E etti dei parametri atmosferici sulla rivelazione dei ...demitri/tesi/tesiSanto.pdf · sviluppo e...

63

Transcript of E etti dei parametri atmosferici sulla rivelazione dei ...demitri/tesi/tesiSanto.pdf · sviluppo e...

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DEL SALENTO

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di laurea in Fisica

Tesi di laurea triennale

Eetti dei parametri atmosferici

sulla rivelazione dei raggi cosmici a terra

Relatore Candidato

Prof. Ivan De Mitri Marco Antonio Santo

Anno Accademico 2007-2008

Introduzione

La Terra è contuinuamente investita da un numero altissimo di particelle altamente

energetiche, di origine extraterrestre, chiamate Raggi Cosmici. Il primo a scoprirne l'esistenza

fu V.Hesse nel 1912 il quale durante i suoi studi atti a dimostrare l'esistenza di una attività

radioattiva proveniente dal suolo, notò che questa inspiegabilmente aumentava con la quota.

Risultò allora ovvia la presenza di una radiazione proveniente dal Cosmo. Questa da

subito catturò l'attenzione degli scenziati i quali videro in essa un utile strumento di analisi

dell'Universo. Tuttora si guarda ai Raggi Cosmici con molta attenzione perchè il loro studio

riserva importanti informazioni circa la sua origine e struttura, e perchè costituiscono l'unico

modo per studiare l'interazione tra particelle elementari ad energie altrimenti irraggiungibili.

I Raggi Cosmici sono costituiti per lo più da protoni, particelle α, nuclei di atomi pesanti, e

per una piccola percentuale da elettroni fotoni e neutrini. Il loro spettro energetico segue una

legge di potenza con un indice spettrale che varia tra ∼2.7 e ∼3.0. Un aspetto che rende i RC

ancora misteriosi è la loro provenienza. Durante questi anni si sono aermate come possibili

sorgenti di UHECR (raggi cosmici ultra energetici) i nuclei galattici attivi (AGN) e le stelle di

neutroni, ma il lavoro di ricerca è in qualche modo complicato dal cuto-GZK. In conseguenza

di tale eetto, ipotizzato da Greisen, Zatsepin e Kuz'min nel 1966, gli UHECR interagendo

con la radiazione cosmica di fondo perdono energia e come non possono provenire da sorgenti

distanti piu di 100 Mpc, eetto questo non del tutto ancora chiarito a causa del basso numero

di eventi registrati. A rendere interessanti i RC agli occhi della comunità scientica sono anche

i meccanismi di accelerazione che riescono a portare questi ad energie così elevate. Negli anni

si sono susseguite varie teorie, ma il meccanismo che sembra essersi aermato maggiormente è

quello inizialmente ipotizzato da Fermi del 1949.

Per rispondere a questi interrogativi, negli anni si sono susseguiti vari esperimenti che hanno

visto la costruzione di apparati di rivelazione sempre piu estesi e complessi no ad arrivare ad

ARGO-YBJ in Tibet che rivela raggi cosmici con energie comprese tra 1012eV e 1015eV e Auger

nella Pampa Argentina operante tra 1018 ÷ 1021 eV. Di questi ci serviremo per arontare il

i

ii

tema del nostro lavoro, ossia per chiarire quali siano gli eetti dei parametri atmosferici sullo

sviluppo e la rivelazione dei raggi cosmici a terra.

Il primo capitolo sarà dedicato alla descrizione dei Raggi Cosmici. Studieremo il loro spettro

energetico, e descriveremo i meccanismi di accelerazione Fermi I e Fermi II. Cercheremo poi di

orire un quadro delle possibili sorgenti dei raggi cosmici, e della riduzione del usso ad energie

molto alte (cuto GZK). Alla ne del capitolo introdurremo i principali apparati di rivelazione

dei raggi cosmici per poi, con il capitolo 2, andare nel dettaglio descrivendo gli esperimenti per

lo studio degli sciami quali ARGO-YBJ e Auger.

Nel terzo capitolo invece sarà presentato uno studio (preso dalla letteratura) degli eetti

dei parametri atmosferici sulla rivelazione dei raggi cosmici con i rivelatori di supercie SD di

Auger. Nel seguito invece studieremo gli eetti sui dati di Argo-YBJ nel triennio 2006-2008,

utilizzando le registrazioni dei parametri atmosferici e cercheremo di trarre delle conclusioni

sulla correlazione tra la rate degli eventi e la pressione e la temperatura su scale di tempo

giornaliere e annuali.

Indice

Introduzione i

1 Raggi Cosmici 1

1.1 La componente adronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.2 Lo spettro energetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

1.3 I meccanismi di accelerazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.3.1 Fermi I . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.3.2 Fermi II . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.4 Le possibili sorgenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.5 L'eetto GZK . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.6 Le tecniche di rivelazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2 Esperimenti Argo - YBJ e Auger 13

2.1 Le caratteristiche degli EAS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2.1.1 Lo sviluppo longitudinale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.1.2 Lo sviluppo trasversale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2.1.3 La struttura temporale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2.2 L'esperimento ARGO - YBJ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.2.1 I principali obiettivi dell'esperimento ARGO - YBJ . . . . . . . . . . . . 20

2.2.2 La struttura di ARGO - YBJ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

2.2.3 Le camere ad elettrodi piani resistivi (RPC) . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2.2.4 Il sistema di controllo del rivelatore (DCS) . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

2.2.5 Il sistema di acquisizione dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.3 L'esperimento Auger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

2.4 Il rivelatore di supercie SD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

2.4.1 Rivelazione e analisi dello sciame da parte del rivelatore SD . . . . . . . 27

iii

iv INDICE

2.5 I rivelatori FD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2.5.1 Rivelazione dello sciame . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2.5.2 Tecnica di ricostruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3 Eetti dei parametri atmosferici 35

3.1 Eetti sulla risposta del rivelatore FD di Auger . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.2 Eetti sulla risposta del rivelatore SD di Auger . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

3.3 Eetti delle variazioni di pressione e densità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

3.4 Eetti sulla rate osservata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

3.5 Confronto dei dati ottenuti con le varie metodologie . . . . . . . . . . . . . . . . 44

3.6 Eetti dei parametri atmosferici su ARGO - YBJ . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

3.6.1 Parametri Atmosferici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

3.6.2 Variazione della rate di trigger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

3.7 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

Conclusioni 53

Bibliograa 53

Capitolo 1

Raggi Cosmici

La Terra è continuamente investita da un usso di particelle extraterrestri di varia natura

chiamate Raggi Cosmici. Queste particelle, aventi energie che vanno da pochi eV no a ∼1020eV, rivestono un ruolo fondamentale per la sica astroparticellare, in quanto il loro studio

fornisce informazioni sulla struttura e l'evoluzione dell' Universo. Osservando inoltre la loro

interazione con l'atmosfera, si possono studiare le interazioni fondamentali ad alte energie,

attualemente non raggiungibili in laboratorio.

1.1 La componente adronica

I raggi cosmici che possono essere esaminati in maniera diretta sono solo quelli con energia

inferiore a ∼ 1014eV i quali sono composti per l' 85% da protoni, per il 12% da nuclei di Elio,

da un 2% da elettroni, e per l'1% da nuclei pesanti e piccole quantità di fotoni e neutrini[1] .

In gura 1.1 vediamo un graco ragurante le abbondanze relative degli elementi nei raggi

cosmici e nel sistema solare messe a confronto. Notiamo che nella maggior parte dei casi

coincidono, fenomeno questo che ci potrebbe indurre a pensare che i RC abbiano origine stellare.

Bisogna tuttavia distinguere gli elementi primari da quelli secondari, i primi sono prodotti

direttamente dalle sorgenti, come l'idrogeno il ferro, l'elio, i secondi invece sono elementi come

il berillio, il manganese, il boro, il vanadio, che derivano dai primari attraverso fenomeni di

spallazione. Osservando il graco vediamo che vi sono gruppi di elementi che risultano in

concentrazioni maggiori nei raggi cosmici che nel sistema solare. Questa incongruenza è data

dal fatto che questi elementi nel sistema solare sono ′′ consumati ′′ nei processi di fusione nucleare

nelle stelle, mentre nei raggi cosmici sono prodotti da processi di spallazione di atomi con il

1

2 CAPITOLO 1. RAGGI COSMICI

Figura 1.1: Abbondanze relative dei raggi cosmici carichi, confrontate con quelle tipiche del

sistema solare

mezzo interstellare. Il primo gruppo (Litio, Berillio,Boro),deriva dal processo di spallazione del

Carbonio il secondo gruppo(Scandio, Vanadio, Manganese, Titanio) da spallazione del Ferro[12].

Lo studio delle abbondanze isotopiche, correlato con quello delle sezioni d'urto dei processi di

spallazione, fornisce una stima del cammino medio compiuto dal raggio cosmico nella galassia.

Confrontando questo valore alle dimensioni della nostra galassia, in cui la densità di mezzo

interstellare è relativamente elevata rendendo questa l'unico luogo in cui può avvenire il processo

di spallazione, ne deduciamo che il RC (Raggio Cosmico) è stato connato all'interno della stessa

dal campo magnetico galattico(B ∼ 3µG), fenomeno questo dimostrato anche dalla isotropia

delle direzioni dei RC sulla Terra.

1.2 Lo spettro energetico

Lo spettro energetico dei RC si estende su diversi ordini di grandezza no ad arrivare

a energie dell'ordine di 1020eV. Ha un andamento ben rappresentato dalla seguente legge di

potenza

dN

dE∼ E−γ (1.1)

con γ parametro chiamato indice spettrale.

