E-Book "L'Impresa nell'Era Digitale"

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 1 E-book “L’impresa nell’era digitale” L’impresa nell’era digitale Social Business e strumenti digitali per le Piccole Medie Imprese

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"L'Impresa nell'Era Digitale: Social Business e strumenti digitali per le Piccole Medie Imprese" è un corso gratuito organizzato da Banca IFIS e Digital Accademia per gli imprenditori. Tutti gli articoli scritti dai docenti del corso sono stati raccolti in un unico e-book promosso dal blog MondoPMI: http://www.mondopmi.com/

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L’impresa nell’era digitale

Social Business e strumenti digitali per le

Piccole Medie Imprese

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www.mondopmi.com

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“Per essere un imprenditore di successo oggi non

ci vuole una ricetta, ci vuole un assetto mentale

aperto a cogliere e selezionare i suggerimenti

che da molti provengono e una disponibilità

mentale senza schemi rigidi e senza

pregiudizi.”

Giovanni Bossi

A.D, Banca IFIS

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Indice

“L’impresa nell’Era Digitale”

Introduzione di Giovanni Bossi

“L’impresa nell’era digitale”: essere piccoli non è più una scusa

di Giorgio Soffiato

“Cinque mestieri delle PMI del futuro”

di MondoPMI

“Essere social non basta. Bisogna offrire al cliente la miglior esperienza

possibile“

di Stefano Mizzella

“Foursquare per le PMI: piccola guida alla geolocalizzazione”

di MondoPMI

“Quando far convivere SEO e Pay per click”

di Marco Ziero

“PMI e analisi dei dati: le quattro fasi della digital Analytics”

di Enrico Pavan

Ringraziamenti

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 5 E-book “L’impresa nell’era digitale”

Giovanni Bossi

Amministratore Delegato Banca IFIS

www.bancaifis.it

“L’impresa nell’era digitale”

L’idea di “L’impresa nell’era digitale” è nata dal sentimento di riconoscenza

nei confronti di un modo nuovo di fare business che ci ha stravolti. Sono

Amministratore Delegato di Banca IFIS dal 1995 e mi considero un

naturale maker del nuovo modo di fare Banca..

Nel 2008 Banca IFIS è cambiata radicalmente, perché abbiamo iniziato a

lavorare tramite un canale esclusivamente online con cui abbiamo sviluppato

la raccolta retail. Una Banca da un lato raccoglie denaro dalle persone o da

altre banche, e dall’altro lo impiega, nel nostro caso dando finanziamenti alle

imprese. Dopo 5 anni dal lancio del nostra soluzione di risparmio, rendimax,

Banca IFIS raccoglie quasi 3 miliardi e mezzo di euro tramite la raccolta

retail, fatta di tante persone, e questo ci consente di essere molto liquidi e

capaci di rispondere alle esigenze del Paese in modo pronto, consapevole,

diretto.

Senza digitale Banca IFIS non sarebbe in questa posizione.

Partendo dalla nostra esperienza diretta abbiamo voluto portare ad altri

imprenditori la consapevolezza che una nuova via c’è e che anche in

momenti di crisi ci sono nuove opportunità che vanno colte, progettate e

correttamente eseguite. Dare degli esempi portando in sala altre imprese che

hanno costruito la capacità di gestire il business online e raccontano il loro

vissuto aiuta a mio parere a rendere consapevoli di tutto questo.

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 6 E-book “L’impresa nell’era digitale”

Giorgio Soffiato

Training Manager Digital Accademia e CEO MarketingArena www.marketingarena.it

“L’impresa nell’era digitale”: essere piccoli non è più una scusa

Quando Banca IFIS ha deciso, in collaborazione con Digital Accademia, di progettare un

percorso formativo e laboratoriale per gli imprenditori, chiamato “L’impresa nell’Era

Digitale, ho capito che l’occasione era ghiotta. Il fatto di poter lavorare con molti

imprenditori del territorio, ammiragli delle piccole e medie imprese che costituiscono il

cuore pulsante del nostro paese, non accade ogni giorno. La cornice di una location

esperienziale come Villa Furstenberg e tutto il bagaglio di conoscenza di Digital

Accademia sono ingredienti che potrebbero far pensare a un “gol già fatto”, ma chi

conosce le piccole imprese e il territorio sa che le specificità che le caratterizzano non

avrebbero permesso di erogare una serie di docenze frontali e “senza anima”.

