e Mark R. Showalter Gli anelli dei...

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Gli anelli dei pianeti LE SCIENZE 403 / marzo 2002 www.lescienze.it 28 PICCOLI SATELLITI vicini agli anelli di Saturno (puntini) sono in gran parte responsabili della complessità del sistema. Il Sole brilla attraverso la divisione di Cassini - una lacuna visibile dalla Terra anche con telescopi amatoriali - e illumina i deboli anelli esterni. 29 L'universo sarebbe più povero se Saturno e gli altri pianeti giganti fossero privi di anelli. Finalmente i planetologi stanno comprendendo come la gravità abbia dato origine a queste eleganti strutture _ di Joseph A. Burns, Douglas P. Hamilton e Mark R. Showalter

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Gli anelli dei pianetiLE SCIENZE 403 / marzo 2002 www.lescienze.it28

PICCOLI SATELLITI

vicini agli anelli

di Saturno (puntini)

sono in gran parte

responsabili

della complessità

del sistema.Il Sole brilla attraverso

la divisione di Cassini -

una lacuna visibile

dalla Terra anche con

telescopi amatoriali -

e illumina i deboli

anelli esterni.

29

L'universo sarebbe

più povero se Saturno

e gli altri pianeti giganti

fossero privi di anelli.

Finalmente i planetologi

stanno comprendendo

come la gravità

abbia dato origine

a queste eleganti strutture_

di Joseph A. Burns, Douglas P. Hamiltone Mark R. Showalter

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giove Il pianeta più grande del sistema solare possiede un insieme di anellidi straordinaria complessità. Essi sono composti di particellepiù fini e sono meno appiattiti rispetto agli anelli degli altri pianeti.

Questo mosaico di immagini della sonda Galileo mostra Giove in eclissi ed evidenzia l'alta atmosfera e gli anelli.

Un alone rarefatto e rigonfio risale dal margine interno

Deboli anelli rarefatti (fasce gialla, rossa e blu) si estendono al di làdell'anello principale. dell'anello principale e del suo alone (in bianco e nero a sinistra).

ADRASTEA •

ALONEANELLO

PRINCIPALE

Irg~,~5~METIS

TEBE

11-44~;AMALTEA

economia del mondo attuale è in gran parte basata su in-

venzioni rese possibili dai lavori di James Clerk Maxwell, il fisico dell'Ottocento che fu il padre dell'elettromagnetismo e pioniere del-

la termodinamica. In termini di puro profitto economico, tuttavia, non si può certo sostenere l'importanza di un altro degli argomen-

ti preferiti di Maxwell: gli anelli di Saturno. Senza dubbio, gli anelli planetari non contribuiscono molto alla prosperità materiale delle

nazioni; ma questo non riduce il loro fascino. Nel 185? Maxwell scrisse:

Ci sono alcuni problemi dell'Astronomia verso i quali siamoattratti... a causa della loro peculiarità... [anziché] per qual-che vantaggio diretto che la loro soluzione potrebbe apporta-re all'umanità... Non mi sembra che sia mai stato fatto alcunuso pratico degli Anelli di Saturno.., ma quando contemplia-mo gli Anelli da un punto di vista puramente scientifico, es-si diventano i più rimarchevoli fra i corpi celesti, con l'ecce-zione, forse, di quei corpi ancor meno utili che sono le [ga-lassie] spirali... Quando abbiamo visto personalmente quelgrande arco che si curva sopra l'equatore del pianeta senzaalcuna connessione visibile, la nostra mente non può più tro-vare quiete.

A un secolo e mezzo di distanza da questo scritto, gli anellidi Saturno rimangono un simbolo di tutto ciò che di esotico efantastico esiste nell'universo. I progressi realizzati nelle osser-vazioni hanno addirittura accresciuto la loro attrattiva. Le sco-perte degli ultimi due decenni hanno sconvolto a tal punto leconoscenze che si ritenevano assodate da rivelare un sistema dianelli pressoché nuovo: molto più complesso e interessante diquanto la teoria, le osservazioni o l'immaginazione avesserofatto pensare.

