ELEMENTI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO - FP CGIL Firenze

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018 A cura di Mariella Bergamini 1 ISTRUTTORE AMMINISTRATIVO ELEMENTI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL FEBBRAIO 2018 Materiale ad uso esclusivo dei corsisti. Ai sensi della vigente normativa sul diritto d’autore è vietata la riproduzione. A cura di Mariella Bergamini Funzionario Delegato Corte dei Conti Toscana [email protected]

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 1

ISTRUTTORE AMMINISTRATIVO

ELEMENTI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

CGIL

FEBBRAIO 2018 Materiale ad uso esclusivo dei corsisti. Ai sensi della vigente normativa sul diritto d’autore è vietata la riproduzione.

A cura di Mariella Bergamini – Funzionario Delegato Corte dei Conti Toscana – [email protected]

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LE FONTI DEL DIRITTO

1. IL CONCETTO DI DIRITTO

Il diritto è un insieme di regole di condotta o norme (comandi o divieti) che riguardano le azioni

umane. Infatti ogni società, per il proprio funzionamento, necessita di regole che abbiano valenza

per tutti coloro che vi fanno parte e che indichino come agire in determinate circostanze della vita.

Occorre però distinguere fra norme giuridiche e norme sociali non giuridiche (es.: religiose, morali,

di buona condotta …), che traggono la loro origine da costumi, abitudini, tradizioni, a cui il comune

sentire attribuisce un valore (es. attendere in fila il proprio turno). Queste norme sono caratterizzate

non solo dalla ripetitività, che attribuisce loro il valore di norma, ma anche dal fatto che la loro

violazione viene disapprovata soltanto a livello morale.

Le norme giuridiche invece sono prescrizioni rivolte agli uomini che devono essere prodotte da

organi competenti, con specifiche procedure e con l’approvazione di determinati atti. Tali norme,

la cui violazione comporta una sanzione se stabiliscono un obbligo di fare o non fare, costituiscono

l’ordine giuridico.

Le norme giuridiche sono caratterizzate dalla generalità, dall’astrattezza e dall’obbligatorietà.

GENERALITA’ Valgono per tutti coloro che si trovano in una certa situazione.

ASTRATTEZZA Valgono tutte le volte in cui i soggetti cui esse si riferiscono si trovano o

si troveranno nella situazione prevista dalla norma.

OBBLIGATORIETA’ La loro inosservanza è soggetta a sanzione.

La norma giuridica trae la propria origine dalle cosiddette “fonti del diritto”.

Per FONTI DEL DIRITTO si intendono tutti quegli atti o fatti idonei a creare, modificare o

estinguere le norme giuridiche, approvati dagli organi competenti secondo le procedure previste

dalla legge e si classificano in:

FONTI ATTO sono le manifestazioni scritte di volontà di organi/enti determinati abilitati

dall’ordinamento a produrre norme giuridiche

FONTI FATTO sono i comportamenti o gli atti giuridici che l’ordinamento assume come

idonei a produrre norme (ad esempio gli atti di ordinamenti diversi ma che vengono recepiti

anche in Italia)

FONTI DI COGNIZIONE sono gli atti che si limitano ad agevolare la conoscenza di

norme già poste dalle vere e proprie fonti del diritto (G.U. – BUR)

FONTI DI PRODUZIONE sono gli quelle norme che producono diritto (diritti e doveri), ossia

tutti i fatti e gli atti che portano alla nascita, modificazione ed all’estinzione delle regole

giuridiche1

1 Parte della dottrina invece intende col termine fonti di produzione gli organi che producono norme

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DIRITTO SCRITTO è contenuto in atti giuridici

DIRITTO NON SCRITTO si crea con il ripetersi di comportamenti giuridicamente rilevanti

(consuetudini)

Nel nostro ordinamento, gli organi che producono diritto sono:

Parlamento

Governo

Regioni (Consiglio Regionale) e Province Autonome di Trento e Bolzano

Unione Europea (Consiglio dei Ministri).

2. LA GERARCHIA DELLE FONTI

L’ordinamento giuridico, come abbiamo visto, è un insieme ordinato di norme. Pertanto è

necessario stabilire quali sono i criteri che disciplinano i rapporti fra le norme ed assegnano la

prevalenza ad una fonte piuttosto che ad un’altra. I criteri secondo i quali possono essere ordinate le

fonti del diritto sono: gerarchia, competenza, cronologia e specialità. Il primo è il criterio cardine

della dottrina tradizionale che, come vedremo in seguito, negli ultimi anni si è dovuto sempre più

contemperare con quello di competenza.

CRITERIO DI GERARCHIA

Questo criterio si applica in caso di norme confliggenti che provengono da fonti diverse, poiché

determina un ordine verticale delle fonti, che risultano come disposte su una scala, in cui le fonti di

grado superiore prevalgono su quelle di grado inferiore, dalle quali pertanto non possono essere

modificate; di conseguenza, le fonti di grado inferiore non possono essere in contrasto con quelle di

grado superiore, secondo il brocardo "lex superior derogat inferiori".

CRITERIO DI COMPETENZA

La competenza consiste in un ordine orizzontale fra le fonti, in quanto la Costituzione attribuisce, su

determinate materie, la potestà legislativa a fonti poste sullo stesso piano. La competenza può

essere:

Territoriale, con riferimento alla normativa degli enti territoriali (Regioni)

Per materia, secondo quanto disciplinato dall’art. 117 Cost. (vedi oltre). Viene demandata,

anche in via esclusiva, ad una specifica fonte la disciplina di determinate materie, su cui gli altri

tipi di fonti non possono intervenire.

CRITERIO CRONOLOGICO

Questo criterio si applica per norme confliggenti poste in essere da fonti dello stesso tipo. Alla

norma precedente viene sostituita quella successiva secondo il principio “lex posterior derogat legi

priori”.

CRITERIO DI SPECIALITÀ

E’ un altro importante principio per decidere quale norma applicare nel caso di conflitto fra fonti del

diritto della stesso livello gerarchico. In base a questo criterio, in caso di antinomia tra due norme

giuridiche prevale quella più specifica, anche nel caso sia meno recente. La norma di carattere

generale, in questo caso, ha valenza residuale, in quanto il suo ambito di applicazione è ristretto ai

casi in cui non trova applicazione la norma più specifica (es: L. 241/90 generale sul procedimento

amministrativo e norme che regolano procedimenti specifici, quali quello edilizio). Si parla

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di deroga della norma generale da parte della norma speciale, secondo il brocardo "lex specialis

derogat generali".

Inoltre, nel trattare le fonti del diritto, occorre tenere presente anche uno dei principi fondamentali

dell’ordinamento giuridico: l’irretroattività, in base al quale la legge può disporre solo per il futuro e

non per il passato2.

3. FONTI DI RANGO COSTITUZIONALE

La prima fonte in assoluto è la Costituzione, che è la più importante fonte del diritto, in

quanto in essa sono contenuti tutti i principi ispiratori dello Stato italiano e le indicazioni

fondamentali per determinare le altre norme giuridiche, nonché le procedure di formazione delle

leggi.

Leggi costituzionali (leggi di revisione costituzionale o altre leggi costituzionali che

integrano la Costituzione)3. La Costituzione è quella entrata in vigore il 1/1/48. Le leggi

costituzionali sono quelle che servono a modificare o integrare la Costituzione e sono emanate

dal Parlamento con la procedura aggravata prevista dall’art 138 della Costituzione.

Trattati istitutivi della Comunità europea e dell’Unione europea (fonti sovranazionali).

Sono atti vincolanti per tutti i Paesi membri firmatari, che hanno valore costituzionale.

La Costituzione italiana, approvata il 22 dicembre 1947 dall’Assemblea Costituente ed entrata in

vigore il 1 gennaio 1948, si compone di 139 articoli (ma 4 sono stati abrogati) suddivisi in :

Principi fondamentali (articoli dall’1 al 12) che contengono i principi ispiratori di tutta la

Costituzione: la sovranità popolare, i diritti inviolabili, il diritto al lavoro, il ripudio alla guerra,

la libertà di coscienza, i rapporti tra stato e chiesa

Diritti e doveri dei cittadini Prima parte (articoli dal 13 al 54) che regolano i rapporti tra lo stato

e i cittadini [i rapporti civili: libertà personali; i rapporti etico – sociali: la famiglia, la salute,

l’istruzione; i rapporti economici: la tutela del lavoro, la protezione sociale; i rapporti politici: il

diritto di voto, i doveri civici]

Ordinamento della Repubblica Seconda parte (articoli dal 55 al 139) che indicano gli organi

fondamentali dello Stato e le loro competenze come il Parlamento, il Presidente della

Repubblica, il Governo, la Magistratura, le Autonomie Locali, le garanzie costituzionali

18 Disposizioni transitorie e finali, che sono le norme necessarie per consentire il passaggio dal

vecchio al nuovo ordinamento.

Particolare importanza ai nostri fini rivestono l’articolo 9 (promozione sviluppo della cultura e

tutela del paesaggio storico ed artistico), artt. 27 e 28 (le responsabilità), art. 55 (funzioni

pubbliche) 76 e 77 (decreti legislativi e decreti legge), artt. 97 (organizzazione dei pubblici uffici) e

98 (doveri pubblici dipendenti). Si evidenzia inoltre che, secondo il dettato dell’art. 117 Cost., la

tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali è di competenza legislativa esclusiva dello

Stato, mentre la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di

attività culturali è materia di competenza legislativa concorrente fra Stato e Regione.

2 Questo principio non è tassativo, tanto che in alcuni casi , espressamente previsti dalla legge, può essere derogato.

Non è mai ammessa la deroga in materia penale (art. 25 Cost.), salvo che la legge non preveda un trattamento di

maggior favore per il reo. 3 Rientrano in queste tipologia di leggi anche gli Statuti delle Regioni a Statuto speciale

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La nostra Costituzione può essere modificata solo da leggi di revisione costituzionale, con una

particolare procedura che richiede una maggioranza parlamentare elevata e l’eventuale ricorso al

referendum popolare, disciplinata dall’art. 138.

Il Titolo V della Costituzione, che riguarda le autonomie locali, è stato oggetto di sostanziali

modifiche da parte della Legge Costituzionale n. 3 del 18/10/2001. Quest’ultima è stata soggetta a

referendum confermativo, come previsto all’art. 138 Cost. La legge, che consta di 11 articoli, ha

una grande rilevanza e recepisce parte dalle istanze federaliste che in precedenza avevano trovato

applicazione nella sola legislazione ordinaria.

Il referendum è un istituto di democrazia con il quale tutti i cittadini sono chiamati a partecipare alla

vita politica, concepito quindi dal legislatore affinché il corpo elettorale possa esprimere

direttamente la propria volontà. Esistono vari tipi di referendum.

Referendum previsti nella Costituzione

All’art. 75 Cost. è previsto il referendum abrogativo, per abrogare in tutto o in parte una legge o un

atto avente valore di legge. E’ quindi il mezzo a disposizione diretta del popolo per eliminare o

modificare in parte quei provvedimenti legislativi che sono voluti dalla maggioranza parlamentare,

ma che non corrispondono in realtà alla volontà dei cittadini.

All’art. 138 Cost. è previsto il ricorso al referendum confermativo eventuale, nell’ambito del

procedimento di revisione della Costituzione, che avviene mediante leggi di revisione della

Costituzione (modificano le norme costituzionali) e leggi costituzionali (integrano la Costituzione).

La Costituzione prevede altri casi di ricorso all’istituto del referendum quali:

Referendum per approvare la creazione di nuove regioni o fusione di quelle esistenti, a cui

farà seguito una legge costituzionale (art. 132 della Costituzione)

Referendum regionali (art.123 della Costituzione) su leggi e provvedimenti amministrativi

della Regione o sullo Statuto regionale

4. FONTI DI RANGO PRIMARIO

Di un grado inferiore rispetto alle precedenti sono:

Per quanto riguarda le norme interne:

le leggi ordinarie o formali approvate dal Parlamento

i decreti legge (D.L.) ed i decreti legislativi (D.Lgs.) emanati dal Governo

testi unici novativi (generalmente D. Lgs.)

gli Statuti delle Regioni ordinarie (sono approvati con legge regionale)

le leggi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano

le sentenze della Corte Costituzionale

il risultato dei referendum abrogativi (D.P.R.)

i regolamenti degli organi Costituzionali (Senato, Camere)

Per quanto riguarda le norme esterne:

i Regolamenti comunitari

le Direttive comunitarie

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Queste leggi, pur essendo di un grado inferiore alla Costituzione, formano la base normativa del

sistema giuridico italiano.

Leggi ordinarie o formali sono gli atti tipici dell’attività normativa del Parlamento. La funzione

legislativa, secondo l’articolo 70 della Costituzione, è esercitata dai due rami del Parlamento in

maniera collettiva: un atto normativo per diventare legge deve essere approvato da entrambe le

assemblee nello stesso testo.

La Costituzione e le altre leggi costituzionali possono riservare determinate materie o oggetti alla

legge. In un ordinamento come quello italiano, caratterizzato da una Costituzione rigida, ciò

rappresenta un limite per lo stesso legislatore, in quanto non consente a fonti di rango secondario di

intervenire nella disciplina di queste materie se non in modo assai marginale.

Riserva assoluta di legge: quando la Costituzione prevede che solo la legge in certe materie

può porre le regole generali ed astratte; ne consegue che nessun’altra fonte può disciplinare

queste materie (“nei casi e nei modi previsti dalla legge”). In questo caso ai regolamenti può

essere lasciata la sola disciplina di dettaglio meramente esecutiva.

Riserva relativa di legge: quando la Costituzione prevede che altre autorità possono porre

regole in certe materie dopo che la legge del Parlamento abbia già disciplinato le basi (“in base

alla legge”). Il legislatore fissa gli aspetti fondamentali della materia, assicurando maggior

spazio al potere regolamentare e alla discrezionalità dei pubblici poteri.

Decreti legge e Decreti legislativi (detti anche atti aventi forza di legge)

Sono atti normativi che, pur non essendo leggi del Parlamento, ne hanno la medesima efficacia. Il

concetto di “forza di legge” esprime l’idoneità dell’atto:

ad abrogare e modificare disposizioni legislative (o regolamenti) precedenti – aspetto attivo

della forza di legge

a resistere all’abrogazione e alla modificazione da parte di fonti successive diverse dalla

legge e ad essa subordinate - aspetto passivo della forza di legge.

La Costituzione riconosce esplicitamente il valore e la forza di legge ai decreti legislativi e ai

decreti legge, che sono atti del Governo deliberati dal Consiglio dei Ministri ed emanati dal

Presidente della Repubblica.

Decreti legislativi (D. L.gs. oppure D. L.vo) emanati sulla base di un’apposita legge di

delegazione delle Camere (su legge delega del Parlamento che indichi i tempi, le modalità e le

materie), le cui condizioni e limiti sono indicati dall’art. 76 Cost.

Decreti legge (D. L.) sono espressione dell’autoassunzione provvisoria del potere legislativo ad

opera dello stesso Governo nei casi in cui una situazione di necessità e urgenza non consenta un

efficace intervento del Parlamento (art. 77 Cost.). Entro 60 giorni devono essere convertiti in

legge, altrimenti decadono, fatta salva la possibilità del Parlamento di regolare i rapporti sorti

sulla base di decreti non convertiti.

Testi Unici novativi (D.Lgs.) sono adottati con legge del Parlamento o dal Governo su delega

parlamentare. Oltre a ordinare e raccogliere preesistenti norme giuridiche che disciplinano una

materia, hanno la caratteristica di produrre norme e quindi si classificano come fonti del diritto. Un

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esempio è il D. Lgs. 165 del 2001 Testo Unico delle leggi del pubblico impiego (il cosiddetto

TUPI).

Regolamenti comunitari equiparati alle leggi ordinarie, sono emanati dal Consiglio dei Ministri

dell’Unione Europea (organo decisionale della Comunità), unitamente al Parlamento, su proposta

della Commissione (organo esecutivo) e sono norme obbligatorie negli stati membri della U.E. Non

possono contrastare con la Costituzione (o quanto meno i suoi principi fondamentali e i diritti

inviolabili dell’uomo), ma possono modificare una legge ordinaria interna. Il regolamento è la

norma primaria dell’U.E. ed è considerata pari grado alla legge italiana (a differenza delle

Direttive Comunitarie che devono essere recepite in norme dal Parlamento italiano ed non hanno

efficacia immediata). Il Regolamento è obbligatorio e direttamente applicabile in ciascuno degli

stati membri, cioè senza bisogno di atti di recepimento, in quanto vincola direttamente i cittadini.

Il Diritto Comunitario, nelle materie di competenza dell’Unione, quindi prevale su quello

nazionale (principio del cosiddetto primato del diritto comunitario).

Direttiva Comunitaria segue lo stesso iter procedurale dei Regolamenti, non ha portata

generale come i regolamenti, ma vincola lo Stato membro per quanto riguarda il risultato da

raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.

Pertanto le direttive non sono immediatamente applicabili, ma hanno un’efficacia mediata

attraverso i provvedimenti che gli Stati intenderanno adottare. Tuttavia la direttiva ha efficacia

immediata quando si tratta di imporre un comportamento negativo al destinatario, quando si limita a

ribadire obblighi già previsti in trattati, ma soprattutto quando è una direttiva dettagliata (“self-

executing”), che contiene una disciplina così particolareggiata da escludere qualsiasi discrezionalità

dello Stato per la sua attuazione4.

Statuto regionale Lo statuto è una sorta di “costituzione regionale”. La riforma che ha riconosciuto

allo statuto la natura di legge regionale è la Legge Costituzionale 1/99. L’art. 123 Cost. stabilisce

che ogni Regione deve avere il proprio Statuto, che ne determina la forma di governo ed i principi

fondamentali dell’organizzazione. Per le regioni a statuto ordinario viene approvato e modificato

dal Consiglio Regionale, a maggioranza assoluta, con due deliberazioni successive ad intervallo di

tempo non minore di 2 mesi. È stato eliminato il controllo del Commissario di Governo lasciando,

al Governo, la possibilità di impugnarlo davanti alla Corte Costituzionale entro 30 giorni dalla sua

pubblicazione. Lo statuto può essere sottoposto a referendum popolare confermativo qualora, entro

3 mesi dalla sua pubblicazione, ne faccia richiesta 1/50 degli elettori regionali o 1/5 dei componenti

del Consiglio Regionale. A differenza delle leggi costituzionali, non esiste una maggioranza

qualificata prevista per evitare il referendum. Per le regioni a statuto speciale assume la forma di

legge costituzionale attraverso il procedimento di forma “aggravata” del Parlamento (art. 116).

I contenuti necessari dello Statuto sono quelli previsti al comma 1 dell’art. 123: determinazione

forma di governo, principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione,

esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi, norme

sulla pubblicazione di leggi e regolamenti. I limiti sono l’armonia con la Costituzione e con i

principi generali dell’ordinamento.

Leggi regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano costituiscono l’espressione

dell’autonomia legislativa riconosciuta alle regioni nell’ambito previsto dalla Costituzione. Sono

emanate dal Consiglio Regionale e Provinciale.

4 Per acquisire nozioni di diritto comunitario si suggerisce di scaricare gratuitamente la pubblicazione ufficiale “Come

funziona l’EU” al seguente link: http://bookshop.europa.eu/it/come-funziona-l-unione-europea-

pbNA0414810/?CatalogCategoryID=sciep2OwkgkAAAE.xjhtLxJz

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Alla luce della riforma del titolo V della Costituzione la potestà legislativa delle Regioni può essere:

ripartita o concorrente: spetta alla Regioni la potestà legislativa sui cui lo Stato ha determinato

i principi fondamentali; in questo caso la legge regionale deve rispettare i principi generali

fissati dal legislatore statale

piena o esclusiva: fino al 2001 era attribuita solo alle Regioni a Statuto speciale; la novellata

formulazione dell’art. 117 elenca le materie esclusive dello Stato, le materie concorrenti fra

Stato e Regioni e quindi tutto il rimanente che non si trova in elenco è da ritenersi di potestà

esclusiva delle Regioni.

5. FONTI DI RANGO SUB PRIMARIO

Statuti di Comuni, Province e Città Metropolitane La modifica del Titolo V della Costituzione

avvenuta nel 2001 ha elevato lo Statuto a fonte di diritto subprimaria, ponendolo dopo la

Costituzione e la legge del Parlamento e della Regione. A loro volta tali fonti sono sovraordinate ai

regolamenti dell’ente.

6. FONTI DI RANGO SECONDARIO

Per il principio di gerarchia queste fonti devono essere subordinate sia alla Costituzione che alle

fonti primarie. Sono prodotte dal Governo e dagli organi attivi della P.A. Questa categoria

comprende tutti gli atti espressione del potere normativo della Pubblica Amministrazione statale

(governo, ministri, prefetti, …) o di altri enti pubblici (comuni, province, regioni, ….).

Le fonti di rango secondario sono di molti tipi ma possono essere ricondotte a regolamenti,

ordinanze ed alcuni statuti. I regolamenti sono atti solo formalmente amministrativi, in quanto posti

in essere da organi della Pubblica Amministrazione, ma sostanzialmente normativi, poiché hanno

gli stessi caratteri di generalità e di astrattezza delle norme giuridiche, mentre le ordinanze sono atti

che applicano la norma al caso concreto.

Regolamenti governativi Sono fonti secondarie adottate dall’autorità amministrativa (governo e

ministri) per stabilire le modalità di attuazione di una legge o per disciplinare materie non regolate

da leggi.

Regolamenti delle Regioni Ai sensi del nuovo testo dell’art. 117 Cost. lo Stato ha potestà

regolamentare nella materie di legislazione esclusiva, che può delegare alle Regioni, mentre le

Regioni hanno potestà regolamentare in ogni altra materia. Quindi le Regioni sono titolari di potestà

regolamentare nelle materie di legislazione concorrente, nelle materie residuali, dove hanno potestà

legislativa esclusiva, ed anche nelle materie di legislazione esclusiva statale, ma solo previa delega

da parte dello Stato.

Regolamenti delle autonomie locali Rientrano nell’autonomia riconosciuta a questi enti e servono

a completare le leggi nelle materie di competenza locale. Il nuovo dettato dell’art. 117 Cost. ha

rafforzato la fonte regolamentare di Comuni, Province, Città Metropolitane, che ora è

espressamente riconosciuta dalla Costituzione. I regolamenti sono operanti nel rispetto dei principi

fissati dalla legge e dallo Statuto.

Testi Unici compilativi Sono adottati dal Governo ed hanno lo scopo di ordinare e raccogliere

norme giuridiche preesistenti che disciplinano una determinata materia ma, a differenza dei testi

unici novativi, non innovano l’ordinamento giuridico e quindi si classificano fra le fonti secondarie.

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Statuti degli Enti locali (che non siano Comuni, Province e Città Metropolitane) operanti

nell’ambito dei principi fissati dalla legge.

Ordinanze Sono atti che creano obblighi o divieti, quindi impongono ordini e si attuano in campi

previsti dal legislatore o per casi eccezionali di grave necessità e urgenza.

Altri atti normativi dello Stato quali ad esempio i Decreti del Presidente della Repubblica (DPR),

Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), i Decreti Ministeriali (DM), le Circolari

Ministeriali (CM) e le Ordinanze Ministeriali (OM).

6.1. CARATTERISTICHE DEI REGOLAMENTI E DELLE LINEE GUIDA

I caratteri essenziali dei regolamenti sono: la generalità, intesa come indeterminabilità dei

destinatari degli effetti dell'atto, l'astrattezza, vista come capacità di disciplinare una serie indefinita

di casi, e l'innovatività, considerata come attitudine ad immettere nuove norme nell’ordinamento5.

Il fatto che il regolamento sia caratterizzato dall’astrattezza e generalità, fa sì che non possa

incidere direttamente sulle situazioni soggettive dei destinatari, né far nascere, di conseguenza,

l’interesse alla sua impugnazione. Questo può succedere solo nel caso che il regolamento contenga

previsioni destinate a immediata applicazione (caso raro). In generale il regolamento, per essere

applicato in modo concreto, necessita di un provvedimento di attuazione che andrà ad incidere sulle

situazioni soggettive. Chi intende quindi impugnare dovrà effettuare una doppia impugnativa: il

regolamento e il provvedimento di attuazione relativo. La pronuncia dell’autorità giudiziaria avrà

per oggetto il regolamento e i suoi effetti ricadranno anche sul provvedimento di attuazione.

Dal punto di vista del diritto amministrativo, i regolamenti sono atti formalmente amministrativi

- in quanto sono adottati da una pubblica amministrazione - e sostanzialmente normativi - in

quanto, essendo fonti del diritto, contengono norme destinate ad innovare l’ordinamento

giuridico.

Come abbiamo visto, i regolamenti sono fonti normative secondarie. Sono quindi fonte subordinata

alla legge e non possono essere messi con questa né allo stesso pari né posti in relazione di

competenza. Essi costituiscono, anche nel nuovo dettato della legge costituzionale, un

completamento o dettaglio della disciplina normativa della legge, che interviene sempre per prima.

Non esiste quindi nessuna riserva di materie in favore dei regolamenti. I regolamenti degli enti non

possono contrastare con la Costituzione, con le leggi statali e regionali, con i decreti legge o

legislativi, con lo Statuto dell’Ente stesso, ove esistente (es.: Enti Locali). La procedura di

emanazione dei regolamenti statali è disciplinata dalla L. 400/88. Il principio di legalità, però,

richiede soltanto che una legge autorizzi un atto secondario a dettare una disciplina regolamentare,

anche con forme e modalità diverse da quelle sancite dalla predetta disposizione. In questo senso, la

legge n.400 del 1988, essendo rimasta priva di “copertura costituzionale”, è stata definita “fragile”

e instabile”, proprio perché, essendo una legge ordinaria, non ha la forza di vincolare il legislatore

successivo a utilizzare il solo modello regolamentare ivi previsto. Resta fermo comunque che il potere regolatorio affidato dalla legge a una fonte subordinata resti condizionato dal rispetto dei

parametri predefiniti dalla fonte legislativa.

Negli ultimi anni si è assistito alla cosiddetta “fuga dal regolamento”, ossia quel fenomeno che

consiste nelle più diverse deviazioni dal modello procedimentale tipico dei regolamenti governativi

e ministeriali, disciplinato dall’art. 17 della L. 400/88. La crisi del regolamento è originata in larga

5 Queste caratteristiche fanno sì che un singolo cittadino non sia direttamente danneggiato dal regolamento, bensì dai

successivi atti che da esso derivano (ordinanza, sanzione, multa, ecc…). Per questa ragione il cittadino, per tutelare la

propria posizione, impugnerà sia il regolamento che l’atto da esso derivante (cosiddetta “doppia impugnazione”).

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misura dalle istanze del mondo dell’economia reale e, in generale, del mercato, per una regolazione

flessibile e veloce, non più imbrigliata nei lacci delle procedure formali di approvazione dei

regolamenti. Ciò ha portato alla previsione, da parte del legislatore, di strumenti totalmente nuovi

nel panorama giuridico italiano, più flessibili e destinati a disciplinare aspetti che in precedenza

erano oggetto di previsione regolamentare: le linee guida in luogo dei regolamenti. In particolare,

le linee guida dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), sono state previste per la prima

volta dal nuovo codice degli appalti pubblici (D. Lgs. 50/2016), come idonee a costituire diritti e

obblighi in capo ai destinatari, tanto da sostituire le disposizioni regolamentari contestualmente

abrogate.

La dottrina più recente dibatte la controversa questione della natura giuridica delle linee guida

ANAC, che costituiscono una novità assoluta per l’ordinamento giuridico italiano. Pertanto la loro

collocazione nel tradizionale assetto delle fonti di produzione del diritto è assai problematica ed

incerta. Secondo la concezione tradizionale, infatti, le linee guida costituiscono un’espressione

propria del potere di direttiva (come si desume anche dalla valenza semantica dell’espressione usata

per il loro nome), che si declina, a sua volta, per mezzo di raccomandazioni, istruzioni operative e,

quindi, in definitiva, mediante l’indicazione delle modalità attuative del precetto normativo, ma mai

per mezzo di regole cogenti e vincolanti (che, semmai, costituiscono il presupposto logico dei

chiarimenti affidati alle linee guida). Vi è quindi innanzitutto una discrasia tra il nome e la sostanza

delle linee guida. Le linee guida che dovranno definire, per gli appalti di lavori, il sistema di

qualificazione delle imprese, i requisiti di partecipazione alle gare, le regole dell’avvalimento e il

regime delle SOA (artt.83 e 84 del Codice) rivestono, per un verso, quei caratteri di generalità e

astrattezza che caratterizzano la produzione normativa regolamentare propriamente intesa, ma non

presentano, per un altro, alcun profilo tecnico che ne impone l’affidamento a un’autorità di

regolazione diversa dal Governo. Inoltre, non risultano rinvenibili, né nella Costituzione né nel

diritto europeo, le basi (afferenti a un rango sovraordinato alla legge ordinaria) del potere regolativo

affidato dalla legge all’ANAC, così come, nelle disposizioni legislative che lo prevedono e lo

autorizzano per alcune fattispecie, non appaiono rintracciabili i criteri e i principi alla stregua dei

quali dev’essere declinata la regolazione in questione. Sono ravvisabili quindi gli estremi di una

vera e propria delega in bianco, con un ulteriore profilo di inosservanza del principio di legalità, in

base al quale il potere regolatorio affidato dalla legge ad una fonte subordinata deve essere limitato

e condizionato dal rispetto di parametri predefiniti dalla fonte legislativa.

A tal proposito, il Consiglio di Stato ha classificato tre tipologie di linee guida:

1) quelle approvate con decreto ministeriale

2) quelle vincolanti adottate dall’ANAC

3) quelle non vincolanti, sempre adottate dall’ANAC.

Le prime si configurano pacificamente come regolamenti ministeriali di cui all’art.17, comma 3, l.

400/1988, con tutte le implicazioni in termini di rispetto delle garanzie procedimentali ivi previste.

Anche la classificazione delle terze non è complessa, assimilandole agli amministrativi generali, al

pari delle circolari contenenti istruzioni operative sull’applicazione della normativa di riferimento.

Più problematica appare, invece, la catalogazione delle linee guida ascrivibili al modello n. 2, ossia

le linee guida vincolanti adottate dall’ANAC, ma non approvate con decreto del Ministro per le

infrastrutture e i trasporti, che quindi possono essere ricondotte nel novero degli atti di regolazione

delle Autorità indipendenti. L’immediata conseguenza di questa interpretazione è quella della non

piena sovrapponibilità con il sistema delle fonti secondarie così come definito dall’art. 17 della

legge n. 400 del 1988 (che prevede: la denominazione espressa di “regolamento”, la sottoposizione

dello schema di regolamento al controllo del Consiglio di Stato, la delibera del Consiglio dei

ministri, il decreto presidenziale di emanazione, la registrazione della Corte dei Conti e la

pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). Le linee guida, quindi, dal punto di vista giuridico

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A cura di Mariella Bergamini 11

costituiscono uno strumento di regolazione flessibile e dalla nomenclatura atipica, che può essere

usato solo per istruzioni e raccomandazioni che attengono alle migliori pratiche di attuazione della

normativa di riferimento e alla più efficace realizzazione dei suoi obiettivi, ma non incidono

direttamente sui diritti e sugli obblighi dei terzi. E’ vero che la compatibilità con il sistema delle

fonti della potestà regolamentare delle autorità indipendenti è stata riconosciuta da tempo (benché

sprovvista, in generale, di copertura costituzionale), ma la titolarità e il valido esercizio del potere di

regolazione sono stati presidiati da rilevanti cautele e condizioni, che garantiscono la loro

compatibilità con il principio di legalità: la base costituzionale del potere in questione, la copertura

europea, il carattere settoriale e tecnico della regolazione e i criteri di fondo per l’esercizio della

potestà di regolazione. Per quanto sopra esposto, le predette condizioni di legalità appaiono

difficilmente rintracciabili nelle linee guida in esame. La loro riconducibilità alla potestà

regolamentare delle autorità indipendenti appare quindi una forzatura ex post.

Fonti non scritte

Usi o consuetudini sono fonti fatto, in quanto non sono le norme che indirizzano i comportamenti,

ma sono questi ultimi che assumono valore di norma. Sono i comportamenti ripetuti da una

generalità di persone nel convincimento di adempiere ad un obbligo giuridico.

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A cura di Mariella Bergamini 12

SPECCHIETTO RIASSUNTIVO GERARCHIA DELLE FONTI

Fonti costituzionali

o Costituzione

o Leggi costituzionali (leggi di revisione costituzionale o altre leggi costituzionali che

integrano la Costituzione)

o Trattati istitutivi della Comunità europea e dell’Unione europea (fonti sovranazionali)

Fonti primarie

Norme interne:

o Leggi ordinarie o formali approvate dal Parlamento

o Decreti legge e legislativi emanati dal Governo

o Testi unici novativi

o Statuti delle Regioni ordinarie (legge regionale)

o Leggi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano

o Sentenze della Corte Costituzionale

o Esiti del referendum abrogativo (D.P.R.)

o Regolamenti degli organi Costituzionali (Senato, Camere)

Norme esterne:

i Regolamenti comunitari

le direttive comunitarie

Fonti subprimarie

Statuti di Comuni, Province e Città Metropolitane

Fonti secondarie

o Regolamenti Governativi (D.P.R.)

o Testi unici compilativi

o Regolamenti delle Regioni

o Statuti degli Enti locali (che non siano Comuni, Province e Città Metropolitane)

o Regolamenti degli enti autonomi (Comuni e Province)

o Ordinanze

Fonti non scritte

Usi o consuetudini

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A cura di Mariella Bergamini 13

LO STATO

1. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI

Dal punto di vista giuridico, col termine Stato si intende l’organizzazione sovrana assunta da un

popolo stanziato su un territorio.

