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in questo numero: IL CRISTIANESIMO IN EGITTO DENTRO IL MUSEO EGIZIO DI TORINO MÀSTABE, STELE E ISCRIZIONI RUPESTRI EGIZIE DELL’ANTICO REGNO DI MARCO E. CHIOFFI E GIULIANA RIGAMONTI ASSOCIAZIONE NAZIONALE ARCHEOLOGI: RISCOPRIAMO IL PASSATO E NON ABBIAMO UN FUTURO! Italiani in Egitto: Ernesto Schiaparelli | Femminismo islamico: Hoda Sha’Rawiil L’Arte di Shamira | I papiri di Carla BOLLETTINO INFORMATIVO DELL'ASSOCIAZIONE EGITTOLOGIA.NET NUMERO 2 egittologia.net magazine

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i n q u e s to n u m e ro :

IL CRISTIANESIMO IN EGITTO

DENTRO IL MUSEO EGIZIO DI TORINO

MÀSTABE, STELE E ISCRIZIONI RUPESTRI EGIZIE DELL’ANTICO REGNO

DI MARCO E. CHIOFFI E GIULIANA RIGAMONTI

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ARCHEOLOGI:

RISCOPRIAMO IL PASSATO E NON ABBIAMO UN FUTURO!

Italiani in Egitto: Ernesto Schiaparelli | Femminismo islamico: Hoda Sha’Rawiil

L’Arte di Shamira | I papiri di Carla

BOLLETTINOINFORMATIVO

DELL'ASSOCIAZIONE EGITTOLOGIA.NET

NUMERO 2

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Ed ecco un nuovo numero di EM, il secondo,che abbiamo messo online con gli stessi ti-mori del primo.Certo, ci ha aiutato pensare a tutti i riscontripositivi che abbiamo avuto; ci hanno aiutatoi suggerimenti ricevuti; ci ha aiutato perce-pire il vivo interesse che il mondo accade-mico ha dimostrato nei confronti di EM,accettando di collaborare con noi.Ma al momento dell’ultimo click, dopo ilquale il lavoro svolto diventa visibile a tutti,avremmo voluto avere il tempo di rileggerel’intero magazine ancora una volta! Ma sap-piamo bene che sarebbe così prima di ogni

click, per cui non ci resta che pigiare queltasto…

… e continuare il viaggio all’interno di dueargomenti che hanno suscitato un grandeinteresse: le stele inedite del Medio Regnoospitate presso il Museo Egizio di Torino e iltema del Femminismo nell’Islam, con unaprima monografia.Mantenendo fede a quanto promesso, EMnon si occuperà solo di antico Egitto. Daquesto numero, cominceremo un viaggioall’interno di una terra straordinaria, ricca distoria e di tradizioni antichissime, la Sicilia,

partendo dalla sua preistoria.Toccheremo poi i due estremi cronologicidella Civiltà Egizia, presentando da unaparte il primo di quattro volumi sulle ma-stabe dell’Antico Regno e dall’altra un arti-colo sulla diffusione del Cristianesimo inEgitto.E molto altro ancora.

Concludo ringraziando innanzitutto coloroche hanno resto possibile la nascita di EMcon il loro impegno e i loro articoli, tutti co-loro che mi hanno scritto offrendo collabo-razioni, dando suggerimenti, proponendo

nuove tematiche da affrontare, ma anchetutti coloro che hanno semplicemente sca-ricato EM per leggerselo, che poi è il motivoper cui esiste.Un ringraziamento particolare lo devo aPaola Inzolia, colei che ha curato la graficadi EM, perché forse non è sempre vero chetutti siamo utili e nessuno è indispensabile!Grazie.

Per contattarci o collaborare con noi scrivi a:[email protected]

Paolo Bondielli

e d i t o r i a l e e d i t o r i a l e

è gioioso il cuore di chi è scriba (LEM 101, 16)

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Paolo Bondielli

Paolo BONDIELLIFranco BRUSSINOmarco e. chioffi

laura ciganaShamira MINOZZI

giuliana rigamontiAlessandro ROLLEFrancesca ROSSI

carlo ruO reddaCarla TOMASI

sandro truccoArianna Zerillo

Paola Inzolia

Marco e. Chioffi

In questo numero di :

Introduzione al Magazine

Le stele del Medio Regnonel Museo Egizio di Torino

Il Cristianesimo in Egitto

Dentro il Museo

Le Pioniere del femminismoislamico: Hoda Sha’Rawiil

“Coltelli” o “bacchette” magiche

Ernesto Schiaparelli

Riscopriamo il passato e nonabbiamo un futuro!

La Sicilia all’alba della civiltà

Màstabe, Stele e Iscrizioni rupestriegizie dell’Antico Regno

Dietro le quinte

ShamiraI papiri di Carla

EEDDIITTOORRIIAALLEE

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p.2/3

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[email protected]

ll bollettino non costituisce

testata giornalistica e la diffusione di materiale

non ha comunque carattere periodico ed è condizionata alla disponibilità

del materiale stesso.

UN PROGETTO DI

COLLABORATORI

PROGETTO GRAFICO

FOTO IN COPERTINA

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Il museo Egizio di Torino possiede una notevole collezione di stele funerarie del MedioRegno. Questo patrimonio pervenne al museo torinese nel 1824 con l'acquisto da parte deiSavoia della 'Collezione Drovetti'. A questo punto è necessario dare qualche cenno sulla fi-gura di Bernardino Drovetti (fig. 1), che con la sua instancabile attività di ricercatore di an-tichità espletata in Egitto aveva raccolto un'ingente quantità di reperti archeologici.

Era nato in Piemonte, a Barbania Canavese, nel 1776 da un'insigne famiglia del luogo, chelo aveva indirizzato agli studi giuridici. Allorché, nel 1796, Napoleone occupa il regno Sa-baudo, egli, attratto dalle idee rivoluzionarie del ge-nerale Corso, si arruola nelle truppe francesi comesoldato semplice. Questa bassa condizione militare lamantiene invero per poco, in quanto, dotato di perso-nalità forte e volitiva, in breve tempo percorre una ra-pida e brillante carriera in campo militare e, ancor più,in quello diplomatico. Dopo la sfortunata campagnadi Napoleone in Egitto, ha modo di farsi valere nellabattaglia di Marengo, in seguito alla quale ottiene ilgrado di sottotenente. Successivamente, in tempo re-lativamente breve, raggiunge, a venticinque anni, ilgrado di Capo di Stato maggiore della Divisione Pie-montese, che Napoleone aveva formato con le truppelocali a lui fedeli. Ma il successo maggiore lo ottienenel 1803, con la sua nomina a Console generale diFrancia in Egitto. Qui coltiva l'amicizia con MohammedAlì, uno spregiudicato albanese che, approfittandodella situazione instabile del paese, era stato nomi-nato viceré d'Egitto dal Sultano dell'impero Ottomano.Questo importante appoggio sarebbe stato in seguitoassai utile al Drovetti per potere ottenere tutti i per-

messi che in seguito gli sarebbero serviti ai suoi scopi. Ottenuto il suo alto incarico, il Drovetti si adopra a rinnovare il paese, che versava in con-

dizioni di grande indigenza. Riforma quindi l'esercito secondo criteri più moderni, si occupaad ammodernare l'industria e l'agricoltura; inoltre, cosa di grande rilevanza sociale, prov-vede a far vaccinare la popolazione contro una piaga che da sempre affliggeva l'Egitto: ilcolera. Nel 1811 avviene in Egitto un fatto incredibile, che la dice lunga sulla personalità di Moham-

med Alì. Allo scopo di rafforzare il suo potere e di liberarsi da scomodi oppositori, fa truci-dare in un sol colpo circa 500 capi del gruppo sociale dei Mamelucchi; erano costoro unamilizia turca che, insediatasi in Egitto nel XIV secolo dapprima come formata da schiavi,aveva acquisito man mano sempre più potere e da lungo tempo spadroneggiava nel paese.Una tecnica che oggi ci lascia allibiti, ma che nel corso della storia, antica e moderna, si èdimostrata essere poi non troppo rara.Nello stesso anno il Drovetti si rivolge alla ricerca di antichità egizie. Era quella l'epoca in

cui i vari consoli accreditati presso il viceré si dedicavano a raccogliere reperti dell'AnticoEgitto. Vediamo così all'opera il console inglese Salt (che per le sue ricerche si avvale dellacollaborazione del padovano Gianbattista Belzoni), quello prussiano, Minutoli, quello au-striaco, Acerbi, ed altri ancora. In tale contesto agisce anche il nostro Drovetti, il quale peril suo scopo impiega principalmente lo scultore marsigliese J.Jacques Rifaud ed il conter-raneo Antonio Lebolo. I metodi di scavo sono quelli dell'epoca, miranti sostanzialmente adacquisire pezzi 'belli' e trascurando del tutto le esigenze di tipo archeologico, per cui si puòparlare con cognizione di causa di un vero e proprio saccheggio. Inoltre autorità locali sonoben disposte a concedere permessi di scavo, quasi fossero desiderosi di sbarazzarsi di que-gli, a lor dire, inutili oggetti senza valore. Però, bisogna riconoscere anche che non tutto ilmale viene per nuocere, in quanto la maggior parte dei reperti recuperati in tal modo furonovenduti a istituzioni museali o a privati, sottraendoli così ad una probabile distruzione econsegnandoli alla cultura mondiale.La concorrenza fra i vari scavatori era fortissima, per cui avvenivano lotte accanite fra di

loro, adottando il più delle volte mezzi scorretti e spregiudicati, e facendo talora ricorsoanche alle armi. Sia come sia, il Drovetti riesce ad accumulare un numero cospicuo di repertie li deposita nella sua villa ad Alessandria d'Egitto.Intanto la situazione politica in Europa volgeva a drammatici cambiamenti: la stella di Na-

poleone cessava di brillare definitivamente a Waterloo nel 1815 e veniva imposta la Restau-razione. In seguito a tali eventi il Drovetti, compromesso col regime di Napoleone, vienedestituito dal suo incarico di console di Francia e sostituito con altri personaggi. Costoroperò non si dimostrano all'altezza del gravoso compito sicché il Drovetti, nel 1820, vienereintegrato nel suo ruolo consolare. Nel frattempo si era dedicato ad altre attività, non ul-tima quella di cercare di vendere la sua ricca collezione di reperti onde recuperare le spesefatte e trarne anche ricco guadagno. A tal fine nel 1816 la offre in vendita ai suoi vecchi re-gnanti, i Savoia. La collezione è magnifica, la più grande ed imponente mai raccolta, tuttaviail prezzo richiesto è eccessivo per le magre finanze dell'erario piemontese per cui, seppura malincuore, i Savoia rinunciano.

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LE STELE del medioregno NEL museo EGIzio di torino

a n g o l o d i f i l o l o g i a a n g o l o d i f i l o l o g i a

Fig. 1 - Bernardino Drovetti in un disegno dell'architetto Franz Gau.

di Franco Brussino

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Tornando al Drovetti, egli, dopo la sua destituzione a console in Egitto, avvenuta come giàrilevato nel 1815, oltre alla vendita della sua collezione di antichità, si occupa anche di di-verse altre attività, la più importante delle quali consiste nell'esplorazione del territorioegiziano. Lo troviamo quindi ad Abu Simbel, dove cerca invano di penetrare nel tempiogrande, tuttavia si legge il suo nome inciso su pilastro del tempio piccolo, che riporta anchela data del 1816. Due anni dopo si reca all'oasi di Dakhla, e poi, ancora, primo europeo araggiungerla dopo un viaggio arduo e periglioso, giunge a Siwa, donde riporta una copiosadocumentazione di tipo scientifico. Dopo il suo reintegro a console, continua la ricerca diantichità e mette insieme una seconda collezione, che offre alla Francia nel 1827. A Parigi,visto il successo ottenuto dal museo di Torino, cadono le remore nei confronti del Drovettie della Bibbia, e tale raccolta, benché inferiore alla prima, viene acquistata senza veruna dif-ficoltà per 250.000 franchi2. Ulteriori pezzi vengono ceduti ad altre istituzioni museali,come Berlino, Lione e Ginevra. Si può ben dire che il Drovetti, con la sua instancabile attività,contribuì a formare i principali musei egizi in Europa. Nel 1829, minato nella salute, rientra in Italia, dove si spegne a Torino nel 1852. Gli ultimi

anni di vita gli furono particolarmente penosi, in quanto fu soggetto ad una malattia men-tale che lo afflisse in modo sempre più grave, sicché si rese necessario il suo ricovero in unospedale psichiatrico del capoluogo piemontese dove trascorse miseramente l'ultimotempo della sua esistenza.Triste ed amaro destino dopo tanto splendore.Fra i reperti portati dal Drovetti a Torino riscontriamo un numero cospicuo di stele fune-

rarie. Una parte di queste riguarda quelle rinvenute a Deir el Medina3, tutte databili allaXVIII -XIX dinastia, un'altra parte concerne quelle di disparato contesto, infine ne abbiamoun certo numero datate al Medio Regno (sedici integre). Queste ultime costituiscono l'og-getto dello studio che sarà presentato nei prossimi numeri del presente Magazine.Le stele del Medio Regno pervenute con la 'Drovettiana' nel Museo Egizio di Torino ab-

bracciano tutto il periodo che va dalla seconda parte dell'undicesima dinastia fino alla tardadodicesima dinastia, offrendo così un quadro completo delle lapidi funerarie di tale periodo. Ciascuna stele, di cui verrà pubblicato un fedele disegno ad alta risoluzione, opera dell'au-

tore di queste righe, è corredata da una scheda introduttiva in cui sono riportati il numerodi catalogo e il nome del titolare. Di quest'ultimo è stato scritto il nome in geroglifico conla traslitterazione e la traduzione. Seguono la provenienza, la datazione ed una breve de-scrizione. del reperto. Infine viene riportato il testo del documento in geroglifico, con sot-tostante la traslitterazione e la versione in italiano. Per talune stele, di particolarecomplessità, viene riportata nel contesto anche parte del disegno originale, con richiami inlettere o numeri al testo elaborato. Seguono eventuali note e abbreviazioni. I numerosinomi propri e titoli o mestieri che compaiono sulle stele verranno pubblicati in un elenco aparte alla fine dell'opera. Tuttavia, per i titoli più complessi sarà data breve spiegazionenelle note.

Di tutte le stele, la più interessante è la n. 1447, di Meru. Tale reperto trae la sua impor-tanza per motivi storici e filologici. È un documento che riporta il nome del sovrano e la data

Drovetti allora contatta la Francia, ma anche in questo caso gli viene opposto un rifiuto,non tanto per motivi economici, quanto piuttosto per motivi religiosi e politici. Si temeva in-fatti che l'acquisizione di reperti egizi potesse in qualche modo infirmare le teorie risultantidalla Bibbia ed accettate come materia di fede. Inoltre il Drovetti, bonapartista convinto,non poteva certo godere di considerazione da parte dei reali di Francia. Intanto in Piemonte il re Vittorio Emanuele I aveva mostrato interesse alla collezione, per

cui le trattative vengono riprese e portate infine felicemente a conclusione. Fu così che nel1824 la 'Drovettiana' (così venne denominata la raccolta) pervenne nel capoluogo piemon-tese. Essa era composta da circa 3000 pezzi, fra i quali si annoveravano numerose grandistatue in pietra (rimarchevoli per dimensioni il colosso di Sethi II e per pregio artistico la sta-tua di Ramesse II), sarcofagi in pietra e in legno, papiri (prezioso per valore storico il 'Papiroregio', purtroppo ridotto a frammenti) e numerose stele funerarie. Il prezzo della collezione

fu stabilito in 400.000 lire, somma enorme all'epoca, che corrispondeva a circa la metàdella dotazione annua per la pubblica istruzione e belle arti1. Tuttavia tale esborso non fucosa vana in quanto in tal modo fu costituito il primo Museo Egizio al mondo ed aprì lastrada allo studio della meravigliosa civiltà dell'Antico Egitto.

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Fig. 2 - La prima sistemazione della 'Drovettiana' nel palazzo dell'Accademia delle Scienze. (Disegno di M.Nicolosimo).

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di regno, quindi le notizie che sono ivi riportate sono collocate in un preciso contesto sto-rico. Il re è Nephepetra (=Montuhotep II, 2064-2013 a.C.) e la data è il quarantaseiesimoanno di regno. Questa prima informazione ci dice che tale sovrano governò l'Egitto per unperiodo di tempo abbastanza lungo in un periodo piuttosto complicato della storia di questopaese4. Infatti siamo alla fine del Primo Periodo Intermedio; il paese sta uscendo da unalunga crisi politica e culturale, e con Mentuhotep II si preannunciano tempi migliori. Inverouna frase riportata su questa stele ci dice che 'venne un buon inizio quando Montu diedele Due Terre al sovrano Nebhepetra, vivente in eterno'. Con questo re termina dunquel'oscura epoca del Primo Periodo Intermedio ed inizia il Medio Regno. Che sia stato il fonda-tore di un'era nuova per l'Egitto è stato riconosciuto dagli stessi Egiziani, che ne hanno in-serito il nome negli elenchi reali delle epoche successive5. L'importanza filologica del testo riportato sulla stele è data dal fatto che taluna frase è

menzionata, a titolo di esempio di regole espresse, nelle più prestigiose grammatiche di ge-roglifici destinate agli studiosi. Così ne troviamo menzione nella 'Egyptian Grammar' di Gar-diner, nel 'Corso di egiziano geroglifico' di P. Grandet e B. Mathieu, ed altre ancora; infine èrimarchevole la citazione di tale stele nel monumentale 'Wörterbuch der Aegyptischen Spra-che' di A.Erman e H.Grapow6.La stele n. 1447 di Meru sarà la prima ad essere pubblicata in questo Magazine.

NNoottee

1. S.Curto, 'Storia del Museo Egizio di Torino', Torino, 1976, tav. 78

2. W.R.Dawson, E.P.Uphill, 'Who was who in Egyptology', London 1972, voce 'Drovetti Bernardino'.

3. M.Tosi, A.Roccati, 'Stele ed altre epigrafi di Deir el Medina', Torino, 1972. Le stele di Deir el Medina per-

venute integre al Museo Egizio di Torino sono 76, delle quali 64 giunte con la 'Drovettiana' e 12 dagli

scavi, o dagli acquisti, di Ernesto Schiaparelli; si contano inoltre più di 180 frammenti, taluni anche di

grandi dimensioni.

4. Il papiro regio di Torino dà per questo sovrano 51 anni di regno.

5. Documenti che riportano il nome di Nebhepetra Mentuhotep II: Papiro regio di Torino. 5,16; Lista di

Abido, n.57; Lista di Saqqara, n. 37; tomba tebana di Amenmesse.

6. 'Wörterbuch der Aegyptischen Sprache', 'Die Belegstellen', vol. 2/1, rif. vol. II, pag.257, 8; la stele di

Meru è qui notata come Tur. 49 D.11.

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a n g o l o d i f i l o l o g i a

Franco Brussino

Torinese, da oltre trent’anni si interessa attivamente di Antico Egitto, approfondendo questa sua passione connumerosi viaggi di studio. È diplomato in lingua egiziana antica presso la Khéops égyptologie di Parigi ed ha col-laborato alla stesura di diverse pubblicazioni egittologiche con la traduzione originale di testi egizi. Ha redattolo studio Alle origini della letteratura egizia in ‘Amenemhat I e Senusert I’ (Ananke, 2007) ed ha pubblicato il libroAmenofi II – L’epopea di un faraone guerriero (Ananke, 2009). È alle stampe, in attesa di pubblicazione, unsecondo libro dal titolo Ramesse I - Agli inizi della XIX dinastia, sempre per i tipi di Ananke.

I suoi interessi culturali non si limitano all'egittologia ed ha coltivato parallelamente lo studio delle civiltà pre-colombiane (Maya, Aztechi, Incas), compiendo - come per l'Egitto - viaggi in Mesoamerica (Messico, Guatemala,Honduras) e Perù per approfondire la conoscenza di questi antichi popoli.

Oltre ad essere apprezzato conferenziere, tiene da tempo lezioni di lingua egiziana antica e conduce corsi diegittologia e di civiltà precolombiane presso l’Università della Terza Età.

Un esempio di stele policroma, anch'essa risalente al Medio Regno, ma custodita presso la Collezione Egizia del Museo Archeologico di Firenze.

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della fondazione della città ad opera diAlessandro Magno, e prosperati sotto la do-minazione Tolemaica, gli ebrei di Alessan-dria costituivano all’epoca la più importanteminoranza linguistica della capitale e siconfiguravano come la base naturale per lapropagazione della nuova fede. Si ritiene in-fatti che fu proprio grazie alla mediazionedi questa comunità se vennero introdottenella capitale egiziana le prime notizie sullavita e morte di Gesù, apprese probabil-

mente durante i numerosi pellegrinaggicompiuti verso Gerusalemme e la Giudea.Una tradizione riportata nel IV secolonell’Historia Ecclesiastica di Eusebio di Ce-sarea, e tuttora profondamente radicatanella comunità cristiana d’Egitto, attribui-sce tuttavia la prima diffusione del Cristia-nesimo all’opera di evangelizzazionecompiuta da San Marco. L’Evangelista sa-rebbe stato il primo a giungere nella Terrad’Egitto per predicare il Vangelo e fondarealcune chiese proprio nella Capitale. Ales-sandria sarebbe dunque divenuta la primasede vescovile della Chiesa egiziana, proba-

bilmente tra il 40 e il 49 d.C. L’attività diEvangelizzazione, tuttavia, non si limitò allazona del Delta: Marco predicò in tuttol’Egitto, dalla Tebaide alla Pentapoli, e, sullascia dei suoi insegnamenti, ovunque sor-sero comunità di fedeli e nuove chiese.Infastiditi dalla rapida progressione di unareligione vista come eretica e contraria aiculti tradizionali, i pagani della Capitaleavrebbero, secondo la tradizione, complot-tato per organizzare il martirio del Santoche fu ucciso dai seguaci di Serapide nelcorso delle celebrazioni per la Pasqua del68, durante il regno dell’imperatore Ne-rone. Il luogo in cui l’Evangelista fu sepolto,chiamato Bukolu, divenne nei secoli vene-rata meta di pellegrinaggio da parte di tuttoil mondo cristiano fino all’828, anno in cuile reliquie vennero trafugate da alcuni mer-canti veneziani e trasferite a Venezia nel-l’omonima basilica.Seppure oggi considerata frutto di un’in-venzione, l’evangelizzazione dell’Egitto daparte di San Marco rappresenta una tradi-zione fortemente radicata nella Chiesacopta: fonda-mento stessodell ’ortodossiadella Chiesa diAlessandria. Adogni modo non siconosce la fonteda cui Eusebiodesume la notiziaed il fatto che l’au-tore stesso riportila notizia conestrema concisione,anteponendo allanarrazione il ter-mine fasin (si dice,si racconta), lasciaintendere che eglistesso non fossepienamente con-vinto della veridicitàdi quanto stava af-fermando.

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Quando il cristianesimo iniziò a diffondersinella Valle de Nilo si trovò a contatto con unsubstrato culturale estremamente ricco e vi-tale plasmatosi nel corso dei millenni, primaattraverso i fasti della gloriosa civiltà farao-nica e, successivamente, con la dominazionegreco-romana che ne aveva assimilato le ca-ratteristiche a sua volta sovrapponendosialle istituzioni ed alle tradizioni che si eranoconsolidate.Se da un lato la nuova religione combattèsenza tregua gli antichi idoli, depredandonei templi e sfregiando le sacre immagini,dall’altro ne subì il fascino e non restò indif-ferente alle tradizioni antiche, molte dellequali si perpetuarono anche nell’era cri-stiana, principalmente tra la popolazione.Inoltre, come spesso succede, quando unanuova corrente culturale si scontra con unacultura più antica, al tramonto, ma con ra-dici millenarie, è inevitabile che ne subiscal’influenza. Nel caso della religione cristianaqueste contaminazioni sono particolar-mente evidenti nell’arte e nell’architettura esi concretizzano in un linguaggio che, se daun lato rispecchia il rigido ascetismo dellaregola dei monasteri fioriti ovunque tra lesabbie del deserto, dall’altro ribadirà nei se-coli il suo tributo alle precedenti ed illustriculture che nella sua terra si sono avvicen-date, ma senza mai rinnegare la propria ori-ginalità.

DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO IN EGITTODall’analisi dei dati archeologici che ci sonopervenuti risulta evidente la difficoltà di ri-costruire il percorso evolutivo della reli-gione cristiana in Egitto, soprattutto

durante il primo secolo della sua diffusione:le fonti contemporanee sono spesso lacu-nose mentre le opere di autori cristiani piùtardi, spesso fortemente influenzate dallapropaganda religiosa, risultano, ad un’ana-lisi imparziale, scarsamente attendibili.Storici ed archeologi sembrano, ad ognimodo, convenire che il Cristianesimo si dif-fuse precocemente nella Valle del Nilo, in-dubbiamente favorito dalla presenzaconsistente di ebrei ellenizzati che dimora-vano ad Alessandria. Insediatisi all’epoca

il cristianesimoin EGITTO

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Figura 1 - San Marco Evangelista, affresco, IV secolo, MonasteroCopto di S.Antonio, Mar Rosso.

Figura 2 - Icona con Fuga in Egitto,pittura su tela incollata su legno, cm77 x 54,7, XVIII secolo. Museo Coptodel Cairo.

Un Egitto che ormai la storia ha mutato significativamente, ma non per questo meno affascinante e intri-gante. Non è ancora trascorso un secolo dalla celebre battaglia di Azio (31 a.C.) e Alessandria d’Egitto di-venta sede vescovile della Chiesa d’Egitto.

di Laura Cigana

CARTA DELL’EGITTOcoi siti copti e le principali città

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avvallato dalle evidenze archeologiche, allafine del terzo secolo l’Egitto si configuravaormai come un paese pressochè intera-mente cristianizzato.Le persecuzioni vennero ufficialmente so-spese sotto Gallieno e non vennero sistema-ticamente riprese fino alla GrandePersecuzione voluta da Diocleziano che ini-ziò nel 303 per poi concludersi solo 10 annipiù tardi con l’avvento al trono di Costan-tino. L’evento si caratterizzò per la partico-lare violenza che colpì soprattutto la Valledel Nilo: molti egiziani di fede cristiana su-birono il martirio mentre altri vennero co-stretti a dichiararsi pagani. Le chiesevennero chiuse, i loro beni confiscati e,dalla metà del III secolo, spariscono dai do-cumenti le tracce di una presenza cristianatra la popolazione.La Grande Persecuzione marcò in modo in-delebile la memoria dei cristiani d’Egittoche, in seguito, fecero dell’anno dell’av-vento di Diocleziano il punto di origine delloro calendario: il primo anno dell’era copta(anno dei Martiri o 1 A.M.)