1.2. LO SPETTRO ENERGETICO 3

Figura 1.2: Spettro energetico dei raggi cosmici carichi

4 CAPITOLO 1. RAGGI COSMICI

Come si evince dal graco, l'andamento è piuttosto regolare tranne che intorno ai 1015.5eV,

dove si presenta un cambiamento di pendenza detto ”ginocchio”, e intorno ai 1018eV in

presenza della ′′caviglia′′. In prossimità di queste zone l'indice spettrale γ si discosta dal

suo valore standard ∼ 2.7 per assumere valore ∼ 3 intorno al ginocchio e valore ∼ 2.6

vicino alla caviglia [2]. Alle basse energie si ha un usso pari a 1 Part·m−2·s−1, intorno al

ginocchio di 1Part·m−2·anno−1, di 1Part·km−2·anno−1 intorno alla caviglia e addirittura di 1

Part·Km−2·secolo−1 per energie oltre i 1020eV. Da qui la necessità di avere rivelatori molto

estesi.

1.3 I meccanismi di accelerazione

Prima di descrivere le possibili sorgenti dei RC soermiamoci sui meccanismi di

accelerazione.

Il modello più utilizzato è quello elaborato da Fermi nel 1949 [10], secondo il quale

le particelle cariche acquisirebbero energia in modo graduale interagendo con del plasma

magnetizzato in movimento [11, 12]. Dopo n collisioni, la particella raggiungerà un' energia

pari a

En = E0(1 + ε)n (1.2)

Detta Pesc la probabilità che la particella riesca a sfuggire dalla regione di accelerazione in un

qualsiasi ciclo del processo di guadagno di energia, la probabilità Pn che la particella riesca a

sfuggire dopo n collisioni è pari a

Pn = Pesc(1− Pesc)n (1.3)

Indicando con N0 il numero di particelle inizialmente presenti nella regione di accelerazione,

il numero di particelle Nn che fuoriescono dalla regione con energia En , cioè dopo n interazioni,

è pari a

Nn = N0 · Pn = N0 · Pesc(1− Pesc)n (1.4)

Utilizzando le precedenti equazioni, l'ultima può essere riscritta come

1.3. I MECCANISMI DI ACCELERAZIONE 5

Nn = N0Pesc

(EnE0

) ln(1−Pesc)ln(1+ε)

(1.5)

Da questa si ricava facilmente lo spettro dierenziale dell'energia, uno spettro con legge di

potenza

dN

dE∼ Nn

(En+1 − En)∝ E−γ (1.6)

dove γ risulta uguale a

1− ln(1− Pesc)ln(1 + ε)

(1.7)

Nel limite valido per Pesc e ε 1 , si ha

γ ' 1 +Pescε

(1.8)

La massima energia trasferibile alla particella dipende dal tempo caratteristico di un ciclo

di accelerazione Tciclo e dal tempo Tesc dopo il quale la particella fuoriesce dalla regione di

accelerazione:

Emax = E0(1 + ε)TescTciclo (1.9)

1.3.1 Fermi I

Il modello sopra descritto puo essere applicato a due diversi contesti.

Nella prima versione detta Fermi I [11, 12] elaborata dallo stesso Fermi, si contempla

la possibilità che le particelle siano accelerate grazie ad una interazione con ′′regioni′′ di

disomogeneità magnetica nel mezzo interstellare in movimento con velocità v (β = vc). La

particella entra in questa disuniformità e rimane prigioniera al suo interno subendo una serie

di processi di diusione n quando non ne esce. Si dimostra utilizzando le trasformazioni di

Lorentz che, nel sistema di riferimento del laboratorio, la particella guadagna energia secondo

la:∆E

E' 4

3β2 (1.10)

dove β =v/c ∼ 10−2 con v velocità della disuniformità. Questo modello però fu presto

confutato perchè seppur riproducendo uno spettro che segue una legge di potenza, il valore

6 CAPITOLO 1. RAGGI COSMICI

medio dell'indice spettrale risulta essere

γ ' 20 (1.11)

incompatibile con quello misurato.

Figura 1.3: Meccanismi di accelerazione Fermi I (a sinistra) e Fermi II (a destra)

1.3.2 Fermi II

Il modello Fermi II [13, 12]chiamato anche meccanismo del primo ordine, riconosce come

responsabili dell'accelerazione i fronti d'onda d'urto piani prodotti per esempio dalle esplosioni

di supernovae. In questo caso l'energia acquisita dalla particella in un ciclo è:

∆E

E' 4

3β (1.12)

β =v/c ∼ 10−2 con v velocità del fronte d'onda nel sistema di laboratorio. Anche in questo

caso, trascurando le perdite di energia, lo spettro energetico ricavato è una legge di potenza,

questa volta però con indice spettrale

γ ' 2 (1.13)

quindi compatibile con i valori dell'indice spettrale ottenuti sperimentalmente.

1.4. LE POSSIBILI SORGENTI 7

1.4 Le possibili sorgenti

L'energia massima Emax che una particella di numero atomico Z può raggiungere quando

prodotta in una sorgente di dimensioni lineari L e accelerata da una campo magnetico di

intensità B è data approssimativamente da [3]:

Emax ' ZeβBcL (1.14)

doveβ = v/c e v velocità con cui si muove il fronte d'onda di plasma magnetizzato.

Figura 1.4: Hillas Plot: le possibili sorgenti di RC sono catalogate in base al campo magnetico

che generano e alle loro dimensioni. Le curve rappresentano le coppie di valori di campo

magnetico e dimensioni che potrebbero portare protoni ad una data energia.

8 CAPITOLO 1. RAGGI COSMICI

Questa legge associata al graco di Hillas [4] fornisce informazioni circa le possibili sorgenti.

Dalla 1.14 si nota come l'energia delle particelle dipenda dal campo magnetico e dalle dimensioni

della sua sorgente. Dal graco di Hillas, in cui le possibili sorgenti sono disposte in base

alla propria dimensione (ascisse) e al campo magnetico al loro interno (ordinate), vediamo

come solo poche sorgenti siano candidate a poter accelerare protoni al di sopra dei 1020eV. In

particolare vediamo che al di sotto della linea tratteggiata non si possono accelerare protoni con

un β ∼ 1/300 al di sotto della linea centrale non si possono accelerare protoni con un β ∼ 1, e

al di sotto della piu bassa tra le linee non si possono accelerare nuclei di ferro. Tra le sorgenti

di UHECR (Ultra High Energy Cosmic Ray) vi sono gli AGN ( Nuclei Galattici Attivi) e le

stelle di neutroni.

La densità di energia dei RC a livello locale è di circa 1eV · cm−3 [5]. Le uniche sorgenti

accreditate possono essere le esplosioni di supernovae [6] [7]. Queste esplodendo sono in grado

di accelerare particelle con carca Ze no ad energia ∼ Ze1015eV. Possibili altre sorgenti di RC

ultraenergetici sono le Pulsar [8]. Queste sono stelle di neutroni rotanti nel SNR (supernovae

renmants) che si formano in seguito ad una esplosione di supernovae, caratterizate da un periodo

di rotazione brevissimo che va da 1 ms no a pochi secondi. L'energia massima raggiungibile

dai RC provenienti da pulsar è [9]:

Emax ∝ B ·R3 · Ω (1.15)

con B campo magnetico, R raggio della stella e Ω velocità angolare. L'energia Emax risulta

essere pari a 1017eV se Ω è dell'ordine di 10 ms e B∼ 1012 Gauss, R∼ 10km.

Altre possibili sorgenti sono gli AGN (nuclei galattici attivi) di cui fanno parte i quasar e

le radiogalassie. Questi sono dei nuclei centrali delle galassie al cui centro si presume ci sia un

buco nero super massivo pari a 106 - 1010 masse solari. Quando la materia cade verso il buco

nero, crea un disco di accrescimento proprio intorno ad esso.

1.5 L'eetto GZK

Nel 1966 Greisen, Zatsepin e Kuz'min [14, 15]studiarono i possibili eetti che poteva avere

la presenza della radiazione cosmica di fondo sugli UHECR(Ultra High Energy Cosmic Rays),

concludendo che questa, composta da fotoni di bassa energia nella regione delle micronde,

1.5. L'EFFETTO GZK 9

Figura 1.5: Rappresentazione di un AGN in cui si possono distinguere i due jet di particelle

Figura 1.6: Energia di un protone in funzione della distanza percorsa per diversi valori

dell'energia iniziale. L'attenuazione dipende dall'interazione con la radiazione cosmica di fondo

10 CAPITOLO 1. RAGGI COSMICI

interagendo con gli UHECR ne diminuiva l'energia attraverso la fotoproduzione di pioni

[16].Nello spettro di energia dei raggi cosmici ci doveva essere quindi un brusco calo noto

come cuto GZK. La fotoproduzione di pioni è così schematizzata:

p+ γCMB ⇒ ∆+ ⇒ p+ π0 (1.16)

p+ γCMB ⇒ ∆+ ⇒ n+ π+ (1.17)

Se consideriamo pp e pγ i quadrimpulsi del protone e del fotone e pp e pγ gli impulsi ,

Ep e Eγ le rispettive energie e θ l'angolo di collisione tra fotone e protone incidente possiamo

calcolare la massa invariante del sistema√s:

√s =

√(pp + pγ)2c2 = (1.18)

=

√(Ep + Eγ)2 − |pp + pγ|2c2 = (1.19)

=

√Ep

2 + Eγ2 + 2EpEγ − (|pp|2 + |pγ|2 + 2|pp||pγ| cos θ)c2 = (1.20)

=√mp

2c4 + 2EpEγ − 2|pp||pγ| cos θc2 (1.21)

'√mp

2c4 + 2EpEγ(1− cos θ) (1.22)

dove l'ultima relazione vale nell'approssimazione delle alte energie ovvero se

Ep mpc2 (1.23)

Poichè la reazione avviene solo se√s ≥

∑i

mic2 (1.24)

dove mi sono le masse dei prodotti ovvero della ∆+ risulta che l'energia minima del protone

necessaria ad innescare la reazione è :

Ep =(m∆+c2)2 − (mpc

2)2

2Eγ(1− cos θ)' 5 · 1019eV (1.25)

1.5. L'EFFETTO GZK 11

Ricaviamo quindi che l'eetto GZK si riferisce solo a RC con energia superiore a 1019eV .

