E-book campione Liber Liber · Così, fido a' richiami De l'amica stagion che s'avvicina, Tu di...

139
Mario Rapisardi Ricordanze www.liberliber.it

Transcript of E-book campione Liber Liber · Così, fido a' richiami De l'amica stagion che s'avvicina, Tu di...

Mario RapisardiRicordanze

www.liberliber.it

Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di:

E-textWeb design, Editoria, Multimedia

(pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!)http://www.e-text.it/

QUESTO E-BOOK:

TITOLO: RicordanzeAUTORE: Rapisardi, MarioTRADUTTORE:CURATORE: NOTE: Il testo è presente in formato immagine sul sito The Internet Archive (http://www.archive.org/).Realizzato tramite Distributed Proofreader Italia (http://dp-test.dm.unipi.it/).

CODICE ISBN E-BOOK:

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/libri/licenze/

TRATTO DA: Ricordanze : versi / Mario Rapisardi - Pisa : Fratelli Nistri, 1872 - 206 p ; 19 cm.

CODICE ISBN FONTE: non disponibile

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 30 settembre 2013

INDICE DI AFFIDABILITA': 1

2

0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

DIGITALIZZAZIONE:Distributed Proofreader Italia(http://dp-test.dm.unipi.it/)

REVISIONE:Claudio Paganelli ([email protected])

IMPAGINAZIONE:Claudio Paganelli ([email protected])

PUBBLICAZIONE:Claudio Paganelli ([email protected])

Informazioni sul "progetto Manuzio"Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associa-zione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque vo-glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio-ne e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. Ulteriori informazioni sono di-sponibili sul sito Internet:http://www.liberliber.it/

Aiuta anche tu il "progetto Manuzio"Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradi-mento, o se condividi le finalità del "progetto Ma-nuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuo sostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente la nostra biblioteca. Qui le istruzioni:http://www.liberliber.it/online/aiuta/

3

RICORDANZE

VERSI

DI

MARIO RAPISARDI

PISA

TIPOGRAFIA FRATELLI NISTRI

4

1872.

5

DEDICA

Pallidi fiori e ciocche di capelliStretti in corone e in lievi nastri avvolti,Cari ricordi dei miei dì più belli,Io vo' guardarvi, io vo' baciarvi ancor!

Dai chiusi fogli ove voi siete accoltiUn'eterea fragranza si diffonde,Ed ogni ciocca a un palpito risponde,E un affetto gentil chiude ogni fior.

Ahi! di tanti sospir, d'ebbrezze tanteChe fûr de l'alma mia parte sì viva,Di tante fibre del mio core infrante,Fuor di questi ricordi altro io non ho?

Cari pegni d'amor, se avvien ch'io scriva,Ch'io pensi o canti, ch'io sorrida o gema,Sento che nel mio cor qualcosa trema,Arde qualcosa che morir non può.

Siccome onda di rio querulo e lasso,Sento ch'io corro, e dove corra, ignoro;Ma sovra al capo mio, mentre ch'io passo.Qualche foglia di fior gitta l'april.

Gitta april qualche foglia, o mirto o alloro,O rosa o giglio al capo mio d'intorno,E a sognar tosto e a vaneggiar ritorno,E un caro ad invocar nome gentil.

6

PARTE PRIMA.

(1863-69.)

Brevi vivens tempore.

7

PARTENZA.

Tu parti, ed io vorreiEssere un'aura lieveEd alïarti intorno.Quanti profumi ha il rinascente giornoA te, dolce fanciulla, io recherei;Quanti tepóri ha il maggioDe la materna spondaTi recherei su l'ondaA far più mite il verno al tuo vïaggio.

Allor che attinto il disïato lare,Ti ridurrai ne la gelosa stanzaA rïandar le careTue gioie di fanciullaE la dorata cullaE gli amplessi materni e la speranzaChe fida il cor t'inonda,Rondine vagabondaIo diventar vorrei,E sotto a la tua grondaIl nido appenderei.

Quando ne le tacentiRigide notti un timoroso affetto,Come a trepida lampa aura che fugge,Ad agitar ti vien l'anima in petto,

8

E tutta päurosaNe le custodi coltrici ti stringi,

E al vigile pensier schermo non trovi,Io sonno esser vorrei:Come farfalla in giglioIo l'ala posereiSovra il tuo roseo ciglio.

Auretta vagabonda,Potrei baciarti almen la chioma bionda;

Rondine, al primo alboreSul tuo balcon pispiglierei d'amore;

Sonno, te almen potreiStringer co' lacci miei.

9

A TE SOLA.

Te, se fra gli splendoriDel circo e il molle plausoDegli armonici coriVolgi, o fra le vertiginiDe l'incitata danzaE le dolci vigilieE il tepor de le feste e l'esultanza.

Te fra l'elette e belle,Che i tuoi fianchi incoronanoGareggianti donzelle,Come sugli astri il tremuloEspro o su' fior la rosa,Te di tutte vaghissimaLieta la mia saluta arpa amorosa.

Ed esaltar vorrìaIl lieve fronte e il mobileGuardo e la melodiaD'ogni movenza e l'ebanoDe le flüenti anellaE il sorriso ineffabileE la mestizia che ti fa più bella.

Ma dentro al cor s'intricaLa nota, e a l'alma estatica

10

Non corrisponde amica;Chè fra' procaci e indociliLabbri e l'insano ardoreDei guardi altrui le armonicheFila son mute, e sta confuso amore.

Ma se a l'ostel fioritoRiedi e al natio silenzioDel tuo balcon romito,Come da pinto caliceVolano olezzi a mille,Varie da l'alma scoppianoIrrequïete armoniche faville.

E tu allor mi consentiUn tuo sorriso a' timidiDel cor veleggiamenti;Dammi un tuo guardo, un'aura De l'amor tuo mi dona,Dammi un sol raggio etereo,Dammi un sol fiore de la tua corona.

Ch'io men vo' fare un serto.Io men vo' fare un'òasiChe allieti il mio deserto;Men vo' tesser lievissimoD'auree fantasme un velo,E un avvenire e un gaudioE un altro mondo che si perda in cielo.

11

IL MANDORLO.

E tu mettesti i fiori,mandorlo precoce,E tutta intorno la campagna odori.Qual giovinetto che ascolti la voceDi fanciulla che l'ami,Così, fido a' richiamiDe l'amica stagion che s'avvicina,Tu di candidi fior vesti i tuoi rami.

Sott'esso a la pruìnaLenta, vedova ancor geme la valle,Nè sorride, per quanto occhio si stendeSotto al raggio del sol, fronda nè fiore.Tu sol, tu primo il calleDe le deserte mie montagne allieti;Come a core dolente,A cui sorrida breve tratto amore,Così per lo squalloreDei circostanti campi,Al profumo innocenteChe tu commetti a l'aura disïosa.Una dolcezza ascosaDel passegger ne l'anima discende.

Quand'io movo pensosoSotto il peso dei miei lunghi dolori

12

A ricercar nei fioriQuesta mia giovinezza che mi fugge,E l'anima si struggeA ripensar le inquiete e senza arrivoAgonie de la mia bruna giornata,E la mente affannataNel sereno del ciel cerca riposoE nel sorriso di natura Iddio,Se la mite fragranza ed il festivoBiancheggiar di tue cime a te mi volge,O mandorlo innocente,Solitario e piangenteAl tuo piede m'assido,E a quella solitudine fedele,Ov'è Dio che m'ascolta, il pianto affido.

Ah! tu i fiori rimetti,O mandorlo precoce,E primavera affretti!Io come te solea,Impazïente de la tarda brumaAccender l'amoroso estro veloce,E i canti precorreaDegli augelli felici, e di speranzaVestivo il core giovinetto e il fronte,Pria che di fiori si vestisse il monte.

Or mi ritorna invanoPrimavera, e su me vano s'accendeQuesto sole d'amore e questo cielo;Chè derelitto a stento

13

Porto di questo ingombro egro il fardello,Cui nullo in terra a sostener m'ajuta,E desolato il lentoFianco trascino e di soffrir son stanco.Deh! chi l'ardor mi rendeDei miei vent'anni e la speranza e i sogni?Dio mio, Dio mio, più maiDunque per me non tornerà l'aprile?Dunque di questa giovinezza al fiorePiù rugiade dal ciel non manderai,Nè più bella e giocondaVerrà salute a rifiorirmi il core?Dio mio, tu che ridoniLa fronda ai campi ed agli uccelli il canto,A questo inverno mioAltro conforto non darai che il pianto?Ahi! se così pur sempreContar dovrò ne l'amarezza i giorni,Donami almen, mio Dio,Virtù, che su quest'ondaTempestosa che io corro,Mai la tua luce al guardo mio s'asconda!

14

A MARIA

(Nel mandarle alcuni versi.)

Se ancor ti suona caraLa rimembranza de l'età fuggita,Se ancor dolce ti suona il nome mio,O fanciulla romita,Un pensieroso fior pongo su l'araDi quella illusïon prima che fugge:Me lo porgeva Iddio!

E tu solinga e muta,Ne l'ora del crepuscolo fuggente.Deh! vi posa lo sguardo e pensa e pregaPensierosa fanciulla,La mia vita è deserta, e i sogni mieiSpariscono nel nulla!Nè v'è pallido fiore.Che m'odori la via.Dove come fantasima trapassoCon le memorie e con la croce mia,Nè su l'aride arene un'orma lasso.

Tu pensa e prega! Più tu non udraiDel vespro ne la muta ora pensosa,O de la luna a' rai,Lontano per l'azzurro aere, gemente

15

La mia nota solinga, ultimo e soloConforto di mia vita!O fanciulla romita.Tu pensa e prega; quel conforto ancoraM'è tolto, e su l'aurora!