Gli elementi costitutivi dello Stato sono:

1. territorio: elemento materiale

2. popolo: elemento personale

3. sovranità: elemento formale

Il territorio è il luogo ove una comunità vive e stabilisce la propria attività e dove lo Stato esercita

la sua sovranità. Fanno parte del territorio suolo, sottosuolo, spazio aereo e mare territoriale fino a

12 miglia marine. Sono considerati territorio dello Stato anche le navi e gli aerei militari ovunque si

trovino e le navi mercantili e gli aerei civili quando si trovano in acque o spazi internazionali

(principio dell’extraterritorialità). Godono di immunità territoriale le sedi diplomatiche.

Il popolo rappresenta l’elemento personale dello Stato ed è formato da tutti gli individui, legati allo

Stato da un rapporto di cittadinanza, che convivono in un determinato territorio, sotto un

ordinamento giuridico (cittadini).

La sovranità dello Stato è il proprio potere di imperio – originario, esclusivo e incondizionato - che

esplica attraverso tre funzioni indicate come i poteri dello Stato, esercitate da tre organi

indipendenti tra di loro:

potere legislativo (Parlamento) - emana norme giuridiche, cioè norme di condotta, generali

ed astratte

potere esecutivo o amministrativo (Governo) - applica e fa applicare, nei casi particolari e

concreti, le norme generali

potere giudiziario o giurisdizionale (Magistratura) - accerta il contenuto delle norme

generali nei casi concreti e risolve le controversie.

La sovranità è unica, perché lo Stato è il solo ad avere il potere di imporsi a tutti coloro che vivono

nel territorio, ed originaria, in quanto non deriva da nessun altra autorità. Nelle moderne forme di

Stato democratico la sovranità appartiene al popolo, che la esercita per mezzo dei suoi

rappresentanti e tutte le cariche pubbliche, compreso il Capo dello Stato, si riconducono,

direttamente o indirettamente, al consenso popolare.

La sovranità è sia interna che esterna. La prima si estrinseca nella supremazia rispetto a tutti i

soggetti che operano al suo interno; la seconda riguarda l’indipendenza dello Stato dal punto di

vista internazionale, rispetto agli altri stati.

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A cura di Mariella Bergamini 14

Lo Stato è impersonale ed opera attraverso i suoi funzionari, che agiscono e producono atti per suo

conto. A tale proposito sono particolarmente rilevanti gli articoli 97 e 98 della nostra Costituzione6.

L’attività dello Stato per raggiungere i suoi scopi istituzionali è detta attività amministrativa ed è

regolata da un insieme di norme che costituiscono il diritto amministrativo.

2. LA SEPARAZIONE DEI POTERI

Uno dei principi fondamentali a cui si ispira il diritto costituzionale è quello della separazione dei

poteri fra:

Parlamento: titolare del potere legislativo

Governo: titolare del potere esecutivo (funzione amministrativa)

Magistratura: titolare del potere giudiziario (funzione giurisdizionale)

Ogni potere emana i propri atti, dotati ciascuno di una propria efficacia:

Potere legislativo: legge formale

Potere esecutivo: decreto

Potere giudiziario: sentenza

Esemplificando al massimo, il Parlamento fa le leggi, il governo le mette in atto e la magistratura

vigila sul loro rispetto. In altre parole, con la funzione legislativa lo Stato pone le norme costitutive

dell’ordinamento giuridico; con la funzione amministrativa lo Stato svolge una attività effettiva e

concreta diretta al soddisfacimento dei suoi fini immediati (rapporti internazionali, sicurezza

pubblica, finanza, welfare, cultura, territorio, ecc…); con la funzione giurisdizionale accerta,

mediante giudici indipendenti, la volontà normativa da far valere in un caso concreto, interpretando

la legge nei casi controversi, oppure applicando le sanzioni previste in caso di violazione della

stessa. Ricordiamo infine che le prime due funzioni sono attribuite anche alle Regioni ed alla

Province autonome di Trento e Bolzano. 3. I BENI PUBBLICI

Lo Stato e gli Enti territoriali (Regioni, Province, e Comuni), per svolgere le loro finalità

istituzionali dispongono sia di beni pubblici che di beni patrimoniali.

I beni pubblici sono beni il cui utilizzo è finalizzato alla pubblica utilità; i beni patrimoniali

disponibili sono di proprietà di un Ente pubblico senza però una destinazione particolare, come il

denaro, i beni mobili o immobili.

I beni pubblici, il cui utilizzo è finalizzato alla pubblica utilità, si dividono in due categorie: beni

demaniali e beni patrimoniali. Questi ultimi possono essere disponibili o indisponibili.

6 Art. 97 Cost. “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon

andamento e la imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di

competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si

accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. Art. 98 c. 1 “I pubblici impiegati sono al servizio

esclusivo della Nazione”.

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BENI DEMANIALI

Sono indicati dalla legge all’art. 822 e 824 del codice civile, costituiscono il demanio pubblico e

servono a soddisfare i bisogni della collettività.

I beni demaniali hanno due caratteristiche fondamentali:

a) Sono sempre beni immobili o universalità di beni7

b) Appartengono ad enti pubblici territoriali (Stato, Regioni, Province, Comuni).

Si distinguono in:

beni demaniali naturali – demanio necessario Sono tutti quei beni che per la loro natura non

possono che appartenere allo Stato e sono destinati a tutta la collettività

1. demanio marittimo (parti, spiagge, lido mare)

2. demanio idrico (fiumi, torrenti, laghi e altre acque pubbliche)

beni demaniali artificiali o per destinazione – demanio eventuale o accidentale. Sono quelli

che non hanno finalità pubblica per loro natura, ma solo perché appartengono allo Stato:

strade, autostrade, ferrovie

musei

aeroporti

cimiteri e mercati di proprietà del Comune (demanio comunale specifico)

beni del demanio militare Sono quelli che comprendono opere destinate alla difesa nazionale

(come le fortificazioni). Sono beni demaniali artificiali riservati allo Stato come i beni del

demanio naturale.

REGIME GIURIDICO

I beni del demanio pubblico sono:

inalienabili, cioè non possono essere oggetto di compravendita e quindi cedibili ad altri

imprescrittibili, cioè non possono diventare oggetto di prescrizione, usucapione o

espropriazione forzata e su di essi non possono esistere diritti altrui

infruttiferi, cioè non procurano entrate all’Ente se non in via occasionale, se dati in concessione

a terzi.

Sdemanializzazione: I beni che non siano demaniali per natura possono essere sottratti dal

demanio e inclusi nel patrimonio dell’Ente pubblico con un atto dell’autorità competente che

sdemanializzi il bene, facendo venir meno la destinazione pubblica cui era riservato. A quel

punto il bene diventa cedibile con le modalità stabilite dalla disciplina di dismissione dei

beni pubblici8.

BENI PATRIMONIALI

7 I beni immobili sono quei beni che non possono essere trasferiti in altro luogo senza che ne venga compromessa

l’integrità; le universalità di beni sono una pluralità di cose mobili appartenenti ad un unico proprietario e che hanno

destinazione unitaria (es.: pinacoteche, raccolte di libri, ….). 8 Per le alienazioni di beni della PA, in prima battuta, occorre fare riferimento alla legge 24 dicembre 1908, n. 783,

“portante l'unificazione dei sistemi di alienazione dei beni e di amministrazione dei beni patrimoniali dello Stato” e

successive modificazioni, nonché a quelle contenute nel regolamento approvato con regio decreto 17 giugno 1909, n.

454 e successive modificazioni. Dato però che la “Bassanini bis” (L. 127/97) consente ad ogni Ente di disciplinare, con

proprio regolamento, le procedure di alienazione del patrimonio immobiliare, anche in deroga alla norma in parola, si

rinvia alla consultazione di tali regolamenti, laddove esistenti.

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A cura di Mariella Bergamini 16

I beni patrimoniali indisponibili sono quei beni destinati ad uso pubblico ex lege. L’art. 826 del

codice civile prevede che si tratti di edifici destinati a sede di uffici pubblici o servizi pubblici.

Rimangono tali e non possono né essere trasferiti, né utilizzati in altro modo fino a che hanno quello

scopo di destinazione pubblica. Appartengono a questi anche le foreste, le miniere, le cave, i beni di

interesse storico-archeologico-artistico, le dotazioni del Presidente della Repubblica.

REGIME GIURIDICO

I beni patrimoniali indisponibili possono essere sottratti alla loro destinazione soltanto nei modi

stabiliti dalle leggi che li riguardano, mediante atto che ne muta la destinazione o ne trasferisce

l’appartenenza.

I beni patrimoniali disponibili sono beni che appartengono allo Stato o ad altri Enti pubblici, ma

diversi dai demaniali e da quelli indisponibili. Non sono quindi beni pubblici in senso stretto, ma

beni di proprietà di un ente pubblico, quali ad esempio:

beni corporali come beni immobili

beni incorporali come diritti reali su cose altrui e diritti di credito

titoli di credito come titoli di Stato, azioni

danaro che l’Ente incassa a qualsiasi titolo

REGIME GIURIDICO

I beni patrimoniali disponibili sono alienabili, cioè possono essere oggetto di compravendita e

quindi cedibili ad altri secondo la vigente normativa sulle modalità di scelta del contraente.

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A cura di Mariella Bergamini 17

DIRITTO AMMINISTRATIVO

1. NOZIONI FONDAMENTALI

NORMA GIURIDICA = E’ una prescrizione rivolta agli uomini che detta loro le regole per agire

nelle varie circostanze della vita. Le norme sono generali perché valgono per tutti ed astratte perché

valgono tutte le volte in cui i soggetti si trovino in quella situazione. Oltre al comportamento, le

norme stabiliscono le conseguenze che si hanno sia quando il soggetto ha obbedito, sia quando ha

disobbedito. Queste regole sono assistite dalla forza, cioè vi sono autorità incaricate di assicurare il

rispetto delle regole e che hanno la possibilità di usare la forza, anche fisica, per impedire la

violazione delle regole o infliggere la punizione (sanzione) verso chi non rispetta le norme.

DIRITTO SOGGETTIVO = E’ un insieme di poteri o facoltà riconosciuti al soggetto da una

norma giuridica.

INTERESSE LEGITTIMO = E’ una posizione giuridica inferiore a quella del diritto soggettivo.

E’ un interesse privato che, in una certa situazione, si trova a coincidere con l’interesse pubblico

prevalente della Pubblica Amministrazione. Data questa connessione fra l’interesse individuale e

quello pubblico, il primo viene protetto dall’ordinamento giuridico attraverso la tutela giuridica del

secondo. A seguito dell’evoluzione normativa degli ultimi anni, la differenza fra diritto soggettivo

ed interesse legittimo si è notevolmente affievolita.

PERSONA FISICA = è l’essere umano destinatario con la nascita di norme giuridiche ed

astrattamente titolare di diritti e di doveri.

PERSONA GIURIDICA = è un tipo di soggetto diverso da quello della persona fisica. Vi sono

persone giuridiche pubbliche e private caratterizzate dal fatto di essere dotate di:

un proprio patrimonio autonomo

persone che agiscono per l’ente stesso

un riconoscimento da parte dello Stato

Le persone giuridiche pubbliche sono lo Stato e gli altri enti pubblici. Le persone giuridiche private

sono le associazioni, le fondazioni, le società commerciali, …. La persona giuridica gode di

personalità giuridica, ossia ha la caratteristica di potersi assumere diritti ed obblighi in proprio,

indipendentemente dalle persone che agiscono al suo interno, in quanto i diritti ed i doveri sono

riconducibili alla persona giuridica nel suo complesso e non a coloro che la compongono.

CAPACITA’ GIURIDICA = la possibilità che ha un soggetto di diritto di diventare titolare di una

serie indeterminata di diritti e doveri sulla base di norme giuridiche.

CAPACITA’ DI AGIRE = la possibilità di un soggetto del diritto di curare da sé i propri interessi

nel mondo dei rapporti giuridici.

ATTI AMMINISTRATIVI = sono gli tutti gli atti compiuti dalla pubblica amministrazione nello

svolgimento delle proprie funzioni. Gli atti amministrativi propriamente detti indicano gli atti

dovuti dall’amministrazione (certificazione), cioè dichiarazioni di scienza (= di conoscenza: ad

esempio i certificati). Gli atti amministrativi propriamente detti normalmente non incidono nella

sfera giuridica dei soggetti.

PROVVEDIMENTI = sono quella categoria di atti amministrativi attraverso i quali

l’amministrazione mette in opera la sua supremazia. Comportano la modifica d’autorità di

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A cura di Mariella Bergamini 18

situazioni giuridiche soggettive. I provvedimenti della P.A. sono tutti posti nell’ottica dell’interesse

pubblico e non possono essere adottati se non sono fondati su norme giuridiche. Se così non è, il

provvedimento è illegittimo e può essere annullato. I provvedimenti possono essere distinti in:

Provvedimenti espansivi = aumentano i diritti soggettivi dei destinatari (autorizzazioni,

concessioni, ammissioni, ..)

Provvedimenti ristrettivi o ablativi = limitano diritti soggettivi già esistenti (espropriazione,

requisizione, confisca, ….)

Con un provvedimento la pubblica amministrazione esprime la propria volontà, cioè le decisioni

prese in base alle norme giuridiche, nell’esercizio della propria sovranità. Tali atti, la cui

emanazione comporta l’esistenza di un margine di discrezionalità, incidono nella sfera giuridica dei

destinatari. I cittadini sono obbligati ad ottemperare e la mancata osservanza è sanzionata (es.:

ordinanze).

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO = è una sequenza d’atti aventi diversa natura o

funzione ma ordinati in modo tale ad arrivare all’emanazione di un provvedimento conclusivo.

Il procedimento prevede varie fasi che possono essere sinteticamente indicate in:

INIZIATIVA (che può essere del cittadino – istanze, denunce, ricorsi - o della Pubblica

Amministrazione): è la fase diretta a predisporre e accertare i presupposti. E’ la fase

introduttiva o di impulso che può derivare dalla stessa P.A. (iniziativa d’ufficio, ad esempio una

sanzione, un controllo, o quando la P.A. chiede ad un’altra P.A. l’adozione di un atto) o

provenire dal cittadino (iniziativa di parte, cioè una richiesta, una domanda o un’istanza): si

mette in moto il procedimento e serve per accertare la sussistenza dei presupposti e ponderare

gli interessi (istanza con cui si richiede l’emissione di un provvedimento, denuncia con cui si

rende noto all’autorità amministrativa un determinato fatto con lo scopo di esercitare i propri

poteri, ricorso con cui si richiede il riesame di legittimità o di merito d’atti che ledono diritti o

interessi legittimi). Il procedimento richiesto da un cittadino può essere sempre interrotto per

volere esplicito del cittadino richiedente (ad esempio non vuole più un certificato), mentre il

procedimento iniziato d’ufficio dalla P.A. deve sempre concludersi con l’emanazione di un

atto (ad esempio non si può interrompere la formulazione di una contravvenzione). Il momento

di inizio di un procedimento è importante perché da quel momento decorre il termine per

concluderlo.

Il cittadino presenta una richiesta la P.A. ha il dovere di procedere

Se la richiesta presenta i requisiti previsti dalla legge la P.A. ha il dovere di

provvedere, cioè di emanare l’atto.

Dalle richieste si devono differenziare le denunce (o esposti, segnalazioni e petizioni) in quanto

queste non fanno sorgere per la P.A. un obbligo di provvedere, ma solo di procedere, cioè di

prenderle in considerazione per verificare se ci sono gli estremi per aprire eventualmente un

procedimento.

ISTRUTTORIA (acquisizione di documenti ed informazioni): è la fase nella quale si

acquisiscono e si valutano i singoli dati pertinenti e rilevanti e definita per questo il

“cuore”. Si procede all’acquisizione e all’elaborazione dei dati, anche al fine di ponderare gli

interessi in contrasto e valutare gli elementi e gli interessi. La P.A. è libera di ricercare da sola

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A cura di Mariella Bergamini 19

tutti gli elementi che le occorrono per decidere in quanto, nel procedimento amministrativo,

vige il principio inquisitorio. In questa fase si nomina il responsabile del procedimento, si

comunica l’avvio del procedimento, si accertano i requisiti e presupposti necessari per

l’ammissibilità dell’istanza, si verificano i dati rilevanti, si acquisiscono i pareri obbligatori,

le valutazioni tecniche, gli atti d’assenso d’altri organi o amministrazioni, si convoca la

conferenza dei servizi, si esaminano le opposizioni presentate dagli interessati.

L’istruttoria può essere:

aperta (quando vi può partecipare l’interessato)

chiusa (quando non vi può partecipare l’interessato)

segreta (quando non è conosciuta dall’interessato)

DECISORIA O FASE COSTITUTIVA (secondo norme ben precise la P.A. adotta l’atto): è la

fase decisoria o deliberativa, in cui si determina il contenuto dell’atto da adottare e si

provvede alla formazione ed emanazione dello stesso. Pone in essere il provvedimento finale,

che è quello centrale e conclusivo del procedimento. E’ questa la fase in cui l’Amministrazione

è tenuta ad adottare il provvedimento finale, sia esso positivo sia negativo: è il momento in cui

viene adottato l’atto. Quando si tratti di determinazioni di volontà che non può manifestare il

responsabile del procedimento ma un organo collegiale, è necessario seguire un

subprocedimento per l’adozione della deliberazione che prevede la convocazione dell’organo, la

seduta con un certo quorum, la discussione, la votazione e la verbalizzazione.

In alcuni casi il procedimento può concludersi con il silenzio della P.A. cioè senza

l’emanazione di un atto.

La legge prevede espressamente i casi in cui il procedimento può concludersi con il silenzio,

perché negli altri casi la P.A. è inadempiente e il cittadino può rivolgersi al giudice per

dichiarare l’illegittimità del P.A.

I silenzi possono essere di due tipi:

silenzio assenso si ha quando la legge prevede che trascorso un certo periodo di tempo il

silenzio è da ritenersi assenso (art. 20 legge 241)

silenzio rifiuto va inteso come non accoglimento della richiesta (art. 25 della legge 241/90)

Negli altri casi non previsti da legge si tratta di silenzio inadempimento.

FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA normalmente, finito il procedimento, l’atto è

perfetto cioè completo ed efficace, quindi è in grado di produrre i suoi effetti.

Ma ci sono casi in cui l’atto ha bisogno di un’ulteriore fase che è quella integrativa e cioè il

controllo da parte di altri enti, (in cui si richiede di valutare la legittimità o congruità di un

provvedimento), oppure la pubblicizzazione dello stesso.

E’ quella intesa a munire il provvedimento finale dei requisiti di efficacia che comprendono:

la fase di controllo per conferire l’esecutività al provvedimento. L’atto produce i suoi

effetti solo dopo che è stato controllato e il controllo ha avuto esito positivo

la fase di comunicazione o notifica e pubblicazione, con cui si rende legalmente

noto e obbligatorio il provvedimento. L’atto è perfetto e la notificazione serve solo a

farlo conoscere al destinatario e dal quel momento partono i tempi per l’eventuale

impugnazione.

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A cura di Mariella Bergamini 20

2. GLI ATTI AMMINISTRATIVI

Elementi dell’atto amministrativo

► essenziali, ossia necessari a dar vita all’atto:

soggetto che pone in essere l’atto e deve essere appartenente alla P.A.

volontà o potere che è l’elemento volitivo

l’oggetto è la res sui cui l’atto incide (un comportamento, un fatto, un bene)

il contenuto cioè la parte precettiva dell’atto, ciò che si intende autorizzare, disporre,

concedere

forma

a questi si aggiunge anche la motivazione prevista dalla L. 241/90

► accidentali, che possono essere apposti ad atti discrezionali:

il termine che indica il momento dal quale deve avere inizio l’efficacia dell’atto

la condizione che subordina l’inizio o la cessazione dell’efficacia dell’atto al verificarsi di

un evento

onere che può essere apposto alle autorizzazioni, concessioni e licenze

Struttura formale dell’atto

L’atto presenta una struttura formale generalmente composta da:

intestazione = indicazione dell’autorità da cui promana

preambolo = in cui sono indicate le norme di legge o i regolamenti in base ai quali l’atto è stato

adottato

motivazione = consiste in una parte descrittiva nella quale sono indicati gli interessi coinvolti e

una parte valutativa nella quale la P.A. valuta gli interessi, motivando il perché ha preferito

soddisfare un interesse al posto di un altro. Con la legge 241/90 la motivazione è obbligatoria, in

base al principio di trasparenza, tranne che si tratti di atti normativi e a contenuto generale

dispositivo = è la parte precettiva dell’atto e costituisce la dichiarazione di volontà vera e

propria

luogo = cioè l’indicazione della sede ove viene emanato l’atto

sottoscrizione = la firma dell’autorità che emana l’atto o quella delegata

2.1. VALIDITÀ, INVALIDITÀ, EFFICACIA

L’atto è valido se conforme alla legge.

Un atto è invalido quando è viziato, cioè è difforme dalla legge e dalle norme. Quindi la validità è

assenza da vizi.

E’ efficace quando produce effetti giuridici e quindi il concetto di efficacia è molto diverso da

quello di validità, che invece dipende dall’assenza di vizi. Normalmente validità ed efficacia stanno

insieme, anche se possiamo avere atti validi ma inefficaci e atti invalidi ma efficaci.

L’atto può essere viziato in misura maggiore o minore, determinando due tipi diversi di invalidità9:

9 L. 241/90: Art. 21 septies NULLITA’ DEL PROVVEDIMENTO

E’ nullo:

il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali

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A cura di Mariella Bergamini 21

nullità determina l’assenza di efficacia e l’atto nullo non obbliga nessuno e chiunque

può rilevare il vizio dell’atto in qualsiasi momento. È nullo retroattivamente. [EX

TUNC]

La nullità di un atto amministrativo è causata dalla mancanza di un elemento fondamentale

che può essere:

- Soggetto amministrativo = se l’atto non è emesso da un soggetto amministrativo, oppure

da un soggetto amministrativo che non sta esercitando le proprie funzioni amministrative.

- Potere = se l’atto proviene da un organo amministrativo che non ha potere di emanare atti

o non ha potere in quelle materie

- Forma = se richiesta e vincolata deve essere per forza quella

- Contenuto o oggetto = non deve essere né illecito né impossibile

- Destinatario = mancanza di destinatario

- Volontà = viziata da violenza fisica

annullabilità determina la possibilità che l’atto sia annullato dagli organi a ciò preposti

con la conseguente eliminazione dell’atto, fatta salva la piena efficacia fino al momento

dell’annullamento. [EX NUNC]

L’annullabilità di un atto è causata da un vizio meno grave, che non comporta la sua

inesistenza, però provoca il fatto che, su richiesta degli interessati o della stessa Pubblica

Amministrazione che l’ha emanato, sia annullato. L’annullamento non è retroattivo.

L’atto illegittimo per la presenza di vizi di legittimità è annullabile, ma, fino a quando non

viene effettivamente annullato, esiste ed è efficace.

Pertanto, l’atto illegittimo:

a) è giuridicamente esistente;

b) è efficace, come se fosse valido, finché non viene annullato;

c) è esecutorio, per cui l’atto, se (e finché) non è annullato, può essere eseguito dalla P.A. in

via diretta e coattivamente.

il provvedimento amministrativo che è viziato da difetto assoluto di attribuzione

il provvedimento amministrativo che è adottato in violazione o elusione del giudicato

il provvedimento amministrativo nei casi espressamente previsti da legge

Sono attribuite al Tar quale giudice esclusivo tutte le questioni relative alla nullità dell’atto, così come previsto dal “Codice del

Processo Amministrativo” (art. 133 D. Lgs. 104/2010)

Art 21 octies ANNULLABILITA’ DEL PROVVEDIMENTO

È annullabile:

il provvedimento amministrativo che è stato adottato in violazione di legge

il provvedimento amministrativo che è viziato da eccesso di potere

il provvedimento amministrativo che è viziato da incompetenza

NON è annullabile:

il provvedimento amministrativo adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma quando, per la sua

natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non poteva esser diverso da quello adottato

il provvedimento amministrativo per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento nel caso in cui la P.A. dimostri

in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato

Art 21 nonies ANNULLAMENTO DI UFFICIO

Il provvedimento amministrativo illegittimo (nei casi previsti all’art. di cui sopra sull’annullabilità del provvedimento) può essere

annullato d’ufficio, se ne sussistono le ragioni di interesse pubblico entro un termine ragionevole e tenuto conto degli interessi dei

destinatari e controinteressati, dall’organo che ha emanato l’atto o da un altro organo previsto dalla legge. La P.A. può convalidare il

provvedimento finale entro un termine ragionevole.

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A cura di Mariella Bergamini 22

2.2. VIZI DI LEGITTIMITA’

I vizi di legittimità riguardano difetti dell’atto rispetto a ciò che richiede la legge.10

I vizi di legittimità che comportano l’annullabilità dell’atto di dividono in tre categorie:

incompetenza = riguarda sia gli atti discrezionali che quelli dovuti. Sono atti posti in essere da

un organo amministrativo diverso da quello indicato dalla legge, nel caso però che i due organi

abbiano le stesse funzioni (es. decreto ministeriale firmato da un dirigente invece che dal

ministro). L’incompetenza può essere per materia, per grado e per territorio. Può essere divisa

anche in relativa e assoluta L’incompetenza relativa è un vizio relativo al soggetto pubblico in

quanto l’atto è emesso da un organo del medesimo settore amministrativo e l’atto è annullabile.

L’incompetenza assoluta determina un atto nullo.

eccesso di potere = riguarda solo gli atti discrezionali. Si tratta di atti vincolati nei fini, ma

liberi nei mezzi. Si possono avere casi di sviamento di potere che si configurano nell’abuso

della discrezionalità. E’ la Pubblica Amministrazione che persegue interessi diversi da quello

pubblico. Eccesso di potere è un cattivo uso del potere discrezionale quando risulti pregiudicato

il fine di interesse pubblico definito dalla legge. Condizione perché si verifichi tale vizio è che si

tratti di un atto espressione del potere discrezionale perché altrimenti gli atti vincolati non

possono incorrere in questo vizio11.

violazione di legge = in tutti gli altri casi e cioè quando:

mancano i presupposti previsti dalla legge o mancano dei presupposti richiesti dalla norma

per l’emanazione dell’atto

l’organo non è formato regolarmente in base ai numeri legali richiesti o non ha regolarmente

deliberato

manca un parere obbligatorio e manca la motivazione e sono state violate le regole sul

procedimento amministrativo.

2.3. VIZI DI MERITO

A differenza dei vizi di legittimità, i vizi di merito non sono suscettibili di una vera e propria

classificazione e il loro fondamento risiede nel fatto che non sono contrari alle norme giuridiche, ma

violano il principio di buona amministrazione previsto dall’art. 97 della Costituzione. Ne deriva che

i vizi di merito possono invalidare solo gli atti discrezionali, cioè di scelta della P.A. e non gli atti

vincolati.

2.4. RIMEDI DEI VIZI

I rimedi previsti nel nostro ordinamento contro gli atti illegittimi sono:

ricorsi amministrativi

10 i vizi di merito riguardano l’opportunità dell’atto e cioè quegli aspetti di libera scelta, non stabiliti dal diritto e lasciati

quindi alla discrezione della P.A. 11 La dottrina ha individuato una serie di figure di tale vizio di eccesso di potere:

sviamento di potere = l’uso di potere discrezionale per fine diverso travisamento ed erronea valutazione dei fatti = che consiste nel ritenere inesistente o esistente un fatto, a

presupposto dell’atto o che abbia interpretato i fatti in modo illogico, erroneo o irrazionale

contraddittorietà = tra più atti che si verifica quando atti successivi siano in contrasto fra loro impedendo la

comprensione della volontà dell’ente

disparità di trattamento = quando l’Amministrazione esercita un potere discrezionale in maniera diversa nei

confronti di soggetti in situazioni identiche

ingiustizia manifesta = che si verifica quando un interesse privato si fa passare per interesse pubblico senza

valida ragione

motivazione insufficiente e incongrua = che consiste nell’omettere valide circostanze mentre si motiva l’atto con

elementi irrilevanti o insufficienti.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 23

ricorso giurisdizionale

atto di autotutela adottato d’ufficio dalla Pubblica Amministrazione che ritira l’atto viziato

3. ELIMINAZIONE DEL VIZIO

La Pubblica Amministrazione ha la possibilità in via di autotutela di ritirare o di riesaminare l’atto

considerato illegittimo e sanarlo con una successiva manifestazione di volontà.

Gli atti di ritiro sono discrezionali in quanto è la P.A. che valuta se sussiste l’interesse pubblico.

L’organo stesso che ha emanato l’atto può:

1. AGIRE IN AUTOTUTELA

* annullamento d’ufficio: l’atto viziato di legittimità, viene ritirato con efficacia retroattiva [ex

tunc] dalla data della sua emanazione.

* revoca: è un provvedimento motivato con cui la P.A. ritira con efficacia non retroattiva [ex nunc]

un atto con vizi di merito in base ad una nuova valutazione degli interessi. Ciò accade perché la

P.A. si deve sempre adeguare all’interesse pubblico quando questi muti.

2. SANARE L’ATTO

Gli atti viziati di legittimità e che non siano nulli, ma solo annullabili possono essere ritirati ma

anche sanati, mantenuti in vita mediante:

► ratifica [atto emanato da organo incompetente] = è un provvedimento che elimina il vizio di

incompetenza relativa. L’organo competente lo ratifica facendolo proprio condividendo

l’operato di quello incompetente. Il vizio è così sanato dall’inizio come se l’atto fosse stato

emanato dall’organo giusto.

► convalida [atto emanato in mancanza di uno o più presupposti] = consiste in un nuovo atto che

elimina i vizi di legittimità di un atto non ancora annullato inserendo elementi mancanti o

correggendo eventuali contrasti; [per esempio un parere: il parere richiesto dopo diventa

successivo all’atto e lo convalida retroattivamente].

Non tutti i vizi possono essere sanati. Ovviamente quando l’atto è contrario alla legge non può

essere ratificato né convalidato. In questi casi l’Amministrazione può annullare l’atto di propria

iniziativa (cioè d’ufficio) facendone venir meno gli effetti fin dall’inizio.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 24

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

1. IL “DOPPIO BINARIO”

Se un soggetto ritiene che un provvedimento amministrativo abbia leso un proprio diritto o un

interesse legittimo può inoltrare ricorso agli organi competenti.

Col termine giustizia amministrativa si fa riferimento all’insieme di mezzi che l'ordinamento

giuridico predispone a tutela delle situazioni giuridiche dei soggetti nei confronti della pubblica

amministrazione.

L'esistenza di un sistema di giustizia amministrativa è una delle caratteristiche essenziali dello stato

di diritto poiché, in questo modo, si rende effettiva la sottoposizione della pubblica amministrazione

alla legge, secondo il principio di legalità.

Il sistema di giustizia amministrativa è caratterizzato da tre principi fondamentali:

1. Principio di azionabilità: a norma dell’art. 24 della Costituzione, tutte le lesioni di diritti

soggettivi e degli interessi legittimi possono trovare una tutela in giudizio.

2. Principio dell’autonomia del potere giudiziario.

3. Il principio di legalità dell’azione amministrativa, secondo l’art. 101 Cost.

Per quel che riguarda il riparto di giurisdizione, il nostro sistema giurisdizionale è articolato

secondo il criterio del “doppio Binario”: al giudice ordinario è riservata a tutela dei diritti soggettivi,

mentre il giudice amministrativo è il giudice naturale degli interessi legittimi. Il criterio più

utilizzato per decidere a quale giurisdizione ricorrere è quello della “causa petendi”, che si riferisce

alla natura della posizione giuridica che viene dedotta in giudizio.

Pertanto il nostro sistema di giustizia amministrativa è organizzato nel seguente modo:

Il giudice ordinario (Tribunali e Corti d’Appello) è competente a decidere delle violazioni dei

diritti soggettivi: ha, infatti, il potere di disapplicare l’atto amministrativo che risulti illegittimo e

può dichiararne l’illegittimità.

Il giudice amministrativo invece (Tar e Consiglio di Stato) giudica sulle violazioni degli interessi

legittimi, ad eccezione per alcuni casi di giurisdizione esclusiva in cui lo stesso giudice

amministrativo giudica sulle violazioni dei diritti soggettivi12. Ha il potere di annullare gli atti

amministravi illegittimi (giurisdizione di legittimità) e nei casi tassativi di giurisdizione di merito,

può anche sostituire gli atti illegittimi con altri atti o modificarli solo in parte13. Infine, i casi di

conflitto di attribuzione, tra giudice amministrativo e giudice ordinario, è competente a decidere la

Suprema Corte di Cassazione.

Ma la tutela delle situazioni giuridiche nei confronti della pubblica amministrazione può essere

perseguita anche senza ricorrere ad un giudice. Il può essere richiesta:

12 Art.103 Cost, “Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei

confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei

diritti soggettivi” 13 Es. i ricorsi per l’esecuzione del giudicato del giudice civile o amministrativo, (art. 27 n.4 t.u. Consiglio di Stato e

art.37 l.1034/1971, cd. legge Tar), i ricorsi contro le ordinanze contingibili e urgenti del sindaco (art.1 n.3, r.d. 1058 del

1924) e i ricorsi contro i provvedimenti per la cd. censura cinematografica (ex art. 27, n.15, l.167/1962).

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 25

A. ad un organo della stessa pubblica amministrazione, adito dal soggetto leso mediante un

ricorso amministrativo, Il ricorso amministrativo si attua quando un privato è stato leso in

un interesse legittimo e può essere rivolto alla stessa autorità amministrativa che ha emanato

l’atto, a quella gerarchicamente superiore, al Capo dello Stato.

