EDIZIONI DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA...sommario Bimestrale della Provincia di Bologna Anno IV - n. 1...

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Spedizione in A.P.art. 2 comma 20/c legge 662/96 Filiale di Bologna. - In caso di mancato recapito restituire allufficio P.T. CMP di Bologna per linoltro al mittente che si impegna a corrispondere la tariffa dovuta. uno EDIZIONI DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA ANNO IV - N°1 - FEBBRAIO 2000

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EDIZIONI DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA

ANNO IV - N°1 - FEBBRAIO 2000

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PER RISPARMIARE ENERGIA - PER VIVERE IN UN AMBIENTE PIÙ PULITO PER RISPARMIARE SULLE SPESE DI RISCALDAMENTO

Èstata avviata la campagna di controlli sugliimpianti termici domestici che interessa

i cittadini residenti nel territorio provinciale.Tali controlli saranno effettuati dalla Provincia a partire dall’anno in corso sugli impianti termici centralizzati (con potenzialità superiore o uguale a 35 kw), mentre per le caldaie autonome (con potenzialità inferiore a 35 kw) le verifiche partiranno dal 15 dicembre 2000.È previsto l’invio a tutti i cittadini interessati di materiale informativo sugli adempimenti richiesti e della relativa scheda per dichiarare l’avvenuta manutenzione del proprio impianto.

•• Fai controllare tempestivamente

la tua caldaia

•• Compila la dichiarazione,metti la firma e il bollino

•• Falla pervenire alla Provincia di Bologna

•• Conserva la ricevuta

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sommario

Bimestrale della Provincia di Bologna

Anno IV - n. 1 - febbraio 2000

Iscrizione Tribunale di Bologna

n. 6695 del 23/7/97

Chiuso in fotocomposizione il 12/2/2000

Stampa: Tipografia Moderna Bologna

Tiratura: 13.000 copie

Direttore: Roberto Olivieri

Caporedattore: Sonia Trincanato

Segreteria di redazione:Rita Michelon, Grazietta Demaria

Progetto grafico e Art: Guido Tucci

Impaginazione: Piero Brighetti

Computer graphic: Annalisa Degiovannini, Gabriella Napoli

Disegni: Clementina Mingozzi

Fotografie: V. Cavazza, G. Avoni, ArchivioProvincia, G. Perticoni, M. Sciacca,M. Bonora, Studio F.N., Iguana Press

Direzione e redazione:Provincia di Bologna, Via Zamboni, 13 tel. 051/218.340/355 fax 051/218.226e.mail: [email protected]

In copertinaUn Ôopera di Ambra Polidori tratta da ÒDe angelorum rumoreÓ (ed. Sintesi, Bologna1996). LÕartista � nata a Citt� del Messico nel1954 dove vive e lavora per la maggior parte deltempo. é anche critica dÕarte e collabora con nu-merose riviste specializzate.

Sommario

Portici � consultabile anche sul sito Internet www.provincia.bologna.it/portici/index.html - Tutti i numeri sono scaricabili interamente in formato per Acrobat Reader

Pellegrini moderni 30M.C.Le strade dei fedeli 31

nCULTURAL’uomo del mistero 32Gabriele CarleschiUna casa per la settima musa 36G.M.

nORIZZONTI 33D’A RTEIl ritorno di“Lucrezia”HidehiroIkegami

n LA SOCIETÀMULTIETNICAA scuola di Islam 34Patrizia Romagnoli

n I L POSTO DELLE FRAGOLEUn incontro sotto al portico 35Nicola Muschitiello

n DAL CONSIGLIOL’agricoltura è in salute? 37Serena Maini I temi del dibattito 39Laura Pappacena

n AMBIENTEL’Italia che ricicla 42Veronica Brizzi

nRICERCABologna illuminail mondo sommerso 43Stefano Gruppuso

n PORTICI RACCONTANon si può andare in bicicletta fino al mare 45Pino CacucciMassimo Sciacca

nCELEBRAZIONIIl papà di Bertoldo 47Lorenza Govoni

n BOLOGNA IN LETTERELa memoria sospesa 48Stefano Tassinari

n BREVI 49

n LIBRI 51a cura di Lorenza Miretti

n PORTICI PER I PORTICIIl raffinato linguaggio del ‘500 2Davide Righini

nCULTURA E SCIENZALezione di piano 3Giuseppe Campos Venuti

n INNOVAZIONICome lavorare da lontano 5Claudio GiannasiNascono i centri per l’impiego 7C.G.

nRIFORMECome cambia il commercio 8Adelmo CaselliQuando, come e dove compriamo 10

n INFANZIA NEGATAUnicef 2000 11

n POLITICHE SOCIALIIl Centro Gian Franco Minguzzi 13Paola Frontera

n LA CITTÀ SENTIMENTALEUn documento della “fronda”studentesca nel “Quartiere Latino” bolognese 15Renzo Renzi

BOLOGNA E IL GIUBILEOnCROCEVIA DI STORIA , FEDE E CULTURAPietra dopo pietra 18a cura di Veronica Brizzi“Movesi il vecchierel verso Bologna”... 23Laura SantiniLe buone opere 26Maurizio CollinaIl risveglio dei giganti 28L. S.

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ssieme alla ricchezza decorativa giàemersa nei portici della secondametà del XV secolo, il primo decen-

nio del Cinquecento vide il fiorire di un lin-guaggio stilistico più maturo e raffinato,frutto dell’acquisizione delle forme rinasci-mentali precedentemente patrimonio deimaestri lombardi e toscani. La produzionedecorativa, che divenne ora di invenzionelocale, si tradusse infatti in un’esecuzione

più sicura e meno “provinciale”, che definìin termini classicheggianti il repertorio ico-nografico a cui guardarono i progettisti e ilapicidi nei decenni successivi.La prima tappa di questo rinnovamento fu ilportico della chiesa di San Bartolomeo, affac-ciato sulla piazza di Porta Ravegnana da unlato e su Strada Maggiore dall’altro. Splendi-do esempio di architettura rinascimentale, ca-denzato da ampie arcate a tutto sesto, il porti-

co mostra un ricco repertorio decorativocomposto da vivaci elementi zoo e fitomorfi,resi in modo corposo e realistico e distribui-ti sui fregi delle magnifiche lesene. Il lorodisegno e la loro esecuzione si devono, ri-spettivamente, ad Andrea Marchesi da For-migine, Francesco di Pietro da Como e Gio-vanni Andrea de Zardi. Tuttavia la critica neha evidenzato soprattutto due mani, quasidue fasi di realizzazione distinte fra gli inta-gli delle lesene su strada Maggiore e quellesu Porta Ravegnana: più nitide e sciolte leprime, più ripetitive e a tratti, un po’ mac-chinose, le seconde. L’adesione alle mature forme classicheg-gianti caratterizza anche il portico di palaz-zo Salina Amorini Bolognini in via Casti-glione. L’edificio fu costruito in due fasi di-stinte: la prima iniziata nel 1526, la secondaterminata attorno al 1602, a completamentodella stessa prima fase. La singolare presen-za di alcune teste in cotto poste al di sottodel marcapiano, in “rappresentanza” delleoltre cento che sporgono dagli elementimorfologici dell’intera facciata, rendonoquesto portico unico nel suo genere e ne sot-tolineano l’estro dei progettisti; i bellissimicapitelli poi, decorati con elementi in stileclassicamente composito e con numerose evigorose sculture zoomorfe, variabilmenteattribuiti dall’Oretti a Jacopo della Nave e aProperzia de’Rossi, confermano la maestriae la maturazione del linguaggio stilistico de-gli artisti incaricati. Dietro l’ideazione dei due portici analizzatiemerge infatti la figura di Andrea Marchesida Formigine, uno dei principali esponentidel Rinascimento bolognese che seppe rac-cogliere coscientemente, reinterpretandoliattivamente, le forme e i modelli importatidalla Toscana e dalla Lombardia. Architet-to, lapicida, decoratore e responsabile diprogetti di portici, l’eclettico Formigine nel-la sua opera fonde la leggerezza delle deco-razioni toscane e la morbidezza di quelle ro-mane, delicate e raffinate con la loro nitidagrafia, con il rilievo lombardo e con il sen-so di naturalismo padano. Egli annoda abil-mente, nel suo sapiente mestiere, le ispira-zioni di diversi artisti che il suo occhio os-serva e annota, mostrando inoltre influenzee suggestioni assai varie, come rivelano imorbidi disegni delle losanghe e i ricamiscolpiti delle lesene del portico di palazzoMalvezzi Campeggi, ispirati alla decorazio-ne di tappetti e arabeschi di gusto orientale.

Davide Righini è specializzando in Storia dell’arte presso l’Università degli studi di Bologna

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P O R T I C I P E R I P O R T I C I

La rivista aderisce all’iniziativa promossa dal Centro Unesco di Bologna, per il riconoscimento dei portici come patrimonio universale,attraverso questa rubrica che avrà vita sino all’auspicatoraggiungimento dell’obiettivo

Il raffinato linguaggio del Ô500di DAVIDE RIGHINI

Sopra, particolare delPortico del Palazzo Salina Amorini Bolognini in via Castiglione. La presenza di alcuneteste in cotto che sporgono dalla facciatae la bellezza dei capitelli testimoniano la maestria stilistica degli artisti.A fianco, il portico della Chiesa dei S.S.Bartolomeo e Gaetano,splendido esempio diarchitettura rinascimentale. Le immagini sono ricavate dal volume “Il mirabile artificio” di Andrea Santucci

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uelli che per tanti anni mi hannoascoltato parlare del piano, special-mente nelle mie lezioni milanesi, co-noscono il forte rapporto di amicizia

che mi legava a Giovanni Astengo e quanto ioabbia cercato di rielaborare il suo stimolo ana-litico per il piano; ma sanno anche che, al di làdell’affetto, il mio interesse era spinto a svi-luppare fortemente le capacità sintetiche delpiano che apprezzavo in Luigi Piccinato, uo-mo per la verità assai più di intuito che di in-dagini. E idealmente immaginavo di innestarel’uno nell’altro. Anche così, però, non avreitrovato in questo urbanista immaginario, l’uo-mo ideale per il piano. Certamente l’uomoideale per il piano non l’ho mai trovato; peròfin dal confronto personale con i miei maestri-amici, ho continuato a cercare gli elementi incontinua evoluzione del piano urbanistico. Eallora devo ricordare, come ho fatto spesso,che a spingere la mia attenzione verso le pro-blematiche immobiliari, è stato un altro mae-stro-amico: Aldo Natoli, capogruppo comuni-sta al consiglio comunale di Roma, che 45 an-ni fa indusse un gruppo di giovani a studiare lamappa delle proprietà intorno alla capitale. Fa-

cendoci scoprire che appena 7 latifondisti ur-bani si erano accaparrati ben 26 milioni di me-tri quadri di terreno: e convincendo me a dedi-care da allora al regime immobiliare un’atten-zione determinante per la disciplinaurbanistica, nei suoi aspetti economico-legi-slativi, ma specialmente per quanto riguarda laconcezione del piano e della sua attuazione. Ilmio rapporto personale con il piano si è poi ar-ricchito in modo straordinario con l’esperien-za di amministratore comunale fatta a Bolo-gna, dove giunsi da Roma quasi 40 anni fa.Lavorare alla costruzione di un piano non co-me tecnico urbanista, ma come assessore al-l’urbanistica, costringe evidentemente ad ap-procci meno abituali di quelli che a noi sonoculturalmente propri. In fondo le mie esperien-ze sul piano sono state influenzate anche daPlinio Marconi, che a Roma insegnava urbani-stica nel dopoguerra. Le sue idee non coinci-devano certo con le mie, eppure molto genero-samente accettò di prendermi come assistentevolontario, incarico allora molto ambito, an-che se oggi la cosa fa ridere. Le strane vicendedella vita, fecero sì che negli anni 60, io mitrovai a Bologna, assessore all’urbanistica di

quel Comune, a dover trasformare da cima afondo il piano bolognese del dopoguerra, cheproprio Plinio Marconi aveva avuto come con-sulente principale. Forse, fra le cose che piùrimpiansi lasciando Roma, era proprio la co-struzione in corso di un piano per la città, cheaveva invece come consulenti il fior fiore de-gli urbanisti italiani, capeggiati da Luigi Picci-nato. Come tutta la cultura moderna italianaapprezzai nel 1962 l’adozione di quel pianoche, dopo trenta anni di attesa, dava finalmen-te nuove regole urbanistiche alla Capitale; mada Bologna, dove la problematica immobiliarerappresentava ormai per me uno dei capisaldidella nuova urbanistica, non mancai di notareche, proprio a Roma, questo problema sem-bravano averlo sottovalutato. A me questo nonaccadde di certo: e la costruzione del nuovopiano bolognese al quale lavorai come asses-sore, partì proprio da una sistematica contesta-zione della rendita urbana e da un conseguen-te ridimensionamento delle previsioni insedia-tive; il che permise di moltiplicare, invece, leprevisioni per i servizi pubblici ed il verde nelnuovo piano regolatore. La salvaguardia dellacollina, il decentramento direzionale, i nuovi

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LEZIONE DI PIANOÈ la Lectio Magistralis che ha tenuto lo scorso dicembre, al Politecnico di Milano,

il professor Giuseppe Campos Venuti, in occasione del conferimento da parte del Presidente della Repubblica della medaglia d’oro e del diploma di prima classe

di benemerito della scienza e della cultura. Ne pubblichiamo di seguito un ampio stralcio

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Vista aerea della zona sud-ovest della città alla fine degli anni ‘50

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C U L T U R A E SC I E N Z A

quartieri dell’edilizia economica da edificaresulle migliori aree disponibili nella città: sonoqueste tutte scelte urbanistiche fondamentalidel piano di Bologna adottato nel 1970, cheperò io cominciai a realizzare in anticipo, giànel corso degli anni 60. E se un obiettivo comequello dell’innovativa salvaguardia del Centrostorico - allora affidata soltanto alle isolate,quanto rare difese delle Soprintendenze - non

era consentito dall’inadeguatezza della disci-plina vigente sui piani particolareggiati, impa-rai che era sempre possibile un uso strumenta-le della legge. E misi in moto una variante alpiano generale per la salvaguardia di tutto ilcentro storico, che invece era giuridicamentepossibile, studiata al dettaglio e fondata sull’a-nalisi delle tipologie edilizie, che poi Cervella-ti portò avanti e rese famosa. Il pragmatismoche mi suggeriva di usare le leggi in modospregiudicato, non mi aveva certo impedito dicapire, però, che per un piano nuovo, servivaassolutamente una nuova legge; ed io fui fra ipiù giovani e accaniti fautori della riformaSullo e dell’esproprio generalizzato. Fallitaperò ripetutamente, nel 1963 e poi nel 1977, lariforma legislativa, fu ancora una volta l’atten-zione al piano a spingermi negli anni 80, da unlato alla vivace polemica contro la “deregula-tion urbanistica” e dall’altro ad una riflessioneanalitica sulle “generazioni urbanistiche”. Eraquest’ultimo un tentativo di capire come fos-sero i cambiamenti stessi della società a pro-durre ricadute urbanistiche altrettanto nuovesulla città e sul territorio: e come per fronteg-

giare positivamente queste ricadute, fosse ne-cessario conoscerne le cause originarie. Infat-ti, dopo le generazioni urbanistiche della Rico-struzione e dell’Espansione, una nuova gene-razione urbanistica batteva alle porte all’iniziodegli anni 80, quella della Trasformazione. Ead essa dovevamo far fronte con un nuovo mo-dello di piano, che affrontasse i radicali cam-biamenti intervenuti nella società e quindi an-

che nella città. Indubbiamente per coloroche avevano scelto la parte del piano, glianni 80 furono assai difficili. Perché al dilà del clima politico e culturale decisa-mente ostile, era necessario fare i contianche con il cambiamento della genera-zione urbanistica. E cioè bisognava riela-borare un nuovo modello di piano, rispet-to a quello che avevamo continuamenteadeguato per tanti anni, senza però maicambiarne la struttura essenziale; e insie-me rielaborare un nuovo modello di rifor-ma legislativa, per cambiare finalmente lavecchia legge del 1942. Quale modello dipiano costruire però intorno ai nuovi con-tenuti? Nella comunità scientifica si èavuto uno scontro, anche doloroso, fra icustodi ad oltranza del vecchio modello egli innovatori: perché questi ultimi - quel-li che io continuo a chiamare i riformisti -sostengono che il fine della città equa,ecologica, efficiente, il fine stesso dellacittà bella, può essere perseguito soltantoabbandonando gli strumenti urbanisticinati per affrontare l’Espansione e oggiinutilizzabili e sostituendoli con nuovistrumenti, capaci di affrontare la trasfor-mazione urbana. E questa analisi fatta con

i parametri del regime immobiliare, vedeva ie-ri i tanti suoli oggetto dell’espansione, sui qua-li bisognava cancellare la rendita assoluta,usando l’esproprio generalizzato. Che, invece,è impossibile oggi sui pochi suoli dismessi ointerstiziali oggetto della Trasformazione, peri quali è improponibile l’enorme spesa neces-saria a cancellare con l’esproprio la renditadifferenziale. È però possibile rifiutare la con-trattazione caso per caso che su queste aree sicominciò a fare negli anni 80; definendo inve-ce regole perequate generalizzate, cioè ugualiper tutte le aree che si trovano nella stessa con-dizione urbanistico-giuridica. Da questo ap-proccio diverso nasce il nuovo modello di pia-no. Ieri un piano diviso in destinazioni pubbli-che e private nelle vaste aree di Espansione.Oggi un piano dove le poche aree di Trasfor-mazione forniscono insieme destinazioni pub-bliche e private, attribuendo però diritti edifi-catori a tutte le aree trasformate - eliminandocosì ogni disparità di trattamento fra proprieta-ri -, ma cedendo gratuitamente al comune ter-reni per verde e servizi in misura assai supe-riore ai vecchi standard urbanistici. Insomma è

l’analisi scientifica della realtà, che ha sugge-rito sia la soluzione legislativa, sia la soluzio-ne del nuovo modello di piano. A me è succes-so di contribuire alla costruzione di questodoppio progetto, lavorando negli ultimi diecianni al nuovo piano regolatore di Reggio Emi-lia; proprio un Comune dove durante l’espan-sione avevo contribuito ad un piano attuatocon il metodo dell’acquisizione comunale pre-ventiva, operazione che oggi era impossibileriproporre. E lavorando a quel piano, ho con-tribuito contemporaneamente alla formazionedella nuova proposta di riforma presentata nel1995 dall’Istituto Nazionale di Urbanistica;proposta che oggi è in fase di avanzata elabo-razione nella Commissione Ambiente e Terri-torio della Camera dei Deputati. A Reggio,nello spirito della riforma, il piano è stato co-struito processualmente e gradualmente; pro-prio come mi era successo tanto tempo fa aBologna. E come sta accadendo per il piano diRoma, dove sono tornato a lavorare, dopo unalunga assenza. Potrete forse immaginare l’e-mozione che provoca in me questo ritorno.Anche perché la formazione del piano di Ro-ma, che dovrebbe concludersi entro il 2000, sipresenta come una vera e propria anticipazio-ne della riforma urbanistica e insieme comel’applicazione di molte delle mie battagli cul-turali. A Roma, infine, mi accade di collabora-re al superamento e all’evoluzione della strate-gia per la salvaguardia dei centri storici, checontribuii a proporre trenta anni fa a Bologna.Fin dalle polemiche con Leonardo Benevoloche contestava il valore storico dei tessuti ur-bani dell’Ottocento, io ho sempre lavorato per-ché maturasse una visione della salvaguardiadei tessuti consolidati, morfologicamente si-gnificativi, capace di superare i limiti spazio-temporali della rivoluzione industriale, per ar-rivare fino ai quartieri più recenti: ed è proprioquesto che si sta sperimentando oggi a Roma.E allora per il piano di Ivrea, appena iniziato inquesti giorni, si è posto apertamente al gruppocon il quale collaboro, il tema di come affron-tare in futuro la gestione urbanistica di quellavera e propria antologia dell’architettura mo-derna italiana, che esiste in alcuni quartieridella città. Così continuo a parlare del Piano, aRoma, pensando a Piccinato, che fu l’ispirato-re principe del piano del 1962; e ad Ivrea, pen-sando ad Adriano Olivetti, che di quella anto-logia architettonica è certamente l’autore, mafu anche l’indimenticabile presidente dell’Isti-tuto Nazionale di Urbanistica e al quale fui vi-cino nella mia gioventù. Naturalmente parlodel mio piano, che io continuo ad affrontare inmaniera soggettiva, partigiana, del piano cheprevale nella mia vita pubblica, culturale e pro-fessionale, ma invade anche buona parte dellamia vita privata, insomma della mia vita.

Giuseppe Campos Venuti

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ome essere telelavoratori senza diven-tare lavoro-dipendenti. Ovvero, inquale modo sfruttare le indubbie op-

portunità offerte dal lavoro a distanza evitandoche l’esasperazione di alcune caratteristiche diquesta innovativa maniera di operare in cresci-ta con lo sviluppo delle tecnologie telematichevada a scapito della qualità della vita dei lavo-ratori ma anche della loro professionalità.È questo uno dei quesiti e degli elementi di ri-cerca su cui si basa il protocollo d’intesa fir-mato, nel gennaio scorso, dalla Provincia diBologna insieme a quelle di Lucca e Perugia eal Comune di Napoli. Un documento impor-tante che fa seguito al lavoro svolto dai firma-tari nell’ambito di un’iniziativa promossa dalMinistero della Funzione pubblica presso laPresidenza del Consiglio dei ministri ma che,

soprattutto, impegna i suddetti enti locali adelaborare insieme un percorso di studio e diosservazione sulle esperienze di telelavoro giàavviate nel campo dell’Amministrazione pub-blica approfondendone tematiche tecnico giu-ridiche, modelli e linee guida per progettarne

I N N O VA Z I O N I

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Come lavorare da lontanodi CLAUDIO GIANNASI

Recentemente firmato un protocollo d’intesa tra le Province di Perugia, Lucca, Bologna e il Comune di Napoli

per l’avvio della sperimentazione di telelavoro nella pubblica amministrazione

CC

la sperimentazione. Anche perché, già radica-to negli Stati Uniti (dove i lavoratori a distan-za sono otto milioni, un quinto dei quali operadal proprio domicilio) il telelavoro con gli an-ni ’90 ha preso a svilupparsi anche in Europae in Italia dove si è tradotto in atti normativiche risalgono al giugno del ‘98 (L. 191/98 se-guita dal Dpr 70/99). Ipotesi stimolante (resapossibile dalla diffusione dei personal compu-ter e dallo sviluppo della rete telematica Inter-net che permette bassi costi di trasmissione) edalle molteplici possibilità in tema di flessibi-lità dell’organizzazione produttiva, il telelavo-

IL PARERE DEL SINDACATO

Sindacato e telelavoro, due strade destinate ad incrociarsi. Cos� la pensa Danilo Grup-pi, segretario dello Slc Cgil, la ÒsezioneÓ della Camera del Lavoro che si occupa dei

lavoratori della comunicazione. ÇAnche se nella nostra provincia il telelavoro � ancora unÕesperienza in divenire, Ð dice Ðnel sindacato lÕattenzione � gi� forte. E questo perch�, se � vero che da parte nostra que-sta nuova maniera di lavorare viene vista in maniera sostanzialmente positiva per le op-portunit� che offre, � altrettanto vero che il fenomeno, secondo me destinato a svilupparsienormemente, dovr� essere governato e, in un certo senso, concertato, per evitare che sitrasformi in un boomerang per i lavoratori interessatiÈ.E Gruppi fa, poi, un esempio concreto. Quello di un gruppo di lavoratori della Tim (che aBologna ha una struttura con 1200 dipendenti) per i quali, nei mesi scorsi, dopo una di-scussione con lÕazienda � stata avviata unÕesperienza di telelavoro. ÇSono lavoratori diParma Ð spiega il segretario dello Slc Ð che in base allÕorganizzazione del lavoro prece-dente, erano costretti praticamente tutti i giorni a venire a Bologna per poi, molto spesso,ritornare a Parma ed operare sul territorio. Trattandosi di tecnici qualificati � stato possibi-le predisporre alcuni accorgimenti che ora gli permettono di collegarsi al mattino con la se-de centrale, ricevere dalla rete le indicazioni necessarie ad operare e quindi recarsi al la-voro senza dovere prima fare tappa a BolognaÈ.Nel caso in questione, come spiega il sindacalista, grazie al telelavoro Çsi sono potuti eli-minare i disagi dovuti al pendolarismo. Un fatto che ritengo positivo non solo per i lavora-tori interessati ma anche in quanto paradigma di una nuova politica del territorioÈ. E que-sto per Gruppi � un punto importante. ÇSe per il sindacato Ð dice Ð con il telelavoro si apreun fronte nel quale saremo chiamati di volta in volta a costruire nuove piattaforme contrat-tuali che tutelino, negli aspetti personali e professionali, i telelavoratori, agli enti locali spet-ter� il compito di investire risorse e progettualit� per far s� che questa nuova maniera dioperare abbia una ricaduta positiva sul territorio. Ci� significa, che occorrer� imparare apensare in modo nuovo anche alle infrastrutture. Che non dovranno pi� essere solo e ne-cessariamente autostrade e ferrovie ma anche, laddove � possibile, direttrici tecnologichedove fare correre le informazioni invece che le merci e le personeÈ. C. G.

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I N N O VA Z I O N I

ro sin dal principio ha portato con sé accese di-scussioni fra sostenitori e detrattori. Ed in par-ticolare su quello che appare il punto più con-troverso: cosa succede ad un lavoratore quan-do lascia il proprio ufficio per operare adistanza, in un centro distaccato creato ad hocdall’azienda oppure, addirittura, dalla propriaabitazione che diventa, così, una sorta di “uffi-cio domestico”. Per le caratteristiche dei mez-zi utilizzati, le tipologie di lavoro che megliosi prestano ad essere soggette al telelavoro so-no quelle di tipo intellettuale o “impiegatizio”.Insomma quelle parti dell’attività che sonosvolte con l’ausilio di computer e non richie-dono strettamente la presenza fisica sul luogo

di lavoro. Non è dunque un caso che il telela-voro, anche nel nostro Paese (dove si stimano720.000 telelavoratori) si sia sviluppato essen-zialmente nelle professioni autonome, nelleaziende ad alto contenuto tecnologico e nellapubblica amministrazione dove l’informatiz-zazione del lavoro è maggiore che in altri cam-pi. Ed è proprio partendo da questo dato (e dal-la possibilità di individuare nell’organizzazio-ne del lavoro procedure di decentramento conrisparmi di tempo e di risorse economiche) cheoccorre leggere l’impegno che l’autorità cen-trale dello Stato e diversi enti locali stannomettendo in campo. Un impegno che vuole an-che costruire esperienze pilota e percorsi di ga-

ranzia per i lavoratori rispetto ad una tematicacosì delicata che certo non può essere lasciatasolo alle tendenze e alle evoluzioni che emer-geranno dal mercato del lavoro. Come? Essen-zialmente ponendosi come ambito di speri-mentazione. Condizione favorita e, in un certosenso, determinata anche dal processo innova-tivo che sta interessando le autonomie locali,dalle caratteristiche di polifunzionalità deglienti stessi, dalla loro autonomia organizzativae flessibilità operativa, dalla necessità, infine,di affrontare i processi delle nuove deleghemantenendo, allo stesso tempo, punti di eroga-zione dei servizi sul territorio. D’altra parteper capire la delicatezza del fenomeno e le sueimplicazioni sul piano personale e sociale ba-sta scorrere il materiale prodotto dal gruppo dilavoro istituito dai soggetti firmatari dell’inte-sa che, fra le altre cose, ha elaborato anche una“Guida al telelavoro negli enti locali” (pubbli-cata sul sito della Presidenza del Consiglio al-l’indirizzo http:/www.palazzochigi.it) nellaquale si evidenziano percorsi, adempimenti,possibili sperimentazioni, criteri per le scelte ela redazione di progetti, i vantaggi e gli svan-taggi, insomma tutto quanto può servire aglialtri enti locali (magari quelli più piccoli) peravviare un loro percorso di telelavoro. Partico-larmente interessanti, sono gli spunti e le ana-lisi che emergono da un’indagine svolta doverisulta che “pro” e “contro”, nell’esercizio deltelelavoro, praticamente si equivalgono. A fa-vore vi sono la flessibilizzazione dell’orariocon una migliore gestione del tempo che per-mette, ad esempio di alleviare i problemi fami-liari. Un risparmio tempo/denaro dovuto al ri-

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Globalizzazione, flessibilità, concertazione, stato sociale, co-sto del lavoro. Cosa ne pensano i lavoratori bolognesi del-le parole che spopolano sull’agenda politica di questi me-

si? Intanto, non sempre ne conoscono l’esatto significato. E moltospesso sui singoli temi hanno opinioni diverse che però ricalcanola suddivisione in categorie professionali del mondo del lavoro. È questo uno degli spunti più interessanti del “Sondaggio sulla for-za lavoro bolognese: caratteristiche e opinioni” condotto dal Me-dec (Centro demoscopico metropolitano) del Settore Studi e Pro-grammazione della Provincia. Un lavoro che ha preso in conside-razione le risposte di circa 1200 lavoratori, tra occupati edisoccupati, cercando di mettere in luce quelle che sono le caratte-ristiche, le ansie e le aspettative della forza lavoro bolognese.Globalizzazione.Il 41% degli intervistati non si è sbilanciato ri-spondendo che le conseguenze di un aumento di competitività traimprese a livello mondiale possono essere sia negative sia positive.Fra i restanti, comunque, prevale l’ottimismo.Costo del lavoro.Considerata dagli imprenditori una condizioneimprescindibile per aumentare la competitività del nostro sistema

economico, non ha riscosso grande successo tra gli operai i quali(ovviamente) sono i più esposti alla concorrenza di un’offerta di la-voro a basso costo. Dal loro punto di vista sarebbe preferibile limi-tare l’accesso agli extracomunitari.Flessibilità. Il tema viene inteso in maniera molto differente. Da unlato le categorie superiori optano per una soluzione a loro favore-vole grazie alla quale l’intensa mobilità dei lavoratori permettereb-be alle imprese di rendere flessibili i processi produttivi e far fronteagli andamenti congiunturali della domanda. Dall’altro operai e impiegati privilegiano quei significati del termi-ne che favoriscono i dipendenti, quali l’introduzione delle 35 ore, ilprepensionamento o la ridistribuzione dell’occupazione fra tutti.Stato sociale e concertazione.Pochi ripongono le loro speranzenelle politiche estreme, quelle che si affidano totalmente allo Statoo al mercato. Impiegati e operai specializzati privilegiano la con-certazione. Autonomi e dirigenti (quindi terziario) preferiscono dare più spazioal mercato. Le classi più deboli optano, invece, per lo stato sociale.

C. G.

CHE NE PENSA LA FORZA LAVORO

Sala Rossa di Palazzo Malvezzi.