Considerando invece che la lunghezza di interazione per un protone è pari a [14]

λp =1

σpnγ(1.26)

dove nγ è la densità dei fotoni e σp è la sezione d'urto nel processo di fotoproduzione di pioni,

riportata in Fig.(1.7). La distanza dopo la quale l'energia risulta ridotta di un fattore 1eè :

Figura 1.7: Sezione d'urto per il processo di fotoproduzione di pioni in funzione dell'energia del

fascio di fotoni su bersaglio sso.

Lp 'E

∆Eλp (1.27)

dove ∆E è la perdita di energia per singola interazione. La (1.27) per energie di 1020eV vale

circa 30Mpc. Da qui e dalla Fig 1.6 [17] vediamo come i raggi cosmici ultraenergetici perdano

energia durante il loro cammino, e come allora non è possibile che UHECR provengano da fonti

distanti più di 100Mpc, se l'eetto GZK esiste.

12 CAPITOLO 1. RAGGI COSMICI

1.6 Le tecniche di rivelazione

Come abbiamo già detto i Raggi Cosmici possono avere varie energie, e in base alla loro

energia cambia il metodo di osservazione.

Per rivelare infatti i RC al di sotto del ′′ginocchio′′(1.2), ci si può servire di strumenti con

un piccolo apparato di rivelazione come i satelliti [18] o di sistemi di rivelazione su pallone.

Questi sono composti da un sistema solitamente formato di uno spettrometro, un calorimetro

e un rivelatore in grado di identicare le particelle.

Per rivelare invece RC primari con E tra ∼ 1TeV e ∼ 100 TeV usiamo i telescopi Cherenkov

i quali si servono della radiazione Cherenkov emessa dalle particelle prodotte dall'interazione

del primario con l'atmosfera. Questi telescopi sono formati da uno specchio con una supercie

sferica o parabolica che convoglia verso i fotomoltiplicatori la radiazione Cherenkov. Questi

apparati sono caratterizati da un' eccellente risoluzione angolare ∼ 0.5, una discreta risoluzione

energetica ∼ 20÷40%, ma un basso tempo in cui l'apparato può eettivamente funzionare (duty

cicle ∼ 10%) e da una piccola apertura angolare(eld of view) [19, 20].

I RC di altissima energia ovvero per quelli dopo il ′′ginocchio′′ necessitano di un apparato

sperimentale molto esteso per ovviare al loro basso usso stimato intorno al 1Part· Km−2·anno−1 allora ci si serve degli apparati di sciame. Questi composti da numerosi rivelatori,

distribuiti su una supercie di 104-105 m2 e distanziati di 10-20 m (o anche ∼1500 m, come

nell'eseprimento Auger), hanno un ampio eld of view (∼ 2π sr ) e un duty cycle del 100%. La

disposizione dei singoli rivelatori permette di solito di campionare una porzione molto piccola

(meno dell' 1%) dello sciame. La ricostruzione del prolo temporale dello sciame, mediante i

tempi di arrivo delle particelle secondarie sull'apparato, permette di ricostruire la direzione di

provenienza del primario (Tecnica del Fast Timing). Il numero totale di particelle cariche (size)

viene determinato tramite un t con una opportuna funzione di distribuzione laterale delle

densità delle particelle misurate sui diversi rivelatori, da cui è poi possibile ricavare l'energia

del primario. Tra gli apparati di sciame ricordiamo EAS-TOP, con un'energia di soglia di 1014

eV, Tibet AS (1013 eV) e, ad energie sempre più elevate, KASCADE, AGASA, AKENO e inne

AUGER, che andremo ad analizare in dettaglio più avanti. A questa classe di esperimenti

appartiene Argo-YBJ. La sua peculiarità è data dal fatto di essere un apparato full coverage

(a copertura totale) situato ad alta quota. Entrambe queste caratteristiche consentono di

abbassare la soglia energetica a 0.5 - 1 TeV.

Capitolo 2

Esperimenti Argo - YBJ e Auger

2.1 Le caratteristiche degli EAS

Un EAS (Extended Air Shower) è una pioggia di particelle originata dall' interazione di un

raggio cosmico primario di alta energia con l' atmosfera.

Figura 2.1: Varie componenti degli EAS.

13

14 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

Come vediamo dalla gura 2.1 possiamo ripartire gli EAS in 3 componeneti di solito

denominate: componenete elettromagnetica, componente muonica e componente adronica.

Come si può notare dalla Figura 2.2 [22], si ha che le componenti adronica ed

elettromagnetica diminuiscono con la profondità atmosferica, quella muonica invece, dopo una

iniziale crescita, raggiunge un plateau. Da qui deriva la distinzione tra le componenti ′′hard′′

e ′′soft′′ degli EAS. La prima composta da muoni e neutrini, che rappresentano la parte più

penetrante dello sciame, e la seconda invece, composta da neutroni, protoni, elettroni, positroni,

fotoni e pioni, meno penetranti dei primi. In generale è stato dimostrato che il numero di muoni

che arrivano a toccare terra cresce come l'energia del primario come ∼E0.85. Nel caso di un

primario con numero atomico A, lo sciame prodotto si può approssimare con uno generato da

A protoni ciascuno di energia E/A. Il numero di muoni osservati in questo caso è legato a quello

osservato nel caso di un protone (dalla stessa energia totale) dall'espressione:

NµA ' A0.15Nµ

p (2.1)

Così, ad esempio, in uno sciame generato da un nucleo di ferro (A=56) si osserverà l'80%

in più di muoni rispetto ad uno sciame della stessa energia ma generato da un protone.

Ci sono tuttavia altre quantità osservabili atte a caratterizzare i vari tipi di sciami a seconda

del primario che li ha generati, come ad esempio la distribuzione delle particelle sul fronte dello

sciame, e l'altezza della prima interazione.

2.1.1 Lo sviluppo longitudinale

Una buona approssimazione dello sviluppo longitudinale di uno sciame esteso ci viene data

dalla formula di Gaisser - Hillas [23] :

N(X) = Nmax

[ (X − P0)

(Xmax − P0)

] (Xmax−P0)λint exp

(Xmax −Xλint

)(2.2)

dove N(X) è il numero di particelle dello sciame alla profondità X, P0 è un parametro, λint è la

lunghezza di interazione per il primario e Xmax è la profondità in corrispondenza della quale lo

sciame ha il massimo sviluppo.

2.1. LE CARATTERISTICHE DEGLI EAS 15

Figura 2.2: Andamento delle componenti degli sciami EAS all'aumentare della profondità

atmosferica.

16 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

2.1.2 Lo sviluppo trasversale

Per lo studio dello sviluppo trasversale degli sciami, ci si serve della distribuzione

laterale di NKG (Nishimura, Kamata, Greisen) [24, 25, 26]. Sappiamo che questo è dovuto

quasi esclusivamente allo scattering multiplo degli elettroni sui nuclei dell'atmosfera ed è

parametrizzato in termini del raggio di Molière:

rM =EsEcλ0 (2.3)

con Es=21MeV , λo1 la lunghezza di radiazione in aria e Ec valore di energia critica in

corrispondenza della quale la perdita di energia per ionizzazione eguaglia quella di perdita

per radiazione.

La distribuzione NKG è data da:

ρ(r) =CsrM 2

(r

rM)s−2(

r

rM+ 1)s−4.5 (2.4)

dove, R è la distanza dall'asse dello sciame, Cs costante di normalizzazione, proporzionale al

numero di particelle presenti nello sciame, s il parametro di ′′age′′ denito in funzione dello

spessore di atmosfera attraversato come

s =3X

X + 2Xmax

(2.5)

tale che s(Xmax) risulta essere uguale a 1, s(4Xmax)= 2 e s(X XMax) = 3.

Le distribuzioni laterali per protoni, nuclei di ferro e fotoni, sono mostrate in gura 2.3, per

un campione di sciami con angolo di zenith di 30 ed energia 1019 eV.

2.1.3 La struttura temporale

Il fronte dello sciame risulta essere convesso nella direzione di avanzamento, provocando

un ritardo nell' arrivo a terra delle particelle più esterne (anche di decine di µs) che

devono percorrere una distanza maggiore. Queste avranno inoltre una dispersione temporale

1Parametro caratteristico dell'aria, indica la distanza dopo la quale si produce, mediamente, una nuova

generazione di particelle (e±, γ) durante lo sviluppo di uno sciame elettromagnetico

2.1. LE CARATTERISTICHE DEGLI EAS 17

Figura 2.3: Distribuzione laterale per protoni (rosso), ferro (blu) e fotoni (linea tratteggiata)

ottenuti da un campione di eventi simulati con θ = 30 e E = 1019 eV

18 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

approssimativamente proporzionale alla distanza dall'asse. Usando perciò la dispersione

temporale, possiamo discriminare i vari raggi cosmici primari e determinae la loro natura.

Infatti ad esempio gli sciami originati da nuclei di ferro rispetto a quelli originati da un protone

hanno un segnale che arriva a terra con minore dispersione temporale.

