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ELEMENTI
DI FOTOGRAMMETRIA
La Fotogrammetria costituisce quella tecnica che permette di rappresentare
graficamente, alla scala voluta, la forma di un "oggetto" di cui si abbiano due
fotografie, prese da due punti diversi e di posizione nota rispetto ad esso.
Principi della Fotogrammetria
In fotogrammetria vengono utilizzate fotografie dell'oggetto preso in studio per
poterne eseguire il rilievo alle scale volute; le fotografie sono riprese per mezzo di
speciali macchine fotografiche, poste su aerei, aventi particolari caratteristiche.
La fotografia, oltre ad un contenuto qualitativo, possiede un contenuto metrico, in
quanto essa rappresenta una "proiezione centrale" dell'oggetto sul proprio piano.
Consideriamo per esempio un oggetto come la figura piana ABCD rappresentata in
figura 1; proiettiamo i suoi punti da C1 (centro di proiezione) su un quadro a parallelo
al piano contenente la figura. Se ora cancelliamo la figura originaria ABCD,
mantenendo però fissi nella loro posizione gli elementi che cost ituiscono la
proiezione centrale, sarà sempre possibile ricostruirla proiettando i punti A', B', C' e
D' dallo stesso centro di proiezione C1.
In pratica i punti A',B',C' e D' possono essere considerati come le immagini
fotografiche dei corrispondenti punti A,B,C,D, e il quadro come il piano del negativo
fotografico. Pertanto, se risultano noti, rispetto ad un certo sistema di riferimento,
gli elementi della proiezione centrale, la fotografia di una figura piana ha un
contenuto metrico sufficiente per la sua rappresentazione.
Se invece la figura è tridimensionale (come nel caso generale del rilievo del terreno)
la ricostruzione spaziale dell'oggetto può avvenire soltanto da due proiezioni centrali
dell'oggetto stesso eseguite da due centri di proiezione distinti. Su entrambi i quadri
dovranno apparire le immagini di ciascun punto significativo della figura; sul quadro
1 si avranno i punti A',B',C',D' e E mentre su 2 i punti A", B",C", D" e E" (fig. 2).
In pratica è sufficiente scattare due fotografie da due distinti punti di vista per far si
che ogni fotografia comprenda tutti i punti dell'oggetto.
Le due fotografie, proiettate contemporaneamente ed in modo opportuno,
permetteranno, la ricostruzione dell'oggetto fotografato.
Figura 1 Figura 2
Fasi operative del rilievo aerofotogrammetrico
Normalmente il rilievo aerofotogrammetrico si svolgerà secondo le fasi seguenti:
- voli fotogrammetrici (presa);
- operazioni topografiche sul terreno (rete di inquadramento, rete di raffittimento e di
appoggio);
- restituzione dei fotogrammi;
- ricognizione sul terreno (ad integrazione della restituzione);
- disegno ed approntamento dei tipi della carta rilevata ed eventualmente delle carte
derivate.
La presa
Camere fotogrammetriche aeree
Una camera fotogrammetrica aerea si distingue dalle comuni camere fotografiche
per alcune caratteristiche. Anzitutto essa è rigida, l'obiettivo cioè si trova in posizione
fissa rispetto al piano su cui si forma l'immagine, in modo che la distanza principale
resti costante. La seconda notevole differenza, rispetto alle camere usuali, consiste
nel fatto che le loro dimensioni sono generalmente assai notevoli; i formati delle
immagini, sono sempre quadrati e hanno dimensioni 23 cm x 23 cm.
La terza differenza, di carattere sostanziale, consiste nella introduzione di "marche" o
"indici" nel piano della immagine, posti in modo tale che definiscano una coppia di
assi coordinati ortogonali (fig. 4). Tale riferimento insieme alla distanza principale
definisce la posizione del centro ottico dell'obiettivo rispetto al piano principale
(orientamento interno della camera fotogrammetrica).
In pratica le coppie di marche definiscono un sistema di assi di riferimento avente
origine nel punto 0 di intersezione delle congiungenti le coppie stesse; la posizione
del centro ottico C dell'obiettivo rispetto al piano principale è definita dalle
coordinate xP , yP del punto principale e dal valore d della distanza principale.