La firma del protocollo

d’intesa per la sperimentazione

del telelavoro nella pubblica

amministrazione

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I N N O VA Z I O N I

n anno di tempo. Poi dal 2001 tutta lastruttura organizzativa dei nuovi servi-zi per l’impiego dovrà essere pronta

per funzionare a pieno ritmo. Obiettivi dichiarati: fare incontrare offerta edomanda di lavoro. Ma anche garantire ai la-voratori un percorso di formazione e orienta-mento permanenti. Elementi quanto mai es-senziali in un mercato del lavoro dove semprepiù spesso si sarà costretti a modificare il pro-prio profilo professionale.Dopo che la riforma dei servizi per l’impiegoe la legge regionale 25/98 hanno attribuito al-le Province i compiti e le funzioni prima dicompetenza della Commissione regionale del-l’impiego e, più in generale, del Ministero dellavoro, l’Ente di Palazzo Malvezzi ha già av-viato l’iter (in febbraio c’è stato il passaggio in

Consiglio provinciale) necessario a dare corpoa questa importante innovazione. La delega specifica (quella della costruzionereti per gli sportelli dell’occupabilità) spettaall’assessore al lavoro, sanità e servizi socialiDonata Lenzi la quale descrive per grandi li-nee l’impianto della struttura che opererà sulterritorio di Bologna. «A fare da punto di rife-rimento saranno gli attuali Ciop (Centri infor-mativi orientamento professionale) e i Centriper l’impiego che andremo a creare, nonchégli Urp (Uffici per le relazioni con ilpubblico). Il territorio verrà suddivi-so in alcuni bacini d’utenza ed inognuno di questi bacini è prevista lapresenza di almeno due strutture. Al-la base di tutto il progetto c’è l’as-sunzione per cui dalla mera certifi-

cazione di uno status, si passerà alla promo-zione. Intendo dire che il ruolo degli uffici nonpotrà più essere quello di raccogliere sempli-cemente le adesioni e le richieste dei disoccu-pati bensì quello decisamente più dinamico dipromuovere verso le aziende i profili profes-sionali di cui queste hanno bisogno pescando-le dagli archivi informatici a nostra disposizio-ne». «È un importante e difficile cambiamentodi mentalità – prosegue l’assessore Lenzi –che presuppone un grosso lavoro non solo di

riorganizzazione delle strutture (tutti gli ufficidovranno essere collegati in rete fra di loro)ma anche di formazione del personale. Unpunto, questo, sul quale devo dire abbiamo giàriscontrato al nostro interno una forte disponi-bilità ed interesse». Per il primo anno del pro-getto la Provincia stanzierà un miliardo. Cen-tocinquanta milioni arriveranno dallo Stato ecirca un miliardo e mezzo dalla Regione chegarantirà allo scopo una quota del fondo so-ciale europeo. C. G.

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Nascono i centri per lÕimpiegoParte la riforma dei vecchi uffici di collocamento, saranno sostituiti dacentri dove domanda e offerta di lavoro si possono realmente incontrare

UU

dursi degli spostamenti. Un lavoro più auto-nomo con la possibilità di aumentare produtti-vità e motivazione individuale. Per le lavora-trici madri un’alternativa (retribuita) all’aspet-tativa (non retribuita o con retribuzioneridotta). Contro, prima di tutti, il rischio di iso-lamento. Ma anche quelli relativi alla carrieradovuti alla riduzione di visibilità, al minore ac-cesso alla formazione professionale, tutela sin-dacale e alle decisioni dell’Ente. Poi possibili

implicazioni psicologiche legate al fatto di ri-manere molto tempo a casa, dover dare dispo-nibilità di uno spazio idoneo nella propria abi-tazione; controlli più rigorosi se si lavora “online” (ovvero attraverso una connessione per-manente) e da ultimo il rischio di pagamentonon a ore ma a risultato. Insomma il famigera-to “lavoro a cottimo”. Come si capisce il tele-lavoro è ancora un pianeta in gran parte daesplorare. E telelavorare (benché esista e sia in

corso di definizione un’apposita normativa chetra le altre cose prevede anche una particolareforma di tutela sindacale), è ancora un’avven-tura certo affascinante (e probabilmente sem-pre più congeniale ai ritmi di vita e alle distan-ze che caratterizzano le grandi aree metropoli-tane moderne) ma nella quale il lavoratorerischia di doversi continuamente difendere daun lavoro nel quale diventa sempre più diffici-le staccare la classica spina. q

Una mattina all’ufficio di collocamento di via G. Leopardi a Bologna

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R I F O R M E

orse è semplicistico addossare la colpadella crisi dei piccoli negozi al solo svi-luppo della grande distribuzione esplo-

so, in provincia di Bologna, negli anni ‘90. Al-tri fattori, infatti, hanno inciso sulle difficoltàche oggi il negozio tradizionale deve affronta-re. Sono fattori causati, oltre che dall’inciden-za del fisco sui bilanci familiari, da una diver-sa distribuzione dei redditi delle famiglie,sempre più rivolti ai bisogni legati alla casa, aitrasporti, ai divertimenti, alla salute.È innegabile, comunque, che la grande distri-buzione ha trasformato profondamente il set-

tore commerciale mettendo in evidenza pro-blemi economici, sociali e urbanistici rilevan-ti, che non potevano più essere affrontatiutilizzando gli strumenti della vecchia norma-tiva, che prevedeva una pianificazione centra-

ta sull’idea di protezione, mediante il contin-gentamento dei beni di largo consumo e il“nulla osta” regionale per l’apertura dellestrutture di vendita superiori a 1500 mq.La trasformazione della rete commerciale inprovincia di Bologna è emersa chiaramente dauno studio commissionato dal servizio attivitàproduttive della Provincia a Tecnicoop eIscom E.R. Alla fine del 1998 la consistenzacomplessiva della rete commerciale in sedefissa è stimata in circa 13000 esercizi, di cui3500 alimentari. Se confrontiamo questo datocon gli esercizi presenti alla fine del 1991

(14086 attività) si evidenzia una netta con-trazione del numero dei punti vendita (me-no 1508 esercizi, pari al 10%), da attribuirein prevalenza al comparto degli alimentari(meno 970 negozi, pari a meno 23%).La novità degli ultimi anni è la netta cadu-ta numerica anche nel comparto delle atti-vità non alimentari, in valore assoluto me-no 538 esercizi, anche se percentualmentemeno incisivo di quello registrato nel setto-re alimentare (meno 5,4%).I comuni più interessati alla contrazionedella rete al dettaglio sono Bologna, che

perde quasi 1000 punti vendita, di cui 578 ali-mentari e 403 non alimentari, e Imola con me-no 201 attività, ma si registrano riduzioni dioltre 30 unità a Zola Predosa, Medicina e SanGiovanni in Persiceto, e di almeno 25 unità aGalliera, San Lazzaro di Savena, Budrio e Pia-noro. Non tutte le tipologie di esercizi sonocoinvolte nel processo di riduzione. Mentre,infatti, si contrae il numero dei piccoli eserci-zi, cresce la presenza di medie e grandi strut-ture di vendita. Nel periodo considerato le me-die e grandi strutture nell’alimentare e mistopassano dalle 167 del ‘91 alle 270 del ‘98, conun incremento di 103 unità (+62%). Più mar-cata sia in valore assoluto che in percentuale, èla crescita delle grandi strutture integrate su-periori ai 2500 mq (ipermercati).Il passaggio dai 6000 mq del ‘91 ai 75.778 del‘98 rappresenta un incremento di ben 69.778mq, ovvero un balzo percentuale di oltre diecivolte, rappresentando una quota di presenzenotevole (6% del totale della superficie di tut-te le imprese commerciali). Gli ipermercati so-no diventati, nel corso degli ultimi 10 anni, latipologia di commercio emergente e hanno in-fluito enormemente sul cambiamento delle at-

titudini d’acquisto del-la popolazione.

La normativa

In questo contesto diforte trasformazionesi colloca il DecretoLegislativo 114/98,meglio conosciutocome “Riforma Ber-sani”, il quale offregli strumenti per unnuovo modo di pro-grammare il commer-cio al dettaglio e perprogettare lo svilup-

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COME CAMBIA IL COMMERCIOdi ADELMO CASELLI

Il 24 gennaio si è insediata la Conferenza dei Servizi, organismo previsto dalla legge regionale di attuazione della “Bersani” per la programmazione sul territorio delle medie e grandi strutture commerciali. Una risposta alle aspettative dei consumatori,

alla preoccupazione di una perdita di quote di mercato a favore della media e grande distribuzione e al rischio di desertificazione della rete commerciale

nelle aree periferiche e nei piccoli centri urbani

FF

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R I F O R M E

po e l’adeguamento della rete distributiva. Lariforma colloca la piccola, la media e la gran-de struttura di vendita in ambiti ben separati esoggetti a procedimenti di autorizzazione di-versi, anche se l’urbanistica - cioè la gestionedel territorio - è il comune denominatore chedisciplina l’organico sviluppo del commercio. Le principali novità riguardano:� gli esercizi di vicinato, ovvero i piccoli ne-

gozi, non più soggetti ad alcuna autorizza-zione, ma è il Comune che ne regola urbani-sticamente la diffusione;� le medie strutture di venditadevono esse-

re autorizzate dal Comune, ma è previsto unmomento di concertazione fra Regione, Co-mune e Provincia, per individuare le aree ur-banistiche ove collocarle;� le grandi strutture di vendita che devono

essere autorizzate dalla Conferenza dei Ser-vizi con la presenza del Comune, della Pro-vincia e della Regione e, a regime, le aree sucui collocarle dovranno essere individuatedal Piano Territoriale di Coordinamento Pro-vinciale.

Quindi oggetto della programmazione delcommercio è oggi il territorio nel suo com-plesso e le varie tipologie di vendita dovrannoessere inserite nel loro contesto ambientale esociale. È la Provincia l’ambito sovracomuna-le di riferimento più adeguato per evitare casidi conflitto.La legge regionale 14/99 (che dà attuazione al-la “Bersani”) prevede una prima fase transito-ria della sua applicazione, nella quale adegua-re i piani regolatori comunali individuando lespecifiche localizzazioni delle medie e grandistrutture di distribuzione commerciale; a ciò siperviene attraverso l’istituzione di una Confe-renza dei Servizi e l’individuazione di ambititerritoriali sovracomunali.

Il ruolo dell’Amministrazione

La principale competenza dell’Ente, esercitataattraverso la Conferenza dei Servizi è la verifi-ca di sostenibilità urbanistica delle aree a desti-nazione commerciale proposte dai Comuni.Questa fase non conclude però il procedimen-to di autorizzazione di apertura di grandi strut-ture. Infatti dopo l’accertamento della sosteni-bilità urbanistica dovrà essere convocata unanuova Conferenza dei Servizi composta da unrappresentante della Regione, uno della Pro-vincia e uno del Comune interessato, la quale,sulla base di indirizzi del Consiglio Regionale,valuterà la specifica struttura sotto il profilo so-cio-economico e di impatto ambientale. In que-sto complesso procedimento, teso ad una ra-zionalizzazione della rete distributiva, la Pro-vincia di Bologna, pur all’interno di un quadrodi liberalizzazione del settore, si pone comeobiettivo principale quello della salvaguardiadella rete di vicinato con l’intento di rivitaliz-zare i centri storici valorizzando la loro capa-cità di produrre socialità e di essere punti di at-trazione. Gli strumenti per raggiungere l’obiettivo sonoin primo luogo la messa in campo di azioni po-sitive per sostenere progetti di valorizzazionedei centri urbani, o di parte di essi, presentati inaccordo fra soggetti pubblici e privati e chepossono prevedere il riutilizzo di spazi per l’in-sediamento di nuove attività commerciali edartigianali, il potenziamento delle esistenti e laformazione di nuovi e moderni complessi com-merciali di vicinato. q

Adelmo Caselli è dirigente del servizio industria e commercio della Provincia di Bologna

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L’IMPRONTA DEI GIOVANI

IMPRENDITORI

La Provincia di Bologna (ProgettidÕimpresa) ha firmato un protocollodÕintesa con il Comune di Bologna,lÕEnea-Bologna e la Fondazione Ber-tocchi, per la realizzazione del proget-to ÒImprontaÓ, che ha lo scopo di fa-vorire lÕimprenditorialit� giovanile.Il progetto accompagner� la nascita elo sviluppo di tre nuove imprese high-tech, promosse da giovani ricercatoriche collaborano o hanno collaboratocon Enea; le imprese saranno focaliz-zate su temi di interesse industriale oattinenti il mondo dei servizi.ÒImprontaÓ prevede, nei 16 mesi di durata del progetto: lÕerogazione dicontributi per la formazione e lÕavviodÕimpresa; il tutoraggio per consolida-re il know-how specifico in campo tec-nologico e tecnico; la messa a dispo-sizione delle infrastrutture; il supportonella costituzione di una rete di rela-zioni con i possibili interlocutori com-merciali; il supporto formativo e con-sulenziale per gli aspetti di pianifica-zione e lancio dellÕattivit� di businessplan e il reperimento di risorse finan-ziarie. S. M.

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ca in più strutture. La clientela di queste gran-di strutture si sposta sempre in auto (oltre il95% degli intervistati); l’enorme flusso veico-lare si concentra in particolare al sabato. Que-ste grandi strutture vengono visitate con pa-renti o amici (in media 1,3 persone complessi-vamente e 1,5 al sabato) perciò il volume dellepresenze all’interno della struttura è superioreal numero di veicoli. Considerando che seidelle sette strutture, di una i dati non sono per-

venuti, totalizzano oltre 16 milioni dipresenze annue, si può stimare un traffi-co indotto di circa 7 milioni di auto vei-coli. Pur con i risultati in termini assolu-ti diversi, le strutture non isolate presen-tano elementi di sinergia importanti,soprattutto nel caso in cui vi sia in co-mune l’area per il parcheggio delle auto.Le concentrazioni di grandi strutturecontribuiscono perciò a ridurre il volu-me complessivo di flusso veicolare ge-nerato dall’insieme delle strutture in am-

bito provinciale. Un altro fattore che riduce il volume comples-sivo degli spostamenti e i carichi di traffico èla vicinanza delle grandi strutture a bacini dimercato densamente popolati. q

R I F O R M E

risultati vengono confrontati con quelliottenuti nell’indagine sui principali luo-ghi commerciali della provincia (1.400

interviste in alcune medie superfici, centricommerciali e nelle altre aggregazioni com-merciali significative) realizzata nel 1996 e al-tre indagini svolte dal ‘91 al ‘95. Il quadro attuale però risulta molto diverso,anche rispetto al ‘96, infatti non vi erano gran-di superfici specializzate attrattive e il panora-ma dei centri commerciali risultava incomple-to. Allo scopo di monitorare un contesto cosìarticolato si sono scelte le strutture più grandiper tipologia: 4 centri commerciali, uno inter-no alla città di Bologna, due collocati a ridos-so del capoluogo e uno situato a Imola; 3 gran-di superfici specializzate nel settore beni casadi cui 2 situate in prossimità di due centri com-merciali e una in ubicazione isolata.Le interviste sono state effettuate a fine no-vembre durante il momento di massimo afflus-so (sabato) e nei giorni feriali. Il quadro è completato dai ri-sultati di un’indagine effettua-ta agli inizi di dicembre alCentroBorgo e al centro com-merciale Via Larga di cui si ètenuto conto nell’analisi dei ri-sultati.Rispetto ai risultati emersi nel-l’indagine di quattro anni fa ilquadro risulta più articolato an-che per alcune novità negli inse-diamenti commerciali.In primo luogo la creazione didue complessi formati da un cen-tro commerciale e da una grandesuperficie specializzata ubicati aCastenaso e a Casalecchio in prossimità dellagrande viabilità. In secondo luogo l’insedia-mento di una grande struttura (Ikea) dotata diuna capacità di attrazione che va ben oltre iconfini provinciali con gravitazioni anche da

zone della Toscana. Infine si è completato ilpanorama dei centri commerciali con l’apertu-ra del Centro Lame nella città di Bologna.

Le nuove abitudini degli utenti

Complessivamente si è registrata una maggio-re estensione territoriale delle aree di gravita-zione relativa alle grandi superfici specializza-te; i centri commerciali presentano aree di gra-vitazioni meno estese ma con un livello dipenetrazione più consistente sulle aree vicine;le strutture che si trovano vicine alla città han-no un bacino di mercato in gran parte costitui-to dai residenti del capoluogo.Attualmente, per la spesa nei centri commer-ciali, prevalgono spedizioni d’acquisto chepartono da casa e ritornano a casa senza tocca-re mete intermediarie (oltre il 70%); solo unaparte proviene dal lavoro e va a casa (11%).

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Quando, come e dovecompriamo

L’indagine di Tecnicoop e Iscom e.r. è stata effettuata tramite interviste dirette a un campione di circa1000 clienti delle principali grandi strutture commerciali della provincia e risponde

principalmente a tre obiettivi: individuare le caratteristiche della mobilità e dei comportamenti d’acquisto prevalenti; monitorare i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni,

fornire parametri quantitativi sulla mobilità generata dalle grandi strutture

II

PRESENZE Ô99

Shopville 5.750.000Centro Nova 3.805.608Centro Leonardo 3.016.824Centro Lame 3.173.719Brico Center 284.000Mercatone 412.000Ikea n.p.Totale 16.442.151

Anche nella visita alle grandi superfici specia-lizzate prevale la “spedizione” isolata e mirataall’acquisto nel punto vendita; tuttavia qui si èrilevato un segmento importante di soggettiche nell’ambito del medesimo “viaggio” si re-

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I N F A N Z I A N E G A T A

ambini di tutto il mondo: asiatici, afri-cani ed americani ma anche europei editaliani che hanno in comune la stessa

storia, quella della miseria, analfabetismo,guerra, sfruttamento sessuale e da lavoro mi-norile. Dal 1946, l’Unicef, organismo sussidiario del-l’Onu, cerca di affrontare e di porre qualchediga al dilagare di queste mostruose realtà. Atal fine promuove progetti per l’infanzia, sullasalute, la nutrizione, la protezione sociale, l’e-ducazione e la formazione professionale difanciulli e adolescenti, assistendo i governinella loro elaborazione, intervenendo in situa-zioni di emergenza e sostenendo iniziativevolte alla formazione di personale specializza-to. Il “Rapporto Unicef 2000” su La Condizio-ne dell’infanzia nel mondoappena pubblicato,ha in copertina l’immagine di un bambino che

legge, illuminato da un fascio di luce su sfon-do nero: un messaggio che ben sottolinea l’im-portanza della conoscenza e dell’istruzionenella formazione dei cittadini del futuro. L’im-pegno dell’Unicef negli ultimi cinquant’anniha permesso di salvare milioni di piccole vite.Ma nonostante i progressi compiuti dopo laConvenzione sui Diritti dell’Infanzia del 1989e il Vertice Mondiale per l’Infanzia del 1990,oggi ci sono più bambini poveri di quanti nonce ne fossero dieci anni fa. La povertà, i con-flitti, l’instabilità sociale, malattie vecchie enuove, come l’Aids, sono le principali minac-ce per la loro condizione umana. Un bilanciodavvero fallimentare dovuto non tanto alle ca-lamità naturali quanto all’agire degli uomini.Proviamo a dare un’idea di quanti possano es-sere i bambini sfruttati e maltrattati in tutto ilmondo. Secondo le stime dell’Ilo - Internatio-

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UNICEF 2000L’annuale Rapporto dell’Unicef sulle condizioni di vita dei bambini nel mondo ci obbliga

ad una riflessione preoccupata. Una giornata promossa dalla Provincia per raccogliere fondi

BB UN MONDODI INGIUSTIZIA

Lavoro - sono 250 milioni i bambini che lavo-rano spesso in stato di schiavit�Istruzione - ancora 130 milioni di bambini nonvanno a scuola e tra loro il 60% sono femmineGuerra - pi� di un milione di figli sono stati se-parati dai genitori durante i conflitti. Mezzo mi-liardo di ragazzi vivono in condizioni di estre-mo pericolo e in dieci anni di guerre in giro peril mondo ne sono stati sterminati circa 2 milio-ni, e 300mila sono stati quelli arruolati nei di-versi esercitiAlimentazione - la fame e la malnutrizione so-no le cause di oltre la met� dei decessiSalute - lÕAids, nei paesi poveri, colpisce ogniminuto 5 bambini, mentre mezzo milione didonne muore ogni anno di parto

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I N F A N Z I A N E G A T A

nal labour organization- l’organismo dell’Onuche si occupa di lavoro, i bambini schiavi tra i5 e 14 anni nei paesi in via di sviluppo sono250 milioni. Circa il 62% di loro vive in Asia,il 32% in Africa e il 7% in America Latina. Unbambino su quattro lavora anche più di 9 ore algiorno per sei giorni alla settimana. Questi so-no i numeri del lavoro minorile, quello pesan-te, quello coatto, quello forzato, quello dellosfruttamento. Un fenomeno potenzialmente inespansione nell’era dell’economia globalizza-ta: da un lato l’impiego di manodopera mino-rile è tollerato perché consentendo di abbatte-re i costi di produzione diventa funzionale aisistemi economici nazionali, che attirano capi-tali esteri diventando così più competitivi sulmercato; dall’altro in molti casi la paga deibambini è fondamentale per la sussistenza diun’intera famiglia in cui, paradossalmente, igenitori non riescono ad avere un lavoro. InAsia Meridionale bambini di 8-9 anni sono ilpegno di piccoli prestiti dei genitori ai pro-prietari di fabbriche, transizione che in India èdiffusa anche in agricoltura; in Costa d’Avorioe Sud Africa si sfruttano i minori nelle minie-re di oro e diamanti; nei vivai della Colombiasono esposti a pesticidi ormai banditi nei pae-si industrializzati; violazioni delle norme di si-curezza e igiene sono costanti nelle piantagio-ni di caffè, tè o tabacco. Realtà durissime cheperò dobbiamo sforzarci di valutare in base al-le condizioni economiche della diverse comu-nità. Ma anche nei Paesi dell’Europa centralee orientale il numero di minori che lavorano èaumentato con il passaggio da un’economia

centralizzata ad una di mercato. E anche neipaesi ricchi, quelli industrializzati come Re-gno Unito o Usa, la crescita del settore terzia-rio e la richiesta di forza lavoro più flessibilehanno contribuito all’espansione del fenome-no. L’articolo 28 della Convenzione Interna-zionale sui Diritti dell’Infanzia prevede l’istru-zione elementare gratuita e obbligatoria pertutti. L’applicazione di leggi sul lavoro mino-rile e sull’istruzione rappresentano i provvedi-menti più urgenti, punto di partenza per unasoluzione più radicale, anche se, come ha di-chiarato recentemente Carol Bellamy direttoreesecutivo dell’Unicef «siamo realisti: la piagadel lavoro minorile non si può sradicare dal-l’oggi al domani».

E l’Italia? Secondo stime approssimative ibambini lavoratori sarebbero circa 300.000,dove le forme più gravi di autentico sfrutta-mento minorile su tutto il territorio nazionaleriguarderebbero soprattutto le comunità immi-grate, fra cui i Rom ma anche quella maroc-china e soprattutto quella cinese, incline a farlavorare i figli minorenni in concerie e mani-fatture spesso gestite da connazionali. Il prin-cipale riferimento normativo sul lavoro mino-rile è costituito dalla legge 977/1967 sulla“Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adole-scenti” in cui il limite di età è fissato a 15 an-ni e in alcuni casi a 14, quando si tratta di “ser-vizi familiari” o di attività agricola e industria-li in cui i minori siano addetti a mansionileggere. Regolamenta inoltre le possibilità diimpiego dei minori fino a 18 anni, per non tra-sgredire l’obbligo scolastico e prevenire effet-ti negativi del lavoro sulla salute. Una nuovalegge varata a fine luglio in linea con una di-rettiva Ue, proibisce il lavoro per i ragazzi sot-to i 15 anni, mentre è possibile per quelli finoai 18 ma solo se hanno concluso la scuola del-l’obbligo, solo durante il giorno e in condizio-ni di sicurezza. Al Ministero del Lavoro è affidato il controllodel rispetto delle leggi, esercitato tramite gliIspettorati al Lavoro. Ma è sulla debolezza del-le sanzioni previste, per chi non osserva la nor-mativa, che nascono le critiche principali: l’i-

nasprimento delle sanzioni epiù efficaci sistemi di control-lo potrebbero garantire unamigliore applicazione dellalegge e dei decreti successivi. E noi? Certo deve crescere lanostra consapevolezza in pri-mo luogo in quanto consuma-tori, cercando di non acqui-stare prodotti ottenuti ricor-rendo allo sfruttamentominorile. Ma non è facile, in-fatti non sempre i marchi digaranzia Child labour freeap-plicati ai prodotti corrispon-

dono al vero. E per i governi importatori èmolto difficile controllare tutti i produttori,specie dei paesi in cui è alta la possibilità dicorrompere chi deve rilasciare le certificazio-ni. Inoltre dobbiamo renderci conto che l’aiutoeconomico per lo sviluppo invece che andaredi pari passo con la ricchezza dei paesi svilup-pati continua a calare: dal ‘92 al ‘97 si è ridot-to di un terzo. q

Il Rapporto annuale Unicef si trova sul sito www.unicef.it La sede del Comitato provinciale Unicef è in via dei Carbonesi 6, 40123 Bologna tel e fax 051.272756

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IL SORRISO DEI BAMBINI

Per affiancare lÕUnicef nellÕiniziativa ÒIlsorriso dei bambiniÓ per la raccolta difondi a favore dellÕinfanzia bisognosa, laProvincia ha organizzato una mostra in-titolata ÒCinque terribili bambineÓ, chenasce dalla prosecuzione del premioPippi (istituito dal Comune di Casalec-chio di Reno e dalla Provincia) con cuicinque illustratrici di libri per ragazzitracciano un racconto attraverso lÕespo-sizione di 25 tavole, offrendo lÕoccasio-ne per scoprire parte del lavoro di arti-ste e scrittrici attente al mondo dellÕin-fanzia e dellÕadolescenza. Allagiornata di inaugurazione hanno par-tecipato il presidente Vittorio Prodi, gliassessori Paola Bottoni e DonatellaPappalardo, il pedagogista AntonioFaeti, Marisa Regazzoni presidentedellÕUnicef di Bologna e lÕattrice Si-mona Marchini in qualit� di testimo-nial dellÕUnicef. La mostra allestitanella Sala Rosata di Palazzo Mal-

vezzi (via Zamboni 13) rimarr� aperta fi-no al 1¡ marzo.Per informazioni: 051 218 723 Assessorato Pari Opportunit�

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PO L I T I C H E SO C I A L I

nterprete rigoroso, studioso coerente, uo-mo di grande saggezza e di raro equili-brio”: sono alcune delle parole con cui

Renzo Canestrari ricorda Gian Franco Min-guzzi, in una seduta del Consiglio provincialedi alcuni anni fa, in occasione dell’intitolazio-ne a nome dello psichiatra del Centro Studi eDocumentazione di Storia della Psichiatria edella Emarginazione Sociale, nato nel 1980.Sono passati vent’anni, il Centro è stato tra-sformato nel 1995 in Istituzione “Gian FrancoMinguzzi”, continua ad operare nei settori del-la ricerca e della formazione in campo socio-assistenziale, e Palazzo Malvezzi prosegue nelsostegno delle sue attività, con un contributoannuo di 140 milioni e il trasferimento di per-sonale. L’Istituzione, che ha la sede in viaSant’Isaia 90, è presieduta da Eustachio Lo-perfido e diretta da Augusta Nicoli, e nell’ulti-mo periodo ha scelto di concentrarsi, tra l’al-tro, in un’intensa attività di formazione per glioperatori dei servizi pubblici e del volontaria-to, a contatto con il mondo dell’immigrazione.L’obiettivo, come ha spiegato Loperfido alConsiglio provinciale in occasione dell’appro-vazione del bilancio di previsione 2000 dell’I-stituzione, è di “aumentare la competenza del-la comunità nei confronti di un problema chela riguarda nella sua interezza”. Uno sguardospeciale, nell’anno in corso, sarà rivolto al

mondo dei bambini,degli adolescenti e del-le loro famiglie, conparticolare riguardo alproblema della devian-za comportamentale edel disagio adolescen-ziale.In cantiere c’è anche la formazione per i gruppidi “autoaiuto”. È previsto un ciclo di seminari, rivolti soprat-tutto ai familiari di malati mentali, di tossico-dipendenti o di anziani non autosufficienti, maanche agli operatori dei servizi pubblici e del-le associazioni di volontariato.Sin dalla sua nascita, l’Istituzione si è colloca-ta come risorsa culturale critica e produttivanell’ambito delle politiche sociali, con l’atten-zione focalizzata ai processi e ai meccanismidi emarginazione connessi ai mutamenti socia-li. Come? Attraverso attività di formazione, ri-cerca, documentazione, osservazione e studiodei fenomeni sociali, dai quali escono sempreforme nuove di emarginazione. Per questo ilcentro si concentra su nuovi progetti e disci-pline plasmate sulle esigenze degli operatori edei familiari che stanno a contatto con personedeboli. Da circa due anni all’interno dell’Isti-tuzione “Gian Franco Minguzzi” è natal’“Area Salute Mentale”, che ha il compito di

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Il Centro Gian Franco Minguzzidi PAOLA FRONTERA

L’istituzione si pone oggi come uno dei luoghi più all’avanguardia per lo sviluppodelle competenze e risorse a sostegno dell’integrazione sia dei pazienti psichiatrici

che dei portatori di nuovi disagi sociali

II

Un quadro, testimonianza della vitamanicomiale, espostonella mostra “I destinidella Crisalide”

I DESTINI DELLA CRISALIDE

Quadri, fotografie e oggetti, tutto ci� che han-no lasciato sulle loro tracce le persone ricove-rate allÕinterno dei manicomi. Un panorama in-timo e uno sguardo alle esperienze di chi hasofferto di malattie mentali. é lÕargomento del-la mostra ÒI destini della crisalideÓ, che dal 18dicembre al 23 gennaio ha occupato i locali diPalazzo SS. Salvatore e della chiesa diSant'Apollinare di San Giovanni in Persiceto.LÕesposizione � stata organizzata dallÕIstituzio-ne ÒGian Franco MinguzziÓ e promossa dalComune di San Giovanni in Persiceto, dallÕA-zienda Usl Bologna Nord, dalla Regione Emi-lia-Romagna e dalla Provincia di Bologna, conil patrocinio del Provveditorato agli Studi diBologna. La mostra � stata una delle iniziativecollegate al ÒProgetto CrisalideÓ, accolto dallaComunit� Europea nellÕambito di ÒOccupazio-ne HorizonÓ e finalizzato allo Òsviluppo delle ri-sorse e delle competenze presenti nella co-munit� a supporto dei processi di integrazionesociale dei pazienti psichiatriciÓ. La mostra haproposto due sezioni espositive: la prima, allasala mostre di Palazzo SS. Salvatore, ha ospi-tato una serie di oggetti, dipinti (fra cui uno diLigabue) e fotografie di persone che sono sta-te ricoverate nelle istituzioni manicomiali; laseconda parte ha preso vita nei locali dellÕexchiesa di SantÕApollinare e ha presentato unarilettura artistica dei temi che sono alla basedel ÒProgetto CrisalideÓ. La creazione scenica� stata curata dallo scenografo Gino Pellegri-ni, le luci a cura di Giorgio Molinari e MarcoCarletti, le fotografie di Tiziana Bertacci. Ospi-ti speciali della mostra anche il comico Vito eMichele Serra. P. F.

