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    ROBERTO UGO BENSONL'AMICIZIA DI CRISTOVisto: nulla osta alla stampaSAC.PAOLO GUERRINI, Censore Eccles.Brixiae, 7 maii 1931Imprimatur+ AEM. BONGIORNI,VescovoLe pagine seguenti contengono in forma abbreviata delle prediche fatte a Roma, nellaChiesa di S. Silvestro in Capite, l'anno 1911. Alcune di esse furono anche fatte nella ChiesaCarmelitana a Kensington il 1910; e tutte, pi altre, nella Chiesa della Madonna di Lourdes aNew York, il 1912. L'autore si scusa della forma, veramente troppo serrata, in cui vengonostampate; ma egli ha cercato di suggerire, piuttosto che sviluppare i pensieri di cui tratta.

    [NOTA DELL'AUTORE].*** QUESTO IL MIO AMICO (1) Voglio dirvi com'io ho fattola Sua conoscenza.Avevo sentito parlar assai di Lui, ma non ci facevo caso.Mi mandava ognigiorno dei regali, ma non Lo ringraziavo mai.Mi parve pi d'una volta che desiderasse la miaamicizia, ma io restavo freddo.Io ero senza casa, e disgraziato, e affamato, e ogni momento inpericolo; ed Egli mi offriva ricovero, comodi, cibi, sicurezza; ma io Gli ero ingrato lo stesso.Allafine, Egli incroci la mia strada, e, col pianto negli occhi, cerc dirmi: vieni a stare conme.Voglio dirvi come ora mi tratta.Colma tutti i miei bisogni.Mi d pi di quanto osochiedere.Anticipa ogni mia necessit.Mi supplica di chiedere sempre pi.Mai si ricorda dellamia ingratitudine passata. Mai mi respinge per le mie passate follie.Voglio dirvi, anche, checosa io penso di Lui.Egli tanto buono quanto grande.Il Suo amore tanto vivo quanto

    vero. cos prodigo nelle sue promesse, com' fedele in mantenerle. geloso del mio amore,

    quanto Lo merita.Io sono in ogni cosa il suo debitore, ma Egli mi comanda di chiamarlo Amico.(1) Da un antico manoscritto.PARTE II.CRISTO NELL'INTIMO DELL'ANIMAL'AMICIZIA DICRISTO (IN GENERALE)Non bene per l'uomo, che resti solo.(Gen., II, 18). L'emozionedell'amicizia uno dei pi potenti e misteriosi istinti umani. I filosofi materialisti sicompiacciono di richiamare le pi profonde emozioni arte, religione, romanzo semplicementealle sorgenti carnali, agli istinti della propagazione o sostentazione della vita fisica; ma allorchsi tenta una classificazione della infinita variet di relazioni fra uomini e uomini, donne edonne, oppure fra uomini e donne, relazioni che vanno sotto il comune appellativo di amicizia,ci si avvede che anche in questa esperienza imperfetta e irrazionale, la filosofia materialista

    viene a fallire completamente. Non gi una manifestazione del sesso, poich David pugridare a Ionathan: Il tuo amore per me era meraviglioso, sorpassava l'amore delle donne;

    non una simpatia che sgorga da comuni interessi, perch fra un pazzo ed un saggio si pustabilire un legame di amicizia saldo almeno quanto quello che unisce due sapienti o due pazzi;non una relazione basata sopra uno scambio d'idee, perch le pi profonde amicizieprosperano meglio nel silenzio che nella parola. Nessuno veramente mio amico, diceMaeterlinck, fino a che non abbiamo imparato a starcene in silenzio, stando insieme. dunque un legame potente, misterioso, destinato a germogliare fino a che rimane fedele alleleggi del suo sviluppo, fino a che raggiunge un grado di passione ben lontano da quellodell'ordinaria relazione fra i sessi. E dacch si sia reso indipendente dagli elementi fisici e purnecessari a fomentare l'amore tra moglie e marito, sotto certi aspetti esso pu misteriosamenteelevarsi ben pi in alto del livello determinato da quegli elementi stessi: non conquistanulla, non produce nulla, sacrifica tutto. Ed anche dove il motivo soprannaturale apparentemente assente, pu proiettare sul piano di natura molto pi luminosamente che nonfaccia l'amore sacramentale, le caratteristiche della divina carit. Nella sua sfera anch'eglisoffre tutto, crede tutto, spera tutto, non chiede nulla... non si gonfia (I Cor., XIII). il saledel matrimonio perfetto, ma pu esistere anche senza il sesso; pu prendere il suo posto fra lealtre supreme conquiste dell'esperienza umana, arte, cavalleria e persino religione, senzaessere indegna di tale compagnia. D'altro lato, difficilmente si trova altra esperienza pi diquesta soggetta ad illusioni. Deifica le bestie ed sconcertata se le trova, dopo tutto, fra gliuomini. Quando l'amico mi abbandona durante una crisi, o quando io abbandono l'amico,difficilmente si prova nella vita una amarezza cos amara. Ed ancora: mentre l'amicizia sicirconda di un'aureola di eternit e sembra trascendere qualsiasi limite naturale, bendifficilmente pu rinvenirsi un'emozione cos apertamente esposta ai capricci del tempo.Stringiamo le amicizie ma ne viviamo al di fuori. Si potrebbe dire che a noi uomini non vienemeno la facolt dell'amicizia, a patto per di procurarci continuamente nuovi amici:precisamente come avviene in materia di religione in cui, poco a poco, attraverso la

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    rappresentazione di immagini e idee inadeguate del divino che momentaneamente adoriamo eche poi dobbiamo sostituire con altre, ci avviciniamo alla cognizione del vero Dio. Io non potrmai conoscere cosa sia la vera fanciullezza se non per via di esclusione delle cose fanciullesche.Siamo in presenza allora di una di quelle tremende passioni che mentre si cibano di coseterrestri ne rimangono insoddisfatte, che, mentre bruciano non si consumano mai, una diquelle passioni che creano la storia, e perci guardano sempre al futuro e mai al passato, unapassione che pi delle altre poich impossibile risolvere il suo desiderio fra le cose terrene si

    volge direttamente nell'eternit come al luogo di pace e nel divino Amore come alla quiete dellesue umane necessit. Non esiste che questa intelligibile spiegazione del perch i desideri cheessa genera debbono restare insaziati; non vi che una suprema amicizia a cui tendono tutte leamicizie terrene, un solo Ideale in cui noi troviamo perfettamente e completamente ci cheammiriamo in tipo e in ombra sul volto dei nostri amanti mortali. I. insieme il privilegio eil peso dei cattolici, che essi possano conoscere cos bene Ges Cristo. il loro privilegio,perch una cognizione illuminata della Persona, degli attributi e delle opere del VerboIncarnato, sapienza infinitamente pi vasta che tutto il resto delle altre scienze messeinsieme. Conoscere il Creatore cosa infinitamente pi nobile che conoscere la sua Creazione.Tuttavia un peso, perch lo splendore di questa sapienza s abbagliante che pu accecarecirca il valore intrinseco dei suoi particolari. Il raggio della Divinit per chi lo contempla pu

    essere cos folgorante da disorientarlo verso l'umanit. L'unit del legno scompare nellaperfezione degli alberi. Nonostante la vera scienza dei misteri della fede, nonostante la veracognizione di Ges Cristo come loro Dio, loro Sommo Sacerdote, Vittima, Profeta e Re, icattolici, pi che gli altri, dimenticano con facilit che Egli trova le Sue delizie nello stare tra ifigli degli uomini pi che a dominare i Serafini; che mentre la sua Maest lo colloca sul tronodel Padre, il Suo Amore lo fa discendere nel pellegrinaggio terreno; che la Sua Potenzatrasforma i servi in amici. Ad esempio, le anime devote si lamentano spesso della lorosolitudine nel mondo. Pregano, frequentano i Sacramenti, fanno tutto ci che possono peradempiere i loro doveri di cristiani; e quando tutto compiuto si ritrovano solitarie. Non si pudare una prova pi chiara della loro deficienza a capire, una buona volta, le grandi finalitdell'Incarnazione. Adorano Cristo come Dio, si cibano di Lui nella Comunione, si purificano nel

    Suo Sangue prezioso, pensano al giorno in cui Lo contempleranno come loro Giudice; eppurenessuna o quasi nessuna esperienza hanno di quest'intima conoscenza, di questacompagnia con Lui. Desiderano, cercano qualcuno che possa stare al loro fianco e aldisopra di loro, che non semplicemente addolcisca la sofferenza ma che sappia con essesoffrire, qualcuno a cui rivelare in silenzio quei pensieri che nessuna parola pu ridire. Ed essenon sanno capire che questo veramente il posto in cui Ges Cristo desidera stare, che ildesiderio pi acuto del suo Sacro Cuore che Egli possa assidersi nonsemplicemente sul trono del cuore o nel tribunale della coscienza, ma, e sopratutto, nel nascondiglio segreto dell'anima ove l'uomo veramente se stesso, eperci veramente solo. Guardate com' pieno il Vangelo di questo desiderio di GesCristo! Fu quello certamente un istante grandioso quando d'entro l'Umanit balen Dio nellagloria istante in cui le stesse vestimenta che indossava s'incendiarono radianti nella SuaDivinit. Erano momenti di Divina energia quando gli occhi bendati si aprivano per l'increatoalla luce creata, quando le orecchie chiuse agli strepiti del mondo si dissigillavano per udire lasua voce Divina, quando i morti spezzavano le loro tombe per fissarsi in Lui che aveva dato loroil primo soffio e adesso li richiamava alla vita. E fu un solenne e tremendo momento quelloquando Dio si inoltr solo con Dio nel deserto o nel giardino, quando attraverso le labbradell'umanit desolata Dio grid: Perch mi hai abbandonato?. Ma il Vangelo ci parlasopratutto della Sua Umanit; un'Umanit che si richiama alla sua natura; un'Umanit nonsoltanto dimostrata ma specificata sotto tutti i punti di vista, come la nostra. Or Ges amavaMarta, la sua sorella Maria e Lazzaro (Ioh., XI, 5) Ges, guardandolo, lo am (Mc., X,21). Lo am: ma era una emozione ben distinta dal divino amore con cui ama tutte le cose cheha creato, lo am perch rispecchiava in modo perfetto un ideale e non per il semplice fatto cheegli esisteva come altri della sua natura; lo am come io amo il mio amico e come il mio amicomi ama. Sono questi probabilmente i momenti che: pi di tutti gli altri hanno reso amabile

