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ELEMENTI DI FOTOGRAMMETRIA La Fotogrammetria costituisce quella tecnica che permette di rappresentare graficamente, alla scala voluta, la forma di un "oggetto" di cui si abbiano due fotografie, prese da due punti diversi e di posizione nota rispetto ad esso. Principi della Fotogrammetria In fotogrammetria vengono utilizzate fotografie dell'oggetto preso in studio per poterne eseguire il rilievo alle scale volute; le fotografie sono riprese per mezzo di speciali macchine fotografiche, poste su aerei, aventi particolari caratteristiche. La fotografia, oltre ad un contenuto qualitativo, possiede un contenuto metrico, in quanto essa rappresenta una "proiezione centrale" dell'oggetto sul proprio piano. Consideriamo per esempio un oggetto come la figura piana ABCD rappresentata in figura 1; proiettiamo i suoi punti da C 1 (centro di proiezione) su un quadro a parallelo al piano contenente la figura. Se ora cancelliamo la figura originaria ABCD, mantenendo però fissi nella loro posizione gli elementi che costituiscono la proiezione centrale, sarà sempre possibile ricostruirla proiettando i punti A', B', C' e D' dallo stesso centro di proiezione C 1 .

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ELEMENTI

DI FOTOGRAMMETRIA

La Fotogrammetria costituisce quella tecnica che permette di rappresentare

graficamente, alla scala voluta, la forma di un "oggetto" di cui si abbiano due

fotografie, prese da due punti diversi e di posizione nota rispetto ad esso.

Principi della Fotogrammetria

In fotogrammetria vengono utilizzate fotografie dell'oggetto preso in studio per

poterne eseguire il rilievo alle scale volute; le fotografie sono riprese per mezzo di

speciali macchine fotografiche, poste su aerei, aventi particolari caratteristiche.

La fotografia, oltre ad un contenuto qualitativo, possiede un contenuto metrico, in

quanto essa rappresenta una "proiezione centrale" dell'oggetto sul proprio piano.

Consideriamo per esempio un oggetto come la figura piana ABCD rappresentata in

figura 1; proiettiamo i suoi punti da C1 (centro di proiezione) su un quadro a parallelo

al piano contenente la figura. Se ora cancelliamo la figura originaria ABCD,

mantenendo però fissi nella loro posizione gli elementi che cost ituiscono la

proiezione centrale, sarà sempre possibile ricostruirla proiettando i punti A', B', C' e

D' dallo stesso centro di proiezione C1.

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In pratica i punti A',B',C' e D' possono essere considerati come le immagini

fotografiche dei corrispondenti punti A,B,C,D, e il quadro come il piano del negativo

fotografico. Pertanto, se risultano noti, rispetto ad un certo sistema di riferimento,

gli elementi della proiezione centrale, la fotografia di una figura piana ha un

contenuto metrico sufficiente per la sua rappresentazione.

Se invece la figura è tridimensionale (come nel caso generale del rilievo del terreno)

la ricostruzione spaziale dell'oggetto può avvenire soltanto da due proiezioni centrali

dell'oggetto stesso eseguite da due centri di proiezione distinti. Su entrambi i quadri

dovranno apparire le immagini di ciascun punto significativo della figura; sul quadro

1 si avranno i punti A',B',C',D' e E mentre su 2 i punti A", B",C", D" e E" (fig. 2).

In pratica è sufficiente scattare due fotografie da due distinti punti di vista per far si

che ogni fotografia comprenda tutti i punti dell'oggetto.

Le due fotografie, proiettate contemporaneamente ed in modo opportuno,

permetteranno, la ricostruzione dell'oggetto fotografato.

Figura 1 Figura 2

Fasi operative del rilievo aerofotogrammetrico

Normalmente il rilievo aerofotogrammetrico si svolgerà secondo le fasi seguenti:

- voli fotogrammetrici (presa);

- operazioni topografiche sul terreno (rete di inquadramento, rete di raffittimento e di

appoggio);

- restituzione dei fotogrammi;

- ricognizione sul terreno (ad integrazione della restituzione);

- disegno ed approntamento dei tipi della carta rilevata ed eventualmente delle carte

derivate.