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APPROVATI BILANCIO E LINEE

PROGRAMMATICHE

Il Consiglio provinciale ha approvato ilBilancio di previsione per lÕanno 2000

e le linee di programma dellÕIstituzioneÇG.F. MinguzziÈ.Il Minguzzi potr� contare, per le proprieattivit�, su 1 miliardo e 45 milioni, unacifra inferiore a quella dellÕanno scorsoche includeva anche le entrate relativead un progetto del Fondo Sociale Euro-peo.Il documento � stato approvato con 21voti favorevoli (Prodi, Armaroli, Ds, De-mocratici, Comunisti Italiani, Rifonda-zione Comunista, Verdi) 2 contrari (An)e 7 astenuti (Fi, Lega Nord).

occuparsi di promozione del’igiene mentale instretto contatto con le associazioni di volonta-riato, amministrazioni comunali, regionali einternazionali. Così gli operatori del centro ri-cercano documentazioni sempre più aggiorna-te per completare la formazione degli operato-ri e portare un contributo di idee per affronta-re i problemi di salute mentale e prevenirli.Un’altra sezione dell’Istituzione si occupa diinfanzia, adolescenza ed età giovanile, l’area èl’ultima nata in seno al centro. L’impegno è di aggiornare e arricchire il patri-monio librario della Biblioteca dell’Istituzione(responsabile Luisa Savino) e di svolgere cor-si e seminari per la crescita di competenze diquanti si impegnano per la tutela dei diritti deiminori, a diffondere la cultura della tutela delminore, in qualsiasi situazione esso si trovi. La sezione è in collegamento con altri centri distudio e documentazione che si occupano, se-condo varie attenzioni, di problemi relativi al-l’età evolutiva. Infine l’area tossicodipenden-za ed alcolismo, una delle sezioni più “giova-ni” rispetto alla storia dell’Istituzione “GianFranco Minguzzi”, ma con un lavoro intensoalle spalle. L’obiettivo del centro è quello di diventarepromotore e interlocutore, a vari livelli, di per-corsi di riflessione ed azione nel mondo dellatossicodipendenza e dell’alcolismo. Gli esperti in forza a questa sezione lavorano acontatto con gli addetti dei servizi pubblici e

del privato sociale, con le associazioni di vo-lontariato, i Comuni e le Province, la Regione,le scuole e i centri di documentazione, con ilprincipio che “la conoscenza si moltiplica dan-dola ad altri”. La filosofia, insomma, è questa,e l’Istituzione lo dimostra utilizzando in modomassiccio Internet, l’autostrada telematica“Non perché sia di moda - spiegano all’Istitu-zione- ma perché lo spazio temporale, sulla re-te, diventa estremamente compresso, veloce eporta innovazione”. L’Istituzione è fermamente convinta che l’ope-ratore deve diventare partecipe della creazionedi una vera e propria rete di esperienze diver-se, di servizi, di banche dati, che “sentono lanecessità di raccordarsi tra loro, di tessere unatela, così che possa fornire all’utente la possi-bilità di avere di fronte a sé una sorta di im-magine comunicativa, la più completa possibi-le”. Infine un panorama su un’altra delle ric-chezze del “Minguzzi”: la biblioteca, che haorigine dall’insieme delle opere scientificheappartenute a Francesco Roncati, direttore dal1864 del reparto “dei pazzi” dell’OspedaleSant’Orsola e dal 1867 al 1905 del Manicomioprovinciale nel cui edificio la Biblioteca hatuttora sede. Negli scaffali trovano posto volu-mi di medicina, patologia, neurologia e psi-chiatria, che testimoniano l’iter formativo adindirizzo medico-biologico seguito da Ronca-ti. A questo fondo, donato interamente all’o-spedale e comprendente una vasta raccolta di

cinquecentine e seicentine, si sono aggiunti neltempo lasciti parziali dei suoi successori, inparticolare di Raffaele Brugia e Giuseppe Peli.Interessante anche ciò che è rimasto di quellache sembra essere stata la biblioteca dei pa-zienti, costituita da una raccolta di opere di ca-rattere storico e letterario, spesso in edizionipopolari e di periodici di lettura, databili tra lafine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Il “fondo moderno”, invece, raccoglie operesuccessive al 1948, ma in realtà una ripresa de-gli acquisti librari è avvenuta solamente neglianni ’70, con l’accendersi del dibattito sullariforma psichiatrica. Attualmente il patrimonio librario della Bi-blioteca dell’Istituzione “Minguzzi” è compo-sto da più di 9.000 volumi, e di recente è statacreata una sezione dedicata al tema delle tossi-codipendenze e dell’alcolismo, e un’altra tuttaper l’infanzia, l’adolescenza e l’età giovanile.Infine l’emeroteca è composta da 120 rivistein corso e da 200 cessate. Si possono fare ricerche bibliografiche utiliz-zando sia il catalogo cartaceo che quello auto-matizzato, oppure attraverso una banca dati.La biblioteca è consultabile da tutti i cittadini:l’orario invernale, dal primo ottobre al 29 mar-zo, è dalle 8,30 alle 13 dal martedì al venerdìe dalle 14 alle 17 il martedì e il giovedì; l’ora-rio estivo, dal primo aprile al 30 settembre, dalmartedì al venerdì dalle 9 alle 13 e il martedì eil giovedì dalle 14 alle 18. q

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Opere realizzate dai ricoverati durante la loro degenza in manicomio, e, a fianco, un particolare della ambientazione scenica di Gino Pellegrini

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L A C I T T À SE N T I M E N T A L E

ualcuno, un giorno, dovrà pure scrive-re una storia molto particolareggiatadel Guf (Gruppo universitario fascista)di Bologna, magari facendo capo ad

una sua sede in Palazzo Solaroli, via Zamboni25, ma con l’ingresso di servizio svoltandol’angolo, in via Belmeloro: un edificio postotra il corpo centrale dell’Università, il TeatroComunale e la piazza Verdi, quest’ultima tea-tro all’aperto di tumulti di vario tipo, quindiproblema cittadino, ancora oggi.In realtà, anche il Guf Bologna fu, a suo mo-do, un luogo tumultuoso, all’interno del qualesi espressero alcune contraddizioni montantidel regime fascista, per causa delle nuove do-mande poste da una sopravvenuta generazio-ne, antifascista senza saperlo: la ben nota“fronda” studentesca, intenzionata a rifare lacosiddetta Rivoluzione, partendo dall’internodello stesso regime fascista, per riconsegnarepoi una società rinnovata nelle mani -pensateun po’- di Mussolini.Chi scrive è in possesso di alcuni documentid’epoca, inediti, per ricostruire questa storiafino ad un certo punto balorda. Infatti: cosavoleva dire “fronda”? Quali erano i suoi argo-menti?Uno di tali documenti -uno scritto da me in-viato a Bologna da Montalcino per la pubbli-cazione- mi è capitato per le mani nel corso delriordino del mio archivio da parte dell’Istitutoregionale dei beni culturali.A Montalcino, nel 1941, ero andato al campodurante il corso allievi sottufficiali che miavrebbe poi portato a Fano, a fare le ginnasti-che e le esercitazioni a fuoco assieme a Gior-gio Strehler, per diventare ufficiale. In quel pe-riodo di Montalcino m’era parso di respirare,nell’esercito, un’aria più pulita di quanto nonfosse quella della quotidianità “borghese” (sifa per dire, visto l’incessante mutare delle di-vise, siccome il fascismo fu anche un regimedi molti personali fastidi, apparentemente su-perficiali). Ed è curioso aggiungere che pro-prio l’esercito diventasse un luogo privilegiatodella “fronda”, almeno in un primo tempo, sic-come si poteva dire: «Adesso che siamo in ar-mi, ci sarà pure concesso di parlare più libera-mente!».Ma ecco, intanto, il testo rintracciato nella suamalacopia per un articolo da pubblicare sul

mensile del Guf, che si chiamava Architrave.Lo riproduco per intero, pure nella sua mal-certa forma.

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Un documento della ÒfrondaÓ studentesca nel ÒQuartiere LatinoÓ bolognese

di RENZO RENZI

QQ“Vita Nova”, il mensile dell’Università fascista fondato daArpinati, tra i primiad introdurre percorsi fino ad allora quasi inediti di manipolazione del consenso delle masse.

Le immagini di questa pagina e della sucessiva sonotratte dalla “Storia illustrata di Bologna” a cura diWalter Tega, NuovaEditoriale AIEP

Decadenza del discorso celebrativo

«Ho avuto occasione di ascoltare il discorsoche un gerarca periferico, tuttavia di una certaimportanza e di un certo tenore rappresentati-vo (larghezza delle aquile nel berretto, fulgoredelle spalline e dei gradi dorati, imponenzadegli stivaloni) ha rivolto a (noi) militari inuna cerimonia di carattere militare. Il climaparticolare che il grigioverde crea attorno a sé,con la forza innegabile della tradizione lonta-na e delle battaglie sostenute, mi ha dato mo-do di annotare alcune osservazioni che, nellavita borghese, erano state negate.Apparve, il gerarca, tra squilli di trombe e rul-lo di tamburi (tale era l’atmosfera che si leg-geva nel suo volto spavaldo e sorridente): e sa-lutava le folle. Una certa meccanicità nei gesticorrispondeva ad un fiero cipiglio, che volevamostrare un’anima militaresca, adusa al co-mando.

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Apparve e si fermò a gambe aperte a scrutarcinegli occhi. Noi naturalmente lo guardammo(era un gerarca periferico, ripeto, ma appuntoper questo più ferma fu la nostra attenzione,perché è noto come le forme minori siano as-sai indicatrici della parte negativa dei fenome-ni: basti leggere la cronaca, su qualunque gior-nale, per trovarvi il concentrato più basso ditutte le più retoriche frasi fatte).Noi lo guardammo, come si diceva, e lui ciguardò fieramente. I fotografi in divisa (facceda autisti gallonati) correvano nei luoghi piùadatti per fissare l’eternità dell’istante ediffonderlo rapidamente alla stampa. Notai

che uno di questi fotografi aveva un grado po-litico equiparato al mio. Del resto io ho fattopiù spesso il servizio fotografico. Come misentii buffone nei panni di quell’affannato fis-satore d’eternità!Poi il gerarca cominciò a parlare. Punti del di-scorso: ricordo del momento attuale, che inve-ste l’intera vita della nazione, per cui l’unicameta è “vincere”. Riferimento, tuttavia, aicompiti di domani con la rivelazione che, an-che se siamo in guerra, è necessario pensare aldopoguerra, sicuramente vittorioso. Perché laguerra che combattiamo è guerra rivoluziona-ria (qui non specificò più oltre, perché dettel’impressione di non sapere di preciso in checosa risiedesse la Rivoluzione). Esaltazionedella razza italiana («questo popolo di santi, dinavigatori, ecc.», diceva accalorandosi, comese questa fosse una frase sua autentica). Esal-tazione di noi auditori, parte eletta dalla nazio-ne, che si preparava a rinnovare col sangue legesta di tutti i nostri predecessori. Infine l’ora-zione si chiudeva col saluto al Duce.Noi auditori facemmo un rapido bilancio diciò che avevamo imparato e pensammo che sefossimo stati in caserma a smontare la mitra-gliatrice il tempo sarebbe stato impiegato piùutilmente. Ma una mattina perduta poteva an-che essere tollerata. Senonché tali disavventu-re ci capitarono un’altra volta e un’altra anco-ra: con gerarchi sempre più dorati.

L’impressione che questo fatto si risolvesse inun fenomeno molto diffuso mi ha indotto ascrivere queste righe. I discorsi non sono piùdi moda, cioè manifestano la loro inconsisten-za e inutilità, per varie ragioni. Infatti tali di-scorsi non appaiono più sotto forma di esigen-za, di fatto naturale evidente, ma come qualco-sa di voluto e artificioso. Le rivelazionimessianiche che questi impaludati capi popoloritengono di fare sono ormai più che note, siaattraverso la riassuntiva parola del Duce, siaattraverso le continue informazioni dei giorna-li. Perché sono proprio i giornali, con la rapi-dità della loro diffusione, che danno il colpo di

grazia al costumedei discorsi. Si parla al popolo quando si ha qualcosa dadirgli. Non si ritenga di esaltare il popolo coltono melodrammatico dell’esposizione: questolasciamolo ad Ermete Zacconi, prodotto sor-passato di un’epoca superata. La grande diffu-sione che assumono le notizie nel nostro tem-po ci induce forse alla ripetizione più che inepoche passate. Ne deriva perciò una necessitàdi concisione che, non avendo nulla a che farecon retorici spartanismi, è proprio determinatadall’evitare la ripetizione. E questi gerarchi di-cono sempre le stesse cose! Le dicessero bene:ma badate al tono, quel tono enfatico da supe-ruomini, messaggeri della fonte della verità,rivelatori di un nuovo mondo, quel nuovomondo che, così facendo, dimostrano di nonconoscere. Talché appaiono, il più delle volte,più che i dirigenti di una nazione con mire im-periali, gli appartenenti ad una setta con inten-zioni pubblicitarie (e, sotto, il vuoto che portacon sé la pubblicità). Leggete il giorno dopo iresoconti di queste cerimonie: “Il tal dei tali,con infiammate parole ha ricordato che...(e quiuna cosa che tutti ricordavano benissimo an-che senza che fosse ricordata); ha ricordatoche...ecc”. Il popolo gli ha tributato una impo-nente manifestazione d’affetto e la cerimonia siè chiusa col canto degli inni della Rivoluzione.Questi inni, quante volte li abbiamo cantati

quando ne sentivamo il bisogno?Ma quando ci incitarono a cantarli per permet-tere al cronista di ricordarlo, dopo le infiam-mate parole, sul resoconto, tutti, coscienti diun tale fatto (una questione psicologica) (an-che a Montalcino) ce ne stemmo zitti e ce licantammo poi in disparte per conto nostro.Basta. Perché non si istituiscono commissioniche interroghino i gerarchi prima che questiparlino al popolo, e se non hanno nulla da direimpediscano loro di parlare? Così sentiremomeno discorsi e la gente laboriosa canteràspontaneamente nei campi gli inni della Rivo-luzione.P.S. È evidente che il problema dei discorsi ce-lebrativi, assai sentito, per un’assidua ricercada me fatta tra i giovani, investe una questionedi costume e di civiltà che va oltre la mia“grottesca” descrizione e che merita l’atten-zione di coloro che vogliono studiare il proce-dere della nostra vita non per farne dei procla-mi ma per realizzare l’avvenire».Lo scritto, che, agli occhi di oggi, appare per-sino comico in alcune sue pretese, non fu pub-blicato. Il direttore di Architrave mi risposepressappoco così: “Sono perfettamente d’ac-cordo con te per quanto scrivi. Ma ora non è ilcaso. Diremo tutto a fine guerra”In realtà, lo scritto era un attacco più alla for-ma che alla sostanza del fascismo. E tuttavia ilregime si stava mostrando come un sacco vuo-to o, meglio, come una nube (tossica) ricolmadi retorica e di parole vane.L’8 settembre -tolto di mezzo anche il tappo diquesta pericolosa bottiglia, cioè Mussolini, ilmito necessario- non fu difficile, per molti dinoi, scorgere il vuoto nel quale, alla fine, era-vamo vissuti, ben oltre le aquile dorate, così si-gnificative, dei gerarchi. Naturalmente, a fineguerra, mantenni l’impegno che mi aveva sug-gerito, nella sua risposta, il direttore di Archi-trave, aggiungendovi i necessari, radicali ag-giornamenti. A carte completamente ribaltate,l’esito, ancora una volta, fu però quello di unarinnovata censura. q

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L A C I T T À SE N T I M E N T A L E

Piazza Maggiore, trasformatada una imponente scenografia“romana” (1936).Manifesti apparsi in occasionedei “Littoriali della Cultura edelle Arti” ospitati a Bolognanel 1940

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B O L O G N A E I L G I U B I L E O

Giubileo significa soprattutto volgerelo sguardo a Roma, capitale della cristianità, che si prepara a ricevere, nell’arco di molti mesi, circa ventisei milioni di visitatori, di cui più di un terzo stranieri.Per l’accoglienza già da tempo si è messa in moto una macchina assai complessa, che metterà a dura prova non solo la città capitolina, ma anche altre regioni italiane. Le istituzioni locali di varie parti del Paese già da tempohanno effettuato scelte per favorire l’ospitalità, realizzando opere non solo necessarie al buon esito dell’evento, ma anche utili per valorizzare edifici e monumenti

cari alla devozione popolare e alla memoria storica delle comunità. Per l’area bolognese tutto ciò ha

significato circa 80 miliardi spesi per importanti interventi di interesse

nazionale, che, in qualche caso, hannorestituito alla città e alla provincia tesoridimenticati e talvolta destinati ad essere

perduti. Il notevole investimento globale è stato sostenuto da un

cospicuo contributo statale di circa 45 miliardi. Dopo il Lazio l’area

bolognese è quella che ha ricevutoil contributo più rilevante:

un risultato importante conseguito non solo per la serietà e la

pertinenza dei progetti presentati, ma anche perché i numerosi

soggetti interessati hanno saputo operare in modo talmente

coordinato da essere definito come “Sistema Bologna”

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CROCEVIA DI STORIAFEDE E CULTURA

La statua in rame dorato di Bonifacio VIII, il Papa che istituì il Giubileo. L’opera di Manno Bandino da Siena è conservataal Museo Civico Medievale di Bologna

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ccoglienza, ricettività a basso costo evalorizzazione dei beni culturali e reli-giosi. Sono questi i tre ambiti indicati

come prioritari dalla legge 270/97 sul “Pianodegli interventi di interesse nazionale relativiai percorsi giubilari e pellegrinaggi in localitàal di fuori del Lazio”. Su tutto il territorio na-zionale sono state finanziate infatti numeroseopere destinate all’accoglienza delle persone,all’abbattimento delle barriere architettoniche,al restauro dei beni di carattere culturale e re-ligioso, in modo da permettere lo svolgimentodei pellegrinaggi giubilari nel migliore modopossibile. E proprio a questi settori si riferi-scono le proposte concrete con cui il “SistemaBologna” intende contribuire allo svolgimentodel Giubileo. La città di Bologna ha infattiproposto un’unica candidatura in cui il Comu-ne, e la Provincia di Bologna, insieme ai Co-muni di Imola, Marzabotto e Sasso Marconi,l’Università, le Diocesi di Bologna e Imola, laPrefettura, la Camera di Commercio, l’Ausl, laSoprintendenza ai Beni Ambientali ed Archi-tettonici dell’Emilia-Romagna e altre istituzio-ni locali ed enti religiosi hanno unito i propriprogetti sottoscrivendo, insieme, un protocollod’intesa per gli interventi nel territorio metro-politano bolognese, firmato il 19 novembre1997. Un secondo documento è stato firmatoinoltre lo scorso 24 maggio per la costituzione

di un coordinamento permanente in vista delGiubileo del 2000. Il “Sistema Bologna” ha vi-sto riconosciuta l’ammissione al finanziamen-to di 22 interventi con un contributo di circa 45miliardi a carico dello Stato su un costo globa-le previsto per i lavori di oltre 72 miliardi.Il termine per la colclusione dei lavori indica-to dalla legge era stato fissato per il 31 ottobre‘99. Per alcuni interventi è stata però presenta-ta un’istanza di proroga fino al 31 dicembre‘99, concessa dal ministero dei lavori pubblici.

Per l’accoglienza e la ricettività

Parcheggi scambiatoriObiettivo degli interventi è stato quello di mi-gliorare la funzionalità dei parcheggi pubbliciscambiatori Certosa, Tanari, Antistadio, Mani-fattura, Michelino, Fiera Sud, Parco Nord,Giuriolo e Arcoveggio, dotandoli di servizipubblici (permanenti o saltuari). Un progettoda circa 2 miliardi a carico dello Stato, che haportato all’installazione di toilette e telefoni,chioschi, fontane e strutture per il noleggio dibiciclette e mezzi ecologici. Parcheggio pubblico GhiselloAll’ingresso sud del cimitero monumentaledella Certosa, nell’area denominata “Ghisel-lo”, è stato realizzato ex novo un parcheggio

scambiatore. Il progetto, finanziato interamen-te dallo Stato per un totale di 1 miliardo e 900milioni, ha previsto circa 174 posti auto, di cui3 riservati ai disabili. Durante il periodo giubi-lare l’alternativa è di 74 posti per auto e di 11per autobus.Parcheggio Foscolo-porta SaragozzaUn parcheggio sotterraneo pubblico è stato ri-cavato nell’area compresa nella zona fra viaUgo Foscolo e via Frassinago. Di servizio alPortico di San Luca, il parcheggio potrà ospi-tare 38 macchine al primo livello e 41 al se-condo, per un totale di 79 posti. Dei 3,5 mi-liardi spesi per l’intervento 3,1 sono stati fi-nanziati dallo Stato, mentre i rimanenti 400milioni dal Comune.Percorso per non vedentiUtilizzando sistemi elettronici, una tecnologiawalk-assistant ha consentito di realizzare per-corsi di guida per non vedenti o per altri porta-tori di handicap. Un itinerario lungo circa3000 metri che si svilupperà dalle 12 porte diuscita della Stazione ferroviaria-Piazza Meda-glie d’Oro, lungo Viale Pietramellara, via Indi-pendenza, Via Rizzoli, Via Castiglione, ingres-so Istituto Cavazza, fino ai Giardini Margheri-ta. Il miliardo e 550 milioni richiesti sono statiinteramente finanziati dallo Stato.Portico di San Luca - distacco viarioRestauro degli archi di passaggio viario del

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PIETRA DOPO PIETRA

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tratto di pianura del portico. L’intervento per700 milioni è stato interamente finanziato dal-lo Stato.Albergo popolare via del PalloneSituato all’interno del centro storico dellacittà, il complesso di via del Pallone n.4 è sta-to completamente ristrutturato, realizzandoviun albergo con 45 stanze, per un totale di 80posti letto. La proposta è quella di un servizioalberghiero a basso costo che verrà utilizzatoanche dopo l’evento giubilare. Per questo pro-getto Stato e Comune hanno finanziato a metài 3 miliardi richiesti. Ostello della gioventùL’intervento ha riguardato il recupero di unedificio vincolato che si trova a circa 200 me-tri dal nuovo ostello di via Viadagola cheverrà utilizzato per una ricettività a basso co-sto, anche dopo il Giubileo. All’interno dellastruttura, la cui capienza è di 31 posti, sonostate completamente rimosse tutte le barrierearchitettoniche. Stato, Regione e Comunehanno cofinanziato il progetto, rispettivamen-te con 516, 644 e 300 milioni per un totale di1 miliardo e 460 milioni. Ex scuola Ada NegriIn seguito all’intervento di recupero della exscuola situata in via Campana n.3 sono statirealizzati 27 appartamenti monolocale, per untotale di 54 posti letto complessivi. Gli appar-

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B O L O G N A E I L G I U B I L E O

A fianco, l’ostello di Via del Pallone, sopra, un momento dell’inaugurazione della Scuola di Pace di Monte Sole e, a destra, l’ostello di via Viadagola

Nella pagina accanto.La facciata di Villa Pallavicini. Nel complesso è stata ricavata un’ampiaforesteria con 80 posti letto

SS e della Wehrmacht del 1944, l’edificioS.Martino integra il già funzionante centro divisita del Parco in località Poggiolo. Sarà unosservatorio importante sulle realtà geopoliti-che legate ai temi della pace, un laboratorioper insegnare a riflettere sulle cause dei con-flitti passati e presenti. La scuola ha strutturaresidenziale con 30 posti letto per favorire, tral’altro, le attività formative sui temi della con-vivenza pacifica fra i popoli.Villa GuastavillaniAnche la bellissima residenza rinascimentalecostruita sui colli di Bologna ad opera dell’ar-chitetto Mascarino ha subito un intervento direstauro. L’Università prevede di realizzare alsuo interno un Centro di studi avanzati con fo-resteria e servizi di ristorazione. Durante ilGiubileo verrà potenziata la residenza a bassocosto con apposite camere attrezzate, per untotale di 100 posti letto. Il costo totale del pro-getto ammonta a 14 miliardi e 898 milioni, dicui 10 miliardi sono a carico dell’Università,mentre i restanti a carico dello Stato. Villa PallaviciniAll’interno del complesso socio-sportivo-assi-stenziale della Villa, il progetto di interventoha riguardato l’ampliamento e il completa-mento della foresteria, denominata “Maisond’Accueil Dal Monte”, recuperando un fabbri-cato prima inutilizzato. L’ampliamento ha

tamenti verranno utilizzati durante il periodogiubilare come servizio alberghiero a bassocosto, mentre in seguito saranno trasformati inresidenze protette per anziani a rischio di disa-bilità. Dei 3 miliardi e 500 milioni necessari per ilprogetto, lo Stato ha versato 2 miliardi e 700milioni e il Comune i rimanenti 800 milioni.Residenza di via BertieraL’edificio, che si trova nel centro storico inuna laterale di via Indipendenza, completa-mente ristrutturato verrà utilizzato durante ilGiubileo per una ricettività a basso costo, met-tendo a disposizione 22 posti letto. Dal 2001invece la struttura sarà destinata ad alloggi re-sidenziali per anziani con il supporto del Ser-vizio di Assistenza Domiciliare. Costo totale 3miliardi e 125 milioni di cui 2 miliardi e 125milioni a carico dell’Opera Pia Poveri Vergo-gnosi e un miliardo a carico dello Stato.Scuola di Pace Monte SoleUna Scuola di Pace all’interno del Parco stori-co di Monte Sole.Con un finanziamento di 2 miliardi da partedello Stato si è ristrutturato un edificio coloni-co che si trova in località S. Martino nel Co-mune di Marzabotto. La casa è stata adibita asede della Scuola con annessa foresteria. Im-merso nel Parco regionale nato dal ricordo deltragico eccidio di Marzabotto ad opera delle

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B O L O G N A E I L G I U B I L E O

consentito così di realizzare 80 posti letto, unametà in camere doppie con bagno e l’altra indue dormitori collettivi. La foresteria adibita in una palazzina adiacen-te è stata completata da un locale ad uso cuci-na per la preparazione dei pasti e da una salamensa. Per la realizzazione della struttura so-no stati finanziati 850 milioni, 200 dei qualimessi a disposizione dalla Fondazione Gesùdel Divino Operaio, mentre i rimanenti 650 so-no a carico dello Stato.

Beni culturali e religiosi

Cattedrale di San PietroDella cattedrale si hanno notizie certe solo apartire dal X secolo. Un incendio nel 1141 distrusse la primitiva co-struzione protoromanica e l’annesso battistero,un peccato visto che la cattedrale in stile ro-manico doveva essere meravigliosa, tanto dacompetere con le vicine sedi episcopali di Mo-dena e Parma.Ricostruita e rinnovata più volte, fu completa-ta sia all’interno che nell’alta facciata solo nelSettecento grazie ai finanziamenti del papa bo-lognese Benedetto XIV.Una chiesa che tutti conoscono, ma anche ric-ca di tesori nascosti, che da oggi escono allo

scoperto grazie ai notevoli finanziamenti delloStato (circa 6 miliardi più 1 a carico della cat-tedrale).Un intervento di recupero ma anche di miglio-ramento della sua accessibilità e fruizione, conla costruzione di un ascensore che conducenella cripta e il superamento delle barriere ar-chitettoniche in corrispondenza di tutti gli in-gressi attualmente in uso. Sarà inoltre possibi-le, a seguito degli interventi, ammirare ancheil secondo campanile di epoca romanica-bi-zantina, comparso e finora nascosto all’internodel campanile. Anche quest’ultimo, da cui sigode una vista unica della città, è stato restau-rato con l’adeguamento tecnico e funzionaledel percorso di accesso. La Cattedrale possie-de inoltre un tesoro d’arte in apparati sacri e unarchivio ricchissimo per la storia di Bolognapiù remota: un patrimonio di paramenti, arredie suppellettili sacre che ha portato alla crea-zione del Museo del Tesoro della Cattedrale. Basilica di San PetronioQuando nel 1390 furono avviati i lavori, perrogito comunale vennero demoliti vari edificiper creare un ampio spazio su cui erigere lachiesa, che nell’intento dei bolognesi dovevaessere la più grande di tutta la cristianità. Alleimponenti dimensioni attuali si è giunti doposecoli di lavori che terminarono nel 1659, conil completamento dell’abside. Cambiamenti

politici e l’insostenibile dispendiosità del pro-getto mutarono gli obiettivi originari di costru-zione della basilica. In prima istanza l’intervento giubilare preve-deva il rifacimento dell’intera pavimentazio-ne, di circa 6243 mq, sia per renderla più omo-genea che per prevenire ulteriori gravi formedi degrado. Nel frattempo l’aggravarsi dellecondizioni del solaio di copertura ha reso peròimprescindibile un intervento in quella partedella basilica: i finanziamenti - 1 miliardo e400 milioni di cui 1 miliardo a carico delloStato e 400 milioni della Basilica - sono statidunque destinati a quest’ultimo scopo. A que-sti finanziamenti vanno aggiunti anche 3,6 mi-liardi erogati dalla Soprintendenza.Santa Maria della VitaDopo un lungo intervento di restauro sono sta-te riaperte, lo scorso dicembre, le porte delSantuario di Santa Maria della Vita in via Cla-vature. Il Santuario di epoca seicentesca, patri-monio dell’Azienda Usl città di Bologna, èstato completamente restaurato sia negli inter-ni, sia nella facciata esterna ed accoglie ancheil nuovo Museo della Sanità e Assistenza, cheracconta la storia del Santuario e del suo vec-chio Ospedale. Il Museo, allestito nei localiove nacque il primo ospedale cittadino, ante-nato dell’Ospedale Maggiore, ha un’esposi-zione di 580 metri quadri e comprende anche

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In senso orario, una dellestanze della Chiesa inferiore di San Francesco che a lavorifiniti ospiterà la sala polivalente della Biblioteca.Un’ala del chiostro domenicano già restaurata ed adibita ad ostello per i pellegrini.La Basilica di San Petronio èstata interessata dai restaurigiubilari che hanno riguardatoin particolare la copertura del solaio.L’interno della cripta dellaCattedrale di San Pietro (foto “Studio Terra e Cavina”)

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l’Oratorio dei Battuti, il cui restauro, iniziatonegli anni precedenti, è stato ultimato con ilrecupero delle quattro grandi tele laterali. L’O-ratorio, che rimane luogo di culto, diventeràprestigiosa sala per riunioni, congressi, eventimusicali. L’opera è stata finanziata principal-mente dallo Stato con 4 miliardi, da sponsorprivati con 500 milioni e con un altro miliardodalla Ausl.Portici di San LucaIl portico di San Luca rappresenta da sempre ilsimbolo del pellegrinaggio mariano: è statovoluto infatti dai cittadini bolognesi per poterraggiungere al coperto la Basilica. 3,5 chilo-metri da percorrere, in una fuga di 666 arcatecon 15 cappelle dedicate ai singoli misteri delRosario. Progettato dall’architetto GiovanniGiacomo Monti fu edificato fra il 1674 e il1715, con il contributo finanziario di tutti, dal-le famiglie nobili alle congregazioni religiosealle associazioni di cittadini di ogni strato so-ciale. Oggi per renderlo più idoneo e funzio-nale ai pellegrini, è stato effettuato un inter-vento che ha riguardato 137 archi del tratto dicittà, l’Arco del Meloncello e il Primo mistero(Cappella dell’Annunciazione), per un costototale di 3 miliardi, di cui 2 e mezzo a caricodello Stato e 500 milioni della Basilica. L’Ar-co del Meloncello su progetto del Dotti fu ini-ziato nel 1718 e i lavori durarono circa 15 an-

ni. Nel 1906 la struttura venne modificata perpermettere il passaggio dei nuovi mezzi di tra-sporto. A metà degli anni ‘70 fu completamen-te ritinteggiato.Chiostro di San Domenico a ImolaL’intervento riguarda il complesso conventua-le storico “Domenico-Francescano” sede degliIstituti Culturali Comunali di Imola e prevedeil restauro e recupero funzionale della ChiesaInferiore del Complesso di S. Francesco; re-stauro della Biblioteca Francescana; allesti-mento funzionale a ricettività a basso costo diparte del primo Chiostro del complesso di SanDomenico. Gli Istituti Culturali Comunali pre-vedono: Biblioteca-Pinacoteca-Museo Ar-cheologico. La ricettività prevede una capien-za di 80 posti letto (costo totale 10 miliardi, dicui 2,5 a carico dello Stato e 7,5 a carico delComune)San DomenicoSan Domenico di Guzman dopo una visita aBologna nel 1218, in cui rimase particolar-mente colpito dalla vitalità dell’università, de-cise di inviarvi alcuni seguaci, a cui venne da-ta in concessione la chiesa di S.Nicolò delleVigne. Dopo la morte del Santo, nel 1221, isuoi discepoli decisero di costruire sulla strut-tura precedente una nuova chiesa consacrata alloro maestro. Per rispondere alle necessità de-gli uffici sacri, la chiesa venne divisa da un

pontile in due parti: la prima fino alla Cappel-la di San Domenico ad uso dei fedeli, e la se-conda ad uso dei religiosi, mentre nella criptasi trovano le reliquie del Santo, qui sepolto nel1251. All’interno del complesso della chiesa edel convento gli interventi hanno riguardato ilocali sopra la sagrestia che erano fino ad oggiin stato di abbandono. Sono stati così ricavati16 posti letto, con servizi igienici in comune.Dopo il periodo giubilare i locali conserveran-no le loro caratteristiche e saranno destinati al-l’accoglienza di pellegrini e familiari di rico-verati presso le strutture ospedaliere dellacittà. I 350 milioni necessari sono tutti a cari-co dello Stato. San SalvatoreFu grazie alle donazioni fatte da facoltosi cit-tadini ai Canonici Regolari della Congregazio-ne del S.S. Salvatore che l’originale tempioquattrocentesco venne rinnovato in forme ba-rocche su disegno del Padre Barnabita Maz-zenga. La chiesa e il convento edificati neglianni 1605-1623 sono stati sottoposti ad un ac-curato intervento di restauro, costato circa 350milioni a carico dello Stato. La ristrutturazio-ne di una parte di sottotetto, che si trovava instato di abbandono, ha consentito, insieme aconsolidamenti strutturali ed altri interventi, diricavare 14 posti letto, con servizi igienici incomune. Dopo il periodo giubilare i locali

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A sinistra, particolare del “Transito della Vergine” di Alfonso Lombardi. L’opera è conservata nell’Oratorio della Compagnia dei Battuti nel Santuario di SantaMaria della Vita (foto Andrea Samaritani). A fianco la facciata della Chiesa di San Salvatore e sotto una panoramica del portico di San Luca

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manterranno le loro caratteristiche di acco-glienza per pellegrini e familiari di ricoveratipresso gli ospedali cittadini. Restauro del chiostro di San Vittore e foresteriaFin dal 1062 si ha memoria dell’antico ceno-bio di San Vittore, sul Monte Giardino, costi-tuito da una chiesa, un chiostro e un piccolomonastero. Nel corso del tempo la chiesa instile romanico, che risale al XII secolo, ha su-bito vari lavori di restauro. Oggi si presenta adun’unica navata ma caratterizzata da un raroparticolare architettonico: è divisa a metà daun muro che delimita la zona riservata ai fede-li e quella dei frati. Alla chiesa è unito un pre-zioso chiostro a pianta quadrata, con colonnebinate in marmi pregiati costruito nel Quattro-cento. Nel 1842 il complesso, di proprietà del-l’Amministrazione di Cento, fu acquistato daiPadri Filippini che lo misero a disposizioneper i ritiri spirituali della gioventù cittadina eper altre iniziative culturali. L’intervento, perun totale di 4 miliardi e 186 milioni a caricodello Stato, ha comportato sia un restauro ge-nerale del complesso, sia la ristrutturazionedella foresteria e delle annesse superfici acces-sorie: sono stati realizzati una cucina, un refet-torio, due camere con servizi per disabili alpiano terra e dieci camere a uno o due letti alprimo piano per un totale di 24 posti letto.