Il trionfo della Chiesa fu segnato dal succes-sivo regno di Costantino il Grande: in se-guito all’editto di tolleranza emanato nel311, l’imperatore riconobbe lo status dellaChiesa ed il suo diritto a possedere beni.Alle istituzioni ecclesiastiche veniva dun-que concesso di uscire dall’ombra e darsiuna nuova organizzazione amministrativa.

La presenza cristiana, inoltre, gradual-mente tornò ad aumentare, come testimo-niato nelle fonti documentarie dallacrescente adozione di nomi tipicamente cri-stiani. Se da un lato tale politica imperiale garantìlibertà religiosa ad ogni cittadino, dall’altroaprì la via ad un rovesciamento della poli-tica delle persecuzioni che portò i cristianiad angariare quanti ancora aderivano allafede pagana. Erano infatti evidenti, nel-l’Egitto del IV secolo, i segni di una pre-senza pagana forte di numerosi adeptisoprattutto tra le filadell’esercito e tra lapopolazione non alfa-betizzata. Alla fine del secolo irapporti di potere,dunque, si invertono esono i cristiani che sipongono come op-pressori nei confrontidi coloro da cui, nei se-coli precedenti, eranostati perseguitati: lefonti tramandano epi-sodi di notevole ferocia,come la distruzione daparte di orde di fanaticicristiani delle statue diSerapide, l’uccisionedella nobile filosofa Hy-patia, trascinata per le strade di Alessandria epoi linciata da una folla di monaci, la conver-sione in chiesa del Serapeo, ultima rocca-forte del paganesimo nella Capitale. Inseguito chiese cristiane sorsero ovunque inEgitto sulle rovine pagane o all’interno deitempli abbandonati. Purtroppo numeroseopere d’arte vennero sfregiate o abbattute:lo stesso Teofilo, patriarca di Alessandriasotto l’impero di Teodosio I (379-395), spo-gliò la Capitale da molte pregevoli testimo-nianza del suo antico passato che venneroin seguito da lui donate all’imperatore.Mentre il paganesimo ellenico fioriva an-cora, perlopiù confinato agli ambienti elitari

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Bisogna tuttavia sottolineare come, all’epoca incui Eusebio scrive, la sede patriarcale di Alessan-dria stesse rapidamente aumentando il pro-prio prestigio ponendosi in posizione dicontrasto rispetto alle altre Chiese delmondo Cristiano Orientale. Una sensazionedi doverosa preminenza che traspariràanche dagli scritti più tardi che documen-tano la storia cristiana d’Egitto.

La terra dei faraoni ha infatti occupato unruolo molto importante nella Storia dellaSalvezza: è la nuova patria donata da Dio adAbramo, nella quale dimora Giuseppe, ven-duto dai fratelli e, in seguito, posto dal fa-raone a capo di tutto il paese, è il luogo incui cresce e viene educato Mosè “istruito intutta sapienza dagli egiziani” ed in cui simanifesta tutta la potenza di Iahvè che faràuscire i suoi figli dall’Egitto conducendolioltre il Mar Rosso verso la Terra Promessa.Anche nella Nuova Alleanza l’Egitto ricopreun ruolo fondamentale: è il paese nel qualesi rifugia la Sacra Famiglia per sfuggire allapersecuzione di Erode e nel quale, secondola tradizione copta, dimorerà per tre anni emezzo. Anche se non vi sono testimonianzastoriche né archeologiche che possano di-mostrare la realtà di questo soggiorno, perla Chiesa egiziana il passo evangelico ri-mane una straordinaria benedizione: Terrache ha accolto il Cristo in esilio, l’Egitto è in-fatti l’unico paese, a parte la Palestina, il cuisuolo sia stato calpestato dal Figlio di Dio.Il Vangelo stesso testimonia inoltre la fittarete di scambi culturali che intercorrevanoagli albori del Cristianesimo fra Gerusa-lemme ed Alessandria. Cosmopolita e multi-culturale, la capitale egiziana era infattiall’epoca una delle metropoli principalidell’Oriente Ellenistico: fiorenti centri cul-turali diffondevano il sapere degli antichi fi-losofi mentre musei e bibliotechecustodivano tesori inestimabili. Eranousuali, in questo fervore culturale cheaveva il proprio centro promotore proprionell’attività della minoranza erudita grecaed ebraica, le coesistenze di ideologie e re-

ligioni diverse: la religione ufficiale greca ela minoranza ebraica si affiancavano allamassa della popolazione che ancora prati-cava un paganesimo adulterato da elementimagici di antichissima derivazione farao-nica. Probabilmente proprio a causa di que-ste continue contaminazioni, che durante lamillenaria storia egiziana avevano costan-temente arricchito e modificato le credenzereligiose, in Egitto l’ostilità al Cristianesimofu meno marcata rispetto ad altre partidell’Impero Romano.Il II secolo vede la religione cristiana espan-dersi fino all’Alto Egitto, come testimonia lostesso Clemente Alessandrino: “esso avevagià raggiunto ogni nazione, villaggio ecittà”. La sua crescita sarà talmente rapidae capillare che alla fine del secondo secoloil termine “egiziano” verrà sempre piùusato per indicare un abitante di fede cri-stiana, in contrapposizione a “ellenico”, di-venuto sinonimo di pagano.Sotto il profilo istituzionale il Cristianesimosi poneva però in una posizione ambigua epericolosa: similmente al Giudaismo, essoproibiva la venerazione di altre divinità al-l’infuori dell’Unico Dio Creatore rivelatodalle Sacre Scritture: questo significava ilrifiuto della comunità cristiana alla parteci-pazione al culto ufficiale dello Stato cheprevedeva sacrifici ed offerte di incensoagli dei imperiali. Tale atteggiamento di in-subordinazione al potere costituito provocòpresto i primi episodi di intolleranza: l’impe-ratore Decio promulgò infatti un editto chestabiliva l’obbligo per tutti i cittadini di qual-siasi confessione di produrre dei certificati(libelli) ottenibili compiendo atti di venera-zione e sacrifici agli dei imperiali, comeprova della sottomissione alla religione diStato. Ad ogni modo, in un paese abituatoda secoli a convivere con gli apporti più ete-rogenei, questi furono episodi sporadici chenon impedirono la crescita del cristiane-simo e l’evoluzione delle istituzioni eccle-siastiche le quali, nella maggior parte delleoccasioni, non vennero minacciate. Inoltre,secondo quanto sostenuto da Eusebio, ed

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Figura 3 - Teofilo, vescovo di Alessandria, trionfa sul Serapeo tenendo in manoil Vangelo (Da A. Bauer and J. Strygowski, "Eine alexandrinische Weltchronik," Denkschriften der Kaiserlichen Akademieder Wissenschaften: Wien 51.2[en:1906]: 1-204, fig. 6 verso)

Regioni cristianizzate all’inizio del IV secoloDiffusione del cristianesimo nel IV secoloPenetrazione del cristianesimo nel V secoloL’impero romano all’inizio del V secolo, primadelle migrazioni barbariche

LLaa ddiiffffuussiioonnee ddeell ccrriissttiiaanneessiimmoo nneell IIVV ee VV sseeccoolloo::

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stantinopoli avvenne circa un secolo dopo,in occasione del Concilio di Calcedonia: siproclamò come dottrina ufficiale l’unicitàdella persona di Cristo nelle due nature di-vina ed umana, respingendo di fatto le teo-rie monofisite. I cristiani d’Egitto rifiutaronofermamente la scissione nella duplice na-tura evidenziando come questa dividesse lapersona di Cristo negandone l’unità essen-ziale.Con l’assalto islamico a Bisanzio nel 636 itentativi imperiali di recuperare l’Egitto mo-nofisita si faranno sempre più pressanti ecruenti ma l’ondata musulmana raggiunsepresto anche la Valle del Nilo costringendol’imperatore Eraclio a firmare un primo trat-tato di capitolazione. Eraclio morì mentregli arabi si avvicinavano al Delta del Nilo,nell’aprile del 641, il lunedì di Pasqua, i bi-zantini si arresero e la conquista araba con-tinuò in direzione di Alessandria che, giàabbandonata dalle forze di resistenza, capi-tolerà nel 642.Per diversi secoli il Cristianesimo conti-nuerà ad essere praticato nell’Egitto musul-mano anche se non saranno rari i casi diconversione all’islam: probabilmente lanuova religione appariva priva di eccessivecomplicazioni in contrasto con le spacca-ture politiche e dottrinali che minavanol’istituzione ecclesiastica.A metà del VII secolo l’Egitto è ormai intera-mente assorbito dall’impero omayyade diDamasco ed i conquistatori chiamano gliabitanti “copti”, termine derivante daun’abbreviazione araba di Aigyptioi, appel-lativo di derivazione greca che significava“egiziano” e che presto passerà ad indicarela popolazione egiziana di fede cristiana.La situazione cambiò con la presa di poteredella dinastia abbaside intorno alla metàdell’VIII secolo: i copti subiscono la domina-zione straniera: l’arabo diviene la lingua uf-ficiale, viene vietato l’uso del copto neidocumenti, i monasteri vengono obbligati alpagamento di pesanti imposte, le caricheamministrative principali vengono riservateai cittadini musulmani.

Le prime insurrezioni furono spesso seguiteda ondate di repressione violenta, le con-versioni all’islam saranno sempre più fre-quenti e numerosa mentre diminuiràdrasticamente l’edificazione di chiese e mo-nasteri. La comunità cristiana, respintanell’Alto Egitto, si riduce ad una piccolacomponente in un paese a maggioranzamusulmana.Le crociate del XII secolo ebbero lo stranoeffetto di rafforzare i rapporti tra musul-mani e cristiani: agli occhi dei cristiani occi-dentali, infatti, i loro correligionari orientalierano degli eretici, non vi furono pertantoalleanze tra comunità cristiane, musulmanee forze crociate, anzi, molti cristiani sirianicercarono rifugio in Egitto per scamparealla rozzezza e brutalità degli eserciti cro-ciati.Durante la prima metà del XIV secolo co-munque, i rapporti fra le due comunità peg-giorarono bruscamente: durante la predicadel venerdì nelle moschee un appello gene-rali incitò i fedeli islamici alla distruzionedelle chiese in tutto l’Egitto. Tale appellonon ebbe forse conseguenze pratiche ma fusufficiente per dare la sensazione ai cri-stiani di essere assediati.Ma la Chiesa egiziana aveva nel corso deisecoli dato prova di grande forza intellet-tuale e spirituale e, malgrado le numeroseondate di estorsioni ed angherie che afflig-geranno la comunità anche nel corso del

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della Capitale, appannaggio di eruditi eduomini di cultura, quello che, ad ogni modo,più tenacemente sopravviveva tra la popo-lazione, soprattutto nelle aree più periferi-che, era l’antichissimo paganesimo egizianoche si aggrappava tenacemente, ed ormaidisperatamente, agli ultimi templi ancoranon sfregiati dal fanatismo cristiano. Tutta-via la sorte del paganesimo era ormai se-gnata, le misure repressive dei patriarchi ele spedizioni imperiali volte alla conver-sione della Nubia, oltre il confine meridio-nale dell’Egitto, lo videro ridursidrasticamente. Dietro tali spedizioni, ovvia-mente, vi erano pressanti necessità voltealla tutela della stabilità imperiale: la pres-sione esercitata dalle popolazioni nomadisulla regione meridionale delle Cateratteera infatti vista come uno dei principali fat-tori di instabilità del potere centrale. L’en-tità del pericolo che essi potevanorappresentare per l’Egitto meridionale puòessere valutata da un appello del Vescovodi Siene, il quale invoca protezione per lesue chiese costantemente minacciate daiBlemmi. Altre fonti invece riportano un as-sedio, sempre perpetrato dai Blemmi, al Mo-nastero Bianco di Shenute, il qualemantenne per tre mesi un totale di venti-mila rifugiati. Piegare queste popolazioni alCristianesimo assumeva in quest’ottica unforte significato politico: significava sotto-metterle al potere teocratico dell’impera-tore il quale, a sua volta, poteva assicurarsiun controllo stabile sulla ricca regione nu-biana e sul deserto orientale, tra il Nilo ed ilMar Rosso, terra di ricche miniere d’oro esmeraldi.Il 531, anno in cui un decreto di Giustinianoordina la definitiva chiusura del tempio diPhilae, ultimo baluardo della cultura pa-gana in terra d’Egitto, la cui apertura erastata garantita fino allora dagli stessiBlemmi, assume dunque un profondo signi-ficato simbolico: segna la fine del pagane-simo nella Valle del Nilo e la vittoria di unCristianesimo che, con la conversione delletribù nubiane, estenderà la propria in-

fluenza fino all’Etiopia.Se dunque nel VI secolo non vi erano piùminacce esterne a minare la stabilità dellacomunità cristiana, fermenti di disgrega-zione stavano iniziando a germogliare pro-prio all’interno della stessa. Conl’incremento del numero dei fedeli e dell’im-portanza politica delle istituzioni ecclesia-stiche sorsero infatti scissioni edintolleranze che frantumarono, spesso inmodo irreversibile, l’univocità dell’ortodos-sia cristiana.Le dispute dottrinali sulla natura cristolo-gica, concretizzate nelle dottrine manichee,gnostiche e, soprattutto ariane, assunseropresto valenza politica: si avverte, soprat-tutto nelle deliberazioni del Concilio diNicea (325 d.C) e nella condanna della dot-trina ariana, la necessità di ribadire e riaf-fermare l’importanza ecumenica delpatriarca egiziano che, di fatto, sentiva di-minuire il proprio prestigio di fronte all’im-portanza politica che stava acquisendoCostantinopoli, assurta a Nuova Roma, edalle pretese di primato avanzate dal ve-scovo della Capitale dell’Impero.La rottura definitiva tra Alessandria e Co-

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Figura 4 - Croci copte sulle colonne della sala ipostila del tempiodi Philae.

Figura 5 - Luxor, le finestre della chiesa edificata sotto la mo-schea di Abu el-Haggag sono ancora visibili all'interno del cor-tile di Ramesse II.

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Così Lucie Duff Gordon, residente britan-

nica, descriveva nel XIX secolo quel partico-larissimo intreccio di influssi e culture chesolo nella Valle del Nilo poteva essere osservato.Cristianesimo e, successivamente, islami-smo, si innestano infatti su di un substratomillenario fatto di antichissimi riti e cre-denze che non scompaiono al contatto conle nuove religioni, anzi, le contaminano e leintegrano con elementi tipicamente egizianiriuscendo, allo stesso tempo, a conservarela propria identità resistendo tenacementealle soppressioni e continuando a sopravvi-vere per secoli radicate nella sensibilità popo-lare. Ed è proprio per diretta conseguenza diciò che il cristianesimo egiziano assumemolte caratteristiche importanti che lo di-stinguono da quello che si diffonderà inaltre parti del mondo Mediterraneo inte-grando nei suoi riti reminiscenze di pratichefaraoniche, elementi di cultura ellenistica ebizantino/egiziana ed il dinamismo tipicodella civiltà araba.Se dunque nei livelli istituzionalmente piùelevati e formalizzati del rito statale è evi-dente la volontà di inserirsi all’interno delletradizioni religiose di derivazione faraonica(non dimentichiamo che lo stesso Alessan-dro Magno si farà proclamare dall’Oracolo diSiwah “Figlio di Amon”), i ceti popolari con-tinuano a celebrare riti e superstizioni infor-mali e primitivi grazie ai quali si perpetuerànei secoli la forza vitale del paganesimo.

Sono infatti innumerevoli le testimonianzedi amuleti o rozze figurine di terracottadelle divinità più popolari usate come por-tafortuna, le suppliche quotidiane agli dei,la devozione per gli animali ritenuti sacri, leformule magiche per la protezione divina.In numerosi casi assistiamo, inoltre, ad unampliamento del culto tradizionale di unadivinità egizia la quale assume significatouniversale e si diffonde in tutto il paese concaratteristiche non incompatibili a quelle at-tribuite a livello locale. Nella ideologia tole-maica, infatti, divinità come Horo, Iside,

Osiride, Amon, Hathor, Anubi, assumonoparticolare rilievo divenendo onnipresenti.Il culto della dea Iside, in particolare, suscitòun particolare interesse anche oltre i confinidella Valle del Nilo diffondendosi, nel corsodel periodo romano, in ogni parte del mondomediterraneo ed esercitando, allo stessotempo, una duratura influenza sull’arte esulla letteratura. Madre di Horo e sposa diOsiride, la dea era inoltre un modello natu-rale di identificazione per le donne della di-nastia tolemaica: la stessa Cleopatra VIIvenne salutata a Roma come manifesta-zione di Iside.Ma è soprattutto nei templi dei villaggi edelle città che si focalizza la devozione po-polare. E’ infatti sufficiente analizzare il nu-mero e l’importanza dei luoghi di culto,anche di importanza secondaria, per com-prendere pienamente il ruolo da essi svolto

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XVI secolo e si protrarranno nei secoli suc-cessivi, conserverà sempre la sua forza vi-tale al punto che, nel 1711, il gesuitaP.Bernard scriverà “ Di tutto l’Impero mu-sulmano l’Egitto è il paese in cui la religionecristiana gode di maggior libertà, per que-sto vi si rifugiano molti cristiani di altrecontrade”.

Cristiani e Pagani – la definizione diun’iconografia copta nella Valle delNiloL’Egitto del Cristianesimo rimane, ancoraoggi, poco noto. E non solo agli occhi del tu-rista che si sofferma estasiato a contem-plare i fasti delle vestigia faraoniche, maanche tra gli stessi specialisti. Per molti anniconsiderato un ramo secondario dell’egitto-logia, lo studio dei reperti celati tra le absididegli antichi monasteri o emersi dalle dunedel deserto, era infatti spesso basato su teo-rie storiche puramente speculative, apriori-

stiche e frequentemente dilettantistiche;l’indiscriminata decontestualizzazione cheha riguardato gran parte delle opere, mu-sealizzate o trasferite presso collezioni pri-vate, rende tutt’oggi impossibiledeterminare, non solo il contesto d’originein cui erano inserite, ma la stessa datazione.L’arte egiziana del periodo tardo-antico e bi-zantino divenne così sempre più un’ “artemuseale” ed i suoi monumenti occuparonoun ruolo periferico o vennero spesso com-pletamente ignorati all’interno delle stessericerche sulla cultura tardo-antica nell’areaMediterranea.E questo fu un grave errore, come sottolineal’egittologo Sergio Pernigotti all’interno delsuo articolo “I Cristiani sulle rive del Nilo”,pubblicato in Archeo nel giugno del 1997, inquanto il Cristianesimo ha rappresentatonella storia dell’Egitto della tarda antichitàun’esperienza estremamente viva e fe-conda, benchè difficile da cogliere nei suoicaratteri peculiari. Ecco quindi che tali ve-stigia, soprattutto quelle risalenti alla fasepiù antica (IV-V secolo), nel periodo in cuiinizia a cristallizzarsi l’estetica bizantina, siimpongono come le ultime, fondamentali te-stimonianze di un patrimonio ormai scom-parso.In questo paese tanto il Cristianesimoquanto l’Islam sono intrisi di culti tradizio-nali, e gli animali sacri hanno preso servizioal fianco dei santi musulmani. A Minieh cen’è uno che regna sui coccodrilli; altrove hovisto il buco del serpente di Esculapio. (…)Al Cairo i gatti della dea Bubasti sono an-cora nutriti a spese del pubblico erario.(…)Tra gli dei Amon-Ra, dio del sole e ucci-sore di serpenti ha preso il nome di Mar Gir-gis (San Giorgio) ed è venerato dai cristianie musulmani nelle medesime chiese; aTanta, nel Delta, Osiride celebra la propriafesta con la baldoria di sempre sotto il nomedi Seyd el Bedawy. Le donne dei fellah of-frono sacrifici al Nilo, e per avere figli fannoil giro attorno a certe antiche statue. Le ce-rimonie che si celebrano in occasione dellenascite non sono musulmane ma egizie.

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Figura 7 - Wadi el-Sebu'a, rappresentazione di San Pietro accom-pagnata dall'iscrizione greca con il suo nome.

Figura 8 - Frammento in pietra con rilievo raffigurante la VergineMaria fra due santi mentre allatta il Bambino. La scena rivelal'influenza dell'Isis Lactans egizia.

Figura 6 - Stele funeraria con orante tra gli dei egizi Horo eAnubi, cm 28 x 20, calcare, II-III secolo, Museo Copto del Cairo.

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all’interno della comunità: templi dedicati adivinità tradizionali come Iside, Amon, Ha-thor, Horo, si affiancavano ad altri in cui ve-nivano venerate divinità tipicamenteelleniche come Zeus e i Dioscuri. Inoltre, neltempio dedicato ad una divinità non venivaassolutamente escluso il culto di altri dei:soprattutto nel periodo romano, infatti, èassai comune la venerazione all’interno diuno stesso tempio di divinità diverse e, conl’aumentare del cosmopolitismo e delle di-mensioni del centro abitato, si vengono pa-rallelamente incrementando le dimensionitemplari e il numero di divinità in essi vene-rato. Esemplare è a tal proposito la città diOssirinco nella quale gli scavi archeologicihanno individuato, per quanto riguarda ilperiodo romano, la compresenza di templi eculti egizi (tre templi dedicati contempora-neamente a Zeus-Amon, Hera-Iside, Atarga-tis-Bethynnis, divinità di origine siriana, ilgrande Serapeo, due templi di Iside, un tem-pio a Osiride, quattro templi a Thoeris),greci (Demetra, Kore, i Dioscuri, Dionisio,Hermes, Apollo, Agathos, Daimon, Neotera,Tyche) e romani (Giove Capitolino e Marte).Nel periodo imperiale si affiancano ai templiegizi e greci anche i templi dedicati al cultoimperiale: i cesarea, mentre numerosi sonoanche i segni lasciati da religioni provenientida terre straniere: sinagoghe e tradizioniebree sono ancora attive nella capitale, unacappella viene eretta nel tempio di Iside aPhilae per venerare il dio etiope Mandulis,

figura complessa e poco conosciuta cheverrà associata a Horo; a Menfi, all’internodel Serapeo viene edificato un santuario de-dicato alla dea siriana Astarte.La crescente influenza di questi elementiestranei che ormai si stavano radicando nelcontesto sociale non riesce, ad ogni modo,ad intaccare o diluire la religione egizia tra-dizionale che riesce a mantenere in qualchemodo la propria integrità. La presenza di-vina è parte integrante del gruppo familiare,gli dei sono raffigurati in pitture murali o innicchie scavate fra le pareti dell’edificio abi-tativo con funzione apotropaica mentre fre-quenti sono gli amuleti e le formule magicheusate per attirare il favore di una particolare

divinità o proteggersi dagli influssi negatividi un demone. Pratiche ancestrali egizie ri-corrono con frequenza soprattutto nell’am-bito funerario: numerose mummie risalential periodo Tolemaico e a quello romano, al-cune delle quali datate addirittura al IV se-colo d.C., dimostrano un uso ancorafrequente di maschere dorate, sarcofagi inpietra e tombe con ricche decorazioni. Lapresenza di divinità egizie associate allamorte è ancora costante: Osiride, dio delregno dei morti, ed Anubi, dio sciacallo chepresiede all’imbalsamazione, vengono raffi-gurati in ogni ricca sepoltura.Certamente il confine tra religione e magiaera estremamente labile: il rapporto con ildivino era continuamente mediato dal ri-corso ad oracoli, maledizioni e rituali cheerano, a loro volta, strettamente connessialla vita dei templi come l’interpretazione

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dei sogni o l’esercizio della medicina. Talipratiche sembrano cambiare con l’avventodel Cristianesimo ed il fiorire della civiltàcopta: le pratiche magiche vengono ricolle-gate agli dei pagani e pertanto rifiutate econdannate anche se, da un’analisi delleevidenze archeologiche a noi pervenute,anche nell’ambito cristiano la linea di de-marcazione tra religiosità, preghiera e mi-racoli da un lato, pratiche esoterichedall’altro, appare alquanto sfumata. Sonoinfatti numerosi i casi di formule magiche,amuleti e riti che, seguendo un’evidentetendenza sincretistica, accostano figure del-l’universo religioso cristiano a divinità pa-gane.

Laura Cigana

BBIIBBLLIIOOGGRRAAFFIIAA::

• Atalla N.S., Coptic Art, Voll. I e II, Il Cairo, 2000.• Badawy A., Coptic Art and Archaeology, The Art of theChristian Egyptian from the Late Antique to the Middle Ages,Cambridge, 1978.• Bowman Alan K., L’Egitto dopo i Faraoni, Firenze, 1988.• Capuani M., Egitto Copto, Milano, 1999.• Gabra G., Il Cairo, Museo Copto e le chiese antiche, IlCairo, 1992.• Orlandi T., Storia della Chiesa d’Alessandria, Milano,1970.• Pernigotti S., I Cristiani sulle Rive del Nilo, arte, archeolo-gia e storia dei Copti, in “Archeo”, n.6, giugno 1997, pp.55-87.• Zibawy M., L’Arte Copta, l’Egitto cristiano dalle origini alXVIII secolo, Milano, 2003.

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Figura 9 - Stele in rilievo raffigurante ilfalco Horo a cavallomentre con una lanciatrafigge un coccodrillo,Louvre, Inv. X, 5 130, V sec. d.C

Figura 7 - Wadi el-Sebu'a, rappresentazione di San Pietro accom-pagnata dall'iscrizione greca con il suo nome.

LLaauurraa CCiiggaannaa

Ha conseguito la Laurea Magistralein Storia delle Arti e Conservazionedei Beni Culturali, indirizzo “Arte Bizantina e dell’Oriente Cristiano”, pressol’Università “Cà Foscari” di Venezia(110 e lode). Nella tesi di laurea ha affrontato il tema dello sviluppo diun’iconografia copta nell’Egitto cristiano e delle influenze e contaminazioni che ne hanno plasmato le caratteristiche stilistichee culturali.Durante la sua formazione ha svoltodiverse attività di stage nell'ambitoturistico/museale in qualità di guidaalle principali Mostre veneziane, tracui l'esposizione "I Faraoni" svoltasi a Palazzo Grassi dal 9 settembre2002 al 25 Maggio 2003.In seguito ha approfondito l’ interesse per l'Antico Egitto attraverso lo studio di ulteriori testiuniversitari relativi alla Storia egiziaed alla Filologia della lingua geroglifica (lettura e traduzione ditesti in Medio Egiziano).Dal 2009 collabora inoltre con la Rivista d'Arte "Exibart" in qualità diredattrice e corrispondente presso le più importanti Mostre d'Arte pubbliche e private del territorio.