Con queste premesse nei mesi di marzo e aprile del 2013 si è svolto il percorso

“L’Impresa nell’Era Digitale”, una serie di sei momenti più un laboratorio finale che hanno

visto alternarsi in cattedra giovani docenti e grintosi imprenditori, pronti a raccontare le

leve del marketing digitale e dell’innovazione in rete e, per la prima volta, le applicazioni di

tali concetti in progetti veri e tangibili, di cui non si sono lesinati numeri e “piccoli segreti”.

Un percorso che ha toccato diverse specificità, dal Social Media Marketing ai motori di

ricerca, dall’innovazione alla misurazione dei dati. La domanda ricorrente è stata: “cosa

portate a casa da questa serata?” La risposta più frequente si sostanzia nella parola

consapevolezza.

Il mondo è veloce, gli strumenti cambiano e le imprese sono ben consce che quelle che

oggi sono le opportunità di Facebook, domani potranno essere in capo ad un’altro

strumento. Quello che però hanno capito è che la rete può supportare l’aumento della

notorietà di una marca o prodotto, e soprattutto (fondamentale di questi tempi), le

performance aziendali. Recentemente un imprenditore ha dichiarato “ci aspettiamo un

anno sano, anche se in calo a causa della domanda stagnante di mercato”. In questa

frase sta molto della congiuntura economica e dell’influenza della stessa nei ritorni

aziendali. Ma sta anche molta della speranza che le PMI possono riporre nelle rete, reale

driver di allargamento del bacino d’utenza (grazie ad esempio ad e-commerce ed

infocommerce internazionale) e alle possibilità di raggiungere nuovi target mediante azioni

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 7 E-book “L’impresa nell’era digitale”

di marketing su comunità di utenti molto verticali e di nicchia prima inesplorate e

inesplorabili. Questa “reazione” alla crisi ha visto maturare non solo le imprese, almeno nei

propri intenti, ma anche il percorso che è mutato nelle giornate finali ponendosi il tema del

futuro e dell’innovazione nel medio periodo. La risposta è arrivata da due termini, con i

quali porto a chiusura l’introduzione al riassunto in e-book (con il quale Banca IFIS

dimostra di aver seguito con attenzione il corso stesso, l’informazione è infatti grande leva

di comunicazione digitale). Il primo è innovazione collaborativa, le aziende infatti sono

oggi chiamate a recepire recensioni, commenti, consigli e momenti di confronto con gli

utenti preoccupandosi di scaricare sui prodotti o servizi offerti tali feedback. Parliamo

ormai agilmente di portali in cui le aziende raccolgono le idee degli utenti e le trasformano

in offerte commerciali, o in cui gli utenti stessi facilitati dalle aziende si scambiano consigli

e auto-organizzano momenti relazionali (eventi analogici o digitali) di incontro mediato dal

prodotto, mi sia permesso in tal senso di citare la community “ridateci il winner taco” che

ironizza su un prodotto fuori produzione chiedendo a gran voce ad Algida il ritorno dello

stesso, un gruppo su Facebook con 5.000 adepti che, tra il serio e il faceto, forse l’azienda

non dovrebbe ignorare. La seconda parola è cultura, le imprese sono infatti chiamate ad

un nuovo patto con i propri consumatori, stanchi di acquistare commodity e prodotti

standardizzati, e bramosi invece di indossare, toccare, utilizzare prodotti dotati di senso, o

vivere esperienze di servizio uniche e personalizzate. Non solo, chiedono alle aziende un

approccio etico e sostenibile, chiedono di essere “parte di un cda virtuale” e sono ben

consci che il peso delle opinioni è sempre più elevato.

La rete è spesso accostata al termine “disintermediazione”, che chi scrive immagina come

un accorciare e facilitare i tempi e i modi di accesso a un nuovo ecosistema, a una nuova

economia, ma anche banalmente a un catalogo prodotti o ad una richiesta informazioni. Il

tempo delle scuse è finito, le nostre piccole imprese hanno oggi gli strumenti e le

possibilità per acquisire le competenze per “guadare” il fiume delle difficoltà, ed emergere

in un mare magnum in cui è ancora possibile, ed ogni giorno nuovamente possibile,

essere quel first mover che sbanca il tavolo. Non è facile, non è banale, i contributi che

seguono raccontando di tecniche e storie che potranno guidare il lettore lungo la via

dell’impresa digitale. Il tempo delle scuse è finito, oggi dopo aver rimboccato le maniche, è

anche necessario poggiare le dita sulla tastiera.