Altri pianeti giganti oltre a Saturno possiedono anelli, e nonesistono due sistemi uguali. Anche secondo gli standard astro-nomici, gli anelli sono strani. Sono generati da processi a voltepoco vistosi e controintuitivi: per esempio, in essi la gravità puòa tutti gli effetti respingere la materia. Oggi sappiamo che glianelli, un tempo ritenuti statici, evolvono continuamente. Si èvisto che esiste una simbiosi fondamentale fra anelli e satelliti.La cosa più importante è che abbiamo riconosciuto che essi so-no ben più che fenomeni esteticamente pregevoli. Come già fa-ceva Maxwell, gli scienziati di oggi vedono analogie fra gli a-nelli e le galassie; in un senso veramente fondamentale, glianelli potrebbero anche permetterci di aprire uno spiraglio suiprimordi del sistema solare.

Gli anelli di Saturno, visti per la prima volta nel 1610 da Ga-lileo Galilei e interpretati 50 anni dopo da Christiaan Huygenscome una struttura che circonda il pianeta, furono consideratiuna solitaria eccezione per più di tre secoli e mezzo. Poi, in solisette anni, si scoprirono anelli intorno agli altri tre pianeti gi-ganti. I primi a essere individuati furono gli anelli di Urano, nel1977. James L. Elliot, allora alla Cornell University, mentre eraintento a osservare l'occultazione di una stella da parte di Ura-no, notò che la luminosità dell'astro oscillava e ne dedusse cheuna serie di strette bande, lievemente ellittiche o inclinate, cir-condava il pianeta (si veda l'articolo Gli anelli di Urano di Jef-frey N. Cuzzi e Larry W. Esposito in «Le Scienze» n. 229, set-tembre 1987). Nel 1979 la sonda Voyager 1 rivelò i diafanianelli di Giove. E infine, nel 1984, una tecnica simile a quella di

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Elliot mise in evidenza segmenti di anelli - ma non anelli com-pleti - intorno a Nettuno.

Dopo questo periodo ricco di novità, le ricerche sugli anelliristagnarono fino alla metà degli anni novanta; ma, da quell'e-poca, è iniziata un'altra era di esplorazione. Nuove osservazio-ni sono state possibili grazie allo Hubble Space Telescope, a te-lescopi collocati a terra e alla sonda Galileo in orbita intorno aGiove (si veda l'articolo La missione Galileo verso Giove e i suoisatelliti di Torrence V. Johnson in «Le Scienze» n. 380, aprile2000). Gli anelli e i satelliti più deboli di Saturno divennero vi-sibili nel 1995 e 1996, quando le posizioni della Terra e del pia-neta fecero sì che il sistema apparisse di taglio, riducendo la lu-minosità degli anelli principali. E nel luglio 2004 la sonda Cas-sini inizierà la sua visita, della durata di quattro anni, al sistemadi Saturno.

Un circo a quattro anelli

Sebbene i quattro sistemi conosciuti di anelli differiscano neidettagli, molte delle loro caratteristiche generali restano inva-riate. Hanno tutti una struttura molto variegata, essendo com-posti da molteplici sottoanelli concentrici spesso separati da la-cune di varia ampiezza. Ciascun anello è costituito da innume-revoli particelle - frammenti di ghiaccio e di roccia - che orbi-tano indipendentemente intorno al pianeta centrale urtandosileggermente l'una con l'altra. Gli anelli ricadono in due catego-rie generali in base alla densità di impaccamento delle particel-le, che viene definita dalla profondità ottica, una misura del de-cadimento esponenziale della luce che penetra perpendicolar-mente attraverso l'anello. Per gli anelli più densi, come quelliprincipali di Saturno (denominati A e B) e quelli di Urano (indi-cati con numeri e lettere greche), la profondità ottica può arri-vare a 4, il che significa che appena il 2 per cento della luce rie-sce ad attraversarli. Gli anelli con impaccamento più densocontengono particelle di diametro variante fra alcuni centime-tri e parecchi metri.

Le particelle in un sistema di anelli ad alta densità collidonofrequentemente, spesso più volte durante ciascuna orbita intor-no al pianeta. In questo processo, si perde energia e il momentoangolare viene ridistribuito. Poiché le particelle vicine al piane-ta si muovono a velocità più elevata rispetto a quelle più ester-ne, le collisioni tendono a rallentare le particelle interne (chequindi ricadono verso il pianeta) e a spingere in avanti quelleesterne (che si allontanano dal pianeta). Perciò, l'anello ha unatendenza ad allargarsi in senso radiale. Ma è un processo che ri-chiede tempo, e in questo senso un anello può essere raffiguratocome un fluido viscoso che diffonde lentamente verso l'esternoe l'interno. Gli anelli di Saturno hanno una viscosità cinematicaeffettiva simile a quella dell'aria.

