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ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE 6 CFU UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA – FACOLTA’ DI ECONOMIA A.A. 2012/2013 Gianluca Sigismondi Slide “estese” ed integrate con gli appunti delle lezioni

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ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE 6 CFU

U N I V E R S I T A ’ D E G L I S T U D I D I G E N O V A – F A C O L T A ’ D I E C O N O M I A

A . A . 2 0 1 2 / 2 0 1 3

Gianluca Sigismondi Slide “estese” ed integrate con gli appunti delle lezioni

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L’IMPRESA Il concetto di impresa: è un’istituzione economico-sociale che svolge la funzione di produzione economica di beni e servizi. La finalità principale di ogni impresa è perdurare nel tempo e tale finalità può essere perseguita attraverso la realizzazione di una molteplicità di obiettivi di gestione, quali la massimizzazione del profitto, la crescita, la produttività, ecc. Classificazione delle imprese: • SECONDO OUTPUT:

− IMPRESE DI PRODUZIONE: Materie prime + macchine + manodopera = prodotto dettagliante cliente

− IMPRESE DI SERVIZI: erogazione di servizi che presentano le seguenti caratteristiche: Immaterialità Produzione e vendita coincidono Produzione, vendita e consumo avvengono nello stesso luogo La proprietà non è trasferibile Output non mostrabile prima dell’uso Immagazzinabilità Intrasportabilità Partecipazione dell’utente all’erogazione del servizio (prosumer) Contatto diretto tra utente ed erogatore Personale di contatto + supporto fisico + cliente = servizio Prosumer consumatore di un servizio (producer + consumer): il cliente è parte integrante del servizio.

Esistono, poi, beni che incorporano dosi crescenti di servizio ed esistono, a loro volta, servizi che sono stati industrializzati (standardizzati) e quindi assumono connotati tipici della produzione del bene fisico.

• SECONDO DIMENSIONI: − PICCOLE E MEDIE IMPRESE − GRANDI IMPRESE

Criteri di suddivisione Parametri quantitativi:

- Numero di addetti - Fatturato - Investimenti fissi - Valore aggiunto Secondo la Commissione Europea, le categorie delle medie, piccole e micro imprese possono essere individuate sulla base di quattro elementi: 1. Numero di dipendenti: inferiore ai 250 (medie)/50 (piccole)/10 (micro) dipendenti 2. Volume di affari annuo: non superiore ai 50/10/2 milioni di euro 3. Totale di SP: non superiore ai 43/10/2 milioni di euro 4. Indipendenza: non devono essere partecipate per il 25% o più del capitale sociale o dei diritti di voto da

una o congiuntamente da più imprese che superino i parametri di PMI. In Italia i gruppi di imprese sono più popolari che all’estero, le imprese quotate sono 300 (in Spagna sono 1000) ma le stesse imprese quotate sono sotto forma di gruppo. Come faccio a capire chi controlla? Se un socio di una grande impresa possiede il 50% + una azione di una PMI, l’impresa si presenta in forma di gruppo di imprese. L’Ue ha fissato una soglia più bassa: quota maggiore o uguale del 25% del capitale sociale.

Parametri qualitativi: - Coincidenza tra proprietà e controllo tipico delle PMI, nelle grandi il governo dell’impresa è più

frammentato. Negli USA o nel Regno Unito il governo è in mano totalmente a manager professionisti. - Struttura organizzativa semplice - Assenza di strategie formalizzate investor relator: insieme delle dichiarazioni di un’impresa quotata

(bilancio, strategie, ecc.). - Scarsità di risorse finanziarie. Una quota consistente delle risorse deriva dall’apporto dei soci

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IL GOVERNO DELL’IMPRESA

Governare l’impresa vuol dire assumere un insieme di decisioni che possono essere classificate, in due livelli ordinati gerarchicamente: • DECISIONI STRATEGICHE armonizzare il rapporto dinamico che esiste tra impresa e ambiente, costituiscono il

vertice delle responsabilità a livello organizzativo e presentano alcune caratteristiche fondamentali: − Si collocano nel lungo periodo − Sono fortemente centralizzate − Si adottano in condizioni di incertezza − Non sono ripetitive − Richiedono un trade-off tra razionalità scientifica e creatività imprenditoriale

Sono esempi di decisioni strategiche: Scelta dei mercati su cui operare Scelta dei prodotti da offrire Scelta delle tecnologie da adottare Scelte di diversificazione produzione di un prodotto diverso da quello che l’impresa era solita produrre.

NB: da non confondere con la differenziazione che è una strategia di crescita in base ai concorrenti preservando la linea originale del prodotto.

Scelte di integrazione verticale (che riguardano la filiera di produzione) • DECISIONI OPERATIVE riguardano l’utilizzo ottimale delle risorse nell’ambito di ciascuna area funzionale e

assorbono la maggior parte delle energie decisionali dell’impresa attenendo essenzialmente al come produrre. Devono comunque seguire le decisioni strategiche e, quantitativamente sono molto più numerose di quelle. Attengono essenzialmente alla produzione del bene/erogazione del servizio. Sono esempi di decisioni operative: − Programmazione degli acquisti − Gestione del magazzino − Scelte di marketing operativo (es. attività promozionali o definizione del mix di comunicazione) − Programmazione della produzione

• DECISIONI AMMINISTRATIVE? alcuni teorici ipotizzano una terza categoria di decisioni da inserirsi gerarchicamente nel mezzo fra quelle strategiche e quelle operative

Governare un’impresa significa quindi determinare e assumere decisioni di tipo strategico che condizionano la vita stessa dell’impresa, determinandone il suo corso (es. il suo successo competitivo, la sua crisi, la mera sopravvivenza ecc.). queste decisioni, proprio perché si collocano ad un livello gerarchico superiore, influenzano tutte le altre scelte (da prendersi in tempi diversi e in sedi diverse) che competono la vita dell’impresa e che sono collocate a livelli gerarchicamente inferiori.

IL MANAGEMENT STRATEGICO Anni ’30 – RAZIONALISMO: lo strumento principale di governo era il budget finanziario previsione a breve termine dell’avanzo/disavanzo di cassa. Anni ’50 – LONG RANGE PLANNING: pianificazione strategica sulla base di decisioni basate su trend passati. Anni ’70 – CRISI DEL RAZIONALISMO: si afferma il concetto della strategia deliberata ed emergente. Anni ’90 – MANAGEMENT STRATEGICO: intenzione strategica strategia decisa strategia realizzata Non si deve guardare solo all’ambiente esterno ormai troppo dinamico. Si guarda alle risorse e competenze (resource-based view of the firm) Nasce il management strategico che parte dalla strategia ma integra le prospettive della formulazione alla attuazione. Il management strategico si fonda sullo sviluppo di una strategia che permette ai manager di pianificare e di esercitare un maggiore controllo sul corso dell’impresa e sulla sua performance. Si supera la logica sequenziali formulazione-attuazione della strategia per giungere ad un sistema integrato pensiero-azione. La strategia, da prodotto di tecniche di pianificazione, diventa uno strumento di gestione dell’impresa nella sua globalità. Formulazione della strategia gestione strategica attuazione della strategia gestione operativa

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Per entrare in un business posso adoperare diverse strategie (ancora intenzioni): 1. Incrementare internamente 2. Acquisizione di una compagnia già esistente 3. Fusione 4. Alleanza (joint venture)

IL CONCETTO DI STRATEGIA La strategia rappresenta (definizione eclettica) • LO SCHEMA O IL MODELLO DECISIONALE • ATTO A COORDINARE

− Gli obiettivi: il management fissa dei parametri delle performance che consentono di misurare il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati (preventivo attuazione verifica). È anche uno strumento per motivare i membri dell’organizzazione a lavorare al meglio delle loro possibilità. Al management occorrono due tipologie di parametri della performance: Obiettivi finanziari ottenere un aumento di x% dei ricavi annui Obiettivi strategici ottenere una quota di mercato pari a x%

La quota di mercato è data dal rapporto fra le vendite e le vendite totali di quell’ambiente, il che presuppone l’analisi dell’ambiente esterno.

Sono esempi di obiettivi, che si traducono in teorie sulla finalità dell’impresa: Massimizzazione del profitto finalità teorizzata nell’ambito classico e neoclassico. Si può perseguire nelle

imprese governate da una persona, nelle grandi imprese, però, dove la governance è affidata a manager professionisti, la volontà del manager potrebbe imporsi mirando al successo personale, all’incremento di potere o, ad esempio, al riconoscimento sociale.

Sopravvivenza la sopravvivenza implica il buon fine delle finalità teorizzate Creazione e diffusione di valore teoria degli anni ’90: creare valore Per gli azionisti (shareholders): remunerazione residuale Per gli stakeholders

Sviluppo dimensionale non sempre legata alla creazione di utili, spesso si traduce in Successo sociale del manager teoria degli anni ’60 con l’avvento delle multinazionali.

− Le linee di comportamento: attuazione degli obiettivi, decisioni operative alla realizzazione dello scopo. − L’allocazione delle risorse dell’impresa: si devono conoscere le risorse per conciliare le decisioni strategiche a

quelle operative. • IN UNA VISIONE UNITARIA E COERENTE

− Con gli obiettivi e i valori: devono essere ben definiti nelle loro coordinate quantitative e temporali ed essere espressione della cultura e dell’organizzazione.

− Con l’ambiente esterno: la strategia deve rapportarsi efficacemente alle caratteristiche dell’ambiente esterno, ed in particolare dell’ambiente specifico; presuppone quindi una comprensione minuziosa di tutte le sue componenti efficacia.

− Con le risorse e l’organizzazione: il contenuto della strategia essere compatibile con l’insieme delle risorse interne, oltre che con le caratteristiche degli assetti organizzativi e gestionali dell’impresa efficienza.

