabella 9), pensioni diinvalidità (tabella 10) e pensioni ai su-perstiti (tabella 11). Per ogni anno ac-canto all’importo a valori correnti è ri-portato l’importo a valori costanti cal-colato con base 1993. Le pensioni di vecchiaia sono aumen-tate dal 1982 al 1993 di quasi250.000 unità, con un tasso di incre-mento medio annuo del 3,67%; laspesa a valori correnti è passata da2.132 miliardi a 9.010 miliardi. L’im-porto medio annuo a valori costanti haavuto un incremento del 33.7%. Le pensioni di invalidità, probabilmen-te a causa delle restrizioni poste negliultimi anni, sono considerevolmentediminuite (meno 30% circa dal 1982 al1993). L’importo medio ha avuto nelperiodo 1982-1993 un incremento del21%, inferiore al valore delle pensionidi vecchiaia e delle pensioni erogate aisuperstiti. L’importo annuo comples-sivo calcolato con base 1993 è dimi-nuito passando da 3.122 mila miliardidel 1982 a 2.641 mila miliardi del1993.Contrariamente alle pensioni di invali-

422 Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 9 - Numero delle pensioni di vecchiaia erogate e importo

Importo Importo Imp. anno Imp. medioannuo medio Lire 1993 Lire 1993

Numero (migliaia lire) annuo (migliaia lire) 1982 504.813 2.131.504.618 4.222.365 4.533.284.022 8.980.1251983 515.310 2.661.274.922 5.164.415 4.922.027.968 9.551.5861984 527.198 2.984.443.180 5.660.953 4.991.779.663 9.468.5101985 548.165 3.454.982.237 6.302.814 5.321.018.143 9.706.9641986 581.782 4.021.264.264 6.911.978 5.837.267.206 10.033.4271987 603.283 4.450.554.322 7.377.225 6.175.144.122 10.235.8991988 620.747 4.969.381.379 8.005.486 6.569.522.183 10.583.2521989 640.424 5.614.484.143 8.766.823 6.962.521.786 10.871.7381990 658.947 6.303.704.351 9.566.330 7.367.769.645 11.181.1261991 682.271 7.187.454.345 10.534.603 7.894.699.853 11.571.2081992 714.716 8.148.125.442 11.400.508 8.490.346.711 11.879.3291993 750.420 9.009.987.968 12.006.594 9.009.987.968 12.006.594

Fonte: nostra elaborazione su dati INPS

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Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-Romagna 423Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

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dità le pensioni erogate ai superstitisono in continuo aumento. Il fenome-no è facilmente spiegabile con l’invec-chiamento della popolazione e lasempre maggior frequenza di vedovi e soprattutto vedove.

L’analisi dei dati passati, congiunta-mente alle proiezioni e alle struttureper età della popolazione previste,consente una stima del numero dipensioni di vecchiaia previste neiprossimi anni. Le due proiezioni uti-lizzate forniscono stime abbastanzasimili. In base alla terza proiezione ilnumero dei pensionati passerebbedal 2000 al 2030 da 865.000 unità a989.000. Nel 2010 il numero dellepensioni di vecchiaia erogate dal-l’INPS in Emilia-Romagna si aggire-rebbe attorno alle 900.000 unità. Accanto al numero delle pensioni pre-viste è riportato l’importo complessivoche l’Ente avrebbe dovuto erogare aipensionati in assenza della riformapensionistica. Il valore è calcolatomoltiplicando il numero delle pensioniper l’importo medio corrisposto negliultimi 5 anni (media effettuata su valo-ri in base 1993).Aggiungendo a queste stime leproiezioni sull’occupazione possia-mo vedere come si modifica neltempo il rapporto tra occupati e nu-mero di pensioni di vecchiaia. Nel1993 ogni 100 occupati venivanoerogate 45 pensioni di vecchiaia. Ilrapporto, nell’ipotesi di occupazionecostante, è destinato ad aumentare:nel 2000 i pensionati saranno già ol-tre la metà dei lavoratori, nel 2030 ilrapporto salirà al 59,16%. Per man-

Tabella 10 Numero delle pensioni di invalidità erogate e importo

Importo Importo Imp. anno Imp. medioannuo medio Lire 1993 Lire 1993

Numero (migliaia lire) annuo (migliaia lire)

1982 421.624 1.468.130.549 3.482.085 3.122.420.052 7.405.6981983 407.719 1.703.865.759 4.179.020 3.151.299.721 7.729.0971984 395.132 1.800.237.771 4.556.041 3.011.077.696 7.620.4351985 382.842 1.913.300.293 4.997.624 2.946.673.781 7.696.8401986 374.624 2.048.701.463 5.468.687 2.973.895.044 7.938.3461987 367.000 2.111.788.850 5.754.193 2.930.107.029 7.983.9431988 357.869 2.280.091.766 6.371.303 3.014.281.315 8.422.8631989 347.033 2.397.212.673 6.907.737 2.972.783.436 8.566.2851990 332.966 2.490.787.295 7.480.606 2.911.232.190 8.743.3321991 320.891 2.586.687.076 8.060.952 2.841.217.084 8.854.1501992 308.390 2.650.474.021 8.594.552 2.761.793.930 8.955.5241993 294.518 2.640.866.272 8.966.740 2.640.866.272 8.966.740

Fonte: nostra elaborazione su dati INPS

Tabella 11 Numero delle pensioni ai superstiti erogate e importo

Importo Importo Imp. anno Imp. medioannuo medio Lire 1993 Lire 1993

Numero (migliaia lire) annuo (migliaia lire)

1982 218.076 447.402.087 2.051.588 951.534.759 4.363.3171983 227.383 563.784.075 2.479.447 1.042.718.647 4.585.7371984 231.473 618.293.988 2.671.128 1.034.158.524 4.467.7291985 238.096 730.724.361 3.069.032 1.125.388.588 4.726.6171986 244.123 839.640.071 3.439.414 1.218.821.527 4.992.6531987 253.119 970.086.777 3.832.532 1.345.995.403 5.317.6391988 260.494 1.121.372.687 4.304.793 1.482.454.692 5.690.9361989 267.705 1.300.567.697 4.858.212 1.612.834.001 6.024.6691990 271.101 1.495.894.872 5.517.851 1.748.401.926 6.449.2641991 288.502 1.696.467.747 5.880.263 1.863.400.173 6.458.8811992 299.733 1.891.074.388 6.309.196 1.970.499.512 6.574.1831993 306.962 2.063.536.327 6.722.449 2.063.536.327 6.722.449

Fonte: nostra elaborazione su dati INPS

Page 426: Emilia-Romagna Regione d’Europa

424 Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

tenere inalterato il rapporto di44,88% registrato nel 1993, l’occu-pazione dovrebbe crescere con unsaggio di incremento pari a circa

2,5% ogni cinque anni; il valoresembra insostenibile, se non attra-verso una immigrazione ben supe-riore a quella attuale.

Tabella 14 - Percentuale di pensioni divecchiaia rispetto agli occupati

Stime basate sulla proiezione 3

Anno % pensioni divecchiaia sutotale occupati

1993 44,88%2000 51,74%2005 53,34%2010 53,74%2015 54,97%2020 55,01%2025 56,21%2030 59,16%

Fonte: nostra elaborazione

Possiamo anche stimare il numerocomplessivo delle pensioni, aggiun-gendo a quelle di vecchiaia le pen-sioni concesse per invalidità e ai su-perstiti. È plausibile ipotizzare che in futuro lepensioni di invalidità, per il maggior ri-gore con cui è auspicabile verrannoconcesse, continuino a diminuire finoad arrivare ad un limite incomprimibile.Le pensioni erogate ai superstiti sonoin aumento ed è probabile che l’ulterio-re invecchiamento della popolazione ela massiccia presenza di vedove ali-menti il numero dei beneficiari. In basea queste assunzioni e alla struttura peretà della popolazione otteniamo leproiezioni riportate in tabella 15. Il rapporto tra pensionati e occupati, giàallarmante oggi, nei prossimi anni cre-scerebbe a livelli vertiginosi: prima del2025 il numero dei pensionati sarebbesuperiore a quello degli occupati.

Tabella 12 Numero delle pensioni in complesso erogate e importo

Importo Importo Imp. anno Imp. medioannuo medio Lire 1993 Lire 1993

Numero (migliaia lire) annuo (migliaia lire)

1982 1.144.513 4.047.037.254 3.536.034 8.607.238.832 7.520.4381983 1.150.412 4.928.924.756 4.284.487 9.116.046.336 7.924.1581984 1.153.803 5.402.974.939 4.682.753 9.037.015.883 7.832.3731985 1.169.103 6.099.006.891 5.216.826 9.393.080.513 8.034.4341986 1.200.529 6.909.605.798 5.755.468 10.029.983.776 8.354.6371987 1.223.402 7.532.429.949 6.156.954 10.451.246.554 8.542.7741988 1.239.110 8.370.845.832 6.755.531 11.066.258.190 8.930.8121989 1.255.162 9.312.264.513 7.419.173 11.548.139.223 9.200.5161990 1.263.014 10.290.386.518 8.147.484 12.027.403.762 9.522.7791991 1.291.664 11.470.609.168 8.880.490 12.599.317.110 9.754.3301992 1.322.839 12.689.673.851 9.592.758 13.222.640.153 9.995.6531993 1.351.900 13.714.390.567 10.144.530 13.714.390.567 10.144.530

Fonte: nostra elaborazione su dati INPS

Page 427: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-Romagna 425Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

Se il dato dovesse trovare reale con-ferma in futuro il sistema previdenzialesarebbe destinato al collasso; si pos-sono verificare le conseguenze eco-nomiche che l’invecchiamento della

popolazione determinerebbe sul siste-ma previdenziale sempre in assenzadella riforma. Consideriamo solo i datipensionistici dei lavoratori dipendentie stimiamo la copertura del contributi

versati dalla produzione rispetto allepensioni erogate ai lavoratori dipen-denti. Non esiste una corrispondenzaesatta tra i due versati nella regionedove il dipendente lavora, salvo alcu-ne eccezioni, mentre le pensioni sonoerogate nella regione dove il pensio-nato risiede: ai fini del nostro lavoropossiamo comunque comparare ledue grandezze. Sia la stima delle pen-sioni erogate che dei contributi dellaproduzione sono state effettuate utiliz-zando il valore medio degli anni 1990-1993 e moltiplicandolo per il numerodelle pensioni e degli occupati dipen-denti previsti. Il numero delle pensioniè comprensivo delle pensioni di vec-chiaia, invalidità e superstiti.

Nel 1993 i contributi versati dai lavo-ratori dipendenti coprivano poco me-no del 63% dell’importo versato per lepensioni. Nel 2025 i contributi dellaproduzione arriverebbero a copriresolo la metà delle pensioni erogate.Le risultanze delle previsioni occupa-zionali e del sistema pensionisticoaprono lo spazio a discussioni che èimpossibile esaurire nell’ambito diquesta breve relazione. Si può co-munque porre l’accento su alcunipunti fondamentali. L’invecchiamento della popolazione ela scarsa natalità stanno profonda-mente modificando gli equilibri demo-grafico-strutturali dell’Emilia-Roma-gna. Nei prossimi decenni se non in-terverranno fattori esterni non preve-dibili la forza lavoro sarà numerica-mente inferiore ai livelli occupazionaliattuali, il rapporto tra lavoratori e pen-sionati assumerà valori insostenibili

Tabella 13 - Numero delle pensioni di vecchiaia previste e importo

Proiezione 2 Proiezione 3Anno Numero Importo val.1993 Numero Importo val.1993

(migliaia) (milioni) (migliaia) (milioni)

2000 859 10.310 865 10.3872005 883 10.608 892 10.7092010 883 10.598 899 10.7882015 895 10.743 919 11.0352020 886 10.642 920 11.0442025 896 10.761 940 11.2842030 934 11.219 989 11.877

Fonte: nostra elaborazione

Tabella 15 - Percentuale di pensioni rispetto agli occupatiStime basate sulla proiezione 3 e occupazione costante

Anno Numero pensioni Importo Numero di pensioni(migliaia) (milioni) su tot. occupati

1983 1.150 9.116 69,89%1988 1.239 11.066 72,97%1993 1.352 13.714 80,86%2000 1.456 14.843 87,07%2005 1.497 15.181 89,51%2010 1.505 15.164 89,99%2015 1.574 15.737 94,12%2020 1.623 16.073 97,08%2025 1.692 16.639 101,18%2030 1.790 17.559 107,04%

Fonte: nostra elaborazione

Page 428: Emilia-Romagna Regione d’Europa

426 Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

per il sistema previdenziale. Nascequindi la necessità di provvedere pertempo alle difficoltà che già oggi stan-no iniziando a manifestarsi. Non inter-venire significherebbe dal punto di vi-sta occupazionale lavoro per tutti ma

con un numero di occupati decre-scente con conseguente recessioneeconomica; dal punto di vista pensio-nistico i percorribili sono quindi unamaggior immigrazione e politiche perincentivare la ripresa della natalità. Po-

litiche tese a favorire la famiglia e a tu-tela della donna madre nel mondo dellavoro possono portare alcuni benefi-ci, ma difficilmente il tasso di fecondi-tà potrà salire fino al livello necessarioche possiamo stimare attorno all’1,8(attualmente è di poco superiore a 1). Si pone inoltre un altro problema: ègiusto incentivare la natalità in Emilia-Romagna quando solo in Italia il nu-mero dei bambini è più che sufficientealle esigenze lavorative future? L’unicasoluzione sembra quindi rimanerequella dell’immigrazione. Se ci saràuna ripresa della natalità nel breve pe-riodo il numero degli immigrati da ac-cogliere per mantenere l’attuale situa-zione può essere stimato in circa20.800 all’anno. Il numero è destinatoa salire nel lungo periodo. La forte im-migrazione pone un’altra serie di pro-blemi (integrazione, abitazione, ... )che in questa relazione non vengonotrattati ma che devono essere consi-derati nell’approntare politiche. I datisul sistema pensionistico mostranocome fosse necessaria una riformadel sistema: si vedrà in futuro se iprovvedimenti presi saranno in gradodi far fronte al sempre maggior nume-ro di pensionati rispetto ai lavoratori.