LE SCIENZE 403 / marzo 2002

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A

LA RISONANZA fra un satellite e una particella

dell'anello implica che le due orbite siano

coordinate: in questo caso, la particella compie

esattamente due orbite nel tempo impiegato dal

satellite per effettuarne una. Poiché i due corpi

si incontrano sempre nella stessa posizione,

gli effetti gravitazionali possono sommarsi.

ANELLO A (rappresentazione artistica) ANELLO B

ANELLO C

PANDORA—

PAN

ATLANTE

PROMETEO

MIMAS

I «raggi» sono strutture effimereprodotte da grani di polvere che siinnalzano dall'anello. La presenzadegli innumerevoli anellinisecondari è ancora inspiegata.È generata dal minuscolo satellite Pan.

Saturno

In almeno una zona dell'anello le particelle ghiacciatedi circa un metro di diametro sono spazzate via dai satelliti.

DIVISIONE DI ENCKE

ANELLO F

In questa immagine è amplificatala lieve differenza di colore fra l'anello C(in blu) e l'anello B (in giallo).

I molteplici filamenti sonoingarbugliati dagli effettigravitazionali di due satelliti vicini.

EPIMETEO

GIANO

DIVISIONE DI ENCKE

DIVISIONE DI CASSINI

Gli scenografici anelli di Saturno sembrano acquisire una complessitàsempre maggiore via via che li si osserva più in dettaglio.

Le famose immagini di Voyager potrebbero impallidire

al confronto di ciò che la sonda Cassini riuscirà a mostrare nel 2004.

La perdita di energia, combinata con laridistribuzione del momento angolare, fasì che un sistema di anelli a elevata den-sità si appiattisca. Quale che sia la suaconfigurazione iniziale, il sistema rapida-mente si trasforma in un disco sottile, ap-prossimativamente equatoriale. Gli anellidi Saturno hanno uno spessore di alcunedecine di metri soltanto, benché si esten-dano per centinaia di migliaia di chilo-metri; in proporzione, sono spessi quantoun foglio di carta velina esteso come uncampo di calcio. Un effetto analogo ap-piattisce sia i dischi di gas e polvere cir-cumstellari sia i dischi gassosi delle ga-lassie a spirale.

Un'altra conseguenza dellimpaccamen-to denso è il rafforzamento della reciprocaattrazione gravitazionale delle particelle.Potrebbe essere questo il motivo per cuiUrano possiede anelli che non sono perfet-tamente rotondi: la loro gravità interna sioppone alla tendenza a formare una ban-da circolare.

All'altro estremo, gli anelli più deboliche si conoscano, come quelli di Giove e ipiù esterni di Saturno, hanno profonditàottiche comprese fra 10-8 e 10-6. Le loroparticelle sono così distanziate che colli-dono raramente, e per questa ragione nontendono ad assestarsi in un disco piatto.Sappiamo, dal modo in cui questi anellidiffondono la luce, che sono composti daparticelle di polvere fine, tipicamente del-la grandezza di qualche micrometro, ossiaconfrontabile con quella delle particelle difumo. La dinamica di questi corpuscoli èparticolare perché, essendo così piccoli,sono soggetti in maniera significativa aglieffetti elettromagnetici e della radiazione,oltre che alla gravità.

Gli anelli di Nettuno non sono colloca-bili in questa comoda classificazione: laloro profondità ottica si trova fra i dueestremi. Il sistema di Nettuno può essereconsiderato anomalo anche per altriaspetti. Il suo anello più denso non è co-stituito da una banda regolare, ma con-tiene archi discontinui che nel complessocoprono meno di un decimo della circon-ferenza. In assenza di un qualche mecca-nismo di confinamento, queste strutturedovrebbero diffondersi uniformementetutto intorno al pianeta nel giro di un an-no. E tuttavia le immagini recenti forniteda Hubble e dai telescopi a terra mostrano che la posizione de-gli archi si è modificata ben poco negli ultimi 15 anni.

I signori degli anelli

Tutti i sistemi di anelli ad alta densità sono annidati vicino ailoro pianeti e non si estendono al di là del cosiddetto limite diRoche (il raggio all'interno del quale le forze mareali generatedal pianeta sovrastano la tendenza delle particelle dell'anello adaggregarsi in corpi più grandi). Appena oltre il limite di Roche viè una zona dove piccoli satelliti di forma irregolare possono

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coesistere con gli anelli. Le interazioni fragli anelli e i satelliti a essi correlati sonoprotagoniste di alcuni dei fenomeni piùstrani che avvengono in questi sistemi.

