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Liceo Classico J. Stellini Gennaio 2020 numero II, anno VII Crisi Iran-USA, possibile nuova guerra? Dopo l’uccisone del generale Soleimani, rischio escalation in Medio-Oriente alvolta inevitabile, ma sempre doloroso è il doversi separare dalla terra della propria infanzia, in cui si è cresciuti, su cui sono stati mossi i primi passi e in cui sono state strette le prime amicizie. Ancor più complicato è certamente ambientarsi in un Paese diverso dal proprio. Questa è una situazione di cui migliaia e migliaia di persone sono state protagoniste nel corso dei secoli. Attualmente, però, una storia in particolare spicca fra tutte. Infatti, se tanto è difficile... (pag. 7) ella notte tra giovedì 2 e venerdì 3 gennaio gli Stati Uniti hanno con- dotto un attacco via drone all’aeroporto internazionale di Baghdad uccidendo il potentissimo generale iraniano Qassem Soleimani. So- leimani era il capo delle Forze Quds, un corpo speciale delle Guardie Rivo- luzionarie iraniane. Era parecchio noto e popolare in Iran e, per questo, considerato molto vicino alla parte più conservatrice del regime Per moltis- simi anni aveva guidato le operazioni iraniane all’estero (in Siria, in Yemen e in Iraq) e soprattutto era uno degli uomini di fiducia di Ali Khamenei, la massima autorità politica in Iran. Gli Stati Uniti consideravano Soleimani un nemico da diversi anni, ritenendolo responsabile di molte delle crisi del Medio Oriente e di centinaia di morti americani. Ciò nonostante nessuno dei due pre- cedenti presidenti americani aveva mai avuto il coraggio di commissionare il suo omicidio, per delle conseguenze che questo atto avrebbe ... (pag. 4) Kavon Hakimzadeh Crisi USA-Iran: che cosa è successo? Cosa accadrà adesso?

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  • Liceo Classico J. Stellini Gennaio 2020 numero II, anno VII

    Crisi Iran-USA, possibile nuova guerra?Dopo l’uccisone del generale Soleimani, rischio escalation in Medio-Oriente

    alvolta inevitabile, ma sempredoloroso è il doversi separaredalla terra della propria infanzia,

    in cui si è cresciuti, su cui sono statimossi i primi passi e in cui sono statestrette le prime amicizie. Ancor piùcomplicato è certamente ambientarsi inun Paese diverso dal proprio. Questa èuna situazione di cui migliaia e migliaiadi persone sono state protagoniste nelcorso dei secoli. Attualmente, però, unastoria in particolare spicca fra tutte.Infatti, se tanto è difficile... (pag. 7)

    ella notte tra giovedì 2 e venerdì 3 gennaio gli Stati Uniti hanno con-dotto un attacco via drone all’aeroporto internazionale di Baghdaduccidendo il potentissimo generale iraniano Qassem Soleimani. So-

    leimani era il capo delle Forze Quds, un corpo speciale delle Guardie Rivo-luzionarie iraniane. Era parecchio noto e popolare in Iran e, per questo,considerato molto vicino alla parte più conservatrice del regime Per moltis-simi anni aveva guidato le operazioni iraniane all’estero (in Siria, in Yemene in Iraq) e soprattutto era uno degli uomini di fiducia di Ali Khamenei, lamassima autorità politica in Iran. Gli Stati Uniti consideravano Soleimani unnemico da diversi anni, ritenendolo responsabile di molte delle crisi del MedioOriente e di centinaia di morti americani. Ciò nonostante nessuno dei due pre-cedenti presidenti americani aveva mai avuto il coraggio di commissionare ilsuo omicidio, per delle conseguenze che questo atto avrebbe ... (pag. 4)

    Kavon Hakimzadeh Crisi USA-Iran: che cosa è successo? Cosa accadrà adesso?

  • A cura di Giovanni Cabroni VDSommarioAttualità pag. 4-7

    Storia e politicapag. 8-13

    Ambiente Pag. 14-19

    Cultura e ci-nema

    Editoriale

    Nuovo anno, nuovo numero. Questo inizio 2020 ci ha riservato e ci statuttora riservando numerosi eventi, che ci ispirano altrettante riflessioni:dall’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, agli incendi inAustralia, fino all’anniversario della morte dell’ex presidente italianoBettino Craxi ad Hammamet. Insomma, l’edizione di gennaio si rivelaun piatto ricco di novità, ma non solo. Abbiamo infatti voluto riservare uno spazio importante anche ad alcunecommemorazioni e anniversari di importanti fatti che hanno segnato lastoria del nostro Paese e che si sono celebrati tra lo scorso Dicembre e iprimi giorni del nuovo decennio. Oltre al già citato ventesimo anniver-sario dalla morte di Bettino Craxi, abbiamo voluto dedicare particolareattenzione alla commemorazione della strage di Piazza Fontana a Milano,avvenuta il 12 dicembre 1969, e a quello della morte, per mano mafiosa,dell’allora presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, nonchéfratello dell’attuale presidente della repubblica, avvenuta il 6 Gennaiodel 1980. Volgere lo sguardo al passato, alla storia dell’Italia, prendere esempiodalle azioni dei grandi personaggi che hanno segnato il corso del Nove-

    cento è estremamente importante per comprendere appieno i fenomeni di oggi e sopratutto per affrontarli. Aquesto proposito l’Asteriskos si pone come un mezzo di approfondimento e di informazione, non solo per let-tori, ma anche per gli stessi studenti che hanno voluto dare un contributo nella stesura degli articoli. Vogliamofare in modo, così, che tutti gli studenti vengano coinvolti dai fatti raccontati e allo stesso tempo che riescano,anche grazie a questo giornalino autogestito, a costruire una loro personale opinione e una propria visione cri-tica. Ci auspichiamo che questo possa avvenire e che il nostro sforzo si possa rivelare una buona base di par-tenza per un ulteriore approfondimento personale e, perché no, anche per un vero e proprio dialogo piùstrutturato, magari da poter proporre in una futura autogestione. Detto questo, buona lettura e...al prossimo numero!

  • Povera Italia... Il fondo di Giovanni Cabroni VD

    Povera Italia. In uno scenario geopolitico sempre più complesso e difficile, l’Italia rimane sempre più tagliatafuori, da tutto e da tutti. Dalle tensioni in medio oriente fino alla Libia, l’Italia sta perdendo quel ruolo centraleche un paese rilevante dovrebbe avere in uno scenario politico-internazionale. Complice un governo sen-z’anima, frutto di un accrocco fallimentare, dalle idee confuse, o addirittura senza idea alcuna, su molti temi,dall’immigrazione alla politica economica, fino a quella estera. Complice un presidente del Consiglio, che perpiù di un anno è stato l’ombra di se stesso e che ora è ridotto a ectoplasma politico. Complice infine un ministrodegli esteri privo di sufficiente esperienza politica, in particolare estera, da un curriculum vitae troppo scarnoe, per di più, senza laurea. Complici le diverse divisioni all’interno della maggioranza, che vedono il loro cul-mine nella norma sull’abolizione della prescrizione, osteggiata da Italia Viva e vista di mal occhio anche dauna parte del Partito Democratico. Complice anche, però, un’Europa sempre più divisa e disarmata, letteral-mente. Perché l’Europa non ha un esercito comune, non ha un’unica politica militare (numerose sono le spac-cature al suo interno, in particolare tra Francia e Italia) e non può essere perciò considerata una superpotenza.L’Europa non può competere a livello militare con Russia e Turchia, che invece le idee, in fatto di politica mi-litare, le hanno molto, fin troppo, chiare. Se nel 1912 era l’Italia giolittiana a mettere in difficoltà la Turchia per la contesa del territorio libico, ora, apiù di cent’anni di distanza, pare essere il contrario. Il nostro Paese ha sempre più un ruolo marginale in fattodi politica estera e possiede un’influenza in Libia ormai quasi solo nominale, non riuscendo a guidare le trat-tative per una soluzione seria e definitiva alla guerra civile libica. Non c’è determinazione, non c’è risolutezza, non c’è quella volontà di imporsi, anche con la forza, o meglio,con la minaccia della forza, sugli altri paesi, anche perché impossibilitati a farlo (come già detto l’Unione Eu-ropea non ha un esercito comune). Non c’è infine, cosa più importante, una linea comune condivisa da tutte leforze politiche e da tutti i paesi europei; una linea comune che non si fondi solo una prospettiva di pace per laLibia (quella, si spera, la vogliono tutti), ma anche, soprattutto, su interessi comuni e sul buonsenso, senza cer-care inutili e autodistruttivi scontri di interessi, per agire finalmente nell’interesse dell’Unione e dei nostrivicini di casa...

    I leaders che hanno partecipato alla conferenza di Berlino sulla Libia, lo scorso 19 Gennnaio. In fondo il Presidente Conte.

  • Tensioni in Medio-Oriente...

    Crisi USA-Iran: che cosa succede?Di Giosuè Bignulini IIIB

    ella notte tra giovedì 2 evenerdì 3 gennaio gli StatiUniti hanno condotto un

    attacco via drone all’aeroporto in-ternazionale di Baghdad uccidendoil potentissimo generale iranianoQassem Soleimani. Soleimani erail capo delle Forze Quds, un corpospeciale delle Guardie Rivoluzio-narie iraniane. Era parecchio notoe popolare in Iran e, per questo,considerato molto vicino alla partepiù conservatrice del regime Permoltissimi anni aveva guidato leoperazioni iraniane all’estero (inSiria, in Yemen e in Iraq) e soprat-tutto era uno degli uomini di fidu-cia di Ali Khamenei, la massimaautorità politica in Iran. Gli StatiUniti consideravano Soleimani unnemico da diversi anni, ritenendoloresponsabile di molte delle crisi delMedio Oriente e di centinaia dimorti americani. Ciò nonostantenessuno dei due precedenti presi-denti americani aveva mai avuto ilcoraggio di commissionare il suoomicidio, per paura delle conse-guenze che questo atto avrebbe po-tuto portare: ovvero un nuovoipotetico conflitto in MedioOriente. Per capire come si è potuti arrivaread un tale gesto da parte del presi-dente USA, Donald Trump, biso-

    gna tornare indietro all’8 maggio2018, giorno in cui il presidenteamericano annunciò il ritiro degliStati Uniti dall’accordo sul nu-cleare iraniano, iniziato e portatoavanti dall’amministrazioneObama, affermando che non fossepoi così vantaggioso per l’econo-mia americana (parere contrastantecon quello della maggior partedegli esperti del settore). Questadecisione provocò un notevole au-mento della tensione tra i due paesi.L’accordo sul nucleare iraniano,definito da molti “storico”, erastato voluto e firmato dal predeces-sore di Trump, Barack Obama, e sibasava su uno scambio equo: l’Iranavrebbe ridotto la sua capacità diarricchire l’uranio, privandosi dellapossibilità di costruire ordigni nu-cleari, mentre gli Stati Uniti e glialtri paesi firmatari avrebbero ri-mosso alcune delle sanzioni impo-ste negli anni precedenti (è da tenerconto che l’Italia ha avuto un per-messo speciale per continuare lepratiche commerciali con l’Iran. Ilnostro paese infatti, dovendo im-portare grandi quantità di risorsepetrolifere, è il maggior partnercommerciale iraniano). Nei mesisuccessivi, però, la decisione diTrump di ritirarsi dall’accordo sulnucleare cominciò a produrre i

    primi effetti significativi, alcuni deiquali in apparente contrasto conl’intenzione del governo americanodi indebolire le forze più conserva-trici dell’Iran. La reintroduzionedelle sanzioni statunitensi comin-ciò ad avere conseguenze direttesull’economia iraniana, in partico-lare rendendo difficoltosa la ven-dita del petrolio. Da questo puntodi vista, la politica di Trump (chespingeva per il “massimo isola-mento” dell’Iran) sembrò funzio-nare. Ma, d’altra parte, il ritirodegli Stati Uniti dall’intesa sul nu-cleare spostò gli equilibri nella po-litica iraniana: indebolì quella partedel regime che aveva negoziato evoluto l’accordo, cioè la fazionepiù moderata, mentre rafforzò leélite più conservatrici, nonchéquelle contrarie a scendere a patticon l’Occidente. Queste sono tut-tora al potere e trovano il loropunto di riferimento nell’attualeGuida Suprema dell’Iran Ali Kha-menei e nelle “Guardie Rivoluzio-narie”. A partire dall’estate del2019 le Guardie Rivoluzionarie ira-niane iniziarono a compiere diversiattacchi contro petroliere stranierenel Golfo Persico, tra cui anche unanave Britannica.