Parrocchia di Santa Maria della PietàLa chiesa, detta anche dei Mendicanti, fu co-struita all’inizio del ‘600 su un progetto diBartolomeo Belli, per onorare la Vergine cheproteggeva le opere di carità rivolte ai poveri,particolarmente necessarie in un’epoca di indi-cibile miseria. Venne commissionata dall’Ope-ra dei Mendicanti che era dedita all’accoglien-za, assistenza ed educazione dei fanciulli orfa-ni, poveri o abbandonati che, in accordo con lecorporazioni delle arti e dei mestieri venivanoavviati alle botteghe. Per tale motivo divennesede delle Maggiori Maestranze delle Arti. Ar-ricchita delle opere dei più importanti pittoribolognesi - anche se alcuni capolavori sonostati sottratti durante le spoliazioni napoleoni-che e altri si trovano oggi nelle Pinacoteca Na-zionale - la parrocchia possiede inoltre unosplendido organo seicentesco. Grazie anche al-la collaborazione con il vicino liceo musicaleG.B. Martini, si è consolidata nel tempo unanotevole tradizione concertistica e didattica.Lo stato di degrado in cui si trovava lo storicoorgano, ne ha reso necessario un totale restau-ro, per un costo totale di 150 milioni, di cui100 a carico dello Stato e 50 della Chiesa. Eremo di RonzanoL’originario romitorio femminile, dedicato ini-zialmente alla Trinità, è attualmente sede di unCollegio dei Servi di Maria. In questa zona,

che si trova sopra Villa Ghigi, abitarono i fratiGaudenti, fino a quando nel 1475 gli edificifurono ceduti ai Domenicani. La loro costru-zione si è conservata pressoché intatta fino adoggi, solamente la facciata è stata ricostruita ametà del XIX secolo. Gli interventi strutturali sul complesso sonogià terminati, nonostante i finanziamenti sianostati ottenuti soltanto il 6 febbraio dello scorsoanno, quasi un anno dopo gli altri. I lavori han-no comportato sia il recupero che la riqualifi-cazione della chiesa. In seguito si provvederàal restauro completo degli affreschi interni cin-quecenteschi, attribuiti ad Aspertini, Bagnaca-vallo e Innocenzo da Imola. Inoltre è stata effettuata una ristrutturazionefunzionale all’accoglienza dei pellegrini sianell’antico convento (l’accoglienza è riservataai religiosi) che nel seminario . Oltre a misureper il superamento delle barriere architettoni-che sono stati ricavati 80 posti letto in cameredotate di servizi, che si aggiungono a cameredormitorio già esistenti. Saranno in funzioneanche l’ampio refettorio, la cucina e gli annes-si servizi. Dei 1.770 milioni necessari, 1.570 sono stati acarico dello Stato mentre i restanti 200 milio-ni della proprietà.

(a cura di Veronica Brizzi)

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In senso orario, comeappare il chiostro delCenobio di San Vittore a lavori ultimati.Due scorci suggestividell’Eremo di Ronzanoin stile romanico-gotico.Al suo interno si trovanopregevoli pitture muraliin parte riportate all’antico splendore dairecenti restauri (foto arch. Silvana La Rocca)Sotto, l’organo di Santa Maria della Pietà

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rileggere la storia dei Giubilei non dal-la mèta, Roma, ma dalle tappe del pel-legrinaggio, si scoprirebbe probabil-

mente che anche il vecchierel cauto e bianchodi petrarchesca memoria è passato da Bologna.E, ancora più probabilmente, vi ha soggiorna-to, per rinfrancarsi le membra e lo spirito pri-ma di riprendere il cammino verso la capitaledella cristianità. Asse viario, dunque, ma an-che zona di sosta e talora mèta di pellegrinag-gio essa stessa: la città felsinea merita di esse-re riscoperta sotto tutti questi punti di vista. La sua posizione, innanzitutto. Il capoluogoemiliano, come è noto, è da sempre un croce-via obbligato tra Nord e Sud, tra l’Europa con-tinentale e il Mediterraneo, fin dalla costruzio-ne degli importanti assi romani della via Aemi-lia e della via Flaminia Minor (tra Bologna eArezzo). Nel Medioevo, accanto ai viaggiatoridi ogni specie - studenti, commercianti, solda-

ti - cominceranno a comparire i romei, pelle-grini diretti a Roma, per i quali Bologna rap-presentava uno snodo verso più percorsi: c’erachi prendeva per Porretta e il Passo della Col-lina verso Pistoia, chi sceglieva le vallate delSetta e del Bisenzio per Prato e Firenze; altripreferivano la strada ‘regia’ attraverso i Passidella Raticosa e della Futa. Ma le opzioni nonerano tutte qui: si poteva rimanere sulla viaEmilia e scendere in Toscana per gli itinerariappenninici che dipartono da Imola, Faenza,Forlì o Cesena, o ancora arrivare fino a Rimi-ni e raggiungere Roma attraverso i valichi

marchigiani, percorso, questo, che aveva ilvantaggio non indifferente, soprattutto per ipontefici, di correre interamente nel territoriodello Stato Pontificio.Con lo sviluppo di Firenze nel tardo Medioe-vo, l’asse bolognese dei trasporti si rafforza,divenendo egemone per la viabilità di originetransalpina: nasce la Via Regia tra i due capo-luoghi, con la variante fiorentina per Monghi-doro, attraverso il Passo dell’Osteria bruciata,che fu il tracciato più battuto da mercanti,viaggiatori e pellegrini. Dalla fine del XIII se-colo in poi, la Via Regia sarà tra le strade pro-

tagoniste degli Anni Santi, il più importantepercorso italiano per Roma. Già con il primoGiubileo, nel 1300, su sollecitazione dei pelle-grini stessi, che da mesi scendevano copiosa-mente, il Consiglio del Popolo di Bolognaemette una Deliberazione per il restauro del

percorso tra Pianoro, Loiano e Monghidoro(19 ottobre 1330). Dai documenti emerge laconsapevolezza, da parte dei governanti bolo-gnesi, che l’evento è di portata storica e checoinvolge il buon nome dell’intera collettivitàlocale; tanto che pochi giorni dopo la delibera-zione, il Consiglio deve prendere tempestiviprovvedimenti per una grave rapina notturnaai danni dei pellegrini “nelle pertinenze di SanRuffillo”.Il primo Giubileo è subito bene accolto dai bo-lognesi, che avevano nei confronti del suo isti-tutore, papa Bonifacio VIII, un debito di rico-noscenza (aveva assegnato alla città i castellidi Bazzano e Savignano); il 15 luglio 1300 ilgoverno locale stabilisce di porre una statuadel papa, opera dell’orafo senese Manno Ban-dini, sul Palazzo Comunale, dove resterà finoal 1796. Anche la partecipazione di pellegrinibolognesi è alta, come ci attestano i numerositestamenti registrati dai romei, timorosi di nonsopravvivere al tribolato viaggio.Il secondo Anno Santo cade nel 1350: la lette-ra di notifica da Avignone, dove si è trasferitala sede papale, giunge a Bologna il 12 maggio1349, e viene pubblicata solennemente il 2

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ÒMovesi il vecchierel verso BolognaÓ...di LAURA SANTINI

Dal primo Giubileo di Bonifacio VIII a quelli d’età moderna:tra restauri di strade, calmieri e comitive di pellegrini, il ruolo di Bologna nella storia degli Anni Santi

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Sopra, ProsperoLambertini in una incisione di Domenico Rossi nel periodo in cui era vescovo di Ancona. Sale al soglio pontificio nel 1740 col nome di Benedetto XIV. Viaggiatori del VI sec.verso Santiago e afianco un bassorilievodi pellegrini in viaggioal Duomo di Faenza

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giugno, con un tempismo invidiabile, bisognadire, anche per i nostri tempi! L’intervallo di50 anni, accorciato rispetto a quello, centena-rio, iniziale, è motivato dalla bassa durata me-dia della vita, che impedisce a molti di arriva-re a prendere l’indulgenza; ma i bolognesi, po-polo concreto, dovevano aver intuito altrimotivi più venali, perché un loro cronista scri-ve: indivinò la gente che’l santo padre doveahavere bisogno de denari, perché lo dito per-dono solea essere in capo de cento anni et re-dusselo 50(Corpus Chronicorum Bononien-sium, II, p 600).Passato senza note particolari il Giubileo del1400, nel 1450 Bologna si preparava con gran-de attesa al quarto Anno Santo indetto da Nic-colò V, che era stato vescovo cittadino, e che siera reso benemerito agli occhi dei felsinei peraver sistemato con un trattato, nel 1447 (“Ca-pitoli di Niccolò V”), lo status politico dellacittà nei confronti del Pontefice sovrano. Mapurtroppo arrivò la peste, e non si sa quanti bo-lognesi siano riusciti ad andare a Roma. Lacittà emiliana si prenderà la rivincita con ilGiubileo del 1475, secondo la nuova scansio-ne venticinquennale voluta da papa Paolo IIper brevità della vita media – e anche questavolta le cronache locali maligneranno: “per leintrade manchate”. Di nuovo, guerre e pestefanno scarseggiare l’affluenza a Roma, per cuiil papa Sisto V (1471-1484) prenderà l’inno-vativa decisione di prorogare l’Anno Santo fi-no all’aprile 1476, concedendo inoltre agli abi-tanti delle province dell’esarcato di Ravennadi limitare il pellegrinaggio solamente a Bolo-gna, visitando per tre giorni le chiese di SanPietro, San Petronio, Santo Stefano e SanFrancesco. Per la prima volta, una città diver-sa da Roma ottiene il privilegio di fungere da“sede distaccata” giubilare: le cronache rac-contano che l’afflusso a Bologna fu enorme,che mai si era vista tanta gente tutta assieme.In questa occasione si fa più sentire l’interven-to organizzativo del governo locale: vengonoconcessi sgravi fiscali sui generi di prima ne-cessità, e fin dal febbraio 1475 si sospendono– temporaneamente – le prerogative di Bolo-gna sul dazio del vino.Dal 1500, i Giubilei a Bologna assumono tonoe significato particolare; dall’inizio del secolola città è definitivamente inglobata nello StatoPontificio, e diventa una delle città predilettedai Papi, grazie alla sua realtà urbana, econo-mica e sociale. È, questo, un secolo di grandipresenze papali tra le mura felsinee: la visita-no Giulio II, Leone X, Clemente VII, PaoloIII, Clemente VIII. Durante il ‘500 tre sono ipapi di origine bolognese: Pio V (Ghisilieri);Gregorio XIII (Boncompagni) e Innocenzo IX(Giovanni Antonio Facchinetti). Negli anni1547-1549, inoltre, Bologna ospita le sedutedel Concilio di Trento. In questo, come nei se-

coli successivi, Bolo-gna vivrà sempre conparticolare fermento iGiubilei, come ci atte-stano i bandi emanatiper evitareabusi e spe-culazioni aidanni deimolti pelle-grini e ledisposizio-ni sui prez-zi per vittoe alloggio,compresostallaggio ef o r a g g i odei cavalli.Nel 1550,papa GiulioIII estendele indulgenze del Giubileo a Bologna, primafra tutte le diocesi, a quanti “per vari Impedi-menti o per povertà” non avevano potuto re-carsi a Roma. Bisognava visitare nella Quare-sima del 1551 quindici volte con divotionelacattedrale di San Pietro e le chiese di San Be-nedetto, Corpus Domini e Santa Maria del Ba-raccano, pregando Pater Noster, Ave Maria“per l’unione dei principi christiani e per l’e-saltatione di Santa Madre Chiesa”. Un altroprivilegio fu in quell’occasione che parte delleelemosine raccolte vennero lasciate a discre-zione del Vicelegato Girolamo Sauli e dei qua-ranta nobili del Senato cittadino.Una risonanza ancora più vasta ebbe il Giubi-leo del 1575, per via del papa bolognese UgoBoncompagni, ovvero Gregorio XIII: la cittàorganizzò l’accoglienza interna, ma anche iviaggi di gruppo verso Roma, per i quali ab-biamo la fortuna di possedere un prezioso re-golamento, Nell’Ordine che si haverà da ser-vare dalla honoranda Compagnia de’ Bolo-gnesi nel peregrinaggio santo di Roma lopresente anno di Giubileo MDLXXV, pubbli-cato dallo stampatore Alessandro Benacci. Ipellegrini procedevano secondo un ordine difila (prima i frati, poi i laici, poi i sacerdoti),tutti abbigliati in modo particolare, con sten-dardi e gonfaloni, in particolare quello raffigu-rante San Petronio. Si partiva da Bologna ilgiorno dopo la Natività della Madonna, cioè il9 settembre, secondo un percorso di andatatutto nello Stato Pontificio: via Emilia fino aRimini, la Flaminia fino a Loreto (con sostadevozionale) poi Umbria e Lazio fino a Roma.Il ritorno era per la Via di Toscana. Si faceva-no circa 20 miglia al giorno, salvo intemperie.Per snellire il viaggio e permettere a tutti ditrovare alloggio per la notte, si procedeva ingruppi separati, con l’obbligo di ritrovarsi al-

l’ingresso di città più importanti per visita-re uniti la chiesa principale, “rendere graziea Dio con musica”, poi uscire in processio-ne cantando e salmodiando fino oltre le

mura. Prima del viaggio ogni pellegrino versa-va sul Monte di Pietà dodici scudi d’oro per lacassa comune; ognuno però era libero di por-tare con sé a sue spese servitori, viveri, e ca-valcature. Chi non voleva pagare la quota, ver-sava solo uno scudo ed era autonomo in tutto,tranne per l’obbligo di ritrovarsi all’ingressodella città. In caso di malattia o infortunio, siprovvedeva a curare e a rimandare a Bolognalo sfortunato. Prima del ritorno, si teneva aRoma una riunione per il calculo delli denariche restassero nella borsa comune et si resti-tuirà a ciascuno gratiosamente la portion suadel sopravanzo se ce ne sarà. Insomma, un’or-ganizzazione perfetta. Il Giubileo del 1575venne anch’esso esteso a Bologna, per l’annosuccessivo, con grande afflusso nelle chiesecittadine. Lo stesso fermento si avrà nei Giu-bilei successivi: nel ‘600 Bologna deve “bac-chettare” i suoi osti e locandieri per la spere-quazione ai danni dei pellegrini, nel ‘700 ri-mette a nuovo la strada per Pianoro e Loiano,dopo molte pressioni sul Pontefice, mentre igranduchi di Lorena l’avevano già fatto per iltratto fiorentino.

Dagli Hospitali agli Ospedali

Fin da età molto antica, lungo le vie di comu-nicazione che attraversavano il territorio bolo-gnese, spesso presso i ponti e i passi appenni-nici, erano presenti degli hospitali, locandeper il ricovero dei pellegrini e dei viaggiatoriin generale. Gli hospitali erano talora retti damonasteri e pievi, ma più spesso erano gover-nati da laici, sottoposti all’autorità del vesco-vo; nell’anno 1300, nella diocesi di Bolognase ne contavano 33, nel 1366 erano già 50. Lapratica cristiana dell’alloggio ai pellegrini

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La facciata di PalazzoBevilacqua sede nel1547 di alcune sessionidel Concilio di Trento.Sotto: Papa GregorioXIII (1572)

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continuò per tutto il Medioevo, e nei secolimoderni fino a tutto il ‘700: dal ‘500 però di-minuiscono i pellegrini e alcuni hospitali dicittà diventano ospedali nel senso moderno.

Dal ‘pacchetto informativo’al ‘menù fisso’:

i pellegrini e l’accoglienza

Molto prima delle Fiere e del Motorshow, Bo-logna aveva dovuto pianificare l’accoglienzaall-inclusiveper i pellegrini degli Anni Santi:eventi concentrati che portavano in città unnumero altissimo di ‘turisti’ poco disposti aspendere. Per il Giubileo del 1575 ci restaun’importante Provisione reformata a benefi-cio et commodo de’ peregrini et forastieri inquesto anno del Santo Giubileo, emanata il 9aprile, un documento finora inedito e interes-santissimo. Il governo invita l’annona cittadi-na a far sì che la città e il distretto siano benriforniti di viveri e a prezzi giusti; provvede arendere agevoli le strade; stabilisce i prezzi an-che per il noleggio delle vetture, commisuratoa velocità e a numero di passeggeri. Per calmierare i prezzi del vitto, si stabilisco-no due menù: un pranzo a prezzo fisso, conantipasto, salami, roste et lese di più sorte,formagio et frutti, il tutto per due paoli e mez-zo con cavallo (quattro a sera), o due paolisenza (la sera due e mezzo). Oppure un “man-giare a conto”, ossia alla carta, con una buonascelta di vivande: minestra di riso, tagliatelli oaltra simile, piccione, carne di vitella o di vac-ca, insalata, pane e vino. Per i bottegai e altri venditori che impediscanoai pellegrini di acquistare ciò che vogliono, oneghino loro vitto e alloggio perché chiedonosolo di dormire o lo stallatico per i cavalli, so-no previste gravi sanzioni, pecuniarie e corpo-rali; si vieta loro, inoltre, di chiedere altre mo-nete dai soldi, perché troppo spesso i commer-cianti ne approfittavano per alterare i prezzi.

Non esisteva ancora l’Associazione Consuma-tori, ma il governo municipale aveva già stabi-lito che i calmieri dovevano essere affissi inluogo visibile e mantenuti integri, in modo chei pellegrini potessero controllarli.

Non Romei, ma… ‘Bolognini’

Oltre a essere tappa (quasi) obbligata dei pel-legrinaggi verso Roma, Bologna è stata, essastessa, una mèta devozionale. Tutto ha iniziocon i protomartiri cittadini Vitale e Agricola,vittime della persecuzione di Diocleziano(303-305 d.C.): nel 393 il vescovo di Milano,Sant’Ambrogio, ne fa riesumare i resti, dandovita a un culto che ben presto si propaga benoltre la cerchia delle mura, se i vescovi diRouen e di Tours, in Francia, scrivono per ri-chiedere qualche reliquia dei due martiri. Nel786, ad assistere alle feste religiose in loroonore è a Bologna Carlo Magno in persona,che ottiene anche lui alcune reliquie da tra-sportare nella sua Clermont, ‘scambiandole’con reliquie di santi franchi. Nel luogo dove si conservavano i resti dei duemartiri, a oriente della Bononia romana, giàfrequentato dai devoti, comincia a prendere vi-ta, durante l’episcopato di Petronio (431-450),il complesso santuariale di Santo Stefano eMonte Oliveto (oggi San Giovanni in Monte),secondo una simbologia legata ai luoghi santidei Gerusalemme. La Sancta Hierusalem bolognese- così deno-minata già nell’887, quindi molto prima dellarinascita di devozione per la Terra Santa che siavrà con le crociate dei secoli XI e XII -, ri-producendo mimeticamente i santuari palesti-nesi, diviene tappa importante degli itinerarireligiosi che già attraversavano l’Europa pri-ma dell’anno Mille. Un’altra mèta di pellegrinaggio sarà, alcuni se-coli più tardi, la tomba di San Domenico, ilfondatore spagnolo dell’omonimo Ordine, che

a Bologna morì nel 1221: una devozione reli-giosa di portata non così macroscopica comequella per Sant’Antonio a Padova e San Fran-cesco ad Assisi, ma comunque forte. Nell’etàcomunale si afferma anche il culto di Petronio,il vescovo che la leggenda riteneva ricostrutto-re della città e tutore delle sue libertà. La Par-te Guelfa, al potere a Bologna dopo il 1280, nefa un suo simbolo; nel 1307, la guarigione mi-racolosa di alcuni infermi nelle acque di unpozzo che si trovava presso la tomba di Petro-nio, in Santo Stefano, obbliga il Comune a in-tervenire per regolare lo straordinario afflussodi persone al luogo e per approntare anche un‘servizio assistenza’ nella piazza antistante lachiesa. Con la fondazione della grande basili-ca di San Petronio, nel 1390, il raduno annua-le dei pellegrini dalle campagne vicine per lafesta del 4 ottobre assume per il Comune citta-dino anche un valore politico: le comunità delcontado, attraverso i loro rappresentanti, men-tre omaggiano il Santo devono dichiarareesplicitamente la loro fedeltà e obbedienza aBologna. Nella seconda metà del XV secoloha inizio la storia della devozione bolognesepiù nota e ancora vitale, quella per la Madon-na di San Luca. L’antica icona bizantina, conservata fin dal1194 in una chiesetta sul Colle della Guardia,era oggetto di pellegrinaggio già nei due seco-li precedenti, ma è nel 1433 che inizia il ‘pel-legrinaggio’ inverso, della Madonna verso lacittà, una volta all’anno, e che continua tutto-ra. Il santuario e portico di San Luca, al centrodi uno dei più importanti interventi di restauroper il Giubileo del 2000, vennero edificati traXVII e XVIII secolo e hanno sempre costitui-to un’attrazione di culto non solo per i bolo-gnesi, ma anche per i comuni del territorio, di-venendo simbolo non solo della religiosità, madello spirito civico e politico del Comune, tan-to che l’immagine della Madonna venne im-pressa sulle sue monete. Nelle epoche successive si riverserà su Bolo-gna un interesse religioso per alcune figurefemminili oggetto di una venerazione non so-lo locale: a cominciare da Santa Caterina de’Vigri (1413-1463), suora clarissa, fondatricedel monastero del Corpus Domini, nota comela Santa Caterina ‘da Bologna’, prima bolo-gnese canonizzata nel 1712, ma già da primamèta di pellegrinaggi. Una figura di spicco èpoi quella della Beata Elena Duglioli Dall’O-lio (1472-1520), a cui i papi chiedevano consi-glio e preghiera. Alcune consuetudini devozionali caratterizza-no ancor oggi Bologna: gli “Addobbi”, o De-cennali Eucaristiche, pratica iniziata nella se-conda metà del ‘500, e i “Sepolcri” della Set-timana Santa, grandi apparati simbolici conintento catechetico, realizzati spesso da grandiartisti. q

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Stampe con le figure tipiche della “ciambellaia” e del “venditore di formaggio”

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o splendido altare di Papa Lambertini, igioielli storici e artistici del Santuariodella Vita e del nuovo museo della Sa-

nità, le preziose ville bolognesi recuperate daldegrado. È anche questo il Giubileo per Bolo-gna, un’occasione per conoscere tesori di cuipochi conoscevano l’esistenza. Grazie ai fi-nanziamenti giubilari, gli edifici sono stati ri-strutturati a tempo di record, in grado ora diaccogliere i visitatori.E sono molte le curiosità e le scoperte venutealla luce dopo questi restauri. Preziosi pezzi distoria cittadina, nascosti nel cuore del centrostorico bolognese. La cattedrale di San Pietroad esempio, chi percorre via Indipendenza laincontra ogni giorno, ma di certo pochi cono-scono tutti i suoi segreti. Andiamo a scoprirnequalcuno, con l’aiuto dell’architetto RobertoTerra che, insieme all’architetto Guido Cavina,ha curato il suo restauro, oltre a quello del San-tuario della Vita e del Cenobio di San Vittore.«I restauri del Giubileo – spiega Terra – hannoriguardato la torre della cattedrale, il museocoi suoi tesori e gli accessi per i fedeli. La pri-ma sorpresa per i bolognesi riguarda proprio la

torre, anzi le torri, perché ce ne sono in realtàdue, una sovrapposta all’altra. La prima, cherisale all’anno mille, ha una forma rotonda. Laseconda, rettangolare, è stata costruita sopraalla precedente intorno al 1200. Tra le duestrutture sale una rampa di scale che consentedi raggiungere il campanile. Dopo il restauroconservativo, i visitatori potranno salire suqueste scale e raggiungere un punto molto ele-vato dal quale la vista spazia dall’alto su tuttala città. Prima erano in pochi a conoscere que-sto accesso, anche perché le condizioni dellatorre non consentivano l’ingresso ai visitatori».Ma San Pietro nasconde anche altri segreti, deiveri e propri tesori. Qualcuno ha già potutoammirarli anni fa durante il primo restauro del-la cattedrale, col Giubileo invece nasce defini-tivamente il museo del tesoro della cattedrale.I lavori curati dall’architetto Terra si sono con-centrati sull’adeguamento impiantistico, la si-curezza, la climatizzazione e l’installazionedelle vetrine che ospiteranno i tesori. Si trattadi preziosi apparati liturgici, suppellettili e do-ni ricevuti dalla Curia bolognese, alcuni deiquali ancora utilizzati. Il “pezzo forte” è l’alta-

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LE BUONE OPEREdi MAURIZIO COLLINA

Grazie al lavoro attento di numerosi tecnici, operai e restauratori sono stati riscoperti preziosi capitoli della storia locale

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A fianco, un particolaredell’affresco del secoloXVII del Cenobio diSan Vittore e sotto ilchiostro nel corso deirestauri (foto “StudioTerra e Cavina”)

