Elettrotecnica - De Menna

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Elettrotecnica Luciano De Menna Vittorio Pironti Editore Napoli

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  • EElleettttrrootteeccnniiccaa

    Luciano De Menna

    Vittorio Pironti EditoreNapoli

  • Copyright 1998 by Vittorio Pironti Editore, 209/217, via Lago Patria -Giugliano in Campania - Napoli, ItalyTutti i diritti sono riservati, nessuna parte di questa pubblicazione pu essereriprodotta con qualsiasi mezzo, memorizzata o trasmessa per mezzo elettronicosenza il permesso delleditore.

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  • Prefazione

    questa la seconda edizione di un testo che raccoglie le lezioni del corso diElettrotecnica da me tenuto nei primi mesi del 1993 per il Consorzio Nettuno, nel-l'ambito di un Diploma teleimpartito in Ingegneria Informatica ed Automatica.Questo "peccato di origine" ne ha condizionato, nel bene e nel male, la sua stesura.Volendo conservare lo stretto legame tra testo e lezioni videoregistrate, si stati, infat-ti, in qualche modo condizionati da scelte a suo tempo fatte in merito ai contenuti edalla sequenza di esposizione degli argomenti. D'altra parte lo stretto coordinamento ci sembrato un vantaggio non indifferente che convenisse conservare. La stessa impo-stazione grafica del libro lo riflette: mentre nella colonna di sinistra si sviluppa il testo,nella colonna di destra scorrono le immagini, con l'indicazione della lezione, utilizzatenel corso video. Spesso le immagini sono soltanto un rimando visivo alla lezione; altrevolte esse fanno parte integrante del discorso sviluppato nel testo. Questa continuaconnessione tra i due testi, quello scritto e quello per immagini, costituisce un aspet-to innovativo a nostro avviso significativo dal punto di vista didattico.Alcuni argomenti, non trattati nel corso video per motivi di tempo, sono stati aggiun-ti nel testo ed opportunamente segnalati anche dal punto di vista grafico.Per altri, di maggior peso, si preferito una scelta diversa. Il corso del ConsorzioNettuno fu concepito inizialmente, infatti, per essere impartito al secondo semestre delprimo anno, a valle di un solo corso di Fisica. In tali condizioni la scelta di limitare ilprogramma al solo modello circuitale era obbligata. Del resto, sempre pi spesso, esi-genze di varia natura portano a scelte simili anche nei corsi di laurea tradizionali. C'il rischio per, cos facendo, di non riuscire a far cogliere quella stretta connessione tra

  • il modello dei campi e quello dei circuiti che uno dei punti formativi di un corso diElettrotecnica.Per questo motivo si pensato di integrare il testo con alcune appendici che ne con-sentono una duplice lettura, come diffusamente spiegato nell'introduzione.Questa seconda edizione non molto diversa dalla precedente; sono stati corretti alcu-ni errori tipografici e si cercato in qualche punto di migliorare lesposizione degliargomenti, in particolare nel capitolo sulla trasformata di Laplace. Inoltre si decisodi non accludere il software didattico al testo, essenzialmente perch, essendosi esso,nel frattempo, ampliato notevolmente, si preferito allegarlo ad una nuova pubblica-zione specifica, di prossima edizione, che ne illustrasse il funzionamento in modo pidettagliato, dal titolo Laboratorio Virtuale di Elettrotecnica.Lo spirito complessivo che ci ha animato stato quello di produrre un testo essenzial-mente didattico; cos in diversi punti sono proposti al lettore semplici esercizi chehanno lo scopo di chiarire aspetti trattati nella teoria, o di introdurre problematichenuove. Nei paragrafi successivi le soluzioni di alcuni dei problemi proposti vengonobrevemente discusse; per altri si rimanda al testo di esercizi consigliato.Ogni libro non mai il frutto del lavoro di una persona sola: oltre a chi materialmen-te lo scrive, in esso c il contributo di quanti hanno interagito con lautore ed hannocontribuito a creare lambiente culturale in cui egli si formato. Da questo punto divista sono lieto di dover riconoscere il mio debito nei confronti del mio maestro,Ferdinando Gasparini, e dei colleghi Oreste Greco e Scipione Bobbio. GiovanniMiano ha contribuito in modo importante a definire la impostazione di alcune parti dellibro e Luigi Verolino ne ha impietosamente cercato gli errori nella prima edizione.

    Napoli 17 settembre 1998

    II Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

  • Tradizionalmente il corso di Elettrotecnica per gli allie-vi elettrici ed elettronici fa parte di quel gruppo di corsiche fanno da ponte tra le materie formative in sensolato del primo biennio e quelle, altrettanto formative,ma in maniera pi specifica ed applicativa, del succes-sivo triennio del corso di studi in Ingegneria. In questosenso tale corso avrebbe lo specifico compito di parti-re dallapprofondimento dei principi base trattati incorsi come Fisica, Analisi, Geometria ecc.., e portarelallievo alla padronanza delle metodologie e tecnicheche da questi princpi producono applicazioni, fino allesoglie dello studio delle stesse applicazioni concrete.L E l e t t rotecnica in part i c o l a re ha il compito diapprofondire il modello del campo elettromagneticolentamente variabile, o stazionario, ed il modello cir-cuitale. Sempre pi spesso, per, in questi ultimi anni,il corso di Elettrotecnica trova una collocazione, nelcurriculum complessivo degli studi, che non consentetale impostazione tradizionale. Talvolta, per esempio,come accade in alcuni Diplomi, il corso viene imparti-to a valle di un solo corso di Fisica; in tal caso, eviden-temente, la trattazione del modello del campo elettro-magnetico lentamente variabile, modello che alla basee giustifica quello circuitale, deve necessariamente esse-re rimandata ad altro corso.

    Introduzione

  • Gli elementi di base di una teoria dei circuiti elettrici,invece, possono essere forniti in maniera assiomatica,prescindendo, in qualche modo, dalla loro fondamentoelettromagnetico: si danno per assunti alcuni assiomifondamentali e da questi si derivano tutte le proprietdel sistema cos costruito. Questo approccio anzi daalcuni autori preferito, in quanto presenta il vantaggiodi una maggiore sistematicit e organicit. La connes-sione, per, con i fenomeni fisici che quel modellodescrive viene ad allentarsi ed questo, dal punto divista didattico e formativo, a nostro avviso, un difettograve delle impostazioni assiomatiche; tali teorie, inve-ce, sono utilissime in una fase successiva di sistematiz-zazione della materia.A noi sembra di grande importanza didattica nonrinunciare, in un corso di Elettrotecnica, a fornire que-gli elementi di connessione con il vasto campo di feno-meni che vengono detti elettromagnetici, cos compiu-tamente descritto dal modello introdotto, nella secon-da met dellottocento, dallo scienziato inglese JamesClerk Maxwell e racchiuso nel suo famoso sistema diequazioni.Per questo motivo si pensato di realizzare un testoche consenta due possibili letture: il corpo centraledella trattazione costituito dagli elementi di base dellateoria dei circuiti, con brevi richiami di nozioni ele-mentari di elettromagnetismo, l dove strettamentenecessari. Alcune appendici poi - opportunamenterichiamate nel testo - consentono, a chi abbia acquisitoin un corso di Fisica le basi necessarie, di approfondirele connessioni tra teoria elettromagnetica e modello cir-cuitale.Tratteremo dunque del modello circuitale, un modelloed una teoria che danno conto del funzionamento disistemi apparentemente molto diversi tra di loro: daltradizionale circuito elettrico, ai dispositivi integratiche sono alla base della moderna elettronica; dai com-

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  • ponenti microscopici che hanno consentito lincredibi-le sviluppo dei computers dei nostri giorni, agliimpianti di grandi dimensioni che consentono la distri-buzione dellenergia elettrica in modo capillare. Infinevarr la pena di ricordare che concetti e schemi carat-teristici del modello circuitale trovano la loro applica-zione anche in campi in cui sembrerebbe pi difficileadattarli: nella teoria dei cosiddetti circuiti a microon-de, o in sistemi, come le antenne, in cui la propagazio-ne delle onde - teoricamente assente l dove si rendenecessaria lipotesi del lentamente variabile - unfattore dominante.Cominciamo quindi con alcuni richiami elementari dielettromagnetismo - forse sarebbe pi indicato direelettrologia - indispensabili per introdurre i due atto-ri principali della teoria dei circuiti: differenza dipotenziale ed intensit della corrente elettrica.Chi ritiene opportuna una introduzione pi articolataed approfondita, pu leggere la prima delle menziona-te appendici integrative e riprendere poi dal capitolo I.

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  • Cariche elettriche e forze elettriche

    I corpi materiali possono presentare propriet partico-lari che danno luogo alle cosiddette interazioni elettri-che e magnetiche. Elemento chiave di tali interazioni la carica elettrica, una propriet individuata da unagrandezza scalare q che prende il nome, appunto, dicarica elettrica. Per inciso, questa propriet quantiz-zabile, nel senso che esiste una carica minima pari ad e,tutte le altre essendo multiple di questa.Le cariche elettriche interagiscono tra di loro eserci-tando forze le une sulle altre. In particolare esistonodue diverse qualit di cariche: cariche dello stessotipo si respingono e cariche di tipo opposto si attrag-gono. Ci porta a dare a q un segno, negativo o positi-

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  • vo, per distinguere le due possibili alternative. In parti-colare lelettrone, uno dei componenti dellatomo, hacarica negativa pari a -e, mentre nel nucleo dellatomosono presenti altri elementi, i protoni, che presentanouna carica positiva pari a +e.Apriamo, a questo punto, una brevissima parentesi suisistemi di unit di misura. Non discuteremo questotema e tutta la sottile problematica che esso implica,perch ci sembra un argomento pi adatto ad altrocorso; ci limiteremo a dichiarare che nel seguito faremosempre riferimento al Sistema Internazionale (S.I.), ericorderemo di volta in volta le unit di misura dellegrandezze che introdurremo. Daremo per implicito cheper ogni grandezza si possa immaginare di costruireuno strumento in grado di misurarla.Nel Sistema Internazionale la carica elettrica si misurain coulomb (C) e la carica dellelettrone , in modulo,pari a 1,60210 . 10-19C.Linterazione elettrica tra i corpi materiali pu esserericondotta ad una legge elementare che prende il nomedi legge di Coulomb. Questa legge immagina una situa-zione ideale in cui i corpi materiali portatori delle cari-che si riducano a punti geometrici. Introduciamo cos ilconcetto di carica puntiforme: un corpuscolo che occu-pa un volume idealmente nullo intorno ad un punto,ma con massa non nulla, e che portatore di una cari-ca elettrica q (positiva o negativa). Si tratta certamentedi una idealizzazione, ma non del tutto priva di fonda-mento fisico, se si pensa che i volumi occupati dainaturali portatori elementari di cariche, protoni edelettroni, sono generalmente molto piccoli rispetto alledimensioni che caratterizzano il fenomeno particolareche si vuole studiare; gli esperimenti ci dicono che, peresempio, la carica di un protone si pu immaginareconcentrata in una sfera di 10-13 cm di raggio.