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    Cristo all'umanit, momenti nei quali Egli rivelava se stesso cos realmente come uno di noi.Quando Egli sar sollevato non nella gloria della Divinit trionfante, ma nella vergognadell'Umanit percossa, allora ci trarr tutti a Se. Leggendo le sue opere portentose noi cirendiamo consapevoli dei nostri doveri di timore e di adorazione; ma quando leggiamo che Egliaffaticato si riposava all'ombra mentre i suoi amici andavano a cercar vivande, quando nelGiardino, Egli si rivolge in un agonizzante rimprovero a coloro da cui aveva sperato unconforto: E che? Non potevate vegliare neanche un'ora con me?; quando Egli salutava

    ancora una volta e fu l'ultima, usando il sacro nome, colui che ormai aveva prevaricato persempre: Amico, e perch sei venuto? (Mt., XXV, 50) noi veniamo a conoscere ci cheriesce a Lui pi gradito di tutte le adorazioni di tutti gli angeli nella gloria: tenerezza, amore ecompassione emozioni a cui ha diritto solo l'amicizia. Or bene, Ges Cristo, ancora una voltaattraverso la Scrittura, parla a ciascuno di noi, e non solo per accenni ed allusioni, maapertamente dichiara di voler essere il nostro amico. Egli traccia per noi un piccolo quadro:una casa solitaria verso notte e Lui al di fuori che picchia alla porta e attende un intimoconvivio: E se qualcuno verr ad aprire (qualcuno!) Io vi entrer ed lo cener con lui ed eglicon Me (Apoc., III, 20). Io non vi chiamer pi servi...; poich io vi ho chiamato amici(Ioh., XV, 15). Altrove Egli promette la sua continua presenza, a dispetto delle apparenze, acoloro che hanno imparato a conoscere i suoi desideri. Quando due o tre si raccoglieranno nel

    mio nome, Io sar in mezzo a loro (Mt., XVIII, 20). Ecco, io sono con voi tutti i giorni (Mt.,XXVIII, 20) e Ci che avrete fatto ad uno dei miei amici, l'avrete fato a me (Mt., XXV, 40).Se c' una cosa chiara nel Vangelo precisamente questa, che Ges Cristo desidera la nostraamicizia. Egli rimprovera il mondo non gi perch il Salvatore venne per coloro che si voglionoperdere ed essi invece fuggirono lontano da Lui a inabissarsi ancora pi profondamente, nongi perch il Creatore si abbass fino alla creatura e la creatura Lo rigett, ma perch l'Amicovenne fra i suoi, ed essi non Lo accolsero (Ioh., I, 11). La consapevolezza dell'amicizia diGes Cristo il vero segreto che ha fatto i Santi. Gli uomini ordinari possono vivere una vitaordinaria, con piccola o non aperta diffidenza verso Iddio, e per cento secondi motivi. Noiaccettiamo i comandamenti perch vogliamo entrare alla Vita; noi confessiamo i peccati perch

    vogliamo evitare l'inferno; noi combattiamo contro lo spirito del mondo perch vogliamo

    esigere il rispetto dal mondo. Ma nessuno potr procedere di tre passi sulla via dellaperfezione, se Ges Cristo non gli cammina accanto. Ed questo infatti che distingue la vita delSanto e che d a lui un'apparenza grottesca (e che cosa pi grottesco all'occhio del mondoincapace d'idealit che l'estasi dell'amante?). Il senso comune non ha mai reso nessuno pazzo,poich esso, si pensa, caratterizza la sanit; tuttavia il buon senso non ha mai tentato la scalatadi montagne e molto meno le ha gettate in mezzo all'oceano. Ma la gioia folle dellaconsapevole compagnia di Cristo che ha generato gli amanti, e perci i gigantidella storia. stata la crescente amicizia di Ges Cristo e la passione che ha ispirato queste

    vite che il mondo nel suo sciocco linguaggio chiama innaturali, mentre la Chiesa in ogni suaespressione le definisce soprannaturali. Questo Sacerdote, esclamava S. Teresa in uno deimomenti pi confidenziali col suo Signore questo Sacerdote veramente la persona adatta peressere nostro amico. II. - Si deve per notare che se l'amicizia che corre fra Cristo e l'animada una parte si pu assomigliare all'amicizia che esiste fra uomo e uomo, ci non possibilesotto un altro punto di vista. Certamente esiste un'amicizia tra noi e l'Anima di Lui; ma questaSua Anima congiunta alla Divinit. Perci un'amicizia individualistica, singola, non puesaurire tutte le Sue capacit. Egli Uomo, e non solamente un Uomo: Egli il Figlio, pi cheun Figlio d'uomo; Egli l'Eterna Parola per cui tutte le cose furono fatte e sono conservate...

    Attraverso innumerabili vie Egli giunge a noi, ed la stessa Figura che avanza su ciascuna diesse. Non basta conoscerLo interiormente: se le nostre relazioni con Lui sono quali Egli ledesidera, necessario comprenderLo in tutte quelle attivit e manifestazioni con cui Gli gradito rivelarsi. Chi Lo conosce soltanto come Guida e Compagno interiore, per quanto cipossa essere amabile e adorabile, ma non Lo conosce nel Santo Sacramento, chi sente il cuore

    bruciarsi mentre sulla via cammina con Ges, ma ha gli occhi serrati dacch non Lo ravvisanella frazione del pane, conosce solo una fra diecimila perfezioni. E ancora, chi Lo chiama

    Amico nella Comunione, ma ha una devozione cos circoscritta e cos misera che non Lo

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    percepisce nel Corpo mistico ove dimora e donde parla al mondo (infatti chi solo undevoto, un individualista, non pu percepire la Religione come societ vera essenza delCattolicesimo); oppure, chi pur conoscendoLo attraverso queste vie non Lo vede o nel Suo

    Vicario o nel Suo Sacerdote, o nella Sua Madre, od anche chi conoscendoLo cos (vale a dire chi secondo il linguaggio comune, un perfetto Cattolico) non vuol concedere il diritto alpeccatore di domandar perdono o al povero di chiedere l'elemosina in Suo nome; chi Loriconosce solo in circostanze sensazionali ma non in quelle tristi, chi elargisce prodigalmente la

    sua carit al primo povero che supplica in onore di Cristo ma rifiuta di rinvenirLo in unripugnante scimunito; coloro, in una parola, che conoscono Cristo solo in uno o due o tre o piaspetti, ma non in tutti, (almeno in tutti quelli di cui Egli ha esplicitamente parlato) non potrmai innalzarsi all'intimit ed alla conoscenza di questo Amico ideale come Egli desidera ed hadichiarato essere nella nostra possibilit l'arrivarvi. Consideriamo dunque l'amicizia di Cristosotto alcuni di questi aspetti. Noi non possiamo vivere senza di Lui perch Egli la Vita. impossibile giungere al Padre senza di Lui perch Egli la Via. stolto affannarsi per la ricercadella verit se prima non arriviamo al possesso di Lui. Le pi sacre esperienze della vita ci sonosbarrate se la Sua amicizia non le santifica. Il pi santo amore oscuro se non s'incendia nellaSua ombra. L'affetto pi puro quell'affetto che unisce a me il desideratissimo fra i miei amici una contraffazione, un'usurpazione se io non amo il mio amico in Cristo, se Egli, l'Ideale,

    l'Assoluto Amico, non formi il personale vincolo che ci unisce. II.L'AMICIZIA DI CRISTO(INTERIORE)Non bene per l'uomo, che resti solo.(Gen., II, 18). A prima vista sembrainconcepibile che una relazione, la quale con qualche realt possa essere chiamata amicizia, siapossibile fra Cristo e l'anima. Adorazione, dipendenza, obbedienza, servizio, ed ancheimitazione, tutto ci non difficile immaginarlo; tuttavia se ricordiamo che Ges Cristo preseun'anima umana proprio come la nostra, un'anima passibile di gioia e di dolore, aperta agliassalti della passione e della tentazione, un'anima che sentiva attualmente cosi l'abbattimentocome l'estasi, cos la sofferenza nell'oscurit, come la gioia nella Chiarezza della visione , comeavviene precisamente a noi per fatto dogmatico appreso con fede, e per un fatto vitale provatocon l'esperienza, una piena realizzazione della Sua amicizia ci sembra fuor di questione. Comenel caso delle persone ordinarie il piano della vera amicizia lega in comunione due anime, cos

    avviene fra Cristo e l'uomo. La sua anima il punto di contatto fra la sua Divinit e la nostraumanit. Noi riceviamo il Suo Corpo con le nostre labbra; noi prostriamo tutto il nostro esseredinanzi la Sua Divinit; ma noi abbracciamo la Sua Anima con la nostra. I. - In genere leamicizie umane s'iniziano da esterni ed insignificanti particolari. Ci viene dato notare unafrase, udire un'inflessione nella voce, rilevare uno sguardo degli occhi, o un movimento nelcamminare, e questa impercettibile esperienza ci sembra come un accenno di un nuovo mondo.Noi prendiamo quel piccolo evento come il simbolo dell'universo che vi nascosto dietro;pensiamo allora di aver scoperta un'anima plasmata esattamente sulla nostra, untemperamento che o per la sua somiglianza con il nostro, ovvero per un armonioso contrasto siadatta con precisione per essere fatto nostro compagno. Comincia allora il processodell'amicizia; noi mostriamo le caratteristiche che ci sono proprie ed esaminiamo le sue: pianpiano c'imbattiamo in ci che aspettavamo di trovare, e le nostre congetture si verificano;anch'egli segue lo stesso metodo fino a che si raggiunge quel punto (raggiunto nellamaggioranza dei casi, quantunque, grazie a Dio, non in tutti), in cui, sia dopo una crisi, siadopo un periodo di prova, ci avvediamo che ci si era ingannati fin dal principio, o che noiavevamo illuso l'altro o che il processo aveva terminato il suo svolgimento; l'estate venuta ed sparita, non ci san pi frutti da raccogliere per nessuna delle due parti. La Divina Amiciziala consapevolezza, cio, del desiderio che Cristo ha del nostro amore e della nostra intimit, chericambia con la Sua generalmente comincia alla stessa maniera. Pu essere l'accostarsi a unSacramento che gi si era ricevuto molte volte prima, pu essere l'inginocchiarsi dinanzi allaCulla natalizia, o il seguire Nostro Signore per la via della Croce. Noi abbiamo fatto queste coseo praticate queste cerimonie doverosamente e amorosamente pi e pi volte; ma un giornoimprovvisamente s'inizia per noi una nuova esperienza. Per la prima volta, riusciamo acomprendere, ad esempio, che il Santo Bambino stende, dalla paglia, le Sue braccia perstringere non solamente il mondo intero (e sarebbe, per Lui, abbastanza poco!), ma in modo

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    particolare la nostra anima. Noi comprendiamo allorch il nostro sguardo si posa su Ges,sanguinante e affaticato per la terza caduta, che ci domanda in una maniera del tuttoparticolare di sostenerlo, curvo sotto il Suo peso. Lo sguardo di quegli occhi divini s'incrociacon il nostro; si comunica da Lui a noi un'emozione o un messaggio che mai avevamo associatoad alcuna delle nostre relazioni con Lui. Il piccolo evento stato felice! Egli ha picchiato allanostra porta, e noi Gli abbiamo aperto. D'ora innanzi, pensiamo, Egli nostro e noi saremoSuoi. Finalmente, diciamo a noi stessi, ecco l'Amico che avevamo vagheggiato cos lungamente:

    ecco l'Anima che perfettamente ci comprende: l'unica Personalit da cui possiamo consicurezza lasciar dominare la nostra. Ges Cristo balzato fuori da due mila anni, e sta vicino anoi; disceso dal dipinto murale, s' alzato dalla paglia della mangiatoia. Il mio Diletto tuttomio ed io sono Suo. II. L'amicizia si iniziata allora; comincia adesso il suo sviluppo. Laperfetta amicizia sta essenzialmente in questo: che l'amico si rivela un altro completamente,abbandonando ogni riserva e mostrando se stesso quale veramente egli . Il primo passoperci della Divina Amicizia consiste nella rivelazione che Ges fa di Se stesso. Inquesta fase della nostra vita spirituale, per quanto coscienziosa e retta questa vita possa esserestata, predomina un elemento di irrealt. E verissimo che noi abbiamo obbedito, cheabbiamo cercato di evitare il peccato, che ricevemmo la grazia, per poi riperderla eriacquistarla, che ci guadagnammo dei meriti e li perdemmo, che procurammo di fare il nostro

    dovere, che ci siamo sforzati di aspirare e di amare. Tutto ci reale dinanzi a Dio. Ma ci non stato realt per noi stessi. Abbiamo detto preghiere? Certo, ma abbiamo pregato poco.