Tabella 16 Dipendenti: contributo della produzione rispetto alle pensioni erogateStime basate sulla proiezione 3 e occupazione costante

Anno Numero dipendenti Numero pensioni Contributo della produzione(migliaia) (migliaia) su pensioni erogate

1990 1.156 900 61,99%1991 1.189 911 61,07%1992 1.186 920 62,84%1993 1.147 925 62,82%2000 1.112 967 55,95%2005 1.098 996 53,60%2010 1.094 1.004 53,01%2015 1.089 1.027 51,60%2020 1.096 1.028 51,86%2025 1.090 1.050 50,50%

Fonte: nostra elaborazione

Page 429: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Conseguenze economiche dell’evoluzione demografica in Emilia-Romagna 427Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1995 e previsioni per il 1996

Demografia e Mercato del Lavoro

Tabella 17 Indicatori della popolazione: confronto tra Emilia Romagna, Italia e altri Paesi

Età comp. Età sup. Crescita Nati per Morti per Saldo Vita Tasso dida 0 a 14 65 anni val. % 1000 ab. 1000 ab. migrat. media fecondità

Emilia-Romagna 11 21 -0,9 7,0 0,5 0,7 77,9 1,0Italia 15 17 0,2 10,9 9,8 1,0 77,8 1,4Francia 19 16 0,5 13,0 9,3 6,5 78,3 1,8Inghilterra 19 16 0,3 13,2 10,7 0,2 77,0 1,8Germania 16 16 0,3 11,0 10,8 2,5 76,6 1,5Austria 17 16 0,4 11,2 10,3 2,5 76,9 1,5Belgio 18 16 0,2 11,5 10,2 0,5 77,2 1,6Danimarca 17 15 0,2 12,4 11,1 1,0 76,1 1,7Finlandia 19 14 0,3 12,2 9,8 0,6 76,2 1,8Grecia 18 15 0,7 10,6 9,3 6,0 77,9 1,5Paesi Bassi 18 14 0,5 12,4 8,5 1,3 78,0 1,6Norvegia 19 16 0,4 12,9 10,4 1,2 77,6 1,8Polonia 23 11 0,4 13,3 9,2 -0,5 73,1 1,9Portogallo 18 14 0,4 11,7 9,7 1,6 75,5 1,5Russia 22 12 0,2 12,6 11,4 0,7 69,1 1,8Romania 21 12 0,1 13,7 9,9 -2,9 72,2 1,8Spagna 17 15 0,3 11,2 8,9 0,3 77,9 1,4Svezia 19 17 0,5 13,2 10,8 2,3 78,4 2,0Svizzera 17 15 0,6 12,0 9,2 2,8 78,4 1,6Stati Uniti 22 13 1,0 15,3 8,4 3,3 76,0 2,1Canada 21 12 1,1 13,7 7,5 4,6 78,3 1,8Brasile 31 5 1,2 21,2 9,0 0,0 61,8 2,4Messico 37 4 1,9 26,6 4,6 -3,0 73,3 3,1Australia 22 11 1,3 14,1 7,4 6,3 77,8 1,8Giappone 16 15 0,3 10,7 7,5 0,0 79,4 1,6Cina 26 7 1,0 17,8 7,4 0,0 68,1 1,8India 35 4 1,8 27,8 10,1 0,0 59,0 3,4Egitto 37 4 2,0 28,7 8,9 -0,4 61,1 3,7Marocco 38 4 2,1 27,9 6,0 -1,1 69,0 3,7Nigeria 45 3 3,2 43,3 12,0 0,4 56,0 6,3Kenia 48 2 1,0 41,7 12,0 -19,7 52,4 5,8Sud Africa 40 4 2,6 33,4 7,4 0,2 65,4 4,4Mondo 32 6 1,5 24,0 9,0 62,0 3,1

Fonte: nostra elaborazione su dati CIA (Central Intelligence Agency), The world factbook 1995.

Page 430: Emilia-Romagna Regione d’Europa

I processi attuali di internaziona-lizzazione

Larga parte delle imprese (71,1%) svi-luppa il suo processo di internaziona-lizzazione, almeno per il momento,esclusivamente attraverso attività dicommercializzazione di beni o servizi.Nei restanti casi, invece, la presenzasui mercati internazionali è rafforzatada altre forme di relazioni con l'esteroquali accordi con partner, decentra-mento produttivo, investimenti direttiall'estero, con una attenzione cre-scente, rispetto al passato, per formeche sempre più investono la sfera pro-duttiva oltre che commerciale. Anche se lentamente, le imprese del-l'Emilia-Romagna cercano di consoli-dare la loro presenza sui mercati este-ri attraverso alleanze e investimentiche consentano di mantenere quotedi mercato anche in presenza di crisifinanziarie come quelle del Far East odel Brasile.Nel complesso, le imprese che effet-tuano decentramento produttivo sonol'11,9%, quelle che hanno realizzatoinvestimenti all'estero sono il 13% (nel-

la metà dei casi per costituire unitàproduttive o magazzini), quelle chehanno siglato accordi con societàestere sono il 15,2% (anche in questocaso circa la metà di esse ha in attoaccordi di tipo produttivo/tecnologico).Guardando alla quota di fatturatoesportato, al numero di mercati disbocco e alle forme di internazionaliz-zazione non puramente commercialiemerge che:• il 30,5% delle imprese ha raggiunto

un elevato grado di internazionaliz-zazione adattandosi ai diversi mer-cati con forme di presenza mista;queste aziende oltre a realizzare al-l'estero quote consistenti del pro-prio fatturato e ad operare in nume-rosi paesi hanno realizzato investi-menti all'estero e/o accordi con so-cietà estere e/o decentramento pro-duttivo all'estero;

• all'opposto si pone il 26,5% delleimprese la cui presenza sui mercatiesteri è piuttosto modesta; la loroattività internazionale si limita quasiesclusivamente a transazioni com-merciali che, per altro, rappresenta-no una quota minoritaria del fattura-

to complessivo ed interessano unnumero limitato di paesi;

• in posizione intermedia si colloca il43,0% delle imprese, il gruppo piùnumeroso; esso è formato prevalen-temente da imprese che concentra-no il loro impegno solo sulle attivitàesportative le quali, comunque, inci-dono in misura consistente sul volu-me d'affari aziendale e si indirizzanosu più mercati; in questo gruppo so-no presenti anche alcune aziendeche, invece, realizzano fatturati ex-port più modesti, ma stanno avvian-dosi su un percorso di presenza mi-sta sebbene al momento le alternati-ve all'export si limitino ad alleanzecon partner esteri o al decentramen-to di alcune fasi della produzione.

Livello di internazionalizzazione e di-mensioni sono, almeno in parte, cor-relati. Le aziende di dimensioni mag-giori (oltre 100 addetti) sono quelleche più frequentemente hanno unapresenza importante ed articolata suimercati esteri (59,8% ha raggiunto li-velli di internazionalizzazione elevatied il 45,1% livelli medi).

Non è comunque trascurabile anche ilnumero di aziende minori che risultagià ben posizionato nel mercato glo-bale; infatti il 24,5% delle imprese conmeno di 20 addetti presenta un livellodi internazionalizzazione elevato e il45,2% un livello medio.Le aziende da 20-99 addetti presen-tano un quadro intermedio ai due pre-cedenti.Dal punto di vista delle strategie dicrescita per l’internazionalizzazione, ilprossimo futuro vedrà non solo un

428 Internazionalizzazione e retiDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Internazionalizzazione e reti

Page 431: Emilia-Romagna Regione d’Europa

Internazionalizzazione e reti 429Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

consolidamento delle quote di export,ma anche una crescita di forme piùcomplesse di internazionalizzazione:• il 16,8% delle imprese (percentuale

in crescita rispetto all'11,9% attualeed al 3,8% del 1996) ha in program-ma iniziative di decentramento pro-duttivo. Si tratta prevalentemente diimprese che in passato non hannomai sperimentato questa modalitàoperativa sull'estero;

• il 19,3% prevede lo sviluppo di nuo-ve alleanze con società estere conl'obiettivo principale di rafforzare lacommercializzazione dei prodotti,anche se non è trascurabile la pre-senza di imprese orientate ad al-leanze produttive;

• il 14,3% ha tra gli obiettivi aziendalila realizzazione di nuovi investimentiall'estero; in particolare nel 5,5% deicasi si tratta del proseguimento diuna politica già avviata in passato,

mentre nell'8,6% dei casi la scelta diinvestire all'estero rappresenta unastrada non ancora percorsa. A diffe-renza del passato, l'obiettivo preva-lente dei nuovi investimenti è la co-stituzione di unità produttive.

I servizi per l’internazionalizzazione

L’osservatorio ha chiesto alle impresequali siano i servizi considerati mag-giormente utili per lo sviluppo delleproprie attività di internazionalizzazio-ne. Il quadro che ne emerge è chiaroe lascia poco spazio alle interpretazio-ni: si tratta prevalentemente di servizidi informazione su diversi aspetti dellerelazioni commerciali potenziali, chepotremmo chiamare servizi di “infor-mazione operativa”.I servizi ritenuti di importanza crucialedal maggior numero di operatori (tra il

25 ed il 40%) sono quelli che favori-scono l'individuazione di soggettipartner idonei e affidabili, ovvero:• i servizi che forniscono informazioni

per valutare l'affidabilità del partner• i servizi che offrono supporti per in-

dividuare ed entrare in contatto conla controparte estera sia essa unpotenziale cliente (individuato attra-verso elenchi selezionati o incontra-to nel corso di fiere e manifestazioni)verso il quale esportare o un'impre-sa fornitrice/subfornitrice a cui de-centrare fasi della produzione o, an-cora, potenziali partner con i qualirealizzare alleanze o joint venture.

Se si rapportano i dati forniti dall'Os-servatorio all'insieme delle impresedell'universo di riferimento, emergeche a livello regionale circa 4.000aziende attribuiscono una grande im-portanza a questo tipo di servizi.La seconda tipologia di interventi rite-nuta particolarmente utile è quella deiservizi di informazione commerciale odi scenario. In questo ambito le esi-genze emerse con una certa frequen-za (tra il 15 ed il 25%) spaziano in mol-ti campi:• informazioni sulle opportunità offerte

dai diversi mercati, sulle normative e irequisiti tecnici vigenti nei singoli pae-si, sulle normative doganali e le pro-cedure da seguire per chi esporta;

• informazioni sulle normative per gliinvestimenti e sugli incentivi ad inve-stire previsti dai diversi paesi per chiinveste all'estero;

• informazioni sulle aree di approvvi-gionamento per chi decentra produ-zioni all'estero;

LIVELLO DI INTERNAZIONALIZZAZIONEelevato: forte incidenza dell'export sul fatturato o export di media rilevanza, ma ac-compagnato da altre forme di internazionalizzazione; medio: export di media rilevan-za oppure export anche contenuto, ma accompagnato da altre forme di internazio-nalizzazione; basso: solo export molto contenuto (meno del 30%) o solo un'altra for-ma di presenza all'estero (o alleanze o decentramento).

Page 432: Emilia-Romagna Regione d’Europa

• informazioni e assistenza per l'ac-cesso a fonti di finanziamento age-volato e/o a capitale di rischio perchi è interessato ad usufruire di sup-porti finanziari.

Proiettando i dati campionari sull'uni-verso, si può valutare che il numero dioperatori che collocano questi servizitra quelli cruciali oscilla tra 1.500 (perle informazioni sulla normativa doga-nale e le procedure) e 2.500 (per le in-formazioni e l'assistenza per l'acces-so alle fonti di finanziamento). Vi è danotare che circa il 75% delle impresenon fa ricorso a finanziamenti agevo-lati perché non sono noti (37%), o per-ché sono di accesso troppo difficolto-so (27%).Un commento a parte richiedono i da-ti relativi ai servizi più tradizionali, qualifiere e missioni, che continuano ad es-sere richiesti dalle imprese e che co-stituiscono una parte rilevante dell’of-ferta di base delle Camere di com-mercio e del sistema di servizi a sup-porto dell’internazionalizzazione inEmilia-Romagna. Il sostegno alla par-tecipazione a fiere risulta ancora rite-nuto molto importante dal 30% delleimprese, anche se tale importanza as-sume un maggior rilievo principalmen-te fra le imprese che hanno già un ele-vato livello di internazionalizzazione(34%) mentre l’interesse si riduce frale imprese con un livello più basso dipresenza sui mercati internazionali.Anche in termini di dimensione azien-dale sono le imprese medio-grandiche hanno manifestato un interessemaggiore per il supporto alla parteci-pazione a fiere. Una valutazione similepuò essere fatta per le missioni all’e-

stero che sono considerate molto im-portanti dal 16% delle imprese. Unapolitica di servizi che miri a espanderela partecipazione di imprese non ex-port-oriented o agli inizi del loro pro-cesso di internazionalizzazione nonpuò non tenere conto di queste indi-cazioni. Appare evidente quindi come iniziativedi informazione operativa condotte subase sistematica e con la cooperazio-ne di più parti (Camere di commercio,sportello regionale per l’internaziona-lizzazione, associazioni d’impresa)possono ambire a fornire un supportorichiesto dalle imprese allo sviluppo in-ternazionale e all’allargamento dell’ex-port mix regionale.

Internazionalizzazione e reti

L’osservatorio 2000 si è concentratoinoltre sulla presenza e l’uso di Inter-net in azienda come strumento di in-ternazionalizzazione dell’impresa.I dati rilevati presso le imprese espor-tatrici confermano le tendenze giàemerse in altri indagini (come adesempio l’Osservatorio Subfornitura2000), ad una introduzione lenta del-l’uso di Internet in azienda, ma chedovrebbe conoscere nei prossimi do-dici mesi una netta accelerazione.In particolare molte imprese si stannomuovendo dalla semplice “presenzain rete”, con pagine statiche su sitipropri o su cataloghi collettivi, versouna vera e propria integrazione dellarete nella strategia e nei processi dibusiness. Sono infatti circa il 50% leimprese che hanno già o attivo o pia-nificato siti di e-commerce, contro il

5% di imprese che hanno già attivatoun sito di e-commerce. Si tratta quin-di di un’accelerazione rilevante chepotrebbe, se gli investimenti richiestiverranno effettivamente realizzati,scontrarsi con la mancanza locale dicompetenze interne ed esterne ne-cessarie.Gli scopi della presenza in rete ap-paiono fino ad oggi principalmentecorrelati alla necessità di ampliare laclientela e di rafforzare l’immagine del-l’impresa stessa.Per quanto concerne i servizi richiestimaggiormente dalle imprese a sup-porto dello sviluppo della rete informa-tica, le esigenze più pressanti appaio-no la promozione e la realizzazione disiti dedicati ad ospitare le iniziative die-commerce delle imprese dell'Emilia-Romagna, la formazione del persona-le tecnico-commerciale per l'utilizzodelle funzioni della rete e l'informazio-ne e assistenza per impostare i pro-grammi di e-commerce.Per ciascuna di queste tipologie, visono circa 1.300 imprese che espri-mono un forte interesse.