Figura 2.4: Evoluzione del fronte dello sciame EAS al propagarsi nell'atmosfera

2.2 L'esperimento ARGO - YBJ

L'esperimento ARGO-YBJ (Astrophysical Radiation with Ground-based Observatory at

YangBaJing) è situato nel laboratorio di Raggi Cosmici ad alta quota a YangBaJing, 90

Km a nord di Lhasa (Tibet, R.P.Cinese), ad un'altitudine di 4300 metri sopra il livello

del mare, corrispondente ad uno spessore atmosferico di ∼ 606 g/cm2. E' un rivelatore di

sciami atmosferici estesi a copertura totale (full coverage) [32, 33], costituito da un tappeto

di contatori piani resistivi (RPC), che ricoprono una supercie di ∼ 7000 m2. A dierenza

degli apparati tradizionali, che sono in grado di campionare ∼ l'1% delle particelle di uno

2.2. L'ESPERIMENTO ARGO - YBJ 19

Figura 2.5: L'esperimento Argo - Ybj in Tibet

sciame (Auger), ARGO-YBJ consente di rivelarne un' elevata frazione, ∼ il 90%, fornendone

un'accurata immagine spaziotemporale. La struttura continua permette studi topologici

sulla distribuzione delle particelle sul piano del rivelatore, importanti perchè forniscono una

dettagliata ricostruzione dello sciame atmosferico e della direzione di provenienza della particella

che lo ha generato, con la possibilità di distinguerne la natura (per esempio fotoni, protoni o

nuclei pesanti) in base alla struttura spazio-temporale dello sciame osservato. L'alta quota

permette agli sciami di energia minore di raggiungere il rivelatore, perchè la riduzione dello

spessore dell'atmosfera fa aumentare il numero di particelle secondarie che possono raggiungere

il suolo. La combinazione degli eetti dovuti sia alla copertura totale sia all'altitudine permette

al rivelatore un ampliamento verso il basso delle energie osservabili: sino a poche centinaia di

GeV. L'eccellente risoluzione temporale del detector, σt ' 1 ns, permette un'elevata risoluzione

angolare e quindi un'alta sensibilità verso le sorgenti di Raggi Gamma; ciò signica non solo

osservare la Crab Nebula, dalle caratteristiche ben note, che può essere utilizzata per ′′calibrare′′

l'apparato, ma anche la possibilità di rivelare nuove sorgenti. In più l'ampio campo di vista

(Field Of View, FOV) e l'alta percentuale di tempo eettivo in cui l'apparato può eettuare

misure (Duty Cycle) garantiscono un monitoraggio continuo del cielo nella banda di declinazione

20 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

compresa tra: 10< δ< 70.

2.2.1 I principali obiettivi dell'esperimento ARGO - YBJ

Le caratteristiche innovative di ARGO-YBJ orono la possibilità di risolvere alcune

fondamentali questioni nell'ambito della sica Astroparticellare e dei Raggi Cosmici, tra le

quali:

• la misura dello spettro e della composizione dei raggi cosmici primari, in un intervallo di

energia compreso tra 1 e 500 TeV;

• lo studio di sorgenti galattiche ed extragalattiche di raggi gamma nel range di energia

compreso tra 300 GeV e 100 TeV;

• la misura del rapporto dei ussi di protoni e anti-protoni nei RC, in un intervallo di

energia da 300 GeV a ∼ 1 TeV, per investigare le problematiche riguardanti l' asimmetria

materia antimateria nell'universo;

• la misura della sezione d'urto p - aria;

• lo studio delle proprietà di sviluppo degli sciami atmosferici, sfruttando l'alta risoluzione

spazio-temporale con cui l'immagine del fronte dello sciame è fornita;

• l'investigazione del fenomeno dei ′′burst′′ di raggi gamma, con un'energia superiore a 50

GeV;

2.2.2 La struttura di ARGO - YBJ

Il rivelatore dell'esperimento ARGO-YBJ è un dispositivo a copertura d'area totale di

dimensioni 78 × 74 m2, (Fig:2.5), realizzato con un singolo strato di camere ad elettrodi piani

resistivi (RPC). E' circondato da un ′′anello di guardia′′ (guard ring) parzialmente coperto da

RPC, che migliora le prestazioni del dispositivo aumentandone l'area attiva no a 111 × 99 m2.

E' diviso in 154 unità logiche, chiamate CLUSTER, di cui 24 disposte nell'anello di guardia,

per un totale di 1848 RPC. Ogni camera è ricoperta con 80 STRIP, di dimensioni 6.7 × 62

cm2, collegate a gruppi di 8 per formare l'unità elementare del sistema di rivelazione: la PAD.

Le PAD danno informazioni temporali sul singolo hit, con una risoluzione temporale di ∼ 1 ns.

2.2. L'ESPERIMENTO ARGO - YBJ 21

Figura 2.6: Il Detector ARGO-YBJ e le sue unita' operative.

2.2.3 Le camere ad elettrodi piani resistivi (RPC)

La scelta di utilizzare gli RPC [34] nell'esperimento ARGO-YBJ è stata dettata dalla ottima

risoluzione temporale che essi garantiscono (∼ 1 ns) e dalla possibilità di poterli assemblare in

ampie strutture con costi inferiori e prestazioni superiori rispetto ai comuni scintillatori. Gli

RPC utilizzati in ARGO-YBJsono dei rivelarori di dimensioni 126 × 285 cm2,il cui elemento

sensibile è uno strato di gas a pressione atmosferica, posto all'interno di un campo elettrico

uniforme ∼3,6 kV/mm (valore che permette al detector di rivelare il 95% delle particelle

cariche), generato da due elettrodi piani paralleli di bakelite(una resina fenolica). Questa,

essendo altamente resistiva ci permette di considerare il rivelatore come composto da tanti

piccoli condensatori indipendenti connessi da resistenze elevate. Sulla supercie interna della

bakelite viene applicato uno strato di olio di lino atto a livellare eventuali imperfezioni dovute ai

metodi di produzione delle lastre. Tali imperfezioni possono infatti fungere da punte ed essere

causa di scariche spurie all'interno del rivelatore aumentando il rumore di fondo dell'apparato.

Il gas sopracitato è una miscela di gas composta da Argon (Ar) 15%, Tetrauoretano (C2H2F4)

75% e Iso-butano (C4H10) 10%. L'argon è la parte attiva del rivelatore in quanto serve a favorire

la ionizzazione del gas al passaggio della particella, l'isobutano è utile a favorire l'assorbimento

22 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

Figura 2.7: Stratigraa del rivelatore.

dei fotoni ultravioletti, il uoro, essendo molto elettronegativo, tende a sottrarre elettroni

restringendo le regioni in cui avviene la scarica. Con gli RPC possibile ottenere un ′′Read

Out digitale′′ delle singole particelle, grazie all'utilizzo di 147840 strip in rame. Esse sono poste

una accanto all'altra con una spaziatura di 3 mm e incollate da un lato ad una lastra di foam

isolante spesso 3 mm. La stratigraa del rivelatore è visibile in Figura 2.7. Ciascun RPC è

posizionato, insieme alle strip di lettura e l'elettronica di front-end, in una scatola di dimensioni

128 × 282 × 5 cm3, costituita da 2 strati di foam tra 2 lamine di alluminio, incollate su entrambi

i lati.

2.2.4 Il sistema di controllo del rivelatore (DCS)

E' di fondamentale importanza avere un continuo monitoraggio dei più signicativi

parametri operativi dell'esperimento, in relazione sia al detector sia all'ambiente. Per soddisfare

tale richiesta è stato sviluppato un Sistema di Controllo del Detector (DCS) [35] in grado di

garantire la complessiva adabiltà e robustezza del sistema e essere un importante supporto per

l'analisi dei dati, soprattutto quelli concernenti variazioni repentine nella rate di conteggi degli

sciami. Il monitoraggio online ad opera del DCS ha il compito di controllare continuamente

2.2. L'ESPERIMENTO ARGO - YBJ 23

l'elettronica di front-end degli RPC, la temperatura e l'umidità locale, la pressione barometrica,

il voltaggio applicato e la corrente assorbita in ogni canale e tutto ciò che riguarda il corretto

funzionamento del detector.In più il DCS segnala, ad esempio, un assorbimento di corrente,

da parte di una camera, più alto del limite stabilito a 7µA e dà il via ad una procedura di

protezione automatica che interrompe la fornitura al corrispondente canale di alta tensione,

evitando così possibili danni alle camere.

Figura 2.8: Immagine spazio-temporale (sopra) e spaziale (sotto) del fronte di uno sciame

ottenuta utilizzando una porzione (42 cluster) del rivelatore.

2.2.5 Il sistema di acquisizione dati

In corrispondenza dell'arrivo di un certo numero di particelle, su un Cluster, viene generato

uno specico segnale (trigger) e successivamente trasmesso ad un'unità centrale. Questa

raccoglie i segnali provenienti da tutte le Local Station (le quali registrano in automatico tutti

i segnali)e, in base ad opportuni criteri di selezione, stabilisce se l'evento è signicativo o meno

[36, 37]. Se l'evento viene accettato, si comanda a tutte le Local Station di trasferire verso

l'unità centrale i dati raccolti, relativi alle posizioni ed ai tempi di arrivo delle particelle sul

24 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

rivelatore, per per poi essere registrato in una nestra temporale di 2µs in quello che viene

chiamato ′′Evento Raw′′. La molteplicità dell'evento indica il numero di pad accese, il numero

di strip accese (molteplicità delle strip) è invece una misura del numero di particelle cariche che

attraversano l'area della pad, in quanto ad una strip accesa corrisponde in genere il passaggio

di una sola particella, facilitando la ricostruzione della size. La rate misurata degli hit di fondo

è di 400 Hz per Pad. Ciò è dovuto sia alla radioattività ambientale sia allo stesso hardware

utilizzato, per cui bisogna tenerne conto nella ricostruzione degli eventi. Questa logica produce

un output quando il numero totale di hit, in determinate porzioni dell'apparato, supera un

livello di soglia.

2.3 L'esperimento Auger

Figura 2.9: Disposizione dei rivelatori SD (punti al centro) e FD(vertici delle linee)

nell'esperimento AUGER

Il progetto Pierre Auger [27], concepito tra il 1992 e il 1995, si pone l'obiettivo di studiare

il usso di raggi cosmici nel range energetico che parte da 1018eV e supera i 1020eV.