    Abbiamo meditato, ci siamo proposti dei punti e su questi abbiamo riflettuto, preso delledeterminazioni, concluso; ma l'orologio c'era posto dinanzi per segnare il nostro cammino, perpaura che troppo meditassimo a lungo. Ma dopo questa nuova e meravigliosa esperienza tutto cambiato. Ges Cristo comincia a mostrarci non solamente le perfezioni del Suo passato, male glorie della Sua presenza. Egli comincia a vivere dinanzi ai nostri occhi; strappa lungi da Squelle convenzionalit di cui la nostra immaginazione l'aveva ricoperto; Egli vive, si muove,parla, si agita, si volge in questo o in quell'altro modo dinanzi a noi, rivela, segreto doposegreto, quel ch' nascosto nella Sua umanit; in tutta la nostra vita, abbiamo studiate le sueazioni; abbiamo ripetuto il Credo del cattolico, assimilato tutto ci che la teologia ci diceva. Ora

    dalle conoscenze su Lui c'inoltriamo alla conoscenza di Lui. Cominciamo a comprendere chela Vita Eterna principia in questo istante perch questa conoscere Te, solo vero Dio, e GesCristo che Tu hai mandato (Ioh., VI, 3). Il nostro Dio diviene il nostro Amico. D'altra parteEgli domanda da noi, ci che Egli stesso ci offre. Se Egli si denuda dinanzi ai nostri occhi, pu

    ben reclamare che da noi si faccia altrettanto. Come nostro Dio conosce ciascun istante delnostro passato in cui sviammo dalla Sua obbedienza: ma come nostro Amico aspetta che Glieladiciamo. approssimativamente esatto il dire che la differenza della linea di condottariguardo a chi si conosce e riguardo a un amico, consiste in ci che nel primo caso si tentati acelare noi stessi e presentare un gradevole e conveniente profilo del nostro carattere, ad usareun linguaggio falsato, a condurre una conversazione da corteggiatori; mentre nel secondo casonoi lasciamo da parte qualsiasi convenzionalit e artificio e cerchiamo di esprimerci qualirealmente siamo e non come vorremmo che i nostri amici pensassero di noi. Questo sirichiede da noi nella Divina Amicizia. Finora Nostro Signore si contentato di ben poco; haaccettato una minima offerta della nostra ricchezza, un'ora del nostro tempo, pochi pensieri,poche emozioni offerti a lui in religiosa comunicazione e adorazione. Egli ha accettato questecose invece di noi stessi. D'ora innanzi chiede che tutte queste convenzionalit abbiano acessare, che noi interamente ci apriamo con Lui, che ci mostriamo quali realmente siamo, chedimentichiamo, in una parola, queste meschine parvenze e cortesie per essere del tutto reali.E si pu asserire con verosimiglianza che ogni volta in cui l'anima si crede illusa o disingannatanella Divina Amicizia, ci non dipende dal fatto che ella attualmente ha tradito ed offeso il suoSignore o trascurato di corrispondere alle sue richieste, ma da ci che ella non lo ha trattato

    veramente da Amico; non ha avuto abbastanza coraggio per adempiere la categoricaimposizione di ogni vera amicizia che consiste sopra tutto in una completa e sinceraschiettezza con Lui. molto meno ingiurioso per l'amicizia dire francamente: Io non possofare ci che tu richiedi da me perch sono un codardo, che scusarsi con eccellenti ragioni onde

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    non farlo. III. Parlando senza ambiguit, allora; questa la via che deve percorrere la DivinaAmicizia. Noi dovremo considerare in seguito particolarmente i vari eventi ed incidenti che lacaratterizzano. un'immensa consolazione rammentare che non c' difficolt che non sia stataprecedentemente esperimentata da altre anime. La via del Divino Amore stata percorsa eripercorsa ormai mille volte. Ed utile riflettere, prima di procedere innanzi, che dal momentoche esiste fra due anime un'amicizia, seguir in sommo grado le linee regolari di ogni altraamicizia. Vi sono in essa dei momenti di cos sorprendente beatitudine, nella Comunione o

    nella preghiera momenti in cui essa ci appare (come realmente) la suprema esperienza dellavita ; momenti in cui l'essere si agita e si trasfonde nell'amore, quando il Sacro Cuore non pisolo un oggetto di adorazione ma qualche cosa che vibra e che palpita sul nostro; quando le

    braccia dello Sposo sono intorno a noi e i suoi baci sulle nostre labbra... Vi sono periodi ditranquillo e perseverante fervore, di un affetto al tempo stesso potente e ragionevole, di una

    valutazione e ammirazione che sazia l'intelletto e la volont, nonch le parti sensitive odemozionali della nostra natura. Vi sono periodi poi mesi od anni di squallore e di aridit;periodi in cui ci sembra quasi aver bisogno di pazienza con il nostro Divino Amico; circostanzein cui Egli sembra trattarci con freddezza e indifferenza. Saranno questi i momenti in cui

    bisogner usare tutta la lealt che abbiamo per non allontanarLo come volubile e ingannatore.Sorgeranno allora malintesi, tenebre, oscurit. Ma, passando il tempo e superando queste

    crisi poco a poco, noi vedremo consolidarsi questa convinzione, e torneremo per primi adabbracciare il nostro Amico. Perch questa l'unica Amicizia in cui una illusionedefinitiva impossibile, ed Egli l'unico Amico che non pu tradire. Questa l'unica Amicizia per la quale noi non ci umilieremo mai abbastanza, non ciapriremo mai troppo, non offriremo mai all'intime confidenze e dedizioni troppograndi sacrifici. E sono perfettamente giustificate le espressioni di uno de' Suoi pi grandiintimi, allorch parlava di quest'Amico e di quest'Amicizia: Dinanzi a Lui bisognacalcolare ogni acquisto come perdita e: tutto deve essere estimato come sterco dacchio debbo guadagnare Cristo (Phil., III, 8).III.LA VIA PURGATIVAMondami da ogni miainiquit(Ps., I, 44). La tappa iniziale dell'Amicizia con Ges Cristo, ordinariamente d'unasorprendente felicit; perch l'anima ha trovato per la prima volta un compagno la cui simpatia

    perfetta, la cui presenza perenne. E ci non per il fatto che l'anima, necessariamente, in ogniistante si preoccupi di questo nuovo intimo, quanto perch mai lo pu dimenticarecompletamente. Quantunque essa accudisca alle ordinarie faccende con quella stessa diligenzadi prima, tuttavia la dolce realt che Egli presente nel mezzo di lei, non pu mai esseretotalmente obliata. Egli come la luce del sole o la brezza che illumina, rinvigorisce e ispiratutto ci ch'essa va esperimentando. A volte a Lui si rivolge con due o tre parole; a volte Eglistesso le parla soavemente. Essa valuta tutto ci che vede dal punto di vista di Lui, o piuttostodalla sua posizione in Lui; tutte le cose amabili si rendono ancora pi amabili a cagionedell'amabilit di Lui; le cose spiacevoli sono meno tormentose perch Egli le addolcisce: nulla indifferente, perch Egli presente. Quand'ella dorme, il suo cuore vigila accanto a Lui.Questa soltanto la fase iniziale dello sviluppo ed tuttavia dolcissima perch nuova.L'anima per ha gi constatato un fatto sorprendente, quantunque sia ancora all'inizio. Dinanzia lei si apre una via che ha per termine la visione beatifica. Ma prima che la mta possa esseretoccata vi sono innumerabili tappe da superare. Infatti l'amicizia appena cominciata non puessere una fine in s stessa. Perci il desiderio di Cristo di superare al pi presto questa primafase; ma per superarlo non basta soltanto il Suo desiderio. L'anima deve essere educata,purificata, mondata cos perfettamente da poter congiungersi con Lui senza che vi sia ostacoloper la Sua grazia. Ella prima deve essere purgata, poi illuminata, prima spogliata di s stessapoi adornata dei Suoi favori; solo cos sar resa capace dell'unione finale. Queste due fasi sonochiamate rispettivamente dagli scrittori spirituali la Via della Purgazione e la Via dellaIlluminazione; ora noi ci occupiamo della Via della Purgazione. I. Innanzi tutto, come si detto, l'anima trova una gioia straordinaria in quelle cose esterne che sono santificate con lapresenza di Cristo e sopra tutto in quelle cose che si connettono con la Sua grazia. Per esempio,un'anima iniziata a questa Amicizia, un'anima che forse di recente entrata nella ChiesaCattolica, convertendosi, o che per la prima volta volutamente e pensatamente si sia risvegliata

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    alla gloria del Cattolicismo, oppure a una forma imperfetta di Cristianesimo, qualunqueinsomma sia il sistema con il quale Cristo le si avvicinato, prova un'incontenibile gioia anchenel pi superficiale elemento di questo sistema. L'organamento umano della Chiesa, i suoimetodi, la sua forma di culto, la sua musica, la sua arte, tutte queste cose costituiscono perl'anima un insieme celestiale e divino. E spessissimo il primo indice rivelatore che la Via dellaPurgazione intrapresa, riposa nella consapevolezza che si all'inizio di quell'esperienza che ilmondo chiamaDisinganno. Esso pu giungere per una dozzina di vie differenti. Ad esempio,

    l'anima pu trovarsi faccia a faccia con qualche catastrofe del mondo esteriore, pu imbattersiin qualche sacerdote indegno, in una comunit scissa, in qualche scandalo della vita cristiana,magari proprio nella sfera dove Cristo a lei sembrava sommo. Pensava che la Chiesa dovevaessere perfetta, perch era Chiesa di Cristo, o il sacerdozio immacolato perch era secondol'Ordine di Melchisedech; ed invece s'accorge, con suo spavento, che c' un lato umano inqueste cose associate sulla terra con la Divinit. Forse il disinganno pu giungere sotto formadi culto. La novit comincia a scomparire, e la dolcezza dell'intimit non ha neppure tempo aformarsi; e allora l'anima trova che tutte queste cose le quali sembravano direttamenteconnesse con il suo Amico sono cose esteriori, temporanee e transitorie. Il suo amore perCristo era cos immenso che aveva impreziositi questi elementi materiali comuni a lei e a Lui;adesso, per, la doratura comincia a brunirsi, e ci si accorge che quelle cose dopo tutto erano

    anch'esse di terra. Ad un pi bruciante e immaginoso Amore risponde ora una pi acutadisl1usione. Questa ordinariamente la prima tappa dellaPurgazione; l'anima comincia adisingannarsi circa gli obietti terreni, e trova che comunque i Cristiani possano essere, nonsono, dopo tutto, Cristo. Si presenta allora il primo pericolo; non c' infatti procedimento dipurificazione che non racchiuda una certa potenza dissolvitrice; e allora se l'anima superficiale, amer l'Amicizia di Cristo (come stata) unitamente a quei piccoli doni edattrattive con i quali Egli la sedusse e le piacque. Vi sono nel mondo delle anime randagie chesono cadute a questa prova; anime che hanno scambiato un romanzo umano per amorespirituale, che hanno voltato le spalle a Cristo appena Questi nascose i suoi ornamenti. Ma seun' anima ha maggior consistenza, avr imparato la sua prima lezione: che la Divinit non siritrova nelle cose terrene, che l'amore di Cristo qualche cosa di pi profondo dei

    ninnoli che Egli regala al Suo nuovo Amico. II. La seconda tappa della Purgazioneconsiste in quello che in un certo senso pu essere chiamato il disinganno delle cose divine.L'aspetto terreno mancato all'anima o piuttosto caduto di fronte alla realt; ora sembra checominci a mancarle anche l'aspetto divino. Una frase brillante del Faber descrive bene unelemento di questo disinganno, la monotonia della piet. Presto o tardi accade checomincia a diventar noioso non solo il badare agli elementi esterni della Religione, musica,arte, liturgia o agli elementi esterni della vita terrena compagnia di amici, affari, relazionicose che all'inizio della Divina Amicizia sembravano attraenti per l'amore di Cristo, ma sicomincia a trascurare anche la loro parte centrale, la loro vera essenza. Per esempio, gli attualiesercizi di preghiera diventano noiosi; il brivido della meditazione, cos squisito dapprima,quando la meditazione consisteva in uno sguardo fisso negli occhi di Ges, sminuisce le sue

    vibrazioni. I sacramenti i quali agiscono, (come l' stato insegnato) ex opere operato (vale adire conferiscono la grazia indipendentemente dall'azione dell'anima), diventano pesanti emonotoni e, per quanto essa pu scorgere, non adempiono le loro promesse. Quelle stesse coseche erano intese come aiuto sembrano mutarsi in carichi addizionali. Oppure Essa pone il suocuore, per cos dire, in qualche grazia o favore, in qualche positiva perfezione che le deve essereconferita, ed essa lo sa bene, dalla volont del suo Amico; prega, agonizza, si sforza, si difende enon c' una voce, non c' alcuno che risponda. Le tentazioni diventano quello che non eranomai state; la sua natura umana, essa se ne accorge, non cambiata. Ha pensato che la suanuova amicizia con Cristo avesse alterato una volta per sempre l'antica s stessa, insieme allesue relazioni con Lui; ed ecco!, ella la stessa di prima. Cristo l'ha castigata, cos almenosembra, con le promesse che Egli non pu o non vuole adempiere. Anche in quelle stesse coseper cui l'anima fidava completamente in Lui, in quelle stesse sfere in cui Egli deve essereovviamente supremo, Egli non si mostra pi per lei quello che era prima che lo conoscesse cosintimamente. Pertanto questo periodo di gran lunga pi pericoloso del precedente; perch

