Elena Glinskaja (1508-1538) e il muro della riconciliazione

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    Elena

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    Elena Glinskaja e

    il muro della riconciliazione.

    di Tatiana Polomochnykh

    La storia ha delle preferenze. Alcuni personaggi li tratta come figli

    prediletti e riserva loro un posto donore nella memoria dei posteri. Altri

    invece sono dei figliastri, dimenticati perch figure scomode. Nella

    storia russa esiste una Cenerentola, che sedeva sul trono moscovita. E

    famosa perch indusse il suo sposo, perdutamente innamorato, a radersi,

    contro ogni precetto della Chiesa ortodossa. Meno noto invece che,rimasta vedova, per ben cinque anni tenne saldamente le redini del

    governo russo. Nel quinto centenario della sua nascita ricordiamo questa

    straordinaria personalit.

    A parte lavvenenza, Elena

    Glinskaja (150813.04.1538)

    di femminile aveva forse

    quella capacit di ascolto e di

    comunicazione che sono pi

    rare negli uomini ma sono

    necessarie per essere un

    sottile diplomatico, unlungimirante politico, un

    buon amministratore. Questi

    compiti Elena dovette

    svolgerli dopo la morte del

    marito, quale reggente

    durante la minorit del figlio

    Ivan, dimostrando grandi

    capacit di governo.

    Per prima cosa dovette

    affrontare la guerra che le fumossa dal Re di Lituania

    Sigismondo, spinto

    dallillusione di trovare il

    paese disorientato e inerme

    sotto la guida di una donna. Lerrore gli cost la sconfitta. Nel 1537

    Elena riusc a rafforzare ulteriormente la posizione del suo Paese sui

    confini europei, stipulando un trattato di pace e libero commercio con la

    Svezia. Contemporaneamente dovette preoccuparsi del confine orientale,

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    minacciato dal regno di Kazan e dal canato di Crimea, sorti entrambi

    sulle rovine dellOrda dOro e popolati dalla stessa genia di predatorinomadi, figli del grande Allah. La Granduchessa condusse

    personalmente le trattative con le loro ambasciate, prendendo le

    decisioni dopo aver consultato i pareri della Duma. Quando scoppi

    lennesimo conflitto armato, mand a difendere la frontiera il suo

    favorito boiardo Obolenski, il noto condottiero. Cos vinse anche questa

    sfida.

    Anche in politica interna Elena rivel una grinta non comune. Riusc

    infatti a fare, iniziare o progettare pi del marito, che aveva avuto a

    disposizione tre decenni. Intraprese la riorganizzazione del sistema

    governativo regionale, anche se fu poi il figlio a completare la riforma.

    Unific la moneta, sollecitando la graduale fusione economica di areestoricamente diverse.

    Nacque cosi il copeco, che

    cominci a circolare

    insieme con le monete di

    Novgorod, Pskov e Tver,

    man mano soppiantandole.

    Cento copechi facevano un

    , un rublo, parola

    formata dal verbo ,

    tagliare, riferita ad un

    pezzo tagliato cio un

    lingotto dargento di un

    determinato peso. Pure il

    copeco era dargento puro,

    come le altre tre monete

    concorrenti, ma di forma

    ovale e, cosa pi

    importante, riportava lo

    stemma statale della

    Moscovia con limmagine

    del patrono della citt, San Giorgio, a cavallo e armato di lancia.Appunto da questa lancia, in russo [klpjo] deriva il nome della

    nuova moneta. Limmagine di quel bellicoso Santo, soprannominato dal

    popolo Porta-vittorie (Pobedonosez) trasformo ogni singola moneta in

    un portafortuna, che proteggeva il suo proprietario e ammoniva gli

    stranieri. Se pensiamo che di mass media in Russia quasi non ce nerano

    ancora, possiamo renderci conto della funzione pubblicitaria di questo

    lucky penny, che rappresentava uno spot allunit nazionale sotto la

    dinastia moscovita.