  • Tensioni in Medio Oriente...Perché proprio ora?In questo già complicato scenario,gli sviluppi dopo la morte di Solei-mani hanno creato ancora più con-fusione. Ora la domanda sullabocca di tutti è: perché Trump haordinato l’omicidio di Soleimaniproprio ora? Il governo americanoha sostenuto che il temuto generaleiraniano stesse preparando attacchicontro obiettivi statunitensi in Li-bano e Iraq, ma finora non ha for-nito prove delle sue affermazioni eun’indagine di NBC News ha mo-strato come i deputati statunitensinon fossero a conoscenza di alcunaminaccia imminente provenientedall’Iran. Secondo fonti consultatedalla stampa americana, la deci-sione di Trump di uccidere Solei-mani era stata presa una settimanaprima dell’operazione, in seguitoall’uccisione di un contractor ame-ricano da parte della milizia filo-iraniana Kataib Hezbollah. Non èchiaro invece che peso abbia avutol’assedio dell’ambasciata ameri-cana a Baghdad, compiuto da mili-zie sciite irachene, filo-iraniane,(assedio probabilmente orchestratoproprio dal generale Soleimani) loscorso primo Gennaio. L’interpre-tazione più diffusa è che l’ucci-sione di Soleimani sia stata ilculmine della progressiva escala-tion di tensione avvenuta nell’ul-timo anno e mezzo tra Iran e StatiUniti e delle azioni sempre più ag-gressive e violente compiute dalleGuardie Rivoluzionarie iranianesoprattutto in Iraq.

    Il contrattacco iranianoNella notte tra martedì 7 e merco-ledì 8 gennaio l’Iran ha attaccatodue basi militari irachene che ospi-tano militari statunitensi. L’attaccoprincipale è stato compiuto con 22missili contro la base “al Asad”,che si trova a circa duecentotrentachilometri da Baghdad, mentre ilsecondo è stato fatto contro unabase a Erbil, nel Kurdistan Ira-cheno. La televisione iraniana hadetto che sarebbero stati uccisi «80terroristi americani», senza peròfornire alcuna prova, tant’è che giànel pomeriggio di mercoledì il pre-sidente statunitense Donald Trumpha affermato in conferenza stampache “nessun soldato statunitense èstato ferito nei bombardamenti”. IlGuardian ha fatto notare che lastima potrebbe essere stata diffusaper placare l’ira dell’opinione pub-blica iraniana, a cui diversi leadernei giorni scorsi avevano promessouna dura ritorsione nei confrontidegli Stati Uniti per l’uccisione diSoleimani. L’opinione di molti ana-listi è che l’Iran abbia evitato dicolpire in maniera eccessiva le basiirachene per dare la possibilità agliStati Uniti di non reagire ulterior-mente, interrompendo così le vio-lenze. Non è certo, nè tantomenochiaro se gli USA saranno in gradodi evitare una guerra aperta control’Iran. Finora però, la situazione distallo venutasi a creare, fa pensaread una sorta di “Guerra Fredda”mediorientale, basata più sulla mi-naccia di una guerra, che non sullaguerra effettiva.

    Il disastro aereoL’8 gennaio il volo 752 del-l’Ukraine International Airlines èprecipitato nelle zone limitrofe aTehran (nello schianto sono mortetutte le 176 persone a bordo) e se-condo i media americani, inglesi efrancesi sarebbe stato abbattutoinavvertitamente da un missile ira-niano. Dopo aver inizialmente so-stenuto di non c’entrare nulla conla tragedia aerea, alla fine l'Iran haammesso che a causa di un erroreumano sono stati i loro missili adabbattere l'aereo ucraino. Il capo distato iraniano Hassan Rohani, dopopoche ore dall’ammissione dicolpa, con un post sul suo accountTwitter ha affermato che "La Re-pubblica islamica dell'Iran si ram-marica profondamente per questoerrore disastroso" e che "indaginiproseguiranno per identificare eperseguire gli autori di questagrande tragedia e di questo sbaglioimperdonabile". Il presidente del-l'Iran ha sottolineato che sono stateintraprese misure legali contro ipresunti colpevoli. Il ministro degliAffari esteri iraniano MohammadJavad Zarif afferma che "l'erroreumano" dietro all'abbattimento del-l'aereo di linea ucraino da partedelle forze armate dell'Iran è acca-duto nel "momento di crisi causatodall'avventurismo degli Usa".Tesi, questa, appoggiata, seppur in-direttamente, anche dal Presidentedel Canada Justine Trudeau. Le af-fermazioni del “vicino di casa”degli Stati Uniti ovviamente, nonsono state recepite di buon occhio.

  • Tensioni in Medio-Oriente...La risposta UsaDopo aver soffocato le esportazionidi petrolio, crollate dai 2,5 milionidi barili al giorno a circa 250 mila,gli americani ora puntano a tagliareil resto dell’export, punendo le so-cietà straniere che acquisterannomaterie prime o semilavorati dalleultime compagnie iraniane ancoraattive, come la Mobarakeh SteelCompany o la Iran AluminiumCompany. «Vogliamo tagliare lefonti di approvvigionamento delgoverno di Teheran, visto che que-sti fondi vengono usati per alimen-tare il terrorismo e i conflitti nellaregione», ha spiegato Steven Mnu-chin, attuale segretario al Tesorostatunitense. L’Iran però è già datempo in grave difficoltà. Comemostrano i dati della Banca Mon-diale e del Fondo Monetario Inter-nazionale: dopo le prime sanzionisul petrolio imposte da Trump nel2017 e nel 2018, il Paese è rapida-mente scivolato in recessione e ilpil è sprofondato a quota -9%.

    Cosa dobbiamo aspettarci?Ora tutti si stanno chiedendo cosaaccadrà. Infatti questa continuaescalation di tensione e attacchipotrà col tempo attenuarsi e nonportare a nient’altro, oppure cau-sare addirittura un conflitto. Lanuova guerra – se ci sarà, e non èdetto – potrebbe però essere diversada quella che ci immaginiamo. Po-trebbe avere l’aspetto della vecchiaguerra, ma più intensa. i leader ira-niani non sono interessati a ungrande conflitto militare conven-zionale, specialmente uno in cuisiano coinvolte navi e aerei daguerra. L’Iran può contare infatti subuone forze di terra, ma lo stessonon si può dire per la sua aeronau-tica e la sua marina, che risultanoobsolete e che non sarebbero ingrado di tenere testa alla superioritàmilitare degli Stati Uniti.Le ritorsioni iraniane potrebberoavvenire sotto altre forme, già te-state negli ultimi anni in diverse oc-casioni: l’Iran potrebbe usare

    attacchi informatici e terroristici,oppure usufruire dei gruppi alleatiin diversi paesi del Medio Oriente– in particolare Iraq e Libano – perattaccare direttamente i militari sta-tunitensi e quelli dei paesi loroamici.Nessuno sa bene quale siaprecisamente la strategia di Trumpe neanche se stia andando tutto se-condo i suoi piani, quel che è certoè che in ogni caso una mossa cosìavventata significherebbe non te-nere in conto che un attacco comequello contro Soleimani potrebbecambiare gli equilibri nella politicairaniana, favorendo le forze ultra-conservatrici, quelle più intransi-genti e aggressive nei confrontidell’Occidente, e penalizzandoquelle più moderate. Significa in-fine non dare garanzie ai propri al-leati, per esempio al governoiracheno, spingendoli a schierarsiancora di più con l’Iran, paese chepotrebbe risultare un partner più af-fidabile e sicuro rispetto agli impre-vedibili Stati Uniti.

  • Medio Oriente: storie di libertà e contraddizioni

    alvolta inevitabile, ma sem-pre doloroso è il doversi se-parare dalla terra della

    propria infanzia, in cui si è cre-sciuti, su cui sono stati mossi iprimi passi e in cui sono statestrette le prime amicizie. Ancor piùcomplicato è certamente ambien-tarsi in un Paese diverso dal pro-prio. Questa è una situazione di cuimigliaia e migliaia di persone sonostate protagoniste nelcorso dei secoli. Attual-mente, però, una storiain particolare spicca fratutte. Infatti, se tanto èdifficile abbandonare ilPaese di origine e cre-arsi una nuova vita al-trove, ancora di più lo èdoversi poi schierarecon una delle due na-zioni, tra cui il propriocuore è inevitabilmentediviso.È questo il caso diKavon Hakimzadeh, fi-gura di spicco dell'eser-cito americano. Nato inTexas da madre ameri-cana e padre iracheno, ben presto sitrasferì in Iran insieme ai genitori,dove trascorse tutta la sua infanzia.La stabilità familiare venne, però,meno con l'imperversare della rivo-luzione islamica iraniana, 1978-1979, che sancì la fine dellamonarchia e l'inizio della repub-blica islamica sciita nel Paese. Ilclima di guerriglia costrinseKavon, allora undicenne, ed i geni-

    tori a rifugiarsi nel Mississippi,Stati Uniti. Qui, intraprese una car-riera nella marina militare, che loha portato a prendere parte a mis-sioni in Afghanistan e in Iraq. Glisono stati assegnati numerosi rico-noscimenti e medaglie, tra cui la"Legion of Merit", la "Bronze Star"e anche la "Defense MeritoriousService Medal".La sua dedizione nel servire gli

    Stati Uniti gli ha permesso di affer-marsi in ambito militare, tanto daessere oggi alla guida della HarryS. Truman, la portaerei a propul-sione nucleare più importante del-l'esercito americano e tra le piùpotenti a livello modiale. Essa im-barca sette sistemi d'arma, tra cuidue lanciatori di missili e ora sitrova schierata nel nord del mareArabico, al confine con il Golfo

    Persico. Ciò che suscita incredulitàè che, qualora l'Iran dovesse attac-care degli obiettivi americani, sa-rebbe proprio da questa portaerei,che ricordiamo essere sotto il co-mando di Kavon, che ci si aspette-rebbe una immediata rispostamilitare.Sentendo la sua storia, finiamo isti-tintivamente per metterci nei pannidi Hakimzadeh. Certo, nel mo-

    mento in cui egliha accettato di ri-coprire un ruolopubblico così in-fluente era consa-pevole che questoavrebbe dovutoprevalere sulla suadimensione privatain ogni situazione,ma, ugualmente,appare evidentecome in questaspecifica occasionela sua fermezza siafondamentale pernon cadere in unturbinio incessantedi ricordi e ripensa-

    menti. Quanto deve essere compli-cato per un uomo ricoprire un ruolocosì significativo sia dal punto divista pubblico che privato? Quantadeve essere la tensione che egli per-cepisce in questi giorni? Con qualeforza di volontà e fedeltà allo statoamericano si mostra capace di re-primere tutti i ricordi legati all'Iranper rispettare il giuramento fattoagli Stati Uniti? lvin.