Visibilità su InternetN. imprese %

SI 638 68,0di cui:- con pagina

informativa 81 8,6- con proprio

sito 527 56,2- sia con pagina

sia con sito 30 3,2NO 288 30,7non risposto 12 1,3Totale 938 100,0

430 Internazionalizzazione e retiDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

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Internazionalizzazione e reti 431Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Utilizzo dell'e-commerceN. imprese %

SI, è già operante 42 4,5SI, entro l'anno 83 8,8SI nel prossimo futuro 351 37,4NO 386 41,2non risposto 76 8,1Totale 938 100,0

Le relazioni fra internazionalizza-zione e uso della rete

Il grafico che segue illustra la correla-zione che esiste fra internazionalizza-zione delle imprese e l’utilizzo della re-te Internet. Lungo la diagonale princi-pale del grafico appaiono, nell’angoloin basso a sinistra, le imprese che nonhanno nessuna visibilità in rete e un li-vello basso di internazionalizzazione.Per questo gruppo di imprese si poneun problema di competitività com-plessiva nel prossimo futuro, per cui

vanno pianificate azioni sia nella dire-zione dell’introduzione della tecnolo-gia in azienda, utilizzata come leva perespandere i processi di internaziona-lizzazione.Nell’angolo in alto a sinistra appaionole imprese fortemente internazionaliz-zate e che hanno progetti attuati o incorso di e-commerce. Si tratta di ungruppo che raggruppa circa il 5% del-le imprese, potenzialmente quelle chehanno la competitività più forte nelcampione considerato, delle quali po-trebbe essere in futuro utile monitora-re l’andamento competitivo ed estrar-re casi da portare all’attenzione di tut-to il tessuto imprenditoriale per favorir-ne l’emulazione. Resta una ampia fa-scia di imprese che ha diversi gradi diinternazionalizzazione e di uso dellarete. Per queste imprese vanno piani-ficati due percorsi diversi di crescita:alle imprese con elevata internaziona-lizzazione e nessuna o scarsa visibilitàin rete vanno pianificati interventi di ra-

pido e progressivo approccio all’usodi internet, mentre per le presenze for-temente diffuse in rete, ma scarsa-mente internazionalizzate, possonoessere pianificate azioni di espansionedell’export sia con servizi di informa-zione in rete, sia con strumenti più tra-dizionali di accompagnamento.Il tema delle relazioni fra uso della retee internazionalizzazione resta comun-que un tema di elevata sensibilità, sulquale sia la riflessione che la predi-sposizione di interventi deve vedere ilcoinvolgimento di numerosi attori siapubblici che privati; enti di formazione,consulenti organizzativi, consulenti le-gali e fiscali, fornitori di tecnologie e diservizi di rete costituiscono un insiemedi soggetti che solo operando in sin-cronia possono apportare alle aziendetutte le soluzioni e le competenze ne-cessarie.

Importanza delle iniziative basate su Internet

importanza non risp. trascurbile limitata rilevante molto rilev. Tot. risposte

Rafforzare l'immagine dell'azienda 44 48 128 397 220 837Sviluppare contatti con nuovi clienti 32 44 137 365 259 837Entrare in nuovi mercati 65 68 165 293 246 837Entrare in contatto con subfor./committenti 122 159 252 215 89 837Rendere più efficiente l'assistenza al cliente 89 77 170 289 212 837

Rafforzare l'immagine dell'azienda 5,3 5,7 15,3 47,4 26,3 100,0Sviluppare contatti con nuovi clienti 3,8 5,3 16,4 43,6 30,9 100,0Entrare in nuovi mercati 7,8 8,1 19,7 35,0 29,4 100,0Entrare in contatto con subfor./committenti 14,6 19,0 30,1 25,7 10,6 100,0Rendere più efficiente l'assistenza al cliente 10,6 9,2 20,3 34,5 25,3 100,0

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432 Internazionalizzazione e retiDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 2000 e previsioni per il 2001

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

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Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-Romagna 433Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Introduzione L’obiettivo di questa sezione è un’ana-lisi dell’attività di innovazione da partedelle imprese emiliano-romagnole.Questa parte mira a mettere in luce daun lato il peso relativo delle impreseche hanno introdotto innovazioni tec-nologiche, dall’altro lato la natura diqueste innovazioni. Quest’ultimoaspetto sarà vagliato sia da un punto divista microeconomico, sia dal punto divista macroeconomico. L’analisi mi-croeconomica metterà in luce come leimprese distribuiscono le risorse desti-nate all’innovazione fra attività di ricer-ca e sviluppo (R&S) e acquisizioni di

beni capitali (macchine, impianti…).Inoltre si tenta di collegare l’attività in-novativa delle imprese industriali conalcuni elementi di struttura quali la di-mensione d’impresa, misurata in termi-ni di addetti, e il settore produttivo incui le imprese operano. L’analisi ma-croeconomica, invece, cerca di mette-re in rilievo la bilancia tecnologica re-gionale, evidenziando la capacità delsistema economico regionale di espor-tare tecnologia “primaria” (brevetti, li-cenze…) e servizi tecnologici. Da questa analisi si trarrà lo spuntoper vedere come la capacità innovati-va del sistema influenzi la qualità della

domanda di lavoro sia dal punto di vi-sta delle qualifiche scolastiche, sia dalpunto di vista dei profili professionalirichiesti dai datori di lavoro. Questasezione sarà conclusa da una breveanalisi sul ruolo degli extracomunitarinel mercato del lavoro regionale. Alcuni fatti stilizzati sull’attività innova-tiva delle imprese industriali in Emilia-Romagna. Per il periodo 1990-92 l’Istat ha effet-tuato un’indagine sull’innovazionetecnologica nell’industria italiana. Sitratta di un’indagine in grado di cattu-rare una serie di indicazioni interes-santi sul cambiamento tecnologicodelle imprese industriali italiane, ben-ché abbia interessato solo le impresecon un numero di addetti pari o supe-riore alle venti unità. L’indagine contie-ne anche una serie di dati disaggrega-ti per regione. Si tratta, purtroppo, didati non così completi come quelli for-niti per il territorio nazionale. Quando idati a livello regionale non sarannodisponibili, si cercherà di integrarli condati validi a livello nazionale. Per quello che riguarda l’Emilia-Ro-magna, al questionario hanno rispo-sto 2.798 imprese industriali. Di que-ste il 38,2% si è dichiarata innovatrice.La differenza fra le varie classi dimen-sionali, misurate in termini di addetti, èmolto rilevante (vedi tabella 1): al cre-scere della dimensione d’impresa chetende ad aumentare l’incidenza relati-va delle imprese innovatrici.L’Istat presenta anche i dati regionalirelativi alla spesa per innovazioni tec-nologiche per classi di addetti, tuttavianon è possibile calcolare il valore dellaspesa per addetto, in quanto manca-

Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-Romagna

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434 Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

no i dati relativi al numero di addettidisaggregati per classe dimensionale.E’ possibile discutere il valore dellaspesa per addetto solo a livello nazio-nale sulla base dei dati messi a dispo-sizione dall’Istat e di un lavoro di Ar-chibugi et al. (1996). Due sono gli ele-menti che vale la pena di sottolineare.Nella seconda colonna della tabella 2,sono riportati i dati nazionali relativi al-la spesa in attività innovative per ad-detto per le imprese innovatrici. Si no-ta come le imprese di dimensioni mi-nori spendano una cifra più elevata ri-spetto alle imprese appartenenti alleclassi intermedie, benché i livelli dispesa più alti siano raggiunti dalle due

classi dimensionali più elevate. Tutta-via, come Archibugi et al. non manca-no di osservare, se si considera laspesa per addetto delle imprese com-plessivamente rilevate (e quindi non laspesa per addetto delle imprese inno-vatrici), le cose cambiano abbastanzadrasticamente. Esiste una relazionemonotona positiva fra livello di spesaper addetto e classe dimensionale.Un secondo elemento che si osservada questi dati riguarda la diversa natu-ra della spesa per innovazione: le im-prese appartenenti alle classi inferioritendono a concentrare la propria spe-sa in investimenti innovativi (macchi-nari e impianti) e a trascurare la spesa

in R&S, mentre per le imprese di di-mensione più grande vale esattamen-te il discorso opposto. La maggiorepropensione delle piccole imprese adinvestire in impianti e a trascurare laspesa in R&S, contrapposta a un’inci-denza superiore delle grandi impreseper la spesa in R&S è confermata, perquello che riguarda l’industria manifat-turiera emiliano-romagnola, dal lavorodi Caselli e Covezzi (1997). Interessante è anche osservare ladisaggregazione settoriale fra impreseinnovatrici e imprese non innovatrici.Si osserva (vedi tabella 3) come le im-prese innovatrici predominino solo neisettori che producono apparecchi

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Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-Romagna 435Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

meccanici, elettrici e di precisione, au-toveicoli e altri mezzi di trasporto. Se,poi, consideriamo il peso relativo diquesti tre settori per ciò che riguarda ilcomplesso della manifattura, si rilevacome essi occupino il 35,5% degli ad-detti complessivi che lavorano nei va-ri comparti manifatturieri. Interessante, infine, può essere an-che rilevare il peso relativo, sia in ter-mini di unità locali che in termini diaddetti, delle imprese con un nume-ro di addetti non superiore a 49 neicomparti manifatturieri. Dalla tabella4 si rileva che, con poche eccezioni(industrie chimiche, meccaniche emezzi di trasporto e metalli non me-talliferi), oltre il 50 per cento degli ad-detti per settore è occupato in impre-se appartenenti a questa classe di-mensionale. Si tratta di un dato chesembra suscitare notevoli perplessità

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sulla capacità da parte dei settorimanifatturieri di introdurre innovazio-ni tecnologiche, vista la scarsa inci-denza, segnalata dalla ricerca dell’I-stat, delle imprese innovatrici fra leimprese minori. Alcune considerazioni sulle tipologiedi innovazione tecnologica. Utile, infi-ne, per ottenere un quadro dell’attivitàinnovativa in Emilia-Romagna è in-dubbiamente l’analisi dell’andamentodella bilancia tecnologica dei paga-menti. Attraverso questi dati, infatti, èpossibile vedere come il sistema pro-duttivo regionale acquisisce e cedetecnologia. Dalla tabella 5 si evince come l’Emi-lia-Romagna abbia una struttura de-gli scambi internazionali di tecnologiasimile a quella nazionale. In Emilia-Romagna si importa tecnologia, co-me si evince dal segno negativo siadel saldo di commercio in tecnologia(brevetti, licenze su brevetti, invenzio-ni, know-how e licenze su know-how) sia del saldo relativo alle transa-zioni in marchi di fabbrica e disegni.Questa tecnologia è poi rivendutasotto forma di assistenza tecnica e diinvio di personale esperto (saldo ser-

vizi con contenuto tecnologico). Po-sitivo è anche il saldo relativo alla ri-cerca e sviluppo che nel 1996 hacontribuito in modo determinante,contrariamente a quanto è accadutoa livello nazionale, al segno positivodella bilancia tecnologica dei paga-menti. Una certa incapacità da partedelle imprese industriali emiliano–ro-magnole nella produzione di innova-zione tecnologica è confermata, a li-vello microeconomico, da una seriedi ulteriori dati prodotti dall’Istat nellagià menzionata indagine sulla ricercascientifica e l’innovazione tecnologi-ca. Le tabelle 6 e 7 mostrano la di-stribuzione delle imprese innovatriciche hanno rispettivamente ceduto eacquisito nuove tecnologie. Questadistribuzione è disaggregata per re-gione di destinazione/provenienza.Da queste tabelle si possono trarrediverse considerazioni che confer-mano e arricchiscono i discorsi svoltinei paragrafi precedenti. Nella tabellarelativa alle acquisizioni di tecnologianon si può non notare il peso consi-stente delle imprese che acquistanoapparecchiature e impianti. Sia dall’I-talia, sia da tutte le altre aree identifi-

cate (con la sola eccezione degli “Al-tri paesi”), l’acquisto di macchinaricostituisce la forma più rilevante diacquisizione di nuova tecnologia. Se-conda in ordine di importanza, comemodalità di acquisizione di tecnolo-gia, è l’assunzione di personale qua-lificato e quindi l’acquisizione di capi-tale umano. Un ulteriore elemento su cui appun-tare la nostra attenzione riguarda laprevalenza delle acquisizioni rispettoalle cessioni per quello che concernel’interscambio di “tecnologia prima-ria” (invenzioni, progetti, R&S). Salvopoche eccezioni (corrispondenti pro-babilmente ad aree geografiche tec-nologicamente arretrate), le impreseche acquisiscono tecnologia primariasono in numero superiore rispetto aquelle che la cedono. Lievemente di-verso il discorso relativo all’acquistodi macchinari per il quale il saldo fracessioni e acquisizioni è positivo, ol-tre che per le aree tecnologicamentedeboli, anche per gli Stati Uniti. An-cora diverso, infine, il discorso relati-vo al capitale umano: il sistema indu-striale emiliano-romagnolo acquisi-sce personale qualificato da altre re-gioni italiane e mette a disposizionequesta tipologia di personale per lealtre aree identificate nella tabella.Quest’ultima considerazione confer-ma la capacità di questo sistema in-dustriale di esportare servizi connes-si alla tecnologia.