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    Elena per dei talismani si fidava poco e non abbassava la guardia nei

    confronti delle minacce esterne. Cosi sul confine lituano furonoricostruite a fondo le vecchie fortezze come Jaroslavl, Ustug, Sebej,e sul

    confine tartaro Pronsk. Nella stessa Mosca i lavori proseguivano senza

    sosta. Nel 1534 il cantiere intorno alla cella campanaria sulla vecchia

    piazza Rossa allinterno del Cremlino era ancora aperto, quando

    larchitetto incaricato alla costruzione, lItaliano Petrok Malyi (Pietro il

    Maggiore) venne impiegato in unaltra grandiosa opera. Si trattava del

    muro difensivo intorno al Velikij Possad, quartiere adiacente al

    Cremlino.

    I boiardi spiavano questa esplosione di energia. Ai loro vecchi rancori

    contro il sovrano ora si era aggiunta lumiliazione di dover ubbidire a

    una donna. La considerazione delle donne presso la societ russa lascia

    molto a desiderare anche oggi, ma a quellepoca non esisteva proprio. Lasituazione di questa met della popolazione in Moscovia era peggiore

    che nella Russia meridionale: i moscoviti indigeni di etnia ugro-finnico-

    turca gi erano tutti semi-schiavi, governati da una sottile fascia di

    aristocratici slavi, discendenti dei nobili principi di Kiev. E il rapporto

    servile si riproduceva a scala inferiore: doppiamente schiavi i prigionieri

    di guerra, i figli venduti dai padri, i debitori insolventi e le donne. Ma

    Elena aveva unaltra mentalit: era cresciuta in Lituania, dove gi a quei

    tempi erano forti gli influssi culturali occidentali. E parlava, oltre che

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    Lituano e Russo, anche Polacco, Tedesco, Latino. Proprio questa

    mentalit diversa spiega la sua interpretazione dei poteri di reggente.

    III. . .

    In realt resta aperta la questione dellassetto che il testamento di

    Vassilij III voleva realmente dare al governo moscovita affidando la

    reggenza alla futura vedova. Le cronache dellepoca danno due

    interpretazioni divergenti. Quella favorevole ad Elena spiega

    laffidamento della reggenza alla vedova la preoccupazione del gran

    principe di stemperare la rivalit tra le grandi famiglie impedendo loro di

    competere per la successione. Secondo gli oppositori, invece, Elena

    avrebbe usurpato il potere, contraddicendo di fatto le tradizioni secolari

    della casata Moscovita, che non prevedevano una donna a capo dello

    stato. La storiografia dipende dalle opposte versioni delle cronache,

    perch non esiste il testo originale del testamento di Vassilij III e i

    resoconti che ne fanno le due cronache sono generici e tendenziosi.Certo lipotesi pi persuasiva sembra essere quella di una decisione

    interlocutoria da parte del gran principe, nellillusione di poter bilanciare

    una reggenza debole e una Duma strapotente con un terzo organo, il

    consiglio di tutela dellerede, composto in parte da bojardi e in parte da

    persone fidate scelte al di fuori della Duma. Ma leffetto, del restio

    prevedibile, fu di indurre i bojardi lasciati da parte a coalizzarsi contro il

    nuovo assetto, sotto la guida dei due piu autorevoli del momento, Belskij

    e Mstislavskij. In realt il consiglio di tutela fu di fatto paralizzato sia dai

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    contrasti della Duma sia dal fatto che tutte le sue decisioni dovevano

    essere convalidate dalla granduchessa. La triarchia dur meno di unanno. Elena si ribell al Consiglio, alleandosi coi bojardi dissidenti, e in

    particolare Obolenskij.