Tu pensa e prega! Ohi se ne' lievi apriliDe la tua vita il pallido ricordoDi quell'ora innocente,Con cui tutte vanir le mie speranze,Qual solitario fioreAl cor ti manderà le sue fragranze,O fanciulla pensosa,Non negarmi, sollievo ultimo a' mesti,Non negarmi, il tuo pianto!

Chè se de' miei sospiriUno avrà l'ala da levarsi a Dio,Io pregherò che di perpetue auroreRidan le plaghe che il tuo cor vïaggia,Io pregherò che un'iriDi speranze incoroni il tuo sentiero,Io pregherò che d'ogni stilla amaraChe versa il ciglio mio,Spunti una rosa che t'adombri il vero!

16

A GENTILE OPERAIA.

Al sottil refe intenta,Passi, ingegnosa giovinetta, i giorniDe la tua nova vita,Nè april coi fior t'invita,Nè il brumoso dicembre ti sgomenta;Pari ad industre formichetta, a cuiDa l'ardente stagion non vien paura,E provvida e contentaDe l'avvenir si cura.

Assisa al limitareDel polito tugurio, a cui giammaiNon volse aurea fortuna i passi infidi,Canti, lavori e ridi,E tua bellezza e il mondo e altrui non sai.Io, quando al tuo pudicoSguardo, lo sguardo mio pensoso intendo,A te mi volgo e dico:

Tienti, fanciulla, i giorniDi tua contenta poverezza onesta,Tienti l'ago veloce e il fil sottile,Tienti il povero sajo e la modestaCasa, ov'han pace ed innocenza albergo!Chè ben provvide il ciel, s'altro tesoro,Fuor che di gemme e d'oro,Non diede a cui felici il volgo appella,E la soave e bella

17

Serenità del cor diede al lavoro.A me, più che le folte

D'eletta gioventù sale festanti,Ove sacre al piacere ardon le danze,Cara è la pace del tuo tetto umìle;Più che tazze spumantiDi splendidi banchettiM'è dolce il pan che su povero descoDivide in sulla seraIl pio lavoratore ai figlioletti;Più che beltade alteraDi cocchi aurati e d'opulente vesti,M'è sacra al cor l'interaLaborïosa tua vita gentile;Più che gemma orgogliosaAmo l'ingenua rosa.

Al par di te son'ioOperaio, o fanciulla; a me le filaDe l'inconcussa cetra,Come a te l'ago e il fil, permise Iddio.Sovr'essa io l'ingegnosaTela distendo degli affetti miei,E il sottile dei carmi arduo lavoroA le sue corde affido.Ma come l'onda che si rompe al lido,S'agita nel mio cor l'anima inquieta,Chè di serena e lietaTranquillità non diemmi il ciel tesoro,E fo molle di pianto il mio lavoro.

O gentile operaia, a te di lungheAlbe si vesta il cielo,

18

E a lunga giovinezza Iddio ti serbi!Negl'ignorati, acerbiCasi, onde afflitta è ognor la vita mia.Te chiamerò soventiAd allegrar miei solitari giorni;Nè di pallido volto o di languentiOcchi, o di piè leggeroA' vorticosi balliTe loderò, ma d'almo e di sinceroVolto e di core allegro,D'umile stato e di solerzia onesta,Onde la madre e il genitor cadentiPaga di tue modeste opre sostenti.

19

ADDIO.

Addio, placidi campi,Asil nel mio dolore;Dove che il passo io stampi,La vostra cara immagineMi porterò nel core.A l'aere suo ridenteTorna co 'l maggio il pellegrino uccel;Ritorno anch'io, benchè solo e dolente,Al dolce riso del mio patrio ciel.

Addio, bruna e secretaValle ove il sol si perde,Ove tranquilla e chetaSpiccia dal masso, e mormoraL'onda fra 'l tuo bel verde;A l'ombra tua serenaStanco s'asside il povero pastor,E al noto suon de la silvestre avenaPasce la greggia, e posa il cacciator.

Valli ridenti e clivi,Floridi colli, addio,Ove d'argentei uliviFile ondeggianti al zefiroOmbreggiano il pendio;Io vi saluto, o carePiagge, confine del fiorito pian;Crespo da l'aure vi careggia il mare,

20

Il mar natio che ò sospirato invan.Da le selvose vette,

Dal piano e da le valliVenite, o forosette,La provvida vendemmiaA festeggiar co' balli;Danziam, colmiamo i nappi,Orniam le chiome d'ellera e di fior;Al dolce odor degli spremuti grappiMen triste il vostro addio suoni al mio cor.

Addio; qual foglia al vento,Come alcïon su lago,Va l'infedel contento,E dietro a lui dileguasiOgni più cara immago.Addio; l'ape smarritaCerca tra' fiori il timo e il gelsomin;Io fra voi cerco la gentil mia Ghita,Ghita, che bruni ha gli occhi e nero il crin.

Ah! qui non è! Dai chetiColmi di sua casettaFuggirò i giorni lieti,Qual lieto stuol di tortoriDa la montana vetta.Su la finestra brunaVenne a posarsi, ingrato ospite, il duol;Siede al suo capezzal la ria FortunaE giace a canto a lei sotto a un lenzuol.

O poveretta, or dove.Ditelo, or dove è ita?Corre co 'l verno altrove,

21

E va piangendo a l'aureLa rondine romita.Forse ella pur solingaCerca sott'altro ciel pane ed asil,Forse in cerca di fiori ella raminga,Ma più per lei non fiorirà l'april.

O nugoletta bianca,Che vai pe 'l ciel turchino,Se mai soletta e stancaL'incontrerai fra' triboliDel suo lungo cammino,O nugoletta lieve,Sovra il capo di lei rattieni il vol;Chè quella fronte candida qual neveNon tocchi e offenda nel meriggio il sol.

O tiepide e leggiereAure di fior nutrici,Se a quelle trecce nereNon val recar le splendideCorone dei felici,Deh! le recate almenoUn semprevivo che non può morir,Le susurrate, aure pietose, in senoLa speranza del cielo e il mio sospir.

22

UNICA MEA!

Sovra un bocciòl di rosaVidi un'aurea farfalla in su'l mattinoPosar l'ala amorosa,Libando i primi e più soavi odori;Poi su mill'altri fioriDel tacito giardinoAlïando coglieaLa dolce stilla iblea.

Farfalla, le diss'io,Su cento fiori al dì tu posi il volo,Ma su la terra è soloIl fior de l'amor mio!

Una raminga stellaApparir vidi al pallido occidente,E tremolante e bellaSpargea di raggi nostra ombra terrena;Poi, come pria serena,Volgea tacitamenteA illuminar lontaneSfere, al nostr'occhio arcane.

O stella, le diss'io,Tu splendi in mille sfere, e volgi al polo,Ma splende per me soloLa stella del cor mio!

Per la campagna apricaVidi un colombo candido e pietoso

23

Con la sua dolce amicaGioir la più ridente ora del giorno.A lor fec'io ritornoCo 'l verno tempestoso,E morti in un amplessoEran nel nido istesso.

Colombo, io dissi allora,Una è come la tua chi m'innamora,E come te vogl'ioMorir con l'amor mio!

24

A FANCIULLA INFERMA.

Sotto a la bianca coltriceDel tuo polito letticiuol ti vidi,sofferente giovinetta, e quantaPietà mi vinse da quell'ora il pettoDel tuo stato infelice,Mortal labbro non dice. Era il tramontoE pe 'l cheto villaggioIncoronato del novello aprile,Spargean l'imbalsamata aura gli aranci.Cinte di fior la testaReddian le allegre villanelle a schiereDa la vicina festa,Ricordando il furtivoGuardo d'amore e il tenero salutoE lo splendor de' ceri e degli arrediDe la parata pieveE il patetico accentoDel pio predicatore.In abito festivoTorna anch'esso l'assiduo zappatore,A cui non lieve ingombro è per la viaL'insolito calzare;Su la tarda asinellaSen va cheto e satollo il buon pievano,Mentre scalzo ed ansanteDa presso il siegue il suo fedel garzone,

25

Con la verga pungente e con la voceL'asin sollecitando al suo padrone.

In quell'ora di festa al tuo romitoCasolare venn'io: dolce ai soffrentiDei soffrenti è il ritrovo. Al limitareCorsemi incontro il povero mastinoAdulandomi intornoE ai piedi miei sdraiandosi supino.Deserto era il cortile,E su l'incolta ajuola,Già dolce cura di tua man gentile,Morian le frondi e i fiori;Solo su l'infrequente uscio, ondeggiandoAl dolcissimo orezzo vespertino.Qualche pallido fior piovea da' ramiIl lento gelsomino.Pensosa e taciturnaAl tuo vegliato capezzal sedeaL'addolorata madre,Spesso volgendo il ciglioA una pietosa immagin di Maria,Che ha tra le braccia il figlio.Lesta intorno veniaL'affettuosa tua sorella intesaAi pietosi servigi; in su la portaSiede il buon genitore e sottovoceRipiglia il fratellino,Che corre dietro all'infedel micino.

De la lucerna al tremolante raggio

26

Vidi il bianco tuo fronte e il fuggitivoLume degli occhi tuoiE le diffuse chiomeE l'aereo sorriso. Oh! dimmi, a qualiFantasime di ciel guardi e sorridi,Candida giovinetta?Qual ti lusinga mai viso e splendoreDi sempiterni lidi,Che ad occhio di felici Iddio contende?Qual su le tacit'aliInvisibile a noi spirto d'amorePer le sedi degli astri amor t'insegna?Dunque di questa novaPrimavera terrena,Ove più agli occhi tuoi vita non splende,Ne fuggirai per sempre?Dunque sol dura provaD'infinito doloreDegni del ciel ne rende?Deh! se per lunga passïon si trovaOltre i lacci del fango amore e luce,Al luminoso e santoVolo, o fanciulla mia, tu mi sia duce,Chè amore io cerco, e lungamente ho pianto!