Per esempio, l'anello E di Saturno siestende in un'ampia regione che include isatelliti Mimas, Teti, Dione e Rea, e la suamassima luminosità coincide con l'orbitadel gelido e liscio satellite Encelado. Lostretto anello F - una matassa di diversifilamenti di spessore non uniforme - sitrova isolato appena oltre l'anello A ed èpure delimitato da due satelliti, Pandora ePrometeo. Correlazioni fra posizione deisatelliti e strutture degli anelli si osserva-no anche nei sistemi di Giove, Urano eNettuno.

La spiegazione di come i satelliti possa-no esercitare una simile influenza è statail progresso più rilevante compiuto nellaconoscenza degli anelli durante gli ultimi20 anni. Sembra che i processi fondamen-tali all'opera siano tre. Il primo è la riso-nanza orbitale, ossia la tendenza delle for-ze gravitazionali a risultare ingigantitenelle posizioni in cui il periodo orbitale diuna particella è in rapporto m:n con il pe-riodo orbitale di un satellite. Per esempio,una particella al margine esterno dell'a-nello B di Saturno è in risonanza 2:1 conMimas: ciò significa che compie esatta-mente due orbite del pianeta nel tempo incui il satellite ne completa una. Un altroesempio è quello del margine esterno del-l'anello A di Saturno, che è in risonanza7:6 con Giano ed Epimeteo.

Le orbite vicine alle posizioni di riso-nanza subiscono distorsioni insolitamentegrandi perché le lievi sollecitazioni impar-tite dai satelliti si ripetono sistematica-mente e quindi si sommano nel tempo. Lerisonanze sono più intense per le particel-le orbitanti vicino al satellite ma, quandole orbite sono troppo prossime, risonanzediverse competono per il controllo e i mo-ti diventano caotici. Le risonanze sonomassime quando m = n + 1 (per esempio,2:1 o 43:42) e si indeboliscono rapida-mente via via che i due valori differisco-no. Negli enormi anelli di Saturno, solo inalcune decine di posizioni si manifestanoforti risonanze con i satelliti.

Il risultato di queste perturbazioni riso-nanti è variabile. Quelle intense spazzanovia materia, il che spiega la formazione

dei bordi netti degli anelli A e B di Saturno. In alcuni punti siaprono lacune. Una risonanza simile potrebbe giustificare l'anel-lo discontinuo di Nettuno. Risonanze analoghe spiegano la di-stribuzione di materia nella fascia degli asteroidi, un processo incui il Sole assume il ruolo del pianeta e Giove quello del satellite.

In altri punti dell'anello A le risonanze generano onde. Se ilsatellite ha un'orbita ellittica, ne risulta un'onda a spirale, similea una versione in miniatura del disco della nostra galassia. Sel'orbita del satellite è inclinata, ne deriva una serie di oscillazio-ni in senso verticale rispetto al piano dell'anello: ondulazioni diun tappeto cosmico.

LE SCIENZE 403 / marzo 2002

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IN SINTESI

Vrano Gli anelli di Urano sono particolarmente strani, in quanto per la maggior partesono leggermente ellittici e inclinati. In qualche modo, sono riuscitia resistere alle forze che tendevano ad appiattirli e a renderli circolari.

I satelliti Cordelia e Ofelia delimitano l'anello E.

Grazie a un diverso angolo di visualee a una esposizione più lunga,Voyager ha individuato polverefra gli anelli principali.

Questa immagine in falsi colori indicache le particelle hanno proprietà differenti.L'anello di polvere è troppo deboleper apparire in questa immagine.

4 " 1 Ys5 k

CORDELIA— —OFELIA

QUANDO UN SATELLITE SUBISCE UN IMPATTO, la materia che si stacca entra

a far parte dell'anello. Viceversa, il satellite accumula costantemente

materia, sottraendola all'anello. L'equilibrio di questi effetti contrastanti

determina la dimensione degli anelli deboli.