    Fu costui a scoprire e denunciare vere o presunte congiure dei bojardi-

    tutori per dare il potere ad uno dei due fratelli del defunto Vassili III

    Jurij, e ancor prima di loro allo stesso zio di Elena, capo del clan dei

    Glinskij. Allevato alla corte dellImperatore Massimiliano, il potente

    Mikhail Glinskij aveva studiato medicina allUniversita di Bologna,

    prima di tornare in Germania e condurre la campagna militare nella

    Frisia orientale che gli valse lonorificenza del Toson dOro. Partecip a

    varie battaglie anche nella natia Lituania, dove divenne comandante

    della guardia personale del re Alessandro e accumul ricchezzeleggendarie. Morto Alessandro, i contrasti col successore Casimiro lo

    indussero ad emigrare a Mosca con tutto il suo clan, incusa la nipotina

    Elena. Non lo avesse mai fatto! Dopo la controversia con Vassili III per

    la trasformazione di Smolensk in una satrapia di nome Borisfeno,

    Glinskij, che ambiva di diventarne il Duca dopo averla tolta lui stesso ai

    lituani, ingannato e deluso, cerc di tornare in Lituania, ma fu sorpreso e

    fin per il tradimento in prigione, da dove usci solo dopo dieci anni. Non

    appena divenuta granduchessa, Elena ottenne infatti la sua liberazione; a

    farne le spese furono i bojardi, perch Vassilij impose loro il pagamento

    di unenorme cauzione a garanzia della fedelt dello zio. Questultimo

    non ricambi tuttavia la nipote, pretendendo di assumere lui stesso le

    redini del governo e di intromettersi pure nella vita privata della

    granduchessa. Elena si comport invece come tutte le donne che

    arrivano al potere: smise di obbedire al proprio clan e divenne testarda e

    pragmatica.

    Qui passiamo alla pagina nera del governo di Elena. I tre cospiratori

    uno dopo laltro furono lasciati morire di fame in prigione. Non poteva

    lavarsene le mani. Bisognava lottare. E per resistere contro i Bojardi, si

    affacci fuori del Cremlino, nelladiacente borgo Velkij Posad.

    Quel prestigioso borgo era popolato in parte da ricchi mercanti eartigiani, in parte dalle famiglie aristocratiche, che Ivan III aveva

    cacciato dal Cremlino nel tentativo di trasformare la propria residenza in

    ordinato e silenzioso Tempio del potere: e nonostante fosse ormai

    trascorsa una generazione, gli eredi degli espulsi ne serbavano ancora

    intatto il rancore. Quelle famiglie potevano per diventare alleate contro

    la corte ed Elena punt alla riconciliazione regalando al quartiere il vallo

    difensivo perimetrale. Il 20 maggio del 1534 ordin di scavare il

    profondo fossato che delimitava un vasto perimetro rettangolare intorno

    a quasi tutto il quartiere.

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    Con la terra estratta fu creato un terrapieno, pressandola allinterno di

    uno stampo, i cui bordi erano fatti di pali conficcati uniti tra loro conrami intrecciati. Tutta la popolazione, eccetto i pi ricchi, partecip ai

    lavori, e il vallo fu terminato appena in un mese. Ma Elena non era

    soddisfatta: il confronto col formidabile castello del Cremlino restava

    troppo stridente. Bisognava riscrivere questa brutta copia in bella,

    rivestendola di blocchi di pietra calcarea e mattoni. I fondi a

    disposizione della sovrana erano per gi esauriti, e fu necessario

    imporre una speciale tassa progressiva sul reddito. Il clero ovviamente

    era esente, ma con le buone o le cattive Elena ottenne comunque un

    donativo dal Metropolita Daniil.

    Il 16 maggio dellanno 1535 la processione religiosa guidata dal

    Metropolita fece un giro lungo tutto il vallo per benedirlo con lacquasanta. Dopo di che larchitetto di corte Petrok Malyj, la massima autorit

    nel campo edilizio di allora, cominci i lavori.