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 8 E-book “L’impresa nell’era digitale”

MondoPMI

Il blog dedicato alla Piccola Media Impresa

www.mondopmi.com

“Cinque mestieri delle PMI del futuro”

Le imprese oggi non possono prescindere dal Web. Per costruire una presenza online, le

piccole e medie imprese devono prestare molta attenzione ai molteplici aspetti che

determinano l’immagine e la reputazione aziendale. Sito, blog, Social Network,

applicazioni, diventano tutti punti di accesso, che devono essere monitorati e curati nel

dettaglio. Lo sviluppo di professionalità che si occupano di questi canali, a livello strategico

ed operativo, diventa un vantaggio competitivo e una necessità soprattutto in questo

periodo di difficoltà economica. Le mansioni e i ruoli all’interno di questo comparto sono in

continua evoluzione, possiamo ad ogni modo inquadrare un insieme ricorrente di “nuovi

lavori del Web” determinanti per le PMI di oggi e di domani.

Social Strategist: è il leader del programma per lo sviluppo della Social

Organization. Un fine stratega che conosce gli strumenti e possiede una visione

d’insieme. È responsabile degli investimenti complessivi.

Community Manager: è il gestore della Community, presidia i presidi aziendali sui

social media, promuove i contenuti e dialoga con gli utenti.

Responsabile Brand Reputation: si occupa del “customer care 2.0”, fa le veci

dell’azienda nelle risposte al cliente-utente nei presidi social, via mail e nei blog

aziendali. Monitora le discussioni su forum e blog.

Web Analyst: monitora i risultati, è responsabile della misurazione delle attività

collaborative delle community, del il reporting complessivo relativo al programma di

trasformazione aziendale.

Digital PR Specialist: valorizza il brand online, organizza e crea contatti e relazioni

con possibili partner, ottiene pubblicazioni, organizza e promuove eventi aziendali.

Il modo con cui le aziende si rapportano con i clienti è cambiato. Oggi gran parte del

lavoro è svolto in modo indiretto dall’esterno, da utenti e consumatori che interagiscono

con l’azienda mediante tutti i punti di contatto attivati. Le strategie di engagement non

sono fini a sé stesse, ma devono essere trasformate in valore di brand e di prodotto (co-

creazione, innovazione), da un team simile a quello descritto. Una squadra di persone

competenti e affiatate, che lavorano per progetti, focalizzate su creazione, gestione e

sviluppo della presenza web di una PMI, sempre più orientata alla social organization.

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 9 E-book “L’impresa nell’era digitale”

Stefano Mizzella

Docente Digital Accademia e Startupper L1F3

www.l1f3.it

Essere social non basta. Bisogna offrire al cliente la miglior esperienza

possibile

Quella delle imprese nei confronti del social sembra quasi un’ossessione più che

un’evoluzione. L’apertura di profili aziendali su piattaforme ormai “tradizionali” come

Facebook, Twitter, LinkedIn o YouTube è solo il primo passo di un percorso che dovrebbe

accompagnare l’azienda verso un effettivo cambiamento a livello tecnologico,

manageriale e culturale.

Immaginate di essere seduti in un ristorante dalle atmosfere eleganti, dove ogni piccolo

particolare dell’arredamento è curato sin nei minimi dettagli e una leggera musica di

sottofondo rende ancor più piacevole la vostra permanenza.

Un’esperienza apparentemente perfetta, rovinata però di colpo dalla scarsa gentilezza dei

camerieri, dalla lentezza del servizio e dal gusto discutibile dei piatti serviti in sala.

La metafora del ristorante descrive molto bene la situazione delle tante aziende

intenzionate a investire unicamente negli aspetti “cosmetici” del social (grafiche

accattivanti, slogan emozionali, offerte promozionali da non perdere) senza tuttavia curare

a dovere ciò che accade “in cucina”.

Innovare l’azienda sin dall’interno è il modo migliore per offrire, all’esterno,

un’esperienza di qualità al consumatore finale, con ovvi benefici di business nel breve e

nel lungo periodo.