Sebbene le risonanze di solito richiedano il contributo dei sa-telliti, qualsiasi forza che si ripete periodicamente secondo unrapporto m:n con il periodo orbitale - per esempio, campi gravi-tazionali planetari non uniformi o forze elettromagnetiche va-riabili - può avere un effetto analogo. Il sistema di Giove è di-ventato celebre per queste risonanze. All'interno di un raggio di120.000 chilometri, l'anello si rigonfia improvvisamente, pas-sando dalla forma di un disco piatto a quella di un toro ispessi-to. Una particella dell'anello, in corrispondenza di quel raggio,compie tre orbite nel tempo in cui il pianeta ruota due volte sustesso; il campo magnetico inclinato di Giove tende a spingerlaverso l'alto. Più vicino al pianeta, a un raggio di 100.000 chilo-metri, la luminosità dell'anello di Giove si riduce nettamente; èproprio in questa posizione che si ha la risonanza elettromagne-tica 2:1. Le particelle che arrivano in questa regione vengonodiffuse al punto da non essere quasi più visibili sullo sfondobrillante del pianeta.

Il secondo meccanismo fondamentale con cui i satelliti deter-minano la struttura degli anelli è la loro influenza sulla traietto-ria delle particelle. L'interazione gravitazionale fra un satellite euna particella vicina è alquanto controintuitiva. Se i due corpifossero isolati nello spazio profondo, i loro incontri ravvicinatisarebbero simmetrici nello spazio e nel tempo. La particella siavvicinerebbe al satellite, accelererebbe, gli sfreccerebbe intorno,emergerebbe sull'altro lato e decelererebbe (ammesso che non cisia stata una collisione). La traiettoria di allontanamento sareb-be l'immagine speculare di quella di avvicinamento (iperbolica oparabolica). Nonostante il cambiamento di direzione, la particel-la finirebbe per tornare alla sua velocità originaria.

Gravità «a rovescio»

In un sistema di anelli, tuttavia, un satellite e una particellanon sono isolati, ma sono in orbita intorno a un terzo oggetto: ilpianeta. Il corpo più vicino al pianeta orbita più velocemente;supponiamo che sia la particella. Durante l'incontro ravvicinato,la gravità del satellite sposta la particella in una nuova orbita.L'evento è asimmetrico: la particella si avvicina al satellite e l'in-terazione gravitazionale dei due corpi si rafforza. Perciò la par-

• Saturno non è il solo pianeta a possedere un sistemadi anelli: anche Giove, Urano e Nettuno (forse addirittura Martepresentano strutture di questo tipo, e non esistono due sistemiuguali. Gli anelli sono strutture enigmatiche, generateda processi a volte poco vistosi e controintuitivi: per esempio,in essi la gravità può respingere la materia.• Oggi sappiamo che gli anelli, un tempo ritenuti statici,evolvono continuamente. Si è visto che esiste una simbiosifra anelli e satelliti e si possono stabilire addirittura analogiefra gli anelli e le galassie; gli anelli potrebbero permettercidi aprire uno spiraglio sui primordi del sistema solare.• Sebbene i quattro sistemi conosciuti di anelli differiscanonei dettagli, molte caratteristiche generali sono comuni.La struttura - variegata - comprende molteplici sottoanelliconcentrici - spesso separati da lacune di varia ampiezza.costituiti da innumerevoli frammenti di ghiaccio e di rocciache orbitano indipendentemente intorno al pianeta centrale.• Gli anelli non sono così immutabili come si riteneva: sembrache vi sia un continuo riciclo di materia tra gli anelli e i satellitiassociati, in un equilibrio da cui dipenderebbe la loro durata.

ticella non è in grado di riguadagnare la velocità che aveva inprecedenza, in quanto l'energia orbitale e il momento angolaresi sono ridotti. Tecnicamente, ciò significa che l'orbita è distorta,da un cerchio a un'ellisse di dimensioni leggermente inferiori; inseguito, collisioni nell'interno dell'anello ripristinano l'orbitacircolare, sebbene più piccola.

L'effetto risultante è che la particella viene spinta verso l'in-terno. Ciò che essa perde è guadagnato dal satellite, sebbenequest'ultimo, più massiccio, si sposti proporzionalmente di me-no. Se le posizioni sono invertite, lo sono anche i ruoli: nel casoil satellite sia all'interno, si sposta verso il pianeta e la particellamigra verso l'esterno. In entrambi i casi l'attrazione di gravitàdel satellite sembra respingere la materia dell'anello. In realtà leleggi di Newton non vengono violate; questo esito bizzarro si haquando due corpi in orbita intorno a un terzo interagiscono eperdono energia. (È un fenomeno totalmente differente dallagravità «repulsiva» che compare nelle teorie dell'universo inespansione.)

Come le risonanze, anche questo meccanismo può produrrelacune negli anelli, le quali crescono fino a che le forze repulsi-ve del satellite non vengono controbilanciate dalla tendenza de-gli anelli a espandersi nelle collisioni Simili lacune sono presen-ti negli anelli A, C e D di Saturno, nonché nella divisione di Cas-sini, una zona che separa gli anelli A e B.