Deve essere presentato per iscritto.

in opposizione = è un ricorso, prodotto da chi vuole tutelare un proprio diritto o interesse

legittimo, contro atti della pubblica amministrazione, che è presentato allo stesso organo

amministrativo che ha prodotto l'atto verso il quale si vuole ricorrere. È un rimedio

eccezionale che può essere utilizzato solo nei casi previsti dalla legge. Ciò è dovuto dal fatto

che l'autorità che ha emanato l'atto non è in grado di giudicare da sé il proprio operato. Esso

può essere proposto sia per motivi di legittimità che sia di merito, a tutela sia di diritti

soggettivi sia di interesse legittimi. Se la possibilità di ricorso in opposizione non è prevista

dalla legge si avrà un semplice reclamo.

ricorso gerarchico = è prodotto da chi vuole tutelare un proprio diritto o interesse legittimo,

contro atti della pubblica amministrazione; è presentato all'organo gerarchicamente

superiore di quello che ha prodotto l'atto verso il quale si vuole ricorrere. Si può ricorrere

contro un atto amministrativo se questo è viziato per motivi di legittimità o di merito. Il

ricorso deve essere presentato entro 30 giorni da quando l'atto è stato notificato al ricorrente,

oppure, nel caso in cui non vi si stata notifica, da quando il ricorrente ne ha avuto notizia.

Trascorsi 30 gg. si ha la decadenza dal potere di ricorso. L'esito del ricorso deve essere

comunicato al ricorrente entro 90 giorni dal suo ricevimento: l’Amministrazione può

pronunciarsi per l’annullamento, ma anche revocare o riformare l’atto. In caso di assenza di

risposta da parte della pubblica amministrazione il ricorso si intende respinto (silenzio-

rifiuto). Nel caso in cui il ricorso sia stato respinto, il ricorrente può ricorrere al giudice

amministrativo (T.A.R.), ma può anche esperire il ricorso straordinario al Presidente della

Repubblica; queste due ultime opzioni sono però alternative, per cui se si ricorre al giudice

non si può più effettuare il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, e viceversa.

al Capo dello Stato = è un ricorso amministrativo prodotto da chi vuole tutelare un proprio

diritto o interesse legittimo, contro atti della pubblica amministrazione, che è presentato al

Presidente della Repubblica Italiana. Benché formalmente riferito al Presidente il ricorso è

in verità deciso dal Consiglio di Stato, che esprime un parere obbligatorio e vincolante. Le

caratteristiche che rendono ancora attuale questa tipologia di ricorso sono essenzialmente il

fatto che il termine per ricorrere è più ampio di quello previsto per il ricorso giudiziale e che

non è necessario il patrocinio legale. Si può ricorrere contro un atto amministrativo se questo

è viziato per soli motivi di legittimità (art. 8 d.p.r 1199 1971), se si tratta di un atto definitivo

o se non è possibile ricorrere contro l'atto per via gerarchica. Il ricorso straordinario al Capo

dello Stato è alternativo alla via giudiziaria, per cui se si utilizza questo strumento, poi non

si può più ricorrere ai T.A.R. o al Consiglio di Stato, come se si ricorre a questi, poi non è

più esperibile il ricorso amministrativo straordinario al Capo dello Stato. Il ricorso va

proposto entro 120 giorni dalla notificazione o piena conoscenza del provvedimento. La

decisione viene emanata sotto forma di D.P.R., dal Presidente della Repubblica, su proposta

del Ministero e sentito il parere, obbligatorio e vincolante, del Consiglio di Stato. La

decisione può essere di vario contenuto: il ricorso può essere accolto, vi può essere la

dichiarazione di inammissibilità se si riconosce che il ricorso non poteva essere proposto. E’

prevista anche la sospensiva. Se si presenta contro atti non definitivi un ricorso straordinario,

il ricorso è inammissibile. Nel caso in cui il ricorso venga accolto l'atto sarà annullato;

questa annullamento avrà effetto esclusivamente tra le parti, salvo che non si tratti di un atto

a natura normativa o regolamentare, in questa ipotesi l'efficacia dell'annullamento sarà erga

omnes.

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A cura di Mariella Bergamini 26

Il Codice del processo amministrativo, D. Lgs. 104/2010 ha ridefinito, contenendoli, alcuni

aspetti del ricorso straordinario al capo dello stato. In particolare l’art. 8 comma 7 ammette

l'esperibilità del rimedio solo con riferimento alle controversie devolute alla giurisdizione

del giudice amministrativo. Viene superato così l'orientamento espresso dalla Plenaria del

Consiglio di Stato secondo cui il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica poteva

essere esperito anche con riguardo alle controversie devolute al giudice ordinario, ferma

restando la facoltà, per quest'ultimo, di disapplicare la decisione del Presidente della

Repubblica nella controversia demandata alla sua cognizione nonché la cessazione della

materia del contendere in caso di intervenuto giudicato.

B. ad un giudice investito della controversia a seguito dell'esercizio di un'azione da parte del

soggetto leso. Consiste nella richiesta fatta da un soggetto ad un Giudice, di esaminare una

determinata situazione al fine di ottenere un provvedimento giurisdizionale. Il termine entro

cui ricorrere, a seconda del tipo di atto, può decorrere da una serie di fenomeni: dalla

conoscenza del provvedimento, dalla comunicazione o notificazione del provvedimento,

dalla pubblicazione. Il ricorso davanti al giudice può essere adito per due vie diverse:

→ in via giurisdizionale Ordinaria, al giudice ordinario (pretore, tribunale, Corte d’appello

della Magistratura Civile). I giudici ordinari possono giudicare sia sulle controversie tra

privati che tra privati e Pubblica Amministrazione relativamente ai diritti soggettivi.

Non può annullare l’atto, ma solo risarcimento danno o restituzione del diritto in caso di

diritto soggettivo leso

Se un privato è leso in un diritto soggettivo si rivolge al giudice ordinario, che non può però

fare alcune cose:

non può condannare la Pubblica Amministrazione a tenere determinati comportamenti.

Può condannarla al risarcimento danni.

non può annullare né modificare l’atto della Pubblica Amministrazione. Il giudice si

limita a disapplicare quell’atto che però rimane efficace e produce effetti. Solo i giudici

amministrativi del ricorso amministrativo possono annullare l’atto.

→ In via giurisdizionale amministrativa (T.A.R. e Consiglio di Stato) per annullamento atto

e risarcimento (vedi legge 205 del 2000) per interesse legittimo o diritto soggettivo

I giudici amministrativi possono giudicare solo sulle controversie contro la Pubblica

Amministrazione La giurisdizione amministrativa può annullare l’atto amministrativo

illegittimo per vizi di legittimità (incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge) e

comportamento inerte della P.A. Solo in casi particolari la legge attribuisce anche una

giurisdizione sul merito, cioè sull’opportunità dell’atto.

Gli organi della giurisdizione amministrativa sono:

1. TAR (art 125 della Costituzione), cioè i Tribunali Amministrativi Regionali. Sono organi di

1° grado, composti da 3 magistrati amministrativi con competenza nell’ambito della

Regione. Il termine previsto per il ricorso è alquanto breve: il soggetto leso in un proprio

interesse legittimo deve notificare il ricorso all'autorità che ha emanato il provvedimento

entro sessanta giorni (ma esistono termini più brevi per i riti speciali) dalla data in cui il

provvedimento stesso gli è stato comunicato o, comunque, ne ha avuto conoscenza. Il

ricorso deve essere notificato, nello stesso termine, ad almeno un controinteressato, cioè ad

un soggetto che potrebbe subire un pregiudizio dall'accoglimento del ricorso (ad esempio: il

vincitore di un concorso pubblico di cui si chiede l'annullamento). La proposizione del

ricorso non sospende gli effetti del provvedimento (così che l'amministrazione potrà portare

a esecuzione, anche coattivamente, le pretese che ne derivino: per esempio, procedere

all'occupazione di un bene immobile o a eseguire direttamente, a spese dell'interessato,

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A cura di Mariella Bergamini 27

prestazioni ordinate a quest'ultimo); tuttavia, qualora l'esecuzione sia idonea a causare danni

gravi e irrecuperabili, ossia non risarcibili, il TAR, su istanza del ricorrente, può disporre

sollecitamente la sospensione. Con la propria decisione il TAR, ove ritenga fondato il

ricorso, annulla il provvedimento impugnato, e l'autorità amministrativa dovrà uniformarsi

ai criteri in essa fissati. Le sentenze del TAR sono immediatamente esecutive e acquistano

valore di cosa giudicata: il caso concreto deciso non può essere dedotto in altro giudizio,

ove, entro sessanta giorni dalla notificazione della decisione, non sia stato proposto appello.

Le decisioni e le ordinanze dei TAR possono essere appellate davanti al Consiglio di Stato.

2. Consiglio di Stato, dove si impugna la sentenza del Tar, agisce come giudice in appello al

TAR. Le sezioni decidono su questi ricorsi con la presenza di 5 magistrati. In casi importanti

si pronuncia in adunanza plenaria con un collegio di 12 magistrati. In sede giurisdizionale il

Consiglio di Stato ha solo funzione di tutela nei confronti degli atti della pubblica

amministrazione. In particolare il Consiglio di Stato è il Giudice di secondo grado della

giustizia amministrativa, ovvero il Giudice d'appello avverso le decisioni dei TAR

(Tribunale Amministrativo Regionale). Il Consiglio di Stato, inoltre, svolge funzioni di

Giudice in unico grado in sede di giudizio di ottemperanza, ovvero in quel giudizio teso ad

ottenere che una Pubblica Amministrazione esegua una sentenza emessa dal Giudice

ordinario o dal Consiglio di Stato stesso; tuttavia, quando il giudizio di ottemperanza

riguarda l'esecuzione di una sentenza emessa da un TAR, che sia stata confermata dal

Consiglio di Stato in grado di appello, è competente il TAR stesso che l'ha emessa. Per le

decisioni assunte dal Consiglio di Stato nelle sue funzioni giurisdizionali è ammesso ricorso

alla Corte di Cassazione unicamente per motivi inerenti la giurisdizione.

2. LA RIFORMA DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO: LEGGE N. 205 DEL 2000

Pur non potendo unificare le due giurisdizioni, in quanto si andrebbe contro l’art. 103 della

Costituzione, che stabilisce che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa

hanno giurisdizione per la tutela, nei confronti della pubblica amministrazione, degli interessi

legittimi e, in particolari materie indicate da legge, anche dei diritti soggettivi, con la legge 205 del

21/7/2000 si è prodotta una grossa innovazione, ampliando moltissimo le materie di

competenza esclusiva del TAR, con la conseguenza che in questa ipotesi è competente sia in

materia di interessi legittimi che in materia di diritti soggettivi e può, con sentenza, stabilire

un risarcimento del danno anche in forma specifica, trattandosi dei casi di competenza e

giurisdizione esclusiva.

In questi casi di competenza esclusiva il TAR ha la possibilità di assumere mezzi di prova tipici del

procedimento civile (consulenza di un C.T.U: cioè un consulente tecnico di ufficio) e utilizzare

procedimenti istruttori abbreviati (ad esempio il ricorso per ingiunzione o provvedimenti

anticipatori della sentenza, come la sospensiva).

Si può dire che la competenza del TAR viene ampliata nei contenuti (diritti soggettivi e interessi

legittimi), nelle materie e nei modi (assunzione di prove) e nei procedimenti (decreto ingiuntivo e

provvedimenti anticipatori).

D’altra parte l’amministrazione in questi anni si è dovuta uniformare a principi di efficacia e

trasparenza del servizio e tutto ciò ha portato ad un radicale cambiamento dei rapporti fra cittadini e

P.A.. Al cittadino vengono riconosciute sempre più posizioni giuridiche di livello primario che non

devono cedere il passo nemmeno davanti alla pubblica autorità, superando così la categoria degli

interessi legittimi.

La legge 205/2000 è nata da queste premesse ed esigenze e, senza modificare radicalmente il

vigente sistema di giustizia amministrativa, ha introdotto principi del tutto nuovi aggiornando,

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 28

snellendo e razionalizzando il processo amministrativo la cui disciplina risale alla ormai trentennale

legge 1034 del 1971.

La grande innovazione di questa legge è che il cittadino leso dalla Pubblica Amministrazione:

Prima doveva ricorre alla giurisdizione amministrativa per l’annullamento dell’atto e, poi,

alla giurisdizione ordinaria per la tutela dei diritti patrimoniali che ne conseguivano

Ora, al momento già che propone il ricorso, può chiedere la pronuncia del giudice

amministrativo anche in merito alle conseguenze che derivano dall’annullamento degli

atti impugnati.

La tradizionale distinzione tra giurisdizione ordinaria e amministrativa e tra diritti soggettivi e

interessi legittimi, non ha mai contemplato in precedenza l’ammissibilità del risarcimento di lesione

di interessi legittimi (risarcibilità degli interessi legittimi).

Anche gli art. 24 e 113 della Costituzione hanno contribuito al sostegno della tesi dell’irrisarcibilità,

ma si è trascurato che la Costituzione garantisce pari dignità e tutela sia ai diritti soggettivi che agli

interessi legittimi. Inoltre l’attività della P.A., diretta a tutelare gli interessi collettivi, non può essere

oggetto di indagine dal parte dell’autorità giudiziaria ordinaria se non perché violi i diritti di

singoli: in questo caso il giudice ordinario può solo accertare e rilevare le violazioni di norme e

regole che abbiano causato danni.

Finora ad 2000 era chiaro che si ricorreva al giudice amministrativo per interessi legittimi per

annullare l’atto, ma non per il risarcimento del danno, e si ricorreva al giudice ordinario per

risarcimento danno ma non per interesse legittimo.

Inoltre l’interpretazione dell’art. 2043 del codice civile tradizionalmente riconosce “danno ingiusto”

soltanto la lesione di un diritto soggettivo.

Negli anni ’90 la dottrina più autorevole ha ritenuto inaccettabili le argomentazioni contrarie alla

risarcibilità della lesione di interessi legittimi, perché tale divieto si traduce in una specie di

impunità per la P.A. e il legislatore, sulla pressione anche delle direttive comunitarie, ha cercato di

evolversi.

Nel 1999 la Corte di Cassazione, con una sentenza storica, la n.500, fa inversione sulla tendenza di

ritenere come principio generale del nostro ordinamento l’irrisarcibilità della lesione dell’interesse

legittimo.

Tale principio viene codificato dal legislatore nella L. 205/2000, che ha attribuito al giudice

amministrativo la competenza anche sulle questioni relative al risarcimento del danno, superando

così definitivamente il doppio binario di ricorso precedente, che prevedeva l’annullamento dell’atto

da parte del giudice amministrativo e la successiva pronuncia del giudice ordinario nel risarcimento

del danno.

E’ chiaro che l’accertamento dell’illegittimità di un atto non può di per sé provocare

necessariamente un danno perché non è detto che debba avere una diretta connessione con un bene

della vita giuridicamente tutelato.

Inoltre si deve verificare se l’eventuale danno possa essere qualificato come “danno ingiusto” nel

senso che vada a ledere un interesse rilevante per l’ordinamento; pertanto tra evento dannoso e

condotta della P.A. ci deve essere un nesso causale e occorre verificare se l’evento dannoso sia da

attribuire a dolo o colpa della P.A.

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A cura di Mariella Bergamini 29

Altra innovazione della L. 205/2000 è stata l’attribuzione al giudice amministrativo dei mezzi

istruttori della giurisdizione ordinaria come i mezzi di prova previsti dal codice civile e la

consulenza tecnica d’ufficio.

In questo modo si adegua la giurisdizione ordinaria alla tutela dei diritti del cittadino anche nei

confronti della P.A.

Fondamentale è anche la novità sulla possibilità della concentrazione dei ricorsi prevista

all’art.1 della L. 205/2000. In precedenza la legge 1034 del 1971 stabiliva che, in pendenza del ricorso, nei confronti

dell’amministrazione che ha adottato atti di varia natura si potessero fare ricorsi autonomi per

ognuno.

Per snellire, la L. 205/2000 consente di definire in un’unica sentenza la legittimità dei vari

provvedimenti e ripristinare integralmente la situazione giuridica compromessa da atti che

riguardano il medesimo oggetto.

Si valuta quindi l’azione complessivamente svolta dall’amministrazione, rendendo possibile

l’effettiva tutela della posizione giuridica del ricorrente eventualmente lesa dall’operato della stessa

amministrazione con uno o più atti tra di loro connessi.

La finalità è l’accelerazione e la razionalizzazione del processo amministrativo, evitando anche il

rischio di moltiplicazione di processi amministrativi.

L’ampliamento della giurisdizione esclusiva rappresenta un passo avanti sulla strada

dell’unificazione delle giurisdizioni, in quanto la possibilità di far valere davanti ad unico giudice

sia i diritti soggettivi che gli interessi legittimi non solo semplifica i modi di tutela delle ragioni del

cittadino, ma è il presupposto per la celerità dei processi.

Le materie riservate alla giurisdizione esclusiva abbracciano le principali manifestazioni

dell’attività amministrativa (lavori, servizi, forniture, urbanistica). In queste materie il giudice

amministrativo può annullare l’atto e disporre il risarcimento del danno.

Un altro aspetto molto importante di cui tratta la l. 205/2000 e nello specifico all’art. 2 è il

ricorso avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione Il problema della qualificazione giuridica del silenzio della P.A. riveste notevole importanza, anche

a seguito della entrata in vigore della più importante legge sul procedimento amministrativo 241/90.

L’art. 2 di detta legge ha generalizzato l’obbligo di conclusione esplicita del procedimento,

mediante l’adozione di un provvedimento espresso, nei termini che l’amministrazione stessa dovrà

stabilire: in mancanza il termine è di 30 giorni.

La violazione all’obbligo di provvedere (silenzio-rifiuto) può determinare varie conseguenze di

carattere civile (art.25 T.U. impiegati civili dello Stato), penale (art.328 c.p.) e disciplinare.

La legge anche prima della 241/90 prevedeva varie ipotesi di silenzio, ora ampliate per qualificare

l’inerzia della P.A., che può consistere in un comportamento intenzionale o involontario che

ostruisce la richiesta di un cittadino e si differenzia in:

1) Silenzio significativo: la legge dà rilievo a diverse tipologie di inerzia da parte della P.A.

attribuendo al silenzio il valore dell’atto amministrativo e le classifica in:

silenzio-assenso, quando la legge attribuisce al silenzio il significato di accoglimento

dell’istanza (significativo in proposito l’art. 20 L.241/90)

silenzio-rigetto, quando la legge attribuisce al silenzio il significato di rifiuto dell’istanza

(es.: art. 25 L.241/90 in tema di accesso ai documenti amministrativi)

2) silenzio non significativo

silenzio inadempimento ipotesi in cui la P.A. omette di provvedere entro i termini stabiliti

dalla legge e senza che la legge stessa preveda un valore da attribuirsi alla stessa inerzia.

Il diverso modo di concepire la natura del comportamento omissivo della P.A. si riflette

inevitabilmente anche sul profilo processuale della tutela del privato leso. Un’appropriata norma di

tutela nei confronti del silenzio-inadempimento della P.A. è stata posta dall’art. 2 della L. 205/2000,

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 30

che ha introdotto la disciplina di carattere processuale. La P.A., se rifiuta di provvedere, accetta di

abdicare le sue funzioni, con conseguente intervento sostitutivo del giudice, la cui funzione è quella

di attuare la volontà della legge, mediante la nomina di un commissario ad acta, che si sostituisce

alla PA inadempiente nell’emanazione dell’atto.

Il legislatore ha così garantito al massimo il cittadino di fronte alla P.A. inerte e inadempiente,

stimolando, in questo modo, la P.A. a regolarsi.

Si può concludere quindi che con l’art. 2 della legge 205 è superata la “supremazia” della P.A.

rispetto al privato.

3. IL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

Il 16 Settembre 2010 è entrato in vigore il Codice del Processo Amministrativo (CPA), D.Lgs.

104/2010. Il codice nasce da esigenze di semplificazione, chiarificazione e coordinamento delle

norme processuali, che prima erano sparse in una molteplicità di norme, talvolta anche in contrasto

fra loro. Inoltre il Codice riconosce al giudice amministrativo gli stessi strumenti di tutela di cui

gode il giudice ordinario, in un’ottica di avvicinamento del codice di procedura civile con quello del

processo amministrativo. Si rileva infine l’obbligo dell’uso della telematica.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 31

LA L. 241/90

“NUOVE NORME IN MATERIA DI PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E DI

ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI

1. LA PRIMA LEGGE SUL PROCEDIMENTO E LE SUCCESSIVE MODIFICHE

Il procedimento che porta all’emanazione di un atto amministrativo è costituito da una sequenza,

talora complessa, di atti ed azioni soggetti a regole precise. In realtà, fino al 1990 non esisteva una

legge generale che disciplinasse il procedimento amministrativo. Vi erano delle norme specifiche

per alcune tipologie di procedimenti, ad esempio nel settore urbanistico e nell’edilizia, ma non una

legge che li ricomprendesse tutti, per cui le regole del procedimento amministrativo erano elaborate

dalla giurisprudenza e dalla dottrina.

La svolta avviene nel 1990, quando cominciano ad affermarsi alcuni principi allora del tutto

innovativi per la pubblica amministrazione italiana - quali la trasparenza, la semplificazione,

l’efficienza, la fiducia nel (e il rispetto per il) cittadino - destinati a modificare il tradizionale ruolo

di subalternità del cittadino rispetto alla pubblica amministrazione.

In questo contesto, che vede la PA come una “casa di vetro”, viene emanata la L. 241/90, che attua,

con un ritardo di quasi mezzo secolo, gli articoli 3 e 97 Cost. ed i principi costituzionali di

eguaglianza, imparzialità e buon andamento in materia di pubblica amministrazione e rapporti coi

cittadini.

E’ la norma che ha introdotto per la prima volta una disciplina generale sul procedimento

amministrativo, incidendo profondamente sui tradizionali rapporti tra cittadini e apparato

burocratico.

Lo scopo è quello di superare il concetto autoritativo dell’attività della pubblica amministrazione,

con l’introduzione di una concezione aperta alla democratizzazione dell’azione amministrativa,

intesa come incontro delle volontà e dei contributi dei soggetti pubblici e privati.

La legge è sensibile alle esigenze di fornire adeguate garanzie al cittadino nella fase di formazione

dell’atto amministrativo, in particolare nella fase d’iniziativa e istruttoria, rendendo concreto il

rapporto di trasparenza con la P.A. e perciò crea nuovi istituti per il cittadino (diritto d’accesso,

identificazione del responsabile, obbligo di motivazione, pubblicità) di un reale controllo

sull’operato della P.A.

La legge detta i principi generali per l’accesso ai documenti e la durata dei vari procedimenti e

rimanda a successivi regolamenti la disciplina dettagliata.

La legge 241/90 è stata oggetto di importanti modifiche nel 2000 e poi all’inizio del 2005 quando,

dopo un iter non poco travagliato, è stata approvata la L. 15/2005 recante «Modifiche ed

integrazioni alla legge 241/90, concernenti norme generali sull’azione amministrativa». L’intento

del legislatore è quello di promuovere l’uso del diritto privato da parte della PA e la collaborazione

tra pubblico e privato. Ulteriori modifiche sono state apportate successivamente, fino a modificare

profondamente la struttura della norma e creando problemi di interpretazione.

2. I PRINCIPI ED I CRITERI

La L. 241/90, fin dal primo comma dell’articolo 1, indica i criteri che devono reggere l’azione

amministrativa: economicità, efficacia, pubblicità, imparzialità e trasparenza Inoltre è

sensibile alle esigenze di fornire adeguate garanzie al cittadino nella fase di formazione dell’atto

amministrativo, in particolare nella fase d’iniziativa e istruttoria, rendendo concreto il rapporto di

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 32

trasparenza con la P.A. e perciò crea nuovi istituti per il cittadino (diritto d’accesso, identificazione

del responsabile, obbligo di motivazione, pubblicità, accordi) il quale, nell’intenzione del

legislatore, può e deve operare un reale controllo sull’operato della P.A. A tal fine la norma detta i

principi generali per l’accesso ai documenti e la durata dei vari procedimenti, rimandando a

successivi regolamenti la disciplina di dettaglio.

Si rileva come la legge, fin dal 1990, dia una definizione molto ampia di documento

amministrativo: “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di

qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico

procedimento, detenuti da una P.A. e concernenti l’attività di pubblico interesse,

indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale” (art.

22).

Ciò fa sì che la L. 241/90 sia, a molti anni di distanza dalla sua promulgazione, tuttora pienamente

applicabile anche a tutte le nuove tipologie di documenti amministrativi che risultano

dall’informatizzazione della P.A.

La L. 241/90 è una legge di grande riforma i cui principi si possono così riassumere:

Garanzie per il cittadino

- Obbligo di concludere il procedimento entro un termine fissato

- Obbligo di comunicazione personale dell’avvio del procedimento

- Obbligo di comunicare il nominativo del responsabile del procedimento

- Obbligo della motivazione

- Obbligo di comunicare l’autorità cui ricorrere

Partecipazione del cittadino alla formazione del provvedimento

Facoltà di partecipare alle istanze e alle deduzioni

Facoltà di fare accordi

Trasparenza

Diritto d’informazione e d’accesso ai documenti

Semplificazione e celerità amministrativa

Snellimento azione amministrativa

Divieto di aggravio del procedimento

Autocertificazione

Conferenza dei servizi

Disciplina del rilascio dei pareri

Dia (Dichiarazione d’Inizio Attività), ora sostituita dalla Scia (Segnalazione Certificata

d‘Inizio Attività)

Ampliamento dei casi di silenzio-assenso

Accordi fra amministrazioni

2.1. Offrire garanzie al cittadino

1) Obbligo di concludere il procedimento entro un termine fissato [art. 2]. La P.A. deve dare

una risposta esplicita entro un termine prefissato, stabilito da appositi regolamenti emanati dalla

medesima, che decorre dall’inizio d’ufficio del procedimento oppure dal ricevimento della

domanda. La P.A. ha l’obbligo di adottare un provvedimento finale espresso, sia quando il

procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, sia quando debba essere iniziato

d’ufficio.

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A cura di Mariella Bergamini 33

Per le pubbliche amministrazioni statali il procedimento si deve concludere con un

provvedimento espresso entro trenta giorni e solo in particolari casi, mediante regolamenti (da

adottarsi mediante DPCM), è possibile stabilire un termine diverso, ma non superiore al

massimo a centottanta giorni.

La mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituiscono responsabilità gestionale,

disciplinare e amministrativo contabile del dirigente e del funzionario. La norma prevede inoltre

l’obbligo di individuare una figura sostitutiva, cui il cittadino può rivolgersi in caso di ritardo

(cfr. c. 9 e segg.).

Le PA sono tenute a risarcire il danno ingiusto causato in conseguenza dell’inosservanza dolosa

o colposa del termine di conclusione del procedimento (art. 2 bis). Il D. Lgs. 104/10 sul riordino

del processo amministrativo disciplina, all’articolo 31, la procedura che il cittadino può esperire

avverso il silenzio della PA, mentre all’art. 117 disciplina i ricorsi verso il silenzio.

2) Obbligo di comunicazione personale dell’avvio del procedimento [artt. 7 e 8], includendo non

solo i soggetti destinatari nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre

i suoi effetti, ma anche i soggetti che per legge debbono intervenire nel procedimento e i

soggetti contro interessati ai quali possa derivare un pregiudizio (sia individuati o facilmente

individuabili) - in qualche modo compromessi dal provvedimento, anche se in via molto

incidentale - di cui molteplice è la casistica. E’ questo il principio del giusto procedimento,

che prevede l’obbligo di comunicazione dell’avvio, il diritto di partecipazione attiva, la

possibilità di prendere accordi con gli interessati.

Tale obbligo può essere eluso solo per procedimenti che presentino particolari esigenze di

celerità o per provvedimenti cautelari da adottarsi anche prima della prescritta comunicazione.

Se la comunicazione non è possibile o troppo gravosa per l’elevato numero di destinatari, la PA

deve adottare idonee misure di pubblicità. Altre deroghe all’obbligo della comunicazione

dell’inizio del procedimento sono riferite ai procedimenti che investono atti segreti o coperti da

segreto di stato e ai procedimenti riservati, ossia legati a specifiche esigenze di riservatezza.

La comunicazione deve essere personale e riportare:

l’amministrazione competente al procedimento

l’oggetto del procedimento

il responsabile del procedimento e l’ufficio d’appartenenza

data entro cui deve concludersi il procedimento

la data di presentazione dell’istanza nei procedimenti ad iniziativa di parte

l’ufficio presso il quale si può prendere visione degli atti

i rimedi esperibili in caso di inerzia

In caso di istanza di parte, viene rilasciata immediatamente, anche in via telematica, una

ricevuta, che attesta l'avvenuta presentazione dell'istanza, della segnalazione e della

comunicazione e indica i termini entro i quali l'amministrazione è tenuta, ove previsto, a

rispondere, ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento

dell'istanza. Se la ricevuta contiene le informazioni di cui sopra, costituisce comunicazione di

avvio del procedimento. La data di protocollazione dell'istanza non può comunque essere

diversa da quella di effettiva presentazione. Le istanze, segnalazioni o comunicazioni producono

effetti anche in caso di mancato rilascio della ricevuta, ferma restando la responsabilità del

soggetto competente. (art. 18 bis)

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A cura di Mariella Bergamini 34

3) Obbligo di comunicare il nominativo del responsabile del procedimento [artt. 4, 5 e 6]. Una

volta individuata l’unità organizzativa responsabile dell’apertura del procedimento,

l’amministrazione deve procedere all’individuazione del responsabile del procedimento, che è la

persona fisica che diviene il punto d’imputazione dell’attività procedimentale, sia sul piano

dei rapporti con i soggetti interessati, sia sul piano organizzativo interno. Al responsabile è

affidata la parte preparatoria ed istruttoria con compiti ben precisi. È un modo per rendere

l’attività più trasparente e più responsabili coloro che gestiscono il procedimento.

Ogni P.A. è quindi tenuta a stabilire quale sia l’Unità Organizzativa (U.O.) responsabile di

ciascun procedimento e le singole U.O. sono rese pubbliche con specifico regolamento.

All’interno di ogni U.O. il dirigente deve individuare il singolo dipendente responsabile del

procedimento, altrimenti è il responsabile preposto all’U.O. Ogni volta che inizia un

procedimento il nominativo del dipendente responsabile e il nome dell’U.O. devono essere

comunicati obbligatoriamente al soggetto interessato al procedimento e a chiunque ne

faccia richiesta in quanto interessato.

Il responsabile di procedimento ha la facoltà e il dovere di:

acquisire documenti

richiedere documenti quali rilascio di dichiarazioni o rettifica di dichiarazioni o istanze

erronee o incomplete e può esperire accertamenti, ispezioni ed ordinare esibizioni di

documenti

valutare i fatti ai fini istruttori e le condizioni di ammissibilità, dei requisiti di

legittimazione e dei presupposti rilevanti per l’emanazione del provvedimento

accertare d’ufficio i fatti, disponendo il compimento di atti all’uopo necessari e

adozione di ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria

provvedere a tutti gli adempimenti richiesti nella fase integrativa dell’efficacia

curare la comunicazione, le notifiche e la pubblicazione

indire conferenze di servizi

adottare l’atto finale nella fase dispositiva, qualora ne abbia la competenza, o

altrimenti inoltrarlo all’organo competente [quest’ultimo, nell’adozione del

provvedimento finale, può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria del responsabile del

procedimento solo motivandolo nel provvedimento finale].

Ha inoltre l’obbligo di astenersi in caso di conflitto di interessi, anche potenziale (art. 9 bis).

4) Obbligo della motivazione [art. 3]. La motivazione costituisce requisito di validità dell’atto

amministrativo, con cui la P.A. rende palese il ragionamento in base al quale è stata indotta ad

adottare il provvedimento e a dare ad esso un determinato contenuto. Con questa legge l’obbligo

della motivazione si estende a tutti gli atti, anche a quelli ampliativi (come autorizzazioni,

concessioni, ammissioni), che in passato erano esentati dalla motivazione. La motivazione va

obbligatoriamente comunicata, perché il privato può rilevare gli eventuali vizi del

provvedimento per tutelare i suoi diritti ed interessi legittimi. Ha lo scopo di indicare quali siano

stati gli elementi di fatto (cioè gli interessi considerati) e le ragioni giuridiche (cioè le norme di

diritto) che hanno portato la P.A. ad adottare quel determinato atto. Non è richiesta per gli atti

normativi e quelli a contenuto generale, cioè che si rivolgono ad un numero indefinito di

soggetti. Inoltre in ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e

l’autorità presso cui si può ricorrere.

N.B. Tutto quanto sopra detto non è applicato ai procedimenti relativi agli atti normativi

amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le

particolari norme che ne regolano la formazione. La ragione di tale eccezione si fonda sulla

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 35

necessità che tutti i procedimenti d’alta amministrazione, destinati come tali ad incidere in via

generale su un indeterminato numero di soggetti, non devono essere rallentati nel loro iter. Altra

eccezione sono i procedimenti tributari o quelli relativi ad atti o a materia soggetta al segreto di

Stato. [art. 13]

2.2. Sollecitare la partecipazione del cittadino alla formazione del provvedimento

1) Facoltà di partecipare alle istanze e alle deduzioni [art. 10]

Il destinatario del provvedimento ed anche altri soggetti interessati (quelli che per legge devono

intervenire – art. 7 – ed i portatori di interessi pubblici, privati o diffusi, costituiti in comitati o

associazioni – art. 9) possono partecipare al procedimento anche prendendo visione degli atti e

presentando atti scritti o documenti, che la P.A. ha l’obbligo di valutare, se pertinenti.

La legge riconosce questa possibilità a tutti coloro che possano essere pregiudicati dall’atto.