La qualità delle assunzioni previ-ste in Emilia-Romagna nel biennio1998-1999Sulla base della banca dati Excelsior,

436 Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

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Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-Romagna 437Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

è possibile ottenere una stima delleprevisioni di assunzione formulate daidatori di lavoro per il biennio 1998-99.Questa banca dati consente una di-saggregazione per titoli di studio e persettori. La qualità della domanda di la-voro appare alquanto modesta. Perquello che riguarda il complesso del-l’economia, si rileva come il 67,3%

delle previsioni di assunzione riguar-dano qualifiche scolastiche basse(scuola media e istruzione o qualificaprofessionale), il 27% coinvolgono la-voratori dotati di qualifiche scolasticheintermedie (diploma di scuola superio-re), mentre un modesto 5,7% riguardalavoratori che hanno conseguito un ti-tolo scolastico superiore (laurea o di-

ploma universitario). Naturalmente lacomposizione delle assunzioni previ-ste per titolo di studio, non ci dice nul-la in relazione all’evoluzione tempora-le della composizione per qualificascolastica della forza lavoro occupata.Occorrerebbe confrontare la compo-sizione dei flussi di assunzione rispet-to alla composizione dello stock deglioccupati per titolo di studio (dato nondisponibile a livello regionale, ma solonazionale). E’ interessante osservare come i set-tori relativi alla produzione di macchi-ne apparecchi meccanici … sianoquelli che presentano fra le più altepropensioni all’assunzione di lavorato-ri dotati di qualifiche scolastiche supe-riori e, allo stesso tempo, come il set-tore del cuoio, legno, minerali non me-talliferi e tessili presentino un’elevatapropensione all’assunzione di perso-nale con qualifiche scolastiche piutto-sto basse. In conclusione, si osservacome le imprese industriali che mostra-no una scarsa propensione all’innova-zione siano anche quelle che tendonoad assumere in misura maggiore lavo-ratori dotati di basse qualifiche scola-stiche. E’ utile rilevare che, rispetto alleprevisioni di assunzione rilevate nelloscorso anno (valide, perciò, per il bien-nio 1997-98), la domanda di lavoroprevista disaggregata per qualifichescolastiche è qualitativamente inferiore. Le ultime righe della tabella riportanoanche le previsioni di assunzione perclasse dimensionale. Si rileva imme-diatamente come esista una correla-zione positiva fra titoli di studio richie-sti e classe dimensionale: al cresceredella classe dimensionale aumenta la

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438 Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Tab. 8 - Assunzioni previste nel biennio 1998-1999 per livello di istruzione, settore di attività, classe dimensionale, ripartizione geografica e regionedell'unità provinciale richiedente in Emilia-Romagna - Valori percentuali

Titolo universitario Diploma istruz. obbl. e qual. prof..di cui: di cui: di cui:

Totale Totale Laurea Diploma Totale Spec. Totale Istruzione Qualifica Licenzaassunzio univers. post- profess. profess. mediani (v.a.) diploma

totale generale 83920 5,7 3,5 2,2 27 6,9 19 12,6 6,3 48,3settori di attivita'

INDUSTRIA 43488 4,7 3,2 1,4 21,8 6,1 20 13,3 6,7 53,5Estrazione di minerali 236 -- -- -- 50,8 -- 10,2 6,4 -- 36,4Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco 3059 5 3,4 1,7 20,4 4,1 10,9 7 3,9 63,7Industrie tessili edell'abbigliamento 2735 2 1,5 0,5 17,1 6,3 15,7 9,8 6 65,2Industrie del cuoio, delle pelli e delle calzature 914 1,3 -- -- 11,9 2 10,1 4,7 5,4 76,7Industrie del legnoe prod. in legno (escl. mobili) 905 -- -- -- 11,9 5 14 9,4 4,6 73,6Industrie della carta, stampa, editoria 1282 3,5 2,7 0,8 19,8 7,7 24,8 15,7 9,1 51,9Industrie del carbone e del petrolio 14 -- -- -- -- -- -- -- -- --Industrie chimichee delle fibre sintetiche 1073 11,3 9,1 2,1 43,2 11,2 9,9 3 6,9 35,6Industrie della gomma e delle materie plastiche 1483 4,2 2,6 1,6 16 3,3 13,1 7,8 5,3 66,7Industrie lavorazioneminerali non metalliferi 4215 3,3 2,5 0,9 21,1 6,8 11,4 7,2 4,2 64,1Industrie dei metalli 6605 1,8 1,5 0,3 17,1 3,2 22,8 16,1 6,7 58,3Industrie meccaniche e dei mezzi di trasporto 9318 7,6 4,9 2,7 27,5 8,4 30,4 21,1 9,3 34,4Industrie delle macchineelettriche ed elettroniche 3254 9,4 6,2 3,2 28,7 10,2 28,6 18 10,7 33,2Altre industrie manifatturiere 1338 3,5 2,5 1 20,6 4,4 10,8 6,7 4 65,2Produzione di energia, gas e acqua 577 20,3 17,7 2,6 28,1 3,6 22,4 22,4 -- 29,3Costruzioni 6480 2,1 1,2 0,9 17,4 4,9 16,2 10,1 6,1 64,3

SERVIZI 40432 6,9 3,8 3 32,6 7,7 17,8 12 5,8 42,7Commercio all'ingrosso, al dettaglio e riparazioni 12981 6,8 1,8 5 37,8 4,6 16,6 12,2 4,3 38,8Alberghi, ristoranti, bar… 6021 0,3 -- 0,2 13,5 3,1 29,6 22,2 7,5 56,6Trasporti, agenzie viaggio,poste e telecomunic. 4530 3,2 1,5 1,7 22,9 6,5 9,6 3,5 6,1 64,3Credito e attività finanziarie 1473 12,7 9,4 3,3 85,1 8,7 -- -- -- 2,2Assicurazioni 448 4,2 3,6 -- 88,4 18,1 4,2 4,2 -- 3,1Servizi alle imprese 8870 11,4 10,1 1,4 31 13 7 2,5 4,5 50,6Servizi alle persone 2886 1,9 1,6 -- 23,2 11,4 33,2 10,9 22,3 41,7Istruzione e serviziformativi privati 235 31,5 26,4 5,1 45,5 21,7 5,1 5,1 -- 17,9Sanità e servizisanitari privati 2018 16,9 3,5 13,4 18,8 5,1 57,4 55,6 1,9 6,8Studi professionali 970 2,9 -- 2 90,2 20,8 6,9 6,9 -- --

CLASSI DIMENSIONALI1-9 dipendenti 33012 2,6 1,8 0,8 26,3 6 19,1 12,9 6,1 5210-49 dip. 18836 6,5 3,2 3,4 27,6 8,1 19,5 12,3 7,2 46,450-249 dip. 18502 7,7 5,5 2,2 27,9 8,6 16,3 10,6 5,7 48,1250 dip. e oltre 13570 9,5 5,5 4 26,6 5 21,6 15,2 6,4 42,3

Il segno (--) indica un valore statisticamente non significativo. I totali comprendono comunque i dati non esposti.Fonte dati: sistema informativo Excelsior

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Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-Romagna 439Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

propensione all’assunzione di laureatie, contemporaneamente, diminuiscela propensione verso l’assunzione deilavoratori dotati di qualifica scolasticabassa. Questo dato conferma solo inparte le analisi sui dati Excelsior relati-vi alla precedente rilevazione (biennio1997-98). A livello dell’intera econo-mia regionale, si rilevava una maggio-re propensione delle imprese apparte-

nenti alle classi dimensionali superioriall’assunzione di lavoratori dotati diqualifiche scolastiche superiori, tutta-via l’assunzione di lavoratori con bas-se qualifiche scolastiche era più eleva-ta per le grandi imprese rispetto aquelle della classe più bassa. Inoltre siosservava anche come esistesseroconsistenti differenze intersettoriali:nei comparti industriali le qualifichescolastiche domandate tendevano acrescere assieme alla classe dimen-sionale, mentre l’opposto avveniva neicomparti dei servizi.

Il lavoro degli extracomunitari nel-la Regione Emilia-Romagna Come si può osservare dalla tabella

sottostante, che riporta le previsioni diassunzione per il 1998-99 per gruppoprofessionale, esiste una quota non ir-rilevante (8%) di domanda di lavoroper personale non qualificato e unaconsistente domanda per lavoratorinon manuali (operai specializzati econduttori di impianti) per una quotadei quali non è richiesta una qualificascolastica media o elevata. In questasezione si cercherà di documentarecome il lavoro di un’elevata percen-tuale di extracomunitari possa, perlo-meno parzialmente, coprire una partedi questa domanda di lavoro. Si cer-cherà, inoltre, di mettere in evidenzaalcune caratteristiche dell’offerta di la-voro extracomunitario e dell’evoluzio-ne nel tempo della penetrazione nelmercato del lavoro emiliano-romagno-lo di questa tipologia di lavoratori. La tabella che segue riporta alcune ca-ratteristiche dell’offerta di lavoro extra-comunitaria. Per quello che riguarda iltitolo di studio conseguito dai lavorato-ri avviati si nota immediatamente comeuna nettissima maggioranza (92,5%)non è dotata di alcuna qualifica scola-stica riconosciuta dalle autorità nazio-nali, mentre la percentuale di lavoratoricon qualifiche medie o elevate è pres-soché irrilevante. La qualifica con laquale questa tipologia di lavoratori èavviata al lavoro conferma la scarsaqualità, in termini di formazione, di que-sta componente della forza lavoro (ve-di sempre la tabella sottostante). Una serie di dati messi a disposizionedall’Inps consente di seguire la distri-buzione degli occupati alle dipendenzedi origine extracomunitaria. La maggio-ranza di questi lavoratori risulta occu-

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pata nei comparti industriali (69,5% nel1995, l’ultimo anno per il quale si dis-pone dei dati), in particolare nell’ediliziae nella meccanica. Per quello che ri-

guarda i servizi, nel quale erano regi-strati nel 1995 il 30,5% degli extraco-munitari alle dipendenze, le concentra-zioni più elevate sono registrate nei

pubblici esercizi e nei servizi di assi-stenza. Nelle ultime colonne della ta-bella, si rileva inoltre, come la compo-nente extracomunitaria della forza lavo-ro osservi una notevole variabilità. Un'altra serie di dati estremamente in-teressante riguarda le imprese artigia-ne che utilizzano il servizio buste pagadella C.N.A. Si tratta di un insieme diimprese non del tutto esaustivo delpanorama delle imprese artigiane, nelquale i flussi di entrata e di uscita dal-l’utilizzo del servizio influenzano indub-biamente il valore dei dati e le variazio-ni percentuali che in questo modo sicalcolano. In ogni caso, poiché il nu-mero di imprese è relativamente stabi-le da un anno, i risultati che si otten-gono sono in qualche modo indicatividell’evolversi della realtà del lavoro de-gli extracomunitari nelle piccole impre-se. Da questi dati si rileva la superiorevariabilità dei lavoratori extracomunita-ri rispetto ai lavoratori nazionali e laconseguente crescita dell’incidenzapercentuale degli extracomunitari ri-spetto al complesso degli occupati. Inquesto modo gli extracomunitari sem-brano costituire un fattore di aggiusta-mento della forza lavoro rispetto all’an-damento della domanda.

Alcune considerazioni non ancoraconclusive Il sistema produttivo dell’Emilia-Ro-magna, in particolare il sistema indu-striale, sembra essere basato su unmodello di sviluppo che dipende dal-l’esterno per quello che riguarda lacapacità di introdurre innovazionetecnologica in senso stretto. Il siste-ma, tuttavia, è estremamente vitale

440 Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

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Innovazione tecnologica e qualità della domanda di lavoro in Emilia-Romagna 441Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1998 e previsioni per il 1999

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

nel fornire servizi tecnologici versol’esterno ed è questa capacità che loha reso, fino ad ora, in grado di reg-gere. Questa caratteristica sembradipendere anche dal ruolo preponde-rante giocato dalle piccole imprese edall’importanza di settori tradizionali,con scarsa propensione all’introdu-zione di innovazioni tecnologiche. Glieffetti di questa tipologia di svilupposi riflettono indubbiamente nella qua-lità dei posti di lavoro che questo si-stema è in grado di attivare. Il livellodi lavoratori dotati di una qualificascolastica formale elevata è piuttostobasso. Inoltre (come testimoniano gliultimi dati di fonte Excelsior) oltre il70% delle previsioni di assunzione èconcentrato su professioni di naturamanuale. Questi dati sembrano mo-strare come la formazione informalee specifica all’impresa presso la qua-le si attua l’assunzione (on-the-job-training) tenda a prevalere rispetto aquella più generale. Questo, natural-mente, non comporta che le assun-zioni previste nei comparti dell’indu-stria siano collegabili a figure profes-sionali con scarse capacità profes-sionali. L’esistenza di forza lavoro oc-cupata scarsamente qualificata daun punto di vista professionale non ècompatibile con un sistema in gradodi fornire servizi tecnologici all’ester-no. Quello che pare emergere è che,per le figure manuali richieste, il siste-ma della formazione scolastica nonsia strettamente necessario per laformazione di figure professionali col-legate a competenze manuali/artigia-nali. Per questa tipologia di figureprofessionali, esistono percorsi for-

mativi che non si intersecano neces-sariamente con quelli scolastici cosìcome sono concepiti. La bassa do-manda di lavoratori dotati di qualifi-che scolastiche elevate è, invece, daricollegare alla scarsa capacità del si-stema produttivo industriale a dareluogo a innovazioni tecnologiche, in-tese in senso stretto. Recentementel’interesse di alcuni economisti si èsoffermato sulla cosidetta economiadell’apprendimento. Bengt-AkeLundvall in una serie di contributi hadistinto quattro diverse forme di co-noscenza: 1) know-what (sapere co-sa); 2) know why (sapere il perchédelle cose); 3) know-how (sapere co-me) e 4) know who (sapere chi). Leprime due forme di conoscenza sonoessenzialmente legate a una forma-zione di tipo scolastico e non richie-dono un’esperienza pratica diretta. Ilknow-how, viceversa, è sviluppatoattraverso percorsi di apprendistatoed è essenzialmente legato al lear-ning by doing e quindi a processi for-mativi legati ad esperienza diretta. Ilknow who, infine, si riferisce alle ca-pacità di instaurare e sviluppare rela-zioni sociali che consentano lo scam-bio di informazioni e conoscenze.Dall’analisi della previsione di do-manda di lavoro per titoli di studio,esposta nei paragrafi precedenti, siricava come il sistema industriale siafortemente sbilanciato verso forme diapprendimento legate al know-how equindi a forme di apprendimento re-lativamente informali e scarsamentecodificate. Tuttavia, una delle carat-teristiche delle nostre economie è,come sostiene Lundvall, la crescente

importanza della conoscenza codifi-cata e quindi di forme di apprendi-mento collegabili al know what e alknow why. L’accelerazione nel ritmo del cam-biamento tecnologico e la conse-guente intensificazione della do-manda di apprendimento rapidosembrano essere alla base di que-sto processo. Questo non significanecessariamente che la componen-te informale dell’apprendimento sulposto di lavoro non continui a gioca-re un ruolo importante. Il crescenteruolo della conoscenza codificata è,naturalmente, più accentuato nelleeconomie che creano e sviluppanoinnovazioni tecnologiche, ma è de-stinato a manifestarsi anche in queisistemi economici che, come l’Emi-lia-Romagna, sono dipendenti dal-l’esterno da un punto di vista del-l’acquisizione di tecnologia primaria,ma sono esportatori di servizi con-nessi alla tecnologia. La crescita,nell’occupazione industriale, dellacomponente “colletti bianchi” rispet-to ai “colletti blu” pare confermareuna tendenza di questo tipo. Il mo-dello di sviluppo basato in misuraconsistente su forme di apprendi-mento informale (know what) nonpare destinato a durare. Le conside-razioni di Lundvall lasciano pensareche il sistema industriale sia desti-nato a riqualificare la propria dota-zione di capitale umano accrescen-do l’incidenza relativa di forza lavorodotata di qualifica scolastica medio-alta.