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  • Orbene, la legge di Coulomb afferma che se due cari-che puntiformi di tale tipo, q1 e q2, fossero poste(ferme) alla distanza r luna dallaltra, su ognuna dellecariche agirebbe una forza; in particolare, quella eser-citata dalla carica 1 sulla carica 2 espressa dalla for-mula:

    La forza F12 dunque diretta lungo la congiungente trale due cariche, proporzionale al prodotto delle stesse,inversamente proporzionale al quadrato della distanzache le separa e, come si desume dalla presenza del ver-sore 12, diretta nel verso che va dalla posizione occu-pata dalla carica q1 a quella occupata dalla carica q2, seentrambe le cariche hanno lo stesso segno; tale forza ,dunque, attrattiva se le cariche q1 e q2 hanno segnoopposto, e repulsiva se esse invece hanno lo stessosegno. Sulla carica q1 agisce una forza eguale ed oppo-sta:

    Se le cariche sono libere di muoversi, tali forze produ-cono movimento, secondo le ben note leggi della dina-mica newtoniana.Se ci limitassimo a considerare solo cariche ferme edaggiungessimo, alla legge di Coulomb, la propriet chetali forze di interazione sono sovrapponibili - in pre-senza, cio, di pi cariche puntiformi, la forza agente suognuna di esse la somma vettoriale delle forze cheogni altra carica produrrebbe sulla stessa carica, inassenza delle altre - potremmo derivare, dalla sola leggedi Coulomb, tutte le leggi della interazione elettrica. Lecose si complicano un poco quando consideriamo cari-che in movimento: la legge di Coulomb va leggermen-te modificata, o sostituita con altre leggi ad essa equi-valenti. Non possiamo, per, in questa sede, approfon-dire oltre largomento.

    F12 = - F21 .

    r

    F12 = k q1q2r2

    r12 . (1)

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  • Supponiamo di avere, in una regione dello spazio, unadistribuzione di cariche. Non ci occuperemo dellecaratteristiche di tale distribuzione, ma soltanto della-zione che tali cariche esercitano su altre cariche.Supponiamo ancora di poter disporre di una caricapuntiforme, e positiva, che goda delle propriet di nondisturbare la posizione o il movimento delle altre cari-che. In qualsiasi punto si venga a trovare la carica inquestione, che dora in poi chiameremo carica di prova,essa risentir di una forza prodotta dalle altre cariche,che dora in poi chiameremo cariche sorgenti. Se la cari-ca di prova unitaria, chiameremo campo elettrico E laforza che essa risente. Per una carica di valore q, per lalegge di Coulomb, la forza sar F = qE. In realt laforza percepita dalla carica di prova non dipende sol-tanto dalla posizione in cui essa si trova, ma anche dallavelocit con cui essa passa per il punto in questione.Anche questo argomento che non ci dato approfon-dire in questa breve sintesi.In ogni caso se immaginiamo di portare la carica diprova q,da un punto A ad un punto B lungo una lineag, la forza F che agisce sulla carica compir un lavoroper unit di carica che potremo calcolare come:

    Nella prima immagine della pagina illustrato il signi-ficato dell'integrale: somma di infiniti contributi infini-tesimi. A tale lavoro viene dato il nome di tensionelungo la linea g tra i punti A e B, e si misura in volt (V).Lo strumento che la misura verr detto voltmetro eavremo modo di parlarne nel seguito.Si noti che per poter parlare di tensione tra due puntibisogna aver specificato una linea g tra gli stessi, ed il

    TAgB = Fq dlgA

    B

    . (2)

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    verso in cui ci si muove sulla linea (da A a B oppure daB ad A); ci giustifica anche il simbolo utilizzato.Supponiamo ora di spostare la carica di prova lungounaltra linea, b , tra gli stessi punti A e B, come mostra-to in figura. Anche in questo caso verr compiuto unlavoro TA b B, che in generale sar diverso dal preceden-te. In determinate situazioni accade invece che tale lavorosia indipendente dal percorso e dipende esclusivamen-te dai due punti estremi. Sarebbe facile far vedere, uti-lizzando la legge di Coulomb, che una tale situazione siverifica se le cariche sorgenti sono tutte ferme e la cari-ca di prova si immagina mossa lentissimamente, unprocesso che in fisica viene definito adiabatico. Si osser-vi che in questo caso il lavoro compiuto dalla forza Fquando la carica di prova mossa lungo un percorsochiuso - per esempio lunione di g e b , questultimoorientato nel verso opposto - identicamente nullo.Supponiamo di essere in queste condizioni e di calco-lare il lavoro che il campo compie quando la carica diprova si muove da un punto qualsiasi nello spazio adun punto O fisso. Per ogni punto A prescelto avremoun valore di tale lavoro, indipendentemente dal per-corso compiuto per andare da A a O. Abbiamo in pra-tica costruito una funzione V(A) dei punti dello spazioche chiameremo potenziale del punto A rispetto ad O.In particolare evidente che la funzione V in O nulla.Si dice che il punto O stato scelto come punto di rife-rimento dei potenziali. Se ora, per esempio, immagi-niamo di calcolare la tensione tra A e B (vedi immaginia lato), otteniamo:

    perch il lavoro da A a B, nelle nostre ipotesi, lo stes-so sia che si vada lungo g AB sia che si vada lungo a , nelverso segnato in figura, e lungo b , nel verso opposto.

    Nel caso in cui, dunque, il lavoro indipendente dal

    TAg B = TAa O - TBb O = V(A) - V(B)

  • percorso esso pu essere messo sotto la forma di unadifferenza di potenziale (d.d.p. nel seguito) tra i duepunti in esame. Si noti che tale lavoro positivo, equindi le sorgenti compiono effettivamente lavoro sullacarica di prova, se il potenziale di A, V(A), maggioredi quello di B, V(B).

    Intensit della cor rente elettrica

    Come si detto, i portatori di cariche elettriche posso-no essere in movimento. Supponiamo di avere in unaregione dello spazio un gran numero di tali portatori,tutti di egual carica q e tutti con la stessa velocit v. Lecariche siano tanto numerose, ed i loro portatori occu-pino un volume tanto piccolo - la solita idealizzazio-ne della carica puntiforme - da poter descrivere la lorodistribuzione attraverso una funzione densit n: se dV un volumetto elementare, i portatori contenuti in talevolume sono, per definizione, dN= ndV.Consideriamo ora una superficie piana S attraverso laquale, nel loro moto, le cariche si trovano a passare.Vogliamo calcolare la quantit di carica che nel tempodt attraversa detta superficie nel verso che va da sinistraa destra. Costruiamo un cilindro con base sulla super-ficie S e lunghezza, nella direzione parallela a v, pari avdt. Per costruzione tutte le particelle che, allistante t,si trovano nel cilindro considerato, nel tempo dt, per-correndo lo spazio vdt, si troveranno a passare attra-verso la superficie S, mentre tutti i portatori al di fuoridel volume considerato, o mancheranno la superficieS, oppure percorreranno una distanza insufficiente adincontrarla. Se ne deduce che il numero di portatoriche attraverseranno la superficie S nel tempo dt parial numero di portatori contenuti nel cilindro di volumeS vdt cos b , cio nS vdt cos b , dove b langolo fra ladirezione di v e quella della normale ad S.

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    Dato che ogni portatore dotato di carica q, la caricatotale che attraversa la superficie S nel tempo dt :

    e nellunit di tempo:

    A tale grandezza viene dato il nome di intensit di cor -rente elettrica.Naturalmente la definizione di intensit di correnteelettrica che abbiamo illustrato in un caso semplice,pu essere estesa al caso in cui i portatori siano dotatidi carica diversa, non abbiamo tutti la stessa velocit, ela loro densit vari da punto a punto. Si noti che il con-cetto di intensit di corrente richiede, oltre ad unadistribuzione di cariche in movimento, la scelta di unasuperficie attraverso cui si intende valutare il flusso dicariche e quella di un verso, lorientazione della nor-male su S. Nel seguito parleremo spesso di intensit dicorrente senza specificare la superficie attraverso laquale intendiamo calcolarla, mentre specificheremosempre il verso; ci accade perch, nei casi in questio-ne, la superficie implicitamente definita. il caso incui il moto dei portatori obbligato a svilupparsi lungoun percorso determinato, il conduttore appunto.Vale la pena di sottolineare, ancora una volta, che sia ilconcetto di tensione che quello di corrente presuppon-gono la scelta di un verso: la tensione da un punto A adun punto B e la corrente in un verso lungo il percorsostabilito.Ricordiamo infine che lunit di misura dellintensit dicorrente elettrica nel Sistema Internazionale lampere(A), pari ad un coulomb al secondo, e che lo strumen-to che la misura viene detto amperometro.

    La legge di Ohm ed il bipolo resistor e

    I = dQ dt

    = nqS v cos b .

    dQ = nqS vdt cos b ,

  • I corpi materiali si comportano in maniera differentequando ad essi viene applicata una differenza di poten-ziale. Come sappiamo, tra i costituenti elementari dellamateria vi sono portatori di cariche elettriche: elettronie ioni. Tali portatori possono essere pi o meno legatialla struttura del corpo materiale e quindi pi o menoliberi di muoversi. Sotto lazione della differenza dipotenziale i portatori liberi (ma non completamenteliberi, come vedremo), si muovono e danno luogo aduna corrente elettrica.Da questo punto di vista, e con una classificazione peril momento solo grossolana, potremmo inserire ognimateriale in una scala che vede ad un estremo lisolan -te perfetto - un materiale in cui i portatori di cariche osono completamente assenti, o, se presenti, sono deltutto impediti nel loro moto - ed allaltro estremo ilconduttore perfetto in cui i portatori di cariche, presen-ti in gran numero, sono completamente liberi di muo-versi. Il vuoto perfetto, per esempio, fin tanto che rima-ne tale, certamente un perfetto isolante, mentre uncorpo metallico, rame per esempio, portato a bassissi-ma temperatura pu essere considerato una buonaesemplificazione di un conduttore perfetto. Nei mate-riali metallici, o conduttori di prima specie, in particola-re, i portatori di carica responsabili della corrente sonogli elettroni periferici degli atomi o molecole che costi-tuiscono, con il loro reticolo, la struttura del materialestesso. Tali elettroni, debolmente legati ai rispettiviatomi, formano in effetti una sorta di nube elettronicache, sotto lazione di una forza prodotta dallapplica-zione di una differenza di potenziale, si mette in motoe produce una corrente.Per un gran numero di tali conduttori, e per un campodi variabilit dei parametri in gioco discretamente