La partecipazione al procedimento [la partecipazione al procedimento in questi due modi non è

possibile quando trattasi di procedimenti destinati all’emanazione di atti normativi, generali, di

pianificazione, di programmazione e tributari - art. 13] si realizza in due modi e precisamente

mediante:

comunicazione dell’avvio del procedimento (procedimento che sta per iniziare). La

P.A. è tenuta a comunicare l’avvio del procedimento al soggetto destinatario dell’atto

finale e a chi per legge può intervenire nel procedimento. Inoltre deve estendere la

comunicazione anche agli altri soggetti che possono eventualmente subire dei pregiudizi

dal provvedimento finale. Si può omettere la comunicazione solo nel caso di particolari

esigenze di celerità del procedimento. Se non si ha la comunicazione dell’avvio del

procedimento, non si può intervenire nello stesso. [art. 7]

possibilità di inserirsi all’interno di un procedimento già avviato, purché siano

portatori di un interesse pubblico o privato di cui sopra, che possano subire pregiudizio

dal provvedimento finale. I soggetti cui è stato comunicato l’avvio del procedimento e

coloro che eventualmente sono intervenuti hanno gli stessi poteri di prendere visione

degli atti e presentare documenti e memorie scritte. [art. 9]

E’ riconosciuto il diritto di intervento ai:

Soggetti cui è diretto il provvedimento finale

Soggetti che per legge debbono intervenire nel procedimento: “interventi

necessari”

Soggetti individuati o facilmente individuabili che possono avere un

pregiudizio dal provvedimento, diversi dai diretti destinatari

Soggetti ai quali possa derivare un pregiudizio e che siano portatori

d’interessi pubblici o privati

Soggetti ai quali possa derivare un pregiudizio e che siano portatori

d’interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati

Interesse pubblico: è quello riferibile ad un corpo sociale nel suo complesso e ad

una pluralità di soggetti considerata come unità che trascende i

singoli componenti

Interesse privato: è quello che l’ordinamento riconosce al suo titolare ed è quindi

un interesse individuale

Interesse diffuso: è quello di una larga parte della collettività che ne è titolare

senza che l’interesse sia imputabile a soggetti determinati e

quindi sono interessi di categoria riferibili ad associazioni o

comitati.

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A cura di Mariella Bergamini 36

Ai sensi dell’art. 10, i soggetti di cui all’art. 7 [soggetti nei confronti dei quali tale

provvedimento è destinato a produrre effetti diretti, a quelli che per legge devono essere

informati e a coloro verso i quali il provvedimento può recare pregiudizio] e quelli intervenuti

ai sensi dell’art. 9 [qualsiasi soggetto portatore di interessi pubblici o privati, oppure i portatori

di interessi diffusi facenti parte di associazioni o comitati e che possano comunque avere un

pregiudizio dal provvedimento] hanno diritto:

1. di prendere visione degli atti del procedimento, salvi i limiti generali al diritto di

accesso;

2. di presentare memorie scritte e documenti che l’amministrazione ha l’obbligo di

valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento.

In caso di procedimento ad istanza di parte, se il responsabile ravvisa che il provvedimento

finale consiste in un diniego, prima della formale adozione dello stesso comunica agli interessati

i motivi del diniego finale (preavviso di rigetto). Questi ultimi hanno la possibilità, entro 10

giorni dal ricevimento della comunicazione, di intervenire nel procedimento, presentando

osservazioni scritte (art. 10 bis). Tale comunicazione di preavviso di rigetto interrompe i termini

del procedimento, che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle

osservazioni. L’eventuale mancato accoglimento delle osservazioni deve essere motivato nel

provvedimento finale di diniego. Questa procedura non si applica ai concorsi e alle materie

previdenziali e assistenziali nate per istanza di parte.

2) Facoltà di stipulare accordi [art. 11]. E’ stato valorizzato il rapporto tra cittadino e P.A.,

creando la possibilità di una contrattazione sia per determinare il contenuto del provvedimento

finale sia per sostituirlo:

accordi integrativi = integrano il contenuto discrezionale del provvedimento finale.

accordi sostitutivi = sostituiscono lo stesso provvedimento finale.

Questi accordi, che non devono pregiudicare diritti di terzi e in ogni caso sono finalizzati a

perseguire l’interesse pubblico, devono essere obbligatoriamente stipulati per iscritto e sono

sottoposti al Codice Civile. Se sopravvengono motivi di interesse pubblico, la P.A. può recedere

unilateralmente da tali accordi, ma deve indennizzare il privato in caso di danno.

La stipula dell’accordo deve essere preceduta da una determinazione da parte dell’organo

competente per l’adozione del provvedimento (c. 4 bis).

2.3. Trasparenza

1) Diritto d’informazione e d’accesso ai documenti [articoli dal 22 al 27]

Al fine di assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa la L. 241/90 (art.

22) ha riconosciuto il diritto del cittadino che ne abbia interesse per la tutela di situazioni

giuridicamente rilevanti (ossia un interesse diretto, attuale e concreto) all’accesso agli atti del

procedimento.

In particolare, l’interesse deve essere:

attuale, non con riferimento all’interesse ad agire in giudizio per la tutela della posizione

sostanziale vantata, bensì alla richiesta di accesso ai documenti

diretto, ossia personale, cioè deve appartenere alla sfera dell’interessato

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A cura di Mariella Bergamini 37

concreto, con riferimento alla necessità di un collegamento tra il soggetto ed un bene della

vita coinvolto dall’atto o documento.

L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse,

costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e

di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza.

Tale diritto si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi

gratuitamente, tranne il rimborso del costo di riproduzione, di bolli e diritti di visura.

La richiesta deve essere motivata e rivolta all’Amministrazione che ha formato o detiene

stabilmente il documento (art. 25). E’ quindi legittimo negare l'accesso nel caso di istanze

generiche, o del tutto estranee alla sfera giuridica del richiedente. La richiesta deve essere

presentata all'ufficio dell'amministrazione, centrale o periferico, competente a formare l'atto

conclusivo del procedimento o a detenere stabilmente il relativo documento. Non rileva

l'eventuale errore nella presentazione, essendovi l'obbligo dell'ufficio ricevente di trasmettere la

richiesta a quello competente, come pure il richiedente deve essere invitato a riparare

all'irregolarità o incompletezza della richiesta, che non può, quindi, essere respinta senz'altro per

questa ragione. Il cittadino esercita così un potere di controllo democratico sullo svolgimento

dell’attività con garanzia dello svolgimento imparziale dell’azione amministrativa. Lo scopo è

quello di rendere trasparente l’attività della P.A., introducendo un principio nuovo, cioè quello

della pubblicità, che non è presente nella Costituzione.

Sono obbligati a consentire il diritto di accesso le amministrazioni dello Stato, comprese le

Aziende autonome, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi [art. 23]. Nel caso vi

siano dei contro-interessati, prima di concedere l’accesso la PA li deve mettere al corrente

dell’esistenza di una richiesta di accesso agli atti, affinché possano eventualmente partecipare

al procedimento.

2) Limiti al diritto d’accesso

Tutti i documenti sono accessibili tranne quelli di cui all’art. 24.

L’esercizio del diritto di accesso è sottoposto ad una serie di esclusioni (documenti coperti da

segreto di stato o da divieto di divulgazione previsti dall’ordinamento, procedimenti tributari,

atti normativi, amministrativi generali e di pianificazione e programmazione, procedimenti

selettivi che contengano informazioni di carattere psico-attitudinali di terzi) e limitazioni che

derivano da esigenze di segreto e riservatezza poste sia nell’interesse pubblico che nell’interesse

di persone e imprese (art. 24), secondo quanto previsto in appositi regolamenti governativi

(lesione alla sicurezza e difesa nazionale, politica monetaria e valutaria, ordine pubblico e

repressione criminalità, riservatezza terzi, persone e gruppi e imprese, documenti di attività in

corso di contrattazione collettiva nazionale e di lavoro).

In caso di documenti che contengono dati sensibili e giudiziari l’accesso è consentito nei limiti

in cui sia strettamente indispensabile e in base al T.U. sulla Privacy, con particolare tutela dei

dati sulla salute e orientamento sessuale.

È garantito sempre l’accesso al fine di curare o difendere i propri interessi giuridici

Le P.A. possono infine differire l’accesso ai documenti (ossia indicare la data in cui tali

documenti saranno disponibili), ossia negare l’accesso solo per un periodo di tempo

determinato, fino a quando la loro conoscenza possa impedire o ostacolare lo svolgimento

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A cura di Mariella Bergamini 38

dell’azione amministrativa. Il diritto di accesso non può essere negato ove si possa far ricorso al

solo differimento.

Vi sono quindi due categorie di limiti al diritto d’accesso:

▶ Limiti tassativi: sanciti per la salvaguardia di interessi pubblici fondamentali (segreto

di Stato, documenti coperti da segreto, documenti di sicurezza o difesa nazionale o

politica monetaria o riservatezza di persone o di ordine pubblico). Importante è il

diritto alla riservatezza per non fare intrusioni nella sfera di privacy del singolo

▶ Limiti facoltativi: possono essere stabiliti dal Governo nei casi di cui all’art. 24.

Il rifiuto, il differimento e la limitazione all’accesso sono ammessi solo nei casi previsti all’art.

24 e debbono comunque essere motivati.

3) I ricorsi (art. 25)

Se dopo 30 giorni la P.A. nega l’accesso all’interessato o c’è il silenzio rigetto (il caso previsto

dall’art. 25 c.2 in cui la PA non si pronuncia entro 30 gg.) è ammesso il ricorso:

al TAR, entro 30 gg., secondo le regole del processo amministrativo di cui all’art. 116 del

D.Lgs. 104/2010 (Codice del processo amministrativo). Il giudice amministrativo, se ne esistono

i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti.

Al Difensore Civico regionale entro 30 giorni, per il riesame della determinazione. Qualora non

esista tale organo la competenza è attribuita al difensore competente per l’ambito

territorialmente superiore. Il Difensore si pronuncia entro 30 giorni dalla presentazione

dell’istanza del cittadino. Scaduto infruttuosamente tale termine di 30 giorni il ricorso è respinto.

Se il Difensore Civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica al richiedente

e a chi l’ha disposto. Se questi non emana il provvedimento confermativo motivato entra 30

giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore, l’accesso è consentito. Qualora il

richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico, il termine per il ricorso al TAR decorre

dalla data del ricevimento dell’esito della sua istanza al difensore civico.

Alla Commissione per l’accesso di cui all’art. 27 per gli atti delle amministrazioni centrali e

periferiche dello Stato, che procede con le stesse modalità del Difensore Civico di cui sopra. Se

l’accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti

terzi, la Commissione deve interpellare il Garante della Privacy, che si pronuncia entro 10 giorni

dalla richiesta (decorsi inutilmente il parere si intende reso).

2.4. Semplificazione e celerità amministrativa

1) Snellimento azione amministrativa. L’attività della P.A. deve essere semplificata al massimo

attraverso strumenti che la stessa legge prevede come l’autocertificazione.

2) Autocertificazione. Se per ottenere una prestazione occorrono determinati requisiti, come ad

esempio la cittadinanza o la residenza, è sufficiente che l’interessato dichiari, sotto la propria

responsabilità, il possesso di tali requisiti, senza dover esibire certificati che lo comprovano

(art. 18). Inoltre, se l’interessato dichiara che certe informazioni (atti, fatti, stati e qualità) sono

già contenute in documenti in possesso di una pubblica amministrazione, sarà compito del

responsabile del procedimento procurarseli. La PA può solo richiedere all’interessato elementi

per la ricerca di documenti (art. 18).

3) Conferenza dei servizi

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 39

E’ un istituto volto alla accelerazione del procedimento ed al coordinamento fra le varie

amministrazioni. La disciplina della conferenza dei servizi è stata più volte modificata ed,

infine, interamente riscritta dal D. Lgs. 127/2016 “Nuove norme per il riordino della disciplina

in materia di conferenza dei servizi”. I criteri della legge delega che sta alla base del decreto in

parola. Sono la riduzione dei casi di conferenza obbligatoria, la possibilità di svolgere la

conferenza in modalità asincrona, l’utilizzo di tecnologie informatiche, la partecipazione di un

rappresentante unico delle amministrazioni statali. La novità più rilevante è l’istituzione di una

nuova tipologia di conferenza dei servizi: la conferenza “semplificata” (art. 14 bis), che si

aggiunge alla tradizionale conferenza dei servizi, che assume la denominazione di “simultanea”

(art. 14 ter). Nel primo caso le amministrazioni manifestano la propria posizione da remoto, nel

secondo caso in presenza, ma è possibile solo per i procedimenti complessi.

La conferenza dei servizi:

Può essere indetta quando sia opportuno effettuare un esame contestuale di più interessi

pubblici coinvolti in un procedimento. La P.A. procedente, cioè quella che deve adottare

il provvedimento, può decidere di riunire le altre amministrazioni interessate per

esaminare insieme la questione. (art. 14 c. 1) istruttoria

Deve essere indetta per l’acquisizione di atti di assenso che devono obbligatoriamente

essere espressi da altre amministrazioni per la positiva conclusione del procedimento

(art. 14 c. 2 primo capoverso). (art. 14 c. 2). decisoria

Può essere indetta, su richiesta dell’interessato, in caso di progetti di particolare

rilevanza e complessità. Consente di apportare i necessari aggiustamenti al progetto

prima della sua presentazione, allo scopo di ridurre, fino a dimezzare, i tempi del

procedimento. (art. 14 c. 3). preliminare

Può svolgersi:

• In forma SEMPLIFICATA (art. 14 bis) modalità asincrona remoto (novità) caso

più frequente

• In forma SIMULTANEA (art. 14 ter) modalità sincrona in presenza solo per i

procedimenti complessi

Entrando maggiormente nel dettaglio, secondo quanto previsto dall’art. 14 della L. 241/90,

la conferenza dei servizi è indetta dall’amministrazione procedente:

facoltativamente quando sia opportuno effettuare un esame contestuale dei vari interessi

pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo (c. 1)

obbligatoriamente quando sia necessario acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi

obbligatori per la conclusione del procedimento (c. 2)

facoltativamente in caso di progetti di particolare complessità e di insediamenti

produttivi di beni e servizi su motivata richiesta dell’interessato e documentata da uno

studio di fattibilità prima della presentazione di un’istanza o di un progetto definitivo, al

fine di verificare se esistono le condizioni per ottenere i necessari atti di consenso (c. 3).

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 40

La richiesta va inoltrata alla PA procedente che indice la conferenza entro 5 gg. La

conferenza si svolge secondo la modalità semplificata (art. 14-bis), con abbreviazione

dei termini fino alla metà. Una volta ricevuto il progetto definitivo, l’Amministrazione

procedente indice la conferenza simultanea. In tale sede le determinazioni della

conferenza preliminare possono essere motivatamente modificate o integrate solo in

presenza di elementi emersi successivamente. Questa fattispecie si realizza soprattutto

nel caso di lavori ed opere pubbliche e di insediamenti produttivi

Procedimento di VIA (Valutazione d’impatto ambientale) (c. 4). Tutti i pareri, concertazioni,

atti di assenso, …. sono raccolti in conferenza sincrona (art. 14 ter), indetta entro 10 gg.

dalla verifica documentale. La conclusione avviene nei termini previsti dall’art. 26 c. 1 del

D. Lgs. 152/2006 “Codice dell’Ambiente” (150 gg.).

Procedimento della Conferenza dei Servizi semplificata– art. 14 bis

Questa conferenza dei servizi è lo strumento per acquisire pareri esterni obbligatori per il

rilascio del provvedimento finale o per la validità della SCIA depositata. Deve essere indetta

entro 5 gg. dalla data di inizio del procedimento. Entro i termini stabiliti dall’Amministrazione

procedente, e comunque max 15 gg. (termine perentorio) le Amministrazioni possono chiedere

integrazioni ed entro max 45 (termine perentorio) devono rendere le proprie determinazioni

(positive, negative o condizionate), il tutto in via telematica. (90 gg. in caso di amministrazioni

preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, beni culturali, salute dei cittadini). Il

silenzio equivale ad assenso. Scaduto il termine, l’Amministrazione procedente, entro 5 gg., se

vi sono esclusivamente atti di assenso non condizionato, oppure ritenga che le condizioni poste

dalle altre amministrazioni, sentite le medesime e i privati interessati, siano superabili, adotta

l’atto positivo di conclusione della conferenza, che sostituisce ogni altro atto. In caso di

dissensi ritenuti non superabili, l’Amministrazione procede al rigetto della domanda ed attiva la

procedura di cui all’art. 10 bis (preavviso di rigetto).

Ove necessario o se previsto dall’inizio del procedimento, anche su richiesta motivata dei

privati e/o degli altri soggetti coinvolti, l’Amministrazione procedente può comunque

procedere in forma simultanea e modalità sincrona.

Procedimento della Conferenza dei Servizi simultanea – art. 14 ter

Questa modalità è vista con sfavore dal legislatore, che la prevede solo in casi ben specifici:

a) quando vi siano atti di dissenso o assenso con prescrizioni ritenuti superabili

b) nei casi di particolare complessità

c) nel procedimento di VIA

d) dopo una conferenza preliminare

Le modalità di convocazione sono analoghe a quelle della conferenza asincrona. Possono

partecipare solo le amministrazioni pubbliche. In caso di richiesta dei privati o di altre

amministrazioni la convocazione deve avvenire entro 15 gg. I lavori della conferenza si devono

concludere entro 45 gg. (90 gg. in caso di amministrazioni preposte alla tutela ambientale,

paesaggistico territoriale, beni culturali, salute dei cittadini). La decisione è assunta sulla base

delle posizioni prevalenti espresse dai rappresentanti delle amministrazioni coinvolte. Le

amministrazioni statali sono rappresentate da un soggetto unico per ogni livello di governo, che

esprime in maniera univoca e definitiva la posizione di tutte le amministrazioni statali

coinvolte. Queste ultime possono partecipare alla conferenza solo con finalità di supporto. La

riduzione dei partecipanti è finalizzata alla semplificazione ed accelerazione del processo

decisionale, in quanto i dissensi possono avvenire solo a livelli diversi di governo.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 41

Decisione della conferenza dei servizi e rimedi in caso di dissenso (artt. 14 quater e

quinquies)

La determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall’Amministrazione

procedente, sostituisce tutti gli atti di assenso di competenza delle amministrazioni interessate.

Se sono stati espressi esclusivamente atti di assenso (decisione all’unanimità), la

determinazione positiva di conclusione della conferenza è immediatamente efficace. Se invece

la decisione è stata assunta dall’Amministrazione procedente sulla base delle posizioni

prevalenti, l’efficacia è sospesa se sono stati espressi dissensi qualificati. Le amministrazioni

interessate possono chiedere a quella procedente ad assumere, previa indizione di una nuova

conferenza, determinazioni di autotutela (annullamento d’ufficio o revoca del provvedimento,

nel caso si siano espresse).

Contro la determinazione di conclusione della conferenza, esclusivamente le Amministrazioni

preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, dei beni culturali o alla tutela della

salute e della pubblica incolumità possono proporre, entro 10 giorni, opposizione al Presidente

del Consiglio dei ministri, a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio

motivato dissenso prima della conclusione dei lavori. La presentazione dell’opposizione

sospende l’efficacia del provvedimento finale. La Presidenza del Consiglio dei Ministri indice

una riunione, da tenersi entro 15 gg. dal ricevimento dell’opposizione, una riunione fra tutti gli

interessati, finalizzata a trovare una soluzione condivisa, che sostituisca il provvedimento

finale. Se viene raggiunto un accordo, l’Amministrazione procedente adotta un nuovo

provvedimento conclusivo. Altrimenti la decisione finale è rimessa al Consiglio dei Ministri.

4) Accordi fra amministrazioni [art. 15]. Oltre al caso della conferenza dei servizi, le

amministrazioni possono sempre concludere accordi fra loro. A questi accordi si applicano le

prescrizioni che regolano gli accordi fra privati (vedi art. 11). Tali accordi devono essere

sottoscritti con firma digitale, elettronica avanzata o elettronica qualificata, a pena di nullità.

5) Pareri e valutazioni tecniche [artt. 16 e 17]. La L. 241/90 semplifica il procedimento con cui

vengono richiesti i pareri, stabilendo un termine (20 gg.) per l’espressione degli stessi. Il

termine può essere interrotto, una sola volta, se l’organo consultivo richiede ulteriore

documentazione; in tal caso il parere deve essere espresso nei 15 gg. successivi alla ricezione.

Trascorso il termine per l’espressione del parere, la PA procedente ha la facoltà di prescindere

dallo stesso, se si tratta di un parere obbligatorio, e l’obbligo se si tratta di un parere facoltativo.

I pareri sono trasmessi con mezzi telematici. Non si può prescindere se il parere è di

competenza di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale ed alla

salute dei cittadini.

Se vi è una legge od un regolamento che obbligano una PA ad acquisire preventivamente delle

valutazioni tecniche da organi o enti a ciò preposti e tali enti non provvedano nei termini

previsti o comunque al massimo entro 90 giorni dalla richiesta, il responsabile del procedimento

deve chiedere tali valutazioni ad altri organi della PA o altri enti pubblici con analoghe capacità

tecniche oppure all’università. Anche in questo caso non si può chiedere altrove la valutazione

tecnica se la stessa è di competenza di amministrazioni preposte alla tutela ambientale,

paesaggistica, territoriale ed alla salute dei cittadini.

La norma distingue fra la mancanza dei pareri obbligatori o facoltativi. Nel primo caso,

l’amministrazione richiedente può chiedere di procedere indipendentemente dalla acquisizione

del parere, mentre nel caso dei pareri facoltativi l’amministrazione risulta vincolata a dar seguito

al procedimento anche senza l’espressione dell’organo consultivo, salva l’ipotesi in cui

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 42

l’amministrazione richieda un’integrazione istruttoria, nel qual caso il parere deve essere reso

definitivamente entro 15 giorni dalla ricezione degli elementi istruttori.

6) Silenzio assenso

- tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi

pubblici (art. 17 bis)

Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di

amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti

normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, gli stessi devono

esprimersi entro 30 gg. dal ricevimento dello schema di provvedimento. Il termine è interrotto

una sola volta qualora l'amministrazione interessata rappresenti esigenze istruttorie o richieste di

modifica, motivate e formulate in modo puntuale prima della scadenza del termine. In tal caso

l'assenso, il concerto o il nulla osta de reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli

elementi istruttori o dello schema di provvedimento.

Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il

nulla osta, lo stesso si intende acquisito. (silenzio assenso). In caso di dissenso tra le

amministrazioni statali coinvolte nel procedimento la decisione è rimessa al Presidente del

Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Tali disposizioni si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o

nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale,

paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di

provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali

casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine

diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso,

concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte

dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato

l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

Le disposizioni di cui sopra non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione

europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi.

- per rilascio atto di consenso [art 20].

Nei procedimenti a richiesta dell’interessato per rilascio di provvedimenti amministrativi il

silenzio della P.A. competente equivale ad accoglimento della domanda se non comunica la

stessa P.A. un diniego entro i termini della conclusione del procedimento o non ha indetto entro

30 giorni una conferenza di servizi.

Decorso tale termine l’amministrazione, per motivi di pubblico interesse, può annullare l’atto di

assenso (anche se è scattato il silenzio-assenso). L’interessato può, entro il termine indicato nel

provvedimento, conformarsi a quanto indicato dall’amministrazione, a patto che non abbia

dichiarato il falso [art. 21].

L’art. 17 bis l. n. 241/90 dispone espressamente, quindi, che qualunque atto di assenso di una

pubblica amministrazione che debba intervenire in un procedimento di un’altra pubblica

amministrazione venga sostituito da un silenzio assenso nel caso in cui l’amministrazione non si

pronunci nel termine ordinario di trenta giorni. Nel caso delle amministrazioni preposte ai settori

sensibili (pubblica incolumità, ambiente, beni culturali etc.) questo termine viene allungato a

novanta giorni dal nuovo dettato normativo.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 43

Gli interessi sensibili quindi vengono sempre più parificati a quelli ordinari. La differenza tra gli

interessi a tutela ordinaria e quelli a tutela rinforzata si sostanzia oggi, in relazione allo specifico

istituto, solo nella differenziazione del termine per la formazione del silenzio assenso, appunto

trenta giorni per gli interessi a tutela ordinaria e novanta giorni per quelli a tutela rinforzata.

La novità, introdotta dalla Riforma Madia, consiste nel prevedere termini più rapidi di

conclusione dei procedimenti e di trovare il modo di evitare che l’inerzia delle amministrazioni

possa ritardare l’esecuzione di qualsiasi iniziativa privata o addirittura impedirla.

Ciò pone anche dei problemi di collegamento con l’art. 20 della medesima norma, poiché il

silenzio viene disciplinato in maniera opposta a seconda che esso si riferisca

all’amministrazione procedente (art. 20) o all’amministrazione che intervenga in un

procedimento di altra amministrazione (art. 17 bis).

Infatti, nei procedimenti di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, ad esempio in

materia paesaggistica, la legge, all’art. 20, esclude che il silenzio dell’amministrazione

competente equivalga a provvedimento di accoglimento della domanda (silenzio assenso).

Viceversa, nell’art. 17bis della stessa norma, appunto introdotto dalla cosiddetta. riforma Madia,

ove sia richiesto un assenso, concerto o nulla osta comunque denominato di amministrazioni

pubbliche, se non viene espresso nei termini s’intende acquisito. Ciò vale anche nei casi in cui è

prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni

preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, dei beni culturali e della salute dei

cittadini. In questo caso l’unica cautela è che il termine di formazione del silenzio assenso

è di novanta giorni, anziché di 30.

Nel caso in cui, ad esempio, l’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica sia

un’amministrazione procedente su istanza di parte il silenzio assenso è escluso, mentre nel

caso in cui la stessa amministrazione intervenga in un procedimento di altra

amministrazione il silenzio assenso è ammesso. Appare quindi difficilmente comprensibile il

diverso trattamento di analoghi interessi sensibili.

7) SCIA (EX-) DIA [artt. 19, 19 bis e 21] Quando l’esercizio di un’attività privata imprenditoriale,

commerciale o artigianale è subordinata ad un qualunque atto di autorizzazione, licenza,

concessione non costituiva, permesso, nulla osta, comprese le domande per le iscrizioni in albi o

ruoli e il rilascio di tali atti dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti

di legge, [esclusi solo gli atti di amministrazioni preposte alla difesa e alla giustizia,

all’immigrazione e alle finanze, nonché alla tutela della salute, del patrimonio e dell’ambiente] è

sufficiente una dichiarazione dell’interessato che comunica alla PA l’inizio dell’attività,

autocertificando il possesso dei requisiti richiesti. L'amministrazione competente può richiedere

informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in

documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili

presso altre pubbliche amministrazioni.

Sul sito istituzionale di ciascuna amministrazione è indicato lo sportello unico, di regola

telematico, al quale presentare la SCIA, anche in caso di procedimenti connessi di competenza

di altre amministrazioni ovvero di diverse articolazioni interne dell'amministrazione ricevente.

L’art. 49, comma 4-bis, della Legge 122/2010 ha riformula interamente l’art. 19 della Legge

241/1990 sostituendo la Dichiarazione di inizio attività (DIA), con la Segnalazione certificata di

inizio attività (SCIA).

L'art. 19 della L. 241/1990, infatti, aveva previsto il meccanismo della Dichiarazione di inizio

attività con la quale, in luogo dell'autorizzazione, l'interessato poteva produrre un'autodenuncia

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 44

di inizio attività, rispetto alla quale l'amministrazione doveva effettuare i suoi controlli

autoritativi entro un termine certo. L'attività oggetto della dichiarazione poteva essere iniziata

decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della stessa all'amministrazione competente.

Il novellato art. 19 prevede che:

a) Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta

comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per

l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda

esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o di atti

amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o

specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una

segnalazione dell'interessato (SCIA);

b) la SCIA deve essere corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di

notorietà (ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 445/2000), nonché dalle attestazioni di tecnici

abilitati o dalle dichiarazioni di conformità rese dalle Agenzie per le imprese (istituite dall'art. 38

comma 4 del D.L. 112/2008), relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti per l'avvio

dell'attività. Tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per

consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Tale documentazione sostituisce

anche eventuali pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive

eventualmente richieste dalla legge;

c) l'attività può essere iniziata immediatamente dalla data di presentazione della segnalazione

all'amministrazione competente mediante lo sportello unico;

d) in caso di accertata carenza dei requisiti necessari ed entro il termine di 60 giorni dal

ricevimento della SCIA, l'amministrazione competente adotta motivati provvedimenti con cui

dispone il divieto di proseguire l'attività e la rimozione degli eventuali effetti dannosi.

L'interessato può evitare tali provvedimenti conformando alla normativa vigente l'attività ed i

suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a 30 giorni.

Inoltre, ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali, in caso di dichiarazioni sostitutive

false o mendaci, l'amministrazione può sempre adottare (quindi, anche oltre il termine di 30

giorni) i suddetti provvedimenti. Quindi, se la PA accerta la carenza delle condizioni richieste,

entro 60 gg. dalla comunicazione di inizio attività adotta motivati provvedimenti di divieto di

prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che l’interessato, entro il termine

fissato dall’amministrazione, che non può essere inferiore a 30 gg., si conformi a quanto indicato

dall’amministrazione, a patto che non abbia dichiarato il falso [art. 21]. L’amministrazione

comunque può sempre assumere provvedimenti in autotutela (revoca, annullamento d’ufficio).

e) è fatto salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di

autotutela, ai sensi degli artt. 21quinquies e 21nonies L. 241/1990;

f) al di là di tali casi e decorso il termine dei 60 giorni dalla SCIA, all'amministrazione è

consentito intervenire solo in presenza di pericolo attuale di un danno grave e irreparabile per il

patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa

nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilità di tutelare comunque tali interessi

mediante conformazione dell'attività dei privati alla normativa vigente;

g) Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o

asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 45

l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a

tre anni;

h) Le espressioni ''segnalazione certificata di inizio di attività'' e ''Scia'' sostituiscono,

rispettivamente, quelle di ''dichiarazione di inizio di attività'' e ''Dia'', ovunque ricorrano, anche

come parte di una espressione più ampia, e la disciplina della SCIA sostituisce direttamente

quella della dichiarazione di inizio di attività recata da ogni normativa statale e regionale.

Sono esclusi dalla disciplina sulla SCIA i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici

o culturali e gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica

sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia,

all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del

gettito anche derivante dal gioco, nonché quelli imposti dalla normativa comunitaria.

La norma espressamente prevede che la disciplina sulla Scia sostituisce tutti i regimi statali e

regionali vigenti previsti per la Dia. La nuova disposizione fa leva sui principi della tutela della

concorrenza e dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117 della Costituzione per

far imporre, con effetto immediato, alle Regioni le nuove regole, cercando così di evitare le

censure possibili di incostituzionalità.

In generale si può affermare che:

a) Sono esclusi dalla disciplina sulla SCIA le autorizzazioni previste dal D. Lgs. 152/2006

(norme in materia ambientale) in quanto generalmente imposti dalla normativa comunitaria e

comunque richiedenti valutazioni tecniche specifiche non riconducibili al mero accertamento di

requisiti generali imposti dalla norma;

b) Va tenuto conto che la SCIA si riferisce all'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o

artigianale e pertanto vanno verificati i procedimenti e le autorizzazioni/abilitazioni rilasciate per

tali attività;

c) Rimane esclusa l’applicabilità della Scia ad ogni procedimento per il quale siano previsti

specifici strumenti di programmazione settoriale finalizzati al rilascio di atti di assenso

dell’amministrazione: è il caso, ad esempio, dell’esercizio dell’attività di commercio nelle medie

e grandi strutture di vendita e dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande per le quali

la legislazione prevede di norma un regime autorizzatorio, che risponde alle regole di una

programmazione settoriale basata su criteri individuati dalle Regioni e dai Comuni;

d) In materia edilizia, seppure non espressamente dichiarato, la SCIA sostituisce la DIA prevista

dal DPR 380/2001. Va tenuto conto infatti che, seppure la materia edilizia non attiene

strettamente “alla tutela della concorrenza” come previsto a sostegno della introduzione della

SCIA dal comma 4-ter dell’art. 49, ma al governo del territorio, non v’è dubbio che l’attività

edilizia è attività di impresa fondamentale per l’economia. La Scia, secondo la formulazione

dell’art. 19, va corredata (se del caso) da «attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati», che

rappresenta un esplicito riferimento all’edilizia; inoltre la disciplina della DIA richiede un mero

accertamento di requisiti e presupposti previsti da normativa generale perfettamente coincidenti

con le previsioni che legittimano la SCIA. Più controversa è l’applicabilità della SCIA in

sostituzione del permesso di costruire, in quanto la Scia riguarda solo attività soggetta a mero

accertamento di requisiti, mentre il permesso di costruire ha elementi di discrezionalità che si

aggiungono alla mera verifica dei requisiti.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 46

3. DISPOSIZIONI PER IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Gli atti amministrativi sono gli atti giuridici compiuti dalla Pubblica Amministrazione nello

svolgimento delle proprie funzioni. Una categoria molto importante di atti sono i provvedimenti,

ossia atti amministrativi attraverso i quali l’amministrazione mette in opera la propria supremazia e

consistono nella modifica d’autorità delle situazioni giuridiche soggettive di coloro a cui sono

diretti.

.

Ai nostri fini, gli organi monocratici adottano:

Ordinanze

Determinazioni

Decreti

…..