Lo scopo della strategia è la creazione di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile. Il vantaggio competitivo rappresenta la capacità dell’impresa di superare i concorrenti nel raggiungimento della redditività. È lo strumento attraverso cui un’impresa crea valore per i suoi acquirenti e produce risultati superiori ai costi per la sua attuazione (redditività). Il valore rappresenta quanto i consumatori sono disposti a pagare l’output dell’azienda. Un valore superiore deriva: • Dall’offrire prezzi più bassi della concorrenza per vantaggi equivalenti vantaggio di costo • Dal fornire vantaggi unici che controbilancino abbondantemente un prezzo più alto vantaggio di differenziazione Il vantaggio competitivo trae origine dall’individuazione, esplicitazione e sfruttamento di opportunità potenzialmente esistenti nell’ambiente esterno in cui si trova l’impresa, che gli altri operatori non sono in grado di cogliere o , comunque, di sviluppare in maniera efficace. Una volta acquisito, però, il vantaggio competitivo è soggetto all’erosione

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da parte della concorrenza. Per rendere tale vantaggio duraturo e difendibile occorre, quindi, creare delle “barriere all’imitazione” che si possono creare mediante: • Occultamento dei risultati eccellenti • Dissuasione, attraverso segnali aggressivi ai concorrenti • Anticipazione, attraverso lo sfruttamento di tutte le opportunità di investimento disponibili • Ambiguità causale (dissimulare le fonti del vantaggio competitivo) • Basare il vantaggio competitivo su risorse e capacità non trasferibili e difficili da replicare La strategia d’impresa può essere riferita: 1. LIVELLO CORPORATE (strategie di crescita): determina il campo d’azione dell’impresa, attraverso la scelta dei settori

e dei mercati in cui competere. A questo livello quindi: • Si valuta l’attrattività del business che si fonda sul livello della domanda e sul ciclo di vita del prodotto (inizio,

sviluppo o maturità). • Si attuano le scelte strategiche di sviluppo, le modalità di attuazione, l’allocazione delle risorse tra le diverse

attività del business. 2. LIVELLO BUSINESS (strategie del vantaggio competitivo): risponde alla domanda: “in che modo dobbiamo operare?”.

A questo livello afferiscono le scelte strategiche per il perseguimento del vantaggio competitivo in un determinato business. E quindi vengono definite le fonti del vantaggio competitivo e le modalità della competizione.

Le due dimensioni sono fortemente interconnesse in quanto il campo di attività di un’impresa ha implicazioni sulle fonti del vantaggio competitivo e la natura del vantaggio competitivo di un’impresa influisce sull’estensione dell’attività e dei mercati nei quali l’impresa può avere successo.

ANALISI DELL’AMBIENTE ESTERNO L’analisi dell’ambiente esterno si giustifica in quanto l’impresa è un sistema relazionale e aperto: l’impresa vive utilizzando sistematicamente possibilità e potenzialità presenti (anche allo stato latente) nell’ambiente, stakeholders; l’ambiente a, sua volta, evolve diversamente a seconda di come le imprese individuano, selezionano e utilizzano le suddette potenzialità. ANALISI STRATEGICA DELL’AMBIENTE ESTERNO attività volta a raccogliere, selezionare, elaborare informazioni che consentano al decisore di disporre di un quadro attuale e prospettico dell’ambiente esterno rilevante per l’impresa. Essa deve essere condotta considerando l’ambiente in una duplice accezione: 1. AMBIENTE GENERALE O MACROAMBIENTE: definito dall’insieme delle forze, dei fenomeni e delle tendenze (trend)

di carattere generale che condizionano e influenzano le scelte e i comportamenti di tutte le imprese e di tutti gli attori del sistema competitivo.

2. AMBIENTE COMPETITIVO O MICROAMBIENTE: definito dall’insieme delle forze che determinano l’intensità della concorrenza e influenzano le prospettive di redditività del business in cui l’impresa opera modello di Porter

(1) ANALISI DEL MACROAMBIENTE

SUOT – punti di forza, punti di debolezza, opportunità e minacce. Monitoraggio delle forze e delle tendenze del macroambiente, individuazione dei probabili scenari futuri di tali fenomeni ambientale, interpretazione dell’impatto che lo stato attuale e prevedibile delle forze del macroambiente può avere sulla condotta strategica e sulla posizione competitiva dell’impresa. È fondamentale tenere come riferimento la finalità prefissata dell’impresa. Le principali forze del macroambiente possono essere raggruppate in sette sub-sistemi: 1. AMBIENTE ECONOMICO:

• Quali sono le prospettive economiche del sistema economico nazionale? Siamo in una fase di recessione o di espansione?

• Quali eventi e trend economici possono influenzare la nostra impresa? • Qual è l’evoluzione degli investimenti del sistema e del risparmio delle famiglie? La struttura dell’economia è identificabile mediante numerosi e complessi indicatori che riguardano ad esempio: • Le diverse tipologie di produzione (industriale, agricola, terziaria) • Il reddito disponibile delle famiglie

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• I consumi nazionali ed internazionali per tipologia di prodotto e per aree geografiche • Gli investimenti • I tassi di cambio • I tassi di inflazione nazionali e internazionali • Il costo del lavoro • Il costo del denaro • L’andamento dei prezzi interni rispetto ai prezzi all’import • Il risparmio

2. AMBIENTE DEMOGRAFICO: • Quali trend demografici rappresentano opportunità o minacce? • Quali cambiamenti demografici influenzeranno le dimensioni della domanda del business?

3. AMBIENTE POLITICO-ISTITUZIONALE insieme delle politiche adottate dal governo che possono influenzare l’assetto competitivo di alcuni settori: • Quali provvedimenti fiscali/monetari sono previsti e in che misura potranno influenzare il comportamento

dell’impresa? • Quali sono i più prevedibili cambiamenti nella politica economica del paese? • Quale sarà il loro impatto sui singoli settori industriali? In particolare tali misure possono riguardare: • Regulation/deregulation di alcuni settori • Leggi ambientali • Fiscalità e tassazione • Tutela della concorrenza • Diritto societario (corporate governance) • Diritti dei consumatori • Diritti dei lavoratori • Accordi internazionali di cooperazione economica Esempio: l’impatto delle variabili istituzionali: l’emission trading: è il piano Ue per contenere in un tetto massimo le emissioni di CO2, oltre al piano è stata costituita la cosiddetta “borsa dei fumi” alla quale le imprese sotto il tetto massimo possono vendere i propri diritti ad emettere e quelle che invece l’hanno superato possono comprarli. Come qualsiasi altro mercato, il prezzo dipenderà essenzialmente dalla offerta e dalla domanda.

4. AMBIENTE SOCIO-CULTURALE: • Quali sono i trend attuali ed emergenti negli stili di vita, nelle mode e nella cultura? • Perché si stanno verificando? • Quali sono le loro implicazioni per la condotta attuale e futura dell’impresa?

5. AMBIENTE TECNOLOGICO DI BASE può avere una profonda incidenza sulle fonti del vantaggio competitivo e quindi sconvolgere le relazioni concorrenziali fra le imprese. • Quali nuove tecnologie stanno emergendo? • Quale sarà l’impatto sulle tecnologie tradizionali e sul mercato? • In quale fase del ciclo vitale si collocano le tecnologie che dominano il mercato? Si consideri ad esempio l’impatto attuale e potenziale delle innovazioni connesse: • Alle biotecnologie, che vengono impiegate nell’industria alimentare per la produzione di prodotti di qualità

superiore • Ai nuovi materiali più leggeri, che comportano nuove opportunità per le case automobilistiche • Alle tecnologie dell’informazione ed alle loro applicazioni (multimedialità, network ecc.) Sono esempi significativi di innovazioni tecnologiche applicative: • Microchip (PC, carte di credito, orologi al quarzo, sistemi di telecontrollo) • Materiali compositi • Materiali plastici (PVC, PET) • Tecnologia al laser • Fibra ottica • Tecnologie dell’informazione che utilizzano la rete internet • Automazione di processo

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6. AMBIENTE NATURALE: • Quali sono le risorse necessarie per il ciclo produttivo dell’impresa che l’ambiente naturale è in grado di offrire? • Quale sarà l’impatto dell’attività dell’impresa sull’ambiente naturale (problemi di responsabilità sociale e tutela

della salute pubblica)? 7. AMBIENTE STRUTTURALE NAZIONALE (SISTEMA PAESE):

• Quali sono le caratteristiche del sistema-paese in cui l’impresa opera o intende operare? • Quale sarà l’impatto dell’attività dell’impresa sull’ambiente strutturale del paese? • Quale sarà il loro impatto sui singoli business industriali? Sono variabili significative: • Dotazione di infrastrutture fisiche e immateriali • Natura e qualità della formazione • Investimenti in ricerca e sviluppo • Costo e produttività dei fattori • Condizioni della domanda • Diffusione della tecnologia

L’analisi dell’ambiente generale non è agevole a causa della sua complessità, esso infatti: • È caratterizzato da varietà e variabilità degli elementi che lo compongono • Presenta situazioni particolare che appaiono:

− Irripetibili − Non riconducibili a schemi predefiniti − Non risolvibili facendo ricorso all’esperienza

(2) L’AMBIENTE COMPETITIVO

È l’insieme delle forze e dei soggetti operanti all’interno dello specifico campo di attività dell’impresa e con cui essa interagisce. I fattori dell’ambiente competitivo hanno implicazioni più dirette e immediate sulle strategie e sulle performance dell’impresa e dei concorrenti. Tali forze e soggetti determinano, infatti, l’intensità della concorrenza e influenzano le prospettive di redditività dell’impresa e dei suoi concorrenti. Le fasi dell’analisi del microambiente possono riassumersi in: 1. Definizione del campo di indagine (definizione dell’area strategica d’affari – ASA) 2. Analisi delle caratteristiche strutturali e delle dinamiche concorrenziali dell’ambiente competitivo relative ad ogni

ASA 3. Individuazione nell’ambito competitivo dei principali raggruppamenti strategici

(1) DEFINIZIONE DEL CAMPO DI INDAGINE • SETTORE: Gli economisti definiscono un settore come “un insieme di imprese che riforniscono uno stesso mercato”.