L’effettivo ritorno dell’investimento (ROI) risiede quindi nell’utilizzare i social quasi come

“alibi” per mettere mano a componenti fondamentali per ogni azienda, indipendentemente

dalle dimensioni o dal settore. Parliamo di collaborazione interna, dei processi

digestione della conoscenza, della formazione della forza vendita, del ciclo

di sviluppo del prodotto/servizio, dell’evoluzione tecnologica e della spinta

verso forme più moderne di leadership.

Il Social Business può essere quindi descritto come il punto di equilibrio tra due

componenti:

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 10 E-book “L’impresa nell’era digitale”

Social Brand: in cui convergono tutte le iniziative di comunicazione, marketing,

customer care e community management rivolte all’esterno verso il consumatore

finale;

Social Enterprise: all’interno della quale vengono innovati, a livello infrastrutturale,

i principali processi di collaborazione e gestione tra reparti, fino ad arrivare a

toccare la cultura aziendale.

L’ascolto delle conversazioni online rappresenta un ottimo punto di partenza verso la

roadmap ideale della Social Enterprise: cosa viene detto online del vostro brand? Chi ne

parla? In quali fonti? Quali insight è possibile ricavare? In che modo i messaggi raccolti

possono aiutare i futuri sviluppi del prodotto o servizio su cui si basa il vostro business?

Se pensate che la vostra piccola media impresa possa diventare magicamente più

innovativa semplicemente mettendo una bandierina sull’ultimo social network di turno siete

fuori strada. Quello verso il social è un percorso che vedrà coinvolta tutta la vostra

azienda, all’interno e all’esterno. Se finora vi siete preoccupati solo di quanto siano belle

le posate nei tavoli in sala, iniziate a girare nelle vostre cucine e accertatevi che anche lì

dentro, al riparo dallo sguardo del cliente, tutto funzioni come dovrebbe.

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MondoPMI

Il blog dedicato alla Piccola Media Impresa

www.mondopmi.com

Foursquare per le PMI: piccola guida alla geolocalizzazione

Geolocalizzare significa identificare la posizione geografica nel mondo reale di un

determinato oggetto, uno smartphone o un computer connesso ad internet. La persona

collegata al dispositivo segnala la sua posizione con un’app dedicata, registrandosi in un

determinato luogo fisico. Il location-based services più conosciuto è Foursquare,

diventato molto popolare negli ultimi anni grazie all’impatto di smartphone e dispositivi

mobile.

Lo scopo di Foursquare per le imprese è creare un’esperienza dicondivisione che ha

come oggetto il luogo commerciale in cui l’utente si trova. PMI e punti vendita possono

utilizzare questa piattaforma per coinvolgere e fidelizzare la clientela attraverso delle

offerte create appositamente per il clienti. Offerte e check-in possono essere condivisi

anche su Facebook e Twitter.

Ecco come iniziare ad utilizzare questo social network.

Attivare Foursquare. Per prima cosa è necessario scaricare l’App dedicata,

iscriversi a Foursquare come persona ed inserire le proprie informazioni. È

possibile iscriversi tramite Facebook, o in modo tradizionale inserendo i propri dati.

Creazione Venue. Cercare all’interno della piattaforma un luogo, se non è ancora

presente è possibile crearlo. Clicca su “Add venue”, dopo aver compilato tutti i

campi, individuare la propria posizione sulla mappa.

Rivendicazione Venue. Una volta creata la pagina del luogo bisogna dichiarare di

esserne il proprietario, completando i campi informativi con orari di apertura e

chiusura, immagini rappresentative e contatti.

Dopo aver eseguito questi semplici passaggi, è possibile iniziare ad utilizzare la

piattaforma in modo strategico per proporre offerte “Specials” ai visitatori più assidui, a chi

ha effettuato un tot di check-in, a chi è sindaco (major) in quel momento.

Le imprese possono inoltre aprire una pagina nella quale si possono lasciare consigli per i

propri fan su località altrui. Per esempio, alcune note riviste di cucina statunitensi, hanno

creato una brand page e lasciano consigli sui vari ristoranti d’America.

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 12 E-book “L’impresa nell’era digitale”

Utilizzare le pagine business Foursquare, permette inoltre di accedere al pannello di

controllo delle statistiche sulla sede, per monitorare l’affluenza dei clienti e l’efficacia delle

offerte, elaborando di volta in volta nuove offerte e strategie.