In particolare i suoi obiettivi sono :

• determinare la direzione di arrivo, la massa del primario, e la misura dell'energia;

• studiare lo spettro energetico nella regione del cuto GZK;

2.4. IL RIVELATORE DI SUPERFICIE SD 25

• ricerca di eventuali anisotropie nelle direzioni di arrivo di UHECR;

• rivelazione di neutrini di altissima energia;

• studio del campo magnetico (extra)galattico;

Le caratteristiche fondamentali che lo pongono all'avanguardia della ricerca in questo campo

sono: il design ibrido, l'l'elevata supercie e la copertura totale del cielo. In questo esperimento

vengono combinate le due tecniche principali di rivelazione degli sciami atmosferici di altissima

energia: la rivelazione della uorescenza atmosferica, causata dall'interazione dei raggi cosmici

con l'atmosfera, e la rivelazione delle particelle che ragiungono il suolo con grandi arrays di

contatori. Quindi, per almeno il 10% degli eventi, si ha la misura simultanea con le due

tecniche degli eventi, aumentando la precisione e permettendo la calibrazione incrociata dei

sistemi. Per ovviare al basso usso tipico dei raggi studiati, l'apparato dispone di un'estenzione

di circa 3000 km2. Inoltre l'esperimento Auger, per garantire una copertura totale e uniforme

del cielo, si divide in Auger-NORD, in fase di allestimento in colorado (U.S.A.),e Auger-SUD

gia completato in Argentina a nord-est della città di Malargue nella Pampa Amarilla. Entrambi

i siti sono stati scelti in base ai seguenti criteri:

• latitudine Nord e Sud compresa tra i 30 e i 45;

• altitudine compresa tra 500 e 1500 metri sul livello del mare;

• suolo pianeggiante con pendenza media inferiore all'6% su un'area di circa 3000 Km2

• clima secco e temperature moderate, copertura del cielo stimata minore del 15%;

• presenza delle infrastrutture di base e facile accesso;

• lontananza da fonti di inquinamento luminoso.

Abbiamo visto che la peculiarità di questo apparato sperimentale consiste nella

complementarietà dei due sistemi di rivelazione, i rivelatori di supercie (Surface Detector)

e i telescopi ottici a uorescenza(Fluorescence Detector). Vediamo ora in breve come sono fatti

e quali sono le loro caratteristiche.

26 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

Figura 2.10: Rivelatore SD di supercie aatualmente istallato nella pampa Amarilla

2.4 Il rivelatore di supercie SD

I rivelatori di particelle posti in supercie sono dei contenitori cilindrici di 3.7m di diametro

e alti 1.2m in materiale plastico, riempito con 12.000 litri di acqua deionizzata (Fig:2.10),

rivestiti internamente da polietilene e Tyvek, che rispettivamente proteggono il contenitore da

inltrazioni di acqua e luce e assicurano una riettività interna del 100%. Tre grandi fototubi

(PMT) da 8 pollici di diametro posti sopra l'acqua osservano la radiazione Cherenkov (nel

visibile - vicino l'ultravioletto) che si produce nel momento in cui questa viene attraversata

da muoni, fotoni ed elettroni. Dei pannelli solari provvedono alla richiesta di energia

dell'elettronica e alla ricarica delle batterie che garantiscono un'autonomia di circa 10 giorni.

Un trasmettitore radio invia i dati registrati alla centrale di raccolta dati e la sincronizzazione

temporale tra tutte le stazioni del sito, è garantita entro 50ns sfruttando il sistema satellitare

GPS. Queste sono in totale 1600 e sono disposte secondo una griglia triangolare a una distanza

pari a 1500m l'una dall'altra in modo tale da coprire una vasta supercie di 3000 Km2. Lo

scopo di questi rivelatori è:

• Registrare il momento dell'arrivo del fronte dello sciame alle dierenti stazioni per

2.4. IL RIVELATORE DI SUPERFICIE SD 27

consentire la misura della direzione d'arrivo del primario;

• Misurare la densità di particelle nonché il tempo di salita del segnale per misurare l'energia

e la composizione;

• Misurare le caratteristiche dello sciame, la sua distribuzione laterale, e le proprietà

temporali;

2.4.1 Rivelazione e analisi dello sciame da parte del rivelatore SD

I rivelatori di supercie hanno un trigger quando diverse stazioni hanno un segnale entro

un piccolo intervallo di tempo ∆τ . Il valore di ∆τ dipende dalle dimensioni dell'array. La

ricostruzione degli eventi che hanno prodotto un trigger nei rivelatori è fatta a partire dalla

direzione di arrivo e ciò è ottenuto analizzando i ritardi temporali dei segnali tra le tank accese,

nell'ipotesi che il fronte dello sciame sia piano e le particelle si muovano alla velocità della luce.

In teoria la direzione dell'asse è ottenibile dai tempi di arrivo del segnale su almeno 3 stazioni.

Come mostrato schematicamente in Fig:2.11, nel caso bidimensionale, l'angolo di zenith dello

sciame è legato al ritardo temporale ∆τ tra due stazioni successive poste ad una distanza ∆l

secondo la relazione:

∆t = ∆lsenθ

c(2.6)

Una stima del numero totale di particelle componenti lo sciame (size) è data misurando

l'ampiezza del segnale registrato dai rivelatori di supercie SD e adattandola alla distribuzione

laterale NKG (vedi Cap 2.1.2 ).

Dalla size dipende l'energia del primario in modo, in prima approssimazione, indipendente

dalla sua natura. E' spesso possibile ricavare l'energia del primario misurando la densità delle

particelle a 600 - 1000 metri dal core ρ(600) e ρ(1000),indipendentemente della natura del

primario o della sua massa.

Inne è stato dimostrato che primari con massa maggiore producono interagendo con

l'atmosfera una quantità maggiore di muoni rispetto ai raggi cosmici meno pesanti, è quindi

possibile stimare dal contenuto di µ anche la massa del primario.

28 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

Figura 2.11: Schematizzazione bidimensionale dell'arrivo di uno sciame con fronte piano su un

array di supercie

2.5 I rivelatori FD

Il secondo apparato che rende l'esperimento Auger il rivelatore ibrido è rivelatore di

uorescenza [28]. Questo è costituito da 4 ′′occhi′′ ciascuno con visione di 180in azimuth,

posti lungo il perimetro dell'array superciale. Ogni occhio (Fig2.12) è diviso in 6 settori di

30 × 30, in ognuno dei quali è montato un telescopio nella cui supercie focale è posta una

matrice di 440 fototubi(Fig2.14). In gura 2.13 è mostrato il telescopio di uorescenza, e in

gura 2.12 la pianta dell'edicio nel quale è alloggiato.

2.5.1 Rivelazione dello sciame

Questo tipo di rivelatore studia lo sviluppo longitudinale dello sciame di particelle

utilizzando il fenomeno della uorescenza.

Lo sciame, attraversando l'atmosfera, produce eccitazioni della molecola d'azoto N2. La

diseccitazione spontanea che ne segue, produce il fenomeno della uorescenza con uno spettro

localizzato nella regione del vicino UV.

Per rivelare questo tipo di radiazione ci serviamo dell'ottica di Schmidt [29] grazie alla

quale vengono eliminate, mediante l'impiego di lenti correttrici, le aberrazioni e le distorsioni

dell'immagine, presenti in particolar modo agli estremi di un ampio campo visivo.

2.5. I RIVELATORI FD 29

Figura 2.12: Sezione interna di uno dei telescopi FD

Figura 2.13: Specchio,corrector ring, diaframma ltro e camera di PMT in un rivelatore FD

30 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

Figura 2.14: Matrice all'interno della quale vengono posti i PMT

L'ottica è formata da specchi di forma quadrata (3.8 m × 3.8 m) [30], con un raggio di

curvatura di 3.4 m e distanza focale di 1.743m, realizzati mettendo insieme specchi più piccoli

aventi il 90% di riettività alle lunghezze d'onda caratteristiche della radiazione di uorescenza.

In corrispondenza del centro di curvatura, è posizionato, davanti alla nestra esterna, un

diaframma con diametro di 2.2m. Questo consente di eliminare le aberrazioni e di ottenere uno

spot luminoso sui pixel quasi uniforme rispetto al campo di vista e di dimensioni pari a circa

0.5. Su ogni telescopio è montato un ltro che trasmette nella bay radiazione con lunghezza

d'onda prossima a quella della luce di uorescenza (2.15).

La camera, (Fig:2.14)di forma quasi quadrata, è formata da un array di 440 PMT, disposti in

una matrice 22 × 20. I PMT (Photonis XP3062) hanno un diametro di 40 mm e un fotocatodo

esagonale, in modo da riprodurre la struttura dello specchio, e distano l'uno dall'altro 45,6

mm, corrispondente ad una dimensione angolare di 1.5 (un buon compromesso tra costi e

ottimizzazione del rapporto segnale/rumore).

Per massimizzare la raccolta di luce e garantire una migliore transizione tra pixels adiacenti,

ogni fototubo è dotato di 3 collettori di luce, chiamati ′′mercedes′′, mostrate in gura (2.16).

Ogni mercedes è una struttura in plastica, ricoperta di mylar alluminizzato (materiale altamente

2.5. I RIVELATORI FD 31

Figura 2.15: Spettro di uorescenza dell'azoto

Figura 2.16: Mercedes interposte tra i vari PMT

32 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

riettente),composta da tre bracci di lunghezza pari a circa metà pixel disposti a 120 e aventi

sezione triangolare. Dai test condotti, l'uso delle mercedes consente di aumentare l'ecienza

di raccolta della luce al fotocatodo dal 50 % al 90%. L'eetto delle mercedes sull'ecienza di

raccolta della luce complessiva dell'FD, è mostrato in gura (2.17).

Figura 2.17: Misura dell'ecienza di raccolta della luce condotta con uno spot luminoso

spostato lungo una linea che attraversa 3 pixels. I punti pieni rappresentano l'ecienza con le

mercedes mentre quelli vuoti sono relativi alla congurazione senza mercedes

Allo scopo di avere una buona ricostruzione del segnale si usano FlashADC con un range

dinamico a 12 bit e una frequenza di campionamento a 10MHz. I segnali sono perciò raccolti in

bin temporali di 100 ns. La forma e le caratteristiche del segnale di un singolo pixel dipendono

dalla geometria dello sciame. Sciami verticali e relativamente vicini al rivelatore, producono

segnali veloci, mentre sciami inclinati producono segnali più lunghi. La durata tipica dei segnali,

a parità di angolo di incidenza dello sciame, può variare da qualche decina di nanosecondi no

a qualche microsecondo.