Per definire i confini di un settore è, quindi, necessario identificare il mercato di riferimento. I confini di un settore possono essere individuati attraverso due criteri: − SOSTITUIBILITÀ DAL LATO DELLA DOMANDA: il settore è costituito dalle imprese che offrono prodotti o servizi

intercambiabili (elasticità incrociata) settore economico (ad esempio settore dei trasporti). Se i clienti sono disposti a sostituire un trattore con una automobile sportiva, sulla base delle differenze di prezzo, allora il settore in cui si trova l’automobile è lo stesso si quello in cui si trova il trattore.

− SOSTITUIBILITÀ DAL LATO DELL’OFFERTA: il settore è costituito da tutte le imprese che offrono prodotti o servizi aventi le stesse caratteristiche merceologiche ovvero si avvalgono delle stesse tecnologie produttive, ricorrono agli stessi mercati d’acquisto e di vendita (criterio dell’omogeneità) settore merceologico-manifatturiero (ad esempio settore siderurgico). Se i produttori possono facilmente convertire la produzione da automobili sportive a trattori (stessa tecnologia produttiva) o ricorrono agli stessi canali di vendita, essi appartengono allo stesso settore.

In realtà, in Italia, si segue la classificazione ATECO dell’Istat. • ASA: il settore, individuato con i criteri di cui sopra, costituisce però un dato oggettivo che l’impresa subisce in modo

passino, e non un elemento frutto di una scelta soggettiva dell’impresa e variabile nel tempo. L’ambiente competitivo dovrebbe, invece, essere il risultato delle scelte strategiche che le imprese di volta in volta realizzano.

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La formulazione e l’attuazione della strategia si basa, infatti, sulla capacità dell’impresa di rapportarsi all’ambiente competitivo. In un’ottica che considera l’ambiente competitivo frutto delle scelte strategiche d’impresa, esso può essere delimitato come area strategica d’affari (ASA). I confini dell’ASA possono essere individuati attraverso la combinazione di tre dimensioni: − I CLIENTI: definisce quali consumatori sono i destinatari dei prodotti o servizi dell’azienda, i quali vengono

raggruppati in categorie sulla base di criteri quali: Le aree geografiche Lo stile di vita Le dimensioni e il tipo di azienda

− I BISOGNI ESPRESSI DAI CLIENTI: individua le funzioni per cui i potenziali clienti richiedono un determinato bene o servizio.

− LE TECNOLOGIE UTILIZZATE PER SODDISFARLI: fornisce indicazioni relative alle diverse modalità attraverso le quali un bisogno può essere soddisfatto.

(2) L’ANALISI DELL’AMBIENTE COMPETITIVO

Può essere condotta sulla base del modello di concorrenza allargata di Porter, che propone una pluralità di soggetti che esercitano specifiche forze competitive nell’ASA di riferimento. • L’INTENSITA’ DELLA RIVALITA’ TRA CONCORRENTI concorrenza orizzontale: quanto maggiore è il grado di rivalità

tra le imprese, tanto minori sono le prospettive di redditività nel lungo periodo. La rivalità si esprime in: − Guerre di prezzo che possono spingere il prezzo al di sotto dei costi, con perdite per tutte le imprese dell’ASA − Aumento degli investimenti in innovazione di prodotto e pubblicità Le “spie” dell’intensità della concorrenza possono essere: − Frequente cambiamento dei prezzi, in particolare la variazione del differenziale del presso tra le imprese. − Ripetuto lancio di nuovi prodotti/servizi o significative innovazioni in quelli esistenti − Incremento degli investimenti in comunicazione, lancio di nuove campagne pubblicitarie e promozionali.

Potere dei fornitori I fattori che determinano il potere dei fornitori rispetto ai produttori

sono analoghi a quelli che determinano il potere dei produttori rispetto agli acquirenti (v. potere dei clienti)

Potere dei clienti Sensibilità di prezzo: costo del prodotto rispetto al costo totale,

differenziazione del prodotto, concorrenza tra gli acquirenti rispetto ai fornitori, costi di sostituzione per gli acquirenti, informazione degli

acquirenti, capacità di integrazione a monte degli acquirenti

Rivalità tra i concorrenti esistenti Concentrazione

Differenziazione del prodotto Capacità in eccesso e barriere

all’uscita Condizioni di costo

Minaccia di prodotti sostitutivi

Propensione degli acquirenti alla sostituzione

Prezzi dei prodotti sostitutivi

Minaccia di nuove entrate

Economie di scala, vantaggi assoluti di costo, fabbisogno di

capitale, differenziazione del prodotto, accesso ai canali di distribuzione, barriere istituzionali e

legali, reazione da parte delle imprese esistenti

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− Costanti tentativi di rafforzare il legame con il mercato, facilitando l’accessibilità ai prodotti/servizi (es. proliferazione degli sportelli bancari e dell’internet banking)

L’intensità della concorrenza dipende da: − CONCENTRAZIONE: cioè numero e distribuzione per dimensione delle imprese concorrenti.

Si misura attraverso diversi indici, tra cui quello di concentrazione assoluta, dato dall’insieme delle quote di mercato dei produttori principali e l’indice Hirschman-Herfindal. Più elevata è la concentrazione, minore è la tendenza delle imprese a porre in essere strategie di prezzo. Dove il mercato è dominato da due imprese, ad esempio, i prezzi tendono ad essere simili e la concorrenza si concentra sulla pubblicità e sulla promozione. Perché un business più concentrato è più redditivo? Le imprese dominanti hanno un forte peso sulla determinazione dei prezzi: le rendite vanno tutte a beneficio dei produttori.

− SOVRACAPACITA’ PRODUTTIVA E BARRIERE ALL’USCITA: la rivalità tra i concorrenti dipende anche dal rapporto tra la dimensione della domanda e la dimensione dell’offerta. Dove esiste capacità produttiva inutilizzata, ogni impresa cerca di attuare strategie atte ad attrarre nuovi clienti. L’effetto negativo si prolunga a causa delle barriere all’uscita, cioè dei costi associati alla capacità di uscire dal mercato. Tra questi troviamo: Il grado di idiosincraticità (forte specializzazione) degli asset della produzione L’intervento di attori istituzionali Il livello di interrelazioni produttive o commerciali con altri business dell’impresa

− TASSO DI CRESCITA DELLA DOMANDA: un basso tasso di crescita della domanda nell’ASA comporta maggiore rivalità tra i concorrenti, minori opportunità di redditività nel lungo periodo e, pertanto, una minore attrattività per i nuovi entranti. Il tasso di crescita della domanda deve essere confrontato con quello dell’offerta. Tanto minore è il tasso di crescita della domanda rispetto all’offerta, tanto più intensa tende a diventare la concorrenza.

− RAPPORTI COSTI FISSI/COSTI VARIABILI: se la leva operativa (rapporto tra costi fissi e costi variabili) è molto elevata ed esiste eccesso di offerta, le imprese di orientano a perseguire strategie basate sui prezzi per ampliare i volumi di produzione/vendita e ottimizzare lo sfruttamento della capacità produttiva. Ciascuna impresa sarà spinta a ridurre il prezzo di vendita (fino al limite in cui il margine di contribuzione si annulla) al fine di evitare un abbassamento della propria quota di mercato.

− DIFFERENZIAZIONE DELL’OFFERTA: riduce l’importanza del fattore prezzo come base di competizione. Più simili sono i prodotti tra imprese rivali, più i consumatori sono disposti a sostituirli, più le imprese sono incentivate ad abbassare i prezzi per incrementare la quota sul mercato. Non a caso, anche nei mercati dei prodotti primari, sono state decise strategie di sviluppo della marca (es. Mele del Trentino).

− DIVERSITA’ DEI CONCORRENTI − COSTI DI RICONVERSIONE DEI CLIENTI: cioè i costi che i clienti devono sostenere nel passare da un sistema di

offerta di un’impresa a quello dei concorrenti. Essi incidono sulla fedeltà del cliente. − IDENTITA’ DELLA MARCA: fattore psicologico

Concorrenza verticale CONDIZIONI CHE AUMENTANO IL POTERE CONTRATTUALE DEI FORNITORI

CONDIZIONI CHE AUMENTANO IL POTERE CONTRATTUALE DEI CLIENTI

Il mercato di fornitura è costituito da poche imprese ed è più concentrato del settore a cui vende.

il mercato di acquisto è concentrato, si compone di grandi clienti che assorbono quote elevate del fatturato delle grandi imprese.

Non sono disponibili, o comunque è limitata, la fornitura di prodotti sostitutivi di quelli dei fornitori.

Sono disponibili prodotti sostitutivi. I clienti sono informati sui prezzi di mercato e, quindi, sui costi delle imprese fornitrici (clienti industriali).

Le imprese del settore sono di piccole dimensioni e non sono clienti importanti per i fornitori.

Le condizioni economico-finanziarie delle imprese clienti sono solide

I prodotti dei fornitori contribuiscono in maniera determinante alla qualità del prodotto delle imprese o dell’efficienza del loro processo produttivo o alla

I prodotti acquistati non sono determinanti per la qualità del prodotto o del servizio dei clienti, oppure per contenere il costo totale del cliente.

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riduzione del loro costo industriale. I prodotti dei fornitori sono molto differenziati o elevati sono i costi di riconversione. I costi di riconversione dei clienti sono bassi.

I fornitori minacciano di integrarsi a valle. I clienti minacciano di integrarsi a monte. La minaccia di integrazione a valle delle imprese dell’ASA è remota.

• BARRIERE ALL’ENTRATA concorrenza potenziale: possono essere distinte in tre grandi categorie:

1. BARRIERE ISTITUZIONALI: e legali hanno origine esogena rispetto alle dinamiche competitive del settore. Esse impediscono in maniera assoluta o vincolano a determinate condizioni l’entrata di nuovi concorrenti. Le principali fonti delle barriere istituzionali sono le concessioni amministrative, i brevetti, i copyright, i segreti industriali.