27

A GHITA.

Fior d'albicocco, mandorla non colta,Grappolo d'uva che s'indora al sole,Spiga di grano tra le foglie accolta,Mazzo di gelsomini e di vïole,Gelso che mette il fior la prima volta,Cestolin di ciregie e d'azzaruole,Mela appiòla, dattero sul ramo,Ghita gentil, cor del mio core, io t'amo!

Dal muricciol de l'orto abbandonatoSente il rovo l'aprile e mette il fiore;Così dal gelo del dolor serratoL'aura de l'amor tuo sente il mio core.Rondinella che torna al nido amato,Posa in sul ramo e pispiglia d'amore;Quand'io specchio nei tuoi quest'occhi in pianto,Ghita gentil, dal cor mi sgorga il canto.

Canto, ma dentro al cor lunga e secretaM'arde un'ansia, un desio che il cor mi sugge;Come vana di sogno immagin lieta.Ogni più cara illusïon mi fugge;La giovinezza mia mesta ed inquietaPe 'l deserto del mondo erra e si strugge;Arido è il labbro mio, trepida è l'alma.Dolce mia Ghita, garzuolin di palma.

28

Pur, finchè te vedrò, dolce e serenoDel mio nebbioso giorno unico raggio,Il desiderio del mio cor fia pieno.Sarà sparso d'un fiore il mio vïaggio.Ha le perle e i coralli il mar nel seno,Le notti han gli astri, ha le rugiade il maggio;Senza il tuo sguardo e il tuo sorriso, o pia.Non avria stella o fior la vita mia.

E quando lungi dal tuo niveo fronteLungi mi sbalzeran mie sorti avare,Uccellin diverrò che passa il monte,Pesce diventerò che passa il mare;Verrò a cercarti appo il lucido fonte,Girerò di tua porta al limitare;Muoia con gli astri, o co 'l sol nasca il giorno.Gentil mia Ghita, io ti verrò d'intorno. E se stanca una volta e infastiditaDel vegliante amor mio ch'arde e non spera.Negli occhi io ti vedrò, dolce mia Ghita,E trar debbo in dolor la vita intera;Farfalla io diverrò lieve e romita,Che cerca i fiori al dì, la morte a sera,Farfalletta gentil, ch'à per costumeDi morire girando attorno al lume.

29

A UN SEGATORE DI PIETRE.

Con l'ostinato filoDel tuo pigro strumentoIl duro sasso esercitando vai,assiduo segatore.Nè per sole o per ventoDa la lunga, penosa opra ristai,A cui tua sorte misera ti danna,Ma l'egro petto e il dorsoSopra la sega stridula affatichi;Solo di quando in quando,A l'ardua lama agevolando il corso,Versi nel sasso con la bugia canna,Sciolta ne l'acqua la mordente arena,Malinconicamente mormorandoLa nota cantilena.

Al monotono suonoDi tua lenta fatica,Che la tarda del tempo opra somiglia.Da le mie ciglia si dilegua il mieleDel dolcissimo sonno mattutinoDi rosee larve apportator fedele.Su le tiepide piumeSnodo le membra non ben deste ancora,Guizza il notturno lumeMorente a la parete.

30

Già tremano le lieteRose de l'alba a lo spiraglio incerto;Odo il festante gridoDe le rideste vieE il rumor lieto dei carri balzanti,Sento gli allegri cantiDe l'amorosa rondine che suoleSotto la gronda mia pendere il nido;A la nota bottega.Cantando una canzone,Il garzoncel s'avvia;Per la frequente viaPassan belando sotto al mio balconeLe capre mattutine,E con assidua ressaLa stridula campana de la pieveChiama i fedeli a messa.

Quindi sorgo, e tergendoIn schietta onda la faccia,Schiudo i vetri custodi, e anch'io cantandoIl nuovo aprile e il fresco aer saluto.Ma se da tanta immagine di cielo,Ove cerco di mia vita la luce,Pallido segatore, a te mi giro,Di repentino geloPensierosa tristezza il sen mi vince,E ne l'intimo cor gemo e sospiro:

Quale colpa o fortunaA sì diverso fato obliga e preme

31

Nostra dolente umanità raminga,Ch'altri scarno e cenciosoSul duro solco si travagli e sudi,E altri, d'ozio fastosoE d'opulenza e di splendor si cinga?Dunque è destin, che a' faticosi studiPiù vil mercé si renda?E che tanta di noi parte miglioreD'inedia eterna e di dolor languisca,E altri del suo soffrir gioco si prenda?

Povero segatore, a noi non liceInvestigar la sacra ombra che chiudeTanto nume di Dio. Forse la provaDi cotanto doloreE de l'onesta poverezza i piantiL'occulta stancheranno ira del cielo;Chè ormai splendida e novaDi santa civiltà stagion miglioreNe impromettono i fati. A più sublimeVoi, non più visto altrove,Poggia l'umano ingegno; uguale e pianaDa la superba cattedra discendeA popolar convegnoL'agevole Scïenza, e a tutti è schiusa,Quanta concessa è in terra,Felicità. Su la contesa sogliaPiù non mendica il provvido lavoroDi ricche orgie i rifiuti,Ma a sè stesso è tesoro. Ecco, vegg'ioCo 'l vetusto patrizio il fabbro umìle

32

Confondere la destra,E civiltà di miti usi maestraChiama fra tutte genti arbitro il merto.Sorge dal fango, in nomeDi Lui, che l'onorate opre fè sante,La derelitta povertade, e comePioggia che le morenti erbe rinnova,Sugli adusti mortaliUguaglianza ed amor distendon l'ali.

33

DUE FIORI.

Gittai due fiori al ventoDue piccioletti fior da un gambo uniti;Girâr, girâr sui zeffiri un momento,Caduti son, ma non si son partiti.

Sovra lo stesso stelo,Sovra la stessa zolla, a la stess'ora,Bevvero insiem le miti aure del cielo,Tremàro al nembo e salutàr l'aurora.

Poi tolti a la serenaTerra e dal vivo cespite recisi,Vissero insiem l'estrema ora terrena,Son morti entrambi e non si son divisi.

E vuoi tu mai, fanciulla,Che lontano da te vivere io possa?Il destin presso a te mi diè la culla,Vuo' che amor presso a te mi dia la fossa.

34

LUNA SULLE NEVI.

Batte il notturno vento a la campagnaL'ondeggiante oliveto, e su le primeNevi de la montagnaPassa la fredda luna.Da le materne cimeCade la foglia inaridita e smorta,E de la corta vignaSu 'l gelido vïal saltan le lepri.Fra gl'ispidi ginepri de la siepeS'acquatta il cacciatore,Mentre con l'importunoRaglio il disturba dal vicin presepeIl povero asinel freddo e digiuno.

Là su 'l romito calle,Dove s'incrocia la petrosa via,Splende la lampa tremulaSu 'l povero altarino di Maria.Passa tremante e mesto il contadinoSu 'l nodoso baston curvo le spalle;Dal chiuso pecorileLo provoca uggiolando a la lontanaL'indocile mastino;Egli guardingo passa,E mormora una prece e fa un inchino.

35

Vede intanto da l'ertaL'accesa fenestrellaDe la capanna misera e deserta,E pe 'l noto vïale allunga il passo;Ode il murmure incerto e la faccendaDe la sua famigliola,E sente al petto lassoUn secreto piacer che lo consola.

Così verso un'ignota iri di paceTende l'umana vita,Chè sulla terra squallida e fugaceFiore non porta aprileDi salde foglie e di profumo eterno.Pari a larva sottileDi sogno mattutinoFugge il piacer di nostra istabil sorte,E perpetua ne incombe ala di verno;Ma da la cieca fronteIl mensognero vel scioglie la Morte,Ed al redento spiritoSchiude del vero il libero orizzonte.

Ah! tu dillo, o secretaVisitatrice del mio cor dolente,Dolce fanciulla aerea,Tu lo ridici al povero poeta!Che ti valse il clementeRiso del nostro cieloE il lampo degli azzurri occhi sereniEd il trapunto velo

36

Ed il voto d'amore, ond'eri avvinta,Or tu lo sai, che cintaDi sempiterni raggi,Qual fior su lago tremulo.L'onda d'eternità vedi e vïaggi.

Pria che degli anni il geloT'inaridisse il core,o pia fanciulla, a te fu caro il cielo.Così esotico fiore.Chiuso in vetro geloso, a l'aere immiteSporge la cima tenera,Cerca il suo cielo, e muore;Uccello dolorosoPellegrinante per stranio paeseCerca così il corteseNido del suo riposo;Così striscia lucenteDi fuggitiva stellaGuizza e dilegua a la pupilla intenta;Oh! non dite ch'è spenta,Non dite ch'è per lei l'ultima sera,Dite che viva e bellaCorre ad illuminar più lieta sfera.

Io doloroso e soloDe la memoria tua ravvivo il canto,E di celesti immaginiIl mio lungo aspettar queto e consolo.Oh! dimmi, o pia, quanti di questi ancoraSono serbati a me giorni di pianto?

37

Quanto per questa tenebraAffaticando andrò gli occhi miei lassiDesiderosi de l'eterna aurora?Ah! tu mi guardi e passi.Mi guardi e passi, e la serena fronteAl pianto mio s'imbruna . . . .E fischia il vento intanto, e dietro al monteCade la fredda luna.

38

AD A. SALVINI

nel regalargli un esemplaredella Palingenesi.

A te che sai le amare.Gioie de l'Arte e i trepidiSogni, a cui l'ardua fida ala il pensier,

A te non fian discareQueste vegliate pagine,Che la sacra spirommi aura del Ver.

Se da la mesta e brunaVita, a più belle e vivideSfere poggiare il voi seppi talor,

È pregio e non fortuna.Che su 'l mio fronte pallidoSegga una fronda di sudato allor.