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  • ampio, sussiste una relazione di proporzionalit tra lad.d.p. applicata e la corrente prodotta: a tale relazionedi proporzionalit viene dato il nome di legge di Ohm .Cerchiamo di approfondire il contenuto della legge diOhm facendo riferimento ad una configurazione idea-le semplice. Supponiamo di avere un corpo materiale edi individuare sulla superficie che lo racchiude duepunti ai quali immaginiamo di applicare la d.d.p. V.Supponiamo inoltre di essere in grado di portare aduno dei due punti e di prelevare dallaltro, una qualsia-si corrente I; non domandiamoci, per il momento,chi applica la d.d.p. n come portiamo e prelevia-mo la corrente nei due punti. Una volta fissati i punti diaccesso della corrente, il moto delle cariche allinternodel corpo si svilupper in una ben precisa maniera chenon necessario, per, in questa fase, specificare inmaggior dettaglio. Se, in queste condizioni, immaginia-mo di applicare agli stessi punti, diverse differenze dipotenziale, e misuriamo la corrente che ne deriva, veri-ficheremo che:

    V = R I. (3)Alla costante di proporzionalit R, che nel SistemaInternazionale si misura in ohm, viene dato il nome diresistenza del corpo in esame, quando alimentato nellamaniera indicata. Questa precisazione necessaria per-ch il valore della costante R, in generale, cambia secambiano i due punti di applicazione della d.d.p., coscome cambia ancora, se, invece di due punti ideali pen-siamo a due superfici attraverso le quali la correnteviene portata e prelevata; in questo caso R dipendeanche dalla forma ed estensione di tali superfici (glielettrodi). Per questo motivo ci siamo resi indipenden-ti dalla forma degli elettrodi supponendoli, in unasituazione ideale, addirittura puntiformi.Naturalmente la stessa legge di proporzionalit pu

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  • essere espressa nella forma:I = G V, (4)

    dove G = 1/Rprende il nome di conduttanza ed misu-rata in Siemens (S). interessante approfondire lanalisi del contenutodella legge di Ohm allo scopo di cercare di distinguerein essa la parte che dipende dalla geometria del corpoda quella che invece dipende strettamente dalla naturadel materiale. Per semplicit espositiva assumiamo unageometria molto semplice: un cilindro abbastanzalungo rispetto alla sua dimensione trasversale, in mododa poter ritenere che la maniera in cui viene applicatala d.d.p. non possa influenzare in modo significativo ladistribuzione del moto delle cariche allinterno delc i l i n d ro. In tali ipotesi una indagine sperimentalemostra che

    dove r prende il nome di resistivit del materiale - ilsuo inverso s quello di conducibilit - e dipende solodalla sua natura e dalle condizioni fisiche in cui si trovaad operare, L la lunghezza ed S la misura della sezio-ne trasversale del cilindro. Nella immagine a lato sonoriportati valori indicativi della resistivit di alcuni mate-riali alla temperatura ambiente. Come si vede rame edargento hanno una bassa resistivit. Il rame costituisceil miglior compromesso - bassa resistivit e basso costo- e per questo motivo di gran lunga il materiale piusato nelle applicazioni elettriche, tanto che nel lin-guaggio comune rame diventato sinonimo di condut-tore elettrico.

    R = r LS

    (5)

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  • Il modello di Drude

    Il fatto che alcuni materiali - che vengono appunto detti ohmici - sottostannoalla legge di Ohm, ha un significato molto sottile che cercheremo di esaminaresia pure solo qualitativamente. Dalla definizione di intensit di corrente risultaevidente che la stessa proporzionale alla velocit media dei portatori di cari-ca. Daltra parte la differenza di potenziale, in quanto integrale del campo,deve essere proporzionale alla forza esercitata sui portatori stessi; il campoinfatti la forza per unit di carica. La legge di Ohm, dunque, afferma che lavelocit proporzionale alla forza, in apparente contraddizione con le leggidella dinamica che vogliono questultima proporzionale allaccelerazione:

    F = ma.In effetti la contraddizione solo apparente in quanto la legge di Newtonimmagina il corpo, soggetto a forze, completamente libero di muoversi.Evidentemente i portatori di carica in un conduttore ohmico non sono com-pletamente liberi di muoversi! Il reticolo che costituisce il corpo materiale incui i portatori sono costretti a muoversi offre un qualche ostacolo al moto dellecariche. La legge di Ohm, in effetti, ci consente di determinare quale tipo diostacolo. Supponiamo infatti che leffetto complessivo delle cariche ferme,costituenti il reticolo, sia equivalente ad un attrito e quindi proporzionale allavelocit; la forza complessiva che agisce sulle cariche sar allora F - k v, datoche lattrito si oppone allazione del campo elettrico.Se si raggiunge una condizione stazionaria, la velocit delle cariche sar costan-te, e la loro accelerazione, quindi, nulla. Avremo dunque:

    F - k v = m a = 0,

    e quindi F = kv, come prescritto dalla legge di Ohm. Questo modello dellaconduzione nei conduttori ohmici, che va sotto il nome di modello di Drude,e che abbiamo esposto solo in maniera qualitativa, pu, in realta, essereapprofondito anche ad un livello quantitativo con buoni risultati. A noi inte-ressava farne cenno soprattutto per sottolineare il fatto che la validit dellalegge di Ohm richiede il verificarsi di una condizione abbastanza particolare.Non stupisce quindi che tale legge non sia soddisfatta da tutti i materiali, e che

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  • gli stessi materiali ohmici siano tali solo in determinate condizioni; per esem-pio al variare della temperatura del corpo in esame la resistivit del materialenon si mantiene costante, come vedremo meglio nel seguito. Non meno impor-tante, dal punto di vista applicativo, il caso di quei materiali che non sotto-stanno alla legge di Ohm e che quindi presentano una dipendenza non linearetra tensione e corrente. La moderna elettronica tutta basata sul comporta-mento di tali materiali.

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  • Cariche elettriche e forze elettriche

    I corpi materiali possono presentare propriet partico-lari che danno luogo alle cosiddette interazioni elettri-che e magnetiche. Elemento chiave di tali interazioni la carica elettrica, una propriet individuata da unagrandezza scalare q che prende il nome, appunto, dicarica elettrica. Per inciso, questa propriet quantiz-zabile, nel senso che esiste una carica minima pari ad e,tutte le altre essendo multiple di questa.Le cariche elettriche interagiscono tra di loro eserci-tando forze le une sulle altre. In particolare esistonodue diverse qualit di cariche: cariche dello stessotipo si respingono e cariche di tipo opposto si attrag-gono. Ci porta a dare a q un segno, negativo o positi-

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  • vo, per distinguere le due possibili alternative. In parti-colare lelettrone, uno dei componenti dellatomo, hacarica negativa pari a -e, mentre nel nucleo dellatomosono presenti altri elementi, i protoni, che presentanouna carica positiva pari a +e.Apriamo, a questo punto, una brevissima parentesi suisistemi di unit di misura. Non discuteremo questotema e tutta la sottile problematica che esso implica,perch ci sembra un argomento pi adatto ad altrocorso; ci limiteremo a dichiarare che nel seguito faremosempre riferimento al Sistema Internazionale (S.I.), ericorderemo di volta in volta le unit di misura dellegrandezze che introdurremo. Daremo per implicito cheper ogni grandezza si possa immaginare di costruireuno strumento in grado di misurarla.Nel Sistema Internazionale la carica elettrica si misurain coulomb (C) e la carica dellelettrone , in modulo,pari a 1,60210 . 10-19C.Linterazione elettrica tra i corpi materiali pu esserericondotta ad una legge elementare che prende il nomedi legge di Coulomb. Questa legge immagina una situa-zione ideale in cui i corpi materiali portatori delle cari-che si riducano a punti geometrici. Introduciamo cos ilconcetto di carica puntiforme: un corpuscolo che occu-pa un volume idealmente nullo intorno ad un punto,ma con massa non nulla, e che portatore di una cari-ca elettrica q (positiva o negativa). Si tratta certamentedi una idealizzazione, ma non del tutto priva di fonda-mento fisico, se si pensa che i volumi occupati dainaturali portatori elementari di cariche, protoni edelettroni, sono generalmente molto piccoli rispetto alledimensioni che caratterizzano il fenomeno particolareche si vuole studiare; gli esperimenti ci dicono che, peresempio, la carica di un protone si pu immaginareconcentrata in una sfera di 10-13 cm di raggio.

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  • Orbene, la legge di Coulomb afferma che se due cari-che puntiformi di tale tipo, q1 e q2, fossero poste(ferme) alla distanza r luna dallaltra, su ognuna dellecariche agirebbe una forza; in particolare, quella eser-citata dalla carica 1 sulla carica 2 espressa dalla for-mula:

    La forza F12 dunque diretta lungo la congiungente trale due cariche, proporzionale al prodotto delle stesse,inversamente proporzionale al quadrato della distanzache le separa e, come si desume dalla presenza del ver-sore 12, diretta nel verso che va dalla posizione occu-pata dalla carica q1 a quella occupata dalla carica q2, seentrambe le cariche hanno lo stesso segno; tale forza ,dunque, attrattiva se le cariche q1 e q2 hanno segnoopposto, e repulsiva se esse invece hanno lo stessosegno. Sulla carica q1 agisce una forza eguale ed oppo-sta:

    Se le cariche sono libere di muoversi, tali forze produ-cono movimento, secondo le ben note leggi della dina-mica newtoniana.Se ci limitassimo a considerare solo cariche ferme edaggiungessimo, alla legge di Coulomb, la propriet chetali forze di interazione sono sovrapponibili - in pre-senza, cio, di pi cariche puntiformi, la forza agente suognuna di esse la somma vettoriale delle forze cheogni altra carica produrrebbe sulla stessa carica, inassenza delle altre - potremmo derivare, dalla sola leggedi Coulomb, tutte le leggi della interazione elettrica. Lecose si complicano un poco quando consideriamo cari-che in movimento: la legge di Coulomb va leggermen-te modificata, o sostituita con altre leggi ad essa equi-valenti. Non possiamo, per, in questa sede, approfon-dire oltre largomento.