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Sono gli ambasciatori della cultura di un paeseall’estero e davanti a loro, meravigliati ed esta-siati, sfilano milioni di persone ogni anno. Tragli anni ‘800 e ‘900 sono stati al centro di unlucroso commercio internazionale, forse ilprimo che potremmo definire “globalizzato”,sia legale che illegale e ancora oggi si spo-stano da una parte all’altra del mondo, organiz-zati in esposizioni tematiche che riesco amuovere a loro volta centinaia di migliaia dipersone.Sono i reperti archeologici. Di pietra, legno, tes-suto, paste vitree, ma anche esseri umani o ani-mali mummificati, papiri, ceramiche, che dopoessere stati “scavati” dagli archeologi, aver su-bito un primo restauro conservativo ed esserestati registrati, descritti, fotografati e catalogati,entrano a far parte delle collezioni museali.I primi scavi avvenivano nessuna regolamenta-zione precisa, così un’ingente quantità di re-perti è stata prelevata dagli archeologi espedita in tutto il mondo, per andare a formarei nuclei di quelli che oggi sono i musei archeo-logici più importanti.Alcuni di questi reperti sono opere straordina-rie e ciclicamente ritorna l’eterna polemica seè giusto o meno che restino al di fuori del loropaese d’origine. In alcuni casi la polemica è sfo-ciata in querelle internazionali tutt’altro che incorso di soluzione.Ma un fatto è incontestabile: il museo è unluogo straordinario, dove l’esperienza dell’in-contro con il nostro passato diventa multisen-soriale e tridimensionale.Nulla riesce a trasportarci in Egitto come po-sare lo sguardo sulla sensuale ballerina cheinarca la schiena nel celebre “ostrakon” custo-dito presso il Museo Egizio di Torino, e niente cipuò guardare così intensamente negli occhi, ri-portandoci di colpo indietro di oltre 4000 anni,come lo sguardo vivo del celebre Scriba custo-dito al Museo del Louvre di Parigi.

Reperti custoditi. Si, perché nei musei avvieneproprio questo, quotidianamente, con grandeprofessionalità da parte di migliaia di operatorisilenziosi, che non si vedono mentre attraver-siamo le sale di un’esposizione, ma che mettonoal centro della loro vita professionale proprio ireperti rendendoli fruibili – compatibilmentecon le possibilità e le risorse di cui dispongono– ai visitatori.In questo viaggio all’interno del Museo Egizio diTorino, per il quale ringraziamo la DirettriceEleni Vassilika per la gentilezza a la disponibiltà,cercheremo di capire come si opera per ren-dere fruibili i reperti in due direzioni diverse.La prima riguarda la realizzazione di un data-base, consultabile liberamente sul sito delMuseo, contente già migliaia di reperti e che èin constante aggiornamento. Una straordinariaopportunità che viene data agli studiosi e agliappassionati di tutto il mondo, che così possonoosservare il reperto che gli interessa e leggerneun’esaustiva scheda tecnica direttamente sulproprio computer.La seconda riguarda un aspetto del tutto pecu-liare, che sfugge ai più, ma che riveste una no-tevole importanza, sia per un’esposizioneefficace del reperto che per la sua conserva-zione: la creazione dei supporti espositivi.Ringraziamo il dr. Marco Rossani, autore dellefoto presenti in questo articolo.

Il Museo Egizio di Torino on line

Il museo Egizio di Torino è la prima collezioneon line in Italia! Un progetto ambizioso, voluto inprimis (sin dal suo insediamento nel 2005!)dalla direttrice Eleni Vassilika, che permetteràa studiosi appassionati, ma anche a semplici cu-riosi, di accedere virtualmente a oltre 10.000reperti della celebre collezione piemontese.Quest’oggi siamo venuti a trovare la dr.ssaSara Caramello, egittologa della Fondazione

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del Museo Egizio di Torino, che ci spiegherà comesono riusciti a raggiungere questo obiettivo.

EM: Allora dr.ssa, quasi 11000 reperti, traquelli esposti e quelli conservati nei magaz-zini del Museo, “a disposizione” di tutti…

Sì, siamo orgogliosi di quanto realizzato: un“simbolo di Torino” che per molti era conside-rato quasi inaccessibile è finalmente alla por-

tata di tutti! Fin dal suo arrivo al Museo, ladirettrice ci aveva detto che uno dei suoi prin-cipali obbiettivi era quello di garantire la pos-sibilità di accesso all’Egizio al maggior numerodi persone possibile; ed è per questo quindiche la realizzazione di questo progetto on lineè un punto altamente significativo del suo pro-gramma. Anche per chi è lontano da Torino fi-nalmente ci sarà la possibilità di visitare,anche solo virtualmente gran parte della no-stra collezione; opportunità unica e rara perora perché anche con il nuovo allestimentomuseale sarà molto improbabile poter esporre

tutti i reperti conferiti. Il mettere on line i no-stri reperti è una conquista straordinaria cheper noi costituisce anche una grande sfida inquanto quotidianamente aggiorniamo e cor-reggiamo gli errori che inevitabilmente rile-viamo nel nostro database.Le scelte possibili erano due: o aspettare lafine della revisione del catalogo e di tutte le in-formazioni e quindi rimandare il tutto a chissàquando, oppure, pur consapevoli di esporci a

inevitabili critiche, compiere questo passo econtinuare a lavorare per offrire un prodottosempre migliore.Ogni database è d’altronde sempre un work inprogress e poi questa messa in rete ci faciliterànel nostro lavoro.

EM: Come può avvenire tutto questo?

Lei deve sapere che quotidianamente noi rice-viamo tantissime mail, da studiosi e studenti,che ci chiedono informazioni sui nostri reperti;ma, per motivi facilmente intuibili, non ci è

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dentro il museo

s p e c i a l e m u s e o e g i z i o d i t o r i n o s p e c i a l e m u s e o e g i z i o d i t o r i n o

La dott.sa Sara Caramello. Egittologa della Fondazione Museo delle Antichita' Egizie di Torino.

di Sandro Trucco e Paolo Bondielli*Per tutte le fotografie: copyright della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino

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davvero possibile rispondere in tempo reale…o… brevissimo. Adesso sarà tutto completa-mente diverso in quanto la ricerca primariapotrà essere svolta in primis direttamentedagli interessati ed eventualmente, soloquando ci sarà bisogno di informazioni più det-tagliate piuttosto che di una immagine ad altadefinizione, interverremo direttamente noi. Mail nostro augurio è che proprio l’utente checonsulterà il database ci aiuti a correggere glierrori e le informazioni “datate” che sicura-mente ci sono e di cui siamo perfettamenteconsapevoli.

EM: Una specie di wikipedia egittologica?

Certo, noi siamo ben disposti ad ampliare le no-tizie sui nostri reperti attraverso le segnala-zioni di pubblicazioni di cui non siamo aconoscenza, o di nuovi studi, ma naturalmentevaluteremo attentamente le fonti da cui pro-verranno i suggerimenti e le relative informa-zioni. Uno dei punti sui quali ci stiamoconcentrando è proprio l’arricchimento dellabibliografia, infatti in alcuni casi siamo fermiagli anni ’60!

EM: Il vostro lavoro è durato immagino anni,ma voi non siete molti qui al Museo, comeavete fatto?

Noi siamo una decina e faticando molto siamogiunti al traguardo. Il primo passaggio è statoquello di riversare le schede cartacee su que-sto database che si chiama Museum Plus. Men-tre si informatizzavano i dati abbiamo cercatodi correggere gli errori più grossolani presentinelle schede. Ogni reperto ha numerose infor-mazioni: alcune sono riservate e quindi nonsono pubblicate sul sito. Come le ho dettoprima, errori e inesattezze ce ne sono ma unodei nostri obiettivi principali è quello della“standardizzazione” della terminologia che inambito egizio, come lei ha ben presente, è dif-ficile da uniformare. Un termine come pilastrodjed è indicato in numerosi modi dai diversistudiosi, almeno nel nostro archivio vorremmocomparisse sempre nella medesima strutturagrafica e fortunatamente la versatilità del soft-

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ware permetterà con relativa facilità di rag-giungere questo obiettivo.Una gran parte del lavoro è stato svolta il lu-nedì (giorno di chiusura del Museo n.d.r.) du-rante il quale sono state controllate e riviste leinformazioni già in nostro possesso confron-tandole direttamente con i reperti e molti og-getti sono stati studiati, fotografati edeventualmente rimontati su nuovi supporti.

EM: Quindi tutti i reperti hanno la loro foto-grafia?

Diciamo… quasi tutti, ben più del 90%. Pre-metto però che non tutte le fotografie sonoall’altezza di una pubblicazione: talvolta infattiabbiamo preferito scattare noi delle foto,anche se non di altissima qualità, piuttosto chelasciare il reperto senza alcuna immagine di ri-ferimento.

EM: Durante la messa on line avete riscopertoreperti conservati nei magazzini che per laloro bellezza sono stati “promossi” e quindidegni di essere esposti?

Chiaramente ci sono reperti che nel prossimoallestimento museale dovranno essere esposti;le faccio un esempio pratico a mio parere moltosignificativo: il mio collega, il dr. Edoardo Guz-zon, sta concludendo lo studio di tutti i sarco-fagi del terzo periodo intermedio; è un lavoronotevole! È previsto che molti, se non tutti, isarcofagi verranno esposti in una sala del fu-turo museo. Grazie alle ricerche del dr. Guzzonsi è potuto ricostruire l’intero albero genealo-gico di una famiglia di sacerdoti che aveva untitolo particolare e sino ad ora sconosciuto e cisarà possibile rispettare tale genealogia anchenell’esposizione dei reperti: nonno, padre e fi-glio disposti uno accanto all’altro! Ecco quindiche un corpus come questo, di tale importanzae bellezza, avrà il suo spazio adeguato.

EM: Quando avete deciso di mettere la colle-zione in rete avete avuto un modello al qualevi siete ispirati?

Ovviamente, una volta deciso di compiere un

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passo così importante, ci siamo “guardati at-torno”, visitando i siti e le collezioni on-line dialtri musei. Grazie al nostro database MuseumPlus, la messa on-line delle collezioni è stato re-lativamente semplice. Pensi che molti musei almondo, compreso il Louvre, ci stanno imitandoe sono in procinto di utilizzare lo stesso pro-gramma. Questo software come accennato pre-cedentemente è estremamente versatile esoprattutto, grazie anche alla fattiva collabora-zione con gli ideatori del programma, il sitoviene regolarmente aggiornato con le eventualicorrezioni e modifiche che inseriamo quotidia-namente, permettendoci di migliorare giornodopo giorno questo servizio al pubblico.

EM: Come avviene la navigazione sul sito?

Dalla home page del sito del Museo, www.mu-seoegizio.it, si accede a “le collezioni” in que-sta pagina si clikka su “collezione” e si entranel database.Ci siamo messi anche nei panni di uno stu-dente delle scuole medie per cercare di ren-dere il tutto facilmente fruibile. I reperti sipossono ricercare seguendo vari criteri: per ti-pologia di oggetto, per collocazione, per ma-teriale o per numero di inventario ma anchedigitando una parola chiave. Se scrivo peresempio Nefertari mi compaiono 65 oggetti,dai suoi ushabti al modellino della sua tomba.

EM: Il nostro incontro volge al termine dr.ssaCaramello, vuole ancora ricordare le ultimenovità che riguardano Museo?

Penso sia importante ricordare che nella bi-blioteca del Museo da qualche settimana èstata allestita una postazione con un compu-ter utilizzabile da tutti gli utenti della biblio-teca dove è possibile effettuare le ricerchebibliografiche direttamente sull’ O.E.B. (onlineegyptological bibliography ndr) che è l’indi-spensabile strumento di ricerca bibliograficaper ogni studioso di egittologia.Il Museo ha reso possibile la ricerca gratuitaper gli utenti della biblioteca.

I SUPPORTI Le novità, tuttavia, non riguardano solo l’infor-matizzazione dei reperti ma anche la loro col-locazione che prevede, come già spiegatodalla dr.ssa Caramello, la compilazione dellenuove etichette in Italiano e Inglese e l’uso dinuovi supporti per rendere gli oggetti più visi-bili valorizzandone l’aspetto. Due sono le per-sone che si occupano di questo compito egrazie alla disponibilità della direttrice oggisiamo riuscite ad incontrarle qui al Museo;sono Biagio Sparacino e Massimo Piccarreta.

EM: Innanzi tutto quale è il vostro ruolo al-l’interno del Museo?

“Sono entrato a lavorare in Fondazione nelgennaio del 2006 e sono il responsabile del-l’Ufficio Tecnico, per cui devo prendermi curadi tutta la “struttura” del Museo, compresa laparte elettrica e quella idraulica”, ci informaBiagio, che è stato chiamato a svolgere il suoincarico proprio nel momento in cui il Museo

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si stava modernizzando, iniziando a conoscerequesta struttura che, essendo in un vecchioedificio, ha presentato da subito numeroseproblematiche. “Si è quindi iniziato a ragionare su una inno-vazione di tipo estetico, per poter meglioesporre i reperti. Naturalmente le precedentiesperienze museali della direttrice ci hannoaiutato a capire quali fossero le sue aspetta-tive e come realizzarle. La dr.ssa Vassilika hasubito espresso la sua preferenza per il plexi-glass che è un materiale ben conosciuto, maprevalentemente in campo industriale, mentrea livello artigianale è poco utilizzato. Sonostati quindi realizzati i primi supporti graziealla gentile collaborazione della Direttrice eabbiamo acquistato le prime lastre di questomateriale. Osservando al lavoro una personache conosceva la Direttrice ho iniziato a car-pirne i segreti; ho imparato a tagliarlo, levi-garlo e soprattutto a lavorarlo per poterlomodellare in base alle esigenze di ciascun re-

perto. E ogni reperto necessita di un’attenzioneparticolare, che varia a seconda del materialecon cui è stato realizzato. I reperti in metalload esempio – a causa del processo di ossida-zione in corso da molti secoli – sono molto de-licati, rispetto al legno, e quindi abbiamoimparato a porci in modo diverso, scegliendodi volta in volta il modus operandi migliore”.

EM: So che alcuni oggetti sono stati difficilida “trattare” dato che erano strettamenteancorati ai vecchi supporti con colle o plasti-line difficilmente separabili, come vi sietecomportati?

Biagio ci tiene a precisare che il loro ruolo nonè quello di restaurare i reperti, compito chespetta agli specialisti del Museo. “Ci sono esperti che hanno questo ruolo; noiinterveniamo in un secondo tempo, quando ilproblema del distacco dal vecchio piedestalloè stato già effettuato, senza mai operare diret-

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VECCHIOSUPPORTO

NUOVOSUPPORTO

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tamente sull’oggetto. A noi il reperto viene consegnato senza alcunsupporto e già pronto per essere adeguata-mente esposto.Tuttavia, come nel caso di alcuni ushabti, il re-perto era stato forato dai precedenti allestitoriallo scopo di inserire un perno al suo interno,in modo da poterlo inserire in un piedestallo dilegno. Il nostro compito è stato dunque di pre-parare un supporto con il plexiglass che si inse-risse perfettamente nell’incavo già esistente.

EM: Con quale criterio viene deciso il repertoche deve avere il nuovo supporto?

Risponde la dr. Sara Caramello:I reperti che devono avere un nuovo supportovengono di solito individuati in base a tre cri-teri principali:1. Spesso si procede alla realizzazione di unnuovo supporto qualora quello esistente nonsia stabile e sicuro o qualora possa in qualchemodo danneggiare il reperto (per esempioesercitando una pressione in alcuni punti).2. I reperti possono essere selezionati in basealla loro qualità, sia estetica che scientifica: sitratta perlopiù di oggetti che quasi certamente

saranno esposti anche nel nuovo (e definitivo)allestimento del Museo. Li si valorizza fin d’orain attesa della loro futura collocazione.3. Può inoltre accadere che vengano creati deisupporti ex novo per reperti finora conservatinei magazzini e che si decide di esporre.

EM: Chi decide il design del supporto?

“In un primo tempo naturalmente era la diret-trice che decideva e spiegava come doveva es-sere presentato l’oggetto. Adesso, dopo larealizzazione di più di 700 supporti, abbiamoraggiunto una discreta esperienza per capirequal è il miglior modo per far risaltare la bel-lezza dell’oggetto che deve essere esposto. Per esempio, abbiamo trattato numerose testeche erano semplicemente appoggiate nellemensole delle teche. Io le ho immaginate an-cora insieme al corpo e così le abbiamo “so-spese”, per apprezzarne in pieno la bellezza”.Massimo Piccarreta è la seconda persona chesi occupa di questo compito in qualità di colla-boratore di Biagio.”“Io sono stato assunto nel Museo ad agostodel 2007 come collaboratore di Biagio nell’Uf-ficio Tecnico. Per molti anni mi sono occupato

di impianti elettrici e anche io non avevo espe-rienze con la lavorazione del plexiglass”. Ma si è calato velocemente nel suo nuovoruolo, che svolge con la consapevolezza di fareun lavoro importante e di responsabilità.“Vorrei focalizzare l’attenzione sulla conserva-zione del reperto nella sua zona espositiva. Levecchie vetrine contenevano gli oggetti sem-plicemente posati sul basamento o sostenutida un supporto in legno. Il legno non è il mate-riale migliore per essere usato come supporto;non essendo inerte infatti rilascia o trattieneumidità e quindi va inevitabilmente ad intac-care lo stato dell’oggetto a cui fa da supporto;il plexiglass invece è inerte e quindi stabilizzae conserva il reperto.La preparazione del supporto viene effettuatacon l’uso semplici macchine: abbiamo un segaa nastro, un trapano a colonna, una lucidatrice,carta vetro ; il resto è frutto di tanta manualitàunita ad un pizzico di inventiva, in quanto oc-corre dare al supporto, oltre alla stabilità,anche un certo “slancio” per ben rappresen-tare il reperto.Il lavoro non è mai standardizzato in quantoogni reperto è un pezzo unico e irripetibile e

necessita di un supporto realizzato esclusiva-mente per esso”.

EM: Quando il pezzo vi viene conferito, cheprocedura seguite prima di riconsegnarlo conil supporto?

Biagio: “C’é una procedura da seguire natural-mente; quando la Direttrice ci consegna il re-perto, stabiliamo con lei il luogo diconservazione con le necessarie precauzioni.Non esiste una tempistica standard e quindi ilperiodo di consegna dipende dalla comples-sità del supporto.La procedura prevede la realizzazione di una“dima” del reperto anche per identificare leparti che possono sopportare meglio il soste-gno; a matita poi tracciamo il contorno delsupporto con i ganci e poi si procede al taglio”Massimo: “I ganci con una resistenza elettricavengono modellati e piegati; il supporto vienepoi levigato con un cutter per eliminare le im-perfezioni provocate dal taglio; si usa in se-guito carta seppia con acqua per eliminaretutte le imperfezioni e infine si lucida il tuttoper rendere trasparente l’intero supporto.

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EM: Quale è stato il reperto che sino ad ora vi ha dato lasoddisfazione maggiore dopo che lo avete adeguata-mente sostenuto?

Biagio sorride. Sa che i reperti con cui ha lavorato sonotutti splendidi e unici. “Ci sono delle stele che ci hanno dato molte soddisfazionima anche i sostegni di alcune “teste” a mio parere, sonostate ben preparati. Il lavoro è complesso in quanto allevolte accade che proprio all’ultimo passaggio il plexiglasssi spezzi e allora bisogna ricominciare da capo”.

EM: Quanto tempo dedicate a questo lavoro?

“Noi, come ricordato all’inizio, abbiamo un programma dimanutenzione ordinaria che programmiamo regolarmente;quando ci rimane del tempo a disposizione, su richiestadella direttrice, occasionalmente realizziamo i supporti”.

Approfittiamo ancora della dott.sa Caramello.

EM: I nuovi supporti saranno tutti in plexiglass o avetein mente altri materiali da utilizzare?

Rispetto ad altri materiali, il plexiglas non solo ha il van-taggio di essere inerte e quasi trasparente (alleggerendocosì, visivamente, la struttura di sostegno), ma offre lafondamentale possibilità di essere lavorato direttamentedal nostro staff tecnico qui in Museo: questo aspetto per-mette alla Fondazione un notevole risparmio economico edi tempo. Soltanto nel caso di reperti particolarmente pe-santi ricorriamo a un fabbro che realizza il supporto sullabase di un nostro progetto.

EM: Oltre all’allestimento dei supporti prevedete, manmano che la vetrina sarà terminata, di disporre gli stessiin una nuova teca con illuminazione adeguata? In casoaffermativo, ancora nel vecchio allestimento museale osolo nella nuova esposizione?

Il progetto del Nuovo Museo prevede nuove vetrine ade-guate ai moderni standard museali (per un valore totale dialcuni milioni di euro). Per quanto riguarda l’illuminazione,anch’essa sarà completamente rinnovata nel Nuovo Museo,ma già in questi anni il Museo, grazie alle sponsorizzazionidi IltiLuce per la Tomba di Kha e lo Statuario e, nello spazioridotto della Ex Tomba di Kha (piccolo magazzino visitabileoggi destinato ai materiali del Medio Regno provenienti

dagli scavi di ErnestoSchiaparelli ad Assiut eGebelein), di Soleam-biente (nientemenoche il nipote di ErnestoSchiaparelli!), può van-tarsi di avere notevol-mente miglioratol’illuminazione di sale ereperti grazie alla tec-nologia LED, peraltrocon un notevole rispar-mio di 12000 watt.

EM: Avete realizzato un ottimo spazio per re-perti provenienti dalla tomba di Kha, perchénon utilizzare questa tecnica di ancoraggioper tutti questi oggetti?

Se si esamina con attenzione il ricco corredo diKha e Merit, si può notare che sono relativa-mente pochi gli oggetti che, per loro stessaconformazione, necessitano di un nuovo sup-porto in plexiglass e quelli che ne avevano uneffettivo bisogno ne sono già stati dotati. I co-fanetti, gli sgabelli e altri elementi del mobilionon saranno invece dotati di un supporto diplexiglas semplicemente perché non ne hannobisogno. Siamo infatti molto attenti a non “sof-focare” singoli reperti o intere vetrine conquantità eccessive di plexiglas!In questi anni stiamo provvedendo anche allapulitura dei tessuti di questo corredo (grazie al

fondamentale contributo de “Gli Scarabei”, iSoci Sostenitori del Museo Egizio di Torino):una volta pronti, questi vengono conservati neimagazzini in attesa di essere nuovamenteesposti nell’allestimento definitivo. Infatti, conle nuove vetrine, la polvere non sarà più un pro-blema (mentre, con le attuali vetrine e con le no-tevoli quantità di polvere sollevate dal cantiere, itessuti sarebbero di nuovo “sporchi” ben primadel 2015). Questi tessuti verranno esposti pro-babilmente in grandi contenitori/cassettiere diplexiglas, simili a quelli che sono stati realizzatirecentemente per ospitare i materiali vegetalidella medesima tomba (agli, frutti di palma dum,rami etc.) dopo la loro pulitura.L’intervista con Biagio e Massimo si è svolta nellaSala della Presidenza e successivamente nel la-boratorio dove vengono realizzati i supporti,dove ci hanno mostrato la sequenza operativache hanno adottato per ottenere il risultato mi-gliore.Al termine i due tecnici del Museo ci hanno ac-compagnato all’interno della collezione egizia,mostrandoci con orgoglio i supporti che già sonoesposti lungo quasi tutto il percorso museale.Il confronto con i supporti lignei ancora pre-senti, ma anche il modo completamente di-verso di esporre i reperti stessi, ci ha fattoapprezzare ancora di più il lavoro silenzioso e“trasparente” di Biagio e Massimo, che ringra-ziamo per la gentilezza, la simpatia e la dispo-nibilità, ma anche per la passione e la serietàche mettono in quello che fanno.