La differenza quindi tra un fotogramma ed una fotografia consiste sostanzialmente
nel fatto che per il primo è ricostruibile la posizione del centro da cui, per proiezione,
si é ottenuta la prospettiva dell'oggetto fotografato.
Figura 4
Caratteristiche delle camere fotogrammetriche aeree
Una camera da presa aerea in genere è costituita da un supporto, un corpo macchina, un obiettivo ed un magazzino portapellicola.
Supporto La camera è sorretta da un basamento circolare girevole, montato sul pavimento
della carlinga dell'aereo (fig. 6), che permette il suo livellamento, di rendere cioè
orizzontale il piano principale.
Figura 6
La possibilità di ruotare intorno ad un asse all'incirca verticale serve per Ia correzione
della "deriva"; sotto l'azione del vento, infatti, l'aereo, che deve seguire una certa
rotta AD, si sposta lateralmente nello spazio secondo una direzione AC inclinata
rispetto alla rotta prefissata di una angolo , detto angolo di deriva. In queste
condizioni Ia camera da presa scatterebbe fotogrammi che verrebbero a ricoprirsi in
maniera non corretta (fig. 7). Disponendo invece Ia camera secondo Ia direzione AC,
si ripristina Ia sovrapposizione longitudinale per tutta Ia larghezza del fotogramma,
ma Ia strisciata viene a svilupparsi lungo Ia linea AC, che non è quella di progetto; il
pilota allora, per mantenere Ia giusta direzione, deve correggere Ia rotta dell'angolo .
Per Ia determinazione dell'angolo di deriva, che viene effettuata prima dell'inizio della
ripresa, si impiega un semplice dispositivo a traguardi chiamato "derivometro".
MAGAZZINO PORTAMATERIALE SENSIBILE
Figura 7
Obiettivo
Le fotocamere sono classificate in base alla distanza focale e si possono avere:
- Super grandangolare distanza focale 85 mm angolo di campo 125°
- Grandangolare distanza focale 150 mm angolo di campo 95°
- Normale distanza focale 300 mm angolo di campo 57°
L’obiettivo più utilizzato è il grandangolare; quello normale si impiega per carte a grande scala (1:500/1:1000) mentre il super grandangolare per carte a piccola scala (1:25000/1:50000) e la presenza di nuvole non permette di volare a quote elevate.
I tempi di esposizione sono molto brevi per evitare effetti di "trascinamento dell'immagine" che comprometterebbero irrimediabilmente i risultati. II trascinamento (P1P2) ha origine dal fatto che fra l'istante di apertura dell'otturatore e quello di chiusura
trascorre un certo tempo t alla velocità v dell'aereo (Fig. 9). Nelle camere
fotogrammetriche moderne sono stati realizzati dei dispositivi di correzione del trascinamento.
Magazzino
E posto superiormente alla macchina da presa e contiene il rullo di pellicola; la sua capacità è di 120 ÷ 150 m, pari a circa 460 ÷ 480 fotogrammi. Nella sua parte inferiore è presente una piastra di spianamento che va a combaciare con il riquadro superiore del cono porta obiettivo; su tale piastra aderisce la pellicola all'atto della prese, per depressione pneumatica, assicurando cosi l'esatta distanza focale della camera.
Figura 9
Progetto del volo
Dovrà essere redatto un accurato progetto della copertura fotografica tenendo conto di vari
parametri, tra i quali i principali sono:
- Ia quota relativa di volo;
- il ricoprimento longitudinale e trasversale.
La quota relative di volo
La sua scelta è strettamente legata a fattori economici oltre che tecnici. Per quanto riguarda i
primi, è evidente che se si diminuisce il numero dei modelli si riduce costo del progetto
perché diminuisce sia il costo del lavoro topografico a terra che quello di restituzione, essendo
minore sia il numero dei punti da rilevare sia quello dei modelli da orientare. Per i secondi
invece dipende dalla precisione piano altimetrica della carta topografica che si vuole
realizzare, in quanto la quota di volo è in stretta relazione con la scala della carta che
si vuole costruire.