    Di Sophie Tubaro IIIF

    Kavon Hakimzadeh

  • a Banca Nazionale del-l’Agricoltura in Piazza Fon-tana, a soli trecento metri da

    Piazza Duomo a Milano, essendovenerdì, giorno del mercato, èmolto affollata: gli agricoltori e imercanti si riuniscono per discuteredei loro affari e concludere le ul-time trattative prima del fine setti-mana. Nel frattempo, 7 chili digelignite, un esplosivo più potentedella dinamite, si trovano nascostiin una borsa sotto il tavolo della“sala della cupola”, luogo centraledella banca, dove siedono alcunepersone. Una di queste afferma:“Sento odore di bruciato”. Alle ore16.37 l’ordigno deflagra: un boatoinfrange le voci dei commercianti,e subito dopo il silenzio irrompe.Seguono attimi di alta concitazionein cui chiunque si affretta per por-tare il proprio aiuto. Alla fine quat-tordici persone moriranno quellostesso giorno, altre due nelle setti-mane seguenti e l’ultima un annodopo. L’evento sconvolge l’Italia,mai così colpita dopo la SecondaGuerra Mondiale. Ai funerali del15 dicembre partecipa una nume-rosa folla, commossa e desiderosadi giustizia per le vittime. L’arcive-scovo di Milano termina l’omeliaaffermando: “Faremo ogni sforzoperché il vostro sangue e il piantodei vostri cari non siano vani.” Pur-

    troppo la giustizia tarderà ad arri-vare (ma in fondo mai arriverà).Dopo 36 anni e a seguito di 10 pro-cessi, nel 2005 la Corte di Cassa-zione emette la sentenza definitivaper la strage di Piazza Fontanasenza la possibilità di irrogare nes-suna condanna verso i principali eormai accertati responsabili dell’at-tentato, Franco Freda e GiovanniVentura, esponenti del movimentoneofascista di Ordine Nuovo, per-ché già assolti per lo stesso reatonel 1987 per “mancanza di prove”.La sentenza prevede anche che lespese processuali siano addossatesui familiari delle vittime: una de-cisione sconcertante che segue unprocesso ancor più sconvolgente eche fa emergere tutti i problemidella Giustizia Italiana. Nel corsodelle indagini viene provato ancheil coinvolgimento di politici e per-sone appartenenti ai servizi segreti,che più volte hanno permesso, eprotetto con depistaggi alleudienze, l’azione di estremisti neo-fascisti. Tutto questo allo scopo diincolpare dell’accaduto gli anar-chici di sinistra e arginare così lacrescita del partito comunista a se-guito dei movimenti di rivolta del’68. Tutti saranno però assolti. Du-rante questa fase, inoltre, il pro-cesso si terrà a Catanzaro per“motivi d’ordine pubblico”: un’ul-

    teriore ombra sulla vicenda. Lastrage di Piazza Fontana fu il primodi molti attacchi che avrebbero in-sanguinato l’Italia fino agli anni‘80: gli “anni di piombo”, in cui ilterrorismo nero prima (di estremadestra, come Ordine Nuovo) e ilterrorismo rosso poi (di estrema si-nistra, come le Brigate Rosse)avrebbero compiuto stragi e atten-tati contro i civili nelle piazze, nellestazioni e sui treni. La strage di Piazza Fontana rimaneviva nel cuore degli italiani comericorda il Presidente Sergio Matta-rella: “Cinquant’anni dopo PiazzaFontana sentiamo insieme ai fami-liari delle vittime il dolore pro-fondo per una ferita nonrimarginabile”.Il nostro ricordo va alle 17 vittimedella strage: Carlo Garavaglia, Ge-rolamo Papetti, Mario Pasi, GiulioChina, Eugenio Corsini, Carlo Ga-iani, Carlo Perego, Oreste Sangalli,Pietro Dendena, Carlo Silva, PaoloGerli, Luigi Meloni, Giovanni Ar-noldi, Attilio Valè, Calogero Gala-tioto, Angelo Scaglia, VittorioMocchi, testimoni di ciò che maipiù si deve ripetere.

    La strage di Piazza FontanaDi Tommaso Molella IC

    Gli eventi della storia: Piazza Fontana

  • Alcune delle immagini della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana, dopo la strage.

  • Gli eventi della storia: l’omicidio Mattarella

    Piersanti Mattarella: lotta alla MafiaDi Martina Comino IIIE

    l 6 Gennaio 2020 in via Libertàa Palermo sono state poste cin-que corone di fiori davanti al

    luogo dell’eccidio dove, 40 anni fa,è stato assassinato dalla mafia l’al-lora presidente della regione SiciliaPiersanti Mattarella, nonché fra-tello dell’attuale Capo dello Stato,Sergio Mattarella. Alla commemo-razione erano presenti i familiari, lemassime cariche istituzionali sici-liane e molte altre persone.Probabilmente come ben sappiamola lotta alla mafia è da sempre unodegli argomenti più trattati oggi inItalia e da molto tempo ormai è unodei nodi che il nostro Stato sta cer-cando di districare. Sono molti co-loro che in passato hanno cercato disostenere la giustizia per far fronteall’avanzata delle organizzazionimafiose, alcuni di questi hannoanche perso la vita come i magi-strati Giovanni Falcone e PaoloBorsellino. Anche Piersanti Matta-rella, assassinato il 6 Gennaio 1980dalla mafia siciliana, “Cosa no-stra”, si battè per avere una Sicilia“con le carte in regola”; propriocome disse lui stesso durante la sualotta all’ingiustizia.Piersanti Mattarella nasce a Castel-lammare del Golfo, Sicilia, il 24maggio 1935. La sua carriera poli-tica inizia con la sua elezione comeconsigliere comunale di Palermo e,in seguito, come assessore regio-nale, dove inizia a distinguersi peril suo approccio trasparente alla po-litica e le sue battaglie contro la

    corruzione. Infine viene eletto pre-sidente della Regione Siciliana il 9febbraio 1978 con la maggioranzadei voti.Da presidente, Mattarella applicòcon ancora più rigidità il suo ap-proccio trasparente verso la politicae si pose in aperta sfida contro lamafia, soprattutto nel settore degliappalti e dell’urbanistica, dovecercò di combattere la specula-zione, andando contro gli interessidegli imprenditori edili collusi conla mafia. Mattarella accentrò su disé molte decisioni solitamente ri-servate agli assessorati, pretese cri-teri più rigidi per la nomina deidirigenti pubblici e soprattutto or-dinò inchieste sulle amministra-zioni locali sospettate dicorruzione. Nel 1978, dopo l’omi-cidio dell’attivista di sinistra Pep-pino Impastato, organizzato dallamafia, Piersanti Mattarella andònella città di Cinisi e tenne un durodiscorso contro “Cosa nostra”.L’anno dopo, quando il deputatoPio La Torre accusò l’assessoratoall’Agricoltura siciliano di esserecorrotto dalla mafia, Mattarella siunì a lui richiedendo maggiore giu-stizia e legalità.La sua lotta all’ingiustizia continuòfino alla sua morte, quando caddevittima dell’attentato ordito da“Cosa nostra” il 6 Gennaio 1980mentre si dirigeva con la famigliaalla messa dell’epifania. Inizial-mente si pensò a un attentato terro-ristico da parte di un gruppo

    neofascista. In realtà a seguito delleindagini successive, tra cui quelladel 1991 del magistrato GiovanniFalcone, risultò che gli esecutorimateriali erano stati dei neofascistiche avevano però agito su ordinedella mafia.Gli esecutori materiali non furonomai presi ma vennero condannati iprincipali componenti della “cu-pola” di Cosa nostra.Da molti venne definito l’omicidiomafioso di un “uomo politiconuovo” che voleva cambiare “dadentro” un sistema vecchio e ormaimarcio. Marcio poiché la politicainterna stessa della Sicilia era av-vinghiata da rapporti con la mafia,in particolare nel sistema degli ap-palti. Questa è definita una dellebattaglie di Piersanti Mattarella piùdure e allo stesso tempo invisibile,purtroppo ancora oggi di grande at-tualità.Durante una delle sue ultime di-chiarazioni egli disse testualmente“Si deve reagire con fermezza, al dilà delle parole, delle celebrazioniche rischiano di assumere un ruolodi rito... Provo un senso di pro-fonda inquietudine, anche per il ve-rificarsi di una specie diassuefazione ai fatti di violenza.”Parole con le quali l’ex Presidentecondivide la sua idea di lotta control’ingiustizia. Parole che voglionoessere un monito a continuare nellalotta contro le mafie.

  • Come scriverà Giuseppe Matulli, importante esponente della Democrazia Cristiana, “Piersanti era, nel dibat-tito interno alla DC, un convinto esponente del gruppo di Aldo Moro, quel gruppo di politici ed intellettualicattolici che furono presi particolarmente di mira dalle Brigate Rosse” (oltre allo stesso Moro, Vittorio Ba-chelet, Roberto Ruffilli. Con Piersanti la mafia precedette le BR). Inoltre il padre, Bernardo Mattarella, auto-revole parlamentare, in collegamento con Luigi Sturzo in esilio, aveva fondato la DC nella Sicilia appenaliberata e aveva condotto, in Sicilia, la battaglia per la repubblica nel referendum del 1946.

    Nella foto in alto Piersanti Mattarella assieme all’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini.

  • Il ritratto del premier UK

    Chi è veramente Boris Johnson?Di Jean Denis Roselli della Rovere IIIB

    apelli rossicci e arruffati,robusto, occhi penetranti,noto per i suoi eccessi in

    cibo e donne, leader dei conserva-tori. Insomma, un Donald TrumpInglese? No, e nonostante sia que-sta la figura a cui l’opinione pub-blica lo associa, il primo ministrodel Regno Unito è in realtà un per-sonaggio pressoché unico nel pano-rama politico internazionale, unleader da alcuni definito “postmo-derno”, che rappresenta un unicumnella destra, non solo inglese maanche internazionale, e che hamesso in crisi la sinistra europea.Alexander Boris de Pfeffel Johnsonnasce a New York nel 1964 (perlungo tempo ha detenuto la cittadi-nanza americana) da un’agiata fa-miglia inglese di origini turche,ebraiche, russe, francesi e tedesche;fu sordo per gran parte dell’infan-zia. In seguito ad un miracoloso in-tervento che gli permise direcuperare l’udito, una delle sueprime dichiarazioni fu di voler di-ventare “re del mondo”. Ritornatoin Gran Bretagna, si trasferisce conla madre, in seguito al divorzio deigenitori, e abbandona il cattolice-simo a favore della Chiesa d’In-ghilterra. Vive per un certo periodoa Bruxelles e frequenta la ScuolaEuropea. In seguito nel RegnoUnito studia presso il prestigiosoEton college (che da più di 500anni forma la classe dirigente UK)e si laurea a Oxford in lettere clas-siche (non senza esserne stato no-minato prima segretario e poi

    presidente della Oxford Union).Nel 1987 viene assunto dal Timescome giornalista ma verrà licen-ziato per aver inventato una cita-zione dello storico Colin Lucas(suo padrino di battesimo). Verrà in seguito assunto dal DailyTelegraph come corrispondente daBruxelles, diventando uno dei mag-giori esponenti dell'euro-scettici-smo (sarà il giornalista preferito diMargaret Thatcher) e in generaleuno dei più noti giornalisti del Te-legraph, per i suoi articoli che ave-vano particolare risonanza nellaclasse media conservatrice dellaGran Bretagna, tanto da essere pro-mosso nel 1994 “chief political co-lumnist”. Nel 1993 espresse la suaintenzione di candidarsi alle ele-zioni europee del ‘94 come espo-nente del partito conservatore,senza però ottenere risultati. Nonscoraggiatosi, decise di candidarsicome membro della camera dei co-muni, ma verrà sconfitto nella suacircoscrizione (North Wales) dal-l’avversario laburista. Prosegue al-lora la sua attività di giornalista escrittore, facendo debutto anche intelevisione. Nel 2001 si candidanuovamente alla camera dei co-muni, questa volta con successo(dovuto in parte anche alla suafama televisiva).Da questo momento prosegue lasua carriera politica, che lo porteràad essere due volte sindaco di Lon-dra, per poi diventare ministrodegli esteri nel governo May e suc-cedere infine a quest’ultima il 23

    luglio 2019, nel ruolo di primo mi-nistro, nonché neo-leader del par-tito conservatore inglese. Si èimpegnato molto sul rispetto delvoto referenziale sulla Brexit delgiugno 2016 (anche su questa si èbasata la sua campagna elettoraleche lo ha riconfermato primo mini-stro il 12 dicembre 2019).Ma cosa rende questa figura unicanello scenario internazionale?Innanzitutto, come abbiamo visto,Johnson ha un retroscena che lo av-vicina molto di più al presidentefrancese Macron che a DonaldTrump, al quale viene solitamenteparagonato: è un uomo preparato,proveniente dall’élite pensantedella Gran Bretagna, colto, tantoche lo si è sentito recitare in pub-blico centinaia di versi dell’Iliade edell’Eneide (senza essersi primapreparato). È inoltre un buon pit-tore, considera Pericle come suoeroe ed è autore di molti libri dinarrativa e di un saggio di storia ro-mana (nel quale affiora nettamentela sua ironica lucidità e la sua nonaffinità con il politically correct,che troppo spesso domina scritti ediscorsi dei politici). In secondoluogo, il suo pensiero e la sua lineapolitica non aderiscono ai luoghicomuni della destra europea e ame-ricana; così definisce la sua lineapolitica:

  • favore dell’immigrazione, a favoredi chi ce la fa da solo, favorevoleall’alcol, alla caccia, ai motori epronto a difendere fino alla morteil diritto di Glenn Hoddle di crederenella reincarnazione. >>Da ministro degli esteri feceesporre la bandiera arcobaleno sututte le ambasciate britanniche inoccasione del gay pride e, a diffe-renza di ciò che accade in Franciacon Marine Le Pen, in Italia conMatteo Salvini e in Ungheria conViktor Orbàn, la sua base elet-torale è multietnica ed è assentequalsiasi accezione nazionali-sta, razzista o antisemita maiespressa ma sempre sentita daparte dell’elettorato del-l’estrema destra. Lui stesso haorigini multietniche e allo stessomodo sono figli di immigratimolti suoi ministri e collabora-tori. Ha dimostrato attenzione esensibilità per le problematicheambientali, creando a Londrauna flotta di taxi ad idrogeno, eha dato prova a Londra (in par-ticolare per le Olimpiadi del2012) di grande capacità orga-nizzativa.È sicuramente criticato da moltiper la sua linea dura a propositodella Brexit: antieuropeista fin dalprincipio, assieme a Nigel Farage,fu uno dei principali sostenitori delreferendum del 2016 e ha tentato diraggiungere la Brexit no-deal entroil 31 Ottobre 2019, arrivando a so-spendere le attività del parlamento(procedura poi dichiarata illegale)e a disfare la maggioranza per giun-gere a elezioni anticipate in seguitoal fallimento di quest’ultimo tenta-tivo. La Brexit sarà probabilmenteeffettuata entro il 31 gennaio diquest’anno, come promesso nellacampagna elettorale del 2019.Lo chiamano bugiardo, folle, spre-giudicato: ma l’idea della Brexit ècosì sconsiderata? Sicuramenteparlare di un’uscita dall’UnioneEuropea in Gran Bretagna è di-

    verso dal farlo in Italia: il RegnoUnito è da sempre stato proteso ol-treoceano, e i rapporti con il conti-nente sono stati quasi semprebellicosi; un’Italia senza l’UE è unPaese tagliato fuori dal mondo, mail Regno Unito ha rapporti storici,politici, istituzionali ed economicifortissimi con il Canada, con l’Au-stralia, con la Nuova Zelanda e lealtre ex-colonie, tutti paesi moltoricchi per i quali Londra è ancora lacapitale finanziaria e per cui la

    Gran Bretagna è tutt’oggi il centroculturale di riferimento. Diventeràuna colonia degli Stati Uniti, comemolti affermano? Lo sono stati, al-meno in fatto di politica estera, findagli anni ’50, e non si tratta di unlegame destinato per forza a inten-sificarsi: ormai gli Stati Uniti nonsono più la superpotenza di unavolta, sono offuscati dalla Cina,dalla Russia, dall’India... sono unanazione in crisi, che paga le conse-guenze del liberismo sfrenatodell’ultimo secolo. Sicuramentel’Unione Europea non dà rispostein questo scenario sempre più com-plesso, e sicuramente l’Unione Eu-ropea non rappresenta l’Europa deipopoli, ma l’Europa delle élite fi-nanziarie. L’UE non ha una vera e

    propria politica estera, non ha isti-tuzioni comuni, non ha una visioneunitaria. E non essendo necessariorestarci alla sopravvivenza delRegno Unito, è comprensibile il de-siderio di uscirci, soprattutto per unpopolo ambizioso e con un passatodi superpotenza.Ma Boris Johnson è originale per ilsuo rapporto con la politica, per ilmodello che propone: le democra-zie occidentali sono in crisi, tantoche i Paesi emergenti come la Cina,

    la Turchia o la Russia non sonodemocratici (di fatto), o almenonon sono liberali; ciò potrebbeindurci a forme di governomeno democratiche, o all’ab-bandono della libertà del sin-golo a favore di uno stato piùforte. Johnson invece è figliodella lunghissima tradizione de-mocratica inglese ed è immunedal populismo (che spesso ar-riva a mettere in discussione lostato di diritto) e dall’eterna dia-triba tra fascisti (nei confrontidei quali la destra europea èspesso troppo indulgente o sim-patizzante) e comunisti (alla cuitradizione si appellano i semprepiù deboli partiti di sinistra). Dasindaco di Londra ha reintro-

    dotto lo studio obbligatorio del la-tino nelle scuole pubbliche,sostenendo che sia utile nel formarecittadini consapevoli di quello cheleggono, di quello che sentono e dicome si esprimono. Illuminantisono i suoi interventi pubblici neiquali analizza la retorica di Chur-chill, del quale ha scritto una bio-grafia di discreto successo. Johnsonè ben conscio delle strategie neces-sarie al giorno d’oggi per ottenereconsensi e risonanza. Ammettendodi essere “a wise guy playing thefool to win””, Johnson ricorda atutti che senza consapevolezza nonc’è democrazia e che il populismoavanza proprio perché noi cittadininon siamo più capaci di distinguerela maschera dalle intenzioni.

  • Australia in fiamme Di Emma Tomasi IIIE

    ncendi che hanno devastato mi-gliaia di ettari di terreno per untotale che oscilla tra gli 8 e i 10

    milioni; aria irrespirabile, alteratadai fumi rossi che le conferisconoun terrificante colore arancione;una trentina di vittime a causa diproblemi respiratori e un miliardodi mammiferi e rettili scomparsi,tra cui canguri e koala, a rischio,questi ultimi, entro il 2100, di estin-zione: è questo lo scenario apoca-littico con cui si presenta, daottobre a questa parte, l’Australia.Le cause, non ancora del tuttochiare, si costituiscono da una metàdi origine naturale (il grande caldo,media di 42°C) e un’altra metà diorigine umana di tipo colposo o do-

    loso. La cosa che stupisce di più èil fatto che ora nell’emisfero au-strale sia piena stagione invernalee purtroppo il prospetto di terrebruciate durante la stagione estivaammonta, secondo alcuni esperti, a15 milioni di ettari. Comunque, adanni fatti siamo tutti bravi ad ac-cusare e a puntare il dito; l’unicacosa da fare in questi casi però èagire. E se non si hanno i mezzi ne-cessari per agire, perlomeno cer-care di far conoscere a tutti ilproblema al fine di trovare una so-luzione. Purtroppo, nonostante lamaggior parte di noi sia già infor-mata su quello che sta accadendo inOceania, credo però che sfuggaall’attenzione di molti un dettaglio

    importante: i roghi che si sono sol-levati a causa della terribile siccitànon andranno a nuocere solamenteall’Australia, ma anche e soprat-tutto al mondo intero. Partendodalla vicina Nuova Zelanda, chepur non essendo colpita da incendipresenta dense foschie che hannoalterato la qualità dell’aria e colo-rato la neve dei monti di giallastroaumentando la probabilità di scio-glimento dei ghiacciai; oppure spo-standosi a ovest, dove il fumo degliincendi ha raggiunto anche moltecittà del Sud America. È spaven-tosa la velocità con cui i compostinocivi si stanno espandendo ma an-cora più spaventoso è sapere che inbreve i residui degli incendi rag-

    Ambiente e clima: gli incendi in Australia

  • giungeranno il resto del pianeta, at-traverso un processo probabilmenteinarrestabile. Per non parlare poidelle emissioni degli incendi stessiche andranno ad aggravare la giàfragile situazione climatica. Negliultimi anni di questo decennio nonsolo in Australia, ma anche nel pol-mone verde, l’Amazzonia semprenel 2019, e in California nel 2017,si sono verificati importanti incendiche hanno modificato in modo irre-parabile la geografia del nostro pia-

    neta. Dopo ben tre campanelli d’al-larme che la Terra ci ha lanciato,credo sia giunto il momento di rim-boccarsi le mani e prendere inmano la situazione. E’ facile met-tere like su Instagram all’ennesimopost a sostegno dell’Australia e di-menticarsene un secondo dopo, ocompletamente ignorare la situa-zione perché lontana dalla nostrarealtà. Questo è un problema con-creto per milioni di persone co-strette a vivere in condizioni

    disumane e altamente pericolose etra non molto lo potrebbe essereanche per noi. Quando sentiremol’odore di bruciato affacciandocidalla finestra sarà ormai troppotardi per fare qualcosa. Questa tut-tavia non vuole essere una catastro-fica sentenza ma, anzi, un monito eun incoraggiamento verso noi, ge-nerazioni future, ad impegnarci inmodo attivo e salvare il nostro pia-neta da una morte prematura.

    Un vigile del fuoco disseta un Koala vittima degli incendi. Alla pagina precedente i terribili effettidegli incendi che hanno compromesso o completamente distrutto intere zone abitate.

  • Ambiente: Ong accusa il governo e vince la causa

    In Olanda vincono i cittadini...

    a crisi climatica è uno degliargomenti più discussi degliultimi anni, accompagnato

    dalle ovvie domande: c’è una solu-zione? Qual è?Continue critiche vengono mossecontro gli Stati e i loro rispettivileader, accusati di non fare nullaper contrastare gli effetti di questacrisi. Le stesse persone comuni siscontrano tra loro, poiché in pochi,nel loro piccolo, cercano di farequalcosa. Ma la risposta rimanesempre la stessa: “Da soli, non sipuò cambiare il mondo”. Se questaè spesso la giustificazione di moltisingoli, lo è stata anche di unoStato, l’Olanda, che, davanti allaCorte Suprema, ha sostenuto di nonpoter risolvere, da solo, un pro-blema di proporzioni globali. Nel2013 infatti la ONG ambientalista“Urgenda” aveva fatto causa alloStato olandese accusandolo di nonfare abbastanza per contrastare ilcambiamento climatico e proteg-gere i suoi cittadini. Nel 2015 ilTribunale dell'Aia si era pronun-ciato contro lo Stato, che avevafatto appello, per poi perdere dinuovo. Alla fine il caso è arrivatoalla Corte suprema e lo Stato haperso definitivamente la causa il 21dicembre 2019. Nulla di simile era

    mai accaduto prima: dopo questasentenza lo Stato olandese dovrà ri-durre, entro la fine del 2020, leemissioni di gas climalteranti di al-meno il 25% rispetto al 1990. Qua-lora il governo non rispetti questasentenza, si tratterà di violazionedel diritto alla vita e al benesseredelle persone, sanciti negli articoli2 e 8 della Convenzione Europeadei Diritti Umani.La grande novità di questa vicendaè lo spostamento della questioneambientale su un piano completa-mente nuovo, quello legale. Il pre-mier olandese Mark Rutte haaffermato alla stampa la sua pienaintenzione di rispettare la sentenza,anche se non sarà una sfida facile:una delle opzioni che potrebbero ri-velarsi risolutive è la chiusura dellecentrali a carbone, aperte tra il2015 e il 2017. Gli avvocati dellaONG hanno sottolineato l’impor-tanza di questa sentenza, in quantodimostra i pericoli che incombonosulla popolazione. Inoltre la causasolleva un’altra questione fonda-mentale: è legittimo per un tribu-nale giudicare la politica di ungoverno e chiedere che questa po-litica venga cambiata? Riguardoquesto argomento, pare che talegiudizio sia stato ammissibile.