Viceversa, il medesimo processo può restringere un anellosottile. I satelliti ai lati di un filamento di materia possono funge-re da «pastori» e rimettere in linea tutte le particelle che tentanodi sfuggire. Nel 1978 Peter Goldreich e Scott D. Tremaine, alloraentrambi al California Institute of Technology, ipotizzarono unsimile processo di confinamento per spiegare la misteriosa stabi-lità dei filiformi anelli di Urano (si veda l'articolo Gli anelli nelsistema solare di James B. Pollack e Jeffrey N. Cuzzi in «LeScienze» n. 161, gennaio 1982). I satelliti Cordelia e Ofelia man-tengono confinato l'anello E di Urano, mentre l'anello F di Satur-no sembra avere Prometeo e Pandora come pastori. Ovviamente,gran parte delle lacune e degli anellini resta da spiegare. Forsesono soggetti al controllo di satelliti troppo piccoli per essere vi-sti con le tecnologie attuali; se è così, il modulo orbitale dellasonda Cassini potrebbe rivelare qualcuno dei burattinai nascosti.

Un ulteriore effetto della gravità repulsiva è di frastagliare imargini degli anelli. Queste ondulazioni sono più facili da spie-gare collocandosi nel punto di vista del satellite. Negli anelli,una corrente ininterrotta di particelle fluisce accanto al satellite.Quando esse superano il satellite stesso, la gravità modifica leloro orbite circolari in orbite ellittiche all'incirca della medesimagrandezza. Le particelle non mantengono più una distanza co-stante rispetto al pianeta. Un osservatore che si trovasse sul sa-tellite vedrebbe che le particelle hanno iniziato a ondeggiareavanti e indietro di concerto. Il moto apparente è sinusoidale,con una lunghezza d'onda proporzionale alla distanza fra l'orbi-ta del satellite e quella della particella.

L'onda che ne risulta appare dietro il satellite se la particella èpiù all'esterno rispetto a esso e davanti al satellite se è più all'in-terno. La si può immaginare come la scia di una barca in uno

strano fiume nel quale l'acqua da un lato della barca si muovepiù velocemente dell'imbarcazione stessa. Uno di noi (Showal-ter) ha analizzato i margini frastagliati della divisione di Encke,nel sistema di anelli di Saturno, individuando un piccolo satelli-te, Pan. Un secondo esempio è l'anello F, le cui sporgenze perio-diche sembrano essere state prodotte da Prometeo.

Anelli sporchi

Il terzo e ultimo effetto dei satelliti sugli anelli consiste nell'e-spulsione e nell'assorbimento di materia. Questo meccanismo,particolarmente importante per gli anelli deboli e ricchi di pol-vere, come quelli intorno a Giove, è stato messo a fuoco solocon le osservazioni della missione Galileo. In precedenza la son-da Voyager aveva scoperto gli anelli di Giove e due piccoli sa-

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1<lettuno Il sistema di anelli di Nettuno è il meno conosciuto. L'anelloesterno presenta zone di spessore irregolare, i cosiddetti archi.Per comprenderne l'origine e la stabilità potrebbe esserenecessaria una nuova visita rawicinata da parte di una sonda.

ANELLI DI LE VERRIER E DI ADAMS

Le immagini di Voyager del 1989rivelano zone di maggior spessorenell'anello esterno, forse dovute a unacomplessa risonanza con i satelliti.

Gli archi di anello compaiono anchein questa immagine ottenuta nel 1998dallo Hubble Space Telescope. Non soloqueste strutture si sono conservate,ma la loro velocità orbitale è stataleggermente inferiore al previsto.

LIBERTÉ • ÉGALITÉ FRATRRNiíí

Osservazioni da Terra eseguitenel 1998 confermanole conclusioni di Hubble.

ADAMS

ARAGO

LASSELL

LE VERRIER

--IP•0"""

NAIADE

TALASSA

DESPINA

GALATEA

LARISSA

PROTEO

telliti, Adrastea e Metis, vicini al bordo esterno dell'anello prin-cipale. Ma la sua fotocamera non aveva una risoluzione suffi-ciente per rivelare esattamente il ruolo di questi satelliti. Erano ipastori che impedivano agli anelli di espandersi verso l'esterno?O erano la fonte della materia degli anelli che, una volta postain orbita, andava alla deriva verso il pianeta? Voyager non riu-scì neppure a spiegare una debole estensione esterna: un anelloestremamente rarefatto che accompagnava quello principale.

