Ebrei e cittadinanza nell’Italia medievale 23 aprile 2014.

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Ebrei e cittadinanza nell’Italia medievale

23 aprile 2014

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.• Il successo e la diffusione del termine ‘cittadinanza’

appartengono approssimativamente all’ultimo ventennio del secolo scorso. Nel lessico italiano (ma l’osservazione può essere estesa ad altre lingue europee) fino a tempi recenti l’espressione ‘cittadinanza’ (nel lessico specialistico dei giuristi come nel linguaggio comune) era caratterizzata da uno spettro semantico abbastanza limitato: la si usava per indicare l’ascrizione di un soggetto all’uno o all’altro Stato nazionale e i problemi teorici ad essa collegati erano principalmente i problemi (studiati dai cultori di diritto internazionale) legati alla perdita o all’acquisto della qualità di ‘cittadino’ di un determinato Stato.

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.• La società contemporanea è caratterizzata, a

suo avviso, da una crescente partecipazione e integrazione delle classi subalterne e comporta un diverso impiego del concetto di ‘cittadinanza’.

• ‘Cittadinanza’ non è più un semplice cartello identificativo della ‘nazionalità’ di un individuo: essa piuttosto include tutti gli indicatori necessari a cogliere il rapporto effettivo che intercorre fra un individuo e la società di cui fa parte

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.• La cittadinanza implica in primo luogo il senso

dell’appartenenza a una comunità politica. Questa appartenenza però è nell’età moderna, inseparabile da un’articolata serie di diritti nei quali essa si realizza: la cittadinanza, oggi, «si è arricchita di nuova sostanza ed è stata investita di un formidabile apparato di diritti». Appartenenza e diritti, dunque, costituiscono le componenti della ‘cittadinanza’ nella accezione europea.

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• T.H. Marshall, Citizenship and Social Class (1950), in Id., Sociology at the Crossroads, Heinemann, London-Melbourne-Toronto 1963.

• P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, Laterza, Roma-Bari 1999-2001, voll. I-IV.

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.• Cittadinanza di oggi, cittadinanza di ieri

• La storiografia implica il riferimento a una ‘doppia temporalità’, ad un nesso ‘presente- passato’ che costituisce il suo orizzonte obbligato e imprescindibile. Lo storico è necessariamente immerso nella cultura del suo presente ed è a partire da essa che egli si sforza di intendere qualche aspetto del passato. È per la costitutiva incidenza del presente nell’operazione storiografica che si potrebbe sostenere, con Croce, che ogni storia è ‘storia contemporanea’, se questa espressione non rischiasse di alimentare un equivoco, ovvero il carattere in qualche modo strumentale del passato, la sua immediata riconducibilità al presente.

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,• il paradosso o la scommessa che caratterizza

la storiografia così come ogni altra operazione ermeneutica:

• quella di essere l’operazione di un soggetto che, attivando fino in fondo le proprie categorie linguistico-concettuali, i propri pre-giudizi e ogni altro elemento che componga la sua situata e storica ‘identità’, ‘scommette’ sulla possibilità di intendere l’altro, di dar senso a un’esperienza più o meno lontana e diversa.

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.• La condizione dello storico è analoga alla

condizione dell’antropologo, in quanto entrambi sono chiamati a fronteggiare la sfida della diversità: a instaurare un dialogo fra culture diverse (nel tempo e/o nello spazio), nella consapevolezza che la cultura dell’interprete non può essere messa in parentesi, ma deve essere al contempo utilizzata in modo da non oscurare la percezione dell’autonoma consistenza e specificità dell’oggetto interpretato.

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• L’antropologo Remotti usa al proposito la suggestiva metafora del ‘sacco vuoto’: le categorie concettuali usate dall’antropologo devono essere ‘sacchi vuoti’, devono essere il più possibile aperte e indeterminate per raccogliere dalla ricerca sul campo il maggior numero possibile di contenuti. Esiste insomma un rapporto di proporzione inversa fra la densità contenutistica di un concetto e la sua efficacia ermeneutica.

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.• Una teoria troppo rigida assunta come punto di

partenza dell’indagine presenta il rischio di annullare la distanza fra presente e passato e usare il passato come semplice cassa di risonanza del presente: si rompe così quel delicato e problematico equilibrio fra soggetto e oggetto, fra presente e passato che costituisce la sfida essenziale dell’intendere storico- ermeneutico. La storia diviene un’ancella della teoria e anziché facilitare l’apertura dello storico al lontano e al diverso, gli impedisce il libero confronto con il passato.