    Ora la battaglia arriva qui in Italia.A marzo infatti sarà presentata laprima causa contro lo Stato italianoportata avanti da un gruppo di as-sociazioni e movimenti ambienta-listi, che chiederanno all’Italia diattuare misure più rigide per ri-spondere ai cambiamenti climatici.Il caso dell’Olanda non ha certo,per il momento, potuto cambiare lesorti della crisi climatica, ma è riu-scito a farsi sentire nel mondo e aincoraggiare cittadini di altri statiche non avrebbero mai pensato cheun’azione del genere sarebbe statarealizzabile. È una sentenza chetrascende i confini nazionali e puòessere una fonte d’ispirazione pertutto il mondo affinché i governiprendano le misure necessarie. As-sociazioni di comuni cittadinihanno dimostrato di poter spingerea un interesse maggiore riguardoquesto argomento dei leader poli-tici, che spesso, soprattutto neipaesi più sviluppati e industrializ-zati, mostrano di non essere inte-ressati a rispettare e a promuoverele norme ambientali. Se ormai nonesistono altre vie per rendere igrandi Stati più sensibili riguardoquesto argomento, è forse la stradagiusta passare alle vie legali?

    Di Federica Missana IIIC

  • Ambiente: architettura sostenibile e futuro green

    Intervista all’architetto LavarraDi Chiara Zanella VE

    rchitettura Green: una pos-sibile soluzione per il fu-turo. A parlare è stato

    l’architetto milanese Giovanni LaVarra, appunto nato a Milano e at-tualmente professore associato diprogettazione architettonica al-l’Università degli Studi di Udine. “Prendiamo come modello Milano,città attualmente in grande fer-mento che nel 2015 ha visto ospi-tare l’EXPO, e nel 2026 ospiteràuna parte delle Olimpiadi invernalicondividendole con altre città. La parola chiave in una città del ge-nere, e anche nel resto dell’Italia,dovrebbe essere “giovani”: l’Italiaè uno dei Paesi con la popolazionepiù vecchia in Europa, e questocomporta che molte delle decisionivengano prese da persone chehanno un’età più alta rispetto aquella dei giovani e quindi non ri-specchiano a pieno le loro volontà.Milano in questo va controten-denza e sta diventando una citta-dina molto “giovane e dinamica”.All’interno di questa città assiemeal mio collega Barreca abbiamoprogettato e visto completato il“Bosco verticale”."“Com’è nata quest’idea”?" A Milano sono presenti molte fab-briche dismesse e quindi si è pre-

    sentata l’opportunità di valorizzarelo spazio che attualmente ospita ilBosco verticale che è piuttosto vi-cino al centro, tra la Stazione Cen-trale e la Stazione Garibaldi." “Come si sviluppa un progettourbano green”?" La città ci mette tanto a costruirsi;può essere considerata un processoevolutivo nel quale si convivemolto spesso con dei cantieri. Lazona che ci era stata affidata si af-facciava su un parco e da lì è natal’idea di combinare l’edilizia e glialberi. Avendo una grande planime-tria abbiamo deciso di costruire duetorri, contenenti degli appartamenti(144) pur sapendo che solo dapochi anni ai milanesi piace vivere“in alto”."“Quali sono le novità di questacostruzione”?“Costruire un edificio che potessecontenere al proprio interno as-sieme ai balconi degli alberi,così daintegrare il rapporto edilizia-natura.Le due torri rispettivamente sonoalte 108m(25 piani) e 78m(18piani). In totale gli alberi sono900,di 90 specie diverse,quindi unvero e proprio bosco: questo per-mette di produrre ossigeno, riducela temperatura d’estate, funge dabarriera acustica e risulta anche

    molto gradevole alla vista."“Quali sono state invece le per-plessità”?" Ci sono state delle perplessità chealla fine sono state risolte. Il para-petto del balcone invece di esserenormale, è una vasca che contienele radici degli alberi. Non ci sonoparticolari tecnologie, ma solomolto cemento armato. La partico-larità è che gli alberi non sono deiproprietari degli appartamenti madel condominio e della città, perciòla manutenzione avviene permezzo di operatori esterni. Si è do-vuto anche gestire la distribuzionedegli alberi in base al loro bisognodi luce e alle loro caratteristiche."“In un momento in cui si parla dicambiamento climatico pensache questa possa essere una solu-zione”?" Certamente, qualsiasi prototiposimile al Bosco verticale può aiu-tare in questo senso. La “green ar-chitecture” è composta da unedificio tradizionale che supporta lecriticità del cambiamento clima-tico. Con il passare del tempo ve-dremo gli effetti che il Boscoverticale avrà sulla qualità delclima di quella zona."

  • Ambiente: giovani green grazie a Yrevolution

    “Ripuliamo Udine!” Di Chiara Zanella VE

    uando si sente parlare digiovani e di “green” non sipuò non parlare del gruppo

    di Yrevolution, gruppo di giovaniimprenditori nel social marketingche si sviluppa principalmente intre aree: la creazione di una rete diconsumatori consapevoli; la se-conda si occupa della formazionedella persone affinché questa im-pari ad auto-migliorarsi e a faremergere il proprio talento; la terzadel migliorare il mondo circostante,e questo prevede una serie di pro-getti rivolti alla comunità affinchéognuno di noi possa essere utileagli altri e aiuti a cambiare ilmondo. Di questi fa parte il pro-getto “Ripuliamo Udine”, che il 25gennaio è giunto ormai alla 6°edi-zione. Questo progetto nelle varieedizioni ha coinvolto vari ragazziche il sabato mattina si ritrovano etutti assieme vanno per le strade delcentro città a raccogliere mozziconidi sigaretta, che sono uno tra gli in-quinanti più presenti al mondo. Sa-bato hanno partecipato 18

    volontari, tra cui anche EmanueleQuagliaro e Chiara Zanella del MVscuola e sono stati raccolti circa 15000 mozziconi; buon risultato otte-nuto sia dall’impegno dei volontariche grazie agli enti che sostengonoil progetto quali Bortolin Gioielle-rie, il Comune di Udine, la Net,Animaimpresa e Cumlaude21. Yre-volution collabora con Amway,azienda di multi-level marketingche li supporta a livello commer-ciale per creare la rete di consuma-tori consapevoli, e conCumlaude21 che oltre ad aiutare igiovani per la realizzazione di “Ri-puliamo Udine”, offre la forma-zione alla persona: questa non è laclassica formazione ma risulta unaforma alternativa e smart, flessibilein base alle esigenze. Abbiamoscambiato alcune parole con unatra i “leader” del gruppo, Ilda Ceka,la quale dice “proponiamo questeiniziative perché dopo aver presoconsapevolezza in alcuni ambiti,crediamo di doverci assumere la re-sponsabilità di trasferirla in altre

    persone cosicché la conoscenza sidiffonda. Coinvolgimento e colla-borazione sono le nostre parolechiave e quelle che crediamo sianoil miglior modo per interagire;unendo più talenti otterremo unmaggior risultato”. Il progetto Ri-puliamo Udine è in via di amplia-mento, perché si vuole andare acoinvolgere anche alcune famigliedella città con un progetto legatoalla riduzione dei costi derivati dalconsumo di acqua in bottiglia diplastica piuttosto che di vetro. Allefamiglie scelte verrà fornito un ap-parecchio per la depurazione del-l’acqua così da vedere nell’arco diun anno quanto risparmio si ha uti-lizzando l’acqua propria anzichéacquistandola al supermercato.Questo verrà fatto per sensibiliz-zare la popolazione in quanto i datici mostrano come l’Italia risulta es-sere il 3° Paese al mondo per con-sumo di acqua in bottiglia.

  • I ragazzi volontari dediti alla raccolta dei mozziconi per le strade del centro cittadino.

  • parlamenti sono le aule dove i paesi fanno politica e una loro caratteristica mi è sempre saltata all'occhio ,la loro forma. La forma sembra una questione dettata solo dalla bellezza o dalla praticità ma in realtà, seci si ferma a riflettere, la forma del parlamento determina l'organizzazione dei diversi schieramenti politici

    e il modo in cui si conduce il dibattito.Ma quali sono le forme più adatte ad un parlamento per instaurare unutile dibattito? Prendendo d'esempio l'Italia, la forma del nostro parlamento, ovvero quella di un semicerchiocon i banchi del governi e della presidenza posti davanti, è una buona forma per fare politica in una democra-zia?La risposta è sicuramente positiva, infatti il semicerchio è una delle forme di parlamento più usate al mondopoichè permette il coinvolgimento di tutte le persone che vi presiedono, tutti si sentono partecipi; e non è uncaso che sia il parlamento europeo sia addirittura l'assemblea generale dell'ONU a New York abbiano la stessaforma.Il semicerchio non è però l'unica forma utilizzata al mondo per il parlamento, infatti ci sono anche delleforme di parlamento non congrue alla “buona democrazia”. Queste forme si trovano nei paesi in cui il livellodi democrazia e la libertà di dibattito sono molto scarsi come Russia,Cina o Corea Del Nord, dove appunto laforma utilizzata è la stessa, ovvero quella chiamata ad “aula scolastica”. I parlamentari, la cui unica funzioneè quella di ascoltare e annuire, sono disposti in file con davanti un imponente banco che funge da “cattedra”in cui i capi politici parlano.Un' eccezione particolare riguarda la forma parlamentare usata in parecchi paesidel Commonwealth. L'esempio più famoso è sicuramente l'Inghilterra. La forma del parlamento inglese, chia-mata a “banchi contrapposti”,favorisce scambi di idee e dibattiti veloci tra le due fazioni politiche e consentelo sviluppo di un agonismo che le altre forme di parlamento non riescono a dare, visto che i due schieramentipolitici sono disposti appunto in maniera nettamente contrapposta, quasi a voler sottolineare la distanza e la ri-valità tra i politici che governano il paese e i politici che fanno parte dell'opposizione. Da tutto questo si deduceche le architetture dei parlamenti sono un importante testimonianza e un valido indizio della politica di unpaese.

    Pensieri e Riflessioni: politica

    Le forme della politicaDi Leonardo Marchetti IIIC

    La Camera dei Deputati del Parlamento italiano, palazzo Montecitorio, Roma.