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re di Papa Lambertini, rivestito di metallo, ar-gento, oro e lapislazzuli, una struttura impo-nente e affascinante. E poi c’è l’esterno dellacattedrale, finora troppo sacrificata dalla vici-na via Indipendenza. Durante i lavori di am-pliamento della strada, venne cancellato il pre-zioso sagrato settecentesco del Torreggiani, echi scendeva dai gradini della Cattedrale sitrovava direttamente in strada. Ora invecel’antico sagrato è stato ripristinato esattamentecom’era in origine, i fittoni sono una copia fe-dele di quelli settecenteschi. E i fedeli oraavranno un accesso più confortevole alla cat-tedrale. Se San Pietro è ricca di nuove scoper-te, non da meno lo è il Santuario della Vita, divia Clavature 8 (di cui abbiamo ampliamenteparlato nel n. 6 del 1999), aperto al pubblicotutti i giorni tranne il lunedì dalle 10 alle 12 edalle 15 alle 18. Il restauro del Giubileo si èconcentrato su due interventi: da un lato crea-re le infrastrutture che consentono l’accessoallo splendido oratorio, fino a 3 anni fa prati-camente irraggiungibile. Dall’altro riportarealla luce quello che è stato il primo ospedale

cittadino, l’antenato dell’attuale ospedaleMaggiore. Ma l’edificio negli anni aveva per-so la sua struttura originale, le stanze eranostate divise e occupate da privati, quando l’o-spedale venne trasferito in via Riva Reno. Ilrestauro, realizzato dall’azienda Usl città diBologna e dalla Fondazione del Monte, haconsolidato l’edificio e lo ha riportato ad uncorpo unico, collegato al Santuario. Per il vi-sitatore è una sequenza di scoperte: nei 580metri quadri del museo c’è tutta la storia delprimo ospedale bolognese, nella sala centralesono esposti oggetti preziosi tra cui il notogioiello del Re Sole». Non meno impegnati-vo il lavoro al Cenobio di San Vittore, rag-giungibile in direzione colli da porta Casti-glione, a due passi dalla discoteca Capannina.La Chiesa e il convento erano in condizionicosì disperate, che un gruppo di volontari eappassionati si è costituito in associazioneper salvarlo. Fondamentali sono stati i finan-ziamenti del Giubileo. «I fenomeni di degra-do statico – spiega Terra – erano davveropreoccupanti, l’allargamento delle crepe lo si

poteva riscontrare ad occhionudo, giorno per giorno. Il no-stro lavoro è stato quello di con-solidare sia la chiesa che il con-vento. Sono stati eseguiti ancheinterventi sugli affreschi. E so-prattutto ora sarà possibile ri-portare in Chiesa una serie diopere che erano state tolte a cau-sa dell’instabilità della struttu-ra». Non solo gli edifici dedica-ti al culto però hanno ottenutobenefici dal Giubileo. Anchedue splendide ville, che in que-sti ultimi anni avevano subito unpesante degrado, sono rinate anuova vita. In questo caso è sta-ta l’Università bolognese a im-pegnarsi nel restauro, i lavorisono stati curati dall’architettoRoberto Scannavini. Villa Gua-stavillani, si trova in via di Bar-biano, venne realizzata nel ‘500dall’architetto Mascarino. 5000metri quadri, un grande parco,un giardino all’italiana e unosegreto sono le sue caratteristi-che. Negli ultimi anni ospitava unascuola materna e una sorta diostello estivo. Ma, soprattutto acausa dei danni subiti durantela guerra, doveva essere recu-perata integralmente. «Sonostati rifatti i coperti – spiegaScannavini – consolidate lestrutture, trattati i legni e le are-narie, ripuliti gli affreschi. Si

tratta di opere di artisti bolognesi di secondopiano. Ora il complesso è destinato a sede dicollegio d’eccellenza e centro studi universita-ri». È invece stata inaugurata da poche setti-mane come centro studi islamici la Villa Palla-vicini, che sorge in zona Massarenti alla Crocedel Biacco. Una villa meno nota, del settecen-to, ma non per questo meno importante. Riccadi pitture soprattutto di paesaggi, il suo destinoera però quello di un inesorabile abbandono. Ed invece gli interventi, oltre a consolidare l’e-dificio, hanno riportato a nuova vita gli affre-schi e gli storici pavimenti. «La nostra provin-cia – spiega Scannavini – è ricca di ville im-portanti che purtroppo subiscono i danni deltempo. Il Giubileo è stato fondamentale persalvarne alcune, ma servono ancora altri fondi.Il problema però non sono solo i soldi: è chespesso non si sa poi cosa farne di una villa re-staurata. Quando invece si trova una soluzioneconfacente, una destinazione appropriata, cherispetti il monumento, succede poi che si tro-vano anche i fondi». E la vicenda del Giubileoè stata esemplare. q

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Una sezione delle torri che compongonoil campanile dellaCattedrale di San Pietro e una immaginedel suo restauro.Sotto: l’arco del Meloncello nella suanuova veste

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finanziamenti legati all’Anno Santo han-no accelerato un progetto di ampio respi-ro sul territorio provinciale, quello riguar-

dante i due conventi domenicano e francesca-no situati nel cuore di Imola. Testimonianzepreziose della storia e della cultura di più disette secoli, i due complessi hanno subìto sortidiverse che vanno dal de-grado all’uso improprio,all’abbandono, alla valo-rizzazione precoce comestruttura pubblica: ora illavoro paziente di restau-ro, guidato dall’architettoFranco Labanti, permettedi riportare all’unità unmosaico architettonicoframmentato e disomoge-neo. Gli interventi giubi-lari riguardano la chiesainferiore francescana,l’Aula Magna della Bi-blioteca francescana e, al-l’interno del primo chiostro domenicano incorso di restauro, l’allestimento di una struttu-ra temporanea come ostello per i pellegrini delGiubileo. «La linea guida dei lavori è coniuga-re il restauro con la funzione viva degli spaziarchitettonici», spiega l’assessore alla culturadi Imola, Walter Gallavotti che ha ereditato ladirezione del progetto da Vittorio Feliciani,oggi presidente del Consiglio comunale. «Inquesto senso, abbiamo lavorato in perfetta coe-renza con i dettami della legge 270: gli inter-venti riguardare contenitori dismessi, che unavolta pronti acquisteranno funzione pubblica.Anche per quanto riguarda l’ostello per pelle-grini, stiamo interpretando appieno la formula“ricettività a basso costo”: solo un’ala delchiostro domenicano, già restaurata, è adibitatemporaneamente a tale uso, mentre nella ri-manente ala prosegue il cantiere. Quanto agliarredi installati - dalle pareti divisorie in car-tongesso, ai letti, ecc. -, non si tratta di speseextra, perché una volta esaurita la loro funzio-ne in loco andranno in dotazione alla Protezio-ne Civile». L’ostello, inaugurato ai primi difebbraio, è dotato di 80 posti letto e distribuitosu tre piani: al piano terra si trovano una re-ceptione un soggiorno diurno, oltre a due stan-ze per portatori di handicap con relativi servi-

zi igienici; al primopiano il dormitoriodegli uomini e dellefamiglie, più duestanze separate (uti-lizzabili da religiose);al secondo piano, il

dormitorio femmini-le. La gestione dell’o-stello è assegnata inconcessione dal Co-mune a un’associa-zione di volontariato.«L’ostello vuole esse-re anche un esperi-mento - aggiungeGallavotti - per verifi-care l’opportunità diprogettare strutturepermanenti di acco-glienza per il turismogiovane sempre cre-scente, a Imola, graziea iniziative culturalied eno-gastronomicheche affiancano il tra-dizionale polo d’attra-zione sportivo».Il chiostro in via di re-stauro diverrà sededei Musei Civici, con-giungendosi al secon-do chiostro, suo ge-mello rinascimentale,che da tempo acco-

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II Complesso di San Domenico: il disegno ricompositivo del portale edelle bifore di ingresso.Prticolare di un capitello el’antichissima facciata diSan Nicolò riportata allaluce durante i lavori

IL RISVEGLIO DEI GIGANTIIl recupero dei complessi conventuali di San Domenico e San Francesco a Imola

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glie la Pinacoteca comunale, e permettendo diricomporre un patrimonio artistico variegato eattualmente, in buona parte, sepolto in deposi-ti, che va dalle ceramiche alla numismatica, aun preziosissimo erbario, alla collezione ar-cheologica, che è la riscoperta più attesa. Nelcomplesso francescano, a pochi metri di di-stanza, si lavora invece alla Biblioteca, tramiteil recupero di nuovi spazi e la riorganizzazionedegli archivi storici. Ma per capire il senso e ilvalore di questo grande progetto - che si con-cluderà, secondo le previsioni, nel 2002 - biso-gna ripercorrere, seppur sinteticamente, l’affa-scinante storia di questi due conventi. I Dome-nicani arrivarono a Imola nel 1227, pochi annidopo la morte del fondatore a Bologna, e co-minciarono a costruire il loro complesso nel1280, per concluderlo però solo un secolo piùtardi; i lavori subirono un’improvvisa accele-razione sul finire, per contrastare la concorren-za dei Francescani, arrivati a metà del ’300,che si erano installati a pochissimi metri di di-stanza (ancor oggi solo un vicolo li divide) inderoga a una bolla di papa Clemente IV cheimponeva 140 canne (280 metri) di distanzatra i conventi dei diversi Ordini. «Questa vici-nanza, che oggi giustifica la creazione di ununico corpo di Istituti culturali per la città, ri-mase un unicumnella storia degli insediamen-ti conventuali in Italia», racconta l’architettoLabanti, responsabile dei progetti fin da quan-do, più di vent’anni fa, l’amministrazione cit-tadina cominciò a interessarsi al recupero deitanti spazi abbandonati a fianco della Bibliote-ca ex-francescana e al Teatro comunale, i dueedifici rimasti “vivi” nel corso dei secoli. Eproprio le radici della differente sorte subìtadai due complessi affascinano Labanti. È conla soppressione napoleonica degli Ordini con-ventuali che le diversità tra San Francesco eSan Domenico determinano il loro destino. I

Francescani avevano aperto al pubblico la loroBiblioteca già nel 1791, e quando nel 1797 ar-rivò Napoleone l’edificio venne identificatocome pubblico servizio e dunque “salvato”, af-fidandolo al Comune; la chiesa francescana in-vece divenne, nella prima metà dell’800, ilTeatro Comunale. Diversa sorte subì il con-vento di San Domenico, requisito - a parte lachiesa - e trasformato in caserma di cavalleria.«Si può dire che San Francesco abbia subìtouna modificazione più radicale, ma “attiva”,cambiando funzioni ma conservando fino adoggi la sua struttura - spiega Labanti - San Do-menico, invece, è cambiato di meno, ma inmaniera “passiva”, subendo il degrado e poil’abbandono». Il complesso domenicano, ineffetti, rimase in caserma anche con la restau-razione dello Stato Pontificio - a cui invano iDomenicani chiesero la restituzione dell’edifi-cio - ma dal 1866, con l’Unità d’Italia, al 1965sprofondò nel più totale inutilizzo. Poi vennesmembrato tra Comune e Curia: ci sono volutialtri trent’anni per ricomporlo a cominciare ilrestauro. La chiesa - anzi, le chiese- di SanFrancesco meritano un discorso a parte. IFrancescani vollero imitare Assisi e ne costrui-rono due sovrapposte, quella inferiore al livel-lo della strada (la via Emilia), quella superioreal primo piano. La chiesa superiore si può an-cora perfettamente “leggere” nel Teatro cheoggi la occupa. La chiesa inferiore, a tre nava-te, molto buia, venne utilizzata sempre meno,tanto che nel ’600 i Francescani si lamentava-no che era ricettacolo di amanti frettolosi e cri-minali; la navata-loggiato esterna venne tra-sformata in botteghe, rimaste fino a epoca re-cente, alterando il tracciato della chiesa erendendola irriconoscibile. Il restauro - l’inau-gurazione è prevista per marzo - restituisce laleggibilità architettonica della chiesetta trecen-tesca e la trasforma in spazio espositivo poli-

valente, oltre che in sala d’ingresso per la Bi-blioteca. Nel frattempo sono emersi, inaspetta-ti, degli affreschi - un frammento di Cristo incroce, volti e figure di donne - per i quali sistanno avviando i restauri. A maggio, intanto,verrà esposta nella chiesetta un Cristo ligneopolicromo del XII secolo, che giaceva ignora-to nella chiesa di Ca’ Maggiore, un paese del-la vallata del Santerno, recentemente restaura-to a Firenze. Sullo stesso piano della chiesetta, intanto, fer-vono i lavori di ristrutturazione delle ali con-ventuali che andranno a ingrandire la Bibliote-ca: un progetto avviato già da alcuni anni, ciracconta Marina Baruzzi, responsabile dell’u-nità organizzativa della Biblioteca, che i fondidel Giubileo hanno permesso di accelerare. «Ilocali del piano terra, così recuperato, verran-no adibiti alla consultazione non specialistica,e conterranno le sezioni di attualità e tempo li-bero, di saggistica corrente, di letteratura, l’e-meroteca e una sezione di storia locale, per untotale di 20.000 volumi a scaffale aperto. Saranno installate sei postazioni Internet, chepoi aumenteranno di numero, per la consulta-zione di cataloghi in rete, di Cd-Rom e per la“navigazione” in altri siti d’interesse». L’aper-tura al pubblico è prevista per settembre. Di grande valore è poi il patrimonio di fondiantichi della Biblioteca, derivati dalla soppres-sione dei vari conventi cittadini e confluiti tut-ti qui, che necessitano di un difficile e lungolavoro di identificazione e di catalogazione.«Una fatica immane - commenta la Baruzzi-ma che potrebbe portare a ricostruire unospaccato ancora ignoto della storia degli Ordi-ni conventuali e del loro radicamento nel terri-torio». Di progetti ce ne sono tanti altri, e ne daremoconto in futuro: intanto, per fortuna, i gigantisi sono svegliati. L. S.

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Sopra, complesso conventuale di San Domenico eSan Francesco di Imola, particolare della Bibliotecafrancescana e il primo chiostro che a restauri ultimati diventerà la sede dei Musei Civici

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ilioni di cattolici da tutto il mondosono già partiti in direzione Roma, ohanno intenzione di farlo, per cele-

brare il Giubileo. A gennaio la capitale ha giàsperimentato, con qualche difficoltà, le primeprove di questa “pacifica invasione”. Il fenomeno del Giubileo però non riguardasolo Roma, altre regioni, tra cui l’Emilia-Ro-magna, si sono attrezzate per dare un’acco-glienza ai pellegrini. Anzi, approfittando del-l’occasione giubilare, gli enti pubblici puntanoa valorizzare il nostro territorio, invogliando ilturismo religioso a fare tappa, prima di giun-gere nella capitale, anche nelle città emiliano-romagnole.I conti bisognerà farli tra qualche mese, quan-do il Giubileo entrerà pienamente nel vivo, maalcune indicazioni si possono già trarre dopole prime settimane dell’“anno santo”. «Il pri-mo impegno degli enti locali – spiega l’asses-sore provinciale al turismo Marco Macciantel-li – è stato quello di realizzare una serie distrutture di accoglienza a basso costo per i pel-

legrini che scelgono di passare da Bologna.Strutture pensate ad hoc per il Giubileo, per lequali avevamo a disposizione una serie di fi-nanziamenti, ma che sono destinate a restareper sempre». L’intenzione, nel momento in cuisi è firmato un protocollo tra Enti Locali, Cu-ria, Università ed altri soggetti, era quella direalizzare 1321 posti letto a basso costo, daaggiungere ai 7200 che offrono gli alberghibolognesi. L’elenco delle strutture che hannopotenziato il numero di posti letto a basso co-sto è praticamente completo: Villa Torchi avrà20 posti in più, l’ex scuola Ada Negri 70 posti,l’albergo popolare di via del Pallone 90 posti,l’ostello di via Viadagola ha ristrutturato l’im-pianto fognario e offre 100 posti, Villa Tamba50 posti, il campeggio è cresciuto di 130 postiletto e 330 posti tenda, all’ex convento Scara-belli di Imola 120 posti, alla Scuola di pace diMonte Sole 30 posti, al Villaggio del fanciullo57 posti, 50 a Villa Guastavillani, 43 a Villa S.Giuseppe, 82 all’Eremo di Ronzano, 80 a Vil-la Pallavicini, 16 a S. Domenico, 14 a S. Sal-

vatore, 24 a S. Giacomo, 120 al Seminario dio-cesano. Se dunque le strutture sono pronte, sitratta di capire ora se l’afflusso di pellegrini aBologna sarà pari alle attese. In queste primesettimane del 2000, mentre Roma ha già dovu-to affrontare, con diversi problemi, le primemassicce ondate di visitatori, Bologna non haancora avuto un aumento turistico significati-vo. Ma è presto per trarre bilanci, e l’assesso-re Macciantelli spiega perché. «Il grande af-flusso lo avremo nel periodo di Pasqua, Romaa quel punto non potrà reggere da sola l’ondad’urto del turismo religioso e ci sarà bisognodel ‘decentramento’ nelle altre regioni. I pelle-grini non potranno andare tutti contempora-neamente a Roma nello stesso giorno, dovran-no pernottare nelle altre città dalle quali la ca-pitale è raggiungibile in un solo giorno. Sarà in quel momento che la ricezione turisti-ca nella nostra regione non dovrà farsi trovareimpreparata». Intanto però, in attesa di questiarrivi massicci, gli enti locali hanno preparatouna serie di pacchetti turistici per invogliare ivisitatori a soggiornare nelle città emiliano-ro-magnole. La Provincia ha organizzato un corso di ag-giornamento, d’intesa con la Curia, rivolto al-le guide turistiche proprio in funzione Giubi-leo, ed ha promosso il libro Le vie Francigenee Romee tra Bologna e Roma con una puntua-le mappatura dei percorsi religiosi che interes-sano anche il territorio bolognese. Infine, ri-corda Macciantelli, il turismo del Giubileo nonriguarda solo i cittadini stranieri che vengonoin Italia, ma anche il cosiddetto mercato loca-le. Ovvero i turisti italiani che approfittandodell’“anno santo” visitano chiese e santuaridelle diverse città, Bologna compresa. E in questo senso, se in termini di pernotta-menti la crescita è stata contenuta, all’internodelle chiese e dei monumenti bolognesi l’au-mento di presenze turistiche si è già fatto sen-tire. Bologna quindi, anche nell’anno giubila-re, non smentisce la sua tradizione turistica:città d’arte ma in genere di passaggio per i vi-sitatori, ricezione alberghiera legata soprattut-to al turismo fieristico. E, detto per inciso, gli alti prezzi della nostracittà non invogliano un turismo che vuole con-tenere le spese. Anche dalla Curia il giudiziocoincide con quello dell’assessore Macciantel-

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PELLEGRINI MODERNISono attesi anche sotto le due torri.

Per loro è pronta una rete di accoglienza che si estende ben oltre i confini della città

MM

Luned� 20 marzoGiubileodegli artigiani

Luned� 1 maggioGiubileodei lavoratori

Gioved� 25 maggioGiubileodegli scienziati

Venerd� 2 giugnoGiubileodei migranti, rifugiati e profughi

Domenica 4 giugnoGiubileo dei giornalisti

LE GIORNATE GIUBILARI DEI FEDELI PREVISTE NEL CALENDARIO UFFICIALE DEL COMITATO CENTRALE

DEL GRANDE GIUBILEO DEL 2000

Domenica 9 luglioGiubileodei carcerati

Marted� 15 agostoGiubileodei giovani

Domenica 10 settembreGiubileodei docenti universitari

Domenica 17 settembreGiubileodegli anziani

Domenica 15 ottobreGiubileo delle famiglie

Domenica 29 ottobreGiubileo degli sportivi

Domenica 5 novembreGiubileo dei Responsabilidella cosa pubblica

Domenica 12 novembreGiubileo del mondo agricolo

Domenica 19 novembreGiubileo dei militari e della polizia

Domenica 3 dicembreGiubileo dei disabili

Domenica 17 dicembreGiubileo del mondo dello spettacolo

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B O L O G N A E I L G I U B I L E O

li. «Noi mettiamo a disposizione la Pallavicini– spiega don Giancarlo Manara – con 70 postiper i pellegrini. Ma il grande afflusso finoranon c’è stato. Però ci sarà». Una delle datecerte è dal 10 al 15 agosto, quando 5.000 ra-gazzi da tutto il mondo scenderanno a Bolo-gna. «L’occasione – spiega don Manara – è ilGiubileo dei giovani. È previsto un afflusso inItalia di 250.000 ragazzi, però sappiamo ancheche un numero così alto di partecipanti rischiadi non conoscersi, di non scambiare le proprieesperienze, se vengono tutti convogliati a Ro-ma. Allora si è deciso di programmare degliincontri-scambi in diverse città nella settimanaprecedente. E a Bologna appunto ne arriveranno 5.000».Le diverse parrocchie si stanno già organiz-zando insieme alla Curia per dare la miglioreaccoglienza a questi ragazzi, molti di loro ver-ranno ospitati dalle famiglie. Ci sarà una grande festa di benvenuto il 10agosto sera in piazza Maggiore e si stanno pre-parando visite guidate nei principali santuari,San Luca in primis.Ma la Curia bolognese, ol-tre a curare l’arrivo dei pellegrini stranieri, sista pure occupando della partenza verso Romadei pellegrini bolognesi. «La nostra diocesinon organizzerà dei veri e propri pellegrinaggia Roma per i diversi Giubilei di categoria. Lascelta è quella di valorizzare quello che già si

fa a Bologna, dan-dogli valenza giu-bilare. Così saràper il congressodei ragazzi a otto-bre, per il Giubileodelle famiglie equello degli anzia-ni». Cosa significavalenza giubilare?«Recandosi in queigiorni nelle chiesebolognesi, comeSan Petronio, San. Francesco, San Luca, San-to Stefano, i fedeli potranno ottenere le indul-genze, uno dei segni pregnanti del Giubileo in-sieme all’attraversamento della Porta Santa.L’indulgenza non prende il posto del sacra-mento della riconciliazione, ma è un aumentodi grazia per il pellegrino». La diocesi bolo-gnese comunque il 25 giugno organizza ancheun pellegrinaggio di un giorno a Roma, in oc-casione della messa conclusiva davanti al Pa-pa per il Congresso Eucaristico internazionale,conclusione del Congresso Eucaristico cele-brato a Bologna nel 1997. Se invece un bolo-gnese volesse recarsi a Roma in pellegrinag-gio, in qualsiasi altra data, la Curia ha affidatoalla Petroniana Viaggi il compito di offrire ipacchetti “tutto compreso”. E le prime richie-

ste non si sono fatte attendere. «Al momento ci sono arrivate 6000prenotazioni da tutta la regione, di cui3500 solo da Bologna – spiega il di-rettore della Petroniana Marco Zanetti– e siamo solo all’inizio. Noi racco-gliamo prenotazioni per pellegrinaggifino a ottobre. Statisticamente il 95%sceglie il pacchetto che comprende 3giorni di visita e due pernottamenti, il5% preferisce 2 giorni e una notte. Poiogni pacchetto è personalizzato, cia-scuno può decidere anche cosa visita-

re, in che tipo di ristoranti mangiare. Il pernot-tamento avviene per il 99% in istituti religio-si». Allora ci vogliamo togliere l’ultimacuriosità: quanto costa il pacchetto per un pel-legrino? «Chi sceglie i 3 giorni spende dalle420.000 alle 480.000 lire, chi sceglie i 2 gior-ni circa 300.000 lire. Il pacchetto comprendepernottamenti, pasti, pullman e ‘carta del pel-legrino’. Una carta che permette di viaggiaregratis sul mezzo pubblico, di avere una schedatelefonica da 10.000 lire, di ottenere altri ser-vizi a prezzi scontati». E voi offrite servizi anche ai pellegrini stranie-ri che vengono a Bologna? «Noi gli offriamo qualsiasi cosa, visite com-prese. Ma Bologna ha un grosso handicap: iprezzi troppo alti». M.C.

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Le vie Francigene e Romee tra Bologna e Roma Nell’ambito delle iniziative editoriali legate al Giubileo del 2000 nonpoteva mancare una pubblicazione che ripercorresse le vie battute daipellegrini nell’antichità. Ovvero le strade che dal territorio bolognese portavano alla grandeRoma, capitale della cristianità. E proprio a questo tema suggestivo èdedicato il volume Le vie Francigene e Romee tra Bologna e Romascritto da Paola Foschi e promosso dall’assessorato alla cultura e alturismo della Provincia di Bologna. Un’opera che diventa anche ilpretesto per raccontare i luoghi sacri della provincia e l’affascinantevicenda umana che accompagnava il cammino dei pellegrini.

Itinerari culturali lungo le antiche vie dei pellegriniPiccola, in formato tascabile e sempre prodotta dall’assessorato al tu-rismo e alla cultura della Provincia di Bologna, anche la guida Itine-rari culturali lungo le antiche vie dei pellegrini si inserisce nelle tanteiniziative legate al Giubileo. A differenza di altre pubblicazioni, però,la guida vuole essere uno strumento agile ed essenziale per visitare lelocalità “sacre” della nostra provincia. In particolare lungo suggesti-vi itinerari (sia culturali che enogastronomici) elaborati dai curatoriin collaborazione con l’Atc. Partendo dall’Autostazione e ritornandoin giornata sarà dunque possibile alternare i piaceri della gola al fa-scino dei luoghi che tanta importanza hanno rivestito per i pelle-grini e i fedeli nel corso dei secoli.(Per informazioni:Centro ATC - 051.290.290 www.provincia.bologna.it)

La buona ospitalitàAi fedeli che percorreranno il nostro territorio potrà essere utile lanuova guida Agriturismo & dintorni, che come sottotitolo recita: per-corsi fra aziende agrituristiche e bellezze storico-culturali della pro-vincia di Bologna.È sotto gli occhi di tutti il fenomeno della crescita e del sempre mag-giore gradimento degli agriturismi, sia da parte di chi desidera un sog-giorno per una vacanza un po’ “alternativa” sia da parte di chi vuoleriscoprire e gustare la nostra cucina. L’assessorato al turismo e quel-lo all’agricoltura della Provincia di Bologna, in collaborazione con laCamera di Commercio e le Organizzazioni professionali, hanno coltol’occasione di Bologna 2000 Città della cultura per collocare questiormai numerosi punti di ristoro e soggiorno (la guida ne cita 57, pres-soché la totalità) sullo sfondo delle emergenze storiche e culturali delvariegato panorama che offre il nostro territorio. Emergenze presenta-te per rapidi accenni dall’autrice dei testi Paola Foschi, in modo taleda suscitare interesse e curiosità e spingere a ulteriori approfondi-menti, grazie anche all’apparato iconografico degli otto itinerari in cuiè suddivisa la provincia, che fa della guida un manuale rapido e raffi-

nato al tempo stesso. Le aziende sono presentate in schede agili ecomplete, con tutti i dati che le pos-sono identificare, e le informazioniessenziali relativamente a soggior-no, attività agricole, culturali e disvago che esse propongono. M.G.

LE STRADE DEI FEDELI

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C U L T U R A

l 9 gennaio si è tenuta nella Santa Gerusa-lemme di Bologna la cerimonia inaugura-le dell’esposizione del Corpo dell’Uomodella Sindone, la scultura di Luigi Enzo

Mattei che costituirà riferimento spirituale eculturale della città di Bologna nell’anno delGiubileo. L’opera, segno tangibile della Bolo-gna cristiana, è stata realizzata grazie alla par-tecipazione di enti pubblici e privati, tra i qua-li il Comune e la Provincia di Bologna e la Re-gione Emilia-Romagna. Il mistero e il fascinoemanati dalla Sacra Sindone da secoli hanno

interrogato la cristianità; proprio il desiderio dicapire di più e vedere meglio hanno portato loscultore, dopo anni di studio e lavoro, a con-cretizzare quanto ancora non era stato realiz-zato: la ricostruzione tridimensionale dell’in-tero Corpo.Partendo dagli studi e dalla ricerca pubblicatadal Monsignore Fiorenzo Facchini (ordinariod’antropologia all’Università di Bologna), conla consulenza di Lamberto Coppini (emeritopresso l’Istituto d’Anatomia Normale Umananello stesso Ateneo e delegato per la RegioneEmilia-Romagna del Centro Internazionale diSindologia a Torino), l’artista ha lavorato adun modello d’argilla dal quale in seguito sonostati ricavati gli stampi per la fusione della sta-tua in bronzo che trova la sua collocazioneideale nel complesso Stefaniano delle Sette

Chiese - La “Santa Gerusalemme di Bologna”,così denominata fin dall’anno 887. Nel pieno rispetto degli indici anatomici, Mat-tei ha utilizzato l’intuizione creativa solo dovenecessario. La qualità formale ottenuta, ogget-tivamente importante, ha reso l’imponenza e laieraticità del “più bello tra i figli degli uomini”(Salmi, 45.3).La forza emanata dall’immagine così ottenutacontribuisce ad individuare caratteri di “misti-ca serenità e sublime forza morale” (Sebastia-no Rodante), rendendo ancora più affascinanteil mistero.La scultura, già resa disponibile per nuove ri-cerche, offre la possibilità di ulteriori indagininell’ambito estetico e semiotico rendendo pos-sibile la sperimentazione comparativa, l’inda-

gine stilistica ed ulteriori ap-porti dell’esperienza artistica,che nell’ambito sindologicopare sempre defilata se noncon ruoli meramente decora-tivi, comunque marginali.q

Qualche curiosità:Le dimensioni reali dell’o-pera: 120 chili, per 178 cen-timetri d’altezza, 53 di lar-ghezza e 26 di spessore. Afianco della scultura vi è unmodello in scala per nonvedenti. La Sindone vera,sarà esposta a Torino dal29 Aprile al 11 Giugno2000, sempre in occasionedel Giubileo.

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LÕuomo del misterodi GABRIELE CARLESCHI

Lo scultore Luigi Enzo Mattei ha realizzato in bronzo la statua del corpo dell’Uomo della Sindone.L’opera d’arte trova la sua collocazionenel complesso delle Sette Chiese

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CHI È L’AUTORE

Luigi Enzo Mattei (Bologna,1945), grafico e scultore, nel1996 ha realizzato in San Petro-nio la Porta Magna della Nati-vit�, il cui progetto si trovaesposto nella Basilica, di fron-te allÕingresso del Museo. Nel1997 due sue opere, una inbronzo e una in terracotta, raf-figuranti il Beato BartolomeoDal Monte, sono state poste ri-spettivamente nella Cattedraledi San Pietro e nella Basilica diSan Petronio a Bologna.Sue opere figurano in innumere-voli musei come lÕArts Center diPetersburg (Florida), The ArtGallery of the Ateneum di Hel-sinki e il Victoria and Albert Mu-seum di Londra.

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n quel momento, in una galleria france-se, Lucrezia aspettava la sua prossimadestinazione, guardando sbadatamente

verso il cielo e riflettendo sul suo destino va-gabondo. Anche questa volta era sul punto diessere trasferita al Louvre, o verso il merca-to statunitense...Fu probabilmente venduta nell’Ottocento inFrancia, nonostante la leggenda che la vor-rebbe una tra le opere trafugate da Napoleo-ne e, fino ai nostri giorni, ha conosciuto di-versi padroni.Però oggi, finalmente, è ritornata proprio aZola Predosa, patria della famiglia del pitto-re, prima del trasferimento a Bologna del pa-dre. Benché oggigiorno divenga sempre piùdifficile riportare le opere d’arte nelle nazio-ni di origine, a causa dell’aumento dei prez-zi e anche delle leggi protezionistiche dei

paesi che le posseggono, Francesco Martaniè riuscito a riportarla a Cà la Ghironda diZola Predosa, dopo una paziente negoziazio-ne e una non facile competizione. Dopo il re-stauro (i cui segni sono visibili sul collo), èstata confermata l’attribuzione al Francia daparte di Stagni.Francesco Raibolini, detto il Francia (il no-me deriva da un mitico primo maestro fran-cese dell’ex-orafo, o, più credibilmente dallatrasformazione del nome di battesimo) è unodei maggiori artisti del Rinascimento nell’I-talia del nord. Malgrado però la sua impor-tanza e la notevole attività svolta, non siamonemmeno sicuri della sua data di nascita, disolito collocata intorno al 1450 (morì nel1517). Cominciò la carriera come orafo maera noto anche come pittore probabilmentegià dal 1483 o giù di lì. Come ci mostrano le

lettere e i documenti delle commissioni rice-vute da Isabella d’Este e da altri, la sua fa-ma superava i confini della zona in cui lavo-rava.Esistono altre due “Lucrezie”: quelle di Du-blino e di York che sono da attribuire più pro-babilmente ai due figli del pittore, Giacomo eGiulio, mentre su una terza, quella di Dre-sda, sembra non esistano dubbi: è del Fran-cia. Purtroppo però quest’ultima è andataperduta durante l’ultima guerra mondiale eormai una riproduzione fotografica è l’unicomodo per poterne immaginare la bellezza.Il Vasari menziona una “Lucrezia” del Fran-cia nella collezione del Duca di Urbino Gui-dobaldo da Montefeltro. Dal momento che fi-nora non si conoscono altre “Lucrezia” delpittore, possiamo quindi ipotizzare che quel-la perduta di Dresda o proprio quella ritor-nata a Zola Predosa fosse commissionata dalDuca stesso. In tal caso, la commissione del-l’opera avvenne prima del 1508, anno dellamorte del Duca. Infatti, dallo studio stilisticoe cronologico, la data di esecuzione del qua-dro di Dresda viene stimata al 1502. Mal-grado alcune differenze minori, la foto diDresda ci rivela la somiglianza tra le due“Lucrezia”, come ci suggerisce l’uso di ununico abbozzo (Stagni). Gli anni in cui si ri-tiene sia stata eseguita la “Lucrezia” di Zo-la Predosa (1503-6) coincidono quindi conl’apice della maturità stilistica dell’artista, acui appartengono anche i magnifici affreschidell’Oratorio di Santa Cecilia a Bologna(realizzati con l’amico Lorenzo Costa e l’al-lievo Amico Aspertini).“Lucrezia” era uno dei soggetti pittorici piùrichiesti all’epoca, soprattutto come dono dafare alle spose, in quanto simboleggiava lacastità muliebre. Era forse richiesta ancheperché la leggenda secondo cui il suo suici-dio provocò la reazione del popolo, causan-do l’instaurazione della prima repubblica ro-mana (VI sec. a.C.), era collegata alla sim-bologia dello stato repubblicano, soprattuttoa Firenze. Nonostante la sua tragedia, quiLucrezia sembra calma e assente, propriocome nel momento dell’estasi del martiriodelle Sante cristiane.Il Francia si situa nell’evoluzione originatadallo stile ferrarese e da quello toscano-um-bro (soprattutto peruginesco). Fondendo idue stili quasi opposti -quello un po’ duro edecorativo con quello più tenero e realistico-, ha influenzato profondamente la pittura bo-lognese dell’epoca successiva. Nella “Lucre-zia” ritrovata, si può osservare questa fusio-ne di classicità, simbolicità e silenziosatenerezza.Bentornata Lucrezia, puoi finalmente termi-nare la tua lunga odissea.