Gli organi collegiali adottano:

Deliberazioni

Il capo IV bis è stato aggiunto alla L. 241/90 con la L. 15/05, che ha codificato in larga parte

conclusioni ed opinioni espresse dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Di seguito riassumiamo i

punti salienti:

Art 21 bis EFFICACIA DEL PROVVEDIMENTO LIMITATIVO della sfera giuridica dei

privati

Il provvedimento che limita la sfera giuridica dei privati è efficace nei riguardi del destinatario con

la comunicazione allo stesso, secondo anche le norme del codice di procedura civile in caso di

notifica ad irreperibili. Se non è possibile la comunicazione personale o risulti particolarmente

gravosa a causa del numero dei destinatari, la P.A. trova altre forme di pubblicità idonee stabilite di

volta in volta dalla stessa P.A. Il provvedimento che limita la sfera giuridica del privato e che non

ha carattere sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I

provvedimenti che limitano la sfera giuridica del privato ma che hanno carattere cautelare ed

urgente sono immediatamente efficaci.

Art 21 ter ESECUTORIETA’

Nei casi previsti da legge le P.A. possono imporre in modo coattivo gli adempimenti degli obblighi

nei loro confronti. Il provvedimento che costituisce gli obblighi indica il termine e le modalità

dell’esecuzione da parte del soggetto obbligato. Nel caso in cui l’interessato non ottemperi, le P.A

lo diffidano e poi possono provvedere all’esecuzione coattiva secondo la legge. In caso di

esecuzione di obbligazioni che hanno per oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni

relative all’esecuzione coattiva dei credito dello Stato.

Art 21 quater EFFICACIA ED ESECUTIVITA’ DEL PROVVEDIMENTO

I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente salvo diversa disposizione di

legge o del provvedimento stesso. L’efficacia o l’esecuzione del provvedimento può essere sospesa,

per gravi ragioni e per il tempo necessario, dall’organo che ha emanato il provvedimento o da un

altro organo previsto dalla legge. Il termine di questa sospensione è esplicitamente indicato nell’atto

che la dispone e può essere prorogato o differito una sola volta o ridotto per sopravvenute esigenze.

La sospensione non può superare i 18 mesi.

Art 21 quinquies REVOCA DEL PROVVEDIMENTO

Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, o per mutazione della situazione di fatto non

prevedibili all’origine, o per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (fatti salvi i

provvedimenti di autorizzazione o attribuzione di vantaggi economici), il provvedimento

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 47

amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato dall’organo che lo ha emanato o da altro

organo previsto da legge. La revoca fa sì che il provvedimento revocato non possa più produrre

effetti. In caso di revoca che comporti dei pregiudizi per i soggetti direttamente interessati, la P.A. è

obbligata ad indennizzare tali soggetti. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia

durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli

interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o

conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca

all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea

valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico.

Art 21 sexies RECESSO DAI CONTRATTI

Il recesso unilaterale dai contratti della P.A. è ammesso solo nei casi previsti dalla legge o se

previsto nel contratto stesso.

Art 21 septies NULLITA’ DEL PROVVEDIMENTO

E’ nullo:

il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali

il provvedimento amministrativo che è viziato da difetto assoluto di attribuzione

il provvedimento amministrativo che è adottato in violazione o elusione del giudicato

il provvedimento amministrativo negli altri casi espressamente previsti da legge

Art 21 octies ANNULLABILITA’ DEL PROVVEDIMENTO

È annullabile:

il provvedimento amministrativo che è stato adottato in violazione di legge

il provvedimento amministrativo che è viziato da eccesso di potere

il provvedimento amministrativo che è viziato da incompetenza

NON è annullabile:

il provvedimento amministrativo adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla

forma quando, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non

poteva esser diverso da quello adottato

il provvedimento amministrativo per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento

nel caso in cui la P.A. dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe

potuto essere diverso da quello adottato

Art 21 nonies ANNULLAMENTO DI UFFICIO

Il provvedimento amministrativo illegittimo (nei casi previsti all’art. di cui sopra sull’annullabilità

del provvedimento) può essere annullato d’ufficio, dall’organo che ha emanato l’atto o da un altro

organo previsto dalla legge:

se ne sussistono le ragioni di interesse pubblico

entro un termine ragionevole e comunque non superiore ai 18 mesi dall’adozione nel

caso di provvedimenti di autorizzazione e di attribuzione di vantaggi economici

anche in caso di silenzio-assenso

tenuto conto degli interessi dei destinatari e controinteressati

Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del

provvedimento illegittimo. La P.A. può convalidare il provvedimento finale entro un termine

ragionevole, se vi sono ragioni di interesse pubblico a farlo. I provvedimenti amministrativi

conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive false o mendaci,

accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dalla PA anche oltre il termine

di 18 mesi, fatte salve le sanzioni, anche penali, previste dal D.P.R. 445/2000.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 48

4. ACCESSO AGLI ATTI NELLA L. 241/90

Come abbiamo visto, la prima norma che ha disciplinato in linea generale il diritto di accesso è stata

la L. 241/90. Vediamola nel dettaglio.

DOCUMENTO AMMINISTRATIVO = ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica,

elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno

specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico

interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina

sostanziale [art. 22 della L. 241/90]

DIRITTO DI ACCESSO = la possibilità, da parte degli interessati, di prendere conoscenza dei

documenti amministrativi. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei

documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L’esame dei

documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di

riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura

[art. 25 L.241/90]

SOGGETTI DEL DIRITTO DI ACCESSO =

l’art. 22 della L. 241/90 intende tutti coloro che abbiano un interesse per tutelare situazioni

giuridicamente rilevanti [INTERESSATI tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi

pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una

situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;

CONTROINTERESSATI tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura

del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla

riservatezza].

DOCUMENTI ACCESSIBILI E DIVIETI DI ACCESSO PER LEGGE = tutti gli atti sono accessibili

tranne i casi in cui l’accesso è vietato dalla legge – art. 24 L. 241/90

LIMITI TASSATIVI:

documenti coperti da Segreto di Stato

casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti da legge, regolamento governativo e dalle

P.A.

procedimenti tributari per i quali vigono le norme che li regolano

atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione

procedimenti selettivi per quanto riguarda documenti amministrativi contenenti informazioni di

carattere psico-attitudinale relativi a terzi

LIMITI FACOLTATIVI

Con regolamento il Governo può prevedere casi di sottrazione al diritto di accesso nei seguenti casi:

quando l’accesso possa provocare una lesione alla sicurezza e difesa nazionale, all’esercizio

della sovranità nazionale e alla correttezza e continuità delle relazioni internazionali

quando l’accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, determinazione e

attuazione della politica monetaria e valutaria

quando l’accesso riguardi documenti su strutture, mezzi, dotazioni, personale e azioni inerenti la

tutela dell’ordine pubblico e prevenzione e repressione criminalità, con particolare riguardo alle

tecniche investigative e all’attività della polizia giudiziaria e alla conduzione delle indagini

quando l’accesso riguardi la riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese con particolare

riguardo agli interessi epistolari, sanitari, professionali, finanziari

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 49

quando l’accesso riguardi documenti sull’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale

e di lavoro

Pertanto, alla luce di quanto disposto dalla L, 241/90, ogni Ente pubblico, a seconda dei dati che

tratta nel perseguimento delle proprie finalità istituzionali, deve individuare le categorie di

documenti da esso formati o documenti di cui è in possesso, per i quali è negato il diritto di

accesso e disciplinarne la relativa normativa di dettaglio in un apposito regolamento. Il diritto di

accesso non può essere negato ove si possa far ricorso al differimento. E’ comunque garantito ai

richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi al cui conoscenza è necessaria per curare o

difendere i propri interessi giuridici. In particolare, se si tratta di documenti che contengono

dati sensibili e giudiziari, l’accesso può essere consentito soltanto nei limiti di quanto stabilito dal

testo unico sulla privacy.

MODALITA’ DI ESERCIZIO DEL DIRITTO DI ACCESSO = sono disciplinate dai

regolamenti secondo i principi dell’art. 25 della L.241/90 che afferma che:

Il diritto di accesso si esercita mediante richiesta dell’interessato alla P.A.

La richiesta di diritto di accesso è rivolta per esaminare il documento o per estrarne la copia

La richiesta deve essere motivata e rivolta alla P.A. che sta formando l’atto o che lo detiene

L’esame del documento o l’estrazione della copia sono gratuiti, tranne il rimborso del costo

di riproduzione, di bolli e diritti di misura.

Si comprende che la richiesta quindi può essere formulata alla P.A. dall’interessato sia durante il

corso del procedimento che al termine dello stesso.

La P.A. può:

Accogliere la richiesta = visione dei documenti o rilascio copie

Non accogliere la richiesta = [e in questo caso ci possono essere situazioni diverse]:

Respingere la richiesta quando trattasi di documenti esclusi dal diritto di accesso

Limitare la richiesta permettendo l’accesso ad alcuno o alcuni dei documenti

richiesti nel caso che gli altri non sia accessibili

Differirla nel caso che l’accesso in quel momento possa pregiudicare lo svolgimento

dell’azione amministrativa.

DIFFERIMENTO DEL DIRITTO DI ACCESSO = previsto all’art. 25 della L. 241/90

Nel caso che l’accesso possa in qualche modo ostacolare o impedire il normale svolgimento

dell’azione amministrativa o per rispettare la riservatezza di alcuni documenti che non

possono pertanto essere resi pubblici nella fase preparatoria, il dirigente responsabile

dell’ufficio che deve formare l’atto, e quindi adottare il provvedimento finale, può disporre

il differimento, comunicandolo al richiedente, cioè rimandare l’accesso ad un momento

successivo indicando anche la data in cui l’esercizio di tale diritto potrà essere esercitato

dall’interessato senza ripresentare la domanda. Si può quindi dire che in questo caso

l’accesso è consentito ma è rimandato ad un’altra data.

Nel caso che il differimento riguardi solo una parte del contenuto del documento

amministrativo, sono accessibili le altre parti del documento.

I documenti non possono essere sottratti all’accesso nei casi in cui sia sufficiente fare ricorso

al potere di differimento.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 50

VISIONE COPIE = la visione dei documenti è gratuita e l’interessato può prendere appunti e

trascrivere in tutto o in parte il documento

RILASCIO COPIE = il rilascio di copie mediante stampa dal sito istituzionale o mediante

fotocopiatura è subordinato alle spese del costo di riproduzione [art. 25 L.241/90].

Il rilascio di copie conformi ed autenticate deve essere specificato nella richiesta e si applicano le

modalità e i costi in base alla normativa sui bolli e diritti di segreteria

RICORSI E RECLAMI =

Se dopo 30 giorni la P.A. nega l’accesso all’interessato o c’è il silenzio rigetto, è ammesso il

ricorso [art. 25 L. 241/90]

al TAR, secondo le regole del processo amministrativo di cui all’art. 116 del D.Lgs.

104/2010 (Codice del processo amministrativo). La decisione è appellabile e si può ricorrere

al Consiglio di Stato. Se il tribunale accoglie il ricorso ordina l’esibizione dei documenti.

Al Difensore Civico regionale entro 30 giorni, per il riesame della determinazione. Qualora

non esista tale organo la competenza è attribuita al difensore competente per l’ambito

territorialmente superiore. Il difensore si pronuncia entro 30 giorni dalla presentazione

dell’istanza del cittadino. Scaduto infruttuosamente tale termine di 30 giorni il ricorso è

respinto. Se il difensore ritiene illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica al

richiedente e a chi l’ha disposto. Se questi non emana il provvedimento confermativo

motivato entra 30 giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore, l’accesso è

consentito. Qualora il richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico il termine per il

ricorso al TAR decorre dalla data del ricevimento dell’esito della sua istanza al difensore.

(art. 15 legge 340 del 2000)

Alla Commissione per l’accesso di cui all’art. 27 per gli atti delle amministrazioni centrali

e periferiche dello Stato, che procede con le stesse modalità del Difensore Civico di cui

sopra

Se l’accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti

terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante della Privacy che si pronuncia entro 10 giorni

dalla richiesta (decorsi inutilmente il parere si intende reso)

Qualora l’accesso riguardi il trattamento pubblico di dati personali da parte di una P.A, il

Garante chiede il parere obbligatorio ma non vincolante alla Commissione. Tale richiesta

sospende il termine per la pronuncia del Garante fino a che non ci sia il parere e comunque per non

più di 15 giorni. Decorso inutilmente tale termine il Garante adotta la propria decisione.

La P.A. può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente purché dirigente e

autorizzato dal rappresentante legale dell’Ente.

Il giudice amministrativo se ne esistono i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti.

L’istanza di accesso agli atti può essere presentata tramite l’URP. Gli U.R.P. [Uffici per le relazioni

con il pubblico] nascono con il D.Lgs 29/9314 con lo scopo prioritario di garantire appieno tutti i

principi di trasparenza e accesso previsti nella L. 241/90. Rappresentano l’interfaccia fra il cittadino

e la P.A. Il loro aspetto è infatti duplice in quanto, da un lato, sono lo strumento effettivo del

cittadino per “entrare” nella burocrazia dell’amministrazione, la guida per una facile risposta ai

propri bisogni, l’ascolto dei propri problemi; dall’altro rappresentano anche il mezzo che la

14 D.Lgs. 29/93 sulla riforma del pubblico impiego oggi confluito nel D.Lgs. 165/2001, detto anche T.U. del Pubblico

Impiego

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A cura di Mariella Bergamini 51

Pubblica Amministrazione ha per valutare di volta in volta l’evoluzione delle esigenze della propria

collettività. Sono quindi essenziali anche per una vera comunicazione e trasparenza già all’interno

della stessa amministrazione.

Gli U.R.P. hanno vari compiti che si riassumono essenzialmente in:

1. rendere possibile al cittadino l’effettiva partecipazione al procedimento e la conoscenza

sullo stato stesso dei procedimenti

2. attuare l’accesso agli atti mediante rilascio copie

3. informare su tutta l’attività generale della P.A.

4. fornire e ritirare eventuale modulistica

5. raccogliere dati sul gradimento da parte dei cittadini dei servizi offerti e sugli eventuali

reclami e sulle richieste di nuove esigenze.

Gli URP rispondono alle richieste loro inoltrate nel più breve tempo possibile e comunque, in caso

di accesso agli atti, entro 30 gg.; decorso tale termine scatta il silenzio-diniego.

E’ in atto nella pubblica amministrazione una tendenza verso sportelli polifunzionali al servizio del

cittadino, che raggruppino le attuali funzioni dell’U.R.P.

5. IL DECRETO TRASPARENZA – D. Lgs. 33/2013 e D. Lgs. 97/2016

La disciplina dell’accesso agli atti è stata integrata con il cosiddetto “Decreto Trasparenza” D. Lgs.

14/03/2013, n. 33 ”Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di

pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, che è

stato modificato con il D. Lgs. 97/2016, il cosiddetto “Decreto FOIA”, recante revisione e

semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e

trasparenza, attuativo dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di

riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, che è entrato in vigore il 23 giugno 2016. Da tale

data le Pubbliche Amministrazioni hanno avuto 6 mesi di tempo per adeguarsi alle previsioni

normative. Inoltre è stata prevista l’emanazione da parte di ANAC (Agenzia Nazionale Anti

Corruzione) delle linee guida per la loro applicazione.

La scelta del legislatore di disciplinare nuovamente l’accesso agli atti in maniera additiva, con

norme successive, può creare problemi applicativi. Attualmente infatti l’ordinamento italiano

prevede due modalità di accesso agli atti delle PA. In base alla legge sul procedimento

amministrativo (L. n. 241/1990), possono chiedere di accedere agli atti delle PA i soggetti privati,

compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e

attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è

chiesto l’accesso. Sono accessibili tutti i documenti detenuti dalle PA (ad eccezione di quelli

secretati) che concernono un’attività di pubblico interesse (art. 22 e seguenti). Il Decreto Legislativo

n. 33/2013 ha successivamente introdotto una nuova modalità di accesso, l’accesso civico, ossia il

diritto di chiunque, anche di chi non ha un interesse diretto, di prendere visione di documenti per i

quali la legge stabilisce un preciso obbligo di pubblicazione in capo ad una amministrazione

pubblica. Il diritto di accesso civico può essere fatto valere, ovviamente, in caso di mancata

pubblicazione dell’atto in questione.

Il Decreto Legislativo 97/2016 è finalizzato a rafforzare la trasparenza amministrativa sia attraverso

sia l’introduzione di forme diffuse di controllo da parte dei cittadini, anche adeguandosi a standard

internazionali, sia misure che consentano una più efficace azione di contrasto alle condotte illecite

nelle pubbliche amministrazioni.

Il provvedimento apporta alcune significative modifiche al D. Lgs. 33/2013, con l’obiettivo di

ridefinire l’ambito di applicazione degli obblighi e delle misure in materia di trasparenza, prevedere

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 52

misure organizzative per la pubblicazione di alcune informazioni e per la concentrazione e la

riduzione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche, razionalizzare e precisare gli

obblighi di pubblicazione, individuare i soggetti competenti all’irrogazione delle sanzioni per la

violazione degli obblighi di trasparenza.

Inoltre, è introdotta una nuova forma di accesso civico ai dati e ai documenti pubblici, analoga a

quella che negli ordinamenti giuridici anglosassoni è definita Freedom of information act (Foia)15.

Questa nuova forma di accesso prevede che chiunque, indipendentemente dalla titolarità di

situazioni giuridicamente rilevanti, può accedere a tutti i dati e ai documenti detenuti dalle

pubbliche amministrazioni, nel rispetto di alcuni limiti tassativamente indicati dalla legge. In sintesi

la norma prevede:

1. L’eliminazione del “silenzio-diniego”, che solleva le amministrazioni dall’obbligo di motivare

il rifiuto all’accesso

2. L’eliminazione dell’obbligo per i richiedenti di identificare “chiaramente” i documenti oggetto

dell’istanza di accesso

3. Il riconoscimento della gratuità dell’accesso in formato elettronico e cartaceo, limitando il

rimborso ai costi documentati per “riproduzione su supporti materiali”

4. La previsione di rimedi stragiudiziali, gratuiti e veloci, per i casi di mancata o negativa risposta

5. La previsione di linee guida operative che orienteranno le amministrazioni in un’omogenea e

rigorosa applicazione delle nuove norme ANAC

6. La possibilità di sostituire la pubblicazione delle banche dati con un collegamento ipertestuale.

La norma in parola interviene, inoltre, anche sulla Legge 190/2012, precisando i contenuti e i

procedimenti di adozione del Piano nazionale anticorruzione e dei piani triennali per la prevenzione

della corruzione e ridefinendo i ruoli, i poteri e le responsabilità dei soggetti interni che

intervengono nei relativi processi.

Il provvedimento consta di 44 articoli. Gli articoli da 1 a 40 apportano modifiche testuali al decreto

legislativo n. 33/2013, recante il riordino della disciplina in materia di trasparenza. L’articolo 41

modifica in diverse parti i primi 14 commi dell’articolo 1 della legge n. 190/2012 (c.d. legge

Severino). In particolare, vengono modificate le disposizioni relative al Piano nazionale

anticorruzione e ai piani per la prevenzione della corruzione predisposti dalle singole

amministrazioni16.

L’articolo 1 modifica il titolo del decreto legislativo n. 33/2013 integrando l’oggetto del

provvedimento: accanto agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni della

pubbliche amministrazioni, si fa riferimento anche al diritto di accesso civico. diritto di accesso

civico

L’articolo 2, novellando l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 33/2013, modifica la nozione del

principio generale di trasparenza, che è ora intesa come accessibilità totale dei dati e dei documenti

detenuti dalle pubbliche amministrazioni (e non più semplicemente come accessibilità totale delle

informazioni relative all’organizzazione e all’attività delle pubbliche amministrazioni) ed è volta

non solo a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e

15 Il diritto di accesso all’informazione è regolato da norme conosciute nel mondo anglosassone come “Freedom of

Information Act” (FOIA: Atto sulla libertà d’informazione). In base ad esse la pubblica amministrazione ha obblighi di

informazione, pubblicazione e trasparenza e i cittadini hanno diritto a chiedere ogni tipo di informazione prodotta e

posseduta dalle amministrazioni che non contrastino con la sicurezza nazionale o la privacy. È un diritto universale, che

è alle fondamenta della nostra libertà di espressione perché è il presupposto di una piena partecipazione come cittadini

alla vita democratica. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto l’accesso alle informazioni detenute dai

governi come diritto: oggi più di 90 Paesi democratici hanno un FOIA, ancorché diversamente denominato. 16 Cfr. nota di lettura ANCI

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 53

sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ma anche, più in generale, a tutelare i diritti fondamentali. Ciò

integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione

aperta, al servizio del cittadino. principio di trasparenza

L’articolo 3, comma 1, che modifica l’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 33/2013, individua più

puntualmente l’oggetto del decreto legislativo nella disciplina della libertà di accesso ai dati e ai

documenti detenuti sia dalle pubbliche amministrazioni, sia agli enti pubblici e alle società

controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche. Tale diritto può essere esercitato da

“chiunque”. La libertà di accesso trova un limite nella tutela di interessi pubblici e privati

giuridicamente rilevanti (limiti che sono individuati concretamente dal nuovo articolo 7-bis). Può

essere esercitata attraverso due strumenti:

la pubblicazione (obbligatoria) dei documenti delle PA. relative alla propria organizzazione

e attività

l’accesso civico, nella duplice accezione sia di diritto di accedere ai documenti che le

pubbliche amministrazioni hanno omesso di pubblicare nonostante fossero obbligate per

legge, sia di diritto di informazione generalizzata su tutti gli atti (anche quelli non sottoposti

a pubblicazione obbligatoria), pur nei limiti indicati dalla norma.

L’articolo 6 introduce un diritto di accesso civico più ampio di quello contenuto nell’articolo 5 del

D.Lgs. n. 33/2013, che richiama quello tipico degli ordinamenti giuridici dell’area anglosassone, il

Freedom of Information Act (FOIA), ossia un sistema generale di pubblicità che assicura a tutti un

ampio accesso alle informazioni detenute dalle autorità pubbliche, ad esclusione di un elenco

tassativo di atti sottoposti a regime di riservatezza17.

Il nuovo diritto di informazione è disciplinato dal comma 2 dell’articolo 5, che sancisce il diritto di

chiunque di accedere ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori a quelli

sottoposti ad obbligo di pubblicazione, con il limite del rispetto degli interessi pubblici e privati

“giuridicamente rilevanti” (specificati successivamente nel nuovo art. 5-bis). La disposizione

precisa che lo scopo dell’esercizio del diritto risiede sia nel controllo diffuso sul perseguimento

delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, sia nella promozione della

partecipazione al dibattito pubblico. Viene confermato che l’esercizio del diritto di accesso non è

sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva e che non richiede motivazione.

Le istanze di accesso possono essere presentate, in alternativa:

- all’ufficio che detiene i dati richiesti;

- all’ufficio relazioni con il pubblico (URP)

- ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente”

del sito istituzionale

- al responsabile della prevenzione corruzione e della trasparenza nel caso in cui l’istanza

abbia a oggetto dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria.

Altra novità riguarda l’espressa previsione della possibilità di trasmissione dell’istanza per via

telematica, secondo le modalità ordinarie previste dal codice dell’amministrazione digitale (CAD).

Inoltre, viene ribadito che il rilascio di dati o documenti è gratuito, salvo il rimborso del costo

sostenuto dall’amministrazione per il rilascio dei dati, in formato cartaceo o digitale.

Procedura: Fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria, nel caso vi siano controinteressati

l’amministrazione è tenuta a dare loro comunicazione della richiesta di accesso. I controinteressati

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 54

possono presentare motivata opposizione entro 10 gg. Il provvedimento di accesso deve concludersi

con provvedimento espresso e motivato entro 30 gg. comunicandolo al ricevente ed agli eventuali

controinteressati. In caso di diniego, totale o parziale, l’interessato può presentare istanza di riesame

al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che decide con

provvedimento motivato entro 30 gg. (art. 5).

L’articolo 5-bis individua gli interessi pubblici e gli interessi privati a tutela dei quali è necessario

rifiutare la richiesta di accesso civico, al fine di evitare un pregiudizio concreto.

Gli interessi pubblici sono quelli relativi a: sicurezza pubblica e ordine pubblico; sicurezza

nazionale; difesa e questioni militari; relazioni internazionali; politica e stabilità finanziaria ed

economica dello Stato; conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; regolare

svolgimento di attività ispettive.

Gli interessi privati sono i seguenti: protezione dei dati personali; libertà e segretezza della

corrispondenza; interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, compresi la

proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

Inoltre, è escluso il diritto di accesso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di

accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla

disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti.

L’articolo 7 introduce l’articolo 7-bis che fissa i limiti alla trasparenza. Le notizie concernenti lo

svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa

valutazione sono rese accessibili dall'amministrazione di appartenenza. Non sono invece ostensibili,

se non nei casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermità e degli

impedimenti personali o familiari che causino l'astensione dal lavoro, nonché le componenti della

valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e

l'amministrazione, idonee a rivelare taluna delle informazioni sensibili. Inoltre restano fermi i limiti

all'accesso e alla diffusione delle informazioni obbligatori e facoltativi di cui alla L. 241/90, quelli

previsti dalla normativa europea in materia di tutela del segreto statistico e quelli che siano

espressamente qualificati come riservati dalla normativa nazionale ed europea in materia statistica,

nonché quelli relativi alla diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (cd

dati “supersensibili”). limiti all’accesso

L’articolo 8 novella l’articolo 8 del D.Lgs. n. 33/2013 stabilendo che, decorso il termine di 5 anni di

pubblicazione obbligatoria dei documenti, permane il diritto di accedervi comunque, attraverso

l’istituto dell’accesso civico aperto. Inoltre, l’Autorità nazionale anticorruzione può diminuire la

durata di pubblicazione obbligatoria, basandosi su una valutazione del rischio corruttivo, sulle

esigenze dì semplificazione e delle richieste di accesso.

Gli articoli da 34 a 38 modificano il Capo VI del D.Lgs. n. 33/2013, relativo alla “Vigilanza

sull’attuazione delle disposizioni e sanzioni”.

L’art. 35 sancisce gli obblighi di pubblicazione relativi ai procedimenti amministrativi e ai controlli

sulle dichiarazioni sostitutive e l'acquisizione d'ufficio dei dati. Le pubbliche amministrazioni

devono pubblicare i dati relativi alle tipologie di procedimento di propria competenza. Per ciascuna

tipologia di procedimento devono essere pubblicate le seguenti informazioni:

a) una breve descrizione del procedimento con indicazione di tutti i riferimenti normativi utili;

b) l'unità organizzativa responsabile dell'istruttoria;

c) l'ufficio del procedimento, unitamente ai recapiti telefonici e alla casella di posta elettronica

istituzionale, nonché, ove diverso, l'ufficio competente all'adozione del provvedimento finale, con

l'indicazione del nome del responsabile dell'ufficio, unitamente ai rispettivi recapiti telefonici e alla

casella di posta elettronica istituzionale;

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 55

d) per i procedimenti ad istanza di parte, gli atti e i documenti da allegare all'istanza e la

modulistica necessaria, compresi i fac-simile per le autocertificazioni, anche se la produzione a

corredo dell'istanza è prevista da norme di legge, regolamenti o atti pubblicati nella Gazzetta

Ufficiale, nonché gli uffici ai quali rivolgersi per informazioni, gli orari e le modalità di accesso con

indicazione degli indirizzi, dei recapiti telefonici e delle caselle di posta elettronica istituzionale, a

cui presentare le istanze;

e) le modalità con le quali gli interessati possono ottenere le informazioni relative ai

procedimenti in corso che li riguardino;

f) il termine fissato in sede di disciplina normativa del procedimento per la conclusione con

l'adozione di un provvedimento espresso e ogni altro termine procedimentale rilevante;

g) i procedimenti per i quali il provvedimento dell'amministrazione può essere sostituito da una

dichiarazione dell'interessato, ovvero il procedimento può concludersi con il silenzio assenso

dell'amministrazione;

h) gli strumenti di tutela, amministrativa e giurisdizionale, riconosciuti dalla legge in favore

dell'interessato, nel corso del procedimento e nei confronti del provvedimento finale ovvero nei casi

di adozione del provvedimento oltre il termine predeterminato per la sua conclusione e i modi per

attivarli;

i) il link di accesso al servizio on line, ove sia già disponibile in rete, o i tempi previsti per la

sua attivazione;

l) le modalità per l'effettuazione dei pagamenti eventualmente necessari

m) il nome del soggetto a cui è attribuito, in caso di inerzia, il potere sostitutivo, nonché le

modalità per attivare tale potere, con indicazione dei recapiti telefonici e delle caselle di posta

elettronica istituzionale;

Le pubbliche amministrazioni non possono richiedere l'uso di moduli e formulari che non siano stati

pubblicati; in caso di omessa pubblicazione, i relativi procedimenti possono essere avviati anche in

assenza dei suddetti moduli o formulari. L'amministrazione non può respingere l'istanza adducendo

il mancato utilizzo dei moduli o formulari o la mancata produzione di tali atti o documenti, e deve

invitare l'istante a integrare la documentazione in un termine congruo.

Infine le pubbliche amministrazioni devono pubblicare nel sito istituzionale i recapiti telefonici e la

casella di posta elettronica istituzionale dell'ufficio responsabile per le attività volte a gestire,

garantire e verificare la trasmissione dei dati o l'accesso diretto agli stessi da parte delle

amministrazioni procedenti .

L’articolo 36 assegna all’ANAC, in caso di mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione, il

potere di ordinare la pubblicazione, entro un termine massimo di 30 giorni, degli atti o dei

provvedimenti oggetto di pubblicazione obbligatoria. Inoltre, vengono meglio definite le

conseguenze del mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione, che viene a costituire illecito

disciplinare, modificando gli articoli 46 e 47 del “Decreto Trasparenza”. L'inadempimento degli

obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente e il rifiuto, il differimento e la limitazione

dell'accesso civico al di dei casi previsti dalla legge costituiscono elemento di valutazione della

responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine

dell'amministrazione e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di

risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili. La

violazione degli obblighi di trasparenza in casi specifici comporta sanzioni pecuniarie.

L’articolo 39 provvede al trasferimento all’ANAC della competenza a definire ed ad adottare gli

standard, i modelli e gli schemi per garantire in concreto l’attuazione degli obblighi di pubblicità.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 56

LA SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA - D.P.R. 445/2000

1. IL RAPPORTO FRA IL CITTADINO E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Per svolgere la propria attività, ogni pubblica amministrazione ha bisogno di dati e informazioni,

che possono essere presenti in vari documenti, in possesso dei cittadini o di altre amministrazioni

pubbliche. Nell’acquisire questi dati e informazioni si devono sempre bilanciare due esigenze

fondamentali:

Certezza giuridica del dato stesso

Semplificazione dell’attività amministrativa

In una concezione tradizionale ed autoritativa dei rapporti fra PA e cittadino, a quest’ultimo era

richiesto, ogni volta che entrava in contatto con un ufficio pubblico, di presentare tutta la

documentazione (in originale) necessaria per lo svolgimento di una pratica e questo dava sì la

certezza giuridica del dato, ma creava degli aggravi per il cittadino, sia in termini di tempo che di

costi. È nata quindi l’esigenza di trovare strumenti alternativi alla presentazione del certificato,

come ad esempio l’istituto della dichiarazione sostitutiva, meglio conosciuto come

“autocertificazione” introdotta nel nostro ordinamento dalla L. 15/1968 e comunque limitatamente

alle certificazioni anagrafiche. Fino all’avvento delle leggi Bassanini questa legge è stata del tutto

inapplicata. Le cause di ciò sono da imputare a varie motivi: la mancanza di una cultura orientata

alla fiducia nel cittadino, l’incomunicabilità fra le varie P.A., il rapporto autoritario nei confronti del

cittadino e, non ultimo, il fatto che la legge non prevedesse alcuna sanzione per il dipendente che

non accettava l’autocertificazione.

Con la grande riforma degli anni ’90 il legislatore ha cercato di avvicinare la P.A. al cittadino ed

ecco che la L.241/90 richiama espressamente l’applicazione della L. 15/68. Inoltre alcuni C.C.N.L.,

nella parte relativa ai doveri dell’impiegato, hanno fatto espressamente richiamo all’attuazione dei

principi della L.15/68 in tema di autocertificazione. L’idea è che la P.A. rinunci in parte alla

sicurezza di una documentazione amministrativa prodotta da una fonte certa, a favore di una

maggiore fiducia e responsabilizzazione nei riguardi del cittadino, al fine di semplificare gli

adempimenti burocratici e quindi risparmiare tempo e denaro. Di qui discende però l’obbligo per la

P.A. di effettuare dei controlli, anche a campione, su quanto dichiarato dai cittadini e sanzionare,

anche penalmente, le false dichiarazioni. Sono queste le logiche di fondo che hanno ispirato

l’emanazione del Testo Unico sulla documentazione amministrativa, D.P.R. 445/2000. Tale norma

è stata successivamente modificata dal CAD “Codice dell’Amministrazione Digitale”, (D. Lgs.

82/2005 e successive modifiche).

2. IL T.U. SULLA DOCUMENTAZIONE AMMINISTRATIVA – D.P.R. 445/2000

Il D.P.R. 445/2000 - “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di

documentazione amministrativa” - abroga la L. 15/68, raccoglie tutte le norme, sia legislative che

regolamentari, in materia ed introduce nuovi scenari come il documento elettronico e la firma

digitale. È stato modificato con il D.Lgs. 82 del 2005, il cosiddetto “Codice dell’Amministrazione

Digitale” (CAD)18.

Ambito di applicazione

18 Il CAD accorpa e riordina tutta la normativa in materia di attività digitale della P.A., affrontando, per la prima volta

in modo organico e completo, il tema dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella PA,

nonché la disciplina dei principi giuridici fondamentali relativi al documento informatico ed alla firma digitale.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 57

Le norme ivi contenute (art. 2) si applicano alle P.A., ai gestori di servizi pubblici, ai privati che lo

consentono, anche se la legge nasce soprattutto per disciplinare i rapporti fra la P.A. e i cittadini e

sono estese ai cittadini italiani e dell’U.E. (art. 3).