Su quelle sfere, doveSpiran del bello i liberiEntusiasmi ed è perpetuo april,

Ivi di grazie nuoveTalìa sorride, e d'atticiFiori diffonde il suo peplo gentil.

Scherzano a lei d'intornoLa gioia alata e il floridoRiso d'alme serene unico re;

A l'immortal soggiorno,Sacro a le Grazie ingenue,

39

L'empio livor mai non appressa il piè.Ma la suave e mesta

Malinconia, che l'animeTempra ne l'onda d'un etereo duol,

Cinta di bianca vestaIvi s'aggira, e a l'aureGeme siccome vedovo usignuol.

Ivi te vidi, o alteroSpirto che il dotto interpretiDei figli di Talìa riso immortal;

E teco era il severoGenio, cui di MelpomeneSovra l'itale scene arma il pugnal.

Di lieti plausi un suono,Dolce compenso al vigileCulto de l'Arte, intorno a te volò,

E su l'etereo tronoLa sacra musa italicaNuova luce da' bruni occhi raggiò!Or m'odi. E s'io libaiUnqua de l'alme CàritiAl negato a' profani inclito altar,

Son degno, e lo mertai.Che tra il fragor dei plausiOda tu pur ne l'alma il mio pregar.

Lascia a le franche sceneLe vôte larve e gli orridiMostri che infame vita hanno quaggiù;

A noi l'aure serene,Gli astri ed i fior consiglianoArte più mite e men facil virtù.

40

Di fole e di chimereRegno non han le italicheMuse, d'almo pudor cinte e di vel;

Nè soffron, che a le nereTrame del mondo l'improbeScuse sian manto di pietà crudel.

Osa! Ed allor che al santoAere ritorni e a' limpidiRegni de l'Arte, unico mio sospir.

Di' ch'io deserto in piantoVivo; ma intatta e vergineSerbo la cetra, e m'è grato il morir.

41

SOLE D'INVERNO.A

C. REINA.

Cari mi siete, o colli,Quando nel verno vi saluta il sole,Quando con l'alba tremanoL'argentee brine su l'erbette molli,E su le siepi imbrunanoIl ridestato caliceLe tenere vïole.

Sul tortüoso calle,Dove il cardo le foglie ispide muta,Va saltellando il passere,E fra il timo s'inseguon le farfalle;Dal povero tugurioIl legnajuolo affacciasiE il caro sol saluta.

A la cadente porta,Col suo grembial più bianco de le nevi,Siede co 'l mento tremuloLa vecchiarella derelitta e smorta,E da la ròcca tenueTraendo il sottil canape,Fila i suoi giorni brevi.

42

O tu che solo allegriIl silenzio di mia casa infrequente,E d'amicizia il balsamoSpargi su' giorni miei dolenti ed egri,Godiam tra il verno gelidoLa dolce ora fuggevoleDi questo ciel ridente.

Forse, o chi sa? ne l'ombraChe lungamente mi ravvolge il core,Forse tra l'ansia e il dubbio,Che i propositi tuoi tarda ed ingombra,Come a quest'erbe tremule,Un raggio di letiziaNe manderà il Signore.

E allor che queta è l'onda,E più belli i suoi fiori april dipinge,Noi lascerem quest'EtnaE il biondo golfo e la petrosa sponda;E andrem sicuri e unanimi,Ove de l'arte il fervidoSogno gentil ne spinge.

Noi cercherem la rivaDove più specchia il ciel l'onda tirrena,Dove armonia son l'aure,E di voci d'amor l'aura è più viva;Dove vestita d'iridiS'asside l'incantevolePartenopèa sirena.

43

A l'inconteso corsoDi nostra prora ardenteFuori de l'acqua emergonoGli amorosi delfin l'argenteo dorso;Fuggono l'onde; suonanoL'aure, le piagge olezzanoDe l'appennin ridente.

A te daran coloriIl cielo azzurro e la flegrea marina,Le nubi del Vesuvio,Di Capri i lidi e di Sorrento i fiori;A me la fredda ceteraAvviveran le tiepideAure di Mergellina;

E canterò. Ma doveSpingi il tuo volo, o instabile speranza?Il pianto mio dimentichiE i lunghi affanni e le durate prove?Ahi! ne la solitudineDi questo umano esilioSolo il dolore ha stanza.

Signor, che a queste brumeDoni del sole il provvido sorriso,Toglimi al dubbio gelido,Che a l'ingenua mia fede ammorza il lume!Deh! ch'io non più ne l'orridaNebbia, che il cor m'intenebra,

44

Gema da te diviso!

Io rapirò l'incensoDi queste fragolette mattutine,La mite ala del zeffiroChe il mar cheto sorvola e il cielo immenso;Rapirò un raggio a l'irideE la sottile, argenteaFalda di queste brine.

E come fior che a seraCon le fragranze al ciel s'apre la via,Eterno, istabil atomo,Cercherò la mia sede e la mia sfera;Chè in mezzo a questa tenebra,Il veggio, il sento, o spirito.Non è la sede mia!

45

ULTIMO AUTUNNO.

Passa il ramingo augelloSu l'umil vigna allor che muore il giorno,E posa il volo a un tremulo arbuscello;Ma poi che mira intornoLa campagna desertaE più incerta la luce a l'occidente,Mestamente guardando, il vol dispiega,E con pietoso gridoMiglior campo procaccia e miglior nido.

Così, già presso al fineDel mio fatal pellegrinaggio in terra,In voi fermo un istante il fianco lasso,Dolci colli materni,Di cui l'imbalsamata aura più volteNel cor la fuggitiva alma contenne.Ma vano or tornerà vostro sorrisoA questa vita stanca,E allor che al soffio de l'estremo autunnoCadran le foglie dal materno stelo,E col manto di geloSi calerà da l'Etna il verno rio,Cadrò, cadrò pur'io,E calerà su me gelo di morte;O verdi colli, addio!

46

Pur grato al cor mi scendeVostro tacito aspetto e la notturnaAura e il sorriso de le stelle incerto.Spesso muto e deserto, allor che tremaSu per le argentee uliveIl verecondo alboreDe la luna imminente, erro il vialeDel contiguo giardino,O là m'assido a cantoD'un piccioletto fonte, arido comeQuesti occhi miei cui pur negato è il pianto.Quindi a la lunga io sentoDal vecchio campanileRussar querulo il gufoEd ondeggiare al ventoDel mesto legnajuol la cantilena.Brillano a la serenaLe sparse lucciolette,Ed aggrappato al suo materno tufo,Il monotono trilloSiegue con ressa il solitario grillo.

Allor questa noiosaCreta e mia vita dolorosa oblio;E già mi par che scioltaD'ogni colpa mortal la disïosaAla spinga pe 'l ciel l'anima mia.Chiara qual sole e libera qual vento.Ma qual voce e lamentoDa questa nova, luminosa viaChiamarmi a nome e richiamarmi io sento?

47

Maria, dolce Maria,Non turbarmi quest'ora! Ah! ch'io non veggaQuei pensosi occhi tuoi, che fur già tantoUniverso per me, ch'io non li veggaPer mia cagione in pianto!Ahi! de la vita lieta,Breve pur troppo e pur suave e cara.L'ora passò, passò qual fuggitivoSonno di cacciatore;Lunga stagion di pianto e di dolorePer me seguì, per te gioia e festivoFulgor di tede e amore.

Vedi, sul labbro mio più non s'accendeGiovin raggio di gioia, entro a la stancaAlma più non esultaLa bella giovinezza,Ed anzi tempo la mia chioma imbianca.Da l'affannato pettoFuggì l'alma salute, e la vitaleAere sin la vitale aere sì caraNel travagliato cor tarda discende.Funesta ala di notteD'intorno a la mia dolce arpa si stende,E l'auree corde son disperse e rotte.Sol'una ancor sol'unaCorda rimane a la dolce arpa mia;E allor che ne la brunaFossa cadrà quest'egra argilla oppressa;Si spezzerà pur essa,E flebilmente suonerà Maria.

48

Or mi lascia, in pietà. Come a ritrovoDi libertà e di pace a morte, io corro;Nè già son'io sdegnosoDi mia sorte immatura,Nè a te, cieca Natura,Qual suole ignobil volgo,Le mie vane quereleE il pianto mio rivolgo!Ben tu su noi crudeleSempre fosti, o Natura; e un fiore un soloFior sul tramite mio mai non scordàroLe primavere tue vane e fugaci,E con sorriso amaroAi lunghi affanni e a mia virtù schernisti.Ma se a quest'occhi miei la luce or neghi,Pianger debbo i tuoi soli e la tua possa?Forse, se omai quest'ossaCon muta e disperata ira calpesti,Speri, che intero io restiNel guancial freddo de l'oscura fossa?

A inesorate, ugualiLeggi tu servi, e in tuoi chiusi destiniQuel che rovini e te stessa non sai.Con perenne, monotona vicenda.Macchina cieca, per l'ombre cammini,E qual fosti, sarai. Ma l'immortaleSpirto, che è raggio de l'eterna idea,Libero sorge e l'infinito abbraccia,E in luminosa traccia

49

Tutto muta e feconda e strugge e crea;Senza principio e fineEgli è tutto nel tutto e al tutto impera,E' prima, ei luce veraChe la tarda materia informa e accendeDi senso e di pensiero,E da l'esilio de la terra intendeL'occhio irrequeto al sempiterno vero.

Ma tu, Natura, un giornoTu, superba, cadrai, pari a codestaScorza di fango che mi pesa intorno.Più non verran gli apriliAd infiorarti la superba vesta,Nè la chiomata crestaErgeran da l'immense acque i tuoi monti.Ecco, al ciel si confondonoGli sconfinati mari; orbo di raiPrecipita dal ciel vedovo il sole;Schiudon le mille goleI terrestri vulcani; si dissolveA l'urto dei cadenti astri la terra;Fra la scomposta polveDistruzïon la negra ala disserra,E ne l'eterna notteTutto ravvolve e inghiotte. Allor congiuntoA l'universo spirito,Sul nulla vagherà lo spirto mio,Ch'è di Dio parte anch'esso, anch'esso è Dio!