A
B
Dal punto di vista geometrico, considerando un terreno piano ed una presa nadirale, possiamo
scrivere una relazione che lega Ia quota di volo H con Ia distanza principale d della camera, il
formato l del fotogramma e l'abbracciamento L di terreno fotografato (fig.12):
nLH
d 1
essendo:
H = quota relativa di volo d = distanza principale della camera da presa
= formato del fotogramma (23 cm) L = lato del terreno fotografato
1: n scala del fotogramma long = ricoprimento longitudinale
trasv = ricoprimento trasversale b = distanza tra due scatti successivi
t = tempo di scatto (intervallo tra due scatti successivi) v = velocità di crociera dell’aereo
Tale rapporto altro non è che la scala del fotogramma; anzi, dato che nella realtà esso non
può rimanere costante sia per la accidentalità del terreno che per la mancanza di perfetta
nadiralità della presa, si parlerà sempre di "scala media del fotogramma" scegliendo per H un
valore che tenga conto del valore medio della quota. Inoltre tra la scala della carta (1/nc) e
quella del fotogramma (1/n) vi è una relazione che può essere riassunta nella seguente formula:
cnn 200
Valgono le seguenti relazioni:
d
H
b = L – L = L (1-)
inoltre b = v t quindi: v t = L (1-) da cui : t = L (1-) / v
essendo inoltre: L = l H / d si ottiene: )1(
Hvd
lt
Dovendo riprendere una zona di dimensioni L1 x L2 si possono calcolare il numero di strisciate:
)1(
)( 2
trasv
trasv
L
LLm
(L1 = lato direzione aereo; L2 = dimensione trasversale)
Quindi il numero n di fotogrammi di ogni strisciata:
)1(
321
long
long
L
LLLn
Il numero totale di fotogrammi vale quindi: ntot = n x m
Per evitare fotogrammi mossi si deve contenere il trascinamento dell’immagine:
tE = tempo di esposizione (tempo in cui l’otturatore rimane aperto)
T = P1P2 = 0,03 mm trascinamento (il punto P durante il tempo di esposizione si sposta da P1 a P2)
Vale la relazione: dv
HTtE
essendo v = velocità di crociera dell’aereo
Esempio:
Si vuole ottenere una carta in scala 1:2.000.
Sapendo che l = 23 cm, v = 200 Km/h, d = 150 mm, = 60% determinare il tempo di scatto.
Svolgimento
Si assume la scala del fotogramma di circa 1:8.000 (tabella precedente), la quota relativa di volo vale: nH
d 1
H = d x n = 0,150 x 8000 = 1200 m
v = 200 Km/h = 200 x 1000 / 3600 = 55,56 m/s
sec13)60,01(120056,5515,0
23,0
t
Grafico del piano di volo
Con tutti gli elementi suddetti, è ora possibile disegnare il cosiddetto "grafico del piano di volo" su di una carta in scala opportuna; si tracciano cioè le posizioni planimetriche degli assi delle strisciate, si indicano I'inizio e Ia fine di ogni strisciata,Ia quota di volo assoluta, ed infine si individuano dei particolari del terreno che possano servire al pilota per mantenere Ia rotta stabilita. Se non è stata già stabilita una data direzione, ad esempio quella dei meridiani o dei paralleli, le direzioni di rotta vengono scelte parallelamente al la dimensione maggiore della zona da riprendere in modo da ridurre il numero delle strisciate.
Gli schemi da adottare per Ia ripresa sono generalmente due; nel primo (fig.18), il più usato, gli assi di volo, alternati o contigui, sono di senso contrario, nel secondo (fig.19) sono invece dello stesso senso.
I voli infine devono essere eseguiti sempre nelle ore intorno al mezzogiorno solare per
ridurre al minimo le ombre; le stagioni più propizie saranno quindi Ia primavera, quando
ancoro Ia vegetazione non è rigogliosa, e I'autunno, dopo Ia caduta delle foglie.
