E-book campione Liber Liber · fattori, o il fattore, elementari e primi della psiche, e in che...

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Adelchi BaratonoI fatti psichici elementari

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: I fatti psichici elementariAUTORE: Baratono, AdelchiTRADUTTORE: CURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

TRATTO DA: I fatti psichici elementari / Adelchi Ba-ratono. - Torino : Bocca, 1900. - 107 p. ; 21 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 13 febbraio 2018

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

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TRATTO DA: I fatti psichici elementari / Adelchi Ba-ratono. - Torino : Bocca, 1900. - 107 p. ; 21 cm.

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INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

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SOGGETTO:PSY024000 PSICOLOGIA / Psicologia Fisiologica

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Paolo Oliva, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4I.......................................................................................7II....................................................................................30III..................................................................................43IV...................................................................................59V....................................................................................74VI..................................................................................90INDICE – SOMMARIO.............................................104

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4I.......................................................................................7II....................................................................................30III..................................................................................43IV...................................................................................59V....................................................................................74VI..................................................................................90INDICE – SOMMARIO.............................................104

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ADELCHI BARATONO

I FATTI PSICHICI ELEMENTARI

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ADELCHI BARATONO

I FATTI PSICHICI ELEMENTARI

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I.

Quando una scienza o disciplina raggiunge un puntoavanzato della sua evoluzione progressiva, si può quasisempre notare un fatto che ce ne porge garanzia sicura:ed è questo, che i cultori di essa, i quali prima si trova-vano in opposti campi, scendono verso un terreno co-mune e universalmente riconosciuto fertile e saldo a col-tivare l’oggetto dei loro studj. Ciò significa che cessatoil periodo delle teoriche deduttive dubbie e illegittime,quella scienza si avvia per un cammino positivo, parten-do da fatti sicuri, risultato certo e valido delle precedenticontroversie. Il che dimostra ancora che tutto quello chefin qui si era fatto non era stato lavoro perduto, anzi ne-cessaria preparazione della fase positiva di tale campodi studio, segnando da una parte lo stadio deduttivo cheprecede ogni scienza, comprese quelle che si soglionchiamare astratte o induttive, dall'altra parte l’empiri-smo che, controllando quelle deduzioni, serve a delimi-tare l’oggetto come qualcosa di nuovo e irreducibile allerimanenti, sorgendo così la necessità di una scienza nuo-va, che trova già tracciata la via da percorrere. In altritermini, alla metafisica e all'empirismo succede la scien-

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I.

Quando una scienza o disciplina raggiunge un puntoavanzato della sua evoluzione progressiva, si può quasisempre notare un fatto che ce ne porge garanzia sicura:ed è questo, che i cultori di essa, i quali prima si trova-vano in opposti campi, scendono verso un terreno co-mune e universalmente riconosciuto fertile e saldo a col-tivare l’oggetto dei loro studj. Ciò significa che cessatoil periodo delle teoriche deduttive dubbie e illegittime,quella scienza si avvia per un cammino positivo, parten-do da fatti sicuri, risultato certo e valido delle precedenticontroversie. Il che dimostra ancora che tutto quello chefin qui si era fatto non era stato lavoro perduto, anzi ne-cessaria preparazione della fase positiva di tale campodi studio, segnando da una parte lo stadio deduttivo cheprecede ogni scienza, comprese quelle che si soglionchiamare astratte o induttive, dall'altra parte l’empiri-smo che, controllando quelle deduzioni, serve a delimi-tare l’oggetto come qualcosa di nuovo e irreducibile allerimanenti, sorgendo così la necessità di una scienza nuo-va, che trova già tracciata la via da percorrere. In altritermini, alla metafisica e all'empirismo succede la scien-

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za, salvo la posteriore integrazione in una filosofia natu-rale, che, raccogliendone i dati più generali, li paragonied unisca a quelli delle altre.

In tal momento storico par che si trovi la psicologiacontemporanea: da un lato gli animisti hanno rinunciatoalle loro deduzioni tratte da principî aprioristici o arbi-trarj, dall'altro i materialisti si sono staccati dallo empi-rismo grottesco e insufficiente de «l'homme machine»; egli uni e gli altri hanno riconosciuto come certi alcunidati irrefragabili di osservazione.

Si può obiettare che la disputa, anzichè cessata, pareche di nuovo più viva riarda, con le teoriche del Külpe,del Münsterberg ecc. contro quelle degli americani, cir-ca il valore medesimo del fatto ch'è oggetto della psico-logia. Se quasi universalmente ormai si riconoscenell’associazione il processo comune a ogni fatto psi-chico, si dubita e si contrasta poi sulla qualità e sulla es-senza degli elementi che a quella legge si sottopongono.

In altri termini, non è ancora stabilito quali siano ifattori, o il fattore, elementari e primi della psiche, e inche rapporti si trovino con l'organismo fisiologico. Aquesto proposito le opinioni sono ancora disparate, emolto ha contribuito ad annebbiare il campo di tali studjil «Realismo trasfigurato» dello Spencer1, dove il nou-meno cantiano imbarazza ancora l'analisi positiva.

Ma si noti che al progresso della psicologia non era

1 H. Spencer – Principes de psychologie – tr. Ribot et Espinas– Baillière, Paris, 1875. — P. VII. C. 19.

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za, salvo la posteriore integrazione in una filosofia natu-rale, che, raccogliendone i dati più generali, li paragonied unisca a quelli delle altre.

In tal momento storico par che si trovi la psicologiacontemporanea: da un lato gli animisti hanno rinunciatoalle loro deduzioni tratte da principî aprioristici o arbi-trarj, dall'altro i materialisti si sono staccati dallo empi-rismo grottesco e insufficiente de «l'homme machine»; egli uni e gli altri hanno riconosciuto come certi alcunidati irrefragabili di osservazione.

Si può obiettare che la disputa, anzichè cessata, pareche di nuovo più viva riarda, con le teoriche del Külpe,del Münsterberg ecc. contro quelle degli americani, cir-ca il valore medesimo del fatto ch'è oggetto della psico-logia. Se quasi universalmente ormai si riconoscenell’associazione il processo comune a ogni fatto psi-chico, si dubita e si contrasta poi sulla qualità e sulla es-senza degli elementi che a quella legge si sottopongono.

In altri termini, non è ancora stabilito quali siano ifattori, o il fattore, elementari e primi della psiche, e inche rapporti si trovino con l'organismo fisiologico. Aquesto proposito le opinioni sono ancora disparate, emolto ha contribuito ad annebbiare il campo di tali studjil «Realismo trasfigurato» dello Spencer1, dove il nou-meno cantiano imbarazza ancora l'analisi positiva.

Ma si noti che al progresso della psicologia non era

1 H. Spencer – Principes de psychologie – tr. Ribot et Espinas– Baillière, Paris, 1875. — P. VII. C. 19.

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fin qui necessario che questo punto venisse assodato. Sea qualcuno sembrasse imprescindibile risolvere avantiogni altro il problema degli elementi primi della psiche,considerando che ogni altro fenomeno psichico da essideriva, si ricordi però che nessuna scienza mai ha potutoindagare i fatti più semplici prima di averne osservato eclassificato alcuni di complessità maggiore, perchè allaevoluzione di una scienza basta che il punto di partenzasia un fenomeno di osservazione, e, solo dopo l'analisi ela sintesi di questo, essa potrà ricercare se vi sia, prima,qualcosa di più semplice e di più elementare; e questascoperta non potrà contraddire, ma più tosto integrerà lericerche positive già fatte. Così non era indispensabile, enè pure possibile fino a un certo momento, che la Chi-mica ricercasse e stabilisse i corpi semplici, e tantomeno che si domandasse il perchè della loro disposizio-ne atomica: di fatti la prima questione è ancora sub judi-ce, la seconda ancora appartiene alla filosofia, e nondi-meno la Chimica progredisce a passi di gigante, perchèha preso le mosse dai fatti.

E così ha fatto la psicologia inglese, che rimane mo-dello di procedimento scientifico, ove, lo Spencer eccet-tuato, nulla si concede all'ipotesi se il fatto non la strin-ge d'ogni parte, ove si preferisce la semplice descrizio-ne, arra sicura di ulteriore progresso, a ogni spiegazionegratuita malsicura.

E che avanti d'ora non fossero maturi i tempi per la ri-cerca degli elementi primi della psiche, lo dimostra ilfatto che gli sforzi passati andaron tutti a infrangersi

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fin qui necessario che questo punto venisse assodato. Sea qualcuno sembrasse imprescindibile risolvere avantiogni altro il problema degli elementi primi della psiche,considerando che ogni altro fenomeno psichico da essideriva, si ricordi però che nessuna scienza mai ha potutoindagare i fatti più semplici prima di averne osservato eclassificato alcuni di complessità maggiore, perchè allaevoluzione di una scienza basta che il punto di partenzasia un fenomeno di osservazione, e, solo dopo l'analisi ela sintesi di questo, essa potrà ricercare se vi sia, prima,qualcosa di più semplice e di più elementare; e questascoperta non potrà contraddire, ma più tosto integrerà lericerche positive già fatte. Così non era indispensabile, enè pure possibile fino a un certo momento, che la Chi-mica ricercasse e stabilisse i corpi semplici, e tantomeno che si domandasse il perchè della loro disposizio-ne atomica: di fatti la prima questione è ancora sub judi-ce, la seconda ancora appartiene alla filosofia, e nondi-meno la Chimica progredisce a passi di gigante, perchèha preso le mosse dai fatti.

E così ha fatto la psicologia inglese, che rimane mo-dello di procedimento scientifico, ove, lo Spencer eccet-tuato, nulla si concede all'ipotesi se il fatto non la strin-ge d'ogni parte, ove si preferisce la semplice descrizio-ne, arra sicura di ulteriore progresso, a ogni spiegazionegratuita malsicura.

E che avanti d'ora non fossero maturi i tempi per la ri-cerca degli elementi primi della psiche, lo dimostra ilfatto che gli sforzi passati andaron tutti a infrangersi

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contro dei puri schemi vuoti di contenuto, quali l’intel-lettualismo e il volontarismo. Solamente adesso che lascienza psicologica ha raggiunto un certo grado di svi-luppo, lo studio in quella direzione può essere fecondodi risultati positivi, e basti per dimostrarlo rammentarele ricerche di W. Wundt. Solamente adesso è lecito daifatti associativi di una certa complessità discendere aglielementi più semplici, esaminare se vi ha qualcosa di ri-ducibile in quei fenomeni detti di sentimento, discerni-mento, volontà, i quali formano ogni associazione.

Si può fin d'ora opporre che questi fenomeni sonoastrazioni, che non rispondono alla realtà delle cose. Di-fatti nella psiche non avviene mai di trovare alcuno diessi semplicemente, ma sempre in complicazione conaltri. Già questa obbiezione mostrerebbe quanto ci tro-viamo avanti nell'analisi psicologica, e giusto nella dire-zione che noi seguiamo. Ma si avverta che ogni scienza,e specialmente le più complesse, è costretta a far conti-nuamente di tali astrazioni, a scopo gnoseologico: lequali sono prettamente scientifiche quando rispondonoin tutto e per tutto alla realtà, la quale ne abbraccia e as-socia il contenuto con gli altri fenomeni.

Ora, le tre astrazioni sopra ricordate rispondono ad al-trettanti stati psichici, di cui ci diamo pienamente co-scienza: tanto è vero questo, che non potendosi dall'uncanto ridurre i tre fatti a uno, e dall'altro canto trovando-si essi nella realtà riuniti in ogni nostro fenomeno, men-tre dinanzi alla coscienza riflessiva ce li presentiamocome distinti, si venne da ultimo alla conclusione, che

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contro dei puri schemi vuoti di contenuto, quali l’intel-lettualismo e il volontarismo. Solamente adesso che lascienza psicologica ha raggiunto un certo grado di svi-luppo, lo studio in quella direzione può essere fecondodi risultati positivi, e basti per dimostrarlo rammentarele ricerche di W. Wundt. Solamente adesso è lecito daifatti associativi di una certa complessità discendere aglielementi più semplici, esaminare se vi ha qualcosa di ri-ducibile in quei fenomeni detti di sentimento, discerni-mento, volontà, i quali formano ogni associazione.

Si può fin d'ora opporre che questi fenomeni sonoastrazioni, che non rispondono alla realtà delle cose. Di-fatti nella psiche non avviene mai di trovare alcuno diessi semplicemente, ma sempre in complicazione conaltri. Già questa obbiezione mostrerebbe quanto ci tro-viamo avanti nell'analisi psicologica, e giusto nella dire-zione che noi seguiamo. Ma si avverta che ogni scienza,e specialmente le più complesse, è costretta a far conti-nuamente di tali astrazioni, a scopo gnoseologico: lequali sono prettamente scientifiche quando rispondonoin tutto e per tutto alla realtà, la quale ne abbraccia e as-socia il contenuto con gli altri fenomeni.

Ora, le tre astrazioni sopra ricordate rispondono ad al-trettanti stati psichici, di cui ci diamo pienamente co-scienza: tanto è vero questo, che non potendosi dall'uncanto ridurre i tre fatti a uno, e dall'altro canto trovando-si essi nella realtà riuniti in ogni nostro fenomeno, men-tre dinanzi alla coscienza riflessiva ce li presentiamocome distinti, si venne da ultimo alla conclusione, che

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fossero tre aspetti, o modi di vedere, diversi dello stessofenomeno. Vedremo più tardi se questa sia o no la piùgiusta conclusione che la psicologia ci possa offrire. Cibasti per ora sapere che non si compie opera antiscienti-fica ricercando a traverso il sentimento, il discernimentoe la volontà, queste tre grandi colonne di tutta la scienzapsicologica fino a oggi, i fattori primi e più semplicidella psiche.

Ora, indagare, valendosi dei risultati dei maestri dellapsicologia contemporanea, non senza prima sottoporli arigorosa critica, i fattori primi ed essenziali di quei fattipsichici ormai riconosciuti come certi, cercare al tempostesso i rapporti che questi fattori hanno fra loro, il cheval quanto dire classificarli, integrarli, se sia possibile,in un elemento che basti a spiegare, come fondamentale,tutti i fatti psichici, tutto ciò deve condurre a risultatimolto importanti. E, prima di tutto, a scoprire il quid ca-ratteristico, irreducibile, sul quale è basata la legittimitàdella psicologia come scienza fondamentale: di fattiogni scienza fondamentale (astratta, secondo la denomi-nazione antica) è tale in quanto ha qualche oggetto nuo-vo da studiare, che non può esser compreso nel campodelle altre scienze, onde la necessità di adoperare il me-todo induttivo, salvo poi a servirsi largamente della de-duzione in aiuto di esso. Così al tempo stesso vengonosegnati i confini della Psicologia. In secondo luogo,mercè il procedimento sopra esposto si può giungere astabilire il valore, cioè la qualità del fatto psichico. Datutte queste analisi emergerà chiaramente la legge psico-

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fossero tre aspetti, o modi di vedere, diversi dello stessofenomeno. Vedremo più tardi se questa sia o no la piùgiusta conclusione che la psicologia ci possa offrire. Cibasti per ora sapere che non si compie opera antiscienti-fica ricercando a traverso il sentimento, il discernimentoe la volontà, queste tre grandi colonne di tutta la scienzapsicologica fino a oggi, i fattori primi e più semplicidella psiche.

Ora, indagare, valendosi dei risultati dei maestri dellapsicologia contemporanea, non senza prima sottoporli arigorosa critica, i fattori primi ed essenziali di quei fattipsichici ormai riconosciuti come certi, cercare al tempostesso i rapporti che questi fattori hanno fra loro, il cheval quanto dire classificarli, integrarli, se sia possibile,in un elemento che basti a spiegare, come fondamentale,tutti i fatti psichici, tutto ciò deve condurre a risultatimolto importanti. E, prima di tutto, a scoprire il quid ca-ratteristico, irreducibile, sul quale è basata la legittimitàdella psicologia come scienza fondamentale: di fattiogni scienza fondamentale (astratta, secondo la denomi-nazione antica) è tale in quanto ha qualche oggetto nuo-vo da studiare, che non può esser compreso nel campodelle altre scienze, onde la necessità di adoperare il me-todo induttivo, salvo poi a servirsi largamente della de-duzione in aiuto di esso. Così al tempo stesso vengonosegnati i confini della Psicologia. In secondo luogo,mercè il procedimento sopra esposto si può giungere astabilire il valore, cioè la qualità del fatto psichico. Datutte queste analisi emergerà chiaramente la legge psico-

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logica.E, giacchè siamo a parlare di metodo, non sarà inutile

un'avvertenza, oggi che tutti parlano di metodo scientifi-co, mentre in pratica per lo più si procede a lume dinaso, e si ritiene la Logica una scienza formale comple-tamente a sè, studio teorico senza applicazione possibi-le.

Eppure tutti magnificano il metodo positivo! e permetodo positivo intendono l'osservazione dei fenomeni.Ma l'osservazione dei fenomeni pura e semplice può ba-stare soltanto a una scienza descrittiva, quale per es. labotanica, illuminata però, quanto alle leggi generali, dal-le scienze biologiche. Ma l'induzione che può dare lalegge, non consiste solo in osservazioni e in descrizioni,ma più tosto in comparazioni. In altri termini è la ricer-ca dei rapporti che intercedono tra i fenomeni la chiaved'ogni progresso scientifico. Cioè: la legge è data nellostabilire la dipendenza reciproca dei fenomeni. Non al-trimenti si può giungere alla classificazione loro, e allaloro integrazione.

Così, in Psicologia la ricerca di questi rapporti tra ifatti psichici più elementari, e non la descrizione pura esemplice di come ci si presentano alla osservazione in-terna ed esterna, può guidare alla loro riduzione, cioè alfatto primo e fondamentale. Vale a dire che è necessarioporre questi fenomeni elementari in serie progressiva;cioè in una serie tale, che ognuno dei fattori dipenda daquello che precede.

Ho parlato di osservazione interna ed esterna: è ne-

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logica.E, giacchè siamo a parlare di metodo, non sarà inutile

un'avvertenza, oggi che tutti parlano di metodo scientifi-co, mentre in pratica per lo più si procede a lume dinaso, e si ritiene la Logica una scienza formale comple-tamente a sè, studio teorico senza applicazione possibi-le.

Eppure tutti magnificano il metodo positivo! e permetodo positivo intendono l'osservazione dei fenomeni.Ma l'osservazione dei fenomeni pura e semplice può ba-stare soltanto a una scienza descrittiva, quale per es. labotanica, illuminata però, quanto alle leggi generali, dal-le scienze biologiche. Ma l'induzione che può dare lalegge, non consiste solo in osservazioni e in descrizioni,ma più tosto in comparazioni. In altri termini è la ricer-ca dei rapporti che intercedono tra i fenomeni la chiaved'ogni progresso scientifico. Cioè: la legge è data nellostabilire la dipendenza reciproca dei fenomeni. Non al-trimenti si può giungere alla classificazione loro, e allaloro integrazione.

Così, in Psicologia la ricerca di questi rapporti tra ifatti psichici più elementari, e non la descrizione pura esemplice di come ci si presentano alla osservazione in-terna ed esterna, può guidare alla loro riduzione, cioè alfatto primo e fondamentale. Vale a dire che è necessarioporre questi fenomeni elementari in serie progressiva;cioè in una serie tale, che ognuno dei fattori dipenda daquello che precede.

Ho parlato di osservazione interna ed esterna: è ne-

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cessario stabilirne il valore. Molto spesso si ode parlaredell'osservazione diretta, cioè interna, come di un van-taggio inestimabile che la psicologia abbia sulle altrescienze, essendo i dati di quella inappellabili2. L'espe-rienza interna, dice il Wundt, possiede per noi la realtàimmediata3. Ma questa differenza fra esperienza internaed esterna è un'illusione per chi ha compreso il proble-ma della conoscenza, di cui accennerò nel paragrafo II.Lo stesso Wundt poche righe più sotto afferma comeproposizione fondamentale, che gli oggetti del nostropensiero devono esser conformi ad esso. E allora, in chedifferisce l'analisi di questo calamaio, che ho davanti, daquella del mio modo di sentirlo? Nel primo caso astrag-go dalla forma della mia percezione per osservare ilcontenuto, nel secondo caso faccio l'operazione inversa:nell'un caso e nell'altro io rifletto su un mio stato inter-no. Poichè anche del mondo esterno noi abbiamo co-scienza solamente per mezzo dei nostri stati psichici,cioè non esistendo per noi come reale altra cosa che lanostra psiche, è vano dire che la Psicologia ha un van-taggio nell'osservazione interna: ogni osservazione è delpari interna, variando solo il punto di vista. Non solo:ma le altre scienze meno complicate riguardano oggettiche si mostrano chiari e precisi alla coscienza; al contra-rio in Psicologia ci è necessità di andare oltre la coscien-

2 Ricordo solo, tra i nostri, Siciliani – Della Psicogenia moder-na – 3. ed., Zanichelli Bologna, 1882. — P. I. C. 1.

3 W. Wundt – Éléments de psychologie phisiologique – tr.Rouvier – Alcan, Paris ’86 – Sez. VI. C. 24. – I.

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cessario stabilirne il valore. Molto spesso si ode parlaredell'osservazione diretta, cioè interna, come di un van-taggio inestimabile che la psicologia abbia sulle altrescienze, essendo i dati di quella inappellabili2. L'espe-rienza interna, dice il Wundt, possiede per noi la realtàimmediata3. Ma questa differenza fra esperienza internaed esterna è un'illusione per chi ha compreso il proble-ma della conoscenza, di cui accennerò nel paragrafo II.Lo stesso Wundt poche righe più sotto afferma comeproposizione fondamentale, che gli oggetti del nostropensiero devono esser conformi ad esso. E allora, in chedifferisce l'analisi di questo calamaio, che ho davanti, daquella del mio modo di sentirlo? Nel primo caso astrag-go dalla forma della mia percezione per osservare ilcontenuto, nel secondo caso faccio l'operazione inversa:nell'un caso e nell'altro io rifletto su un mio stato inter-no. Poichè anche del mondo esterno noi abbiamo co-scienza solamente per mezzo dei nostri stati psichici,cioè non esistendo per noi come reale altra cosa che lanostra psiche, è vano dire che la Psicologia ha un van-taggio nell'osservazione interna: ogni osservazione è delpari interna, variando solo il punto di vista. Non solo:ma le altre scienze meno complicate riguardano oggettiche si mostrano chiari e precisi alla coscienza; al contra-rio in Psicologia ci è necessità di andare oltre la coscien-

2 Ricordo solo, tra i nostri, Siciliani – Della Psicogenia moder-na – 3. ed., Zanichelli Bologna, 1882. — P. I. C. 1.

3 W. Wundt – Éléments de psychologie phisiologique – tr.Rouvier – Alcan, Paris ’86 – Sez. VI. C. 24. – I.

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za chiara e precisa, in quegli stati che ora si preferisconochiamare sub-coscienti, e persino inferire a quelli dettimale incoscienti. Per questa difficoltà appunto è riuscitofin ora impossibile di ricercare i fatti psichici più ele-mentari e i loro rapporti, e di stabilire quella serie che,come abbiamo detto sopra, può dare la legge psicologi-ca. Ora, ammettendo per ora e controllando poi, chequesta legge generale sia l’associazione, la serie dei fattipsichici elementari ce ne porgerà il perchè scientifico,cosa che fu trascurata, e giustamente essendo allora im-matura, dall'associazionismo inglese.

Se noi, già adulti, ci affacciamo all'osservazione psi-cologica, quello che maggiormente ci colpisce è la com-plicazione dei fenomeni psichici. La scuola inglese ebbeil merito grandissimo di scomporre fin dove poteva que-sti fenomeni, e scoprire l'addentellato che riunisce leunità (?) più semplici in forme svariate e complesse. Lateoria dell'associazionismo si riduce a due leggi fonda-mentali: 1.° Legge di contiguità: «Le azioni, le sensazio-ni, gli stati di sensibilità, che si presentano l'uno insiemeo subito dopo l'altro, tendono ad aderire strettamente inmodo, che, quando l'uno si presenta in seguito allo spiri-to, gli altri possono essere evocati dal pensiero»4; 2.°Legge di somiglianza: «Le azioni, sensazioni, pensieri,emozioni presenti tendono a richiamare le impressioni ostati mentali che son loro somiglianti»5. La fusione, in

4 A. Bain – Les sens et l’intelligence – tr. Cazelles – 2. ed. Al-can, Paris, '89 — P. II. C. 1.

5 Bain – l. c. C. 2.

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za chiara e precisa, in quegli stati che ora si preferisconochiamare sub-coscienti, e persino inferire a quelli dettimale incoscienti. Per questa difficoltà appunto è riuscitofin ora impossibile di ricercare i fatti psichici più ele-mentari e i loro rapporti, e di stabilire quella serie che,come abbiamo detto sopra, può dare la legge psicologi-ca. Ora, ammettendo per ora e controllando poi, chequesta legge generale sia l’associazione, la serie dei fattipsichici elementari ce ne porgerà il perchè scientifico,cosa che fu trascurata, e giustamente essendo allora im-matura, dall'associazionismo inglese.

Se noi, già adulti, ci affacciamo all'osservazione psi-cologica, quello che maggiormente ci colpisce è la com-plicazione dei fenomeni psichici. La scuola inglese ebbeil merito grandissimo di scomporre fin dove poteva que-sti fenomeni, e scoprire l'addentellato che riunisce leunità (?) più semplici in forme svariate e complesse. Lateoria dell'associazionismo si riduce a due leggi fonda-mentali: 1.° Legge di contiguità: «Le azioni, le sensazio-ni, gli stati di sensibilità, che si presentano l'uno insiemeo subito dopo l'altro, tendono ad aderire strettamente inmodo, che, quando l'uno si presenta in seguito allo spiri-to, gli altri possono essere evocati dal pensiero»4; 2.°Legge di somiglianza: «Le azioni, sensazioni, pensieri,emozioni presenti tendono a richiamare le impressioni ostati mentali che son loro somiglianti»5. La fusione, in

4 A. Bain – Les sens et l’intelligence – tr. Cazelles – 2. ed. Al-can, Paris, '89 — P. II. C. 1.

5 Bain – l. c. C. 2.

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tutti i gradi e proporzioni possibili, di queste due funzio-ni, con la complicazione di più impressioni contempora-neamente associate6, dà luogo a ogni manifestazionepsichica, fino alle più elevate e costruttive7.

Il Wundt chiama successive queste associazioni, fatteper analogia, contrasto (che è una forma di somiglian-za), coesistenza nello spazio e successione nel tempo.Egli divide queste associazioni successive in esterne,quelle di contiguità e successione, e interne, quelle disomiglianza8. Ma volendosi poi spiegare il meccanismodi questa legge di associazione, cioè l'azione reciprocadei fenomeni psichici, onde trovare quale dei fattori fos-se quello primitivo e fondamentale; in altri termini, cer-cando, in parte senza deliberato proposito, di stabilire laserie dei fatti psichici, per giungere, e certamente qui lamèta era chiara, a qualcosa di più oltre la descrizionedei fatti di associazione, cioè a spiegare il meccanismomedesimo di essa; in ciò fare il Wundt dovette accorger-si che, prima delle associazioni successive, vi sono altreassociazioni più semplici e immediate. Difatti il Wundttrova che nelle sensazioni stesse c'è già una sintesi, in-tensiva, come per l’udito, o estensiva, come per la vista.Egli chiama questa sintesi fusione associativa. Inoltre,fra le rappresentazioni, vi è una assimilazione e unacomplicazione (legamento di rappresentazioni separate)che come la fusione or ora ricordata, costituiscono al-

6 Bain – l. c. C. 3.7 Bain – l. c. C. 4.8 Wundt – libro c. S. III. C. 17 – II.

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tutti i gradi e proporzioni possibili, di queste due funzio-ni, con la complicazione di più impressioni contempora-neamente associate6, dà luogo a ogni manifestazionepsichica, fino alle più elevate e costruttive7.

Il Wundt chiama successive queste associazioni, fatteper analogia, contrasto (che è una forma di somiglian-za), coesistenza nello spazio e successione nel tempo.Egli divide queste associazioni successive in esterne,quelle di contiguità e successione, e interne, quelle disomiglianza8. Ma volendosi poi spiegare il meccanismodi questa legge di associazione, cioè l'azione reciprocadei fenomeni psichici, onde trovare quale dei fattori fos-se quello primitivo e fondamentale; in altri termini, cer-cando, in parte senza deliberato proposito, di stabilire laserie dei fatti psichici, per giungere, e certamente qui lamèta era chiara, a qualcosa di più oltre la descrizionedei fatti di associazione, cioè a spiegare il meccanismomedesimo di essa; in ciò fare il Wundt dovette accorger-si che, prima delle associazioni successive, vi sono altreassociazioni più semplici e immediate. Difatti il Wundttrova che nelle sensazioni stesse c'è già una sintesi, in-tensiva, come per l’udito, o estensiva, come per la vista.Egli chiama questa sintesi fusione associativa. Inoltre,fra le rappresentazioni, vi è una assimilazione e unacomplicazione (legamento di rappresentazioni separate)che come la fusione or ora ricordata, costituiscono al-

6 Bain – l. c. C. 3.7 Bain – l. c. C. 4.8 Wundt – libro c. S. III. C. 17 – II.

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trettante forme di associazione simultanee le quali pre-cedono quelle successive9.

Intanto l'appercezione, che è atto volontario dovutoall’attenzione, s'impadronisce dei materiali che le asso-ciazioni sopra ricordate le porgono, e, ora unendo, oradecomponendo, forma agglutinazioni, fusioni appercet-tive, condensazioni o spostamenti delle rappresentazio-ni, riuscendo così alla formazione dei concetti10. Tali as-sociazioni son dette appercettive.

Queste ricerche, come dicevamo, hanno condotto ilWundt a trovare, esattamente o no lo vedremo, la causadell'associazionismo, cioè a dare a questo il vero valoredi legge, perchè legge non vuol dire descrizione di feno-meni universali, ma di rapporti.

Il Bain, che non cerca mai di supplire con l'ingegno almanco di esperienza, quando si tratta di spiegare checosa muova il meccanicismo, se vogliamo usare questametafora, dell'associazione, si limita a trovarne la causanella ritentività e nella similarità dello spirito, le qualinon sono che i fatti associativi medesimi. Il Wundt fa invece un passo avanti, rende attivo lo spirito e lo fa auto-re delle associazioni mediante l’appercezione.

In che modo? In parte già si conosce, perchè abbiamorammentato che l'appercezione muove le associazionipropriamente dette appercettive. In tal caso l’apperce-zione è attiva, perchè deve scegliere nel conflitto fra im-

9 Wundt – l. c. C. 17 – I.10 Wundt – l. c. C. 17 – (III).

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trettante forme di associazione simultanee le quali pre-cedono quelle successive9.

Intanto l'appercezione, che è atto volontario dovutoall’attenzione, s'impadronisce dei materiali che le asso-ciazioni sopra ricordate le porgono, e, ora unendo, oradecomponendo, forma agglutinazioni, fusioni appercet-tive, condensazioni o spostamenti delle rappresentazio-ni, riuscendo così alla formazione dei concetti10. Tali as-sociazioni son dette appercettive.

Queste ricerche, come dicevamo, hanno condotto ilWundt a trovare, esattamente o no lo vedremo, la causadell'associazionismo, cioè a dare a questo il vero valoredi legge, perchè legge non vuol dire descrizione di feno-meni universali, ma di rapporti.

Il Bain, che non cerca mai di supplire con l'ingegno almanco di esperienza, quando si tratta di spiegare checosa muova il meccanicismo, se vogliamo usare questametafora, dell'associazione, si limita a trovarne la causanella ritentività e nella similarità dello spirito, le qualinon sono che i fatti associativi medesimi. Il Wundt fa invece un passo avanti, rende attivo lo spirito e lo fa auto-re delle associazioni mediante l’appercezione.

In che modo? In parte già si conosce, perchè abbiamorammentato che l'appercezione muove le associazionipropriamente dette appercettive. In tal caso l’apperce-zione è attiva, perchè deve scegliere nel conflitto fra im-

9 Wundt – l. c. C. 17 – I.10 Wundt – l. c. C. 17 – (III).

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pressioni di valore presso a poco uguale. Ma prima diquesta, vi ha un'altra appercezione più semplice, dettapassiva. Veramente ogni appercezione è attiva in quantoè atto volontario; bisogna dunque intendere il termine,passiva, nel senso che l'attenzione in tal caso è chiamatain modo univoco: cioè vi ha una impressione che domi-na, senza contrasto, sulle altre. Si comprende che inquesto caso l'appercezione dà luogo alle altre forme ri-cordate di associazioni, che sono le simultanee e le suc-cessive.

Il Wundt così è riuscito a formare una teoria completae grandiosa dell'associazionismo solo con l’analisi diquegli stati psichici che dai precedenti autori erano daticome unità prime, o non scrutabili ulteriormente, dellospirito. Si tratta di vedere se la stessa appercezione delWundt e i fatti, che da lui e dagli altri psicologi ci ven-gono porti come più semplici, siano veramente i primicomparsi nella psiche. Trovati questi fatti primi e piùsemplici, analizzandoli, cercandone i rapporti, cioè clas-sificandoli, avremo la chiave di ogni altro fenomeno;come ha ottenuto il Wundt dalla appercezione, conside-rata come fenomeno primo e fondamentale.

Se non che, mentre ci accingiamo a codesta ricerca,una obiezione può venirci opposta: se è vera la teoricadegli stati incoscienti11; se è vero da una parte che ogniatto volontario ha i suoi precedenti in un atto riflesso,

11 La quale assume la sua forma più spinta col Mausdley –Physiology of Mind — 2.a ed., Londra, '76.

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pressioni di valore presso a poco uguale. Ma prima diquesta, vi ha un'altra appercezione più semplice, dettapassiva. Veramente ogni appercezione è attiva in quantoè atto volontario; bisogna dunque intendere il termine,passiva, nel senso che l'attenzione in tal caso è chiamatain modo univoco: cioè vi ha una impressione che domi-na, senza contrasto, sulle altre. Si comprende che inquesto caso l'appercezione dà luogo alle altre forme ri-cordate di associazioni, che sono le simultanee e le suc-cessive.

Il Wundt così è riuscito a formare una teoria completae grandiosa dell'associazionismo solo con l’analisi diquegli stati psichici che dai precedenti autori erano daticome unità prime, o non scrutabili ulteriormente, dellospirito. Si tratta di vedere se la stessa appercezione delWundt e i fatti, che da lui e dagli altri psicologi ci ven-gono porti come più semplici, siano veramente i primicomparsi nella psiche. Trovati questi fatti primi e piùsemplici, analizzandoli, cercandone i rapporti, cioè clas-sificandoli, avremo la chiave di ogni altro fenomeno;come ha ottenuto il Wundt dalla appercezione, conside-rata come fenomeno primo e fondamentale.

Se non che, mentre ci accingiamo a codesta ricerca,una obiezione può venirci opposta: se è vera la teoricadegli stati incoscienti11; se è vero da una parte che ogniatto volontario ha i suoi precedenti in un atto riflesso,

11 La quale assume la sua forma più spinta col Mausdley –Physiology of Mind — 2.a ed., Londra, '76.

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come vuole lo Spencer, e dall'altra parte che ogni perce-zione è conscia solo nell'ultima fase del suo processo,come vuole il Sergi12; quale speranza ci resta e qual ga-ranzia ci si offre di trovare l’inizio di quei fenomeni me-desimi, destinato a rimanere nell'incoscienza?

Non è questo il momento di dimostrare errata l’opi-nione dello Spencer, mentre oggi pare provato, ed è piùragionevole affermare il contrario: che ogni atto riflessoè il risultato di un atto volitivo divenuto prima automati-co e poi riflesso. Giova invece discutere l'ipotesi espostanel libro citato del Sergi13, il che servirà di tramite perarrivare fin d'ora a importanti proposizioni.

L'ipotesi del Sergi è la seguente14: l’eccitazione si tra-smette dall'organo di senso all'apparato centrale, dove sispecializza nelle zone corrispondenti e diventa coscien-te. Qui, urtando contro i limiti della localizzazione, rim-balza indietro, e si riversa come efferente per la stessavia per cui era venuta, formando così l’onda di ritorno.È questa che reca con sè il carattere psichico cosciente,e dà luogo alla percezione, che consiste nella localizza-zione delle sensazioni. Così questa onda percettiva siinizia con una fase del tutto incosciente, che corrispondealla eccitazione dell'organo, al cammino di questa ecci-

12 G Sergi – Teoria fisiologica della percezione – Dumolard,Milano, '81.

13 Una discussione, sotto altri punti di vista, di questo libro fugià fatta dall'Ardigò – Il fatto psicologico della percezione – Op.fil. V. IV. – Padova, '97.

14 libro c. C. 4.

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come vuole lo Spencer, e dall'altra parte che ogni perce-zione è conscia solo nell'ultima fase del suo processo,come vuole il Sergi12; quale speranza ci resta e qual ga-ranzia ci si offre di trovare l’inizio di quei fenomeni me-desimi, destinato a rimanere nell'incoscienza?