Il ritorno di ÒLucreziaÓdi HIDEHIRO IKEGAMI

Il prezioso dipinto di Francesco Franciadopo innumerevoli traversie torna a Zola Predosa

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O R I Z Z O N T I D ’ A R T E

Il prezioso dipinto delFrancia, “Lucrezia”,recentemente ritornatoa Cà la Ghironda diZola Predosa

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Un momento dell’inaugurazione del Centro di studi per l’Islam intitolato al re d’Arabia Saudita, Abdulaziz

L A SO C I E T À M U L T I E T N I C A

l Centro è la risposta ad un bisogno di co-noscenza, e di conoscenza ad alto livello.L’iniziativa ha trovato il sostegno dell’A-

rabia Saudita - il principe Sultan, viceprimomi-nistro e ministro dei trasporti e aviazione, è in-tervenuto personalmente all’inaugurazione - eil centro è stato intitolato al re Abdulaziz, fon-datore del regno. «Il Centro - spiega il rettoreFabio Roversi Monaco presidente ad interim -nasce con una vocazione precisa: quella di es-sere un punto di incontro scientifico interdisci-plinare per ricercatori, studiosi, dottorandi estudenti italiani e stranieri, appartenenti a Pae-si islamici e non solo, particolarmente interes-sati ad approfondire la conoscenza storica, filo-sofica, giuridica ed economica di un mondosempre più vicino ed importante. Da tempo l’Ateneo dimostra attenzione per leculture e le civiltà più importanti del mondo, ene approfondisce lo studio comparativo, apertoallo scambio tra diversi apporti. A Bologna sistudia e si fa ricerca sulle lingue e le culturedell’Oriente, dall’India, all’Asia orientale, alGiappone e alla Cina».Operativamente, il Centro studi sull’Islam stafacendo i primi passi. Il primo, e indispensabi-le, è la costruzione di una biblioteca, non soloin senso di libri, ma anche di strumenti multi-mediali, come si conviene oggi. «L’iniziativadell’Ateneo di Bologna ha destato molto inte-

resse tra gli studiosi e le istituzioni che già datempo si occupano di studi orientali - spiega ilprofessor Giulio Soravia, docente di islamisti-ca a Bologna - L’Istituto per l’Oriente, antica econsolidata istituzione nazionale di studi, haannunciato l’intenzione di darci in omaggio lesue pubblicazioni, un centinaio di volumi, perla nostra biblioteca. A Bologna l’Universitaria,le biblioteche di discipline umanistiche dell’U-niversità, quelle del Centro Cabral e dell’Istitu-to di scienze religiose possiedono tutte libri chehanno una connessione con gli studi sull’Islam,ma ognuna secondo la sua specializzazione. Èil momento di dare un’organizzazione sistema-tica a tutti questi giacimenti, anche molto im-portanti». Tra gli studiosi chiamati a far partedel consiglio scientifico del Centro c’è SergioNoya Noseda, della Cattolica di Milano, che hamesso a punto un sito internet e ha impostato laparte ‘multimediale’ della biblioteca, tra l’altrocon software utili all’apprendimento della lin-gua araba.Il Centro lavorerà a un livello alto, di post lau-rea, attraverso cicli di conferenze condotte dastudiosi italiani, europei e di Paesi orientali.«L’idea è di prevedere anche un’attività di di-vulgazione ‘doc’ - aggiunge Soravia - di qualitàperché fatta da specialisti, ma accessibile nellaforma. Per ora non si farà didattica di base. Daquesto punto di vista, però, la presenza del Cen-

tro avrà una ricaduta positiva, sul fronte del-l’arricchimento del numero dei corsi presentinelle diverse facoltà.Per fare un esempio, a giurisprudenza è statogià bandito l’insegnamento di diritto mussul-mano, e a lingue e alla Scuola interpreti di Forlìun corso di arabo».Ma la nascita del Centro interdipartimentale distudi sull’Islam ha suscitato reazioni per cosìdire ‘politiche’: Islam, nonostante le ampie ras-sicurazioni sull’intento scientifico del Centro, èparola che evoca timori. Dall’Ateneo la risposta è pronta: «È proprioperché non ci si conosce che ci si teme. Quin-di, l’approfondimento di discipline diverse,dalla storia alla politica, dalla giurisprudenzaalla architettura, alla stessa religione, va pro-prio nella direzione di facilitare lo scambio cul-turale e la comprensione. Il ruolo del mondo islamico nella politica inter-nazionale e nell’economia è sempre più impor-tante. E sta cominciando a manifestarsi l’inte-resse a darsi strumenti di conoscenza anchenelle aziende che operano in questi Paesi».E c’è poi l’aspetto dell’immigrazione in Italia,una realtà che esiste e con cui bisogna fare iconti. Quindi, tra gli intenti del Centro, c’è an-che quello di aiutare l’elevazione culturale diqueste persone, che espongono il desiderio diessere riconosciuti come una componente im-portante per la cultura del Paese in cui ora vi-vono. È questo aspetto che è stato colto positi-vamente da Hosni Bouzo, segretario del Centrodi cultura islamica di Bologna: «In tempi di in-tensificazione delle comunicazioni a livelloplanetario non è più eticamente tollerabile chediffidenze e incomprensioni tra gli uomini sifondino su luoghi comuni, su dicerie o suscampoli di storia mal compresa e strumenta-lizzata. L’approfondimento delle tematicheislamiche, in un contesto di scientificità e seco-lare esperienza didattica non potrà non concre-tizzarsi in un notevole sviluppo delle relazionitra la cultura islamica e quella italiana ed euro-pea. Anche lo studio della lingua araba potràconcorrere all’arricchimento della cultura deigiovani intellettuali che avranno il compito diorientare la società europea nelle sfide dellaconvivenza interculturale che il nuovo millen-nio pone». q

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A scuola di Islamdi PATRIZIA ROMAGNOLI

È nato il Centro interdipartimentale di studi sull’Islam realizzato dall’Università di Bologna con l’obiettivo di approfondire la conoscenza di altre realtà e di un’altra cultura

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I L PO S T O D E L L E F R A G O L E

pero che ogni tanto, ancora, sbocci uncanto sulle labbra dei passanti; un moti-vo appena, una cosa da niente, il ritor-

nello di una canzone dimenticata. È vero: sonopiù per strada i giovani con gli auricolari in-collati agli orecchi, che ascoltano gelosi, comealtri si incollano gelosi agli orecchi le pallinedi cera per ascoltare il silenzio della notte, edormono. Sembra che il canto sia scomparsodalle strade, anche quello sporadico, sfuggitoin un momento raro di contentezza, come unadichiarazione d’amore sussurrata a un angelo.Spero che ci siano, salutarmente, tanti motivisegreti, cantati nascostamente nella propria te-sta, come voce tenuta in gabbia. Ogni tanto, sipuò fare anche una scoperta ina-spettata. Qualche tempo fa, sus-surravo dentro di me un moti-

sità, si teneva un’esposizione musicale inter-nazionale, e c’era Johannes Brahms. Questiera in compagnia dell’amico giornalista Jo-seph Viktor Widmann, che ci ha lasciato mol-te notizie sul musicista. Essi alloggiavano al-l’Albergo dei Quattro Pellegrini, a un passodalle Due Torri, nella via del Mercato di Mez-zo che oggi si chiama via Rizzoli. Nell’atriodi quell’albergo si svolse una scena che quasitutte le biografie di Brahms men-zionano: il giovane musicista ca-puano Giuseppe Martucci, che

avrebbe diretto di lì a qualche giorno l’operaTristano e Isottadi di Richard Wagner al Tea-tro Comunale (fu la prima rappresentazioneitaliana), si inginocchiò davanti a Brahms,barbuto e sorpreso, e gli attestò tutta la suacommossa ammirazione. Ancora Widmannracconta che una notte, sotto a un portico, luie Brahms fecero l’incontro di un mendicantesordomuto che eseguiva col carboncino sul la-strico un ritratto di Cavour (come fanno, ri-producendo le opere artistiche, i “madonnari”odierni).Costui illuminava debolmente la sua operacon una candela, e nell’ombra si intravedeva

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Un incontro sotto al porticodi NICOLA MUSCHITIELLO

SS un piattino per l’obolo. Brahms, che si am-mantava volentieri di asprezza, ed era in realtàun burbero benefico, lasciò cadere una mone-ta là dove vedeva il piatto. Ma questo rese unsuono non di metallo o di terracotta ma di du-ra pietra colpita: non di un piatto vero si trat-tava, ma di un disegno ingannevole. “Brahmsnon trovava parole sufficienti per lodare quel-l’originale idea del povero artista”, riferisce

Widmann. Ebbene, l’ispirazione di quel moti-vo sussurrato dentro di me e lo stato d’animodavvero appropriato, secondo una logica ne-cessità, mi hanno fatto intuire, o meglio senti-re, qual è il punto dove avvenne l’episodio. Ècirca all’angolo con via de’ Musei, là dove co-mincia il cosiddetto Portico della Morte.Ora, come ha ricordato anche Renzo Renziuna volta, Bologna è “città wagneriana”. Nel1871, sempre al Teatro Comunale, ci fu la pri-ma rappresentazione italiana di un’altra operadi Wagner: Lohengrin. L’anno seguente, Wa-gner fu insignito della cittadinanza onoraria.In una lettera, scritta in francese da Venezia,egli si riferisce ai bolognesi chiamandoli ap-punto “mes chers concitoyens de Bologne”. ABologna egli venne almeno tre volte, in segui-to. Al suo nome è ora intitolata una piccola viaverso Casalecchio di Reno: senza nessuna al-lusione o volontà di segnalare una corrispon-denza ideale, credo.Ci saranno mai, a Bologna, dieci metri di “viaJohannes Brahms”?Se non fosse possibile piantarci un po’ di ericadi brughiera, mi augurerei che fosse allietatada una leopardiana ginestra. q

Uno scorcio del “portico della morte”e sotto, il ritratto di Johannes Brahms

vo bellissimo, che apre il primo tempo di unasinfonia, e ho fatto una scoperta importante.Importante, è vero, solo se ci domandiamo do-ve vadano a finire le cose che non abbiamovissuto, dove sono accaduti gli episodi ignora-ti, dove si svolse un’azione che pure vediamocon i nostri occhi di sopravvenuti. Non esisteun Ufficio dei Luoghi Ritrovati, e dunque cer-chiamo di far quel che possiamo. Era sotto al Pavaglione. Ebbene, abbandonan-domi a quel motivo, ho intuito dove fu che nelmaggio del 1888 accadde un fatto curioso ecommovente. Sapete chi c’era allora a Bolo-gna? Cadeva l’ottavo centenario dell’Univer-

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C U L T U R A

l Centro di Documentazione e Promozionedella Cultura Cinematografica e Audiovisiva“Pier Paolo Pasolini” è nato nel 1997 dalla

collaborazione di diversi soggetti: il Circolo Ci-nematografico “John Belushi”, il DopolavoroFerroviario di Bologna - sezione di Porretta Ter-me, i Comuni di Porretta Terme, Castel di Casio,Granaglione e Giacomo Martini che ha messo adisposizione del Centro un consistente patrimo-nio di libri e pubblicazioni di carattere cinemato-grafico: riviste, cataloghi, manifesti, locandine,fotografie, fumetti, video cassette ed altro ancora.E lo stesso Martini continua quotidianamente adincrementare il patrimonio con altro materialeche si allargherà anche ai settori della fotografia,teatro e poesia.Il Centro si avvale della collaborazione volontariadi studenti delle scuole medie superiori di Porret-ta Terme, di studenti universitari e di tutti coloroche dimostrano disponibilità ed interesse.Presso il Centro inoltre è ospitato l’Archivio“Gherardo Gherardi” con tutti i materiali ineren-ti lo studio e la ricerca sull’uomo di teatro nati-vo di Borgo delle Capanne (Granaglione) ed imanoscritti presentati alla 1a edizione del Pre-mio Nazionale di Drammaturgia dedicato allostesso Gherardi che si è svolta nel luglio delloscorso anno. Il Centro, convenzionato con i Comuni di Porret-ta Terme, Castel di Casio e Granaglione, con ilpolo scolastico “M.Montessori”e l’Itis “L.DaVinci” di Porretta Terme e l’Istituto TecnicoCommerciale “Luigi Fantini”di Vergato, ha otte-nuto il patrocinio degli Assessorati alla Culturadella Provincia di Bologna e della Regione Emi-lia-Romagna, e dell’Istituto dei Beni Artistici eCulturali e collabora con la Cineteca Comunale diBologna e la Mostra Internazionale del CinemaLibero.Le finalità del Centro sono quelle di coinvolgerenon solo gli studenti della montagna e dell’altoReno, ma anche la cittadinanza, di allargare l’in-teresse per la cultura in generale e in particolarequella cinematografica ed audiovisiva (nonchéteatrale).A questo proposito ha prodotto per il Consorziodei Castanocultori e il Comune di Granaglione undocumentario sul ciclo produttivo della castagna.

Il Centro intende inoltre continuare il lavoro diprogrammazione cinematografica in collabora-zione con le scuole già praticata con successo dalCircolo “John Belushi”per circa 10 anni e di pro-gettare corsi di formazione e di educazione al lin-guaggio cineaudiovisivo.Si propone inoltre come: luogo di aggregazione edi accesso ai servizi bibliotecari, di archivi audio-visivi, di informagiovani, di conoscenza e studiodei media di massa (cinema, televisione, video-produzione, Internet, fotografia...), come centrodi promozione di corsi a carattere seminariale, incollaborazione con altri enti e con professionistidel settore e di progettazione, di gestione ed orga-nizzazione di rassegne e mostre di Cinema d’Es-sai, gestione e programmazione diretta di spazi eservizi culturali (cinema, teatri, rassegne); produ-zione di cortometraggi, documentari video, scrit-tura critica e creativa di argomento cinematogra-fico, teatrale, drammaturgico e artistico in gene-rale; centro di documentazione e archivio dellacultura mass-mediologica. G. M.

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Una casa per la settima musaA Porretta il Centro di Documentazione e Promozione della Cultura Cinematografica

e Audiovisiva “Pier Paolo Pasolini”, completo di biblioteca, emeroteca evideoteca, sale per mostre e conferenze e di una sala per il montaggio di video, si propone come

un importante luogo della cultura cinematografica per tutta la Valle del Reno

II

IL PATRIMONIO DEL CENTRO

850 cartoline dai, sui festival e dei film1.800 foto di scena, dei festival e dei film950 libri: monografie, enciclopedie, storie1.400 riviste cinematografiche200 videocassette: film, documentari610 fumetti300 riviste di fotografia, cataloghi600 manifesti e locandine750 cataloghi festival

Per informazioni:Centro di Documenta-zione e Promozionedella Cultura Cine-matografica e Audio-visiva “Pier PaoloPasolini” p.zza JeanLouis Protche n. 2,40046 Porretta Terme- tel. 0534/22097 - fax0534/22328 - e-mail:[email protected] - C.P. n 139

Ritratti di Pasolini: dietro lamacchina da presa mentre studia un’inquadratura e conTotò durante la lavorazione de“La terra vista dalla luna” del1966. Le immagini sono tratteda “Pier Paolo Pasolini - biografia per immagini” di Fabio Pierangeli e PatrizioBarbaro, edizioni Gribaudo

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D A L C O N S I G L I O

LÕAGRICOLTURA é IN SALUTE?

Seduta straordinaria del Consiglioprovinciale dedicata alla “Disaminadell’attuale situazione di crisi del settore agricolo e in particolare quello ortofrutticolo”. A sollecitareun approfondimento sui problemi chegravano sul mondo ortofrutticolo, soprattutto per quanto riguarda laproduzione delle drupacee (pesche,nettarine, albicocche) è stato un Comitato composto da imprenditoridell’area imolese.Hanno partecipato alla seduta i rappresentanti delle associazionidei produttori agricoli, l’assessoreregionale all’Agricoltura Guido Tampieri e Giorgio Vitali, presidente della Cia di Bologna(Confederazione Italiana Agricoltori),che ha presentato un documento unitario che riassume le posizionidelle componenti di questo settore

La denuncia delle Organizzazioni agricole

Sono molteplici le problematiche af-frontate dal testo presentato da Vitali:dal negoziato di Seattle ad Agenda2000, dalla legge Finanziaria al ruolodell’Ente locale nel settore agricolo.Secondo le Organizzazioni professio-nali va data piena attuazione al Decre-to legislativo 173/98 su: rinegoziazio-ne dei mutui agrari, riduzione del-l’accisa sul gasolio agricolo,sostegno alle associazioni deiproduttori, accordi di filie-ra. Le Organizzazionipuntano l’attenzione suun più adeguato rap-porto tra produttore econsumatore che“dovrà comporta-re un sistema ditrasparenza nel-la formazione del prezzo finale”. Per quanto riguarda l’attuale crisi delmercato ortofrutticolo, nel documentovengono analizzate le cause: i fattorinegativi come il calo dei consumi, afronte di una buona produzione quan-titativa non solo in Emilia-Romagna,la debolezza del sistema produttivo-

commerciale italiano con l’eccessivaframmentazione dell’offerta e la scar-sa informazione del consumatore.Quest’anno 1 kg di frutta è stato paga-to al produttore 200-330 lire, e vendu-to al consumatore finale a 2500-3000lire, con un costo di produzione perl’agricoltore superiore alle 500 lire alkg. Le Organizzazioni professionalidegli agricoltori propongono: la riqua-lificazione degli impianti produttivi,la valorizzazione e la razionalizzazio-ne dei mercati, accordi di filiera, inter-professione e prezzi trasparenti. Per quanto riguarda il ruolo dell’Entelocale nel campo agricolo, servono“progetti integrati con patti territorialicoinvolgenti diversi settori economicitramite forme di partnernariato pub-blico-privato”. Il documento esprimel’esigenza di sviluppare un nuovo rap-porto con i consumatori, per la cono-scenza e valorizzazione delle produ-zioni tipiche. Agli amministratori si chiedono: losnellimento dei procedimenti ammini-strativi e l’impegno a esercitare uncoordinamento dei soggetti, istituzio-nali e non, deputati al controllo del ri-spetto della normativa sull’ambiente esulla difesa del territorio. Infine, le Organizzazioni agricolepuntano l’attenzione sulla pressionefiscale e chiedono la riduzione ai mi-nimi livelli delle aliquote aggiuntiveIrpef, Irap e Ici e la riduzione o aboli-zione delle imposte locali (passi car-rai, tassa sui rifiuti, ecc.).

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Il ruolo della ProvinciaL’assessore provinciale all’Agricoltu-ra Nerio Scala, ha tracciato una brevepanoramica del comparto agricolo eha ribadito che «è intenzione dellaGiunta caratterizzare l’azione dellaProvincia nel segno tracciato dallaprogrammazione regionale, perse-guendo cinque obiettivi: qualità, com-petitività, ambiente, sviluppo delle zo-ne rurali, lavoro». Ha ricordato, inol-tre, l’istituzione del Tavolo Verde traProvincia, Comunità Montane, orga-nizzazioni professionali, cooperative eCircondario, punto di incontro e diconcertazione dei vari soggetti cheoperano in agricoltura. L’attenzionedell’Amministrazione provinciale èrivolta anche alla “semplificazionedelle procedure e dell’innovazioneamministrativa” per migliorare la qua-lità dei servizi, e all’allargamento del-le attività dello Sportello unico alle at-tività agricole. Scala ha anche analiz-zato la situazione nei diversi settori:zootecnico-caseario, zootecnia da car-ne, bieticolo-saccarifero e frutticolo.Per l’assessore è necessario puntare a«una sempre maggiore qualificazionedel prodotto, governando il processodi ridimensionamento del comparto,fornendo precise indicazioni sulle va-rietà da conservare e quelle per le qua-li l’abbattimento è da favorire». L’of-ferta va concentrata (“in Emilia-Ro-magna 15 organizzazioni di produttorisono troppe”) e i prodotti devono es-

a cura di Serena Maini

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sere valorizzati attraverso i marchiesistenti, «con l’obiettivo ultimo distimolare gli imprenditori a investirein qualità».

Nuove politiche commerciali e produttive

Guido Tampieri, assessore all’Agri-coltura della Regione Emilia-Roma-gna, ha puntato l’attenzione sulle pos-sibilità offerte dal mercato globale esulla crisi di identità di tutta l’agricol-tura europea, perché per la prima vol-ta «ha la percezione di poter essere so-stituibile nella sua funzione primaria,che è quella di produrre beni per l’ali-mentazione». La sola prospettiva perla nostra agricoltura è «ricostruire, inmodo diverso dal passato, le condizio-ni per mettersi in sintonia con le do-mande della società europea». È perònecessario porre l’accento sul ruolodel privato, ovvero “dell’autogover-no” dei produttori, che deve marciareinsieme al ruolo pubblico. Tampieri haproseguito: «Il vero fattore rivoluzio-nario che è intervenuto in questi anniè la personalizzazione dei consumi.Non possiamo affrontare un mercatoche è fatto di personalizzazione deiconsumi con una massificazione del-l’offerta». Nell’organizzazione agri-cola, in particolare dell’ortofrutta, vi èla stessa forma di struttura di 20 annifa, ma ora sono cambiati i competito-ri, la grande distribuzione, la persona-lizzazione. Servono quindi «nuovepolitiche commerciali e nuove politi-che produttive».

Non bastano risposte generiche

Il capogruppo di Forza Italia, AngelaLabanca, ha commentato che «daparte di una certa classe politica nonc’è la consapevolezza di quello che èil mercato, perché i consumatori nonsanno distinguere il prodotto italianoda quello straniero». Sul ruolo dellaProvincia ha affermato che «sicura-mente possiamo incidere su meccani-smi che nascono anche da una cattivaconoscenza o dialogo con alcune pro-blematiche», perché la crisi che hacolpito il settore ortofrutticolo «erastata per molto tempo a più livelli ne-gata e smentita». E ha aggiunto: «Ri-teniamo che non si possano dare solo

risposte generiche ma, soprattutto inambito locale, bisogna cercare di darerisposte concrete». Per Alleanza Na-zionale la crisi del comparto ortofrut-ticolo è derivata dall’inadeguatezzadegli interventi pubblici a sostegnodel settore, dall’assenza di una pro-grammazione di ristrutturazione e svi-luppo, dalla carenza di scelte politichesia nazionali che locali. Il consiglierePietro Paolo Lentini ha illustrato laproposta di An di dar vita a «una Con-ferenza territoriale dove, tra i poteriistituzionali, le forze politiche e le for-ze economiche e sociali, si riescano aindividuare i punti di maggiore inte-resse per un rilancio sul nostro territo-rio di questa economia».

Collaborazione pubblico-privati

Giuliano Poletti (Ds) si è soffermatosulla necessità di trovare una collabo-razione fra pubblico e privati: «Se nonsi trovano le forme e i modi efficaciper collaborare a costruire politiche,percorsi e scelte che trovano la coinci-denza delle posizioni e quindi deglistrumenti da attivare, non andremo danessuna parte».Elpidoforos Nicolarakis (ComunistiItaliani) ha ribadito la necessità di ri-strutturare il settore, caratterizzato daimprese agricole di piccole e mediedimensioni che «di conseguenza sitrovano in difficoltà a confrontarsi conun mercato di tipo mondiale».

Votati tre OdgA conclusione dell’incontro sono statipresentati tre ordini del giorno a fir-ma, rispettivamente, della maggioran-za, del gruppo di Forza Italia e delgruppo di Alleanza Nazionale. Il pri-mo è stato approvato con 17 voti a fa-vore (Prodi, Armaroli, Ds, ComunistiItaliani, Democratici), 2 contrari (An,Fi) e un astenuto (Lega Nord). Gli al-tri due sono stati invece respinti.Il documento approvato, tra l’altro,“invita la Giunta provinciale, in coe-renza con i principi definiti nel Pro-gramma di mandato, a mantenere atti-vo il Tavolo Verde al fine di concorda-re con i rappresentanti dei produttoritutte le iniziative che si riterranno uti-li allo scopo di superare lo stato di dif-ficoltà, per partecipare attivamente al-

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la predisposizione del Piano ortofrut-ticolo nazionale e alla definizione delPiano Operativo Provinciale che dovràdeterminare le priorità operative perl’applicazione delle diverse normativecomunitarie”.

I TEMI DEL DIBATTITO

Pi� attenzione alle fasce deboli

Prendendo spunto da una delibera ap-provata tempo fa da Palazzo Malvez-zi, che stabiliva di erogare un contri-buto economico alla famiglia di un ra-gazzo di Camugnano che si trova incondizioni di non autosufficienza, la1° Commissione consiliare ha presen-tato al Consiglio un ordine del giornonel quale si chiede che “il Parlamentoesamini la possibilità di dare corpo apolitiche di sostegno alle famiglie deimalati non autosufficienti con gravipatologie e in condizioni di disagiosocio-economico”. L’odg dà inoltremandato al Presidente Prodi di farsiinterprete di questa esigenza pressotutte le sedi competenti. La presidente della 1° CommissioneClaudia Rubini (An), nel presentareil documento, ha proposto di inoltraretale richiesta direttamente al ministroBindi, mentre la consiglieraBiancaBruni dei Ds, annunciando il voto fa-vorevole del suo gruppo, ha ricordatol’esistenza di categorie di malati nontutelati dalle leggi nazionali e regiona-li e che non beneficiano di nessun so-stegno da parte delle istituzioni.Marco Mignardi della Lega Nord,anch’esso favorevole al documento,ha giudicato indispensabile che siano isindaci, i più vicini ai cittadini, a do-ver disporre delle risorse utili alle po-litiche sociali. Mentre la capogruppodi Rifondazione Comunista Giusep-pina Tedde ha sostenuto il diritto ditutti, a prescindere dalla situazioneeconomica, a essere aiutati, per evita-re che si creino, come sempre piùspesso accade, discriminazioni o nuo-ve povertà. Di parere diverso Giusep-pe Sabbionidi Fi, per il quale lo Sta-to deve aiutare solo chi ne ha vera-mente bisogno. L’assessore alla sanità

a cura di Laura Pappacena

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Donata Lenzi ha infine espresso ilproprio compiacimento per la presen-tazione dell’odg, proprio nel momen-to in cui il Parlamento sta iniziando ladiscussione sulla riforma dell’assi-stenza. La Lenzi ha giudicato comun-que opportuno che in Commissionevenga posto il problema degli indica-tori di situazione economica, questio-ne che inciderà in maniera rilevantesull’accesso ai servizi a carico degliEnti locali. L’odg è stato approvato al-l’unanimità.

No allÕintolleranzaGli argomenti trattati negli ordini delgiorno approvati dall’Assemblea diPalazzo Malvezzi, segnalano una par-ticolare attenzione dei Consiglieri allepolitiche sociali e ad alcuni episodi dicronaca che, in diverse maniere, atten-tano alla libertà di espressione e al ci-vile confronto delle idee. Solidarietàall’Arcigay e all’Arcilesbica è statachiesta dai gruppi di maggio-ranza e da RifondazioneComunista per un epi-sodio di intolleranza,avvenuto nel mese didicembre, che si è con-cretizzato con l’innal-zamento di un muro al-l’ingresso del Casserodi Porta Saragozza.L’odg chiede che l’ac-caduto non venga con-siderato un semplice at-to di goliardia, interpre-tazione che da parte dialcuni si voleva accre-ditare. Sergio Guidot-ti , capogruppo di Al-leanza Nazionale, an-nunciando il propriovoto favorevole, hatuttavia rammentato aiconsiglieri che un si-mile episodio era av-venuto anche nella se-de della federazionedel suo partito e che inquel caso nessuna vo-ce del Consiglio silevò per condannare ilfatto. Il documento èstato licenziato con19 voti favorevoli(Prodi, Armaroli, Ds,

Verdi, Democratici, Comunisti Italia-ni, Rifondazione Comunista, Fi e An)e 1 astenuto (Lega Nord).Anche il Club di Forza Italia di SassoMarconi ha subito atti vandalici: seivolte nell’arco di un anno. Un ordinedel giorno presentato da Fi e An, e ap-provato all’unanimità, ha condannatola gravità di tali atti e stigmatizzato ilcarattere di violenta intolleranza versola libertà di espressione di tutte le for-ze politiche.E sempre solidarietà è stata espressada tutti i Capigruppo anche al consi-gliere comunale di An Galeazzo Bi-gnami, vittima di minacce telefonicheda parte di alcuni componenti della si-nistra giovanile. Sergio Guidotti hatenuto a sottolineare come la presenta-zione collegiale di questo documentoriconduca la politica al suo vero ruolodi garanzia democratica; la contrappo-sizione delle idee - ha continuato - nonpuò passare infatti attraverso manife-stazioni di violenza, né tantomemo distupidità.

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Un Centro per lo Sport

Il mondo sportivo non vuole disperde-re la propria storia. Così il Coni si èfatto promotore di un’iniziativa peristituire un Centro di documentazioneMetropolitano dello Sport, che na-scerà anche grazie ad un accordo conProvincia e Comune di Bologna. L’as-sessore Marco Macciantelli , illu-strando la delibera ai consiglieri, haspiegato che si tratta di raccogliere ilpatrimonio archivistico e biblioteca-rio, testimonianza di quella culturasportiva che, secondo le statisticheIstat e Censis, pone il nostro territorioal primo posto per quanto riguarda leattività sportive e del tempo libero. IlCentro di documentazione dovrebbetrovare sede nei locali di via Barberiache il Coni mette gratuitamente a di-sposizione, mentre Palazzo Malvezzicontribuirà con 10 milioni di lire alsuo allestimento. Anche il comitatoBologna 2000 sostiene il progetto con50 milioni di lire. La delibera è stataapprovata con 20 voti favorevoli (Pro-

di, Armaroli, Ds, Democratici,Comunisti Italiani, Fi, An) e 2astenuti (Rifondazione Comuni-sta e Lega Nord).