Operazioni topografiche sul terreno
Generalmente il lavoro topografico a terra si articolerà in tre fasi:
- la prima, in cui si determina una rete generale di inquadramento, consiste nell'individuare
tutti i vertici della rete geodetica (preesistente) ed i capisaldi dislocati nella zona interessata
dal rilievo;
- la seconda, in cui normalmente si eseguono operazioni topografiche per
l'infittimento (o raffittimento) della rete geodetica di base o per un eventuale
rifacimento;
- la terza, in cui si stabilisce la rete dei punti di appoggio necessari, come si vedrà in seguito,
per l'orientamento assoluto dei fotogrammi.
• -11.
Figura 18 Figura 19
Le operazioni relative al le prime due fasi di lavoro verranno organizzate
dettagliatamente prima di eseguire la copertura aerea; quelle della terza fase, invece, dopo il
volo.
Oggi, tali operazioni sono condotte, sempre più spesso, con il sistema di posizionamento
satellitare GPS.
Rete di inquadramento
Generalmente, per motivi di carattere economico, viene scelta coincidente con quella dei
vertici della rete nazionale per la porzione di territorio da rilevare.
Offrono garanzie sufficienti i vertici dei primi tre ordini e, per vertici del IV ordine, quelli rilevati
dopo il 1942 dall'Istituto Geografico Militare Italiano (I.G.M.); risultano utilizzabili anche i
vertici delle triangolazioni catastali, limitatamente alle reti e sottoreti e, per le zone costiere,
i vertici della triangolazione dell'Istituto Idrografico della Marina (I.I.M.).
In generale, poi, è bene adottare soltanto le coordinate planimetriche, mentre per quanto
riguarda le quote è indispensabile l'allacciamento alla rete di livellazione geometrica
dell'I.G.M. ovvero alle linee di livellazione di precisione, istituite da altri Enti, purché
collegate alla rete nazionale.
Rete di infittimento
Dopo avere scelto la porzione di rete già rilevata che si può includere nel rilievo, è necessario
eseguire una serie di operazioni topografiche di infittimento della stessa perchè nella maggior
parte dei casi non é sufficientemente densa per i nostri scopi. Tale infittimento, deve essere
organizzato in modo da rendere agevole la determinazione dei punti planimetrici di appoggio; i
punti di infittimento potranno essere disposti, ad esempio, alle estremità delle strisciate ed a
metà della loro lunghezza oppure sul contorno del blocco.
Circa i metodi topografici di rilievo per la determinazione planimetrica dei punti di infittimento, si
adottano la triangolazione, le intersezioni multiple e le poligonali; per quanto riguarda le quote, è
necessario ricorrere alla livellazione geometrica in quanto la precisione dei vertici trigonometrici
non é sufficiente.
Da notare infine che è utile individuare sul terreno i vertici di infittimento con segnali permanenti in
modo da poterli utilizzare anche per eventuali future operazioni di rilevamento; a tale scopo,
infatti, vengono redatte accurate monografie onde permetterne il facile e sicuro ritrovamento.
Rete dei punti di appoggio
La determinazione delle coordinate dei punti di appoggio non offre difficoltà notevoli sempre
che la rete generale di inquadramento e quella di infittimento siano state ben progettate e
realizzate.
I metodi di rilievo impiegati sono le intersezioni multiple, le poligonali che collegano alcuni punti
alla rete di inquadramento.
Per rendere facilmente individuabili i punti di appoggio si cerca di farli coincidere con particolari
naturali chiaramente identificabili oppure si ricorre ad appositi segnali di dimensioni variabili a
seconda della scala del fotogramma.
Le posizioni di tali segnali vengono individuate accuratamente su copie positive dei fotogrammi
e indicate chiaramente con circoli o sigle.
La restituzione
Generalità
Rifacendoci alle definizioni introduttive, ricordiamo che il problema fondamentale che occorre
risolvere per ottenere con il metodo fotogrammetrico la rappresentazione del terreno rilevato è un
problema di proiettività nello spazio, dato che, come si è visto, esiste corrispondenza biunivoca
fra ciascun punto del terreno ed i punti omologhi sui fotogrammi. In pratica, la risoluzione di tale
problema, cioè la realizzazione di una rappresentazione cartografica, avviene in modo continuo
e senza esecuzione di calcoli, per mezzo di appositi strumenti detti "restitutori" .