    Limpresa dur quattro anni. Alla fine ne usc un colosso, che

    misurava due chilometri e mezzo di lunghezza, sei metri e mezzo di

    altezza, con quattordici torri di sei con porta e una superficie di circa 520

    ettari. Come quello del Cremlino il nuovo muro era circondato da una

    fascia di rispetto e da un profondo fossato completamente rivestito con

    le pietre e riempito dacqua dalle sorgenti.

    Cos il quartiere cittadino si univa ora al superbo Cremlino, formando

    con esso ununica irregolare figura geometrica. Nel suo centro, nel punto

    dove il segmento triangolare del Cremlino tocca il quadrilatero della

    nuova fortezza, si trovava lodierna Piazza Rossa. Il muro della

    riconciliazione chiuse i lati corti della piazza, e col muro del Cremlino

    che aveva gia, nacque un maestoso e omogeneo complesso

    architettonico. Pur essendo pi bassa di circa tre metri rispetto al muro

    del Cremlino, la muraglia petrokiana aveva la stessa conformazione,

    rivestita di mattone e dotata di feritoie. La differenza tra le due

    costruzioni si notava solo dallesterno, perch la muraglia di Petrok era

    sormontata da una massiccia caditoia, per maggior efficienza difensiva.

    La seconda roccaforte di Mosca, destinata ai suoi cittadini, anche se ipiu copiosi, personificava gli sforzi di Elena di dare alla citta un certo

    equilibrio sociale, oltre che di rafforzarla militarmente. Questa e la

    sottile differenza con loperato del suo suocero, del marito e poi del

    figlio, anche loro incessantemente impegnati nella costruzione di grandi

    e piccole fortezze. Sotto Elena cambia lo schema difensivo urbanistico

    delle citta come Jaroslavl, ricostruite per volere di Elena Glinskaja

    sempre dallo stesso architetto di corte, Petrok Malyj: la molecola del gia

    esistente Cremlino si riproduce, generando la seconda, attigua fortezza, e

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    la zona comune per entrambe viene costituita dalla piazza-nucleo, che a

    Mosca e la Piazza Rossa. Cosi anche in periferia la sovrana opta per lacittadinanza forte, autodifesa, auto-gestita. E questa la meta, verso quale

    lei muove uno dopo laltro i suoi passi, riformando il sistema di governo

    nelle regioni, unificando la moneta e facendo erigere altre fortezze.

    Il muro di Velikij Possad impressiono tutta la societa al punto che al

    quartiere fu subito attribuito un altro nome. Da allora e fino ad oggi esso

    si chiama Kitaj Gorod. Kitaj in russo vuol dire Cina. E il turista

    europeo, ormai rassegnato alla prevalenza cinese in alcune aree centrali

    nelle citta del suo paese, non si scandalizza. Una Cinatown anche qui,

    pensa quasi compiaciuto. Ma non gli possiamo dare soddisfazione. E

    vero che i vecchi autorevoli dizionari russi, come quello etimologico di

    Max Fasmer e quello monolingue di Vladimir Dal, cadono nella

    trappola spiegando la provenienza del nome del quartiere moscovita,

    appunto, dalla parola Cina. Il problema e che a Mosca del XVI secolo

    della Cina ancora non si sapeva nemmeno lesistenza e il commerciodoveva aspettare altri due secoli e la conquista della Siberia per essere

    avviato in quella direzione.

    Un'altra teoria, piu moderna, propone come radice etimologica del

    nome Kitaj Gorod la parola italiana citta, probabilmente messa in

    circolazione dagli Italiani, soprattutto Petrok Malyj.

    Sembra che la consonante c potrebbe cambiare in k (come cinema

    - kino). La teoria non regge, perch gli Italiani a Mosca non erano

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    circondati da un mito e non avevano degli ammiratori che studiassero la

    loro lingua, facendo magari appunti su corteccia di betulla.