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Biagio Sparacino Massimo Piccarreta

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L’Egitto in cui visse Hoda Sha’rawi (1870-1947) co-nobbe cambiamenti rapidi e profondi, in grado ditrasformare, nel giro di poco tempo, la vita di granparte della popolazione: aumento demografico, cre-scita della popolazione urbana, estensione e poten-ziamento della rete di comunicazioni, introduzionedel telefono e di nuovi sistemi di irrigazione, costru-zione di sale cinematografiche furono solo alcunidegli enormi progressi compiuti in questo Paese.La nahdah, cioè il “risveglio” culturale e sociale dell’Islam, partì proprio dalla terra che un tempo ap-parteneva ai Faraoni, diffondendosi in gran partedelle terre arabe e islamiche.Questo “periodo d’oro” portò anche alla presa di co-scienza, da parte di intellettuali (uomini e donne)delle discriminazioni politiche, sociali e di genere acui erano quotidianamente soggetti. In questo contesto cosi ricco dal punto di vista civile,politico ed intellettuale, si situa l’opera di HodaSha’rawi, una delle pioniere del femminismo islamico. Hoda nacque ad Al Minya il 23 giugno del 1879. Fi-glia del politico Muhammad Sultan, presidente dellaCamera dei Deputati egiziana (l’Egyptian Represen-tative Council) sposò suo cugino, Ali Sha’rawi, cheappoggiò sempre la sua attività femminista espesso cercò in lei appoggio e consiglio per le deci-sioni da prendere in merito alla propria condottapolitica; Ali, infatti, era tra i fondatori del partitoWafd. Hoda trascorse l’infanzia in un harem, dove appreseil francese, lingua in cui si esprimeva abitualmente,ma non l’arabo classico, in quanto si riteneva nonavesse bisogno di tale insegnamento.Venne fatta sposare con Ali, a soli tredici anni, con-tro la propria volontà. Riuscì ad ottenere il divorziodopo poco tempo e si risposò con il cugino solo unavolta compiuti ventuno anni.Nel 1908 compì un viaggio in Francia che le diedel’ispirazione per costruire un dispensario che di-venne, in seguito un ospedale e una scuola di pueri-cultura in patria.Nel 1919 fondò, insieme ad altre donne, la Società

della Donna Nuova, con l’obiet-tivo di dare un’istruzione alleragazze povere, in modo dapoter garantire loro un futuropiù sicuro.Nello stesso anno ci furono vio-lente proteste contro l’occupa-zione inglese; Hoda decise cheera giunto il momento di farsentire la propria voce, scen-dendo in strada per reclamarel’indipendenza.Durante un convegno organiz-zato dall’Accademia d’EgittoNini Sha’rawi, nipote di Hoda,raccontò un aneddoto che rac-chiude tutta la forza d’animo diquesta grande pioniera delfemminismo: nel 1919, in pienamanifestazione, un soldato in-glese puntò l’arma contro Hodama lei, invece di reagire, si aprìil cappotto e lo invitò a sparare.Il 1923 fu un anno importantis-simo nella vita della Sha’rawi:fondò l’Unione Femminista Egi-ziana, per proteggere i dirittidelle donne, come quello distudiare e accedere con più fa-cilità all’università e alla vita pubblica e conquistareil suffragio femminile.Nel maggio dello stesso anno Hoda ed altre femmi-niste di spicco, come Saiza Nabarawi e NabawiyyaMusa, partirono per Roma allo scopo di assistere alCongresso dell’Alleanza Mondiale Femminile.Al ritorno da questo viaggio la Sha’rawi e Saiza Na-barawi si tolsero il velo come forte gesto simbolicodi emancipazione.Forse per Hoda si trattò della realizzazione di unsogno che aveva fin da bambina quando, tra le muradell’harem, a contatto con la cultura francese, iniziòa pensare che quel pezzo di stoffa fosse l’unico ostacolo

che si frapponeva tra le donne musulmane e la loro li-bertà.Vale la pena soffermarsi un momento sugli obiettividell’Unione Femminista Egiziana: questa, infatti, eraamministrata da un comitato direttivo ed esecutivo icui sforzi consistevano nel migliorare la condizionefemminile dal punto di vista politico, sociale, intellet-tuale e giuridico fino al raggiungimento della pienauguaglianza con gli uomini.A tal proposito la Sha’rawi e le altre donne dell’Unionesi impegnarono per facilitare l’istruzione femminileed ottenere riforme nel campo del matrimonio. Inparticolare riuscirono ad ottenere dal Parlamento chel’età minima per sposarsi fosse fissata a sedici anniper le donne.L’Unione venne finanziata, soprattutto nei primi tempi,dalla Sha’rawi stessa, che disponeva di un grande pa-trimonio, ma il numero di iscritte crebbe rapidamente,consentendo anche finanziamenti esterni.Fu proprio grazie alle spinte e al prestigio dell’Unioneche, verso la fine degli anni Venti, furono ammesseall’università “Fuad” le prime donne. Il 1933 fu l’annodelle prime laureate in una università egiziana e HodaSha’rawi si impegnò in prima persona per far otte-nere a molte giovani borse di studio per completareil percorso di studi in Europa.La pioniera fondò anche una scuola elementare ediede l’avvio ad un programma di protezione ed assi-stenza per le vedove.Molto importanti furono i contatti che ella portòavanti con le femministe occidentali, inviando dele-gazioni dell’Unione a congressi internazionali.Hoda si impegnò anche in favore della causa palesti-nese, scrivendo articoli contro le attività sioniste nellaterra contesa e contro la Dichiarazione Balfour, sullarivista ufficiale dell’Unione Al Misriyya (L’Egiziana).

Nel 1938 convocò al Cairo un congresso femministaper discutere la situazione in Palestina. Vi preseroparte delegate provenienti da sette Paesi arabi evenne organizzata una raccolta fondi a favore deglistessi palestinesi.Hoda Sha’rawi si impegnò in prima persona sia nellalotta per l’ emancipazione femminile che in quella na-zionalista: si oppose all’occupazione britannica senzacadere nelle trappole della xenofobia, sostenendo lanecessità di riforme che mirassero all’instaurazionedi uno Stato su base laica e di istituzioni politiche oc-cidentali.Non tutte le femministe islamiche si ispirarono a mo-delli europei come fece Hoda Sha’rawi. Questa donnafu davvero capace di scelte impegnative e grande au-dacia. In un discorso tenuto nel 1944 ricordò agli uo-mini quanto le donne si fossero battute per laconquista di diritti di cui anche e soprattutto il sessoforte aveva goduto.Le donne erano sempre state in prima linea per la di-fesa ed il progresso della nazione e, dunque, non me-ritavano di essere private di quelle stesse vittorie cheavevano ottenuto con enorme fatica. Un monito atutti quegli uomini che ritenevano che il posto di unadonna fosse esclusivamente tra le pareti anguste diun harem.

Francesca Rossi

BBiibblliiooggrraaffiiaaLeila Ahmed: “Oltre il Velo. La donna nell’Islam da Maomettoagli ayatollah”, ed La Nuova Italia, 1995;Isabella Camera D’Afflitto: “Letteratura araba contemporanea.Dalla Nahdah a oggi”, ed. Carocci, 2006;Hoda Sha’rawi: “Harem Years. The Memoirs of an EgyptianFeminist 1879-1924”, ed. Feminist Press, 1993;

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Le pioniere del femminismo islamico:Hoda Sha’rawiil

e g i t t o m o d e r n o e g i t t o m o d e r n o

Ha conseguito la laurea in Lingue e Civiltà Orientali al-l’Università “La Sapienza” di Roma studiando comeprima lingua l’arabo, come seconda lingua l’ebraico ecome lingua europea l’inglese. Sta frequentato, sempre presso lo stesso ateneo, il corsodi Laurea Magistrale in Lingue e Civiltà Orientali.Durante la sua formazione ha trascorso un periodo adAlessandria d’Egitto per l’approfondimento della linguaaraba classica e dialettale e della cultura islamica.E’ membra dell’Associazione “Egittologia.net”. Ha creato e gestito il primo sito italiano dedicato all’au-trice francese Anne Golon http://digilander.iol.it/son-glianCollabora con1. il sito italiano dedicato all’autore Emilio Salgari:

www.emiliosalgari.it2. il sito dedicato alle donne www.dols.net3. il sito di letteratura http://lafrusta.homestead.com/4. i portali di cinema http://www.bestmovie.it/ (sezioneNews); http://www.horrormagazine.it/5. il sito dedicato all’antico Egitto www.egittologia.net6. il sito dedicato al cinema e ai libri Urban Fantasy:http://urbanfantasy.horror.it/7. il blog letterario Diario di Pensieri Persi: http://www.diariodipensieripersi.com/8. il giornale online Roba da Donne:http://robadadonne.likers.it/10. il giornale online Alchimia Magazine: http://www.alchimia-magazine.net/

[email protected]

Francesca Rossi

di Francesca Rossi

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“COLTELLI” o “bacchette” magiche

e g i t t o i n p i l l o l e e g i t t o i n p i l l o l e

Questo particolare reperto, conosciuto con entrambi i nomi sopracitati e custodito presso il BritishMuseum di Londra con il numero di inventario EA 18175, risale al Medio Regno (2064-1797 a.C. circa)– più precisamente al tardo Medio Regno – e proviene da Tebe.E’ lungo 37 cm ed è stato realizzato in avorio di ippopotamo.

Nell’antico Egitto il momento del parto veniva vissuto con grande apprensione. La mancanza diun’adeguata sterilizzazione degli ambienti e l’assenza dei più comuni farmaci per combattere leinfezioni, rendeva l’arrivo di una nuova vita denso di incognite, con un tasso di mortalità delle madrie degli infanti molto alta.Anche in questo ambito il confine tra la magia e la medicina era tutt’altro che ben definito, al puntoche gli interventi più strettamente medicali, venivano considerati complementari a quelli più squi-sitamente magici, come l’utilizzo di oggetti apotropaici. Il reperto mostrato nella foto è proprio uno degli oggetti utilizzati per allontanare gli spiriti maligni,considerati colpevoli di attentare alla vita del bambino o della madre.Il simbolismo in questo reperto, è presente fin dal materiale con cui è stato costruito, l’avorio diippopotamo, usando il quale gli egizi intendevano sfruttare a proprio vantaggio la forza e la potenzafisica di questo grosso e temuto mammifero, indirizzandola contro le forze maligne. Qui vi è ancheun probabile riferimento alla dea Taweret, raffigurata come una femmina gravida di ippopotamocon alcune parti del corpo mutuate da altri animali, preposta proprio al parto e all’allattamento.Anche la sua forma potrebbe avere un valore apotropaico e vi sono a tal proposito più interpretazioni. Una di queste suggerisce la similitudine tra il reperto e il boomerang. In Egitto il boomerang, o piùpropriamente il bastone da lancio, è spesso raffigurato nelle tombe tra le mani del proprietario men-

tre caccia dei volatili; un’azione che non è solo ludica, ma che rappresenta la sconfitta del caos rap-presentato dallo stormo di uccelli.Secondo un’altra interpretazione, la curvatura simmetrica suggerisce la linea dell'orizzonte che – as-sieme alle immagini che vi sono rappresentate – creano un’associazione tra il neonato e il dio-sole. Le immagini presenti nella parte più centrale infatti, come la sfinge a doppia testa, lo scarabeo e latesta d'ariete un po’ più a sinistra, potrebbero alludere al ringiovanimento notturno del dio sole,

che durante il Nuovo Regno era diventata una delle principali rappresentazioni funerarie.I leoni posti simmetricamente a ciascuna estremità, potrebbero essere una prima versione di unmotivo iconografico che successivamente apparirà nel Libro dei Morti. Completano le immagini una serie di divinità protettrici, quasi sempre armate di coltelli, tra le qualispicca il nano Aha, “il lottatore”, considerato una forma particolare del dio Bes, che strangola amani nude due serpenti o talvolta una gazzella.Gli archeologi hanno ritrovato molti di questi reperti all’interno delle sepolture, quasi sempre spez-zati con un colpo netto che ha creato due parti integre, che una volta rimesse una accanto all’altra,hanno ridato forma integra all’oggetto. Una spiegazione, in linea con il pensiero egizio, potrebbe essere che il defunto abbia voluto portarenella sua ultima dimora un oggetto che ha sempre ritenuto determinante per la propria nascita, mache nel contesto della morte e della sepoltura avrebbe potuto “interferire” con l’azione magica deiriti funerari specifici.Spezzandolo, l’intenzione potrebbe essere stata quella di annullare il potere attribuito a questoreperto, fondamentale all’alba della vita, ma – forse – ritenuto dannoso al suo tramonto.

Paolo Bondielli

E' evidente il punto esatto dove il reperto è stato spezzato in due parti. Si notino la zampa sinistra della sfinge e il musodella testa di canide con il collo allungato, divisi dalla

rottura netta e riuniti nel restauro

di Paolo Bondielli

La bacchetta (o coltello) magica, provenientedal British Museum

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Ernesto Schiaparelli nacque il 12 luglio 1856 adOcchieppo Inferiore (NO a quei tempi, ora BI)da Francesca Corona e Luigi, eminente profes-sore di storia all’Università di Torino. Vennebattezzato il giorno successivo nella chiesa diOcchieppo. Questo è ciò che si legge nel suoatto di battesimo, numerato con il 29: “L’annodel Signore mille ottocento cinquantasei edaddì tredici del mese di Luglio alle ore sette in-circa di sera nella Parrocchia di S. Antonino,comune di Occhieppo Inferiore è stato presen-tato alla Chiesa un fanciullo di sesso Mascolinonato li dodici nel mese di Luglio alle ore diecidel mattino nel distretto di questa Parrocchia,figlio del sig.r Luigi di Clemente Schiapparellidi professione professore di storia domiciliatoin Occhieppo Inferiore e della sig.ra FrancescaCorona di professione benestante domiciliatain Occhieppo Inferiore coniugi Schiapparellocui fu amministrato il Battesimo dal Parrocosottoscritto e sono stati imposti li nomi LuigiClemente Bartolomeo Ernesto essendo statipadrino il sig.r Corona Bartolomeo fu France-sco di professione causidico1 domiciliato inBiella S. Stefano e madrina la sig.ra Corona Te-resa moglie del sig.r dottore Bartolomeo Co-rona di professione benestante domiciliata inOcchieppo Inferiore. L’indicazione della na-scita con richiesta del Battesimo è stata fattadal padre del neonato.” Leggendo questo do-cumento balza subito all’occhio la doppia p nelcognome di Ernesto. In effetti spulciando negliarchivi di Occhieppo compaiono entrambe legrafie: addirittura in alcuni casi si trova il co-gnome scritto “Schiaparello”. Tutto ciò è moltoprobabilmente un mero errore di compilazioneche si è trascinato sin dal ‘700, per poi termi-nare nel 1871: da tale data infatti troviamosempre i componenti della famiglia Schiapa-

relli citati con la dicitura corretta. Fin da ragaz-zino Ernesto dimostrò una predisposizione perle materie umanistiche e storiche in partico-lare, passione ereditata dal padre. Dopo il di-ploma si iscrisse all’Università di Torinoseguendo con estremo interesse i corsi di Egit-tologia tenuti da Francesco Rossi, autore, incollaborazione con il Fabbretti ed il Lanzone,del Catalogo del Museo Egizio di Torino editonel 1888. Il 13 luglio 1877 si laureò in Letterecon una tesi di 112 pagine, dedicata ai suoi ge-nitori, dal titolo: “Del sentimento religiosodegli antichi egiziani secondo i monumenti”.Si recò in seguito a Parigi per frequentare,presso il Collège de France, la scuola di perfe-zionamento diretta dal grande egittologo Ga-ston Maspero. Il suo nuovo Maestro, atestimonianza della grande stima riposta nelgiovane allievo, pubblicò la tesi di laurea in“Revue Critique”, n° 12. Tornato in Italia loSchiaparelli, diventato nel frattempo ispettoredel Ministero della Pubblica Istruzione, vennenominato nel 1880 direttore della sezione Egi-zia del museo archeologico di Firenze, coadiu-tore del curatore della sezione etrusca, ilProfessor Luigi Adriano Milani. In quel periodol’Istituto era in fase di trasferimento in unanuova sede, che è poi l’attuale, e con il Milanisi occupò di riallestire l'intera collezione egizia,disegnando anche una serie di vetrine in stileegittizzante, in gran parte ancora utilizzatenell'attuale esposizione museale. Per caratte-rizzare ulteriormente le sale destinate ad ospi-tare i reperti egizi, ideò una splendidadecorazione con temi legati all’antica civiltà ni-lotica ed ancora oggi, visitando le sale, si hal'impressione di camminare tra le vestigia diantichissimi templi posti sotto un cielo stellato.Il Museo venne inaugurato nel 1883 alla pre-senza del re Umberto I di Savoia e della reginaMargherita. Per l’occasione Ernesto Schiapa-

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relli compose due testi geroglifici in perfettostile egizio, traducendo foneticamente anche ilnome del re e della regina per poterli poi inse-rire all'interno dei cartigli, com’era in uso per isovrani d’Egitto. I due testi ed i cartigli furonopoi dipinti nella seconda e terza sala, con ledate del 1880 e del 1891 e ci raccontano tut-tora di una prima visita del re al vecchiomuseo, con il suo dispiacere per le pessimecondizioni in cui versava l’edificio e dell’avve-

nuta ristrutturazione.Nella stesura di questi due testi lo Schiaparellidimostrò delle notevoli conoscenze filologichee storiche. Nel primo si può leggere, nellasplendida traduzione del Prof. Sergio Dona-doni: ”Sua Maestà chiamò il Principe grandefunzionario di tutti gli insegnamenti con il so-prastante capo funzionario di tutte le cose

degli antichi2 e disse loro: Ho visto la casa dellecose antiche della terra d’Egitto che sta a Fi-renze ed ho trovato i muri ed i tetti caduti pervecchiaia……….Il mio cuore è amareggiato peril mio amore verso le cose degli antichi e vogliodi nuovo costruire una grande sede, salda perl’eternità……..ponendovi ogni cosa del Paesed’Egitto per far fiorire il nome della gente egi-ziana per l’eternità”. Il secondo loda il risultatodei lavori di rifacimento ed impartisce un or-

dine perentorio: “Aprite questo palazzo allegenti di tutte le provincie d’Italia ed alla gentestraniera tutta”. In questa frase che il Nostro fadire al sovrano intuiamo tutto il suo pensiero:il museo deve porre in evidenza la civiltà cheespone rivolgendosi ad un pubblico quanto piùampio possibile. Oltre ad un semplice riordina-mento della collezione fiorentina cercò di in-

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ernesto schiaparelli

i t a l i a n i i n e g i t t o i t a l i a n i i n e g i t t o

L’EGITTOLOGO ED IL FILANTROPO

I nomi della regina Margherita, a sinistra e del Re Umberto, a destra (foto P. Bondielli)

1 Chi difendeva qualcuno in giudizio senza essere avvocato2 Praticamente il Ministro della Pubblica Istruzione ed il Direttore gen-erale delle Antichità, detto nella pomposa maniera egizia.

di Alessandro Rolle

prima parte

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templi tebani: tali fotografie sono probabil-mente custodite a Torino, in quanto a Firenzenon se ne trova traccia. Leggendo il diario diSchiaparelli veniamo a conoscenza delle altrelocalità oggetto di studio: con base ad Assiutvisitò il convento copto di Rifa e grandi tombedell’epoca di Ramesse II; esplorò quindi lecave di Durunka , Matmar e Kawalid databilitutte al Medio Regno e la necropoli di Deir el-Gebrawi della sesta dinastia, luogo in cui copiòiscrizioni presenti in alcune tombe. Dirigendosiverso sud visitò il villaggio di Hoteb , copiò letombe di Badari ed Hammamia, coeve alle pre-cedenti. Si trasferì quindi alle limitrofe tombedi Gau che però trovò talmente malridotte danon riuscir a ricavarne nulla. Giunse in seguitoalla necropoli di Akhmin, portata alla luce dallostesso Ernesto nel precedente viaggio, ovegrazie a recenti scavi erano state scopertenuove tombe che ricopiò una ad una. Visitò letombe del Nuovo Regno di Mashaikh, i resti diAbido e le tombe di Chenoboschion . Da Abido,via Nilo, pervenne a Luxor da dove si spostòad Assuan. Qui visitò le rovine di Hermontis, lafortezza di Gebelein, la necropoli delle gazzelledalla quale prelevò alcuni di questi animalimummificati per esporli in Museo, le rovine diHermopolios e la necropoli di Hasaiot con lacopiatura di due tombe della VI dinastia dapoco rinvenute. A questo punto ritornò versoTebe, visitando le magnifiche cave di arenariapresso Gebel Silsila. Poco più a Nord scoprì al-cune tombe ad El-Kab. Da qui si sarebbe do-vuto recare a Tell el-Amarna per raggiungere ilPetrie che vi stava scavando ma, per motivi disalute, fu costretto ad un ritorno al Cairo e dalì in Italia. Ritornò quindi a Firenze nel mese diaprile e subito curò la pubblicazione delle iscri-zioni appena scoperte della tomba di Harkhufad Assuan con il libro: “Una Tomba egizianainedita della VI Dinastia, con iscrizioni storichee geografiche”, pubblicato con la Reale Acca-demia dei Lincei. La relazione dello Schiapa-relli fu letta all’Accademia il 15 maggio 1892.Nella presentazione si legge:”La Memoria delprof. Ernesto Schiaparelli è pregevolissima

sotto ogni aspetto, e conta fra le migliori con-tribuzioni offerte di prossimo all’Accademia. Ilcaso di uno scienziato italiano che ottiene al-l’estero scoperte di primo ordine, e che neoffre le primizie alla R. Accademia è così raroche merita di essere segnalato. ……”. Comeoggi, anche allora gli scienziati non eranomolto propensi a diffondere le loro scoperte:Schiaparelli si distingue anche in questo!Nel 1893 il museo toscano ricevette in dono dalgoverno egiziano alcuni dei sarcofagi e degliushabti rinvenuti nella chachette di Deir el-Ba-hari due anni prima. Fu questa l’ultima grandeacquisizione del Museo sotto la direzione diSchiaparelli. Il 30 settembre 1894 Ernestovenne infatti nominato direttore del MuseoEgizio di Torino, il cui posto era vacante dopola morte di Ariodante Fabbretti. Ernesto la-sciava un museo fiorentino in eccellenti con-dizioni, con una collezione che contava ormaipiù di 8.500 reperti: un notevole incrementorispetto al 1880!Per facilitare la gestione dell’”AssociazioneNazionale per Soccorrere i Missionari cattoliciItaliani” ne trasferì la sede da Firenze a Torino.La prima decisione che prese come nuovo di-rettore dell’Egizio di Torino fu quella di licen-ziare, con un atto francamente pococomprensibile, Francesco Rossi, che vi lavo-rava da ben 30 anni, negandogli anche l’uti-lizzo di una piccola sala per insegnare. Comecoadiutore per le Antichità fu affiancato daPietro Barocelli. Un notevolissimo lavoro lo at-tendeva nel Museo della capitale sabauda: giàda parecchi decenni infatti la storia egizia erastata suddivisa dagli egittologi in Antico,Medio, Nuovo Regno e Tarda Epoca e, da poco,erano stati individuati i periodi Predinastico eProtodinastico; il museo torinese era inveceancora fermo all’esposizione dei reperti dellacollezione drovettiana, provenienti per la mag-gioranza da Tebe e databili quasi per intero alNuovo Regno. Come a Firenze occorreva conurgenza recarsi in Egitto per effettuare acqui-sti sul mercato antiquario. Per tale scopo riuscìad ottenere dal Re Vittorio Emanuele III dei fi-

crementarla attraverso acquisti presso anti-quari, grazie a finanziamenti ministeriali ed aquelle che oggi chiameremmo sponsorizza-zioni da privati. Furono molteplici i reperti cheandarono così ad arricchire le sale del museo:tra le prime ad essere esposte, già nel 1881, fu-rono due statue provenienti dall’Iseo Cam-pense di Roma ed acquistate da un tal PietroTranquilli. Nello stesso anno iniziò a scrivere“Il libro dei funerali degli antichi egiziani”, ri-cavato da tre esemplari non completi: un pa-piro del Louvre, un’iscrizione nella Valle dei Reed un testo su sarcofago di Torino: per tale suolavoro, terminato nove anni dopo, fu premiatodall’Accademia dei Lincei. Ultimata la sistema-zione del museo del capoluogo toscano e li-bero da impegni istituzionali, ottenne dalMinistero il permesso ed i finanziamenti neces-sari per recarsi nel 1884 per la prima volta inEgitto. Tali finanziamenti, che ammontavano a3.000 lire, verranno poi utilizzati per effet-tuare acquisti presso il mercato antiquario egi-ziano. Con Maspero attivo nella Valle dei Re inquello stesso anno, fu invitato a parteciparealla campagna di rilevamento. La sua attivitànella terra dei faraoni non si limitò però soloall’acquisto ed alla partecipazione da osserva-tore alla campagna: nel brogliaccio di inventa-rio relativo al viaggio si legge del rinvenimentodi un piccolo deposito di fondazione di età ra-messide scoperto, con l’aiuto di un fellah, nellatomba di Mentuherkhepeshef (TB19), figlio diRamesse IX. In questo primo viaggio le localitàvisitate furono: Bubasti, Giza, Menfi, Saqqara,Arsinoe, Fayum, Minia, Ash-munein, Tell el-Amarna, Akmin, Abido, Qena, Qift, Gebelein,Mu’alla, Edfu, Elefantina e Tebe. A Luxor, l’an-tica Tebe, Schiaparelli fu ospite dei missionarifrancescani che vi risiedevano: le condizioni divita dei frati erano talmente miserevoli cheprese la decisione di formare in patria un mo-vimento per “soccorrere”, per utilizzare le sueparole, quegli uomini devoti. Ernesto intuì chel’unico modo per far accettare dai musulmanii religiosi cristiani sarebbero state le opere be-nefiche: a tal fine costruì scuole ed organizzò

ospedali che diresse, sino alla morte, da Fi-renze prima e da Torino in seguito. Rientrato inPatria realizzò in poco tempo il movimento disoccorso: il 12 gennaio 1886 a Firenze venneformato un Comitato provvisorio che, in un’as-semblea del 27 marzo 1887, diventò “Associa-zione Nazionale per Soccorrere i Missionaricattolici Italiani”. Presidente fu nominato ilprofessor Augusto Conti, un filosofo, storico eduomo politico. Schiaparelli, per modestia, volleper sé la carica di segretario generale. Furonotalmente brillanti i risultati ottenuti dall’asso-ciazione con la creazione di una scuola profes-sionale ed un asilo ad Assab in Eritrea, di trescuole in Egitto e sussidi ai missionari italianiin Libano, Siria, Armenia, Turchia, Cirenaica edAlbania da far esclamare al senatore FedeleLampertico3 : “Avete qualche bella idea, qual-che progetto difficile, impossibile ad effet-tuarsi? Affidatelo al Prof. Schiaparelli e lovedrete realizzato!”. Nel frattempo continuòad occuparsi del museo di Firenze collocandoi reperti acquistati nel corso del viaggio e pub-blicando un catalogo, edito nel 1887: “Il MuseoArcheologico di Firenze: antichità Egizie, I”.Nell’introduzione si legge che in questo primovolume avrebbe trattato di immagini di divinitàe di monumenti lapidei; in un secondo invecedi mummie, suppellettili, amuleti e papiri: pur-troppo il secondo volume non vide mai la luce.Passarono ben quattro anni per rivedere Erne-sto in Egitto, quando riuscì ad ottenere dal Mi-nistero un finanziamento, come per il primoviaggio, di 3.000 lire. Interessante la letteraministeriale, datata 19 ottobre 1891, nella qualesi legge circa la destinazione e la soglia delfinanziamento:”……per acquisti di antichitàegiziane e per provvedere alle spese di tra-sporto…….e non potrà essere assolutamenteoltrepassata”. Nel primo viaggio, infatti, furonospese ben 5.000 lire per gli acquisti ed 850per il trasporto dei reperti. Scopo principaledel secondo viaggio, durato all’incirca cinquemesi, fu un reportage fotografico di tombe e

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i t a l i a n i i n e g i t t o i t a l i a n i i n e g i t t o

3 Fedele Lampertico (Vicenza 13/06/1833 – Vicenza 06/04/1906).Fu economista, scrittore ed uomo politico.

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Nato a Torino nel 1969, da una quindicina di anni si interessa attivamente di Antico Egitto,compiendo numerosi viaggi di studio nella terra dei faraoni.