  • Pensieri e Rflessioni: la storia e i giovani

    Avvicinare i giovani alla storiaDi Emanuele Quagliaro IVA

    vvicinare i giovani allastoria: questo uno dei temidella trasmissione “Casa

    Friuli”, in onda su Radio 1 FVGmartedì 7 Dicembre. Ai microfonidell’emittente hanno risposto alledomande delle giornaliste AntoniaPillosio eArianna Zani GiuseppeMorandini, presidente della Fonda-zione Friuli e Tommaso Piffer, or-ganizzatore del Premio FriuliStoria, insieme a Valerio Marchi,insegnate e storico e al sottoscritto(invitato in quanto vincitore del se-condo premio al concorso Friuliscuole nell’anno 2018 ndr).All’albadel XXI secolo, fra smartphone,tecnologia e generale disinteresseper la lettura, è ancora possibile in-segnare ai giovani l’amore per lostudio del passato?“Assolutamentesì” spiega Valerio Marchi, docentedi storia e filosofia presso l’i.s.i.s“A.Malignani” “ ma è necessarioun cambio di prospettiva: vedo in-fatti che ogni giorno i miei studentidanno il meglio nelle mie materiedi sé quando è richiesto loro diadottare un approccio multidiscipli-nare, che coinvolga le conoscenzeda loro acquisite nei più diversi am-biti. Uscendo dalla logica dei com-partimenti stagni, che mira a dareuna formazione, magari dettaglia-tissima, in una specifica materia, ho

    constatato che sono in grado di rea-lizzare lavori di altissimaqualità”.Precursore nel campo dellamultidisciplinarietà è senza dubbio,come ha ricordato Tommaso Piffer,professore associato di Storia con-temporanea presso l’Universitàdegli Studi di Udine, il PremioFriuli Scuola, giunto alla terza edi-zione. Quest’anno infatti nel con-corso, rivolto agli studenti dellescuole medie superiori delle pro-vince di Udine e Pordenone, è stataintrodotta la possibilità di presen-tare un elaborato multimediale ri-guardante la storia del Novecento,con tanto di premio specifico per ilavori non cartacei. “Con questo ri-conoscimento” afferma “miriamo aspingere una sempre più vasta pla-tea di ragazzi ad approcciarsi allastoria in modo diretto, compren-dendo cosa vuol dire fare lo storico.Quando parlo di giovani non mi ri-ferisco solo ai liceali ma soprattuttoa coloro che frequentano scuole adindirizzo tecnico o professionale,perché la storia è di tutti”. Comedargli torto, considerando che tuttie tre i vincitori della seconda edi-zione del Premio Friuli Scuole pro-vengono da istituti tecnici.Lostudio della storia è intrinseca-mente legato alla lettura delle operestoriografiche, la cui diffusione è

    però alquanto ridotta fra i giovani.“E’ proprio per questa ragione”conclude Piffer “ che il Premio Na-zionale di Storia ContemporaneaFriuli Storia è fiero dell’avere fra isuoi 300 giurati molti studenti. Seanche uno solo di loro si appassio-nerà alla storia, leggendo uno deivolumi che noi forniamo ai membridella giuria, allora, malgrado tuttele difficoltà tecniche, ritengo che nesia valsa la pena”.Non sarebbe tut-tavia pensabile di organizzar il Pre-mio Friuli Scuole che ha dato atanti ragazzi la possibilità di met-tersi in gioco e di sperimentare sulcampo le difficoltà del mestieredello storico senza il supporto dellaFondazione Friuli e del suo presi-dente, Giuseppe Morandini. “ LaFondazione sostiene con entusia-smo entrambi i premi perché credefermamente nell’importanza delladiffusione dell’interesse per la sto-ria, soprattutto fra le giovani gene-razioni. Ogni anno, grazie alpremio Friuli Storia, centinaia dipersone hanno l’occasione per con-frontarsi con testi di grande valoree attualità che altrimenti in granparte dei casi non avrebbero maipreso in considerazione.”

  • Pensieri e Riflessioni: internet e politica

    La persuasione nel mondo del Web

    'argomento della tecnologia e degli effetti dei social network sulla società di oggi è uno dei più dibattutidegli ultimi anni. Ed è evidente che, nella maggior parte dei casi, noi giovani non ci dimostriamo par-ticolarmente interessati. Preferiamo invece lasciar parlare gli adulti nonostante la nostra generazione

    conosca l'ambiente di Internet in modo piuttosto approfondito. Su questo non si può discutere ma ci sono alcuniargomenti a cui dobbiamo rivolgere la nostra attenzione, soprattutto in qualità di "Generazione Z", come siamospesso definiti. Ciò che in molti devono realizzare, è che al giorno d'oggi Internet e i social non sono più unsemplice luogo d'incontro virtuale. Certo, tutti usiamo i nostri cellulari e computer per scaricare musica, guar-dare serie tv o tenerci in contatto con i nostri amici, ma basta entrare in un qualsiasi social network per capireche c'è molto di più. Pensiamo, per esempio, alle innegabili influenze che hanno avuto e hanno tutt'ora i socialnel mondo della politica. Non è un argomento di discussione molto in voga, soprattutto tra noi giovani, ma inquesto caso bisogna essere consapevoli che non si tratta di posizioni o pensieri particolari, ma di qualcosa cheriguarda tutti noi. “Non c’è nel petto dell’uomo passione più forte del desiderio di far pensare gli altri comelui.” Questa è una delle più famose frasi di Virginia Woolf, celebre scrittrice britannica degli inizi del Novecento.Sono passati circa cento anni e possiamo dire che ci avesse visto giusto: la tanto discussa influenza del mondotecnologico sulla nostra società si basa proprio su questo concetto. E visto quello che è successo in passato, bi-sogna stare all'erta. Ma in modo concreto, che cosa c'entra la persuasione, in questo caso soprattutto politica,con i social network? Non è complicato: ci sono persone che utilizzano tutti i mezzi in loro possesso per ottenere il consenso delle persone comuni allo scopo di raggiungere i propri obiettivi. E qual è stata una delle più grandi intuizioni moderne? Proprio il fatto che non c'è nulla di più vicino ai singolicittadini del mondo del web. È sufficiente riportare alla memoria un fatto molto recente, fra i tanti di cui si po-trebbe parlare. Il riferimento va all'arcinoto Russiagate, che, in poche parole, riguarda l'influenza della Russianell'elezione di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti. Il rapporto finale sull'inchiesta è incerto, manon smentisce del tutto le accuse, e buona parte dell'opinione pubblica si schiera contro Trump. Ma veniamoal dunque: gran parte del presunto intervento dei Russi (che sostenevano il Presidente per interessi personali)è stato caratterizzato da profili falsi su Facebook e Twitter che supportavano il candidato repubblicano, spessopresentando fake news contro i suoi rivali. Fake news: è un altro di quei termini di cui, in alcuni casi, non nepossiamo già più ma che dobbiamo conoscere a fondo. Globalmente, il caso del Russiagate è l'esempio piùnoto di questo fenomeno, che però non può essere ignorato nel nostro Paese. In Italia, infatti, il numero dinotizie false in politica cresce sempre di più, raggiungendo cifre esorbitanti. Ma questo è solo uno dei tantimetodi usati sul web per persuadere la popolazione. E i metodi in questione non richiedono sempre l'interventodi altri soggetti (come nel caso dei russi). L'abile politico non è più colui che presenta le idee migliori bensìcolui che è maggiormente capace di convincere gli elettori. E ciò non riguarda solamente Trump, ma anche al-cuni individui molto più vicini a noi. L'opera di "convincimento" avviene molto spesso sui social network. Èquasi superfluo descrivere i modi in cui ciò avviene: la costante richiesta di sostegno da parte del popolo, lapossibilità di attaccare gli avversari anche decine di volte al giorno (senza ricorrere ai quotidiani o alla televi-sione come in passato) e, in maniera fin troppo eclatante, la volontà di mostrarsi vicini alle persone comuni.Tutte caratteristiche rintracciabili in alcuni profili social dei nostri politici. Siamo quindi sicuri che questo argomento sia ormai già superato e non riguardi niente di concreto? La rivolu-zione tecnologica vera e propria è piuttosto recente e le infinite potenzialità del mondo del web si sono mostratesolo in parte. Sta soprattutto a noi giovani, che siamo nati nel pieno di questa società, far sì che Internet e isocial network siano luoghi liberi, che non possano essere utilizzati in maniera scorretta e sleale.

    Di Francesco Comand IIIC

  • I principali leader politici del momento, tutti accomunati da una caratteristica: l’uso dei social.

  • Pensieri e Riflessioni: cos’è il limite?

    Il limite: da Ulisse a Elon MuskDi Giorgia Burato VD

    robabilmente più che cos’è illimite sarebbe più giustochiedersi se esiste effettiva-

    mente il limite, se esiste (e ha sensoche esista) la controparte concretae reale di questo eterno concetto:l’ἀδύνατος (dal greco “impossibi-lità”) di andare oltre a qualcosa.Credo che questa questione sia piùche mai attuale di questi tempi incui il limite più che un ostacolo,una barriera posta tra la nostra idea,talvolta utopica e reputata irrealiz-zabile, e la sua realizzazione, è unaspinta, una sfida, un’incitazione asorpassarlo e a dimostrare a tutti laloro limitatezza nell’averlo sempreconsiderato tale, l’andare oltre a ciòche tutti credevano fosse finito oche non fosse possibile o lecitofare. Lewis Carrol in Alice nelpaese delle meraviglie dice «Alicesorrise: “Non ha senso tentare”,disse, “non si possono credere coseimpossibili”. “Direi piuttosto chenon hai molta pratica”, disse la Re-gina, “quando ero più giovane, lofacevo sempre per mezzora algiorno. Alcune volte ho credutofino a sei cose impossibili prima dicolazione”.» Si vede dunque comesia labile questo concetto, sogget-tivo e quindi effimero, basta un sof-fio per farlo muovere un po’ più inlà. Ciò che per Alice è impossibile,per la Regina è qualcosa di banal-mente possibile. Leggendo questapiccola estrapolazione dal classicodi Carrol mi risuona in mente ilmotto di uno dei più grandi impren-

    ditori del nostro tempo ovvero JeffBezos che, con la sua politica del“Why not?”, ha cambiato radical-mente il volto dell’e-commercemondiale. Perché non pensare pos-sibile qualcosa reputato impossi-bile dagli altri? Proseguiamo. Aquesto punto dovremmo chiederciil motivo e chi ha deciso di porre inquel punto l’asticella, la colonnad’Ercole, il “non plus ultra”. Inquesta società, a differenza di comeavveniva nell’antichità (e se vo-gliamo fino all’età medievale,nell’eta pre-moderna), il territorioinesplorato che potremmo desi-gnare con l’espressione latina hicsunt leones non è più visto inmodo negativo, un’invasione di unterritorio che non deve essereesplorato per non incorrere nellapunizione di qualche divinità, pernon fare qualcosa di sacrilego checi porterà alla rovina. Quindi, il li-mite è sempre stato posto da undio/Dio, dall’uomo o forse è me-glio dire che l’uomo ha utilizzatouna parola, un’entità altisonantepoiché troppo orgoglioso per pro-nunciare la parola “paura” (la“cosa” più umana che si possa tro-vare nell’uomo, più connaturata inlui) e imputare ad essa il motivo delsuo volersi limitare? Si pensi allafigura di Ulisse (che noi defini-remmo un trickster); è l’uomoastuto e curioso per antonomasia, èmultiforme (nel senso greco e ome-rico del termine, πολύτροπον) ov-vero dalle molte abilità, che riesce

    a cavarsela grazie a se stesso e alleproprie risorse e se da una parte viè la sua curiosità sconfinata, dal-l’altra c’è anche la sua ὕβϱις, la suatracotanza, il suo mancato rispettoverso i limiti umani e divini e que-sto gli costò l’ira degli uni e deglialtri. Allineato con questa secondalettura, quella negativa, di Odisseotroviamo Dante che nel suo capo-lavoro, la Divina Commedia, è in-dicativo che scelga di collocarloall’interno dell’Inferno e per di piùnella Malebolge, a dimostrazionedella gravità della colpa che Dantegli affibbia. Infatti l’“eroe” è colpe-vole di essere andato “oltre”, ha su-perato il limite di ciò che potevaconoscere e perciò è stato punito daDio. È proprio per questo cheDante racconta del suo folle volo incui la follia compare per ipallage daattribuirsi a Ulisse stesso: il volodel folle. Folle perché incurabil-mente convinto che «fatti non fostea viver come bruti, ma per seguirvirtute e canoscenza»? Comunquesia, ha superato il limen e per que-sto è stato punito da Dio (o chi perLui…). In questa discussione, im-mancabile è la figura di Elon Mask,un pioniere nel vero senso della pa-rola che sta rendendo reali dei pro-getti da sempre considerati utopici,progetti da futuristi nel senso lette-rale del termine, una delle sue cita-zioni migliori, a mio avviso, suquesto argomento, è questa: «Thefirst step is to establish that some-thing is possible; then probability