2.5. I RIVELATORI FD 33

2.5.2 Tecnica di ricostruzione

In corrispondenza di un evento, viene memorizzato il tempo di trigger, ovverosia il tempo al

quale il segnale supera una certa soglia, e l'ampiezza del segnale di ciascun fotomoltiplicatore.

A questo punto, risulta possibile determinare il piano che contiene sia il rivelatore che l'asse

dello sciame, detto Shower Detector Plane (SDP). E' molto importante la determinazione di

due fattori, il parametro d'impatto Rp, cioè la distanza fra l'asse dello sciame e il rivelatore e

l'angolo fra l'asse e l'intersezione fra SDP e la supercie terrestre si veda la Fig 2.18. Presi i

fototubi sopra-soglia, il piano SDP è quello che meglio contiene le direzioni di puntamento dei

fototubi nel cielo. Una volta conosciuto lo SDP, è necessario trovare l'asse dello sciame. Se

uno stesso evento è osservato in simultanea da 2 telescopi di uorescenza (evento stereo), si

avranno a disposizione 2 SDP, la cui intersezione fornirà l'asse dello sciame. Se non si ha la

fortuna di avere un evento stereo, ma una semplice misura mono, è ancora possibile ricostruire

l'asse, anche se con incertezze maggiori, tramite la conoscenza dello Shower Detector Plane e

la ricostruzione della sequenza temporale dei segnali raccolti:

Figura 2.18: sciame visto da un solo rivelatore (evento mono)

34 CAPITOLO 2. ESPERIMENTI ARGO - YBJ E AUGER

ti = t0 +Rp

ctan(

χ0 − χi2

) (2.7)

dove ti è il tempo di arrivo della luce di uorescenza all'i-esimo fototubo, t0 è il tempo di

arrivo del segnale luminoso dal punto di minima distanza,χ0 è il supplementare di Ψ che indica

l'angolo tra l'asse dello sciame e l'intersezione tra SDP e la supercie terrestre, χi è l'angolo

di elevazione del fototubo i-esimo nel piano SDP. Dai dati raccolti si possono quindi ottenere

informazioni su Rp e Ψ. Solo una volta che sono stati ricostruiti i parametri geometrici dello

sciame è possibile ricostruire il prolo longitudinale, ossia il numero di particelle cariche Ne in

funzione della profondità atmosferica X attraversata. La stima della luce emessa lungo l'asse

dello sciame viene eettuata integrando i segnali dei fotomoltiplicatori nell'intervallo di tempo

in cui la traccia è nel campo di vista di ciascuno di essi, tenendo ovviamente conto della loro

ecienza quantica e dell'attenuazione atmosferica, continuamente monitorata. Il numero di

fotoni, emessi da una data traccia di lunghezza ∆L a distanza r dal rivelatore e raccolto da uno

specchio, è pari a

Nγ = NeYγA

4πr2∆LT (r) (2.8)

con Ne numero di particelle cariche nel determinato bin angolare che sottende la lunghezza ∆L,

A l'area dello specchio, T(r) una funzione che descrive la trasmissione della luce in atmosfera.

Nota la resa luminosa Yγ, è possibile convertire la luce emessa nel numero di particelle cariche

presenti a dierenti profondità atmosferiche Ne(X), cioè il prolo longitudinale. L'energia del

primario si stima dall'integrale del prolo longitudinale

E0 = α ·∫ +∞

0

Ne(X)dX (2.9)

dove α, pari a circa 2MeV cm2

g, è un parametro che dipende dall'energia critica dell'elettrone e

della lunghezza di radiazione in aria. Si deve però applicare una correzione del 10% al valore

calcolato attraverso questa formula per tener conto dell'energia di particelle non rilevabili come i

neutrini o i muoni che essendo più penetranti della componente elettromagnetica non rilasciano

energia in atmosfera. Il valore di Xmax permette di avere informazioni sulla particella primaria

in quanto varia in base al tipo di particella che innesca lo sciame.

Capitolo 3

Eetti dei parametri atmosferici

3.1 Eetti sulla risposta del rivelatore FD di Auger

Nel paragrafo 2.5 abbiamo già illustrato il funzionamento del rivelatore FD, ora vedremo

come la rivelazione dei raggi cosmici da parte di questo sia inuenzata dai vari parametri

atmosferici. La radiazione di uorescenza che viene rivelata diminuisce con la distanza percorsa,

o meglio con la quantità di materia attraversata.

Risulta quindi importante monitorare l'atmosfera misurando parametri quali pressione e

densità dell'aria in funzione dell'altezza da terra mediante radiosonde montate su palloni, o

con stazioni meteorologiche a terra che registrano velocità e direzione del vento, temperatura,

pressione, e umidità al suolo, come quelle ragurate in Fig 3.1.

Un dispositivo utilizzato per monitorare l'atmosfera, e in particolare la quantità di aerosol

nell'aria, è il LIDAR. Questo, posto alle spalle di ogni rivelatore FD, è composto da un laser

impulsato a 355 nm e da tre specchi parabolici (Fig: 3.2) i quali focalizzano la luce riessa

dagli aerosol verso i corrispondenti PMT. Questi registrando la frazione di UV riessa ricavano

la quantità di aerosol presente nella direzione di emissione del laser. I Lidar possono operare

in due dierenti modi: in modo continuo, esaminando un cono di cielo con apertura angolare

di 50 intorno alla verticale ottenendo l'immagine in gura 3.3, e secondo il metodo ′′shot the

shower′′[39], in cui viene analizzata solo la porzione di cielo attraversata dallo sciame.

Un ulteriore strumento di monitoraggio dell'atmosfera è il central Laser Facility collocato

al centro dell'array di supercie ad una distanza di 26 km dal rivelatore FD in Los Leones,

a 34 km da Los Morados e a 30 km da Coihueco. Esso emette fasci laser UV (355 nm) a

vari angoli ed energie che possono essere osservati dai rivelatori FD. Tali laser sono facilmente

35

36 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

Figura 3.1: A sinistra abbiamo il pallone aereostatico lanciato nell'atmosfera e a destra la

stazione meteorologica terrestre

Figura 3.2: Sistema LIDAR

3.2. EFFETTI SULLA RISPOSTA DEL RIVELATORE SD DI AUGER 37

Figura 3.3: Cono di cielo analizzato da un lidar in modalità continua. Possiamo distinguere le

zone con più aerosol (le nuvole) e le zone più limpide, negli strati più alti dell'atmosfera.

individuabili perchè identicati da un valore caratteristico del tempo di emissione. Il laser può

essere indirizzato in qualunque direzione, con una risoluzione di 0.2 permettendo studi accurati

della copertura nuvolosa e della risuluzione della ricostruzione geometrica.

In particolare il CLF è usato per controllare la sincronizzazione SD e FD. Ciò è fatto

inviando, durante l'emissione di un laser, parte del segnale, suciente a produrre un trigger

SD, ad una tank, collegata al CLF tramite bra ottica (Fig: 3.4). Il fascio emesso verso l'alto

è invece visto dallo specchio 3 in Los Leones e dallo specchio 4 in Coihueco ed è distinto dagli

eventi reali per un GPStime caratteristico. L'accuratezza di questo metodo è limitata da alcune

assunzioni sull'allineamento dei telescopi [40].

3.2 Eetti sulla risposta del rivelatore SD di Auger

L'esperimento Auger Sud, come abbiamo già detto è sito nella Pampa Argentina, a nord della

città di Malargue, a 1400 metri sopra il livello del mare (∼ 880gcm−2). La registrazione degli

eventi ha avuto inizio nel gennaio 2004 con un array di soli 100 SD e man mano implementato

no ad arrivare agli attuali 1200. Durante questo periodo di accrescimento dell' array, e

anche successivamente, si è prestata una particolare attenzione al regolare funzionamento dei

rivelatori, monitorando il loro funzionamento e il usso degli eventi che man mano aumentava

con l'aumentare dell'estensione dello schieramento. Si è notato, un incremento del numero

di eventi osservati dal rivelatore SD nell'unità di tempo (rate) durante i mesi estivi e una

38 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

Figura 3.4: Centro CLF, con alle spalle una tank

diminuzione durante quelli invernali, uttuazione che si registrava anche durante la giornata,

come si nota in gura 3.5. Ciò risulta essere conseguenza del fatto che le caratteristiche

dell'atmosfera risultano essere un elemento importante nello svilupo dello sciame.

In ciò che segue si farà riferimento al lavoro pubblicato in [41], nel quale è stato studiato

il comportamento del rivelatore SD di Auger in corrispondenza delle variazioni dei parametri

atmosferici.

3.3 Eetti delle variazioni di pressione e densità

In corrispondenza di una maggiore pressione atmosferica, a cui corrisponde uno strato

atmosferico piu spesso, lo sciame interagice piu in alto e di conseguenza ci si aspetta una

diminuzione del segnale a terra. In [41] si fa vedere come il segnale ad 1 Km dal core, può

essere parametrizzato tramite la:

Nem(E,X) ∝ XXm/∆ exp[(Xm −X)/Λ] (3.1)

dove Xm è l'altezza a cui si ha mediamente la massima estensione dello sciame ad un kilometro

dal core, e Λ è la lunghezza di interazione adronica. Siamo però interessati a come il segnale

sia modicato da una variazione della pressione amosferica e in particolare alla componente

elettromagnetica che risulta essere più soggetta alle variazioni delle condizioni climatiche

3.3. EFFETTI DELLE VARIAZIONI DI PRESSIONE E DENSITÀ 39

Figura 3.5: Rate degli eventi registrati dal rivelatore di supercie dell'esperimento Auger.

40 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

rispetto a quella muonica. Questa al variare della pressione si comporta come [41]:

d lnSemdP

= −[1− Xm

X]secθ

∆(3.2)

grandezza questa che in seguito verrà utilizzata insieme alla 3.5 per parametrizzare in toto il

segnale S(1000).