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442 Il processo di globalizzazione in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

Sempre più spesso, per definire il nuo-vo assetto dell'economia mondiale, siricorre al termine globalizzazione, dovecon questa espressione si intende ilprocesso attraverso cui produzione emercati nei diversi paesi diventanosempre più dipendenti tra di loro, acausa della dinamica dello scambio dibeni e servizi, e mediante i movimentidi capitale e tecnologia. Di globalizza-zione si parla forse fin troppo e talvoltain maniera impropria, ma è indubbioche la maggior apertura del commer-cio internazionale e l'internazionalizza-

zione della tecnologia hanno impressoun impulso senza precedenti al siste-ma economico dal quale è impossibileprescindere nelle analisi delle dinami-che di sviluppo, anche a livello locale.La libera circolazione di beni e servizi, laliberalizzazione dei mercati finanziari, ladelocalizzazione dei processi produttivirappresentano per le imprese nuovesfide competitive. Secondo molti eco-nomisti la capacità di un'azienda di sta-re sul mercato sarà sempre più legataalle interrelazioni con il mercato estero,intese non solo come un'intensificazio-

ne del commercio ed una crescentepresenza nei Paesi di riferimento, maanche come un modo diverso di con-cepire l'impresa, di ripensare le strate-gie e le proprie modalità di funziona-mento. Un approccio di tipo globale almercato implica per le imprese la pos-sibilità di attingere risorse ed informa-zioni dalla scena internazionale, riela-borarle adattandole all'ambiente localetraendone vantaggi competitivi. Non èpossibile individuare un unico modellodi internazionalizzazione applicabile adogni realtà territoriale, ciascun sistemalocale procede seguendo percorsi dif-ferenti e con modalità di crescita detta-te dalle caratteristiche strutturali dell'e-conomia. In Emilia-Romagna il proces-so di internazionalizzazione deve ne-cessariamente tenere conto delle pe-culiarità del tessuto produttivo regiona-le, scontando la ridotta dimensioneaziendale che penalizza le strategie disviluppo rivolte ai mercati esteri.

Globalizzazione e commercioestero Per valutare l'impatto che la globaliz-zazione ha avuto sulle scelte strategi-che delle aziende operanti in Emilia-Romagna, si può ricorrere ai dati Istatrelativi al commercio estero e ad alcu-ne indagini campionarie che l'Union-camere ha condotto in questi ultimianni. Il commercio rappresenta unaprima componente importante nel de-terminare la capacità di penetrazionenei mercati esteri del sistema econo-mico emiliano-romagnolo. Lo studiodegli scambi commerciali mette in lu-ce lo stretto legame tra flussi export epolitiche monetarie. La crescita note-

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Il processo di globalizzazionein Emilia-Romagna

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Il processo di globalizzazione in Emilia-Romagna 443Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

vole registrata nel triennio 1993-95 intutti i settori ha come motore principa-le la svalutazione della lira avvenutanel settembre 1992.

Negli altri anni la crescita è stata piùmodesta, spesso negativa se misuratain termini reali. I primi sei mesi del1997, rispetto al primo semestre del-

l'anno precedente, evidenziano unacrescita modesta (+3,7%), apprezzabi-le comunque se si confronta con la so-stanziale stazionarietà del commercioestero nazionale (+0,6%) e con i decre-menti registrati dalle regioni che mag-giormente incidono sull'export italiano(Lombardia -1,2%, Veneto -1,9%, Pie-monte -2,8%). In termini reali, il valoredei beni esportati dalle imprese emilia-no-romagnole dal 1989 al 1996 è au-mentato del 50%, tasso di crescita su-periore alla media nazionale (42%), aquello di Lombardia (36%) e Piemonte(33%), ma inferiore all'incremento regi-strato dalle regioni del nord-est (67%). In particolare le imprese dell'Emilia-Ro-magna hanno quadruplicato l'export di-retto verso nuovi mercati quali quelli deiPaesi dell'Europa Centrale, della Cina edei Nuovi Paesi industrializzati (Argenti-na, Brasile, Corea del Sud, Filippine,Hong Kong, ...). La ricerca di nuovisbocchi commerciali è testimoniata an-che dalla crescita del numero dei Paesipartner commerciali con cui le impreseregionali intrattengono rapporti, passatidai 194 del 1989 ai 217 del 1996.

Tuttavia, non necessariamente ad unacrescita delle esportazioni si associauna maggior diffusione del fenomeno.Limitando l'analisi alle imprese dell'in-dustria manifatturiera con oltre 9 ad-detti emerge come quasi un terzo del-le imprese non esporta, mentre solouna azienda su quattro realizza oltre lametà del proprio fatturato attraversovendite all'estero. Vi è quindi oltre lametà delle imprese manifatturiere emi-liano-romagnole che non sono coin-volte, o lo sono in misura marginale,

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Tabella 3.1 - Esportazioni espresse in milioni di lire dell'Emilia-Romagna perarea geografica di destinazione. Anni 1989 e 1996 e variazionereale del valore export.

1989 1996 Variazione realeUnione Europea 12.893.743 24.702.180 35,8%USA e Canada 1.910.751 3.430.393 27,3%Altri paesi sviluppati 2.111.169 4.689.303 57,4%Paesi A. C. P. 265.857 308.599 -17,7%OPEC 998.842 1.832.006 30,0%Nuovi paesi industrializzati 807.619 3.346.184 193,7%Altri paesi via di sviluppo 762.503 1.983.836 84,4%Paesi dell'Europa Centrale 582.450 2.530.946 208,0%Cina 145.486 622.833 203,4%Altre destinazioni 146.347 260.622 26,2%TOTALE 20.624.766 43.706.903 50,2%

Ns. elaborazione su dati Istat

Tabella 3.2 - Imprese dell'industria manifatturiera con oltre 9 addetti classi-ficate per quota di fatturato realizzata all'estero.

Anno Non esportatrici Piccole Medie Grandi esportatrici esportatrici esportatrici (<=20%) (21-50%) (oltre 50%)

89 29,1 27,9 22,9 20,190 28,9 27,1 23,3 20,791 29,7 28,1 22,2 19,992 30,6 27,5 21 2193 28,9 25,8 20,8 24,594 27,6 25,4 21,2 25,895 26,4 26 21,2 26,596 32,1 23,9 19,3 24,797 32,2 23,2 19,3 25,4

Fonte: ns elaborazione su dati "giuria della congiuntura".

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444 Il processo di globalizzazione in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

dal commercio estero. Rispetto ai pri-mi anni novanta sono addirittura in au-mento le imprese non esportatrici.L'opportunità offerta dal mercato glo-bale è stata quindi colta solo da unnumero ristretto di imprese. Il motivoprincipale è da ricercarsi nella polve-rizzazione dell'industria regionale, ca-ratterizzata dalla presenza di moltissi-me imprese di piccole dimensioni. Ladimensione aziendale rappresenta in-

fatti una discriminante importante nel-la scelta di commerciare con l'estero.Sette imprese su dieci di piccole di-mensioni (meno di 50 addetti) nonesportano o realizzano all'estero unaquota di fatturato inferiore al 20%,quasi la metà delle grandi imprese (ol-tre 500 addetti) realizza almeno il 50%del proprio fatturato attraverso vendi-te sui mercati esteri.

Un secondo elemento che determinala propensione al commercio estero èovviamente il settore in cui l'impresaopera. L'economia regionale è carat-terizzata dalla presenza di settori tipi-camente "export-oriented" (ceramica)che realizzano oltre il 60% del fattura-to complessivo all'estero e da altri lacui produzione è destinata per il 90%al mercato interno (alimentare). Da ri-levare come nel settore ceramico lacomponente estera sia fondamentaleper la quasi totalità delle imprese (dueimprese su tre esportano per oltre il50% del proprio fatturato, solo il 5%delle aziende non esporta), mentre inaltri settori le imprese si distribuisconoin maniera uniforme nelle quattro clas-si export. Ciò trova spiegazione, oltreche nella dimensione aziendale, nellapresenza dei distretti industriali che inmolti casi porta le imprese più piccolea svolgere l'attività di subfornitura perimprese di dimensioni maggiori, desti-nando quindi l'intera produzione sulmercato locale. Vi è quindi un'organiz-zazione all'interno del distretto chedelega solo alcune imprese all'attivitàcommerciale con l'estero.

Esportazioni e competitività Una delle affermazioni ricorrenti sullaglobalizzazione riguarda la perdita dicompetitività delle imprese rivolte so-lamente al mercato locale. Utilizzandoi dati dell'indagine congiunturale èpossibile mettere a confronto le im-prese esportatrici con quelle che rea-lizzano la totalità del fatturato sul mer-cato interno. Nella tabella 3.4. è riportata la varia-zione del valore delle esportazioni del-

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

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Il processo di globalizzazione in Emilia-Romagna 445Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

l'industria manifatturiera nel periodo1989-1° semestre 1997 e la variazio-ne del fatturato registrato dalle impre-se del campione nello stesso periodo.Le imprese sono suddivise in base al-la quota di fatturato realizzato all'este-ro. La brevità dell'intervallo temporaleconsiderato non permette di formula-re giudizi conclusivi sulla presunta mi-nor profittabilità delle imprese nonesportatrici, ma è comunque possibi-le rimarcare alcune tendenze significa-tive. Una prima distinzione tra impreserivolte esclusivamente verso il merca-to interno e quelle che esportano evi-denzia che le imprese non esportatricirealizzano incrementi di fatturato infe-riori alle imprese che commercializza-no con l'estero. Solo nel 1991 e nel1992, anni di stagnazione economica,le performance delle imprese rivolteesclusivamente al mercato domesticosono comparabili a quelle delle azien-de esportatrici. Nel 1993, anno con-trassegnato dalla ripresa delle espor-tazioni a seguito della svalutazionedella lira, alla forte perdita delle impre-se non esportatrici (-6,5% del fattura-to rispetto all'anno precedente) sicontrappone la consistente ripresadelle grandi esportatrici (+8,4%).

È interessante verificare se esportaredi più consente di conseguire incre-menti di fatturato superiori. Nel periodo 1993-95, quando la de-bolezza della nostra valuta rappresen-tava un vantaggio competitivo suimercati esteri, la crescita dei profitti èstata direttamente proporzionale allaquota esportata. In anni non "drogati"da manovre svalutative, non è possi-

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Tabella 3.3 - Imprese dell'industria manifatturiera con oltre 9 addetti classi-ficate per settore e per quota di fatturato realizzata all'estero.

Anno Non Piccole Medie Grandi esportatrici esportatrici esportatrici esportatrici

(<=20%) (21-50%) (oltre 50%)Alimentare 43,2% 36,8% 13,7% 6,3%Sistema moda 31,4% 28,4% 16,0% 24,2%Legno 5 1,5% 33,3% 9,1% 6,1%Carta, stampa editoria 68,2% 20,5% 9,1% 2,3%Chimica 10,3% 43,6% 33,3% 12,8%Gomma. Plastica 29,7% 29,7% 18,9% 21,6%Vetro, mat. da costruzione 69,4% 13,9% 8,3% 8,3%ceramica 5,6% 0,0% 27,8% 66,7%Meccanica tradizionale 24,2% 17,5% 20,2% 38,0%elettricità ed elettronica 17,8% 31,1% 37,8% 13,3%mezzi di trasporto 26,7% 15,6% 31,1% 26,7%Metalmeccanica 24,9% 19,8% 22,7% 32,5%industrie dei mobili 34,4% 18,8% 18,8% 28,1%altre industrie 45,0% 15,0% 25,0% 15,0%

Fonte: ns elaborazione su dati "giuria della congiuntura".

Tabella 3.4 - Relazione tra variazione percentuale dell'export dell'industriamanifatturiera e variazione del fatturato per classi di export.Anni 1989-1997

Variazione Variazione percentuale del fatturatoAnno Export No Piccole Medie Grandi

export esportatrici esportatrici esportatrici

1989 14,2 9,1 10,2 10,8 12,11990 3,1 5,2 7,3 6,1 5,91991 2,9 3,1 3,0 1,2 01992 3,3 4,3 2,8 5,1 4,11993 30,4 -6,5 -2,8 4,3 8,41994 15,1 7,8 8,1 16,3 15,11995 24,4 15,2 14,1 19,5 17,41996 4,5 0,1 4,3 2,4 4,21997* 3,8 0,1 2,3 2,1 3,9

Ns. elaborazione su dati "Giuria della congiuntura" I dati 1997 si riferisconoai primi sei mesi

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446 Il processo di globalizzazione in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

bile individuare una correlazione travariazione del fatturato e variazionedella quota di fatturato realizzata all'e-stero. Resta comunque una maggiorecrescita delle imprese orientate verso imercati stranieri rispetto alle aziendenon esportatrici. Questa tendenza hatrovato conferma nell'analisi condottasu un panel di aziende. Una secondaasserzione molto diffusa è che la glo-balizzazione implica per le impreseche si affacciano sui mercati esterimassicci investimenti e con tipologiedifferenti rispetto alle strategie seguitedalle aziende che operano solo a livel-lo locale. L'indagine sugli investimentiindustriali consente di approfondire larelazione tra quota di fatturato realiz-zata all'estero e ammontare degli in-vestimenti sostenuti e la loro tipologia.Le imprese che commercializzano in-teramente la propria produzione sulmercato domestico investono meno

rispetto alle altri classi export in termi-ni di milioni per addetto, ma in misuramaggiore in termini di fatturato. Anchein questo caso, il fenomeno è facil-mente correlabile alla dimensioneaziendale, con le piccole imprese con-centrate nella classe delle non espor-tatrici. All'aumentare della quota di ex-port sul fatturato diminuiscono le ri-sorse investite nell'area produttiva,mentre assumono maggiore rilevanzale aree di progettazione, ricerca & svi-luppo e la gestione finanziaria.