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    si accorta di quanto sia dispregevole. Tuttavia ci sono altri pericoli che la ostacolano, e uno diquesti pu essere l'orgoglio che si presenta sotto l'insidiosa veste d'un'umilt stravagante.Poich io non valgo nulla essa tentata a dire non potr mai compiere quei voli cosisublimi e quelle aspirazioni che esige l'amicizia del mio Dio. meglio che abbandoni, una voltaper tutte, i miei sogni di perfezione e le mie speranze d'un'unione attuale col mio Signore. Devoabbassarmi al livello comune, contentarmi di essere appena tollerabile al suo cospetto. Devotornare a prendere il mio posto nelle vie ordinarie, e non cercare un'intimit con Cristo della

    quale sono evidentemente indegna. Questa autoconoscenza pu prendere anche forma didisperazione ed un peso che ha fiaccato persino le stesse facolt mentali: Io ho perduto ilmio diritto all'amicizia di Cristo grida quest'anima che non ha pi la scusa dell'orgoglio mache sostanzialmente ancora attaccata. impossibile che io dopo aver gustato le grazie celestipossa rinnovarmi nel pentimento. Egli mi ha scelto ed io L'ho ingannato. Egli mi ha amato, edio ho amato me stessa. meglio che mi allontani dalla sua presenza... Allontanati da me,perch sono uomo peccatore, o Dio (Lc., V, 8). questo il momento, a cui, se l'anima loconobbe, condussero tutte le fasi precedenti. lo stesso momento in cui lanima amata, avendoappresa l'ultima lezione della Via Purgativa, capace di gettarsi nel mare (Ioh., XXI, 7) perandare a Ges. Ed essa lo far, qualora abbia imparato bene la sua lezione, e sapendo che ci

    ben fatto perch essa nulla in se stessa, e perch conosce che Cristo pu essere tutto per lei.

    L'orgoglio, ferito o intatto, non potr pi trattenerla lontana da Lui, perch il suo orgogliofinalmente non ferito, ma morto... La via del cammino spirituale seminata di naufragi dianime che potevano essere le amiche di Cristo. L'una esit perch Cristo gett via i suoiornamenti, l'altra perch Cristo non le permise di pensare che le sue attrattive fossero Luistesso, la terza perch il suo orgoglio ferito ancora era vivo, e si preoccupava pi disalvaguardare la sua vergogna che la gloria di Lui. Tutte queste fasi e procedimenti sonoconosciuti; ogni scrittore di cose spirituali ne ha trattato da questo o quel punto di vista. Laconclusione e la lezione per sempre la medesima: che Cristo purifica i suoiamici da tutto ci che non Lui; che Egli non lascia sopravvivere nulla di loroaffinch Egli possa essere tutto loro; giacch un'anima non potr mai conoscerela sua potenza e l'amore di Dio finch non avr gettato ogni suo peso in Lui. IV.LA

    VIA ILLUMINATIVATu illumini la mia lampada, o Signore; o mio Dio, rischiara la miaoscurit.(Salmo XVII, 29). Si visto come nella Via Purgativa, Ges Cristo, nel desiderio diunire l'Anima totalmente a Se, allontani a poco a poco da lei tutto ci che pu impedire laperfezione di quest'unione, e la elevi a un tale grado di abnegazione e di rinunzia, ch'essa,

    vedendo la sua indegnit, getta ogni peso in Lui che solo pu portarlo. Ma questoprocedimento in Se stesso poco pi che negativo. E qualora l'anima faccia reali progressi, neconsegue per lei un graduale rivestimento di grazie, con le quali Cristo desidera adornarla. Essasi spogliata del vecchio uomo, ora deve rivestirsi del nuovo. A questa fase della vitaspirituale gli scrittori hanno dato il nome di Illuminazione. E sar bene in questa trattazioneseguire le stesse linee di cui ci siamo serviti precedentemente e presentare esempi che possonochiamarsi specifici agli effetti della grazia, paralleli a quelli di cui ci siamo serviti per illustrarela Via della Purgazione. I. Osservammo che la prima tappa della Via della Purgazioneconcerne le cose esteriori alla religione attuale: l'anima gradualmente penetrata e vagliatadopo aver capito l'essenziale inanit loro e delle emozioni che esse suscitano. Il primo passosulla Via Illuminativa riposa, si pu dire con un paradosso, in una istruzione che l'Anima ricevecirca il loro valore. (Va ricordato che la Grazia anche pi paradossale della Natura). Nella ViaPurgativa l'anima impara che le cose esteriori non possono portare il proprio peso e che essequindi non valgono niente. Nella Via Illuminativa apprende ad usarle, e che esse valgonoimmensamente. Per esempio: un'anima si lamenta spesso che ostacolata nel suo progressoda alcuni fastidi evidentemente non necessari ad es. la costante compagnia di persone daltemperamento sempre e inevitabilmente dissimile dal suo. Altre volte sopravvengonoincessanti tentazioni dalle quali essa non pu liberarsi; alcune occasioni di peccato,costantemente presenti, una spina nella carne, una nebbia nell'intelletto. Altre volte perqualche privazione, per una deficienza che allontana ogni luce terrena e la devia forzatamentedalla sua vita, essa sente la sua energia indebolirsi e le ali essere tarpate negli slanci verso il suo

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    Dio. Ora l'esordio sulla Via Illuminativa consiste in genere nel ricevere una luce da nostroSignore con la quale l'anima valuta la consistenza delle cose esteriori. S'avvede per esempio cheessa non potrebbe arrivare al possesso d'una pazienza soprannaturale, d'una simpatia e doviziadi carit se non per mezzo di elementi che richiedono questo esercizio. La naturale irritabilitdinanzi a questa inevitabile compagnia indice che essa ha bisogno precisamente di questoesercizio; e la richiesta di un continuo controllo su se stessa e di un'attuale simpatia appuntoil mezzo per cui essa pu conquistare la virt. Od anche, come nel caso delle tentazioni, segno

    che non c' altro mezzo, non c' altra via se non il loro esercizio per cui la grazia possa esserefatta propria: non c' altra via, ad esempio, onde la naturale ignoranza possa trasformarsi inuna soprannaturale innocenza; e sopra tutto non c' altra via per cui l'anima possa essereeducata a confidare esclusivamente e perennemente in Dio. Lo stesso S. Paolo, come Egliapertamente confessa, fu ammaestrato da questo stimolo incessante e per esso comprese chequanto pi la debolezza umana si rende sensibile, tanto pi la grazia Divina si rende efficace, ocom'egli dice, si perfeziona (II Cor., XII, 7-9). Finalmente, solo un abbandono cheassolutamente annienta la vita umana, che lasci un carattere malato e bisognosod'attaccarsi al pi forte, senza speranza, convulso e ferito, il mezzo e l'unicomezzo per cui l'anima impara ad aderire esclusivamente a Dio. Allora il primopasso nella Via Illuminativa consiste solo nell'esperimentare queste cose poich tentazioni e

    scoraggiamenti sono comuni alle anime in tutti i periodi della vita spirituale ma nel percepireintellettualmente e interiormente il loro valore, in maniera cos chiara e inconfutabile chel'anima proseguendo nel suo cammino non avr ragione di offendersi o ribellarsi contro di lorosalvo in momenti di debolezza ; non solo, ma apprendendo il loro valore essa piega la sua

    volont ad accettarle e ad usarne come Dio vuole. Ed appunto in questa fase che l'anima cessadi preoccuparsi del problema del dolore, giacch non potendo risolverlo intellettualmente, virisponde nell'unico modo possibile, abbracciando il dolore, oppure accettandolo conrassegnazione. Cos essa lo vede particolarmente ragionevole, e d'ora innanzi si sforzer diagire secondo questa intuizione. II. Il secondo passo della Via Illuminativa corrispondente aquello della Purgativa consiste nella luce che viene comunicata da Dio alla realt delle coseinteriori, per es. le verit della religione. Cos un'anima che si trova alla fase primordiale della

    fede, aderisce a uno stragrande numero di dogmi senza che per altro n'abbia fatto interioreesperienza. Essa vi aderisce e di essi vive per il solo fatto che le sono comunicati da un'Autoritche riconosce come Divina. Quest'anima per non solamente non penetra il significato di molti,ma non arriva neppure a quello che la Scrittura chiama discernimento spirituale (Ioh., IV, l;I Cor., XII). Essa ha accettato la Fede, come Nostro Signore ci consiglia di accettare tutte lecose cio come un fanciullino (Mc., X, 15; Lc., XVIII, 17): essa reca il cofanetto del Credoserrato strettamente fra le sue mani, a questa luce dirige la sua vita, vorrebbe piuttosto morireche separarsene, ed infine santifica e salva la sua anima per una semplice fedelt a esso. Manon ha sognato neppure di aprirlo: oppure se lo ha dischi uso, tutto vi divenuto buio a lei.Un' anima come questa lucra indulgenze adempiendo le necessarie condizioni, e pu anchedarne una ragione teologica; ma la spirituale transazione ai suoi occhi impenetrabile come ungioiello in un astuccio chiuso. Potr essere la dottrina del Castigo eterno, o le prerogative diMaria, o la Presenza reale. Essa aderisce a queste cose e vive secondo i loro effetti econseguenze; ma da esse non riceve un barlume di luce per quanto vi si adoperi; procedeinnanzi per fede e non per verifica; abbraccia i dogmi della fede, fila non pu paragonarli innessun modo ai fatti naturali, oppure scorge questi numerosi punti allorch si adattano ai fattidell'esperienza personale. Ma quando sopraggiunge 1'Illuminazione allora avviene unostraordinario cambiamento. Non che i misteri cessino di essere misteri, non che l'anima riescaad esprimerli in un esauriente linguaggio umano, o possa rappresentarli in immaginisoddisfacenti, poich i fatti della Rivelazione sono troppo discosti dalla Ragione umana, maperch tutto comincia dinanzi a lei a brillare nel senso spirituale, tutto viene illuminato nellasua anima dalla fiaccola di Dio che piove la sua luce poco a poco su quei gioielli della fedefinora opachi ed incolori. Essa non pu spiegarsi meglio di prima le indulgenze o la giustiziadell'Inferno; e tuttavia meno impenetrabili sono le tenebre che li circondano. Essa comincia adilluminare ci che prima aveva solo toccato, a comprendere ci che prima aveva illuminato.