    F12 = - F21 .

    r

    F12 = k q1q2r2

    r12 . (1)

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  • Supponiamo di avere, in una regione dello spazio, unadistribuzione di cariche. Non ci occuperemo dellecaratteristiche di tale distribuzione, ma soltanto della-zione che tali cariche esercitano su altre cariche.Supponiamo ancora di poter disporre di una caricapuntiforme, e positiva, che goda delle propriet di nondisturbare la posizione o il movimento delle altre cari-che. In qualsiasi punto si venga a trovare la carica inquestione, che dora in poi chiameremo carica di prova,essa risentir di una forza prodotta dalle altre cariche,che dora in poi chiameremo cariche sorgenti. Se la cari-ca di prova unitaria, chiameremo campo elettrico E laforza che essa risente. Per una carica di valore q, per lalegge di Coulomb, la forza sar F = qE. In realt laforza percepita dalla carica di prova non dipende sol-tanto dalla posizione in cui essa si trova, ma anche dallavelocit con cui essa passa per il punto in questione.Anche questo argomento che non ci dato approfon-dire in questa breve sintesi.In ogni caso se immaginiamo di portare la carica diprova q,da un punto A ad un punto B lungo una lineag, la forza F che agisce sulla carica compir un lavoroper unit di carica che potremo calcolare come:

    Nella prima immagine della pagina illustrato il signi-ficato dell'integrale: somma di infiniti contributi infini-tesimi. A tale lavoro viene dato il nome di tensionelungo la linea g tra i punti A e B, e si misura in volt (V).Lo strumento che la misura verr detto voltmetro eavremo modo di parlarne nel seguito.Si noti che per poter parlare di tensione tra due puntibisogna aver specificato una linea g tra gli stessi, ed il

    TAgB = Fq dlgA

    B

    . (2)

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    verso in cui ci si muove sulla linea (da A a B oppure daB ad A); ci giustifica anche il simbolo utilizzato.Supponiamo ora di spostare la carica di prova lungounaltra linea, b , tra gli stessi punti A e B, come mostra-to in figura. Anche in questo caso verr compiuto unlavoro TA b B, che in generale sar diverso dal preceden-te. In determinate situazioni accade invece che tale lavorosia indipendente dal percorso e dipende esclusivamen-te dai due punti estremi. Sarebbe facile far vedere, uti-lizzando la legge di Coulomb, che una tale situazione siverifica se le cariche sorgenti sono tutte ferme e la cari-ca di prova si immagina mossa lentissimamente, unprocesso che in fisica viene definito adiabatico. Si osser-vi che in questo caso il lavoro compiuto dalla forza Fquando la carica di prova mossa lungo un percorsochiuso - per esempio lunione di g e b , questultimoorientato nel verso opposto - identicamente nullo.Supponiamo di essere in queste condizioni e di calco-lare il lavoro che il campo compie quando la carica diprova si muove da un punto qualsiasi nello spazio adun punto O fisso. Per ogni punto A prescelto avremoun valore di tale lavoro, indipendentemente dal per-corso compiuto per andare da A a O. Abbiamo in pra-tica costruito una funzione V(A) dei punti dello spazioche chiameremo potenziale del punto A rispetto ad O.In particolare evidente che la funzione V in O nulla.Si dice che il punto O stato scelto come punto di rife-rimento dei potenziali. Se ora, per esempio, immagi-niamo di calcolare la tensione tra A e B (vedi immaginia lato), otteniamo:

    perch il lavoro da A a B, nelle nostre ipotesi, lo stes-so sia che si vada lungo g AB sia che si vada lungo a , nelverso segnato in figura, e lungo b , nel verso opposto.

    Nel caso in cui, dunque, il lavoro indipendente dal

    TAg B = TAa O - TBb O = V(A) - V(B)

  • percorso esso pu essere messo sotto la forma di unadifferenza di potenziale (d.d.p. nel seguito) tra i duepunti in esame. Si noti che tale lavoro positivo, equindi le sorgenti compiono effettivamente lavoro sullacarica di prova, se il potenziale di A, V(A), maggioredi quello di B, V(B).

    Intensit della cor rente elettrica

    Come si detto, i portatori di cariche elettriche posso-no essere in movimento. Supponiamo di avere in unaregione dello spazio un gran numero di tali portatori,tutti di egual carica q e tutti con la stessa velocit v. Lecariche siano tanto numerose, ed i loro portatori occu-pino un volume tanto piccolo - la solita idealizzazio-ne della carica puntiforme - da poter descrivere la lorodistribuzione attraverso una funzione densit n: se dV un volumetto elementare, i portatori contenuti in talevolume sono, per definizione, dN= ndV.Consideriamo ora una superficie piana S attraverso laquale, nel loro moto, le cariche si trovano a passare.Vogliamo calcolare la quantit di carica che nel tempodt attraversa detta superficie nel verso che va da sinistraa destra. Costruiamo un cilindro con base sulla super-ficie S e lunghezza, nella direzione parallela a v, pari avdt. Per costruzione tutte le particelle che, allistante t,si trovano nel cilindro considerato, nel tempo dt, per-correndo lo spazio vdt, si troveranno a passare attra-verso la superficie S, mentre tutti i portatori al di fuoridel volume considerato, o mancheranno la superficieS, oppure percorreranno una distanza insufficiente adincontrarla. Se ne deduce che il numero di portatoriche attraverseranno la superficie S nel tempo dt parial numero di portatori contenuti nel cilindro di volumeS vdt cos b , cio nS vdt cos b , dove b langolo fra ladirezione di v e quella della normale ad S.

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    Dato che ogni portatore dotato di carica q, la caricatotale che attraversa la superficie S nel tempo dt :

    e nellunit di tempo:

    A tale grandezza viene dato il nome di intensit di cor -rente elettrica.Naturalmente la definizione di intensit di correnteelettrica che abbiamo illustrato in un caso semplice,pu essere estesa al caso in cui i portatori siano dotatidi carica diversa, non abbiamo tutti la stessa velocit, ela loro densit vari da punto a punto. Si noti che il con-cetto di intensit di corrente richiede, oltre ad unadistribuzione di cariche in movimento, la scelta di unasuperficie attraverso cui si intende valutare il flusso dicariche e quella di un verso, lorientazione della nor-male su S. Nel seguito parleremo spesso di intensit dicorrente senza specificare la superficie attraverso laquale intendiamo calcolarla, mentre specificheremosempre il verso; ci accade perch, nei casi in questio-ne, la superficie implicitamente definita. il caso incui il moto dei portatori obbligato a svilupparsi lungoun percorso determinato, il conduttore appunto.Vale la pena di sottolineare, ancora una volta, che sia ilconcetto di tensione che quello di corrente presuppon-gono la scelta di un verso: la tensione da un punto A adun punto B e la corrente in un verso lungo il percorsostabilito.Ricordiamo infine che lunit di misura dellintensit dicorrente elettrica nel Sistema Internazionale lampere(A), pari ad un coulomb al secondo, e che lo strumen-to che la misura viene detto amperometro.

    La legge di Ohm ed il bipolo resistor e

    I = dQ dt

    = nqS v cos b .

    dQ = nqS vdt cos b ,

  • I corpi materiali si comportano in maniera differentequando ad essi viene applicata una differenza di poten-ziale. Come sappiamo, tra i costituenti elementari dellamateria vi sono portatori di cariche elettriche: elettronie ioni. Tali portatori possono essere pi o meno legatialla struttura del corpo materiale e quindi pi o menoliberi di muoversi. Sotto lazione della differenza dipotenziale i portatori liberi (ma non completamenteliberi, come vedremo), si muovono e danno luogo aduna corrente elettrica.Da questo punto di vista, e con una classificazione peril momento solo grossolana, potremmo inserire ognimateriale in una scala che vede ad un estremo lisolan -te perfetto - un materiale in cui i portatori di cariche osono completamente assenti, o, se presenti, sono deltutto impediti nel loro moto - ed allaltro estremo ilconduttore perfetto in cui i portatori di cariche, presen-ti in gran numero, sono completamente liberi di muo-versi. Il vuoto perfetto, per esempio, fin tanto che rima-ne tale, certamente un perfetto isolante, mentre uncorpo metallico, rame per esempio, portato a bassissi-ma temperatura pu essere considerato una buonaesemplificazione di un conduttore perfetto. Nei mate-riali metallici, o conduttori di prima specie, in particola-re, i portatori di carica responsabili della corrente sonogli elettroni periferici degli atomi o molecole che costi-tuiscono, con il loro reticolo, la struttura del materialestesso. Tali elettroni, debolmente legati ai rispettiviatomi, formano in effetti una sorta di nube elettronicache, sotto lazione di una forza prodotta dallapplica-zione di una differenza di potenziale, si mette in motoe produce una corrente.Per un gran numero di tali conduttori, e per un campodi variabilit dei parametri in gioco discretamente

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  • ampio, sussiste una relazione di proporzionalit tra lad.d.p. applicata e la corrente prodotta: a tale relazionedi proporzionalit viene dato il nome di legge di Ohm .Cerchiamo di approfondire il contenuto della legge diOhm facendo riferimento ad una configurazione idea-le semplice. Supponiamo di avere un corpo materiale edi individuare sulla superficie che lo racchiude duepunti ai quali immaginiamo di applicare la d.d.p. V.Supponiamo inoltre di essere in grado di portare aduno dei due punti e di prelevare dallaltro, una qualsia-si corrente I; non domandiamoci, per il momento,chi applica la d.d.p. n come portiamo e prelevia-mo la corrente nei due punti. Una volta fissati i punti diaccesso della corrente, il moto delle cariche allinternodel corpo si svilupper in una ben precisa maniera chenon necessario, per, in questa fase, specificare inmaggior dettaglio. Se, in queste condizioni, immaginia-mo di applicare agli stessi punti, diverse differenze dipotenziale, e misuriamo la corrente che ne deriva, veri-ficheremo che:

    V = R I. (3)Alla costante di proporzionalit R, che nel SistemaInternazionale si misura in ohm, viene dato il nome diresistenza del corpo in esame, quando alimentato nellamaniera indicata. Questa precisazione necessaria per-ch il valore della costante R, in generale, cambia secambiano i due punti di applicazione della d.d.p., coscome cambia ancora, se, invece di due punti ideali pen-siamo a due superfici attraverso le quali la correnteviene portata e prelevata; in questo caso R dipendeanche dalla forma ed estensione di tali superfici (glielettrodi). Per questo motivo ci siamo resi indipenden-ti dalla forma degli elettrodi supponendoli, in unasituazione ideale, addirittura puntiformi.Naturalmente la stessa legge di proporzionalit pu

    Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 11

  • essere espressa nella forma:I = G V, (4)

    dove G = 1/Rprende il nome di conduttanza ed misu-rata in Siemens (S). interessante approfondire lanalisi del contenutodella legge di Ohm allo scopo di cercare di distinguerein essa la parte che dipende dalla geometria del corpoda quella che invece dipende strettamente dalla naturadel materiale. Per semplicit espositiva assumiamo unageometria molto semplice: un cilindro abbastanzalungo rispetto alla sua dimensione trasversale, in mododa poter ritenere che la maniera in cui viene applicatala d.d.p. non possa influenzare in modo significativo ladistribuzione del moto delle cariche allinterno delc i l i n d ro. In tali ipotesi una indagine sperimentalemostra che

    dove r prende il nome di resistivit del materiale - ilsuo inverso s quello di conducibilit - e dipende solodalla sua natura e dalle condizioni fisiche in cui si trovaad operare, L la lunghezza ed S la misura della sezio-ne trasversale del cilindro. Nella immagine a lato sonoriportati valori indicativi della resistivit di alcuni mate-riali alla temperatura ambiente. Come si vede rame edargento hanno una bassa resistivit. Il rame costituisceil miglior compromesso - bassa resistivit e basso costo- e per questo motivo di gran lunga il materiale piusato nelle applicazioni elettriche, tanto che nel lin-guaggio comune rame diventato sinonimo di condut-tore elettrico.