In generale, possiamo individuare duedifferenti modalità di avvicinamento almercato estero: la prima, adottata inparticolare dalle piccole imprese, con-sidera il mercato estero come unaestensione di quello interno, che nonrichiede cioè una diversa struttura or-ganizzativa. Anche la politica degli in-vestimenti rimane sostanzialmente in-

variata negli anni; i periodi in cui il mer-cato estero offre opportunità favore-voli sono sfruttati intensificando le ri-sorse impegnate nella commercializ-zazione e nell'amministrazione. Nelsecondo modo di vedere il mercatointernazionale, la domanda estera èlegata alla capacità dell'impresa di in-terpretarne le esigenze che possonoessere differenti da quelle del mercatointerno. Si tratta quindi di un approc-cio più strutturato, dove per esserecompetitivi occorre investire in proget-tazione e produzione, orientate speci-ficatamente ai bisogni della domandaestera. Se nel primo caso gli investi-menti a sostegno dell'attività com-merciale con l'estero sono prettamen-te orientati verso un'ottica di breveperiodo, nel secondo caso occorreattuare politiche che siano strutturali edi medio-lungo periodo. È in questosecondo caso che è pertinente parla-re di internazionalizzazione. Va infattisottolineato che internazionalizzazio-ne non significa soltanto la capacità diesportare, ma più propriamente quel-la di radicarsi sui mercati conquistaticon i propri prodotti. L'internazionaliz-zazione, prevedendo una forte inte-grazione con i mercati di sbocco, èuna operazione costosa che va piani-ficata in maniera accurata. La sceltadei mercati che possono rappresenta-re il target più interessante, la creazio-ne di una forte presenza nei mercati diriferimento con servizi in loco e comu-nicazione efficiente, la credibilità pres-so l'utilizzatore finale di avere la stes-sa capacità di risposta di un'impresalocale rappresentano i principali fatto-ri competitivi dell'impresa internazio-

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Tabella 3.5 - Ammontare degli investimenti e loro tipologia per classiexport. Anno 1996

Anno No Piccole Medie Grandi export esportatrici esportatrici esportatrici

Inv.ti per addetto (milioni) 12,3 14,4 17,7 13,8Inv.ti su fatturato 5,7% 4,1% 4,8% 4,7%Progettazione 5,5% 10,2% 7,5% 11,0%Produzione 75,9% 61,2% 56,8% 54,7%Commerciale 8,5% 8,2% 12,2% 7,9%Amministrazione 5,1% 9,0% 7,4% 7,5%Ricerca & sviluppo 2,4% 7,5% 9,6% 10,7%Gestione finanziaria 1,4% 1,5% 2,5% 2,7%Altre aree 1,3% 2,5% 4,1% 5,5%

Ns. elaborazione su dati "Indagine sugli investimenti industriali"

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Il processo di globalizzazione in Emilia-Romagna 447Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

nalizzata e integrata nel contesto incui opera.

Il processo di internazionalizza-zione delle imprese emiliano-ro-magnole Per verificare se le aziende regionalihanno attivato un processo di interna-zionalizzazione, inteso quindi non solocome partnership commerciale, ma

soprattutto come presenza attiva del-l'industria emiliano-romagnola suimercati esteri, è possibile estrapolarealcune informazioni dall'indagine suicomportamenti e sui fabbisogni ai ser-vizi all'internazionalizzazione condottadall'Unioncamere. La rilevazione hainteressato oltre 900 imprese esporta-trici, che rappresentano il 20% circadelle imprese dell'industria manifattu-

riera dotate di numero meccanografi-co. Come osservato precedentemen-te, i processi di internazionalizzazionetrovano un primo ostacolo nella ridot-ta dimensione delle imprese: tre im-prese su quattro hanno un numero diaddetti inferiore a 50, la percentuale diimprese con oltre 500 addetti nonraggiunge il 2%. Non trovano largadiffusione i rapporti interaziendali, conil 10,5% delle imprese aderenti ad unconsorzio export e il 21% aderente adun gruppo di imprese. I canali utilizzati per esportare sonoprincipalmente quelli tradizionali. Lamodalità più utilizzata per esportare èla vendita diretta, praticata da oltre unterzo delle aziende. Il 24% delle im-prese commercializza la propria pro-duzione attraverso agenti e rappre-sentanti mentre un quinto delle impre-se intrattiene rapporti con distributo-ri/importatori. Al crescere della quotaesportata diminuisce la percentuale diimprese che percorrono il canale dellavendita diretta e aumentano le azien-de che ricorrono a modalità più strut-turate per affrontare i mercati esteri.Questa tendenza è riscontrabile an-che dai dati disaggregati per settore diappartenenza: le imprese apparte-nenti ai settori meno orientati all'ex-port (carta-stampa, alimentare) ricor-rono in larga misura alla vendita diret-ta, mentre i settori con un grado diapertura al mercato estero elevato(ceramica, pelli e cuoio) preferisconoutilizzare agenti o distributori.

Oltre il 60% delle imprese sono an-che importatrici. Nel 37% dei casi sitratta di importazioni di materie pri-

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Tabella 3.6 - Canali utilizzati per esportare per classi di export.

Totale <=30% 31-50% 51-70% Oltre 70%

vendita diretta 34,5% 40,8% 33,9% 27,6% 28,3%agenti/rappresentanti 24,2% 21,9% 23,7% 29,1% 27,1%distributori/importatori 20,8% 18,0% 22,0% 23,9% 21,3%Grossisti 6,8% 7,0% 6,3% 6,7% 7,5%società import-export 4,1% 4,1% 3,9% 3,7% 4,6%Trading 1,7% 1,1% 1,9% 1,5% 2,1%grande distribuzione 3,5% 2,1% 4,4% 4,5% 4,6%produttori locali 1,3% 2,5% 1,1% 0,0% 0,4%buyers 2,0% 2,0% 1,4% 1,9% 2,5%altro 1,1% 0,5% 1,4% 1,1% 1,7%

Ns elaborazione su dati "Indagine sui comportamenti e sui fabbisogni diservizi all'internazionalizzazione.", 1997

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448 Il processo di globalizzazione in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

me, nel 33% di prodotti da rivendere,nel 20% di semilavorati e componen-

ti, nel 7% di macchine e di attrezza-ture e solo nel 2% dei casi vengono

importati servizi. I settori che espor-tano maggiormente sono quelli chemeno ricorrono agli acquisti dall'e-stero, infatti solo un terzo delle im-prese appartenenti al comparto dellepelli e cuoio effettua acquisti sui mer-cati stranieri, percentuale che sale al48% per le imprese ceramiche. Sonoinvece forti importatrici le aziendechimiche e quelle operanti nel com-parto della gomma e della plastica. Inquasi metà dei casi, le imprese im-portano esclusivamente dall'area co-munitaria, mentre le importazioni ef-fettuate solo dal mercato extra-UE siattestano attorno al 15%. L'incidenza del mercato extra-comu-nitario è rilevante per i prodotti da ri-vendere e per i semilavorati, mentreper quanto riguarda l'acquisto di ma-terie prime le imprese si rivolgono so-prattutto al mercato europeo. Quasi un terzo delle imprese ha ac-cordi con partner esteri. Sono soprat-tutto le imprese che esportano di più

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

Tabella 3.7 Localizzazione delle sedi operative all'estero per tipologia e area geografica. Composizione percentuale

Unione Centro Est Europa Occ. Nord Nord Centro Sud Asia Centrale TOTALEEuropea Europa extra UE Africa America America e Orientale

Uffici rappresentanza 22% 20% 33% 33% 20% 32% 26% 24%Filiali commerciali 44% 10% 33% 33% 44% 23% 22% 37%Unità produttive 23% 40% 33% 33% 20% 27% 30% 25%Magazzini 8% 10% 12% 14% 22% 11%Altro 3% 20% 4% 5% 4%

100% 100% 100% 100% 100% 100% 100% 100%Incidenza dell'area 57% 5% 2% 2% 13% 11% 12% 100%geografica su totale

Ns elaborazione su dati "indagine sui comportamenti e sui fabbisogni di servizi all'internazionalizzazione."

Tabella 3.8 - Modalità di sviluppo dell'attività internazionale previste nelprossimo futuro

Modalità di sviluppo dell'attività internazionale % impreseExport 71%Import 9%accordi commerciali 26%accordi produttivi 8%accordi per scambio di know how 5%accordi per assistenza tecnica 5%acquisizione di licenze e/o brevetti 1%cessione di licenze e/o brevetti 2%decentramento produttivo 4%creazione di proprie sedi all'estero 5%joint venture commerciali 9%joint venture produttive 6%joint venture per ricerca e sviluppo 1%partecipazione azionaria in società estere 2%ingresso di soci esteri in azienda 2%

Ns elaborazione su dati indagine sui comportamenti e sui fabbisogni di ser-vizi all'internazionalizzazione."

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Il processo di globalizzazione in Emilia-Romagna 449Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

a collaborare con partner stranieri, an-che se la percentuale per le piccoleesportatrici sfiora il 25%. I settori maggiormente coinvolti inaccordi di collaborazione esteri sonoil chimico (la metà di imprese hapartner fuori dal territorio nazionale)ed il metalmeccanico (37% delleaziende), mentre il fenomeno nonsembra interessare il sistema moda(abbigliamento, tessile, pelli e cuoio)dove meno di due imprese ogni dieciintrattengono accordi con partneresteri. Gli accordi di collaborazionesono in maggioranza di tipo com-merciale (64%) e stabiliti con partnercomunitari nel 53% dei casi. È im-portante rilevare che il 3% ha in attoaltre attività con l'estero, quali la par-tecipazione a programmi europei oscambi di tecnologia. Il 4,4% delle imprese manifatturiereemiliano-romagnole ha decentratoproduzioni all'estero. La delocalizza-zione dei processi produttivi è unastrada percorsa in maniera significativasolo dal settore chimico (il 14% delleaziende effettua il decentramento dellaproduzione) e dalle imprese apparte-nenti al sistema moda (11%). Nel 30%dei casi si tratta di un decentramentoeffettuato in Paesi aderenti all'UnioneEuropea (Spagna e Francia in partico-lare), nel 27% dei casi in Paesi del cen-tro est Europa (Ungheria, RepubblicaCeca, Romania), il 17% riguarda i Pae-si dell'Asia centrale e orientale (Cina,India), il 10% in Paesi africani, il 6,7%nel nord America e nel 5,6% nel sudAmerica. Una impresa su dieci ha unapropria sede operativa all'estero, nellamaggioranza dei casi si tratta di filiali

commerciali o di uffici di rappresentan-za, in misura minore di unità produttivee di magazzini.

L'approccio delle imprese emiliano-romagnole al mercato estero sembraancora essere orientato quasi esclusi-vamente al commercio, solo pocheimprese hanno intrapreso con deci-sione la strada dell'internazionalizza-zione intensificando le collaborazionicon partner stranieri, aprendo sedi efiliali all'estero e, in alcuni casi, decen-trando parte della produzione.

È importante rilevare che l'83% delleaziende ha dichiarato di aver pro-grammato per il prossimo futuro unosviluppo delle attività in ambito inter-nazionale. Nel 70% dei casi comun-que si tratta di strategie aziendali mi-rate ad un aumento delle esportazio-ni, non ad una presenza maggiormen-te dinamica sui mercati esteri.

Politiche industriali e servizi all'internazionalizzazioneLa struttura del tessuto economicoemiliano-romagnolo e le scelte stra-tegiche adottate dalle imprese regio-nali non lasciano intravedere per l'im-mediato futuro un radicale cambia-mento di scenario dettato dal pro-cesso di internazionalizzazione. L'e-levata organizzazione raggiunta a li-vello locale attraverso i distretti indu-striali e la capacità di agire come net-work hanno consentito di non subireeccessive penalizzazioni e, in alcunicasi, di trarre vantaggi competitividall'apertura del commercio interna-zionale e dall'internazionalizzazione

della tecnologia. In una prospettiva dimedio-lungo periodo, in presenza diuna globalizzazione crescente, oc-corre imprimere maggiore dinami-smo al sistema economico regionale,evolvendosi da una struttura staticache subisce passivamente i muta-menti imposti dal mercato, ad unamaggiormente attiva promotrice del-le innovazioni. Ciò non comportasemplicemente la trasposizione dellarete locale in una globale in quantomolte delle sinergie vincenti a livelloregionale non sono replicabili su sca-la internazionale, ma occorre ripen-sare le regole che stanno alla basedel modello di sviluppo emiliano-ro-magnolo e adattarle al nuovo conte-sto. Anche i rapporti esistenti tra leimprese di uno stesso territorio devo-no essere rivisti in quanto sono venu-te a cadere molte delle motivazioniche determinavano la convenienzadell'appartenere ad uno stesso di-stretto. La vicinanza di processo e diprodotto che ha caratterizzato gli an-ni sessanta e settanta ha perso pro-gressivamente di importanza. Gli an-ni ottanta hanno avuto come ele-mento coagulante la condivisione distrategie orientate al consumatore,mentre lo scambio di informazioni edi tecnologia sembra essere il fulcrodelle alleanze degli anni novanta. Inun sistema caratterizzato dalla fortepresenza di imprese di piccole di-mensioni è importante consolidare lapresenza di un gruppo di impreseleader capaci di coniugare la realtàlocale con lo scenario internazionale,le economie di scala con la flessibili-tà, la cooperazione tra imprese con