50

INTERMEZZO.

Omnia vincit amor.

51

FRANCESCA DA RIMINI.

FANTASIA DRAMMATICA.

52

INTERLOCUTORI

FRANCESCA

PAOLO

LANCIOTTO

UN ANGELO

Coro d'angeli, di demoni, di beati ec.

La scena è nell'Inferno.

53

ATTO PRIMO.

SCENA I.

CORO DI DEMONI.

I.

In quest'oscuro bàratro,Che il vento orrido introna.L'eterna ira imprigionaL'alme, che rupper fede a l'amor primo.L'urta da l'alto a l'imoIl turbine veloce, e avvolve e cacciaContro a le punte, ond'è funesto il loco; Ma non avvien che il focoSpenga giammai che la lussuria accese.Sorge acerbo e più fiero entro al lor pettoL'insazïato istinto,E, dal dolor non vinto,Ei cresce più quanto più il corpo è inetto. (Si ode il mugghio della bufera e i gemiti dei dannati)

Urlate, urlate, urlate,Voi che d'adulteroFoco d'amor bruciate!Noi per quest'aria nera

54

Tessiam la ridda agli orridiFischi de la bufera!

(Parte del coro incomincia una tregenda)

II.

Stolti! di tempra eternaCredon lor menti! Al Nume,Che a noi, siccome a loro, usurpa il cielo,Pari tengonsi in volto e in forza uguali!Con superbo costumeSpronan l'anime inferme oltre i mortaliSegni a strappar d'ogni scïenza il velo;Di nuove stelle in tracciaErran fra l'ombre ardimentosi, e quandoSol del momento han regno,L'eternità sognando,Per l'ignoto avvenir spingon la faccia!

III.

Ciechi! D'amore al laccioDopo tanto volar porgon la vita,E nel par d'occhi d'una figlia d'EvaChiudon tanta di ciel brama infinita!Come farfalle improvvideArdon girando intornoA la face d'amor sempre funesta,E chi picciol soggiorno

55

Tenne la terra e l'universo un giocoA un mal vegliato talamoLega il suo fato: e la condanna è questa.

(Parte del coro come sopra)Urlate, urlate, urlate.Voi che d'adulteroFoco d'amor bruciate!Noi per quest'aria neraTessiam la ridda agli orridiFischi de la bufera.

(S'allontanano fragorosamente mentre il turbine va poco a poco cessando.)

SCENA II.

FRANCESCA, PAOLO.

FRANCESCA

O supplizio, o tormento, o interminatoAmor! (Silenzio)

Tu sei muto così! Non haiPiù parole per me! Quanto aspettammoQuesto istante di tregua! Ecco, già taceIl turbine infernal. Traggo dal pettoA fatica il respir! Dio dei soffrentiAbbi di noi pietà!

56

PAOLO

Dio? non intendeLa nostra voce: il dolor nostro è eterno,Siccome eterno è il nostro amore!

FRANCESCA

Oh! taci,Non parlarmi così! Morta al cor mioLa speranza non è. Dio non potrebbeEternamente condannare al piantoChi tanto amò sopra la terra. Oh! lasciaChe il suo perdon, che la sua grazia implori!

PAOLO

Se giusto ei fosse, ai prieghi tuoi, già tempo,Piegata avria la sua pietà! ChiamataA le sedi del cielo, a le lucentiGlorie del paradiso avria te sola,Amatissima donna; e il soffrir mioFatto avria ben dei nostri falli ammenda.Dei nostri falli! e che diss'io? Qual lieveNube di colpa a l'alma tua fè veloNei bei giorni terreni? Io solo, io soloRovesciai la fraterna ira sul tuoCapo infelice, io ne la mia sciagura,Nel mio morir, nel mio supplizio eternoCrudelmente t'avvolsi, e questa è pena,

57

Che la mia disperata anima addentaCosì, che nulla in paragon può darmiPena maggior l'inferno tutto e il cielo.

FRANCESCA

Crudel mi sei! Pari a la tua non m'arseLunga, ostinata, immensa fiamma il petto?Del mio pensier, dei sogni miei, dei mieiFati, del viver mio tutto il governoAmor non ebbe, amor secreto e grandeCome Iddio, che ai mortali occhi si celaE tutto regge e ad ogni cosa impera?A l'amor tuo tutto io non diedi? Ah! indarnoT'illude il core, o invan me illuder tenti!Se colpa è amore, ambi siam rei. Ma il pettoChiuder non posso a la speranza, sai;Fiamma d'amor, quantunque iniqua, eternaPena non porta da quel Dio, che tantoPer nostro amor sofferse in terra!

PAOLO

IniquaLa nostra fiamma? Ahi no! Del fratel mioPrima io ti vidi, e pria di lui t'amai.Primo, possente, unico amor gran tempoMi regnavi ne l'alma; arbitra solaDei giorni miei, del mio destin compagnaMi venia nei cimenti e nei trionfiLa bellissima tua virginea forma,

58

E di valore, di pietà, di tutteVirtudi adorno, invidïato esemploAgl'italici prenci e al popol caroMi rese ella, ella sola!

FRANCESCA

O rimembranzeDe la terra, o dolore!

PAOLO

Era il tramonto,Ti sovvien di quel giorno, era il tramonto;Terso era il ciel, chete eran l'aure. Un'ondaD'armonie, di fragranze era d'intornoAi lucidi giardini. Ai consuetiRaccoglimenti....

FRANCESCA

Ai miei sogni d'amore....

PAOLO

Chiusa nel tuo modesto abito brunoBellissima venivi. Io muto, ansante,Fra' rami occulto dei furtivi aranci,Seguia col guardo i tuoi passi....

FRANCESCA

59

I miei passi.

PAOLO

Là, presso al tiglio t'assidesti, e....

FRANCESCA

Un libro....

PAOLO

Traendo, tutta nei pietosi scrittiGli occhi e l'alma intendevi. Io m'appressai,Furtivamente m'appressai: non vistoMi t'assisi da presso, e l'aria bevviDel tuo respiro, e i tuoi palpiti intesiLa prima volta.....

FRANCESCA

Oh! dolce istante!

PAOLO

AmoreMi diè coraggio; mi svelai; sul ciglioTi spuntava una lagrima. Co 'l guardo,Con l'anima cercai quella pietosaStoria d'amor.... Su la parola istessa

60

S'incontrâr gli occhi nostri, in un sospiroSi confuser le nostre anime; il libro...

FRANCESCA

Di man mi cadde....

PAOLO

Io lo raccolsi; e chiusaQui fra le braccia mie....

FRANCESCA

Fra le tue braccia....

PAOLO

«La bocca ti baciai tutto tremante!»

FRANCESCA

O disperato amor!

PAOLO

Chi, chi ti tolseAi baci miei, chi ti rapì? La gioia,La speme, il mondo, l'avvenir, la vitaTutto, colui che ti fu sposo, in terraNe tolse.

61

FRANCESCA

E tutto co 'l morir ne diede!(Voci di demoni, e gemiti di dannati).

SCENA III.

CORO DI DEMONI, LANCIOTTO, precedenti.

CORO

Spingi, caccia, urta, arrovellaL'alma rubella,Che, testè fra noi caduta,Andrà per queste eterne ombre perduta.

Bieca, iraconda in vistaEcco ella vien. D'intornoGli balla, e più l'attristaDe l'oscuro soggiorno,La ricordanza de la vita orrenda.Muta, vigil, tremenda,Con la tagliente forceSiegue Giustizia; al corsoLa sprona, e con mortifereSpire l'avvinghia e attorce.Siccome angue, il Rimorso.Spingi, caccia, urta, arrovella

62

L'alma rubella,Che dal vizio sedotta,Viene al giudicio di Minòs tradotta.

FRANCESCA

Un'altra sciagurata anima piombaIn quest'oscuro baratro di morteFieramente ululando.

LANCIOTTO

Ella?.... Fia vero?....(Resta immobile).

CORO

Come avare formicheLungo il tramite, quandoPiù al sole ardon le lor chete fatiche,S'annusano passandoScevre di preda, e invidianoLe piccolette miche,Ch'altri a lor tolse, e adducePer opposto sentier con lieta pena,Così, cadute appenaDa la superna luceSi scontran l'ombre e piangonoLa rapita a' lor guardi aria terrena.

De la soave e caraSpeme, dei dolci inganni

63

Cresce vieppiù la rimembranza amaraQuest'immortali affanni.Cinta di liete immaginiRide la terra avara,E il ricordo infedeleMuta in dolci venture i casi acerbi.Quindi restiam: si serbiA lo strazio crudeleCostui che a quella coppiaMira i silenzïosi occhi superbi.

(L'ombra di Lanciotto per avvicinarsi a Francesca).

FRANCESCA

Lanciotto!... o ciel! no, non m'inganno...

PAOLO

O fieraVista! (Coprendosi la faccia).

FRANCESCA

Fuggiam!

LANCIOTTO (Fra sè).

Quanto mutata!

64

FRANCESCA

Il guardoPietosamente in me figge, e paroleMormora di pietà.

PAOLO

Lascialo!

LANCIOTTO(Accorgendosi del fratello).

InsiemeAncor!

FRANCESCA (Muovendogli incontro).

No, non partir; parlami, ascoltaLa prece mia, non mi fuggir! men reaSon che tu credi; dei miei falli ammenda,Più che il tuo ferro, il cielo ha fatto! ah! dimmi:Placato sei? n'hai perdonato?...

CORO

Ei mutoResta qual sasso, e gli balenan gli occhiCupi lampi di sdegno e di vendetta.