Di recente Foursquare ha stretto accordi con American Express, Visa e MasterCard. La

partnership, per ora attiva solo negli USA, offre la possibilità agli utenti di sincronizzare la

carta di credito con l’account. Per ogni check-in all’interno di un esercizio commerciale

convenzionato si riceverà uno sconto, in base agli accordi e alle disposizioni prese dallo

stesso esercente. In questo modo ne trarrà beneficio anche Foursquare, che ad ogni

check-in riceverà una commissione.

Una piattaforma molto interessante per le aziende, che possono avvalersi della

gamification per coinvolgere i clienti, promuovere la propria azienda, scegliere determinati

punti vendita o un particolare prodotto. Un social network da integrare all’interno di una

strategia di Web Marketing focalizzata sulle persone che, se utilizzato bene, può creare

conversione diretta per le Piccole Medie Imprese.

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Marco Ziero

MOCA Interactive

www.mocainteractive.com

“Quando far convivere SEO e Pay per click”

Quando si parla della promozione online nel mercato italiano di un progetto web è

imprescindibile parlare di Google.

Per quello che concerne tutto il traffico generato dai motori di ricerca in Italia, esso

rappresenta più del 90% delle ricerche effettuate; nel caso di acquisti online, è un canale

attraverso il quale, in una delle qualsiasi fasi del ciclo di acquisto, si transita (quasi

obbligatoriamente). Insomma, ha un ruolo determinante per far incontrare, online,

domanda ed offerta.

In termini di promozione ed aumento della visibilità di un brand o di un prodotto, oggi

Google offre, per semplificare, due possibilità: i risultati organici e quelli a pagamento. I

primi possono essere ottimizzati dedicando delle risorse ad attività SEO (search engine

optimization) mentre i secondi possono essere pianificati mediante la gestione di

campagne di keyword advertising tramite lo strumento Google AdWords in modalità pay

per click (ovvero l’inserzionista paga Google solo e solamente quando l’utente clicca

sull’annuncio pubblicitario).

Di fronte a questi due scenari, anche obbligati da dinamiche legate al budget a

disposizione, spesso si fa una scelta.

Entrambi i contesti hanno peculiarità che li differenziano non poco; se dovessimo fare

l’esercizio di descriverli con pochi termini, probabilmente il risultato sarebbe il seguente:

SEO

tempi di implementazione: medi (settimane);

tempi per i risultati: medio/lunghi (mesi);

impatto economico: non eccessivamente oneroso (con le opportune eccezioni,

ovviamente);

connotazione temporale: lo storico, nel lungo periodo, determina un vantaggio

competitivo;

connotazione contenutistica: la visibilità è direttamente proporzionale ai contenuti

ospitati nel sito web.

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PPC

tempi di implementazione: rapidissimi (pochi giorni);

tempi per i risultati: brevi (giorni);

impatto economico: oneroso (legare la propria visibilità solo ed esclusivamente al

PPC è molto rischioso);

connotazione temporale: lo storico non determina un vantaggio competitivo;

connotazione contenutistica: la visibilità non è direttamente proporzionale ai

contenuti ospitati nel sito web.

Esistono però dei contesti e delle ragioni per le quali è più efficace prevedere una sorta di

convivenza tra SEO e PPC, ovvero ambire ad occupare una posizione per la medesima

parola chiave sia nei risultati organici che tra quelli a pagamento.

Il primo scenario è quello che considera le parole chiave che fanno esplicito

riferimento al brand.

Dietro la medesima ricerca (parola chiave) possono celarsi due tipologie completamente

differenti di consumatore: l’utente fidelizzato che, per comodità, scrive su Google il brand

dell’azienda anziché cimentarsi nella barra degli indirizzi con il “www.” e l’utente che,

invece, non è un cliente ma ha appena sentito/visto la pubblicità dell’azienda in contesti

differenti (carta stampata, televisione, radio, altri siti web).

Poiché i profili sono molto diversi, è bene ottimizzare la doppia presenza nella pagina dei

risultati di Google (una organica ed una a pagamento) per comunicare cose differenti; ad

esempio all’utente “nuovo” si potrebbe comunicare una delle peculiarità del brand per

attrarlo mentre a quello fidelizzato sarebbe bene sottoporre l’ultima novità o una

promozione ad hoc.