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La presa

Camere fotogrammetriche aeree

Una camera fotogrammetrica aerea si distingue dalle comuni camere fotografiche

per alcune caratteristiche. Anzitutto essa è rigida, l'obiettivo cioè si trova in posizione

fissa rispetto al piano su cui si forma l'immagine, in modo che la distanza principale

resti costante. La seconda notevole differenza, rispetto alle camere usuali, consiste

nel fatto che le loro dimensioni sono generalmente assai notevoli; i formati delle

immagini, sono sempre quadrati e hanno dimensioni 23 cm x 23 cm.

La terza differenza, di carattere sostanziale, consiste nella introduzione di "marche" o

"indici" nel piano della immagine, posti in modo tale che definiscano una coppia di

assi coordinati ortogonali (fig. 4). Tale riferimento insieme alla distanza principale

definisce la posizione del centro ottico dell'obiettivo rispetto al piano principale

(orientamento interno della camera fotogrammetrica).

In pratica le coppie di marche definiscono un sistema di assi di riferimento avente

origine nel punto 0 di intersezione delle congiungenti le coppie stesse; la posizione

del centro ottico C dell'obiettivo rispetto al piano principale è definita dalle

coordinate xP , yP del punto principale e dal valore d della distanza principale.

La differenza quindi tra un fotogramma ed una fotografia consiste sostanzialmente

nel fatto che per il primo è ricostruibile la posizione del centro da cui, per proiezione,

si é ottenuta la prospettiva dell'oggetto fotografato.

Figura 4

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Caratteristiche delle camere fotogrammetriche aeree

Una camera da presa aerea in genere è costituita da un supporto, un corpo macchina, un obiettivo ed un magazzino portapellicola.

Supporto La camera è sorretta da un basamento circolare girevole, montato sul pavimento

della carlinga dell'aereo (fig. 6), che permette il suo livellamento, di rendere cioè

orizzontale il piano principale.

Figura 6

La possibilità di ruotare intorno ad un asse all'incirca verticale serve per Ia correzione

della "deriva"; sotto l'azione del vento, infatti, l'aereo, che deve seguire una certa

rotta AD, si sposta lateralmente nello spazio secondo una direzione AC inclinata

rispetto alla rotta prefissata di una angolo , detto angolo di deriva. In queste

condizioni Ia camera da presa scatterebbe fotogrammi che verrebbero a ricoprirsi in

maniera non corretta (fig. 7). Disponendo invece Ia camera secondo Ia direzione AC,

si ripristina Ia sovrapposizione longitudinale per tutta Ia larghezza del fotogramma,

ma Ia strisciata viene a svilupparsi lungo Ia linea AC, che non è quella di progetto; il

pilota allora, per mantenere Ia giusta direzione, deve correggere Ia rotta dell'angolo .

Per Ia determinazione dell'angolo di deriva, che viene effettuata prima dell'inizio della

ripresa, si impiega un semplice dispositivo a traguardi chiamato "derivometro".

MAGAZZINO PORTAMATERIALE SENSIBILE

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Figura 7

Obiettivo

Le fotocamere sono classificate in base alla distanza focale e si possono avere:

- Super grandangolare distanza focale 85 mm angolo di campo 125°

- Grandangolare distanza focale 150 mm angolo di campo 95°

- Normale distanza focale 300 mm angolo di campo 57°

L’obiettivo più utilizzato è il grandangolare; quello normale si impiega per carte a grande scala (1:500/1:1000) mentre il super grandangolare per carte a piccola scala (1:25000/1:50000) e la presenza di nuvole non permette di volare a quote elevate.

I tempi di esposizione sono molto brevi per evitare effetti di "trascinamento dell'immagine" che comprometterebbero irrimediabilmente i risultati. II trascinamento (P1P2) ha origine dal fatto che fra l'istante di apertura dell'otturatore e quello di chiusura

trascorre un certo tempo t alla velocità v dell'aereo (Fig. 9). Nelle camere

fotogrammetriche moderne sono stati realizzati dei dispositivi di correzione del trascinamento.

Magazzino

E posto superiormente alla macchina da presa e contiene il rullo di pellicola; la sua capacità è di 120 ÷ 150 m, pari a circa 460 ÷ 480 fotogrammi. Nella sua parte inferiore è presente una piastra di spianamento che va a combaciare con il riquadro superiore del cono porta obiettivo; su tale piastra aderisce la pellicola all'atto della prese, per depressione pneumatica, assicurando cosi l'esatta distanza focale della camera.