Spingi, caccia, urta, arrovella

65

L'alma rubella,Che dal vizio sedotta,Viene al giudizio di Minòs tradotta.

FRANCESCA

Deh! fermativi ancor; pietà! Ch'io sentaLa voce sua! N'hai perdonato?

LANCIOTTO

A DioIl perdono domanda: il mio perdonoCon l'amor mio morì!

FRANCESCA

Miseri! eterneDunque ne l'alma tua fiamme ha lo sdegno?Eterna ruggirà sui nostri capiL'ira che bevve il sangue nostro?

LANCIOTTO

Eterna?E pena ha tal l'eternità che possaAl delitto adeguarsi?Ove, ove seiTu che al mio cor tutto rapisti? Il fronte

66

Leva, sostieni il guardo mio; di CristoIl giudicio io precorro: io sono il veroGiudice vostro!

PAOLO

Il tuo brando già feceDi noi giudicio? E inulto ancor ti chiami?La tua vendetta è nel mio cor! Costei Che prima, eterna, unica amai, che fattaFelice avrei, che nata era ad amarmi,Nata a intrecciar coi miei giorni i suoi giorniFelicissimi in terra, ecco tu vediPer tua cagion, più che per mia, travoltaNel fato mio: consorte al dolor soloA la colpa non già, costei tu vedi...E altra pena a me cerchi? Oh! ma a te notoAmor non è; non ti fu mai!

LANCIOTTO

Gli audaciSensi e gli accenti e il millantar superboAscoltar deggio ancor? Perfidi! io sentoCosì de la mortale ira avvamparsiLe furie in me; così mi avventa al pettoFiamme gelose il furor mio, che milleBen mille volte io ti vorrei ridestoA la vita mortal, perch'io potessiMille volte sfamar dentro il tuo sangueQuest'acre, ardente, insazïata, immensa

67

Vendetta mia, che a la mia vita insiemeSpenta non s'è, ma al par s'è fatta eterna!

FRANCESCA

Deh! vi placate, alme infelici! AbbiamoTanto sofferto, e soffrirem pur tanto!Abbiamo noi, più che non abbia il cielo,Di noi pietà! del suo perdon la viaForse il nostro perdon fia che ne schiuda.

LANCIOTTO

Perdon dal Cielo io non imploro, e questiVili dèmoni io spregio....

CORO

O abbominosoSopra a tutti i mortali!

LANCIOTTO

Il ciel l'ho persoIn te, perfida donna, e d'ogni pena,D'ogni supplizio è l'odio mio maggiore!

(Via tra i demoni).

CORO

Tanto dunque profonde, immortali

68

Mette l'odio radici nel pettoDi voi tristi, protervi mortali?

Maledetto, maledetto,Maledetto l'amor, che è la fonteD'ogni turpe, malefico affetto!

Con le rose, con gli astri a la frontePassa il ciel, varca il mare, e sorrideOra al cielo, ora al mare, ora al monte;

Or tra' sogni, or tra gli odî s'asside,Fiero e saldo, volubile e fiacco,Belve ed uomini e numi conquide;

Ed incerto fra l'angelo e il ciacco, Or nel bacio di sozze megèreL'orgie canta di Cipri e di Bacco,

Or sul dorso di vote chimere.Tramutato in un tisico iddio,Scorda il mondo, ed ambisce alle sfere.

Noi felici, cui morbo sì rioNon invade, non agita il petto;Chè alla possa in noi pari è il desio.

Maledetto, maledetto,Maledetto l'amor, ch'è la bramaD'ogni turpe e malefico obietto;

Qui non s'ama, non s'ama, non s'ama!(Un raggio di luce illumina a poco a poco la scena).

FRANCESCA

Veggio, parmi, un chiaror novo.

69

PAOLO

L'offesaPupilla abbarbagliata il soffre appena.

FRANCESCA

Ecco, l'aria s'accheta; una tranquillaSerenità spandesi intorno... O raggioVivissimo del cielo, o luce, o santaLuce, che nei sorgenti astri notturniE ne l'albe adorai, luce, che tuttiI miei sogni sapesti e i miei dolori,Luce degli occhi miei, qual mi ti rendeNova grazia quaggiù?

PAOLO

Raggio di Dio,Ch'io prima vidi ed adorai negli occhiDe l'amata mia donna, oh! come alloraVesti siccome allor del tuo sorrisoI grandi occhi di lei; dammi ch'io veggiaCostei, che al petto amaramente io serro,Chiusa nel vel de la tua luce amica,E in lei quest'infelice alma dissetiChe disïosa de la luce è tanto!

FRANCESCA

70

Taci! ascolto una voce; un'armoniaNon sentita finora al cor mi scende.

UNA VOCE DAL CIELO

O de l'ira di Dio ministri, udite.Udite e voi spirti infelici. Al fineDel dovuto supplicio oggi s'appressaUn'anima dolente. Al cielo assunta.Per decreto di Dio, sarà tra pocoD'Arimino la donna.

FRANCESCA

Un'alma ha dettoSolo un'anima?... E lui?...

PAOLO

Sparito è il raggio,Muta è la voce; io son felice!

FRANCESCA

Io tremo.(Cade il sipario).

71

ATTO SECONDO.

SCENA I.

FRANCESCA, PAOLO.

FRANCESCA

Ch'io ti lasci così! Che a le beateSedi, a le gioie de' celesti io corraSenza di te! No, non me 'l dir; crudeleEmmi ora il ciel, più che giammai!

PAOLO.

Felice,S'esser può qui felicità, felice,Credilo, io son. Speranza unica in terraErami l'amor tuo, sola speranzaM'è qui il vederti redimita un giornoDe la luce degli angioli.

FRANCESCA

72

LontanaDa te! divisi eternamente!

PAOLO

Oh! acquetaL'anima generosa! Amor, per tantaDiversità di loco e di destino,Non morirà, non muterà! Sereno,Qual raggio di nascente astro, dal cieloSplender vedrò fra queste ombre il tuo fronte;Dolce, siccome balsamo di brina,Scenderà su quest'arsa alma il tuo riso;Sentirò la tua voce, udrò la santaMelodia dei celesti; e, allor che mugghiaPiù la bufera e mi travolve e introna,L'anima tua m'aleggerà d'intornoQual bellissima cosa; e il dolor mio.Gli eterni affanni e l'abbandono e il cielo,Poichè tutto L'ho in te, di te sognando,Oblierò. Non piangere in tal guisa;Non disperarmi, anima cara!

FRANCESCA

InvanoM'illudi, invan: ti leggo il cor. V'è cosa

73

Negli occhi tuoi che s'assomiglia al pianto;Trema la voce tua, come nell'oraDel nostro ultimo addio! No, non mentirmiQuesto, del cielo a me più caro assai,Dolce senso d'amor; no, tu non soffriPenar quaggiù, lungi da me!

PAOLO

S'io tremo,S'io piango? Di dolor sempre foriereLe lacrime non son! Mai non fui lieto,Com'or, Te 'l giuro; mai nel ciel non ebbiFede sì piena, e desiderio e bramaD'adorar Lui che fino ad or sconobbi!Oh! non è ver, che inesorato o ignaroDei nostri affanni, a sommo gli astri ei segga;Oh! ver non è, che dai superbi mariDi luce, ove l'eterno occhio si spande,Piegar si sdegni al tenebroso e mestoDestin del figlio de la creta! Io sentoTornarmi in cor dei giorni miei più belliLa speranza e l'ardir; sento, siccomeNel primo dì ch'amor gli occhi mi aperseAl fulgor dei tuoi grandi occhi, una voceChe del ciel mi favella, e accende il raggioDe la speranza entro il cor mio! Deserto,Credi, non resto io più, quando dal cieloTu mi sorridi, quando in cor mi siedeSpeme e desio di rivederti !

74

FRANCESCA

O giorno,O speranza mia sola! E s'io potessi,Con le preghiere mie, con le cocentiLagrime del mio core impetrar paceAl tuo capo diletto; aprir la fonteSu te de le pietose acque lustraliDe la grazia divina! Appo i beati.Appo Colei che d'ogni donna intendeLe pietose querele, e reca il piantoFino al trono di Dio, piangendo sempreGenuflessa starommi; a l'odorateD'eterni gelsomini ambrosie vestiM'appiglierò; porterò al labbro i santiLembi, e il tuo nome, l'amor nostro, i tuoiTutti tormenti io le dirò nel pianto,Finchè a la luce, ov'io t'aspetto e invoco,Ed all'amplesso mio non ti redima!

SCENA II.

CORO DI DEMONI, precedenti.

UN DEMONIO

Chi prega qui? Chi del ciel parla? È dessa!La sua pena ha fornita, e il nunzio aspetta

75

Che lontan da le nostre ombre la porti.

ALTRO DEMONIO

Ecco egli vien.

(Un chiarore si diffonde a poco a poco fra l'ombre e unamusica dolcissima si ode risuonare in lontananza).

SCENA III.

PAOLO, FRANCESCA, L'ANGELO.

FRANCESCA

L'angel s'appressa: io sentoL'aura celeste che l'annunzia.

PAOLO

È desso!

(O terribile istante! Ella, ella dunqueMi lascerà!) (Si scosta da lei per nasconderle il suo dolore).

FRANCESCA

76

Lasciarlo io deggio, a tantoDolor lasciarlo? Oh! no 'l poss'io! DesertoFra tanto strazio, al cielo in odio, in iraA sè stesso, qual mai speme e confortoGli resterà? L'amor, la colpa, il pianto,Il morir, tutto avrà meco divisoFuor che la gloria dei celesti?