E' membro del consiglio direttivo ACME (Amici Collaboratori Museo Egizio di Torino) col quale organizza conferenze e visite al museo. I suoi interessi culturali spaziano anche nell’ornitologia, essendo un birdwatcher.

Alessandro Rolle

nanziamenti annuali, grazie anche all’interessedei Savoia nei confronti delle ricerche archeo-logiche e della cultura. Erano però cambiati itempi ed i prezzi sul mercato antiquario sierano notevolmente alzati: dopo una primacampagna d’acquisti, decise di iniziare vere eproprie campagne di scavo. Nel luglio del 1897ottenne due importanti riconoscimenti: il 3 di-venne libero docente di egittologia ed il 23venne eletto “Socio Corrispondente“ dell’Ac-cademia dei Lincei. L’anno seguente, nelmarzo, partecipò all’organizzazione dell’”Espo-sizione Internazionale delle Missioni Cattoli-che” tenutasi a Torino, con la presenza ditrenta ragazzi egiziani. Nel 1899 è invitato aRoma al XII° Congresso degli Orientalisti. Nel1900 l’egittologo lasciò il posto al filantropo: fuinfatti tra i fondatori, a Venezia, dell’”Opera diAssistenza agli operai italiani emigrati in Eu-ropa”, denominata in seguito “Opera Bono-melli” in onore del presidente, il monsignorGeremia Bonomelli, vescovo di Cremona.Schiaparelli per un certo tempo ne fu il segre-tario generale. Ma non aveva certo accanto-nato il suo esser egittologo: con una letteradatata 15 ottobre 1900 sollecitò il Ministero peril finanziamento di una campagna di acquistida svolgersi in Egitto tra gennaio e febbraiodell’anno successivo. In quei due mesi si trovòquindi per la terza volta in Egitto riuscendo araggiungere Assuan. Il 23 febbraio, già da To-rino, notificò che i reperti acquistati si trova-vano in viaggio su rotaia “in vagone chiuso apiccola velocità” da Genova a Torino. Passòqualche mese e, in una relazione particolareg-giata da consegnare al Ministero, il 23 novem-bre illustrò i vantaggi ricavabili da unacampagna di scavo, approntando anche unprogramma per una missione archeologica ita-liana nella terra dei faraoni, proponendo unadurata di tre anni, per circa quattro mesi discavi annuali a fronte di una spesa di 15.000lire per anno. Nel mentre prosegue il carteggiocon il Ministero, Schiaparelli iniziò a trattarecon il Servizio di Antichità del Cairo, diretto dalMaspero, chiedendo lumi su alcuni siti promet-

tenti e non vincolati ad altre concessioni. La si-tuazione in Egitto in quei primi anni del nuovosecolo era favorevole alle missioni straniere,quindi il Maspero gli fornì un lungo elenco disiti disponibili che venne subito comunicato daparte del nostro al Ministero. Lo Schiaparellicontinuò ad inviare le sue pressanti richiesteed, in una lettera datata 29 aprile, precisò cheil Maspero aveva riservato al Museo lo scavodi Eliopoli e della Valle delle Regine, aggiun-gendo: “lo scavo che, forse per l’ultima volta, civiene proposto è di tale importanza………chenon può non esser accettato con gratitudine”.Fu talmente “tachisso ”, diremmo in piemon-tese, nelle sue richieste che re Vittorio Ema-nuele III gli concesse udienza il 2 giugno 1902.Il Ministero gli garantì l’autorizzazione con unfinanziamento di 15.000 lire annue per quattroanni, con la speranza di non rimanere il solo fi-nanziatore. Ed ecco infatti che Nasi, allora Mi-nistro dell’Istruzione Pubblica, stabilì unasovvenzione di altre 4.000 lire annue, più ulte-riori mille di maggiorazione per il Museo sui fi-nanziamenti già annualmente erogati. Tuttociò però non pareva ancora sufficiente al fu-turo senatore del Regno: c’era il problemadella ricerca dei papiri greci, voluta da Villari,senatore e Presidente dell’Accademia dei Lin-cei: nel luglio 1902 il Ministero ricevette quindiuna lettera contenente una richiesta di 5.000lire aggiuntive. Ottenute queste ulteriori sov-venzioni nel 1903, con l’intervento ed il soste-gno di Sua Maestà Vittorio Emanuele III,costituì la Missione Archeologica Italiana(M.A.I.). Da quell’anno le campagne, general-mente svolte come oggi nei mesi invernali, fu-rono ben dodici, con l’ovvia sospensioneoccorsa durante il periodo bellico.

Alessandro Rolle

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TAVOLA CRONOLOGICA 1856-19031856 12 luglio Nasce ad Occhieppo Inferiore da Francesca Corona e Luigi Schiaparelli1877 13 luglio Si laurea in lettere all’Università di Torino1878-1880 Studia a Parigi con il Maspero1880 E’ nominato direttore della Sezione Egizia del Museo Archeologico di Firenze1883 2 febbraio Inaugura la nuova sede del Museo di Firenze1884-1885 Primo viaggio in Egitto1886 Fonda l’Associazione Nazionale per Soccorrere i Missionari Cattolici Italiani1891-1892 Secondo viaggio in Egitto1892 Pubblica le iscrizioni della tomba di Harkhuf ad Assuan1894 3 novembre E’ nominato Direttore del Museo Egizio di Torino1897 3 luglio Diventa libero docente di Egittologia

23 luglio E’ eletto socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei1898 Organizza a Torino l’Esposizione Internazionalel delle Missioni Cattoliche1899 Partecipa a Roma al XII° Congresso degli Orientalisti1900 E’ tra i fondatori dell’Opera Bonomelli1901 Terzo viaggio in Egitto1903 Fonda, con l’aiuto di Vittorio Emanuele III il M.A.I. Il 29 gennaio prima spedizione archeologica

del M.A.I. nella Valle delle Regine

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i t a l i a n i i n e g i t t o i t a l i a n i i n e g i t t o

BBIIBBLLIIOOGGRRAAFFIIAA::

AA. VV. OMAGGIO A GIUSEPPE BOTTI LA GOLIARDICA- MILANO 1984AA. VV. SEREKH ACME - TORINO 2002AA. VV. SEREKH IV ACME - TORINO 2007AA. VV. VEDUTE SULL’EGITTO ANTICO (ANNUARIO I 1974-79) GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO 1981AA. VV. MUSEO EGIZIO DI TORINO ATTI DEL CENTOCINQUANTENARIO GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO 1974AA. VV. IL MUSEO EGIZIO DI TORINO ALLEMANDI - TORINO 2008AA. VV. MUSEO EGIZIO DI TORINO ELECTA - MILANO 2006AA. VV. IL MUSEO EGIZIO FI TORINO. GUIDA ALLA LETTURA DI UNA CIVILTÀ DE AGOSTINI - NOVARA 1988AA. VV. L’EGITTO DAL MITO ALL’EGITTOLOGIA SAN PAOLO - TORINO 1990AA. VV. GLI ARTISTI DEL FARAONE ELECTA - MILANO 2003AA. VV. GEBELEIN- IL VILLAGGIO E LA NECROPOLI ARTEMA - TORINO 1994AA. VV. LE MUMMIE DEL MUSEO EGIZIO DI FIRENZE GIUNTI - FIRENZE 2001AA. VV. IL CARRO E LE ARMI DEL MUSEO EGIZIO DI FIRENZE GIUNTI - FIRENZE 2002AA. VV. GIOIELLI E COSMESI DEL MUSEO EGIZIO DI FIRENZE GIUNTI - FIRENZE 2003CURTO SILVIO ATTRAVERSO L’EGITTOLOGIA II ACME - TORINO 2009CURTO SILVIO MUSEO EGIZIO DI TORINO TIPOGRAFIA TORINESE EDITRICE - TORINO 1984CURTO SILVIO STORIA DEL MUSEO EGIZIO DI TORINO CENTRO STUDI PIEMONTESI - TORINO 1976DONADONI ANNA MARIA (A CURA) DAL MUSEO AL MUSEO. PASSATO E FUTURO DEL MUSEO EGIZIO DI TORINO ALLEMANDI - TORINO 1989LEBLANC-SILIOTTI NEFERTARI E LA VALLE DELLE REGINE GIUNTI - FIRENZE 2002MOISO BEPPE (A CURA) ERNESTO SCHIAPARELLI E LA TOMBA DI KHA ADARTE - TORINO 2008PARLAMENTO ELIO ERNESTO SCHIAPARELLI EGITTOLOGO KIWANIS CLUB BIELLA - BIELLA 2006RACANICCHI PIERO (A CURA) FOTOGRAFI IN TERRA D’EGITTO PAS INFORMAZIONE - TORINO 1991SCHIAPARELLI ERNESTO LA TOMBA INTATTA DELL’ARCHITETTO KHA NELLA NECROPOLI DI TEBE ADARTE - TORINO 2007COPIA ANASTATICASCHIAPARELLI ERNESTO UNA TOMBA EGIZIANA INEDITA DELLA VI DINASTIA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI - ROMA1892TOSI MARIO LA CAPPELLA DI MAIA - UN PITTORE A DEIR EL MEDINA ARTEMA - TORINO 1994

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avrà la responsabilità di gestire un patrimonioche è un bene comune di inestimabile valore:l’archeologo, per l’appunto.Per capire allora come stanno le cose ne par-liamo con Silvia Vacca, segretario per la re-gione Campania dell’Associazione NazionaleArcheologi (ANA).

“Nonostante l’Italia sia il paese con il mag-gior numero di siti inclusi nella lista dell’Une-sco, l’archeologo proprio non ce la fa adarrivare a fine mese. Anzi, in realtà il 63%lavora meno di sei mesi all’anno! Secondo idati del nostro ultimo censimento, ben il74% degli archeologi guadagna meno di20.000 euro lordi l’anno ed è solo il 10% dinoi a superare questa cifra”.

Una situazione ben lontana dagli stereotipi eche ci appare inspiegabile se consideriamoquanto impegno dovrebbe mettere un Paesecome il nostro per la tutela del proprio patri-monio storico-culturale.Chiediamo ancora alla dott.sa Vacca, aldilàdelle cifre, com’è nello specifico la situazionedegli archeologi.

“Il nostro è lavoro del tutto precario: l’ar-cheologo è un lavoratore autonomo o inqua-drato con forme di lavoro atipiche (partitaIVA, co.co.pro, prestazione occasionale, etc.),

con prelievi fiscali e previdenziali molto piùelevati, ma nessun diritto ai congedi paren-tali, alle giornate di malattia retribuite, al so-stegno in caso di perdita del lavoro, allamaternità, né prospettive di una pensione di-gnitosa. Neanche il Ddl Fornero ha portato arisultati positivi ed alcuni emendamenti sonoaddirittura peggiorativi: l'aumento dei contri-buti previdenziali al 33% danneggia moltis-simi archeologi, già fortemente penalizzatidalla negazione di tutele e diritti rispetto ailavoratori dipendenti”.

E la donna?

“Per le donne non è prevista nessuna inden-nità di maternità e malattia, situazione di cuisi fa portavoce anche la rete Archeologhe che(R)esistono” nata all’interno dell’ANA stessa,e vivono con difficoltà la loro esperienza la-vorativa in un ambiente professionale che, alpari di tanti altri, vede un immotivato prota-gonismo della figura maschile”.

Quindi la nascita dell’ANA è il modo con il qualegli operatori di questo settore tentano di dareuna risposta a una situazione anomala, pocogratificante per se stessi ma pericolosa ancheper il nostro straordinario patrimonio storico-archeologico.

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a s s o c i a z i o n e n a z i o n a l e a r c h e o l o g i

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E’ un paradosso tutto italiano.Da una parte una gran quantità di siti archeologici che andrebbero indagati, consolidati, resifruibili al pubblico e che dovrebbero essere oggetto di una continua manutenzione da partedegli specialisti. Dall’altra uomini e donne che, dopo un percorso universitario lungo e com-plesso, durante il quale hanno acquisito una professionalità di altissimo livello, non riescono afinalizzare in un lavoro stabilmente e correttamente retribuito quegli anni di studio.Questi sono gli Archeologi.Una figura professionale che la letteratura e la cinematografia ha appiattito in uno stereotipoche basta a se stesso, secondo il quale serve un piccone, una pala e una X dove cominciare ascavare. Fatta di uomini che partono portando con se solo un piccolo zaino, salgono su aereimalmessi che atterrano su di una pista sterrata in un paese quasi sconosciuto, lontano migliaiadi chilometri da qualsiasi altro posto. Qui si trasformano in una specie di Rambo e fanno tabularasa di nemici e concorrenti, tornando a casa col prezioso manufatto.No, questa non vuole essere una critica alla fortunata serie cinematografica dell’archeologoper eccellenza, Indiana Jones, ma il tentativo di praticare quella salutare dicotomia tra ciò checi sembra essere e ciò che per davvero è. Perché non esistono X dove cominciare a scavare, maindagini realizzate da personale qualificato con strumenti sofisticati. Perché prima “partire”serve un progetto, un preventivo di spesa con la necessaria copertura economica, nel quale –troppo spesso – non è contemplato un adeguato compenso per quella figura professionale che

associazione nazionale archeologi“RISCOPRIAMO IL PASSATO E NON ABBIAMO UN FUTURO!”

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portato in moltissimi paesi europei ad unaprofonda riforma del settore attraverso legi-slazioni organiche. Inoltre sono nate straor-dinarie opportunità occupazionali nelsettore, con centinaia di posti di lavoro perarcheologi, oltre ad esserci stata una evolu-zione della professione ed una ritrovata di-gnità professionale.”

Com’è strutturata l’ANA?

“L’ANA si basa sul principio della democraziapartecipativa: tutti i soci possono realizzareiniziative locali ed eleggono nelle diverse Re-gioni i rappresentanti regionali, tramite co-mitati e assemblee ed eleggere i delegatinazionali. E’ retta dal Presidente insieme alVicepresidente, dalla Segreteria Nazionale edal Direttivo Nazionale. Quest’ultimo, che siriunisce almeno 3 volte ogni anno, è costi-tuito da 30 membri provenienti da tutta Ita-lia. Organi di controllo dell’Associazione sonoil Collegio dei Probiviri e il Collegio dei Revi-sori dei Conti. La gestione delle attività re-gionali è affidata alle Sezioni e alle Sediregionali. Tutti gli organi e le cariche dell’As-sociazione si rinnovano ogni tre anni. Inoltre,per sensibilizzare ai problemi della categoriagià prima della laurea, vi è all’interno del-l’ANA un Coordinamento degli Studenti di ar-cheologia, con propri rappresentanti eletti alivello regionale e nazionale.”

C’è un calendario di eventi che l’ANA ha orga-nizzato nel corso dell’anno o a cui parteciperà?

“Dal 2006 partecipiamo alla Borsa Interna-zionale del Turismo di Paestum, che vedeproprio l’ANA tra i principali partner. Inizia-tive e tavole rotonde sono organizzate ognimese, soprattutto nelle università, per sensi-bilizzare sulle problematiche degli archeologie dell’archeologia. Inoltre, l’ANA partecipa a

numerose altre manifestazioni nazionali e re-gionali in difesa dei beni culturali e per mi-gliorare le condizioni professionali degliarcheologi. Tra le ultime “Abbracciamo laCultura” ed “Il nostro tempo è adesso”.”

Quando e com’è cominciato il tuo impegnonell’ANA?

“Comincia proprio con la costituzione dell’as-sociazione, nel 2005. Sono tra i soci fonda-tori costituenti. Ricordo che ero iscritta dacirca un anno all’università e ad un certopunto mi ritrovai catapultata in un mondopieno di archeologi (già laureati) che parla-vano del futuro, del mio futuro. Venni elettarappresentante nazionale degli studenti. Fuun bell’impegno parlare ai miei colleghi, gio-vanissimi, dei problemi del mondo dei beniculturali!“

Secondo il tuo punto di vista qual’è una dellepriorità maggiori, in questo momento storico,per l’archeologia italiana ?

“Senza dubbio il primo passo è il riconosci-mento ufficiale della professione dell’archeo-logo, dato che la normativa italiana non fissadei requisiti minimi per l'esercizio della pro-fessione. Poi riconoscere il ruolo sociale chel’archeologo ha nella società. È impensabileche le future generazioni possano non cono-scere il loro passato.Inoltre, è necessario porre un freno all’ abusodi volontari che sempre più vengono “utiliz-zati” nei cantieri archeologici provocandospesso danni irreparabili e lasciando a casachi, per svolgere quell’attività, ha studiato e siè formato per anni (quanto un qualsiasi pro-fessionista di un altro settore, del resto). Èinutile parlare della tutela del nostro patrimo-nio culturale: se continua ad esserci l’incapa-cità di conservarlo, potremmo ritrovarci a nonsaper più cosa tutelare, oltre ad avere la per-dita di un patrimonio storico che non ci ver-rebbe più restituito.”

Il mestiere dell’archeologo ha bisogno di unagrande passione che lo sostenga giorno dopogiorno nelle numerose sfide che deve affron-tare, a partire dagli anni di formazione.Ma le sfide, purtroppo, non sono quelle dellostereotipo con il quale abbiamo aperto questoarticolo, fatte di azioni audaci e storie roman-

“L’ANA ufficialmente nasce nel novembre del2005, anche se un movimento di archeologiarrabbiati comincia a farsi sentire già da qual-che anno prima, dal 2002, al grido di “risco-priamo il passato ma non abbiamo unfuturo”.. uno slogan che, naturalmente, por-tiamo ancora avanti. Quindi è nel 2005 chesi è sentita la necessità di riunire e rappre-sentare tutti gli archeologi operanti in Italiain un’associazione che tutelasse l’immaginee gli interessi della categoria professionale eche ad oggi conta circa 2000 soci e rappre-sentanti eletti in tutta Italia”.

Non deve essere stato facile portare alla luceun numero così elevato di archeologi, che ingenere lavorano nel silenzio e con scarsa visi-bilità.

“Uno dei primi traguardi, nel 2006, è statorealizzare il 1°Censimento Nazionale degliArcheologi: la prima inchiesta condotta inItalia per ottenere un quadro della situazionedella categoria, attraverso un questionario ri-volto alla categoria. Il 2° Censimento è statocompletato nel 2011, in collaborazione con ilDipartimento di Comunicazione e Studi So-ciali dell’Università La Sapienza di Roma.Sono stati passi importanti per una categoriadi ‘invisibili’, come siamo noi appunto. Adesso continuiamo a batterci per il ricono-scimento di retribuzioni adeguate, tutele so-ciali e diritti ad ogni professionistaarcheologo, a prescindere dalla forma con-trattuale con cui lavora. Per fare questo ab-biamo portato a termine un’esperienza diricerca lunga ben 2 anni producendo un ta-riffario nazionale di riferimento, frutto di unconfronto tra gli archeologi italiani e siamoriusciti ad ottenere l'inserimento del profilodi archeologo nel nuovo contratto nazionaledegli studi professionali, accanto a profili difigure professionali note, come architetti e in-gegneri. C’è ancora molto da fare, ma la consideriamola prima forma di riconoscimento e lo stru-mento per attuare diritti e tutele”.

E il rapporto dell’ANA con le istituzioni?

“L’Associazione dialoga costantemente con ilMinistero per i Beni e le Attività Culturali e

ha promosso la presentazione di diverse pro-poste di legge per il riconoscimento e la rego-lamentazione della professione diarcheologo, per dare dignità, tutele e dirittialle migliaia di professionisti operanti in Italiae per promuovere la ricerca, la tutela, la co-noscenza, la corretta gestione e la valorizza-zione del patrimonio archeologico italiano,europeo e mediterraneo. Inoltre, l’ANA ha unproprio rappresentante nella Consulta del La-voro Professionale della CGIL e nel ConsiglioDirettivo del COLAP, il Coordinamento LibereAssociazioni Professionali, ed è tra i fonda-tori della rete “Abbracciamo la Cultura”, cheriunisce le maggiori organizzazioni operantiin Italia nel settore della cultura. Siamo membri fondatori del comitato “Il No-stro Tempo è Adesso”, in prima linea in Italianella difesa dei lavoratori precari .Sediamo nel Gruppo Interdisciplinare di Studidi Ferrovie dello Stato, rappresentiamo la no-stra figura professionale nel CNEL, ConsiglioNazionale dell'Economia e del Lavoro e, pro-prio in questi mesi, abbiamo molti rappre-sentanti nel tavolo di concertazione sullariforma del mondo dell’archeologia presso laDirezione Generale per i Beni Archeologicidel Ministero per i Beni e le Attività Cultu-rali”.

Leggendo delle difficoltà che incontra l’ar-cheologo in Italia, verrebbe da chiedersi com’èla situazione nel resto d’Europa.

“Sicuramente migliore rispetto l’Italia. Bastafare un giro negli altri paesi europei per ve-dere che, a fronte di un patrimonio di beniculturali molto inferiore rispetto al nostro, c’èuna cultura della valorizzazione e della pro-mozione senza eguali. Inoltre, l’Italia ha ac-cumulato un notevole ritardo rispetto al restodell’UE, poiché nel 1992 ha firmato la Con-venzione Europea per la protezione del patri-monio archeologico, ma non l’ha mairatificata. Se la Convenzione diventasselegge, chi compie lavori che hanno un qual-che impatto sul patrimonio archeologico sa-rebbe obbligato a lasciare i resti archeologiciil più possibile intatti per le future genera-zioni e a farsi carico di tutti gli oneri che latutela implica, compresa la pubblicazione in-tegrale delle scoperte. La Convenzione ha

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La dott.sa Silvia Vacca, segretaria regionale dell'ANA Campania

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19/11/2011): dott. Alessandro Garrisi.EMILIA ROMAGNA - RAPPRESENTANTI REGIO-NALI: dott.ssa Giovanna Vigna (Segretario Regio-nale), dott.ssa Maria Teresa Guaitoli, dott.ssaNunzia Liardo, dott. Mauro Librenti.TOSCANA - RAPPRESENTANTI REGIONALI(dall’08/10/2011): dott.ssa Marcella Giorgio (Segre-tario Regionale), dott. Giuseppe Clemente, dott.Giuseppe Alessandro Fichera, dott. Gabriele Gatti-glia, dott.ssa Giorgia Tedeschi, dott.ssa StefaniaCrepaldi.LAZIO - DIRETTIVO REGIONALE (dal 18 aprile2011): dott.ssa Ilenia Gradante (Presidente Regio-nale), dott. Marcello Turci (Segretario Regionale),dott.ssa Maria Rosa Patti (Tesoriere Regionale),dott. Salvo Barrano, dott.ssa Astrid D'Eredità, dott.Walter Grossi, dott. Giovanni Svevo. ALTRI RAP-PRESENTANTI REGIONALI: dott. Roberto Kno-bloch, dott.ssa Margherita Malorgio, dott.ssa PaolaMazzei, dott.ssa Carlotta Bassoli, dott.ssaTeresa Leone.UMBRIA - RAPPRESENTANTI REGIONALI:dott.ssa Francesca GerminiABRUZZO - RAPPRESENTANTI REGIONALI (dal08/08/2009): dott. Carmine Malandra (SegretarioRegionale), dott.ssa Carla Ciccozzi.MOLISE - RAPPRESENTANTI REGIONALI: dott.ssaLidia Di Giandomenico (Segretario Regionale),dott. Bruno Sardella, dott.ssa Gabriella Di Rocco,dott. Ettore Rufo.CAMPANIA - DIRETTIVO REGIONALE (dal06/11/2009): dott. Tommaso Conti (Presidente Re-gionale), dott. Nicola Meluziis (Vicepresidente Re-gionale), dott.ssa Silvia Vacca (SegretarioRegionale), dott.ssa Bianca Cavallaro (TesoriereRegionale), dott. Salvatore Agizza, dott. GianlucaD'Avino. Altri RAPPRESENTANTI REGIONALI:Massimiliano Pucci.BASILICATA - DIRETTIVO REGIONALE (dal10/11/2007): dott.ssa Ade Preite (Presidente Regio-nale), dott. Marco Di Lieto (Vicepresidente Regio-nale), dott.ssa Tonia Giammatteo (SegretarioRegionale), dott.ssa Lucia Colangelo (TesoriereRegionale), dott.ssa Maria Giovanna Leone,dott.ssa Anna Grazia Pistone.PUGLIA - RAPPRESENTANTI REGIONALI (dal08/01/2010): dott. Ruggero Lombardi (SegretarioRegionale), dott. Daniele Nuzzi, dott.ssa SabrinaDelpiano, dott.ssa Simona Catacchio, dott.ssa Mi-lena Primavera, dott. Michele Pastore, dott.ssaGiusy Baldacchino, dott.ssa Giovanna Todisco,

dott.ssa Rita Di Gaetano, dott.ssa Enza Cigliola,dott. Riccardo Chiaradia.CALABRIA - RAPPRESENTANTI REGIONALI:dott. Marco Di Lieto (Segretario Regionale).SICILIA - RAPPRESENTANTI REGIONALI: dott.Mario Trabucco, dott. Giuseppe Sanfilippo, dott.ssaNina Trecarichi, dott. ssa Ghiselda Pennisi (Mem-bro dell’Ufficio Tecnico di Coordinamento)SARDEGNA - DIRETTIVO REGIONALE: dott.ssaGiuseppina Manca di Mores (Presidente Regio-nale), dott. Franco G.R. Campus (VicepresidenteRegionale), dott.ssa Laura Soro (Segretario Regio-nale), dott. Alberto Gavini (Tesoriere Regionale),dott.ssa Emanuela Atzeni, dott.ssa Florinda Corrias,dott.ssa Stefania Piras.

tiche, ma quelle contro un sistema che non ri-conosce la sua formazione specifica, negandoa questi lavoratori i più elementari diritti.Da una parte mura antiche crollano irrimedia-bilmente e dall’altra uomini e donne formati perevitare proprio questi crolli, sono inoccupati, di-soccupati o – quando riescono a lavorare – sonodecisamente sottopagati e privi delle più ele-mentari tutele.Musei chiusi e aree archeologiche inagibili, sitidi grande interesse solo parzialmente indagati:un patrimonio che appartiene all’umanità e checome tale dovrebbe essere gestito e reso frui-bile ai visitatori. Attività che se fossero corret-tamente gestite e fossero oggetto di adeguatifinanziamenti, avrebbero riflessi positivi chevanno ben oltre l’ambito archeologico stesso, egli esempi al di fuori dell’Italia di sprecano.Tutti noi in qualità di visitatori di musei e siti ar-cheologici, siamo fruitori finali del lavoro chesvolgono gli archeologi, e in queste veste siamoben lieti di cogliere non solo il pieno entusia-smo, ma il grande senso di responsabilità con ilquale gli archeologi dell’ANA intendono portareall’attenzione del mondo politico e dell’opinionepubblica i problemi – e aggiungerei anche le so-luzioni – di un settore della nostra vita socialeche troppo spesso viene considerato come unramo secco, incapace di dare frutti.