2. BARRIERE STRUTTURALI ECONOMIA DI SCALA: nelle ASA ad elevata intensità di capitale, ricerca, pubblicità, l’efficienza richiede operazioni su larga scala. Le economie di scala possono essere distinte in: − Economie di scala tecnologiche: consistono nelle diminuzioni di costo medio unitario di produzione

all’aumentare della dimensione di impianto. Sono determinanti: I costi di costruzione di impianti di maggiori dimensioni crescono meno che proporzionalmente alla

capacità produttiva. Le immobilizzazioni immateriali (progettazione, sviluppo, …) hanno un costo rilevante che può essere

ripartito più efficacemente con impianti di elevata capacità produttiva. Al crescere del volume di produzione, il fattore lavoro diventa più specializzato e quindi più produttivo. Il controllo di processo può essere automatizzato e standardizzato e quindi risulta più efficiente.

− Economie di scala gestionali: consistono nella riduzione del costo medio unitario complessivo ottenibile da un’impresa di grandi dimensioni in funzioni diverse da quella di produzione: sono determinanti: L’automazione o standardizzazione dei processi amministrativi e di controllo. Ricerca e sviluppo su vasta scala. Marketing su vasta scala. Maggiore suddivisione delle spese generali. Costo minore nell’acquisto di capitale.

Le principali fonti delle barriere strutturali sono: − Vantaggi assoluti di costo: la presenza di vantaggi indipendenti dal volume di produzione (tecnologie di

prodotto esclusive, accesso privilegiato alle materie prime, ubicazioni favorevoli, sovvenzioni pubbliche, economie di esperienza) agevola solo le imprese già presenti nell’ASA.

− Fabbisogni di capitale: il fabbisogno di capitale necessario per operare in un’ASA può essere così elevato da scoraggiare tutti gli operatori escluse le maggiori imprese.

− Accesso ai canali di distribuzione: le imprese potenziali entranti devono superare le resistenze opposte dai canali di distribuzione, dovute a: Limitata capacità di assorbimento dei canali di distribuzione (per es. spazio limitato). L’avversione al rischio da parte dei dettaglianti. Maggiori costi fissi associati alla fornitura di un prodotto addizionale.

Il modello delle barriere all’entrata presenta alcuni limiti: − Prescinde dalla dinamica della domanda − Non considera il livello dei prezzi e quindi dei margini − Considera i potenziali entranti nascenti e non le imprese che possono entrare nell’ASA a seguito di una

strategia di diversificazione 3. BARRIERE STRATEGICHE: derivano da comportamenti che i concorrenti già appartenenti al settore attuano o

minacciano di attuare al fine di scoraggiare l’entrata di nuovi concorrenti. Per esercitare questa azione la barriera strategica deve essere percepita come “credibile”. Un esempio è fornito dalla minaccia di ritorsione: le imprese potenziali entranti possono essere soggette a ritorsioni da parte delle imprese affermate, spesso monopoliste (abbassamento dei prezzi, incremento della pubblicità, promozione delle vendite, conflitto legale).

• LA MINACCIA DI PRODOTTI SOSTITUTIVI concorrenza indiretta

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I prodotti e servizi sostitutivi rappresentano prodotti e servizi che, pur avendo caratteristiche merceologiche diverse, assolvono alla stessa funzione d’uso di quelli concorrenti nel settore. Due prodotti sono “sostitutivi” quando la loro elasticità incrociata è positiva ed è elevata: all’aumentare del prezzo di uno, si espande la domanda dell’altro. La presenza di prodotti sostitutivi rende la domanda elastica al prezzo, determinando il prezzo massimo che i clienti sono disposti a pagare per il prodotto.

(3) ASA E RAGGRUPPAMENTI STRATEGICI

Per analizzare correttamente le forme della concorrenza bisogna abbandonare l’ipotesi che tutte le imprese appartenenti ad un’ASA siano accomunate dalle stesse caratteristiche. Nella realtà in una stessa ASA possono coesistere diversi raggruppamento strategici. L’ambiente competitivo rilevante per le imprese è, quindi, costituito dal raggruppamento strategico, l’insieme di imprese concorrenti che seguono strategie comuni o simili, riconducibili alle stesse dimensioni strategiche (approccio da offerta). I raggruppamento strategici che appartengono ad una stessa ASA possono, quindi, essere “mappati” attraverso l’utilizzo delle dimensioni strategiche su cui si basa il vantaggio competitivo. Le dimensioni strategiche più rilevanti possono essere: • L’ampiezza della linea produttiva • Il livello di servizio • Il tipo di tecnologia • Il grado di integrazione verticale • Il livello di innovazione tecnologica • Le strategie di prezzo • La qualità dei prodotti/servizi • La tipologia del cliente servito • Il tipo di canale distributivo utilizzato • Il numero dei mercati serviti, ecc. I raggruppamenti strategici di una stessa ASA possono essere rappresentati graficamente attraverso mappe. Al fine di rendere più immediata la loro visualizzazione, le mappe sono di solito costruite in uno spazio cartesiano a due dimensioni, scegliendo quello che più incidono sul vantaggio competitivo. I raggruppamenti strategici sono poi rappresentati con una figura geometrica di dimensione proporzionale alla loro quota di mercato.

RISORSE E COMPETENZE L’analisi delle risorse e competenze è un’attività volta a stimare il patrimonio delle risorse e delle competenze dell’impresa. Serve ad individuare i punti di forza e di debolezza della stessa, attraverso l’individuazione e la valutazione delle risorse e delle competenze distintive.

(1) LE RISORSE Le risorse costituiscono l’insieme degli asset che l’impresa utilizza per rispondere alle opportunità e alle minacce del mercato. Tali elementi sono necessari all’impresa per produrre valore. Le risorse possono essere in un primo luogo distinte in (a seconda che possano essere supportate da un elemento fisico e, generalmente, abbaino un riscontro quantitativo nel patrimonio dell’impresa): • TANGIBILI

− Finanziarie − Fisiche

• INTANGIBILI permettono di utilizzare le attività patrimoniali in modo vantaggioso e che in larga parte sono incorporate nelle routine organizzative di cui fanno parte- − Umane − Tecnologiche − Reputazione − La marca e l’immagine dell’impresa − La fedeltà dei clienti e le relazioni consolidate con essi − Le relazioni avviate con gli stakeholders esterni − La capacità innovativa

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− La conoscenza

(2) LE COMPETENZE Le risorse in se stesse non hanno alcun effetto sul vantaggio competitivo e sulle performance dell’impresa che le controlla. Se così fosse, per le imprese sarebbe sufficiente acquisire le risorse che non possiedono per avere un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti. Ai fini del vantaggio competitivo è, infatti, importante oltre alla qualità delle risorse, il modo in cui queste vengono coordinate e integrate. Il valore di ogni singola risorsa dipende dagli effetti di complementarietà e sinergia derivanti dalla combinazione con altre risorse. La capacità di integrare e coordinare le risorse viene chiamata “capacità organizzativa” e rappresenta una condizione essenziale per lo sviluppo dell’impresa. Ad esempio, nell’area di produzione si possono trovare capacità relative alla gestione del flusso di materiali; nella ricerca, possiamo invece trovare la capacità di tradurre i risultati della ricerca di base in prototipi per lo sviluppo di nuovi prodotti; nella finanza le capacità di saper combinare sapientemente le fonti di finanziamento a copertura dei fabbisogni. Dall’utilizzo congiunto delle risorse emergono le competenze, individuabili nelle conoscenze e capacità operative formatesi nell’impresa come il risultato di un processo di apprendimento interno. Le competenze sono un prodotto interno e caratteristico di una particolare struttura di impresa e, in quanto tali, sono difficilmente trasferibili al di fuori del contesto in cui si sono formate. Le competenze possono essere: • TACITE: ossia incorporate nelle persone o nelle routine aziendali ed applicate in modo spesso inconsapevole come

frutto di un processo di apprendimento (learning by doing). • ESPLICITE: espresse in codici, norme e regole di comportamento e quindi acquisibili da chiunque possa avere

accesso alla documentazione in cui sono state registrate. Non tutte le competenze sono in grado di assicurare al cliente un maggior valore. Quelle che riescono ad assicurare tale risultato sono quelle su cui occorre puntare per il raggiungimento del successo. Le risorse distintive sono il complesso delle conoscenze, esperienze, capacità (non coincidenti necessariamente con una singola area funzionale) in cui l’impresa eccelle rispetto ai concorrenti. Inoltre, non diminuiscono con l’uso ma si rafforzano quando vengono applicate e condivise. Le competenze distintive devono: • Rappresentare il fattore competitivo determinante per entrare in nuove aree di business • Contribuire in maniera determinante al valore che l’impresa crea per il cliente • Non essere facilmente imitabili dai concorrenti Inoltre (elementi chiave delle competenze distintive): • Sostengono più di un prodotto o attività • Hanno un ascendente temporale sui prodotti, nel senso che si esauriscono più lentamente dei prodotti • Emergono dall’apprendimento collettivo dell’impresa e si accrescono con l’uso • Essendo critiche, occorre che le imprese investano per svilupparle Le competenze distintive hanno una durata temporale, la durata non è riferita alla competenza in sé, ma alla sua “distintività”, ossia agli aspetti fonte di vantaggio competitivo. Tra i fattori che influenzano la durata, troviamo: • Determinate condizioni intrinseche delle risorse, • Il comportamento dell’impresa, • L’evoluzione di determinati fattori ambientali, • Il comportamento dei concorrenti. Le competenze distintive possono concorrere alla creazione del vantaggio competitivo se sono contraddistinte da: 1. GRADO DI APPROPRIABILITA’

A controllo debole DEBOLE MODERATO Diritti di proprietà intellettuale

MODERATO FORTE A controllo forte

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Facile Difficile Grado di replicabilità