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    Constata che, per un processo inspiegabile di verifica spirituale, quelle cose che aveva trovatovere ora le appaiono vere come lo sono in se stesse; il sentiero da lei percorso in mezzo alletenebre, diviene debolmente visibile ai suoi occhi; fino a che, raggiungendo con la grazia e laperseveranza la santit, potr fare esperienza, per un favore di Dio, di quella chiaroveggenteintuizione, o per meglio dire di quella infusione di scienza che la caratteristica pi delineatanei Santi. III. Il terzo periodo della Illuminazione, corrispondente a quello della ViaPurgativa si riallaccia a codeste relazioni fra Cristo e l'anima, contenute nella divina Amicizia.

    Vedemmo gi che l'ultima fase della Via Purgativa consisteva nell'abbandono di s nelle bracciadi Cristo e che ci possibile solo quando l'anima riceve con la perenne presenza di Cristo in leio forse sar meglio dire con la perenne presenza in Cristo. La Divina Amicizia in questa fasediviene l'oggetto di attuale comprensione e contemplazione. D'ora innanzi non solo si gioisce,ma in un certo grado si percepisce e comprende consapevolmente. Non altro che l' OrdinariaContemplazione. La Contemplazione Straordinaria con le sue grazie e manifestazionisoprannaturali e miracolose un dono che Dio dispensa motu0 proprio. qualche cosa, apregarsi la quale, sempre praticamente una presunzione; uno stato che, nei suoi primimomenti, sempre da riguardarsi con sfiducia in noi stessi. Tanto, dunque, non affarnostro... Ma l'ordinaria contemplazione non solo uno stato per raggiungere il quale si possapregare, ma uno stato a cui ogni sincero e devoto cristiano deve aspirare dacch raggiungibile

    con l'aiuto delle grazie ordinarie. Consiste in una consapevolezza di Dio cos effettiva e coscontinua, che Dio non mai del tutto assente dal pensiero, almeno nello stato subcosciente; el'anima, appena iniziata all'amicizia di Cristo, gioisce con estrema intensit. La vita viene alloraa mutarsi; le relazioni si alterano; Cristo comincia ad essere in realt il raggio illuminatored'ogni oggetto a cui l'anima tenda; Egli diviene lo sfondo e il mezzo con l'aiuto del quale si

    vedono tutte le altre cose. L'ordinaria contemplazione quindi consiste nel consolidare con ipropri sforzi e con la grazia questo stato. Fino a che l'anima era stata purificata, fino a che fuilluminata circa le cose esteriori ed interiori, la consapevolezza dell'intima Presenza di Cristonon poteva essere uno stato continuo. Ma quando sopravvenissero gli ulteriori sviluppi,quando Cristo, cio, ha tratto il suo nuovo Amico nei doveri e nei compensi della CompagniaDivina, l'ordinaria contemplazione diventa, si pu dire, l'attenzione ch'Egli si aspetta

    dall'anima. In questo stato il peccato diventa di certo pi imputabile: il peccato materiale simuta facilmente in formale. Ma, d'altra parte, la virt resa molto pi agevole, perch difficile peccare cos oltraggiosamente quando l'anima sente la stretta della mano di Cristo. IV. Poich ogni progresso nella via spirituale ha i suoi pericoli, poich ogni passo che ci portapi vicini a Dio aumenta la profondit dell'abisso in cui possiamo cadere, un'anima che abbiaraggiunto quella fase della Via Illuminativa che noi chiamammo Ordinaria Contemplazione (eche difatti il primo punto raggiunto nello stato di unione) sente crescere enormemente le sueresponsabilit. Il pericolo pi grande quello dell'Individualismo, per cui un'anima che si sialiberata dall'orgoglio raggiunge la zona dove s'incontra l'autentico orgoglio spirituale, e conl'orgoglio spirituale ogni altra forma di superbia intellettuale od emozionale che appartieneallo stato interiore. V' qualche cosa di straordinariamente inebriante ed eccitante nelconquistare un'altezza dove l'anima pu ripetere con verit, Tu illumini la mia fiaccola, oSignore. Ci destinato a terminare in orgoglio a meno che essa possa finire la citazione eaggiungere O mio Dio, illumina le mie tenebre!. Ogni eresia ed ogni setta che ha laceratol'unit del Corpo di Cristo ha avuto le sue origini primariamente nell'anima illuminata diqualche eletto amico di Cristo. Praticamente, Tutti gli eresiarchi davvero grandi han goduto unaltro grado di dottrina interiore; altrimenti, non avrebbero sviato nessuno dei semplici amici diCristo. assolutamente necessario, se non si vuole che l'Illuminazione termini con laseparazione e distruzione, che l'incremento della vita interiore vada accoppiato con unincremento di devozione e sottomissione alla voce esterna con cui Dio parla attraverso la suaChiesa; poich, notorio, nulla vi sia di cos difficile a discernere quanto la differenza tra leispirazioni dello Spirito Santo e le proprie aspirazioni o immaginazioni. Per gli acattolici quasi impossibile evitare questa autoesaltazione, questa fede circa l'esperienza interiore; einfatti codesti elementi tengono sempre in sospeso il Protestantesimo, dividendoneindefinitamente le sue energie; dacch non calcolano alcuna voce esteriore che verifichi la loro

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    condiscendenza, ma anche la sua inerente Maest resa visibile al mondo. Ma ci non ciriguarda. Noi ci preoccupiamo piuttosto del modo meraviglioso col quale Cristo si abbassa allivello della nostra materia e dei nostri sensi; e in termini che sono inconfondibili da parte dicoloro che lo avvicinano in semplicit, ci offre la sua Amicizia. I. L'esplicita devozione alPrigioniero del Tabernacolo, ha avuto uno sviluppo relativamente tardo; tuttavia unosviluppo inevitabilmente certo, perch fissato dal Volere divino, cos come gli splendori dellaterra che man mano si sono raccolti intorno a questo Sacramento, come le conclusioni

    dogmatiche che quantunque non formulate in modo esplicito nei primi secoli, si contenevanotuttavia irrefutabilmente nella parola di Cristo, ed erano presenti implicitamente nella mentedei Suoi primi amici. Anche in questo, come in molti altri punti, la vita eucaristica di Ges offreun meraviglioso e suggestivo parallelo con la sua vita naturale vissuta sulla terra. Egli che era lastessa Sapienza e Potenza, progrediva in sapienza ed et (Lc., II, 52) manifestavagradualmente, cio, le caratteristiche della Divinit Vita e Saggezza fin dall'inizio inerenti allaSua Personalit. Egli che lavorava nella bottega d'un falegname, era Dio fin dall'Eternit. Cosnella Sua Vita Eucaristica, in questo Sacramento, intorno al quale si elabor fedelmente tuttal'odierna dottrina cattolica, accrescendo a poco a poco le sue espressioni, poco a pocosvolgendo meglio quello che era sempre stato. Ges dimora oggi nei nostri tabernacolicome allora dimorava in Nazareth, e nella stessa natura umana; e vi dimora con

    lo stesso fine di rendersi accessibile a chiunque Lo conosca interiormente edesideri conoscerLo ancor pi perfettamente. Questa Divina Presenza ha causatoquella sbalorditiva differenza di atmosfera, ammessa anche dagli increduli, che esiste fra laChiesa cattolica e tutte le altre. Cos marcata questa differenza che le mille ragioni date perspiegarla sono naufragate. E' la suggestivit di un piccolo punto che illumina tutto! E' ilprternaturale e artistico rivestimento che addobba le chiese! E' il profumo d'antico incenso! E'tutto e niente, eccetto ci che noi Cattolici sappiamo essere, l'attuale e corporale Presenza delpi incantevole tra i figli degli uomini che attrae a Se i Suoi amici! Dinanzi a questamiracolosa Presenza la sposa di ieri consacra la nuova vita che si apre dinanzi a lei; il defuntodel domani offre la vita che fuggita. Il dolente e il felice, il filosofo e il pazzo, il vecchio e ilfanciullo, individui di ogni temperamento, di qualsiasi levatura intellettuale, di qualunque

    nazionalit, tutti si uniscono in un elemento che solo pu unirli, l'amicizia dell'Amante delleloro anime. Vi pu essere alcunch di pi caratteristico nel Ges dell'Evangelo che questaSua accessibilit per cui Egli sta aspettando tutti quelli che desiderano di andarea Lui che questa universale tenerezza per tutti, per cui nessuno da Lui cacciato? Vi puessere niente di pi caratteristico nel Cristo dimorante nei cuori, del fatto che Egli, mentre cos semplice interiormente, mentre sta pazientemente dentro la camera dell'anima, Egli,dico, sta anche nel reame, al di fuori, e desidera che noi lo riconosciamo non solo in noi stessi,ma fuori di noi stessi, non solo nella coscienza interiore, ma in quello stesso regno di spazio edi tempo che sembra cos spesso offuscare la Sua Presenza nel mondo? cos che Eglirealizza questa dote essenziale della vera Amicizia che noi chiamiamo Umilt. Simette a disposizione del mondo che vuole attrarre a Se. Si presenta in una veste ancor pimisera che ai giorni della sua carne (Hebr., V, 7); eppure la fede e l'insegnamento della SuaChiesa, le cerimonie con le quali Ella onora la Sua Presenza, il riconoscimento dei Suoi Amici,rivelano a chiunque si tormenti nel ricercarLo, a chiunque L'ami con passionech'Egli l, Lui stesso, il Desiderio di tutti i popoli, l'Amante di tutte le anime. II.Egli per non entra direttamente nel Tabernacolo. Diviene presente dapprima sull'altare informa di vittima alle parole del Suo Sacerdote. Nel sacrificio della Messa Egli si presentadinanzi al mondo, cos come dinanzi agli occhi del Suo Eterno Padre, in quello stessosignificato con cui pendeva dalla Croce, compiendo quello stesso atto gi da Lui compiuto una

    volta per sempre, quell'atto con cui rivel la Sua passione per l'amicizia, in nome della qualevanta il diritto sui nostri cuori, mostrando cos l'ampiezza del Suo Amore immensurabile concui diede la Vita per i Suoi Amici (Ioh., XV, 13). Per coloro che conoscono poco o nulla del Gesvivente, e che confinano la conoscenza di Lui entro la copertina d'un libro stampato, questa di certo una concezione inverosimile. Per, anche per colui che meglio conosce Ges e sa che Ges vive unareale vita interiore dentro il suo cuore, anche ad anime di elevata spiritualit, la dottrina del Sacrificio

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    continuo della Messa sembra che deroghi in qualche modo alla Perfezione del Calvario. Per il Cattolicoinvece che gode dell'amicizia di Cristo, questo Sacrificio diviene una logica coneguenza potrei dire inevitabile della sua conoscenza di Ges che stato, , e sar per sempre.Per costui, il finire della Croce un nuovo cominciare. Quest'atto supremo ed inaugurale assomma in stutti gli altri sacrifici, e si proietta su tutte le future riproduzioni; Cristo rimane cos quello ch' stato sulCalvario, la Vittima eterna di questo e d'ogni altro altare; per cui soltanto noi possiamo avvicinarci... alPadre. Il Tabernacolo dunque ci presenta Ges come Amico; l'altare ce lo presenta come