Non è questo il momento di dimostrare errata l’opi-nione dello Spencer, mentre oggi pare provato, ed è piùragionevole affermare il contrario: che ogni atto riflessoè il risultato di un atto volitivo divenuto prima automati-co e poi riflesso. Giova invece discutere l'ipotesi espostanel libro citato del Sergi13, il che servirà di tramite perarrivare fin d'ora a importanti proposizioni.

L'ipotesi del Sergi è la seguente14: l’eccitazione si tra-smette dall'organo di senso all'apparato centrale, dove sispecializza nelle zone corrispondenti e diventa coscien-te. Qui, urtando contro i limiti della localizzazione, rim-balza indietro, e si riversa come efferente per la stessavia per cui era venuta, formando così l’onda di ritorno.È questa che reca con sè il carattere psichico cosciente,e dà luogo alla percezione, che consiste nella localizza-zione delle sensazioni. Così questa onda percettiva siinizia con una fase del tutto incosciente, che corrispondealla eccitazione dell'organo, al cammino di questa ecci-

12 G Sergi – Teoria fisiologica della percezione – Dumolard,Milano, '81.

13 Una discussione, sotto altri punti di vista, di questo libro fugià fatta dall'Ardigò – Il fatto psicologico della percezione – Op.fil. V. IV. – Padova, '97.

14 libro c. C. 4.

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tazione fino al centro corrispondente e termina col risve-glio, per così dire, di questo centro.

Perchè meglio si comprenda la funzione della perce-zione così intesa, il Sergi fa un paragone che rende an-cor più visibile il meccanicismo, nel vero senso dellaparola, di quella; il che già rende diffidente ognuno chesappia quanto complicati siano i fatti psichici, e quantopoco, anche limitandosi alla fisiologia, si sappia del mo-vimento molecolare nervoso. S'immagini, egli dice, unlago, nel quale immetta un canale: se all'estremità ester-na del canale si eccita un'onda, questa si trasmette allago, dove, per l'ampiezza, si perde. Ma limitando finche basti il lago con una diga, l'onda vi batte contro, e siriflette di nuovo nel canale. Nell'organo nervoso succe-derebbe il medesimo, salvo che qui vi ha movimentomolecolare e maggior fusione di relazioni: al lago corri-sponde il cervello, al canale la via afferente, alla porzio-ne d'acqua limitata dalla diga la localizzazione cerebra-le15.

Allora, non vi sarebbe percezione se non vi fosserolocalizzazioni cerebrali. La cosa è un po’ arrischiata. Machi pone la diga nel cervello? la localizzazione, rispon-derebbe l'autore, è opera della stessa onda afferente. Maqui il paragone con l'acqua non dà lume, nè l'autore misembra ne dia sufficiente ragione.

Intanto la coscienza è la forma rivelatrice della perce-zione e si svolge solo nell'ultima fase del processo fisio-

15 l. c. pag. 70.

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tazione fino al centro corrispondente e termina col risve-glio, per così dire, di questo centro.

Perchè meglio si comprenda la funzione della perce-zione così intesa, il Sergi fa un paragone che rende an-cor più visibile il meccanicismo, nel vero senso dellaparola, di quella; il che già rende diffidente ognuno chesappia quanto complicati siano i fatti psichici, e quantopoco, anche limitandosi alla fisiologia, si sappia del mo-vimento molecolare nervoso. S'immagini, egli dice, unlago, nel quale immetta un canale: se all'estremità ester-na del canale si eccita un'onda, questa si trasmette allago, dove, per l'ampiezza, si perde. Ma limitando finche basti il lago con una diga, l'onda vi batte contro, e siriflette di nuovo nel canale. Nell'organo nervoso succe-derebbe il medesimo, salvo che qui vi ha movimentomolecolare e maggior fusione di relazioni: al lago corri-sponde il cervello, al canale la via afferente, alla porzio-ne d'acqua limitata dalla diga la localizzazione cerebra-le15.

Allora, non vi sarebbe percezione se non vi fosserolocalizzazioni cerebrali. La cosa è un po’ arrischiata. Machi pone la diga nel cervello? la localizzazione, rispon-derebbe l'autore, è opera della stessa onda afferente. Maqui il paragone con l'acqua non dà lume, nè l'autore misembra ne dia sufficiente ragione.

Intanto la coscienza è la forma rivelatrice della perce-zione e si svolge solo nell'ultima fase del processo fisio-

15 l. c. pag. 70.

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logico16. Eppure la coscienza, e quella specialmente dicui qui si tratta, cioè la contrapposizione del me al non-me, è qualcosa che necessariamente pervade oltre le lo-calizzazioni, associando le rappresentazioni conl'impressione attuale. Perciò sarebbe assai difficile met-tere d'accordo tanti fatti fisiologici e psicologici; e,quando vi si giungesse, dovremmo negare la coscienza ela percezione alla maggior parte degli animali, ove di lo-calizzazioni non si può parlare.

Ma il mezzo migliore di confutare le teorie di un po-sitivista quale l’illustre psicologo e antropologo, è ilporgli di contro un semplice fatto di osservazione.

Io suppongo di pungermi un dito. Immediatamente neho la percezione. Il Sergi afferma: sì, perchè, in meadulto, l'onda percettiva efferente localizza la mia sensa-zione; ma in un neonato fino al dodicesimo mese non viha che una sensazione vaga e diffusa, e i suoi movimentidisordinati e disadatti a sfuggire il dolore lo comprova-no17. Ma già si potrebbe infirmare il valore di questaprova, basandosi sulle osservazioni del Bain, secondo ilquale i moti che accompagnano i sentimenti da principionon sono localizzati; dopo, per acquisizione, diventanopropriamente volontari, perchè permane ed è scelto ilmovimento che mantiene il piacere e allontana il dolore,come quello che aumenta e rialza l’energia organica, equindi il membro che lo esegue, sè stesso avvalorando18:

16 libro c. C. 17.17 libro c. C. 2.18 Bain – libro c. P. I. C. 4.

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logico16. Eppure la coscienza, e quella specialmente dicui qui si tratta, cioè la contrapposizione del me al non-me, è qualcosa che necessariamente pervade oltre le lo-calizzazioni, associando le rappresentazioni conl'impressione attuale. Perciò sarebbe assai difficile met-tere d'accordo tanti fatti fisiologici e psicologici; e,quando vi si giungesse, dovremmo negare la coscienza ela percezione alla maggior parte degli animali, ove di lo-calizzazioni non si può parlare.

Ma il mezzo migliore di confutare le teorie di un po-sitivista quale l’illustre psicologo e antropologo, è ilporgli di contro un semplice fatto di osservazione.

Io suppongo di pungermi un dito. Immediatamente neho la percezione. Il Sergi afferma: sì, perchè, in meadulto, l'onda percettiva efferente localizza la mia sensa-zione; ma in un neonato fino al dodicesimo mese non viha che una sensazione vaga e diffusa, e i suoi movimentidisordinati e disadatti a sfuggire il dolore lo comprova-no17. Ma già si potrebbe infirmare il valore di questaprova, basandosi sulle osservazioni del Bain, secondo ilquale i moti che accompagnano i sentimenti da principionon sono localizzati; dopo, per acquisizione, diventanopropriamente volontari, perchè permane ed è scelto ilmovimento che mantiene il piacere e allontana il dolore,come quello che aumenta e rialza l’energia organica, equindi il membro che lo esegue, sè stesso avvalorando18:

16 libro c. C. 17.17 libro c. C. 2.18 Bain – libro c. P. I. C. 4.

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e in tutto ciò non rimane inclusa, anzi più tosto vi con-traddice, la mancanza eziandio di localizzazione dellasensazione. Ma pure ammettendo che nel neonato vi siasolamente una sensazione diffusa, certo che il bambinoè cosciente di questa sensazione: tanto più certo, inquanto appunto non si è ancora formato l'arco diastalticoche allontani il dolore e costringa l'onda nervosa in unàmbito stretto e preciso; tanto più certo, in quanto lostesso autore non trova una netta divisione, ma bensì unpassaggio evolutivo tra sensazione e percezione. Nonpotendo dunque negare la coscienza al neonato, bisognaallargare il significato di questa, estendendola oltre i li-miti della percezione quale è intesa dal Sergi.

Ma ritorniamo all'adulto. Io mi pungo un dito e ne hoimmediatamente la percezione. Dove? nel cervello? No,nel dito stesso. Chi non ha gli occhi sigillati dai pregiu-dizi che anche nei libri di scienza di frequente si adden-sano; chi si lasci guidare dal buon senso, cioè dalla sem-plice osservazione, così deve rispondere. Ma gli scien-ziati aggiungono: per molte ragioni bisogna credere chequesta è una nostra illusione; noi riferiamo al ditol'impressione che sentiamo nel cervello.

Quali ragioni c'impediscono di credere che la perce-zione non sia avvenuta in quel medesimo luogo a cui lariferiamo? L'esperienza, no di certo. E nemmeno la qua-lità, o, per meglio dire, il modo di questa percezione,che è di tatto perchè si è svolta dove le terminazioni ner-vose si presentano all'ambiente come papille tattili; e sa-rebbe di vista se si fosse formata nella retina.

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e in tutto ciò non rimane inclusa, anzi più tosto vi con-traddice, la mancanza eziandio di localizzazione dellasensazione. Ma pure ammettendo che nel neonato vi siasolamente una sensazione diffusa, certo che il bambinoè cosciente di questa sensazione: tanto più certo, inquanto appunto non si è ancora formato l'arco diastalticoche allontani il dolore e costringa l'onda nervosa in unàmbito stretto e preciso; tanto più certo, in quanto lostesso autore non trova una netta divisione, ma bensì unpassaggio evolutivo tra sensazione e percezione. Nonpotendo dunque negare la coscienza al neonato, bisognaallargare il significato di questa, estendendola oltre i li-miti della percezione quale è intesa dal Sergi.

Ma ritorniamo all'adulto. Io mi pungo un dito e ne hoimmediatamente la percezione. Dove? nel cervello? No,nel dito stesso. Chi non ha gli occhi sigillati dai pregiu-dizi che anche nei libri di scienza di frequente si adden-sano; chi si lasci guidare dal buon senso, cioè dalla sem-plice osservazione, così deve rispondere. Ma gli scien-ziati aggiungono: per molte ragioni bisogna credere chequesta è una nostra illusione; noi riferiamo al ditol'impressione che sentiamo nel cervello.

Quali ragioni c'impediscono di credere che la perce-zione non sia avvenuta in quel medesimo luogo a cui lariferiamo? L'esperienza, no di certo. E nemmeno la qua-lità, o, per meglio dire, il modo di questa percezione,che è di tatto perchè si è svolta dove le terminazioni ner-vose si presentano all'ambiente come papille tattili; e sa-rebbe di vista se si fosse formata nella retina.

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Il Sergi risponde che gli organi periferici (si noti: cen-tri primitivi di produzione) comunicano l'eccitazione aicentri encefalici, mentre però l’immagine rimanenell’organo19. Dunque ciò che chiamiamo impressionedovrebbe trasmettersi ai centri superiori già con tutti isuoi caratteri, salvo la coscienza. Ma che cosa mi co-stringe a questa restrizione, salvo la coscienza? La teo-ria fisiologica della trasmissione delle impressioni alcervello. Secondo questa antichissima ipotesi, il cervellosoltanto, e oggi si direbbe soltanto i centri sensorj situatinegli emisferi cerebrali, ricevono le impressioni, che viportano dall'organo di senso i nervi afferenti. Però, mal-grado da tanto si lavori per convalidare questa ipotesi,tutti gli sforzi dei fisiologi per provare le basi anatomo-fisiologiche della trasmissione son riusciti allo scopocontrario: perchè, se degli stessi dati di osservazioneraccolti da tanti scienziati ci serviamo senza preconcettoe senza scopo prestabilito, messi insieme sembra chediano risultati contrarj alla teoria, come ha dimostratocon esaurienti argomenti l'eruditissimo e geniale MarioPanizza20.

Fino al punto in cui oggi si trova la istologia e fisiolo-gia del sistema nervoso, si può soltanto affermare, che ilsistema nervoso è continuo e omogeneo. Continuoquantunque sembri dimostrato che non vi è anastomosifra i suoi elementi; ma, sia o no esatta e provata la teoria

19 libro c. C. 7.20 M. Panizza – La fisiologia del sistema nervoso e i fatti psi-

chici – 4 ed., Loescher, Roma '97 – P. I e II.

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Il Sergi risponde che gli organi periferici (si noti: cen-tri primitivi di produzione) comunicano l'eccitazione aicentri encefalici, mentre però l’immagine rimanenell’organo19. Dunque ciò che chiamiamo impressionedovrebbe trasmettersi ai centri superiori già con tutti isuoi caratteri, salvo la coscienza. Ma che cosa mi co-stringe a questa restrizione, salvo la coscienza? La teo-ria fisiologica della trasmissione delle impressioni alcervello. Secondo questa antichissima ipotesi, il cervellosoltanto, e oggi si direbbe soltanto i centri sensorj situatinegli emisferi cerebrali, ricevono le impressioni, che viportano dall'organo di senso i nervi afferenti. Però, mal-grado da tanto si lavori per convalidare questa ipotesi,tutti gli sforzi dei fisiologi per provare le basi anatomo-fisiologiche della trasmissione son riusciti allo scopocontrario: perchè, se degli stessi dati di osservazioneraccolti da tanti scienziati ci serviamo senza preconcettoe senza scopo prestabilito, messi insieme sembra chediano risultati contrarj alla teoria, come ha dimostratocon esaurienti argomenti l'eruditissimo e geniale MarioPanizza20.

Fino al punto in cui oggi si trova la istologia e fisiolo-gia del sistema nervoso, si può soltanto affermare, che ilsistema nervoso è continuo e omogeneo. Continuoquantunque sembri dimostrato che non vi è anastomosifra i suoi elementi; ma, sia o no esatta e provata la teoria

19 libro c. C. 7.20 M. Panizza – La fisiologia del sistema nervoso e i fatti psi-

chici – 4 ed., Loescher, Roma '97 – P. I e II.

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dell'ameboidismo di tutti o alcuni prolungamenti cellu-lari, che permetterebbero la comunicazione e l’interru-zione fra cellula e cellula, ogni fatto fisiologico e ognifatto psichico sono condizionati da questa continuità delsistema nervoso. Il quale è anche omogeneo, in quantola fibra (prolungamento cilindrassile) non è altro che lacontinuazione della cellula; e la differenziazione distruttura si deve alla necessità di collegare i punti di-stanti.

Perciò ogni cellula nervosa ha in sè tutte le proprietàdel sistema intero, salvo la maggiore energia e compli-cazione che dall'unione delle cellule deriva.

Si dirà: per la legge di evoluzione ogni cosa va conti-nuamente differenziandosi; non dovrebbe credersi già apriori che anche il sistema nervoso si specifichi secondole sue funzioni? Io rispondo che a priori e a posterioriciò è vero; come il tessuto muscolare si è specificato informa e struttura (liscia e striata) nei varj organi, così edancora di più si è specificato il tessuto nervoso nei varjorgani di senso. Questa è l’unica differenziazione fun-zionale che abbia ragione di esistere in esso. E la formae la struttura sua obbediscono alla necessità dei varj or-gani di senso. Ma non è qui che si vorrebbe giungere dachi avesse mossa la prima domanda: si vorrebbe giunge-re alla necessità delle localizzazioni cerebrali.

Questa necessità non è fisiologica; di fatti, tutti gliesperimenti fatti cominciando dal Gall e finendo al Gol-tz, e tutti quelli che si vanno facendo ogni giorno nei la-boratorj, benchè quasi sempre con animo deliberato di

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dell'ameboidismo di tutti o alcuni prolungamenti cellu-lari, che permetterebbero la comunicazione e l’interru-zione fra cellula e cellula, ogni fatto fisiologico e ognifatto psichico sono condizionati da questa continuità delsistema nervoso. Il quale è anche omogeneo, in quantola fibra (prolungamento cilindrassile) non è altro che lacontinuazione della cellula; e la differenziazione distruttura si deve alla necessità di collegare i punti di-stanti.

Perciò ogni cellula nervosa ha in sè tutte le proprietàdel sistema intero, salvo la maggiore energia e compli-cazione che dall'unione delle cellule deriva.

Si dirà: per la legge di evoluzione ogni cosa va conti-nuamente differenziandosi; non dovrebbe credersi già apriori che anche il sistema nervoso si specifichi secondole sue funzioni? Io rispondo che a priori e a posterioriciò è vero; come il tessuto muscolare si è specificato informa e struttura (liscia e striata) nei varj organi, così edancora di più si è specificato il tessuto nervoso nei varjorgani di senso. Questa è l’unica differenziazione fun-zionale che abbia ragione di esistere in esso. E la formae la struttura sua obbediscono alla necessità dei varj or-gani di senso. Ma non è qui che si vorrebbe giungere dachi avesse mossa la prima domanda: si vorrebbe giunge-re alla necessità delle localizzazioni cerebrali.

Questa necessità non è fisiologica; di fatti, tutti gliesperimenti fatti cominciando dal Gall e finendo al Gol-tz, e tutti quelli che si vanno facendo ogni giorno nei la-boratorj, benchè quasi sempre con animo deliberato di

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favoreggiare la teoria delle localizzazioni, han dato ri-sultati che sono molto lontani dal porgere prove certe inproposito21. La fisiologia può dire questo, che i gangli enuclei prossimi o direttamente in contatto con organispeciali servono direttamente a questi e meno diretta-mente agli altri, aumentando in proporzione dell'energiache l’organo relativo richiede: solo in questo senso pos-siamo trovare una specializzazione dei centri, la quale ètutt'altra cosa di quella che si vorrebbe imporre dai se-guaci del Gall.

Ma i fautori delle localizzazioni furono spinti nel loroindirizzo da una creduta necessità psicologica, alla qualevoller poi dare un sostrato fisiologico. Da quando si èscoperta l'esistenza di un nesso inscindibile fra il siste-ma nerveo e lo spirito, si è posta la sede di questo nelcervello; onde come ultima tra tante conseguenze, quel-la di credere che il processo psichico e quindi la co-scienza, incominci solo allora, quando l’impressionedalla periferia sia stata trasportata al cervello. Inoltre, equi è la questione nostra, alle diverse facoltà dello spiri-to devono corrispondere altrettante sedi speciali nel cer-vello; una per il sentimento, sensoria; una per la volon-tà, motoria; una per il ragionamento, ecc. Ma oggi lateoria psicologica delle facoltà giace tra le cianfrusagliedella vecchia metafisica; oggi si va sempre più accen-

21 Per tutto ciò che riguarda la discussione fisiologica con-frontare il mirabile libro del Panizza: che, per quanto mi sappia,mai viene citato dai fisiologi, e s'intende facilmente il motivo;quantunque già a molti anni addietro risalga la prima edizione.

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favoreggiare la teoria delle localizzazioni, han dato ri-sultati che sono molto lontani dal porgere prove certe inproposito21. La fisiologia può dire questo, che i gangli enuclei prossimi o direttamente in contatto con organispeciali servono direttamente a questi e meno diretta-mente agli altri, aumentando in proporzione dell'energiache l’organo relativo richiede: solo in questo senso pos-siamo trovare una specializzazione dei centri, la quale ètutt'altra cosa di quella che si vorrebbe imporre dai se-guaci del Gall.

Ma i fautori delle localizzazioni furono spinti nel loroindirizzo da una creduta necessità psicologica, alla qualevoller poi dare un sostrato fisiologico. Da quando si èscoperta l'esistenza di un nesso inscindibile fra il siste-ma nerveo e lo spirito, si è posta la sede di questo nelcervello; onde come ultima tra tante conseguenze, quel-la di credere che il processo psichico e quindi la co-scienza, incominci solo allora, quando l’impressionedalla periferia sia stata trasportata al cervello. Inoltre, equi è la questione nostra, alle diverse facoltà dello spiri-to devono corrispondere altrettante sedi speciali nel cer-vello; una per il sentimento, sensoria; una per la volon-tà, motoria; una per il ragionamento, ecc. Ma oggi lateoria psicologica delle facoltà giace tra le cianfrusagliedella vecchia metafisica; oggi si va sempre più accen-

21 Per tutto ciò che riguarda la discussione fisiologica con-frontare il mirabile libro del Panizza: che, per quanto mi sappia,mai viene citato dai fisiologi, e s'intende facilmente il motivo;quantunque già a molti anni addietro risalga la prima edizione.

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tuando l’opinione, conforme alle osservazioni, che ogniatto psichico non sia qualcosa di fisso e già datonell'anima, ma un fatto più o meno complesso formatodalla fusione degli elementi dei fatti anteriori con ele-menti nuovi. Così che a uno psicologo moderno l'idea diuna localizzazione è più d'imbarazzo che di vantaggio,perchè renderebbe più difficili a esplicare fatti sempli-cissimi.

Già nel passato, ammesso, per esempio, che la sensa-zione abbia luogo in una data regione degli emisferi, ildifficile era poi spiegare come essa diventi emozione esi complichi con fatti discernitivi e volontarj: ci si sbri-gava dicendo che fitte connessioni legano i diversi puntidella corteccia; ridiscendendo così la via che ci allonta-na dal concetto preciso di localizzazione. Ma ora ancheuna semplice sensazione, in psicologia, dev'esser consi-derata come un fatto al tempo stesso sentimentale, di-scernitivo e volontario.

Onde cade il sostrato psicologico di quella teoria.Dopo tutto ciò, ritornando al nostro esempio, della

puntura di un dito, nulla ci impedisce di credere quelloche a tutta prima pareva già evidente, che la sensazioneabbia luogo nell'organo dove avviene, salvo il propagar-si successivo in tutto il sistema, il quale viene così aprendervi parte più o meno direttamente ed energica-mente secondo che trovisi in più o meno stretta comuni-cazione con l’organo. Ripetendo di fatti con una ranadecapitata questo o altro consimile esperimento (peresempio, il solito di versare un acido su di una estremità

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tuando l’opinione, conforme alle osservazioni, che ogniatto psichico non sia qualcosa di fisso e già datonell'anima, ma un fatto più o meno complesso formatodalla fusione degli elementi dei fatti anteriori con ele-menti nuovi. Così che a uno psicologo moderno l'idea diuna localizzazione è più d'imbarazzo che di vantaggio,perchè renderebbe più difficili a esplicare fatti sempli-cissimi.

Già nel passato, ammesso, per esempio, che la sensa-zione abbia luogo in una data regione degli emisferi, ildifficile era poi spiegare come essa diventi emozione esi complichi con fatti discernitivi e volontarj: ci si sbri-gava dicendo che fitte connessioni legano i diversi puntidella corteccia; ridiscendendo così la via che ci allonta-na dal concetto preciso di localizzazione. Ma ora ancheuna semplice sensazione, in psicologia, dev'esser consi-derata come un fatto al tempo stesso sentimentale, di-scernitivo e volontario.

Onde cade il sostrato psicologico di quella teoria.Dopo tutto ciò, ritornando al nostro esempio, della

puntura di un dito, nulla ci impedisce di credere quelloche a tutta prima pareva già evidente, che la sensazioneabbia luogo nell'organo dove avviene, salvo il propagar-si successivo in tutto il sistema, il quale viene così aprendervi parte più o meno direttamente ed energica-mente secondo che trovisi in più o meno stretta comuni-cazione con l’organo. Ripetendo di fatti con una ranadecapitata questo o altro consimile esperimento (peresempio, il solito di versare un acido su di una estremità

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posteriore), essa percepisce egualmente l'impressione, elo dimostra con movimenti atti a sfuggire il dolore22.

Si dirà che la percezione non può avere la medesimaintensità e i movimenti non possono essere altrettantoadatti come avverrebbe se la rana non fosse discervella-ta. Gli esperimenti nulla possono provare della primaquistione, e provano il contrario della seconda: mad'altra parte si può benissimo ammettere che, se unuomo decapitato potesse conservare per qualche tempovitalità, esercitando una puntura sovra un suo dito eglidarebbe segni di sentirla assai meno adatti, o, meglio,assai meno complessi di quelli che darebbe essendo in-tegro.

Ma che prova ciò? solamente il fatto, cui niuno pen-serebbe mai a contraddire, che la presenza delle massecerebrali rafforza e complica ogni atto psichico. Restaperò il fatto che la percezione – e quindi la coscienza –ha il suo inizio nell'organo di senso. La sua qualità di-pende dal modo con cui l'organo reagisce agli agenti fi-sici o chimici che lo toccano.

Fin d'ora si può dunque dire che la sensazione e lapercezione non sono fatti diversi; la sensazione coscien-te è il primo fatto psichico e corrisponde al movimentoche avviene nella cellula dell'organo di senso, cioè alprimo fatto fisiologico.

Se si rammenta che il nostro scopo era di chiarire le22 Se fosse a bastanza progredita la fisiologia comparata, que-

sta meglio che ogni altra scienza varrebbe a dar luce in tali que-stioni.

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posteriore), essa percepisce egualmente l'impressione, elo dimostra con movimenti atti a sfuggire il dolore22.

Si dirà che la percezione non può avere la medesimaintensità e i movimenti non possono essere altrettantoadatti come avverrebbe se la rana non fosse discervella-ta. Gli esperimenti nulla possono provare della primaquistione, e provano il contrario della seconda: mad'altra parte si può benissimo ammettere che, se unuomo decapitato potesse conservare per qualche tempovitalità, esercitando una puntura sovra un suo dito eglidarebbe segni di sentirla assai meno adatti, o, meglio,assai meno complessi di quelli che darebbe essendo in-tegro.

Ma che prova ciò? solamente il fatto, cui niuno pen-serebbe mai a contraddire, che la presenza delle massecerebrali rafforza e complica ogni atto psichico. Restaperò il fatto che la percezione – e quindi la coscienza –ha il suo inizio nell'organo di senso. La sua qualità di-pende dal modo con cui l'organo reagisce agli agenti fi-sici o chimici che lo toccano.

Fin d'ora si può dunque dire che la sensazione e lapercezione non sono fatti diversi; la sensazione coscien-te è il primo fatto psichico e corrisponde al movimentoche avviene nella cellula dell'organo di senso, cioè alprimo fatto fisiologico.

Se si rammenta che il nostro scopo era di chiarire le22 Se fosse a bastanza progredita la fisiologia comparata, que-

sta meglio che ogni altra scienza varrebbe a dar luce in tali que-stioni.

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idee su ciò che deve intendersi per coscienza, si conver-rà che la questione è già molto semplificata. Ma c'è an-cora l’ipotesi che fa della coscienza un mero epifenome-no: qualcosa come un'appendice inutile e oziosa di ognifatto della vita. Il più ingegnoso di quanti io conosco so-stenitori di questo concetto, Le Dantec, mentre pure èobbligato ad ammettere una certa quantità di coscienzanegli atomi stessi, accostandosi alle idee dello Haeckel,non attribuisce poi alla coscienza alcun valore dinamico,e cerca di spiegare tutti i fatti della vita con le leggi del-la fisica e della chimica23.

Le Dantec aveva in fatti osservato, che specialmentenella vita degli esseri unicellulari, non un solo fatto sipresenta, che la fisica e la chimica non sieno sufficientia spiegare. D'altra parte egli era partito dal preconcetto,anzi dal timore, che, aggiungendo valore alla coscienza,se ne togliesse alle proprietà fisiche e chimiche del cor-po vivente.

Questo timore è completamente errato: perchè direche la coscienza può determinare un fatto, non significanegare che questo si svolga secondo le leggi della fisicae della chimica a cui è soggetto. Ma la coscienza agisceservendosi appunto dei fatti fisici e chimici, come da

23 F. Le Dantec – Le déterminisme biologique et la personna-lité consciente – Alcan, Paris '97. In questo libro non vi sono fattima ipotesi; l’autore però si riferisce alla più importante delle sueopere: Théorie nouvelle de la Vie – Alcan, Paris, '96; dove cercadi provare il suo concetto della vita basandosi sui fatti della vitaelementare dei monoplastidi.

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idee su ciò che deve intendersi per coscienza, si conver-rà che la questione è già molto semplificata. Ma c'è an-cora l’ipotesi che fa della coscienza un mero epifenome-no: qualcosa come un'appendice inutile e oziosa di ognifatto della vita. Il più ingegnoso di quanti io conosco so-stenitori di questo concetto, Le Dantec, mentre pure èobbligato ad ammettere una certa quantità di coscienzanegli atomi stessi, accostandosi alle idee dello Haeckel,non attribuisce poi alla coscienza alcun valore dinamico,e cerca di spiegare tutti i fatti della vita con le leggi del-la fisica e della chimica23.

Le Dantec aveva in fatti osservato, che specialmentenella vita degli esseri unicellulari, non un solo fatto sipresenta, che la fisica e la chimica non sieno sufficientia spiegare. D'altra parte egli era partito dal preconcetto,anzi dal timore, che, aggiungendo valore alla coscienza,se ne togliesse alle proprietà fisiche e chimiche del cor-po vivente.

Questo timore è completamente errato: perchè direche la coscienza può determinare un fatto, non significanegare che questo si svolga secondo le leggi della fisicae della chimica a cui è soggetto. Ma la coscienza agisceservendosi appunto dei fatti fisici e chimici, come da

23 F. Le Dantec – Le déterminisme biologique et la personna-lité consciente – Alcan, Paris '97. In questo libro non vi sono fattima ipotesi; l’autore però si riferisce alla più importante delle sueopere: Théorie nouvelle de la Vie – Alcan, Paris, '96; dove cercadi provare il suo concetto della vita basandosi sui fatti della vitaelementare dei monoplastidi.

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essi deriva. La funzione della psiche è di proteggerel'organismo e conservare la specie; basta dare unosguardo alla vita di qualunque organismo per convincer-sene; questo complica, ma non può abolire le leggi fisi-che e chimiche che sono più fondamentali, e dalle quali,in ultima analisi, la psiche è determinata. Come in gene-rale il presentarsi di un fatto più complesso non aboliscei meno complessi poichè ad essi appunto deve la suaesistenza, e da essi ha vita, e su essi e per mezzo di essiopera. Usando di un esempio preso fra quelle azioni det-te istintive, dovute secondo Le Dantec, a uno stato adul-to del sistema nervoso, se la fame ci spinge sopra uncibo, è ben vero che questo stimolo è determinato dauna affinità chimica tra le sostanze organiche e quelledel cibo, come è vero che i movimenti per impadronir-sene e ingerirlo sono del tutto esplicabili in sè con leleggi fisiche e chimiche; ma chi fa da intermediario fralo stimolo e il movimento, sentendo quello e muovendoquesto, è la coscienza. La quale non si può dunque con-siderare come inerte: anzi la sua esistenza e la differen-ziazione del tessuto nervoso dagli altri si debbono allaimportanza della funzione ch'essa compie. Del resto, nelmondo vi hanno fenomeni e non epifenomeni; ogni fattoè legato a tutti gli altri da reciproche azioni e reazioni.

Tirando le somme da tutto ciò che precede bisognaconcludere, che dove è psiche quivi è pure coscienza,poi che questa non può differire dai processi medesimidella psiche, che, altrimenti, non esisterebbero comepsichici ma solo come fisici e chimici. Se il significato

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essi deriva. La funzione della psiche è di proteggerel'organismo e conservare la specie; basta dare unosguardo alla vita di qualunque organismo per convincer-sene; questo complica, ma non può abolire le leggi fisi-che e chimiche che sono più fondamentali, e dalle quali,in ultima analisi, la psiche è determinata. Come in gene-rale il presentarsi di un fatto più complesso non aboliscei meno complessi poichè ad essi appunto deve la suaesistenza, e da essi ha vita, e su essi e per mezzo di essiopera. Usando di un esempio preso fra quelle azioni det-te istintive, dovute secondo Le Dantec, a uno stato adul-to del sistema nervoso, se la fame ci spinge sopra uncibo, è ben vero che questo stimolo è determinato dauna affinità chimica tra le sostanze organiche e quelledel cibo, come è vero che i movimenti per impadronir-sene e ingerirlo sono del tutto esplicabili in sè con leleggi fisiche e chimiche; ma chi fa da intermediario fralo stimolo e il movimento, sentendo quello e muovendoquesto, è la coscienza. La quale non si può dunque con-siderare come inerte: anzi la sua esistenza e la differen-ziazione del tessuto nervoso dagli altri si debbono allaimportanza della funzione ch'essa compie. Del resto, nelmondo vi hanno fenomeni e non epifenomeni; ogni fattoè legato a tutti gli altri da reciproche azioni e reazioni.

Tirando le somme da tutto ciò che precede bisognaconcludere, che dove è psiche quivi è pure coscienza,poi che questa non può differire dai processi medesimidella psiche, che, altrimenti, non esisterebbero comepsichici ma solo come fisici e chimici. Se il significato

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di coscienza fu spesso ristretto a indicare un gruppo dirappresentazioni permanente che costituisce la coscien-za del proprio me24, bisogna ripristinarlo nel suo valorenaturale di fatto, cioè di rapporto psichico; il che si por-ge naturalmente a una graduazione della coscienza me-desima secondo la complessività dei rapporti. Giusta-mente il Wundt dice che non si può affermare la non co-scienza, perchè non si scorgono i limiti della coscien-za25. Ogni definizione della coscienza è una tautologia.E sbagliano ancor più quelli che, a forza di sentir parlaredi coscienza, han finito per considerarla come un fatto asè, diviso dal sentimento e dagli altri rapporti psichici:sbagliano, perchè la coscienza è in tutti questi come laloro proprietà psichica. In somma la coscienza rappre-senta la psichicità dei fatti dello spirito.

Perciò l’unità di coscienza è data non come forma fis-sa aprioristica ma come composto26.

L'unità di coscienza non è punto insondabile, comeafferma lo Spencer27. E noi ci prepariamo a scrutarlacercandone gli elementi.

24 Wundt – libro c. S. IV. C 15. – IV, Spencer – libro c P. VII.C. 17.

25 Wundt – libro c. S. IV. C. 15 – I.26 R. Ardigò – L’unità di coscienza – op. fil. V. VII, Padova

'97, —P. I. C. 2.27 Spencer – «libro c. P. v. C. 10.

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di coscienza fu spesso ristretto a indicare un gruppo dirappresentazioni permanente che costituisce la coscien-za del proprio me24, bisogna ripristinarlo nel suo valorenaturale di fatto, cioè di rapporto psichico; il che si por-ge naturalmente a una graduazione della coscienza me-desima secondo la complessività dei rapporti. Giusta-mente il Wundt dice che non si può affermare la non co-scienza, perchè non si scorgono i limiti della coscien-za25. Ogni definizione della coscienza è una tautologia.E sbagliano ancor più quelli che, a forza di sentir parlaredi coscienza, han finito per considerarla come un fatto asè, diviso dal sentimento e dagli altri rapporti psichici:sbagliano, perchè la coscienza è in tutti questi come laloro proprietà psichica. In somma la coscienza rappre-senta la psichicità dei fatti dello spirito.

Perciò l’unità di coscienza è data non come forma fis-sa aprioristica ma come composto26.

L'unità di coscienza non è punto insondabile, comeafferma lo Spencer27. E noi ci prepariamo a scrutarlacercandone gli elementi.

24 Wundt – libro c. S. IV. C 15. – IV, Spencer – libro c P. VII.C. 17.

25 Wundt – libro c. S. IV. C. 15 – I.26 R. Ardigò – L’unità di coscienza – op. fil. V. VII, Padova

'97, —P. I. C. 2.27 Spencer – «libro c. P. v. C. 10.

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II.

A questo punto ci si para d'innanzi la Psicofisiologia,che dal Weber e dal Fechner al Wundt e al Lange ha se-gnato una luminosa parabola ascendente nel campo del-le scienze della vita. Essa ci dice che l’organismo in ge-nerale, e l'organismo umano in particolare ci si mostra-no come un complesso così serrato di processi fisico-chimico-fisiologici da una parte e psichici dall'altra, che,deduttivamente per le leggi generali della materia, in-duttivamente per le osservazioni esterne ed interne com-parate, dobbiamo giungere alla conclusione che una per-fetta corrispondenza si verifica continuamente tra i fattidel corpo e quelli della psiche. Vale a dire che, se purenon si vuole dai fatti fisiologici trarre immediatamentequelli psicologici, cioè ridurre i secondi ai primi, comevorrebbe il materialismo, e se invece si vuol considerareil fatto psicologico sempre come un fatto sui generis, ir-reducibile a qualunque altro naturale, tuttavia e in ognimodo bisogna riconoscere un parallelismo più o menoperfetto tra i due ordini di fenomeni. A queste conclu-sioni è giunta la psicologia fisiologica, la quale perciò

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II.

A questo punto ci si para d'innanzi la Psicofisiologia,che dal Weber e dal Fechner al Wundt e al Lange ha se-gnato una luminosa parabola ascendente nel campo del-le scienze della vita. Essa ci dice che l’organismo in ge-nerale, e l'organismo umano in particolare ci si mostra-no come un complesso così serrato di processi fisico-chimico-fisiologici da una parte e psichici dall'altra, che,deduttivamente per le leggi generali della materia, in-duttivamente per le osservazioni esterne ed interne com-parate, dobbiamo giungere alla conclusione che una per-fetta corrispondenza si verifica continuamente tra i fattidel corpo e quelli della psiche. Vale a dire che, se purenon si vuole dai fatti fisiologici trarre immediatamentequelli psicologici, cioè ridurre i secondi ai primi, comevorrebbe il materialismo, e se invece si vuol considerareil fatto psicologico sempre come un fatto sui generis, ir-reducibile a qualunque altro naturale, tuttavia e in ognimodo bisogna riconoscere un parallelismo più o menoperfetto tra i due ordini di fenomeni. A queste conclu-sioni è giunta la psicologia fisiologica, la quale perciò

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ne impone di porre accanto alla ricerca psicologicacome necessario complemento quella fisiologica.