    R = r LS

    (5)

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  • Il modello di Drude

    Il fatto che alcuni materiali - che vengono appunto detti ohmici - sottostannoalla legge di Ohm, ha un significato molto sottile che cercheremo di esaminaresia pure solo qualitativamente. Dalla definizione di intensit di corrente risultaevidente che la stessa proporzionale alla velocit media dei portatori di cari-ca. Daltra parte la differenza di potenziale, in quanto integrale del campo,deve essere proporzionale alla forza esercitata sui portatori stessi; il campoinfatti la forza per unit di carica. La legge di Ohm, dunque, afferma che lavelocit proporzionale alla forza, in apparente contraddizione con le leggidella dinamica che vogliono questultima proporzionale allaccelerazione:

    F = ma.In effetti la contraddizione solo apparente in quanto la legge di Newtonimmagina il corpo, soggetto a forze, completamente libero di muoversi.Evidentemente i portatori di carica in un conduttore ohmico non sono com-pletamente liberi di muoversi! Il reticolo che costituisce il corpo materiale incui i portatori sono costretti a muoversi offre un qualche ostacolo al moto dellecariche. La legge di Ohm, in effetti, ci consente di determinare quale tipo diostacolo. Supponiamo infatti che leffetto complessivo delle cariche ferme,costituenti il reticolo, sia equivalente ad un attrito e quindi proporzionale allavelocit; la forza complessiva che agisce sulle cariche sar allora F - k v, datoche lattrito si oppone allazione del campo elettrico.Se si raggiunge una condizione stazionaria, la velocit delle cariche sar costan-te, e la loro accelerazione, quindi, nulla. Avremo dunque:

    F - k v = m a = 0,

    e quindi F = kv, come prescritto dalla legge di Ohm. Questo modello dellaconduzione nei conduttori ohmici, che va sotto il nome di modello di Drude,e che abbiamo esposto solo in maniera qualitativa, pu, in realta, essereapprofondito anche ad un livello quantitativo con buoni risultati. A noi inte-ressava farne cenno soprattutto per sottolineare il fatto che la validit dellalegge di Ohm richiede il verificarsi di una condizione abbastanza particolare.Non stupisce quindi che tale legge non sia soddisfatta da tutti i materiali, e che

    Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 13

  • gli stessi materiali ohmici siano tali solo in determinate condizioni; per esem-pio al variare della temperatura del corpo in esame la resistivit del materialenon si mantiene costante, come vedremo meglio nel seguito. Non meno impor-tante, dal punto di vista applicativo, il caso di quei materiali che non sotto-stanno alla legge di Ohm e che quindi presentano una dipendenza non linearetra tensione e corrente. La moderna elettronica tutta basata sul comporta-mento di tali materiali.

    14 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

  • I bipoli

    Al fine di una futura estensione dei concetti esposti,introduciamo una opportuna terminologia: chiamere-mo bipolo resistore il sistema descritto nel capitolo pre-cedente. Le sue propriet possono essere cos riassun-te:Un bipolo resistore una scatola chiusa che comuni -ca con lesterno, dal punto di vista elettromagnetico, soloattraverso due suoi punti ben definiti (morsetti del bipo -lo). Esso gode delle seguenti propriet:

    Come vedremo in seguito, per estendere il concetto dibipolo, baster che la seconda propriet sia verificataper ogni linea che non entri nella scatola che rac-chiude il bipolo in questione, e che tale linea non siacomunque lunga. La relazione V = RI si dice caratte -

    - la corrente che entra in un morsetto uguale a quel -la che esce dallaltro;- la tensione tra i due morsetti del bipolo indipen -dente dal cammino prescelto per calcolarla e quindipu essere espressa come differenza di potenziale;- la tensione tra i morsetti proporzionale alla'inten -sit di corrente che li attraversa; la costante di propor -zionalit R prende il nome di resistenza del bipolo;

    Capitolo I

  • ristica del bipolo. Vogliamo osservare che nello scrive-re la legge di Ohm abbiamo implicitamente fatto dellescelte sui versi positivi della corrente e della tensione.Con riferimento alla figura I.1,se V lintegrale di lineadel campo tra i punti A e B, nel verso che va da A a B,ed I la corrente nello stesso verso scelto per calcolarela tensione, cio da A a B, allora la legge di Ohm assu-me la forma espressa dalla relazione (3) del capitoloprecedente, con R dato dalla (5), e quindi positivo perdefinizione.

    Fig.I.1Ma erano possibili anche scelte diverse. Si supponga dinon conoscere a priori quale dei due morsetti A e B siaquello effettivamente a potenziale maggiore, ma divolere comunque indicare con un simbolo, per esem-pio V*, per distinguerlo dal precedente, la differenza dipotenziale; non si potr, evidentemente, che sceglierearbitrariamente uno dei punti - B per esempio - e defi-n i re V* la diff e renza di potenziale tra B e A.Supponiamo invece di mantenere invariata la scelta perla corrente, e cio definiamo I la corrente che entra daA ed esce da B. Per quanto detto in precedenza si avr:

    V* = - RI (I.1)

    16 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

  • dato che V* = - V, evidentemente; la caratteristica delbipolo appare in queste condizioni alquanto diversa!Occorre dunque precisare che un resistore ha unacaratteristica del tipo V=RI, con R positivo, se i versipositivi scelti per la tensione e la corrente sono tali chela corrente positiva quando entra nello stesso morsettoche, se a potenziale maggiore dellaltro, determina una Vpositiva. Questo tipo di scelta viene detta dellutilizza -tore per ragioni che saranno chiare in seguito. Primaspendiamo qualche parola sui simboli grafici.Indicheremo un resistore con i simboli mostrati in figu-ra. Il segno + accanto ad un morsetto individua la scel-ta del verso positivo per le V, mentre la freccia indicaquello delle correnti. Nella stessa figura sono ancheindicate le quattro alternative possibili. facile convincersi che lalternativa a) coincide con lac) (basta ruotare di 180 il disegno), mentre quella d)coincide con la b). Le alternative a) e c) le abbiamo gidette dellutilizzatore, diremo invece del generatorequelle b) e d). Vediamo perch questa terminologia.

    La legge di Joule

    Come noto, la tensione tra due punti pu anche esse-re vista come il lavoro compiuto per portare una caricaunitaria da un punto allaltro. Basta rifarsi alla defini-zione di tensione e ricordare che F = q E. Se nellunitdi tempo vengono portate I cariche da un punto allal-tro, tra i quali esiste la differenza di potenziale V, sicompir, dunque, un lavoro per unit di tempo VI, cioil resistore sar interessato da una potenza VI. Con leposizioni fatte, chiaro a questo punto che il prodottoVI, cio la potenza ai morsetti del resistore, risulterpositivo solo se stata scelta una convenzione delluti-lizzatore per la coppia tensione-corrente. Per laltra

    Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 17

  • E far muovere le carichepositive nel verso che va dal punto contrassegnato conil + allaltro, e quindi I risulter positiva. Daltra parte,come noto, lenergia associata alla potenza VI inte-ressante un resistore, viene dissipata, o meglio tra-sformata in un altro tipo di energia: calore. Infatti perun tempo dt si ha:

    che , appunto, la ben nota legge di Joule. Appare quin-di naturale parlare di energia e potenza assorbita edutilizzata dal bipolo resistore e definire convenzionedellutilizzatore quella convenzione che fa s che talepotenza risulti positiva. Se, dunque, su di un resistoresi fatta la convenzione dellutilizzatore, la potenzaassorbita risulter sempre positiva. vero anche lop-posto: se si fa per un resistore la convenzione del gene-ratore, la potenza, che converr a questo punto chia-mare potenza generata, risulter sempre negativa. La caratteristica di un bipolo, almeno di quelli cheintendiamo introdurre in questa prima fase, pu essereutilmente rappresentata nel piano (I,V). Per un bipoloresistore, tale rappresentazione , evidentemente, unaretta passante per l'origine degli assi. Si noti la diversarappresentazione a seconda della convenzione scelta.Nel caso di una convenzione dell'utilizzatore, l'inclina-zione a della retta, rispetto all'asse delle correnti, taleche tga = R.Supponiamo ora di avere a disposizione pi bipoli edimmaginiamo di collegarli tra di loro. Per far ciabbiamo bisogno di elementi di connessione tra i mor-setti, che negli schemi grafici rappresenteremo con dei

    dW = P dt = VIdt = RI2dt,

    18 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

  • tratti di linea che uniscono le scatole rappresentativedei bipoli. Si suppone che tali elementi di connessionenon abbiano alcuna influenza sul sistema. Essi si limi-tano a portare la corrente senza introdurre alcunad.d.p. aggiuntiva. Nella pratica essi saranno realizzaticon conduttori ad elevata conducibilit, tipicamente inrame.Dati due soli bipoli, sono possibili soltanto due tipi dicollegamento e sono mostrati nelle immagini a lato. Ilprimo collegamento prende il nome di collegamento inparallelo ed il secondo di collegamento in serie. Se nelprimo caso consideriamo un nuovo bipolo i cui mor-setti siano non quelli A, B del primo bipolo, n quelliC, D del secondo, bens quelli indicati con E ed F, pos-siamo domandarci quale sar la caratteristica di questonuovo bipolo; o, con linguaggio specifico, quale lacaratteristica del bipolo equivalente che si ottiene colle-gando due bipoli in parallelo.Evidentemente lelemento caratterizzante un collega-mento in parallelo di due resistori aventi resistenza R1ed R2, sta nel fatto che i due bipoli sono, per costruzio-ne, soggetti alla stessa tensione V. Si potr dunque scri-vere, avendo fatto la convenzione dellutilizzatore:

    Daltra parte la corrente I deve essere la somma dellecorrenti I1 ed I2, per cui si ha:

    Il bipolo equivalente avr dunque una caratteristicaindividuata dal parametro Req :

    interessante notare che la corrente in uno dei rami

    Req = R1R2

    R1 + R2 . (I.3)

    I1 + I2 = V R1

    + V R2

    = V 1R1

    + 1R2

    . (I.2)

    V = R1I1 = R2I2.

    Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 19

  • del partitore di corrente - questo il nome che vienedato spesso alla disposizione in parallelo di due bipoli- si ottiene facilmente, quando sia nota la corrente tota-le entrante nel parallelo, con la formula:

    la cos detta formula del partitore di corrente.Ragionamenti analoghi portano allindividuazione dellacaratteristica del bipolo equivalente ad una serie di dueresistori. Questa volta lelemento caratterizzante il col-legamento dato dal fatto che i due resistori sono attra-versati dalla stessa corrente. Si avr dunque:

    Daltra parte, per definizione, si ha che V=V1+V2 equindi:

    Ne segue che il bipolo equivalente ancora un resisto-re con resistenza pari ad Req= R1 + R2. In maniera ana-loga a quanto detto per la disposizione in parallelo molto semplice ricavare la formula del partitore di ten -sione:

    che fornisce la tensione ad uno dei bipoli in serie, quan-do sia nota la tensione totale sulla serie delle due resi-stenze.Come gi notato, i collegamenti serie e parallelo sonogli unici possibili quando si dispone di due soli bipoli.Immaginiamo ora di poter disporre di pi bipoli resi-stori e di collegarli fra di loro in una maniera qualsiasiattraverso i loro morsetti, come nell'esempio mostrato

    V1 = R1I = V R1

    R1 + R2 , (I.12)

    V = R1I + R2I = I R1 + R2 = ReqI. (I.6)

    I = V1R1

    = V2R2

    (I.5) .