Oh! il cielo!Oh! la danza dei chiari astri, e la luceInfinita di Dio! Cinta di raggiFra ghirlande d'elette anime io veggioLa madre mia, ch'ivi m'aspetta e chiama,E di palme e di fior candidi intrecciaLa corona serbata a le mie chiome,La corona dei miei sogni innocenti...Oh! attendi, o madre, attendi ancor! Ch'io piangaL'ultima volta accanto a lui; ch'io volgaL'ultimo addio... L'ultimo!? ah! no!

L'ANGELO

Di DioIl perdono io ti reco, al ciel ti guido,E ancor non sorgi? e incerta ondeggi e tremi?

(La musica diviene più distinta e prende un tonomalinconicamente celestiale).

PAOLO

77

Vieni al mio cor l'ultima volta! Ah! vieniQui sul mio core; e al ciel, da cui ti mosseCarità de la mia vita infelice,Torna, vola, amor mio! Lascia ch'io piangaPer tutti io sol! Colpevol fui! Non eraCosa mortal, terrena cosa, il veggio,Degna de l'amor tuo! Se alcuna io m'ebbiGrazia da te; se ancor su queste ardentiLabbra, qui, vedi? su la bocca miaVive lo spirto dei tuoi baci, oh! nullaPietà dal ciel, favor di Dio non merto:Tutto ei mi diè ne l'amor tuo, nè speroAltra grazia giammai!

FRANCESCA

Ch'io t'abbandoni!

L'ANGELO

Al ciel rinunzi?...

PAOLO

Ah! no! siile pietosoDel tuo perdono, Angel di Dio! Non vedi,Che disperatamente ella si serraSu l'anelante mio petto, siccomeChi dà l'ultimo vale?

FRANCESCA (inginocchiandosi).

78

O luminosoAbitator del paradiso, o santoMessaggiero di Dio, se mai per provaSapesti amor, se mai de le terreneTenebrose venture unqua ti venneConoscenza e pietà, deh! non lasciarmiDerelitto così questo che tantoSovra tutte le cose ebbi dilettoAmatissimo capo! Amor fu tuttaLa colpa nostra! Amato abbiamo entrambi,Pianto entrambi abbiam noi! Raggio o sorrisoNon sparse mai sul nostro cor la gioia;Ma il dolor con sue negre ali ne aggiunseFedelissimamente, e il morir tenneLoco di maritaggi, e fu l'infernoDel nostro santo amor talamo e altare!Oh! qual favor, qual grazia oggi m'assumeAl cospetto di Dio, che me da tantaParte de l'esser mio svelle e divide?A dura prova, a strazio orrido il Cielo,Credi, questa tremante anima espone.Deh! non negar che meco ei venga! AssuntoMeco al Cielo egli sia! Vedi? Mi mancaTanta virtù, che da costui che piangeEternamente io mi divida!

L'ANGELO

O ciecheAnime! O grazia del Signor, che indarno

79

Come fiume di luce ti diffondiSu questo capo impenitente! AmoreTu invochi? Ascolta: amor cantan le sfere.

I.

CORO D'ANGELI

Qui dove s'incoloraD'eterne rose il giorno,Fra novi astri il soggiornoPose Colui che l'anime innamora.Amor qui regna; al soleEi dà la luce, ei reggeGli astri nel cielo ad intrecciar carole,E al cielo, al mare, all'universo è legge.

I.

CORO DI DIAVOLI

Liberi come il vento,Senz'amor, senza legge e senza posa,D'ogni creata cosaNoi Siam guerra e spavento.Guerra noi siam, che adducePer la gora del mondo anima e vita;Ombra noi siam, da cui sorge infinitaBrama ed amor de la siderea luce.

II.

80

CORO D'ANGELI

Qui in armonia perenneOgni sospir si muta;Qui trova eco solenneOgni voce che al mondo erra perduta;Qui in dolce ambra odorosa,Che al sol novo scintilla,Vien mutata la lacrima pietosaChe amor da una soffrente alma distilla.

II.

CORO DI DIAVOLI

L'aria, la terra, il mare,Tutto che vive e pensa a noi soggiace.Nostro è l'arbitrio audaceOnde sorgon l'imprese inclite e chiare;Per noi servo e conquisoNon giace il vol de le coscienze ardite,Anima nostra è la feconda Lite,Virtù il dispregio, ed arma nostra il riso.

III.

CORO D'ANGELI

Nocchier naufrago, assorto

81

Da negre onde in tempesta.Qui ai tuoi lunghi travagli apresi un porto,Del procelloso mar la riva è questa.Qui, dov'è luce e amore,Trova ogni anima pia l'alma sorella,Ogni affanno terren mutasi in fiore,Ogni anima che amò diventa stella.

FRANCESCA

O dolcezze ineffabili! o celesteMelodia, che nel cor placida scendeCome fioccar di mattutina neveSovra un povero arbusto! Un dolce io sentoSöavissimo spirito di paceScorrermi per le fibre intime, e comeUna memoria lungamente caraD'un ben sempre sognato e mai raggiunto,Come il ricordo d'un april fuggitoSull'ali del più bello angiol d'amore,Malinconicamente in cor mi parlaLa gioia d'un perduto Èden, da cuiSento che da gran tempo esule io vivo!

PAOLO

M'abbandona ella già! Mai non la vidiTrasfigurata in simil guisa! Al cieloTende, a modo di stanche ali, le braccia,E nel fronte e nei cari occhi le splende

82

La presenza del Nume!

FRANCESCA

Ascolta, ascolta!Odo a nome chiamarmi; il cielo io veggio,Veggio de le beate anime il coroRadïante di luce...

PAOLO

Ombre di morteSon su 'l mio guardo, e la bestemmia ascoltoDegli infelici, a cui negato è il cielo.

CORO DI BEATI

Oh! venite, venite, o doloroseAnime erranti, cui l'amor flagella;Nostre son queste miti aure odorose,Nostra è la luce, ond'ogni ciel s'abbella;Nostro il tesor de l'armonie nascose.Che tempra ogni astro e ad ogni cor favella;De le plaghe del ciel nostro è ogni fiore,Nostro è il guardo di Dio, nostro è l'amore.

Oh! venite, venite! E se di piantoFu nutrito fin'oggi il vostro affetto,Qui nasce un fior, che s'alza e s'alza tanto,Che ogni astro attinge, e il fior degli astri è detto,

83

E chi ciba di lui, quel nodo infrantoVedrà che il lega ad un terrestre obietto,E ne l'oblio d'ogni beltà finita,Saprà l'amor, la verità, la vita!

FRANCESCA

Obliare, obliar?... Che intesi? Il cieloLoco non ha per le memorie mie?

VOCE DELLA MADRE

Sorgi a l'amplesso mio,Vieni, non odi di mia voce il suono?Figlia, senza di te sola son'io;Tutto luce è nel ciel, ma cieca io sono.Piegato ha il mio pregar l'ira di Dio,Co 'l mio pianto cresciuto è il suo perdono;Vieni, diletta mia, vieni e saprai,Che amor qui sorge, e non tramonta mai.

FRANCESCA

O madre mia!

(All'angelo). Partiam, fuggiam da questaTenebra lungi! Al ciel recami, al cieloPatria degl'infelici! Oh! vedi? Io possoSostener la tua vista; al fin ti veggio

84

In tutto lo splendor che ti circondaNel paradiso.

PAOLO

O mia Francesca!

FRANCESCA

... Un sertoDi stelle fulgidissime circondaIl tuo fronte, il tuo crin, tutta è di luceLa tua pura sostanza. Oh! schiudi il volo,Scoti le penne lampeggianti; mira,Io ti seguo, io m'inalzo!

PAOLO

O mia Francesca!

FRANCESCA

Chi piange qui? Chi mi rattien?...Deh! vieni

Vieni tu pure, alma infelice! IddioNe chiuderà nel suo perdon, siccomeDue piccioli, sorgenti astri, che il soleNe l'oceano dei suoi raggi confonde.Fuggiam, fuggiam da questi lochi. Oh! mira...Ma a che, pietoso messagger, tu il guardo

85

Luminoso da me torci, e le pennePur dianzi aperte e lampeggianti al voloMestamente sui lievi òmeri chiudi?Venir sola degg'io? Su questa fronte,Ch'io tanto amai, ch'io tanto amo (oh! perdona,Pietoso angiol di Dio! nel cor mi siedeQuella memoria ancor, nè forse il cieloCancellarla potria) Rispondi: eternaSu questa fronte derelitta e caraStriderà l'ira del Signor? Ch'io sappiaPria di partir...

L'ANGELO

Sieguimi!

FRANCESCA

Ah! di'...

L'ANGELO

RitornoFar deggio al ciel recando il tuo rifiuto? Breve istante t'assegno.

PAOLO

Ah! parti, il segui.Lasciami, fuggi...

86

FRANCESCA

Oimè!

PAOLO

Svolgiti; addio...Eternamente!

FRANCESCA

Addio!

PAOLO

Pur, là nel cielo,Non obliarmi!... Al nostro amor talora,Al morir nostro il pensier volgi!

FRANCESCA

O dolciIstanti de la terra, e voi del nostroTanto soffrir memori luoghi... addio!

87

(La musica risuona più dolcemente; l'angelo dispiega le alie cinge Francesca delle sue braccia).

PAOLO

Scatenatevi, o turbini; ululate,Dèmoni e voi, spalancatevi, o abissi,Fulmina,o ciel; tutti or vi spregio e sfido,Che solo al pianto eternamente io resto!

(Mentre i demoni stanno per impadronirsi di Paolo,e Francesca stà per sollevarsi al Cielo, Lanciotto

ripassa in fondo in mezzo ai diavoli).

FRANCESCA

Oh! sorreggimi al volo! È tanto graveQuest'aria, e l'ali mie son così stanche!Lascia ch'io posi anco un istante! IntornoVedi? fiorito è questo loco...

L'ANGELO

OrrendoLoco di pianto e di supplizio è questo:Vieni, il ciel si dischiude...