LA CATENA DEL VALORE

È lo strumento di analisi che consente, tramite una scomposizione del sistema – azienda nelle sue unità elementari che lo compongono, da individuare: • I punti di forza, vale a dire la base per il conseguimento di un vantaggio competitivo sostenibile • I punti di debolezza, cioè le aree che, essendo contraddistinte da livelli insoddisfacenti di efficienza/efficacia

spiegano una posizione competitiva debole o che potrebbero determinarla in futuro. Esistono tre modalità di auditing: 1. Diacronico (analisi storica) 2. Comparativo (rispetto ai valori medi dell’ASA) 3. Analisi di benchmarking (confronto con la miglior concorrente dell’ASA) Attività di supporto

Approvvigionamenti Gestione delle risorse umane

Ricerca e sviluppo (della tecnologia) Infrastrutture

Logistica in entrata Produzione Logistica in uscita Vendite e

marketing Servizi post-

vendita Attività primarie

Le attività primarie identificano il flusso materiale della trasformazione produttiva, le attività di supporto identificano l’attività del management finalizzata allo sviluppo delle risorse più complesse. Il valore è la somma che i compratori sono disposti a pagare per l’output aziendale ed il margine è il valore totale dell’output (il costo complessivo delle attività). ATTIVITÀ PRIMARIE • LOGISTICA IN ENTRATA: insieme di attività connesse al ricevimento, magazzinaggio e movimentazione interna degli

input. • PRODUZIONE: attività di trasformazione degli input in prodotti finali, assemblaggio, manutenzione, collaudo,

gestione degli impianti. • LOGISTICA IN USCITA: distribuzione fisica, cioè gestione magazzini prodotti finiti, controllo delle scorte, evasione

ordini. • MARKETING E VENDITE: attività di gestione del prodotto e delle politiche di prezzo, scelta dei canali distributivi,

politiche di vendita e gestione delle forze di vendita. • SERVIZI: installazione, riparazione, ricambi, assistenza tecnica. ATTIVITÀ DI SUPPORTO • APPROVVIGIONAMENTI (ufficio acquisti): acquisizione degli input destinati alle attività primarie, di servizi di

consulenza, brevetti, tecnologie. • SVILUPPO DELLA TECNOLOGIA: componenti tecnologiche inserite nelle attività generatrici di valore. • GESTIONE DELLE RISORSE UMANE: insieme delle attività inerenti il reclutamento, la selezione, l’addestramento, la

formazione, la retribuzione, la pianificazione delle carriere e lo sviluppo delle risorse umane. • INFRASTRUTTURE: rappresenta l’ossatura del sistema aziendale. Direzione generale (management), pianificazione,

finanza, ufficio legale contabilità, gestione della qualità, amministrazione e finanza. L’analisi della catena del valore può essere utilizzata come strumento: • DESCRITTIVO perché consente di fotografare l’azienda individuando le attività strategicamente rilevanti, in cui sono

presenti competenze distintive, sulle quali il manager può intervenire per raggiungere specifici obiettivi. • DI PIANIFICAZIONE STRATEGICA perché individuando il contributo in termini di costo e valore per ogni singola

attività il manager può definire in quali aree intervenire per raggiungere un vantaggio competitivo. • DI VALUTAZIONE DELLE STRATEGIE perché l’adozione di una determinata strategia modifica la configurazione della

catena del valore con conseguente modifica del margine. Ciò può consentire al manager di valutare se la strategia adottata ha contribuito ad incrementare o meno il valore dell’impresa.

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Possono, però, essere mosse diverse critiche al modello tradizionale: 1. La finanza dovrebbe essere considerata cine un’attività a sé stante impiego e reperimento dei fondi necessari a

garantire l’operatività aziendale. 2. Trascura l’impatto che la tecnologia ha su tutte le attività non può essere considerata di competenza esclusiva

della R&S. 3. Evidenzia solo gli aspetti operativi del marketing. 4. Quale supporto decisionali? Dalla lettura della catena del valore non si evincono le strategie utilizzate. Gli

economisti successivi hanno preso in considerazione la “catena delle competenze”.

LE STRATEGIE PER IL VANTAGGIO COMPETITIVO Le strategie per il vantaggio competitivo individuano modalità attraverso cui conferire ai prodotti e ai servizi un vantaggio competitivo efficace, difendibile e duraturo. Comprendono: 1. LEADERSHIP DI COSTO 2. DIFFERENZIAZIONE 3. SEGMENTAZIONE (O FOCALIZZAZIONE)

Intera ASA COST LEADERSHIP DIFFERENZIAZIONE Ambito competitivo

FOCALIZZAZIONE Un particolare segmento Basata sui costi Basata sulla differenziazione

Costo Differenziazione Fonti del vantaggio

(1) LEADERSHIP DI COSTO

L’impresa si propone di diventare il produttore a più basso costo. Le fonti possono essere: 1. Economie di scala 2. Economie di esperienza da parte dei dipendenti più esperti e produttivi (esperienza cumulativa) 3. Ridurre i costi della distribuzione (distribuzione diretta) Una volta diventata la leader di costo, l’impresa può: • Ottenere una redditività superiore alla media dell’ASA, applicando prezzi uguali o vicini a quelli dei concorrenti o • Ampliare la quota di mercato praticando prezzi più bassi rispetto ai concorrenti leader di prezzo. Il vantaggio di costo rappresenta una difesa efficace contro le cinque forze competitive: 1. Nei confronti dei concorrenti diretti, l’impresa non deve temere le conseguenze di un’eventuale guerra di prezzo,

essendo in grado di realizzare un profitto anche ad un livello di presso che per la concorrenza è il minimo praticabile. 2. I clienti, per quanto forti, non riescono ad ottenere un ribasso del prezzo al di sotto di quello praticato dal diretto

concorrente che gode della migliore posizione. 3. I bassi costi di gestione delle attività difendono l’impresa dagli effetti di aumenti nei costi di approvvigionamento

imposti dai forti fornitori. 4. I bassi costi consentono di praticare bassi prezzi, tali da rappresentare una barriera contro l’entrata di eventuali

nuovi concorrenti ed 5. Una buona protezione nei confronti dei prodotti sostitutivi (prezzo massimo che i clienti sono disposti a pagare..

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Attività di supporto

Approvvigionamenti • Economie di scala negli acquisti • Accordi di lungo termine con i fornitori Gestione delle risorse umane • Adozione di sistemi di organizzazione e gestione del personale che aumentano produttività ed

efficienza Ricerca e sviluppo (della tecnologia) • Sviluppo interno di impianti con minori costi di gestione • Collegamento informativo con i clienti Infrastrutture • Direzione centralizzata

Logistica in entrata

• Consegne just in time dei fornitori

Produzione • Sfruttamento

di economie di scala e di esperienza

Logistica in uscita • Maggiore

scala della dimensione degli ordini

Vendite e marketing

• Economie di scala nella pubblicità

Servizi post-vendita

• Centri di assistenza su base regionale

Attività primarie

(2) LA DIFFERENZIAIZONE L’impresa persegue una strategia di differenziazione, offrendo ai propri clienti un prodotto con una o più caratteristiche di esclusività che, nella percezione del cliente stesso, risultano meglio in grado di soddisfare un determinato bisogno. Ad esse il cliente attribuisce un valore tale da accettare di pagare un prezzo più elevato (premium price). La differenziazione, infatti, consente all’impresa di imporre prezzi più alti o comunque di creare preferenza e fedeltà per i propri prodotti o servizi. spesso è legala al logo, il marchio è uno degli elementi di differenziazione più efficaci. La differenziazione migliora la posizione dell’impresa nei confronti delle cinque forze competitive: 1. Rispetto ai concorrenti diretti, la differenziazione riduce la sostituibilità del prodotto, accresce la fedeltà dei clienti,

diminuisce la sensibilità al prezzo. 2. Grazie alla maggiore fedeltà della clientela l’ingresso di nuovi concorrenti diventa più difficile. 3. I clienti risultano maggiormente fedeli. 4. Il margine più elevato accresce la capacità dell’impresa di assorbire gli aumenti imposti da eventuali fornitori dotati

di forte potere contrattuale. 5. Le caratteristiche distintive del prodotto e la fedeltà della clientela costituiscono una difesa anche nei confronti dei

prodotti sostitutivi. Attività di supporto

Approvvigionamenti • Qualità dei materiali acquistati Gestione delle risorse umane • Formazione continua Ricerca e sviluppo (della tecnologia) • Tecniche innovative di sviluppo dei prodotti • Collegamento informativo con i clienti (rete intranet) Infrastrutture

Logistica in entrata

• Robotizzazione magazzini

Produzione • Impianti di

produzione flessibili

Logistica in uscita • Affidabilità

delle consegne

• Velocità ciclo dell’ordine

Vendite e marketing

• Reputazione del marchio

• Relazioni clienti consolidate

Servizi post-vendita

• Tempi brevi del servizio di assistenza

Attività primarie

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(3) LA FOCALIZZAZIONE (O SEGMENTAZIONE) Corrisponde all’esigenza di concentrare l’attenzione dell’impresa sui segmenti di domanda più promettenti. La segmentazione può essere basata sui costi o sulla differenziazione. Le variabili della segmentazione possono essere: • Il tipo di acquirente • Il canale di distribuzione • I vantaggi ricercati (valore percepito) nei prodotti/servizi • La collocazione geografica dell’acquirente

STRATEGIE DI INTEGRAZIONE TRA VANTAGGIO DI COSTO E DI DIFFERENZIAZIONE È possibile il perseguimento delle strategie leadership di costo e di differenziazione? Leadership di costo e differenziazione sono di norma incompatibili blocco a metà del guado, nel lungo periodo, ma nel breve è possibile il perseguimento di strategie ibride in tre casi: 1. Concorrenza bloccata a “metà del guado”: ad esempio, nella fase di introduzione del ciclo di vita del prodotto, tutte

le imprese, non conoscendo le aspettative dei clienti, perseguono una strategia ibrida. 2. Costi condizionati dalla quota di mercato: l’elevata quota di mercato che deriva da una strategia di differenziazione

comporta una riduzione dei costi. 3. Introduzione novità importanti Ma nel lungo periodo 1. La condizione di blocco a metà del guado dei concorrenti è solo temporanea attuazione strategia di base 2. Concorrenti abili possono raggiungere la stessa quota di mercato 3. Imitazione dell’innovazione da parte dei concorrenti Innovazioni tecnologiche e organizzative consentono alle imprese di realizzare contemporaneamente la leadership di costo e la differenziazione IKEA. Grazie alla combinazione di competenze volte alla minimizzazione dei costi (eliminazione servizi di trasporto e montaggi, riduzione del personale, scelta dei materiali economici), unite alla creatività ed alla capacità innovativa (espressione di competenza di differenziazione), IKEA è riuscita a proporre, alla clientela internazionale, prodotti a basso costo, ma con caratteristiche inconfondibili tramite un sistema di produzione modulare: vengono create basi standard per tutti i tipi di mobile e ambiente, poi si passa all’assemblaggio finale e alla colorazione.