Toccava alla Filosofia, e non alla scienza speciale,portare il parallelismo nel campo dei problemi ontologi-ci, e cercarne la soluzione ultima. Vedremo tra brevecome la Filosofia abbia risolto il problema.

Per chi si accinge all'analisi dei fattori più semplicidella psiche, è quasi indispensabile affrontare da princi-pio la questione del parallelismo psico-fisico, che prestoo tardi ugualmente si farebbe avanti a domandare la suaparte nella trattazione, e che può servire di utile prepara-zione alle posteriori indagini. Un brevissimo discorsobasterà al nostro argomento.

Sappiamo già che non è antiscientifico accettare,provvisoriamente, come elementi fondamentali psichiciquelli offertici universalmente dalla psicologia, salvol’analisi che ne faremo in seguito; e che sono il fattoemotivo (piacere e dolore), quello intellettivo o discerni-tivo, quello volitivo. Sieno o no quei fatti in sè qualcosadi diverso dai processi fisiologici del sistema nervoso,certo dobbiamo ammettere senza esitazione che ne di-pendono in qualche modo; basterebbe a dimostrarlo ilfatto semplicissimo che, tolto il sistema nervoso,anch'essi sono rimossi. Inoltre già in parte abbiamo cer-cato dimostrare quello che la fisiologia comparata po-trebbe far apparire inoppugnabile, esser questi fenomenipsichici elementari proprietà non di cellule speciali ner-vose, ma di ogni elemento nerveo. Tanto basta perchèsia lecito stabilire una proporzione psico-fisica più con-

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ne impone di porre accanto alla ricerca psicologicacome necessario complemento quella fisiologica.

Toccava alla Filosofia, e non alla scienza speciale,portare il parallelismo nel campo dei problemi ontologi-ci, e cercarne la soluzione ultima. Vedremo tra brevecome la Filosofia abbia risolto il problema.

Per chi si accinge all'analisi dei fattori più semplicidella psiche, è quasi indispensabile affrontare da princi-pio la questione del parallelismo psico-fisico, che prestoo tardi ugualmente si farebbe avanti a domandare la suaparte nella trattazione, e che può servire di utile prepara-zione alle posteriori indagini. Un brevissimo discorsobasterà al nostro argomento.

Sappiamo già che non è antiscientifico accettare,provvisoriamente, come elementi fondamentali psichiciquelli offertici universalmente dalla psicologia, salvol’analisi che ne faremo in seguito; e che sono il fattoemotivo (piacere e dolore), quello intellettivo o discerni-tivo, quello volitivo. Sieno o no quei fatti in sè qualcosadi diverso dai processi fisiologici del sistema nervoso,certo dobbiamo ammettere senza esitazione che ne di-pendono in qualche modo; basterebbe a dimostrarlo ilfatto semplicissimo che, tolto il sistema nervoso,anch'essi sono rimossi. Inoltre già in parte abbiamo cer-cato dimostrare quello che la fisiologia comparata po-trebbe far apparire inoppugnabile, esser questi fenomenipsichici elementari proprietà non di cellule speciali ner-vose, ma di ogni elemento nerveo. Tanto basta perchèsia lecito stabilire una proporzione psico-fisica più con-

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forme ai fatti che un semplice parallelismo, dove non èimplicato il concetto di azione reciproca; e più fecondascientificamente, poichè ne possiamo ricavare alcune le-gittime inferenze. Delle quali due sono principali e disomma importanza. La prima è che, dalle associazioni lequali sempre e dovunque si vanno componendo e scom-ponendo tra i fatti psichici uguali e diversi, bisogna infe-rire alla continuità dinamica del sistema nervoso. Questainferenza è legittima: di fatti tacitamente tutti i fisiologise ne sono serviti; l’istologia sembra che abbia conclusoalla mancanza di anastomosi, cioè alla discontinuitàmorfologica degli elementi nervei; la fisica e la chimicafisiologiche nulla hanno potuto assodare sul modo dipropagarsi e sulla natura del moto nervoso, per la diffi-coltà di questa ricerca; rimane la fisiologia psicologica,la quale, se non ha basi istologiche, non può a menod'invadere il campo della psicologia o tacere; e nondi-meno non vi ha alcuno che dubiti della continuità dina-mica del sistema nervoso. È dunque di capitale impor-tanza questa scoperta che scaturisce dal rapporto psico-fisico.

La seconda inferenza è, che dalla estensione del siste-ma nervoso s'inferisce la estensione del fatto psichico.Anch'essa è legittima dal momento che il rapporto psi-cofisico è stabilito. Affermare, come si fa di continuo,che il tessuto nerveo è esteso e lo spirito è inesteso èpronunciare due proposizioni non solo contrarie fra loro,ma anche contraddittorie. Osserviamo un caso sempli-cissimo, il più semplice che sia dato studiare: nell'idra,

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forme ai fatti che un semplice parallelismo, dove non èimplicato il concetto di azione reciproca; e più fecondascientificamente, poichè ne possiamo ricavare alcune le-gittime inferenze. Delle quali due sono principali e disomma importanza. La prima è che, dalle associazioni lequali sempre e dovunque si vanno componendo e scom-ponendo tra i fatti psichici uguali e diversi, bisogna infe-rire alla continuità dinamica del sistema nervoso. Questainferenza è legittima: di fatti tacitamente tutti i fisiologise ne sono serviti; l’istologia sembra che abbia conclusoalla mancanza di anastomosi, cioè alla discontinuitàmorfologica degli elementi nervei; la fisica e la chimicafisiologiche nulla hanno potuto assodare sul modo dipropagarsi e sulla natura del moto nervoso, per la diffi-coltà di questa ricerca; rimane la fisiologia psicologica,la quale, se non ha basi istologiche, non può a menod'invadere il campo della psicologia o tacere; e nondi-meno non vi ha alcuno che dubiti della continuità dina-mica del sistema nervoso. È dunque di capitale impor-tanza questa scoperta che scaturisce dal rapporto psico-fisico.

La seconda inferenza è, che dalla estensione del siste-ma nervoso s'inferisce la estensione del fatto psichico.Anch'essa è legittima dal momento che il rapporto psi-cofisico è stabilito. Affermare, come si fa di continuo,che il tessuto nerveo è esteso e lo spirito è inesteso èpronunciare due proposizioni non solo contrarie fra loro,ma anche contraddittorie. Osserviamo un caso sempli-cissimo, il più semplice che sia dato studiare: nell'idra,

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quale ce la descrive l'Häkel28, ogni cellula della coppaesterna è una cellula che comprende in sè tutte le fun-zioni che poi nell'evoluzione si separano specializzando-si nei tessuti muscolari e nervosi; è dunque una cellulaneuro-muscolare, avendo un filamento contrattile versol'interno e la parte esterna, arrotondata e nucleata, sensi-bile. Qui avviene il fatto psichico: cioè nelle molecole, oalmeno, in alcune molecole, o, sia pure, in una molecoladella cellula. Ma dunque il fatto psichico occupa, è laparola più circospetta che si possa usare, una estensionequalunque. Se si toglie l'estensione al fatto psichico, losi relega al di fuori della cellula, in uno zero a cui nonrisponde alcun concetto scientifico. La questione noncambia, trasportandola in organismi a sistema nervosocentralizzato. Se in un punto ha luogo il fenomeno psi-chico, questo punto è esteso, e solo la metafìsica, perora, può conciliare un fatto inesteso con uno esteso dacui derivi. Si dirà, per esempio, che una impressione didolore è un fatto interno, mentre la caduta di un corpo èun fatto esterno. Ma che cosa vuol dire, fatto esterno?nulla altro, se non il nostro modo di vedere alcuni feno-meni che sono pure essi interni29. Perchè la mia perce-zione del fatto della caduta di un corpo è fenomeno psi-

28 E. Haeckel – Essais de psychologie cellulaire – tr. Soury –Baillière, Paris, ’80 – C 3. pag. 137.

29 A questa conclusione, della relatività di ogni fenomeno allanostra psiche, è giunto, e amo ricordarlo, senza, a quanto pare,averne notizia dai filosofi, un puro e illustre naturalista, Max Ver-worn – Fisiologia generale – Bocca, Torino '98 – C. 1.

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quale ce la descrive l'Häkel28, ogni cellula della coppaesterna è una cellula che comprende in sè tutte le fun-zioni che poi nell'evoluzione si separano specializzando-si nei tessuti muscolari e nervosi; è dunque una cellulaneuro-muscolare, avendo un filamento contrattile versol'interno e la parte esterna, arrotondata e nucleata, sensi-bile. Qui avviene il fatto psichico: cioè nelle molecole, oalmeno, in alcune molecole, o, sia pure, in una molecoladella cellula. Ma dunque il fatto psichico occupa, è laparola più circospetta che si possa usare, una estensionequalunque. Se si toglie l'estensione al fatto psichico, losi relega al di fuori della cellula, in uno zero a cui nonrisponde alcun concetto scientifico. La questione noncambia, trasportandola in organismi a sistema nervosocentralizzato. Se in un punto ha luogo il fenomeno psi-chico, questo punto è esteso, e solo la metafìsica, perora, può conciliare un fatto inesteso con uno esteso dacui derivi. Si dirà, per esempio, che una impressione didolore è un fatto interno, mentre la caduta di un corpo èun fatto esterno. Ma che cosa vuol dire, fatto esterno?nulla altro, se non il nostro modo di vedere alcuni feno-meni che sono pure essi interni29. Perchè la mia perce-zione del fatto della caduta di un corpo è fenomeno psi-

28 E. Haeckel – Essais de psychologie cellulaire – tr. Soury –Baillière, Paris, ’80 – C 3. pag. 137.

29 A questa conclusione, della relatività di ogni fenomeno allanostra psiche, è giunto, e amo ricordarlo, senza, a quanto pare,averne notizia dai filosofi, un puro e illustre naturalista, Max Ver-worn – Fisiologia generale – Bocca, Torino '98 – C. 1.

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chico. Si dirà che si può misurare, e che dunque è este-so, mentre la percezione di un dolore sfugge a quellamisura. Che cosa vuol dire misurare? vuol dire fare,mercè la nostra intelligenza, una relazione fra cose omo-genee. Così, ad esempio, l'atomo è unità di misura chi-mica, e si può adoperare, mettiamo, in biologia solo inquanto la chimica entra a spiegare i processi della vita.Potrà dunque misurare il fatto psichico solo in quanto viha di comune fra questo e l'affinità dei corpi, cioè nellasua base organica. Adottando una unità di misura piùgenerale e comprensiva, per esempio l’energia, chi puònegare la sua attitudine a misurare del pari il fatto chi-mico e quello psichico? tutta la corrente scientifica deinostri giorni ne fa fede, e la proposta di sostituirel’energetica alla teoria atomica è sintomo assai signifi-cativo. Tutto questo non colma il cosiddetto salto esi-stente tra la biologia e la psicologia, come un salto deltutto consimile esiste fra la fisica e la chimica: ogniscienza fondamentale studia un fatto nuovo; cioè, psico-logicamente parlando, le qualità, ossia i modi diversicon cui tutti i fenomeni ci si presentano all'osservazione,danno ragione di altrettante scienze fondamentali. E frapoco vedremo che questo salto deve esser consideratocome qualcosa di primo e di irreducibile senza tema diandar contro l'esigenza scientifica.

Riepilogando adunque, dalla proporzione psicofisicaderivano come corollarj, da una parte la necessità di unacontinuità dinamica del tessuto nerveo, dall'altra partequella di considerare la psiche estesa come il sistema

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chico. Si dirà che si può misurare, e che dunque è este-so, mentre la percezione di un dolore sfugge a quellamisura. Che cosa vuol dire misurare? vuol dire fare,mercè la nostra intelligenza, una relazione fra cose omo-genee. Così, ad esempio, l'atomo è unità di misura chi-mica, e si può adoperare, mettiamo, in biologia solo inquanto la chimica entra a spiegare i processi della vita.Potrà dunque misurare il fatto psichico solo in quanto viha di comune fra questo e l'affinità dei corpi, cioè nellasua base organica. Adottando una unità di misura piùgenerale e comprensiva, per esempio l’energia, chi puònegare la sua attitudine a misurare del pari il fatto chi-mico e quello psichico? tutta la corrente scientifica deinostri giorni ne fa fede, e la proposta di sostituirel’energetica alla teoria atomica è sintomo assai signifi-cativo. Tutto questo non colma il cosiddetto salto esi-stente tra la biologia e la psicologia, come un salto deltutto consimile esiste fra la fisica e la chimica: ogniscienza fondamentale studia un fatto nuovo; cioè, psico-logicamente parlando, le qualità, ossia i modi diversicon cui tutti i fenomeni ci si presentano all'osservazione,danno ragione di altrettante scienze fondamentali. E frapoco vedremo che questo salto deve esser consideratocome qualcosa di primo e di irreducibile senza tema diandar contro l'esigenza scientifica.

Riepilogando adunque, dalla proporzione psicofisicaderivano come corollarj, da una parte la necessità di unacontinuità dinamica del tessuto nerveo, dall'altra partequella di considerare la psiche estesa come il sistema

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nervoso.Lo Spencer, che pure così minutamente e acutamente

analizza il parallelismo fisiopsichico, e lo stesso Wundt,che dal suo primo indirizzo doveva affacciarsi alla psi-cologia scevro di vedute, mi si perdoni la infeliceespressione, centralistiche (ossia che v'abbia qualcosa dicentrale, inesteso, che riceve le impressioni direttamen-te, non si sa per qual tramite, e le fa coscienti, integran-dole nella loro forma e contenuto, non si sa in chemodo, e immagazzinandole, non si sa dove, e riprodu-cendole, per un inesplicabile moto vibratorio); lo Spen-cer e il Wundt dico, non si propongono la prima conse-guenza del parallelismo, quando questo non vada intesocome qualcosa di schematico inerte e vano; e spessosono tratti a dar contro la seconda.

Lo Spencer spiega i suoi stati di coscienza in questomodo: Il flutto di azione molecolare che si sprigiona daun ganglio imperfettamente organizzato al principio del-la vita, non trovando canali sufficienti per isfuggire,passerà in parte in un centro superiore, svegliandovi unostato di coscienza30. L'affermazione, che lo stato co-scienza si realizza solamente nella sostanza grigia delmantello cerebrale si basa forse sopra un'induzione?Tutt'altro. Le induzioni, e i due illustri psicologi ne fan-no continuamente validissime, le induzioni riescono alleleggi generali delle funzioni centrali, quali sono formu-

30 Spencer – libro c. P. I. C. 6.

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nervoso.Lo Spencer, che pure così minutamente e acutamente

analizza il parallelismo fisiopsichico, e lo stesso Wundt,che dal suo primo indirizzo doveva affacciarsi alla psi-cologia scevro di vedute, mi si perdoni la infeliceespressione, centralistiche (ossia che v'abbia qualcosa dicentrale, inesteso, che riceve le impressioni direttamen-te, non si sa per qual tramite, e le fa coscienti, integran-dole nella loro forma e contenuto, non si sa in chemodo, e immagazzinandole, non si sa dove, e riprodu-cendole, per un inesplicabile moto vibratorio); lo Spen-cer e il Wundt dico, non si propongono la prima conse-guenza del parallelismo, quando questo non vada intesocome qualcosa di schematico inerte e vano; e spessosono tratti a dar contro la seconda.

Lo Spencer spiega i suoi stati di coscienza in questomodo: Il flutto di azione molecolare che si sprigiona daun ganglio imperfettamente organizzato al principio del-la vita, non trovando canali sufficienti per isfuggire,passerà in parte in un centro superiore, svegliandovi unostato di coscienza30. L'affermazione, che lo stato co-scienza si realizza solamente nella sostanza grigia delmantello cerebrale si basa forse sopra un'induzione?Tutt'altro. Le induzioni, e i due illustri psicologi ne fan-no continuamente validissime, le induzioni riescono alleleggi generali delle funzioni centrali, quali sono formu-

30 Spencer – libro c. P. I. C. 6.

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late dal Wundt31. E sono: 1.° Ogni elemento nervoso èlegato ad altri, e questa unione lo fa atto a esercitarefunzioni fisiologiche (sappiamo che questa proposizioneha valore solo quando sia fatta per inferenza dalla pro-porzione psicofisica); 2.° Nessun elemento compisceatti specifici, ma la forma della sua funzione dipendedalle unioni e relazioni sue; 3.° (corollario del preceden-te) quindi può assumere una funzione vicariante; 4.° lelocalizzazioni dipendono da queste connessioni funzio-nali; 5.° Ogni elemento è tanto più atto a una funzionedeterminata, quanto più le condizioni esteriori l’hannoobbligato a esercitare questa funzione. Se queste propo-sizioni, e in ispecie quella fondamentale della indiffe-renza funzionale, sono valide, come si può conchiudere,parlando anche del più semplice degli atti psichici, chequesto avvenga per una specie di potere centrale, e di-venti cosciente solo nel cervello? Tutto ciò che si puòdire, accoppiando l’osservazione ai dati di quelle propo-sizioni, è che la serie dei fatti più semplici si compie nelseguente modo32: 1.° Un'azione esterna al sistema ner-voso modifica le estremità nervose; 2.° una eccitazionele segue immediatamente, e quindi è cosciente e locale;3.° salvo poi la complicazione della eccitazione volonta-ria che si traduce in movimento. Dal momento in cuil'azione esterna viene esercitata al momento in cui appa-re la reazione volontaria in forma di movimento passa

31 Wundt – libro c. Sez. I. C. 5 – II.32 conf. Panizza – libro c. P. III. C. 1.

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late dal Wundt31. E sono: 1.° Ogni elemento nervoso èlegato ad altri, e questa unione lo fa atto a esercitarefunzioni fisiologiche (sappiamo che questa proposizioneha valore solo quando sia fatta per inferenza dalla pro-porzione psicofisica); 2.° Nessun elemento compisceatti specifici, ma la forma della sua funzione dipendedalle unioni e relazioni sue; 3.° (corollario del preceden-te) quindi può assumere una funzione vicariante; 4.° lelocalizzazioni dipendono da queste connessioni funzio-nali; 5.° Ogni elemento è tanto più atto a una funzionedeterminata, quanto più le condizioni esteriori l’hannoobbligato a esercitare questa funzione. Se queste propo-sizioni, e in ispecie quella fondamentale della indiffe-renza funzionale, sono valide, come si può conchiudere,parlando anche del più semplice degli atti psichici, chequesto avvenga per una specie di potere centrale, e di-venti cosciente solo nel cervello? Tutto ciò che si puòdire, accoppiando l’osservazione ai dati di quelle propo-sizioni, è che la serie dei fatti più semplici si compie nelseguente modo32: 1.° Un'azione esterna al sistema ner-voso modifica le estremità nervose; 2.° una eccitazionele segue immediatamente, e quindi è cosciente e locale;3.° salvo poi la complicazione della eccitazione volonta-ria che si traduce in movimento. Dal momento in cuil'azione esterna viene esercitata al momento in cui appa-re la reazione volontaria in forma di movimento passa

31 Wundt – libro c. Sez. I. C. 5 – II.32 conf. Panizza – libro c. P. III. C. 1.

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un certo tempo che costituisce il così detto tempo direazione, nel quale il Wundt e gli altri esperimentatoriincludono quegli atti centrali de' quali non c'è prova in-duttiva; tempo di reazione che, come giustamente osser-va il Panizza, non meritava, per la sua estrema relativitàa mille fattori individuali, tante e così pazienti ricerchequali furono fatte in questi tempi.

Quanto poi alla riproduzione dei fatti psichici, essa ècomunemente attribuita a una disposizione funzionaledel sistema nervoso33.

Il parallelismo psico-fisico conduce a ritenere i fattiemotivo, conoscitivo e volontario come effetti della mo-dificazione, o, se si vuole, della disintegrazione deglielementi nervosi di qualunque genere.

Però si potrebbe infirmare questa e le precedenti con-clusioni quando si dubitasse del valore del parallelismopsico-fisico, per una ragione poco prima accennata, eche pertiene al campo della filosofia. Si può cioè negareal parallelismo ogni valore di scoperta, fin che il fattopsichico non sia ridotto a fatto fisiologico; o, in altre pa-role, finchè non sia colmato il salto, onde la psichicità diun fenomeno appare come qualcosa di nuovo e comple-tamente staccata dai fenomeni studiati dalla biologia.Per tentar di dissipare questo malinteso scientifico, chepotrebbe ripetersi a principio di ogni scienza fondamen-tale, di cui la trattazione a parte è appunto dovuta alla

33 Wundt – libro c. S. – IV. C. 15. – II., Sergi – libro c, C. 14;e L’origine dei fenomeni psichici e loro significazione biologica.– Dumolard, Milano, '85. – C. 5.

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un certo tempo che costituisce il così detto tempo direazione, nel quale il Wundt e gli altri esperimentatoriincludono quegli atti centrali de' quali non c'è prova in-duttiva; tempo di reazione che, come giustamente osser-va il Panizza, non meritava, per la sua estrema relativitàa mille fattori individuali, tante e così pazienti ricerchequali furono fatte in questi tempi.

Quanto poi alla riproduzione dei fatti psichici, essa ècomunemente attribuita a una disposizione funzionaledel sistema nervoso33.

Il parallelismo psico-fisico conduce a ritenere i fattiemotivo, conoscitivo e volontario come effetti della mo-dificazione, o, se si vuole, della disintegrazione deglielementi nervosi di qualunque genere.

Però si potrebbe infirmare questa e le precedenti con-clusioni quando si dubitasse del valore del parallelismopsico-fisico, per una ragione poco prima accennata, eche pertiene al campo della filosofia. Si può cioè negareal parallelismo ogni valore di scoperta, fin che il fattopsichico non sia ridotto a fatto fisiologico; o, in altre pa-role, finchè non sia colmato il salto, onde la psichicità diun fenomeno appare come qualcosa di nuovo e comple-tamente staccata dai fenomeni studiati dalla biologia.Per tentar di dissipare questo malinteso scientifico, chepotrebbe ripetersi a principio di ogni scienza fondamen-tale, di cui la trattazione a parte è appunto dovuta alla

33 Wundt – libro c. S. – IV. C. 15. – II., Sergi – libro c, C. 14;e L’origine dei fenomeni psichici e loro significazione biologica.– Dumolard, Milano, '85. – C. 5.

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presenza di questo quid suo peculiare, bisogna affronta-re il problema dal lato filosofico; e non per la prima vol-ta, perchè come filosofi lo trattano lo Spencer, il Wundt,l'Ardigò.

Il problema è questo: si può spiegare perchè da unfatto fisiologico, oggettivo, cioè da un movimento dellamateria, risulti il pensiero, cioè un fatto sentito come af-fezione del proprio me, ossia di qualità diversa dal fattofisiologico?

Lo Spencer risponde: no. E giunge a due conclusionidegne degli antichi scettici: la sostanza dello spirito re-sta inconoscibile34; la esistenza oggettiva resta del pariinconoscibile35.

Il Wundt da prima nega anch'egli: il punto di vistapsicofisico non può cercare di accostarsi al problemadell'essere; il suo compito si limita a dare più estensioneai concetti ipotetici che la scienza naturale ha comincia-to a formare36. Poi, pur non ammettendo nessuna identi-tà tra i fatti psichici e quelli fisici, sale a un ordine piùalto d'idee, e li afferma come due modi di vedere la me-desima cosa riunita nell’individuo psicofisico37. Questaveduta si trova più completa nell'Ardigò.

Il Bain riconosce il parallelismo38, ma al tempo stessoproclama dalle prime righe del suo libro che lo spirito è

34 Spencer – libro c. P. II. C. 1.35 Spencer – libro c. P. VII. C. 19.36 Wundt – libro c. S. VI. C. 24-III.37 Cf. specialmente Wundt – Gundriss der Psychologie.38 Bain – libro c. Introd. C. 2.

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presenza di questo quid suo peculiare, bisogna affronta-re il problema dal lato filosofico; e non per la prima vol-ta, perchè come filosofi lo trattano lo Spencer, il Wundt,l'Ardigò.

Il problema è questo: si può spiegare perchè da unfatto fisiologico, oggettivo, cioè da un movimento dellamateria, risulti il pensiero, cioè un fatto sentito come af-fezione del proprio me, ossia di qualità diversa dal fattofisiologico?

Lo Spencer risponde: no. E giunge a due conclusionidegne degli antichi scettici: la sostanza dello spirito re-sta inconoscibile34; la esistenza oggettiva resta del pariinconoscibile35.

Il Wundt da prima nega anch'egli: il punto di vistapsicofisico non può cercare di accostarsi al problemadell'essere; il suo compito si limita a dare più estensioneai concetti ipotetici che la scienza naturale ha comincia-to a formare36. Poi, pur non ammettendo nessuna identi-tà tra i fatti psichici e quelli fisici, sale a un ordine piùalto d'idee, e li afferma come due modi di vedere la me-desima cosa riunita nell’individuo psicofisico37. Questaveduta si trova più completa nell'Ardigò.

Il Bain riconosce il parallelismo38, ma al tempo stessoproclama dalle prime righe del suo libro che lo spirito è

34 Spencer – libro c. P. II. C. 1.35 Spencer – libro c. P. VII. C. 19.36 Wundt – libro c. S. VI. C. 24-III.37 Cf. specialmente Wundt – Gundriss der Psychologie.38 Bain – libro c. Introd. C. 2.

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inesteso39.A tutti questi scienziati risponde l'Ardigò, che in ciò

si rivela massimo tra i filosofi del positivismo; egli dice:il domandarsi come l'esteso (materia) diventi l’inesteso(pensiero) è porre male il problema; perchè anche l'este-so è un pensiero e si viene a paragonare con un altropensiero. È l’abitudine che ci fa considerare come sog-gettive le note del pensiero, oggettive quelle della mate-rialità. Allora il problema viene ad essere pari a tutti glialtri problemi, dove si ricerca la causalità: solamenteche i due fenomeni confrontati non appartengono tutti edue al mondo fisico o al mondo psichico, ma a quellaunità che si può chiamare mondo psico-fisico con lostesso diritto, con cui si foggia, per astrazione, il mondofisico e il mondo psichico.

Ma che cosa vuol dire, cercare le cause che leganodue fenomeni appartenenti allo stesso ordine di cogni-zioni? Non altro, se non cercare le correlazioni di coesi-stenza e di successione. Cioè cercare le leggi, basandosisulla somiglianza. Le quali leggi non danno già le essen-ze, ossia il perchè ultimo dei fenomeni, poichè l'essenzavera rimane ignota, e quello che chiamiamo essenza nonè che l'astrazione dei fatti osservati che si riducono tuttia coesistenze e successioni. Così la sensazione non èuna sostanza, opponibile a un'altra, ma una qualità, cioèuna proprietà; così non c'è più bisogno di avere da unaparte il senso che dia l'oggetto esteso, dall'altra l’intel-

39 Bain – l. s. c. C. 1.

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inesteso39.A tutti questi scienziati risponde l'Ardigò, che in ciò

si rivela massimo tra i filosofi del positivismo; egli dice:il domandarsi come l'esteso (materia) diventi l’inesteso(pensiero) è porre male il problema; perchè anche l'este-so è un pensiero e si viene a paragonare con un altropensiero. È l’abitudine che ci fa considerare come sog-gettive le note del pensiero, oggettive quelle della mate-rialità. Allora il problema viene ad essere pari a tutti glialtri problemi, dove si ricerca la causalità: solamenteche i due fenomeni confrontati non appartengono tutti edue al mondo fisico o al mondo psichico, ma a quellaunità che si può chiamare mondo psico-fisico con lostesso diritto, con cui si foggia, per astrazione, il mondofisico e il mondo psichico.

Ma che cosa vuol dire, cercare le cause che leganodue fenomeni appartenenti allo stesso ordine di cogni-zioni? Non altro, se non cercare le correlazioni di coesi-stenza e di successione. Cioè cercare le leggi, basandosisulla somiglianza. Le quali leggi non danno già le essen-ze, ossia il perchè ultimo dei fenomeni, poichè l'essenzavera rimane ignota, e quello che chiamiamo essenza nonè che l'astrazione dei fatti osservati che si riducono tuttia coesistenze e successioni. Così la sensazione non èuna sostanza, opponibile a un'altra, ma una qualità, cioèuna proprietà; così non c'è più bisogno di avere da unaparte il senso che dia l'oggetto esteso, dall'altra l’intel-

39 Bain – l. s. c. C. 1.

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letto che lo rischiari e lo renda conoscibile con la sualuce ideale. Esteso e inesteso sono proprietà che si pos-son ridurre sotto una medesima legge (psicofisica) nonaltrimenti di come si riducono sotto una legge il motodel martello che batte l' incudine e il calore che in que-sta si sviluppa.

Ecco il pensiero sintetizzato di quanto l'Ardigò svolgenel suo meraviglioso libro40.

Al che mi permetto alcune osservazioni.Parlare di una sostanza vera e ignota, di un perchè ul-

timo di ogni fenomeno, è togliere una difficoltà percrearne una maggiore, e chiudere la via al monismoscientifico, scopo finale di tutto lo scibile. Le parole, so-stanza, essenza, sono astrazioni non solo filosofiche, maanche metafisiche: difatti l'Ardigò conviene nel dire chenulla vi corrisponde in ciò che per noi è la realtà. E dire,come lo Spencer, che vi è una realtà diversa da quellache noi conosciamo, è fare un perfetto sofisma, perchèanche l'idea di realtà è relativa alla nostra conoscenza.Se la legge con la quale noi, per adoperare l'esempiodell'Ardigò, spieghiamo la trasformazione del moto delmartello nel calore dell'incudine non è che una sintesi dirapporti, e non rivela affatto il perchè ultimo che sta infondo a quella trasformazione, che cosa mai, nel mondodel sensibile, ci porge un fulcro, ove appoggiarci per af-fermare l’esistenza di questo perchè ultimo? E come si

40 R. Ardigò – La psicologia come scienza positiva – Operefilosofiche Vol. V. – Mantova, '82.

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letto che lo rischiari e lo renda conoscibile con la sualuce ideale. Esteso e inesteso sono proprietà che si pos-son ridurre sotto una medesima legge (psicofisica) nonaltrimenti di come si riducono sotto una legge il motodel martello che batte l' incudine e il calore che in que-sta si sviluppa.

Ecco il pensiero sintetizzato di quanto l'Ardigò svolgenel suo meraviglioso libro40.

Al che mi permetto alcune osservazioni.Parlare di una sostanza vera e ignota, di un perchè ul-

timo di ogni fenomeno, è togliere una difficoltà percrearne una maggiore, e chiudere la via al monismoscientifico, scopo finale di tutto lo scibile. Le parole, so-stanza, essenza, sono astrazioni non solo filosofiche, maanche metafisiche: difatti l'Ardigò conviene nel dire chenulla vi corrisponde in ciò che per noi è la realtà. E dire,come lo Spencer, che vi è una realtà diversa da quellache noi conosciamo, è fare un perfetto sofisma, perchèanche l'idea di realtà è relativa alla nostra conoscenza.Se la legge con la quale noi, per adoperare l'esempiodell'Ardigò, spieghiamo la trasformazione del moto delmartello nel calore dell'incudine non è che una sintesi dirapporti, e non rivela affatto il perchè ultimo che sta infondo a quella trasformazione, che cosa mai, nel mondodel sensibile, ci porge un fulcro, ove appoggiarci per af-fermare l’esistenza di questo perchè ultimo? E come si

40 R. Ardigò – La psicologia come scienza positiva – Operefilosofiche Vol. V. – Mantova, '82.

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può affermare, sia pure come possibile, l’esistenza di unqualcosa, di cui nulla ci offre un segno? In tal caso nonvi sarebbe differenza fra quello che si darebbe, quantun-que non provato, come esistente possibile e quello che siafferma, per contrapposizione di ciò che esiste, comenon esistente. Cioè, davanti alla nostra conoscenza, ilreale in sè e l'irreale avrebbero lo stesso valore. Bellissi-mo sofisma davvero!

Nel mondo della esperienza non vi è il perchè (essen-za) ma il come (rapporto). Chi si fosse fermato alla filo-sofia del Kant, che partiva da forme aprioristiche di co-noscenza, avrebbe potuto trovare una ragione, di am-mettere l’esistenza di questo perchè ultimo, nel fatto,che noi lo ritroviamo come un postulato della nostramente. Ma ciò non sarebbe coerente in noi, che possia-mo spiegare la presenza in noi di tale esigenza raziona-le, come uno dei tanti fenomeni di associazione costrut-tiva. Ma dunque bisogna esser positivisti sino alla fine,e negare assolutamente questa essenza ultima, alla qualenon un solo fatto esiste che possa offrire un punto di ap-poggio; e la quale ammettendo, crollerebbe tutto l’edifi-cio logico su cui si basano le nostre cognizioni, aprendola porta allo scetticismo, ch'è figlio primogenito dellaignoranza. È questa la risposta più esauriente che si pos-sa dare al famoso ignorabimus di Du Bois-Reymond.

Così al tempo stesso abbiamo garentite le nostre con-clusioni tratte dal parallelismo psicofisico, e abbiamo al-tresì garentita la legittimità della psicologia come scien-za a sè, cioè fondamentale, cioè induttivo-deduttiva

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può affermare, sia pure come possibile, l’esistenza di unqualcosa, di cui nulla ci offre un segno? In tal caso nonvi sarebbe differenza fra quello che si darebbe, quantun-que non provato, come esistente possibile e quello che siafferma, per contrapposizione di ciò che esiste, comenon esistente. Cioè, davanti alla nostra conoscenza, ilreale in sè e l'irreale avrebbero lo stesso valore. Bellissi-mo sofisma davvero!

Nel mondo della esperienza non vi è il perchè (essen-za) ma il come (rapporto). Chi si fosse fermato alla filo-sofia del Kant, che partiva da forme aprioristiche di co-noscenza, avrebbe potuto trovare una ragione, di am-mettere l’esistenza di questo perchè ultimo, nel fatto,che noi lo ritroviamo come un postulato della nostramente. Ma ciò non sarebbe coerente in noi, che possia-mo spiegare la presenza in noi di tale esigenza raziona-le, come uno dei tanti fenomeni di associazione costrut-tiva. Ma dunque bisogna esser positivisti sino alla fine,e negare assolutamente questa essenza ultima, alla qualenon un solo fatto esiste che possa offrire un punto di ap-poggio; e la quale ammettendo, crollerebbe tutto l’edifi-cio logico su cui si basano le nostre cognizioni, aprendola porta allo scetticismo, ch'è figlio primogenito dellaignoranza. È questa la risposta più esauriente che si pos-sa dare al famoso ignorabimus di Du Bois-Reymond.

Così al tempo stesso abbiamo garentite le nostre con-clusioni tratte dal parallelismo psicofisico, e abbiamo al-tresì garentita la legittimità della psicologia come scien-za a sè, cioè fondamentale, cioè induttivo-deduttiva

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(astratto concreta)41, avendole serbato un oggetto, o,dirò meglio, una proprietà sui generis come oggetto distudio.

41 Per la questione della divisione delle scienze e dei metodivedi Asturaro – La sociologia, i suoi metodi e le sue scoperte –Libreria editrice ligure, Genova, ‘97. specialmente C. 1., 4. e 5.

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(astratto concreta)41, avendole serbato un oggetto, o,dirò meglio, una proprietà sui generis come oggetto distudio.

41 Per la questione della divisione delle scienze e dei metodivedi Asturaro – La sociologia, i suoi metodi e le sue scoperte –Libreria editrice ligure, Genova, ‘97. specialmente C. 1., 4. e 5.

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III.

Possiamo oramai stringere più da presso la questionech'è di mira precipua a quest'indagine, i rapporti che in-tercedono tra i fatti psichici più elementari: quei fattiche si ritrovano procedendo analiticamente, fin che sipuò, a ritroso dei fenomeni associativi. Ora , fin dove èpermesso al positivismo di spingere l’analisi? in altreparole, quale può essere il limite oltre cui la psiche è im-pervia e chiusa alla ricerca scientifica? Porre questaquestione significa perdersi in quel circolo vizioso, incui tanti illustri psicologi si sono aggirati. Noi abbiamocercato dimostrare che dove è psiche quivi è pure co-scienza: l’un vocabolo è sinonimo dell'altro, perchè co-scienza non vuol dire il tale o il tal altro complesso difatti psichici, ma esprime la qualità che differenzia ilfatto psichico dal biologico, dal chimico, ecc.

Dire che prima della coscienza vi sono fenomeni psi-chici e incoscienti, è dire un assurdo; è cadere in con-traddizione al pari di chi afferma la divinità come incon-cepibile, cioè come inaffermabile. Se dunque tutto quel-lo che ha carattere psichico sta, o può stare nel campo

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III.