    Colui che compiendo quell'atto eterno, acquista alla Sua Umanit il diritto di domandare lanostra Amicizia. III. E c' ancora un ulteriore passo di umiliazione ancora pi profondo percui Egli si abbassa fino a noi, quel passo che fa discendere il nostro Amico e la nostra Vittimafino ad essere nostro Cibo. Poich, cos smisurato l'amore che ha per noi, che non Gli sembrato abbastanza di rimanere fra noi come oggetto di adorazione, non abbastanza farsiresponsabile dei nostri peccati, non abbastanza sopra tutto dimorare nelle nostre anime, inintima amicizia, in un modo percettibile solo da occhi penetranti. Ma attraverso la ComunioneEgli discende per la scala del senso sulla quale noi spesso tentiamo di arrampicarci invano.Mentre abbiamo una cos aperta via (Lc., XV, 20) dinanzi a noi, Egli corre adincontrarci; e lasciando da parte tutti quei poveri segni di regalit con cui ci sforziamo dionorarLo, e addobbi e fiori e luci, non solamente accosta a Se stesso a noi, Anima ad

    anima, nella dolce intimit della preghiera, ma Corpo a corpo nella formasensibile della Sua Vita Sacramentale... Questo l'ultimo e pi grande segno che cipossa dare. Ges dopo ci non pu far nulla di pi. Egli che siede a banchetto con i peccatori dSe stesso in cibo; Egli, alla cui tavola noi desideriamo assistere come servitori, si fa servonostro; Egli che vive nel segreto dei cuori, l'Incarnato dinanzi gli occhi degli uomini, ancorauna volta ripete quest' inno d'amore e si manifesta in tangibili apparenze agli occhi di coloroche desiderano vederLo. Se l'Umilt la dote essenziale dell' Amicizia, certamente Egli ilSupremo Amico. E tutti coloro che non Lo riconoscono nella frazione del pane (Lc., XXV,35), ancorch abbiamo una vasta conoscenza di Lui, non possono tuttavia percepire un titolodelle Sue perfezioni. Se Egli vivesse solamente in cielo, nella Sua Umana Natura, alla destradella Maest, non sarebbe il Cristo dell'Evangelo. Se dimorasse con la Sua Divina Natura solo

    nei cuori che lo sanno ricevere e lo sanno accogliere, Egli non sarebbe il Cristo di Cafarnao e diGerusalemme. Ma Lui il Creatore del mondo, che ha preso sembianza di Creatura, Lui cheabita la luce inaccessibile, e che discende nella bassura delle tenebre, il nostro Dio che cosappassionatamente desidera l'amicizia dei figli degli uomini da farsi a loro immagine esomiglianza. E' il Ges dell'Evangelo e della vita interiore che risorto da morte per nonmorire pi (Rom., VI, 9) che ha sollevato la nostra natura umana a quella gloria donde questastessa natura umana L'aveva fatto discendere. Colui che fuori d'ogni legge e che delle leggisi serve per i suoi fini, e si presenta non una volta ma diecimila volte come nostra Vittima,diecimila volte come nostro cibo, ieri ed oggi, eterno ed immutabile Amico nostro. Questi quel Ges quale noi Lo conoscemmo attraverso gli Evangeli e nei nostri cuori, l'Amico nostrod'ogni diritto e d'ogni esigenza. Impariamo un pochino di Umilt dinanzi a questoSacramento che Lui stesso. Come Egli si spogliato di quella gloria che Sua,cos noi dobbiamo liberarci di quell'orgoglio a cui non abbiamo diritto, cenci ebrandelli di egoismo e di compiacenza, che formano il pi grande ostacoloall'attuazione del Suo Amore. Noi dobbiamo umiliarci fino alla polvere dinanzi ai Suoidivini e misericordiosi piedi che, non solo in Gerusalemme due mila anni or sono, ma oggi enelle grandi citt in cui viviamo, si affaticano tanto per venire a cercare e a salvare le nostreanime.VI.CRISTO NELLA CHIESAIo sono la Vite e voi siete i tralci.(Joh., XV, 5). Noifinora abbiamo ragionato su ci che chiamiamo l'individuale Amicizia di Cristo con l'anima, ladiretta relazione con Lui, come Dio dimorante nei cuori, come DioUomo nel SS. Sacramento.

    Abbiamo considerato, vale a dire, la vita spirituale dell'individuo quale sviluppo dell'Amiciziaindividuale con il suo Signore. I. Nulla cos difficile ad essere esaminato, ed insieme cosfacile ad essere frainteso, come certi impulsi ed istinti della vita spirituale. I moderni psicologici richiamano alla mente ci che tre secoli or sono insegnava S. Ignazio, riguardo allacomplicata difficolt di distinguere tra l'azione di quella occulta parte della nostra natura

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    umana che sfugge al controllo della coscienza, e l'azione di Dio. Impulsi e desideri sorgonoentro l'anima e sembrano recare lo stigma d'una origine divina; ed soltanto quando sono statiobbediti o assecondati che noi spesso ci accorgiamo che invece sorgono da se,dall'associazione, o memoria, o educazione, od anche dall'orgoglio nascosto ed egoismo, econducono a un disastro spirituale. E' necessaria sempre una purissima intenzione ed un acutospirituale discernimento per riconoscere la voce divina; sempre, allorch si tratti di individuareil travestimento di uno, che nelle pi alte sfere del progresso spirituale, si presenta spesso

    come Angelo di luce. Ne risultano quei spaventevoli naufragi che accadono fra le anime,delle quali non si pu assolutamente dire che non attendano con grande cura a coltivare la lorovita interiore. Non c' ostinazione cos pervicace come la ostinazione religiosa; poich l'uomodi spirito si esalta nel suo falso correre, con la convinzione di seguire una voce divina. Egli, nonsi ritiene un testardo o un perverso: al contrario si persuade di essere un fedele pedissequod'un Divino Ammonitore interno. Non c' fanatismo cos stravagante come il fanatismoreligioso. Infatti da coloro che pi seriamente hanno coltivata la vita interiore proviene la piserrata critica al Cattolicismo. stato detto che i Cattolici hanno sostituito un sistema con unaPersona; che sono esteriori, formalisti, burocratici. Io posseggo Cristo nel mio cuore diceuno di questi critici. Che pi mi bisogna? Ho Dio dentro di me. perch dovrei affannarmi acercarLo al di fuori? Io conosco Dio e cosa importa di ci che sta intorno a Lui? Non il

    figliuolo pi vicino al padre di qualunque biografo? Essere ortodosso non poi cosa dicapitale importanza. Ho imparato pi presto ad amare Dio che a ragionare sapientementeintorno alla SS. Trinit. Allora il sistema Cattolico viene accusato di tirannia e di goffaggine.La coscienza illuminata della presenza di Cristo nel cuore, deve essere la guida d'ogni uomo.Qualsiasi preoccupazione di formulare un sistema, ci stato detto, ogni sforzo di imporreall'anima una guida, di legare e sciogliere, tutto ci un disconoscimento pratico dellaSuprema Autorit di Cristo. Cosa possiamo rispondere noi? La nostra prima osservazioneconsiste nel ribadire quel punto controverso (controverso ma innegabile), per cui i Cristiani cheinsistono esageratamente sulla santit della vita interiore, sono i meno disposti a capir qualchecosa di materie religiose. Ogni nuova tendenza che si manifestata ai nostri giorni, parte daquesta pretesa pretesa incessantemente avanzata fin dal decimosesto secolo e che non stata

    giustificata da quell'unit cui doveva giungere se fosse stata vera. Qualora Ges Cristo avessevoluto fondare la Chiesa sulla base della sua Presenza nel cuore, come guida sufficiente allafede, Egli avrebbe fallito completamente la sua missione. Quest'ultima considerazione illustrail soggetto principale della questione. Poich quello stesso sistema che accusato di usurparele prerogative di Cristo qualche cosa pi che un sistema, in qualche maniera Cristo stesso,che compie quel lavoro esterno ed autoritario che non pu essere senza successo nella vitainteriore; ed un soggetto come questo d luogo a mille delusioni, fraintendimenti,complicazioni, che non se ne vede la via d'uscita. II. fuori questione che Cristonell'Evangelo manifesta pi e pi volte il suo desiderio di stringere amicizia con l'anima. Erisulta parimenti chiaro dal Vangelo, che l'amicizia non consiste semplicemente in unarelazione interiore. Certo Egli si unisce al cuore di chi Lo desidera; ma vero altres che Egli fadelle promesse molto pi ampie ed esplicite alle anime che non vivono isolate con Lui, macercano unirsi ad altre anime. La Sua Presenza dove due o tre sono raccolti nel suo Nome.(Mt., XVIII, 20); la sua particolare accessibilit a chiunque d'accordo sulla terra circa le coseche domanderanno (ib., 19). Le promesse fatte a coloro che collegialmente Lo cercano, sonosenza confronti pi espressive di qualsiasi garanzia che Egli offre alle anime singole. Ma c'una cosa che interessa assai di pi. Nelle parole Io sono la vite e voi i tralci (Joh., XV, 5) Eglisottolinea una certa identit di Se stesso, e non solamente la Sua Presenza, con coloro checollegialmente Lo rappresentano; ed Egli interpreta e formula tutto ci nei suoi tremendistatuti: Chi riceve voi, riceve Me... Come il Padre ha mandato Me, cos io mando voi... Tuttoci che legherete sulla terra, sar legato nel cielo... Andate dunque ed insegnate a tutte legenti... Io sono con voi tutti i giorni... (Lc., X, 16; Joh., XX, 21; Mt., XVI, 19; XVIII, 18;XXVIII, 19); 36, 20). Questa, dunque, la posizione cattolica; ed richiesta non solo dal sensocomune, ma confermata dalle parole stesse di Nostro Signore, molto pi significative che nonla promessa di rimanere con il singolo. Non all'individuo singolo Cristo ha mai detto

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    esplicitamente: Io sar con Te sempre, fuorch in un certo senso, a Pietro, Suo Vicario sullaterra. Dunque, possibile una sola via di riconciliazione tra il fatto che Cristo con l'anima, eall'anima parla, e il fatto per cui estremamente difficile che quest'anima, anche in questioni di

    vita e di morte, riesca sempre a discernere se la Voce di Cristo che parla, ovvero qualcheimpulso puramente umano, od anche diabolico. Secondo il sistema cattolico, v' un'altraPresenza di Cristo, alla quale partecipa anche l'anima, una presenza per cui Egli ha offerto delleguarentigie non concesse in altro modo. In una parola, Egli ha promesso la Sua Presenza

    sulla terra, dimorante in un Corpo mistico, ed attraverso questo Corpo di Cristoche la Voce parla, esteriormente e autoritariamente; ed solo con lasottomissione a questa Voce che noi possiamo controllare se le nostre privateispirazioni siano da Dio o no. Ed ovvio, allora, che un'anima non potr adeguatamentetrovare l'amicizia di Cristo soltanto nella sua vita interiore. Abbiamo visto quanto salda edintensa possa essere questa vita; come le anime che la pratichino gioiscano realmente edattualmente della personale e individuale presenza dell'Amico Divino, anche se poco o nullaconoscano della Sua azione nel mondo. Ma ben pi smisurate possono divenire le possibilit diun'anima umile che conosca Cristo non solo in se stessa, e non studi il Suo caratterenell'Evangelo i ricordi della sua vita naturale sulla terra ma abbia gli occhi bene aperti sulfatto straordinario che Cristo vive, agisce, parla ancora attraverso la Vita del suo Mistico Corpo,

    che il Divino Carattere tracciato in poche pagine due mila anni or sono si elabora e si sviluppaattraverso tutti i tempi, sotto la guida della Sua stessa Personalit, nei termini di quella UmanaNatura che Egli ha misticamente unito a Se stesso. Il soggetto troppo vasto per parlarne. Anoi importa rilevare solo due o tre considerazioni. III. a) L'anima cattolica, considerandotutto ci, deve sviluppare la sua amicizia con Cristo nel cattolicismo. un fatto degno di notache nella Religione cattolica ci si fa quasi istintivamente anche da persone che forse maihanno riflettuto circa il movente delle loro azioni. Per una specie di intuizione, noi sentiamoche la Chiesa qualcosa di pi che il pi vasto impero della terra, che la pi venerabile societdella storia; pi che il Rappresentante o il Vicegerente di Dio, pi anche della stessa Sposadell'Agnello. Tutte queste metafore, quantunque consacrate, cadono dinanzi alla completadivina realt. La Chiesa Cristo stesso. Onde non difficile una certa relazione amichevole