IL MARKETING È la funzione aziendale che consente di collegare, in termini economici e di scambio, i bisogni e i desideri della società, come individui e organizzazioni, al sistema produttivo aziendale (soddisfare i bisogni in modo redditizio). Il concetto si fonda su tre pilastri: 1. Orientamento al cliente 2. Integrazione delle attività 3. Obiettivo di redditività

MARKETING STRATEGICO (1) (processo orientato all’analisi) MARKETING OPERATIVO (2)

(processo orientato all’azione)

Analisi dei bisogni Definizione del mercato di riferimento Prodotto

Soluzione multi-attributo Segmentazione del mercato Macro e micro-segmentazione Distribuzione

Buona accessibilità alla soluzione Analisi di attrattività Mercato potenziali, ciclo di vita del prodotto Prezzo

Costi monetari e non monetari Analisi di competitività Vantaggio competitivo sostenibile Comunicazione

Pubblicità, vendita, promozioni

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Scelta di un posizionamento e/o sviluppo della strategia Programma di marketing

Obiettivi, budget

(1) MARKETING STRATEGICO È un processo (a monte del processo di commercializzazione) orientato all’analisi che si estende nell’arco di una pianificazione di medio-lungo periodo ed è incentrato sull’individuazione dei bisogni degli individui e delle organizzazioni. Ha la funzione di fornire tutte le informazioni necessarie ai decisori aziendali ai fini dell’attuazione di una strategia. Il marketing strategico può essere scomposto in diverse fasi: 1. ANALISI DEI BISOGNI definizione del mercato di riferimento

È necessario condurre analisi che consentano di capire se, all’interno del mercato, sussistono bisogni insoddisfatti o, addirittura, latenti, cioè che i clienti non concepiscono ma che potrebbero farlo se adeguatamente stimolati. L’obiettivo dell’impresa dovrebbe essere quello di creare nuovi business, prodotti e servizi totalmente innovativi invece di prodotti differenziati ma comunque esistenti nel mercato, poiché questo consentirebbe all’impresa di comportarsi come monopolista (almeno in un primo momento).

2. SEGMENTAZIONE macro e micro-segmentazione Dopo aver definito un mercato di riferimento molto ampio, è necessario individuare uno specifico target di clienti.

3. ANALISI DI ATTRATTIVITA’ mercato potenziale, ciclo di vita del prodotto Dopo aver individuato un target di clienti, è importante analizzare se quel target è attrattivo, sia da un punto di vista quantitativo: domanda potenziale, sia un punto di vista dinamico: ciclo di vita del prodotto (trend della domanda).

4. ANALISI DI COMPETITIVITA’ vantaggio competitivo sostenibile Dopo aver analizzato l’attrattività della domanda, occorre un’analisi delle competenze per verificare se l’impresa può occupare una posizione competitiva all’interno del mercato, soddisfare, cioè, i bisogni dei clienti in maniera migliore rispetto alla concorrenza. Tale vantaggio deve essere duraturo e difendibile.

5. SCELTA DI UN POSIZIONAMENTO E/O SVILUPPO DI UNA STRATEGIA Se le fasi precedenti danno esito positivo, l’impresa può scegliere il proprio posizionamento. Questo rappresenta l’immagine che l’impresa occupa nella mente dei clienti rispetto a prodotti alternativi, qualora un’impresa non riuscisse a posizionarsi adeguatamente, i clienti non avranno motivo di scegliere l’impresa in questione.

Il marketing strategico può essere distinto in due tipologie: • MARKETING STRATEGICO DI RISPOSTA

Analisi dei bisogni ricerca e sviluppo produzione marketing operativo − Trovare e soddisfare bisogni non soddisfatti (miglioramento di prodotti/servizi già esistenti). − Creare o sviluppare una domanda latente o esistente. − Le innovazioni sono “tirate dal mercato”

• MARKETING STRATEGICO DI CREAZIONE DELL’OFFERTA (PROATTIVO) Ricerca e sviluppo analisi dei bisogni produzione marketing operativo − Trovare nuovi metodi per soddisfare bisogni esistenti. − Creare nuovi mercati grazie alla potenza della tecnologia o della creatività. − Le innovazioni sono “spinte dall’impresa”.

(2) MARKETING OPERATIVO

È un processo (a valle del processo di commercializzazione)orientato all’azione che si estende nell’arco di una pianificazione temporale di breve-medio termine e si indirizza a mercati o segmenti esistenti. Può essere diviso in quattro fasi, ognuna delle quali riguardano una delle quattro leve del marketing mix: 1. PRODOTTO soluzione multi-attributo:

Il prodotto o servizio deve essere collocato sul mercato non in quanto tale ma in quanto rappresenta una soluzione ad un determinato bisogno. Le scelte riguardano gli elementi che costituiscono il prodotto (marca, packaging ecc.).

2. DISTRIBUZIONE buona accessibilità alla soluzione Scelta dei canali di distribuzione affinché il cliente acceda facilmente al prodotto o servizio.

3. PREZZO costi monetari e non monetari I prodotti o servizi devono essere offerti ad un prezzo che i clienti considerano equo.

4. COMUNICAZIONE pubblicità, forza vendita, promozioni L’ultima fase è caratterizzata dal programma di marketing che riguarda gli obiettivi per incrementare il fatturato attraverso la fissazione di un budget in ognuna delle quattro leve.

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Il marketing operativo può essere diviso in due tipologie: • MARKETING TRANSAZIONALE

− Si focalizza sulle singole vendite (no visione medio-lungo termine). − Opera in base a un modello di bisogni contrapposti (tende a dimenticare i bisogni e le aspettative dei clienti) − Si concentra esclusivamente sul prezzo.

• MARKETING RELAZIONALE − È orientato alla costituzione di una relazione forte e duratura (i clienti fedeli costano meno in termini di

comunicazione) − Presuppone l’opportunità di condividere di vantaggi (win – win) − Sposta l’attenzione su vantaggi non economici: servizi, tempi di consegna, continuità di fornitura.

MONITORAGGIO DI MACROMARKETING L’azienda deve sviluppare un sistema di monitoraggio che permetta di essere costantemente aggiornata sulle tendenze • DEMOGRAFICHE • ECONOMICHE • POLITICO-LEGALI • TECNOLOGICHE • SOCIO-CULTURALI Per fare ciò può: • Sviluppare un sistema di business intelligence • Aderire a società o gruppi professionali • Individuare i fattori di vulnerabilità per l’impresa • Costruire degli indicatori di preallarme sui fattori di vulnerabilità • Sviluppare un piano anticrisi per gestire le incombenze strategiche • Utilizzare il metodo dello scenario e della programmazione delle contingenze. L’orientamento al mercato è una cultura di business diffusa nell’organizzazione d’impresa attraverso il coordinamento interfunzionale con l’obiettivo di progettare e promuovere, a condizioni redditizie per l’impresa, soluzioni di valore superiore ai clienti diretti e indiretti e agli altri stakeholder coinvolti nel mercato (Lambin, 2008).

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Il prodotto può essere inteso come un paniere di attributi comprendente: • IL SERVIZIO O BENEFICIO DI BASE: il vantaggio di base o generico fornito da ciascuna delle marche che fanno parte

della categoria di prodotto. • I SERVIZI SUPPLEMENTARI NECESSARI: le modalità di erogazione del servizio di base che accompagnano di norma

tale servizio. • I SERVIZI SUPPLEMENTARI AGGIUNTI: i servizi che costituiscono vantaggi non legati al servizio di base offerti in più

dalla marca e che pertanto rappresentano un importante elemento di distinzione. Rappresentano effettivamente un elemento di differenziazione tra le marche appartenenti ad una determinata categoria di prodotto.

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LA SEGMENTAZIONE STRATEGICA Le fasi del processo di segmentazione strategica sono: 1. ANALISI DI SEGMENTAZIONE 2. INDIVIDUAZIONE DEL MERCATO TARGET O SELEZIONE DI UNO PIU’ SEGMENTI 3. POSIZIONAMENTO SUL MERCATO 4. PROGRAMMAZIONE DEL MARKETING MIRATA AI SEGMENTI TARGET • Per suddividere il mercato di riferimento in sotto-mercati maggiormente omogenei. • Per adeguare l’offerta dell’azienda ai bisogni e alle aspettative di ogni segmento. • Per evitare la dispersione degli sforzi di marketing compiuti dall’azienda basati su una visione indifferenziata del

mercato di riferimento e per identificare uno o più segmenti target prioritari sui quali concentrare gli sforzi di marketing.