    Qualche altro storico suggerisce di esaminare in proposito lesistenza

    della parola slava antica kita, che vuol dire lintreccio, per esempio

    nel confezionare le canestre, le siepi, la copertura del tetto ecc. Potrebbe

    essere la caratteristica distintiva del Velikij Gorod per quellanno

    quando i rami intrecciati vennero usati per formare lo stampo della

    muraglia di terra battuta. Ci sembra tuttavia il nome troppo poco

    dignitoso per un quartiere in assetto di guerra. Prendiamo dunque in

    esame lultima supposizione, offerta nellEnciclopedia illustrata dellarte

    russa, edizione Trilistnik nel 2001, che fa emergere il vocabolo antico

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    turco qatah, che vuol dire barriera, fortificazione. Il termine

    riportato anche nel dizionario di Radlov del 1899*. E vero, nella linguarussa i prestiti linguistici turchi sono radicati tanto quanto gli occhi a

    mandorla nel tipo fisionomico russo o il sapore orientale nel nazionale

    concetto di bellezza. Ricordiamo che i Moscoviti indigeni erano parenti

    e alleati dei Mongoli. Ma la parola turca da sola non poteva essere

    accettata come nome del prestigioso quartiere moscovita. Dunque,

    nacque lincrocio etimologico tra la radice slava kita, intreccio e la

    parola turca qatah, fortificazione. Laggiunta del termine antico slavo

    Gorod, fortezza, funge da marchio dappartenenza e sta per ribadire il

    sopravvento dellidioma slavo sul territorio.

    Cosi la fortezza eretta da un architetto europeo ottenne il nome slavo-

    asiatico. Purtroppo questa non poteva difendere la sua ideatrice, laGrande Elena. Ella mori a soli trentanni di morte strana, inspiegabile,

    del tutto improvvisa agli occhi delle persone che le stavano intorno.

    Secondo molti, fu avvelenata. E anche se nessuno puo provarlo, lo

    conferma la rappresaglia scatenata in seguito dal partito oppositore

    bojardo. Questa si che era vendetta. Obolenski e sua sorella Agrippina,

    la balia del principino Ivan, amati da lui rispettivamente come padre e

    buona zia, furono barbaramente arrestati in sua presenza. Il bambino

    piangeva terrorizzato, ma nessuno lo risparmio.

    Obolenski mori in prigione dopo pochi giorni, Agrippina fu rinchiusa

    in monastero. Poi venne turno dellodiato Italiano. I boiardi gliconfiscarono il podere assegnatogli ancora da Vassili III, insieme con

    tutti i beni che aveva. Petrok Malyj fuggi precipitosamente in Lituania,

    dove si perde di lui ogni sua traccia.

    Quello che successe poi in Moscovia viene ricordato con orrore.

    Liberatosi dalla zavorra, che rappresentava Elena con i suoi sostenitori,

    la ciurma dei boiardi lascio trascinare lo Stato dritto verso gli scogli. Per

    fortuna la nave, approntata dagli ultimi sovrani, risulto inaffondabile

    anche quando i navigatori si rivelarono incapaci e sempre duellanti tra

    loro per il posto al timone.

    Allinizio vediamo su questo posto Vassilij Sciujski, che dopo un annoe gia morto e sostituito dal fratello Ivan. Tra battibecchi e gomitate il

    Cremlino perde di vista i confini orientali del Paese, dove la situazione

    allimprovviso si fa nera. Il metropolita Ioasaf con qualche oppositore

    dei Sciujskij riescono a tirare fuori dalla prigione il veterano Ivan Belskij

    che si slancia a riparare la breccia. Ma appena le orde dei tartari sono

    costrette alla fuga, che Belskij dopo due anni di comando e di nuovo in

    galera e poi ucciso per volere dello stesso Ivan Sciujskij. Questultimo

    stranamente muore subito dopo, sostituito da Fiodor Voronzov, sbucato

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    anche lui dalla prigione per listanza del nuovo metropolita Makarij. Vi

    scontava la pena per il reato di essere amato dal piccolo Ivan IV. E dopotre anni sparisce anche lonnipotente Voronzov, accusato del tradimento

    e giustiziato dallo stesso Ivan, ormai sedicenne, cioe maggiorenne.