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Figura 9

Progetto del volo

Dovrà essere redatto un accurato progetto della copertura fotografica tenendo conto di vari

parametri, tra i quali i principali sono:

- Ia quota relativa di volo;

- il ricoprimento longitudinale e trasversale.

La quota relative di volo

La sua scelta è strettamente legata a fattori economici oltre che tecnici. Per quanto riguarda i

primi, è evidente che se si diminuisce il numero dei modelli si riduce costo del progetto

perché diminuisce sia il costo del lavoro topografico a terra che quello di restituzione, essendo

minore sia il numero dei punti da rilevare sia quello dei modelli da orientare. Per i secondi

invece dipende dalla precisione piano altimetrica della carta topografica che si vuole

realizzare, in quanto la quota di volo è in stretta relazione con la scala della carta che

si vuole costruire.

A

B

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Dal punto di vista geometrico, considerando un terreno piano ed una presa nadirale, possiamo

scrivere una relazione che lega Ia quota di volo H con Ia distanza principale d della camera, il

formato l del fotogramma e l'abbracciamento L di terreno fotografato (fig.12):

nLH

d 1

essendo:

H = quota relativa di volo d = distanza principale della camera da presa

= formato del fotogramma (23 cm) L = lato del terreno fotografato

1: n scala del fotogramma long = ricoprimento longitudinale

trasv = ricoprimento trasversale b = distanza tra due scatti successivi

t = tempo di scatto (intervallo tra due scatti successivi) v = velocità di crociera dell’aereo

Tale rapporto altro non è che la scala del fotogramma; anzi, dato che nella realtà esso non

può rimanere costante sia per la accidentalità del terreno che per la mancanza di perfetta

nadiralità della presa, si parlerà sempre di "scala media del fotogramma" scegliendo per H un

valore che tenga conto del valore medio della quota. Inoltre tra la scala della carta (1/nc) e

quella del fotogramma (1/n) vi è una relazione che può essere riassunta nella seguente formula:

cnn 200

Valgono le seguenti relazioni:

d

H

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b = L – L = L (1-)

inoltre b = v t quindi: v t = L (1-) da cui : t = L (1-) / v

essendo inoltre: L = l H / d si ottiene: )1(

Hvd

lt

Dovendo riprendere una zona di dimensioni L1 x L2 si possono calcolare il numero di strisciate:

)1(

)( 2

trasv

trasv

L

LLm

(L1 = lato direzione aereo; L2 = dimensione trasversale)

Quindi il numero n di fotogrammi di ogni strisciata:

)1(

321

long

long

L

LLLn

Il numero totale di fotogrammi vale quindi: ntot = n x m

Per evitare fotogrammi mossi si deve contenere il trascinamento dell’immagine:

tE = tempo di esposizione (tempo in cui l’otturatore rimane aperto)

T = P1P2 = 0,03 mm trascinamento (il punto P durante il tempo di esposizione si sposta da P1 a P2)

Vale la relazione: dv

HTtE

essendo v = velocità di crociera dell’aereo

Esempio:

Si vuole ottenere una carta in scala 1:2.000.

Sapendo che l = 23 cm, v = 200 Km/h, d = 150 mm, = 60% determinare il tempo di scatto.

Svolgimento

Si assume la scala del fotogramma di circa 1:8.000 (tabella precedente), la quota relativa di volo vale: nH

d 1

H = d x n = 0,150 x 8000 = 1200 m

v = 200 Km/h = 200 x 1000 / 3600 = 55,56 m/s

sec13)60,01(120056,5515,0

23,0

t

Grafico del piano di volo

Con tutti gli elementi suddetti, è ora possibile disegnare il cosiddetto "grafico del piano di volo" su di una carta in scala opportuna; si tracciano cioè le posizioni planimetriche degli assi delle strisciate, si indicano I'inizio e Ia fine di ogni strisciata,Ia quota di volo assoluta, ed infine si individuano dei particolari del terreno che possano servire al pilota per mantenere Ia rotta stabilita. Se non è stata già stabilita una data direzione, ad esempio quella dei meridiani o dei paralleli, le direzioni di rotta vengono scelte parallelamente al la dimensione maggiore della zona da riprendere in modo da ridurre il numero delle strisciate.

Gli schemi da adottare per Ia ripresa sono generalmente due; nel primo (fig.18), il più usato, gli assi di volo, alternati o contigui, sono di senso contrario, nel secondo (fig.19) sono invece dello stesso senso.