Tanti miliardi per la Valle del Reno

Oltre 161 miliardi, suddivisi traIstituzioni e privati, saranno de-stinati al riequilibrio territorialedegli 11 Comuni della Valle delReno. È stato infatti definitiva-mente approvato il “Programmaspeciale d’area Valle del Reno”con 34 voti favorevoli (Prodi,Armaroli, Ds, Democratici, Ver-di, Comunisti Italiani, GruppoMisto, Rifondazione, Fi, An) e 1astenuto (Lega Nord). Questazona è una delle otto aree indi-viduate dalla Regione Emilia-Romagna per la sperimentazio-ne di una nuova modalità diprogrammazione economico-

“Il muro dell’intolleranza”

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territoriale, che raccorda iniziative econtributi finanziari tra pubblico e pri-vato. Per quanto riguarda in particola-re la Valle del Reno sono tre gli ob-biettivi che si intendono raggiungere:il primo riguarda lo sviluppo turisticodi queste zone, attraverso la riqualifi-cazione dei centri urbani e delle strut-ture sportive e la diversificazione del-l’offerta turistica; sarà valorizzato ilpatrimonio naturalistico e la cono-scenza delle aree protette e storiche,grazie soprattutto all’istituzione del“Museo aperto della montagna bolo-gnese”: cinque percorsi che condur-ranno il turista dalle ferriere di inizio‘900, alla casa natale di Morandi, allachiesa di Alvar Aalto a Riola, attraver-so tre parchi regionali. Il secondo obiettivo prevede la razio-nalizzazione della rete di mobilità; ilterzo il sostegno al settore industrialee artigianale, attraverso un amplia-mento dell’offerta insediativa e deiservizi alle imprese. Il programma do-vrà essere attuato entro il 30 novem-bre del 2000.Soddisfazione per la definitiva appro-vazione del Programma l’ha manife-stata Cesare Calisti (Ds), soprattuttoperché, a suo giudizio, in questo casovi è la certezza dei finanziamenti e deitempi di realizzazione. Ha anche evi-denziato l’opportunità che a questiprogetti venga affiancata una grandeopera di integrazione con i programmidi formazione e di innovazione dellarete delle scuole superiori. Inoltre hainvitato a considerare la possibilità diallargare ad altre realtà questa espe-rienza.«Finalmente qualcosa si è mosso» - haaffermato Mario Pedica di Forza Ita-lia, annunciando il voto favorevole delproprio gruppo - «Speriamo però chevi siano ulteriori finanziamenti, per-ché questa è solo una boccata d’ossi-geno che offriamo alla montagna. Nonbisogna dimenticare - ha continuato ilconsigliere - il problema del dissestoidrogeologico e quello dei problemacinghiali».Anche Manuela Cappelli (Verdi) ri-tiene necessario allargare quest’espe-rienza ad altre aree territoriali, soprat-tutto per quanto riguarda l’erogazionedei servizi alla comunità.Si è astenuto invece il leghista MarcoMignardi che, a suo giudizio, avrebbeinvestito questi soldi in modo diverso,ad esempio per la qualità dell’ambien-te.

Infortuni sul lavoro Si è registrato un aumento degli infor-tuni sul lavoro nel 1999 rispetto al-l’anno precedente? Lo hanno chiesto iconsiglieri Massimo Ghedini e Giu-seppe Sabbioni di Forza Italia in unainterrogazione a cui ha risposto l’as-sessore Donata Lenzi. In base ai dati forniti dal direttore del-la sede locale dell’Inail Antonio DeFilippo - ha spiegato la Lenzi - sonostati 19.840 gli infortuni denunciatiall’Inail di Bologna al 31/12/98, men-tre quelli denunciati al 30/11/99 sono10.319. La previsione dell’Inail è cheal 31/12/99 siano in tutto 21.000. Taledato, ha sottolineato l’assessore, noncomprende i piccoli sinistri di duratainferiore ai 3 giorni, i quali non dannoluogo ad erogazione di indennità daparte dell’Inail e per i quali le aziendenon hanno obbligo di denuncia. In ba-se al sistema di rilevazione dei datidell’Inail Infocenter la percentuale diaumento è pari al 6 %.Il consigliere Giuseppe Sabbioni(Fi), prendendo atto della risposta, si èriservato di riprendere l’argomentoquando saranno confermati i dati defi-nitivi dell’intero anno.

Bologna multimedialeFare di Bologna una e-valley? Per oraè solo un’ipotesi sulla quale da piùparti si discute. Qualcosa di più con-creto però è già stato attuato, anche sein maniera più modesta. Lo ha spiega-to l’assessore alla promozione econo-mica di Palazzo MalvezziNerio Ben-tivogli , rispondendo ad una interroga-zione presentata dai consiglieriSabbioni e Ghedini di Forza Italia,nella quale si chiedeva di poter avereil parere della Giunta circa l’ipotesi diinsediamento di distretti multimedialinel Comune di Bologna.L’assessore ha ricordato che di polomultimediale di Bologna si parlò giànell’ambito della legge 266 del ‘97.Questa legge prevede infatti l’attua-zione di interventi imprenditoriali, in-dirizzati a diversi settori produttivi, inaree di degrado urbano. Il Comune diBologna individuò a suo tempo trearee sulle quali progettare interventi,destinando parte di esse all’imprendi-toria legata alla multimedialità. Learee individuate furono il Pilastro, lazona annonaria mercantile Cam e la

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zona industriale delle Roveri. Fu in-detto un bando e pervennero al Comu-ne 75 domande di possibili neo-im-prenditori, domande che, a quanto ri-sulta, sono tuttora in corso diistruttoria, ha affermato l’assessoreBentivogli. Il consigliere MassimoGhedini (Fi), prendendo atto della ri-sposta, ha chiesto alla Giunta di Palaz-zo Malvezzi di indirizzare la forma-zione professionale in particolare mo-do verso questo settore, tenendo contoche il mercato multimediale viene sti-mato in grandissima crescita. Ha solle-citato anche un ruolo attivo nelle poli-tiche di promozione economica delterritorio, attraverso una funzione dicoordinamento tra le diverse Ammini-strazioni e i privati.

Il Consiglio in cifreDal 13 luglio 1999, data dell’insedia-mento del nuovo Consiglio, al 22 di-cembre dello stesso anno, ultima se-duta prima delle ferie natalizie, sonostate approvate 90 delibere, trattati 24ordini del giorno e discusse 141 tra in-terpellanze e interrogazioni; le mozio-ni presentate sono state in tutto 4.Si sono svolte anche 107 commissioniconsiliari, 17 Conferenze dei capi-gruppo e 6 Conferenze Metropolitane.La graduatoria dei consiglieri con piùpresenze alle sedute del Consiglio, ve-de al primo posto ex-aequo, con il100% numerosi consiglieri: ValerioArmaroli, presidente del Consiglio,Bianca Bruni del gruppo Ds, ManuelaCappelli capogruppo dei Verdi, An-drea D’Alessandro di Fi, SimoneGamberini dei Ds, Sergio Guidotti ca-pogruppo di Alleanza Nazionale, Mar-co Mignardi capogruppo della LegaNord, Sonia Parisi dei Ds, AlessandroRicci Ds, Bruno Sabbi, allora capo-gruppo dei Comunisti Italiani ora pas-sato al Comune di Bologna, GiuseppeSabbioni di Fi, Osvaldo Santi (ex Co-munisti Italiani ora Gruppo Misto),Giuseppina Tedde capogruppo diRifondazione Comunista e Vania Za-notti dei Ds.

Adozioni a distanzaUn invito alla Giunta provinciale difarsi parte attiva in iniziative che fa-voriscano un’idonea sensibilizzazionedella comunità - ed in particolare dei

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singoli Comuni della provincia - sulleadozioni a distanza è stato avanzato daGiuseppe Vicinelli e Giuseppe Sab-bioni di Fi in un documento, poi vota-to all’unanimità. Le adozioni a distan-za - ha spiegato Sabbioni - sono un at-to di concreta solidarietà. È per questoche occorre una sensibilizzazione an-cora maggiore e la Provincia può dareun contributo in tal senso.Il consigliere Cesare Calisti dei Ds harivolto un invito alla Presidenza di im-pegnarsi all’interno dell’Upi nazionale,coinvolgendo eventualmente anchel’Anci, perché questa esperienza possaessere estesa all’intera realtà nazionale.Il consigliere Matteo Festi, dei De-mocratici, ha sottolineato come sia in-dispensabile sensibilizzare le comu-nità su questo tema, con particolare at-tenzione al mondo dell’infanzia. Leadozioni - ha continuato - possono tral’altro essere fatte anche da Enti col-lettivi, e non solo da singoli cittadini;il Consiglio provinciale potrebbequindi attivarsi in tal senso. D’accordocon la proposta di Festi la capogruppo

dei Verdi Manuela Cappelli, che hainvitato la Provincia ad assumere an-che qualche iniziativa all’interno dellaBanca Etica.«Attenzione a non mettersi a posto lacoscienza donando poche migliaia dilire» avverte Marco Mignardi dellaLega Nord che, sebbene non sia pre-giudizialmente contrario a questo tipodi iniziative, preferisce adottare mo-delli di vita, piuttosto che bambini,evitando, tra l’altro, lo spreco di quel-le risorse che potrebbero essere desti-nate ad altro fine. Sostanzialmente dello stesso avviso ilcapogruppo di An Sergio Guidotti,che intravede nell’adozione a distanzasoprattutto una gratificazione per co-loro che adottano e per le associazioniche ne curano l’organizzazione. Gui-dotti ha chiesto quindi che la Provin-cia, oltre a contribuire economica-mente, svolga un’azione di controllo eche si faccia capofila di un interventopubblico per la certificazione della re-golarità delle associazioni che raccol-gono denaro per fini umanitari.

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Elpidoforos Nikolarakis, capogrup-po dei Comunisti Italiani, dichiarandoil proprio voto favorevole, ha ricorda-to come sia necessario agire soprattut-to direttamente sui paesi poveri, aiu-tandoli a trovare la via ad un propriosviluppo interno che consenta di con-tenere all’origine questa necessità.

Passaggi di consegneFabrizio Davoli ha rassegnato le dim-missioni dalla carica di capogruppo diForza Italia. È stato sostituito dallaconsigliera Angela Labanca.Passaggio di consegne anche tra i De-mocratici di Sinistra: Salvatore Ca-ronna, a seguito della sua elezione asegretario della Federazione di Bolo-gna, ha passato la carica di capogrup-po al consigliere Alessandro Ricci,che verrà affiancato in qualità di vicedai consiglieri Gigliola Poli e MarcoMonesi. Il consigliere Osvaldo Santiha lasciato i Comunisti Italiani ed è en-trato a far parte del Gruppo Misto.Santi aveva chiesto di poter fondare laSinistra Democratica Unitaria (Sdu),ma la sua richiesta non ha potuto esse-re accolta, in quanto il Regolamentodella Provincia non prevede la costitu-zione di gruppi che non siano presentiin altre assemblee elettive. Passaggiodi consegne anche per Vania Zanotti,consigliere dei Democratici di Sini-stra, sostituita da Gaetano Mattioli lacui elezione è stata convalidata dalConsiglio del 15 febbraio scorso. Lasostituzione segue l’accoglimento daparte del Tar del ricorso presentato daMattioli che contestava il computo deivoti seguito alla consultazione eletto-rale che si è svolta il 13 giugno del-l’anno scorso. Gaetano Mattioli, è na-to a Bologna il 24 giugno del 1949.Laureato in pedagogia ha maturato unaricca esperienza nel settore scolastico.Dal 1970, a tutt’oggi, è dipendente delComune di Bologna con incarichi chevanno dal coordinamento pedagogicoper la scuola dell’infanzia(1974-1976) alla responsabi-lità, dal 1985, dei servizi edu-cativi del quartiere S. Vitaleche accoglie dieci scuole del-l’infanzia, otto asili nido eservizi legati all’attuazionedel diritto allo studio. Dal 1985 al 1995 è stato as-sessore al personale del Co-mune di Medicina. q

“Un grande aiuto per un piccolo bambino”

Il consigliere dei DSStefano Mattioli

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A M B I E N T E

a giornata del 26 febbraio sul tema dellaraccolta, del recupero e del riciclo pro-mossa dal Ministero dell’Ambiente in col-

laborazione con l’Unione delle Provincie Italia-ne è stata l’occasione per fare il punto a tre annidall’entrata in vigore del Decreto Ronchi. Unafotografia dell’Italia del riciclo, in cui soggettipubblici e privati, dalla Valle D’Aosta alla Sici-lia, hanno presentato i risultati raggiunti, i nuoviobiettivi, le idee e le proposte da attuare, ma an-che i problemi e le difficoltà ancora da risolvere.Una settimana di iniziative importanti ha prece-duto e introdotto la giornata del 26 febbraio: il 22per la prima volta si sono riuniti in contempora-nea tutti i Consigli Provinciali d’Italia, il 22/23 aRoma si svolta una Conferenza Internazionalesul tema, mentre il 25 è stato un giorno dedicatoalle scuole. Ne abbiamo parlato con Forte Clo,assessore provinciale all’ambiente e vicepresi-dente dell’Upi. «La giornata del 26 ha rappre-sentato un momento di verifica importante, perillustrare e riflettere sui risultati finora raggiunti.Ma è anche l’occasione per vedere se il paese èpronto per le tappe successive richieste dal De-creto, che fin dall’inizio ho valutato come un ge-sto di grande forza politica e di sensibilità. Maancor più significativa credo sia stata la giornatadel 22 febbraio. Per la prima volta i 100 Consigli delle Provinciesi sono riuniti in seduta straordinaria e contem-poranea, insieme alle forze economiche e socia-li e ai Comuni, per fare il punto sull’applicazio-ne del decreto. Il ministro Ronchi è stato quelloche in un’ epoca in cui è avvenuto il maggior at-tacco all’istituzione delle Provincia, ha credutoinvece che fosse l’ente più efficace per la gestio-ne del problema rifiuti. A tre anni dall’emana-zione del decreto abbiamo raggiunto risultati im-portanti, ma i problemi, le contraddizioni e le co-se da fare sono ancora tante. Comuni e Provincie hanno grosse difficoltà aspendere soldi per il problema rifiuti sia in ter-

mini fiscali e di incenti-vi alla produzione chedi investimento. Stiamolavorando perché i Co-muni rendano più evi-dente la loro spesa perla raccolta differenziatacon un bilancio comu-nale collegato a quelloannuale. Se la raccoltadifferenziata, anchedell’organico, fosseestesa a tutti i Comuni,si raggiungerebbe im-mediatamente un 20%sul totale dei rifiuti rac-colti, questo significaperò investire anchenella creazione di nuo-vi impianti. Ma è anco-ra molto diffusa la convinzione che queste strut-ture che trattano lo smaltimento dei rifiuti sianodannose per il territorio, comportando di conse-guenza notevoli problemi sul mercato del siste-ma immobiliare. Occorre anche una maggioreautonomia degli ambiti come garanzia contro ilturismo dei rifiuti, che nel passaggio alla fasedello smaltimento si sa da dove partono ma nondove vanno a finire, favorendo la criminalità or-ganizzata. Per monitorare la situazione in pro-vincia, si stanno ultimando i lavori che porteran-no alla creazione di un Osservatorio Provincialedei Rifiuti». Ma qual è il bilancio per la Provincia? I risultatistanno arrivando, lo scorso anno si è infatti con-seguito e superato il primo stadio previsto dalDecreto Ronchi sulla Raccolta Differenziata,raggiungendo il 15% sul totale dei rifiuti raccol-ti, percentuale che entro il 2003 dovrà arrivare al35%. Un traguardo importante, ma non scontato.«Non credo ai Comuni “ricicloni”, - osserval’assessore Clo - credo nella costruzione lenta etranquilla di un processo, cercando di tenere in-sieme tutti gli aspetti della filiera, dal modo diprodurre e consumare all’educazione ambienta-

le. Per esempio è in corso un con-traddittorio sull’entrata in funzio-ne della discarica Galliera, che ser-

LÕItalia che ricicladi VERONICA BRIZZI

Raccolta differenziata è la parola chiave per la soluzione del problema rifiuti.Il Decreto Ronchi del 1997, che disciplina la materia, recepisce la normativa europea più avanzata.

Principio base è quello di privilegiare l’attività di recupero e riutilizzo

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ve nella fase di ristrutturazione dell’impianto delFrullo. Sebbene il decreto vada contro questa di-rezione, in questa fase intermedia non c’è altrastrada possibile, anche perché ci sarà sempre unaquota di rifiuti non trattabili in altro modo». LaProvincia però arriva alla giornata del 26 feb-braio con un dato in controtendenza: un incre-mento nella produzione di rifiuti di circa un3,8% rispetto al 1998. Questo significa che qualcosa tocca il trasferi-mento della norma legislativa sul piano dell’effi-cacia concreta, riportandoci all’antico problemalegato alla logica del produrre e consumare. «Laquestione ambientale non è un fatto di settore,osserva Forte Clo, ma essa contiene una trasver-salità strutturale. Non basta legiferare, occorreper il futuro che gli aspetti culturali, politici edeconomici si intreccino. Certo occorre lavorarecon la gente, puntando sulla costruzione di nuo-vi meccanismi di sensibilità, ma comunicazio-ne, produzione e consumo fanno tutti capo allapolitica. Penso che l’ottica del Decreto Ronchisia quella giusta, ed ora che ne abbiamo recepitole basi bisogna fare il passo successivo: puntaresulla riduzione e sul riciclo significa anche inter-venire sui processi economici e di produzionemodificando il meccanismo di costruzione delladomanda». q

Per analizzare i motivi e i comportamenti di chi Òfa la differenzaÓ e chi no,il Centro Demoscopico Metropolitano (Medec) � stato incaricato di svol-gere unÕindagine telefonica presso un campione di 1000 famiglie resi-denti ad Anzola, Argelato, Calderara, Castel Maggiore, Crevalcore, Sa-la, San Giovanni e SantÕAgata.Sono questi, infatti, i comuni in cui lÕAssessorato Ambiente provinciale incollaborazione con il Centro Agricoltura Ambiente di Crevalcore ha atti-vato il progetto sperimentale di raccolta differenziata dei rifiuti organici,ÒUna soluzione chiave per i rifiutiÓ, cos� denominato dallo slogan pre-scelto per la campagna informativa, articolatasi in varie modalit�: affis-sione di manifesti e locandine, riunioni pubbliche, spot televisivi, incontripresso le scuole elementari e medie con distribuzione di materiale (fu-metti e magliette) realizzato appositamente per sensibilizzare i bambinial richiamo di ÒIo faccio la differenza, e tu?Ó.Il questionario � suddiviso in varie parti che intendono identificare la ti-pologia sociodemografica delle famiglie che hanno aderito o meno allÕi-niziativa, lÕindice di gradimento e di efficacia del servizio cos� come lachiarezza dellÕazione divulgativa. R.M.

IO FACCIO LA DIFFERENZA, E TU?

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i chiama Marsili, è sommerso dalleacque ed è il più grande vulcanod’Europa. Si trova nel Tirreno

meridionale tra la Sicilia e la Campania,relativamente vicino alle isole Eolie. Le suedimensioni sono impressionanti: è lungo 70 km,largo 40 e si eleva dalla piana abissale perquasi 3000 metri fino ad arrivare a circa 500metri sotto la superficie del mare.Fu Raimondo Selli, insigne docente di geologiadell’Università di Bologna nonché fondatore,nel 1968, dell’Istituto di Geologia Marina (Igm)del Cnr, a battezzare col nome di LuigiFerdinando Marsili, scienziato bolognese delsettecento, questo colosso vulcanicosottomarino. Ed è stato proprio l’Istituto da luifondato che ne ha disegnato con precisione lecaratteristiche morfologiche e batimetriche,condizione preliminare per approfondirne lostudio e la dinamica vulcanica. La campagna di mappatura, ora conclusa, nonha interessato solo il vulcano Marsili, ma tuttala vasta area del mar Tirreno centrale emeridionale, quel bacino di mare che bagna lecoste sarde, siciliane, calabresi, campane,laziali e toscane. Ne sono uscite immaginitridimensionali, costruite al computer, digrande interesse scientifico, nonché diparticolare bellezza estetica. L’area sommersaappare percorsa da canyons lunghi centinaia dichilometri, alcuni tortuosi con numerosimeandri, altri prevalentemente rettilinei. Lapiana abissale è disegnata da grandi e piccolevallate al cui fianco si ergono rilievi imponentidalle forme più strane. Strutture montuosesommerse, spesso di origine vulcanica, come ilgigantesco Marsili. Non molto distante siestende, per circa 50 chilometri, il complessosottomarino del Palinuro, una rilievo vulcanicoil cui picco più elevato raggiunge unaprofondità di soli 80 metri. La sua partesuperiore, prevalentemente piatta fa presumereche durante l’ultimo periodo glaciale fosseemerso e costituisse un’isola.Dalla mappatura appaiono con evidenza altrivulcani sottomarini. Tra questi il Vavilov, iLametini e l’Alcione. Il primo è il più grande dei

tre, è di dimensioni minori del Marsili, eraggiunge una profondità di 800 metri sotto illivello del mare. Da alcune caratteristichegeologiche, gli viene assegnata l’età più anticatra i vulcani di quell’area.Questa dettagliata carta dei fondali è stataricavata attraverso 36000 chilometri di rilievirealizzati utilizzando una apparecchiatura detta‘multibeam’ (multifascio), collocata sulla navedi ricerca, che in pratica irradia un ventaglio dionde acustiche verso i fondali registrando edelaborando le onde riflesse.La preziosa mappatura dei fondali tirreniciottenuta dal gruppo di ricerca dell’Igmbolognese guidato dal geologo marino MichaelMarani è considerata più un punto di partenzache di arrivo. I risultati delle due campagne diricerca effettuate nel ‘96 e nel ‘99, spieganoMarani ed un suo collega ricercatore, FabianoGamberi, permettono di osservare dettaglibatimetrici particolarmente importanti per

impostare future campionature di materiale eper ulteriori studi. La conoscenza della geologia di queste aree,concludono, è di particolare importanza percapire la complessità e l’evoluzione geologicadi questo bacino che interessa direttamentebuona parte d’Italia.

Profilo dell’istitutoL’Istituto per la Geologia Marina (Igm) diBologna del Cnr attualmente ha un organico di44 persone, più una ventina di collaboratoripermanenti e circa 50-70 frequentatori traborsisti, dottorandi e laureandi. L’Igm svolge la sua attività di ricerca in campogeologico ed oceanografico con moltepliciprogetti che riguardano sia il Mediterraneo (con particolare riguardo per i mari italiani) siaaree extramediterranee come l’Antartide,l’Oceano Atlantico, il Mar Rosso e l’OceanoIndiano.

Bologna illumina il mondo sommersodi STEFANO GRUPPUSO

Elaborata dall’Istituto di Geologia Marina del Cnr una dettagliata mappatura dei fondali del Mar Tirreno

R I C E R C A

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Un rilevamento, effettuato dai ricercatoridell‘IGM, del vulcanosottomarino Marsili chesi trova a circa 80 km.dalle Isole Eolie

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PO R T I C I R A C C O N T A

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Foto di Filippo d’Ajutolo

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PO R T I C I R A C C O N T A

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a città, finalmente.Con la scusa degli studi universitari, era riuscito a farcela.Basta con le serate sgonfie di nulla al bar della piazzetta, bastacon le stesse facce d’ogni giorno, e le pietre del selciato

conosciute una per una e attento a non pestarne le giunture, e lapianura senz’orizzonte, e il dove vai con chi vai perché ci vaidi tutte le volte che usciva dalla casa-costata-tanti-sacrifici...Finalmente, la città.Cara, certo, carissima. E non nel senso affettivo, almeno non ancora.La stanzetta da dividere con due - simpatici? boh - sconosciuti,quattrocentocinquanta carte al mese per una branda, ma pazienza, se il padre non smetteva di brontolare, avrebbe contribuito d’estatecon qualche lavoro stagionale, o magari pure d’inverno“affittandosi” come prestatore d’opera a ore in supermercatibisognosi di qualcuno che mettesse gli yogurt nei ripiani appositi...C’era anche la cantina. Non che avesse bisogno di sistemarci niente,e del resto, la trovò già intasata di cianfrusaglie polverose, mobilidivorati dai tarli e ferraglia arrugginita. Appesa a un gancio,una bicicletta: vecchia, nera, pesante.Poteva fargli comodo, per andare in facoltà.C’era anche una pompa, e scoprì che le gomme reggevano ancora la pressione. Decise di fare un giro, giusto per prendere confidenza

di PINO CACUCCI

Fotografie diMASSIMO SCIACCA

Non si pu� andarein biciclettafino al mare

Non si pu� andarein biciclettafino al mare

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con il centro della città, che avrebbevisto con occhi irripetibili, quelli dellaprima volta a naso in su e senzacoperchi di lamiera sulla testa. Ebbeuna scarica di ottimismo tale che sichiese se, in primavera, potessearrivarci fino al mare, in bicicletta.Sarebbe stata una bella mattata.Cose che si pensano in momenti diirresponsabile entusiasmo. Non duròmolto, quella sensazione di quasi-felicità. Le auto lo ignoravano, e in certi

casi lo puntavano come un intruso da mettere in fuga, dovevacontinuamente scartare musi minacciosi e più d’una volta fu sulpunto di strisciare contro un muro per evitare la stretta di qualchealienato in preda a una fretta spasmodica. E l’aria, poi... In capo amezz’ora, sentiva i bronchi infiammati e i polmoni che sfiatavano avuoto, come mantici scollati.Anche la bicicletta, faceva del suo peggio. Sembrava volerseneandare dove pareva a lei, il manubrio non girava al momento giustooppure lo faceva quando lui immaginava di tirare dritto. Neanchefosse stregata, pensò ridendo di quel pensiero. E davanti a PortaLame, si inchiodò di colpo, senza che avesse toccato i freni.Si sentì ridicolo: a parte le gambe e il fiato, se si rischiava la pellegirando in centro, figuriamoci sull’Emilia, concluse scendendorassegnato. No, non si può andare in bicicletta fino al mare.Si guardò intorno. Vide i due ragazzi di bronzo, lei e lui con lecartucciere a tracolla, e la posa strana, un po’ trionfale, e un po’stanca. Forse, soprattutto stanca. Poi, notò dei graffi sulla canna. Sembravano parole e numeri incisi,ormai illeggibili per la vernice scrostata e la ruggine. Una data e un

nome. Due nomi. Di ragazza e di ragazzo, fatti con lapunta di un temperino più di mezzo secolo prima. Ci passò sopra il dito, e sentì un brivido che dalpolpastrello si diffondeva al braccio e poi a tutto il corpo.E invece si può andare in bicicletta fino al mare.Io ci sono andato quel giorno a trovare la Ginetta, che miaspettava sulla spiaggia della Bassona. Tre ore dipedalate fitte fitte con la lingua ciondoloni. Ma Dio mio,se ne valeva la pena.Mi dispiace che nelle fotografie siamo tutti seri e benpettinati, lo sguardo fisso e il colletto inamidato, o magariin posa tra le montagne con il fucile e le granate...A me piacerebbe essere ricordato in una fotografia presaquel giorno sulla spiaggia della Bassona, a rotolarci io e

la Ginetta ridendo come matti, a correre sul bagnasciuga, a baciarcisotto il sole... Qualche giorno dopo eravamo a Porta Lame.Ginetta m’è morta tra le braccia. L’ultimo bacio è stato un vomito disangue e schiuma, l’avevano presa in un polmone. Un paio d’oredopo è toccata a me.E non lo so, che m’importa, dove m’ha beccato la palla crucca.Tornò a piedi, con la bicicletta che cigolava e strideva quasi fosse unronzino cocciuto. Gli occhi arrossati, tossendo e imprecando controil traffico, rimise la vecchia bicicletta sul gancio in cantina.Pensò: in questa città non c’è più posto per le biciclette. In questacittà c’è da morirci, a usare la bicicletta. Quello che non pensò, è che in questa città non c’è più posto neppureper la memoria. Chissà, forse se la sono ingoiata le macchine, chedivorano il tempo facendoci credere che non ce n’è mai abbastanza.

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C E L E B R A Z I O N I

ell’ambito delle manifestazioni di Bo-logna 2000, città della cultura euro-pea, il Comune di San Giovanni in

Persiceto coglie l’occasione per celebrare, inconcomitanza con il periodo di Carnevale, i450 anni dalla nascita del suo illustre cittadinoGiulio Cesare Croce (San Giovanni in Persice-to 1550 - Bologna 1609). Cantastorie di piazza,scrittore di innumerevoli componimenti burle-schi (si conservano ad oggi diverse centinaia diopuscoli) ma noto al più vasto pubblico comeautore dell’opera che ha per protagonista il roz-zo ma arguto contadino Bertoldo.Il Carnevale persicetano e il quattrocentocin-quantesimo del Croce costituiscono quest’annoil perno attorno al quale ruoteranno diversieventi culturali (fortemente voluti dal com-pianto Sindaco Giorgio Nicoli e alla sua me-moria dedicati) ispirati alla cultura popolare ecarnevalesca, ai suoi autori, al suo spirito e alsuo manifestarsi nell’arte.Del resto Croce, il Bertoldo e il carnevale sonostrettamente intrecciati, non solo perché il vil-lano uscito dalla mente del nostro autore è lamaschera per eccellenza, il Re del Carnevalepersicetano, ma anche perché Bertoldo incarna,come giullare e buffone, l’idea stessa di carne-vale. Ci troviamo di fronte a un contadino po-vero, legato alla fisicità e ai piaceri della vita,ma che possiede una straordinaria ricchezza:l’intelligenza naturale e spontanea, l’arguziadella parola. E proprio attraverso la parola-bur-la egli ha licenza, in quanto maschera del mo-mento carnevalesco, di trasgredire, di andareoltre le norme costituite. Bertoldo eredita infat-

ti dal suo antenato letterario medioevale, Mar-colfo, una malizia arguta che in Croce però siattenua, e non risulta mai completamente irri-verente, fermandosi là dove intuisce non è con-sentito inoltrarsi.Per rendere onore a questa cultura popolare, ein particolare all’autore persicetano del Bertol-do, quest’anno varie manifestazioni si affian-cheranno allo storico evento della sfilata deicarri (che a Persiceto è caratterizzata dal famo-so “spillo”, momento spettacolare in cui i carrisi trasformano rivelando il loro significato). Si comincia con due mostre dedicate al Carne-vale, una dal titolo Carnevale persicetano1970-2000: trent’anni al primo posto, cheespone bozzetti e foto dei carri vincitori degliultimi trent’anni di corsi mascherati, l’altra “Ilcarnevale nel mondo: cartoline, annulli, fran-cobolli dal 1869 al 1999”che propone docu-menti di ogni genere legati però al tema delCarnevale in Italia e all’estero. Si prosegue con l’allestimento e la messa inscena di due opere di Adriano Banchieri (fa-moso musicista barocco nonché autore del

“Cacasenno”). Messa concertata sopra l’ariadel Granduca. All’insegna dell’arte culinariadei tempi del Croce, verranno invece organiz-zati corsi di gastronomia e cene preparate dairistoratori persicetani a base di tortelli, arrosti,zuppe e pancotti ispirate a vere e proprie ricet-te d’epoca. Infine, Persiceto ospiterà un convegno lettera-rio internazionale presentato da Ezio Raimondie Giorgio Celli, dal titolo La festa del mondorovesciato: Croce e la letteratura carnevalescain Europa. Con questi momenti di convivialità, di festositàma anche di riflessione, di approfondimento ditematiche tipiche delle nostre terre, l’Ammini-strazione comunale vuole ricordare e celebrarele origini storiche e culturali della comunitàpersicetana, che piace pensare affondino anchenel riso malizioso ma bonario di Bertoldo.q

Per eventuali ed ulteriori informazioni relativealle varie iniziative si può contattare l’UfficioCultura del Comune di San Giovanni in Persi-ceto al n.telefonico 0516812871.