Il secondo contesto è quello degli ecommerce.

Quando un nuovo progetto di negozio online viene rilasciato, questo non può prendersi il

lusso di attendere i fisiologici tempi di Google del SEO, bensì necessita di iniziare a

generare delle vendite fin dai primissimi giorni. In tal senso Google AdWords ed il PPC si

confermano quali strumenti perfetti.

Ma il vantaggio della convivenza trova la massima espressione nel medio/lungo periodo

quando le statistiche del PPC iniziano a fornire dati determinanti per il SEO: individuare i

prodotti più richiesti online e, soprattutto, le parole chiave in grado di generare più

vendite; con queste informazioni si può decidere di declinare le risorse delle attività SEO

proprio su questi termini per, da una parte evitare parole chiave molto più generiche (e

competitive) e dall’altra permettersi di abbassare il budget PPC destinato a quegli specifici

termini e spostarlo su altre parole.

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 15 E-book “L’impresa nell’era digitale”

Questo concetto per cui il livello di visibilità rimane costante ma viene sostenuto in prima

battuta dal PPC e solo dopo dal SEO, tecnicamente, viene riportato come “concetto dei

vasi comunicanti”.

Soprattutto nel caso degli ecommerce, ma in generale rappresenta un’ottima prassi, i due

canali dovrebbero condividere le statistiche e scambiarsi le informazioni che emergono da

queste per ottimizzare la reciproca esistenza e convivenza.

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 16 E-book “L’impresa nell’era digitale”

Enrico Pavan

Senior Web Analytics Consultant & Digital Analyst

www.tsw.it

PMI e analisi dei dati: le quattro fasi della Digital Analytics

Rispetto a qualche anno fa, l’interesse delle Piccole Medie Imprese nella misurazione dei

risultati generati dagli investimenti nel mondo digital è incrementato esponenzialmente.

Si parla di “mondo digital” e non più di “mondo web” perché se prima i contenuti del nostro

sito web erano fruibili da laptop o desktop, ora è necessario tener conto di chi arriva ai

nostri contenuti tramite dispositivi mobile o tablet, chi ne visualizza solamente una parte

tramite social media, ecc.

Lo strumento per mantenere monitorato questo nuovo ecosistema è la Digital Analytics,

figlia e naturale evoluzione della precedente Web Analytics. La Digital Analytics permette

infatti di analizzare il comportamento degli utenti sul sito, valutare il rendimento del nostro

strumento digitale (sito, app mobile, community, ecc) in relazione agli obiettivi per cui è

stato pensato, identificando le azioni da mettere in atto per migliorare i risultati

raggiunti. L’obiettivo principale è quindi restituire analisi “di stato” e “predittive” relative agli

investimenti effettuati, in modo da incrementare quanto più possibile il ROI, sia sulla

vendita di un prodotto/servizio sia sul semplice contatto commerciale.

La Digital Analytics è composta da quattro macro fasi “circolari”, in quanto sono (quasi)

sempre imprescindibili l’una dall’altra:Misurazione, Analisi, Test, Cambiamento

Fase 1: Misurazione

La fase di misurazione prevede fondamentalmente la scelta del o dei software che si

vogliono utilizzare per monitorare ed analizzare le performance del sito web (o

applicazione mobile, community, ecc). I software non sono solamente di tipo numerico

(Google Analytics, Adobe Marketing Cloud) ma possono essere anche di tipo “visuale”

(Crazyegg, ClickTale): viene creata una mappa dei click dell’utente all’interno delle pagine

di interesse. Queste heatmap o video dei movimenti del mouse risultano molto utili per

capire le intenzioni degli utenti che navigano il sito, le cause che possono portare a colli di

bottiglia o abbandoni nel flusso di conversione. Devono inoltre essere predisposti dei

documenti dedicati agli elementi da tracciare e agli obiettivi da mantenere costantemente

monitorati.

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Banca IFIS S.p.A. Pagina 17 E-book “L’impresa nell’era digitale”

Fase 2: Analisi

La fase di analisi consiste nella individuazione del set di KPI (Key Performance Indicators)

utile a determinare la bontà degli investimenti generati nel digital marketing. Un dato

generato dal software di Digital Analytics, singolarmente, non si dimostra molto

significativo. Non è detto, inoltre, che l’insieme dei KPI scelti in fase iniziale sia valido

anche per le successive analisi: nel digital i fattori che possono spostare l’ago della

bilancia degli investimenti variano infatti molto velocemente. L’analisi dei dati non deve

però fermarsi al solo livello quantitativo ma, per essere completa, deve restituire

informazioni qualitative: ad esempio dati relativi a bounce rate, percorsi di navigazione,

costo della visita, ecc.