    I1 = V R1

    = I R2R1 + R2

    . (I.4)

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  • Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 21

    nelle immagini riportate a lato. Il sistema cos ottenutoprende il nome di rete di bipoli e verr studiato in det-taglio nel seguito. Per ora vogliamo soltanto porci ilproblema di determinare il bipolo equivalente della retevista da due sue morsetti. Se immaginiamo infatti discegliere due morsetti A e B della rete e assumiamo chetali morsetti siano gli unici punti di comunicazionedella rete con l'esterno, la rete stessa ci apparir comeun unico bipolo. La caratteristica di un tale bipolo sipu generalmente determinare, una volta nota quelladei bipoli componenti, con un procedimento di ridu-zione successiva. Con riferimento all'esempio mostra-to, infatti, evidente che i resistori R4 ed R5, essendoattraversati dalla stessa corrente, sono tra di loro inserie. Ad essi potr quindi essere sostituito un unicobipolo equivalente di valore Re1, secondo quanto illu-strato in precedenza. Nella rete cos ridotta, i bipoli R2ed Re1 sono ora in parallelo e potranno quindi esseresostituiti da un unico bipolo equivalente Re2. A questopunto R3ed Re2sono in serie e quindi equivalenti ad unbipolo di resistenza Re3. Infine i bipoli R1 ed Re3appaiono ora in parallelo e quindi la resistenza vista daimorsetti A e B pari a Re4 che - riepilogando - puessere scritta come:

    Questo procedimento di riduzione successiva della rete generalmente molto semplice e conduce alla imme-diata determinazione della caratteristica del bipoloequivalente.Val la pena per di sottolineare che la resistenza equi-valente di una rete di resistori, vista da una coppia disuoi morsetti, dipende dai morsetti prescelti. Nella

    Re4 =

    R4 + R5 R3R3 + R4 + R5

    + R2 R1

    R1 + R2 + R4 + R5 R3

    R3 + R4 + R5

    . (I.8)

  • stessa rete precedente, infatti, scegliendo un'altra cop-pia di morsetti si ottiene un risultato diverso, come illu-strato dalla sequenza di immagini a fondo pagina cheripercorre il procedimento descritto per la nuova scel-ta della coppia di morsetti.Non bisogna per pensare che tutte le reti, per ognicoppia di morsetti, siano riconducibili ad un unicobipolo equivalente, utilizzando esclusivamente le for-mule della serie e del parallelo di due resistori. Unesempio mostrato nella figura a sinistra; si tratta diuna tipica rete a ponte spesso utilizzata in dispositivi dimisura per le sue specifiche caratteristiche. La riduzio-ne di una tale rete, per la coppia di morsetti indicata,sar possibile utilizzando una trasformazione particola-re che introdurremo in seguito.

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  • Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 23

    Esercizi

    Siamo ora in grado di poter proporre qualche sempliceesercizio. Cogliamo l'occasione per sottolineare che lap a rte esercitativa in questo corso determ i n a n t e .Come spesso accade in molti campi, non si pu affer-mare di aver realmente assimilato una teoria, in tutte lesue implicazioni, se non si provato ad applicarla; espesso l'applicazione riserva inattese sorprese!Alcuni problemi verranno proposti nel testo e la lorosoluzione sar illustrata pi avanti. Per altri problemi,invece, si rimanda al testo di esercizi proposto: S.Bobbio, L. De Menna, G. Miano, L. Verolino, Esercizidi Elettrotecnica, vol. I, II, III e IV, ed. CUEN, Napoli,1998.Nel caso presente nelle figure vengono proposte tre retiper le quali calcolare la resistenza equivalente ai mor-setti indicati. Per la rete di cui al n.1 si chiede di calco-lare anche il valore di R1 che rende RAB = R0. Si notiche la rete contrassegnata con il numero 3) la succes-sione di infinite celle tutte identiche tra di loro; la riso-luzione di questo problema richiede un pizzico di intui-zione.

  • Corso di Elettrotecnica 23

    Altri bipoli

    Come abbiamo visto, nel piano (I,V) la caratteristicaV=RI di un resistore una retta che passa per lorigine,con inclinazione tga = R. Al variare di R, quindi, laretta sar pi o meno inclinata sullasse delle I.Si noti che il fatto che la potenza assorbita da un resi-store in ogni caso positiva si riflette nel fatto che lacaratteristica dello stesso si trova sempre nel primo enel terzo quadrante del piano (I,V). Ci accade, natu-ralmente, se la convenzione scelta quella dellutilizza-tore. Si pongono in evidenza immediatamente due casi

  • speciali: il caso in cui langolo a nullo e quello in cuiesso pari a 90. Nel primo caso si ha R = 0, ed il bipo-lo, per qualsiasi valore della corrente che lo attraversa,presenta sempre una differenza di potenziale nulla aisuoi morsetti. Un tale bipolo prende il nome di bipolocorto circuito e pu essere in teoria realizzato con unideale conduttore perfetto. In un tale conduttore infat -ti, caratterizzato da una resistivit r nulla ( s = ), perqualsiasi valore della corrente si ha sempre una d.d.p.ai morsetti nulla. Naturalmente un buon conduttorereale pu al pi approssimare tale comportamento, el a p p rossimazione sar tanto migliore quanto picorto sar il tratto di conduttore: da ci il nomecorto circuito.Laltro caso corrisponde a quello in cui s = 0 ( r = ).In tale evenienza si ha, al contrario, che per qualsiasid.d.p. V ai morsetti la corrente che attraversa il bipolo sempre nulla. Un tale bipolo si potrebbe realizzarefrapponendo tra i morsetti un perfetto non condutto-re, cio un materiale isolante. Esso prende il nome dibipolo circuito aperto o a vuoto. Le denominazioni dicorto circuito, circuito aperto o circuito a vuoto sono inparte autoesplicative ed in parte saranno meglio chiari-te in seguito. Immaginiamo ora un bipolo del tutto diverso che siadefinito da questa condizione: pur avendo fatto su diesso la convenzione dell'utilizzatore, la potenza risulta,in alcune condizioni, negativa. Un tale bipolo non pucertamente essere un resistore. Cerchiamo di capirequale laspetto caratteristico che lo distingue da unresistore. Nel resistore, come abbiamo visto, il motodelle cariche positive va sempre dal punto a potenzialemaggiore a quello a potenziale minore, secondo ilcampo che possiamo immaginare agire al suo interno. questo che fa s che la potenza assorbita - convenzio-ne dellutilizzatore dunque - sia sempre positiva. Nelbipolo che stiamo immaginando deve accadere loppo-

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  • sto: le cariche devono andare dal punto a potenzialeminore a quello a potenziale maggiore, apparentemen-te contro il campo. Ne consegue che un tale bipolo, seesiste, deve essere sede di fenomeni diversi da quelli finqui analizzati e - questo importante - deve mettere ingioco anche fenomeni di natura diversa da quelli cheproducono il campo. Ipotizziamo per ora lesistenza ditale bipolo; vedremo in seguito quali possono essere lesue pratiche realizzazioni, anche se lo studio approfon-dito di tali bipoli, che dora in poi chiameremo genera -tori, travalica i limiti di un corso di Elettrotecnica. Esaminiamo quali forme pu assumere la caratteristicadi un bipolo generatore. Se abbiamo scelto la conven-zione dell'utilizzatore essa dovr almeno in parte svol-gersi nel secondo e nel quarto quadrante: solo in taliquadranti, infatti, il prodotto VI negativo. Se invecescegliamo la convenzione del generatore, la caratteristi-ca dovr, almeno in parte, svilupparsi, per le stesseragioni, nel primo o nel terzo quadrante. Il caso pisemplice, ma ideale, che possiamo immaginare quelloin cui un tale bipolo presenta sempre la stessa d.d.p. aisuoi morsetti, indipendentemente dalla corrente che lointeressa, o che il bipolo eroga. Un tale generatoreprende il nome di generatore ideale di tensione o anchedi forza elettromotrice (f.e.m.).Conveniamo di assumere la convenzione del generato-re; in tale ipotesi il bipolo in esame funziona effettiva-mente come generatore (VI>0) solo per il tratto dellasua caratteristica che si trova nel primo quadrante. Neltratto che interessa il secondo quadrante, esso ha VI
  • ratore rappresentato in figura. In realt tale simboloindividua una pigenerale classe digeneratori di f.e.m.che sono in gradodi forn i re unad.d.p. ai loro mor-setti variabile neltempo e che intro-durremo nel segui-

    to. Per il generatore di tensione costante si usa spesso ilsimbolo pi specifico mostrato in Fig.I.2 dove il trattopi lungo individua il morsetto positivo.Un caso del tutto analogo, ma opposto, quello delbipolo che per qualsiasi valore della tensione ai mor-setti eroga sempre la stessa corrente I. naturale chia-mare un tale bipolo generatore ideale di corrente. Il sim-bolo riservato per un tale generatore e la sua caratteri-stica sono mostrati in figura. Si noti il segno + accantoad uno dei morsetti o la freccia accanto al simbolo; peril generatore di tensione esso sta ad indicare che la ten-sione E la differenza di potenziale tra il morsetto con-trassegnato con il segno + e l'altro, mentre per il gene-ratore di corrente la freccia indica il verso della corren-te I fornita dal generatore stesso. I due generatori finqui mostrati fanno parte di una pi ampia classe dibipoli che per ovvie ragioni si dicono attivi. Essi sonoanche generatori indipendenti in quanto la tensione ola corrente, nei due casi, da essi erogata ai morsetti nondipende da alcuna caratteristica del sistema in cui ven-gono inseriti. Introdurremo in seguito generatori chenon godono di tale proprietProviamo ora a prendere in considerazione anche per ibipoli generatori i due tipi di collegamento, serie eparallelo, che abbiamo esaminato nel caso dei bipoliresistori. Nella immagine a lato sono mostrati quattrodiversi casi ottenuti combinando generatori ideali di