Possiamo oramai stringere più da presso la questionech'è di mira precipua a quest'indagine, i rapporti che in-tercedono tra i fatti psichici più elementari: quei fattiche si ritrovano procedendo analiticamente, fin che sipuò, a ritroso dei fenomeni associativi. Ora , fin dove èpermesso al positivismo di spingere l’analisi? in altreparole, quale può essere il limite oltre cui la psiche è im-pervia e chiusa alla ricerca scientifica? Porre questaquestione significa perdersi in quel circolo vizioso, incui tanti illustri psicologi si sono aggirati. Noi abbiamocercato dimostrare che dove è psiche quivi è pure co-scienza: l’un vocabolo è sinonimo dell'altro, perchè co-scienza non vuol dire il tale o il tal altro complesso difatti psichici, ma esprime la qualità che differenzia ilfatto psichico dal biologico, dal chimico, ecc.

Dire che prima della coscienza vi sono fenomeni psi-chici e incoscienti, è dire un assurdo; è cadere in con-traddizione al pari di chi afferma la divinità come incon-cepibile, cioè come inaffermabile. Se dunque tutto quel-lo che ha carattere psichico sta, o può stare nel campo

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della coscienza, se la sensazione e la percezione già findal loro inizio sono come tali coscienti, non si può di-sperare di giungere a separare i fatti elementari daigruppi più complessi che in noi adulti si presentanochiari e distinti all'osservazione.

Ho parlato di sensazione e percezione al tempo stes-so, perchè presso gli autori contemporanei troviamosempre descritti come primi e più semplici questi duefatti. Le due espressioni hanno però un valore molto on-deggiante, e non da tutti sono adoperate con lo stesso si-gnificato; non solo, ma spesso l'una è scambiata conl'altra. Per il Bain, tra i modi primari di coscienza pareche si comprenda solo la sensazione: la quale sarebbecostituita da impressioni mentali, sentimenti, stati di co-scienza risultanti dall'azione di cause esterne su qualcheparte del corpo. Comprenderebbe dunque tutto ciò cheimmediatamente ci è dato dal senso interno (senso mu-scolare, cenestesi ecc.) e dagli organi di senso esterni42.Percettiva in vece è l’attitudine oggettiva: quindi il ri-cordo, il risveglio di una somma totale di sensazionipassate essendo un effetto che varca di molto quellospeciale della sensazione attuale, noi possiamo chiamarequesto stato mentale una percezione, vale a dire qualco-sa di più che la semplice sensazione chiusa nell'impres-sione del momento. Tale, sempre secondo il Bain, sareb-be lo spazio43.

42 Bain – libro c. P. I. C. 24.43 A Bain – Les émotions et la volonté – tr. Le Monnier, Al-

can, Paris ’85 – P. II C. 13.

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della coscienza, se la sensazione e la percezione già findal loro inizio sono come tali coscienti, non si può di-sperare di giungere a separare i fatti elementari daigruppi più complessi che in noi adulti si presentanochiari e distinti all'osservazione.

Ho parlato di sensazione e percezione al tempo stes-so, perchè presso gli autori contemporanei troviamosempre descritti come primi e più semplici questi duefatti. Le due espressioni hanno però un valore molto on-deggiante, e non da tutti sono adoperate con lo stesso si-gnificato; non solo, ma spesso l'una è scambiata conl'altra. Per il Bain, tra i modi primari di coscienza pareche si comprenda solo la sensazione: la quale sarebbecostituita da impressioni mentali, sentimenti, stati di co-scienza risultanti dall'azione di cause esterne su qualcheparte del corpo. Comprenderebbe dunque tutto ciò cheimmediatamente ci è dato dal senso interno (senso mu-scolare, cenestesi ecc.) e dagli organi di senso esterni42.Percettiva in vece è l’attitudine oggettiva: quindi il ri-cordo, il risveglio di una somma totale di sensazionipassate essendo un effetto che varca di molto quellospeciale della sensazione attuale, noi possiamo chiamarequesto stato mentale una percezione, vale a dire qualco-sa di più che la semplice sensazione chiusa nell'impres-sione del momento. Tale, sempre secondo il Bain, sareb-be lo spazio43.

42 Bain – libro c. P. I. C. 24.43 A Bain – Les émotions et la volonté – tr. Le Monnier, Al-

can, Paris ’85 – P. II C. 13.

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Per il Wundt , nella sensazione pura si trovano già,come elementi costitutivi, qualità, intensità, tono di sen-timento. La percezione è invece il campo visivo dellacoscienza, che diventa punto visivo con l’appercezione,ed ha carattere volontario: così che sarebbe complemen-to necessario della sensazione44, e al tempo stesso, ri-spetto a questa considerata come pura, un tutto comples-so, ossia una rappresentazione (Vorstellung)45.

Citerò ancora l'Ardigò, secondo il quale la sensazioneè una osservazione attuale; la percezione per l’associa-zione di atti psichici che vi si effettua, è un esperimento.Questa è costituita da un ragionamento particolare, istin-tivo, abbreviato con l'abitudine e reso così inconsapevo-le46. Abbiamo già riportata la distinzione tra sensazionee percezione stabilita dal Sergi; per cui la prima sarebbeavvertita semplicemente come una modificazione orga-nica diffusa, e la seconda invece riferirebbe questa mo-dificazione a una causa eccitatrice esterna, ossia localiz-zandola47. In un'opera posteriore sembra si limiti a iden-tificare la sensazione come funzione della sensibilità, at-tribuendo poi alla percezione qualità e sentimento48.

Se a queste si aggiungessero le opinioni di tutti gli al-tri psicologi, apparrebbe sempre più visibile la disparità,l'incertezza e spesso l’oscurità loro: il che dimostra che

44 Wundt – libro c. S. II C. 6-1.45 Wundt – libro c. S. III. C. 11.-I.46 Ardigò – Il fatto ps. d. perc. c. P. II e IV.47 Sergi – libro c. C. 1.48 G. Sergi – Dolore e piacere – Dumolard, Milano '94 – C. 2.

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Per il Wundt , nella sensazione pura si trovano già,come elementi costitutivi, qualità, intensità, tono di sen-timento. La percezione è invece il campo visivo dellacoscienza, che diventa punto visivo con l’appercezione,ed ha carattere volontario: così che sarebbe complemen-to necessario della sensazione44, e al tempo stesso, ri-spetto a questa considerata come pura, un tutto comples-so, ossia una rappresentazione (Vorstellung)45.

Citerò ancora l'Ardigò, secondo il quale la sensazioneè una osservazione attuale; la percezione per l’associa-zione di atti psichici che vi si effettua, è un esperimento.Questa è costituita da un ragionamento particolare, istin-tivo, abbreviato con l'abitudine e reso così inconsapevo-le46. Abbiamo già riportata la distinzione tra sensazionee percezione stabilita dal Sergi; per cui la prima sarebbeavvertita semplicemente come una modificazione orga-nica diffusa, e la seconda invece riferirebbe questa mo-dificazione a una causa eccitatrice esterna, ossia localiz-zandola47. In un'opera posteriore sembra si limiti a iden-tificare la sensazione come funzione della sensibilità, at-tribuendo poi alla percezione qualità e sentimento48.

Se a queste si aggiungessero le opinioni di tutti gli al-tri psicologi, apparrebbe sempre più visibile la disparità,l'incertezza e spesso l’oscurità loro: il che dimostra che

44 Wundt – libro c. S. II C. 6-1.45 Wundt – libro c. S. III. C. 11.-I.46 Ardigò – Il fatto ps. d. perc. c. P. II e IV.47 Sergi – libro c. C. 1.48 G. Sergi – Dolore e piacere – Dumolard, Milano '94 – C. 2.

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la distinzione tra sensazione e percezione è artificiosa einfondata, cioè non segue le linee naturali di demarca-zione, secondo le quali si può scientificamente isolarel’un fatto dall’altro.

Generalmente pare che si trovi una certa preponde-ranza del tono di sentimento o sensibilità nella sensazio-ne, e dell'attitudine conoscitiva o rappresentativa nellapercezione. Allora, o si considera la sensazione comel'equivalente della impressione, ancora incosciente, cheha luogo nell'organo e si trasmette al cervello, dove siverifica la percezione quando noi riconosciamol’impressione. Sappiamo quanto ciò sia errato; in ognimodo parrebbe assurdo annoverare la sensazione tra ifatti psichici, e noi dovremmo incominciare dalla perce-zione e non da ciò che la precede. O la percezione è unacomplicazione della sensazione per cui ciò che impro-priamente si dice coscienza, cioè una coscienza di se-condo grado, rovescia e oggettivizza il contenuto dellasensazione. Perchè si compia tale operazione bisognache agisca un’associazione tra la nuova sensazione e al-tre già prima realizzate, che permettono di prenderel'atteggiamento con cui si esplica questa coscienza di se-condo grado: ma queste sensazioni anteriori già devonoessere state conosciute, cioè percepite. O la percezione èl’atto stesso conoscitivo che si unisce al sensitivo, giànel momento stesso della sensazione; cioè indica la pro-prietà medesima del nostro spirito di conoscere il conte-nuto della sensazione mentre ci è dato. A ciò si potrebbegiungere seguendo il Wundt, se questi non confondesse

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la distinzione tra sensazione e percezione è artificiosa einfondata, cioè non segue le linee naturali di demarca-zione, secondo le quali si può scientificamente isolarel’un fatto dall’altro.

Generalmente pare che si trovi una certa preponde-ranza del tono di sentimento o sensibilità nella sensazio-ne, e dell'attitudine conoscitiva o rappresentativa nellapercezione. Allora, o si considera la sensazione comel'equivalente della impressione, ancora incosciente, cheha luogo nell'organo e si trasmette al cervello, dove siverifica la percezione quando noi riconosciamol’impressione. Sappiamo quanto ciò sia errato; in ognimodo parrebbe assurdo annoverare la sensazione tra ifatti psichici, e noi dovremmo incominciare dalla perce-zione e non da ciò che la precede. O la percezione è unacomplicazione della sensazione per cui ciò che impro-priamente si dice coscienza, cioè una coscienza di se-condo grado, rovescia e oggettivizza il contenuto dellasensazione. Perchè si compia tale operazione bisognache agisca un’associazione tra la nuova sensazione e al-tre già prima realizzate, che permettono di prenderel'atteggiamento con cui si esplica questa coscienza di se-condo grado: ma queste sensazioni anteriori già devonoessere state conosciute, cioè percepite. O la percezione èl’atto stesso conoscitivo che si unisce al sensitivo, giànel momento stesso della sensazione; cioè indica la pro-prietà medesima del nostro spirito di conoscere il conte-nuto della sensazione mentre ci è dato. A ciò si potrebbegiungere seguendo il Wundt, se questi non confondesse

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il concetto di una percezione pura con quello di una per-cezione rappresentativa. In tal caso, l'unico possibile,non vi sarebbe differenza alcuna tra sensazione e perce-zione. Si giungerebbe alla conclusione che i due fattisono il medesimo visto sotto due diversi aspetti.

Quando si estenda il concetto di coscienza a tutto ilcampo dei fenomeni psichici, non vi sono ragioni suffi-cienti per distinguere, nonchè nel tempo, neppure nellospazio una sensazione da una percezione. Aspettandochi abbia autorità di confermare, per designare il primodei fatti psichici, l’uno o l’altro di questi vocaboli, saràmeglio, per intenderci, ritornare alle denominazioni deifatti emotivi, conoscitivi (o intellettivi) e volontari, ovetutte le proprietà della sensazione-percezione sono com-prese, e ricercare le loro reazioni reciproche.

Oggi si suol chiamare tono di sentimento il fatto emo-tivo, nel suo modo di essere più generale e indetermina-to. Esso è costituito dal piacere o dal dolore. Sembra in-discutibile oramai che il dolore debba esser consideratocome correlativo di azioni nocive all'organismo o allaspecie, e il piacere di azioni utili, e manifestantesi nega-tivamente come cessazione del dolore o positivamente49.Quanto a quest'ultima distinzione, si potrebbe forse conbuone ragioni cercare le prove per affermare che ognipiacere consiste solo nella cessazione di un dolore; eforse si riuscirebbe a provare con certezza che il doloreprecede il piacere. Ma la discussione non ha molta utili-

49 Spencer – libro c. P. II. C. 9.

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il concetto di una percezione pura con quello di una per-cezione rappresentativa. In tal caso, l'unico possibile,non vi sarebbe differenza alcuna tra sensazione e perce-zione. Si giungerebbe alla conclusione che i due fattisono il medesimo visto sotto due diversi aspetti.

Quando si estenda il concetto di coscienza a tutto ilcampo dei fenomeni psichici, non vi sono ragioni suffi-cienti per distinguere, nonchè nel tempo, neppure nellospazio una sensazione da una percezione. Aspettandochi abbia autorità di confermare, per designare il primodei fatti psichici, l’uno o l’altro di questi vocaboli, saràmeglio, per intenderci, ritornare alle denominazioni deifatti emotivi, conoscitivi (o intellettivi) e volontari, ovetutte le proprietà della sensazione-percezione sono com-prese, e ricercare le loro reazioni reciproche.

Oggi si suol chiamare tono di sentimento il fatto emo-tivo, nel suo modo di essere più generale e indetermina-to. Esso è costituito dal piacere o dal dolore. Sembra in-discutibile oramai che il dolore debba esser consideratocome correlativo di azioni nocive all'organismo o allaspecie, e il piacere di azioni utili, e manifestantesi nega-tivamente come cessazione del dolore o positivamente49.Quanto a quest'ultima distinzione, si potrebbe forse conbuone ragioni cercare le prove per affermare che ognipiacere consiste solo nella cessazione di un dolore; eforse si riuscirebbe a provare con certezza che il doloreprecede il piacere. Ma la discussione non ha molta utili-

49 Spencer – libro c. P. II. C. 9.

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tà per la psicologia, e, per ora, sarebbe d'imbarazzo,quando si tratti di spiegare alcune emozioni piacevoli diordine molto complesso, appartenenti alla psiche umanae di animali, superiori. Invece quanto all'attribuire alpiacere e dolore una funzione protettiva dell'organismoe della specie, invano si potrebbe opporre, come provain contrario, la descrizione di alcune emozioni compli-cate, dove lo stimolo piacevole è dannoso all'individuo;si pensi che una semplice associazione per somiglianzabasterebbe a spiegare uno di questi fatti (per esempio,ingerire una sostanza tossica di sapore o di odore o diaspetto simile ad altra nutritiva), senza con ciò infirmarela legge.

Fra il piacere minimo e il dolore minimo si ammetteche vi siano stati sprovvisti di tono50. Il Bain chiamaquesti, stati neutri di eccitazione. È per noi importantericordarlo, perchè ne deriva un primo rapporto, stabilitodal Bain, col fatto intellettivo. Egli crede che gli stati dicoscienza troppo deboli per eccitare una emozione ba-stino all’intelligenza che se ne serve fino a raggiungerescopi elevatissimi. Mentre gli stati piacevoli o dolorosisospendono l'esercizio del discernimento, non fanno ilmedesimo gli stati neutri in genere; per cui la eccitazio-ne neutra si trova come transizione che conduce alla co-scienza intellettiva, la quale si basa sulla differenza e so-miglianza delle percezioni51.

50 Wundt – libro c. S. II. C. 10.51 Bain – Les ém. et la vol. e. P. II. C. 13.

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tà per la psicologia, e, per ora, sarebbe d'imbarazzo,quando si tratti di spiegare alcune emozioni piacevoli diordine molto complesso, appartenenti alla psiche umanae di animali, superiori. Invece quanto all'attribuire alpiacere e dolore una funzione protettiva dell'organismoe della specie, invano si potrebbe opporre, come provain contrario, la descrizione di alcune emozioni compli-cate, dove lo stimolo piacevole è dannoso all'individuo;si pensi che una semplice associazione per somiglianzabasterebbe a spiegare uno di questi fatti (per esempio,ingerire una sostanza tossica di sapore o di odore o diaspetto simile ad altra nutritiva), senza con ciò infirmarela legge.

Fra il piacere minimo e il dolore minimo si ammetteche vi siano stati sprovvisti di tono50. Il Bain chiamaquesti, stati neutri di eccitazione. È per noi importantericordarlo, perchè ne deriva un primo rapporto, stabilitodal Bain, col fatto intellettivo. Egli crede che gli stati dicoscienza troppo deboli per eccitare una emozione ba-stino all’intelligenza che se ne serve fino a raggiungerescopi elevatissimi. Mentre gli stati piacevoli o dolorosisospendono l'esercizio del discernimento, non fanno ilmedesimo gli stati neutri in genere; per cui la eccitazio-ne neutra si trova come transizione che conduce alla co-scienza intellettiva, la quale si basa sulla differenza e so-miglianza delle percezioni51.

50 Wundt – libro c. S. II. C. 10.51 Bain – Les ém. et la vol. e. P. II. C. 13.

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Si vede che il Bain ha esagerato l'induzione che si po-teva fondare su alcuni fatti. L'intelligenza umana, èvero, raggiunge gradi elevatissimi, in cui non solo ognisentimento tace, eccettuato il piacere intellettuale, ma èassolutamente necessaria la tranquillità d'animo comecondizione al potere analitico e sintetico di agire contutta la propria potenza. È anche vero il caso più sempli-ce, che un'emozione intensa toglie il potere di esaminarepersino l'oggetto che ne è cagione. Il piacere e dolore,fisici e morali, turbano l'osservazione, sia sopprimendo-la, sia influendo in modo che le comparazioni riescanomonche e parziali, e la conoscenza delle cose inadegua-ta. Perciò le donne, i fanciulli, i caratteri impressionabilie sentimentali vedono male o a modo loro ogni cosa.Nessuno potendo sottrarsi all'influenza del sentimento edelle passioni, non esisterà mai uno scienziato perfetto.Ma tutto ciò può bastare perchè si affermi che ogni fattointellettivo ha per condizione la mancanza, o l'abbassa-mento del tono di sentimento? Tutt'altro. Qui si parla diquei fatti intellettivi che potrebbero dirsi disinteressati;dovuti cioè al bisogno scientifico, o alla curiosità; opure a un bisogno non diretto nè immediato. E si notiche anche qui il sentimento agisce come stimolo, e risul-ta poi come conseguenza, il piacere del vero. Dunquenon sono fatti assolutamente disinteressati; spesso losono pochissimo, e la tranquillità d'animo, che li condi-ziona, è data dalla lontananza nel tempo o nello spaziodell'oggetto che arreca piacere o dolore. Ma interessa-mento significa appunto il dolore e piacere stessi, fisici

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Si vede che il Bain ha esagerato l'induzione che si po-teva fondare su alcuni fatti. L'intelligenza umana, èvero, raggiunge gradi elevatissimi, in cui non solo ognisentimento tace, eccettuato il piacere intellettuale, ma èassolutamente necessaria la tranquillità d'animo comecondizione al potere analitico e sintetico di agire contutta la propria potenza. È anche vero il caso più sempli-ce, che un'emozione intensa toglie il potere di esaminarepersino l'oggetto che ne è cagione. Il piacere e dolore,fisici e morali, turbano l'osservazione, sia sopprimendo-la, sia influendo in modo che le comparazioni riescanomonche e parziali, e la conoscenza delle cose inadegua-ta. Perciò le donne, i fanciulli, i caratteri impressionabilie sentimentali vedono male o a modo loro ogni cosa.Nessuno potendo sottrarsi all'influenza del sentimento edelle passioni, non esisterà mai uno scienziato perfetto.Ma tutto ciò può bastare perchè si affermi che ogni fattointellettivo ha per condizione la mancanza, o l'abbassa-mento del tono di sentimento? Tutt'altro. Qui si parla diquei fatti intellettivi che potrebbero dirsi disinteressati;dovuti cioè al bisogno scientifico, o alla curiosità; opure a un bisogno non diretto nè immediato. E si notiche anche qui il sentimento agisce come stimolo, e risul-ta poi come conseguenza, il piacere del vero. Dunquenon sono fatti assolutamente disinteressati; spesso losono pochissimo, e la tranquillità d'animo, che li condi-ziona, è data dalla lontananza nel tempo o nello spaziodell'oggetto che arreca piacere o dolore. Ma interessa-mento significa appunto il dolore e piacere stessi, fisici

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o morali. Ora questo fatto emotivo non abolisce per nul-la ogni altro intellettivo, ma solamente quello disinteres-sato: in altri termini, pone ai propri servigi l’atto discer-nitivo. E questo è il vero rapporto che bisognava stabili-re tra i due fatti, e su cui in seguito ritorneremo.

Inoltre, la legge del Bain, che già non ha valore trat-tandosi di psiche umana o molto evoluta, diviene assur-da trattandosi di psiche in generale, dove il fatto disinte-ressato è l'eccezione, e, in ogni modo, segue e non pre-cede i rimanenti.

Anche per lo Spencer la cognizione segue ed è condi-zionata dal tono di sentimento. Ma questa condizionenon è data soltanto dalla mancanza di piacere e dolore,ma più tosto dal fatto che mentre i toni di sentimentoproducono gli stati di coscienza, la cognizione consistenell'avvertire le relazioni fra questi stati. L'espressione –stato di coscienza – è errata, e racchiude un concetto dacui la psicologia oggi tende a liberarsi, essendo contra-rio alla logica dei fatti: non si può considerare la psichecome un casellario dove vanno a schierarsi, ognuna aposto suo, le modificazioni della coscienza, serbandosital quali, pronte al richiamo di stati consimili. Questomodo di vedere, assai comodo all'associazionismo, masenza possibile fondamento, deve cedere il posto al con-cetto moderno dell'attualismo, secondo cui ogni fatto ènuovo e attuale. Ma, per non complicar troppo la que-stione, ci basti, per appagare le esigenze scientifiche, dicambiare l'espressione – stato di coscienza – nell’altra –modo di coscienza. – E osserviamo se il rapporto stabili-

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o morali. Ora questo fatto emotivo non abolisce per nul-la ogni altro intellettivo, ma solamente quello disinteres-sato: in altri termini, pone ai propri servigi l’atto discer-nitivo. E questo è il vero rapporto che bisognava stabili-re tra i due fatti, e su cui in seguito ritorneremo.

Inoltre, la legge del Bain, che già non ha valore trat-tandosi di psiche umana o molto evoluta, diviene assur-da trattandosi di psiche in generale, dove il fatto disinte-ressato è l'eccezione, e, in ogni modo, segue e non pre-cede i rimanenti.

Anche per lo Spencer la cognizione segue ed è condi-zionata dal tono di sentimento. Ma questa condizionenon è data soltanto dalla mancanza di piacere e dolore,ma più tosto dal fatto che mentre i toni di sentimentoproducono gli stati di coscienza, la cognizione consistenell'avvertire le relazioni fra questi stati. L'espressione –stato di coscienza – è errata, e racchiude un concetto dacui la psicologia oggi tende a liberarsi, essendo contra-rio alla logica dei fatti: non si può considerare la psichecome un casellario dove vanno a schierarsi, ognuna aposto suo, le modificazioni della coscienza, serbandosital quali, pronte al richiamo di stati consimili. Questomodo di vedere, assai comodo all'associazionismo, masenza possibile fondamento, deve cedere il posto al con-cetto moderno dell'attualismo, secondo cui ogni fatto ènuovo e attuale. Ma, per non complicar troppo la que-stione, ci basti, per appagare le esigenze scientifiche, dicambiare l'espressione – stato di coscienza – nell’altra –modo di coscienza. – E osserviamo se il rapporto stabili-

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to dallo Spencer si verifica, portandolo nel campo deifenomeni elementari. Allora un modo di coscienza sem-plicissimo ci è dato da un piacere o dolore puro; e la co-gnizione più semplice ci è data dalla localizzazione diquesto piacere o dolore. Per lo Spencer, il primo dei duefatti è primario, il secondo secondario, e condizionatonon solo dal primo, ma da altri della stessa natura concui il primo viene paragonato.

Noi or ora vedremo che ciò non è esatto, perchè la lo-calizzazione anch'essa può esser data come fatto prima-rio, indipendentemente dal ricordo e dal confronto conaltri modi di coscienza. Per lo Spencer, al contrario,quella e ogni altro fatto discernitivo, consistendonell'avvertire una relazione fra i modi di coscienza, sonofatti secondari e associativi, che presuppongono il ricor-do, cioè il richiamo di altri modi; e il medesimo si dicadella coscienza intellettiva del Bain, la quale, esplican-dosi con un rapporto di differenza (o di somiglianza, cheè un modo di differenza), ha dunque bisogno di rievoca-re qualcosa che non è più presente.

Ora, se il fatto discernitivo non trovasse posto traquelli primari, costituirebbe semplicemente un fenome-no associativo e dovrebbe escludersi dai fenomeni ele-mentari della psiche.

Si badi però che, ad escludere il fatto discernitivo daquelli elementari e fondamentali, non basta provare cheesso viene dopo quello emotivo, ma bisogna dimostrare,come dicevamo, che esso si basa su un'associazione.

Quanto al primo di questi due quesiti, anche partendo

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to dallo Spencer si verifica, portandolo nel campo deifenomeni elementari. Allora un modo di coscienza sem-plicissimo ci è dato da un piacere o dolore puro; e la co-gnizione più semplice ci è data dalla localizzazione diquesto piacere o dolore. Per lo Spencer, il primo dei duefatti è primario, il secondo secondario, e condizionatonon solo dal primo, ma da altri della stessa natura concui il primo viene paragonato.

Noi or ora vedremo che ciò non è esatto, perchè la lo-calizzazione anch'essa può esser data come fatto prima-rio, indipendentemente dal ricordo e dal confronto conaltri modi di coscienza. Per lo Spencer, al contrario,quella e ogni altro fatto discernitivo, consistendonell'avvertire una relazione fra i modi di coscienza, sonofatti secondari e associativi, che presuppongono il ricor-do, cioè il richiamo di altri modi; e il medesimo si dicadella coscienza intellettiva del Bain, la quale, esplican-dosi con un rapporto di differenza (o di somiglianza, cheè un modo di differenza), ha dunque bisogno di rievoca-re qualcosa che non è più presente.

Ora, se il fatto discernitivo non trovasse posto traquelli primari, costituirebbe semplicemente un fenome-no associativo e dovrebbe escludersi dai fenomeni ele-mentari della psiche.

Si badi però che, ad escludere il fatto discernitivo daquelli elementari e fondamentali, non basta provare cheesso viene dopo quello emotivo, ma bisogna dimostrare,come dicevamo, che esso si basa su un'associazione.

Quanto al primo di questi due quesiti, anche partendo

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da un punto di vista diverso da quello degli psicologi so-pra ricordati, sembra che si debba pervenire all'afferma-zione , che la conoscenza segue il tono di sentimento. Difatti il piacere e il dolore hanno per base l'integrazione ela disintegrazione della sostanza organica; vale a direche data la sostanza organica eccitabile, non vi è d'uopodi altro perchè vi intervenga il dolore e il piacere; e, ingenerale, data una sostanza e la sua eccitabilità, può ve-rificarsi il dolore e piacere. Perciò in filosofia non è as-surda l'ipotesi di una psichicità atomica; nella disgrega-zione di due o più atomi che hanno affinità chimica, vi èla condizione di un qualcosa che equivalga al dolore: bi-sogna però dimostrare che vi sia l'equivalente sottorga-nico della eccitabilità. Il medesimo non può dirsi del fat-to conoscitivo; come vedremo esso ha bisogno come in-termediario, di quello emotivo; se le relazioni fra l'orga-nismo e l’ambiente fossero state tali, che, pur essendovila eccitabilità, non vi si fosse mai suscitato un dolore(cosa assurda), si scorge facilmente che la psiche nonavrebbe mai conosciuto cosa alcuna.

Quanto al secondo quesito, se il fatto discernitivoconsista in un'associazione, cioè sia secondario, possainvece trovarsi come primario, cioè semplice, non nesarà difficile la soluzione se, abbandonando gli autori, ciserviamo dell'osservazione diretta. Ricorro al solitoesperimento: mi pungo una mano. Astraggo, analizzan-do la mia coscienza, da ogni fatto di memoria e da ogniassociazione con i dati degli altri organi di senso. Quin-di io non so che cosa mi ha punto; anzi, non riferisco

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da un punto di vista diverso da quello degli psicologi so-pra ricordati, sembra che si debba pervenire all'afferma-zione , che la conoscenza segue il tono di sentimento. Difatti il piacere e il dolore hanno per base l'integrazione ela disintegrazione della sostanza organica; vale a direche data la sostanza organica eccitabile, non vi è d'uopodi altro perchè vi intervenga il dolore e il piacere; e, ingenerale, data una sostanza e la sua eccitabilità, può ve-rificarsi il dolore e piacere. Perciò in filosofia non è as-surda l'ipotesi di una psichicità atomica; nella disgrega-zione di due o più atomi che hanno affinità chimica, vi èla condizione di un qualcosa che equivalga al dolore: bi-sogna però dimostrare che vi sia l'equivalente sottorga-nico della eccitabilità. Il medesimo non può dirsi del fat-to conoscitivo; come vedremo esso ha bisogno come in-termediario, di quello emotivo; se le relazioni fra l'orga-nismo e l’ambiente fossero state tali, che, pur essendovila eccitabilità, non vi si fosse mai suscitato un dolore(cosa assurda), si scorge facilmente che la psiche nonavrebbe mai conosciuto cosa alcuna.

Quanto al secondo quesito, se il fatto discernitivoconsista in un'associazione, cioè sia secondario, possainvece trovarsi come primario, cioè semplice, non nesarà difficile la soluzione se, abbandonando gli autori, ciserviamo dell'osservazione diretta. Ricorro al solitoesperimento: mi pungo una mano. Astraggo, analizzan-do la mia coscienza, da ogni fatto di memoria e da ogniassociazione con i dati degli altri organi di senso. Quin-di io non so che cosa mi ha punto; anzi, non riferisco

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neppure la mia percezione a un oggetto posto fuori dime: ogni associazione manca, e il non-io s'identifica colme. Ho il sentimento di un modo di essere diverso dalprecedente, cioè nuovo, doloroso. Sappiamo già che ilcontenuto di questa percezione di dolore è una modifi-cazione del sistema nervoso, che ha luogo nella partemodificata, e poi si propaga e rinforza per l'interventoindiretto di tutta la massa nervosa, e diretto delle celluledei corni non solo posteriori ma anche anteriori del mi-dollo spinale e di quelle, probabilmente, dei nuclei dellabase.

In questa mia percezione, una puntura, posso ancoradistinguere qualcosa di intellettivo? Si dirà: la punturastessa. Cioè oggettivizzo il fenomeno di cui sono co-sciente. Ma questa è già una rappresentazione ch'io fac-cio dopo, sia pure in un lasso minimo di tempo, perl'esperienza che abbrevia il lavoro. La rappresentazioneè a punto ciò che si sovrappone ai fatti elementari e licomplica in associazioni.

Parrebbe dunque che il fatto intellettivo non esistaprima della rappresentazione, cioè sia secondario, comerisulta dalle investigazioni degli autori. Ma no: perchègià insieme col sentimento del mio modo di coscienzaio ho almeno una intuizione di spazio. Forse perciò lamente acuta del Kant poneva lo spazio a priori. Per lamaggior parte degli autori positivisti lo spazio è datomolto dopo in seguito a ripetute e comparate esperienze.Ciò è vero non per lo spazio in sè, ma per la rappresen-tazione dello spazio a tre dimensioni.

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neppure la mia percezione a un oggetto posto fuori dime: ogni associazione manca, e il non-io s'identifica colme. Ho il sentimento di un modo di essere diverso dalprecedente, cioè nuovo, doloroso. Sappiamo già che ilcontenuto di questa percezione di dolore è una modifi-cazione del sistema nervoso, che ha luogo nella partemodificata, e poi si propaga e rinforza per l'interventoindiretto di tutta la massa nervosa, e diretto delle celluledei corni non solo posteriori ma anche anteriori del mi-dollo spinale e di quelle, probabilmente, dei nuclei dellabase.

In questa mia percezione, una puntura, posso ancoradistinguere qualcosa di intellettivo? Si dirà: la punturastessa. Cioè oggettivizzo il fenomeno di cui sono co-sciente. Ma questa è già una rappresentazione ch'io fac-cio dopo, sia pure in un lasso minimo di tempo, perl'esperienza che abbrevia il lavoro. La rappresentazioneè a punto ciò che si sovrappone ai fatti elementari e licomplica in associazioni.

Parrebbe dunque che il fatto intellettivo non esistaprima della rappresentazione, cioè sia secondario, comerisulta dalle investigazioni degli autori. Ma no: perchègià insieme col sentimento del mio modo di coscienzaio ho almeno una intuizione di spazio. Forse perciò lamente acuta del Kant poneva lo spazio a priori. Per lamaggior parte degli autori positivisti lo spazio è datomolto dopo in seguito a ripetute e comparate esperienze.Ciò è vero non per lo spazio in sè, ma per la rappresen-tazione dello spazio a tre dimensioni.

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Giova riportare l'opinione del Panizza, che si opponea quella degli psicologi. La percezione ha per formafondamentale lo spazio, della stessa ampiezza della sfe-ra di percezione. Ogni organismo percepisce lo spazio atre dimensioni già per il fatto che percepisce se stessocome corpo solido. Anche il tempo è una forma fonda-mentale della percezione, perchè gli organismi sono neltempo solo in quanto sono percepiti52. Qui noi possiamonegare che il tempo sia una forma fondamentale dellapercezione al pari dello spazio. Di fatti il tempo è datodall'associazione di rappresentazioni delle percezioniprecedenti con quella attuale. È dunque alcunchè di po-steriore rispetto allo spazio che è dato immediatamentecon la percezione, in quanto questa si riferisce sempre aun oggetto esteso, che può essere il sistema nervoso. Inquesto senso abbiamo prima affermato che la coscienzadi una estensione, cioè di un luogo, è la forma più sem-plice di conoscenza.

Questa intuizione di un luogo, cioè di uno spazioesteso, non è il medesimo di ciò che il Panizza intendecome percezione idionervosa. Egli, passando a discorre-re del contenuto della percezione, afferma che, primaancora che le modificazioni degli organi dei sensi ven-gano a porsi nel campo della percezione, questa trovagià qualcosa come oggetto che si dispone nello spazio,ed è la sostanza nervosa medesima: questa percezioneidionervosa non ha dunque per contenuto nè luce, nè tat-

52 Panizza – libro c. P. III. C. 1. Art. II.

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Giova riportare l'opinione del Panizza, che si opponea quella degli psicologi. La percezione ha per formafondamentale lo spazio, della stessa ampiezza della sfe-ra di percezione. Ogni organismo percepisce lo spazio atre dimensioni già per il fatto che percepisce se stessocome corpo solido. Anche il tempo è una forma fonda-mentale della percezione, perchè gli organismi sono neltempo solo in quanto sono percepiti52. Qui noi possiamonegare che il tempo sia una forma fondamentale dellapercezione al pari dello spazio. Di fatti il tempo è datodall'associazione di rappresentazioni delle percezioniprecedenti con quella attuale. È dunque alcunchè di po-steriore rispetto allo spazio che è dato immediatamentecon la percezione, in quanto questa si riferisce sempre aun oggetto esteso, che può essere il sistema nervoso. Inquesto senso abbiamo prima affermato che la coscienzadi una estensione, cioè di un luogo, è la forma più sem-plice di conoscenza.

Questa intuizione di un luogo, cioè di uno spazioesteso, non è il medesimo di ciò che il Panizza intendecome percezione idionervosa. Egli, passando a discorre-re del contenuto della percezione, afferma che, primaancora che le modificazioni degli organi dei sensi ven-gano a porsi nel campo della percezione, questa trovagià qualcosa come oggetto che si dispone nello spazio,ed è la sostanza nervosa medesima: questa percezioneidionervosa non ha dunque per contenuto nè luce, nè tat-

52 Panizza – libro c. P. III. C. 1. Art. II.

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to, nè odore, nè sapore, e neppure sentimento; è unasemplice intuizione vaga di uno spazio esteso quanto ilsistema nervoso, senza altra determinazione o particola-re contenuto53. Il che ci condurrebbe ad ammettere chequesto fatto conoscitivo, contrariamente a quanto abbia-mo detto, precede quello emotivo. Ma il fatto emotivo,alla sua volta, nella sua espressione più semplice, è unaeccitazione dolorosa o piacevole. Ora, la percezioneidionervosa non avrebbe contenuto, cioè non potrebbeesistere se il sistema nerveo, ch'essa abbraccia, non ve-nisse in qualche modo eccitato; perchè il sistema nervo-so è la base fisiologica di ogni fatto psichico a punto inquanto ha la proprietà, o funzione di essere eccitabile.Cosí, tutto al più, per percezione idionervosa si potrebbeintendere quella, ipotetica, dovuta a un certo stato di ec-citamento, che si potrebbe chiamare tonico, del sistemanervoso, all'infuori di ogni eccitazione esterna.