Di seguito pubblichiamo volentieri l’Organi-gramma dell’Associazione Nazionale Archeo-logi, che dimostra come l’Associazione siastrutturata e radicata nel territorio, a partiredalle regioni per arrivare ai vari coordinamentinazionali.

ORGANIGRAMMA NAZIONALE

PRESIDENTE: dott. Tsao T. CevoliVICEPRESIDENTE: dott. Salvo BarranoSEGRETARIO: dott.ssa Astrid D'EreditàTESORIERE: dott.ssa Margherita MalorgioDIRETTORE: dott. Giovanni SvevoCOORDINATORE: dott. Walter GrossiSEGRETERIA NAZIONALE:dott. Tsao Cevoli (Presidente), dott. Salvo Barrano(Vicepresidente), dott. Walter Grossi (Coordina-tore), dott. Giovanni Svevo (Direttore), dott.ssaMargherita Malorgio (Tesoriere), dott.ssa AstridD'Eredità (Segretario), dott.ssa Ada Preite (Presi-dente ANA Basilicata), dott. Tommaso Conti (Pre-

sidente ANA Campania), dott.ssa GiuseppinaManca di Mores (Presidente ANA Sardegna),dott.ssa Ilenia Gradante (Presidente ANA Lazio),dott. Flavio Castaldo (Presidente del Collegio deiProbiviri).COLLEGIO DEI PROBIVIRI:

PRESIDENTE dott. Flavio Castaldo.MEMBRI: dott. Angelo Mazzocchi, dott. AntonioAffuso, dott. Ernesto Salerno, dott. Massimo Mas-sussi.

COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI:

dott.ssa Francesca Pane, dott.ssa StefaniaD'Amato, dott.ssa Antonella Lonardo.DIRETTIVO NAZIONALE: dott.ssa Emanuela At-zeni, dott. Salvo Barrano, dott. Franco G.R. Cam-pus, dott.ssa Bianca Cavallaro, dott.ssa BarbaraCervera, dott. Tsao Cevoli, dott. Tommaso Conti,dott. Gianluca D'Avino, dott. Marco Di Lieto,dott.ssa Astrid D'Eredità, dott.ssa Lidia Di Giando-menico, dott. Alessandro Fichera, dott. GiancarloGarna, dott.ssa Marcella Giorgio, dott.ssa IleniaGradante, dott. Walter Grossi, dott. Paolo Gull,dott.ssa Nunzia Liardo, dott. Carmine Malandra,dott.ssa Margherita Malorgio, dott.ssa GiuseppinaManca di Mores, dott. Nicola Meluziis, dott. MichelePastore, dott.ssa Addolorata Preite, dott. LucaSanna, dott. Giovanni Svevo, dott. Marcello Turci,dott.ssa Giovanna Vigna, dott.ssa Lidia Vignola.

STAMPA E COMUNICAZIONE:

dott.ssa Giovanna Vigna (Responsabile UfficioStampa), dott.ssa Astrid D'Eredità (ResponsabileComunicazione e New Media)

UFFICIO CONVENZIONI NAZIONALE:

dott. Lorenzo Conte, dott.ssa Marcella Giorgio

COORDINAMENTO NAZIONALE STUDENTI:

dott. Gianluca D'Avino, dott.ssa Barbara Cervera.

ORGANIGRAMMA REGIONALE

TRIVENETO (VENETO-TRENTINO ALTO ADIGE-FRIULI VENEZIA GIULIA) - RAPPRESENTANTI RE-GIONALI (dal 17/10/2009): dott. Giancarlo Garna(Segretario Regionale), dott.ssa Livia Stefan, dott.Michele Zanchetta.PIEMONTE - RAPPRESENTANTI REGIONALI (dal19/11/2011): dott.ssa Elena QuiriLIGURIA - RAPPRESENTANTI REGIONALI (dal

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Amente all’idea di chiusura, di autosufficienza, di isola-mento appunto; eppure posta com’era e com’è alcentro del Mediterraneo, essa ha vissuto una vita tut-t’altro che appartata. Per usare le parole di GesualdoBufalino, << la Sicilia ha avuto la sorte di trovarsi a farda cerniera nei secoli fra la grande cultura occiden-tale e le tentazioni del deserto e del sole, fra la ra-gione e la magia, la temperie del sentimento e lecanicole della passione >>. Una condizione di insulareseparatezza sì, ma assai consapevole del suo destinomediterraneo. Fu terra di innumerevoli invasioni, disecolari dominazioni, di continua fusione biologica erimescolamento di culture, dando vita a quella chepuò definirsi un’ << isola plurale >>, metafora di unacondizione esistenziale individuale e collettiva cheha caratterizzato l’intera << storia del popolo sici-liano, una successione ininterrotta di impulsi dispe-rati e di sottomissioni supine, di momenti rapidi pienidi luce e di zone interminabilmente oscure >>. Dun-que suolo di fiorenti colonie fenicie e greche, provin-cia romana, terreno di scontri e di depredazionivandaliche e gotiche, base d’appoggio bizantinasotto Giustiniano, emirato arabo, regno normanno,patria di rigogliosa cultura alla corte di Federico II diSvevia, teatro di malversazioni angioine e di contesearagonesi, viceregno alle dipendenze della coronaspagnola di Carlo V, dominio di casa Savoia,d’Asburgo e infine borbonico. Per non parlar poi deisuccessivi moti risorgimentali e degli eventi legati aiconflitti mondiali. Cos’altro sarebbe potuto venirfuori da questa miscellanea di genti e culture se nonun sostrato di coscienze sovrappostesi come unitàstratigrafiche pronte per esser riportate alla luce?Eugenio Montale la definì non una cultura ma << unaprofonda sfumatura siciliana che arricchisce la vitadel nostro paese, e che deve essere salvata e com-presa da tutti>>. E qui, proverò, epoca dopo epoca, adispiegare il filo che vi condurrà attraverso i mean-drici volti storici della mia, della vostra, di chiunquel’accolga, Sicilia.

Il cammino lungo la linea del tempo che ci consen-tirà di andare alla scoperta del magnifico patrimo-nio storico della Trinacria – così denominataanticamente per via dei suoi tre promontori – pren-derà naturalmente avvio dall’epoca preistorica, allaquale saremo introdotti da una panoramica di ca-rattere generale sui modi e le forme con cui i primi

uomini stabilendovisi piantarono le loro radici, perpoi soffermarci sugli esempi più indicativi del con-creto realizzarsi delle loro primitive espressioni cul-turali. Seguirne l’evoluzione nella sua totalitàsignificherebbe ripercorrerne ogni fase di sviluppo,il che porterebbe a distendere la nostra curiositàlungo un arco di tempo che dal Paleolitico supe-riore arriverebbe sino all’età del ferro. La Sicilia sipresterebbe volentieri a mostrarsi in tutta la plura-lità e ricchezza di contenuti che fanno di essa un’isola abbondante, ma per ragioni di tempo e spazioci limiteremo a prendere come punti di riferimento,proprio i due estremi di questo arco storico, com-prendente un balzo cronologico che dal 10.000 ar-riverà sino al 1000 a.C.

la sicilia all’alba della civiltà

Lo storico francese Fernand Braudel, la de-finì un “continente in miniatura”, con tuttaragione di apostrofarla in questi termini, peril ruolo di rilevanza storica che nel Mediter-raneo ricoprì sin dai tempi dell’età delBronzo. Il connubio fra mitezza del clima efertilità della terra, con il suo misto di pietracalcarea ricoperta da strati di lava, la resebenevola produttrice di grano, olive, viti efrutta così come accogliente dispensatricedi foreste di pini, abeti, querce e castagni,soprattutto nelle zone circostanti l’Etna.Uscendo fuori dagli aloni fantastici del mitoche la vedono protagonista - Omero nellasua Odissea ne parlava come della terra deiciclopi figli del dio Nettuno, Diodoro Siculone fece il teatro del ratto di Persefone, Vir-gilio nell’Eneide cantò di Encelado, mitico gi-gante prigioniero dell’Etna e ancora leleggende di Scilla e Cariddi, Aci e Galatea,Alfeo ed Aretusa e tante altre ancora - pareche i primi abitanti vennero per mare egiunsero prima del tardo paleolitico, primadel 20.000 a.C. Tracce di abitazioni dell’etàdella pietra antica sono state rinvenute ingrotte e ripari rocciosi concentrate in trezone sulla costa settentrionale ( TerminiImerese, Trapani e Palermo), e nel triangolosud-orientale. L’industria litica di queste po-polazioni primitive le collega alle più rino-mate culture dell’Europa centrale eoccidentale, così come la loro arte ci attesta,ma la vita paleolitica sembra essersi pro-

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Raccontare la “ mia Sicilia “… è questo l’invito che mi è stato rivolto dagli amici di EM e che ho raccolto di buongrado. Per me non può che essere un onore contribuire nel mio piccolo a render noto, con assoluta modestiadi intenti, qualcuno fra i mille e più volti della mia terra. E se è indubitabile che ogni conoscenza che facciamodel mondo che ci circonda prende avvio dai sensi, per poi certo proseguire nelle più articolate impalcature in-tellettuali, provate a spiegare i vostri, per cogliere ciò che Essa, la Sicilia, vuol comunicarci. Eh si, perché riu-scire a cogliere l’intera gamma di vibranti frequenze emanate dal richiamo di quest’isola non è semplice, avolte perché la sua stessa voce esita a rendersi udibile in tutta la sua limpidezza, altre perché noi non vogliamoprotenderci ad ascoltarla. Ma per farlo adeguatamente, consentitevi di eseguire un’operazione preliminare, so-spendete ogni giudizio, ogni conoscenza preconcetta, abbassate le difese della ragione e predisponetevi aquest’incontro. Torniamo alle origini del fenomeno Sicilia, cerchiamo di cogliere le radici del suo essere, cheaffondano profonde nei luoghi della cultura primigenia, dove mito e storia, ideale e reale, si fondono a formareun universo prismatico, un concreto intrecciarsi di terra e umanità, di natura e cultura, di luoghi mentali tantoincarnati da risultare molteplici riflessi di quel fascio di luce tanto splendente quanto accecante che è la Sicilia.Se è vero infatti che ogni cultura si sviluppa in quanto prodotto della relazione uomo - ambiente, non possiamonon tener conto in prima istanza della sua fisicità, della sua collocazione geografica, spaziale, assai determi-nante per le sorti del suo sviluppo storico. Essa è infatti un’isola, uno spazio fisico che rimanda concettual-

LA SICILIA ALL’ALBA DELLA CIVILTà

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di Arianna Zerillo

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Due degli esempi più significativi del genioumano del Paleolitico in Sicilia, sono lagrotta del Genovese e il complesso dell’Ad-daura, rispettivamente situate presso l’isoladi Levanzo, la più piccola delle Egadi e il

Monte Pellegrino a Palermo. Oltre alla inne-gabile bellezza di per sé posseduta dalle in-cisioni rupestri presenti in queste grotte, lagrande risonanza con cui venne accolta lascoperta fu motivata dal loro collocarsi inlinea di continuità con il fenomeno espres-sivo che nel Paleolitico superiore investìl’area franco - cantabrica, per intenderci laregione compresa tra Francia e Spagna set-tentrionale dove sono presenti le più fa-mose grotte di Lascaux e di Altamira. Lagrotta del Genovese, di formazione carsica,posizionata in una cala eponima, si trova

contornata dalla vegetazione tipica dellamacchia mediterranea, offrendo scenari diparticolare suggestione naturalistica. Sco-perta per la prima volta nel 1881 dall’esplo-ratore R. Giglioli, si dovette attendere il 1949

perché le ricerche scientifiche venissero av-viate. Quando infatti una pittrice fiorentina,Francesca Minellono, vi giunse in cercad’ispirazione e spinta dalla curiosità vi si ad-dentrò, si rese immediatamente conto dellamagnifica scoperta. Le incisioni rappresen-tano prevalentemente animali di grossa ta-glia, anche se non mancano quattroraffigurazioni umane. Tutti i graffiti sonostati datati alla fase finale del Paleolitico Su-periore, ovvero al periodo di passaggio dal-l'era geologica pleistocenica a quellaolocenica, e precisamente, secondo quanto

tratta senza modificazioni sostanziali permigliaia di anni. Fu dopo il 5000 a.C. che aseguito di un cambiamento globale che in-teressò la regione del Mediterraneo cen-trale, anche la Sicilia assistette al sorgere dicomunità contadine che, aduse a servirsidegli stessi strumenti di pietra seguendoperò tecniche più progredite, si dedicavanoall’agricoltura, all’allevamento e alla produ-zione di ceramica, quest’ultima caratteriz-zata da forme poste in linea di continuitàcon i ben più famosi prodotti di Sesklo e Di-mini nella Grecia settentrionale. La culturaneolitica, iniziata ad un livello di progressoche pare non presentare linee di continuitàcon la fase precedente, ha dato vita alla piùfamosa fra le sue espressioni culturali, la ci-viltà di Stentinello, dal nome di un villaggiosituato presso Siracusa dove venne identifi-cata per la prima volta e la cui evoluzione èdenotata dalla presenza di fortificazioni e dicomplesse decorazioni nella ceramica. In-torno al 3000 a.C. fanno la loro comparsadue elementi nuovi: la metallurgia e letombe a camera scavate nella roccia. In pre-cedenza l’inumazione era effettuata entrofosse poco profonde, la così detta “ cista li-tica “, recipiente a forma di scatola seppel-lito nel terreno e delimitato da ciottoli opietre. Da quel momento in poi questo tipodi sepoltura fu sostituito da grotticelle sca-vate nella roccia, spesso precedute da unaspecie di anticamera, con la quale costitui-vano una struttura non dissimile dai fornidei contadini siciliani e per questo denomi-nate “ tombe a forno “. Esse rimasero il mo-dello standard di camera sepolcrale fino allaellenizzazione della popolazione pre-grecanel corso del V secolo a.C. Unico notevolecambiamento si verificò forse intorno al2500 con l’introduzione della sepoltura col-lettiva in un’unica cella, usanza il cui signifi-cato non del tutto accertato potrebbeessere ricondotto ad un aumento demogra-fico. L’età dei metalli ebbe veramente iniziocon il Bronzo e ciò avvenne in Sicilia intornoal 1800 a.C. Prima di questo momento in-fatti, si era fatta sentire un’altra influenza,collegata con un movimento migratorio

straordinariamente esteso che dall’Asia oc-cidentale attraversava l’Europa per giun-gere fino all’Atlantico. La penisola iberica fuprotagonista di una serie di flussi migratoridi popolazioni abili nella lavorazione delrame e dell’oro identificabili per un partico-lare tipo di ceramica noto come “ bicchierecampaniforme “; il loro impatto diede ori-gine a diverse culture ibride a seguito dellafusione con le popolazioni locali. Fu il casodella Sicilia, che accolse tali popolazioni su-bendone l’influenza fin nella possibilità di unprocesso di assorbimento linguistico chediede forma alle espressioni dialettali dellelingue indoeuropee. E qui inizia il problemadell’identificazioni delle popolazioni pre-gre-che, poiché le fonti a riguardo non godonodi totale affidabilità mostrandosi anzispesso confuse e contraddittorie. Lo storicoTucidide ce ne dà dimostrazione quando ac-canto alle popolazioni di più accertabile col-locazione storica, pone Ciclopi e Lestrigoni.Le fonti riferiscono della presenza di tre po-poli diversi: i Sicani, gli Elimi e i Siculi. I primi,probabilmente originari della penisola ibe-rica ( il loro nome sarebbe riconducibile alfiume Sicano ), erano stanziati inizialmentesu tutta l’isola, ma poi furono spinti versoOccidente dall’arrivo di altre genti, i Siculiche appartenenti ad un popolo indoeuropeodi incerta origine, provenienti probabil-mente dall’Italia perché messi in fuga dagliOpici, occuparono la parte orientale. GliElimi infine, secondo Tucidide esuli di Troia,pare fossero sì esuli, ma con una certa pro-babilità di origine egea o ligure, stanziatisipoi nella zona nord-occidentale. Trovaronoinoltre dimora su tutta la costa occidentale,i Fenici, che si riservarono i promontori sulmare e le isolette adiacenti per il loro com-mercio con i Siculi, e i Morgeti, menzionatida Strabone il quale ne parla senza peròprecisare l'epoca della loro immigrazione inSicilia e senza darci particolari di sorta.

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stabilito dall’esame del carbonio 14 effet-tuato nel 1953 su un guscio di Patella Ferru-ginea presente sulla parete calcarea dellagrotta, al 9680 a.C. Le specie animali incisenella Grotta del Genovese sono il CervusElaphus (cervo), il Bos Primigenius (bue-toro), l'Equus Asinus Hidruntinus (piccoloequide) e forse un felino o altra bestia diffi-cilmente decifrabile, tipica fauna pleistoce-nica /olocenica sulle cui caratteristichel’insularità geografica ha inciso parecchio,determinando lo sviluppo di certe qualitàpiuttosto che di altre. Lo stile naturalisticocon cui si cerca di riprodurre ciò che si os-serva in natura è rappresentato mirabil-mente dalle figure degli animali colti inazione. Sono presenti anche figure antropo-morfe raggruppate in una scena che si arti-cola intorno ad un personaggio centrale didimensioni prominenti, quest'ultimo privo dibraccia, con la testa a forma di cuneo, una

lunga barba ed un cinturone. I soggetti late-rali sono di dimensioni minori ed al contrariodella raffigurazione centrale, rigida e statua-ria, sembrano essere in movimento, forse in

danza intorno ad un personaggio di altorango. Questo gruppo è caratterizzato da unforte schematismo, che lo rende difficil-mente accordabile con il realismo riscon-trato nelle rappresentazioni animali; laquarta figura umana incisa è costituita dadue gambe in corsa. Un forte significatosimbolico potrebbe essere dedotto dallamancanza di ogni altro particolare anato-mico al di fuori degli arti inferiori, ma in que-sto documento graffito sembra evidentel'annullamento della stilizzazione e il ritornoal naturalismo verificato nelle raffigurazionianimali. Altro straordinario esempio d’arte rupestrepreistorica riguarda le tre grotte che costi-tuiscono il complesso dell’Addaura, situatosul fianco del monte Pellegrino che dominaPalermo, a sud-ovest della spiaggia di Mon-dello a 70 metri sul livello del mare. Lì siaprono alcune cavità nelle quali sono stateritrovate ossa e utensili per la caccia che at-testano la presenza dell'uomo, rifugiatosi inquei luoghi nel Paleolitico e nel Mesolitico.Le tre grotte erano state già in parte stu-diate dai paletnologi a seguito del ritrova-mento in esse di uno scheletro di elefantenano, ma il rinvenimento dei graffiti fu ca-sualmente dovuto alla presenza in essedegli alleati che nel 1943, a seguito dellosbarco in Sicilia e del loro arrivo a Palermo,ne fecero un deposito per armi e munizioni.Lo scoppio accidentale dell'arsenale a fineguerra provocò infatti lo sgretolamentodelle pareti della grotta principale e il crollodi un diaframma di roccia li riportò alla luce.Il vasto e ricco complesso d'incisioni, databilifra l'Epigravettiano finale e il Mesolitico, raf-figura uomini ed animali. In mezzo ad unamoltitudine di bovidi, cavalli selvatici e cervi,viene rappresentata una scena dominatadalla presenza di figure umane: un gruppodi personaggi, disposti in circolo, circondadue figure centrali con il capo coperto ed ilcorpo fortemente inarcato all'indietro. Si èdiscusso molto sull'identità di questi duepersonaggi e sul significato della loro posi-zione all'interno del gruppo: secondo alcunistudiosi si potrebbe trattare di acrobati colti

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luogo straordinario per l’epoca sono le suenecropoli, espressione delle varie fasi di vitadell'abitato che vanno dal XIII al VIII sec. a.C.Esse si stagliano lungo le pareti calcareedell'altipiano, disposte ad occupare quasitutti i fianchi del massiccio collinare sulquale sorgeva il centro abitato e dando l’im-pressione di trovarsi di fronte ad un grandealveare. La civiltà di Pantalica possedeva in-fatti la peculiare usanza funeraria di seppel-lire i propri morti non sotto terra né entrotumuli epigeici, ma all’interno di grotticellescavate nella roccia. Le pareti sono infatticostellate da circa 5000 celle funerarie.Sulla sommità dell'altipiano, in uno dei puntipiù panoramici, gli archeologi individuaronole fondamenta di un grandioso edificio co-struito in blocchi megalitici che chiamarono"Anaktoron" o "Palazzo del Principe" checostituiva il centro politico ed economicodella città. La tecnologia costruttiva ben su-periore a quelle conosciute dagli indigeni edi ritrovamenti di numerosi reperti prove-nienti dall'Egeo hanno lasciato ipotizzare

che maestranze micenee abbiano contri-buito alla realizzazione dell'opera. In se-guito alla persecuzione romana, alcunigruppi di cristiani si stanziarono nella zona,in cui sono presenti anche importanti traccedella dominazione bizantina che a Pantalicasi insediò con una legione militare e traccedella dominazione araba con la quale ter-minò l'insediamento umano in questi luoghi.Nel corso dei secoli le grotte preesistentivennero dunque riutilizzate da diverse ge-nerazioni di uomini non solo come luogo disepoltura ma, per l’intrinseca struttura delluogo che ne fece una fortezza naturale,anche come abitazioni e rifugi contro le in-cursioni nemiche.

Arianna Zerillo

nell'atto d'effettuare giochi che richiedonouna particolare abilità; secondo altri è statadescritta la scena di un rito, che prevedevail sacrificio di due persone guidato da unosciamano. Per suffragare quest'interpreta-zione è stata messa in evidenza la presenzaintorno al collo e ai fianchi dei personaggi, dicorde che costringono il corpo ad un inna-turale e doloroso inarcamento. Si trattaforse di un rito che prevede l'autostrangola-mento, pratica peraltro attestata in altre cul-ture. Se si volesse seguire questaspiegazione, si dovranno leggere le due fi-gure mascherate che circondano i due per-sonaggi sacrificati, come sciamani cheassistono ad una cerimonia d'iniziazione. Di-nanzi a queste immagini quasi leggendarie,caricate del mistero d’un’umanità tanto lon-tana e << davanti alla bestia trafitta, graffiatada un cacciatore aborigeno nelle cavernedell'Addaura, chi può dire se si tratti d'un de-siderio o d'una memoria, d'una testimo-nianza o d'una magia? >>.

PANTALICA

Situata su un altopiano che si estende tra lavalle di Cava Grande a nord e la valle delfiume Anapo a sud, a circa 30 km da Sira-cusa, Pantalica, costituisce uno dei più im-portanti siti protostorici siciliani, utile percomprendere il momento di passaggio dal-l'età del bronzo all'età del ferro nell'isola.Furono gli archeologi Paolo Orsi e Luigi Ber-nabò Brea a condurre tra la fine dell’ ‘800 egli inizi del '900 il primo e circa 50 annidopo il secondo, le campagne di scavi nellanecropoli, impegnandosi alacremente persvelarne i segreti. Pantalica è un toponimosulle cui origini si è discusso molto: per al-cuni proverrebbe dall'arabo Buntarigah chesignifica “grotte”, forse in riferimento allamorfologia del luogo, per altri dal greco poi-ché sarebbe in piena età greca che nasconoe si diffondono le "Pentelite", vale a dire deiluoghi delimitati da cinque pietre confinariecon carattere sacro che indicavano simboli-camente siti che avevano esaurito la lorofunzione di polis. Con la fine della occupa-

zione greca, sarebbe divenuta quindi unaPentalità, un luogo simbolico da rispettare.Ma prima di qualsiasi altra influenza succes-siva essa fu uno dei primi centri abitati dellaSicilia Orientale, sede dal 1250 al 700 a.C. diun prospero sebbene non numeroso popolo,organizzato secondo una struttura politicaretta da un monarca. Nel 1558 Tommaso Fa-zello aveva proposto di identificarla con lamitica Herbessus, ipotesi accolta fra milleperplessità da parte di alcuni studiosi pro-pensi piuttosto a riconoscere nell'antico nu-cleo l'Hybla dei siculi che nel corsodell'insediamento sulle montagne circo-stanti l’avrebbero fondata e posta sotto ilgoverno del Re Hiblon, considerato l'ultimore di Pantalica. Tuttavia le origini del sito, aldi là di alcune supposizioni, rimangono av-volte in un fitto velo di mistero. È possibileche con l’arrivo dei Siculi, le popolazionistanziate lungo le coste si siano ritirateverso l’entroterra in zone montagnose edimpervie sfruttandone la geomorfologia perscopi difensivi. Ma ciò che fa di Pantalica un

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nata a Siracusa il 29/11/1986,Ha conseguito il diploma di Liceo Classico presso il liceo "T. Gargallo" di Siracusa e il diplomadi Laurea triennale in Filosofia, presso l'Universitàdi Catania, dove studia per il conseguimento di quello specialistico in Scienze Filosofiche.Ha appena terminato un corso per redattore editoriale.I suoi interessi spaziano dall'Archeologia in generale e l'Egittologia in particolare, all'arte, la letteratura, la storia, la filosofia.

Arianna Zerillo

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strutture grammaticali e sintattiche,fondato sulla comparazione delle gram-matiche più qualificate e sui dizionarispecifici dell’Antico Regno.Una particolare attenzione è data alle

note storico-geografiche cui si ag-giunge -e questa è da considerarsi unapreziosità- la ricostruzione delle partimancanti nelle fonti antiche a noi per-venute.Nella restituzione, i geroglifici inseriti

rispettano con millimetrica precisionegli spazi originari in colonna o in regi-stro orizzontale mentre i termini usati,mai nuovi né per contenuto semantico

né per grafia, poiché già presenti neltesto, sono un aiuto fondamentale perla comprensione di brani che, altri-menti, risulterebbero oscuri.La dotta presentazione della Diret-

trice del Museo Egizio di Firenze, M. C.Guidotti, introducendo l’opera diChioffi-Rigamonti, traccia un percorsofra testi e immagini incisi su pietra enon scritti su papiro, fra offerte funera-rie e parole rituali, fra resoconti di spe-dizioni e lettere regali, titolature,imprese militari, rapporti politico-com-merciali con capi stranieri e, non ul-time, le dichiarazioni di rispetto e

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Foto scattata dalla piramide di Pepi I, guardando Sud / Sud - Ovest. In primo piano il complesso funerario di Pepi I.Sullo sfondo, da destra, la piramide di Pepi II e la màstaba di Fara’un; dietro la piramide Rossa, la piramide romboidale e lapiramide Nera.