    con la Chiesa. Nessun cattolico, che, per esempio, si provato a praticare la sua religione, underelitto o un esiliato. Egli si sente, e nel modo stesso in cui lo pu sentire il cittadino d'unregno o d'un impero che protetto dalla bandiera del suo paese, come uno che si trova nellasociet d'un amico. Egli gira per le chiese, non solo per visitare il SS. Sacramento, o perriassicurarsi dell'ora della Messa, ma per trovarsi in compagnia d'una misteriosa e confortantePersonalit, attratto da un istinto che non riesce a spiegarsi. Egli perfettamente ragionevolequando agisce cos; perch Cristo, suo Amico, presente in quel centro dell'umanit i cuimembri sono Suoi. b)Ma non tutto. Nella vera amicizia di due persone, chi pi debole, apoco a poco si adatta non solo al sistema di vita, ma si conforma anche al modo di pensare delpi forte. A poco a poco il processo va fino a raggiungere quello stato di vicendevolecomprensione che noi chiamiamo perfetta simpatia. Nell'interiore amicizia con Cristo ci essenziale; noi dobbiamo dimorare con lui, come dice l'Apostolo riducendo in prigionia ognicomprensione (II Cor., X, 5), cos da perdere in un certo senso la nostra identit. Perdiamo lanostra limitata visione delle cose, abbandoniamo i nostro schemi e le nostre idee e in ultimo,dacch la nostra vita nascosta con Cristo in Dio (Col., III, 3) noi non viviamo pi; Cristoche vive in noi. La stessa cosa precisamente dev'essere tenuta di vista per quel che riguarda lanostra amicizia con Cristo nel cattolicismo. Allorch un convertito si inizia alla vita cattolica, oquando uno ch' stato cattolico fin dalla culla si risveglia a considerare deliberatamente ilsignificato della Religione, sufficiente credere tutto ci che la Chiesa espressamente insegna,e conforma la propria vita a questo insegnamento. Ma passando il tempo e diventando lerelazioni pi profonde, ci non basta pi. Quello che prima era cortesia, ora diventa freddezza.

    Allorch le relazioni diventano pi profonde, assolutamente necessario, se non si vogliavenire a una rottura, cominciare a conformare, non solo le parole e le azioni, ma anche ipensieri, e pi che i pensieri, gli istinti e le intuizioni. Due amici veramente intimi, conoscono,senza far questioni di parole e senza superflue spiegazioni, quale sarebbe il giudizio d'uno di

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    loro circa una nuova situazione. Ognuno conosce i gusti dell'altro, anche se non li esprimano inparole. Questo precisamente deve tener presente un'anima cattolica. Se l'amicizia con Cristonella Chiesa reale (e senza questa conoscenza di Lui, le nostre relazioni non saranno adeguatein tutto ai suoi intendimenti) ne segue che bisogna portare attenzione non solo a obbedirescrupolosamente o a formulare esattamente gli atti di fede, ma, e sopra tutto, all'interiorepunto di vista delle cose; un'istintiva attitudine, un'intuitiva atmosfera proprio comel'abbiamo osservata nel semplice e fedele cattolico, generalmente impreparato, che mentre sa

    poco o nulla di teologia dogmatica o morale, scopre tuttavia con una miracolosa sensibilit letendenze eretiche o le dottrine pericolose, che forse un navigato teologo non riuscito ancoraad analizzare. Non c' una via pi corta per giungere a questa intima simpatia colCattolicismo, di quella che mena all'intima, parallela simpatia interiore con Cristo. Umilt,obbedienza, semplicit, queste sono le virt sulle quali la Divina amicizia, comedel resto l'umana, pu allignare. E per quanto l'anima conosca bene tutto ci, tuttaviainsensibilmente comincia a sentirsi invadere come da un senso di ripugnanza per questaattitudine, che pu somigliare alla servilit. Sono stata io creata ha la tentazione dirichiedersi, e dotata di un temperamento, di un giudizio indipendente, di personali qualit, edanche del divino dono della originalit, solo perch abbia a disprezzare tutto ci, a sacrificarlo,a trascurarlo, a far s che sia riassorbito nella massa comune, donde, per la mia stessa

    creazione, queste qualit erano state tratte fuori?. Oh! Considera di nuovo! Non ti statoelargito il libero arbitrio, affinch con esso tu scelga non la tua ma la volont di Dio? l'intelletto,affinch impari a penetrare vieppi nella sommissione alla divina Sapienza? il cuore affinchami ed odii tutto ci che il Sacro Cuore ama ed odia? Nell' unione dell' anima con Dio nulla vaperduto, se essa tutto rinnega a Lui. O meglio, ogni dono trasformato, glorificato, elevato api alta natura. Veramente, non pi essa che vive, ma Cristo che vive in lei. E se ci si

    verifica tra l'anima e Dio, si verifica ancora per ogni forma che Dio sceglie per manifestarsi.Non si pu vivere una vita pi alta di quella che consacrata all'imitazione della vita di GesCristo; nessuna libert pi sconfinata di quella dei figli di Dio che sono strettamente legatidalla perfetta legge dell'Amore e della Libert. Si dimostra quindi ancora una volta che laChiesa cattolica l'espressione storica di Cristo stesso: nel suo occhio vibra lo sguardo Divino,

    sulla sua faccia lampeggia la faccia di Cristo; dalle sue labbra si ode ancora la voce che gridasempre come di uno che ha potest (Mt., VII, 29); e si comprende bene che non vi pu essere

    vita molto pi nobile di quella che si dissolve in questa gloriosa societ che il Suo Corpo; nonv'ha sapienza pi grande che pensare con lei; non amore pi puro di quello che brucia nel cuoredi lei, che, con Cristo come Sua anima, realmente il Salvatore del mondo.VII.CRISTO NELSACERDOTELa Grazia e la Misericordia vennero per Ges Cristo.(Joh., I, 17). Abbiamoesaminato come la Chiesa sia il Corpo di Ges Cristo, nel senso che l'anima desiderosadell'amicizia di Cristo deve cercarla sia nella Chiesa che in se stessa, sia esteriormente cheinteriormente. Alcune caratteristiche di Cristo, la conoscenza delle quali necessaria a stabilireuna reale simpatia con Lui per esempio la Sua autorit, infallibilit, la Sua inesausta energia etutto il resto si possono valutare pienamente solo da un cattolico. Ora la Chiesa una societdi tale ampiezza che per la maggioranza delle persone impossibile formarsene un'ideaadeguata. Speculativamente la conoscono; interiormente, la riveriscono; ma in pratica, laChiesa diviene loro accessibile solo attraverso il Sacerdote. un appunto questo che si facontro la Chiesa cattolica. Si dice che Essa esalta la fallibilit umana nella persona delSacerdote alla cui infallibilit neppur Essa crede, e l'esalta ad un'altezza troppo fantastica peressere sicura. Se si esaltasse la Societ ideale, si potrebbe trovare qualche scusa; ma l'individuo sacerdote, che di fatto si abbellisce agli occhi dei cattolici degli ornamenti di Cristo esi riveste delle sue prerogative. E questo realmente vero. L'unica risposta possibile cheCristo ha voluto precisamente cos; che Egli ha creato il sacerdozio non solo perch questi Lorappresenti e agisca per Lui, ma perch in un certo senso sia Cristo medesimo; cio Cristoesercita i Suoi divini poteri attraverso il Suo intermediario; onde la devozione e riverenza versoil sacerdote un omaggio che si fa direttamente all'Eterno Sacerdozio di cui il ministro umano un partecipe. Se ci vero, si comprende bene che il Sacerdote, come la Chiesa, uno di queicanali per cui l'anima devota pu sviluppare la sua personale intimit con il Signore. I. Non

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    necessario dilungarsi sopra l'evidente umanit del Sacerdote. Nessun prete cos pazzo dadimenticarsene sia pure per un istante. Ed anche se la sua personale vanit lo rende cieco circai suoi difetti, la societ glielo fa ben presto ricordare con gli esempi degli altri. Spesso, qualcheinfelice sacerdote, che sembri innalzarsi a passo a passo nella vita spirituale, che estenda la suainfluenza e riputazione, e raccolga intorno a s ammiratori e discepoli, offre improvvisamenteal mondo un doloroso ricordo della sua fragile umanit. Non necessario che sia una cadutanello stretto senso della parola: ci, grazie a Dio, avviene di rado ; ma quanto spesso un

    subitaneo raffreddamento di zelo, un'esplosione istantanea di ridicolo orgoglio personale,scuote in un momento le anime che fidavano in lui, e d al mondo un esempio di pi dellaconstatazione che il prete in fondo anche lui un uomo!. Certamente, i preti non sono cheuomini. E allora perch il mondo fa le meraviglie quando li ritrova uomini, se almenoinconsciamente non fosse convinto che siano qualche cosa di pi? Poich, innanzi tutto, essisono gli ambasciatori di Cristo, e Cristo presente in loro come il Re presente nei suoirappresentanti accreditati. Cristo espressamente li officia di ci, quando comanda ai Suoi

    Apostoli di andare in tutto il mondo a predicare il Vangelo ad ogni creatura (Mc., XVI, 15).Ci implica un'enorme estensione della Presenza virtuale di Cristo sulla terra. Come belligrida il Profeta del Vecchio Testamento, come belli sopra le montagne, sono i piedi di coloroche portano il bene, che annunziano la pace (Is., III, 7); belli perch arrecano il messaggio

    d'amore del pi Bello tra i figli degli uomini. Perci vale la pena di notare che se il Sacerdotecerca di riuscire originale nella sostanza del mandato, egli un funzionario infedele. Cristo nonha incaricato il suo ambasciatore di crear lui trattati di pace, ma di proclamare il DivinoTrattato. stato occasionalmente affermato che la Chiesa notoria avversaria del pensiero, cheessa non sprona, ma piuttosto contrasta gli audaci esploratori del regno della verit; che fatacere o ripudia i suoi ministri allorquando questi cominciano a parlare o a pensare da se. Ci esatto nel senso che la Chiesa non pu credere che il Deposito della Rivelazione possa essereperfezionato da un'intelligenza umana per quanto brillante. Essa non rigetta quei ministri checercano di essere originali nell'esposizione del loro messaggio purch il messaggio non vengaalterato dalla loro originalit; non fa tacere chi presenta un antico dogma in espressioni nuove;ma essa ripudia solamente chiunque, come alcuni recenti pensatori hanno tentato di fare,

    cerchi presentare nuovi dogmi mascherati con vecchie parole. Dunque Cristo nel Sacerdotealmeno in quanto usa delle sue labbra per pubblicare il Divino Messaggio. E notiamo disfuggita che ci richiede grazie straordinarie nel messaggero. Non c' nulla di cos indomabilecome la natura umana, niente che tanto ecciti quanto l'esporsi, ed insieme non c' nulla di cosstimolante, per cervello umano che speculi e dogmatizzi, come il campo teologico. Eppure, incerto modo, tanto sovrabbondanti sono i doni che divenuto un rimprovero del mondo il fattoche tutti i preti insegnano gli stessi dogmi. un rimprovero di cui bisogna ringraziare Dio.II. Ma tutto ci si pu fare anche senza un Sacerdozio. Ogni ministro acattolico pu esser

    buono a tanto. infatti evidente che avendo il Divino Maestro cessato di parlare con le Suelabbra sulla terra, debba usare di labbra umane perch la Rivelazione sia resa nota. La fede

    venne per Ges Cristo (Joh., I, 17) e la predicazione di questa fede continuata per bocca deisuoi ministri accreditati. Ma anche la Grazia venne per Ges Cristo. E se l'apportare lafede per mezzo d'un istrumento umano non deroga in nulla alle prerogative di Cristo comeProfeta, ragionevole credere che il recare la Grazia per mezzo d'un ministro umano nonderoghi maggiormente le prerogative di Cristo come Sacerdote. Questo un fulcro essenzialedella dottrina cattolica del Sacerdozio. Cristo venne a portare la vita, a sostenerla, a vivificarlase perduta; poich Egli solo, il Principe della Vita, possiede l'elixir della Vita. I farisei eranoabbastanza logici alla loro premessa quando richiedevano; Chi pu cancellar peccati se nonDio? (Lc. V, 21). Costui pu cibarci della sua carne? (Joh., VI, 53). Ma le premesse eranoerrate, poich Cristo non era solamente uomo. Solo Cristo, che la Fonte della Vita, potr darela grazia; solo Cristo che la Verit potr dare la Rivelazione. poich la Grazia sta alla Vitacome la Rivelazione sta alla Verit. Ed questa la idea soggiacente al Sacerdozio cattolico; cheEgli d ordine e potere, in tutti e due i campi e non in uno solo, al ministero umano, perl'esercizio delle sue divine prerogative. E perci il Sacerdote, come annunzia sul pulpito Iodico a voi..., cos nel confessionale mormora Io ti assolvo e sull'altare Questo il mio