Contentiamoci di affermare che, dato un fatto emoti-vo semplicissimo, per esempio una puntura si ha comefatto conoscitivo più semplice la percezione di uno spa-zio dove la puntura è sentita. Io chiamerei ciò la localiz-zazione di questa puntura, se il termine non fosse pre-giudicato; di fatti con questa espressione si suole inten-dere una operazione riflessa del nostro spirito, dove giàinterviene la rappresentazione della puntura. Notiamoanche, che in questo modo non c'è più bisogno di unostato neutro di sentimento perchè sorga il fatto intelletti-

53 Panizza – l. c. Art. III.

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to, nè odore, nè sapore, e neppure sentimento; è unasemplice intuizione vaga di uno spazio esteso quanto ilsistema nervoso, senza altra determinazione o particola-re contenuto53. Il che ci condurrebbe ad ammettere chequesto fatto conoscitivo, contrariamente a quanto abbia-mo detto, precede quello emotivo. Ma il fatto emotivo,alla sua volta, nella sua espressione più semplice, è unaeccitazione dolorosa o piacevole. Ora, la percezioneidionervosa non avrebbe contenuto, cioè non potrebbeesistere se il sistema nerveo, ch'essa abbraccia, non ve-nisse in qualche modo eccitato; perchè il sistema nervo-so è la base fisiologica di ogni fatto psichico a punto inquanto ha la proprietà, o funzione di essere eccitabile.Cosí, tutto al più, per percezione idionervosa si potrebbeintendere quella, ipotetica, dovuta a un certo stato di ec-citamento, che si potrebbe chiamare tonico, del sistemanervoso, all'infuori di ogni eccitazione esterna.

Contentiamoci di affermare che, dato un fatto emoti-vo semplicissimo, per esempio una puntura si ha comefatto conoscitivo più semplice la percezione di uno spa-zio dove la puntura è sentita. Io chiamerei ciò la localiz-zazione di questa puntura, se il termine non fosse pre-giudicato; di fatti con questa espressione si suole inten-dere una operazione riflessa del nostro spirito, dove giàinterviene la rappresentazione della puntura. Notiamoanche, che in questo modo non c'è più bisogno di unostato neutro di sentimento perchè sorga il fatto intelletti-

53 Panizza – l. c. Art. III.

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vo.Ora, se invece di pungermi con uno spillo, io mi ser-

vo di una serie lineare a bastanza fitta di aghi, esercitan-do una compressione di tutti questi aghi contemporanea-mente sulla mia pelle, astraendo come prima da ognirappresentazione, insieme col sentimento di dolore, ioho coscienza diretta di una forma, una linea: ciò perchèquel che prima era percezione di un punto nello spaziodella mia sostanza nervosa, è divenuta percezione dimolti punti messi in fila54.

Insisto nel dire che fin qui non interviene nessunarappresentazione. Non si può dire lo stesso di ciò che gliautori chiamano primo fatto conoscitivo. Perchè, am-mettere che l'impressione vada dall'organo di senso alcervello, e vi susciti un moto, per cui il cervello la sentae riconosca, è come dire che tanto il fatto emotivo quan-to il discernitivo sono secondarj, e i loro modi primarjrimangono nell'incoscienza: e tutto ciò è assurdo. D'altraparte, tutto ciò che è conoscienza, è già dato come unarappresentazione; cioè si crede che la nostra psiche co-nosce e discerne solamente quando oggettivizza il fattoche impressiona, e lo paragona con le immagini dei fattiprecedenti. Come avviene questa oggettivazione? qualene è il movente? Nè il Bain nè lo Spencer si pongonocosì il quesito: lo spirito appare come qualcosa di passi-

54 Si dichiarerà più tardi in che modo le cose dette per il sensodel tatto si possano estendere agli altri. Essendo il senso del tattoprimo e più semplice, meglio si presta alla ricerca fatti elementa-ri.

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vo.Ora, se invece di pungermi con uno spillo, io mi ser-

vo di una serie lineare a bastanza fitta di aghi, esercitan-do una compressione di tutti questi aghi contemporanea-mente sulla mia pelle, astraendo come prima da ognirappresentazione, insieme col sentimento di dolore, ioho coscienza diretta di una forma, una linea: ciò perchèquel che prima era percezione di un punto nello spaziodella mia sostanza nervosa, è divenuta percezione dimolti punti messi in fila54.

Insisto nel dire che fin qui non interviene nessunarappresentazione. Non si può dire lo stesso di ciò che gliautori chiamano primo fatto conoscitivo. Perchè, am-mettere che l'impressione vada dall'organo di senso alcervello, e vi susciti un moto, per cui il cervello la sentae riconosca, è come dire che tanto il fatto emotivo quan-to il discernitivo sono secondarj, e i loro modi primarjrimangono nell'incoscienza: e tutto ciò è assurdo. D'altraparte, tutto ciò che è conoscienza, è già dato come unarappresentazione; cioè si crede che la nostra psiche co-nosce e discerne solamente quando oggettivizza il fattoche impressiona, e lo paragona con le immagini dei fattiprecedenti. Come avviene questa oggettivazione? qualene è il movente? Nè il Bain nè lo Spencer si pongonocosì il quesito: lo spirito appare come qualcosa di passi-

54 Si dichiarerà più tardi in che modo le cose dette per il sensodel tatto si possano estendere agli altri. Essendo il senso del tattoprimo e più semplice, meglio si presta alla ricerca fatti elementa-ri.

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vo su cui scorrano le immagini come parvenze identichedelle cose passate. Ma il Wundt giustamente toglie que-sta fissità alle rappresentazioni: le quali non si devonoritenere come riproduzioni di cose passate, ma come fat-ti sempre attuali, nuovi, modificazioni dei precedentielementi di questi associati a nuovi elementi. Cosil'associazionismo si ravviva. Perchè la rappresentazioneè la chiave di tutto l'associazionismo, che non potrebbesussistere senza le immagini. Chi muove tutto ciò, se-condo il Wundt, è la nostra attività, cioè la volontà, chenella percezione e nell'appercezione suscita le rappre-sentazioni.

Vale a dire che, presso gli autori, il fatto intellettivo èsempre dato da una rappresentazione. Di fatti, il nostrospirito oggettivizzando il contenuto della percezione,non è più quello ma la sua immagine che contempla. Madunque ci troviamo in faccia a un atto associativo, perquanto semplice, perchè vi è almeno l'associazione con idati di un altro senso, per lo più la vista, che formanol'immagine; giacchè se vi fosse un modo unico di perce-pire, come potrebbe oggettivarsi il contenuto di questapercezione, non rimanendo nulla che si ponga comesoggetto di faccia al nuovo fatto?

Ma in ciò che abbiamo trovato non c'è ancora nessunaoggettivazione; l'atto di percepire un dolore come estesoin modo lineare viene prima ed è diverso dalla rappre-sentazione di esso, cioè dall'avere l'immagine di me chesubisco una serie di punture contemporanee. Adunque ilfatto conoscitivo è primario del pari che l’emotivo.

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vo su cui scorrano le immagini come parvenze identichedelle cose passate. Ma il Wundt giustamente toglie que-sta fissità alle rappresentazioni: le quali non si devonoritenere come riproduzioni di cose passate, ma come fat-ti sempre attuali, nuovi, modificazioni dei precedentielementi di questi associati a nuovi elementi. Cosil'associazionismo si ravviva. Perchè la rappresentazioneè la chiave di tutto l'associazionismo, che non potrebbesussistere senza le immagini. Chi muove tutto ciò, se-condo il Wundt, è la nostra attività, cioè la volontà, chenella percezione e nell'appercezione suscita le rappre-sentazioni.

Vale a dire che, presso gli autori, il fatto intellettivo èsempre dato da una rappresentazione. Di fatti, il nostrospirito oggettivizzando il contenuto della percezione,non è più quello ma la sua immagine che contempla. Madunque ci troviamo in faccia a un atto associativo, perquanto semplice, perchè vi è almeno l'associazione con idati di un altro senso, per lo più la vista, che formanol'immagine; giacchè se vi fosse un modo unico di perce-pire, come potrebbe oggettivarsi il contenuto di questapercezione, non rimanendo nulla che si ponga comesoggetto di faccia al nuovo fatto?

Ma in ciò che abbiamo trovato non c'è ancora nessunaoggettivazione; l'atto di percepire un dolore come estesoin modo lineare viene prima ed è diverso dalla rappre-sentazione di esso, cioè dall'avere l'immagine di me chesubisco una serie di punture contemporanee. Adunque ilfatto conoscitivo è primario del pari che l’emotivo.

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L'unico rapporto che fin ora si può stabilire fra questidue fatti, è quello condizionale; già che senza piacere edolore non vi sarebbe conoscenza. Altro non se ne puòstabilire, e i due fenomeni restano statici e come sche-matici l'uno presso all'altro, perchè manca ancora l’ana-lisi di ciò che li pone in movimento, cioè della volontà.Si tratta di esaminare se anche il fatto volontario sia pri-mario ed elementare nella psiche, e di che rapporti strin-ga se stesso ai precedenti, e questi fra loro.

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L'unico rapporto che fin ora si può stabilire fra questidue fatti, è quello condizionale; già che senza piacere edolore non vi sarebbe conoscenza. Altro non se ne puòstabilire, e i due fenomeni restano statici e come sche-matici l'uno presso all'altro, perchè manca ancora l’ana-lisi di ciò che li pone in movimento, cioè della volontà.Si tratta di esaminare se anche il fatto volontario sia pri-mario ed elementare nella psiche, e di che rapporti strin-ga se stesso ai precedenti, e questi fra loro.

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IV.

Come per reazione alla scuola degli intellettualistipuri, che, specialmente in Germania, ebbe un enormesviluppo, la psicologia contemporanea attribuisce al fat-to volontario la parte più importante nel giuoco dei fattipsichici. Tanto, che spesso si riduce il suo valore a quel-lo di energia nervosa, come or ora vedremo; e lo si con-fonde con gli altri fatti psichici, e specialmente conquello emotivo. In fatti, dire con lo Spencer che volontàè il nome generale dato alla sensazione speciale che hala supremazia e determina l'azione55, significa non ana-lizzare, ma confondere in uno, due fatti che sono suscet-tibili di essere scissi, perchè ne apparisca il rapporto:fosse pure per concludere che sono due aspetti del me-desimo fenomeno. Nulla di più giusto, che l'affermare dimia sensazione o percezione che dir si voglia, che,quando abbia la supremazia, determini l'azione. Nonsolo; ma bisogna convincersi che tutte le percezioni etutte le rappresentazioni psichiche posseggono una pro-pria impulsività volontaria, se bene la impulsività decre-

55 Spencer – libro c. P. IV. C. 9.

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IV.

Come per reazione alla scuola degli intellettualistipuri, che, specialmente in Germania, ebbe un enormesviluppo, la psicologia contemporanea attribuisce al fat-to volontario la parte più importante nel giuoco dei fattipsichici. Tanto, che spesso si riduce il suo valore a quel-lo di energia nervosa, come or ora vedremo; e lo si con-fonde con gli altri fatti psichici, e specialmente conquello emotivo. In fatti, dire con lo Spencer che volontàè il nome generale dato alla sensazione speciale che hala supremazia e determina l'azione55, significa non ana-lizzare, ma confondere in uno, due fatti che sono suscet-tibili di essere scissi, perchè ne apparisca il rapporto:fosse pure per concludere che sono due aspetti del me-desimo fenomeno. Nulla di più giusto, che l'affermare dimia sensazione o percezione che dir si voglia, che,quando abbia la supremazia, determini l'azione. Nonsolo; ma bisogna convincersi che tutte le percezioni etutte le rappresentazioni psichiche posseggono una pro-pria impulsività volontaria, se bene la impulsività decre-

55 Spencer – libro c. P. IV. C. 9.

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sca dalla sensazione attuale all'idea, decrescendo il mo-vimento56. Ma tutto ciò non conduce a concludere che lapercezione o la rappresentazione in discorso siano in sèun atto volontario, a meno di abolire ogni distinzione difatti; conduce solamente a trovare il rapporto che li sot-topone l'un l'altro.

Ed ecco il Wundt, che stabilisce molto nettamentequesti rapporti, identificando l'atto volontario più sem-plice col fatto della attenzione, per cui avviene il pas-saggio dalla percezione alla appercezione57. Qui dunquesta, per lui, la base del processo volontario; e gli atti co-munemente chiamati volontarj, cioè esplicantisi in mo-vimenti verso un fine, sono complicazioni dei più sem-plici sopra ricordati; l’azione esterna della volontà, se-condo la sua essenza primordiale, non è altro che unaforma speciale dell'appercezione, perchè è un elementocostitutivo e inseparabile di quelle appercezioni che siriferiscono al corpo propriamente detto dell'essere agen-te. Vale a dire che l'azione volontaria esterna consisteavanti tutto nell'appercezione di una rappresentazione dimovimento58; dunque questo fatto è secondario. L'attovolitivo primo sarebbe perciò l'attenzione, causa delleappercezioni; e alcunchè di simile pensa anche il Bain,quando dice che la distinzione di un soggetto da un og-getto è causata dallo sforzo volontario per vincere la re-

56 Ardigò – La ps. ecc. c. P. V. I.57 Wundt – libro c. S. IV. C. 15-II.58 Wundt – libro c. S. V. C. 20-I.

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sca dalla sensazione attuale all'idea, decrescendo il mo-vimento56. Ma tutto ciò non conduce a concludere che lapercezione o la rappresentazione in discorso siano in sèun atto volontario, a meno di abolire ogni distinzione difatti; conduce solamente a trovare il rapporto che li sot-topone l'un l'altro.

Ed ecco il Wundt, che stabilisce molto nettamentequesti rapporti, identificando l'atto volontario più sem-plice col fatto della attenzione, per cui avviene il pas-saggio dalla percezione alla appercezione57. Qui dunquesta, per lui, la base del processo volontario; e gli atti co-munemente chiamati volontarj, cioè esplicantisi in mo-vimenti verso un fine, sono complicazioni dei più sem-plici sopra ricordati; l’azione esterna della volontà, se-condo la sua essenza primordiale, non è altro che unaforma speciale dell'appercezione, perchè è un elementocostitutivo e inseparabile di quelle appercezioni che siriferiscono al corpo propriamente detto dell'essere agen-te. Vale a dire che l'azione volontaria esterna consisteavanti tutto nell'appercezione di una rappresentazione dimovimento58; dunque questo fatto è secondario. L'attovolitivo primo sarebbe perciò l'attenzione, causa delleappercezioni; e alcunchè di simile pensa anche il Bain,quando dice che la distinzione di un soggetto da un og-getto è causata dallo sforzo volontario per vincere la re-

56 Ardigò – La ps. ecc. c. P. V. I.57 Wundt – libro c. S. IV. C. 15-II.58 Wundt – libro c. S. V. C. 20-I.

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sistenza59.A questo punto ci dobbiamo fare una domanda consi-

mile a quella che, nel paragrafo precedente, abbiamomosso circa il fatto intellettivo. Anche attribuendoall'atto volontario la estensione e la comprensione che ilWundt gli riferisce, ci troviamo forse, seguendo gli au-tori, di fronte a un fenomeno elementare e fondamenta-le? Chi conosce la teoria del Wundt deve convenire inciò, che anche l'attenzione dipende dalle rappresentazio-ni. È la rappresentazione che sveglia l'attenzione quandodal campo visivo interno (percezione) passa al punto vi-sivo interno (appercezione). La rappresentazione è dun-que la base del processo volontario, che poi si traduce inun movimento quando vi sia anche l'appercezione dellarappresentazione del movimento. Inoltre, prosegue ilWundt, l'attenzione è passiva (pure serbando il suo ca-rattere volitivo) o attiva: nel primo caso l'appercezione èdeterminata dalle rappresentazioni stesse, delle qualiuna ne attrae la direzione; nel secondo caso vi è antago-nismo tra le rappresentazioni, e la coscienza deve fareuna scelta. Sappiamo che nella prima si mostrano i lega-mi associativi, nella seconda quelli appercettivi propria-mente detti. La coscienza della appercezione ci derivadal senso di tensione; la coscienza e la direzione sonodeterminate dai sentimenti che accompagnano le rappre-sentazioni, e che si legano durante l'associazione degliatti successivi dell'appercezione, dando luogo alle emo-

59 Bain – Les sens ecc. c. P. I.C. 1.

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sistenza59.A questo punto ci dobbiamo fare una domanda consi-

mile a quella che, nel paragrafo precedente, abbiamomosso circa il fatto intellettivo. Anche attribuendoall'atto volontario la estensione e la comprensione che ilWundt gli riferisce, ci troviamo forse, seguendo gli au-tori, di fronte a un fenomeno elementare e fondamenta-le? Chi conosce la teoria del Wundt deve convenire inciò, che anche l'attenzione dipende dalle rappresentazio-ni. È la rappresentazione che sveglia l'attenzione quandodal campo visivo interno (percezione) passa al punto vi-sivo interno (appercezione). La rappresentazione è dun-que la base del processo volontario, che poi si traduce inun movimento quando vi sia anche l'appercezione dellarappresentazione del movimento. Inoltre, prosegue ilWundt, l'attenzione è passiva (pure serbando il suo ca-rattere volitivo) o attiva: nel primo caso l'appercezione èdeterminata dalle rappresentazioni stesse, delle qualiuna ne attrae la direzione; nel secondo caso vi è antago-nismo tra le rappresentazioni, e la coscienza deve fareuna scelta. Sappiamo che nella prima si mostrano i lega-mi associativi, nella seconda quelli appercettivi propria-mente detti. La coscienza della appercezione ci derivadal senso di tensione; la coscienza e la direzione sonodeterminate dai sentimenti che accompagnano le rappre-sentazioni, e che si legano durante l'associazione degliatti successivi dell'appercezione, dando luogo alle emo-

59 Bain – Les sens ecc. c. P. I.C. 1.

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zioni e passioni60.Adunque anche il fatto volontario più semplice, quel-

lo di un'attenzione passiva, cioè provocata univocamen-te, sarebbe condizionato dalla presenza di una rappre-sentazione. Ma che cosa è una rappresentazione? èl'immagine, reale o fantastica, che un oggetto producenella nostra coscienza, risponde il Wundt61. O conside-riamo questa immagine come un fenomeno di riprodu-zione, dovuto alla memoria: e allora siamo di fronte aqualcosa di molto secondario e complesso. O la consi-deriamo come rispondente a una percezione attuale ereale: e allora non si può intendere che come una ogget-tivazione del non me rispetto al me, fatta dalla nostramente. Anche in questo caso si tratta di un fenomenocomplesso, che presuppone altri più semplici, cioè quel-li già ritrovati nel § III. E per questa via il Wundt giun-gerà a considerare la volontà (derivante dalle rappresen-tazioni) come il contenuto più speciale della coscienzadi se stesso, mercè cui si può oggettivare la percezione,cioè avere l'immagine, cioè contrapporre il me al nonme62.

Questa volontà, dipendente da fenomeni già comples-si, non è adunque il fatto primo e fondamentale di cuiandiamo in traccia. Tuttavia a questo si potrebbe perve-nire facilmente seguendo la via del Wundt; cioè si po-trebbe cercare ciò che vi è al disotto dell'attenzione, ol-

60 Wundt – libro c. S. IV. c. 15 -II.61 Wundt – libro c. S; III. c. 11-I.62 Wundt – libro c. S. V C. 20-I.

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zioni e passioni60.Adunque anche il fatto volontario più semplice, quel-

lo di un'attenzione passiva, cioè provocata univocamen-te, sarebbe condizionato dalla presenza di una rappre-sentazione. Ma che cosa è una rappresentazione? èl'immagine, reale o fantastica, che un oggetto producenella nostra coscienza, risponde il Wundt61. O conside-riamo questa immagine come un fenomeno di riprodu-zione, dovuto alla memoria: e allora siamo di fronte aqualcosa di molto secondario e complesso. O la consi-deriamo come rispondente a una percezione attuale ereale: e allora non si può intendere che come una ogget-tivazione del non me rispetto al me, fatta dalla nostramente. Anche in questo caso si tratta di un fenomenocomplesso, che presuppone altri più semplici, cioè quel-li già ritrovati nel § III. E per questa via il Wundt giun-gerà a considerare la volontà (derivante dalle rappresen-tazioni) come il contenuto più speciale della coscienzadi se stesso, mercè cui si può oggettivare la percezione,cioè avere l'immagine, cioè contrapporre il me al nonme62.

Questa volontà, dipendente da fenomeni già comples-si, non è adunque il fatto primo e fondamentale di cuiandiamo in traccia. Tuttavia a questo si potrebbe perve-nire facilmente seguendo la via del Wundt; cioè si po-trebbe cercare ciò che vi è al disotto dell'attenzione, ol-

60 Wundt – libro c. S. IV. c. 15 -II.61 Wundt – libro c. S; III. c. 11-I.62 Wundt – libro c. S. V C. 20-I.

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trepassando al di là della rappresentazione. È chiaro che,se all'attenzione togliamo la rappresentazione, rimanesolamente l’attività generale dello spirito, cioè la sua di-sposizione a ricevere delle percezioni. In questo senso,la volontà si rivelerebbe come la condizione di ogni al-tro fatto, quello emotivo compreso; cioè la volontà sa-rebbe l'elemento costitutivo fondamentale della psiche.E di ciò il Wundt coerentemente alla sua teoria è del tut-to persuaso63. A questo medesimo termine giunge diret-tamente il Panizza, quando chiama l'atto volontario,semplicemente una eccitazione nervosa64.

Faccio una obbiezione a questo modo di vedere, cosìattraente e persuasivo. Ognuno che non iscorga nella vo-lontà una facoltà nel senso antico della parola, e non nelimiti il significato a una piccola cerchia di atti moltocomplessi come quelli comunemente detti volontaridove appare una scelta di mezzi e di fini; dovrà conveni-re pienamente in ciò, che, risalendo oltre i fatti più sem-plici, l’atto volontario giunge a identificarsi con l'attivitàgenerale dello spirito, cioè con l'eccitabilità nervosa. Mapiù tardi vedremo che, risalendo oltre ognuno dei fattipsichici più semplici, siano di sentimento siano di di-scernimento siano di volontà, arriviamo costantemente aquel medesimo termine. Dato il sistema nerveo è data laeccitabilità quale proprietà sua caratteristica; e questa èil principio fisio-psichico di tutti i fenomeni della psi-

63 Wundt – S. V. C. 20. – I.64 Panizza – libro c. P. III. C. 2. Art. II.

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trepassando al di là della rappresentazione. È chiaro che,se all'attenzione togliamo la rappresentazione, rimanesolamente l’attività generale dello spirito, cioè la sua di-sposizione a ricevere delle percezioni. In questo senso,la volontà si rivelerebbe come la condizione di ogni al-tro fatto, quello emotivo compreso; cioè la volontà sa-rebbe l'elemento costitutivo fondamentale della psiche.E di ciò il Wundt coerentemente alla sua teoria è del tut-to persuaso63. A questo medesimo termine giunge diret-tamente il Panizza, quando chiama l'atto volontario,semplicemente una eccitazione nervosa64.

Faccio una obbiezione a questo modo di vedere, cosìattraente e persuasivo. Ognuno che non iscorga nella vo-lontà una facoltà nel senso antico della parola, e non nelimiti il significato a una piccola cerchia di atti moltocomplessi come quelli comunemente detti volontaridove appare una scelta di mezzi e di fini; dovrà conveni-re pienamente in ciò, che, risalendo oltre i fatti più sem-plici, l’atto volontario giunge a identificarsi con l'attivitàgenerale dello spirito, cioè con l'eccitabilità nervosa. Mapiù tardi vedremo che, risalendo oltre ognuno dei fattipsichici più semplici, siano di sentimento siano di di-scernimento siano di volontà, arriviamo costantemente aquel medesimo termine. Dato il sistema nerveo è data laeccitabilità quale proprietà sua caratteristica; e questa èil principio fisio-psichico di tutti i fenomeni della psi-

63 Wundt – S. V. C. 20. – I.64 Panizza – libro c. P. III. C. 2. Art. II.

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che. Così io posso giungervi dagli atti volontarj, comedagli atti emotivi, come da quelli discernitivi. Onde inquesto primo momento i tre ordini di fatti non si posso-no scindere, perchè non esistono come divisi, cioè spe-cificati dal loro carattere peculiare. Perciò io a questopunto posso dire di ogni fatto, e non di quello volontariosolamente, che, consistendo in una eccitazione nervosa,è fondamentale rispetto agli altri. La eccitazione nervo-sa, l’attività psichica generale, non ha diritto di esserespecificata col nome di volontaria, nè con altri, perchè èancora un mero indistinto. Così è facile comprenderecome, partendo da quel concetto errato, alcuni autorisiano giunti a identificare volontà e sentimento in unsolo fenomeno.

Il carattere peculiare dell'atto volontario non è l’atti-vità in genere, o l'eccitazione nervosa comune per tutti ifatti; è invece, come lo stesso Panizza dichiara65, quellodi reazione. Questo termine fisiologicamente parlandoimplica un movimento, di qualunque genere; psicologi-camente parlando implica la coscienza di questo movi-mento. A ciò bisogna tener lo sguardo fisso nella ricercadel fatto volitivo più elementare; se questo esiste, deveesistere mantenendo la sua proprietà reattiva, di azioneo di inibizione accompagnata dalla coscienza di queste.Ora, se alcunchè di volontario si ritrova nel fattodell'attenzione, questo non può verificarsi che nei casipiù complessi dove vi sia da fare una scelta fra più ecci-

65 Panizza – libro c. P. III. Introd.

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che. Così io posso giungervi dagli atti volontarj, comedagli atti emotivi, come da quelli discernitivi. Onde inquesto primo momento i tre ordini di fatti non si posso-no scindere, perchè non esistono come divisi, cioè spe-cificati dal loro carattere peculiare. Perciò io a questopunto posso dire di ogni fatto, e non di quello volontariosolamente, che, consistendo in una eccitazione nervosa,è fondamentale rispetto agli altri. La eccitazione nervo-sa, l’attività psichica generale, non ha diritto di esserespecificata col nome di volontaria, nè con altri, perchè èancora un mero indistinto. Così è facile comprenderecome, partendo da quel concetto errato, alcuni autorisiano giunti a identificare volontà e sentimento in unsolo fenomeno.

Il carattere peculiare dell'atto volontario non è l’atti-vità in genere, o l'eccitazione nervosa comune per tutti ifatti; è invece, come lo stesso Panizza dichiara65, quellodi reazione. Questo termine fisiologicamente parlandoimplica un movimento, di qualunque genere; psicologi-camente parlando implica la coscienza di questo movi-mento. A ciò bisogna tener lo sguardo fisso nella ricercadel fatto volitivo più elementare; se questo esiste, deveesistere mantenendo la sua proprietà reattiva, di azioneo di inibizione accompagnata dalla coscienza di queste.Ora, se alcunchè di volontario si ritrova nel fattodell'attenzione, questo non può verificarsi che nei casipiù complessi dove vi sia da fare una scelta fra più ecci-

65 Panizza – libro c. P. III. Introd.

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tazioni di valore presso a poco uguale, inibendo gli attistimolati da alcune e rafforzando quelli motivati dallaprescelta; ma non lo stesso può dirsi dell'attenzione cheil Wundt chiama passiva, più semplice, chiamata inmodo univoco, cioè destata da una sola eccitazione chedomina e vince le altre: in questo caso il fatto si spiegacon la eccitabilità generale, la quale, come si è detto,non rientra nel fatto volontario più che in qualunque al-tro fatto psichico.

Per tutto ciò abbandonando gli autori, possiamo ripe-terci per conto nostro la domanda: esiste un fatto volon-tario elementare, cioè anteriore alla rappresentazione?Riprendiamo l'esempio di pungersi la mano; e provia-moci ad astrarre in questo fatto da ogni associazione dipercezioni e da ogni volizione complessa, nonchè daogni atto di memoria. Allora non si tratta più per noi diun esperimento; allora, se io mi pungo la mano, la ri-traggo immediatamente, perchè ciò che inibiva l'atto ri-flesso di ritrarre la mano, era una forma di volere moltocomplessa, cioè il voler fare uno esperimento. Abbiamodunque un atto riflesso. Ma che cosa di solito s'intendecon questa espressione? Un arco diastaltico, rispondonoi fisiologi. Un movimento prodotto direttamente dallapercezione66 senza intervento della coscienza, rispondo-no gli psicologi. Ai primi lasciamo rispondere da un fi-siologo, il Panizza67, il quale per mezzo delle loro mede-

66 Adopero sempre questo termine col valore e per le ragionidi cui a principio del § III; altri qui direbbe più tosto sensazione.

67 Panizza – libro c. P. II. C. 2., 3.,4.

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tazioni di valore presso a poco uguale, inibendo gli attistimolati da alcune e rafforzando quelli motivati dallaprescelta; ma non lo stesso può dirsi dell'attenzione cheil Wundt chiama passiva, più semplice, chiamata inmodo univoco, cioè destata da una sola eccitazione chedomina e vince le altre: in questo caso il fatto si spiegacon la eccitabilità generale, la quale, come si è detto,non rientra nel fatto volontario più che in qualunque al-tro fatto psichico.

Per tutto ciò abbandonando gli autori, possiamo ripe-terci per conto nostro la domanda: esiste un fatto volon-tario elementare, cioè anteriore alla rappresentazione?Riprendiamo l'esempio di pungersi la mano; e provia-moci ad astrarre in questo fatto da ogni associazione dipercezioni e da ogni volizione complessa, nonchè daogni atto di memoria. Allora non si tratta più per noi diun esperimento; allora, se io mi pungo la mano, la ri-traggo immediatamente, perchè ciò che inibiva l'atto ri-flesso di ritrarre la mano, era una forma di volere moltocomplessa, cioè il voler fare uno esperimento. Abbiamodunque un atto riflesso. Ma che cosa di solito s'intendecon questa espressione? Un arco diastaltico, rispondonoi fisiologi. Un movimento prodotto direttamente dallapercezione66 senza intervento della coscienza, rispondo-no gli psicologi. Ai primi lasciamo rispondere da un fi-siologo, il Panizza67, il quale per mezzo delle loro mede-

66 Adopero sempre questo termine col valore e per le ragionidi cui a principio del § III; altri qui direbbe più tosto sensazione.

67 Panizza – libro c. P. II. C. 2., 3.,4.

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sime osservazioni ed esperienze dimostra, che non èfondato ammettere una fibra separata sensoria che portil’impressione a una cellula sensitiva, la quale la trasmet-ta a una cellula motoria, onde una fibra efferente dimoto trasmetta questo ai muscoli: elementi, come si sa,costitutivi dall'arco riflesso. Il sistema nervoso è omoge-neo, e le proprietà, cioè le funzioni diverse dipendonodalla ubicazione degli elementi; quindi in ogni cellula sitrova già la potenzialità tanto sensoria quanto motoria.Su questa base si può dunque affermare che l’escursionedell'onda nervosa, che s'inizia nel punto eccitatodall'agente, esterno al corpo, o solo al sistema nerveo(percezioni interne), può, se è a bastanza energico ilmoto fisiologico e il suo equivalente psichico, invaderesino ad elementi che si trovano in comunicazione direttacoi muscoli, e produrre in tal guisa il movimento.

Agli psicologi rispondo, movendo una domanda: qua-le cosa ci conduce, in presenza di un movimento sempli-ce come quello di ritrarre la mano dalla puntura, ad af-fermare che questo movimento è incosciente? cioè fuoridel campo psichico, fenomeno puramente fisiologico.Ciò si deve al concetto che il fatto volontario sia, nonsolo un fatto di reazione, ma ancora di reazione preme-ditata. In altre parole, si credono volontari solo queimovimenti che avvengono dopo la rappresentazioneloro, anzi, dopo la scelta tra varie rappresentazioni dimovimento. Ciò significa che per la volontà si fa la stes-sa restrizione che per la coscienza: si adopera un termi-ne generale per indicare un numero limitato di fatti su-

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sime osservazioni ed esperienze dimostra, che non èfondato ammettere una fibra separata sensoria che portil’impressione a una cellula sensitiva, la quale la trasmet-ta a una cellula motoria, onde una fibra efferente dimoto trasmetta questo ai muscoli: elementi, come si sa,costitutivi dall'arco riflesso. Il sistema nervoso è omoge-neo, e le proprietà, cioè le funzioni diverse dipendonodalla ubicazione degli elementi; quindi in ogni cellula sitrova già la potenzialità tanto sensoria quanto motoria.Su questa base si può dunque affermare che l’escursionedell'onda nervosa, che s'inizia nel punto eccitatodall'agente, esterno al corpo, o solo al sistema nerveo(percezioni interne), può, se è a bastanza energico ilmoto fisiologico e il suo equivalente psichico, invaderesino ad elementi che si trovano in comunicazione direttacoi muscoli, e produrre in tal guisa il movimento.

Agli psicologi rispondo, movendo una domanda: qua-le cosa ci conduce, in presenza di un movimento sempli-ce come quello di ritrarre la mano dalla puntura, ad af-fermare che questo movimento è incosciente? cioè fuoridel campo psichico, fenomeno puramente fisiologico.Ciò si deve al concetto che il fatto volontario sia, nonsolo un fatto di reazione, ma ancora di reazione preme-ditata. In altre parole, si credono volontari solo queimovimenti che avvengono dopo la rappresentazioneloro, anzi, dopo la scelta tra varie rappresentazioni dimovimento. Ciò significa che per la volontà si fa la stes-sa restrizione che per la coscienza: si adopera un termi-ne generale per indicare un numero limitato di fatti su-

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periori, e poi non soltanto si nega di graduare la medesi-ma proprietà per quegli atti che stanno prima come ce-spite di quelli chiamati volontarj per eccellenza, ma tuttiquelli si pongono a dirittura in opposizione, come con-trarj di questi. Ma noi non possiamo accettare l’opinioneche la volontà sia una facoltà, sia qualcosa di posto perun principio trascendente ad abbracciare un certo àmbi-to di fenomeni, e non quelli che stanno prima: perciòfacciamo una graduazione dei fatti volontarj, che daquelli straordinariamente complessi chiamati di liberoarbitrio scenda al di sotto della soglia delle rappresenta-zioni. Il carattere volontario ci sarà garantito dalla co-scienza di una reazione.

Ora, che cosa ritroviamo su questa via, al di sotto del-le rappresentazioni? Certo, non vi è più l’atto premedi-tato, in dipendenza a punto dalla rappresentazione di unmovimento. Il movimento è, per così dire, immediato. Eal tempo stesso abbiamo la coscienza di questo movi-mento, cioè la coscienza dello sforzo di reazione. Dun-que niuno può negare che questo atto sia volontario, in-sieme mantenendo la sua psichicità, come cosciente. Glipsicologi chiamano incosciente l’atto di ritrarre la manodalla puntura, perchè tra il dolore e il movimento non visi intercala l'immagine del movimento stesso. Ma unaimmagine, cioè una rappresentazione non può bastare aformare un atto psichico nuovo, cioè a crearlo. Ed essidevono convenire che vi ha coscienza del movimento;altrimenti non potrebbero neppure affermarlo. Ora que-sta coscienza, ripetiamo basta a costituire il fatto volon-

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periori, e poi non soltanto si nega di graduare la medesi-ma proprietà per quegli atti che stanno prima come ce-spite di quelli chiamati volontarj per eccellenza, ma tuttiquelli si pongono a dirittura in opposizione, come con-trarj di questi. Ma noi non possiamo accettare l’opinioneche la volontà sia una facoltà, sia qualcosa di posto perun principio trascendente ad abbracciare un certo àmbi-to di fenomeni, e non quelli che stanno prima: perciòfacciamo una graduazione dei fatti volontarj, che daquelli straordinariamente complessi chiamati di liberoarbitrio scenda al di sotto della soglia delle rappresenta-zioni. Il carattere volontario ci sarà garantito dalla co-scienza di una reazione.

Ora, che cosa ritroviamo su questa via, al di sotto del-le rappresentazioni? Certo, non vi è più l’atto premedi-tato, in dipendenza a punto dalla rappresentazione di unmovimento. Il movimento è, per così dire, immediato. Eal tempo stesso abbiamo la coscienza di questo movi-mento, cioè la coscienza dello sforzo di reazione. Dun-que niuno può negare che questo atto sia volontario, in-sieme mantenendo la sua psichicità, come cosciente. Glipsicologi chiamano incosciente l’atto di ritrarre la manodalla puntura, perchè tra il dolore e il movimento non visi intercala l'immagine del movimento stesso. Ma unaimmagine, cioè una rappresentazione non può bastare aformare un atto psichico nuovo, cioè a crearlo. Ed essidevono convenire che vi ha coscienza del movimento;altrimenti non potrebbero neppure affermarlo. Ora que-sta coscienza, ripetiamo basta a costituire il fatto volon-

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tario.Si dirà che ogni momento si compiono da noi di tali

atti riflessi, senza averne coscienza. Ma qui si confondeun oscuramento della coscienza con la sua mancanza;fatto costante per ogni genere di fenomeni psichici,quando una eccitazione molto forte chiama a sè la mag-gior parte della nostra energia nervosa. Se alcuno pones-se la mano su di una fiamma, non si accorgerebbe di unaleggera scottatura al braccio. Ma l'automatismo dei no-stri movimenti non sarebbe possibile senza la coscienzadelle eccitazioni che li provocano e poi dei movimentistessi; tanto vero che, ove una causa esteriore giunga aturbarli, la coscienza di essi si fa subito chiara e precisa.Dunque vi sarebbe solo la differenza che passa tra per-cezione e appercezione; differenza di intensità e non diqualità.

Possiamo concludere che, nel movimento semplicissi-mo di ritrarre la mano e nella coscienza immediata (nonanteriore, immagine) di questo movimento, abbiamol'atto volitivo primario e elementare.