Per i cittadini non appartenenti all’U.E. ci sono due limiti nell’utilizzo delle dichiarazioni di cui agli

artt. 46 e 47:

o devono essere regolarmente soggiornanti in Italia

o le dichiarazioni devono essere limitate agli stati, fatti e qualità attestabili dai soggetti

pubblici italiani.

Inoltre i cittadini non appartenenti all’U.E. non residenti ma autorizzati a soggiornare in Italia

possono utilizzare le dichiarazioni nell’ambito delle materie per le quali esiste una convenzione fra

l’Italia e il loro Stato di appartenenza.

Definizioni

La norma, all’art. 1, definisce cosa si intende per:

a) DOCUMENTO AMMINISTRATIVO: ogni rappresentazione, comunque formata, del contenuto

di atti, anche interni, delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività

amministrativa. [E’ una definizione molto ampia, che ricorda quella della L. 241/90 e ricomprende

le più innovative modalità di formazione dei documenti amministrativi, anche con mezzi

informatici];

b) DOCUMENTO INFORMATICO: la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati

giuridicamente rilevanti;

c) DOCUMENTO DI RICONOSCIMENTO: ogni documento munito di fotografia del titolare e

rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione italiana

o di altri Stati, che consente l'identificazione personale del titolare;

d) DOCUMENTO D'IDENTITA': la carta di identità ed ogni altro documento munito di fotografia

rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, dall'amministrazione competente dello

Stato italiano o di altri Stati, con la finalità prevalente di dimostrare l'identità personale del suo

titolare;

e) DOCUMENTO D'IDENTITA' ELETTRONICO: il documento analogo alla carta d'identità

elettronica rilasciato dal comune fino al compimento del quindicesimo anno di età;

f) CERTIFICATO: il documento rilasciato da una amministrazione pubblica avente funzione di

ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi,

elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche;

g) DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI CERTIFICAZIONE: il documento, sottoscritto

dall'interessato, prodotto in sostituzione dei certificati;

h) DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI ATTO DI NOTORIETA': il documento, sottoscritto

dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, che siano a diretta conoscenza di questi,

resa nelle forme previste dal testo unico sulla documentazione amministrativa;

i) AUTENTICAZIONE DI SOTTOSCRIZIONE: l'attestazione, da parte di un pubblico ufficiale,

che la sottoscrizione e' stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità' della persona

che sottoscrive;

l) LEGALIZZAZIONE DI FIRMA: l'attestazione ufficiale della legale qualità di chi ha apposto la

propria firma sopra atti, certificati, copie ed estratti, nonché dell'autenticità della firma stessa;

m) LEGALIZZAZIONE DI FOTOGRAFIA: l'attestazione, da parte di una pubblica

amministrazione competente, che un'immagine fotografica corrisponde alla persona dell'interessato;

n) FIRMA DIGITALE: il risultato della procedura informatica che consente al sottoscrittore di

garantire ed al destinatario di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o

di un insieme di documenti informatici; [E’ quella che si appone con la smart-card, ha la stessa

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A cura di Mariella Bergamini 58

validità giuridica della firma autografa e garantisce l’identità di chi ha sottoscritto l’atto];

o) AMMINISTRAZIONI PROCEDENTI: le amministrazioni e, nei rapporti con l'utenza, i gestori

di pubblici servizi che ricevono le dichiarazioni sostitutive o provvedono agli accertamenti

d'ufficio;

p) AMMINISTRAZIONI CERTIFICANTI: le amministrazioni e i gestori di pubblici servizi che

detengono nei propri archivi le informazioni e i dati contenuti nelle dichiarazioni sostitutive, o

richiesti direttamente dalle amministrazioni procedenti;

q) GESTIONE DEI DOCUMENTI: l'insieme delle attività finalizzate alla registrazione di

protocollo e alla classificazione, organizzazione, assegnazione e reperimento dei documenti

amministrativi formati o acquisiti dalle amministrazioni, nell'ambito del sistema di classificazione

d'archivio adottato; è effettuata mediante sistemi informativi automatizzati.

r) SISTEMA DI GESTIONE INFORMATICO DEI DOCUMENTI: l’insieme delle risorse di

calcolo, degli apparati, delle reti di comunicazioni e delle procedure informatiche utilizzate

dall’Amministrazione per la gestione dei documenti.

3. IL CERTIFICATO

Il certificato (art. 1) è il documento rilasciato dalla P.A. che riproduce o partecipa a terzi stati,

qualità o fatti personali contenuti in albi, elenchi o registri. E’ quindi il risultato di un procedimento

certificativo che crea certezze pubbliche. Le certificazioni amministrative possono essere fornite

solo dalla P.A. e si classificano in:

Attestazioni riguardano situazioni di cui la PA è a conoscenza

Certificazioni riguardano informazioni contenute in pubblici registri [es.: certificazione

anagrafica, di nascita, di matrimonio, stato di servizio, …..]

Occorre a tal proposito precisare qualcosa di più sui termini:

Fatto = qualcosa già accaduto

Stato = particolare posizione giuridica

Qualità = riguarda il rapporto verso altre persone (ad esempio il debitore)

Validità – art. 41

I certificati che attestano atti e fatti:

che non sono soggetti a modificazioni hanno validità illimitata (es.: titolo di studio)

che sono soggetti a modificazione hanno validità di 6 mesi (es.: residenza), salvo diversa

disposizione di legge.

Si possono usare certificati oltre i termini di validità [es.: stato civile, estratti o copie dello stato

civile] se l’interessato dichiara, in fondo al documento, che le informazioni non hanno subito

variazioni.

Certificazioni contestuali – art. 40

Per la semplificazione è previsto che lo stesso ufficio rilasci certificazioni contestuali, cioè in un

unico documento, quando riguardino stati, fatti o qualità personali diverse ma appartenenti alla

stessa persona e facenti parte dello stesso procedimento.

Certificati non sostituibili con altri documenti – art. 49

Il D.P.R. individua ed elenca i documenti che non possono essere sostituiti da altro documento e in

particolare:

certificati medici

certificati sanitari

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 59

certificati veterinari

di origine

di conformità CE

certificati di marchi o brevetti

4. AUTENTICA DI SOTTOSCRIZIONE E DI COPIE, LEGALIZZAZIONE

Autentica di sottoscrizione (artt. 21 e 38)

L’autentica di sottoscrizione (artt. 21 e 38) è l’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che un

cittadino, in base ad un’identificazione, ha firmato in sua presenza, previo accertamento

dell’identità del dichiarante. Quindi l’autentica ha lo scopo di dare certezza al fatto che un

documento sia sottoscritto dall’interessato. Prima dell’innovazione delle leggi Bassanini del 1997

l’autentica era la regola base dei rapporti fra P.A. e cittadini. Le leggi Bassanini avevano

eliminarono l’obbligo di autentica nel caso di domanda ad un concorso (cfr. art. 39 T.U.).

Il pubblico ufficiale, quindi, accerta l’identità del dichiarante, indica la modalità di identificazione

(documento oppure conoscenza personale), la data ed il luogo di autenticazione, il proprio nome e

cognome, la qualifica rivestita e appone anche la propria firma ed il timbro dell’ufficio.

Col D.P.R. 445/2000, l’autentica non è più necessaria quando (art. 38):

l’istanza è sottoscritta in presenza del dipendente addetto a riceverla

l’istanza è presentata assieme alla copia non autenticata del documento di identità: in questo

caso l’istanza può essere quindi inoltrata tramite fax o via telematica.

Secondo l’art. 65 del CAD (D. Lgs. 82/05), le istanze e le dichiarazioni sottoscritte con firma

digitale o con altra metodologia certa di identificazione sono equivalenti alle dichiarazioni

sottoscritte con firma autografa sottoscritte davanti al dipendente addetto al ricevimento delle

stesse.

Esistono però delle eccezioni, indicate all’art. 21 del D.P.R 445/00, per le quali è ancora

obbligatoria l’autentica da parte di un pubblico ufficiale che attesti con data, luogo, nome e

cognome, qualifica che il dichiarante, da lui identificato, ha firmato in sua presenza:

riscossione benefici economici

dichiarazioni a soggetti diversi da P.A. o gestori di servizi pubblici

L’autenticazione può essere redatta da un notaio, cancelliere, segretario comunale, dal dipendente

addetto a ricevere la documentazione o altro dipendente incaricato dal Sindaco.

A questi casi se ne aggiungono altri previsti da norme specifiche.

I soggetti autorizzati ad autenticare sono:

notaio

cancellerie

giudice di pace

segretario comunale

qualsiasi funzionario incaricato dal Sindaco

Sindaco e gli altri amministratori.

L’autentica da parte del Comune può essere fatta solo nei casi in cui la P.A. è parte e non per

rapporti che interessano esclusivamente i privati.

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L’art. 4 disciplina la sottoscrizione da parte di incapaci. Sia nel caso che si tratti di incapacità dal

punto di vista giuridico che dal punto di vista fisico19, e pertanto persone che non sanno o non

possono firmare, il pubblico ufficiale attesta senza testimoni, dopo avere accertato l’identità del

dichiarante, che la dichiarazione è resa dall’interessato. La causa dell’impedimento, a tutela della

privacy, non deve essere specificata in quanto potrebbe trattarsi anche di dati sensibili20. Tali

disposizioni non si applicano in caso di dichiarazioni fiscali.

Se l’interessato è soggetto alla potestà dei genitori, a tutela, o a curatela, le dichiarazioni e i

documenti previsti dal presente testo unico sono sottoscritti rispettivamente dal genitore esercente la

potestà, dal tutore, o dall’interessato stesso con l’assistenza del curatore (art. 5).

Copie autentiche - art. 18

L’autentica di copia, totale o parziale di atti o documenti, consiste nell’attestazione di conformità

della copia con l’originale del documento ed ha lo stesso valore giuridico dell’originale. Il pubblico

ufficiale da cui l’atto è stato emesso o presso cui è depositato (oppure il notaio, cancelliere,

segretario comunale, o altro funzionario incaricato dal Sindaco) attesta che la copia da lui

autenticata è identica al documento originale. In questo modo la copia autenticata ha lo stesso

valore del documento originale. L’attestazione di copia autenticata viene prodotto su ogni foglio dal

pubblico ufficiale che pone la sua firma, generalità, qualifica e timbro. La legge non prevede che si

possano autenticare copie di copie. Si possono autenticare copie di atti in giacenza presso le P.A. o

copie di atti in possesso dei cittadini. Tali copie autentiche sono utilizzate dalle P.A., dai gestori di

pubblici servizi e dai privati che vi acconsentono (artt. 2 e 71). Il regime fiscale prevede che si

rilascino copie autentiche in carta libera solo se previsto dalla legge [ad esempio esenzione bollo in

caso di atti di concorso].

Talvolta (art. 19) la dichiarazione di conformità all’originale può essere effettuata da un privato per

atti in suo possesso, limitatamente alla copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da

una pubblica amministrazione, di una pubblicazione, di titoli di studio o di servizio, oppure di

documenti fiscali che devono essere obbligatoriamente conservati dal privato (es. per la

dichiarazione dei redditi). In questo caso il privato effettua una dichiarazione sostitutiva di atto

notorio (cfr. art. 47).

Legalizzazione - articoli dal 30 al 33

La legalizzazione è l’attestazione di un pubblico ufficiale dell’autenticità della qualità legale di chi

appone la firma su atti o certificati o copie. La legalizzazione ha quindi lo scopo di attestare che il

documento proviene da una persona con quella qualifica21. Per legalizzare il pubblico ufficiale

deve indicare la data, il luogo, il nome, cognome, la qualifica da lui rivestita e la firma per esteso

con il timbro. Il D.P.R. ribadisce le disposizione della L.15/68.

Legalizzazione della foto (art. 34): le PA competenti alla legalizzazione dei documenti sono tenute

anche a legalizzare le fotografie presentato dall’interessato, che sono esenti bollo.

5. DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE

Dichiarazioni sostitutive di certificazioni - art. 46

19 Escludendo il caso di incapacità assoluta per il quale è previsto che la persona sia sostituita nell’esercizio delle sue

facoltà da altro individuo che ne eserciti legalmente la potestà al suo posto 20 Interpretazione del Garante della privacy 21 L’autenticazione invece è la verifica dell’identità del firmatario

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A cura di Mariella Bergamini 61

La dichiarazione sostitutiva di certificazione è il documento sottoscritto dall’interessato, prodotto in

sostituzione di certificati. Si tratta di dichiarazioni con le quali il cittadino fornisce alla P.A. le

informazioni necessarie per emanare un provvedimento, sostituiscono il certificato ed hanno la

stessa validità temporale del certificato che sostituiscono (art. 48). Sono quindi le dichiarazioni in

base alle quali il cittadino può produrre, in sostituzione dei certificati, una dichiarazione che

contenga gli stessi dati presenti nel certificato. Le singole PA forniscono i moduli necessari per

queste dichiarazioni (es.: antimafia), che l’interessato può utilizzare, in cui sono presenti i richiami

alle sanzioni, anche penali, in caso di dichiarazione mendace.

Tali dichiarazioni possono essere rilasciate per tutti gli stati, fatti e qualità elencati all’art. 46, che

hanno la caratteristica di essere informazioni contenute (e quindi eventualmente rintracciabili) in un

qualche archivio, pubblico o privato (es.: titolo di studio) 22. Sono molto semplici da rendere, in

quanto basta scrivere su un foglio le proprie generalità e la dichiarazione, senza necessità di

autentica.

Dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà - art. 47

La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è il documento sottoscritto dall’interessato e

riguarda stati, qualità personali e fatti che sono a conoscenza dell’interessato e che non rientrano

nell’elenco delle certificazioni dell’art. 46 di cui sopra. Tali dichiarazioni possono essere rilasciate

dall’interessato o da altra persona che però ne è a diretta conoscenza e questa è una rilevante novità

rispetto alla normativa previgente, che prevedeva il rilascio di dichiarazioni solo dal diretto

interessato.

E’ possibile altresì “attestare” la conformità fra la copia di un documento e l’originale, purché chi

attesta sia in possesso di quest’ultimo al momento dell’attestazione. La dichiarazione sostitutiva di

atto di notorietà può essere utilizzata anche per comprovare lo “smarrimento” di documenti di

riconoscimento, salvo i casi in cui la legge preveda l’obbligo di denuncia di smarrimento alle forze

dell’ordine. Per attuare questa semplificazione delle autocertificazioni, ogni P.A. ha l’obbligo di

fornirsi di opportuni moduli che il cittadino può utilizzare (art. 48) e nei quali sono contenute tutte

le dichiarazioni possibili e le relative sanzioni in caso di dichiarazione falsa.

Il D.P.R. 445/00 ha innovato la differenza tra dichiarazioni sostitutive di certificati e le

dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà [in precedenza le prime rappresentavano la certificazione

che rilasciava il Comune e le seconde erano l’attestazione di ciò che era a conoscenza

dell’interessato], in quanto, pur mantenendo la stessa logica, ora il requisito per differenziarle è il

fatto che l’elenco delle dichiarazioni sostitutive di certificazione (autocertificazioni) dell’art. 46 è

tassativo, mentre tutte le altre sono dichiarazioni di atto notorio, disciplinate dall’art. 47. Infine si

rileva che le dichiarazioni sostitutive sia di certificazioni che di atti di notorietà sono esenti da

imposta di bollo (art. 37).

Controlli, sanzioni e responsabilità – CAPO V e VI

Le P.A. hanno il divieto di richiedere certificati o atti notori al posto delle dichiarazioni sostitutive.

La mancata accettazione costituisce per il dipendente violazione dei doveri d’ufficio (art. 74).

D’altro canto, la P.A. e i suoi dipendenti, fatti salvi i casi di dolo o colpa grave, non sono

responsabili nel caso vengano emanati atti basati su dichiarazioni o documenti falsi o non più

aggiornati (art. 73).

Inoltre le P.A. hanno l’obbligo (art. 71):

Di verificare tutti i casi che sono sospetti di veridicità

22 Per questo motivo lo stato di casalinga non può essere oggetto di dichiarazione sostitutiva di certificazione, bensì di

dichiarazione sostitutiva di atto notorio (cfr. art. 47)

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Di effettuare controlli, anche a campione, sulla veridicità delle dichiarazioni dei cittadini

individuando idonee regole e metodi per effettuare i controlli. In alcuni casi l’obbligo del controllo

può derivare direttamente dalla legge23.

La semplificazione può dar luogo ad una sorta di inversione dell’onere della prova: prima era il

cittadino che doveva fornire la prova con certificati che si procurava; ora è la P.A. che deve

accettare la dichiarazione del cittadino e deve curarsi di provare che essa sia, eventualmente, falsa.

Le P.A. sono obbligate a effettuare i controlli, non trattandosi quindi di una facoltà, ma di un onere

di ufficio.

In caso di dichiarazioni false il dichiarante non solo perde i benefici per i quali ha inoltrato la

richiesta (art. 75), ma incorre anche in sanzioni penali (art. 76).

Un caso particolare, che non rientra nelle dichiarazioni false, sono le dichiarazioni irregolari che

non producono dati falsi ma che sono incomplete o inesatte e possono essere sanate su richiesta

espressa del responsabile del procedimento (art. 71 c. 3). In mancanza di regolarizzazione o

completamento il procedimento non ha seguito.

Le responsabilità sono quindi da entrambe le parti e cioè da parte della P.A. che riceve

l’autocertificazione e da parte del cittadino che rilascia la sua autocertificazione.

PUBBLICI FUNZIONARI: non sono responsabili di atti mendaci se non nel caso che per dolo o

colpa grave a loro imputabili. Non possono invece rifiutare di accettare le dichiarazioni

sostitutive, mediante esibizione di documenti di riconoscimento. In caso contrario infatti

incorrerebbero in violazione dei doveri di ufficio. Possono essere responsabili per ciò che

attiene la normativa sulle imposte di bollo di cui sono responsabili in solido con il richiedente.

Possono incorrere nella falsità documentale se attestano falsamente o rendono dichiarazioni non

rese a loro di persona

CITTADINI: sono responsabili in caso di dichiarazioni mendaci per le quali si rinvia alle norme

del codice penale e, nei casi più gravi, anche all’interdizione dai pubblici uffici o dalle

professioni o arti.

6. ALTRI ISTITUTI DI SEMPLIFICAZIONE

L’acquisizione diretta di documenti - art. 43

L’accertamento d’ufficio è il più efficace strumento di semplificazione, che nasce con la L. 15/68 e

rende superflua la produzione di certificati e le dichiarazioni sostitutive. Le P.A. non possono

richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti elencati all’art. 46 e che siano

attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse stesse siano tenute a certificare. Per

evitare che l’accertamento d’ufficio diventi un intoppo, le P.A. si devono dotare di processi

informatizzati, fax o qualsiasi altro mezzo telematico: il quadro sarà realizzato quando si potrà

23 Ad esempio le certificazioni previste all’art. 6 del D.P.R. 447/98 per il SUAP; oppure le Pubblicazioni di

Matrimonio: l’Ufficiale di Stato Civile accetta la dichiarazione dei nubendi ma poi deve verificarne l’esattezza prima di

rilasciare l’atto. Nelle domande rivolte al SUAP l’autocertificazione è consentita per attestare la conformità del progetto

ai vincoli urbanistici, alla sicurezza degli impianti e alla tutela sanitaria e ambientale. La verifica delle dichiarazioni rese

sarà a cura dei vari soggetti preposti (Comune, Asl, Vigili..).

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A cura di Mariella Bergamini 63

accedere direttamente alle banche dati delle P.A.. Tale disciplina prevede la tutela delle banche dati

che contengono dati ritenuti “sensibili”.24

La documentazione attraverso esibizione di documenti - art. 45

Un ulteriore strumento di grande semplificazione è la possibilità di estrarre dati da documenti esibiti

dai cittadini: tali dati sono quelli - ed esclusivamente quelli – previsti ed elencati all’articolo 45:

cognome e nome

luogo e data di nascita

cittadinanza

stato civile

residenza

Per documento di riconoscimento si intende (art. 35):

carta di identità

passaporto

patente di guida

porto d’armi

libretto di pensione

tessere di riconoscimento con foto e timbro rilasciate da una PA

patentino di conduzione di impianti termici

patente nautica

La modalità di acquisizione dei dati è la semplice fotocopia del documento [anche eventualmente

scaduto se in calce l’interessato ha attestato che i dati riportati non sono variati]. Le P.A. non

possono richiedere certificati attestanti quanto riportato nel documento esibito.

7. IL PROTOCOLLO INFORMATICO

Protocollazione documenti - Capo IV

Per quel che riguarda il protocollo informatico, le disposizioni del D.P.R. 445/00 non sono state

abrogate, bensì riprese dal CAD.

Il tradizionale sistema di protocollo appare inadeguato rispetto all’innovazione amministrativa e

tecnologica che negli ultimi anni ha modificato il modo di lavorare. L’art. 50 del D.P.R. 445/2000

stabilisce l’obbligo per le P.A. di dotarsi di un protocollo informatico, che sostituisce i registri di

protocollo cartaceo e individua gli uffici da considerare ai fini della gestione unica o coordinata dei

documenti per grandi aree. Secondo l’art. 52 il sistema di gestione informatica dei documenti deve

garantire la sicurezza ed integrità del sistema, la corretta e puntuale registrazione di protocollo in

entrata e uscita, fornire informazioni sul collegamento fra il documenti e consentire l’estrapolazione

delle informazioni riguardanti i documenti registrati.

L’art. 53 disciplina, relativamente ad ogni documento, le informazioni da memorizzare (numero di

protocollo, data di registrazione, mittente/destinatario, oggetto, impronta documento informatico)

relativamente ai documenti che devono essere obbligatoriamente protocollati, ossia tutti i documenti

ricevuti e inviati dalle P.A., inclusi quelli informatici. Inoltre individua i documenti esclusi dalla

protocollazione quali G.U., B.U.R., giornali, atti preparatori interni, depliant, opuscoli, libri, riviste.

L’art. 55 del D.P.R. disciplina la formalizzazione sia per l’entrata che per l’uscita dei documenti,

per cui tutte le operazioni servono ad individuare un documento in maniera inequivocabile. L’art.

58 disciplina la possibilità di accesso da parte degli utenti delle P.A. e l’art. 59 quella da parte degli

24 Soltanto altre P.A. e per espressa disposizione di legge possono consultare le banche dati

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esterni: gli interni accedono secondo procedure di abilitazione stabilite dal responsabile del

protocollo, gli esterni anche attraverso gli strumenti messi a disposizione dagli U.R.P.

Il numero di protocollo è progressivo per ogni anno solare (art. 57).

Gestione dei flussi documentali - articoli dal 61 al 66

Le P.A. devono gestire i procedimenti amministrativi con sistemi informatici automatizzati. Questa

gestione include il protocollo elettronico informatico e serve ad abbinare ai documenti i fascicoli

che li contengono e i relativi procedimenti.

Archivi – articoli dal 67 al 69

Nasce l’esigenza di organizzare gli archivi secondo il dettato di tali articoli del D.P.R. e cioè:

o archivio di deposito = una volta all’anno per trasferimento da archivio corrente

o conservazione atti = aggiornamento piano conservazione archivi

o archivio storico = conservazione permanente.

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A cura di Mariella Bergamini 65

COSA SI PUO’ AUTOCERTIFICARE

- la data e il luogo di nascita

- la residenza

- la cittadinanza

- l'esistenza in vita

- lo stato civile (celibe, coniugato, vedovo o stato libero)

- lo stato di famiglia

- il godimento dei diritti civili e politici

- il decesso del coniuge, dell'ascendente o del discendente

- tutti i dati contenuti nei registri di stato civile

TITOLI DI STUDIO E QUALIFICHE PROFESSIONALI

- il titolo di studio

- il titolo di specializzazione, abilitazione, formazione, aggiornamento e qualificazione tecnica

- gli esami sostenuti

- la qualifica professionale

- l'appartenenza a ordini e collegi professionali

SITUAZIONE ECONOMICA, LAVORATIVA E FISCALE

- la situazione reddituale ed economica (anche ai fini della concessione di benefici di qualsiasi tipo)

- la qualità di pensionato e la relativa categoria di pensione

- lo stato di disoccupazione

- la vivenza a carico

- l'assolvimento degli obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto

- il possesso e il numero di codice fiscale e di partita Iva

- gli altri dati contenuti nell'archivio dell'anagrafe tributaria

POSIZIONE GIURIDICA

- la qualità di legale rappresentante di persone fisiche e giuridiche

- la qualità di tutore, curatore e simili

- l'assenza di condanne penali e di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di prevenzione, di decisioni

civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale

- di non essere a conoscenza di procedimenti penali pendenti

- di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato

ALTRE CIRCOSTANZE

- l'iscrizione in albi, registri ed elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni

- l'iscrizione ad associazioni e formazioni sociali di qualsiasi tipo

- la qualità di studente

- tutte le situazioni relative all'adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare

dello stato di servizio

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A cura di Mariella Bergamini 66

L’INFORMATIZZAZIONE DEI DOCUMENTI DELLA P.A.: IL C.A.D.

1. L’EVOLUZIONE NORMATIVA

Le problematiche legate all’informatizzazione degli atti e dei documenti della P.A erano state

affrontate fin dal D.P.R. 445/2000 che, nella sua prima stesura, vi dedicava ampio spazio, gettando

le basi per ottenere un sistema informatico capace di collegare tutte le P.A. del territorio. Su tali

aspetti è poi intervenuto il Codice dell’Amministrazione Digitale (C.A.D.) D. Lgs. n. 82/2005 che,

sistematizzando la materia, ha abrogato le norme inserite all’interno del T.U. della documentazione

amministrativa. Il CAD, a sua volta, è stato oggetto di numerose successive modifiche. Si segnala in

particolare che il 14 Settembre 2016 è entrato in vigore il D. Lgs. 179/2016, “Modifiche ed

integrazioni al Codice dell'amministrazione digitale, in materia di riorganizzazione delle

amministrazioni pubbliche”, che modifica ed integra il D. Lgs. n. 82/2005 e pone di fatto in atto il

nuovo Codice dell’amministrazione digitale (il cosiddetto “CAD 3.0”). Entro il 14 gennaio 2017

era prevista l’emanazione del decreto ministeriale di coordinamento con le attuali regole tecniche.

L’obiettivo dichiarato del nuovo CAD è quello di rendere più efficace la pubblica amministrazione,

sistematizzando e accelerando il processo di digitalizzazione iniziato oltre quindici anni fa. In

quest’ottica viene prevista la figura del commissario dell’Agenda digitale, nominato dalla

Presidenza del Consiglio, che avrà il compito di garantire l’avanzamento dei progetti previsti e avrà

il potere di svolgere funzione sostitutiva nel caso di inadempienza dell’amministrazione. L’incarico

avrà durata di tre anni25. Nel nuovo CAD è stato dato anche maggior “potere” ad AgID (Agenzia

per l’Italia Digitale), con un ruolo predominante nel definire man mano gli standard e le

tecnologie.

Il nuovo CAD 3.0 si basa (e non poteva essere diversamente) sul Regolamento eIDAS (electronic

IDentification Authentication and Signature) n. 910/2014/UE che si applica a tutti gli effetti dal 1°

Luglio 2016 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni

elettroniche nel mercato interno, che abroga la direttiva 1999/93/CE. Il Regolamento ha permesso

di adottare a livello europeo un quadro tecnico-giuridico omogeneo ed interoperabile nei campi più

importanti e distintivi della digitalizzazione a norma: firme elettroniche, sigilli elettronici,

validazioni temporali elettroniche, documenti elettronici-informatici, i servizi di raccomandata

elettronica e i servizi di certificazione per autenticazione web. L’emanazione del nuovo CAD si è

resa quindi indispensabile, in quanto la normativa italiana in materia risultava in contrasto con

quella comunitaria. Pertanto il CAD 3.0 cancella quasi tutti i riferimenti alla definizione proprie di

firme elettroniche e documenti informatici, lasciando ad eIDAS le definizioni tecniche ed

introducendo il domicilio digitale. Quest’ultimo, combinato col “digital first”, ossia con l’obbligo

per la P.A. di garantire il passaggio in digitale di tutti i procedimenti amministrativi attualmente in

cartaceo, permetterà ai cittadini di entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche senza recarsi

fisicamente agli sportelli ed attraverso un unico punto di accesso, abbattendo tempi e costi.

2. LE PRINCIPALI NOVITÀ DEL “CAD 3.0”

“Digital First”. In base al principio del digital first, a regime le Pubbliche Amministrazioni

saranno obbligate a produrre e trasmettere i propri documenti esclusivamente in modalità

elettronica e in formato digitale. Ciò permetterà anzitutto di realizzare comunicazioni più

25 In sede di prima nomina a coprire la posizione sarà il vicepresidente della piattaforma di e-commerce Amazon Diego

Piacentini, a titolo gratuito per due anni.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 67

tempestive riducendone il costo (basti pensare che il costo medio annuo di un domicilio

digitale corrisponde al costo sostenuto dalle PA per l’invio di una sola raccomandata). Altre

conseguenze positive della digitalizzazione dei procedimenti amministrativi saranno una

maggiore certezza dei tempi e trasparenza nei confronti dei cittadini e delle imprese.

Domicilio digitale. La digitalizzazione dei rapporti tra cittadini e PA si fonda sul domicilio digitale,

definito nell’articolo 1 come l’indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio di recapito

certificato qualificato secondo le norme eIDAS, che consente la prova al momento della ricezione.

L’articolo 3-bis riconosce ai cittadini la possibilità di indicare al Comune di residenza un domicilio

digitale che come canale esclusivo di comunicazione con l’amministrazione. Quindi il domicilio

digitale è facoltativo per tutti i cittadini, mentre sarà obbligatorio per la PA fornire il cittadino che

non ne possiede uno e sarà altrettanto obbligatorio per la PA usarlo sempre come mezzo esclusivo

di comunicazione. Non si possono utilizzare altri strumenti di domiciliazione digitale che non

garantiscano la certezza della comunicazione. Un’altra novità è che la PEC resta in uso fino a

quando sarà partito ufficialmente e su tutto il territorio il domicilio digitale. Quindi l’invenzione

tutta italiana della PEC, peraltro mai riconosciuta a livello comunitario, tenderà a sparire piano

piano. Al momento comunque la PEC dovrà continuare ad essere usata da professionisti ed imprese

che dovranno quindi comunicare con la PA esclusivamente via PEC o attraverso appunto il

nuovo domicilio digitale.

Firma. Nel nuovo CAD sono state soppresse le definizioni di firma elettronica, firma elettronica

avanzata e firma qualificata, che sono invece contenute nel Regolamento eIDAS, cui rinvia l’art. 1,

comma 1- bis. Resta invece, benché rivista, la definizione di firma digitale, tutta italiana. Nel

Regolamento eIDAS, infatti, sono disciplinate solamente tre delle tipologie di firma elettronica

individuate dal previgente CAD (firma elettronica, avanzata e qualificata). La firma digitale resta

dunque una peculiarità della normativa italiana. Le soluzioni di firma digitale più diffuse sono

tre: Smart Card, Business Key e Firma Remota (mediante telefono cellulare).

Il Regolamento eIDAS disciplina le seguenti tre tipologie di firme elettroniche:

1. Firma Elettronica - dati in forma elettronica, acclusi oppure connessi tramite associazione

logica ad altri dati elettronici e utilizzati dal firmatario per firmare.

Tale definizione ne mette in risalto la funzione dichiarativa: la firma elettronica è usata dal

firmatario “per firmare” e quindi per esprimere la propria adesione al contenuto del documento

informatico firmato26. Per la firma elettronica non è predefinita alcuna caratteristica tecnica, né

specifici livelli di sicurezza. Una firma autografa apposta su un documento poi scansionato ne è già

un esempio.

2. Firma Elettronica Avanzata (FEA) - firma elettronica che soddisfi i seguenti requisiti:

a) è connessa unicamente al firmatario

b) è idonea a identificare il firmatario

c) è creata mediante dati per la creazione di una firma elettronica che il firmatario può, con un

elevato livello di sicurezza, utilizzare sotto il proprio esclusivo controllo

d) è collegata ai dati sottoscritti in modo da consentire l’identificazione di ogni successiva

modifica di tali dati.

26 Non viene messa in risalto, quindi, come invece nel previgente CAD, la funzione identificativa della firma, che

veniva utilizzata come metodo di identificazione informatica (individuare e distinguere il soggetto cui la firma

appartiene).

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 68

Es.: Un programma a cui si accede mediante user id e password consente di apporre una firma

premendo un apposito pulsante.

3. Firma Elettronica Qualificata (FEQ) – che in aggiunta a quelle di una firma elettronica

avanzata possiede queste caratteristiche:

a) è creata su un dispositivo qualificato per la creazione di una firma elettronica (es.: smart

card, business key, accesso remoto)

b) è basata su un certificato elettronico qualificato

c) ha effetto giuridico equivalente a quello di una firma autografa.

Il Regolamento stabilisce la non discriminazione dei documenti elettronici rispetto ai documenti

cartacei. A livello nazionale le firme elettroniche introdotte da eIDAS comunque non creeranno

disagi per gli attuali possessori di firme digitali.

Oltre a queste tre tipologie, espressamente richiamate, il CAD prevede tuttora anche la firma

digitale, che viene definita come “un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di

chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la

chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di

verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti

informatici”.