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I voli infine devono essere eseguiti sempre nelle ore intorno al mezzogiorno solare per

ridurre al minimo le ombre; le stagioni più propizie saranno quindi Ia primavera, quando

ancoro Ia vegetazione non è rigogliosa, e I'autunno, dopo Ia caduta delle foglie.

Operazioni topografiche sul terreno

Generalmente il lavoro topografico a terra si articolerà in tre fasi:

- la prima, in cui si determina una rete generale di inquadramento, consiste nell'individuare

tutti i vertici della rete geodetica (preesistente) ed i capisaldi dislocati nella zona interessata

dal rilievo;

- la seconda, in cui normalmente si eseguono operazioni topografiche per

l'infittimento (o raffittimento) della rete geodetica di base o per un eventuale

rifacimento;

- la terza, in cui si stabilisce la rete dei punti di appoggio necessari, come si vedrà in seguito,

per l'orientamento assoluto dei fotogrammi.

• -11.

Figura 18 Figura 19

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Le operazioni relative al le prime due fasi di lavoro verranno organizzate

dettagliatamente prima di eseguire la copertura aerea; quelle della terza fase, invece, dopo il

volo.

Oggi, tali operazioni sono condotte, sempre più spesso, con il sistema di posizionamento

satellitare GPS.

Rete di inquadramento

Generalmente, per motivi di carattere economico, viene scelta coincidente con quella dei

vertici della rete nazionale per la porzione di territorio da rilevare.

Offrono garanzie sufficienti i vertici dei primi tre ordini e, per vertici del IV ordine, quelli rilevati

dopo il 1942 dall'Istituto Geografico Militare Italiano (I.G.M.); risultano utilizzabili anche i

vertici delle triangolazioni catastali, limitatamente alle reti e sottoreti e, per le zone costiere,

i vertici della triangolazione dell'Istituto Idrografico della Marina (I.I.M.).

In generale, poi, è bene adottare soltanto le coordinate planimetriche, mentre per quanto

riguarda le quote è indispensabile l'allacciamento alla rete di livellazione geometrica

dell'I.G.M. ovvero alle linee di livellazione di precisione, istituite da altri Enti, purché

collegate alla rete nazionale.

Rete di infittimento

Dopo avere scelto la porzione di rete già rilevata che si può includere nel rilievo, è necessario

eseguire una serie di operazioni topografiche di infittimento della stessa perchè nella maggior

parte dei casi non é sufficientemente densa per i nostri scopi. Tale infittimento, deve essere

organizzato in modo da rendere agevole la determinazione dei punti planimetrici di appoggio; i

punti di infittimento potranno essere disposti, ad esempio, alle estremità delle strisciate ed a

metà della loro lunghezza oppure sul contorno del blocco.

Circa i metodi topografici di rilievo per la determinazione planimetrica dei punti di infittimento, si

adottano la triangolazione, le intersezioni multiple e le poligonali; per quanto riguarda le quote, è

necessario ricorrere alla livellazione geometrica in quanto la precisione dei vertici trigonometrici

non é sufficiente.

Da notare infine che è utile individuare sul terreno i vertici di infittimento con segnali permanenti in

modo da poterli utilizzare anche per eventuali future operazioni di rilevamento; a tale scopo,

infatti, vengono redatte accurate monografie onde permetterne il facile e sicuro ritrovamento.

Rete dei punti di appoggio

La determinazione delle coordinate dei punti di appoggio non offre difficoltà notevoli sempre

che la rete generale di inquadramento e quella di infittimento siano state ben progettate e

realizzate.

I metodi di rilievo impiegati sono le intersezioni multiple, le poligonali che collegano alcuni punti

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alla rete di inquadramento.

Per rendere facilmente individuabili i punti di appoggio si cerca di farli coincidere con particolari

naturali chiaramente identificabili oppure si ricorre ad appositi segnali di dimensioni variabili a

seconda della scala del fotogramma.

Le posizioni di tali segnali vengono individuate accuratamente su copie positive dei fotogrammi

e indicate chiaramente con circoli o sigle.