Si potrebbe ancora obbiettare, che, secondo l’opinio-ne di molti psicologi, il movimento di ritrarre la manodalla puntura non è primitivo, ma derivato da un movi-mento di scelta, divenuto poi automatico o istintivo.Pure accettando che gran parte dei movimenti di scelta(quelli chiamati comunemente volontarj) diventano poicon l'abitudine automatici e riflessi, si potrebbe però so-stenere che vi ha una serie di riflessi primarj, che allaloro volta possono diventare atti premeditati. Ma ciò ri-

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tario.Si dirà che ogni momento si compiono da noi di tali

atti riflessi, senza averne coscienza. Ma qui si confondeun oscuramento della coscienza con la sua mancanza;fatto costante per ogni genere di fenomeni psichici,quando una eccitazione molto forte chiama a sè la mag-gior parte della nostra energia nervosa. Se alcuno pones-se la mano su di una fiamma, non si accorgerebbe di unaleggera scottatura al braccio. Ma l'automatismo dei no-stri movimenti non sarebbe possibile senza la coscienzadelle eccitazioni che li provocano e poi dei movimentistessi; tanto vero che, ove una causa esteriore giunga aturbarli, la coscienza di essi si fa subito chiara e precisa.Dunque vi sarebbe solo la differenza che passa tra per-cezione e appercezione; differenza di intensità e non diqualità.

Possiamo concludere che, nel movimento semplicissi-mo di ritrarre la mano e nella coscienza immediata (nonanteriore, immagine) di questo movimento, abbiamol'atto volitivo primario e elementare.

Si potrebbe ancora obbiettare, che, secondo l’opinio-ne di molti psicologi, il movimento di ritrarre la manodalla puntura non è primitivo, ma derivato da un movi-mento di scelta, divenuto poi automatico o istintivo.Pure accettando che gran parte dei movimenti di scelta(quelli chiamati comunemente volontarj) diventano poicon l'abitudine automatici e riflessi, si potrebbe però so-stenere che vi ha una serie di riflessi primarj, che allaloro volta possono diventare atti premeditati. Ma ciò ri-

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chiederebbe un ampio discorso, dove la questione ancortanto intricata e malsicura dell'istinto avrebbe la partemaggiore. Noi possiamo evitarlo, giacchè non si cambiail quesito. Se, nel caso della puntura, il movimento di ri-trarre la mano non fosse primario, lo sarebbe però un al-tro movimento qualunque, incoordinato, imperfetto, chepoi verrebbe coordinato e perfezionato dietro il bisognodi raggiunger lo scopo, evitare il dolore. E bene, ci tro-viamo ugualmente di fronte a un moto non premeditato,che ci porge le coscienza di una reazione; cioè di fronteal fatto volitivo elementare, cui ci era d'uopo analizzare.

Il nostro scopo era di sapere in che modo questa azio-ne volontaria elementare si comporti rispetto agli altrifatti elementari prima trovati. Or bene, i primi rapportiche ci si presentano sono questi: 1° Il fatto volitivo se-gue quello emotivo e quello conoscitivo; 2.° perchè ne ècondizionato: di fatti non vi sarebbe reazione se non laprovocasse un tono di sentimento e la nozione dello spa-zio ove si inizia; 3° e giova a sfuggire o a mantenerequei fatti.

L’aspetto peculiare del fatto volontario non è dato dalmovimento, perchè movimento è un termine fisico, enemmeno dalla scelta, perchè il complesso viene dopo ilsemplice; l'aspetto peculiare del fatto volontario è datodal suo atteggiamento teleologico, cioè di mezzo versoun fine, che sta racchiuso nella coscienza della nostrareazione.

Questo atteggiamento teleologico è dunque condizio-nato dalla presenza di qualcosa che costituisca lo stimo-

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chiederebbe un ampio discorso, dove la questione ancortanto intricata e malsicura dell'istinto avrebbe la partemaggiore. Noi possiamo evitarlo, giacchè non si cambiail quesito. Se, nel caso della puntura, il movimento di ri-trarre la mano non fosse primario, lo sarebbe però un al-tro movimento qualunque, incoordinato, imperfetto, chepoi verrebbe coordinato e perfezionato dietro il bisognodi raggiunger lo scopo, evitare il dolore. E bene, ci tro-viamo ugualmente di fronte a un moto non premeditato,che ci porge le coscienza di una reazione; cioè di fronteal fatto volitivo elementare, cui ci era d'uopo analizzare.

Il nostro scopo era di sapere in che modo questa azio-ne volontaria elementare si comporti rispetto agli altrifatti elementari prima trovati. Or bene, i primi rapportiche ci si presentano sono questi: 1° Il fatto volitivo se-gue quello emotivo e quello conoscitivo; 2.° perchè ne ècondizionato: di fatti non vi sarebbe reazione se non laprovocasse un tono di sentimento e la nozione dello spa-zio ove si inizia; 3° e giova a sfuggire o a mantenerequei fatti.

L’aspetto peculiare del fatto volontario non è dato dalmovimento, perchè movimento è un termine fisico, enemmeno dalla scelta, perchè il complesso viene dopo ilsemplice; l'aspetto peculiare del fatto volontario è datodal suo atteggiamento teleologico, cioè di mezzo versoun fine, che sta racchiuso nella coscienza della nostrareazione.

Questo atteggiamento teleologico è dunque condizio-nato dalla presenza di qualcosa che costituisca lo stimo-

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lo e il motivo. Il motivo è il piacere, onde la volontà èdiretta a cercare il piacere e sfuggire il dolore.

Quando si parla di motivi a proposito di un atto vo-lontario elementare, non si vuole intendere nulla di po-sto come mèta dalla nostra immaginazione, perchè si ri-cadrebbe di nuovo nel regno delle rappresentazioni. Malo stimolo stesso doloroso piacevole attuale è principio efine dell'atto volontario, provocando la reazione con lasua presenza, e non suscitando ancora immagini asso-ciative. Dunque in fondo a ogni atto volitivo per quantosemplice sta una forma di dolore o piacere per quantosemplice, cioè un tono di sentimento. Questo legamestrettissimo tra il fatto volontario e quello emotivo,come si è già detto, ha trascinato gli autori a confonderequalche volta i due fatti in uno. Di fatti il Wundt diceche il sentimento deve esser considerato come il mododi reazione esercitato dall'attività dell'appercezione con-tro la eccitazione sensoriale68. Dove si considera il senti-mento come più complesso del tono di sentimento che sitrova in ciò che egli chiama sensazione. Solamente aquesto tono rimarrebbe dunque il valore di stimolo,mentre il sentimento costituirebbe l’atto volontario reat-tivo. Ma il grado di piacere o dolore che anche nel senti-mento deve sussistere in composizione con la rappre-sentazione dello stimolo, perde invece di aumentarlacon la complessità la sua energia stimolante. In ognimodo il fatto emotivo rimane sempre staccato come sti-

68 Wundt – S. II. C. 10 – IV.

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lo e il motivo. Il motivo è il piacere, onde la volontà èdiretta a cercare il piacere e sfuggire il dolore.

Quando si parla di motivi a proposito di un atto vo-lontario elementare, non si vuole intendere nulla di po-sto come mèta dalla nostra immaginazione, perchè si ri-cadrebbe di nuovo nel regno delle rappresentazioni. Malo stimolo stesso doloroso piacevole attuale è principio efine dell'atto volontario, provocando la reazione con lasua presenza, e non suscitando ancora immagini asso-ciative. Dunque in fondo a ogni atto volitivo per quantosemplice sta una forma di dolore o piacere per quantosemplice, cioè un tono di sentimento. Questo legamestrettissimo tra il fatto volontario e quello emotivo,come si è già detto, ha trascinato gli autori a confonderequalche volta i due fatti in uno. Di fatti il Wundt diceche il sentimento deve esser considerato come il mododi reazione esercitato dall'attività dell'appercezione con-tro la eccitazione sensoriale68. Dove si considera il senti-mento come più complesso del tono di sentimento che sitrova in ciò che egli chiama sensazione. Solamente aquesto tono rimarrebbe dunque il valore di stimolo,mentre il sentimento costituirebbe l’atto volontario reat-tivo. Ma il grado di piacere o dolore che anche nel senti-mento deve sussistere in composizione con la rappre-sentazione dello stimolo, perde invece di aumentarlacon la complessità la sua energia stimolante. In ognimodo il fatto emotivo rimane sempre staccato come sti-

68 Wundt – S. II. C. 10 – IV.

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molo o come motivo dell'atto volontario.Non è difficile trovare la legge che regola il rapporto

fra lo stimolo e l'atto volontario, sempre rimanendo nelcampo dei fenomeni elementari. Si tratta dunque di sta-bilire la proporzione tra la puntura della mano percepitacome dolore e l’atto immediato di ritrarla percepitocome reazione, mentre ancora non vi è rappresentazionealcuna nè della puntura nè del movimento. È chiaro al-lora che, quanto più intensa è l'eccitazione dolorosa, tan-to più energico è il movimento che le tiene dietro. Labase fisiologica di questo rapporto sta nel fatto che ilmovimento è tanto più esteso ed energico, quanto piùestesa ed energica è l'escursione tra gli elementi nervosidella eccitazione che deve vincerne la resistenza.

Questa proporzione spesso è data come legge genera-le per tutti gli atti volontarj; ma, al contrario, si può ve-rificare soltanto tra questi fenomeni elementari. Perchè,se fra l’eccitazione sensitiva e l’atto volontario poniamouna rappresentazione, sia del sentimento, sia del cono-scimento, sia del movimento, in pari tempo deve alterar-si il rapporto in quanto la determinazione dall'atto non èpiù data dalla sola intensità dello stimolo, ma anchedall'influenza che ogni rappresentazione esercita. In altritermini, il rapporto si complica per l'intervento dellerappresentazioni, per il semplice fatto che ognuna diesse porta seco il proprio tono di sentimento che la loroassociazione modifica e aumenta o diminuisce creando-ne di nuovi; così che ognuno di questi si comporta allasua volta come stimolo verso l'atto volontario. Perciò

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molo o come motivo dell'atto volontario.Non è difficile trovare la legge che regola il rapporto

fra lo stimolo e l'atto volontario, sempre rimanendo nelcampo dei fenomeni elementari. Si tratta dunque di sta-bilire la proporzione tra la puntura della mano percepitacome dolore e l’atto immediato di ritrarla percepitocome reazione, mentre ancora non vi è rappresentazionealcuna nè della puntura nè del movimento. È chiaro al-lora che, quanto più intensa è l'eccitazione dolorosa, tan-to più energico è il movimento che le tiene dietro. Labase fisiologica di questo rapporto sta nel fatto che ilmovimento è tanto più esteso ed energico, quanto piùestesa ed energica è l'escursione tra gli elementi nervosidella eccitazione che deve vincerne la resistenza.

Questa proporzione spesso è data come legge genera-le per tutti gli atti volontarj; ma, al contrario, si può ve-rificare soltanto tra questi fenomeni elementari. Perchè,se fra l’eccitazione sensitiva e l’atto volontario poniamouna rappresentazione, sia del sentimento, sia del cono-scimento, sia del movimento, in pari tempo deve alterar-si il rapporto in quanto la determinazione dall'atto non èpiù data dalla sola intensità dello stimolo, ma anchedall'influenza che ogni rappresentazione esercita. In altritermini, il rapporto si complica per l'intervento dellerappresentazioni, per il semplice fatto che ognuna diesse porta seco il proprio tono di sentimento che la loroassociazione modifica e aumenta o diminuisce creando-ne di nuovi; così che ognuno di questi si comporta allasua volta come stimolo verso l'atto volontario. Perciò

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quella medesima puntura che, praticata su di un uomoaddormentato, chiama in risposta a pena un leggerissi-mo moto del braccio, può invece, in altro momento, pro-vocare persino l'omicidio contro chi la inflisse.

Si potrebbe obbiettare, che la fissità del rapporto nonci può essere nemmeno tra i fatti elementari su cui volgeil nostro discorso. E ciò, appoggiandosi a una teoria, giàin altro punto richiamata, del Bain. Pur ammettendoquesti, che la fuga dal dolore e la ricerca del piacere co-stituiscono gli stimoli e i motivi della volontà69, egli tro-va che l'atto volontario non si spiega solo coi motivi. Viè nell'organismo, egli afferma, e prova, una impulsivitàal movimento innata; incontrandosi poi nell'esperienzaquesto movimento impulsivo col piacere e col dolore, sihanno i moti che accompagnano questi fenomeni emoti-vi, e che a principio non sono localizzati nè diretti;dopo, per acquisizione, i moti diventano volontarj, per-chè permane ed è scelto il movimento che mantiene ilpiacere e allontana il dolore, come quello che aumenta erialza l'energia organica e quindi del membro che lo ese-gue70. Onde si potrebbe concludere che la proporzionefra lo stimolo e l'atto volitivo anche nei fatti elementarifluttua secondo il grado di quella impulsività innata.

Benchè altri neghino questa impulsività, sarebbe dif-ficile confutare le osservazioni riportate a questo propo-sito dal Bain. Però se ne potrebbe trovare la spiegazione

69 Bain – Les ém. et la vol. c. P. II. C. 5.70 Bain – Les sens et l’int. c. P. I. C 4.

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quella medesima puntura che, praticata su di un uomoaddormentato, chiama in risposta a pena un leggerissi-mo moto del braccio, può invece, in altro momento, pro-vocare persino l'omicidio contro chi la inflisse.

Si potrebbe obbiettare, che la fissità del rapporto nonci può essere nemmeno tra i fatti elementari su cui volgeil nostro discorso. E ciò, appoggiandosi a una teoria, giàin altro punto richiamata, del Bain. Pur ammettendoquesti, che la fuga dal dolore e la ricerca del piacere co-stituiscono gli stimoli e i motivi della volontà69, egli tro-va che l'atto volontario non si spiega solo coi motivi. Viè nell'organismo, egli afferma, e prova, una impulsivitàal movimento innata; incontrandosi poi nell'esperienzaquesto movimento impulsivo col piacere e col dolore, sihanno i moti che accompagnano questi fenomeni emoti-vi, e che a principio non sono localizzati nè diretti;dopo, per acquisizione, i moti diventano volontarj, per-chè permane ed è scelto il movimento che mantiene ilpiacere e allontana il dolore, come quello che aumenta erialza l'energia organica e quindi del membro che lo ese-gue70. Onde si potrebbe concludere che la proporzionefra lo stimolo e l'atto volitivo anche nei fatti elementarifluttua secondo il grado di quella impulsività innata.

Benchè altri neghino questa impulsività, sarebbe dif-ficile confutare le osservazioni riportate a questo propo-sito dal Bain. Però se ne potrebbe trovare la spiegazione

69 Bain – Les ém. et la vol. c. P. II. C. 5.70 Bain – Les sens et l’int. c. P. I. C 4.

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e la regola in una teoria ben intesa dell'istinto, che ricon-ducesse tale impulsività nel dominio degli atti riflessi.Inoltre, alla domanda teoretica: il primo movimento co-sciente del primo organismo fu o no causato da uno sti-molo doloroso o piacevole? sarebbe difficile risponderenegativamente, e sfuggire in tutto o in parte al giuocodegli stimoli. Ma comunque si creda, l'opinione del Bainnon è di inciampo alla nostra indagine, perchè questaimpulsività è qualcosa che sta prima del rapporto tra sti-molo e moto volontario, ed è il terreno su cui questorapporto si esercita allo stesso modo che lo è la eccitabi-lità generale del sistema nervoso. Mi spiego. Se noi pro-viamo ad ingerire una certa quantità di alcool la eccita-bilità nervosa da prima si rialza enormemente, poi rima-ne depressa. Se in questi due momenti si pratica la solitapuntura, la risposta motoria sarà differente. Ma con ciònon cambia la fissità del rapporto fra lo stimolo e ilmoto volontario, perchè nel secondo caso l'intensità del-la reazione sarà di tanto inferiore a quella del primocaso, di quanto la intensità del dolore nel secondo caso èinferiore a quella del primo. E lo stesso dicasi rispetto aquella impulsività innata di cui parla il Bain, la qualestarebbe al di sotto del rapporto, come vi sta la eccitabi-lità generale.

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e la regola in una teoria ben intesa dell'istinto, che ricon-ducesse tale impulsività nel dominio degli atti riflessi.Inoltre, alla domanda teoretica: il primo movimento co-sciente del primo organismo fu o no causato da uno sti-molo doloroso o piacevole? sarebbe difficile risponderenegativamente, e sfuggire in tutto o in parte al giuocodegli stimoli. Ma comunque si creda, l'opinione del Bainnon è di inciampo alla nostra indagine, perchè questaimpulsività è qualcosa che sta prima del rapporto tra sti-molo e moto volontario, ed è il terreno su cui questorapporto si esercita allo stesso modo che lo è la eccitabi-lità generale del sistema nervoso. Mi spiego. Se noi pro-viamo ad ingerire una certa quantità di alcool la eccita-bilità nervosa da prima si rialza enormemente, poi rima-ne depressa. Se in questi due momenti si pratica la solitapuntura, la risposta motoria sarà differente. Ma con ciònon cambia la fissità del rapporto fra lo stimolo e ilmoto volontario, perchè nel secondo caso l'intensità del-la reazione sarà di tanto inferiore a quella del primocaso, di quanto la intensità del dolore nel secondo caso èinferiore a quella del primo. E lo stesso dicasi rispetto aquella impulsività innata di cui parla il Bain, la qualestarebbe al di sotto del rapporto, come vi sta la eccitabi-lità generale.

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V.

Scoperti e analizzati i fatti psichici veramente ele-mentari, non ci resta che farne la loro sintesi ponendoliin serie integrata: vale a dire fissando una serie in cuiogni fatto sia legato al precedente da un rapporto di di-pendenza. Si avranno riuniti tutti i rapporti, cioè le leggiche regolano quei fatti.

Cerchiamo avanti tutto se una simile serie si possastabilire basandosi esclusivamente sugli autori; benchègià sappiamo che i fatti di cui essi discorrono son quasisempre fatti complessi, cioè fatti rappresentativi, e nonelementari. Per il Bain, il fatto volitivo trova il suo ante-cedente n quello emotivo71. D'altra parte, ogni volta chevi ha cambiamento di modo di coscienza vi ha discerni-mento, ne facciamo o no caso. Ma, come già ricordam-mo, i modi di coscienza dolorosi e piacevoli sospendonol’esercizio del discernimento, ed è invece la eccitazioneneutra (!) che serve di transizione alla coscienza intellet-tiva, la quale si basa sulla differenza e somiglianza, che

71 Bain – Les ém. et la vol. cit. P. I. c. I.

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V.

Scoperti e analizzati i fatti psichici veramente ele-mentari, non ci resta che farne la loro sintesi ponendoliin serie integrata: vale a dire fissando una serie in cuiogni fatto sia legato al precedente da un rapporto di di-pendenza. Si avranno riuniti tutti i rapporti, cioè le leggiche regolano quei fatti.

Cerchiamo avanti tutto se una simile serie si possastabilire basandosi esclusivamente sugli autori; benchègià sappiamo che i fatti di cui essi discorrono son quasisempre fatti complessi, cioè fatti rappresentativi, e nonelementari. Per il Bain, il fatto volitivo trova il suo ante-cedente n quello emotivo71. D'altra parte, ogni volta chevi ha cambiamento di modo di coscienza vi ha discerni-mento, ne facciamo o no caso. Ma, come già ricordam-mo, i modi di coscienza dolorosi e piacevoli sospendonol’esercizio del discernimento, ed è invece la eccitazioneneutra (!) che serve di transizione alla coscienza intellet-tiva, la quale si basa sulla differenza e somiglianza, che

71 Bain – Les ém. et la vol. cit. P. I. c. I.

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è un modo di differenza72. Allora non potremmo stabili-re altra serie che questa: sentimento — volizione: doveil discernimento non trova posto, perchè non è condizio-nato che da una eccitazione neutra, che, se non significasentimento, non significa che il discernimento stesso. Difatti il Bain dice che la distinzione, su cui il discerni-mento si basa, è proprietà primitiva dello spirito73. Alcontrario, la volizione è condizionata dal sentimentocome stimolo.

Se non che il Bain, come sappiamo, trova la base pri-ma della volizione, cioè il fatto volitivo più semplice, inun'attività spontanea indipendente dai sensi, dovuta allatensione o tonicità dei muscoli, onde la tendenza ad agi-re74. Allora la volizione, che abbiamo posta nella serie,ci si presenta come un fatto complesso risultantedell'addizione di un sentimento di piacere o dolore conquesta attività corporale. In tal caso l'attività volitiva piùsemplice, nella serie, deve esser posta prima del senti-mento; e la serie dei fatti semplici si ridurrebbe a: attivi-tà volontaria — sentimento, da una parte, e discerni-mento dall'altra. Ma il Bain osserva che noi avvertiamoquell'attività spontanea, cioè la tensione e l'azione mu-scolare, come sentimenti e come percezioni basate sulladistinzione dei movimenti muscolari75. Quindi per ilBain tutti i fenomeni psichici devono ridursi ai fenome-

72 Bain – libro s. c. P. II. C. 13.73 Bain – Les sens et l’int. c. P. II.74 Bain – libro s. c. P. I. C. I.75 Bain – luogo s. c.

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è un modo di differenza72. Allora non potremmo stabili-re altra serie che questa: sentimento — volizione: doveil discernimento non trova posto, perchè non è condizio-nato che da una eccitazione neutra, che, se non significasentimento, non significa che il discernimento stesso. Difatti il Bain dice che la distinzione, su cui il discerni-mento si basa, è proprietà primitiva dello spirito73. Alcontrario, la volizione è condizionata dal sentimentocome stimolo.

Se non che il Bain, come sappiamo, trova la base pri-ma della volizione, cioè il fatto volitivo più semplice, inun'attività spontanea indipendente dai sensi, dovuta allatensione o tonicità dei muscoli, onde la tendenza ad agi-re74. Allora la volizione, che abbiamo posta nella serie,ci si presenta come un fatto complesso risultantedell'addizione di un sentimento di piacere o dolore conquesta attività corporale. In tal caso l'attività volitiva piùsemplice, nella serie, deve esser posta prima del senti-mento; e la serie dei fatti semplici si ridurrebbe a: attivi-tà volontaria — sentimento, da una parte, e discerni-mento dall'altra. Ma il Bain osserva che noi avvertiamoquell'attività spontanea, cioè la tensione e l'azione mu-scolare, come sentimenti e come percezioni basate sulladistinzione dei movimenti muscolari75. Quindi per ilBain tutti i fenomeni psichici devono ridursi ai fenome-

72 Bain – libro s. c. P. II. C. 13.73 Bain – Les sens et l’int. c. P. II.74 Bain – libro s. c. P. I. C. I.75 Bain – luogo s. c.

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ni più semplici emotivi e intellettivi, i quali sono indi-pendenti, o, tutto al più, quello emotivo condiziona ne-gativamente l’intellettivo, essendo a questo necessariauna eccitazione neutra: non possono dunque, sempre se-guendo il Bain, porsi in serie integrata. In fine questoautore chiama i due fenomeni, le due faccie di un mede-simo: la teoria della conoscenza, secondo lui, va intesanel senso che ogni modo di coscienza ha un lato emo-zionale e uno intellettuale; però l’uno può prevaleresull’altro fino al punto di quasi annullarlo76.

Quanto allo Spencer, sarebbe difficile, basandosi suisuoi principj, stabilire una serie qualunque dei fatti psi-chici; di fatti quelli più semplici rimangono nell’inco-scienza, essendo automatici, e ci è quindi impossibilecercarne i rapporti. A misura poi che i cambiamenti psi-chici divengon troppo complicati per rimanere perfetta-mente automatici, cominciano a divenire sensitivi. Me-moria, ragione e sensazione nascono al tempo stesso77.L'unica cosa di cui ci si potrebbe valere per il nostroscopo, sarebbe riferirsi al luogo ove lo Spencer affermaesser l’impressione di resistenza l’elemento primordiale,universale, il substratum della coscienza78. Ma sarebbepoi disagevole in questa così detta impressione di resi-stenza distinguere se sia più fondamentale la percezionedell'oggetto a cui resistiamo o quella della nostra reazio-ne (volontà).

76 Bain – Les ém. et la vol. c. P. II. C. 13.77 Spencer – libro c. P. IV. C 8.78 Spencer – libro c. P. VI. C. 17.

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ni più semplici emotivi e intellettivi, i quali sono indi-pendenti, o, tutto al più, quello emotivo condiziona ne-gativamente l’intellettivo, essendo a questo necessariauna eccitazione neutra: non possono dunque, sempre se-guendo il Bain, porsi in serie integrata. In fine questoautore chiama i due fenomeni, le due faccie di un mede-simo: la teoria della conoscenza, secondo lui, va intesanel senso che ogni modo di coscienza ha un lato emo-zionale e uno intellettuale; però l’uno può prevaleresull’altro fino al punto di quasi annullarlo76.

Quanto allo Spencer, sarebbe difficile, basandosi suisuoi principj, stabilire una serie qualunque dei fatti psi-chici; di fatti quelli più semplici rimangono nell’inco-scienza, essendo automatici, e ci è quindi impossibilecercarne i rapporti. A misura poi che i cambiamenti psi-chici divengon troppo complicati per rimanere perfetta-mente automatici, cominciano a divenire sensitivi. Me-moria, ragione e sensazione nascono al tempo stesso77.L'unica cosa di cui ci si potrebbe valere per il nostroscopo, sarebbe riferirsi al luogo ove lo Spencer affermaesser l’impressione di resistenza l’elemento primordiale,universale, il substratum della coscienza78. Ma sarebbepoi disagevole in questa così detta impressione di resi-stenza distinguere se sia più fondamentale la percezionedell'oggetto a cui resistiamo o quella della nostra reazio-ne (volontà).

76 Bain – Les ém. et la vol. c. P. II. C. 13.77 Spencer – libro c. P. IV. C 8.78 Spencer – libro c. P. VI. C. 17.

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Per il Wundt, il primo elemento psichico è la sensa-zione pura che possiede il suo tono di sentimento79. Ilsentimento e la volontà vi si trovano come elementi psi-chici fondamentali: i quali due fatti non sono separabiliche per astrazione: l'elemento volontario non si rivelache nel sentimento, il quale è legato con la sensazione.In fatti un movimento istintivo primitivo si genera comecompagno della sensazione: esso produce la sintesi dellesensazioni, onde poi le rappresentazioni corrispondentisi ordinano nel tempo e nello spazio80. Con la rappresen-tazione interviene l’appercezione, manifestazione voliti-va, per cui il soggetto scorge immediatamente le sueproprie azioni interne; una realtà differente dal soggettosi riflette nel contenuto delle rappresentazioni della co-scienza, e le relazioni che si producono fra esse si mani-festano come sentimenti e movimenti dell'animo81. Lavolontà dunque, interna ed esterna, è il fatto fondamen-tale; per cui la serie sarebbe: (sensazione) volontà-senti-mento ecc.

Il Ribot fa precedere a ogni altro fatto psichico il de-siderio, che, nella sua forma più semplice, si presentacome appetito, cioè impulso: a questo tien dietro il sen-timento, piacere e dolore82. Consimile indirizzo seguono

79 Wundt – libro c. S. II. C. 7 – I.80 Wundt – S. VI. C. 24-II.81 Wundt – S. V. C. 20-I.82 Th. Ribot – La psycologie des sentiments – Alcan, Paris

1896 – conf. spec. Prefaz. e Conclus.

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Per il Wundt, il primo elemento psichico è la sensa-zione pura che possiede il suo tono di sentimento79. Ilsentimento e la volontà vi si trovano come elementi psi-chici fondamentali: i quali due fatti non sono separabiliche per astrazione: l'elemento volontario non si rivelache nel sentimento, il quale è legato con la sensazione.In fatti un movimento istintivo primitivo si genera comecompagno della sensazione: esso produce la sintesi dellesensazioni, onde poi le rappresentazioni corrispondentisi ordinano nel tempo e nello spazio80. Con la rappresen-tazione interviene l’appercezione, manifestazione voliti-va, per cui il soggetto scorge immediatamente le sueproprie azioni interne; una realtà differente dal soggettosi riflette nel contenuto delle rappresentazioni della co-scienza, e le relazioni che si producono fra esse si mani-festano come sentimenti e movimenti dell'animo81. Lavolontà dunque, interna ed esterna, è il fatto fondamen-tale; per cui la serie sarebbe: (sensazione) volontà-senti-mento ecc.

Il Ribot fa precedere a ogni altro fatto psichico il de-siderio, che, nella sua forma più semplice, si presentacome appetito, cioè impulso: a questo tien dietro il sen-timento, piacere e dolore82. Consimile indirizzo seguono

79 Wundt – libro c. S. II. C. 7 – I.80 Wundt – S. VI. C. 24-II.81 Wundt – S. V. C. 20-I.82 Th. Ribot – La psycologie des sentiments – Alcan, Paris

1896 – conf. spec. Prefaz. e Conclus.

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il Fouillée e l'Horwicz83.Abbandoniamo ora gli autori , e riprendiamo quei fe-

momeni, che nei paragrafi III e IV abbiamo scoperticome più elementari nei tre noti ordini di fatti psichici.Considerando il fatto emotivo elementare, costituito daun dolore o piacere immediatamente avvertito, cioè dal-la coscienza del dolore o del piacere non ancora divenu-to rappresentazione , già ci accorgemmo che nulla primadi ciò può percepire la nostra psiche. Dicemmo in fattiche il dolore e il piacere elementari non sono condizio-nati che dalla eccitabilità nervosa; cioè che, dato il siste-ma nervoso, parlando degli organismi che ne sono prov-visti, e data la sua eccitabilità, si può avere senz'altro ilfatto emotivo elementare. Deduttivamente, il sapere chela sostanza nervosa ha la proprietà di essere eccitabile,ci permette d'inferire che questa eccitazione, provocatadalla modificazione degli elementi nervosi, basta a offri-re la base organica del dolore e piacere. Induttivamente,non abbiamo coscienza di altro che stia prima del fattoemotivo elementare. Perciò questo è il primo fatto psi-chico, non essendo condizionato che da fatti fisiologicie fisici. Quindi dovremo porlo per primo nella serie deifenomeni psichici elementari. Confrontandolo con glialtri, ci accorgeremo che è anche il più fondamentale,perchè li condiziona.

Osserviamo ora il fatto discernitivo più semplice. Nel

83 Fouillée – La psychol. des idées-forces; Horwicz – Psycho-logische Analysen.

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il Fouillée e l'Horwicz83.Abbandoniamo ora gli autori , e riprendiamo quei fe-

momeni, che nei paragrafi III e IV abbiamo scoperticome più elementari nei tre noti ordini di fatti psichici.Considerando il fatto emotivo elementare, costituito daun dolore o piacere immediatamente avvertito, cioè dal-la coscienza del dolore o del piacere non ancora divenu-to rappresentazione , già ci accorgemmo che nulla primadi ciò può percepire la nostra psiche. Dicemmo in fattiche il dolore e il piacere elementari non sono condizio-nati che dalla eccitabilità nervosa; cioè che, dato il siste-ma nervoso, parlando degli organismi che ne sono prov-visti, e data la sua eccitabilità, si può avere senz'altro ilfatto emotivo elementare. Deduttivamente, il sapere chela sostanza nervosa ha la proprietà di essere eccitabile,ci permette d'inferire che questa eccitazione, provocatadalla modificazione degli elementi nervosi, basta a offri-re la base organica del dolore e piacere. Induttivamente,non abbiamo coscienza di altro che stia prima del fattoemotivo elementare. Perciò questo è il primo fatto psi-chico, non essendo condizionato che da fatti fisiologicie fisici. Quindi dovremo porlo per primo nella serie deifenomeni psichici elementari. Confrontandolo con glialtri, ci accorgeremo che è anche il più fondamentale,perchè li condiziona.

Osserviamo ora il fatto discernitivo più semplice. Nel

83 Fouillée – La psychol. des idées-forces; Horwicz – Psycho-logische Analysen.

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caso da noi analizzato, una puntura dicemmo che nonpotevamo considerare come semplice il discernimentodi un me che subisco la puntura. E tanto meno l'associa-zione con i dati di altri sensi, come sarebbe l'immaginedell’oggetto pungente ecc. Aggiungo ora, perchè potreb-be sorgerne il dubbio, che nemmeno il fatto doloroso,fino a questo momento, può essere oggetto del discerni-mento: perchè se io distinguessi il dolore, avrei coscien-za non del dolore primitivo ma della sua oggettivazione,cioè di una rappresentazione, fatto evidentemente poste-riore. Adunque, vicino al dolore come fenomeno sem-plice emotivo non possiamo porre come discernitivo chela sua localizzazione, intendendo questo termine nelmodo spiegato al paragrafo III. Il quale discernimentodicevamo che può essere composto (non complesso) edare la coscienza di una forma, perchè la coscienza diuna serie per esempio lineare di spazj, dove avvengacontemporaneamente la serie corrispondente di trafitte ècoscienza di una linea spaziale.

Ora, se confrontiamo questo fenomeno conoscitivoelementare con quello emotivo, ci accorgiamo subitoche non può mettersi prima di questo; non solo, ma chene è condizionato. È chiaro che io non posso discernerelo spazio dove ha luogo la percezione dolorosa primache questa percezione si verifichi; e che è il dolore ap-punto quello che condiziona la comparsa dell’atto cono-scitivo. Questo primo rapporto condizionale basta a su-bordinare nella serie l’un fenomeno all'altro. Questacondizione, essendo unica del fatto discernitivo, assume

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caso da noi analizzato, una puntura dicemmo che nonpotevamo considerare come semplice il discernimentodi un me che subisco la puntura. E tanto meno l'associa-zione con i dati di altri sensi, come sarebbe l'immaginedell’oggetto pungente ecc. Aggiungo ora, perchè potreb-be sorgerne il dubbio, che nemmeno il fatto doloroso,fino a questo momento, può essere oggetto del discerni-mento: perchè se io distinguessi il dolore, avrei coscien-za non del dolore primitivo ma della sua oggettivazione,cioè di una rappresentazione, fatto evidentemente poste-riore. Adunque, vicino al dolore come fenomeno sem-plice emotivo non possiamo porre come discernitivo chela sua localizzazione, intendendo questo termine nelmodo spiegato al paragrafo III. Il quale discernimentodicevamo che può essere composto (non complesso) edare la coscienza di una forma, perchè la coscienza diuna serie per esempio lineare di spazj, dove avvengacontemporaneamente la serie corrispondente di trafitte ècoscienza di una linea spaziale.

Ora, se confrontiamo questo fenomeno conoscitivoelementare con quello emotivo, ci accorgiamo subitoche non può mettersi prima di questo; non solo, ma chene è condizionato. È chiaro che io non posso discernerelo spazio dove ha luogo la percezione dolorosa primache questa percezione si verifichi; e che è il dolore ap-punto quello che condiziona la comparsa dell’atto cono-scitivo. Questo primo rapporto condizionale basta a su-bordinare nella serie l’un fenomeno all'altro. Questacondizione, essendo unica del fatto discernitivo, assume

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un vero valore di causa. È vero che, se ogni causa è con-dizione dell'effetto, non ogni condizione è causa delcondizionato; ma quando un fenomeno è condizionatoda un altro e unico fenomeno del medesimo ordine difatti, questo può chiamarsi propriamente la causa diquello, pur di non confondere il rapporto causale, che si-gnifica determinazione, col rapporto genetico, che signi-fica derivazione.

Un altro rapporto presto si rivela tra i due fatti. Io per-cepisco il dolore (puntura) in un luogo (mano). La fun-zione del dolore è protettiva, onde il dolore giova ad av-vertirci della presenza di alcunchè nocivo all'organismo.Perciò interviene, come ora vedremo, la volontà, per cuiritraggo la mano. Adunque il fatto emotivo si serve delfatto conoscitivo; perchè se avessi il sentimento doloro-so senza discernere un luogo ove si verifica, non ritrar-rei la mano. Adunque un rapporto di mezzo a fine si ag-giunge a quello condizionale e causale, subordinandovieppiù il fatto conoscitivo a quello emotivo. Questi e iseguenti rapporti si ritroveranno, come accenneremo nelparagrafo seguente, nei fatti psichici corrispondenti diqualunque complessità.

Ci siamo già accorti, osservando il precedente rappor-to di mezzo a fine, che ciò che integra i precedenti feno-meni è il fatto volontario. Sappiamo dal paragrafo IVche il più elementare dei fatti volontarj è costituito dallacoscienza immediata (non rappresentativa, come neimovimenti a coordinazione libera dove è intercalata larappresentazione del movimento) del movimento di rea-

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un vero valore di causa. È vero che, se ogni causa è con-dizione dell'effetto, non ogni condizione è causa delcondizionato; ma quando un fenomeno è condizionatoda un altro e unico fenomeno del medesimo ordine difatti, questo può chiamarsi propriamente la causa diquello, pur di non confondere il rapporto causale, che si-gnifica determinazione, col rapporto genetico, che signi-fica derivazione.

Un altro rapporto presto si rivela tra i due fatti. Io per-cepisco il dolore (puntura) in un luogo (mano). La fun-zione del dolore è protettiva, onde il dolore giova ad av-vertirci della presenza di alcunchè nocivo all'organismo.Perciò interviene, come ora vedremo, la volontà, per cuiritraggo la mano. Adunque il fatto emotivo si serve delfatto conoscitivo; perchè se avessi il sentimento doloro-so senza discernere un luogo ove si verifica, non ritrar-rei la mano. Adunque un rapporto di mezzo a fine si ag-giunge a quello condizionale e causale, subordinandovieppiù il fatto conoscitivo a quello emotivo. Questi e iseguenti rapporti si ritroveranno, come accenneremo nelparagrafo seguente, nei fatti psichici corrispondenti diqualunque complessità.