Ad un incremento della densità dell'aria (ρ) invece consegue una diminuzione del raggio

di Molière rM , e quindi della estensione trasversale della componente elettromagnetica dello

sciame, la quale può essere parametrizzata attraverso la:

Nem(r) ∝ r−2M(r/rM)−α (3.3)

con α ' 4, e

rM '83m

( ρ∗kg·m−3 )

(3.4)

dove ρ∗ è il valore della densità dell'aria ad una quota di circa due lunghezze di radiazione dal

suolo, valore questo che essendo dicile da misurare direttamente si ricava in funzione della

densità a terra.

Da ciò possiamo ricavare come Sem(1000) dipende dalle variazioni di densità [41].

d lnSemdρ

' (2− α)

ρ(3.5)

3.4 Eetti sulla rate osservata

Abbiamo visto come i parametri atmosferici possano modicare lo sviluppo degli sciami

e conseguentemente il segnale rivelato, ciò può indurre errori sistematici nella misura delle

variabili ricostruite quali l'energia del primario.

Per stimare tali eetti si tiene conto della densità dell'aria e della pressione atmosferica

media che si hanno nel sito di Malargue, queste sono P0 = 861.9 hPa e ρ0 = 1.055 Kg m−3. Le

variazioni giornaliere in termini di pressione e di densità durante l'anno sono rispettivamente

di circa ±2%, ±6% con ulteriori variazioni durante il giorno che non superano il 2%, come si

vede anche dalla gura 3.6.

3.4. EFFETTI SULLA RATE OSSERVATA 41

Figura 3.6: Nei graci A e B vediamo i valori della Pressione e della densità negli anni 2005 -

2006. Invece nei graci C e D vediamo come questi durante la giornata si discostano dal valore

medio giornaliero Pd e ρd

42 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

Le simulazioni dimostrano che l'energia del primario può essere ottenuta dalla:

Er ∝ [S(1000)]B (3.6)

con B = (1.13 ± 0.02). Per evidenziare la dipendenza da P e ρ possiamo usare l'espressione:

E0(θ, P, ρ) = Er1− αP (P − P0)− αρ(ρ∗ − ρ0∗)B (3.7)

La 3.7 non risulta essere molto ′′utile′′ a causa della già citata dicoltà nel misurare la

densità a due lunghezze di radiazione da terra. Per ovviare a questo inconveniente allora

cerchiamo di interpretare la ρ∗ in funzione della ρ a terra servendoci di alcune proprietà, quali:

•ρd∗ − ρ0

∗ = ρd − ρ0 (3.8)

sfruttando il fatto che il gradiente della densità, risulta essere costante;

•ρ∗ − ρd∗ = K(ρ− ρd) (3.9)

tenendo quindi conto che durante il giorno le variazioni di temperatura sono minori alle

alte quote di un fattore K ' 0,5 come si evince anche dalla gura 3.7;

Si può quindi ricavare una parametrizzazione dell'energia E0 [41]:

E0(θ, P, ρ) = Er1− αP (P − P0)− αρ(ρd − ρ0)− βρ(ρ− ρd)B (3.10)

dove i coecienti αρ,P e βρ dipendono dall'angolo di zenith θ.

Data la dipendenza del usso dei raggi cosmici dall'energia, si può dimostrare che le

variazioni della rate possono essere parametrizzate dalla:

R(θ, P, ρ) = R01 + aP (P − P0) + aρ(ρd − ρ0) + bρ(ρ− ρd) (3.11)

3.4. EFFETTI SULLA RATE OSSERVATA 43

Figura 3.7: Proli verticali di temperatura

Dove R0 = R(θ, P0, ρ0) e i coecienti

aρ,P = (Bγ − 1)αρ,P (3.12)

e

bρ = (Bγ − 1)βρ (3.13)

dove γ è l'indice spettrale del usso dei RC.

I coecienti possono essere stimati a partire dallo studio della rate misurata negli anni

2005-2006 ottenendo [41]:

aP = (−0, 0009± 0, 0005)hPa−1

aρ = (−2, 68± 0, 07)Kg−1m3

bρ = (−0, 85± 0, 07)Kg−1m3.

Possiamo quindi ricavare i coecienti αρ,P e βρ relativi alla parametrizzazione dell'energia

3.10, semplicemente sfruttando le 3.12 3.13.

44 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

3.5 Confronto dei dati ottenuti con le varie metodologie

Per vericare tali ipotesi confrontiamo i coecienti appena ottenuti dal t dei dati con

i coecienti ricavati con i valori attesi in base alle simulazioni o ottenuti da un modello

fenomenologico.

Figura 3.8: Densità dell'aria in funzione dell'altezza in varie stagioni. Il graco a destra divide

il valore della densità per X/X0 per esaltare le dierenze tra le varie curve.

Sono stati simulati sciami di protoni a 1019eV con 7 angoli diversi e in 5 atmosfere dierenti.

Queste, ragurate in gura 3.8, sono una rappresentanza delle varie stagioni. Per ottenerle

è stata fatta una media su tutti i valori raccolti dai lanci dei palloni e suddivisi secondo le

stagioni. L'entità degli intervalli di tempo tra lanci successivi non ha permesso di tener conto

delle varizioni giornaliere, impedendo quindi a questo tipo di ricostruzione di orire una stima

del parametro β responsabile appunto nell'espressione 3.10 delle correzioni relative all'arco della

gionata.

Come ci si aspettava il segnale simulato S(1000) risulta essere dipendente dalla densità

dell'aria e dalla pressione in accordo con la 3.10(con ρ − ρd = 0) con coecienti αρ e αP

rappresentati nella gura 3.9, le cui grandi incertezze sono dovute al numero limitato di proli

atmosferici usati.

3.6. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI SU ARGO - YBJ 45

Un'altro controllo può essere ottenuto sviluppndo un semplice modello fenomenologico

[41]. Consideriamo la variazione totale del segnale dato dalla somma della componente

elettromagnetica e muonica. I coecienti αρ,P sono dati da:

αρ,P = Femαem

ρ,P + (1− Fem)αµρ,P (3.14)

dove Fem è la frazione elettromagnetica del segnale (pari a circa 0,7 vicino la verticale, e

decrescente man mano che l'angolo zenith θ aumenta, no ad arrivare ∼ 0,2 a 60.

I coecienti αem si possono identicare nelle 3.2, 3.5:

αemρ =d lnSemdρ

' (2− α)

ρ(3.15)

αemP =d lnSemdP

= −[1− Xm

X]secθ

∆(3.16)

con Xm = 950 gcm−2 che è il tipico valore dell'altezza a cui si ha la massima estensione per

sciami indotti da protoni di 10EeV, e con X = 880 sec θ g/ cm2. Per quanto riguarda invece

i coecienti α relativi ai muoni, essendo questi prodotti negli strati alti dell'atmosfera, risulta

dicile correlarli con i valori di pressione e densità a terra. Tuttavia si trova

αµP ∼= 0

αµρ = 0,26 Kg−1m3

L'andameno dei coecienti αρ,P così ottenuti al variare dell'angolo θ, è rappresentato in

gura 3.9 come una linea continua, in buon accordo con i valori ottenuti con la simulazione, e

con i valori ricavati dal t dei dati[41].

3.6 Eetti dei parametri atmosferici su ARGO - YBJ

Eettuiamo ora uno studio degli eetti dei parametri atmosferici sulla rivelazione dei raggi

cosmici da parte dell'esperimento ARGO-YBJ.

Per fare ciò abbiamo a disposizione dei le dati relativi ai parametri atmosferici registrati

dal DCS (Vedi cap:2.9.2), nonchè quelli relativi alla Trigger-Rate.

46 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

Figura 3.9: Confronto dei coecienti αρ,P ottenuti con i vari metodi. I punti sono ottenuti con

la simulazione dello sciame, i rettangoli ombreggiati con il t dei dati e le linee con il modello

teorico.

3.6. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI SU ARGO - YBJ 47

3.6.1 Parametri Atmosferici

La densità dell'aria non è rilevata direttamente, ma può essere stimata tramite i valori di

pressione (P) e temperatura (T) (registrati con una frequenza di 15 secondi) utilizzando la:

ρ =P

RT(3.17)

ottenendo l'andamento in Fig:3.11

Figura 3.10: Andamento della pressione (mBar) e della temperatura esterna (K) presso il sito

di ARGO - YBJ negli anni 2006-2007

I valori della densità dell'aria anche in questo caso risultano oscillare durante l'anno di circa

il 5% facendo registrare massimi nei mesi invernali e minimi nei mesi estivi. Questo andamento

può essere rappresentato dalla sinusoide,

ρ(x) = 0.745[1 + 0.05cos(x2π

365

)] (3.18)

Se ora vediamo come varia la densità durante il giorno notiamo come anche questa oscilli

di circa il 5%(Fig3.12) tra i massimi della notte e i minimi del primo pomeriggio.

48 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

Figura 3.11: Andamento della densità dell'aria (Kg/m3) nei pressi di ARGO-YBJ in funzione

dei giorni degli anni 2006-2007

Figura 3.12: Variazione della densità giornaliera

3.6. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI SU ARGO - YBJ 49

3.6.2 Variazione della rate di trigger

Abbiamo appena visto come varia la densità atmosferica in funzione del tempo, ora per

stabilire se esiste una correlazione tra parametri atmosferici e rate vediamo come questa varia

nel tempo g: 3.13.