La "restituzione", nome con cui si indica tutta la serie di operazioni mediante le quali si
perviene appunto alla rappresentazione (grafica o numerica) del terreno, può essere
effettuata:
a) sfruttando coppie di fotogrammi (modelli);
b) sfruttando singoli fotogrammi.
Per quanto riguarda il punto a), la restituzione, in base agli strumenti impiegati, si distingue in:
- analogica, eseguita con apparecchi che permettono una ricostruzione, rigorosa e
in scala ridotta, dell'oggetto che si vuole rappresentare;
- analitica, quando si effettuano soltanto misure sul piano delle lastre
fotograf iche con special i strumenti chiamati "stereocomparatori" e
successivamente si opera esclusivamente per via analitica tramite elaboratori elettronici;
Riguardo al punto b) si possono avere:
- il raddrizzamento, procedimento impiegato per terreni pianeggianti, che sinteticamente
consiste in un'operazione di proiezione eseguita con particolari ingranditori automatici detti
"raddrizzatori";
- l'ortoproiezione (o raddrizzamento differenziale), mediante il quale è possibile ottenere la
rappresentazione del terreno anche nel caso di terreno non pianeggiante.
Osservazione dei fotogrammi
In fotogrammetria, per consentire la visualizzazione tridimensionale degli oggetti fotografati e la
misura accurata delle coordinate dei punti restituiti, viene riprodotta una procedura simile al
meccanismo fisiologico della vista umana, la visione stereoscopica. La visione stereoscopica
può essere definita come la capacità di percepire e valutare la distanza tra gli oggetti osservati
rispetto all'osservatore. Nelle persone la visione stereoscopica è innata ed è dovuta alla
possibilità di osservare una scena da due punti di vista diversi (i due occhi).
L'occhio umano è caratterizzato da alcuni aspetti generali:
- il campo visivo ad asse orizzontale è mediamente 180g (162°);
- la distanza interpupillare a mediamente di 65 mm;
- la distanza della visione distinta è di circa 250 mm;
- il potere separatore (=capacitá di distinguere fra di loro due punti posti sul piano della
visione distinta ) è di circa 0.029 (0.018°);
Quest'ultima capacità diventa ancora migliore se si tratta di giudicare la coincidenza tra due
linee.
La visione stereoscopica naturale si basa sulla parallasse stereoscopica angolare () e sulla
corrispondente parallasse stereoscopica lineare (px) (fig. 20).
—> angolo formato tra
le visuali che dal punto
P vanno agli occhi
px —> differenza tra i
due segmenti x1 e x2
intercettati dalle due
direzioni delle visuali
sul piano della visione
-65mm
Parallasse angolare stereoscopica e parallasse lineare px
Figura 20
La diversa distanza tra due punti A e B dall'osservatore è valutata in funzione della
differenza di angoli di parallasse stereoscopica angolare a - b (fig. 21).
B
Viene definito potere stereoscopico il minimo angolo di parallasse corrispondente
alla massima distanza (portata stereoscopica) oltre Ia quale non si ha più Ia
sensazione del rilievo minima differenza tra gli angoli di parallasse (a - b = min.)
per Ia quale si riesce ancora ad apprezzare una differenza delle distanze.
La restituzione analogica
Costituiva il procedimento maggiormente impiegato per lo sfruttamento dei
fotogrammi aerei e terrestri onde ottenere, per il loro tramite, Ia rappresentazione,
cartografica o dati numerici di precisione del terreno. L'analogia deriva dal fatto che
vengono ricreate le condizioni di presa ricostruendo (in scala r idotta)
meccanicamente o otticamente, mediante i restitutori, un modello, vero e proprio del
terreno.
Orientamento interno
Lo scopo di questa fase è quello di disporre il centro di proiezione e il fotogramma
nella posizione relativa che essi avevano all'atto della presa.
Si tratta quindi di posizionare il fotogramma in modo che le immagini delle marche
fiduciali coincidano con le marche riprodotte sul telaio porta-fotogrammi dello
strumento e di impostare il valore della distanza principale dedotto dal certificato di
calibrazione della camera fotogrammetrica.