La restituzione

Generalità

Rifacendoci alle definizioni introduttive, ricordiamo che il problema fondamentale che occorre

risolvere per ottenere con il metodo fotogrammetrico la rappresentazione del terreno rilevato è un

problema di proiettività nello spazio, dato che, come si è visto, esiste corrispondenza biunivoca

fra ciascun punto del terreno ed i punti omologhi sui fotogrammi. In pratica, la risoluzione di tale

problema, cioè la realizzazione di una rappresentazione cartografica, avviene in modo continuo

e senza esecuzione di calcoli, per mezzo di appositi strumenti detti "restitutori" .

La "restituzione", nome con cui si indica tutta la serie di operazioni mediante le quali si

perviene appunto alla rappresentazione (grafica o numerica) del terreno, può essere

effettuata:

a) sfruttando coppie di fotogrammi (modelli);

b) sfruttando singoli fotogrammi.

Per quanto riguarda il punto a), la restituzione, in base agli strumenti impiegati, si distingue in:

- analogica, eseguita con apparecchi che permettono una ricostruzione, rigorosa e

in scala ridotta, dell'oggetto che si vuole rappresentare;

- analitica, quando si effettuano soltanto misure sul piano delle lastre

fotograf iche con special i strumenti chiamati "stereocomparatori" e

successivamente si opera esclusivamente per via analitica tramite elaboratori elettronici;

Riguardo al punto b) si possono avere:

- il raddrizzamento, procedimento impiegato per terreni pianeggianti, che sinteticamente

consiste in un'operazione di proiezione eseguita con particolari ingranditori automatici detti

"raddrizzatori";

- l'ortoproiezione (o raddrizzamento differenziale), mediante il quale è possibile ottenere la

rappresentazione del terreno anche nel caso di terreno non pianeggiante.

Osservazione dei fotogrammi

In fotogrammetria, per consentire la visualizzazione tridimensionale degli oggetti fotografati e la

misura accurata delle coordinate dei punti restituiti, viene riprodotta una procedura simile al

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meccanismo fisiologico della vista umana, la visione stereoscopica. La visione stereoscopica

può essere definita come la capacità di percepire e valutare la distanza tra gli oggetti osservati

rispetto all'osservatore. Nelle persone la visione stereoscopica è innata ed è dovuta alla

possibilità di osservare una scena da due punti di vista diversi (i due occhi).

L'occhio umano è caratterizzato da alcuni aspetti generali:

- il campo visivo ad asse orizzontale è mediamente 180g (162°);

- la distanza interpupillare a mediamente di 65 mm;

- la distanza della visione distinta è di circa 250 mm;

- il potere separatore (=capacitá di distinguere fra di loro due punti posti sul piano della

visione distinta ) è di circa 0.029 (0.018°);

Quest'ultima capacità diventa ancora migliore se si tratta di giudicare la coincidenza tra due

linee.

La visione stereoscopica naturale si basa sulla parallasse stereoscopica angolare () e sulla

corrispondente parallasse stereoscopica lineare (px) (fig. 20).

—> angolo formato tra

le visuali che dal punto

P vanno agli occhi

px —> differenza tra i

due segmenti x1 e x2

intercettati dalle due

direzioni delle visuali

sul piano della visione

-65mm

Parallasse angolare stereoscopica e parallasse lineare px

Figura 20

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La diversa distanza tra due punti A e B dall'osservatore è valutata in funzione della

differenza di angoli di parallasse stereoscopica angolare a - b (fig. 21).

B

Viene definito potere stereoscopico il minimo angolo di parallasse corrispondente

alla massima distanza (portata stereoscopica) oltre Ia quale non si ha più Ia

sensazione del rilievo minima differenza tra gli angoli di parallasse (a - b = min.)

per Ia quale si riesce ancora ad apprezzare una differenza delle distanze.

La restituzione analogica

Costituiva il procedimento maggiormente impiegato per lo sfruttamento dei

fotogrammi aerei e terrestri onde ottenere, per il loro tramite, Ia rappresentazione,

cartografica o dati numerici di precisione del terreno. L'analogia deriva dal fatto che

vengono ricreate le condizioni di presa ricostruendo (in scala r idotta)

meccanicamente o otticamente, mediante i restitutori, un modello, vero e proprio del

terreno.

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Orientamento interno

Lo scopo di questa fase è quello di disporre il centro di proiezione e il fotogramma

nella posizione relativa che essi avevano all'atto della presa.

Si tratta quindi di posizionare il fotogramma in modo che le immagini delle marche

fiduciali coincidano con le marche riprodotte sul telaio porta-fotogrammi dello

strumento e di impostare il valore della distanza principale dedotto dal certificato di

calibrazione della camera fotogrammetrica.