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    Fig.I.2

  • corrente e di tensione. Per quanto riguarda i casi a) e b) facile convincersi che il bipolo equivalente ancoraun generatore ideale, rispettivamente di tensione pariad E1 + E2 , e di corrente pari a I1 + I2.I casi c) e d) sono leggermente meno evidenti: percomprendere la natura del bipolo equivalente rappre-sentato nel caso c), per esempio, basta considerare che,per il modo in cui il collegamento realizzato, il gene-ratore di tensione impone la sua tensione ai morsettidel bipolo equivalente; se ne conclude che tale bipolo,che in grado di erogare qualsiasi corrente mantenen-do costante la sua tensione ai morsetti, ancora ungeneratore ideale di tensione. Analogamente nel casod) avremo un generatore equivalente ideale di corren-te.Di proposito abbiamo lasciato da parte i due casi rap-presentati nella successiva immagine. Tali collegamentidanno luogo ad una contraddizione non eliminabile.Infatti, consideriamo per esempio il caso b): i due gene-ratori vorrebbero entrambi imporre la loro tensione aimorsetti del generatore equivalente. Daltra parte taletensione non pu che essere unica. In sintesi si pu direche questo un caso in cui entrano in contraddizionedue idealit: quella dei generatori - appunto ideali -,che presentano, in quanto tali, sempre la stessa tensio-ne ai loro morsetti, e quella dei conduttori di collega-mento che, essendo anche essi ideali, non possono pro-durre una caduta di tensione. un caso di contrastonon raro quando in un modello vengono introdotti ele-menti ideali. Il caso a) si analizza in maniera analoga.Allo scopo di approfondire meglio il problema, osser-viamo che un generatore ideale di tensione o di corren-te per definizione in grado di fornire ai suoi morsettiuna potenza infinita; la potenza fornita infatti pari alprodotto della tensione per la corrente erogata e, quin-

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  • di, nei due casi considerati pu essere infinita se unadelle due grandezze pu andare allinfinito - la corren-te per il generatore di tensione e la tensione per il gene-ratore di corrente. Si pu facilmente immaginare chenessun generatore reale potr mai essere in grado dierogare una potenza infinita. La caratteristica di ungeneratore reale dovr dunque essere sostanzialmentediversa da quella di un generatore ideale; allaumenta-re della corrente erogata, la tensione ai morsetti nonpotr rimanere costante, come, per esempio, nellacaratteristica mostrata in figura .In una tale caratteristica possiamo individuare un valo-re della tensione a vuoto E0, presente ai morsetti delgeneratore quando esso non eroga corrente, - ossia latensione che dovrebbe essere mantenuta dal generato-re per qualsiasi valore di corrente, qualora fosse ungeneratore ideale di tensione - e la corrente di corto cir-cuito Icc, cio la corrente che il generatore forniscequando chiuso, appunto, in corto circuito.Facciamo vedere che possibile costruire, con gli ele-menti che abbiamo a disposizione, un bipolo che, puressendo ancora ideale, approssima il comportamentodel generatore reale, almeno in un tratto della suacaratteristica. Consideriamo, infatti, i possibili collega-menti serie-parallelo che si possono realizzare utiliz-zando un bipolo generatore ideale ed un bipolo resi-store. lultimo caso che ci resta da esaminare; nellefigure sono rappresentati le due configurazioni signifi-cative. Nella stesse figure sono rappresentate anche lerelative caratteristiche dei bipoli equivalenti; nel casodel generatore ideale di tensione con in serie una resi-stenza, infatti, la tensione V ai morsetti del bipolo equi-valente sar pari alla tensione E0 del generatore dimi-nuita della tensione RI che cade sulla resistenza R:

    V= E0 - RI, (I.9)

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  • che appunto la caratteristica descritta nel diagrammain figura. Come si vede, dunque, il bipolo equivalentein questione ancora un bipolo attivo, ma la potenzache esso in grado di fornire non pu pi essere illimi-tata. ancora dunque un bipolo ideale - nessungeneratore reale avr mai una caratteristica rappresen-tabile rigorosamente con una retta - ma il suo compor-tamento indubbiamente pi vicino a quello di ungeneratore reale: potremmo chiamare un tale bipologeneratore reale idealizzato. Nella figura in cui rap-presentata la caratteristica di un possibile generatorereale, indicata anche la retta che ne approssimerebbe,almeno nel primo tratto, il comportamento con ungeneratore reale idealizzato.Per il caso del generatore di corrente con un resistorein parallelo si possono fare analoghe considerazioni.Fin qui abbiamo descritto bipoli la cui caratteristicapu essere individuata da una relazione tra V ed I deltipo V=aI+b. Tali bipoli prendono il nome di bipolinormali. Se b=0, se cio il bipolo anche inerte, si parladi bipolo lineare. Abbiamo gi visto invece che se lacaratteristica - avendo fatto la convenzione dell'utiliz-zatore - giace tutta nel primo e terzo quadrante, si parladi bipoli passivi, mentre se essa ha tratti nei quadrantiadiacenti, per esempio primo e secondo, si dice che ilbipolo attivo. Questa definizione di passivit ed atti-vit del bipolo - che adeguata in regime stazionario,altrimenti detto anche regime di corrente continua(c.c.) - dovr essere opportunamente modificata quan-do introdurremo i bipoli in regime dinamico. possibile per concepire anche bipoli la cui caratte-ristica sia non normale, e quindi anche non lineare.Un esempio classico quello del bipolo diodo nella suaforma reale ed idealizzata mostrate in figura. Ma si pos-sono presentare anche altre tipologie di caratteristiche,come quelle del bipolo diodo tunnel o del diodo a gas

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  • mostrate anche esse, qualitativamente, in figura. Talibipoli sono tutti passivi, nel senso precisato preceden-temente. Si osservi che mentre per il diodo tunnel lacaratteristica I=I(V) una funzione ad un sol valore,quella V=V(I) , in alcuni tratti, a pi valori. Per ildiodo a gas accade lopposto. Per questa propriet sidice che il diodo tunnel controllato in tensione ed ildiodo a gas, invece, controllato in corrente.Affrontiamo, infine, il caso della serie di un bipologeneratore reale idealizzato e di un resistore. Se assu-miamo le convenzioni indicate in figura, possiamoimmaginare di riportare entrambe le caratteristiche deidue bipoli sullo stesso piano (I,V). Questa rappresen-tazione consente una soluzione grafica del problemadella determinazione della corrente e della tensionecomune ai due bipoli. Infatti, dovendo il punto carat-terizzato dalle coordinate I e V - soluzioni del nostroproblema - necessariamente appartenere sia alla carat-teristica del generatore che a quella del resistore, essonon potr che essere il punto di intersezione tra le duecaratteristiche. Tale punto prende il nome di punto dilavoro e la retta che rappresenta la caratteristica delbipolo passivo R, detta retta di carico per il bipolo atti-vo ai cui morsetti tale carico appunto collegato. Si notiche questo tipo di soluzione grafica applicabile anchequando uno dei bipoli non lineare, o anche quandoentrambi non sono lineari, a condizione per che ilpunto di intersezione tra le due caratteristiche siaunico. In presenza di intersezioni multiple occorreravere un criterio, che esula dall'attuale modello, perdeterminare quale dei diversi punti possibili sia quellodi lavoro effettivo.Come noto i bipoli non lineari sono di estrema impor-tanza nelle pratiche applicazioni. Naturalmente la loronon linearit introduce notevoli difficolt nella soluzio-

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  • ne di problemi in cui essi sono coinvolti. Un artificioche pu essere utilizzato quello di approssimare laloro caratteristica con una opportuna spezzata. Siparla di linearizzazione a tratti. Daltra parte tale artifi-cio, se risolve alcuni aspetti del problema, introduce avolte altre difficolt connesse con la presenza di puntidi discontinuit nella caratteristica. Lo studio delle retinon lineari rappresenta un affascinante campo in cuimolto c' ancora da chiarire. Naturalmente la pienacomplessit e variet di queste reti si manifesta soltan-to quando si introduce la variabile temporale; ma que-sto un discorso che affronteremo nel seguito.

    Esercizi

    Nel primo degli esercizi proposti si richiede di deter-minare il valore di R per il quale la potenza dissipatanel carico - il bipolo R, appunto - sia massima.Evidentemente, al variare di R, la corrente erogata dalgeneratore di tensione varia e con essa varier anche lapotenza dissipata in R. Per R=0 tale potenza nullaperch nulla la tensione sul bipolo (bipolo corto cir-cuito); analogamente per R= , la potenza ancoranulla perch nulla la corrente che circola nel bipolo(bipolo circuito aperto). Esister necessariamentequindi un valore di R per il quale la potenza dissipataassume un valore massimo. Si chiede di determinaretale valore. Per inciso, quando la condizione di massi-mo trasferimento di potenza verificata, si dice che ilcarico ed il generatore sono adattati in potenza.

    Nel secondo problema proposto si chiede di determi-nare quale dovrebbe essere la suddivisione della cor-rente totale I entrante nel parallelo dei due resistori,perch la potenza dissipata nel sistema nel suo com-

    Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 31

  • plesso sia minima. Commenteremo pi avanti il risulta-to.Nelle altre immagini sono illustrate le soluzioni di pro-blemi proposti nelle pagine precedenti. I primi due nonrichiedono particolari commenti: il valore di R1 cherende la resistenza equivalente del bipolo uguale aquella di carico R0, dato in figura.

    Per quanto riguarda il terzo esercizio, osserviamo chela chiave per la sua soluzione sta nella osservazione che,se la rete si ripete identicamente a se stessa all'infinito,in qualsiasi punto della catena di celle identiche siimmagini di valutare la resistenza equivalente, si dovrritrovare lo stesso risultato. Questa considerazione giu-stifica lo schema equivalente mostrato in figura cheporta ad una equazione di secondo grado la cui inco-gnita la risposta cercata. Inutile dire che, delle duesoluzioni possibili, quella negativa va scartata perchfisicamente inconsistente: nei limiti dei bipoli finoraintrodotti la resistenza non pu essere negativa!

    32 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

  • Le reti elettriche

    Fino ad ora abbiamo immaginato di disporre di duesoli bipoli da collegare attraverso i loro morsetti; sup-poniamo ora, invece, di disporre di l bipoli e di colle-garli tra di loro in una maniera qualsiasi. Quello che siottiene un circuito elettrico o anche rete elettrica (ilsecondo termine a volte riservato ai circuiti di grandeestensione). In generale sono note le caratteristiche dei singoli bipo-li, quindi i legami tra tensioni ai morsetti e correnti cir-colanti - naturalmente una volta scelta una convenzio-ne per i versi positivi di tensioni e correnti - mentreinvece non noto il particolare valore di corrente o ditensione che effettivamente si stabilisce nella rete cosfatta in ogni bipolo. Determinare tali valori significarisolvere la rete. Le leggi da noi introdotte ci consen-tono di risolvere tale problema. Per studiare in maniera sistematica i metodi di soluzio-ne delle reti elettriche conviene premettere qualchedefinizione. In primo luogo chiameremo lato o ramodi una rete linsieme di quei bipoli che nella rete stessacompaiono fra di loro collegati in serie. Come abbiamovisto per i resistori, e vedremo in seguito per altri tipidi bipoli, ad essi si potrebbe sostituire un unico bipolo

    Capitolo II

  • equivalente. Chiameremo ancora nodo di una rete unpunto in cui convergono pi di due lati della rete stes-sa. Infine ogni insieme di lati della rete che forma unanello chiuso prender il nome di maglia della rete.Orbene, in base alle definizioni ora date ed a quella dibipolo, facile vedere che per ogni rete possibile scri-vere un certo numero di equazioni che legano tensionitra i nodi e correnti nei lati fra loro.