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• una storia della cittadinanza mette in gioco, per così dire due volte, il termine ‘cittadinanza’: come l’oggetto della ricerca e come il suo strumento o, meglio, come la sua condizione di possibilità.

• La storia della cittadinanza è al contempo e necessariamente una storia attraverso la cittadinanza: il termine-concetto ‘cittadinanza’ interviene, prima, come elemento metalinguistico, funzionale alla determinazione dell’oggetto, dei limiti, delle caratteristiche dell’impresa ermeneutica (funzionale alla determinazione delle ‘regole di traduzione’ che si intendono applicare) e poi come oggetto specifico della ricerca.

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• ‘Cittadinanza’ è uno schema che può essere applicato alle società pre-moderne (alla polis greca come alla civitas medievale), può essere riferito al processo di costituzione della moderna statualità e può infine contribuire a mettere a fuoco la crisi odierna dello Stato-nazione otto- novecentesco.

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Cittadinanza e città, cittadinanza e stato

• Non usiamo il termine stato! • Se lo usassimo, ci serviremmo di un filtro molto

selettivo, che ci permetterebbe di ricostruire le strategie sette-ottocentesche della cittadinanza, mentre costringerebbe in un vero e proprio letto di Procuste le società ancora estranee alla forma politica ‘Stato’ (quali ad esempio la società medievale)

• Sismondi, Histoire des républiques italiennes

• Max Weber, La città

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Perché ricorrere all’espressione ‘cittadinanza’?

• Mette a fuoco l’individuo, i diritti, la comunità politica e soprattutto i rapporti tra queste realtà

• Studiare la ‘cittadinanza’ degli ebrei significa quindi impiegare un’espressione sintetica per descrivere un programma di ricerca che assume come proprio oggetto la necessaria interrelazione fra l’individuo, i diritti-doveri, l’ordine politico.

• C’è un punto di vista prioritario: il soggetto. Parlare di cittadinanza significa guardare il costituirsi dell’ordine e lo strutturarsi della comunità politica dal basso verso l’alto: il punto di vista della cittadinanza è il punto di vista del soggetto, è lo sguardo del soggetto sulla comunità politicamente ordinata.

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.• acquista un particolare spessore il problema

del rapporto fra ‘cittadino’ e ‘non cittadino’, fra ‘cittadino’ e ‘straniero’. Nella misura in cui la cittadinanza implica appartenenza, essa non può non mettere a fuoco complementarmente le condizioni dell’estraneità e misurarsi con i dispositivi (simbolici, sociali, economici, giuridici) di inclusione e di esclusione adottati da una determinata comunità politica e quindi con le strategie di ‘riconoscimento’ o di ‘disconoscimento’ dei soggetti.

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• Ciò costringe a riflettere sui presupposti etici e antropologici che, nei diversi contesti storici, costituiscono il fondamento della cittadinanza.

• Attribuire ad alcuni soggetti alcune qualità rende possibile il riconoscimento di quei soggetti come membri di una determinata comunità politica

• , viceversa, drammatizzare le differenze, la costruzione di classi di soggetti essenzialmente diverse, che sorregge i dispositivi di disconoscimento e di esclusione

• Per esempio: le donne: hanno diritti civili?

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• L’analisi della cittadinanza comporta la rappresentazione di un’appartenenza che si struttura diversamente (quanto ai simboli, alle norme, alle pratiche coinvolte) a seconda della forma specifica assunta dalla comunità politica.

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Cittadinanza nelle città dell’Italia medievale

• Non è uno status uniforme; è qualcosa di profondamente diverso dall’idea moderna

• E’ costruita sulla base di esigenze interne alla città

• Milites e cives• Cittadini «originarii» e acquisiti• Cittadini «ex privilegio» «ex gratia»• Cittadini di recente immigrazione• Cittadini che abitano prevalentemente in città

oppure no

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Definizioni

• Civis• Habitator• Qui moram trahit• Qui nunc moratur• Qui fuit de ***, et nunc moratur

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La ‘nascita «forzata» dell’individualismo’

• I motivi per i quali i comuni cittadini entrano in relazione diretta con i cittadini

(anche se il cittadino non è mai ‘solo’ di fronte al potere, come accade oggi: c’è sempre la mediazione collettiva della società – della contrada di residenza, della confraternita, dell’arte professionale, ecc.)