Màstabe, stele e iscrizioni rupestri egizie dell’Anticoregno.

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Marco Chioffi – Giuliana Rigamonti

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Libro I/IV – Editrice La Mandragora, Imola 2011

Nel panorama egittologico, per quantoconcerne la filologia, mancavaun’opera come Màstabe, stele e iscri-zioni rupestri egizie dell’Antico Regnodi M. Chioffi e G. Rigamonti. Gli stu-diosi, già autori della trilogia “Antolo-gia della letteratura egizia del MedioRegno” - Ed. Ananke - ora propongonoil primo dei quattro volumi antologici(che usciranno a cadenza annuale) re-lativi all’Antico Regno. È un libro impor-tante e, soprattutto, unico nel suogenere poiché in campo nazionale e in-ternazionale le traduzioni di testi gero-glifici si presentano strutturate inmodo parziale.Questo, al contrario, oltre alla duplice

traduzione italiana in versione lettera-ria e critica, si arricchisce con i testigeroglifici integrali e relativa traslitte-razione e con un ampio apparato iper-testuale che analizza termini, grafia,

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amore filiale per i genitori. Temi, questi,ricorrenti nelle autobiografie o sullestele funerarie dell’Antico Regno.La fotografia della tomba rupestre di

Herkhuf, scavata nella necropoli di Qub-bet el-Hawa ad Assuan, apre la primaautobiografia incisa sulla facciataesterna della sepoltura dell’alto dignita-rio e capo delle carovane Herkhuf, vis-suto durante i regni di Merenra e Pepi II(VI dinastia). Di quest’ultimo sovrano èriportato il testo integrale della letteracon cui il re, ancora bambino, racco-manda di proteggere il pigmeo che ilcapo della spedizione, Herkhuf, ap-punto, sta portando dalla Nubia. La seconda autobiografia è invece in-

cisa su una stele di grandi dimensioni emolto nota, ora al Museo Egizio delCairo. Il titolare Uni, vissuto sotto Teti Ie Pepi I (VI dinastia), narra le impresemilitari che l’hanno portato, per bencinque volte, quale comandante asso-luto di tutte le truppe egizie e nubiane,contro le tribù beduine del deserto aEst del Delta. E il canto di vittoria diUni, inserito nel testo già altamente au-toelogiativo, è un passo che raggiungeelevati toni poetici e sembra anticipare,nella struttura, le opere moderne. Retrocedendo nel tempo, il volume

presenta quattro stele funerarie, inte-gre, appartenute a nobili della IV dina-stia e rinvenute nelle màstabe delcimitero Ovest di Giza. Elemento cul-tuale funerario, le lastre riportanoscritte con vivaci colori le titolature deldefunto, raffigurato seduto davanti allatavola delle offerte; segue una riccalista di prodotti quali cibi, bevande, co-smetici e stoffe di cui il defuntoavrebbe usufruito per l’eternità.Ed è proprio per quanto riguarda la lista

delle stoffe che gli autori presentanouna nuova lettura interpretativa chescaturisce da un’accurata analisi deisegni e da una particolare attenzionealla logica sinteticità degli antichi Egizi.Per la specificità del lavoro questo vo-lume è presente nelle biblioteche uni-versitarie e nei musei di settore, ma saanche affascinare coloro che sonoestranei alla antica cultura egizia inquanto la chiarezza e la linearità concui Chioffi-Rigamonti presentano i testirendono l’opera accessibile a tutti.

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Giuliana Rigamonti è nata a Sondrio. Diplomata presso l'Università Cattolica di Milanoe presso l'Association Angevine et Nantaise d'Egytologie ISIS, ha collaborato con MarcoE. Chioffi e Patrice Le Guilloux alla traduzione integrale di: Le avventure di Sinuhe, Il rac-conto del Naufrago, Il Papiro Westcar e l'Oasita Eloquent, Le Stele della IV dinastia, Undispaccio da Mirgissa. E' autrice insieme a Marco E. Chioffi della trilogia: “Antologia dellaletteratura egizia del Medio Regno” ed. Ananke.

Marco E. Chioffi è nato a Milano nel 1942. Laureato alla Statale di Milano in LettereClassiche, è specializzato in archeologia sottomarina (tesi sui relitti dell'Arcipelago Toscano),ha collaborato con le Soprintendenze di Liguria, Toscana, e con l'Istituto Internazionale diStudi Liguri. Dal 1980 studia l'archeologia sottomarina di Pantelleria. Collabora con laSezione Archelogica della Soprintendenza BB. CC. AA. di Trapani. E' autore dei libri: Archeologia sottomarina fonte di conoscenza del commercio marittimoantico e Anfore a Pantelleria e di molti articoli per pubblicazioni italiane e americane.Ha tradotto integralmente, con P. Le Guilloux e G. Rigamonti, Le avventure di Sinuhe,Il racconto del Naufrago, Il Papiro Westcar e l'Oasita Eloquent, Le Stele della IV dinastia,Un dispaccio da Mirgissa. E' membro dell'Institute of Nautical Archaelogy, dell'Associa-zione Italiana Archeologi Subacquei, dell'European Association of Archaelogist, dell'Ame-rican Research Center in Egypt, dell'Association Angevine et Nantaise d'Egytologie ISIS,dell'Istituto Italiano Archeologia Etnologia Navale, dell'International Association of Egyp-tologysts e di The Egypt Exploration Society. E' autore insieme Giuliana Rigamonti dellatrilogia: “Antologia della letteratura egizia del Medio Regno” ed. Ananke.

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portante è vendere, che poi la saggistica nonsi trovi, pazienza!Ma anche in questo caso occorre fare delle ri-flessioni. Se è pur vero che il salone costitui-sce una importante vetrina per i cosiddettieditori di nicchia, per quanto tempo questi po-tranno permettersi di parteciparvi se i costiaumentano e le vendite diminuiscono?Nelle due settimane antecedenti i grandigruppi editoriali investono migliaia di euro ininserzioni sui principali quotidiani, hanno pas-saggi in televisione e interviste, decantano legrandi novità e la partecipazione di stelle diprima grandezza alla kermesse. E si è punto ea capo: grandi concentrazioni di pubblico perla presenza di “big” che se da un lato attiranoun folto pubblico, d’altro canto distolgono l’at-tenzione dai libri per indirizzarla sui perso-naggi. Concludendo, l’amara riflessione non può ri-guardare solo il salone del libro ma coinvolgein modo molto più ampio e preoccupante ilrapporto tra Stato e cultura. È inutile fare pro-clami quando le istituzioni scolastiche, dallescuole materne alle università, sono in unostato prossimo all’indigenza, quando si per-mette che il patrimonio artistico vada in ro-vina, quando non ci si rende conto che ilcosiddetto Bel Paese dovrebbe puntare vera-mente ad essere la culla della cultura e del tu-rismo intelligente in Europa, anziché inseguirevani sogni di “top ten” tra i paesi più industria-lizzati, quando proprio non ce lo possiamopermettere.

CCaarrlloo RRuuoo RReeddddaa

Dopo la bella edizione dello scorso anno dedi-cata al 150° dell’Unità d’Italia, quest’anno ilSalone Internazionale del Libro celebra il suoventicinquesimo compleanno. Da una parte ri-marchiamo la soddisfazione per la continuitàche questa manifestazione è riuscita a rita-gliarsi, d’altro canto non possiamo trascurareevidenti segni di usura di una manifestazioneche celebra stancamente un settore in pro-fonda crisi, in una città dilaniata dalla crisi, inun periodo dove quotidianamente non si parlad’altro che di crisi.Nato da un’idea di Guido Accornero e AngeloPezzana, storico libraio torinese, sul modellodell’omonimo Salon parigino, il Salone Inter-nazionale del Libro ha finito per superarlo perricchezza di contenuti e per numero di visita-tori, raggiungendo i vertici delle manifesta-zioni europee del settore. �Passato allagestione della Fondazione per il Libro, la Mu-sica e la Cultura, ha registrato un successocrescente, con un numero di visitatori ormaicostantemente oltre le 300.000 unità l’anno.Se è pur vero che questi numeri sono stuzzi-canti, cerchiamo ora di dare una lettura un po’più approfondita, distinguendo le varie tipolo-gie di visitatori. Come prima considerazione esaminiamo le vi-site delle scolaresche, categoria che rinpinguain modo significativo il tanto decantato nu-mero di visitatori ma che, di fatto, è commer-cialmente inesistente. Specialmente nellegiornate di giovedì e venerdì si incontrano de-cine di scolaresche di ogni ordine e grado chemigrano tra i corridoi del salone: dai (pochi) li-ceali attenti alle novità del mercato editoriale

ai (tanti) studentelli attentissimi alle mini-gonne delle standiste, per concludere con ibambini delle scuole elementari o materneaccompagnati attraverso gli stand con unostranissimo e ingegnoso sistema anti-smarri-mento: una sorta di imbragatura tipo muta dicani (o tiro di renne, se preferite…). Il risultatodi queste orde erranti è malinconicamente co-stante da anni: gli studenti guardano (seguardano), ma non comprano! E se è pur veroche un contatto con il mondo dell’editoria puòteoricamente stimolare alla lettura mi do-mando come questi ragazzi, abbandonati aloro stessi, riescano a cogliere dei contenutidel salone.Passiamo ora ad esaminare l’altra parte delpubblico: succede che deve pagare un bi-glietto d’ingresso in linea con la crisi (cioèspropositamente caro, 10 euro). Mi domandocome non ci si renda conto che in un mo-mento come questo occorrerebbe trovare unincentivo, stimolare il pubblico all’acquistoconcordando con gli editori una linea disconto o, paradossalmente, chiedendo aglistessi uno sforzo economico in più e non farpagare l’ingresso, o applicare prezzi equi. Noncapisco per quale motivo un lettore attentodebba acquistare libri al salone quando è risa-puto che il suo libraio di fiducia gli applicheràcomunque uno sconto!È pur vero che per i piccoli editori come noiquesto salone è un evento irrinunciabile, inquanto le grandi catene di distribuzionespesso non espongono nelle loro vetrine libriche non siano ritenuti best-sellers, e quindiappartenenti ai grandi gruppi editoriali: l’im-

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S A L O N E I N T E R N A Z I O N A L E D E L L I B R O S A L O N E I N T E R N A Z I O N A L E D E L L I B R O

Dietro le quinte del Salone Internazionaledel Libro

•IImmppaarriiaammoo ii ggeerroogglliiffiiccii? Piccolo manuale per giovani scribi (2008), •HHoowwaarrdd CCaarrtteerr aallllaa ssccooppeerrttaa ddeellllaa ttoommbbaa ddii TTuuttaannkkhhaammoonn (2011) •AA ssppaassssoo nneell tteemmppoo – Scopri i segreti della terra dei faraoni (2011).

CCaarrlloo RRuuoo RReeddddaa è direttore editoriale della Casa Editrice Ananke. Da quest’anno presiede la rete d’impresaVALUE per la valorizzazione dell’editoria universitaria. Appassionato di egittologia, ha pubblicato tre libri per ragazzi con l’intento di diffondere questa sua passione anche tra i giovani:

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di Carlo Ruo Redda

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Disse il Profeta: "Tutto nella vita, dalla lettera alla parola, dal segno al pensiero, dalla vita all'universo infinito è simbolo,e nulla più che simbolo".Dal numero deriva la figura geometrica e dalla lettera la calligrafia.Nel mio ultimo quadro ho unito elementi geometrici ad elementi calligrafici, il tutto secondo il concetto di ritmo esimmetria.La geometria sacra è il linguaggio più vicino alla Creazione e in tutte le culture è stata utilizzata nell'arte sacra o nellacostruzione di edifici sacri. Le semplici verità della geometria sono il mezzo più efficace per illustrare alla nostramente logica, l'unità di tutte le cose. Lo studio delle relazioni tra queste proporzioni e forme, ci conduce alla compren-sione che tutto ciò che esiste proviene da un'unica fonte e che noi siamo parte di essa.In questa mia opera mi sono ispirata al disegno simbolico universale del Mandala («essenza» = «maṇḍa» + «posse-dere» o «contenere» = «la»), ma anche al mantra, in quanto in esso tutti i simboli sono composti da lettere e parole.I simboli della rosa, dell'ape, delle farfalle e degli uccelli sono dunque composti dalla frase araba della Bismillah: "Nelnome di Dio il Clemente, il Misericordioso". Anche gli angeli sono composti da parole ovvero dall'intera frase dellaShahada (la professione di fede). Ecco quindi che tutto è totalmente leggibile e recitabile. Il mantra esprime il significatoproprio di "veicolo o strumento del pensiero o del pensare", assumendo una connotazione di "espressione sacra", dipreghiera, di pratica meditativa e religiosa dove si visualizzano parole che si possono pronunciare a voce alta o solomentalmente.Nel centro di questo mio Mandala-mantra "caleidoscopico", utilizzo il simbolo del cerchio che "contiene" la frasearaba "Nel Nome di Dio il Clemente il Misericordioso", posto come origine della composizione, come prefazione adogni cosa, come proclama dell'assioma universale che tutto è stato creato da Dio. Il cerchio rimane il più antico simbolo

SHAMIRA

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a r t e

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a r t e

AAnnnnaa SShhaammiirraa MMiinnoozzzzii

E’ un’artista italiana che si esprime nell’arte egi-zia e nella Calligrafia Islamica. E’ ideatrice di in-novative composizioni calligrafiche e in virtù deirisultati raggiunti in questa sua espressione arti-stica, è stata invitata dall’Ambasciata del Regnodell’Arabia Saudita, a partecipare a un concorsoper un bozzetto di francobollo, indetto nel 2004 dalMinistro delle Poste e Telecomunicazioni del Regnodi Arabia Saudita. Per il suo eccellente risultato,ottava su più di ottomila partecipanti, ha avuto pa-role di grande apprezzamento dal Direttore del Mi-nistero delle Poste, che l’ha invitata a continuare apartecipare alle opportunità di confronto artisticosaudite.Nel 2004 è stata invitata dall’Ambasciata Egizianain Roma a fare una mostra di arte islamica in-sieme a suo padre, Renato Minozzi, affermato ar-tista di arte sacra cristiana (è stato uno dei pittoridel Giubileo e ha donato un ritratto a Sua SantitàGiovanni Paolo II).La mostra era intitolata “Islam e Cristianesimo:padre e figlia si confrontano con forme e coloriper inviare un messaggio di pace”.Nel 2005 ha avuto l’onore di donare una suaopera di arte islamica ad Al Azhar Park, progettovoluto e realizzato da Sua Altezza il principeKarim Aga Khan, che si trova al Cairo.Nel 2006 ha partecipato alla prima Biennale In-ternazionale di Arti Islamica a Torino, ricevendo icomplimenti come artista, dal prestigiosissimoResearch Centre for Islamic History, Art and Cul-ture (IRCICA) di Istanbul.Nel maggio 2007 è stata invitata ad esporre lasua esperienza di calligrafa occidentale al conve-gno internazionale “Islam e occidente: dialogo traculture”, organizzato dall’Università degli Studi diParma e dal Teatro Regio.Il 19 giugno ha ricevuto una lettera di apprezza-mento e considerazione, sempre per la sua arteislamica, da Sua Altezza Al Thani, Emiro del Qataril quale, nel gennaio 2010, l’ha invitata in Qatarper una visita ufficiale al Paese, in riconoscenza alsuo impegno culturale.Per la sua competenza e per l’originalità delle suerappresentazioni calligrafiche, è stata invitata poia tenere dei workshop, per insegnare per inse-gnare l’arte della calligrafia islamica nel Museumof Islamic Art, a Doha.

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i i ¯ ˇ ˇ

sacro: emblema di unità e di perfezione, ci rammenta il no-stro contatto col Divino, col trascendentale, con la forza crea-trice dalla vita; è l’ideogramma alchemico di Uno; è linea omovimento che si conchiude in se stesso e che in se stessoha principio e fine.Intorno al cerchio poi, 4 rose formano un quadrato, il cui si-gnificato esprime l'elemento terrestre inteso come Creato.La rosa è simbolo di Bellezza, di apertura alla coscienza, dielevazione spirituale. Dunque 4 rose, come i 4 elementi:Fuoco, Terra, Aria, Acqua.Ho dipinto 4 api in corrispondenza dei 4 punti cardinali. Leapi, architetti della natura, ogni giorno costruiscono i lorofavi secondo un'ottimale organizzazione matematica dellospazio, ignorandone tuttavia le leggi matematiche! Sanno"fare matematica" in modo magistrale, ma inconsapevole,avendone la conoscenza insita, espressione questa di unaspetto sorprendente della perfezione creativa di Dio.Poi 8 farfalle (l'otto è considerato il numero dell'infinito e diapertura alla trascendenza) che simboleggiano la metamor-fosi (da bruco, a crisalide, a splendida farfalla). Se Dio hacreato questa prodigiosa trasformazione per un insetto, cosaavrà mai tenuto in serbo per l'uomo?Poi ho dipinto 12 uccelli che sin dai tempi antichi, a causadella loro connessione con il cielo, sono stati pensati comeun collegamento soprannaturale tra il cielo e la terra, un tra-mite nell'acquisizione della sapienza (il numero12 simboleg-gia un ciclo compiuto - 12 sono i mesi dell'anno - ed è unnumero significativo in tutte le religioni Abramitiche). NelSufismo, il linguaggio degli uccelli è un mistico linguaggioangelico. Lo stesso Francesco d'Assisi, secondo la tradizione,predicava agli uccelli. Nel Talmud, la saggezza proverbiale diSalomone era dovuta al fatto che egli capiva il linguaggiodegli uccelli, per un dono divino. Nella Qabbalah e nell'alchi-mia, il linguaggio degli uccelli era considerato un linguaggioperfetto e segreto, una chiave per raggiungere la cono-scenza perfetta.Vi sono poi raffigurati 4 Angeli nei 4 angoli dell'opera. GliAngeli rivestono un ruolo molto importante in tutte le reli-gioni Abramitiche, sono i messaggeri di Dio.Ai due lati dell'opera, a destra e a sinistra, e riportata lascritta araba: "Dio, l'Inconoscibile".Destra e sinistra, occidente e oriente in questo sono equiva-lenti: Dio rimane l'inconoscibile!Solo Dio conosce se stesso. Infatti, se noi piccoli esseri umaninon riusciamo a sapere cosa passi per la mente della per-sona più cara e più vicina a noi, come possiamo solo pensaredi comprendere e sapere ciò che Dio sia e voglia? Credo cheabbiamo davvero tanta strada da fare prima di incominciarea pensare di essere stati creati ad immagine e somiglianza!Incominciamo ad amare la natura, a osservarla, a studiarla,a comprenderne la bellezza e la perfezione e a lodare così ilsuo Creatore.Tutte le religioni sono come frammenti di un grande spec-chio, in ognuno dei quali ci si può specchiare, mentre ilgrande specchio d'origine è Dio. C'è la necessità del dia-logo, di capire che tutti siamo reciprocamente necessari,qualsiasi religione si professi e a qualsiasi livello culturalesi appartenga.Concludo con questa saggia poesia di Rumi:Hanno detto: "Da ogni parte c'è la luce di Dio". Ma gridanogli uomini tutti: "Dov'è quella luce?" L'ignaro guarda a ogniparte,a destra,a sinistra;ma dice una Voce: Guarda soltanto,senza destra e sinistra!".

Shamira

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tutankhamon

a r t e

Immagine tipicamente amarniana,

liberamente ispirata a

quell'intimità che non è tabù,

ma gioia che si

trasmette con il semplice

starsi accanto.

Il sovrano è qui rappresentato

con la consorte in atteggiamento

affettuoso. L'abilità dell'artista

ha saputo rendere percepibile

la soave brezza

che spira dal Nilo nelle

gradevoli sere primaverili,

il vento infatti gioca con i leggeri

veli di lino, regalando alle figure

un'insolita vitalità.

Descrivere cosa si compia nel momentoin cui un’idea si trasforma in segno certorimane per me ancora un mistero.

Infatti, per questo, trovo più pertinenteaffermare che “qualcosa accade”.

Consapevole di essere strumento eveicolo della manifestazione di “creature” che assumono, di fatto, poi,vita propria, mi sento investita del compito di accompagnarne i primipassi difendendone la dignità per lasciar in seguito che prendano, ognuna,la direzione che sapra’ tracciarsi.

L’origine di questa “vocazione” affondale sue radici unicamente dell’atavicapassione che da infinito tempo ho nutritoper l’Antico Egitto. Da autodidatta, hosemplicemente lasciato che il gesto dellamia mano desse forma ad un qualcosa di piu’ compiuto.

Questo, per me, rappresenta l’ umilecontributo di semplice mediatrice di un“non conosciuto” piu’ grande, che dà vertigine.

Carla Tomasi

II PP AA PP II RR II DD II CC AA RR LL AA

[email protected]

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dei due gemelli, Alessandro Helios e Cleopatra Se-lene, in un gruppo scultoreo custodito al Museo Egi-zio del Cairo. Siamo nel 41 d. C. e dalla relazioneamorosa tra Antonio e Cleopatra nascono tre figli,due gemelli e un secondo maschio, Tolomeo Fila-delfo. Fino ad oggi, l’unica di cui si possedeva un’ef-figie sul verso di una moneta e in una scultura, eraquella di Selene, data in sposa al re Giuba II. Ai ma-schi invece toccò in sorte una fine peggiore, proba-bilmente simile a quella riservata a TolomeoCesarione, il figlio che Cleopatra aveva precedente-mente avuto da Giulio Cesare. Cancellati dalla storia,probabilmente eliminati fisicamente, come era nelcostume della famiglia Giulio Claudia, la quale si di-sfaceva dei dinasti considerati pericolosi, di essi siperse ogni traccia. La scultura che ritrarrebbe i ge-melli proviene dalla città di Dendera, in Alto Egitto,dove era custodita all’interno del tempio dedicato adHathor. É alta circa un metro e raffigura una bambinae un bambino che si abbracciano affiancati da dueserpenti. La testa degli infanti è sormontata da duedischi con l’occhio-udjat intarsiato, raffiguranti il solee la luna. Il maschio porta i capelli ricci, legati in unatreccia laterale, come in uso tra i bambini egizi, men-tre la femmina ha i capelli raccolti in un acconciaturaa grandi ciocche, molto simile a quella delle reginetolemaiche. A rafforzare l’ipotesi che la scultura ri-tragga i figli di Cleopatra e Marco Antonio c’è ancheil riferimento iconografico al mito egizio di Shu e Tef-nut, figli del dio Atum e definiti anche come i suoiocchi, ovvero il sole e la luna. Si è pensato che l’ab-braccio dei due bambini potrebbe riferirsi alle notti diplenilunio, quando secondo la mitologia i due corpicelesti si uniscono, oppure all’eclisse di sole che si sa-rebbe verificata durante il riconoscimento dei gemellidi Cleopatra da parte di Marco Antonio. Motivo percui, i bambini presero i nomi aggiuntivi di Helios e Se-lene, con l’intenzione di sottolinearne il legame cele-ste ed esaltarne la nascita gemellare.Fonte: http://www.cnr.it/sitocnr/home.html20/04/2012

44)) RINVENUTI TRA LE BENDE DI UNA MUMMIAI FRAMMENTI MANCANTI DI UN IMPORTANTEMANOSCRITTO

Brisbane, Queensland, Australia. Il museo di questacittà è il protagonista di un’incredibile quanto inaspet-tata scoperta: si tratta del ritrovamento di alcuni fram-menti di una raccolta di formule magico-religioseappartenenti ad un personaggio in vista nell’anticoEgitto, che l’avrebbero dovuto sostenere e proteggerenel suo viaggio verso l'aldilà, dunque i frammenti diquello che comunemente viene detto “Libro dei

Morti”. La scoperta è avvenuta di recente nel corso diuna visita ai magazzini del museo da parte di un egit-tologo del British Museum, John Taylor, curatore dellacollezione di mummie attualmente esposte nel museoaustraliano. Visitando la collezione australiana, l’atten-zione di Taylor si è posata su un fragile pezzo di papiroche riportava un nome a lui familiare, quello di Amen-hotep, noto funzionario vissuto intorno al 1420 a.C .,generale dell'esercito e ammiraglio (capo delle bar-che). Parti del Libro dei Morti di Amenhotep erano giàstate ritrovate, ma gli egittologi non erano mai venutiin possesso dell’intera opera. Alcune di queste sonoinfatti sparse nelle collezioni dei più famosi musei delmondo, dal British Museum di Londra al MetropolitanMuseum of Art di New York al Museum of Fine Arts diBoston. A far pervenire al museo australiano questipreziosi reperti è stata una donna un secolo fa, in cir-costanze che non è stato possibile appurare. Prossi-mamente i frammenti saranno sottoposti a scansionecon l’intenzione di ricomporre le immagini digitali conle porzioni della collezione del British Museum. Graziea questa scoperta sarà forse possibile saperne di piùoltreché sulla vita di un alto funzionario egizio, anchesu una considerevole parte di storia dell’antico Egittoin uno dei suoi momenti più prosperi.Fonte: http://english.ahram.org.eg21/04/2012

