EdibleWild Plants Fitoalimurgia - · PDF fileRivalutare le piante selvatiche e le conoscenze...

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Edible Wild Plants

Fitoalimurgia

Andrea Andrea Andrea Andrea AzzettiAzzettiAzzettiAzzettiTec. Erborista - Etnobotanico

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PILLOLE DI STORIA

La Fitoalimurgia è quella nobile antica scienza, afferente alla botanica

applicata, che studia la flora spontanea ad uso alimentare.

Oreste Mattirolo, ordinario di Botanica e

direttore dell’Orto Botanico di Torino,

pubblica nel 1918 Phytoalimurgia

pedemontana: ossia censimento delle

Specie vegetali alimentari della flora

spontanea del Piemonte.

Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

Medico e naturalista suggerì per eventuali periodi di carestia durante la prima guerra

mondiale, lo sfruttamento di fonti alimentari facilmente accessibili, indagò e mostrò le

proprietà nutritive di Helianthus decapetalus, di Epilobium tetragonum, di cui sono

commestibili i rizomi, di Chenopodium amaranticolor, una sorta di spinacio, di Muscari

comosum (dai bulbi noti come «lampascioni»).

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Nel corso della seconda guerra mondiale: ne è testimonianza la Carta

fitoalimurgica dell’Istria e dell’Illiria (1943), dovuta al prof. A. Tukakov (Università

di Belgrado) ed ai suoi collaboratori, i quali sperimentarono sul campo le

conoscenze popolari, nutrendosi per mesi solo con i vegetali oggetto della

ricerca.

Le truppe americane operanti in Italia nella seconda guerra disponevano di un manuale di

sopravvivenza, la cui parte alimurgica era stata appositamente aggiornata da un comitato di

botanici inserendovi le piante eduli spontanee diffuse in Europa.

Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

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Le corrette conoscenze fitoalimurgiche, se

proficuamente indirizzate alla conoscenza della

flora e della vegetazione, renderebbero possibile

l’individuazione e la conservazione dell’enorme

potenziale genetico (germoplasma) delle specie

spontanee.

In molti casi, invece, le presunte

conoscenze botaniche fanno della

fitoalimurgia una certezza volta

all’utilizzo alimentare di piante

ritenute alimentari, che invece

purtroppo talvolta provocano casi di

intossicazione, anche mortale.

Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

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Rivalutare le piante selvatiche e le conoscenze connesse, nonché le numerose

pratiche di autosufficienza che ne derivano, significa operare in controtendenza

rispetto all’omologazione planetaria in atto.

In piccola parte questo sta già accadendo

con alcune piante: la pastinaca, il

raperonzolo, l’allium tuberosum, l’aglio

ursino, la bardana, la portulaca, il

finocchietto selvatico, il topinambur, lo

spinacio di montagna, alcune varietà di

rabarbaro, l’arcangelica, il levistico etc.

Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

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ASTERACEAE

Le Asteracee note anche come Compositae sono una vasta famiglia di piante

dicotiledoni la cui caratteristica principale è l'infiorescenza a capolino in cui cioè

i fiori inseriti sopra un ricettacolo comune appaiono come un fiore solo .

Nella gran parte dei casi, si tratta di erbe dall’azione disintossicante

(soprattutto anticolesterolo) e drenante sulla circolazione e sull’apparato

digerente, in particolare sul fegato.

Esempi di proprietà delle piante alimurgiche

Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

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Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

BRASSICACEAE O CRUCIFERE

Il nome Crucifere deriva dall'aspetto del fiore composto da 4 petali separati

disposti a formare una croce. Sono presenti anche 4 sepali .

Una particolarità del fiore delle Brassicaceae è la presenza di 6 stami di cui 4 a

croce come i petali e 2 esterni più corti.

Allo stato selvatico troviamo

senape e broccoli selvatici,

l'alliaria, la cardamine, la borsa

del pastore , la rucola etc.

I composti fenolici (isotiocianati, indoli, flavonoidi), la vitamina C ,il beta-carotene

e i folati sono le sostanze benefiche che ci regalano tali piante

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Raphanus raphanistrum L. subsp. raphanistrum

Anche la grossa radice, ricavata da piante di almeno due anni, può essere

utilizzata in cucina: grattugiata al momento, oppure conservata sott’olio o

sott’aceto o come aggiunta a salse.

Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

Uso Alimentare

Le foglie, quando sono ancora

tenere, sono un’ottima

aggiunta alle insalate. Lessate

o saltate in padella,

accompagnano gli arrosti.

Vanno colte in primavera

perché, più tardi, diventano

amare.

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Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

BORAGINACEAE

Le Boraginaceae riuniscono circa 1600 specie diffuse in tutte le regioni

temperate e calde, rappresentate da erbe e arbusti, solo raramente da alberi. Il

nome della famiglia e del genere Borago deriva dall’arabo “abou rach” e significa

“padre del sudore” in riferimento alle proprietà sudorifere della pianta.

La pianta fresca contiene mucillagine,

flavonoidi, sostanze tanniche,

allantoina, nitrato di potassio, resine,

acidi grassi insaturi e tracce di

alcaloidi, i semi olio essenziale.

Tutti questi principi conferiscono alla borragine, proprietà diuretiche, leggermente

lassative, depurative, antinfiammatorie, espettoranti. L’olio è utile per il controllo del

colesterolo, dermatiti, eczemi, ipertensione, psoriasi.

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CHENOPODIACEAE

Le chenopodiaceae che erano fino a poco fa una famiglia a sè stante, con circa

75 generi e 900 specie, secondo le nuove classificazioni tassonomiche, sono

confluite nella famiglia delle Amarantaceae

Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

Vitamine , A e C ma anche B, D F , PP e K , e proprio la vitamina C assieme alla Luteina di cui hanno un alto contenuto portano beneficio alla vista.

Hanno un alto contenuto di minerali , come potassio , calcio zinco e fosforo , hanno fibre in buona quantità

L’acido folico contenuto in essi stimola la produzione di globuli rossi , aiutando l’organismo a creare difese immunitarie e rinforzando anche il cuore grazie all’interazione con i minerali citati in precedenza.

Sono anche dei buoni antiossidanti , contengono molta clorofilla e ferro ma purtroppo

contengono acido ossalico che neutralizza l’assorbimento di quest’ultimo anche se dicono

che se in combinazione con il succo di limone questo effetto diminuisce ed il ferro si

assimila meglio.

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La pianta spontanea è, per sua definizione, trovata “per caso” (in realtà il

raccoglitore abituale sa perfettamente dove andare) e questo implica la sua

facile sostituzione/intercambiabilità nella ricetta.

Questo implica conoscenza, tempo ed accettazione della variabilità, tutti

parametri il cui rendimento è andato in drastico calo negli ultimi 150 anni.

Non è neppure trovata in quantità, salvo rare

eccezioni, per cui è più facile raggiungere la

“massa critica saziante” combinando specie

diverse: più specie si conoscono e si

possono includere e meglio è.

Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

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Ad esempio, due fette di una torta tradizionale cretese a base di erbe spontanee

hanno un contenuto in flavonoidi di 12 volte superiore ad un bicchiere di vino rosso

e varie piante quasi sempre incluse nella ricetta hanno un contenuto in quercetina

paragonabile a quello delle cipolle ed una, Rumex obtusifolius, ne contiene il

doppio a parità di peso.

Un loro consumo costante e regolare, si ipotizza, potrebbe costituire un elemento importante

nella “fitness alimentare” garantita dalla dieta mediterranea tradizionale, al punto che alcuni

suggeriscono di considerare queste piante come l’equivalente mediterraneo del tè nella dieta orientale

Molte altre specie “da cicoriari” come

Sonchus oleraceus, Asparagus acutifolius

e Diplotaxis erucoides si posizionano tra i

primi posti nella classifica della protezione

antiossidante, se confrontate con le piante

alimentari più usate in Italia..

Tec. Erborista Andrea Azzetti - Berbenno (SO) 2013

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Le “edible wild greens”, nelle diete, non sarebbero quindi da

considerare come un semplice alimento, ma quasi alla stregua

di un proto-integratore alimentare assunto con regolarità, creato

senza una reale pianificazione dagli improvvisatori ma

potenzialmente in grado di compensare la perdita di

micronutrienti dovuta alla progressiva selezione e raffinazione

delle specie agricole. Le quali sono state nei secoli ottimizzate

per massimizzare gusto e contributo calorico a scapito dei

metaboliti secondari antiossidanti e delle fibre.