Ci siamo già accorti, osservando il precedente rappor-to di mezzo a fine, che ciò che integra i precedenti feno-meni è il fatto volontario. Sappiamo dal paragrafo IVche il più elementare dei fatti volontarj è costituito dallacoscienza immediata (non rappresentativa, come neimovimenti a coordinazione libera dove è intercalata larappresentazione del movimento) del movimento di rea-

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zione, e non dalla semplice eccitazione. Dunque il fattovolontario segue ed è condizionato anch'esso dal fattoemotivo, perchè si reagisce appunto all'eccitazione dolo-rosa o piacevole. Fatto emotivo che, come dicemmo, co-stituisce lo stimolo al movimento. Ora, da questo rap-porto causale, scaturisce direttamente il rapporto dimezzo a fine; dire che il fenomeno emotivo è lo stimolodi quello volontario, è come dire che il primo sottoponeai suoi scopi il secondo: ciò non ci riesce nuovo, perchègià sappiamo che l'atteggiamento teleologico (movi-mento verso un fine) è peculiare di ogni atto volontario.Adunque nella serie l'atto volitivo va posto dopo quelloemotivo, e ne dipende condizionalmente e teleologica-mente.

Resta ancora di confrontare questa volontà elementa-re col fenomeno discernitivo dello stesso ordine. Daquanto si è detto a proposito del rapporto di mezzo afine intercedente fra il discernimento e il sentimento ele-mentari, risulta chiaramente che l'atto volitivo ha biso-gno di quello discernitivo per effettuarsi con tutte le suequalità, compreso il suo atteggiamento teleologico. Cosìche non possiamo porre la volontà elementare prima deldiscernimento, dal momento che questo le segna il cam-mino. Per restare nei limiti strettamente scientifici, aquesto riguardo dobbiamo dire che, ogni volta che vi hadiscernimento, il sentimento agisce a traverso di essosulla volontà.

Per tutto ciò che precede, la serie dei fenomeni psi-chici elementari resta fissata in questo modo: fatto emo-

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zione, e non dalla semplice eccitazione. Dunque il fattovolontario segue ed è condizionato anch'esso dal fattoemotivo, perchè si reagisce appunto all'eccitazione dolo-rosa o piacevole. Fatto emotivo che, come dicemmo, co-stituisce lo stimolo al movimento. Ora, da questo rap-porto causale, scaturisce direttamente il rapporto dimezzo a fine; dire che il fenomeno emotivo è lo stimolodi quello volontario, è come dire che il primo sottoponeai suoi scopi il secondo: ciò non ci riesce nuovo, perchègià sappiamo che l'atteggiamento teleologico (movi-mento verso un fine) è peculiare di ogni atto volontario.Adunque nella serie l'atto volitivo va posto dopo quelloemotivo, e ne dipende condizionalmente e teleologica-mente.

Resta ancora di confrontare questa volontà elementa-re col fenomeno discernitivo dello stesso ordine. Daquanto si è detto a proposito del rapporto di mezzo afine intercedente fra il discernimento e il sentimento ele-mentari, risulta chiaramente che l'atto volitivo ha biso-gno di quello discernitivo per effettuarsi con tutte le suequalità, compreso il suo atteggiamento teleologico. Cosìche non possiamo porre la volontà elementare prima deldiscernimento, dal momento che questo le segna il cam-mino. Per restare nei limiti strettamente scientifici, aquesto riguardo dobbiamo dire che, ogni volta che vi hadiscernimento, il sentimento agisce a traverso di essosulla volontà.

Per tutto ciò che precede, la serie dei fenomeni psi-chici elementari resta fissata in questo modo: fatto emo-

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tivo – fatto conoscitivo – fatto volitivo, stretti l'unoall'altro dai rapporti or ora descritti; rapporti che hannoil valore di leggi generali, per essere quei fatti i primi epiù fondamentali della psiche. E che sian veramente iprimi ne fa fede la cura con la quale, a differenza dicome fanno quasi sempre gli psicologi, abbiamo sceve-rato da essi ogni elemento rappresentativo. Se a questifatti aggiungiamo le rappresentazioni, essi si complica-no in associazioni innumerevoli, di cui le leggi restanoperò sottoposte a quei primi rapporti, dove alle azioni sisovrappongono le reazioni vicendevoli di quei fatti.

Si potrebbe a questo punto osservare che, in tutte leprecedenti ricerche, ci siamo basati sopra un'esperienzafatta sul senso del tatto, che è il più semplice di tutti.Questa non è una obbiezione, in quanto: 1° è proprio delprocedimento scientifico scegliere il caso più sempliceper avere meno probabilità di errori o deviazioni; 2° ilche per noi era ancor più indicato dalla ricerca medesi-ma, ch'era di fatti elementari e semplici; 3° e in quantoil senso del tatto è fondamentale rispetto agli altri, comedimostra l'anatomia e comparata. Se, in luogo di consi-derare i fatti più semplici inducendo dal tatto, si consi-derano nel più differenziato fra gli organi di senso, quel-lo visivo, sorgeranno difficoltà maggiori per l'osserva-zione diretta e indiretta, date dal fatto che qui i fenome-ni rappresentativi hanno soverchiato e si sovrappongonocompletamente a quelli semplici fondamentali: ma nèquesti nè i loro rapporti cambiano menomamente. E giàche ho citato l'organo visivo, mi piace di osservare che è

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tivo – fatto conoscitivo – fatto volitivo, stretti l'unoall'altro dai rapporti or ora descritti; rapporti che hannoil valore di leggi generali, per essere quei fatti i primi epiù fondamentali della psiche. E che sian veramente iprimi ne fa fede la cura con la quale, a differenza dicome fanno quasi sempre gli psicologi, abbiamo sceve-rato da essi ogni elemento rappresentativo. Se a questifatti aggiungiamo le rappresentazioni, essi si complica-no in associazioni innumerevoli, di cui le leggi restanoperò sottoposte a quei primi rapporti, dove alle azioni sisovrappongono le reazioni vicendevoli di quei fatti.

Si potrebbe a questo punto osservare che, in tutte leprecedenti ricerche, ci siamo basati sopra un'esperienzafatta sul senso del tatto, che è il più semplice di tutti.Questa non è una obbiezione, in quanto: 1° è proprio delprocedimento scientifico scegliere il caso più sempliceper avere meno probabilità di errori o deviazioni; 2° ilche per noi era ancor più indicato dalla ricerca medesi-ma, ch'era di fatti elementari e semplici; 3° e in quantoil senso del tatto è fondamentale rispetto agli altri, comedimostra l'anatomia e comparata. Se, in luogo di consi-derare i fatti più semplici inducendo dal tatto, si consi-derano nel più differenziato fra gli organi di senso, quel-lo visivo, sorgeranno difficoltà maggiori per l'osserva-zione diretta e indiretta, date dal fatto che qui i fenome-ni rappresentativi hanno soverchiato e si sovrappongonocompletamente a quelli semplici fondamentali: ma nèquesti nè i loro rapporti cambiano menomamente. E giàche ho citato l'organo visivo, mi piace di osservare che è

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errata l'opinione di coloro, i quali credono che il piaceree il dolore dell’organo della vista si verifichino raramen-te, e in casi come quello chi riceve un colpo sull'occhio.In questo caso si tratta di nuovo di un dolore o piaceretattile. La sostanza nervosa per sè è indifferente a rice-vere percezioni tattili, gustative, olfattive, ecc. La diver-sità della percezione dipende dal modo con cui la so-stanza nervosa si pone in relazione con l'ambiente. Per-ciò, se bene siasi in alcuni punti specificata in papilletattili più perfettamente adattate a tal genere di percezio-ne, può però meno perfettamente essere suscettibile diuna percezione tattile dovunque si verifichi la possibilitàdi un urto sulla sostanza medesima. Ora, un colponell'occhio è certamente un dolore tattile, e non visivo.Un dolore visivo è in vece la percezione di più colori di-sarmonici, o di una luce intensa.

Ritornando alla nostra serie dei fatti elementari emo-tivo-discernitivo-volontario, a chi, come lo Spencer e ilWundt, li considera come i tre jati di un medesimo feno-meno, possiamo rispondere che ciò non è punto giustifi-cato dalle induzioni psicologiche. In fatti noi troviamoquesti fenomeni nella nostra coscienza come distinti;inoltre li troviamo come consecutivi; infine li troviamocome dipendenti l'uno dagli altri mediante molteplicirapporti. Questi rapporti non esisterebbero, cioè non po-trebbero agire, se si trattasse di un unico fatto inconcepi-bilmente trino ed uno: e la psiche dovrebbe sempre ri-manere stagnante in quell'unico fatto primo. Ma se mi sidice che l'un fatto muove l'altro, s'include che questi sie-

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errata l'opinione di coloro, i quali credono che il piaceree il dolore dell’organo della vista si verifichino raramen-te, e in casi come quello chi riceve un colpo sull'occhio.In questo caso si tratta di nuovo di un dolore o piaceretattile. La sostanza nervosa per sè è indifferente a rice-vere percezioni tattili, gustative, olfattive, ecc. La diver-sità della percezione dipende dal modo con cui la so-stanza nervosa si pone in relazione con l'ambiente. Per-ciò, se bene siasi in alcuni punti specificata in papilletattili più perfettamente adattate a tal genere di percezio-ne, può però meno perfettamente essere suscettibile diuna percezione tattile dovunque si verifichi la possibilitàdi un urto sulla sostanza medesima. Ora, un colponell'occhio è certamente un dolore tattile, e non visivo.Un dolore visivo è in vece la percezione di più colori di-sarmonici, o di una luce intensa.

Ritornando alla nostra serie dei fatti elementari emo-tivo-discernitivo-volontario, a chi, come lo Spencer e ilWundt, li considera come i tre jati di un medesimo feno-meno, possiamo rispondere che ciò non è punto giustifi-cato dalle induzioni psicologiche. In fatti noi troviamoquesti fenomeni nella nostra coscienza come distinti;inoltre li troviamo come consecutivi; infine li troviamocome dipendenti l'uno dagli altri mediante molteplicirapporti. Questi rapporti non esisterebbero, cioè non po-trebbero agire, se si trattasse di un unico fatto inconcepi-bilmente trino ed uno: e la psiche dovrebbe sempre ri-manere stagnante in quell'unico fatto primo. Ma se mi sidice che l'un fatto muove l'altro, s'include che questi sie-

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no due fenomeni distinti e agenti in vicendevoli azioni ereazioni.

L'opinione che vi sia un solo fatto fondamentale, chesi può considerare sotto i tre diversi aspetti, è dovutaall'esigenza speculativa di unificare in qualche modoquesti tre fatti, che altrimenti resterebbero mancanti diquella riduzione ultima, che è il desideratum di ogniscienziato. Cercherò di dimostrare che questa riduzionenon può farsi nel campo della psicologia.

A questo punto, come si vede, ci si presenta alla men-te un'ultima domanda. Ci troviamo noi da vero di fronteai fenomeni più semplici possibili? o se ne possono tro-vare sotto a questi, altri ancora più semplici? In altri ter-mini, è permesso ridurre ancora quei fenomeni in unaunica unità fondamentale che li comprenda, come ciconduce a credere, a priori, la nostra esigenza monisti-ca?

Certamente questa ricerca si può fare. Ma si noti, chealla psicologia non può offrire che una utilità filosofica.I fenomeni che abbiamo trovati bastano già, così comesono, a spiegare tutti gli altri fatti psichici. Ossia dannoil contenuto psichico di tutti i multiformi e innumerevolirapporti che l'associazione stabilisce servendosi dellarappresentazione e della riproduzione, come vedremo inun ultimo paragrafo. Non solo, ma questi fatti elementa-ri di sentimento, discernimento e volontà, sono vera-mente, oltre che i fondamentali, anche i più semplici fat-ti psichici: sappiamo che fatto psichico significa fatto dicoscienza, e per la nostra coscienza quei dati sono gli

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no due fenomeni distinti e agenti in vicendevoli azioni ereazioni.

L'opinione che vi sia un solo fatto fondamentale, chesi può considerare sotto i tre diversi aspetti, è dovutaall'esigenza speculativa di unificare in qualche modoquesti tre fatti, che altrimenti resterebbero mancanti diquella riduzione ultima, che è il desideratum di ogniscienziato. Cercherò di dimostrare che questa riduzionenon può farsi nel campo della psicologia.

A questo punto, come si vede, ci si presenta alla men-te un'ultima domanda. Ci troviamo noi da vero di fronteai fenomeni più semplici possibili? o se ne possono tro-vare sotto a questi, altri ancora più semplici? In altri ter-mini, è permesso ridurre ancora quei fenomeni in unaunica unità fondamentale che li comprenda, come ciconduce a credere, a priori, la nostra esigenza monisti-ca?

Certamente questa ricerca si può fare. Ma si noti, chealla psicologia non può offrire che una utilità filosofica.I fenomeni che abbiamo trovati bastano già, così comesono, a spiegare tutti gli altri fatti psichici. Ossia dannoil contenuto psichico di tutti i multiformi e innumerevolirapporti che l'associazione stabilisce servendosi dellarappresentazione e della riproduzione, come vedremo inun ultimo paragrafo. Non solo, ma questi fatti elementa-ri di sentimento, discernimento e volontà, sono vera-mente, oltre che i fondamentali, anche i più semplici fat-ti psichici: sappiamo che fatto psichico significa fatto dicoscienza, e per la nostra coscienza quei dati sono gli

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ultimi a cui si può pervenire. Tanto vero questo, che essici si presentano come irreducibili fra loro, cioè come tredistinti al di là dei quali non si può andare. Adunque inpsicologia bisogna fermarsi a questo punto. La filosofiapuò varcarlo, ma oltre quelli non troverà più dei fattipsichici, ma solo dei fatti appartenenti a quell’unità filo-sofica, che si può chiamare fisico-psichica. Vale a direche la filosofia può ancora ridurre i fenomeni elementaripsichici servendosi non più dei soli dati psicologici, mainsieme di quelli biologici e fisici. Onde non si perverràa una unità psicologica, e la psicologia potrebbe farne ameno, perchè il nuovo dato non può menomamente mo-dificare i rapporti stabiliti.

Tuttavia tentiamo la ricerca, e a posteriori troveremoconvalidato ciò che già a priori abbiamo presagito. Ri-petiamoci la domanda: i fatti elementari da noi stabiliti,sono essi suscettibili di una ulteriore riduzione? Che ciòsia possibile, ce ne fa garanzia una osservazione sempli-cissima. Tra i rapporti intercedenti fra loro, se ben siguarda, non abbiamo potuto fissare il più immediato e ilpiù stretto dei rapporti che leghino l’un l'altro due feno-meni, cioè il rapporto genetico, per cui l'uno derividall'altro, cioè sia costituito da una trasformazionedell'altro. Se io fisso un fatto psicologico complessoqualsiasi, per esempio un sentimento di mestizia, o unaidea costruttiva come una scoperta scientifica, io possosempre trovare uno o più fenomeni con i quali il fatto inquestione si trova legato da un rapporto genetico, cioène deriva, cioè è costituito dalla trasformazione dei loro

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ultimi a cui si può pervenire. Tanto vero questo, che essici si presentano come irreducibili fra loro, cioè come tredistinti al di là dei quali non si può andare. Adunque inpsicologia bisogna fermarsi a questo punto. La filosofiapuò varcarlo, ma oltre quelli non troverà più dei fattipsichici, ma solo dei fatti appartenenti a quell’unità filo-sofica, che si può chiamare fisico-psichica. Vale a direche la filosofia può ancora ridurre i fenomeni elementaripsichici servendosi non più dei soli dati psicologici, mainsieme di quelli biologici e fisici. Onde non si perverràa una unità psicologica, e la psicologia potrebbe farne ameno, perchè il nuovo dato non può menomamente mo-dificare i rapporti stabiliti.

Tuttavia tentiamo la ricerca, e a posteriori troveremoconvalidato ciò che già a priori abbiamo presagito. Ri-petiamoci la domanda: i fatti elementari da noi stabiliti,sono essi suscettibili di una ulteriore riduzione? Che ciòsia possibile, ce ne fa garanzia una osservazione sempli-cissima. Tra i rapporti intercedenti fra loro, se ben siguarda, non abbiamo potuto fissare il più immediato e ilpiù stretto dei rapporti che leghino l’un l'altro due feno-meni, cioè il rapporto genetico, per cui l'uno derividall'altro, cioè sia costituito da una trasformazionedell'altro. Se io fisso un fatto psicologico complessoqualsiasi, per esempio un sentimento di mestizia, o unaidea costruttiva come una scoperta scientifica, io possosempre trovare uno o più fenomeni con i quali il fatto inquestione si trova legato da un rapporto genetico, cioène deriva, cioè è costituito dalla trasformazione dei loro

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elementi. Lo stesso non può dirsi dei fenomeni elemen-tari della serie, dove non appare tale legame genetico: difatti, se io dico, per esempio, che l’atto discernitivosemplicissimo di una serie di punti dolorosi è condizio-nato dalla percezione del dolore, non posso però affer-mare che l’un fatto derivi, sia costituito dall'altro. E apunto per la mancanza di questo rapporto genetico, noisiamo costretti a chiamare elementari tutti e tre questifatti, trovandoli nella nostra coscienza irreducibili; per-chè, se di essi uno derivasse da un altro, il primo non sa-rebbe più elementare, perchè potrebbe ridursi all'altro.Dunque noi abbiamo accettato quei tre fatti come primi-tivi, fondamentali, semplici, perchè non possono ridursifra loro, cioè per la mancanza di un rapporto genetico.

Ma d'altra parte questa mancanza medesima ci offregaranzia, che non sia infruttuosa la ricerca propostaci, diuna ulteriore riduzione ad un unico fatto, sia pure d'ordi-ne diverso da quello psicologico. Di fatti, se quei feno-meni psichici elementari non derivano geneticamentel'uno dall'altro, bisogna supporre che ognuno abbia sottodi sè un sostrato da cui emani.

Qui abbiamo dimostrato che non ci aiuta più l'osser-vazione introspettiva: ricorriamo alla psicofisiologia.Allora, a base del fatto emotivo troviamo la modifica-zione degli elementi nervosi, cioè la loro eccitazione. Difatti in questa eccitazione sta la causa diretta della no-stra percezione piacevole o dolorosa. E a base del fattodiscernitivo troviamo lo stesso elemento nervoso che siavverte, per esempio, come un punto dello spazio, e si

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elementi. Lo stesso non può dirsi dei fenomeni elemen-tari della serie, dove non appare tale legame genetico: difatti, se io dico, per esempio, che l’atto discernitivosemplicissimo di una serie di punti dolorosi è condizio-nato dalla percezione del dolore, non posso però affer-mare che l’un fatto derivi, sia costituito dall'altro. E apunto per la mancanza di questo rapporto genetico, noisiamo costretti a chiamare elementari tutti e tre questifatti, trovandoli nella nostra coscienza irreducibili; per-chè, se di essi uno derivasse da un altro, il primo non sa-rebbe più elementare, perchè potrebbe ridursi all'altro.Dunque noi abbiamo accettato quei tre fatti come primi-tivi, fondamentali, semplici, perchè non possono ridursifra loro, cioè per la mancanza di un rapporto genetico.

Ma d'altra parte questa mancanza medesima ci offregaranzia, che non sia infruttuosa la ricerca propostaci, diuna ulteriore riduzione ad un unico fatto, sia pure d'ordi-ne diverso da quello psicologico. Di fatti, se quei feno-meni psichici elementari non derivano geneticamentel'uno dall'altro, bisogna supporre che ognuno abbia sottodi sè un sostrato da cui emani.

Qui abbiamo dimostrato che non ci aiuta più l'osser-vazione introspettiva: ricorriamo alla psicofisiologia.Allora, a base del fatto emotivo troviamo la modifica-zione degli elementi nervosi, cioè la loro eccitazione. Difatti in questa eccitazione sta la causa diretta della no-stra percezione piacevole o dolorosa. E a base del fattodiscernitivo troviamo lo stesso elemento nervoso che siavverte, per esempio, come un punto dello spazio, e si

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avverte in quanto viene eccitato. Anche qui dunque laeccitazione nervosa sta sotto al fatto psichico, che, filo-soficamente parlando, ne è la conseguenza. E finalmen-te, l'attività volontaria non è che la reazione nervosa.Ora, questa reazione non è che una eccitazione nervosapiù o meno generale che risponde alla eccitazione localeiniziale. Ecco dunque raggiunta quell’unità di cui anda-vamo in traccia; unità che aduna al loro inizio tutti i fattipsichici nella eccitabilità. La quale non è dunque il so-strato del solo fatto volontario, come credono coloro cheidentificano il fatto volontario più semplice con l'attivi-tà, cioè la eccitabilità nervosa, ma è altresì il sostrato de-gli altri fenomeni, e, prima di tutto, del fatto emotivoche li condiziona tutti.

In fine, che cosa è l'eccitabilità se non la funzione deltessuto nerveo? Eravamo dunque nel vero quando si di-ceva che questa unità prima, in cui potrebbero ridursi ifenomeni della serie, non è una unità psicologica e launificazione non ha valore psicologico. La psicologianon può trovar nulla prima di tre fatti elementari studia-ti.

Un'ultima osservazione. Sempre per una ricerca di va-lore puramente filosofico, si potrebbe sotto altro puntodi vista domandarsi se i fenomeni in questione siano ve-ramente semplici. La filosofia naturale ci dice che ilconcetto di semplice è relativo, e che in natura non sipuò trovare un fenomeno assolutamente semplice, per-chè esso è sempre suscettibile di una ulteriore suddivi-sione all'infinito. Così, nel nostro caso, come l'unità fisi-

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avverte in quanto viene eccitato. Anche qui dunque laeccitazione nervosa sta sotto al fatto psichico, che, filo-soficamente parlando, ne è la conseguenza. E finalmen-te, l'attività volontaria non è che la reazione nervosa.Ora, questa reazione non è che una eccitazione nervosapiù o meno generale che risponde alla eccitazione localeiniziale. Ecco dunque raggiunta quell’unità di cui anda-vamo in traccia; unità che aduna al loro inizio tutti i fattipsichici nella eccitabilità. La quale non è dunque il so-strato del solo fatto volontario, come credono coloro cheidentificano il fatto volontario più semplice con l'attivi-tà, cioè la eccitabilità nervosa, ma è altresì il sostrato de-gli altri fenomeni, e, prima di tutto, del fatto emotivoche li condiziona tutti.

In fine, che cosa è l'eccitabilità se non la funzione deltessuto nerveo? Eravamo dunque nel vero quando si di-ceva che questa unità prima, in cui potrebbero ridursi ifenomeni della serie, non è una unità psicologica e launificazione non ha valore psicologico. La psicologianon può trovar nulla prima di tre fatti elementari studia-ti.

Un'ultima osservazione. Sempre per una ricerca di va-lore puramente filosofico, si potrebbe sotto altro puntodi vista domandarsi se i fenomeni in questione siano ve-ramente semplici. La filosofia naturale ci dice che ilconcetto di semplice è relativo, e che in natura non sipuò trovare un fenomeno assolutamente semplice, per-chè esso è sempre suscettibile di una ulteriore suddivi-sione all'infinito. Così, nel nostro caso, come l'unità fisi-

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ca e chimica è costituita di atomi, così l'unità psicologi-ca, e quindi ogni percezione, dev'esser costituita di ele-menti più semplici. Si noti che qui si tratta sempre dielementi psichici, cioè coscienti, benchè indistinti. Valea dire che non si tratta più della riduzione dei tre fattifondamentali a una unità che li comprenda, ma, anzi,della loro disintegrazione in elementi minori, ma dellastessa natura. Ciò riconobbe già lo Spencer, che ammet-te che le differenze fra le sensazioni, che noi di solitoabbiamo chiamato percezioni, siano risultato dei modidiversi d'integrazione di una sola unità primitiva, chia-mata da lui urto nervoso84. Però, urto nervoso, è un ter-mine fisiologico, mentre si tratta di elementi che conser-vano la loro qualità psichica; perciò bisogna sostituirviquello dell'Ardigò, che chiama i minimi identici, dallacombinazione dei quali si suppone formata la sensazio-ne (percezione), protoestemi85.

Questi protoestemi, alla lor volta, sono, teoreticamen-te parlando, suscettibili di esser divisi all'infinito. Vale adire che i protoestemi sono per la psicologia quello chegli atomi sono per la fisica e per la chimica. Oggi ci sipuò domandare: è veramente scientifica questa corsadietro all'infinitamente piccolo, ricercando sempre delleunità più elementari? Tutt'altro. L'atomo fisico e chimi-co considerato come unità finisce con l'essere un assur-do speculativo, perdendosi nel non-senso che è l'infini-

84 Spencer – libro c. P. II. C. 1.85 Ardigò – L'unità di coscienza c. P. I. C. 2., 3.

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ca e chimica è costituita di atomi, così l'unità psicologi-ca, e quindi ogni percezione, dev'esser costituita di ele-menti più semplici. Si noti che qui si tratta sempre dielementi psichici, cioè coscienti, benchè indistinti. Valea dire che non si tratta più della riduzione dei tre fattifondamentali a una unità che li comprenda, ma, anzi,della loro disintegrazione in elementi minori, ma dellastessa natura. Ciò riconobbe già lo Spencer, che ammet-te che le differenze fra le sensazioni, che noi di solitoabbiamo chiamato percezioni, siano risultato dei modidiversi d'integrazione di una sola unità primitiva, chia-mata da lui urto nervoso84. Però, urto nervoso, è un ter-mine fisiologico, mentre si tratta di elementi che conser-vano la loro qualità psichica; perciò bisogna sostituirviquello dell'Ardigò, che chiama i minimi identici, dallacombinazione dei quali si suppone formata la sensazio-ne (percezione), protoestemi85.

Questi protoestemi, alla lor volta, sono, teoreticamen-te parlando, suscettibili di esser divisi all'infinito. Vale adire che i protoestemi sono per la psicologia quello chegli atomi sono per la fisica e per la chimica. Oggi ci sipuò domandare: è veramente scientifica questa corsadietro all'infinitamente piccolo, ricercando sempre delleunità più elementari? Tutt'altro. L'atomo fisico e chimi-co considerato come unità finisce con l'essere un assur-do speculativo, perdendosi nel non-senso che è l'infini-

84 Spencer – libro c. P. II. C. 1.85 Ardigò – L'unità di coscienza c. P. I. C. 2., 3.

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to. Di fatti alla scienza l'atomo non reca che una utilitàgnoseologica, prestandosi alla composizione delle for-mole chimiche.

Ma sull'orizzonte scientifico già è sorta, come un soledi progresso, la teoria della energetica, che aboliscel'ipotesi antiscientifica (perchè contraria ai fatti di osser-vazione) dell'atomo e riporta ogni fatto a un principio dienergia, che è un principio di rapporti e non di unità86.Del pari in psicologia la ipotesi dei protoestemi non puòaver valore di scoperta, perchè, se mai, essi sarebberounità fisiologiche e non psicologiche; tanto vero che nèdirettamente nè indirettamente possiamo averne co-scienza, condizione di ogni fatto psichico. In vece lapercezione, che ci si presenta come fatto uno, deve esserconsiderata come prodotto di rapporti, i quali perciò psi-cologicamente non sussistono come qualcosa in sè piùsemplice, ma come indivisibili nel risultato che è la per-cezione stessa.

Abbiamo così ancora una volta dimostrato che i fattida noi posti in serie come elementari sono da vero i pri-mi; al di là di essi, nemmeno la filosofia, se veramentescientifica, può trovare qualcosa psicologicamente piùsemplice.

86 Per farsi un concetto esatto di questa teoria cf. M. W. Ost-wald – La déroute de l' Atomisme – Revue générale des sciences,15 novembre 1895; e G. Helm – Die Energetik nach ihrer geschi-chtlichen Entwickelung — Leipzig 1898.

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to. Di fatti alla scienza l'atomo non reca che una utilitàgnoseologica, prestandosi alla composizione delle for-mole chimiche.

Ma sull'orizzonte scientifico già è sorta, come un soledi progresso, la teoria della energetica, che aboliscel'ipotesi antiscientifica (perchè contraria ai fatti di osser-vazione) dell'atomo e riporta ogni fatto a un principio dienergia, che è un principio di rapporti e non di unità86.Del pari in psicologia la ipotesi dei protoestemi non puòaver valore di scoperta, perchè, se mai, essi sarebberounità fisiologiche e non psicologiche; tanto vero che nèdirettamente nè indirettamente possiamo averne co-scienza, condizione di ogni fatto psichico. In vece lapercezione, che ci si presenta come fatto uno, deve esserconsiderata come prodotto di rapporti, i quali perciò psi-cologicamente non sussistono come qualcosa in sè piùsemplice, ma come indivisibili nel risultato che è la per-cezione stessa.

Abbiamo così ancora una volta dimostrato che i fattida noi posti in serie come elementari sono da vero i pri-mi; al di là di essi, nemmeno la filosofia, se veramentescientifica, può trovare qualcosa psicologicamente piùsemplice.

86 Per farsi un concetto esatto di questa teoria cf. M. W. Ost-wald – La déroute de l' Atomisme – Revue générale des sciences,15 novembre 1895; e G. Helm – Die Energetik nach ihrer geschi-chtlichen Entwickelung — Leipzig 1898.

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VI.

Scoperta così la serie dei fatti fondamentali, al di làdei quali non si può con la psicologia procedere per ana-lisi e sintesi, rimane di mostrare in che modo quelli sicomplichino nei diversi ordini dei molteplici fenomenipsichici, diventando emozioni, desiderj, intelligenza,volontà selettiva ecc. Giustamente il Wundt dice, che ilcompito della psicologia ai nostri giorni, è di fare unastoria dello sviluppo psichico87; ma come si potrebbeperfettamente riuscirvi senza cominciare dallo stabilirela serie dei fatti elementari?

Potrebbe esimersi da questa ricerca, solamente chi,come alcuni fanno, ammetta un sostrato psichico, unaspecie di sostanza psichica, donde emanerebbero tuttigli altri fatti. A questa sostanza egli riserberebbe il nomedi coscienza, trattando tutti i fenomeni come fatti varia-bili che scorrono su quello immutabile. A questa conce-zione si ribella oggi la scienza: perchè, o questo sostratonon è qualcosa di primitivo, di dato a priori, e allora ilproblema rimane quello di prima, perchè bisogna trovar-

87 Wundt – §. VI. c. 24. – II. pag. 518.

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VI.

Scoperta così la serie dei fatti fondamentali, al di làdei quali non si può con la psicologia procedere per ana-lisi e sintesi, rimane di mostrare in che modo quelli sicomplichino nei diversi ordini dei molteplici fenomenipsichici, diventando emozioni, desiderj, intelligenza,volontà selettiva ecc. Giustamente il Wundt dice, che ilcompito della psicologia ai nostri giorni, è di fare unastoria dello sviluppo psichico87; ma come si potrebbeperfettamente riuscirvi senza cominciare dallo stabilirela serie dei fatti elementari?

Potrebbe esimersi da questa ricerca, solamente chi,come alcuni fanno, ammetta un sostrato psichico, unaspecie di sostanza psichica, donde emanerebbero tuttigli altri fatti. A questa sostanza egli riserberebbe il nomedi coscienza, trattando tutti i fenomeni come fatti varia-bili che scorrono su quello immutabile. A questa conce-zione si ribella oggi la scienza: perchè, o questo sostratonon è qualcosa di primitivo, di dato a priori, e allora ilproblema rimane quello di prima, perchè bisogna trovar-

87 Wundt – §. VI. c. 24. – II. pag. 518.

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ne la genesi e lo scioglimento, cioè ridurlo ai fatti fon-damentali e poi dimostrare come questi, complicandosied evolvendosi nell'individuo e nella specie, hanno po-tuto formare quel sostrato; o si crede che questo sia unarealtà inconoscibile, data già come un in sè, e in tal casobisogna rinunciare alla psicologia come scienza, e rele-garla nella metafisica. Il concetto di un sostrato psichicoimmutabile deriva dalla coscienza del proprio me, co-scienza di secondo grado che facilmente si spiega con leleggi dell'associazionismo.

Che cosa manca, perchè dai fatti elementari si possa-no derivare tutti gli altri, per quanto complessi? Mancal’associazione. Cioè manca il ricordo. Cioè manca larappresentazione mentale. Il fatto rappresentativo, dalquale avevamo sempre fatto astrazione per trovare il fe-nomeno elementare, è quello che lo complica secondotutte le leggi dell'associazionismo inglese e wundtiano.

Adunque l'unica difficoltà che ancora ci resta da su-perare, è la ricerca del processo rappresentativo: vale adire la ricerca del modo con cui uno di quei fatti ele-mentari diventi una rappresentazione, cioè un nuovo fat-to di ordine rappresentativo, cioè più complesso. Laquale difficoltà è anche la maggiore di ogni altra, e nonmi sembra che sia stata affrontata di proposito nè dagliinglesi nè dal Wundt. A questo e a quelli del resto non siè presentata direttamente, perchè partono sempre da fattigià in tutto o in parte rappresentativi, come diverse volteho spiegato; così che la rappresentazione era già un datoper essi, non avendo mai tentato di ridurla, cioè di var-

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ne la genesi e lo scioglimento, cioè ridurlo ai fatti fon-damentali e poi dimostrare come questi, complicandosied evolvendosi nell'individuo e nella specie, hanno po-tuto formare quel sostrato; o si crede che questo sia unarealtà inconoscibile, data già come un in sè, e in tal casobisogna rinunciare alla psicologia come scienza, e rele-garla nella metafisica. Il concetto di un sostrato psichicoimmutabile deriva dalla coscienza del proprio me, co-scienza di secondo grado che facilmente si spiega con leleggi dell'associazionismo.

Che cosa manca, perchè dai fatti elementari si possa-no derivare tutti gli altri, per quanto complessi? Mancal’associazione. Cioè manca il ricordo. Cioè manca larappresentazione mentale. Il fatto rappresentativo, dalquale avevamo sempre fatto astrazione per trovare il fe-nomeno elementare, è quello che lo complica secondotutte le leggi dell'associazionismo inglese e wundtiano.

Adunque l'unica difficoltà che ancora ci resta da su-perare, è la ricerca del processo rappresentativo: vale adire la ricerca del modo con cui uno di quei fatti ele-mentari diventi una rappresentazione, cioè un nuovo fat-to di ordine rappresentativo, cioè più complesso. Laquale difficoltà è anche la maggiore di ogni altra, e nonmi sembra che sia stata affrontata di proposito nè dagliinglesi nè dal Wundt. A questo e a quelli del resto non siè presentata direttamente, perchè partono sempre da fattigià in tutto o in parte rappresentativi, come diverse volteho spiegato; così che la rappresentazione era già un datoper essi, non avendo mai tentato di ridurla, cioè di var-

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carla per giungere ai fatti veramente primi elementari.Dire con gli inglesi che ogni percezione attuale richiamaquelle che le sono legate per somiglianza o per contigui-tà, è fare della descrizione, ma non è ancora trovare ilrapporto fra la percezione attuale e la rappresentazioneche si rievoca: il problema sta nell'indagare come questarappresentazione si produce, fondendosi in un fatto nuo-vo; il che evidentemente è qualcosa di più. Gli inglesipartono già dalla rappresentazione, anzi dalla immagine;e in ciò sta la ragione per cui son tratti a considerare tut-ti i fatti come d’ordine intellettivo.

Il Wundt, come s'è detto nel § I., trova associazionipiù elementari di quelle descritte dal Bain, ma non giun-ge dove noi vorremmo. Dire che è per un'associazionesimultanea, che noi udiamo completamente una paroladi cui in realtà non abbiamo intese tutte le sillabe, non èancora spiegare la legge psichica; resta ancora di sapereperchè alla mancanza di quelle sillabe suppliamo imme-diatamente con la loro rappresentazione, di cui però siha coscienza come di fatto esterno. Come si vede, quirasentiamo la questione senza sviscerarla. È vero che ilWundt trova il movente dell'associazione nella potenzasintetica e analitica della volontà che si esplica nelmodo più semplice come attenzione e appercezione. Ciòpotrebbe fornire una vera esplicazione dell’associazioni-smo, se non sapessimo (§ IV.) che la volontà intesa inquesto senso, qualora dal fatto appercettivo si tolga ognirappresentazione, rimane identificata nell'attività onell'eccitabilità del sistema nervoso, o, sia pure, del cer-

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carla per giungere ai fatti veramente primi elementari.Dire con gli inglesi che ogni percezione attuale richiamaquelle che le sono legate per somiglianza o per contigui-tà, è fare della descrizione, ma non è ancora trovare ilrapporto fra la percezione attuale e la rappresentazioneche si rievoca: il problema sta nell'indagare come questarappresentazione si produce, fondendosi in un fatto nuo-vo; il che evidentemente è qualcosa di più. Gli inglesipartono già dalla rappresentazione, anzi dalla immagine;e in ciò sta la ragione per cui son tratti a considerare tut-ti i fatti come d’ordine intellettivo.