55)) SCOPERTO IL SARCOFAGO DELLA REGINABEHENU, RARO ESEMPLARE IN GRANITO ROSA

Un team di archeologi ha portato alla luce il sarcofagointatto della regina egiziana Behenu, vissuta circa4000 anni, realizzato in uno splendido granito rosa. Ilsarcofago è stato trovato dentro la camera sepolcraledella regina, nei pressi della sua piramide nell’area ar-cheologica di Saqqara. Risalente all’Antico Regno, erastata gravemente danneggiata ad eccezione di duepareti interne della camera funeraria, contenenti i“Testi delle piramidi”, abitualmente incisi all’internodelle tombe reali durante la V e VI Dinastia. Philippe,il capo La missione francese, con a capo l’egittologoCollombert , ha recuperato i resti di Behenu nella ne-cropoli di Pepi I a Saqqara. Sul sarcofago vi sono incisii diversi titoli della regina, fra i quali “l’amata mogliedel re”, ma di quale re si tratti non è dato sapere. Tragli studiosi c’è chi sostiene si tratti di Pepi I, altri di PepiII, entrambi sovrani della VI Dinastia. La piramide diBehenu, lunga 25 metri, fu scoperta nel 2007 insiemead altre sei piramidi appartenenti alle regine Inenek,Nubunet, Meretites II, Ankhespepy III, Miha, e un’altranon identificata. Fonti: : http://www.archeostoria.it/ 22/04/2012

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11)) TRAFUGATI I COPERCHI DI SARCOFAGI EGIZI: LEAUTORITÀ ISRAELIANE INTERVENGONO

Due splendidi coperchi decorati di sarcofagi che untempo contenevano mummie, sono stati sequestratidalle autorità israeliane. Gli artefatti, di chiara origineegizia, sono stati ritrovati durante l’ispezione in alcuninegozi di un mercato della città vecchia di Gerusa-lemme. Gli ispettori li hanno confiscati ritenendolifrutto di un traffico illecito. Gli studiosi hanno datato ipreziosi reperti con il carbonio C-14, stabilendo cosìche uno di essi risale al periodo compreso tra il X e l'-VIII secolo a.C. (Età del Ferro) e l'altro tra il XVI e il XIVsecolo a.C. (tarda età del bronzo). I ricercatori, non es-sendo del tutto sicuri di come abbiano raggiuntoIsraele, hanno tuttavia ipotizzato che i coperchi, segatiin due parti per essere nascosti dentro una valigia etrasportati più facilmente, potrebbero essere stati tra-fugati dalle antiche tombe del deserto occidentaleegiziano, quindi passati da Dubai, per poi attraversareun paese europeo prima di finire in Israele. Questi tipidi coperchi fungevano naturalmente da copertura disarcofagi in legno di palma contenenti i resti di mum-mie, delle quali però non si hanno tracce, ma che – contutta probabilità – sono finite nel mercato clandestinodi reperti antichi, i cui traffici spesso raggiungono cifreche si esprimono in miliardi di dollari. Il contrabbandodi mummie risale al medioevo, quando esse venivanomacinate e ridotte in polvere, con la convinzione chequesta avesse proprietà medicinali. Per ostacolare ilcommercio clandestino di reperti antichi, è entrata invigore in Israele una nuova legge, con la quale le au-torità cercheranno di eliminare le scappatoie chehanno permesso il riciclaggio dei manufatti rubati pro-venienti da altri paesi. Fonte: http://www.scientificamerican.com

22))NUOVI TASSELLI AGGIUNTI AL PUZZLE DELLAMAPPA ARCHEOLOGICA DI ALESSANDRIA

Alessandria arricchisce il suo già consistente patrimo-nio storico con l’aggiunta di quattro “nuove” tomberupestri, rinvenute durante lavori di ispezione di unterreno destinato ad opere di edilizia residenziale. Citroviamo nei pressi della necropoli orientale della vec-chia Alessandria in una zona vicina al tunnel di Al-Ibra-

himya. La squadra di archeologi del Ministero delle An-tichità operativa sul campo, le ha datate collocandolein un arco di tempo compreso fra il periodo greco-ro-mano e quello bizantino (331 a.C. - 641 d.C.). Numerosireperti antichi sono stati rinvenuti all’interno delletombe, la più antica delle quali risalirebbe al II secoloa. C. Secondo quanto affermato da Mohamed Mostafa,direttore delle Antichità della città, la tomba più im-portante sarebbe la prima, costituita da un cortile condue pilastri e due pozzi di sepoltura che accoglievano,oltre che un gran numero di oggetti in buono stato diconservazione, comprese ceramiche recanti il nomedel defunto in greco, una decina di corpi. A dimostrarele diverse epoche di utilizzazione del sito, c’è la so-vrapposizione di strati di pittura nelle pareti orientalee meridionale di una delle tombe. La seconda tombanon è accessibile poiché su essa insiste un edificio mo-derno, ma è visibile una scala di 8 gradini intagliatanella roccia. La terza e la quarta si trovano ad un livellopiù profondo e contenevano al loro interno una colle-zione di lanterne, profumi , ceramiche e vasi di argilladi forme e dimensioni diverse. Nella parte meridionaledel sito è stata ritrovata un’altra struttura recante unalapide con incisi in greco i nomi di una madre e di unfiglio, testimonianza della loro sepoltura in quel luogo.Attualmente il team lavora per restituirci un’immagine3D delle tombe, che arricchiranno così la mappa archeo-logica di Alessandria. Fonte: http://luxortimesmagazine.blogspot.it/12/04/2012

33)) ALESSANDRO HELIOS E CLEOPATRA SELENE:IDENTIFICATI I FIGLI DI CLEOPATRA

La storia di Cleopatra VII, ultima sovrana d’Egitto, èben nota a tutti. Ma anche in questo caso, come pertutto ciò che riguarda il passato e il lavoro di chi siimpegna per ricostruirlo, siamo di fronte alla sco-perta di un tassello della vita della regina riguardantein particolare i figli avuti dal triumviro e generale ro-mano Marco Antonio. E tutto ciò è dovuto ad un’ar-cheologa italiana, Giuseppina Capriotti, dell’Istitutodi Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo An-tico (ISCIMA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche(CNR). La studiosa avrebbe infatti identificato i volti

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struttura di copertura dell'antica domus. L’archeologoA. D'Andrea spiega che la stratificazione con cui sisono presentati i materiali al rinvenimento è statamolto indicativa: prima la struttura, poi il cassettonato,quindi le tegole, in ultimo la sabbia di duemila anni fa.Tutto secondo la sequenza con la quale il tetto fu sco-perchiato dall'eruzione del 79 d. C. Per il trasferi-mento al British Museum si sono dovute prendere ledovute precauzioni e gli accorgimenti necessari perevitarne il danneggiamento, così da coinvolgere unpersonale specializzato che spaziava dai chimici aiconservatori. Al momento sono in corso i restauri,sempre finanziati nell'ambito del progetto HCP, in at-tesa dell’esposizione londinese.Fonte: http://mobile.ilsole24ore.com/08/05/2012

99)) PALERMO: DA UNA SIGNIFICATIVA SCOPERTA ADUN’AFFASCINANTE IPOTESI TRA MITO E REALTÀ

Il Tholos scoperto nei pressi di Palermo, ad Alia, in lo-calità Gurfa, sarebbe il più grande del Mediterraneo.Questa sarebbe di per sé una scoperta importantis-sima e di assoluta rilevanza archeologica, ma c’è chiha avanzato un’ipotesi affascinante sulla possibilitàche si tratti della tomba di Minosse, già citata dallo sto-rico greco Diodoro Siculo. Le tombe così dette a Tho-los ( che in greco significa cupola), erano monumentifunerari risalenti alla tarda età del bronzo. Sono costi-tuiti da un vano circolare, sottostante ad un tumulo diterra e coperto con cerchi concentrici di blocchi lapideia costituire una sezione più o meno ogivale. Ed è que-sto il caso della tomba rinvenuta, la cui maestosità po-trebbe anche suggerire un’ ipotesi di collegamento colmitico Minosse, figura dai contorni contrastanti. Re diCreta, giusto e saggio al punto tale che dopo la suamorte sarebbe divenuto uno dei giudici degli inferi peralcuni, crudele e senz’anima secondo altri. Ma qualisarebbero i motivi per cui avrebbe dovuto trovar se-poltura in Sicilia? Tanti gli avvenimenti, ammantatitanto di storia quanto di leggenda. Combatté controNiso dal "capello d'oro" re di Megara, la cui figlia, Scilla,innamoratasi perdutamente di lui non indugiò a tra-dire il padre, consegnandogli le chiavi di Megara echiedendogli di sposarla. Minosse conquistò Megara,ma si rifiutò di portare a Creta la parricida, che per losconforto si tolse la vita annegandosi in mare. A Mi-nosse è anche legata la storia del Minotauro, di Teseoe di Arianna. Inoltre si narra che venne ucciso in unavasca da bagno in Sicilia, mentre si trovava ospite delre sicano Cocalo. Anche Diodoro Siculo narrò come laleggendaria tomba di Minosse si trovasse al di sottodi un tempio di Afrodite e come anche Terone di Akra-gas, al fine di vendicare l'uccisione del re cretese,

avesse cercato ed occupato quest'area sacra. Latomba rinvenuta nei pressi di Palermo, potrebbe es-sere il luogo d'eterno riposo del re cretese, ma po-trebbe anche celare diversi segreti storici edarcheologici.Fonte: http://www.palermoreport.it11/05/2012

1100)) GERUSALEMME: SCOPERTO SIGILLO VOTIVODONATO AL TEMPIO BEN 2700 ANNI FA

Un sigillo ebraico, con inciso il nome del suo pro-prietario, risalente alla fine del periodo del primoTempio, circa 2700 anni fa, è stato rinvenuto sulpavimento delle rovine di un antico edificio vicinoal Monte del Tempio, nella Città Vecchia a Gerusa-lemme. L'annuncio della scoperta è stato dato dal-l'Israel Antiquities Authority, precisando che ireperti sono stati trovati sotto la base di un anticocanale di scolo che gli archeologi stanno esplo-rando sotto l'Arco di Robinson, nel parco archeolo-gico di Gerusalemme adiacente al MuroOccidentale. L'edificio rappresenta la struttura piùvicina al Primo Tempio finora trovata dagli stu-diosi. Il sigillo è fatto di pietra dura e porta incisoil nome del suo proprietario: ''Lematanyahu BenHo...'' (''di proprieta' di Matanyahu Ben Ho''), vis-suto tra l’ VIII secolo e il 586 a.C. Il resto del nomee dell'iscrizione risultano illeggibili. Questi sigilli,incastonati in anelli porta-sigillo, venivano usatinel periodo del Primo Tempio per siglare lettere eidentificarne i proprietari ed il nome Matanyahu,che significa “Dare a Dio”, è un nome menzionatovarie volte nella Bibbia, tipico del Regno di Giudanell'ultima parte del periodo del Primo Tempio,dalla fine dell'VIII secolo fino alla distruzione diesso avvenuta nel 586 a.C.Fonte: http://www.adnkronos.com12/05/2012

1111)) MEKETRE : A DISPOSIZIONE DEGLI STUDIOSI LERAFFIGURAZIONI DELLE TOMBE DEL MEDIOREGNO EGIZIO

“Middle Kingdom Tomb Relief Evolution“ è un pro-getto curato dal Prof. Peter Jánosi dell’Istituto diEgittologia dell’Università di Vienna che si prefiggedi realizzare un database online delle scene raffi-gurate nelle tombe del Medio Regno. Da pochigiorni è quindi possibile ricercare pitture e rilievi efare uno studio sistematico con collegamenti gra-zie ai dati riportati: numero della tomba, nome delproprietario, necropoli, datazione, tecnica di ese-cuzione, posizione della scena all’interno della

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66)) RITROVATO A KARNAK UN GRANDE BASSO-RILIEVO DI RAMESSE III

Il volto di Ramesse III, il re più famoso della XX dina-stia, è tornato alla luce perché raffigurato su unalastra recentemente ritrovata nel Tempio di Karnaka Luxor. La lastra mostra il faraone intento ad offriresacrifici ed offerte al dio Amon Ra, protettore del-l’impero egizio. Dietro di lui, sono rappresentate lamoglie e la dea Amont mentre indossa la sua fa-mosa corona. Fonte: http://www.antikitera.net27/04/2012

77))ORA ON LINE LA PIÙ REALISTICA E COMPLETA RI-COSTRUZIONE DELLA PIANA DI GIZA IN 3D

Creata tramite un software della società di Das-sault Systèmes, in collaborazione con l’Universitàdi Harvard e il Museum of Fine Arts (MFA) di Bo-ston, l’applicazione è gratuita e disponibile per di-versi dispositivi, tra cui monitor di computer etelevisori abilitati al 3D, permettendo a chiunquene sia in possesso di vagare per la necropoli, esplo-rare pozzi e camere sepolcrali, ed entrare in quat-tro degli antichi templi del sito, tra cui le piramidi diCheope e di Micerino. Ma la novità consiste nelfatto che questo non è semplicemente un altro tourvirtuale di siti antichi che hanno più a che fare conla fantasia e i videogiochi che con l’archeologia, edove i colori, le superfici e i rivestimenti non sonorealistici ma sembrano piuttosto piatti. Il sistema“Giza 3D” si concentra invece sulla realtà e ripro-duce una delle sette meraviglie del mondo anticobasandosi su solidi dati scientifici. Il progetto si av-vale infatti del lavoro di George Andrew Reisner(1867-1942), un egittologo americano che diressela spedizione dell’Università di Harvard e del Mu-seum of Fine Arts (MFA) presso la Piana di Giza piùdi un secolo fa. Reisner, che fu uno dei primi ar-cheologi ad usare la tecnica fotografica durante gliscavi, è il motivo principale per il quale il MFA vantauna delle più belle collezioni egiziane al di fuori del-l’Egitto. In 40 anni di scavi, Reisner ha portato allaluce migliaia di reperti e opere d’arte, e ha lasciatoun catalogo completo delle sue esplorazioni, concirca 45000 negativi fotografici su lastra di vetro,decine di migliaia di pagine di diari, manoscritti erelazioni, innumerevoli mappe, diagrammi e note, emolta corrispondenza. Rimasta praticamente inuti-lizzata fino agli inizi degli anni ’70 del secoloscorso, questa immensa mole di dati è stata com-pletamente digitalizzata ed è ora accessibile all’in-terno del progetto. Quando i visitatori virtuali

entrano nelle tombe e nelle mastabe, possono cer-care i reperti trovati lì dalla spedizione Reisner, ve-dere oggetti in 3D e ottenere immediato accesso atutte le informazioni utili. Queste includono diari dicampo, mappe e antiche immagini. Inoltre, la rico-struzione di templi o tombe scomparsi, ricavatadalle informazioni disponibili, rende possibile riper-correre l’intera storia della Piana di Giza durante lediverse epoche e seguirne lo sviluppo attraverso isecoli, fornendo così sia uno strumento unico diinsegnamento in aula e sul web, sia un nuovostrumento di ricerca per gli studiosi moderni. Qui difianco il link: http://giza3d.3ds.com/#discover Fonte: http://articles.boston.com07/05/2012

88)) PRESTO IN MOSTRA AL BRITISH MUSEUMUN TETTO D’EPOCA ROMANA RINVENUTOAD ERCOLANO

Per comprendere com'erano costruiti e decorati i tettinelle case patrizie dell'antica Roma, fino a un po' ditempo fa lo strumento più efficace era rappresentatodagli affreschi pompeiani. Il progetto "HerculaneumConservation Project"- l'iniziativa di conservazionedell'area archeologica campana finanziata dal ma-gnate americano David W. Packard - ci ha dimostratoche si può far di meglio! Ecco riaffiorare dalla sabbiadell'antica spiaggia della città vesuviana, sepolta dal-l'eruzione del 79 d.C., un tetto ligneo perfettamenteconservato che parecchio ha da insegnarci sulle tec-niche di costruzione nella prima età imperiale. Il rinve-nimento ha avuto luogo nel 2010, l'anno scorso ilmanufatto edile è stato rimosso e conservato, adessoverrà restaurato nell'attesa di essere esposto per laprima volta al pubblico nel 2013 a Londra, fiore all'oc-chiello della grande mostra che il British Museum stapreparando su Pompei ed Ercolano. Tra il 2009 e il2010 i tecnici hanno provveduto ad installare le tuba-zioni per il drenaggio, un'operazione invasiva ma chegarantirà la messa in sicurezza del sito. Scavandosono venute fuori le fognature della città romana, maanche il suddetto tetto di legno che, secondo gli ar-cheologi impegnati nei lavori, proviene dalla poco di-stante Casa del rilievo di Telefo nell'insula orientalis I.In realtà non si tratterebbe del primo tetto romano rin-venuto in assoluto. Già in precedenti scavi ne furonotrovati alcuni nei siti vesuviani, ora custoditi nei depo-siti della soprintendenza di Napoli e Pompei, ma nes-suno che conservasse parte del suo stato originario. Iltetto trovato a Ercolano infatti, è contraddistinto dallapresenza dei pigmenti delle decorazioni cromaticheantiche. La superficie lignea decorata a cassettoni, se-condo gli studiosi rappresenterebbe il 40% della

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tomba e bibliografia di base. In alcuni casi è dispo-nibile anche l’immagine della scena. Ecco il link:http://meketre.org/index.phpFonte: http://www.associazionevolo.it22/05/2012

1122)) TEL MEGIDDO E IL RITROVAMENTO DI INA-SPETTATI TESORI

Una brocca d'argilla risalente al periodo cananeo, re-centemente scoperta nel sito archeologico di Me-giddo, nascondeva un tesoro in oro e argento. Gliarcheologi israeliani dell’Università di Tel Aviv hannocosì scoperto uno dei più grandi reperti di preziosimai trovato in Israele risalente ai tempi biblici. Gli og-getti, rinvenuti in una brocca d’argilla portata allaluce durante uno scavo, vengono fatti risalire a 3.100anni fa, cioè all’Età del Ferro, quando il luogo era abi-tato da una tribù cananea. I ricercatori avevano rin-venuto la brocca d’argilla nel 2010 mentreoperavano nella parte meridionale della valle Jeze-reel (nord Israele), ma l’hanno aperta solo nel luglio2011 ed ora dall’esame del contenuto è giunta l’affa-scinante sorpresa. Gli studiosi esitavano ad aprire ilvaso perché era pieno di terra e temevano di dan-neggiare quello che ritenevano potesse essere uncontenuto molto fragile. Solo nel luglio 2011 i restau-ratori dell’Università di Tel Aviv si risolsero a vuotareil contenuto della brocca e restarono sbalorditi neltrovarsi davanti a una notevole quantità di gioielliben conservati. Gli scavi, diretti da David Ussishkin eIsrael Finkelstein, dell’Università di Tel Aviv, e da EricCline, della George Washington University (Usa), du-rano da 20 anni. L’area in cui sono stati trovati questireperti è diretta da Eran Aryeh, dell’Israel Museum. Ilfatto che i gioielli hanno un’aria egizia viene spiegatoda Cline, che ricorda come “in quel periodo Megiddoera sotto l’influenza degli egizi”. La brocca è statatrovata in un angolo di un grande cortile tappezzatodi piastrelle di pietra. Sopra di essa stava un altrocontenitore, presumibilmente usato per coprirla.“Probabilmente si tratta di una collezione di gioielliappartenuta a una donna aristocratica cananea delposto”, dice Ussishkin. Fino ad oggi sono stati trovati25 tesori di gioielli che risalgono all’Età del Ferro. Lamaggior parte di essi è composta da pezzi fatti in ar-gento. “L’importanza della nuova scoperta a Tel Me-giddo consiste nell’alto contenuto di oro trovato tra ireperti – dice Finkelstein – inoltre, il fatto che risalgaall’inizio dell’Età del Ferro ci permetterà di studiarele prime utilizzazioni dell’argento nella nostra zona ela quasi totale scomparsa di oggetti in oro che coin-cide con la fine dell’impero egizio nella regione cana-nea, verso la fine dell’Età del Bronzo”.

Fonte: http://www.israele.net23/05/2012

1133)) OGGETTI TRAFUGATI PER ESSERE SMERCIATI,PRONTAMENTE RECUPERATI

L’Ahram Online, quotidiano telematico egiziano in lin-gua inglese, ha riportato finalmente una buona notiziasul fronte dell’operato della Polizia per il Turismo e leAntichità. Lunedì, sepolta nella sabbia nei pressi delcomplesso funerario di Horemheb nella necropoli diSaqqara, è stata ritrovata una collezione di 35 statuinein faïence verde, alte intorno ai 6 cm. Il bottino, cheera pronto per essere smerciato all’estero, dovrebbeprovenire dai siti vicini ma l’esatto luogo d’origine saràstabilito dalla commissione di archeologi che lo staanalizzando.Fonte: http://english.ahram.org.eg/24/05/2012

1144)) AL VIA IL PROGETTO DI ASSORBIMENTODELLE INFILTRAZIONI D’ACQUA SOTTO LA SFINGE

Questa settimana, il Ministero dello Stato per le Anti-chità, in collaborazione con la USAID (US Agency forInternational Development), ha iniziato ad operareper risolvere un problema che aveva colpito la pianadi Giza negli ultimi mesi. Infatti, a causa del nuovo si-stema di drenaggio della vicina area di Nazlet al-Seman, le falde acquifere sotterranee sono affiorateinondando vaste zone attorno alla Sfinge. Sono stateistallate 18 pompe idrovore che risucchieranno 1100metri cubi di acqua all’ora. I lavori inizieranno nel-l’area del “tempio a valle” di Chefren e attorno allacollina meridionale. Le macchine sono distribuitesulla piana di Giza secondo una mappa che mostra lezone dove l'acqua sotterranea si è accumulata. Moha-med Ibrahim Ministro di Stato per le Antichità hadetto che le macchine potranno pompare 1100 metricubi di acqua ogni ora, sulla base di studi effettuati inprecedenza da rinomati esperti in falde acquifere sot-terranee egiziani e americani. Mohamed El-Sheikha,capo della sezione progetti presso il Ministero di Statoper le Antichità, spiega che secondo gli studi ecologicie geofisici, la Sfinge e la sua roccia sono al sicuro poi-ché il livello dell'acqua si trova sotto il livello del suoloa 4,6 metri, simili al livello dei tempi antichi. Tale li-vello è naturale dal momento che uno dei rami delNilo una volta raggiungeva la piana, quando vennescavato un porto per le imbarcazioni che trasportanoi blocchi necessari per la costruzione delle piramidi,dalle cave di Assuan e Tura in Helwan.Fonte: http://english.ahram.org.eg27/05/2012

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11)) FIORINI MARCO VIRGINIO, Nel cantiere della grande pi-ramide. Gli architetti svelati,Ananke, Torino, 2012.

Per la prima volta viene presentatauna metodologia pratica per la costru-zione della Grande Piramide e nonun’ennesima “teoria”. L’autore accom-

pagna il lettore a fare un giro all’interno del cantiere della pi-ramide di Cheope per scoprire insieme i segreti degliarchitetti egizi. Le fasi per innalzare l’edificio più discusso efamoso della storia sono svelate in modo progressivo e fa-cilmente comprensibile da tutti. Un viaggio entusiasmantea ritroso nei millenni, un tuffo nella sorprendente tecnologiadi un antico popolo geniale, un’avventura non facile da di-menticare.

22)) INCORDINO ILARIA, La nascita della prima pira-mide. III dinastia egiziana(2650-2575 a.C.), Ananke, Torino, 2012

Il presente lavoro si propone comebreve excursus sulla nascita di uno deisimboli per eccellenza dell'antica civiltà

egiziana: la piramide. Accanto alla sintesi sui recenti studiscientifici relativi all'epoca in cui questa tipologia architet-tonica è nata in Egitto, l'autore ha esaminato gli aspetti so-ciali, economici e religiosi che fanno parte dell'essenza dellapiramide secondo l'antica ideologia. Particolare attenzioneè stata data al fondamentale valore politico ed ideologico diquesto monumento, come elemento di coesione nazionalee legittimazione della monarchia faraonica nelle prime fasidell'Antico Regno. La piramide ha quindi un duplice ruolonell'antico Egitto: rappresenta il motore dello sviluppo dellostato egiziano e della sua ricchezza, che raggiungerà l'apiceproprio con l'edificazione delle grandi piramidi di Giza, ed altempo stesso è anche il mezzo attraverso il quale il poteredi una classe dirigente ormai trasformatasi in dinastia re-gnante viene giustificato agli occhi del popolo.

33))MARINEO SABINA, Prima di Cheope. Le Origini,Nexus edizioni, Battaglia Terme(PD), 2012.

Chi erano in realtà i leggendari fonda-tori delle prime grandi culture? Dadove giunsero gli dei, signori d’Egitto e

di Sumer? Quelli che con l’uso delle armi e con l’ap-porto di nuove tecnologie rivoluzionarono il mondoprotostorico? Guerre, saccheggi, incendi hanno an-nientato gran parte del patrimonio culturale raccoltonelle grandi biblioteche del passato, mentre le cata-strofi naturali hanno contribuito a far sparire le traccedi antiche civiltà. Tornando alle origini, scavando nelpassato e indagando intorno alle radici, possiamo com-prendere perché il progresso dei nostri progenitori, purcontando millenni di storia, non fu distruttivo come ilnostro. E può essere che queste rivelazioni ci aiutino aprolungare il futuro del nostro pianeta.

44))WILKINSON TOBY, L’antico Egitto. Storia di unimpero millenario, Einaudi, 2012.

La storia dell'antico Egitto e dellastraordinaria civiltà che fiorì lungo lerive del Nilo potrebbe sembrare sol-tanto uno spettacolo meravigliosocostellato di eventi eccezionali: la co-

struzione delle piramidi, la conquista della Nubia, la rivo-luzione religiosa istituita da Amenofi IV, il potere e labellezza di Nefertiti, la vita e la morte di Tutankhamon, lacrudeltà di Ramesse, l'invasione di Alessandro Magno eil fatale legame tra Cleopatra e Roma. Ma se i tremilaanni della civiltà dei faraoni posseggono tutti gli ingre-dienti di un romanzo epico - splendide corti, lotte dinasti-che, misteriosi omicidi e grandi battaglie, storie dieroismo e di intrighi, di trionfi e sconfitte, con donne alpotere e tiranni -, il vero e proprio racconto storico è an-cora più sorprendente e di gran lunga più interessante.Gli antichi egizi furono il primo gruppo di persone a con-dividere cultura, prospettive e identità comuni all'internodi un territorio geografico ben definito, governato da unasola autorità politica; vissero, cioè, secondo quei concettidi appartenenza a una nazione che ancora oggi domi-nano il pianeta. La storia dell'antico Egitto è dunque, so-prattutto, la storia del tentativo di unire un regno moltovario e di difenderlo ossessivamente contro forze ostiliinterne ed esterne. Toby Wilkinson, grazie alle sue eccel-lenti doti di narratore e a una conoscenza approfonditadei geroglifici e dell'iconografia del potere, ci restituiscel'antico Egitto in tutta la sua complessità.

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