    Tutta questa pioggia di malavventurosi venne subito prosciugata dalla

    memoria storica con linesorabile tergicristallo del Fato. Fino

    allavvento dei Romanov nel 1613 i bojardi continueranno a danneggiare

    il Paese. Rimarranno ostaggi ciascuno del proprio clan e difensore degli

    interessi strettamente famigliari. Non faranno altro che discutere chi e il

    piu bello del reame.

    Ma torniamo al nostro grandioso Muro. La fortezza costitu subito una

    curiosita per i viaggiatori a Mosca, che sempre la menzionano nei loroappunti. Gli abitanti invece lo trattano da parassiti, per cosi dire. E di

    nessuno, percio i cittadini si permettono ad appoggiarne comodamente le

    loro case, a fare degli orti sopra le torri e terrazzi. E sicuro, coltivavano i

    cavoli, loro cibo preferito. Danno ancor piu grosso al Muro recavano gli

    incendi, che partivano per la citta quasi sempre proprio da Kitaj Gorod,

    dove la densit della popolazione era maggiore. Pietro I in primis e

    Caterina II in seguito emanarono decreti che proibivano qui le

    costruzioni in legno. Ma figuriamoci se venivano presi alla lettera.

    Ormai decrepito, il Muro fu salutato dal XIX secolo, tempo della

    grande letteratura, ma non ancora della coscienza storico-culturale.

    Nikolaj Gogol, leterno viaggiatore, ne rimase colpito. Nel suo Il

    Revisore il Podest ordina di demolire il vecchio steccato e mettere

    invece un picchetto di paglia, quando allimprovviso si ricorda, che sotto

    di esso ci sono quaranta carri dimmondizie. E si dispera: Appena

    erigi in qualche posto un monumento, o anche solo uno steccato, ci

    portano da chissa dove porcherie dogni genere*. Oggi suona molto

    attuale.

    Chi sapeva togliere limmondizia, era Josif Stalin. Nel 1935, il primo

    anno del suo quinto centenario, il Muro fu demolito. Gli unici pezzi

    rimasti si vedono ora uno nella via Kitajgorodski proezd, laltro nella

    piazza della Rivoluzione, il terzo, che e la base in pietra calcarea dellaporta turrita Varvarskaia, nel corridoio sotterraneo che collega la

    stazione metropolitana Kitaj-gorod con la via Varvarka. Sembrano

    tutti la personificazione del rimprovero verso lingrata umanit.

    Cosi la sorte del Muro di Kitaj Gorod si rivelo piu crudele di quella

    delle Mura Aureliane di Roma. Non gli stata concessa la vita cosi

    lunga. In Russia, ahim, n le grandi testimonianze culturali, n i nomi

    dei loro ideatori meritano immortalit. Per Elena Glinskaja non ce posto

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    nella memoria collettiva, nei libri scolastici della storia russa, sui podi

    delle piazze moscovite.O, forse, sbagliamo?

    * . . . 1899 volume

    II p.279

    * N. Gogol,Il Revisore, Venezia, 1990, p.99.

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    1526 . III, , , .

    http://www.liveinternet.ru/users/3370050/post201011525/

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  • 7/30/2019 Elena Glinskaja (1508-1538) e il muro della riconciliazione

    17/18

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    [1]:8. 1508 .

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  • 7/30/2019 Elena Glinskaja (1508-1538) e il muro della riconciliazione

    18/18

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    , , , 5 .

    [] 1530 ; 1533

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    : 86 (82 . 4 .). ., 18901907.

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