EFFICACIA GIURIDICA DELLE FIRME ELETTRONICHE

Firma elettronica

Firma elettronica avanzata, qualificata o

digitale

CAD Il documento informatico, cui è apposta

una firma elettronica, soddisfa il

requisito della forma scritta. Sul piano

probatorio è liberamente valutabile in

giudizio, tenuto conto delle sue

caratteristiche oggettive di qualità,

sicurezza, integrità e immodificabilità

(art.21)

Garantisce l’identità dell’autore, l’integrità e

l’immodificabilità del documento, ha

l’efficacia prevista dall’art. 2702 del codice

civile (fa prova fino a querela di falso).

L’utilizzo del dispositivo di firma qualificata

o digitale si presume riconducibile al titolare,

salvo che questi dia prova contraria. (art.21)

eIDAS Non sono negati effetti giuridici per via

della sua forma elettronica. Spetta al

diritto nazionale dei singoli Paesi

europei definire gli effetti giuridici delle

firme elettroniche (art. 25)

Ha un effetto giuridico equivalente a quello

di una firma autografa.

Una firma elettronica qualificata basata su un

certificato qualificato rilasciato in uno Stato

membro è riconosciuta quale firma

elettronica qualificata in tutti gli altri Stati

membri (mutuo riconoscimento).

SPID. Sistema Pubblico di Identità Digitale, che permette di accedere a tutti i servizi online della

Pubblica Amministrazione con un'unica Identità Digitale (username e password) utilizzabile da

computer, tablet e smartphone. Viene meglio precisata la funzione dell’identità digitale, identità

delle persone fisiche (e delle imprese, attraverso le persone fisiche legali rappresentanti) attraverso

cui sarà anche possibile accedere ai servizi ed inviare comunicazioni tramite il domicilio digitale,

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 69

aprendo la strada alla piattaforma Italia Login come punto unico di accesso. Viene affermato il

ruolo centrale di SPID rispetto alla CIE o alla CNS, ribaltando quindi l’impostazione previgente.

Documento informatico. Viene reintrodotta la definizione di documento informatico: è considerato

tale l’atto che viene sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale che lo rendono

efficace ai fino probatori in linea con quanto previsto dall’articolo 2702 del codice civile.

Conservazione. L’articolo 43 stabilisce che il cittadino non è più obbligato a conservare il

documento informatico conservato per legge dalle amministrazioni e, dunque, può richiederne

l’accesso.

PA "paperless". L’obiettivo finale, inizialmente previsto per il 12 agosto scorso e adesso slittato al

12 dicembre 2016, è quello di portare tutte le P.A. a produrre atti e documenti solo in formato

elettronico, abolendo totalmente il cartaceo.

Processo telematico. Il nuovo CAD si applica al processo (civile, penale, amministrativo, contabile

e tributario) dove non diversamente disposto dal processo telematico.

Moneta elettronica. Il nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale individua nella “moneta

elettronica” il principale strumento di pagamento delle pubbliche amministrazioni, le quali sono

tenute ad accettare, tramite la piattaforma, i pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso sistemi

di pagamento elettronico, ivi inclusi, per i micro-pagamenti, quelli basati sull’uso del credito

telefonico. Possono comunque essere accettate altre forme di pagamento elettronico.

Cultura digitale. Lo Stato deve attuare tutta una serie di iniziative atte ad incentivare la diffusione

della cultura digitale tra i cittadini, avuto il dovuto riguardo ai minori e alle categorie ad alto rischio

di esclusione, anche al fine di determinare un serio incremento e una crescita di competenze di

informatica giuridica e l’utilizzo dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni con azioni

mirate, avvalendosi degli strumenti utilmente messi a disposizione, come ad esempio il servizio

radiotelevisivo.

3. LE DISPOSIZIONI DEL CAD

Analizziamo ora gli articoli di maggior interesse ai nostri fini. Per un approfondimento di tutte le

tematiche inerenti l’informatizzazione della P.A. si rimanda ad un accurato studio dell’ultima

versione della norma in parola.

Art. 1 Definizioni

Carta d'identità elettronica: (CIE) il documento d'identità munito di elementi per l'identificazione

fisica del titolare rilasciato su supporto informatico dalle amministrazioni comunali con la

prevalente finalità di dimostrare l'identità anagrafica del suo titolare

Carta nazionale dei servizi (CNS): il documento rilasciato su supporto informatico per consentire

l'accesso per via telematica ai servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni

Copia informatica di documento analogico: il documento informatico avente contenuto identico a

quello del documento analogico da cui è tratto

Copia per immagine su supporto informatico di documento analogico: il documento

informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 70

Copia informatica di documento informatico: il documento informatico avente contenuto

identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di

valori binari

Duplicato informatico: il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo

stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento

originario

Domicilio digitale: l'indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito

certificato qualificato di cui al Regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e

del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni

elettroniche nel mercato interno «Regolamento eIDAS», che consenta la prova del momento di

ricezione di una comunicazione tra la PA e i soggetti giuridici, che sia basato su standard o norme

riconosciute nell'ambito dell'unione europea

Documento informatico: il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di

atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti

Documento analogico: la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente

rilevanti;

Firma digitale: un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche,

una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al

destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la

provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici

Identità digitale: la rappresentazione informatica della corrispondenza tra un utente e i suoi

attributi identificativi, verificata attraverso l'insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale

Posta elettronica certificata: sistema di comunicazione in grado di attestare l'invio e l'avvenuta

consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi (l’invio di

PEC su PEC ha lo stesso valore probatorio di una raccomanda a.r.);

Titolare: la persona fisica cui è attribuita la firma elettronica e che ha accesso ai dispositivi per la

creazione della firma elettronica

Titolare del dato: PA che ha originariamente formato per uso proprio o commissionato ad altro

soggetto il documento che rappresenta il dato, o che ne ha la disponibilità

Interoperabilità: caratteristica di un sistema informativo, le cui interfacce sono pubbliche e aperte,

di interagire in maniera automatica con altri sistemi informativi per lo scambio di informazioni e

l'erogazione di servizi;

Art. 3 Diritto all’uso delle tecnologie – identità digitale – domicilio digitale

Ove veramente messa in pratica e quindi rispettata, la norma rappresenterebbe una modifica

epocale, prevedendo e disponendo che:

1) chiunque ha il diritto di usare le soluzioni e gli strumenti del CAD nei rapporti con le P.A.

soggette al CAD

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 71

2) la P.A. deve gestire i procedimenti amministrativi in modo da consentire al cittadino di

verificare, anche con mezzi telematici, i termini previsti ed effettivi per lo specifico procedimento e

il relativo stato di avanzamento, nonché di individuare l'ufficio e il funzionario responsabile del

procedimento

3) tutti i cittadini e le imprese hanno il diritto all'assegnazione di un'identità digitale, attraverso la

quale accedere e utilizzare i servizi erogati in rete dalla P.A., essere identificati dalle medesime P.A

e di inviare e ricevere comunicazioni e documenti tramite il domicilio digitale del cittadino (art. 3

bis). In assenza del domicilio digitale le PA possono predisporre le comunicazioni ai cittadini come

documenti informatici sottoscritti con firma digitale o firma elettronica qualificata o avanzata, da

conservare nei propri archivi, ed inviare ai cittadini stessi, per posta ordinaria o raccomandata A.R.,

copia analogica di tali documenti sottoscritti con firma autografa, sostituita a mezzo stampa. Ciò

soddisfa a tutti gli effetti di legge gli obblighi di conservazione e di esibizione dei documenti

previsti dalla legislazione vigente, purché la copia analogica inviata alla persona fisica contenga una

dicitura che specifichi che il documento informatico, da cui la copia è tratta, è stato predisposto e

conservato presso l'amministrazione in conformità alle regole tecniche

Art. 5 Pagamento elettronico

Con l’articolo 5 il legislatore impone alla P.A. di accettare, tramite apposita piattaforma, i

pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso sistemi di pagamento elettronico, ivi inclusi, per i

micro-pagamenti, quelli basati sull'uso del credito telefonico. Resta ferma la possibilità di accettare

anche altre forme di pagamento elettronico, senza discriminazione per lo schema di pagamento

abilitato per ciascuna tipologia di strumento di pagamento elettronico.

A tal fine si dovrà utilizzare una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità

tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, messa a disposizione

dell’AgID, ma alla quale ciascuna regione dovrà collegarsi con una propria piattaforma.

Art. 5-bis Comunicazioni tra imprese e amministrazioni pubbliche

La presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a

fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche avviene esclusivamente utilizzando le

tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Con le medesime modalità le amministrazioni

pubbliche adottano e comunicano atti e provvedimenti amministrativi nei confronti delle imprese.

Artt. 6 e 48 Posta elettronica certificata (PEC)

Fino alla piena attuazione delle disposizioni relative al domicilio digitale, per la trasmissione

telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna

avviene mediante la posta elettronica certificata, con i soggetti che hanno preventivamente

dichiarato il proprio indirizzo ai sensi della vigente normativa tecnica, le pubbliche amministrazioni

utilizzano la posta elettronica certificata. La dichiarazione dell'indirizzo vincola solo il dichiarante e

rappresenta espressa accettazione dell'invio, tramite posta elettronica certificata, da parte delle

pubbliche amministrazioni, degli atti e dei provvedimenti che lo riguardano. La trasmissione del

documento informatico per via telematica equivale alla notificazione per mezzo della posta, salvo

che la legge disponga diversamente. La data e l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento

informatico trasmesso via PEC sono opponibili ai terzi se conformi alle regole tecniche.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 72

Artt. 8, 8 bis e 9 Alfabetizzazione informatica dei cittadini - Connettività alla rete Internet

negli uffici e luoghi pubblici - Partecipazione democratica elettronica

Le PP.AA.:

promuovono iniziative volte a favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini con

particolare riguardo ai minori e alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di

favorire lo sviluppo di competenze di informatica giuridica e l'utilizzo dei servizi digitali

delle pubbliche amministrazioni con azioni specifiche e concrete, avvalendosi di un insieme

di mezzi diversi fra i quali il servizio radiotelevisivo

favoriscono, in linea con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea, la disponibilità di

connettività alla rete Internet presso gli uffici pubblici e altri luoghi pubblici, in particolare

nei settori scolastico, sanitario e di interesse turistico, anche prevedendo che la porzione di

banda non utilizzata dagli stessi uffici sia messa a disposizione degli utenti attraverso un

sistema di autenticazione tramite SPID, carta d'identità elettronica o carta nazionale dei

servizi, ovvero che rispetti gli standard di sicurezza fissati dall'AgID

mettono a disposizione degli utenti connettività a banda larga per l'accesso alla rete Internet

nei limiti della banda disponibile e con le modalità determinate dall'AgID

favoriscono ogni forma di uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore

partecipazione dei cittadini, anche residenti all'estero, al processo democratico e per

facilitare l'esercizio dei diritti politici e civili e migliorare la qualità dei propri atti, anche

attraverso l'utilizzo, ove previsto e nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione

vigente, di forme di consultazione preventiva per via telematica sugli schemi di atto da

adottare.

Il nuovo comma 1 dell’articolo 8 CAD prevede adesso che lo Stato e le PP.AA. debbano

promuovere iniziative volte a favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini, con

particolare riguardo ai minori e alle categorie a rischio di esclusione. Ciò anche al fine di favorire lo

sviluppo di competenze di informatica giuridica e l'utilizzo dei servizi digitali delle pubbliche

amministrazioni con azioni specifiche e concrete, avvalendosi di un insieme di mezzi diversi fra i

quali il servizio radiotelevisivo. In particolare le PP.AA. dovranno poi favorire la disponibilità di

connettività alla rete internet presso gli uffici pubblici e altri luoghi pubblici, in particolare nei

settori scolastico, sanitario e di interesse turistico, anche prevedendo che la porzione di banda non

utilizzata dagli stessi uffici sia messa a disposizione degli utenti attraverso un sistema di

autenticazione tramite SPID, carta d'identità elettronica o carta nazionale dei servizi.

Artt. 12 e 13. Uso delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni nell'azione

amministrativa. Formazione informatica dei dipendenti pubblici

Le pubbliche amministrazioni devono utilizzare, nei rapporti interni, in quelli con altre

amministrazioni e con i privati, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione. I dirigenti

rispondono dell'osservanza ed attuazione delle disposizioni del CAD, ferme restando le eventuali

responsabilità penali, civili e contabili previste dalle norme vigenti. L'attuazione delle disposizioni

del CAD è comunque rilevante ai fini della misurazione e valutazione della performance

organizzativa ed individuale dei dirigenti. Le pubbliche amministrazioni sono anche tenute ad

attuare politiche di formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all'uso delle tecnologie

dell'informazione e della comunicazione, nonché dei temi relativi all'accessibilità e alle tecnologie

assistive. Tali politiche di formazione sono altresì volte allo sviluppo delle competenze

tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali dei dirigenti, per la transizione alla modalità

operativa digitale.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 73

Art. 20 Validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici

Significative modifiche sono state apportate all’articolo 20 CAD a seguito delle quali:

1) è stato abrogato il comma 1 con il quale si disponeva che “Il documento informatico da chiunque

formato, la memorizzazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici

conformi alle regole tecniche di cui all' articolo 71 sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai

sensi delle disposizioni del presente codice”;

2) il comma 1 bis è stato sostituito e adesso prevede che l’idoneità del documento informatico a

soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in

giudizio, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e

immodificabilità.

Gli altri commi rimangono sostanzialmente invariati:

3 e 4) Le regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la copia, la

duplicazione, la riproduzione e la validazione dei documenti informatici, nonché quelle in materia

di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica, sono stabilite dalle

regole tecniche. La data e l'ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se

apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione. Con le medesime regole tecniche sono

definite le misure tecniche, organizzative e gestionali volte a garantire l'integrità, la disponibilità e

la riservatezza delle informazioni contenute nel documento informatico.

5) Restano ferme le disposizioni di legge in materia di protezione dei dati personali.

5-bis.) Gli obblighi di conservazione e di esibizione di documenti previsti dalla legislazione vigente

si intendono soddisfatti a tutti gli effetti di legge a mezzo di documenti informatici, se le procedure

utilizzate sono conformi alle regole tecniche.

Art. 21 Documento informatico sottoscritto con firma elettronica

In base all’articolo 21 del nuovo Codice, la sottoscrizione di un documento informatico con

qualsiasi tipo di firma elettronica sarà sufficiente a soddisfare il requisito della forma scritta e

farà piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni, se colui contro il quale

la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione.

A seguito delle modifiche introdotte, l’articolo 21 CAD sancisce adesso che:

1) il documento informatico su cui è apposta una firma elettronica soddisfa il requisito della forma

scritta e, sul piano probatorio, è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue

caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità. Il legislatore ha disposto

che il requisito della forma scritta è soddisfatto dal documento recante la firma elettronica semplice,

come nella prima versione del CAD.

2) il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale,

formato nel rispetto delle regole tecniche, ha inoltre l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del codice

civile, facendo quindi piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni di chi

l’ha sottoscritta., e l'utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume

riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria;

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 74

3) viene precisato che restano ferme le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei

documenti in via telematica, secondo la normativa anche regolamentare in materia di processo

telematico. Tale disposizione non deve essere sottovalutata in quanto introduce il principio di

specialità delle norme del processo telematico, comprese quelle regolamentari (regole e specifiche

tecniche), su quelle del CAD ove poi, per processo telematico, non deve pensarsi che il riferimento

sia solo a quello civile;

4) le scritture private di cui all'articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile27,

salvo il caso di sottoscrizione autenticata, se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a

pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale, mentre gli altri atti

specialmente indicati dalla legge. redatti su documento informatico o formati attraverso

procedimenti informatici sono sottoscritti, a pena di nullità, con firma elettronica avanzata,

qualificata o digitale.

5) ogni altro atto pubblico redatto su documento informatico, fatto salvo quanto previsto dal decreto

legislativo 2 luglio 2010, n. 110 “Disposizioni in materia di atto pubblico informatico redatto dal

notaio” è sottoscritto dal pubblico ufficiale a pena di nullità con firma qualificata o digitale. Le

parti, i fidefacenti, l'interprete e i testimoni sottoscrivono personalmente l'atto, in presenza del

pubblico ufficiale, con firma avanzata, qualificata o digitale ovvero con firma autografa acquisita

digitalmente e allegata agli atti.

Artt. 22, 23 e segg. Copie informatiche, copie analogiche e duplicati di documenti informatici

Gli atti formati con strumenti informatici, i dati e i documenti informatici delle pubbliche

amministrazioni costituiscono informazione primaria ed originale da cui è possibile effettuare, su

diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. Le copie su supporto

informatico di documenti formati in origine su altro tipo di supporto sostituiscono, ad ogni effetto di

legge, gli originali da cui sono tratte, se la loro conformità all'originale è assicurata dal funzionario

a ciò delegato nell'ambito dell'ordinamento proprio dell'amministrazione di appartenenza o dal

privato che detiene gli originali, mediante l'utilizzo della firma digitale. I duplicati, le copie, gli

estratti del documento informatico, anche se riprodotti su diversi tipi di supporto, sono validi a tutti

gli effetti di legge, se conformi alle vigenti regole tecniche.

27 Articolo 1350 c.c. Atti che devono farsi per iscritto.

Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità:

1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili;

2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie,

il diritto del concedente e dell'enfiteuta;

3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti;

4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali, il diritto di uso su beni immobili e il diritto di

abitazione;

5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti;

6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico;

7) i contratti di anticresi;

8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni;

9) i contratti di società o di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali

immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato;

10) gli atti che costituiscono rendite perpetue o vitalizie, salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato;

11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari;

12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 75

I documenti informatici contenenti copia o riproduzione di atti pubblici, scritture private e

documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo, spediti o rilasciati

dai pubblici ufficiali, hanno piena efficacia, ai sensi degli articoli 2714 e 2715 del codice civile,

(ossia fanno fede come l’originale), se ad essi è apposta o associata, da parte di colui che li spedisce

o rilascia, una firma digitale o altra firma elettronica qualificata.

Le copie su supporto informatico di documenti originali non unici formati in origine su supporto

cartaceo o, comunque, non informatico sostituiscono, ad ogni effetto di legge, gli originali da cui

sono tratte se la loro conformità all'originale è assicurata dal responsabile della conservazione

mediante l'utilizzo della propria firma digitale.

I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento

informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle regole tecniche.

Le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti

regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui sono tratte se la loro

conformità all'originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò

autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto,

l'obbligo di conservazione dell'originale informatico.

Art. 24 Firma digitale

La firma digitale deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o

all'insieme di documenti cui è apposta o associata. L'apposizione di firma digitale integra e

sostituisce l'apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere ad ogni

fine previsto dalla normativa vigente.

Per la generazione della firma digitale deve adoperarsi un certificato qualificato che, al momento

della sottoscrizione, non risulti scaduto di validità ovvero non risulti revocato o sospeso.

L'apposizione a un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma

elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a

mancata sottoscrizione, salvo che lo stato di sospensione sia stato annullato.

Art. 25 Firma autenticata

Si ha per riconosciuta, ai sensi dell'articolo 2703 del codice civile (“sottoscrizione autenticata”), la

firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata autenticata dal notaio o da altro pubblico

ufficiale a ciò autorizzato. L'autenticazione della firma digitale o di altro tipo di firma elettronica

qualificata consiste nell'attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in

sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità del

certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con

l'ordinamento giuridico (art. 25).

Art. 66 Carta d’identità elettronica (C.I.E.)

Ha lo scopo di semplificare le relazioni fra cittadini e P.A. E’ un documento di riconoscimento a cui

vengono aggiunti elementi che la trasformano in una chiave di accesso personale da utilizzare per

vari servizi. Diventa più simile ad una smart card che ad un tesserino identificativo. E’ previsto, in

futuro, l’inserimento di dati necessari per la certificazione elettorale o modalità di pagamenti

informatici. Deve essere una carta utile a consentire la rilevazione del portatore con i dati

identificativi e il codice fiscale e può contenere dati “facoltativi” circa l’aspetto sanitario, la chiave

biometrica per l’utilizzo della firma digitale.

Nella fattispecie all’art. 66 del CAD si afferma che la carta d'identità elettronica e l'analogo

documento, rilasciato a seguito della denuncia di nascita e prima del compimento del quindicesimo

anno di età, devono contenere:

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A cura di Mariella Bergamini 76

→ i dati identificativi della persona;

→ il codice fiscale.

Essi inoltre possono contenere, a richiesta dell'interessato ove si tratti di dati sensibili:

l'indicazione del gruppo sanguigno; le opzioni di carattere sanitario previste dalla legge

i dati biometrici con esclusione, in ogni caso, del DNA

tutti gli altri dati utili al fine di razionalizzare e semplificare l'azione amministrativa e i

servizi resi al cittadino, anche per mezzo dei portali, nel rispetto della normativa in materia

di riservatezza

le procedure informatiche e le informazioni che possono o debbono essere conosciute dalla

pubblica amministrazione e da altri soggetti, occorrenti per la firma elettronica.

La carta d'identità elettronica e la carta nazionale dei servizi possono essere utilizzate quali

strumenti di autenticazione telematica per l'effettuazione di pagamenti tra soggetti privati e

pubbliche amministrazioni ma, come abbiamo già detto, sono recessive rispetto allo SPID.

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A cura di Mariella Bergamini 77

LA PRIVACY

1. LA NASCITA DEL CONCETTO DI PRIVACY

Prima di affrontare lo studio in dettaglio del D.Lgs. 196/2003 “Codice in materia di protezione

dei dati personali” occorre fare un excursus storico di come si sia arrivato all’emanazione del

codice e dell’evoluzione della normativa, nonché anche una riflessione sul concetto di privacy, che

forse si può tradurre in italiano come diritto alla riservatezza.

Il fondamento giuridico al diritto alla riservatezza può essere ritrovato, per quanto non

esplicitamente, nella Costituzione agli articoli 13, 14, 15 che sono gli articoli con cui la

Costituzione tutela la persona nella sfera fisica, nel domicilio, nella corrispondenza. A questi si

potrebbe aggiungere, secondo altre dottrine, anche l’art. 2 della Cost., che sancisce il

riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che come associato. L’idea di una

normativa che tutelasse la riservatezza delle persone nasce in ambito europeo. Nel 1981 gli Stati

aderenti al Consiglio d’Europa sottoscrissero a Strasburgo la “Convenzione per la protezione delle

persone con riguardo al trattamento automatizzato dei dati personali”, con lo scopo di garantire ad

ogni persona fisica il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali ed in particolare il diritto alla

vita privata. Successivamente, allo scopo di ampliare e meglio precisare i principi della tutela dei

diritti e delle libertà enunciati a Strasburgo, il Parlamento ed il Consiglio Europeo hanno emanato la

direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995 relativa alla “tutela delle persone fisiche con riguardo al

trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati”.

Questi concetti sono nel 1996 entrati nel nostro ordinamento con la L. 675/96, che recepiva ed

ampliava la direttiva comunitaria, ricomprendendo nel trattamento dei dati personali qualunque

operazione svolta con o senza l’ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati (per cui vi

rientra anche un archivio cartaceo). La L. 675/96 si applicava in tutto il territorio italiano e a

chiunque, stabilito in un paese non dell’U.E., trattasse dati personali con mezzi situati nel nostro

Paese. Quest’ultimo è un necessario adeguamento della legge originale per tutelare i dati con

l’immissione nella rete di internet.

La L. 675/96 quindi aveva, a suo tempo e per la prima volta, introdotto nel nostro ordinamento

giuridico il diritto alla riservatezza, anche se non forniva una definizione della riservatezza, ma si

limitava a regolare il trattamento dei dati personali affinché fosse garantita la riservatezza. Lo scopo

della norma, di fondamentale innovazione, era quello di garantire che il trattamento dei dati

personali si svolgesse nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità della

persona.

Successivamente tutta la materia sulla Privacy è stata nuovamente normata e raccolta nel D.Lgs.

196/2003 “Codice in materia di protezione dei dati personali” - che è entrato in vigore dal 1/1/2004,

abrogando da quella data la L. 675/96. Attualmente l’ultimo aggiornamento risale al settembre

2015.

Il codice è composto da 186 articoli ed è suddiviso in 3 parti:

1. prima parte art. 1 - 45 che pone dei principi generali che valgono per chiunque tratti dati

personali

2. seconda parte art. 46 – 140 che disciplina le disposizioni relativi a specifici settoriali

(giudiziario, forze di polizia, difesa e sicurezza dello Stato, ambito pubblico, ambito

sanitario, istruzione, lavoro e previdenza sociale, sistema bancario e assicurativo,

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A cura di Mariella Bergamini 78

comunicazioni elettroniche, libere professioni e investigazione privata, giornalismo e

espressione letteraria e artistica, marketing diretto)

3. terza parte art. 141 – 186 che disciplina la tutela dell’interessato e le sanzioni (tutela

amministrativa e giurisdizionale, Autorità del Garante, sanzioni).

2. IL CODICE SULLA PRIVACY: FINALITÀ E DEFINIZIONI

Fin dal primo articolo, la norma sancisce che chiunque ha diritto alla protezione dei dati

personali che lo riguardano (art. 1). Il Codice sulla privacy vuol garantire che il trattamento dei

dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e della dignità

dell’interessato (art. 2). Pertanto amplia il concetto della L.675/96, in quanto prevede sia il diritto

alla riservatezza dei propri dati personali [non deve essere oltraggiata la sfera intima della

personalità] che il diritto, altresì, che i propri dati personali siano protetti [riguarda quindi la fase

della gestione del dato da parte di terzi ed è il momento in cui scattano limiti e procedure di tutela].

Proprio per questi motivi nei sistemi informativi e informatici i dati personali e identificativi devono

essere ridotti al minimo (art. 3), in base al principio di necessità.

Il Codice inoltre detta le seguenti definizioni (art. 4):

Trattamento: qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuate anche senza l’ausilio

di strumenti elettronici, per la raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, utilizzo,

elaborazione, modificazione, selezione, estrazione, raffronto, utilizzo, interconnessione, blocco,

comunicazione, diffusione, cancellazione e distruzione di dati anche se non registrati in una

banca dati.

Dato personale: qualunque informazione relativa a persona fisica identificata o identificabile,

anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un

numero di identificazione personale.

Dati identificativi: i dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato.

Dati sensibili: i dati personali idonei a rivelare origine razziale, etnica, convinzioni religiose,

filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesioni a partiti e sindacati, ad associazioni o

organizzazioni di carattere religioso, filosofico politico o sindacale e i dati personali idonei a

rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

Dati giudiziari: i dati personali idonei a rivelare provvedimenti in materia di casellario

giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative per reato e dei relativi carichi pendenti, o la

qualità di indagato o imputato ai sensi del codice penale.

Titolare: la persona fisica, persona giuridica, P.A. ente o associazione od organismo cui

competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità

del trattamento dei dati personali, ivi compresa la sicurezza.

Responsabile: persona fisica, persona giuridica, P.A. e qualsiasi altro ente o associazione od

organismo preposti dal titolare al trattamento dei dati personali.

Incaricati: persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal

responsabile.

Interessato: la persona fisica cui si riferiscono i dati personali.

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A cura di Mariella Bergamini 79

Comunicazione: il dare conoscenza dei dati personali ad uno o più soggetti determinati diversi

dall’interessato, dal titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli incaricati, in

qualunque forma, anche mediante consultazione o messa a disposizione.

Diffusione: dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma

anche mediante consultazione o messa a disposizione.

Dato anonimo: il dato che in origine, o a seguito di trattamento, non può essere associato ad un

interessato identificato o identificabile.

Blocco: la conservazione di dati personali con sospensione temporanea di ogni altra operazione

del trattamento

Banca dati: qualsiasi complesso organizzato di dati personali, ripartito in una o più unità

dislocate in uno o più siti.

Violazione di dati personali: violazione della sicurezza che comporta, anche accidentalmente, la

distruzione, la perdita, la modifica, la rivelazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali

trattati con strumenti informatici.

Garante: l’Autorità prevista dall’art. 153 e istituita per la prima volta con la legge 675/96

Chiunque, persona fisica o giuridica, italiana o estera, tratti dati personali nel territorio dello Stato, è

soggetto alla normativa vigente in Italia. Il codice disciplina il trattamento di dati personali anche se

sono detenuti all’estero da parte di chiunque si trova nel territorio italiano o in un luogo comunque

soggetto alla sovranità dello Stato (art. 5). Si applica anche al trattamento di dati personali effettuato

da chiunque è stabilito in un paese che non appartiene all’U.E. e che impiega, per il trattamento,

strumenti situati nel territorio italiano anche diversi da quelli elettronici, salvo che essi siano

utilizzati solo ai fini di transito nel territorio dell'Unione europea. Il titolare del trattamento deve

designare un proprio rappresentante, che sia stabilito nel territorio dello Stato, ai fini

dell'applicazione della disciplina sul trattamento dei dati personali. Il trattamento di dati personali

effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all'applicazione del codice

solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione. Si applicano in ogni

caso le disposizioni in tema di responsabilità e di sicurezza dei dati di cui agli articoli 15 e 31.

3. LE TIPOLOGIE DI DATI

Riprendendo le definizioni di cui sopra i dati personali possono essere suddivisi per tipologia in:

1. dato personale, qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile,

anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un

numero di identificazione personale;

2. dati identificativi, i dati personali che permettono l'identificazione diretta dell'interessato;

3. dati sensibili, i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni

religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati,

associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i

dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (questi ultimi due sono i

cosiddetti dati “supersensibili”);

4. dati giudiziari, i dati personali idonei a rivelare provvedimenti in materia di casellario

giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi

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pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di

procedura penale.

3.1. I DATI “SEMISENSIBILI”

Fin dalla vigenza della L. 675/96, era emersa la problematica che il trattamento di alcuni dati, pur

non rientrando nella categoria dei dati sensibili o di quelli giudiziari, presentava delle criticità (ad

esempio i dati biometrici: le impronte digitali, la topografia della mano, l’impronta vocale, le

caratteristiche del volto, ecc.). Per questo motivo il legislatore previde la possibilità di qualificare

alcuni dati come “semisensibili”.

Questa tipologia di dati oggi è disciplinata dall’art. 17 del D.Lgs.196/03 rubricato “Trattamento che

presenta rischi specifici”. L’analisi di questo articolo presenta alcune difficoltà e non può essere

resa in senso univoco né definitivo. Anzitutto, va sottolineato che il dato semisensibile o, secondo

la più recente dizione introdotta dal Codice Privacy, dato che presenta rischi specifici, si definisce

in negativo, in senso che si ragiona ad esclusione e in modo residuale dicendo quali non sono in

realtà i dati che presentano rischi specifici.

Pertanto, secondo il dettato dell’art. 17, si definiscono dati che presentano rischi specifici quelli che

non appartengono né alla categoria dei dati giudiziari, né a quella dei dati sensibili, ma non sono

semplici dati comuni. Il loro trattamento rappresenta quindi rischi specifici per i diritti e le libertà

fondamentali, nonché per la dignità dell'interessato, in relazione alla natura dei dati o alle

modalità del trattamento o agli effetti che può determinare, ed è ammesso nel rispetto di misure ed

accorgimenti a garanzia dell'interessato, ove prescritti.

Questi dati sono dunque comuni, tuttavia riguardano specifiche categorie in funzione dei beni che

tutelano:

Diritti fondamentali costituzionalmente garantiti (es.: diritto alla vita e all’integrità fisica,

diritto all’immagine, diritto alla riservatezza, ….)

Libertà fondamentali (es.: diritto di associarsi in partiti politici);

Dignità dell’interessato

Il trattamento di questi dati è consentito nel rispetto delle misure e degli accorgimenti

eventualmente prescritti dal Garante per la tutela dei dati personali in applicazione dei principi

sanciti dal Codice, nell'ambito di una verifica preliminare all'inizio del trattamento, effettuata anche

in relazione a determinate categorie di titolari o di trattamenti, anche a seguito di un interpello del

titolare.

4. I DIRITTI DELL’INTERESSATO

L’interessato ha il diritto di conoscere se esistono dati personali che lo riguardano e la loro

eventuale comunicazione. Inoltre ha diritto di ottenere l’indicazione di (art. 7):

Origine dei dati personali

Finalità e modalità trattamento

Logica applicata nel caso di trattamento con strumenti elettronici

Estremi identificativi del titolare e responsabili

Soggetti o categorie ai quali possono essere comunicati i suoi dati

Ha inoltre il diritto di ottenere:

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A cura di Mariella Bergamini 81

aggiornamento, rettifica o integrazione dei dati

cancellazione o trasformazione in forma anonima dei dati trattati in violazione di legge

Ha diritto di opporsi, in tutto o in parte, al trattamento dei dati personali che lo riguardano per

motivi legittimi o anche per invio di materiale pubblicitario o vendita diretta o ricerche di mercato.

I diritti dell’interessato possono essere fatti valere dinnanzi a (art. 145):

Garante (vedi oltre)

Autorità Giudiziaria

Non possono essere percorsi entrambi: l’uno esclude l’altro. Infatti, la presentazione del ricorso al

Garante rende improponibile un'ulteriore domanda dinanzi all'autorità giudiziaria tra le stesse parti e

per il medesimo oggetto.

L'interessato ha diritto di ottenere la conferma dell'esistenza o meno di dati personali che lo

riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile. Esercita i

propri diritti mediante richiesta rivolta al Titolare o al Responsabile senza alcun tipo di formalità.

Comunque la legge, all’articolo 8, prevede ed elenca i casi che costituiscono un’eccezione

all’esercizio del diritto di accesso ai propri dati personali previsti all’art. 7, in presenza di condizioni

tassative e superiori che possono verificarsi se i trattamenti di dati riguardano casi particolari, come

ad esempio lo svolgimento di indagine e investigazione. L’esercizio del diritto di accesso non è

tuttavia assoluto: l’art. 8, infatti, pur ribadendolo, lo limita in ipotesi tassative. In questo modo il

legislatore ha operato, a monte, un bilanciamento tra gli interessi coinvolti, stabilendo la prevalenza

di uno rispetto all’altro.