Alcuni aspetti da tenere in considerazione in fase di analisi, inoltre, sono:

Analisi temporale ed isolamento fattori anomali: ovvero è necessario valutare se

alcuni fattori sono influenzati da stagionalità, ciclicità o altri fattori che si possono

isolare

Segmentazione: cercare di segmentare gli utenti a seconda, ad esempio, della

provenienza (referrer) o della tipologia di navigazione. In questo modo si gettano le

basi sia per la segmentazione degli investimenti (sparo nel mucchio o suddivido per

caratteristiche di utenti?) sia per il testing necessario a massimizzare il ROI

Analisi dei percorsi di navigazione: utile per capire cosa cercano gli utenti all’interno

del sito, come lo navigano e quali elementi, invece scartano.

Analisi del flusso di conversione: molto utile per capire dove si trovano i colli di

bottiglia che non permettono agli utenti di completare la conversione. I fall out di

percorso devono essere visti, inoltre, come punti di partenza per il recupero di utenti

tramite tecniche di marketing (CRM, Survey, Remarketing).

Fase 3: TEST & Targeting

Una volta individuati i fattori che possono migliorare le conversioni sarebbe

auspicabile generare una fase di testing: ovvero sottoporre agli utenti una o più pagine,

caratterizzate da elementi diversi tra loro, al fine di determinare quella che garantisce il

maggior numero di conversioni o con il conversion rate maggiore.

I test possono essere di due tipi: A/B test e Test Multivariati. Nel primo caso si mettono a

confronto due pagine diverse tra loro e vengono somministrate in egual misura agli utenti

(ovviamente gli utenti che vedono una versione non vedono l’altra). Nel secondo caso, la

pagina rimane unica mentre cambiano gli elementi che la compongono; una volta

determinate le componenti vincenti verrà assemblata e mantenuta online solamente la

pagina che garantisce le migliori performance.

Una parte molto importante è rappresentata anche dal Testing: isolando segmenti di

utenti, in fase di analisi, è possibile servire loro pagine altamente qualificate già dai primi

momenti di testing.

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Fase 4: Cambiamento

La pagina, sezione, applicazione, che abbiamo rilasciato online dopo il test è quella che

performa meglio? Ne siamo sicuri? Questa è una provocazione che deve spingere al

cambiamento e monitoraggio continuo dell’attività digital, in quanto i tempi di questo

mondo sono dieci volte più rapidi di quelli del mondo reale!

Le varie fasi della Digital Analytics, soprattutto la 3 e la 4, si scontrano spesso con

elementi umani detti Hippos che possono bloccare ed annullare l’effetto dell’analisi

effettuata. Un metodo per bypassare questa empasse è quello di dimostrare in modo

predittivo il miglioramento che si può ottenere, anche tramite un lievecambiamento di

layout della pagina, in termini di revenue e ROI generati.

Partire dall’analisi dei dati per garantire un elevato ROI, ad oggi, risulta di fondamentale

importanza in quanto può evitare investimenti errati ed inutili perdite di tempo.

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Ringraziamenti

Questo e-book è frutto della passione e del lavoro di molte persone che si

impegnano quotidianamente a rafforzare il valore della conoscenza delle

tematiche del Web e dell’evoluzione del Social Business,

I ringraziamenti vanno a loro, tutte le persone che con il loro impegno

riescono quotidianamente a far percepire a molti imprenditori le potenzialità di

essere in Rete e di operare rompendo gli schemi+ del “fare impresa” che

limitano la crescita della propria PMI.

Una menzione speciale ai relatori che si sono impegnati a scrivere gli articoli,

alla Redazione di MondoPMI e soprattutto agli imprenditori. Sia quelli presenti

agli eventi sia coloro che ci hanno seguito online.

Grazie anche a Banca IFIS e Digital Accademia, organizzatori del corso, che,

con la loro perseveranza e dedizione, hanno reso possibile la buona riuscita

del progetto.

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