Orientamento esterno

La posizione di una camera nello spazio è definita da sei movimenti, tre lineari e

tre angolari; considerando che in un restitutore le camere sono due, i movimenti

sono quindi dodici (parametri di orientamento).

Eseguire l'orientamento esterno significa formare il modello tridimensionale del

oggetto fotografato in una scala qualunque e in una posizione spaziale arbitraria

(orientamento relativo), ridurre in scala il modello in rapporto alla scala della carta e

ruotarlo e traslarlo rigidamente in modo da orientarlo correttamente rispetto al terreno

(orientamento assoluto).

Orientamento relativo di una coppia di fotogrammi

Eseguire l'orientamento relativo di una coppia di fotogrammi significa porre nella

corretta posizione una camera rispetto all'altra. Se posizioniamo arbitrariamente nello

spazio una camera del restitutore, sarà sempre possibile trovare la posizione della

seconda camera in modo tale che venga realizzata l'intersezione dei raggi omologhi.

Poiché ogni camera ha sei gradi di libertà, se ne blocchiamo una e ruotiamo e

trasliamo l'altra (considerando che la traslazione lungo la congiungente i centri di

proiezione fa solo variare la scala del modello stereoscopico), per realizzare

l'orientamento relativo (asimmetrico) si avranno cinque movimenti soltanto. Si

dimostra che basta realizzare l'intersezione di cinque coppie di raggi omologhi

perché si formi il modello stereoscopico; in altre parole bisogna fare in modo che le

cinque coppie di raggi omologhi siano complanari (prima dell'orientamento relativo

infatti i raggi omologhi sono sghembi). Con riferimento alla figura 31/A, i raggi

omologhi provenienti dai proiettori S e D non intersecano il piano (lo schermetto

dell'organo di collimazione del restitutore) quando esso si trova nelle posizioni a e c.

Poiché lo schermetto può traslare sulla verticale, l'operatore troverà la posizione b in

cui avviene la corretta intersezione dei raggi omologhi consentendo di ottenere la

proiezione del punto P. Nelle posizioni a e c la proiezione dei raggi del punto P, P1 e

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P2 sono più o meno distanti tra loro: questa distanza prende il nome di parallasse

orizzontale; naturalmente quando l'intersezione avviene nella posizione b dello

schermetto, tale parallasse è praticamente nulla.

Si osservi adesso la figura 31/B: in nessuna posizione dello schermetto si ottiene la

corretta intersezione dei raggi omologhi; le parallassi orizzontali sussistono (posizioni

a e c), ma si ha un'ulteriore componente (parallasse verticale) che non è annullabile

col variare della posizione dello schermetto. In questa condizione non si ottiene

l'intersezione dei raggi omologhi e conseguentemente il modello non potrà formarsi.

31/A Figura 31 31/B

Orientamento assoluto di un modello stereoscopico

Formato il modello con l'orientamento relativo si procede con la fase di orientamento

assoluto. In pratica questa operazione si divide in due fasi distinte e successive: il

dimensionamento e il posizionamento del modello. II modello stereoscopico formato e i

due fotogrammi già orientati internamente vengono, d'ora in poi, considerati come un

unico corpo rigido.

II modello stereoscopico ottenuto sarà in scala incognita e non posizionato

correttamente (non orientato) nello spazio. Per procedere alla corretta collocazione,

rispetto al sistema assoluto (per es. il sistema cartografico Gauss-Boaga), è

necessario conoscere le coordinate plano-altimetriche di almeno due punti e la quota

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di un terzo punto; questi punti, chiamati punti di appoggio, devono essere ben visibili

sui fotogrammi. È bene chiarire che questa è una condizione minima teorica

indispensabile per procedere all'orientamento assoluto del modello. Infatti sia il

dimensionamento planimetrico sia il posizionamento altimetrico assoluto eseguito su

tre punti sarà privo di qualsiasi controllo: i due vertici di coordinate note forniranno un

solo valore di distanza e i tre vertici di quota nota descriveranno un solo piano.

Nella pratica i punti di appoggio dovranno essere almeno quattro o cinque, disposti

opportunamente nel modello in modo da consentire uno svolgimento più accurato

delle operazioni di orientamento assoluto ma soprattutto per disporre di controlli della

precisione.