MilitareFiscale

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Nella dottrina giuridica

• Legata alla partecipazione agli uffici(da Aristotele, riscoperto solo nella seconda metà del

Duecento, sino a Marsilio da Padova)e ricondotta semplicemente a questo

* È propria dei comuni consolidati?

Patria singularis (la città)Patria comunis (Roma)Diritto statutario e diritto particolare: legge «Omnes populi»Diritto romano

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Cittadini all’estero

• All’ «estero», tutt’altro discorso

• La comune origine come elemento di unificazione e di appiattimento

• All’estero, dall’ «individuale» si torna alla dimensione collettiva (la «natio», nel senso anche etimologico di nazione: studentesca, mercantile….)

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Le varie posizioni sulla cittadinanza degli ebrei nell’Italia del tardo medioevo

• Prima di tutto:• «città» e non «stato» (non esiste, dal punto di

vista della cittadinanza, una cittadinanza ‘regionale’: l’unità degli stati territoriali così come delle monarchie è data dalla comune soggezione al principe o alla dominante – in Italia – o al re – nelle monarchie nazionali: Francia Inghilterra Spagna)

• Per il comune di Venezia, «ebrei subditi nostri»

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Storici ebrei, storici non ebreiStorici del diritto, storici della politica e della società

• Vittore Colorni, Legge ebraica e leggi locali. Ricerche sull’ambito di applicazione del diritto ebraico dall’epoca romana al secolo XIX, Milano 1945:

• Pieni diritti, cives romani, cittadini del S.R.I. , soggetti al diritto comune

• Così pure Shlomo Simonsohn• Renata Segre, La società ebraica nelle fonti

archivistiche italiane, in Italia judaica, Roma 1983: concezione elitaria della cittadinanza concessa agli ebrei (discriminante sociale)

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.• Giacomo Todeschini, Fra stereotipi del tradimento e

cristianizzazione incompiuta: appunti sull’identità degli ebrei in Italia, «Zakhor», VI, 2003,:«gli ebrei sono solo parzialmente cives, perché la condizione di servitus e conseguentemente di infamia, che li caratterizza a partire dal secolo XII-XIII, li priva automaticamente della credibilità necessaria per presenziare nel consesso civico come soggetti pienamente affidabili»

• Infatti: divieto di accesso alle cariche pubbliche, divieto di accettarne la testimonianza, incapacità legale di partecipare al mercato del credito pubblico (cioè ai prestiti obbligazionari garantiti dallo stato [i titoli del debito pubblico dei comuni di Venezia, Firenze, ecc.]

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.• Giuseppe Mira, Note sulla presenza di una

comunità ebraica in Perugia e sulla sua attività creditizia nella seconda metà del secolo XIII e nella prima metà del XIV, in Fatti e idee di storia economica nei secoli XII-XX. Studi dedicati a Franco Borlandi, Bologna 1977:

«La concessione della cittadinanza è un onere più che un onore; si concede, per poter tassare – oltre che la comunità ebraica nel suo complesso in quanto soggetto collettivo – anche i tributi e le prestanze imposte agli altri cittadini, dalle quali gli ebrei erano esentati»

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.• Roberto Bonfil, Società cristiana e società ebraica

nell’Italia medievale e rinascimentale, in Ebrei e cristiani nell’Italia medievale e moderna: conversioni, scambi, contrasti, a cura di M. Luzzati, M. Olivari, A. Veronese, Roma 1988:

La cittadinanza come tipo di inserimento degli ebrei nella vita dei comuni italiani appartiene soltanto alla primissima fase dell’insediamento ebraico. Nel Duecento, sempre meno ebrei «veri cives, veri et originarii cives»; e invece: «Iudei tractentur in civilibus et in criminalibus prout cives»

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,• Secondo Bonfil, «mutamento in peggio che si

constata proprio tra la fine del Duecento e il Quattrocento… Proprio nel momento nel quale avrebbe dovuto manifestarsi quella ‘necessità’ della presenza ebraica, quando a fil di logica avrebbe dovuto accadere il contrario e le condizioni giuridiche migliorare». Invece, gli si dà un ‘surrogato’ di cittadinanza

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Toaff

• «valutare seriamente una diversa ipotesi: che la cittadinanza costituisse un corpus di dignità e di privilegi, variabili nella forma e nella sostanza e modificabili nel corso del tempo, concordato e negoziato dagli ebrei con le autorità comunali e che in nessun modo si presentava come identico e univoco dappertutto. Non esiste un prototipo onnicomprensivo»