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Il pap� di Bertoldodi LORENZA GOVONI

San Giovanni in Persiceto festeggia duranteil suo carnevale i 450 anni della nascita di Giulio Cesare Croce,l’autore della celebre maschera persicetana

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Il ritratto di Giulio Cesare Croce, l’inventore della maschera di “Bertoldo”

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più di cinque anni di distanza dal-l’uscita di “Vite brevi di idioti”, Er-manno Cavazzoni si ripresenta al

pubblico letterario con un nuovo romanzo,segnato da una certa continuità stilisticacon le sue opere precedenti, ma anche da al-cune novità importanti, specie sul piano del-la struttura. Stiamo parlando di “Cirenai-ca” (Einaudi, pagg. 211, lire 24.000), lungoviaggio circolare - e potenzialmente infinito- nel degrado delle persone e delle loro esi-stenze, intrapreso da un io narrante di cuinon si sa nulla di preciso, se non il fatto cheha raccontato la propria storia in un mano-scritto ritrovato dall’autore alla stazione diMilano (e anche questa, ovviamente, è unafinzione). Il riferimento al degrado, però,non deve far pensare a un romanzo “socia-le”, per lo meno non nel senso tradizionaledel termine. Cavazzoni, infatti, se da un latoè un maestro riconosciuto nell’inventare esostenere situazioni surreali (e dunque, perdefinizione, lontanissimo dall’averetentazioni neorealistiche), dall’altrolato tende a connotare i propri stralu-nati personaggi attraverso comporta-menti credibili, anche se li inserisce incontesti decisamente assurdi. All’in-terno di questo contrasto (che forseper Cavazzoni - non a caso così ama-to da Federico Fellini - non è nemme-no tale) si sviluppano varie storie col-legate e sovrapposte, tutte ambientatein una città chiamata “bassomondo”,luogo di transito a cui si giunge senzasaperne la ragione, da dove, poi, è dif-ficilissimo riuscire ad andarsene. Atratti si ha l’idea che il “bassomondo”sia una sorta di purgatorio, da cui spia-re (e invidiare) coloro i quali vivono unapresunta felicità sulla cima di un’irrag-giungibile e paradisiaca collina, costret-ti, però, anche a subire angherie di variotipo da parte di individui che sembranorientrare in una dimensione più inferna-le. Ciò che comunque pare prevalere è latendenza degli abitanti a truffare il pros-simo, scegliendo di farlo in modo nonviolento (esilarante, ad esempio, è l’acco-glienza dei viaggiatori da parte di falsi pa-renti, interessati soltanto a sottrarre le loro

valigie) così come desidera l’autore, affasci-nato dalla teatralità e creatività di determi-nati raggiri. In un’atmosfera segnata dal-l’assenza di ricordi sulle vite precedenti deiprotagonisti, finisce con il trionfare il mo-dello della sospensione, che nel libro, forse,è anche una metafora di un periodo storicocome quello attuale, caratterizzato da unaforte assenza di memoria e dall’attesa diqualcosa che non si riesce a sostanziare. Inrealtà, nel clima sospeso creato dal roman-zo, qualcosa si muove, ma ogni gesto sem-bra trovare la propria giustificazione in sestesso, in un meccanismo fatto di rincorsetra eventi che si ripetono, come la visione di“Cirenaica”, titolo dell’unico film proietta-to nella sola sala cinematografica del “bas-somondo”, o come lo splendido gioco dispecchi - quasi un omaggio al teatro dell’as-surdo - attuato tra due gruppi di personaggibloccati da giorni in attesa dell’apertura diun ufficio pubblico, gruppi che continuano a

restare al proprio posto solo perché, sbir-ciandosi reciprocamente attraverso le fessu-re di una porta, pensano entrambi di trovar-si di fronte agli impiegati in procinto di apri-

re gli sportelli. Tutte situazioni emblemati-che del modo di fare letteratura di Cavazzo-ni, inserite in maniera mai casuale (al di làdelle apparenze) in un romanzo pieno di sti-moli.

Novità ed anticipazioni

Tra le novità di questo periodo c’è da regi-strare l’esordio letterario di una giovane au-trice bolognese, già nota al pubblico comemusicista, cantante e autrice di testi percanzoni (nel 1995, in questo settore, vinse ilPremio Città di Recanati), Si tratta di Gra-zia Verasani, della quale l’editore ravenna-te Fernandel - sempre più attento ai nuovitalenti - pubblica il romanzo “L’amore è unbar sempre aperto” (pagg. 124, lire 20.000),un lavoro interessante e forse autobiografi-co (almeno per quanto riguarda l’ambienta-zione di tipo giovanilistico). Restando in te-ma di musicisti con il “vizio” della lettera-tura, va ricordata la recentissima uscita delsecondo libro di Emidio Clementi - cantan-te del gruppo “Massimo Volume” - che se-gue la raccolta di racconti “Gara di resi-stenza”. Questa volta Clementi si è misura-to con la struttura del romanzo breve,proponendoci “Il tempo di prima” (edizio-ni Derive/Approdi, pagg. 154, lire 18.000),un testo incentrato sulla fuga dal propriopassato messa in atto da un giovane, chepoi scoprirà la difficoltà, non solo sua, diricostruirsi un’esistenza. Un viaggio inte-riore (ma non solo) è anche quello affron-tato dal protagonista del romanzo di Bru-no Brunini “Il viaggio capovolto” (edi-zioni “Lettere Italiane”, pagg. 144, lire18.000). In questo libro Brunini, napole-tano di origine e bolognese d’adozione, cioffre un originale affresco del capoluogocampano, fatto di sovrapposizioni di epo-che, voci, scorci di città, pensieri ed emo-zioni. Da ricordare, infine, l’uscita di unlibro dedicato a un grande autore emilia-no scomparso giovanissimo, Pier Vittorio

Tondelli, la cui narrativa viene studiata esviscerata da Elena Buia nel saggio “Versocasa” (edizioni Fernandel, pagg. 125, lire20.000).

La memoria sospesadi STEFANO TASSINARI

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B O L O G N A I N L E T T E R E

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a Bologna all’Istituto d’Arte, diplomandosi poiall’Accademia di Belle Arti, sotto la guida di illu-stri maestri, come Virgilio Guidi per la pittura eGiorgio Morandi per l’incisione. Dal 1985 al1989 è nominato direttore dell’Accademia stessa,dove è rimasto come titolare della cattedra di pit-tura fino al momento del pensionamento. M. D.

Interventi per le alluvioni di fine anno

Via libera agli interventi per mettere in sicurezzai territori colpiti dagli eventi atmosferici e dallemareggiate che tra il novembre e il dicembre1999 hanno interessato le province di Rimini,Forlì-Cesena, Ravenna, Ferrara e Bologna. Cin-quanta azioni per le quali la Regione metterà a di-sposizione 14,5 miliardi che andranno ad aggiun-gersi ai 2,3 miliardi che saranno stanziati dagliEnti locali. In particolare nel bolognese si risolve-ranno i problemi del ponte sulla ferrovia Bolo-gna-Milano ad Anzola, verrà rinforzato l’arginedel torrente Samoggia a San Giovanni in Persice-to, mentre ad Imola si condurrà in porto un inter-vento risolutivo sul canale di bonifica Corecchionella frazione di Sasso Morelli.

Il teatro di Zola Predosa

Continua la stagione teatrale L’era ora presso laSala Teatro Torrazza di Zola Predosa . La rasse-gna è curata dall’Associazione Artistica CulturaleCantharide, in collaborazione con l’assessoratoalla cultura e si articola in tre parti: Cornici,espressione dell’attività svolta a Zola da Cantha-ride, Nel tempo di privazione, una fresca dram-maturgia spesso snobbata dai grandi appunta-menti, Contaminazioni, musica, danza e canto per

B R E V I

Alla riscoperta della ÒLinea goticaÓ

In un percorso culturale “a tappe”, fatto di conve-gni scientifici, eventi artistici e celebrazioni inter-nazionali, la Regione Emilia-Romagna ricorderànei prossimi mesi la “linea gotica”, l’ultima lineadi resistenza delle armate tedesche. Il primo ap-puntamento con la “linea gotica” è stato il 28 e 29gennaio con il convegno internazionale “Un futu-ro per il passato. Memoria e musei nel terzo Mil-lennio”. La seconda tappa del progetto è il 21aprile, nel 55° della Liberazione di Bologna, conl’inaugurazione del museo-memoriale della li-bertà.Ancora il 21 aprile e fino al 9 maggio sarà possi-bile ammirare i disegni e le opere dell’ultimo ci-clo pittorico di Carlos Scliar. L’artista, reclutatodal governo del suo paese, nel ‘44 conobbe ilfronte appenninico in battaglia. Di quei dramma-tici momenti fissò il ricordo in una serie di dise-gni che saranno esposti nel Palazzo Comunale diBologna.Infine, in cantiere vi è anche il progetto di unaguida regionale sugli itinerari storici della lineagotica.

Progetto Pellegrino:al via il programma

Il “Progetto Pellegrino Life Natura ‘98”, prevedel’applicazione di una vasta gamma di interventi edi azioni per la tutela e la conservazione dellespecie maggiormente minacciate di estinzione intutta l’area della Comunità Europea.

L’elaborazione di taleprogramma ha impe-gnato il primo dei quat-tro anni di attività delProgetto Pellegrino (ot-tobre 1998-settembre2002) che ha appuntocome obiettivo la sal-vaguardia di habitat especie animali e vege-tali rari e minacciatipresenti in 7 Siti di Im-portanza Comunitaria(Sic) individuati sul ter-ritorio collinare e mon-tano della provincia diBologna (Gessi Bolo-gnesi e Calanchi del-l’Abbadessa, Contraf-forte Pliocenico, LaMartina - Monte Gurla-no, Monte Vigese,Monte Sole, Corno alle

Scale, Bosco della Frattona), circa 200 km, piùdel 5% dell’intera superficie della provincia.

Premi di narrativa e poesia

Con il premio nazionale di narrativa “Pier PaoloPasolini”, giunto alla seconda edizione, si vuoleoffrire ai molti scrittori che vivono in Italia un’op-portunità per farsi conoscere.L’adesione è gratuita. Condizione per partecipar-vi, non avere già pubblicato libri. Il testo del ro-manzo, da inviare in cinque copie entro il 30maggio di quest’anno all’Arci Nuova Associazio-ne (Giuliana Molinari - via Saffi 69 - 40131 Bo-logna), dovrà essere di 90/120 cartelle.Le “Voci della Luna” e il Comune di Sasso Mar-coni sono tra i promotori del premio letterario dipoesia “Renato Giorgi” giunto alla sua sesta edi-zione. Per chi volesse partecipare, ci si può rivol-gere a Vittoria Ravagli - Le Voci della Luna -051/84.05.34 e-mail: [email protected]

Le mostre di Emilio Contini

L’artista bolognese Emilio Contini sarà il prota-gonista di due mostre internazionali: la prima siterrà in luglio a Estavayer-Le Lac nel Museo del-la città; la seconda è in programma il prossimoanno in Baviera presso l’Amtergebaude di Co-burg.Anche chi non lo conosce personalmente ha im-parato a stimarlo sia come uomo che come pitto-re. Emilio Contini, nato a Puerto de Santa Maria,nell’Andalusia Atlantica, ha compiuto i suoi studi

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TUTTI I SOLDIDELLA SANITÀ

La Conferenza sanitaria Regione-Citt�Metropolitana ha approvato, a fine gen-naio, allÕunanimit�, il riparto dei finanzia-menti del fondo regionale tra le aziendesanitarie dellÕarea metropolitana che am-montano per lÕarea metropolitana ad untotale di 1.766.186.623.346 miliardi di lire,che sono stati cos� suddivisi:Bologna Citt� 781.650.762.702Bologna Sud 440.690.323.260Bologna Nord 348.002.741.529Imola 195.842.695.855La Conferenza ha inoltre valutato la ne-cessit� di contenere il disavanzo per lÕa-rea metropolitana bolognese entro 132miliardi, mentre la Regione ha chiesto divedere confermati i 120 miliardi del 1999.

Emilio Contini:“La Veneziana” olio su tela, 1995

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B R E V I

unire palcoscenico e pla-tea. Da segnalare gli spet-tacoli: il 4 marzo Skank-rer o la famiglia dell’arti-sta - Operina per parole,danza e cantidella Com-pagnia L’impasto; il 18marzo Sospesi incantidiGermana Giannini delTeatro della Voce; il 1°aprile Deoriti interpretaDeoriti, in altre parole ilmaestro di piano Mauri-zio Deoriti interpreteràper la prima volta compo-sizioni personali; il 15aprile Caffè ‘900di e conMataro da Vergato, conEuterpe degli Esposti (arpa), ricreeranno l’atmo-sfera del café-chantant d’inizio secolo (scorso).Chiuderà la stagione dal 3 al 6 maggio Ceneri al-le Ceneridella compagnia ospite Cantharide, trat-to da Harold Pinter.

Per informazioni Associazione Cantharide tel. 051/753629 o 0339/7774142.

Per studiare i temi della pace

Primo passo concreto per il progetto scientificodella Scuola di Pace di Monte Sole, annunciatodal presidente della Regione Vasco Errani, dopola sua elezione al vertice del Comitato promotoreper la Fondazione che porta lo stesso nome.

La Regione e il Land As-sia, offrono infatti una bor-sa di studio per una ricercasul tema della pace e dellecause dei conflitti. Il ricercatore dovrà realiz-zare uno studio di 30-50pagine, che sarà poi pub-blicato in italiano, inglese etedesco, su temi inerenti al-la pace quali il suo mante-nimento o la sua costruzio-ne, interventi umanitari, laprevenzione della crisi. La ricerca si dovrà svolge-re nel periodo maggio-giu-gno del 2000, presso il“Poggiolo”, struttura ricet-

tiva situata vicino alla Scuola di Monte Sole. Laborsa di studio prevede un assegno mensile di 1milione 936 mila lire. Le domande dovranno es-sere indirizzate, entro il primo marzo 2000, allaRegione Emilia-Romagna, Servizio Politiche eu-ropee e relazioni internazionali, dr. Marco Capo-daglio - viale Aldo Moro, 52 - 40127 Bologna. Ilbando per la borsa di studio si può trovare in In-ternet all’indirizzo www.regione.emilia-roma-gna.it/pre_relint.

I pomeriggi al Museo Ebraicodi Bologna

“I pomeriggi del Museo Ebraico”, che si svolgo-no da gennaio a maggio, prevedono un ricco ca-lendario di appuntamenti che intendono portare

all’attenzione di un più vasto pubblico vari aspet-ti della storia, della cultura e delle tradizioni ebrai-che. La programmazione prevede il lunedì un ci-clo di seminari di approfondimento curati da Al-berto Sarmoneta e Amos Luzzato (a pagamento)sugli aspetti storici dell’ebraismo, svolti da esper-ti e a numero limitato di partecipanti; il martedìsarà invece la volta dei corsi di cultura e tradizio-ne ebraica (a pagamento) che si propongono diaffrontare e approfondire gli aspetti più propria-mente legati alla religione e ai testi sacri.Un appuntamento che vuole diventare abitualeper il pubblico è il “mercoledì al Museo Ebraico”con un ciclo di conferenze, colloqui, presentazio-ni di libri ad ingresso libero; il giovedì sarà inve-ce riservato ai corsi di lingua ebraica, con inse-gnante di madrelingua. Infine, la domenica, gli incontri al museo per ibambini e le famiglie: un percorso di visita “di-vertente” con l’aiuto di schede che costituisconouna sorta di “caccia al tesoro”. L’iniziativa, inse-rita all’interno delle manifestazioni di Bologna2000, Città Europea della Cultura, si avvale delpatrocinio dell’Istituto per i Beni culturali dellaRegione Emilia-Romagna e della collaborazionedella Banca Popolare dell’Emilia-Romagna.

Una nuova palestraper i carcerati

Presto verrà allestita una nuova palestra pressa laCasa Circondariale di Bologna: si tratta di un pro-getto reso possibile grazie al contributo della Fon-dazione Cassa di Risparmio in Bologna, che haaccolto favorevolmente una richiesta portataavanti dal consigliere comunale Nicolò di Torre-padula. Il progetto fa parte di una più vasto gruppo di in-terventi, finalizzato a migliorare le condizioni divita dei detenuti e del personale di polizia peni-tenziaria.

Giuliano Bargellini � lÕimprenditore dellÕanno 1999

Lo scorso 15 dicembre, in Galleria Meravigli aMilano, si è svolta la cerimonia di premiazionedel concorso “L’imprenditore dell’anno 1999”che per la categoria “Quality of Life” ha visto vin-citore Giulio Bargellini, l’industriale di Pieve diCento fondatore di Ova.Bargellini si è aggiudicato l’ambitissimo ricono-scimento che la Ernst & Young ha organizzatoper la prima volta 13 anni fa negli Stati Uniti, “perla maggior sensibilità dell’impresa all’impatto neiconfronti dell’ambiente e della comunità”.

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MASSIMO SEVERO GIANNINIACCADEMICO E RIFORMISTA

Giannini e Bologna. 12 maggio 1997, Aula Absidale di Santa Lucia. Alla presenza delpreside Marco Cammelli e del rettore Fabio Alberto Roversi Monaco, conferimento

della Laurea ad Honorem in Giurisprudenza a Massimo Severo Giannini. Subito dopo,ÒletturaÓ di Sabino Cassese. 16 novembre 1979. Poco pi� di ventÕanni fa. A quel tempo Giannini era ministro della Fun-zione Pubblica. Proprio quel giorno trasmise alle Camere un testo destinato, a suo modo,a fare epoca. Titolo: Rapporto sui principali problemi dellÕAmministrazione dello Stato.Una summa del pensiero riformistico in campo amministrativo. Contro il modello buro-cratico dominante, Giannini tent� di tradurre in prassi istituzionale il profilo della ricercapromossa dalla sua cattedra universitaria nel campo del diritto pubblico. Studi accademici e militanza riformista. é interessante, allÕindomani della sua scomparsa,osservare come lÕopera di Giannini non solo abbia lasciato sul cammino frutti concreti nel-la legislazione italiana. Ma come uno studioso impegnato gi� al tempo della Costituente,pur nello scorrere dei decenni, abbia sempre conservato una coerenza nellÕinsegnamen-to e nella condotta civile, sino allÕattenzione degli ultimi anni per le tematiche della rifor-ma dello Stato e della Costituzione. Sino alla partecipazione al movimento referendario:dai dibattiti del 1974 sul divorzio alla riforma elettorale in senso maggioritario.Un documento, il libretto blu della Spisa che adesso raccoglie gli atti, che, particolarmen-te oggi, fa onore a Bologna, alla sua Universit� e a tutto il suo contesto di cultura ammi-nistrativa. M.M.

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Cronache dalla citt�

a collana Biblioteca di storia urba-na medievale (ed. Clueb) proponedue volumi tutti dedicati alla Bo-logna del passato: Giorgio Tam-

ba, Una corporazione per il potere. Ilnotariato a Bologna in età comunale eAntonio Ivan Pini, Città, Chiesa e cul-ti civici in Bologna medievale.La ricerca di Giorgio Tamba mette inluce le vicende che hanno caratterizza-to il notariato, una delle corporazionipiù importanti della storia bolognese,non solo comunale. Il filo conduttore privilegiato di que-sta ‘vicenda’ è rappresentato dai do-cumenti - molti dei quali sono ripro-dotti nel volume - compilati daglistessi notai: la loro evoluzione, infatti,funge da specchio per interpretare la tra-sformazione di questa categoria sia in rela-zione all’attività puramente professionaleche in relazione alle vicende sociali e politi-che del Comune e dell’Università.Altrettanto documentato il volume di Anto-nio Ivan Pini, che raccoglie saggi dedicatialla storia ecclesiastica ed all’agiografiabolognese in oltre vent’anni. Particolare il punto di partenza dell’autoresecondo il quale il rapporto tra memoria estoria non è sempre di dipendenza della se-conda dalla prima: talvolta è la memoria afare la storia “rimodellandola e tramandan-dola non com’è stata effettivamente, ma co-me si vuol pensare o far credere che sia sta-ta”. È il caso anche di Bologna. Tra l’XI edil XII secolo, infatti, le origini della cittàvengono fatte risalire ad un santo del quale,nel 1180, un anonimo monaco benedettinoredige la biografia, la Vita Sancti Petronii,una vera e propria leggenda agiografica.Attorno ad essa si raccolgono le testimo-nianze di un sentimento cittadino, di una co-scienza che a Bologna è documentata piut-tosto tardivamente. Ciò non sorprende, nota lo studioso, tenutoconto dei rapporti tra il Comune e lo Studio“due istituzioni, una particolaristica e loca-le e l’altra internazionale ed universale”.La presenza a Bologna di due istituti in mol-ti aspetti completamente divergenti ha a lun-go inibito l’espressione a livello letterario diun “sentimento cittadino, che è per sua stes-sa natura un sentimento locale e particola-ristico”. Nel XII secolo tuttavia, il sorgere di nuoveUniversità fece calare il flusso di studenti ri-

dopo una massacrante gara di mille (mil-le!!!) chilometri conclusasi in Spagna.”

“Cronache cittadine” anche quelle di MarioRebeschini, ma cronache immortalate nelloscatto della macchina fotografica. Nel libroLa tradizione ritrovata(ed. della Cassa diRisparmio di Cento), Mario Rebeschini, in-fatti, raccoglie momenti di vita nelle città enei paesi sono momenti vissuti all’insegnadella tradizione: feste di paese e carnevali,pellegrinaggi o pro-cessioni. Anche in questo ca-so, la figura umanafa da protagonistapoiché è attraversola gente, le persone,che vengono rievo-cati questi momentidi festa, è la loropresenza e parteci-pazione che li rendeancora vivi e vitali. Da notare anchel’intervento di Ma-ria Censi su La vitalità della tradizioni cheella definisce: “il corrispettivo ‘a parole’ diquanto l’obiettivo fotografico ha selettiva-mente fissato, inseguendo gli aspetti dellatradizione in terra emiliana”.

La cultura dello spettacolo

Culture teatrali. Studi, interventi e scritturesullo spettacoloè il titolo di una nuova rivi-sta di teatro (supplemento a “I Quaderni delBattello Ebbro”), diretta da Marco De Ma-rinis, che nasce con il contributo della CoopAdriatica oltre a quelli del Murst e dell’Ert.Un progetto che si propone di arginare unafalla nel tessuto ‘teatrale’ del Dams bolo-gnese per la mancanza di una rivista speci-fica sugli studi teatrali all’interno del Damsstesso, tenuto conto che Prove di dramma-turgiadiretta da Claudio Meldolesi e Gerar-do Guccini è primariamente espressionedelle attività dei laboratori del Cimes, Cen-tro di Musica e Spettacolo.Quali le finalità della rivista? Una in parti-colare (che sarà sicuramente bene accoltadagli interessati): quella di dare sistemati-camente voce ad un patrimonio di studisvolti da studenti e laureati all’interno del-l’Università. …Ciò non significa limitare il panoramadella ricerca all’ambito universitario, maanzi sollecitare gli scambi ed i rapporti tra

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ducendo l’importanza dello Studio; contem-poraneamente venne ristrutturato il mona-stero cittadino di Santo Stefano che era for-temente decaduto durante il possesso daparte della Chiesa parmense, e vennero quichiamati i monaci benedettini. Durante i lavori furono rinvenute le reliquiedi San Petronio accolte con cerimonie so-lenni. Si venne così a creare un culto pretta-mente bolognese “un culto a cui il senti-mento civico poteva fiduciosamente richia-marsi ed un patrimonio ideale in cui potevariconoscersi”.

Ancora un punto di vista storico per il volu-me di Franco Cervellati, Due torri e cinquecerchi. Bologna olimpica(edizioni Millen-nium) dedicato “alla storia delle Olimpiadimoderne attraverso la partecipazione degliatleti nati, o almeno vissuti” a Bologna.Corredato di un ampio apparato fotograficoed impreziosito dai ricordi degli atleti bolo-gnesi che hanno direttamente vissuto leemozioni delle Olimpiadi estive -dal 1896ad oggi - il libro di Cervellati diviene quasiuna cronaca in diretta di un secolo di sporte della diretta sportiva si riconosce il tonodella narrazione: immediato e sagace. L’Au-tore, dunque, riscopre e narra una storiaumana, ‘mette in scena’ personaggi famosi,come Ondina Valla o quasi sconosciuti comeun certo Rivabella che pare abbia parteci-pato alle gare di tiro nella prima Olimpiade.Si cita la vicenda del podista milanese Ai-roldi “che ebbe la sventura di incappare inuno dei primi casi di squalifica per profes-sionismo avendo accettato un rimborso diquindici lire per tornare in Italia in treno

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coloro che si occupano di teatro sia all’in-terno che all’esterno delle strutture univer-sitarie.

Bologna in due parole

Per chi ama visitare Bologna pedalando sudue ruote le Arti Grafiche Reggiani propon-gono Da Bologna in Mountain-Bikea curadel Monte Sole Bike Group: trenta percorsiche dal centro della città si ‘irradiano’negliimmediati dintorni per divertirsi insieme maanche per conoscere dove viviamo. Bastino pochi esempi: il percorso nella città diRolandino de’ Passeggeri nel cuore della cittàmedievale, o quello di via della Grana lungo levie e le piazze degli affari di Bologna. Il volu-me, in cui è lasciato spazio anche a cennisulla storia e la cultura della città, è arric-chito di un centinaio di fotografie e ventino-ve schede cartografiche..

Province dell’Emilia-Romagna. Volgiamol’attenzione ad una iniziativa che si inseri-sce in un più ampio progetto dell’AziendaUsl di Bologna che coniuga arte e salute. Sitratta, infatti, di uno spettacolo, Sogno diuna notte di mezza estate, tratto da W.Shakespeare, messo in scena al teatro Arenadel Sole di Bologna (25-27 gennaio) dallaCompagnia teatrale Urziburzi diretta daNanni Garella. La compagnia è costituita da

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Il nostro viaggio per Bologna può continua-re con il volume Romano Gualdi“luoghiper l’immagine” dal titolo a mani nude…inSANTO STEFANO, (Arteambiente Edizio-ni) un reportage fotografico del complessodi Santo Stefano accompagnato da un testodi don Sergio Livi. Un libro di piccolo formato, ma prezioso incui la staticità delle immagini prendono vi-ta dal racconto di don Livi, ricco di una re-ligiosità riscoperta nelle cose e negli spazidi ogni giorno scandito da un tempo forte-mente monastico. “Sono le tre di notte men-tre il riposo notturno avvolge le antiche mu-ra della Gerusalemme bolognese.Il mio orologio monastico suona deciso l’o-ra di Dio.Un nuovo giorno si prepara nel si-lenzio avvolgente dei notturni”.

Dalle istituzioni

Vanno, poi, ricordate due pubblicazioni eduno spettacolo. La prima è l’edizione‘99/2000 della guida Il nuovo obbligo. Unascuola e una formazione più grandicuratada Wilma Bonora dell’Ufficio Orientamen-to della Provincia di Bologna con la colla-borazione di Claudia Caramalli. Come diceil titolo stesso una guida per comprenderecome sta cambiando la scuola e, di conse-guenza, comprendere come orientarsi al finedi raggiungere il diploma di secondaria su-periore o di qualifica professionale.Nell’ambito della manifestazione Ecomobileorganizzata all’interno di “Europolis 2000-salone delle tecnologie per vivere la città” èstata presentata la prima edizione del Ma-nuale tecnico di sicurezza e qualità del lavo-ro per operatori addetti alla manutenzionestradale, curata da Silvia Mainetti con lacollaborazione di Gabriele Cesari. Si trattadi un completo strumento di informazione,frutto di un lungo periodo di ricerca, sulledisposizioni legislative in materia di preven-zione degli infortuni sul lavoro e della tuteladella salute dei lavoratori voluto dal Servi-zio Prevenzione - Settore Lavori Pubblicidella Provincia di Bologna. Il manuale rac-coglie le esperienze degli operatori del Ser-vizio che, negli ultimi due anni, ha effettuatonumerosi sopralluoghi nei cantieri, e si divi-de in varie sezioni, fra cui: analisi dei diver-si tipi di lavorazione, dispositivi di protezio-ne individuale e schemi di segnaletica dacantiere. Al momento ne sono state stampa-te 500 copie che saranno distribuite tra i la-voratori, ma l’intento dell’assessore provin-ciale alla viabilità Pamela Meier è di tra-smettere l’esperienza anche alle altre

attori professionisti, operatori del settore edagli allievi del corso di teatro del Diparti-mento di Salute Mentale, pazienti seguiti daiServizi di Salute mentale. I ragazzi del 2000- Agenda per un anno carico di futuro è il ti-tolo del libro-agenda promosso dal Comunedi Anzola dell’Emilia, curato da MaurizioGaruti con fotografie di Arnaldo Pettazzonie donato a tutte le famiglie anzolesi. Lo sguardo, il sorriso e i pensieri dei 365bambini che frequentano la scuola elemen-tare di Anzola per accogliere il nuovo mil-lennio con curiosità e fiducia. Un ritratto collettivo da consegnare al futu-ro e che può offrire da subito spunti di ri-flessione per gli adulti. Dalle pagine dell’agenda i bimbi anzolesiguardano il lettore, gli regalano i loro desi-deri e le loro speranzee, tra le righe di alcu-ni, affiora la percezione del mondo che gliadulti hanno preparato per loro: guerre lon-tane eppur minacciose, ambiente compro-messo, oggetti da desiderare, genitori trop-po impegnati nel lavoro, bisogni affettivinon sempre appagati.

a cura di Lorenza Miretti

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IL NUOVO

OBBLIGOUna scuola e una

formazione più grandi

IL NUOVO

OBBLIGO

Distretti scolastici - Provveditorato agli studi di Bologna

Provincia di BolognaAssessorato Istruzione

Formazione Orientamento

Con la legge n. 9 del gennaio 1999l’obbligo scolastico passa a 9 anni. Vuol dire che chi oggi frequenta la

terza media dovrà continuare la scuola ancora un anno per assolvere

l’obbligo scolastico, sanando uno squilibrio

che aveva caratterizzato il sistema scolastico italiano rispetto agli

altri paesi europei.

Con la legge n. 144 del Maggio 1999

è previsto l’obbligo di formazione fino a 18 anni.

OBBLIGO SCOLASTICO OBBLIGO SCOLASTICO FINO FINO AA 15 15 ANNIANNI

OBBLIGO FORMAOBBLIGO FORMA TIVTIV O O FINO FINO AA 18 18 ANNIANNI

PIE

RO

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IGH

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