Orientamento esterno
La posizione di una camera nello spazio è definita da sei movimenti, tre lineari e
tre angolari; considerando che in un restitutore le camere sono due, i movimenti
sono quindi dodici (parametri di orientamento).
Eseguire l'orientamento esterno significa formare il modello tridimensionale del
oggetto fotografato in una scala qualunque e in una posizione spaziale arbitraria
(orientamento relativo), ridurre in scala il modello in rapporto alla scala della carta e
ruotarlo e traslarlo rigidamente in modo da orientarlo correttamente rispetto al terreno
(orientamento assoluto).
Orientamento relativo di una coppia di fotogrammi
Eseguire l'orientamento relativo di una coppia di fotogrammi significa porre nella
corretta posizione una camera rispetto all'altra. Se posizioniamo arbitrariamente nello
spazio una camera del restitutore, sarà sempre possibile trovare la posizione della
seconda camera in modo tale che venga realizzata l'intersezione dei raggi omologhi.
Poiché ogni camera ha sei gradi di libertà, se ne blocchiamo una e ruotiamo e
trasliamo l'altra (considerando che la traslazione lungo la congiungente i centri di
proiezione fa solo variare la scala del modello stereoscopico), per realizzare
l'orientamento relativo (asimmetrico) si avranno cinque movimenti soltanto. Si
dimostra che basta realizzare l'intersezione di cinque coppie di raggi omologhi
perché si formi il modello stereoscopico; in altre parole bisogna fare in modo che le
cinque coppie di raggi omologhi siano complanari (prima dell'orientamento relativo
infatti i raggi omologhi sono sghembi). Con riferimento alla figura 31/A, i raggi
omologhi provenienti dai proiettori S e D non intersecano il piano (lo schermetto
dell'organo di collimazione del restitutore) quando esso si trova nelle posizioni a e c.
Poiché lo schermetto può traslare sulla verticale, l'operatore troverà la posizione b in
cui avviene la corretta intersezione dei raggi omologhi consentendo di ottenere la
proiezione del punto P. Nelle posizioni a e c la proiezione dei raggi del punto P, P1 e
P2 sono più o meno distanti tra loro: questa distanza prende il nome di parallasse
orizzontale; naturalmente quando l'intersezione avviene nella posizione b dello
schermetto, tale parallasse è praticamente nulla.
Si osservi adesso la figura 31/B: in nessuna posizione dello schermetto si ottiene la
corretta intersezione dei raggi omologhi; le parallassi orizzontali sussistono (posizioni
a e c), ma si ha un'ulteriore componente (parallasse verticale) che non è annullabile
col variare della posizione dello schermetto. In questa condizione non si ottiene
l'intersezione dei raggi omologhi e conseguentemente il modello non potrà formarsi.
31/A Figura 31 31/B
Orientamento assoluto di un modello stereoscopico
Formato il modello con l'orientamento relativo si procede con la fase di orientamento
assoluto. In pratica questa operazione si divide in due fasi distinte e successive: il
dimensionamento e il posizionamento del modello. II modello stereoscopico formato e i
due fotogrammi già orientati internamente vengono, d'ora in poi, considerati come un
unico corpo rigido.
II modello stereoscopico ottenuto sarà in scala incognita e non posizionato
correttamente (non orientato) nello spazio. Per procedere alla corretta collocazione,
rispetto al sistema assoluto (per es. il sistema cartografico Gauss-Boaga), è
necessario conoscere le coordinate plano-altimetriche di almeno due punti e la quota
di un terzo punto; questi punti, chiamati punti di appoggio, devono essere ben visibili
sui fotogrammi. È bene chiarire che questa è una condizione minima teorica
indispensabile per procedere all'orientamento assoluto del modello. Infatti sia il
dimensionamento planimetrico sia il posizionamento altimetrico assoluto eseguito su
tre punti sarà privo di qualsiasi controllo: i due vertici di coordinate note forniranno un
solo valore di distanza e i tre vertici di quota nota descriveranno un solo piano.
Nella pratica i punti di appoggio dovranno essere almeno quattro o cinque, disposti
opportunamente nel modello in modo da consentire uno svolgimento più accurato
delle operazioni di orientamento assoluto ma soprattutto per disporre di controlli della
precisione.