  • will occur.» (Tradotto: il primopasso è stabilire che qualcosa èpossibile; poi la probabilità si av-vererà). Ovvero vai oltre, compil’impossibile e poi la probabilità tiverrà incontro; abbatti le barriereperché finche non sai cosa c’è real-mente dietro a qualcosa non puoisapere cosa ti saresti perso a rima-nere a guardare da fuori, perlomenoprovaci. Alcuni a questo puntodella trattazione potrebbero esserecontrari e affermare la necessità diporre dei limiti, «più di qua non siva», (magari perché è sempre statocosì e quindi è giusto che rimangacosì) e magari facendosi l’annosadomanda: “Sennò dove arrive-remo?” e potrebbero citare Rebe-lais con il suo celebre e abusatomotto “Scienza senza coscienza

    Elon Musk, imprenditore sudafricano con cittadinanza canadese e naturalizzato statunitense.

    non è che rovina dell’anima” peròcredo che sia estremamente eva-sivo questo termine, coscienza, per-ché presuppone l’esistenza di unacoscienza comune, una koinè, maquesto non può essere: coscienza èsinonimo di capacità di discerni-mento interiore e visione sogget-tiva della realtà da partedell’individuo o di un gruppo bendefinito, e soprattutto la scienza(quella vera, utile, positiva) non ècoscienza. Infatti i loro due campidi interesse non collimano in nes-sun modo, tecnologia non è etica,medicina non è religione. L’uomoè antropologicamente portato a co-noscere e avanzare, per curiositàma anche per ricercare il motivoprofondo delle cose e migliorare lasua esistenza grazie alla ricerca. In-

    fine credo che ci si debba rendereconto di quanto sia sbagliato masoprattutto inutile ed assurdo porrelimiti alla conoscenza, alla ricerca,al progresso, principalmente perdue motivi: il primo-appena spie-gato-ovvero quello del totale paral-lelismo e non contingenza oinfluenza del campo dell’etica equello della ricerca scientifica etecnologica; il secondo motivo èl’inevitabilità del progresso, l’unicaazione e opzione attuabile è la pro-crastinazione del progresso perchéesso è inevitabile, e poi è sul seriointelligente procrastinare una datascoperta, una data invenzione e in-novazione? Non credo. Quindi,why? O per meglio dire, why not?

  • uest’anno ho avuto la for-tuna di trascorrere una set-timana in Vietnam, a Phú

    Quôc, un’isola nell’estremo sud delPaese, davanti alle coste dellaCambogia. Poco più piccola di Sin-gapore, l’isola si è trasformata inun remoto angolo di paradiso dovevivere lentamente, nuotando trafondali e barriere coralline edesplorando le fitte foreste che rico-prono quasi la totalità del territorio.Qui, vivono moltissime specie dianimali mammiferi e volatili, chehanno trovato un accogliente rifu-gio in questa zona protetta, dichia-rata parco nazionale nel 2001.IlVietnam, per un turista, può essereun connubio vincente che rac-chiude bellezza, ma soprattuttoanche molta storia. Non bastano lesplendide spiagge che corronolungo le coste o quelle ancora piùincontaminate delle isole: si cercaun fil rouge che unisca le tappe ric-che di cultura, arti, tradizioni e pae-saggi, che sappiano riempire gliocchi con i loro colori esplosivi dicittà brulicanti di persone, di rovinee templi che riposano ancora inqueste terre. Il Vietnam racchiudeuna moltitudine di panorami: incre-dibilmente esotico e pungente, conquel fascino sottile dovuto allacomplessità del suo passato, allaforza della sua gente, alla moltepli-cità culturale. Assurdo e “comico”,come le migliaia di motociclette,cariche di rumorosi animali, che

    sfrecciano sulle strade delle città.Gustoso e variegato come la suacucina, riconosciuta la migliore delSud-Est asiatico: eredità e reinter-pretazione delle tradizioni culinariefrancesi, asiatiche e cinesi.Sebbenequesto Paese indocinese sia ricco dirisorse, ciò che si ricorda appena sisente nominare questo Stato è laGuerra del Vietnam, da cui ne èuscito completamente devastato.Questo è stato uno dei conflitti piùlunghi e sanguinosi del Novecento.La guerra fu combattuta tra il 1960(data di costituzione del Fronte diLiberazione Nazionale filo-comu-nista, FLN) e il 30 aprile 1975 (ca-duta di Saigon), prevalentementenel territorio del Vietnam del Sud,tra le forze insurrezionali filo-co-muniste, sorte in opposizione al go-verno filo-americano costituito nelVietnam del Sud, e le forze gover-native di questo stato, creato nel1954 dopo la Conferenza di Gine-vra in seguito alla cosiddetta guerrad’Indocina contro l’occupazionecoloniale francese. La guerra di li-berazione vietnamita costò, se-condo calcoli statunitensi, più disette milioni e trecentomila tramorti e feriti. Una delle conse-guenze più significative di questoscontro è stata l’unione del Viet-nam del Nord con quello del Sud.Dopo la fine della guerra, le pri-gioni e i luoghi che avevano vistole atrocità commesse in quel pe-riodo vennero distrutti, perché ini-

    zialmente la popolazione vietna-mita preferì separarsi totalmente daquesti ricordi. Successivamente ilgoverno decise di ricostruire, percondannare le brutalità commesse,questi luoghi, che sono caratteriz-zati dalla presenza di manichini,che simulano ciò che successe re-almente. Una tra le più famose pri-gioni ricostruite è la prigione di“Coconut Tree”o prigione di CayDua, costruita dai Francesi maprincipalmente utilizzata comeluogo di tortura dai soldati ameri-cani e da quelli sud-vietnamiti neiconfronti dei soldati del nord delVietnam. I prigionieri di questocarcere hanno subito torture racca-priccianti, come la perforazione deidenti, l’inchiodatura delle mani, deipiedi e della testa. L’invenzione piùbarbara per torturare i prigionieriera conosciuta come la “Gabbiadella tigre”. Una gabbia realizzatainteramente di filo spinato nellaquale i prigionieri non avevano lospazio di muoversi, ed era collocataall’esterno. Quando di notte facevaestremamente freddo i guardianigettavano secchi di acqua gelata suiprigionieri, mentre nelle giornatecalde gettavano acqua salata cosic-ché il sale entrasse a contatto con leferite aperte. Luoghi come questoattirano milioni di visitatori a re-carsi in questo paese, tanto chenegli ultimi dieci anni il flusso dituristi è aumentato esponenzial-mente, addirittura triplicandosi.

    Pensieri e Riflessioni: viaggio in Vietnam

    Vietnam: tra storia e tradizioneDi Vittoria Paschetto IIIC

  • Questa continua affluenza turisticaha portato importanti compagnieeuropee a investire in Vietnam.Spicca tra tutte l’azienda austriacaDoppelmayr, leader mondiale nellacostruzione di impianti a fune, cheha inaugurato la funivia più lungadel mondo, che misura 7899 chilo-metri e collega l’isola di Phú Quôca quella di Hom Thom. La lun-ghezza di questa funivia ha supe-rato di ben un chilometro e mezzoil record precedente, che era sem-pre detenuto in Vietnam, da un im-pianto che sale sulla cima delmonte Fansipan. Anche questa fu-nivia era stata progettata e costruitadalla compagnia austriaca, la stessasocietà che avrebbe dovuto realiz-zare la telecabina di collegamento

    tra Pontebba e Pramollo (progettoche ha visto protagonista la nostraregione ma che purtroppo è statoabortito) e che ha anche una sede inTrentino (sede che ha contribuitoattivamente nella costruzione dellafunivia più lunga del mondo).Più iltempo scorre e più il Vietnam inve-ste nel miglioramento e nell’au-mento delle strutture ricettive, nellosviluppo delle infrastrutture, neimezzi di trasporto e nel marketingbasato sui punti di forza di questopaese, come le immense e verdis-sime piantagioni di riso, la coltiva-zione dell’aromatico pepe nero el’allevamento di ostriche da perla.Il mare dell’isola di Phú Quôc,oltre alla sua bellezza, offre stu-pende perle che attirano non sol-

    tanto i turisti locali ma anche quellistranieri. La principale fabbrica dicoltivazione e raffinamento delleperle è la “Quôc An Pearl”, chevanta più di vent’anni di esperienzae ambisce a diventare conosciuta alivello mondiale.Alla fine di unviaggio impegnativo, sia per la ric-chezza dei panorami, sia per lacomplessità e il valore di quantovisto e conosciuto, mi ha colpitomaggiormente la forza ma soprat-tutto il sorriso con cui la popola-zione vietnamita affronta questarinascita da uno spaccato così bru-tale del proprio passato, nonché ladeterminazione con cui vuole faraffermare questo Paese giovane edemergente a livello globale.

    Vista, stupenda, dalla cabina della funivia più lunga del Mondo. Foto di Vittoria Paschetto IIIC

  • Arte, film e spettacolo: cinema e storia

    Hammamet: l’ultimo CraxiDi Giovanni Cabroni VD

    veglia impostata alle quattrodel mattino, poi cinque oredi trucco, ogni giorno. Così

    PierfrancescoFavino diventa Bettino Craxi, pro-tagonista di “Hammamet”, il nuovofilm di Gianni Amelio, che rac-conta gli ultimi due anni di vita del-l’ex primo ministro italiano.Coinvolto nel 1992 nello scandaloTangentopoli, Craxi morì, esule eal contempo latitante, ad Hamma-met, in Tunisia, il 19 gennaio 2000.Il film non punta a celebrare la fi-gura di Craxi, né tanto meno a rein-tegrarne l’immagine. La pellicola,anzi, ha come scopo quello di ricor-dare un uomo e così, assieme a lui,una parte di storia italiana.Tutto iniziò lunedì 17 febbraio1992 quando l'ingegnere MarioChiesa, presidente del Pio AlbergoTrivulzio di Milano (detto ancheBaggina) e membro di spicco delPartito Socialista Italiano, vennecolto in flagrante dall’allora sosti-tuto procuratore Antonio Di Pietro,mentre intascava una tangente dal-l'imprenditore monzese LucaMagni. Questi, già concusso estanco di pagare, aveva infatti chie-sto aiuto alle forze dell'ordine.Dalle confessioni di Chiesa, in-sieme a quelle di altri coinvolti eimputati, si delinearono delle tramesempre più articolate quanto in-quietanti, che si allargarono infinecon l’inclusione di esponenti delmondo politico ed economico ita-liano. Venne fatto il nome di Bet-

    tino Craxi, che della meccanicatangentizia fu considerato il mas-simo manovratore: insieme a lui,altri esponenti politici di primopiano, provenienti praticamente daogni partito politico, vennero tiratiin ballo. La corruzione e il finan-ziamento illecito ai partiti, come siscoprì, avevano trovato terreno fer-tile in tutti gli schieramenti politiciitaliani e avevano posto solide ra-dici, come confessò lo stesso Craxi,“dal Secondo Dopoguerra in poi”,coinvolgendo non solo la politica elo Stato, ma anche il mondo del-l’impresa e dei privati. Tutto questoperò non ci viene raccontato nelfilm, non ci viene neppure rias-sunto. Tutto ciò rimane, per sceltadel regista, omesso dalla storia nar-rata, il che rende il film di impossi-bile comprensione a chi già non sa,o non ha un’idea, di che cosa siastato il ‘92 in Italia. Amelio infatti,nel suo “Hammamet”, si soffermapiù sulla vita personale del prota-gonista che non su quella storico-politica: il rapporto di Craxi con lafiglia Stefania (nel film chiamataAnita, come la moglie di Garibaldi,di cui l’ex premier era fervente am-miratore), la voglia, e impossibilità,di tornare in Italia, la nostalgia peri tempi passati e per un Paese chenon rivedrà mai più, neanche dopola morte. Ne viene fuori un’equili-brata commistione tra fiction e re-altà, tra introspezione psicologica econtinuo rimando, velato e sottile,ai fatti passati e agli scandali real-