Il sistema per l'ottenimento di immagini di Galileo rivelò chel'anello rarefatto svaniva improvvisamente al di là dell'orbita diAmaltea, e scoprì un secondo e più debole anello che si estende-va fino al satellite Tebe e non oltre. Mentre tornava a casa dopoil convegno nel quale erano state presentate queste immagini,uno di noi (Burns) notò l'indizio rivelatore: l'estensione vertica-le del diafano anello interno era uguale all'inclinazione dell'or-bita di Amaltea, e lo spessore di quello esterno corrispondevaperfettamente all'inclinazione dell'orbita di Tebe. Per di più, en-trambi gli anelli rarefatti mostravano la maggiore luminositàlungo i margini superiore e inferiore, a indicare un accumulo dimateria: esattamente ciò che ci si aspetterebbe se particelle e sa-telliti avessero la stessa inclinazione orbitale. Questa stretta as-sociazione si spiegherebbe nel modo più naturale se le particellefossero detriti espulsi dall'impatto di meteoriti con i satelliti.

Stranamente, i satelliti piccoli potrebbero essere fonti di ma-teria migliori di quelli grandi: sebbene costituiscano bersaglipiù piccoli, la loro gravità inferiore consente la fuga di unamaggiore quantità di detriti. Per il sistema di Giove si calcolache i corpi che forniscono il rifornimento più efficiente di ma-teria debbano avere un diametro di 10-20 chilometri: propriocome Adrastea e Metis, il che spiega perché essi generino anel-li molto più corposi rispetto ad Amaltea e Tebe, che pure sonomolto più grandi.

Uno strano controesempio è fornito da Encelado, un satellitedi Saturno del diametro di 500 chilometri, che sembra essere lafonte dell'anello E. Impatti particolarmente violenti di particelledell'anello, e non di proiettili interplanetari, potrebbero spiegarecome mai Encelado riesca a essere così prolifico. Ciascun granodi materia che colpisce il satellite genera una notevole quantitàdi nuove particelle, sicché è possibile che l'anello E sia in gradodi automantenersi. Altrove simili collisioni provocano di solitouna sottiazione di materia dall'anello.

Nuovi anelli dai vecchi

L'evidente importanza dei meccanismi che apportano e sot-traggono materia riapre un classico problema: gli anelli sonovecchi e permanenti o giovani ed effimeri? La prima possibilitàimplica che gli anelli risalgano alla formazione del sistema sola-re. Proprio come il proto-Sole era circondato da una nube ap-piattita di gas e polvere dalla quale si ritiene siano nati i pianeti,ciascuno dei pianeti giganti possedeva la propria nube, che die-de origine ai satelliti. Nei pressi di ciascun gigante, all'interno dellimite di Roche, le forze di marea impedirono alla materia di ag-gregarsi in satelliti: viceversa, quella materia formò un anello.

In alternativa, gli anelli che vediamo oggi potrebbero essersioriginati molto più tardi. Un corpo che si fosse avvicinato trop-po a un pianeta gigante potrebbe essere stato distrutto, oppureun satellite potrebbe essere stato ridotto in frammenti dall'im-patto ad alta velocità con una cometa. Se un satellite viene di-sintegrato, i suoi frammenti possono riaggregarsi solo se si tro-vano al di là del limite di Roche. E, anche in questo caso, nonformerebbero un corpo compatto, ma una pila di pietre suscetti-bile di ulteriori perturbazioni.

Diversi elementi oggi fanno pensare che la maggior partedegli anelli sia giovane. In primo luogo, i grani più piccoli de-vono avere vita breve. Anche se resistono agli impatti con mi-

crometeoriti interplanetarie e agli effetti violenti del plasmamagnetosferico, la lieve forza esercitata dalla radiazione fa sìche le loro orbite decadano a spirale verso il pianeta. A menoche un qualche meccanismo non li rigeneri, gli anelli più debo-li dovrebbero sparire in poche migliaia di anni. In secondo luo-go, vi sono satelliti che orbitano molto vicini agli anelli; ma laretroazione delle onde di densità a spirale dovrebbe rapidamen-te allontanarli.