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

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450 Il processo di globalizzazione in Emilia-RomagnaDal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

la competitività. In questo passaggio verso il mercatoglobale un ruolo importante deve es-sere giocato anche dallo Stato e dal-le istituzioni locali. Un'altra afferma-zione che spesso è associata alla pa-rola globalizzazione è "meno stato,più mercato", intendendo la progres-siva riduzione dell'intervento statalenell'economia. È opinione diffusa,non solo tra gli imprenditori, che iprincipali ostacoli all'internazionaliz-zazione incontrati dalle imprese deri-vino non tanto da logiche di mercato,ma soprattutto dall'inefficienza del-l'amministrazione pubblica e dal falli-mento delle politiche di Stato. Tale in-soddisfazione verso l'operato delloStato trova conferma nelle indaginicondotte dall'Unioncamere, nellequali le maggiori difficoltà denunciatedalle imprese sono direttamente cor-relate all'Amministrazione Pubblica:l'eccessiva burocrazia che costringead un'infinita teoria di pratiche, le in-frastrutture pubbliche non adeguate,l'intervento statale che, in diverse oc-casioni, più che un supporto all'inter-nazionalizzazione ha rappresentatoper l'economia un vero e proprio col-lo di bottiglia nel processo di apertu-ra verso i mercati esteri. Portare il si-stema infrastrutturale nazionale al li-vello di quello dei principali Paesiconcorrenti, favorire lo sviluppo dellereti telematiche, snellire l'iter buro-cratico devono essere gli obiettiviprioritari dello Stato nei prossimi an-ni. Sono interventi necessari, essen-ziali alla crescita delle imprese, indi-pendentemente dalla dimensioneaziendale e dalla loro localizzazione

territoriale. Più complessa appare ladefinizione delle linee strategiche daseguire e dei servizi da approntare asostegno dell'internazionalizzazione.Dalle risposte delle imprese dell'Emi-lia-Romagna intervistate emergechiaramente una frammentazionedella domanda di servizi; non è pos-sibile ricondurre le richieste delleaziende a sostegno della loro attivitàestera in una tipologia ristretta e bendefinibile di servizi, ma esse varianoin funzione della localizzazione, delladimensione aziendale, del settore diattività, della propensione all'export edi altre numerose caratteristiche.Dall'analisi delle risposte è comun-que possibile estrapolare alcuni com-portamenti condivisi dalla maggio-ranza delle imprese da cui partire nel-l'approntare le politiche a sostegnodell'internazionalizzazione. Una pri-ma costante è la scarsa conoscenzada parte delle aziende dei servizi of-ferti dalle varie Istituzioni operanti sulterritorio: mediamente un terzo delleimprese non utilizza gli strumenti pre-disposti dalle strutture pubblicheproprio perché non ne conosce l'esi-stenza. Se sono noti quasi a tutte leimprese i servizi offerti dalle banche,un quarto delle aziende esportatricinon è al corrente delle opportunitàmesse a disposizione dalle Cameredi Commercio e dalle associazioni dicategoria, percentuale che sale dra-sticamente per altre strutture. Unamaggior comunicazione delle attivitàe dei servizi offerti è quindi un primopunto essenziale da sviluppare: moltidei servizi richiesti dalle imprese sonogià esistenti, si tratta semplicemente

di renderli noti. Un secondo elemen-to che emerge dall'analisi dei dati èun maggior interesse da parte delleimprese per tutti quei servizi destina-ti ad agevolare le esportazioni, men-tre appare evidente la scarsa impor-tanza attribuita ai supporti rivolti asostenere un'attività più strutturatadel solo commercio all'estero. Perquesta ragione le imprese privilegia-no i servizi di tipo promozionale e in-formativo piuttosto che quelli consu-lenziali e formativi. Sono consideratedi grande importanza le informazionisulle opportunità nei diversi Paesid'interesse e, soprattutto, è richiestala predisposizione di strumenti pervalutare l'affidabilità del partner. Non sono ritenute utili le informazioniche implicano un maggiore coinvolgi-mento nell'attività internazionale nonlimitata solamente all'import-export,quali quelle inerenti le normative e gliinvestimenti all'estero, gli strumenti e iprogrammi dell'Unione Europea.Sempre nella stessa ottica va valutatoil giudizio positivo espresso per fiere emostre come servizi per la promozio-ne dell'attività internazionale, mentrenon sono giudicate interessanti le mis-sioni all'estero e gli incontri apposita-mente organizzati in Italia. Ai servizi diassistenza e consulenza si rivolgonoprincipalmente le imprese maggior-mente radicate sul territorio di riferi-mento e le aziende forti esportatrici.Interessa soprattutto ricevere assi-stenza nella valutazione del rischiod'impresa e nella ricerca di agenti orappresentanti. L'attenzione delle im-prese verso i servizi di formazione al-l'attività internazionale è estremamen-

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

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Il processo di globalizzazione in Emilia-Romagna 451Dal Rapporto sull’Economia Regionale nel 1997 e previsioni per il 1998

te bassa, limitata all'area riguardante ilfinanziamento e l'assicurazione deicrediti e rivolta al personale ammini-strativo incaricato delle operazioni conl'estero. Le richieste di servizi all'internaziona-lizzazione, come già riscontrato nel-l'analisi dei comportamenti sui mer-cati esteri, sono fortemente condizio-nate dalla dimensione aziendale. Afronte di poche grandi imprese chegià hanno avviato il processo di inter-nazionalizzazione e consolidato lapropria presenza all'estero, la regio-ne conta la presenza di moltissimepiccole e medie aziende che solo orasi affacciano sui mercati internazio-nali. Mentre le prime, dotate di un'or-ganizzazione interna e di una rete diconsulenti privati che le rende auto-sufficienti, utilizzano solo pochi sup-porti forniti dalle strutture pubbliche,per le seconde la qualità e l'efficienzadei servizi forniti dalle Istituzioni sa-ranno fondamentali nel determinarela capacità di penetrazione nei mer-cati esteri. Le politiche industriali,dunque, devono tenere conto di que-sta dicotomia. Le aziende di maggio-ri dimensioni richiedono principal-mente servizi consulenziali, in parti-colare sull'individuazione e sull'ac-cesso alle risorse finanziarie e sul re-cupero crediti. Nel pianificare i serviziper le piccole imprese occorre nonsolo fornire supporti per agevolare leesportazioni, ma portare alla loro co-noscenza le altre opportunità e risor-se che l'internazionalizzazione offre,oggi non utilizzate perché non note.Le piccole imprese devono essereaccompagnate passo per passo nel-

la nuova sfida competitiva, attraversouna serie di servizi che vanno dallapromozione alla consulenza. Le Istituzioni locali, maggiormenteflessibili ed in grado di cogliere le rea-li esigenze delle imprese legate ad undeterminato territorio, hanno il com-pito di agevolare il collegamento trarealtà locale e scenario globale. Lacapacità di interazione tra imprese eistituzioni locali determinerà la com-petitività del sistema economico re-gionale nei prossimi anni.

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

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Appendici

Unioncamere Emilia-Romagna

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455

Presidenti delle Camere Presidenti e Segretari di Commercio Generali Unioncamere

dell’Emilia-Romagna Emilia-Romagna dal 1965 al 2002 dal 1965 al 2002

BOLOGNA PRESIDENTI SEGRETARI GENERALIProf. Ing. Ernesto Stagni (1964-1976)

Sig. Giancarlo Lenzi (1976-1991)Sig. Giorgio Guazzaloca (1991-1998)

Dott. Gian Carlo Sangalli (1998-)

FERRARAComm. Dott. Romeo Sgarbanti (1960-1976) Ing. Ernesto Stagni Dott. Plinio Cazzola

Prof. Umberto Tosi (1976-1985) (1965 – 1968) (1965 – 1966)Avv. Romano Guzzinati (1985-1998)Dott. Carlo Alberto Roncarati (1998-)

FORLI’-CESENAGr. Uff. Evaristo Zambelli (1957-1970) Comm. Luciano Cavalcoli Dott. Franco Boari (BO)

Cav. Furio Farabegoli (1970-1971) (1969 – 1970) (1967 – 1968)Dott. Lorenzo Cappelli (1971-1976)

Avv. Roberto Pinza (1977-1992)Dott. Sergio Mazzi (1992-)

MODENADott. Claudio Leonelli (1965-1974) Dott. Claudio Leonelli Dott. Eugenio Casini (BO)On. Dario Mengozzi (1974-1985) (1971 – 1973) (1969 – 1973)

Comm. Giuseppe Panini (1985-1992)Sig. Antonio Camellini (1992-1998)

Dott. Alberto Mantovani (1998)

PARMADott. Mario Bertolini (1961-1986) Dott. Romeo Sgarbanti Geom. Giovanni GuatelliDott. Cesare Gherri (1986-1999) (1974 – 1975) (1974 – 1978)

Dott. Andrea Zanlari (1999-)

PIACENZARag. Cav. Carlo Montagna(1959-1968) Prof. Lorenzo CappelliDott. Francesco Cremona (1969-1975) (1975 – 1976)Dott. Giovanni Bianchini (1975-1984)

Dott. Luigi Gatti (1984-)

RAVENNARag. Luciano Cavalcoli (1951-1974) On. Dario Mengozzi

Dott. Walter Masotti (1974-1986) (1976 – 1978)Avv. Pietro Baccarini (1986-)

REGGIO EMILIASen. Ing. Giorgio Degola (1965-1974) Dott. Mario Bertolini Sig. William ArlettiDott. Franco Bonferroni (1974-1979) (1979 – 1985) (1979 – 1992)

Dott. Prospero Ghiacci, Membro Anziano di Giunta,Presidente F.F.(1979-1981)

Dott. William Dall’Aglio, Membro Anziano di Giunta, Presidente F.F. (1981-1986)

Geom. Reno Zoboli (1986-1998)Dott. Aldo Ferrari (1998-)

RIMINI COSTITUITA NEL 1994 On. Roberto Pinza (FO)Dott. Manlio Maggioli (1994-) (1986 – 1991)

Avv. Pietro Baccarini Dott. Claudio Pasini (1992 – 2003) (1993 – 2002)

Dott. Luigi Bottazzi (2003-)

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456 Costituzione del Centro Estero 22 maggio 1969, chiusura 31 dicembre 2001

PRESIDENTI DIRETTORI

Luciano Cavalcoli Eugenio Casini(1970 – 1971) (1970 – 1973)

Claudio Leonelli(1971 – 1973)

Romeo Sgarbanti Giovanni Guatelli(1974 – 1975) (1974 – 1979)

Franco Bonferroni(1975- 1978)

Mario Bertolini(1979 – 1980)

Walter Masotti William Arletti(1981 – 1986) (1980 – 1992)

Giancarlo Lenzi(1986 – 1987)

Romano Guzzinati Giorgio Serra F.F.(1988 – 1995) (1992 – 1993)

Antonio Camellini Giorgio Serra(1995 – 1998) (1993 – 2001)

Gian Carlo Sangalli(1998 – 2001)

Pietro Baccarini Claudio Pasini(2001) (2001)

Presidenti e Direttori del Centro Estero delle Camere di Commercio

dell’Emilia-Romagnadal 1969 al 2001

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457

Giovanni Galizzi, Stefano Boccaletti (acura di), Il sistema agro-alimentaredell’Emilia-Romagna. Rapporto 1992

Prometeia (a cura di), Artigianato e im-presa minore. Quarto Rapporto del-l’Osservatorio Regionale sull’Artigianato

Roberto Fanfani, Giovanni Galizzi (acura di), Il sistema agro-alimentaredell’Emilia-Romagna, Rapporto 1993

Prometeia (a cura di), Le politiche perl’artigianato dei servizi. Quinto Rap-porto dell’Osservatorio Regionale sul-l’Artigianato

Agri 2000 (a cura di), Il sistema agro-alimentare nella Padania: i servizi perlo sviluppo

Gianni Lorenzoni (a cura di), Le acqui-sizioni in Emilia-Romagna: 1983-1993

Roberto Fanfani, Giovanni Galizzi (acura di), Il sistema agro-alimentaredell’Emilia-Romagna. Rapporto 1994

Prometeia (a cura di), Artigianato eambiente: Sesto rapporto dell’Osser-vatorio Regionale sull’Artigianato

Unioncamere Emilia-Romagna (a curadi), Turismo di massa e nicchie dimercato. Primo rapporto dell’Osser-vatorio Turistico Regionale

Roberto Fanfani, Giovanni Galizzi (acura di), Il sistema agro-alimentaredell’Emilia-Romagna, Rapporto 1995

Sergio Zani (a cura di), Misure dellaqualità della vita. Un’analisi per i co-muni dell’Emilia-Romagna.

Guido Caselli, Cristiana Covezzi, Inve-stimenti e competitività nell’industriamanifatturiera, Una chiave di lettura perl’analisi della struttura e dello sviluppoeconomico dell’industria emiliano-ro-magnola dal 1989 al 1996.

Unioncamere Emilia-Romagna (a curadi), Turismi e ricchezze nella regioneEmilia-Romagna. Secondo rapportodell’Osservatorio Turistico Regionale.

Roberto Fanfani, Giovanni Galizzi (acura di), Il sistema agro-alimentaredell’Emilia-Romagna. Rapporto 1996

Unioncamere Emilia-Romagna (a curadi), Turismo e regioni d’Europa: l’Emi-lia-Romagna, Politiche di settore eanalisi statistiche. Terzo Rapporto del-l’Osservatorio Turistico Regionale.

Roberto Fanfani, Giovanni Galizzi (acura di), Il sistema agro-alimentaredell’Emilia-Romagna. Rapporto 1997

Fausto Cantarelli (a cura di), Rapportosullo stato dell’agro-alimentare in Italianel 1997

Roberto Fanfani, Giovanni Galizzi (acura di), Il sistema agro-alimentaredell’Emilia-Romagna. Rapporto 1998

Fausto Cantarelli (a cura di), Rapportosullo stato dell’agro-alimentare in Italianel 1998

Unioncamere Emilia-Romagna (a curadi) Turismi in Emilia-Romagna. QuartoRapporto dell’Osservatorio TuristicoRegionale

Roberto Fanfani, Giovanni Galizzi (a cu-ra di), Il sistema agro-alimentare dell’E-milia-Romasgna. Rapporto 1999

Roberto Fanfani, Giovanni Galizzi (acura di), L’economia del turismo inEmilia-Romagna. Quinto Rapportodell’Osservatorio Turistico Regionale

Roberto Fanfani, Giovanni Galizzi (acura di), Il sistema agro-alimentaredell’Emilia-Romagna. Rappoto 2000

Unioncamere Emilia-Romagna (a curadi), Offerta turistica e qualità dell’acco-

glienza in Emilia-Romagna. Sestodell’Osservatorio Turistico Regionale

Roberto Fanfani e Giovanni Galizzi (acura di), Il sistema agro-alimentaredell’Emilia-Romagna. Rapporto 2001

Unione Regionale delle Camere diCommercio dell’Emilia-Romagna eIfoa (a cura di), Osservatorio del com-mercio dell’Emilia-Romagna. Rappor-to 2002

Unioncamere Emilia-Romagna (a curadi), Ampliare e qualificare l’offerta diprodotto turistici. Settimo Rapportodell’Osservatorio Turistico Regionale

dalla collana: “EMILIA-ROMAGNAECONOMIA”

La rivista Econerre “Economia Emilia-Romagna”, mensile edito da Unionca-mere Emilia e Regione Emilia-Roma-gna, pubblicata 1994 con cadenzamensile (10 numeri all’anno) è l’unicomezzo di comunicazione esistente in-teramente dedicato all’economia re-gionale e si è guadagnato nel tempoun crescente apprezzamento da unsempre più ampio numero di destina-tari: operatori economici, amministra-zioni ed enti pubblici, organizzazioneeconomiche, professionali e sindacali,enti pubblici e realtà private.