• Per ottenere una posizione competitiva sostenibile. Il mercato di riferimento deve essere definito in termini di soluzione ad un problema: l’acquirente cerca non il prodotto, ma il servizio di base che il bene è in grado di offrire. L’impresa ha interesse a definire il mercato di riferimento in rapporto al servizio di base (bisogno generico). Si parla di: • MACRO-SEGMENTZIONE: scomposizione del mercato di riferimento in ASA (o business units) sulla base di tre

fattori: 1. BISOGNI (che cosa?) 2. CLIENTI (chi?) 3. TECNOLOGIE (come?)

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• MICRO-SEGMENTAZIONE: scomposizione dell’ASA e analisi della diversità dei bisogni all’interno delle aree

identificate.

TIPO PRESUPPOSTO VARIABILI VANTAGGI LIMITI

SOCIO-DEMOGRAFICA

È dalla diversità dei profili socio demografici che scaturisce la diversità nei bisogni e nelle aspettative nei confronti dei prodotti e servizi.

Sesso, età, reddito, provenienza geografica, dimensioni del nucleo familiare, livello d’istruzione ecc.

Prassi più utilizzata per il costo ridotto, la facilità di applicazione e di accesso alle informazione.

È un metodo che pone l’accento sulla descrizione degli individui che costituiscono il segmento piuttosto che sull’analisi dei fattori che spiegano la formazione del segmento stesso. Inoltre si perde il valore previsionale a causa della standardizzazione delle abitudini di consumo nelle diverse classi sociali.

TIPO PRESUPPOSTO VARIABILI VANTAGGI LIMITI INFORMAZIONI NECESSARIE

PER VANTAGGI PERSEGUITI

Il valore o il vantaggio perseguito in un prodotto è il fattore esplicativo da individuare in quanto due persone con profili socio-demografici identici possono avere sistemi di valori anche molto diversi.

Il modello comportamentale è il modello “del paniere di attributi”.

Si concentra sulle differenze tra i sistemi di valore degli acquirenti.

Identificazione degli attributi da privilegiare, perdita dei dati socio-demografici, elevati costi per le indagini dirette.

La lista degli attributi o dei vantaggi associati alla categoria dei prodotti in esame. La valutazione dell’importanza relativa assegnata a ciascun attributo. Il raggruppamento dei clienti che forniscono la stessa valutazione degli attributi.

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TIPO PRESUPPOSTO VARIABILI VANTAGGI

SOCIO-CULTURALE O PER STILI DI VITA

Individui molto diversi in termini socio-demografici possono avere comportamenti molto simili (e anche il contrario).

Informazioni su: • ATTIVITÀ:

lavoro, hobby, vita sociale, sport.

• INTERESSI: famiglia, casa, lavoro, moda.

• OPINIONI:

Fornire un quadro più umano degli acquirenti, che comprende informazioni sui valori, attività, interessi e opinioni.

Una segmentazione, per essere efficace, richiede: • RISPOSTA DIFFERENZIATA: massimizzare le differenze tra i segmenti (condizione di eterogeneità) e minimizzare

quelle tra gli acquirenti all’interno di un singolo segmento (condizione di omogeneità). • DIMENSIONE SUFFICIENTE: rappresentare un potenziale sufficiente a giustificare lo sviluppo di una strategia di

marketing specifica. • MISURABILITA’: determinare la dimensione, il potere di acquisto del cliente e loro caratteristiche in termini di

comportamento d’acquisto. • ACCESSIBILITA’: essere accessibili e, fin dove possibile, in modo selettivo (copertura controllata o autoselezione).

LA MARCA È un nome, un termine, un simbolo, un disegno o una combinazione di questi elementi che ha l’obiettivo di identificare beni e servizi di un venditore o gruppo di venditori, differenziandoli da quelli concorrenti. Gli elementi della marca, che servono ad identificarla e a differenziarla dalla concorrenza sono: • NOME: semplice da pronunciare e da scrivere, per favorire il passaparola e la ricordabilità. Deve essere

internazionale, diverso, insolito, distintivo ma non troppo. • LOGO E SIMBOLO: elementi visivi della marca: rafforzano il ricordo e il riconoscimento del nome e del brand.

Servono ad identificare meglio il prodotto cui si riferisce, sono versatili, meglio adattabili rispetto al nome, più facilmente trasferibili in diverse culture. Possono essere cambiati per rinnovare l’immagine della marca.

• SLOGAN: sono frasi che comunicano informazioni sul brand di carattere descrittivo o persuasivo. Aiutano il consumatore ad afferrare il significato della marca.

• JINGLE • PERSONAGGI: sono utilizzati principalmente nella campagna di lancio di un prodotto e nel design della confezione. • PACKAGING: progettazione e produzione della confezione dei prodotti. La confezione deve: identificare il brand,

comunicare informazioni descrittive e persuasive, agevolare il trasporto e la perfezione del prodotto, facilitare il consumo del prodotto …

Per massimizzare il valore del marchio, occorre “miscelare” e “combinare” i diversi elementi, selezionando quelli che permettono di raggiungere obiettivi differenti e integrandoli in modo che si rafforzino reciprocamente attraverso la condivisione di uno stesso. Si individuano diverse funzioni della marca: • PER IL CLIENTE NEI MERCATI B2C

− DI ORIENTAMENTO − DI PRATICITA’ − DI GARANZIA − DI PERSONALIZZAZIONE − LUDICA

• PER IL PRODUTTORE NEI MERCATI B2C − DI POSIZIONAMENTO − DI COMUNICAZIONE − DI PROTEZIONE − DI CAPITALIZZAZIONE − DI FEDELTA’ − DI BARRIERE ALL’ENTRATA

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• NEI MERCATI B2B − Sono simili a quelle delle marche dei prodotti a largo consumo, ad eccezione della funzione ludica. − Caratteristiche proprie dei mercati industriali sono: acquistabilità e la visibilità. − Funzione di rintracciabilità − Funzione di facilitazione

Ci sono quattro concetti chiave nella gestione della marca: 1. IL POSIZIONAMENTO 2. L’IDENTITA’ 3. L’IMMAGINE: è la percezione dell’identità della marca nella mente del consumatore “insieme delle rappresentazioni

mentali, cognitive e affettive, che una persona o un gruppo di persone si fa di una marca”. • Immagine percepita • Immagine reale • Immagine desiderata

4. IL PATRIMONIO: rappresenta il valore supplementare percepito che si aggiunge al valore funzionale del prodotto quando esso è associato ad una specifica marca (brand equity).

Il brand può essere: • Un brand diverso per ogni prodotto (Unilever, Mentadent, Algida, Coccolino) • Brand diversi per ogni linea (Barilla / Mulino Bianco)

Si limita il rischio di insuccesso e di svilimento dell’immagine, rende più flessibile la leva del prezzo e permette di servire più segmenti in modo mirato.

• Stesso brand per tutti i prodotti (Nivea, Adidas) al limite affiancato da un descrittore funzionale Rinforza la conoscenza e la popolarità della marca, facilita l’inserimento di nuovi prodotti, effetto reputazione, comporta minori costi comunicazione e funziona meglio con prodotti omogenei.

IL RUOLO ECONOMICO DELLA DISTRIBUZIONE

Organizzare fisicamente lo scambio concorrenziale per assicurare un efficiente incontro della domanda e dell’offerta di beni e servizi. Trasferire, quindi, i beni dal luogo di produzione al luogo di consumo. Creare il valore aggiunto della distribuzione, realizzando tre tipi di unità: 1. DI STATO (frammentazione, assortimento, packaging) distribuire il prodotto nella forma voluta dal cliente. 2. DI LUOGO (trasporto, collocazione geografica) distribuire il prodotto nel luogo voluto dal cliente. 3. DI TEMPO (stoccaggio, conservazione) distribuire il prodotto/servizio nel periodo di tempo voluto dal cliente. Un canale di distribuzione può essere definito come una struttura formata da partner interdipendenti che mettono beni e servizi a disposizione dei clienti. Sono funzioni della distribuzione: 1. TRASPORTO 2. FRAZIONAMENTO 3. STOCCAGGIO (refrigerazione/riscaldamento del magazzino) 4. ASSORTIMENTO: il cliente può comprare in un unico luogo più beni diversi per assortimento 5. CONTATTO: conoscere le esigenze e i bisogni dei consumatori. 6. INFORMAZIONE 7. PROMOZIONE: sia da parte del produttore sia da parte del distributore I FLUSSI DI DISTRIBUZIONE • DEL TITOLO DELLA PROPRIETA’: dal produttore al distributore ed infine al consumatore (eccezione tentata vendita) • FISICO • DEGLI ORDINI: dal consumatore all’intermediario che fa ordine al produttore. • FINANZIARIO: dal consumatore all’intermediario o direttamente al produttore. • DI INFORMAZIONI: flusso bidirezionale.

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LE DECISIONI RELATIVE AL CANALE DISTRIBUTIVO • Determinare la struttura del canale distributivo

− DIRETTO: IKEA, rete internet − INDIRETTO: presuppone l’utilizzo di intermediari e può essere Corta: un solo intermediario Lunga: più intermediari

• Decidere il numero di intermediari − INTENSIVA − SELETTIVA − ESCLUSIVA

• Allocare i compiti della distribuzione tra i partner nel processo di scambio (le funzioni distributive non possono essere eliminate, ma trasferite ad altri membri del canale)

• Determinare i margini dello scambio Gli intermediari hanno la funzione di: • De-moltiplicare i contatti • Economie di scala • Riduzione della disparità di funzionamento • Assortimento migliore • Servizio migliore

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Esistono diversi tipi di intermediari: • GROSSISTI: comprano dai produttori o dagli agenti delle vendite per rivendere ai dettaglianti (no al consumatore

finale). Possono vendere − A consegna: piccoli grossisti che consegnano le merci ai dettaglianti oppure ai punti vendita HO.RE.CA. − Cash and carry: grossisti di grandi dimensioni in cui i dettaglianti si recano ad acquistar ei beni (Metro)

• DETTAGLIANTI − Indipendenti: piccoli rivenditori − Della GDO: negozi a catena, supermercati ecc.