Terzo, le particelle di ghiaccio degli anelli dovrebbero essereannerite dai detriti cometari, e invece sono in genere luminose.Quarto, i satelliti che si trovano appena oltre gli anelli di Satur-no hanno densità rimarchevolmente basse, proprio come sefossero pile di pietre. Infine, vi sono satelliti nell'interno deglianelli. Se questi ultimi fossero materia primordiale che non èriuscita ad aggregarsi, come possono essere arrivati lì questi sa-telliti? La loro esistenza è spiegabile se essi sono i frammentipiù grandi di un corpo progenitore distrutto.

Perciò sembra che gli anelli non siano strutture così immuta-bili come appare. Luke Dones del Southwest Research Institutedi Boulder nel Colorado ha proposto che la complessa corona diSaturno sia ciò che rimane di un satellite che aveva un diametrodi 300-400 chilometri. Che tutti gli anelli abbiano o meno avutoorigine violenta, oggi sappiamo che non sono semplicementestati generati e lasciati lì perché li ammirassimo: essi continuanoa reinventarsi. Joshua E. Colwell e Larry W. Esposito dell'Uni-versità del Colorado pensano a un riciclo di materia fra gli anel-li e i satelliti a essi associati. I satelliti accumulano gradualmen-

GLI AUTORI

JOSEPH A. BURNS, DOUGLAS P. HAMILTON e MARK R. SHOWAL-

TER hanno iniziato a collaborare alla Cornell University, dove

Burns è professore di ingegneria e astronomia e Hamilton e

Showalter erano specializzandi. Hamilton è ora professore al-

l'Università del Maryland e nel 1999 ha ricevuto il premio Urey

della American Astronomical Society per i suoi studi sulla mec-

canica celeste della polvere interplanetaria. Showalter è ricer-

catore alla Stanford University, dove coordina l'archivio di dati

NASA sugli anelli planetari. Tutti etre gli autori sono attivamen-

te coinvolti nelle missioni spaziali verso i pianeti esterni.

BIBLIOGRAFIA

NICHOLSON PHILIP D. e altri, Observations of Satum's Ring-Pia-ne Crossings in August and November 1995, in «Science»,

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BURNS JOSEPH A. e altri, The Formation of Jupiter's Faint Rings,in «Science», 284, pp. 1146-1150, 14 maggio 1999.

DUMAS CHRISTOPHE e altri, Stability of Neptune's Ring Arcs inOuestion, in «Nature», 400, pp. 733-735, 19 agosto 1999.BURNS JOSEPH A., Planetary Rings, in The New Solar System, IVedizione, a cura di J. Kelly Beatty, Carolyn Collins Petersen e

Andrew Chaiken, Cambridge University Press, 1999.

te le particelle e in seguito le perdono durante collisioni di altaenergia. Un simile equilibrio potrebbe determinare la durata dimolti degli anelli. Le variazioni di composizione, storia e dimen-sioni dei pianeti e dei satelliti spiegherebbero in maniera natura-le la notevole diversità degli anelli.

In effetti, la sintesi che sta prendendo corpo spiega perchégran parte dei pianeti interni sono privi di anelli: essi non hannoun numeroso corteo di satelliti che fornisca la materia necessa-ria. La Luna è troppo grande, e la polvere di dimensioni micro-metriche che ne sfugge è di solito spazzata via dalla radiazione e

dalla gravità del Sole. Marte, con i suoi due piccoli satelliti, pro-babilmente possiede anelli. Ma due di noi (Hamilton e Showal-ter) non sono riusciti a evidenziare alcun anello o satellite piùpiccolo in osservazioni condotte lo scorso anno con Hubble. Seesiste davvero un anello marziano, deve essere straordinaria-mente tenue, con una profondità ottica inferiore a 10-8.

Come spesso accade nella scienza, princìpi di base comuni siapplicano a fenomeni che a prima vista paiono totalmente indi-pendenti. Il sistema solare e gli altri sistemi planetari possonoessere visti come giganteschi anelli intorno a una stella. Gli

astronomi hanno rilevato indizi di lacune e risonanze nei dischidi polvere intorno alle stelle, nonché della presenza di oggetti alloro interno che potrebbero essere fonti di materia. Le orbite el-littiche strette di molti grandi pianeti extrasolari si spiegano be-ne come esito finale del trasferimento di momento angolare fraquesti oggetti e dischi massicci (si veda l'articolo Migrazioni pla-netarie di Renu Malhotra in «Le Scienze» n. 375, novembre1999). Gli anelli planetari non sono solamente strutture magni-fiche; potrebbero essere la stele di Rosetta capace di rivelare i se-greti della nascita dei pianeti.

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LE SCIENZE 403 / marzo 2002

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