    La prima legge di Kirchhof f

    La prima legge di Kirchhoff o legge di Kirchhoff per lecorrenti (LKC) afferma: in ogni nodo la somma alge -brica delle correnti entranti (o uscenti) nel nodo iden -ticamente nulla. Il termine algebrica sta a indicareche ogni corrente va presa con il suo segno se il versopositivo scelto sul ramo corrispondente effettivamen-te entrante nel nodo (o uscente se si scelto di effet-tuare la somma delle correnti uscenti dal nodo!), o conil segno opposto nel caso contrario. In simboli:

    I1+ I2 + I2 +.......+ Ik = 0 (II.1)

    Val la pena di osservare che la validit di tale legge strettamente legata alla definizione di bipolo, e precisa-mente al fatto che ogni bipolo supposto interagirecon lesterno esclusivamente attraverso i suoi morsetti.In pi, la conservazione della carica presupposta.Infatti la somma algebrica delle correnti entranti nelnodo rappresenta, per definizione di intensit dellacorrente elettrica, la quantit di carica che nell'unit ditempo viene globalmente portata nel nodo. In regimestazionario, quando cio le correnti non variano neltempo, tale contributo, per unit di tempo, resta evi-dentemente costante. In queste condizioni se esso non

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  • fosse nullo, a condizione di attendere un tempo suffi-cientemente lungo, si potrebbe portare nel nodo inquestione una carica grande quanto si vuole. Ci evi-dentemente impossibile, non fosse altro per il fatto chei portatori di carica sono dotati di massa non nulla e,quindi, con la carica, crescerebbe indefinitivamenteanche la massa del nodo. In un regime dinamico, concorrenti che variano nel tempo, occorrer fare undiscorso pi articolato. Osserviamo infine che se nsono i nodi presenti in una rete, le LKC ci forniscono nrelazioni lineari tra le varie correnti di lato della retestessa. Dimostreremo in seguito che di queste n equa-zioni una, scelta a caso, pu essere ottenuta come com-binazione lineare delle altre n-1, che risultano inveceindipendenti.

    La seconda legge di Kirchhof f

    Consideriamo ora una maglia di una rete e supponiamodi percorrerla - di andare cio da un lato al successivo- in uno dei due possibili versi. La scelta di un verso sudi una maglia equivale, in termini specifici, alla suaorientazione. Proviamo a sommare algebricamente letensioni su ogni lato della maglia cos come le incon-triamo seguendo lorientazione prescelta. Anche quialgebricamente sta a indicare che ogni tensione verrpresa con il proprio segno o con il segno opposto aseconda che il verso prescelto per essa sul singolo latocoincida o non con quello di orientazione della maglia.Dato che la tensione su ogni ramo per definizionelintegrale di linea del campo E lungo una linea checollega i due morsetti del bipolo inserito nel ramo, edin virt della scelta di sommare algebricamente talitensioni lungo la maglia, tale somma verr a coinciderecon l'integrale di E lungo una linea chiusa. In regimestazionario tale circuitazione deve essere nulla e talesar dunque la somma delle tensioni lungo la maglia.

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  • V12+V23+ V34+V45+...........+Vk1= 0 (II.2)

    Ne discende dunque la seguente seconda legge diKirchhoff o legge di Kirchhoff per le tensioni (LKT) :in una maglia la somma delle tensioni di lato, prese conil proprio segno o con il segno opposto a seconda che illoro verso coincida o non con un verso di orientazionedella maglia in precedenza scelto, identicamente nulla. Possiamo verificare la validit della legge precedente-mente enunciata ragionando anche in un altro modo: inregime stazionario ogni tensione in realt una diffe-renza di potenziale e potr essere messa sotto la formaVr - Vs, dove con Vr e Vs si sono indicati i potenziali neinodi, rispettivamente, r ed s. La somma di cui sopraavr dunque laspetto seguente:

    V1 - V2 + V2 -V3 + V3 - V4 + ........ + Vk - V1 ,

    ed , evidentemente, identicamente nulla perch ognipotenziale di nodo compare due volte e con segnoopposto. Osserviamo quindi che la validit della LKTpu essere anche fatta discendere dalla semplice defi-nizione di bipolo, in particolare dal fatto che per unbipolo si pu, per definizione parlare di una tensione aisuoi morsetti indipendente dal percorso, cio di unadifferenza di potenziale. Osserviamo infine che la LKTimpone legami lineari tra le tensioni di lato.Per una rete di l lati non in generale possibile dire,senza specificare meglio la rete, quante sono le magliechiuse che in essa si possono formare. E ci evidentese si pensa che alcuni nodi possono non essere collega-ti tra di loro direttamente. Anche in questo caso vedre-mo per che solo un sottoinsieme di tutte le equazioniche si possono scrivere alle maglie in realt costituitoda equazioni linearmente indipendenti: per la preci-

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  • sione un numero di l -(n - 1) equazioni. Vedremo inseguito come le equazioni scritte in base alla LKC edalla LKT ci consentono di risolvere una qualsiasi rete,nel senso specificato in precedenza.

    Il grafo di una rete e le equazioni indipendenti

    Per studiare una rete possiamo per il momento pre-scindere dalla natura dei vari bipoli che ne costituisco-no i diversi rami, e focalizzare la nostra attenzione sullastruttura della rete stessa, cio sul modo in cui i bipolisono collegati tra loro. Una tale struttura, che per larete in esame mostrata nelle immagini a lato, prendeil nome di grafo della rete.In un grafo possiamo individuare rami e nodi, i punticio in cui convergono pi di due rami. Se poi orien-tiamo ogni ramo del grafo, scegliendo uno dei due versipossibili su ogni ramo, diremo che il grafo orientato.Chiameremo albero di una rete un insieme di rami cheunisce fra di loro tutti i nodi della rete senza formaremaglie chiuse. Ovviamente esistono in generale pialberi per una rete avente un determinato grafo. Ilcomplemento di un dato albero a tutta la rete, cio lin-sieme dei rami che restano esclusi dallalbero, prende ilnome di coalbero della rete. Nelle immagini sono indi-cati con tratto pi grosso due possibili alberi per la reteche stiamo esaminando.Sfruttando queste definizioni possibile ricavare inmaniera molto semplice alcune propriet generali di ungrafo. Per un grafo orientato, infatti, possiamo scriveren equazioni ai nodi, se n sono i nodi, che derivano dal-lapplicazione della LKC ad ogni singolo nodo.Supponiamo di scrivere tali equazioni nella forma cheesse assumono quando si sceglie di imporre lannulla-mento della somma delle correnti entranti; natural-mente possibile anche la scelta opposta, ma, per il

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  • ragionamento che vogliamo sviluppare, essenziale chesi convenga di fare la stessa scelta per ogni nodo. Inqueste condizioni nel sistema di equazioni cos ottenu-to ogni corrente comparir una volta con il segnomeno in una equazione ed una volta con il segnopi in unaltra equazione, dato che ogni ramo colle-ga due nodi ed uno stesso orientamento risulterentrante per luno e uscente per laltro. Se, a questopunto, sommiamo tutti i primi membri delle equazionidel sistema abbiamo una espressione algebrica che, percostruzione, identicamente nulla. La stessa cosa acca-de per la somma dei secondi membri. Il fatto che dalnostro sistema di equazioni, sommando membro amembro tutte le equazioni, si ottiene una identit, cidice che in realt almeno una delle equazioni presa acaso potrebbe essere ottenuta con una opportuna com-binazione lineare delle altre n-1. Le n equazioni, dun-que, non sono tra di loro indipendenti, il che significa,in termini fisici, che linformazione contenuta in unadelle equazioni gi contenuta nelle altre: essa inrealt ridondante.Siamo portati a dire, dunque, che la LKC consente, peruna rete con n nodi, di scrivere al pi n-1 equazioniindipendenti tra di loro. possibile affermare ancheche almeno n -1 sono indipendenti. Infatti immaginia-mo di scegliere un albero della rete che abbia la carat-teristica di non avere pi di due rami che confluisconoin ogni singolo nodo, cos come mostrato, per esem-pio, nelle immagini; esso sar costituito per definizioneda n -1 rami.Supponiamo di numerare i nodi del grafo in ordineprogressivo cos come essi vengono incontrati percor-rendo lalbero prescelto. Per ognuno dei primi n -1nodi scriviamo le equazioni che esprimono la LKC.Numeriamo anche i rami, magari con numeri romaniper non creare confusione, cos come vengono incon-

    38 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

  • trati percorrendo lalbero della rete. Si avr dunque cheil ramo I dellalbero congiunger i nodi 1 e 2, il ramo IIi nodi 2 e 3 e cos via. Nella figura sono mostrati anche,con tratto pi sottile, i rami del coalbero. Orbene dallaequazione che esprime la LKC al primo nodo possiamoricavare lincognita iI in funzione delle correnti in altrirami non appartenenti allalbero, cio del coalbero.Nella equazione relativa al secondo nodo compariran-no le correnti iI ed iII, ma utilizzando la prima equazio-ne si potr ottenere una equazione in cui iII comparirin funzione di tutte correnti del coalbero. Loperazionepu essere evidentemente ripetuta per tutte le n-1 cor-renti dei rami dellalbero. A questo punto abbiamoottenuto un sistema di equazioni, derivato dal prece-dente, nel quale in ogni equazione compare in esclusi-va una corrente di un ramo dellalbero. Pertanto talesistema deve essere necessariamente costituito da equa-zioni tutte indipendenti tra loro.Abbiamo, dunque mostrato che la LKC consente discrivere n -1 equazioni indipendenti per le correntidella rete. Dimostreremo ora che le LKT consentonoinvece di scrivere l - (n - 1) equazioni indipendenti trale tensioni di lato (l il numero complessivo di rami delgrafo). Infatti osserviamo in primo luogo che i ramidel coalbero sono pari ad l -(n - 1) per definizione.Costruiamo, poi, un sistema di l - (n - 1) maglie chiuseaggiungendo, di volta in volta, ai rami dell'albero unoramo, ed uno solo, del coalbero. Che questa operazio-ne porti alla costruzione di maglie chiuse discende inmaniera evidente dalla definizione di albero. Esso,infatti, congiunge tutti i nodi della rete. Laggiunta diun altro ramo, che collega due nodi a caso, dovrnecessariamente chiudere una maglia - eventualmentecon qualche appendice che converremo di non pren-dere in considerazione. Orbene le equazioni che si

    Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 39

  • ottengono dalla LKT per tali maglie sono necessaria-mente indipendenti, in quanto in ognuna di esse com-parir una incognita in esclusiva: quella del particolareramo del coalbero che ha contribuito a formare lamaglia.In conclusione, dunque, la LKT ci consente di scrivereun numero di l - (n - 1) relazioni lineari tra le tensionisui rami della rete. Nel complesso, dunque, attraversolapplicazione della LKC e della LKT si possono scri-vere l relazioni lineari indipendenti tra le l correnti dilato e le l tensioni di lato. Daltra parte le caratteristichedei bipoli ci forniscono ancora l relazioni - questa voltanon necessariamente lineari - tra