• AGENTI: non diventano proprietari del bene ma lavorano a provvigione sulla merce che riescono a vendere • SOCIETA’ DI SERVIZI • CYBERMEDIARI Il canali di distribuzione può essere: • DIRETTO: Produttore consumatore • INDIRETTO BREVE: Produttore dettagliante consumatore • INDIRETTO LUNGO: Produttore grossista dettagliante consumatore • INDIRETTO LUNGO: Produttore agente dettagliante consumatore • INDIRETTO LUNGO: Produttore agente grossista dettagliante consumatore I fattori determinanti la struttura dei canali distributivi sono: • VARIABILI LEGATE AL MERCATO: numero e concentrazione degli acquirenti, dimensione e regolarità degli ordini …

Se ad esempio il mio mercato è caratterizzato da consumatori sparsi geograficamente avrò bisogno di una distribuzione indiretta e intensiva.

• VARIABILI LEGATE AL PRODOTTO: deperibilità, volume, complessità del prodotto … Se ad esempio vendo prodotti di ampio volume (imbarcazioni) non è conveniente passare da intermediari; oppure, se devo vendere prodotti deperibili (latte) opterò per una distribuzione diretta.

• VARIABILI LEGATE ALL’IMPRESA: capacità finanziaria, assortimento, reputazione dell’impresa …

TIPOLOGIA DI PRODOTTI DI CONSUMO • PRODOTTI DI ACQUISTO CORRENTE (CONVENIENCE GOODS) distribuzione intensiva

− Prodotti di prima necessità: che vengono acquistati regolarmente, tutti i generi alimentari − Prodotti d’impulso: caramelle − Prodotti di urgenza: medicinali (infatti le farmacie sono diffuse su tutto il territorio)

• PRODOTTI DI ACQUISTO RAGIONATO (SHOPPING GOODS) distribuzione selettiva I produttori hanno selezionato i punti vendita, in un negozio non si troveranno tutte le marche ma saranno selezionate secondo vari parametri.

• PRODOTTI ESCLUSIVI (SPECIALITY GOODS) distribuzione esclusiva Sono i consumatori a ricercare più informazioni possibili (mercato dell’automobile). In una vasta area geografica solo un concessionario avrà l’esclusiva a vendere quel bene.

• PRODOTTI NON RICERCATI (UNSOUGHT GOODS) I venditori incentiveranno le vendite porta-a-porta.

Il margine di distribuzione è la differenza tra i prezzo pagato dal consumatore finale e il prezzo pagato al produttore dal primo acquirente. Il margine di distribuzione misura il valore aggiunto dal canale distributivo. Il margine di un particolare distributore è uguale alla differenza tra il presso a cui vende ed il prezzo a cui acquista. In un sistema di distribuzione indiretto, il margine di distribuzione è uguale alla sommatoria dei margini dei distributori. Si esprime solitamente come percentuale, in rapporto al prezzo di vendita (sconto) o in rapporto al prezzo di acquisto (ricarico). MARGINE DEL DISTRIBUTORE (TM): D = P (prezzo di vendita) – C (costo d’acquisto) SCONTO: D* = P – C / P RICARICO (mark-up): D° = P – C / C

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IMPORTANZA DELLE DECISIONI DI PREZZO Il prezzo influenza direttamente il livello della domanda e determina il livello di attività, determina la redditività dell’impresa e influenza la percezione globale del prodotto o della marca contribuendo al posizionamento presso i potenziali clienti. Il prezzo si presta più facilmente delle altre variabili di marketing al confronto tra prodotti o marche concorrenti. La strategia di prezzo deve essere compatibile con le altre componenti del marketing operativo. L’evoluzione dell’ambiente economico e competitivo ha contribuito ad accrescere l’importanza delle decisioni di prezzo. Il prezzo viene calcolato: • FORMALMENTE: espressione monetaria del valore

Ammontare di denaro ceduto dal cliente / quantità di beni ceduta dal venditore • NELLA PROSPETTIVA DEL CLIENTE: espressione delle scelte di marketing (prodotto-paniere di attributi – marca)

Costo totale a carico del cliente (monetari e non) / vantaggi totali forniti dal prodotto I prezzi possono essere fissati 1. SULLA BASE DEI COSTI

È la metodologia più frequente perché i costi sono noti, tuttavia, è un metodo limitato. • PREZZO SOGLIA (FLOOR PRICE) = C

Prezzo minimo accettabile che corrisponde ai costi variabili (senza recuperare i costi fissi). Naturalmente non si può mantenere, viene utilizzato nei mercati secondari oppure come campagna di lancio oppure se ho della capacità produttiva inutilizzata.

• BREAK-EVEN PRICE = C + F / E(Q) Copre I costi fissi e variabili ma non remunera il capital investito

• TARGET PRICE = BEP + (r) x (K) / E(Q) È remunerativo, al BEP si somma il prodotto fra tasso di rendimento desiderato sul capitale e capitale investito. − Mark-up price = BEP / 1 – margine di profitto desiderato

2. SULLA BASE DELLA DOMANDA Il costo target è subordinato al prezzo di vendita accettabile da parte del mercato. L’elasticità di prezzo misura la sensibilità al prezzo dell’acquirente ed è uguale alla variazione % della quantità venduta in rapporto alla variazione % del prezzo. Rappresenta il cambiamento percentuale di quantità per un cambiamento di prezzo pari all’1 %. PREZZO OTTIMALE = C x e / e + 1 Costo variabile unitario x coefficiente di maggiorazione del costo (funzione dell’elasticità), il coefficiente di maggiorazione del costo è = elasticità al prezzo / elasticità al prezzo + 1.

3. SULLA BASE DEI VANTAGGI PERSEGUITI Il metodo è basato sul concetto di prodotto multi-attributo (paniere di attributi). Devo capire quali sono gli attributi ai quali i miei clienti attribuiscono più valore e capire in che modo è presente nel mio prodotto-paniere. Il punteggio del valore percepito è calcolato a partire dal seguente insieme di dati. • Gli attributi determinanti tangibili ed intangibili (oltre al prezzo), • Il peso o importanza di ciascun attributo, • La performance percepita di ciascun attributo, cioè il suo grado percepito di presenza. Il punteggio complessivo è una media ponderata data una certa valutazione complessiva (dei punteggi di importanza con i punteggi di presenza). Il prezzo massimo accettabile di un prodotto, utilizzato prevalentemente nei mercati industriali, è il prezzo corrispondente all’economia di costo realizzata grazie al prodotto stesso. Il procedimento è il seguente: • Identificare l’insieme degli usi del prodotto dal punto di vista del consumatore, • Identificare tutti i benefici tangibili ed intangibili generati dal prezzo, legati all’acquisizione del prodotto, • Realizzare una valutazione costi – benefici e determinare il prezzo massimo accettabile (MAP).

4. IN CONSIDERAZIONE DELLA CONCORRENZA quale strategia delle prime tre utilizzare in base alla concorrenza • POCHI CONCORRENTI - MONOPOLIO O PRODOTTI BENE DIFFERENZIATI monopolio o oligopolio differenziato:

prezzo ottimale o prezzo basato sul valore percepito. • MOLTI CONCORRENTI E PRODOTTI BENE DIFFERENZIATI concorrenza monopolistica:

prezzo ottimale o prezzo basato sul valore percepito.

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• POCHI CONCORRENTI E PRODOTTI INDIFFERENZIATI oligopolio indifferenziato: allineamento dei prezzi o leadership di prezzo.

• MOLTI CONCORRENTI E PRODOTTI INDIFFERENZIATI concorrenza perfetta: prezzo di mercato.

Esistono, infine, strategie di prezzo flessibile che possono avere luogo: • Nei mercati secondari • Sconti stagionali • Sconti casuali • Prezzi promozionali • Gestione dei prezzi

COMUNICAZIONE DI MARKETING È l’insieme dei segnali emessi dall’impresa verso i diversi pubblici a cui si rivolge l’azienda, i segnali cioè indirizzati ai clienti, distributori, fornitori, azionisti, istituzioni pubbliche, nonché quelli trasmessi dall’azienda al proprio personale. Le condizioni per una comunicazione efficace sono: 1. OBIETTIVI DELLA COMUNICAZIONE: l’emittente deve conoscere l’audience che vuole raggiungere e quale risposta

vuole ottenere. 2. ESECUZIONE DEL MESSAGGIO: l’emittente deve essere abile nel codificare messaggi che tengano conto di come

l’audience target tende a decodificare i messaggi. 3. SCELTA DEI MEDIA: l’emittente deve trasmettere il messaggio attraverso media efficaci per raggiungere l’audience

target. 4. EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE: l’emittente deve sviluppare canali di feedback per conoscere la risposta

dell’audience del messaggio Sono diversi strumenti di comunicazione: • PUBBLICITA’ che può essere

− Pubblicità personale la forza vendita Rappresenta un contatto personale che ha la funzione di acquisire informazioni, è progettato per generare un comportamento di risposta da parte del cliente ma comporta un costo molto elevato per contatto.

− Pubblicità impersonale la pubblicità sui media È una comunicazione unilaterale standardizzata proveniente da un advertiser ben identificato. È progettato per creare un atteggiamento positivo e non tanto un comportamento di risposta. Comporta un basso costo per contatto.

• PROMOZIONI SULLE VENDITE il cui obiettivo è incentivare le vendite nel breve periodo, natura transitoria. • RELAZIONI ESTERNE attività che le imprese svolgono non tanto per incentivare le vendite o far conoscere.

L’obiettivo è creare un ampio consenso tra le imprese (attività di patrocinio). • MARKETING DIRETTO tramite vendite telefoniche o per catalogo o via internet. PROCESSO DI COMUNICAZIONE L’impresa emittente ha bisogno di codificare il messaggio sotto forma di frasi concise e ricche di significato, frequente è l’uso di parole-chiave. Il cliente, quindi, decodifica il messaggio e lo attualizza secondo l’utilità che il prodotto potrebbe fornire. Il fine non è quello di incrementare le vendite ma la notorietà.