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    Corpo. Questo il secondo, opprimente, tremendo pensiero, che tuttavia necessariopenetrare, se vogliamo rappresentarci in quale maniera Cristo sia presente nel suo Sacerdote.Innanzi tutto Egli presente in lui quando, pi o meno meccanicamente, comunica ilmessaggio che gli affidato. Il Divino Profeta usa labbra umane per comunicare la scienza, e adichiarare la verit. Ma se noi riflettiamo che il Divino Sacerdote usa labbra umane perraggiungere i suoi fini sacerdotali, altres rileviamo che la sua Presenza molto pi intima diquella di un Re nel suo ambasciatore. Poich l'ambasciatore praticamente in nessun senso il

    suo Padrone; egli pu dettare i termini di un trattato, ma non pu ratificarlo; pu argomentarepresso coloro a cui inviato; ma solo in senso molto imperfetto e rappresentativo puriconciliarli col suo Re. Invece questi Ambasciatori di Cristo, in virt d'un esplicito mandatoche hanno ricevuto in termini come Questo il mio corpo... fate ci in mio ricordo (Lc.,XXII, 19); Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi... (Joh., XX,22-3) hanno i pieni poteri di fare ci che non consentito agli ambasciatori terreni. Essicompiono ci che dichiarano: questi amministrano i favori che implorano... Possiamo allorarealmente asserire che Cristo presente nel Suo Sacerdote, come in nessun Santo per quantogrande, come in nessun Angelo per quanto vicino alla faccia di Dio. l'altissimo privilegio delSacerdote, ed insieme la sua tremenda responsabilit, di essere, nel momento in cui esercita ilministero, in un senso, Cristo stesso. Egli non dice Cristo ti assolva ma io ti assolvo; non

    Questo il Corpo di Cristo ma Questo il mio Corpo. Cristo non usa solo dellaenunciazione delle labbra, ma di lui medesimo nel momento in cui manifesta la Volont el'Intenzione. Allora si compie un Atto Divino. Egli diviene presente nel Sacerdote, per ilpermesso del Suo sacerdote. Se si riguardi che il SS. Sacramento consacrato (vale a dire lamaraviglia culminante della grazia consumata di Cristo) o che il peccatore pentito s'allontanaperdonato; quando in una parola, Dio, in questo o in quel luogo, in questo o in quel documentoagisce come Dio, ci si effettua non per le parole meccanicamente pronunciate dal sacerdote,ma per l'unione della sua volont e della sua libera intenzione con quella del suo Creatore.III. Sembra che abbiamo divagato parecchio dal nostro tema, l'amicizia di Cristo. Eppure nonce ne siamo allontanati neppure per un istante. Abbiamo considerato le molteplici manierecon le quali l'Amicizia di Cristo ci si rende accessibile; e vedemmo come non consista

    solamente in una interiore aderenza a Lui, ma in riconoscimento esteriore ed in un'esterioreaccoglienza di Lui. La Sua Umana Natura viene a noi dal Sacramento dell'Altare. La Sua Divina

    Autorit si manifesta nella natura umana di coloro che compongono la Chiesa e che hannodiritto di parlare in Suo Nome. Queste varie caratteristiche non possono essere valorizzate ciola Sua Amicizia non sar quale Egli la intende senza considerare le ulteriori manifestazioni cheaccompagnano la Sua Presenza. Ed Egli si manifesta ancora nel Suo Sacerdote. Egli dimorasulla terra, parlando per le labbra del Suo sacerdote, in quanto questo sacerdote comunical'autoritario ed infallibile insegnamento del Suo mistico corpo, corpo di cui il sacerdote comeuna bocca. Egli agisce sulla terra in quelle azioni divine del sacerdote che solo la PotenzaDivina pu compiere, esercita la prerogativa del culto che a Dio solo dovuto, e si fa presentecon la Sua Umana Natura sotto la forma del Sacramento ch'Egli stesso ha istituito. E, comecorollario, nell'atmosfera creatasi intorno al Sacerdozio pi per l'istinto dei devoti che per leprecise istruzioni della Chiesa, esibisce gli attributi del Suo Divino Carattere, in relazione aquelli che costituiscono l'Amicizia di chi L'ama. E che cos' quella dolcezza, quel distacco epurit di spirito cos caratteristiche nel sacerdozio cattolico, se non l'aroma dell'irraggiungibilesantit di Dio che il Santissimo, nel Cui volto non ardiscono gli Angeli fissarsi: cos' questotradotto in termini della vita comune? Eche cos' questa incredibile accessibilit del Sacerdoteall'anima che lo cerca come Sacerdote pi che come uomo, se non l'umano riflesso della Divinaprontezza con cui vengono accolti tutti coloro che sono affaticati e addolorati? Questa eccelsapurit del Sacerdote, questo distacco dai vincoli familiari, questa abdicazione a tutto ci checostituisca il patrimonio d'ogni uomo, non che un lontano bagliore della luminosa Personalitdi Colui che fu Figlio d'una Vergine, che scelse un Vergine per suo precursore, che seguitoanche nella divina famiglia dei cieli, dovunque Egli vada da uomini che non ebbero contatticon donne: poich sono vergini (Apoc., XIV, 4). Quindi, la devozione al Sacerdozio, ilrispetto per l'officio, la gelosia per il suo onore, l'insistenza sopra un tipo alto di coloro che ne

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    sono investiti, non sono che manifestazione di quell'Amicizia di Cristo di cui andiamotrattando, e il riconoscimento di Lui nel suo ministro e rappresentante. Non il riposare sulsacerdote (poich nessuno capace di portare il peso intero di un'altra anima) ma il riposaresul sacerdozio, altrettanta fiducia in Cristo: perci, quando voi vi avvicinate alSacerdote, ben sapendo ci che guardate in lui e distinguendo l'uomo dal suo officio, voi viavvicinate all'Eterno Sacerdote che in lui vive, a Colui che Sacerdote in eterno secondol'ordine di Melchisedech (Ps. CX, 4); e al Quale il Profeta fece la pi grande lode,

    glorificandoLo come il Sacerdote sopra il suo trono (Zach., VI, 13).VIII.CRISTO NELSANTOVoi siete la luce del mondo,(Mt., V, 14). Vedemmo come Cristo sia presente nelSacerdote per il carattere e la missione che questi riceve. Cristo che parla attraverso la sua

    bocca allorch proclama il messaggio del Vangelo; ancora Cristo che servendosi della volonte dell'intenzione del Sacerdote, delle sue parole e delle sue azioni, compie quegli attisoprannaturali propri del rito sacramentale e sacerdotale. Finalmente, le universalicaratteristiche del sacerdozio come la sua separazione dal mondo ed insieme la suaaccessibilit non sono altro che le caratteristiche di Cristo stesso precipitate, per dir cos, in unmedium umano. Ma c' un'altra santit nel mondo, oltre questa della esteriore consacrazionela santit personale o santit morale. Ora noi dobbiamo considerare le relazioni di Cristo anchesotto questo punto di vista: la Sua Presenza nel Santo. I. Quando noi consideriamo la

    Religione Cattolica come attualmente ci involge, vediamo che i Santi, e sopratutto Maria,Regina dei Santi, sono vitali ed essenziali elementi nel sistema. Si dice, e si dice bene, chenessuna persona nata da genitori mortali ha esercitato ed esercita sulla razza umanaun'influenza cos potente come Maria, Madre di Nostro Signore o (per dirla anche pigarbatamente) a nessuno viene ascritta una influenza come a Maria. E' impossibile poterimmaginarsi ci che la sua Personalit significa per il genere umano, cos come viene illustratacon le innumerevoli forme di devozione in suo onore, con i rosarii recitati a Sua lode e perottenere la sua intercessione; le invocazioni del suo nome: in realt, il posto che Essa occupa un tutto complesso nell'umana coscienza. Il Suo Nome scorre traverso la storia Cristiana cosinestricabilmente come il santo Nome di Ges stesso. Non v'ha circostanza nella vita, non c'situazione o crisi, e possiamo dire, non c' gioia e dolore a cui Maria, prima o dopo, non sia

    stata chiamata a prender parte. Sino a tre secoli fa, la sua Immagine stava praticamente in ognichiesa cristiana; per tutto il mondo oggi la si ritrova nella maggior parte delle chiese elentamente va rientrando anche nelle altre. Nella mente cattolica il pensiero di Maria cosstrettamente congiunto al pensiero di Ges come le due nature in Cristo; poich, dopotutto,una di quelle due nature proviene da Lei. Si detto dai critici Protestanti che l'errore nostroconsiste precisamente in ci, che mentre Ges venne per chiamare a S tutti gli uominidirettamente, a Maria invece stato permesso di usurpare il Suo posto. del tutto superfluoredarguire quest'asserzione, dacch il vero Cattolico sa perfettamente bene che ogni culto eonore dato a Maria, Le viene dato con il solo intendimento di unire vieppi il devoto con ilfrutto benedetto del suo seno (Lc., I, 42) che Ella da ogni immagine ci porge, ora come ilFanciullo della Gioia, ora come l'Uomo dei Dolori. Solo chi dubbioso, o almenodottrinalmente incerto, circa l'assoluta Deit del Cristo, pu pensare che un Cristianointelligente arrivi a confondere Cristo con la Sua Madre, o immaginare quasi che il Creatore ela Creatura stiano in competizione tra loro. Ma il soggetto della nostra discussione diprecisare se possiamo comprendere Ges meglio con Maria che senza di Lei. Innanzi tutto, senoi ci rivolgiamo al Vangelo a questo piano fondamentale dei disegni di Dio per l'umanittroviamo che, secondo la graduazione, per dir cos, Maria occupa un posto di dignit dopoGes, meravigliosamente simmetrico al posto che Le viene assegnato nel pi esplicito sistemacattolico: onde, ogni qualvolta il suo Figlio partecipa a un momento di crisi umana, ogni qual

    volta un nuovo, o impressionante e fondamentale fatto ci viene rivelato, Maria al Suo lato, ed presentata, per dir cos, in un'attitudine molto espressiva. L'Angelo Gabriel