La congiuntura industriale manifattu-riera (che prima era fascicolo solo) èstata collocata nel mensile ECONER-RE sotto forma di Quaderno

Testi e pubblicazioni di Unioncamere Emilia-Romagna dal 1992 al 2002

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458

Presidente: avv. Pietro Baccarini

Vice Presidenti: dott. Andrea Zanlari

dott. Carlo Alberto Roncarati

Consiglieri:dott. Aldo Ferrari, Presidente Camera Commercio di Reggio Emilia;

dott. Luigi Gatti, Presidente Camera Commercio di Piacenza; dott. Manlio Maggioli, Presidente Camera Commercio di Rimini;

dott. Alberto Mantovani, Presidente Camera Commercio di Modena; dott. Sergio Mazzi, Presidente Camera Commercio di Forlì-Cesena;

dott. Gian Carlo Sangalli, Presidente Camera Commercio di Bologna; dott. Ivan Bertolini, Camera Commercio di Reggio Emilia, settore agricoltura;

rag. Pietro Blondi, Camera Commercio di Modena, settore commercio; rag. Italo Macori, Camera Commercio di Forlì-Cesena, settore artigianato; comm. Giuseppe Rodolfi, Camera Commercio di Parma, settore industria

Collegio dei Revisori dei ContiDott. Vincenzo Tardini, Presidente;

sig. Rino Bergamaschi, membro effettivo; rag. Federico Franchella, membro effettivo

Segretario GeneraleDott. Luigi Bottazzi

Consiglio di Amministrazione Unioncamere Emilia-Romagna

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Indice

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460

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461

Il Presidente della Regione Emilia-Romagna pag. 3

Un’istituzione in forte crescita pag. 6

Prefazione pag. 8

PARTE PRIMA

Un impegno decennale

Programmi, attività, analisi economiche e congiunturali, interventi e relazioni

Unioncamere Emilia-Romagna 1992-2002

L’economia regionale nel 1992 pag. 13

Le previsioni 1993 per l’Emilia-Romagna pag. 19

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1992 pag. 21

Il Sistema Camerale e la Comunità Europea.Il contributo delle Camere di Commercioalla Riforma Istituzionale del Paese pag. 24

Rapporto sugli investimenti nell’industriamanifatturiera in Emilia-Romagna nel 1991 pag. 27

Seminario di presentazione del Rapporto Annuale sull’occupazione “Mercato del lavoro e sviluppo regionale: quali politiche d’intervento?” pag. 31

Seminario di presentazione “Emilia-Romagna regione d’Europa.Risorse e politiche di sviluppoper l’ingresso nel mercato unico europeo pag. 33

L’economia regionale nel 1993 pag. 36

Le previsioni 1994 per l’Emilia-Romagna pag. 42

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1993 pag. 45

L’economia regionale nel 1994 pag. 50

Le previsioni 1995 per l’Emilia-Romagna pag. 58

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1994 pag. 62

Convegno sul tema:“European Community Med-CampusProgramme of Interuniversitary Cooperation” pag. 67

L’economia regionale nel 1995 pag. 69

Le previsioni 1996 per l’Emilia-Romagna pag. 79

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1995 pag. 83

Premiazione Top Imprese pag. 87

L’economia regionale nel 1996 pag. 89

Le previsioni 1997 per l’Emilia-Romagna pag. 102

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1996 pag. 107

Presentazione dell’indagine su“La qualità della vita nei comunidell’Emilia-Romagna. La nuova mappa del territorio regionale pag. 113

L’economia regionale nel 1997 pag. 117

Le previsioni 1998 per l’Emilia-Romagna pag. 130

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1997 pag. 135

Forum Top Ten“La sfida dell’Euro e l’occupazione” pag. 141

L’economia regionale nel 1998 pag. 143

Le previsioni 1999 per l’Emilia-Romagna pag. 153

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1998 pag. 155

Globalizzazione dell’economia e le politcheper le imprese in Emilia-Romagna pag. 159

Il sistema delle piccole e medie impresedell’Emilia-Romagna e i distretti industriali pag. 165

Tavola rotonda su “Internazionalizzazione e mercato globale politiche e nuovi strumenti per le piccole e medie imprese” pag. 170

L’economia regionale nel 1999 pag. 173

Le previsioni 2000 per l’Emilia-Romagna pag. 183

Indice

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462

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 1999 pag. 185

Convegno sul tema: “Istituzioni camerali e sistema di rappresentanze degli interessi.Relazioni, reti e servizi” pag. 190

Summit Economic Forum CEICentral European InitiativePraga, 3-4 Novembre 1999 pag. 192

L’economia regionale nel 2000 pag. 195

Le previsioni 2001 per l’Emilia-Romagna pag. 205

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 2000 pag. 208

La sfida della qualità nelle Camere di Commercio. L’esperienza della Certificazione del Registro Imprese pag. 212

Summit Economic Forum CEICentral European InitiativeBudapest, 22-25 Novembre 2000 pag. 215

L’economia regionale nel 2001 pag. 217

Le previsioni 2002 per l’Emilia-Romagna pag. 227

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 2001 pag. 229

Sardegna expo. 1° meeting economico della produttività sarda pag. 234

Summit Economic Forum CEICentral European InitiativeTrieste, 21-24 Novembre 2001 pag. 236

L’economia regionale nel 2002 pag. 239

Le previsioni 2003 per l’Emilia-Romagna pag. 247

Programma di attività dell’Unioncamereper l’anno 2002 pag. 249

“La riorganizzazione delle risorse per il territorio: l’utilità di fare sistema con i Confidi e le Banche” pag. 251

Inaugurato un Centro Servizi ed una show-room a Shanghai pag. 253

Gli Statuti Regionali:le proposte delle Camere di Commercio pag. 255

Summit Economic Forum CEICentral European InitiativeSkopjie, 13-15 Novembre 2002 pag. 257

PARTE SECONDA

Inaugurazione nuova sedeUnioncamere Emilia-Romagna

Un’inaugurazione ad un tempo simbolicaed augurale pag. 260

La nuova sede di UnioncamereColore, arte, luce nel luogo di lavorodove si elaborano le strategie e le politichedi sviluppo dell’Emilia-Romagna pag. 273

PARTE TERZA

Processi di decentramentoAccordi, protocolli d’intesa,convenzioni tra Unioncamere e Regione Emilia-Romagna1992-2002

Convenzione-quadro tra Regione e Unioncamere Emilia-Romagna pag. 283

Verbale d’intesa tra Regionee Unioncamere Emilia-Romagna pag. 286

Convenzione tra Regione e Unioncamereper la realizzazione dell’Osservatorio turistico pag. 289

Convenzione tra Regione e Unioncamereper un progetto di fattibilità dell’Osservatorio Regionale sul trasporto merci pag. 290

Convenzione tra Regione e Unioncamereper la promozione delle attività turistiche pag. 292

Convenzione tra Regione e Unioncamereper la stampa, pubblicazione, distribuzionedel periodico “Econerre”, mensile di attualitàe analisi economica di proprietà di Unioncamere pag. 294

Indice

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Convenzione Unioncamere e CNA Emilia-Romagna per la sperimentazione nel territorio regionale

di un sistema telematico per i registridelle imprese pag. 297

Convenzione tra Regione e Unioncamereper la realizzazione di servizi in internetper gli operatori degli sportelli uniciper le attività produttive pag. 299

Protocollo d’intesa tra Regione e Unioncamere pag. 302

Statuto della Società a responsabilità limitata“Unioncamere Emilia-Romagna Servizi S.r.l.” pag. 306

Convenzione tra Ecocerved e Unioncamereper la gestione automatizzata dei catastiambientali pag. 307

Protocollo d’intesa tra Regione e Unioncamereper l’internazionalizzazione pag. 308

Convenzione tra Regione e Unioncamereper la gestione degli adempimenti connessialla concessione di incentivi fiscalialle imprese commerciali e turistiche pag. 309

Convenzione tra Regione e Camere di Commercio per la realizzazione del progetto Shanghai pag. 311

Convenzione tra Regione e Unioncamereper la realizzazione di attivitàdi promozione dei prodotti agroalimentari pag. 312

PARTE QUARTA

I grandi temi dell’analisi economicadi Unioncamere Emilia-RomagnaRegionalismo e Camere di CommercioLe politiche di sviluppo del territorioLa crescita della ricchezzaDemografia e mercato del lavoroGlobalizzazione e Innovazione TecnologicaUfficio Studi Unioncamere 1992-2002

Regionalismo e Camere di Commercio

- Riforme istituzionali e politiche di sviluppo regionale pag. 319

Le politiche di sviluppo del territorio

- Strategie di qualificazione del sistema economico regionale pag. 324

- Distretti industriali: quali politiche per lo sviluppo del territorio pag. 326

- Quali politiche per promuoverela nascita di nuove imprese pag. 333

- Un modello di funzionamentodell’economia regionale. Note introduttive pag. 338

- Innovazione, progresso tecnologicoed Internet. Politiche regionali per lo sviluppo pag. 341

- Politiche per un’economiabasata sulla conoscenza pag. 348

- Politiche industriali per uno sviluppoglobale. Alcune considerazioni. pag. 358

La crescita della ricchezza

- Il nuovo scenario competitivo pag. 364

- L’Emilia-Romagna in Europa:politiche e processi di convergenza pag. 374

- Il fenomeno dei gruppi d’impresein Emilia-Romagna pag. 381

Demografia e Mercato del Lavoro

- Processi di internazionalizzazionee mercato del lavoro:un’analisi sui dati Excelsior pag. 387

- Alcune caratteristiche strutturalidel mercato del lavoro in Emilia-Romagna pag. 398

- Conseguenze economiche dell’evoluzionedemografica in Emilia-Romagna pag. 412

Globalizzazione e Innovazione Tecnologica

- Internazionalizzazione e reti pag. 428

- Innovazione tecnologicae qualità della domanda di lavoroin Emilia-Romagna pag. 433

Indice

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- Il processo di globalizzazionein Emilia-Romagna pag. 442

UNIONCAMERE EMILIA-ROMAGNA

Appendici

Presidenti delle Camere di Commerciodell’Emilia-Romagna dal 1965 al 2002Presidenti e segretari Generali Unioncameredell’Emilia-Romagna dal 1965 al 2002 pag. 455

Presidenti e Direttori del Centro Esterodelle Camere di Commercio dell’Emilia-Romagnadal 1969 al 2001 pag. 456

Testi e pubblicazioni di UnioncamereEmilia-Romagna dal 1992 al 2002 pag. 457

Stampato presso:Tipografia Negri S.r.l. - Bologna, nel mese di maggio 2003Progetto Grafico:B & B Studio Grafico - Bologna

Indice

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Pietro Baccarini viene nominato nel maggio 1992 Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, l’organismo che riunisce le nove Camere di commercio presenti sul territorio re-gionale. Baccarini succede alla presidenza di Unionca-mere Emilia-Romagna all’avvocato Roberto Pinza che ha concluso il suo mandato al vertice della Camera di Forlì ed è poi eletto deputato al Parlamento nazionale. Il nuiovo presidente è uno degli esponenti di maggior rilievo del sistema camerale regionale e nazionale, ricopre importanti incarichi nella Presidenza dell’Unioncamere a Roma, è coor-dinatore nazionale delle Camere marittime ita-liane e vice presidente dell’Associazione Porti Italiani. Baccarini ha inoltre alle spalle una lunga espe-rienza di amministratore comunale a Faenza, sua città natale, dove ha ricoperto incarichi isti-tuzionali di Assessore, Sindaco, Vice Sindaco e Presidente del Comprensorio Interprovinciale. La Camera di Commercio di Ravenna, sotto la spinta della sua intensa attività, è diventata una fra le più moderne e attrezzate d’Italia con la completa ristrutturazione della sede e dei servi-zi, la promozione e lo sviluppo dei settori eco-nomici più rilevanti. Baccarini viene poi confermato nell’incarico per tre mandati nel corso dei quali, si procede al rinnovo dello Statuto e a nuovi e consolidati rapporti con la Regione Emilia-Romagna. Questo fatto assume particolare rilevanza nel contesto del decentramento amministrativo che, secondo il dettato della liege Bassanini, attri-buisce alle Camere di Commercio autonomia funzionale e quindi possibilità di deleghe da parte delle Regioni. Costituisce insieme con la Regione la società APT Servizi per la gestione di tutte le politiche del settore turismo con un investimento di oltre due milioni di euro annui.

Il ruolo di Unioncamere per lo sviluppo dell’economia emiliano-romagnola attraverso l’elaborazione dei dati statistici sull’economia regionale offre la garanzia di un monitoraggio costatne al servizio di tutti gli operatori compre-si quelli istituzionali tra i quali la Regione e gli Enti locali. Altro impegno dell’Unione deve es-sere quello di volere “fare sistema”, per garanti-re servizi sempre più accessibili, efficienti ed ef-ficaci, semplificando le procedure e razionalizzando i costi a favore delle imprese. Nell’ottobre 2002 si ha l’inaugurazione della nuova sede dell’Unione regionale e la definizio-ne di alcuni passaggi di rilievo nei rapporti con la Regione. Baccarini lascia l’incarico nell’anno 2003 non avendo accettato il rinnovo del mandato a Pre-sidente della Camera di commercio di Raven-na, dopo diciassette anni di intensa attività. Si ringrazia Il Consiglio di CARISBO, di ECOCERVED e di INFOCAMERE Per avere concorso nella spesa di pubblicazione di questo volume

Società a responsabilità limitata

In copertina la nuova sede di Unioncamere Emi-lia-Romagna a Bologna