La richiesta per far valere i propri diritti [accesso ai dati, cancellazione, rettifica…] può essere

trasmessa anche mediante lettera raccomandata, telefax o posta elettronica. L’identità

dell’interessato viene verificata (art. 9). Per garantire l’effettivo esercizio dei diritti il titolare del

trattamento è tenuto ad adottare idonee misure ed in particolare (art. 10) agevolare l’accesso ai dati

personali da parte dell’interessato e semplificare le modalità e ridurre i tempi per il riscontro.

5. LE MODALITA’ DI TRATTAMENTO

I dati devono essere estratti a cura del responsabile e comunicati al richiedente anche oralmente e

offerti mediante strumenti elettronici. Si evince che comunque il trattamento dei dati è subordinato

a regole precise di necessità nel trattamento stesso in quanto la regola generale è ridurre al massimo

l’utilizzo di dati. [vedi anche art. 3 – principio di necessità]

I dati personali oggetto di trattamento devono essere (art. 11):

trattati in modo lecito e corretto

raccolti e registrati per scopi determinati espliciti e legittimi

esatti e aggiornati

pertinenti e completi e non eccedenti rispetto le finalità perseguite dall’amministrazione

conservati in forma che consenta l’identificazione dell’interessato per il tempo necessario allo

scopo.

La violazione di tali regole è sanzionata con l’inutilizzabilità dei dati. Al fine di garantire che i dati

siano trattati lecitamente e correttamente il Garante promuove, nell’ambito delle varie categorie

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A cura di Mariella Bergamini 82

interessate e sulla base delle raccomandazioni dell’U.E., la sottoscrizione di codici di deontologia

(art. 12).

La garanzia preventiva all’interessato avviene attraverso l’“informativa” (art. 13) con la quale,

prima della raccolta dei dati, l’interessato viene informato, verbalmente o per iscritto, su:

le finalità e modalità del trattamento

la natura obbligatoria oppure facoltativa del conferimento dei dati

le conseguenze di un eventuale rifiuto a rispondere

i soggetti o categorie ai quali possono essere comunicati i dati

i diritti dell’interessato

gli estremi per identificare il titolare e, ove designato, il rappresentante nel territorio italiano

[previsto all’art. 5] o il responsabile nominato per il rispetto dell’esercizio dei diritti

dell’interessato [previsto all’art. 7].

Nel caso in cui i dati personali siano raccolti presso l’interessato, l’informativa gli è resa nel

momento stesso in cui vengono registrati i dati o quando vengono comunicati tranne i casi previsti

dall’art. 24 tra i quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, si ricordano i seguenti:

i dati sono trattati per obbligo di legge, regolamento o normativa comunitaria

i dati sono trattati per lo svolgimento di investigazioni

l’informativa all’interessato comporta un impiego di mezzi che il Garante dichiara

sproporzionati rispetto al diritto tutelato [in questo caso comunque prescrive misure che

siano adeguate al trattamento] oppure lo giudica impossibile.

L’informativa non è dovuta in caso di ricezione di curricula spontaneamente trasmessi dagli

interessati per l’eventuale instaurazione di un rapporto di lavoro. Se all’invio del CV fa seguito un

primo contatto, il titolare del trattamento è tenuto a fornire all’interessato, anche verbalmente,

un’informativa breve (finalità e modalità del trattamento dei dati; soggetti cui vengono divulgati o

che ne possono venire a conoscenza; gli estremi identificativi del titolare).

Il Codice prevede, all’art. 161, che la mancata o inidonea informativa all’interessato costituisce una

grave violazione ai principi dell’art. 13 ed è punita con sanzione amministrativa [pagamento di una

somma da seimila a trentaseimila euro].

Esistono inoltre altre tutele: i limiti all’utilizzabilità dei dati personali che sono volti a definire la

personalità dell’interessato (art. 14) e la previsione che chiunque causi danno ad altri per effetto

del trattamento dati è tenuto al risarcimento (art. 15).

Infine la legge stabilisce che in caso di cessazione di un trattamento i dati devono essere (art. 16):

distrutti o ceduti ad altro titolare per un trattamento compatibile con gli scopi per cui sono

stati raccolti

conservati per fini personali e non destinati a nessuna comunicazione o diffusione

conservati o ceduti ad altro titolare per scopi storici, statistici o scientifici in conformità con

leggi e codici di deontologia

Il trattamento dei dati - diversi da quelli sensibili e giudiziari - che determina rischi per i diritti e le

libertà fondamentali e per la dignità dell’interessato può essere attuato solo seguendo misure di

garanzia, ove prescritte dal Garante (art. 17). Si tratta dei dati che in precedenza il legislatore aveva

individuato nei dati semi sensibili di cui si è sopra accennato.

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A cura di Mariella Bergamini 83

6. LE DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Le disposizioni degli articoli dal 18 al 22 riguardano espressamente tutti i soggetti pubblici (esclusi

quelli economici).

Il trattamento dei dati personali da parte di soggetti pubblici è possibile solo per lo

svolgimento delle funzioni istituzionali (art. 18). Il soggetto pubblico:

osserva i principi e limiti del codice [per il consenso vedi quanto precisato all’art.24], della

legge e dei regolamenti, incluse le disposizioni sulla comunicazione e diffusione dell’art. 25

non deve richiedere il consenso dell’interessato (eccezione è quanto previsto per le

professioni sanitarie e organismi sanitari pubblici come previsto nella Parte II del Codice).

Dati né sensibili né giudiziari (art. 19)

Il trattamento di dati che non siano né sensibili né giudiziari, da parte di un soggetto pubblico, è

consentito anche in mancanza di legge o regolamento che lo prevedano espressamente, fermo

restando che il trattamento di dati personali da parte di soggetti pubblici è consentito esclusivamente

per lo svolgimento delle funzioni istituzionali (art. 19).

La comunicazione di questi dati da parte di un soggetto pubblico ad altri soggetti pubblici è

ammessa quando è prevista da una legge o da un regolamento, oppure se è necessaria per lo

svolgimento di funzioni istituzionali.

La comunicazione ad un privato (che naturalmente non sia l’interessato) o ad un ente pubblico

economico e la diffusione dei dati sono ammesse solamente quando previste da legge o

regolamento.

Dati sensibili (art. 20)

Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da

espressa disposizione di legge che specifichi quali tipi di dati e le relative operazioni da

effettuare che possono essere eseguite per finalità di rilevante interesse pubblico.

Se il trattamento è previsto da legge che specifica solo le finalità di interesse pubblico ma non

dettaglia né i tipi di dati sensibili né le operazioni possibili, il trattamento è consentito solo in

riferimento ai tipi di dati e di operazioni identificati con un apposito regolamento.

Se il trattamento non è previsto da legge i soggetti pubblici possono richiedere al Garante di

individuare le attività che perseguono finalità di interesse pubblico e per le quali è autorizzato il

trattamento di dati sensibili.

Dati giudiziari (art. 21)

Il trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da

espressa disposizione di legge oppure provvedimento del Garante che devono specificare tutti

i tipi di dati, le operazioni eseguibili e le finalità di interesse pubblico.

Il trattamento dei dati giudiziari è altresì consentito quando è effettuato in attuazione di protocolli

d'intesa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata stipulati con il

Ministero dell'interno o con i suoi uffici periferici (Questura, Prefettura), previo parere del Garante

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A cura di Mariella Bergamini 84

per la protezione dei dati personali, che specificano la tipologia dei dati trattati e delle operazioni

eseguibili.

Si applicano anche per questi dati le disposizioni all’art. 20 di cui sopra.

Dati sensibili e dati giudiziari (art. 22)

I soggetti pubblici nel trattamento di dati sensibili e di dati giudiziari devono tutelare qualsiasi

violazione dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dell’interessato. La raccolta dei dati,

di regola, deve avvenire presso quest’ultimo. Inoltre nell’informativa prevista all’art. 13 deve essere

sempre fatto esplicito riferimento alla normativa in base alla quale è effettuato il trattamento.

I soggetti pubblici possono trattare i dati sensibili e i dati giudiziari soltanto quando sono

indispensabili per svolgere attività istituzionali e pertanto devono valutare il rapporto tra i dati

necessari e gli adempimenti richiesti. I dati che, a seguito di verifiche, risultano eccedenti o non

pertinenti e non indispensabili non possono essere utilizzati, salvo che per la conservazione dell’atto

che li contiene. In questo caso i soggetti pubblici sono autorizzati solo alle operazioni di trattamento

indispensabili per perseguire tali finalità. I dati sensibili e giudiziari che sono contenuti in elenchi,

registri o banche dati tenuti con strumenti elettronici sono trattati con tecniche di cifratura o codici

identificativi per non essere letti da chi non autorizzato.

I dati sulla salute (che non possono essere diffusi) o sull’orientamento sessuale devono essere

conservati separati da altri dati personali che sono utilizzati per finalità che non riguardano i

dati di salute e vita sessuale.

Le finalità di rilevante interesse pubblico (art. 62 - 64 – 65 – 66 – 67 – 68 – 69 – 70 – 71 – 73)

Si considerano finalità di rilevante interesse pubblico il trattamento di dati concernenti: La tenuta di registri dello stato civile, dell’anagrafe (sia residente in Italia che dei cittadini italiani residenti

all’estero) e delle liste elettorali

Il rilascio di documenti di riconoscimento

Il cambiamento delle generalità

Le discipline in materia di cittadinanza, immigrazione e asilo

La condizione di straniero, profugo e rifugiato

La disciplina in materia di elettorato attivo e passivo

L’applicazione delle disposizioni tributarie e delle norme in materia di sanzioni amministrative e ricorsi La verifica della legittimità, buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa

La disciplina in materia di benefici economici e agevolazioni e per il conferimento onorificenze e ricompense

L’applicazione della normativa antimafia

La disciplina in materia di rapporti tra soggetti pubblici e organizzazioni di volontariato

I rapporti con gli enti di culto

Gli interventi socio-assistenziali

Le attività che la legge demanda ad un soggetto pubblico (come nido, leva, alloggi)

L’accesso a documenti amministrativi (art. 59)

I soggetti pubblici possono comunicare i dati personali che trattano a privati soltanto se la

comunicazione sia prevista espressamente da norme di legge o regolamento (art. 19 c. 3). L’accesso

a documenti amministrativi nei trattamenti di dati effettuati in ambito pubblico rimane disciplinato

dalla L. 241/90 per ciò che riguarda i presupposti, le modalità e i limiti, ad eccezione di ciò che

riguarda il trattamento di dati che rivelano lo stato di salute o la vita sessuale.

In questi casi è possibile l’accesso ai documenti amministrativi solo se la situazione giuridica

sottesa alla richiesta riguarda uno dei seguenti casi (art. 60):

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A cura di Mariella Bergamini 85

è almeno pari ai diritti dell’interessato

si tratta di un diritto della personalità

si tratta di una libertà fondamentale e inviolabile.

La P.A., quando è investita da una richiesta di accesso a documenti amministrativi che contengono

informazioni relative alla sfera privata di altri soggetti, ha il compito di effettuare per prima il

bilanciamento tra riservatezza e accesso. In questa operazione di bilanciamento i criteri sono

rappresentati dalle leggi e, se insufficienti, dal principio di ragionevolezza.

Trasparenza e riservatezza sono entrambi valori costituzionalmente protetti, che però possono

trovarsi in conflitto; tale conflitto dovrà essere definito caso per caso. Ove il bilanciamento

effettuato dalla P.A. non sia soddisfacente per l’interessato, questi potrà ricorrere al Giudice.

La conciliazione tra esigenze di trasparenza e di accesso agli atti amministrativi spetta tanto al

legislatore che alle Pubbliche Amministrazioni in sede regolamentare.

7. LE DISPOSIZIONI PER I PRIVATI

Il trattamento dei dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo

con il consenso espresso dell’interessato che può riguardare l’intero trattamento o una sola o più

operazioni (art. 23).

Il consenso è valido se:

È espresso liberamente

E’ documentato per iscritto

Sono state rese all’interessato le informazioni di cui all’art. 13.

Per i dati sensibili il consenso deve essere necessariamente espresso in forma scritta.

Il consenso non è richiesto quando il trattamento (art. 24):

► è necessario per adempiere ad un obbligo di legge

► è necessario per l’esecuzione di obblighi derivanti da contratto nel quale è parte l’interessato

► riguarda dati provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque

► riguarda dati necessari per la salvaguardia della vita o incolumità fisica di un terzo. Se riguarda

invece l’interessato e questo non può prestare il suo consenso per impossibilità fisica o altra

incapacità, il consenso è manifestato da chi esercita la potestà o da un prossimo congiunto o

familiare o convivente o dal responsabile della struttura ove dimora

► è necessario ai fini delle investigazioni difensive o per far valere un diritto in sede giudiziaria

(no diffusione)

► nei casi individuati dal Garante, sulla base dei principi sanciti dalla legge, per perseguire un

interesse legittimo del titolare o terzo destinatario dei dati, qualora non prevalgano i diritti e le

libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell’interessato (no diffusione);

► riguarda dati raccolti da associazioni, enti o organismi senza scopo di lucro in riferimento ai

soggetti aderenti ma con esclusione della comunicazione e diffusione all’esterno

► è necessario in base ai codici di deontologia per scopi scientifici o statistici o scopi storici

► riguarda dati di CV conferiti spontaneamente.

La comunicazione e la diffusione a terzi sono vietate nei seguenti casi (art. 25):

divieto disposto dal Garante

divieto disposto dall’autorità giudiziaria

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A cura di Mariella Bergamini 86

dati personali per cui è stata ordinata la cancellazione

dati personali per cui è decorso il tempo di utilizzo

dati utilizzati per finalità diverse da quelle indicate nella notificazione del trattamento

I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento (art. 26), nel rispetto dei limiti di legge, se

esistono 2 condizioni:

consenso scritto dell’interessato

autorizzazione preventiva del Garante al trattamento

Il Garante comunica la propria decisione di autorizzazione al trattamento entro 45 giorni dalla

richiesta. Il silenzio corrisponde a rigetto. Nel caso in cui autorizzi il trattamento, sia con l’atto di

autorizzazione che successivamente può prescrivere misure e accorgimenti a garanzia

dell’interessato e che il titolare è tenuto a rispettare.

ECCEZIONE: non è necessario il consenso scritto né la previa autorizzazione del Garante nei

seguenti casi:

dati relativi ad aderenti confessioni religiose se il trattamento è effettuato dai relativi

organi e a condizione che i dati non siano diffusi o comunicati al di fuori delle medesime

confessioni

dati relativi adesioni associazioni o organizzazioni a carattere sindacale o di categoria o

confederazioni a carattere sindacale

dati contenuti nei CV conferiti spontaneamente.

ECCEZIONE: non è necessario il consenso scritto, ma è necessaria solo la previa

autorizzazione del Garante nei seguenti casi:

per dati personali degli aderenti se il trattamento è effettuato da associazioni, enti o

organismi senza scopo di lucro a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale, ivi

compresi partiti e movimenti politici per scopi determinati e legittimi previsti nell’atto

costitutivo o statuto, sempre che i dati non siano né comunicati né diffusi all’esterno.

quando il trattamento è necessario per la salvaguardia della vita o l’incolumità fisica di un

terzo. Se riguarda invece l’interessato e questo non può prestare il suo consenso per

impossibilità fisica o altra incapacità, il consenso è manifestato da chi esercita la potestà o

da un prossimo congiunto o familiare o convivente o dal responsabile della struttura ove

dimora

quando il trattamento è necessario per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per far

valere un diritto in sede giudiziaria

quando è necessario per adempiere a specifici obblighi di legge per la gestione del rapporto

di lavoro anche in materia di igiene e sicurezza del lavoro.

I dati che rivelano lo stato di salute non possono essere diffusi.

Il trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti privati è consentito solo se autorizzato da

espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di

interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e le operazioni eseguibili.

8. I SOGGETTI CHE EFFETTUANO IL TRATTAMENTO DEI DATI

Il Titolare del trattamento (art. 28), se effettuato da persona giuridica o pubblica amministrazione

o ente, associazione – è colui che esercita un potere decisionale autonomo sulle finalità e

modalità del trattamento anche dal punto di vista della sicurezza.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 87

Il Responsabile è designato dal Titolare (art. 29). È una figura facoltativa e ove nominato è

individuato fra coloro che hanno esperienza ed affidabilità. Se necessario per esigenze organizzative

possono essere designati più responsabili. I compiti del Responsabile sono specificati per scritto

dal Titolare, che vigila sul suo operato.

Le operazione di trattamento possono essere effettuate solo da Incaricati (art. 30), che agiscono

sotto la diretta autorità del Titolare o del Responsabile. Sono designati per iscritto.

I dati personali oggetto di trattamento sono custoditi e controllati in modo da ridurre al minimo i

rischi di distruzione o perdita anche accidentale o di accesso non autorizzato o di trattamento non

consentito o difforme dalle finalità (art. 31).

Il Titolare notifica al Garante il trattamento dei dati personali solamente se il trattamento

riguarda (art. 37):

dati genetici, biometrici o che indicano la posizione geografica della persona

dati idonei a rilevare lo stato di salute e la vita sessuale [procreazione assistita, banche dati, indagini

epidemiologiche, rilevazione malattia mentale, infettiva, sieropositività, trapianto organi…]

dati idonei a rilevare la vita sessuale o la sfera psichica trattati da associazioni o enti a carattere politico,

filosofico, religioso o sindacale

dati trattati con l’ausilio di strumenti elettronici per definire il profilo o la personalità dell’interessato o

per analizzare abitudini o scelte di consumo o per monitorare l’utilizzo di servizi di comunicazione elettronica

ad esclusione dei trattamenti indispensabili per fornire i servizi agli utenti

dati sensibili registrati in banche di dati a fine di selezione di personale per conto terzi e dati sensibili

utilizzati per sondaggi di opinione, ricerche di mercato

dati registrati in apposite banche gestite con strumenti elettronici e relativi al rischio di solvibilità

economica, situazione patrimoniale, comportamenti illeciti o fraudolenti.

La notificazione (art. 38) è presentata al Garante prima dell’inizio del trattamento, una volta sola (a

prescindere dal numero di operazioni e dalla durata del trattamento).

9. MISURE DI SICUREZZA DEI DATI E DEI SISTEMI

Il Titolo V del Codice (artt. 31- 36) affronta il tema dei dati trattati con tecnologie informatiche.

L’art. 31 sancisce che i dati personali oggetto di trattamento siano custoditi e controllati in modo da

ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di

distruzione o perdita, anche accidentale, degli stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non

consentito o non conforme alle finalità della raccolta.

L’art. 32 pone obblighi precisi in capo ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica

accessibili al pubblico. Con tale termine si intendono quei soggetti che realizzano esclusivamente,

o prevalentemente, una trasmissione di segnali su reti di comunicazioni elettroniche, a prescindere

dall'assetto proprietario della rete, e che offrono servizi a utenti finali secondo il principio di non

discriminazione (cfr. Garante per la Protezione dei dati Personali - Linee guida in materia di

attuazione della disciplina sulla comunicazione delle violazioni di dati personali - Consultazione

pubblica - 26 luglio 2012 )28. In particolare, i soggetti che operano sulle reti di comunicazione

28 Non rientrano tra tali soggetti:

- coloro che offrono direttamente servizi di comunicazione elettronica a gruppi delimitati di persone (come, a titolo

esemplificativo, i soggetti pubblici o privati che consentono soltanto a propri dipendenti e collaboratori di effettuare

comunicazioni telefoniche o telematiche). Tali servizi, pur rientrando nella definizione generale di "servizi di

comunicazione elettronica", non possono essere infatti considerati come "accessibili al pubblico".

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 88

elettronica garantiscono che i dati personali siano accessibili soltanto al personale autorizzato per

fini legalmente autorizzati. Il fornitore del servizio di comunicazione elettronica è tenuto ad

informare i contraenti, il Garante e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni qualora sussista

un particolare rischio di violazione della sicurezza della rete. L’art. 32 bis disciplina gli

adempimenti conseguenti ad una violazione di dati personali. L’art. 33 ribadisce che i titolari del

trattamento sono comunque tenuti ad adottare le misure minime volte ad assicurare un livello

minimo di protezione dei dati personali. L’art. 34 stabilisce le misure minime di sicurezza per il

trattamento di dati personali con strumenti elettronici, mentre l’art. 35 disciplina il trattamento di

dati personali effettuato senza l’ausilio di strumenti elettronici.

Il trattamento di dati personali effettuato con strumenti elettronici è consentito (art. 34) solo se sono

adottate le seguenti misure minime :

autenticazione informatica;

adozione di procedure di gestione delle credenziali di autenticazione;

utilizzazione di un sistema di autorizzazione;

aggiornamento periodico dell'individuazione dell'ambito del trattamento consentito

ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti

elettronici;

protezione degli strumenti elettronici e dei dati rispetto a trattamenti illeciti di dati,

ad accessi non consentiti e a determinati programmi informatici;

adozione di procedure per la custodia di copie di sicurezza, il ripristino della

disponibilità dei dati e dei sistemi;

adozione di tecniche di cifratura o di codici identificativi per determinati trattamenti

di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale effettuati da organismi

sanitari.

Il trattamento di dati personali effettuato senza l'ausilio di strumenti elettronici (art. 35) è consentito

solo se sono adottate le seguenti misure minime:

aggiornamento periodico dell'individuazione dell'ambito del trattamento consentito

ai singoli incaricati o alle unità organizzative;

previsione di procedure per un'idonea custodia di atti e documenti affidati agli

incaricati per lo svolgimento dei relativi compiti;

previsione di procedure per la conservazione di determinati atti in archivi ad accesso

selezionato e disciplina delle modalità di accesso finalizzata all'identificazione degli

incaricati.

Il Titolo X (artt. 121-134) riguarda le comunicazioni elettroniche. In particolare, il capo II, rubricato

“Internet e reti telematiche”, prevede che il Garante promuova la sottoscrizione di un codice

deontologico e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato dai fornitori di

- i titolari e i gestori di esercizi pubblici o di circoli privati di qualsiasi specie che si limitino a porre a disposizione del

pubblico, di clienti o soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni, anche telematiche, ovvero punti di

accesso a Internet utilizzando tecnologia senza fili, esclusi i telefoni pubblici a pagamento abilitati esclusivamente alla

telefonia vocale;

- i gestori dei siti Internet che diffondono contenuti sulla rete (c.d. "content provider"). Essi non sono, infatti, fornitori

di un "servizio di comunicazione elettronica" come definito dall'art. 4, comma 2, lett. e) del Codice. Tale norma, infatti,

nel rinviare, per i casi di esclusione, all'art. 2, lett. c) della direttiva 2002/21/Ce cit., esclude essa stessa i "servizi che

forniscono contenuti trasmessi.

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A cura di Mariella Bergamini 89

servizi di comunicazione ed informazione offerti mediante reti di comunicazione elettronica, al fine

di garantire una più ampia trasparenza e correttezza nei confronti degli utenti.

10. IL GARANTE

Il Garante opera in piena autonomia e indipendenza di giudizio (art. 153). E’ un organo collegiale

costituito da quattro membri, eletti dal Parlamento, che rimangono in carica per un mandato di

sette anni non rinnovabile.29

Le principali funzioni del Garante sono (art. 154):

controllare se i trattamenti sono effettuati nel rispetto delle norme nel rispetto della

disciplina applicabile e in conformità alla notificazione, anche in caso di loro cessazione e

con riferimento alla conservazione dei dati di traffico

esaminare i reclami e le segnalazioni e provvedere sui ricorsi

prescrivere ai titolari dei trattamenti anche le misure necessarie per rendere conforme alle

norme il trattamento

vietare il trattamento illecito o non corretto

promuovere la sottoscrizione di codici

denunciare i fatti che si configurano in reati

Inoltre il Garante promuove la sottoscrizione di codici di deontologia per il trattamento di dati

personali che provengono da registri, archivi, elenchi, atti o documenti che sono detenuti sia da

soggetti pubblici che da soggetti privati. A tale proposito si segnala che i dati personali (che non

siano dati sensibili o giudiziari), il cui inserimento è obbligatorio in un albo professionale per

volontà di una legge, possono essere diffusi e comunicati a soggetti pubblici e privati.

Il reclamo e la segnalazione

L’interessato, per tutelarsi, può rivolgersi al Garante con (art. 141):

a) reclamo (art. 142)

b) segnalazione (se non può effettuare il reclamo)

c) ricorso

a) Il reclamo è una forma di tutela, azionabile presso il Garante, quando l’interessato, o

un’associazione che lo rappresenti, sia in grado di indicare in maniera piuttosto dettagliata la

violazione subita, le norme che si asseriscono violate, oltre agli estremi del Titolare, del

Responsabile o dell’incaricato. Dal punto di vista formale non comporta nessun onere, salvo la

sottoscrizione, da parte dell’interessato, oltre che l’allegazione dei materiali istruttori. Il reclamo

quindi è dettagliato sia per i fatti che per le norme violate e per i dati relativi al titolare e del

responsabile. Deve essere sottoscritto dagli interessati (art. 142).

b) La segnalazione (art. 144) è una modalità di ricorso al Garante sostanzialmente affine al

reclamo, ma è meno dettagliata di quest’ultimo. L’interessato, in sostanza, si limita a presentare al

Garante una segnalazione quando la sua conoscenza dei fatti, delle norme violate o degli estremi

identificativi del Titolare, Responsabile o Incaricato non siano complete. E’ volta ad ottenere gli

stessi effetti del reclamo, dal quale si differenzia solo perché l’interessato non è in grado di fornire

al Garante elementi circostanziati e documenti atti a comprovare l’asserita violazione. È uno

strumento sollecitatorio volto a far attivare il Garante.

29 Fonte: sito del Garante.

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 90

c) Mediante il ricorso (art. 145) l’interessato può far valere i propri diritti specifici ed ottenere

la cessazione del comportamento illegittimo. Il ricorso può essere presentato in via alternativa, per il

medesimo oggetto al Garante o al Giudice Ordinario (a pena di improponibilità). Non possono

essere percorsi entrambi: l’uno esclude l’altro. Infatti, la presentazione del ricorso al Garante

rende improponibile un'ulteriore domanda dinanzi all'autorità giudiziaria tra le stesse parti e per il

medesimo oggetto. Il Ricorso, rispetto al reclamo e alla segnalazione, comporta oneri formali

maggiormente stringenti (art.147). La mancata pronuncia sul ricorso dopo 60 giorni equivale al

rigetto.

11. FORME DI TUTELA DEI DIRITTI DELL’INTERESSATO

Ricapitolando, ove l’interessato decida di esercitare, ai sensi degli artt. 8 e 9 e 141 e ss. del Codice

Privacy, i suoi diritti, ha tre strade potenzialmente percorribili: amministrativa, presso il Garante,

giudiziaria.

1. In prima battuta, la modalità più semplice e diretta per esercitare i diritto di cui all’art. 7 del

T.U., è quella di rivolgersi, in via diretta, anche informale, al Titolare o al Responsabile,

anche tramite l’Incaricato (salvi i casi di cui all’art. 7, comma 2).

2. La seconda strada percorribile è quella di invocare la tutela da parte del Garante della Privacy

(artt.141 e ss.), mediante il reclamo, la segnalazione o il ricorso.

3. La terza modalità di tutela di cui l’interessato dispone è il ricorso al giudice ordinario. Il G.O.

ha competenza generale in materia di privacy ed in materia di provvedimenti del Garante

(ricorribili al G.O. entro 30 giorni dalla emanazione, a pena d’inammissibilità). La sentenza del

G.O. non è appellabile, ma solo ricorribile in Cassazione.

Le sanzioni

Le violazioni per la mancata o inidonea informativa all’interessato rappresentano una grave

violazione ai principi del codice e sono punite con sanzione amministrativa [pagamento da seimila

a trentaseimila euro] (art. 161). La mancata notificazione o incompleta comporta la sanzione

amministrativa del pagamento da ventimila a centoventimila euro (art. 163).

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A cura di Mariella Bergamini 91

ESEMPI DI CASI DI INTERESSE PUBBLICO

Stato civile, anagrafi e liste elettorali

Cittadinanza, immigrazione e condizione dello straniero

Esercizio dei diritti politici e pubblicità dell'attività di determinati organi

Rapporti di lavoro

Fisco

Verifica e controllo di legittimità, buon andamento e imparzialità dell'attività amministrativa

Istruzione

Benefici economici e abitazioni

Onorificenze, ricompense e riconoscimenti

Volontariato e obiezione di coscienza

Attività sanzionatorie

Tutela della salute, interruzione di gravidanza, tossicodipendenze

Portatori di handicap

Rapporti con enti di culto

Statistiche

Ricerca storica e archivi

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 92

INDICE

LE FONTI DEL DIRITTO .............................................................................................................................................. 2

1. IL CONCETTO DI DIRITTO .................................................................................................................................... 2 2. LA GERARCHIA DELLE FONTI ............................................................................................................................ 3 3. FONTI DI RANGO COSTITUZIONALE ................................................................................................................. 4 4. FONTI DI RANGO PRIMARIO ................................................................................................................................ 5 5. FONTI DI RANGO SUB PRIMARIO ....................................................................................................................... 8 6. FONTI DI RANGO SECONDARIO .......................................................................................................................... 8

6.1. CARATTERISTICHE DEI REGOLAMENTI E DELLE LINEE GUIDA ........................................................... 9

LO STATO ...................................................................................................................................................................... 13

1. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI ............................................................................................................................. 13 2. LA SEPARAZIONE DEI POTERI .......................................................................................................................... 14 3. I BENI PUBBLICI ................................................................................................................................................... 14

DIRITTO AMMINISTRATIVO ................................................................................................................................... 17

1. NOZIONI FONDAMENTALI ................................................................................................................................. 17 2. GLI ATTI AMMINISTRATIVI ............................................................................................................................... 20

2.1. VALIDITÀ, INVALIDITÀ, EFFICACIA ........................................................................................................... 20 2.2. VIZI DI LEGITTIMITA’ ................................................................................................................................... 22 2.3. VIZI DI MERITO .............................................................................................................................................. 22 2.4. RIMEDI DEI VIZI ............................................................................................................................................ 22

3. ELIMINAZIONE DEL VIZIO ................................................................................................................................. 23

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA ............................................................................................................................... 24

1. IL “DOPPIO BINARIO” .......................................................................................................................................... 24 2. LA RIFORMA DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO: LEGGE N. 205 DEL 2000 ............................................ 27 3. IL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO ............................................................................................. 30

LA L. 241/90 .................................................................................................................................................................... 31

1. LA PRIMA LEGGE SUL PROCEDIMENTO E LE SUCCESSIVE MODIFICHE ................................................. 31 2. I PRINCIPI ED I CRITERI ...................................................................................................................................... 31

2.1. Offrire garanzie al cittadino ..................................................................................................................... 32 2.2. Sollecitare la partecipazione del cittadino alla formazione del provvedimento ....................................... 35 2.3. Trasparenza .............................................................................................................................................. 36 2.4. Semplificazione e celerità amministrativa ................................................................................................ 38

3. DISPOSIZIONI PER IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO............................................................... 46 4. ACCESSO AGLI ATTI NELLA L. 241/90 .............................................................................................................. 47 5. IL DECRETO TRASPARENZA – D. LGS. 33/2013 E D. LGS. 97/2016................................................................... 51

LA SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA - D.P.R. 445/2000 .......................................................................... 56

1. IL RAPPORTO FRA IL CITTADINO E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ................................................. 56 2. IL T.U. SULLA DOCUMENTAZIONE AMMINISTRATIVA – D.P.R. 445/2000 ................................................ 56 3. IL CERTIFICATO ................................................................................................................................................... 58 4. AUTENTICA DI SOTTOSCRIZIONE E DI COPIE, LEGALIZZAZIONE ........................................................... 59 5. DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE ......................................................................................................................... 60 6. ALTRI ISTITUTI DI SEMPLIFICAZIONE ............................................................................................................ 62 7. IL PROTOCOLLO INFORMATICO ...................................................................................................................... 63

L’INFORMATIZZAZIONE DEI DOCUMENTI DELLA P.A.: IL C.A.D. ............................................................. 66

1. L’EVOLUZIONE NORMATIVA ........................................................................................................................... 66 2. LE PRINCIPALI NOVITÀ DEL “CAD 3.0” ........................................................................................................... 66 3. LE DISPOSIZIONI DEL CAD ................................................................................................................................ 69

LA PRIVACY ................................................................................................................................................................. 77

1. LA NASCITA DEL CONCETTO DI PRIVACY ..................................................................................................... 77

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IA DIRITTO AMMINISTRATIVO CGIL 2018

A cura di Mariella Bergamini 93

2. IL CODICE SULLA PRIVACY: FINALITÀ E DEFINIZIONI .............................................................................. 78 3. LE TIPOLOGIE DI DATI ........................................................................................................................................ 79

3.1. I DATI “SEMISENSIBILI” .............................................................................................................................. 80 4. I DIRITTI DELL’INTERESSATO .......................................................................................................................... 80 5. LE MODALITA’ DI TRATTAMENTO .................................................................................................................. 81 6. LE DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE .................................................. 83 7. LE DISPOSIZIONI PER I PRIVATI ....................................................................................................................... 85 8. I SOGGETTI CHE EFFETTUANO IL TRATTAMENTO DEI DATI .................................................................... 86 9. MISURE DI SICUREZZA DEI DATI E DEI SISTEMI .......................................................................................... 87 10. IL GARANTE ........................................................................................................................................................ 89 11. FORME DI TUTELA DEI DIRITTI DELL’INTERESSATO ............................................................................... 90