Figura 3.13: Rate degli eventi registrati da ARGO - YBJ neli anni 2006, 2007, 2008

• Nella prima parte tra il maggio 2006 e il dicembre dello stesso anno abbiamo un plateau

dovuto ai tempi morti troppo alti, fattore questo che non permette una registrazione

eettiva di tutti i segnali che pervengono al rivelatore. In questo periodo la rate risulta

essere sistematicamente sottostimata;

• Tra il febbraio e il maggio 2007 sembra esserci una regolare registrazione del segnale;

• Da maggio 2007 a settembre 2007 la presa dati è stata fermata per operazioni legate al

completamento della costruzione dell'apparato;

• Da settembre 2007 a dicembre 2007 non abbiamo attualmente a disposizione i dati della

trigger rate;

• Dal 1Gennaio al 10 Maggio 2008 abbiamo una apparente regolare registrazione del

segnale, tranne che tra metà gennaio e metà febbraio dove si è registrato un picco dovuto

ad un problema di connessione del Cluster 137;

50 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

Un'altra causa di eventuale modulazione è data dalla possibile dipendenza da P e T

dell'ecienza di rivelazione degli RPC. La mancanza di stabilità nella presa dati, in questa

fase di costruzione dell'apparato, impedisce attualmente la possibilità di studiare gli eetti

delle variazioni dei parametri atmosferici sulla trigger rate totale di ARGO nei periodi lunghi.

Ciò non ci impedisce di studiare la correlazione con i parametri atmosferici su tempi molto

brevi, quindi quelli relativi alle varizioni giornaliere.

Figura 3.14: Graci relativi alla densità alla pressione alla temperatura al'interno del capannone

di ARGO YBJ

Dalla gura 3.14 vediamo come durante ogni gionata dell'anno, indipendentemente dalla

stagione, la densità dell'aria cresce nelle prime ore del mattino e poi decrece velocemente no

a toccare il minimo alle ore 17 (ora di Pechino, corrispondentwe a circa le 15 dell'ora solare

di Yangbajing). Come si vede dalla Fig 3.14, l'andamento della rate ha un massino alle ore

9 orario di Greenwich (che corrisponde alle 17 ora di Pechino). Possiamo dedurre da cio che

anche nell'esperimento ARGO-YBJ è vericata una anticorrelazione tra la densità atmosferica

e la rate di eventi registrata.

3.7. CONCLUSIONI 51

3.7 Conclusioni

Si è mostrato come il numero degli eventi rivelati da un apparato di supercie non sia

costante e come questo vari sia durante l'anno che nel corso della giornata risultando più

elevato durante i mesi estivi e nelle ore più calde.

Per Auger questo eetto è chiaro anche su base stagionale ed è dovuto alle propietà

dell'atmosfera, e principalmente alla densità dell'aria che incide per il 10%, a dierenza della

pressione che ne è responsabile solo per l' 1,6%.

Nel caso di ARGO-YBJ la correlazione è chiara su base giornaliera. La dipendenza

potrebbe essere comunque dovuta anche ad altri eetti quali quelli legati alla variazione

del comportamento dei rivelatori a gas utilizzati. Ulteriori studi saranno su base stagionale

necessari per comprendere no in fondo le cause delle variazioni di rate.

52 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

Conclusioni

La prima parte di questo lavoro è stata dedicata alla descrizione delle principali

caratteristiche dei raggi cosmici. E' stata posta l'attenzione sulla composizione e sullo spettro

energetico, sono state illustrate le loro ipotetiche sorgenti, l'eetto GZK e i meccanismi

di accelerazione, facendo anche una panoramica sulle principali tecniche di osservazione.

Nel secondo capitolo invece sono state introdotte le principali caratteristiche degli EAS, in

particolare la parametrizzazione dello sviluppo longitudinale temporale e trasversale, e descritti

due esperimenti atti a rivelare i RC a terra: ARGO-YBJ e Auger. Di questi sono stati analizzati

l'apparato e le tecniche di rivelazione. Nell'ultima parte sono stati riportati i risultati di uno

studio reperito in letteratura riguardante gli eetti dell'atmosfera sulla rivelazione di sciami

secondari da parte dei rivelatori SD di Auger. In seguito è stato anlizzato un set di dati

riguardanti la rate dell'esperimento ARGO cercando di trovare anche per questo una qualche

correlazione con i parametri atmosferici. I dati a disposizione non hanno permesso uno studio

su scala annuale. E' invece stato possibile studiare la dipendenza dell'andamento della rate dai

parametri atmosferici operando su scala giornaliera. E' stato osservato che così come per Auger,

anche in ARGO-YBJ la rate risulta essere anticorrelata alla densità dell'aria. Infatti nelle ore

della giornata in cui si ha una densità minima, si registra un massimo nell'andamento della rate.

I risultati ottenuti sono, in prima approssimazione, spiegati dai due eetti illustrati di seguito.

All'aumentare della pressione il maggiore assorbimento dovuto all'atmosfera fa diminuire il

numero delle particelle rivelate a terra, all'aumentare della densità invece diminuisce il raggio

di moliere diminuendo l'ecienza della rivelazione. La combinazione di questi due eetti sembra

quindi spiegare l'andamento stagionale e giornaliero della rate misurata dai rivelatori a terra.

Nel caso di Auger questa ipotesi è stata anche vericata quantitativamente mediante delle

simulazioni ed un modello teorico. Nel caso di ARGO-YBJ la dipendenza potrebbe essere

dovuta anche ad altre eetti quali quelli legati alla variazione del comportamento dei rivelatori

a gas utilizzati. Ulteriori studi saranno quindi necessari per comprendere no in fondo le cause

delle variazioni di rate.

53

54 CAPITOLO 3. EFFETTI DEI PARAMETRI ATMOSFERICI

Bibliograa

[1] D. Perkins Particle Astrophysics,Oxford University Press, (2003)

[2] N.Nagano, A. A. Watson, Rev. Mod. Phys., Vol.72, No.3,(2000)

[3] L.O. Drury Acceleration of Cosmic-RaysContemp. Phys. 35,232 (1994)

[4] A.M. Hillas, The Origin of Ultra-High-Energy Cosmic Rays,An. Rev. Astron. Astrophys.

22:425 (1984)

[5] D. Perkins, Particle Astrophysics,Oxford University Press, (2003)

[6] T.Gaisser, Cosmic rays and particle physics,Cambridge Press, (1992)

[7] T.Ginzburg, Syrovatzkii, The origin of cosmic raysPergamon Press, Classic Monograph,

(1964)

[8] http://www.isapp2005.to.infn.it/Lessons

[9] P. Goldreich, W.H. Julian, Pulsar Electrodynamics,Astrophys. J. 157,839 (1969)

[10] E. Fermi, On the Origin of the Cosmic Radiation,Phys. Rev. 75,1169 (1949)

[11] T.K. Gaisser, Cosmic Rays and Particle Physics,Cambridge University Press (1992)

[12] M.S. Longair, High Energy Astrophysics,Cambridge University Press (2000)

[13] M. Settimo, Studio dei meccanismi di accelerazione dei raggi cosmici di alta energia,Tesi

di Laurea, Università degli Studi di Lecce (2004)

[14] K. Greisen, End to the cosmic ray spectrum?,Phys. Rev. Letters Vol.16, No.17, 748-750

(1966)

55

56 BIBLIOGRAFIA

[15] G.T. Zatsepin, V.A. Kuz'min, Pis'ma Zh. Eksp. Teor. Fiz,JETP Letter 4, 78 (1966)

[16] R.J. Protheroe, R.W. Clay, astro-ph/0311466, (2003)

[17] J.W. Cronin, The High-Energy Cosmic-Rays, Nucl. Phys. Proc. Suppl. 138,465 (2005)

[18] http://www.isapp2005.to.infn.it/Lessons

[19] M.F.Cawley & T.C.Weekes, Experimental Astronomy,6 (1995) 7

[20] G.M.Mohanty et al., Astroparticle Physics9 (1998) 15.

[21] K.H.Kampert, astro-ph/0101283, 2001

[22] S. Eidelman et al., The Review of Particle Physics,Physics Letters B592,1 (2004)

[23] T.K. Gaisser, A.M. Hillas Reliability of the Method of Constant Intensity Cuts for

Reconstruction of the Average Development of Vertical Showers,Proc. of the 15th Int.

Cosmic Ray Confe.(Plovdiv), 8, 353 (1977)

[24] L.Landau, G.Rumer, Proc.Roy.Soc., London, 166, 213, (1938)

[25] J.Nishimura, K.Kamata, Prog.Theor.Phys, 5, 899, (1950)

[26] J.Nishimura, K.Kamata, prog.Theor.Phys, 6, 628, (1951)

[27] The Pierre Auger Project, The Pierre Auger Observatory design report,Auger

Collaboration (1997)

[28] The Pierre Auger Project, Technical Design Report,Auger Collaboration (2004)

[29] M.Born, E.Wolf Principles of opticsPar:6.4

[30] The Auger Collaboration Properties and performance of the prototype instrument for the

Pierre Auger ObservatoryNuclear Methods and Instruments in Physics Research A 523,

50-95 (2004)

[31] L. Bierman, A.Schluter, Springer Verlag, (1953)

[32] M.Abbrescia et al. Astroparticle Physics with ARGO,Proposal, 1996. 6 (1997) 313.

[33] C. Bacci et al., The ARGO-YBJ Project,Addendum to the Proposal, (1998).

BIBLIOGRAFIA 57

[34] X.Sheng, R.Cardarelli, G.Liguori et al., Performances of the Resistive Plate Chambers at

YBJ,29th International Cosmic Ray Conference, Pune (India), (2005).

[35] P.Camarri, R.Cardarelli et Q.Gou, Control and Monitoring of the ARGO-YBJ

detector,29th International Cosmic Ray Conference, Pune (India), (2005).

[36] A.Aloisio, P.Branchini, S.Cavaliere et al.,Bus-based DAQ Architecture for the ARGO-YBJ

Experiment,ARGO-YBJ note

[37] A.Aloisio, F.Barone, S.Mastroianni et al.,The ARGO DAQ System,ARGO-YBJ note

[38] www.physi.uni-heidelberg.de/adler/TRD/Radiation

[39] A.R.Biral, GAP 2003-087

[40] P.Allison et al., 29th Intern. Cosmic Ray Conf. (2005), 00, 101-106

[41] C. Bleve astro-ph/0706.1491 v1, (2007)