    mente avvenuti dell’epoca.La narrazione, poi, avanza per dia-loghi: ciò è reso possibile dalla pre-senza di diversi personaggi cheruotano attorno alla figura di Craxie con i quali lo stesso protagonistacontinuamente interagisce.Tra questi, oltre alla figlia (LiviaRossi), ci sono la moglie AnnaMaria (Silvia Cohen), il figlioBobo e un politico democristiano(Renato Carpentieri), uno dei pochipersonaggi capace di aprire, du-rante la sua presenza nel film, unapiccola ma importante parentesi suciò che fu Tangentopoli.Deludente è, in questo senso, la fi-gura di Fausto, giovane figlio delpolitico socialista Vincenzo Bal-zamo (Giuseppe Cederna), nonchécompagno di partito di Craxi, real-mente esistito e coinvolto, anchelui, nel processo “Mani Pulite”. Fi-gura enigmatica quanto inquie-tante, oltre che poco verosimile, ilgiovane Fausto riveste comunqueun ruolo importante nella narra-zione, facendo da tramite e daponte tra l’aspetto personale equello storico-politico della vi-cenda. E’ lui a girare il “testamentoinedito” del protagonista (docu-mentario-intervista sulla sua storiaed esperienza politica, realmentegirato e tuttora reperibile) e a con-segnarlo nelle mani della figlia, èlui che accompagna l’ex leadersocialista nelle scene più “politi-che”, di riflessione storica, è lui (e

  • se non lui, chi?) infine ad ispirarenel protagonista il ricordo del padreVincenzo, amico e compagno dipartito.Questo tema ricorrente del ricordo,della riflessione sul passato, fulcroe motore di tutto il film, può esserecolto anche come il fine ultimo

    della pellicola stessa, anzi, comeuna sfida. La sfida, non poi così im-possibile, ma neanche banale, diprovare a scoprire o ad approfon-dire di più, ristudiare o semplice-mente ripassare, una parte di storiache ha segnato il nostro Paese. Una parte di storia che c’è stata e

    che non potrà mai essere cancel-lata, su cui noi non possiamo nonsviluppare un nostro pensiero cri-tico e una nostra opinione perso-nale, una parte di storia controversalegata per sempre ad un uomo, al-trettanto controverso e ambiguo,come Bettino Craxi.

    Alcuni estratti del film: Bettino Craxi e Fausto Balzamo, intenti a girare il “testamento inedito”

  • Arte, film e spettacolo: tra pittura e comunicazione

    L’Assenzio, di Edgar Degas

    ra il 1875 ed il 1876 EdgarDegas realizzava il celebredipinto "L' Assenzio". Que-

    st'opera, eseguita 145 anni fa, raf-figura una situazione che, ancoraoggi, è stranamente attuale. Il qua-dro rappresenta una donna, EllenAndrée, seduta a un tavolo del CaféNouvelle-Athènes di Place Pigalle,davanti ad un bicchiere di assenzio.La donna è affiancata da MarcellinDesboutin, scrittore e pittore fran-cese, il quale, invece, ha ordinatodel mazagran e tiene una pipa inbocca. La giovane modella (e suc-cessivamente attrice teatrale), comesi può osservare, indossa una lungagonna marrone ed una camicia condel pizzo ed un fiocco, che ri-chiama il cappello e le scarpe diun'eccessiva sfarzosità. Il suo voltoè cupo, affranto, inconsolabile.L'uomo alla sua sinistra, sul capo,ha una bombetta. Anche lui è ve-stito molto elegantemente: ha unacamicia bianca ed un cappottonero, i pantaloni sono scuri e lescarpe color carbone. Il suo abbi-gliamento non rispecchia affatto lasua personalità particolarmenterozza e volgare. I due clienti delbar, pur essendo seduti molto vi-cini, sembrano lontanissimi, appar-tenenti a due mondi paralleli, enemmeno si guardano. La donnaosserva un punto indefinito, è persanel vuoto. Pare che stia ripensandoa ciò che è stato della sua carriera,della sua vita, di ciò che avrebbe

    potuto fare e che, invece, ha fatto.Ellen non si sente realizzata, sivede come una fallita. Ha perso leopportunità che la vita le stava pro-ponendo, vive di rimorsi e questol'ha portata ad affondare nell' alcol.Quest'ultimo non è più visto comeun tramite per accompagnare lecene gioiose, le feste, per ralle-grarsi in compagnia, esso è vistocome un'ultima possibilità, l'unicomodo per alleviare la sua soffe-renza, rendere la sua esistenza vi-vibile, dimenticando e mettendo atacere la mente, soffocandone i ri-cordi. L'alcol rappresenta l'ultimachance, l' ultima "fermata", forsel'unico supporto rimastole. L'uomo,rivolto con lo sguardo verso unpunto del locale (o forse al di fuoridi questo) non solo si concede all'alcol, ma anche si consola fu-mando. Anche lui, nella sua inti-mità, sa di aver sprecato la sua vita,l'unica occasione che gli è stata of-ferta. Egli nasconde le sue soffe-renze e le sue debolezzecomportandosi in modo violento,quasi "schivando" le persone, che,probabilmente, nel corso della suavita lo hanno solamente deluso edabbandonato. Ecco perché ora ap-pare come un uomo chiuso in séstesso, incapace persino di soste-nere lo sguardo della gente.Anchel' ambientazione del quadro sugge-risce una situazione di desolazionee depressione.Gli specchi, postidietro alle teste dei due clienti, sono

    offuscati ed ingrigiti e non riflet-tono un'immagine limpida e nitida.Inoltre, se si osserva con atten-zione, sembra che i tavoli sianoprivi di gambe: forse Degas volevaraffigurare le allucinazioni che l'as-senzio provoca, in modo da farcientrare nel vivo del quadro. Ho de-ciso di partire dalla descrizione diquest'opera perché, come detto al-l'inizio, ci tocca tutti.I caffè del1875 sono diventati Instagram,Twitter, Facebook, e tante altre ap-plicazioni simili che, anziché ren-derci social, ci rendono UNsocial.Se già all'epoca di Degas c'eranoproblemi nell'ascoltarsi, questimezzi di comunicazione non hannofatto altro che peggiorare la situa-zione. Progressivamente ci stiamoisolando sempre di più, il contattovisivo è diventato di secondaria im-portanza, se prima il nostro sguardosi perdeva nel vuoto ora siamo ip-notizzati dal nostro cellulare checontrolliamo ossessivamente.Stiamo perdendo l'empatia, nonsiamo in grado di capire gli altri esoprattutto di capire noi stessi!Ab-biamo questa mania di dover na-scondere la nostra tristezzaimpegnandoci a pubblicare foto suisocial network in cui vogliamo farcredere agli altri che la nostra vitasia perfetta, che niente e nessuno citurbi, vogliamo mostrare e DI-mo-strare di essere delle persone felici,spensierate, sempre circondatedalle persone giuste. Ma perché,

    Di Ginevra Canciani IF

  • Arte, film e spettacolo: cinema e letteratura

    Piccole donne: dal libro al film

    Piccole donne, il film: la celebra-zione di un classico della letteraturafirmato da Louisa May Alcott nel1868. Grazie a Greta Gerwig il ro-manzo della Alcott ci viene mo-strato sotto una luce diversa, ancorapiù attuale e vicina a noi oggi.Il suosuccesso è dovuto, oltre che allesceneggiature, alla fotografia e allemusiche di alto livello oltre che allestraordinarie interpretazioni di uncast d’eccezione. In particolare Sa-oirse Ronan e Florence Pugh con-fermano ancora una volta il lorotalento. Le due attrici dimostranouna perfetta conoscenza dei loropersonaggi che non può che col-pirci. La loro presenza scenica èsorprendente, così come la natura-lezza che restituiscono ai loro per-sonaggi (e non è certo un caso cheJo e Amy siano al centro dellescene più significative del film).Meno esplosive, per il ruolo a loroassegnato, le altre due sorelle inter-pretate da Emma Watson e ElizaScanlen; così come la madre LauraDern, al centro di un numero mi-nore di scene. Timothée Chalamete Meryl Streep deliziano il pub-

    blico rispettivamente nei panni delgiovane Laurie e della Zia March.Completano il cast, in ruoli minori,Tracy Letts, Bob Odenkirk, LouisGarrell e Chris Cooper. L’eccezio-nalità di questa nuova interpreta-zione di Piccole Donne sta perònella genialità della regista, che,pur non avendo cambiato gli avve-nimenti e le caratteristiche delleprotagoniste, riesce a evidenziare itemi principali dividendo la sce-neggiatura in due linee temporaliparallele.La prima che apre il filmè ambientata nel 1868, il “pre-sente”, dove le giovani conduconovite separate. La seconda, invece, èambientata sette anni prima e rap-presenta il “passato”, dove le quat-tro sorelle vivono insieme allamadre in attesa del ritorno delpadre dal fronte. Questo procederecon vicende diverse parallelamentedona al film un dinamismo sor-prendente (per un'opera che ha giàricevuto numerosi adattamenti) eha inoltre il merito di rendere piùcentrale il personaggio di Jo. Que-sto rappresenta sia la scrittrice Lo-uisa May Alcott che la stessa Greta

    Gerwig e nel film svolge il delicatoruolo di mettere in luce gli ostacolisulla strada dell'autonomia femmi-nile, la natura del matrimonio, inparticolare per la donna, e in gene-rale le conseguenze sociali e indi-viduali della sua mancataindipendenza economica. In questomodo i temi più cari ad entrambe leautrici - quello della crescita e dellafamiglia, ma anche quello del-l'emancipazione attraverso la scrit-tura - trovano lo spazio chemeritano in modo naturale, rappre-sentando al meglio lo spirito for-mativo dell’opera. La brillantezzadi quest’opera sta nell’essere unperfetto adattamento moderno, incui l’autrice, proveniente da una di-versa epoca, riesce comunque a ri-specchiarsi nelle giovaniprotagoniste di questo classicoassai noto e a raccontare così nonsolo la propria storia, ma anchequella delle donne che vivono nelmondo di oggi.

    Di Ludovica Milesi IIIC

    piuttosto che imparare a fingere,non iniziamo ad essere più traspa-renti? Quante relazioni avremmopotuto salvare se ci fossimo chiaritidi persona anziché scappare dalleconseguenze del problema pre-mendo l'opzione "blocca contatto"?Quanti fraintendimenti avremmopotuto evitare se, per una buonavolta, ci fossimo incontrati in unacaffetteria piuttosto che accanircisulla tastiera di un oggetto senzaanima né mente? Perché tante

    bugie, tanti torti e malefatte, tantainvidia nei confronti degli altri?Non potremmo semplicemente,tutti insieme, abbassare le nostredifese? Fermiamoci piuttosto, dedi-chiamo a noi stessi momenti di so-litudine per ascoltarci, interrogarcie capirci: diamoci tempo. Se siamotristi, infelici, arrabbiati o ci sen-tiamo "intrappolati", non è semprecolpa dei nostri amici, genitori odegli insegnanti, necessitiamo diaiuto, di supporto, di un altro punto

    di vista, proprio perché, da soli, lecose mancano della tridimensiona-lità. Condividiamo le passeggiate, imomenti di riflessione, le nostreperplessità, invitiamoci ai pranzi edalle cene per stare in compagnia,divertiamoci, imprestiamoci i libri,consigliamoci i film e le canzoni,raccontiamoci le curiosità che sco-priamo ma anche le sciocchezze.La condivisione non è un "click"!

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