Il Wundt, come s'è detto nel § I., trova associazionipiù elementari di quelle descritte dal Bain, ma non giun-ge dove noi vorremmo. Dire che è per un'associazionesimultanea, che noi udiamo completamente una paroladi cui in realtà non abbiamo intese tutte le sillabe, non èancora spiegare la legge psichica; resta ancora di sapereperchè alla mancanza di quelle sillabe suppliamo imme-diatamente con la loro rappresentazione, di cui però siha coscienza come di fatto esterno. Come si vede, quirasentiamo la questione senza sviscerarla. È vero che ilWundt trova il movente dell'associazione nella potenzasintetica e analitica della volontà che si esplica nelmodo più semplice come attenzione e appercezione. Ciòpotrebbe fornire una vera esplicazione dell’associazioni-smo, se non sapessimo (§ IV.) che la volontà intesa inquesto senso, qualora dal fatto appercettivo si tolga ognirappresentazione, rimane identificata nell'attività onell'eccitabilità del sistema nervoso, o, sia pure, del cer-

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vello in particolare.È questo il momento di notare una cosa importantissi-

ma. Quando gli autori in genere e specialmente il Wundtparlano di rappresentazione, spesso adoperano questotermine con doppio senso. La rappresentazione necessa-ria a esplicare tutti i fatti associativi, consiste in una im-magine, per lo più visiva, di un fatto anteriore richiama-ta e associata con un fatto attuale in modo più o menocomplesso. Ed è appunto questa rappresentazione di cuibisogna stabilire il processo; così che dicevamo che sot-to l'associazionismo sta il problema della formazionedelle rappresentazioni. Ma gli autori considerano il fattopercettivo attuale anch'esso già come una rappresenta-zione; ed ecco la ragione per cui non potevano pervenireai fenomeni elementari. Di fatti il Wundt definisce larappresentazione come = l'immagine che un oggetto ge-nera nella nostra coscienza. Il mondo – in quanto lo co-nosciamo – si compone unicamente delle nostre rappre-sentazioni. Queste rappresentazioni sono identiche aglioggetti ai quali le riferiamo =88. In altre parole, se io mipungo, il dolore della mia puntura non diventa per mecosciente, cioè non costituisce il primo fatto psichico,che sotto forma d'immagine. Vale a dire che ogni fattopsichico consiste in una oggettivazione, dove ci sarà unsoggetto, formato sempre da qualcosa più che una sem-plice attività volontaria, perchè deve riconoscere, chericeve l'immagine. Allora in che differisce l'attualismo

88 Wundt – S III. C. XI.-1.

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vello in particolare.È questo il momento di notare una cosa importantissi-

ma. Quando gli autori in genere e specialmente il Wundtparlano di rappresentazione, spesso adoperano questotermine con doppio senso. La rappresentazione necessa-ria a esplicare tutti i fatti associativi, consiste in una im-magine, per lo più visiva, di un fatto anteriore richiama-ta e associata con un fatto attuale in modo più o menocomplesso. Ed è appunto questa rappresentazione di cuibisogna stabilire il processo; così che dicevamo che sot-to l'associazionismo sta il problema della formazionedelle rappresentazioni. Ma gli autori considerano il fattopercettivo attuale anch'esso già come una rappresenta-zione; ed ecco la ragione per cui non potevano pervenireai fenomeni elementari. Di fatti il Wundt definisce larappresentazione come = l'immagine che un oggetto ge-nera nella nostra coscienza. Il mondo – in quanto lo co-nosciamo – si compone unicamente delle nostre rappre-sentazioni. Queste rappresentazioni sono identiche aglioggetti ai quali le riferiamo =88. In altre parole, se io mipungo, il dolore della mia puntura non diventa per mecosciente, cioè non costituisce il primo fatto psichico,che sotto forma d'immagine. Vale a dire che ogni fattopsichico consiste in una oggettivazione, dove ci sarà unsoggetto, formato sempre da qualcosa più che una sem-plice attività volontaria, perchè deve riconoscere, chericeve l'immagine. Allora in che differisce l'attualismo

88 Wundt – S III. C. XI.-1.

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wundtiano dall'intellettualismo herbartiano, dove tutto èrappresentazione, e dalla teoria del sostrato psichico,dove appunto si ammette qualcosa di immutabile cheaccoglie e riconosce le immagini attuali?

Come facilmente si scorge, vige ancora la teoria diun'anima che fa da centro ricevitore di impressioni chele siano inviate dagli organi di senso e che le apparisca-no come rappresentazioni delle risultanti psichiche delletrasformazioni che in quegli organi han luogo. Ma noiabbiamo dimostrato che un dolore deve prima e imme-diatamente essere percepito come dolore nel luogo stes-so ove avviene (§ III). D'altra parte dire che vi è unarappresentazione senza una percezione diretta che lapreceda, è come dire che vi è il ricordo di qualcosa dicui non si è mai avuto coscienza. Inoltre, al contrario diciò che giustamente vorrebbe poi il Wundt, tutti i fattisecondo quel modo di vedere, si ridurrebbero a fenome-ni puramente intellettivi: in fatti nella rappresentazionedel dolore di una puntura si può trovare il dolore sola-mente in quanto questo dolore è stato prima qualcosa direale, direttamente percepito. Non solo: ma lo stessodeve accadere anche nel fatto conoscitivo, che deve pri-ma essere attuale e diretto, per diventare poi rappresen-tativo. La vista di questa penna con cui scrivo è un fattoimmediato, perchè io ho coscienza diretta della modifi-cazione che i raggi luminosi producono nella retina. Larappresentazione vien dopo, quando, rimossa la penna,io la veggo ancora nel pensiero. O può anche il fatto at-tuale complicarsi con altri fatti rappresentativi, in quan-

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wundtiano dall'intellettualismo herbartiano, dove tutto èrappresentazione, e dalla teoria del sostrato psichico,dove appunto si ammette qualcosa di immutabile cheaccoglie e riconosce le immagini attuali?

Come facilmente si scorge, vige ancora la teoria diun'anima che fa da centro ricevitore di impressioni chele siano inviate dagli organi di senso e che le apparisca-no come rappresentazioni delle risultanti psichiche delletrasformazioni che in quegli organi han luogo. Ma noiabbiamo dimostrato che un dolore deve prima e imme-diatamente essere percepito come dolore nel luogo stes-so ove avviene (§ III). D'altra parte dire che vi è unarappresentazione senza una percezione diretta che lapreceda, è come dire che vi è il ricordo di qualcosa dicui non si è mai avuto coscienza. Inoltre, al contrario diciò che giustamente vorrebbe poi il Wundt, tutti i fattisecondo quel modo di vedere, si ridurrebbero a fenome-ni puramente intellettivi: in fatti nella rappresentazionedel dolore di una puntura si può trovare il dolore sola-mente in quanto questo dolore è stato prima qualcosa direale, direttamente percepito. Non solo: ma lo stessodeve accadere anche nel fatto conoscitivo, che deve pri-ma essere attuale e diretto, per diventare poi rappresen-tativo. La vista di questa penna con cui scrivo è un fattoimmediato, perchè io ho coscienza diretta della modifi-cazione che i raggi luminosi producono nella retina. Larappresentazione vien dopo, quando, rimossa la penna,io la veggo ancora nel pensiero. O può anche il fatto at-tuale complicarsi con altri fatti rappresentativi, in quan-

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to io riconosco una penna, cioè complico la percezioneattuale con le rappresentazioni di tutte le penne che hovedute e con le nozioni rappresentative che a questo ri-guardo si sono formate nella mia psiche. Anche la paro-la immagine aiuta a mantenere il deplorevole equivoco.Essa viene usata come equivalente di rappresentazione,perchè la maggior parte delle rappresentazioni di perce-zioni passate, nell’uomo, e in certi individui special-mente, assume quasi sempre la forma di rappresentazio-ni visive, dette appunto immagini mentali. E al tempostesso immagine è anche il fatto della percezione visivareale e diretta; perciò ha doppio senso. Ma non vi hadubbio che il fatto rappresentativo è posteriore a quelloreale direttamente percepito.

Rimane così sgombra la via per risolvere il problemache ci eravamo proposto. Abbiamo da prima i fatti emo-tivi, conoscitivi e volontarj reali; e abbiamo in seguito lerappresentazioni di questi fatti, cioè i loro ricordi: tuttol’associazionismo si basa sopra le unioni dei fatti realicoi fatti rappresentativi. Così che, per ispiegare l’asso-ciazionismo non basta descrivere le associazioni simul-tanee e successive, esterne ed interne, di relazione e dievoluzione; bisogna altresì trovare quei rapporti tra i fat-ti fondamentali irreducibili da noi stabiliti, e poi il rap-porto fra questi e le loro rappresentazioni, cioè il modocon cui un fatto reale diventa la sua rappresentazione.

Qui davvero ci può rendere preziosi servigi la leggedi relazione degli inglesi, ben più che il volontarismowundtiano; benchè per le ragioni dette sopra, gli inglesi

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to io riconosco una penna, cioè complico la percezioneattuale con le rappresentazioni di tutte le penne che hovedute e con le nozioni rappresentative che a questo ri-guardo si sono formate nella mia psiche. Anche la paro-la immagine aiuta a mantenere il deplorevole equivoco.Essa viene usata come equivalente di rappresentazione,perchè la maggior parte delle rappresentazioni di perce-zioni passate, nell’uomo, e in certi individui special-mente, assume quasi sempre la forma di rappresentazio-ni visive, dette appunto immagini mentali. E al tempostesso immagine è anche il fatto della percezione visivareale e diretta; perciò ha doppio senso. Ma non vi hadubbio che il fatto rappresentativo è posteriore a quelloreale direttamente percepito.

Rimane così sgombra la via per risolvere il problemache ci eravamo proposto. Abbiamo da prima i fatti emo-tivi, conoscitivi e volontarj reali; e abbiamo in seguito lerappresentazioni di questi fatti, cioè i loro ricordi: tuttol’associazionismo si basa sopra le unioni dei fatti realicoi fatti rappresentativi. Così che, per ispiegare l’asso-ciazionismo non basta descrivere le associazioni simul-tanee e successive, esterne ed interne, di relazione e dievoluzione; bisogna altresì trovare quei rapporti tra i fat-ti fondamentali irreducibili da noi stabiliti, e poi il rap-porto fra questi e le loro rappresentazioni, cioè il modocon cui un fatto reale diventa la sua rappresentazione.

Qui davvero ci può rendere preziosi servigi la leggedi relazione degli inglesi, ben più che il volontarismowundtiano; benchè per le ragioni dette sopra, gli inglesi

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non si servirono della legge di relazione, che a spiegarei rapporti tra fatti già tutti di ordine intellettivo89. Ciòche dimostra ancora una volta che le leggi formulatesull’osservazione dei fatti sono sempre suscettibili dimaggiore integrazione, rimanendo sempre esatte.

Secondo questa legge, ogni modo di coscienza consi-ste in ultima analisi nella percezione di una differenza,cioè di un mutamento90. Si abbia dunque una percezionereale e immediata, che chiameremo P, nella quale si puòeffettuare la serie dei fatti fondamentali da noi stabilita,per esempio il dolore di una puntura, la nozione dellaforma, cioè di un luogo dove avviene, la coscienza dellosforzo reattivo a quel dolore. A questa percezione ne se-gue certamente un'altra, se l'individuo non perde in quelmomento le condizioni fisiologiche che gli permettonol'uso dei sensi. Questa seconda percezione, che chiame-remo P', per semplificazione si può pensare come ilmodo di coscienza che segue immediatamente P; in altreparole essendo P un fatto reale91, esso deve dopo un cer-to tempo cessare come tale, onde il modo di coscienza sicambia in un altro diverso, non fosse che per la mancan-za della percezione P. Allora tra P e P' si verifica la leg-ge di relazione: e P’ nel modo più semplice, è percepito

89 Cf. spec. Bain – Les ém. et la vol. cit. P. II. C. 13., Spencer– libro c. P. VI. C. 24.

90 Bain – Les sens et l'int. cit. P. II, intr.91 Con la parola, reale, si suole intendere un fatto causato so-

lamente dai rapporti esterni, mentre reali veramente sono tutti ifatti di solito detti esterni e interni.

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non si servirono della legge di relazione, che a spiegarei rapporti tra fatti già tutti di ordine intellettivo89. Ciòche dimostra ancora una volta che le leggi formulatesull’osservazione dei fatti sono sempre suscettibili dimaggiore integrazione, rimanendo sempre esatte.

Secondo questa legge, ogni modo di coscienza consi-ste in ultima analisi nella percezione di una differenza,cioè di un mutamento90. Si abbia dunque una percezionereale e immediata, che chiameremo P, nella quale si puòeffettuare la serie dei fatti fondamentali da noi stabilita,per esempio il dolore di una puntura, la nozione dellaforma, cioè di un luogo dove avviene, la coscienza dellosforzo reattivo a quel dolore. A questa percezione ne se-gue certamente un'altra, se l'individuo non perde in quelmomento le condizioni fisiologiche che gli permettonol'uso dei sensi. Questa seconda percezione, che chiame-remo P', per semplificazione si può pensare come ilmodo di coscienza che segue immediatamente P; in altreparole essendo P un fatto reale91, esso deve dopo un cer-to tempo cessare come tale, onde il modo di coscienza sicambia in un altro diverso, non fosse che per la mancan-za della percezione P. Allora tra P e P' si verifica la leg-ge di relazione: e P’ nel modo più semplice, è percepito

89 Cf. spec. Bain – Les ém. et la vol. cit. P. II. C. 13., Spencer– libro c. P. VI. C. 24.

90 Bain – Les sens et l'int. cit. P. II, intr.91 Con la parola, reale, si suole intendere un fatto causato so-

lamente dai rapporti esterni, mentre reali veramente sono tutti ifatti di solito detti esterni e interni.

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in quanto differisce da P. Or bene, come può nascereuna rappresentazione di P? cioè come diventa possibileche P, quando non è più una percezione reale, rimangacome rappresentazione e immagine di quella? Appuntoperchè, psicologicamente parlando, salvo le complica-zioni, P' è una percezione in quanto differisce da P; e, fi-siologicamente parlando, perchè la eccitazione nervosadi P’ subisce l’influenza di quella di P. Io percepisco ilmio stato normale (P’ nel caso più semplice) dopo unapuntura (P), in quanto, per esempio, ho coscienza IN

QUESTO STATO di un fatto emotivo piacevole, diverso dalfatto emotivo precedente doloroso. Adunque in quellaseconda percezione io trovo questa prima come rappre-sentazione di un dolore. Onde, e in ciò l'attualismo haragione, la rappresentazione del dolore passato P non èun fatto che stia immagazzinato nello spirito e riappari-sca chiamato da P’, ma è un fatto attuale immanente inP’, che non può sussistere indipendentemente da questo.

Abbiamo dunque due fatti P e P’, dei quali il secondoè percepito, sempre nel caso più semplice, come modifi-cazione, cioè mutamento dal primo, per cui in esso P'scorgiamo qualcosa di P che non è più il P reale, ma lasua rappresentazione. Se a queste percezioni ne succe-dono altre, P, P'' ecc., verrà un momento in cui in una diqueste percezioni, per. es. Pm, non vi sarà più alcunatraccia di P, perchè le nuove percezioni interposte annul-lano la relazione P–Pm. In questo medesimo istante spa-risce ogni coscienza di P; cioè non vi è più rappresenta-zione di quella prima percezione, una puntura. Vale a

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in quanto differisce da P. Or bene, come può nascereuna rappresentazione di P? cioè come diventa possibileche P, quando non è più una percezione reale, rimangacome rappresentazione e immagine di quella? Appuntoperchè, psicologicamente parlando, salvo le complica-zioni, P' è una percezione in quanto differisce da P; e, fi-siologicamente parlando, perchè la eccitazione nervosadi P’ subisce l’influenza di quella di P. Io percepisco ilmio stato normale (P’ nel caso più semplice) dopo unapuntura (P), in quanto, per esempio, ho coscienza IN

QUESTO STATO di un fatto emotivo piacevole, diverso dalfatto emotivo precedente doloroso. Adunque in quellaseconda percezione io trovo questa prima come rappre-sentazione di un dolore. Onde, e in ciò l'attualismo haragione, la rappresentazione del dolore passato P non èun fatto che stia immagazzinato nello spirito e riappari-sca chiamato da P’, ma è un fatto attuale immanente inP’, che non può sussistere indipendentemente da questo.

Abbiamo dunque due fatti P e P’, dei quali il secondoè percepito, sempre nel caso più semplice, come modifi-cazione, cioè mutamento dal primo, per cui in esso P'scorgiamo qualcosa di P che non è più il P reale, ma lasua rappresentazione. Se a queste percezioni ne succe-dono altre, P, P'' ecc., verrà un momento in cui in una diqueste percezioni, per. es. Pm, non vi sarà più alcunatraccia di P, perchè le nuove percezioni interposte annul-lano la relazione P–Pm. In questo medesimo istante spa-risce ogni coscienza di P; cioè non vi è più rappresenta-zione di quella prima percezione, una puntura. Vale a

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dire che il ricordo dura quanto dura l’influenza di unapercezione sulle susseguenti. Se dopo la prima punturanulla più di simile si fosse verificato nel nostro campopsichico, presto ogni nozione di puntura si cancellereb-be nel nostro spirito. Ma se nella serie delle percezioni,una nuova percezione Pn si verifica identica o simile allaprima P, il rapporto P–Pn si ristabilisce appunto perchè Pe Pn si trovano in relazione, cioè in rapporto di differen-za, consimile rispetto alle percezioni frapposte.

A questo punto bisogna osservare, che una rappresen-tazione di un fatto non sarebbe nulla rispetto ad esso senon ne conservasse i caratteri. Perciò la rappresentazio-ne del dolore della puntura di P serba in P' la sua energiaemozionale, capace cioè, come sappiamo, di servire distimolo a una reazione. In Pn, che è un’altra percezionedel dolore di un'altra puntura, l’energia emotiva dellarappresentazione di P si somma a quella del fatto emoti-vo reale. Basti questo, per non complicare troppo lecose, a dimostrare che Pn, anche supponendo che abbiauna sensazione reale d'intensità non maggiore di quelladi P, ha però maggiore energia psichica di P, sommandonella propria quella della rappresentazione di P. PerciòPn avrà in proporzione una maggiore influenza sulle per-cezioni successive; cioè il suo ricordo sarà più tenace.

Ammettendo in fine che le percezioni P... e Pn... ab-biano luogo in un essere umano, questi, per ragione dirapporti sociali, può servirsi del linguaggio e significarela percezione Pn con una parola, puntura. Questa parolaaiuta il ricordo in un modo incommensurabile, perchè

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dire che il ricordo dura quanto dura l’influenza di unapercezione sulle susseguenti. Se dopo la prima punturanulla più di simile si fosse verificato nel nostro campopsichico, presto ogni nozione di puntura si cancellereb-be nel nostro spirito. Ma se nella serie delle percezioni,una nuova percezione Pn si verifica identica o simile allaprima P, il rapporto P–Pn si ristabilisce appunto perchè Pe Pn si trovano in relazione, cioè in rapporto di differen-za, consimile rispetto alle percezioni frapposte.

A questo punto bisogna osservare, che una rappresen-tazione di un fatto non sarebbe nulla rispetto ad esso senon ne conservasse i caratteri. Perciò la rappresentazio-ne del dolore della puntura di P serba in P' la sua energiaemozionale, capace cioè, come sappiamo, di servire distimolo a una reazione. In Pn, che è un’altra percezionedel dolore di un'altra puntura, l’energia emotiva dellarappresentazione di P si somma a quella del fatto emoti-vo reale. Basti questo, per non complicare troppo lecose, a dimostrare che Pn, anche supponendo che abbiauna sensazione reale d'intensità non maggiore di quelladi P, ha però maggiore energia psichica di P, sommandonella propria quella della rappresentazione di P. PerciòPn avrà in proporzione una maggiore influenza sulle per-cezioni successive; cioè il suo ricordo sarà più tenace.

Ammettendo in fine che le percezioni P... e Pn... ab-biano luogo in un essere umano, questi, per ragione dirapporti sociali, può servirsi del linguaggio e significarela percezione Pn con una parola, puntura. Questa parolaaiuta il ricordo in un modo incommensurabile, perchè

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costituisce una immagine uditiva e visiva, che, alla suavolta, richiama le rappresentazioni d'ogni genere che lesono simili, formando un concetto.

Da quanto si è detto risulta, che, quando si dice rap-presentazione di P, si fa un'astrazione perchè nel fattonon esiste, in sè, la rappresentazione di P; il che valquanto dire che questa rappresentazione non appare maida sè alla coscienza, ma è sempre un fatto attuale com-plicato per associazione con una percezione reale. E suquesto non importa indugiare, perchè giustamente ciò fupropugnato dall'attualismo del Wundt.

Per dimostrare come, avendo così spiegato il modo diformazione delle rappresentazioni, resta da vero spiega-to l'associazionismo, che assurge al valore di legge psi-chica universale, basterà concretare in un caso le nostreastrazioni.

Per rimanere nel nostro solito esempio, una puntura,prendiamo un soggetto in cui una sì lieve causa di dolo-re produca effetti a bastanza esagerati, che si possanobene scorgere. E sia una donna isterica: se noi ci avan-ziamo verso di lei con uno spillo, minacciando in atto divolerla pungere, potremo osservare che questa donna orimane indifferente, e non mostra percepire nemmeno lapuntura, quando noi mettiamo in esecuzione la minac-cia; o che, e questo è il caso che vogliamo studiare, alsolo scorgere lo spillo, si dimostra in preda alla paura,con gli atti esterni che la caratterizzano, grido, pallore,pupilla larga, movimenti di fuga o a dirittura incoordina-ti. In questa donna si è verificato un fatto emotivo com-

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costituisce una immagine uditiva e visiva, che, alla suavolta, richiama le rappresentazioni d'ogni genere che lesono simili, formando un concetto.

Da quanto si è detto risulta, che, quando si dice rap-presentazione di P, si fa un'astrazione perchè nel fattonon esiste, in sè, la rappresentazione di P; il che valquanto dire che questa rappresentazione non appare maida sè alla coscienza, ma è sempre un fatto attuale com-plicato per associazione con una percezione reale. E suquesto non importa indugiare, perchè giustamente ciò fupropugnato dall'attualismo del Wundt.

Per dimostrare come, avendo così spiegato il modo diformazione delle rappresentazioni, resta da vero spiega-to l'associazionismo, che assurge al valore di legge psi-chica universale, basterà concretare in un caso le nostreastrazioni.

Per rimanere nel nostro solito esempio, una puntura,prendiamo un soggetto in cui una sì lieve causa di dolo-re produca effetti a bastanza esagerati, che si possanobene scorgere. E sia una donna isterica: se noi ci avan-ziamo verso di lei con uno spillo, minacciando in atto divolerla pungere, potremo osservare che questa donna orimane indifferente, e non mostra percepire nemmeno lapuntura, quando noi mettiamo in esecuzione la minac-cia; o che, e questo è il caso che vogliamo studiare, alsolo scorgere lo spillo, si dimostra in preda alla paura,con gli atti esterni che la caratterizzano, grido, pallore,pupilla larga, movimenti di fuga o a dirittura incoordina-ti. In questa donna si è verificato un fatto emotivo com-

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plesso, che si suole chiamare da molti autori, emozione.Il fatto primo, la vista di uno spillo, sarebbe in sè un fat-to puramente conoscitivo. Ma quando l’isterica vede lospillo trova in questa percezione complicata, per le ra-gioni dette sopra, le rappresentazioni di molti spilli, cioèil loro concetto in cui si trovano altresì associate le rap-presentazioni del dolore provocato dall’oggetto.

Il Lange92, e con lui Sergi, James Ribot, trovano chelo stato affettivo di una emozione simile dipende dai di-sturbi organici, e che l’idea comune, secondo cui il pate-ma d'animo è quello che produce i movimenti straordi-narj del corpo, dev'essere completamente rovesciata.Così, nel nostro caso, il sentimento che diciamo paura,sarebbe dovuto93 a una diminuzione dell’innervazionevolontaria con costrizione vascolare e con gli spasmi deimuscoli organici. In vece una emozione di collera sareb-be dovuta un aumento dell'innervazione volontaria condilatazione vascolare ed incoordinazione94. Dunque sa-rebbero questi fatti organici che determinerebbero leemozioni. Ciò è vero, in quanto il carattere peculiareche specifica la paura, per es., dalla collera, è dato dallanatura di quei movimenti organici. Ma che cosa, alla sua

92 Lange – Les émotions – trad. Dumas – Alcan, Paris 1895;Sergi – Dolore e Piacere – Dumolard, Milano ’94; James – Prin-ciples of Psychology – '90; Ribot – libro c.

93 Lange – libro c. P. II. C. 1.94 L'incoordinazione della collera ha un aspetto speciale che la

distingue da quella, per es., dell’imbarazzo; v. nota a pag. 75 delLange.

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plesso, che si suole chiamare da molti autori, emozione.Il fatto primo, la vista di uno spillo, sarebbe in sè un fat-to puramente conoscitivo. Ma quando l’isterica vede lospillo trova in questa percezione complicata, per le ra-gioni dette sopra, le rappresentazioni di molti spilli, cioèil loro concetto in cui si trovano altresì associate le rap-presentazioni del dolore provocato dall’oggetto.

Il Lange92, e con lui Sergi, James Ribot, trovano chelo stato affettivo di una emozione simile dipende dai di-sturbi organici, e che l’idea comune, secondo cui il pate-ma d'animo è quello che produce i movimenti straordi-narj del corpo, dev'essere completamente rovesciata.Così, nel nostro caso, il sentimento che diciamo paura,sarebbe dovuto93 a una diminuzione dell’innervazionevolontaria con costrizione vascolare e con gli spasmi deimuscoli organici. In vece una emozione di collera sareb-be dovuta un aumento dell'innervazione volontaria condilatazione vascolare ed incoordinazione94. Dunque sa-rebbero questi fatti organici che determinerebbero leemozioni. Ciò è vero, in quanto il carattere peculiareche specifica la paura, per es., dalla collera, è dato dallanatura di quei movimenti organici. Ma che cosa, alla sua

92 Lange – Les émotions – trad. Dumas – Alcan, Paris 1895;Sergi – Dolore e Piacere – Dumolard, Milano ’94; James – Prin-ciples of Psychology – '90; Ribot – libro c.

93 Lange – libro c. P. II. C. 1.94 L'incoordinazione della collera ha un aspetto speciale che la

distingue da quella, per es., dell’imbarazzo; v. nota a pag. 75 delLange.

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volta, provoca da principio questi moti? Quegli autoririspondono che i disturbi organici sono provocati da unfatto intellettivo. Ora se per fatto intellettivo s'intende,come di solito, un fatto di conoscimento, non si capiscecome questo fatto abbia forza di muovere l'organismo inun modo più tosto che in un altro. Bisogna invece crede-re che, in un fatto di associazione, come la vista di unospillo complicata con le rappresentazioni precedenti, lerappresentazioni di piacere e dolore serbano più o menoil loro carattere, in modo che si riproduce più o meno ilgiuoco dei motivi.

Spieghiamoci ancora meglio. Perchè la nostra isteri-ca, al vedere lo spillo, fa dei moti di paura, fra i quali ipiù caratteristici sono quelli di fuga? Questo non potreb-be accadere se le rappresentazioni del dolore passato,complicate con la percezione reale, non serbassero illoro valore emotivo (e non sarebbe assurdo dire rappre-sentazione emotiva, se non si attuasse in essa ciò chespecifica il fatto emotivo?). Perchè allora questo fattoemotivo rappresentativo riproduce la serie dei fatti chesi è avverata in quello reale; e, tra le altre cose, serve dicondizione e di stimolo al medesimo atto volontario,che è quello di ritrarsi.

Qui si vede che la serie da noi stabilita tra i fatti fon-damentali ha valore di legge, e spiega tutti i fatti d'asso-ciazione più complessi. I rapporti tra i fatti attuali sonoil risultato della complicazione del nuovo con tutti i rap-porti che includono le rappresentazioni che in questofatto sono associate. Dove il piacere e dolore giuocano

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volta, provoca da principio questi moti? Quegli autoririspondono che i disturbi organici sono provocati da unfatto intellettivo. Ora se per fatto intellettivo s'intende,come di solito, un fatto di conoscimento, non si capiscecome questo fatto abbia forza di muovere l'organismo inun modo più tosto che in un altro. Bisogna invece crede-re che, in un fatto di associazione, come la vista di unospillo complicata con le rappresentazioni precedenti, lerappresentazioni di piacere e dolore serbano più o menoil loro carattere, in modo che si riproduce più o meno ilgiuoco dei motivi.

Spieghiamoci ancora meglio. Perchè la nostra isteri-ca, al vedere lo spillo, fa dei moti di paura, fra i quali ipiù caratteristici sono quelli di fuga? Questo non potreb-be accadere se le rappresentazioni del dolore passato,complicate con la percezione reale, non serbassero illoro valore emotivo (e non sarebbe assurdo dire rappre-sentazione emotiva, se non si attuasse in essa ciò chespecifica il fatto emotivo?). Perchè allora questo fattoemotivo rappresentativo riproduce la serie dei fatti chesi è avverata in quello reale; e, tra le altre cose, serve dicondizione e di stimolo al medesimo atto volontario,che è quello di ritrarsi.

Qui si vede che la serie da noi stabilita tra i fatti fon-damentali ha valore di legge, e spiega tutti i fatti d'asso-ciazione più complessi. I rapporti tra i fatti attuali sonoil risultato della complicazione del nuovo con tutti i rap-porti che includono le rappresentazioni che in questofatto sono associate. Dove il piacere e dolore giuocano

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sempre allo stesso modo, come condizioni degli altri, ecome stimoli ad essi; cioè legandoli di un rapporto con-dizionale e di un rapporto di mezzo a fine (§ V).

Si può adunque concludere che tutto lo sviluppo psi-chico è dato dalle associazioni di percezioni reali conrappresentazioni di percezioni passate, nel modo che ab-biamo esplicato; e che le rappresentazioni sono tali inquanto conservano i caratteri delle percezioni a cui si ri-feriscono.

Bisogna però avvertire che, in queste complicazionirappresentative, nulla di più facile che le rappresentazio-ni emotive perdano, per effetto di energie contrarie, lamassima parte del loro tòno. Inoltre, tra i fatti della se-rie, come fra tutti i fatti stretti da rapporti d'ogni genere,avvengono delle continue reazioni di quelli meno fonda-mentali sopra i più fondamentali. Così che un fatto diordine conoscitivo può reagire sopra quello emotivo alpunto di togliergli ogni forza di stimolo. A questo moltocoopera l'uso del linguaggio, che obbiettiva tanto le rap-presentazioni d'ogni genere, da ridurle a puri schemisenza tòno. Ma questo capitolo dovrebbe diventare unvolume, se io volessi provarmi ad esporre solamente loschema di tutti i fatti psichici rappresentativi.

Faccio un'ultima osservazione. Trovare le leggi gene-rali di un ordine di fenomeni, è il compito della scienza.La quale però non potrà mai perfettamente spiegare ifatti più complessi di quell’ordine, per l’impossibilità divincere le difficoltà provenienti dallo stesso grado com-plesso di quei fenomeni. Mi spiego. Un oggetto di vetro

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sempre allo stesso modo, come condizioni degli altri, ecome stimoli ad essi; cioè legandoli di un rapporto con-dizionale e di un rapporto di mezzo a fine (§ V).

Si può adunque concludere che tutto lo sviluppo psi-chico è dato dalle associazioni di percezioni reali conrappresentazioni di percezioni passate, nel modo che ab-biamo esplicato; e che le rappresentazioni sono tali inquanto conservano i caratteri delle percezioni a cui si ri-feriscono.

Bisogna però avvertire che, in queste complicazionirappresentative, nulla di più facile che le rappresentazio-ni emotive perdano, per effetto di energie contrarie, lamassima parte del loro tòno. Inoltre, tra i fatti della se-rie, come fra tutti i fatti stretti da rapporti d'ogni genere,avvengono delle continue reazioni di quelli meno fonda-mentali sopra i più fondamentali. Così che un fatto diordine conoscitivo può reagire sopra quello emotivo alpunto di togliergli ogni forza di stimolo. A questo moltocoopera l'uso del linguaggio, che obbiettiva tanto le rap-presentazioni d'ogni genere, da ridurle a puri schemisenza tòno. Ma questo capitolo dovrebbe diventare unvolume, se io volessi provarmi ad esporre solamente loschema di tutti i fatti psichici rappresentativi.

Faccio un'ultima osservazione. Trovare le leggi gene-rali di un ordine di fenomeni, è il compito della scienza.La quale però non potrà mai perfettamente spiegare ifatti più complessi di quell’ordine, per l’impossibilità divincere le difficoltà provenienti dallo stesso grado com-plesso di quei fenomeni. Mi spiego. Un oggetto di vetro

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cade in terra: se a un fisico si domanda, perchè si è rottoin quei frantumi conformati a quel modo, e non piutto-sto secondo disegni diversi, egli risponderà con leggipiù generali, dicendo che dipendeva dall'urto maggioreo minore, dalla maggiore o minore resistenza delle par-ticelle, ecc. Ma se fosse invitato a dare precisa ragionedel perchè il tale frantume si è staccato secondo la for-ma, mettiamo, di un triangolo, più tosto che di un qua-drato, egli dovrebbe impiegare tutta la vita a valutaretutte le cause che in quel fatto si sono accumulate, e for-se non riuscirebbe allo scopo. Così allo psicologo non sipotrà mai, e tanto meno in questo momento, chiedereperchè, supponiamo, un presentimento vago di tristezzami occupa a un certo punto, senza causa apparente.Troppi fatti fisiologici e psicologi ci bisognerebbe ana-lizzare per dar conto approssimato di quello complesso.Per lo psicologo fin ora è già còmpito arduo quello distabilire le leggi più generali che governano la psiche. Aquesto scopo, come si è visto, è diretto il presente stu-dio.

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cade in terra: se a un fisico si domanda, perchè si è rottoin quei frantumi conformati a quel modo, e non piutto-sto secondo disegni diversi, egli risponderà con leggipiù generali, dicendo che dipendeva dall'urto maggioreo minore, dalla maggiore o minore resistenza delle par-ticelle, ecc. Ma se fosse invitato a dare precisa ragionedel perchè il tale frantume si è staccato secondo la for-ma, mettiamo, di un triangolo, più tosto che di un qua-drato, egli dovrebbe impiegare tutta la vita a valutaretutte le cause che in quel fatto si sono accumulate, e for-se non riuscirebbe allo scopo. Così allo psicologo non sipotrà mai, e tanto meno in questo momento, chiedereperchè, supponiamo, un presentimento vago di tristezzami occupa a un certo punto, senza causa apparente.Troppi fatti fisiologici e psicologi ci bisognerebbe ana-lizzare per dar conto approssimato di quello complesso.Per lo psicologo fin ora è già còmpito arduo quello distabilire le leggi più generali che governano la psiche. Aquesto scopo, come si è visto, è diretto il presente stu-dio.

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INDICE – SOMMARIO

I. – La ricerca dei fatti psichici elementari e dei loro rap-porti deve condurre alla scoperta delle leggi psicolo-giche generali. – Le leggi dell'associazionismo. – Lacoscienza nella percezione come in ogni altro fattodello spirito è data immediatamente insieme con essae ne costituisce il carattere psichico peculiare.

II. – Le conseguenze del parallelismo psicofisiologico –I rapporti fra la psiche e l'organismo.

III. – La percezione non è un fatto diverso dalla sensa-zione. – I fatti psichici elementari: quello emotivo,quello intellettivo e loro rapporti.

IV. – quello volitivo, e suoi rapporti con i precedenti.V. – La serie integrata dei fatti elementari stabilita sui

loro rapporti. – Al di sotto di quei fatti non ve ne sonoaltri di ordine psichico; essi posson solo ridursi aun'unità fisiologica. – L'ipotesi dei minimi psichicinon è scientifica.

VI. – Lo sviluppo psichico e i fatti fondamentali. – Ilprocesso rappresentativo. – Questo processo e i rap-porti tra i fatti elementari dànno le leggi di ogni fattopsichico

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INDICE – SOMMARIO

I. – La ricerca dei fatti psichici elementari e dei loro rap-porti deve condurre alla scoperta delle leggi psicolo-giche generali. – Le leggi dell'associazionismo. – Lacoscienza nella percezione come in ogni altro fattodello spirito è data immediatamente insieme con essae ne costituisce il carattere psichico peculiare.

II. – Le conseguenze del parallelismo psicofisiologico –I rapporti fra la psiche e l'organismo.

III. – La percezione non è un fatto diverso dalla sensa-zione. – I fatti psichici elementari: quello emotivo,quello intellettivo e loro rapporti.

IV. – quello volitivo, e suoi rapporti con i precedenti.V. – La serie integrata dei fatti elementari stabilita sui

loro rapporti. – Al di sotto di quei fatti non ve ne sonoaltri di ordine psichico; essi posson solo ridursi aun'unità fisiologica. – L'ipotesi dei minimi psichicinon è scientifica.

VI. – Lo sviluppo psichico e i fatti fondamentali. – Ilprocesso rappresentativo. – Questo processo e i rap-porti tra i fatti elementari dànno le leggi di ogni fattopsichico

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