FRANCESCA

88

Il ciel? DesertoÈ intorno a me; vasto deserto! MuteSon l'armonie, pallidi gli astri, estintaOgni luce, ogni raggio... Immoto, in gremboD'una tenebra immensa, Iddio balenaTerribile dagli occhi... Oh! non è questoIl ciel, l'amor questo non è! Lasciatemi,Udite? Egli è laggiù!... laggiù dal fondoDi quell'abisso piangendo ei mi chiama...Oh! la mia gloria, l'amor mio, la luce,Tutto il mio cielo in quest'abisso è chiuso!

(si stacca dalle braccia dell'Angelo e ripiombaabbandonatamente sul suolo).

PAOLO

Che fai? misera donna! eternamenteTu sei perduta!...

FRANCESCA

Eternamente io t'amo!

(La musica cessa d'un tratto; la bufera mugola spaventosa-mente,

i demoni intrecciano una tregenda).

89

UN DEMONIO

Oh! nostra gloria onnipossente!

L'ANGELO

(Coprendosi la faccia). Oh! amore!

FINE

90

PARTE SECONDA.

(1869-72.)

Ver novum.

91

ALLA NATURA.

per il congresso dei naturalistitenuto in Catania.

A te, diva Natura,Sorga dal petto il liberoInno più caro al ciel;

Sia che remota e scuraVolgi pe 'l mar de l'essere,Sia che t'assenti a noi scevra di vel.

Di falsi idoli ai piediChinar non vuò l'indocileFronte devota a Te!

Tu che su tutto siedi,Una, diversa, onnigena,Inni e culto tu sola avrai da me.

Sul tuo carro di stelleMuta procedi, e il pallioSerri al virgineo sen;

Danzan leggiadre e snelleL'ore ai tuoi passi, e stendonoPer le vuote regioni ampio seren.

Sotto al tuo ferreo trono,Come bendate vittimePresso il fumante altar,

Servi e costretti sonoL'ire dei nembi e i fulmini,

92

E le insidie e i selvaggi odî del mar.Tu parli, e pe' profondi

Spazî fecondo s'agitaIl tuo soffio vital;

Sorgon pianeti e mondiAd intrecciar le lucideDanze intorno a la tua fronte immortal.

Fremi, e dai morti abissiBalzan vulcani, e mugolaIl riverso oceàn;

Cadon confusi e scissiMondi e pianeti, e placidaTu sui lampi passeggi e l'uragan.

Ma allor che sulla boccaPassa qual raggio d'iride,Un tuo riso gentil,

Amor che i dardi scocca,L'alme raccende, e il fremitoSente la terra del fiorito april.

Così tu regni. PocoÈ al tuo possente imperioIl vuoto e l'avvenir;

Son tuo trastullo e giocoGli astri, gli abissi, i secoli,L'albe e i tramonti, il vivere e il morir!

Salve! Dal carcer neroOve, superbi Enceladi,Veniam teco a tenzon,

Al tuo nume severoProstro io la faccia, e trepidaAlzo la voce de la mia canzon!

93

Salve! Se lieta e piaMai concedesti a l'italoGenio un tuo raggio sol,

Or da' che questa miaNatante isola il fulgidoSerto rinnovi, e levi inclita il vol.

Mira! Al tuo culto elettiQui manda Ausonia i provvidiFigli del suo saper;

Da sacro amor costretti,La vasta ombra d'EmpedocleDal fumante li chiama ampio crater.

Sorridi a noi, sorridi,O dea, sia che da l'EtnaT'amiamo oggi invocar,

O dai petrosi lidi,Ove fuggente e pavidoScagliossi il poveretto Aci nel mar.

Vedremo ai tuoi benigniLumi svelar più dociliTesori il Mongibel:

Quanti ha zolfi e macigniE immonde scorie e fumideSabbie e insoluto al sol manto di gel.

Dai vorticosi balliVerrà l'onda del CàmmaroQueta a lambirti il piè;

Di conche e di coralliNe verseran le NajadiDai ricolmi canestri ardua mercè.

Allor d'alti portenti

94

Risplenderà più vividoL'invidïato allôr;

E a le stupite gentiSchiuderà il Genio italicoNuovi Olimpi di gloria e di splendor!

95

A FRANCESCO DALL'ONGAROnel dedicargli una tragedia.

EPISTOLA.

Se dai lirici voli, a cui secondaSpirò l'itala Musa, or mi raccolgo,E allaccio al piede il Sofoclèo coturno.Tu da' vènia al poeta. Instabil almaDiè natura al mio petto; e s'or m'aggiroSpensierato pe' campi a coglier fiori,Or pensoso d'amor canto a le stelle,M'è pur caro talor spinger fra' nembiLa musa, o tra l'impure ansie del mondoIncorrotta portar l'alma e la cetra.Dirai: Perchè de la plaudente scenaPaventasti il cimento? Arguto sennoD'accigliato Aristarco esalta indarnoOpra che pria non allettò gli orecchi(Sien lunghi pur!) di Frine e di Narciso.Ben hai ragion: Melpomene non ballaSu polverosi tavolini al lumeDi lucignoli incerti, e non si pregiaStar tra vecchi scaffali a pigliar moscheNel regal manto che le tesse Aragne.Ma vuoi tu, d'eleganti attici saliMaestro e caro de le muse alunno,Vuoi che la sacra libertà de' carmiE le leggi, ond'ha vita unica il Bello,

96

Vil strumento sien fatte a l'irrequieteVoglie e al capriccio de l'istabil Moda?O vuoi, che quanto mi mandò da l'altoL'invisibile Genio, e la severaArte ridusse a non fallibil norma,Come vecchia libbréa scorci e rimendiPerchè s'attagli a le gibbose tergaD'un vecchio Davo, o d'un urlante Oreste?Non dissimulo il ver: vanto non cercaDi ritte chiome e di donneschi abortiLa mia povera Musa, e la fallaceScena paventa, ove con acre frizzoDi sconce salse e di stranieri aromiStuzzicar dee lo stomacato sensoD'egri mariti e di svagate dame.

Ben qui morto non è (volgan la puntaLe malediche lingue ad altri obietti)Il gusto almo de l'arte: e se a le stelleBalza Macrino a furia di gazzette,Macrin, che tramutò l'itala scenaIn orrendo covil d'egizia maga,Direm, che sol di pane e di circensiUopo han l'itale genti? o che distruttiSono i tripodi sacri e l'auree bende,Onde culto solenne ebbero un giornoL'arti vaganti dal natio Cefiso?Lascia, che dal polmon fradicio e stuccoTragga il tempo un sospir: vedrai per l'ariaTante aurate scoppiar bolle e vesciche,Ch'astri parvero al vulgo; e a lui, che indarnoDel carro de la fama unse le ruote,

97

Restar di tanti plausi e tanti allori,Appena appena un ciondolin sul petto.

A sciocca plebe, che s'allegra al lazzoD'osceno Stenterello, e piange agli urliDe l'omicida frenesia d'Orlando,Melpomene s'invola; e benchè moltiSdegnosi petti e non corrotti ingegniAl severo suo culto ardan devoti,Qual ne trarrem giammai pregio e decoro,Se qual zingara abietta erra pe 'l mondoL'arte di Roscio, e divien Roscio istessoMercatante di laudi e di quattrini?

Però non slaccerà l'arduo coturnoLa mia tragica Musa, e tu, cortese,Del favor tuo l'affida. I casi udraiDi Manfredi infelice; e se di sacraIra, più che di pianto, illustre obiettoTi fia l'alta sua fine, ed all'inultaOmbra tesor darò d'itali sdegniContro l'invitta tirannia di Roma,Vano non fia che mi si schiuda un giornoL'ambito onor de la redenta scena.Tu, quando a l'ara de le Grazie, intattoSacerdote, l'appressi, o sia che aspergiDi doriche fragranze il patrio stile,O ver che a le dormenti api di FloraCon astuzia gentil sottraggi i fiori,che le perle de la tua lagunaA le propizie Dee volgi in monile,Deh! se mai ti fui caro, al sacro ritoMe non ultimo accogli, e men dolente

98

Vita mi prega! Chè se neri e tortiFia che ne mandi il ciel sempre i destini,Miglior senno allor fia frangere a' sassiL'arguta lira e il tragico pugnale,E con la larva di Talìa sul voltoRidere almen degli altri e di me stesso!

99

A MADONINA.

Ben sovra i fior d'aprileCare ti son le rose,O fanciulla gentile,Cui de le rose al pariI versi anco son cari.

Tra le nitide foglieLe sue perle odoroseLa mite alba raccoglie;E succhi e miele insiemeLa parca ape ne spreme.

Così, se fra le belleLabbra tu chiudi e suggiLe foglie tenerelle,Tesor d'aërei cibiNe traggi e ne delibi.

E dentro al cor, conversoDa un Dio, per cui ti struggi.L'umor succhiato in verso,Dolce e fragrante il dettoSgorga dal vergin petto.

Io per la bionda rivaD'Arno, pensoso e soloM'aggiro, e al cor m'è vivaQualche memoria e il neroFiore del mio pensiero.

Ma spesso a l'ora bruna

100

Torno furtivo a voloSovra la tua laguna,E a te chiedo, o pietosa,Qualche foglia di rosa.

101

UN ASTRO.

Ella dicea: Da questa ultima e brunaTerra, ov'io traggo i dì sola e dolente.L'astro io ti chiamo della mia fortuna,

Pietoso astro nascente.

Ed or che lungi dal mio patrio tettoCome rondine io vo' di lido in lido,A te rivolgo il mio segreto affetto,

Con te piango, o sorrido.

Ai misteri del ciel mi spingo ardita,Erro i campi dell'aria, e mi confondo:Chi sa, se un sol tu sei, luce infinita,

Se sei tu solo un mondo!

Forse lontane da quest'aure impureHanno l'anime in te gaudio perenne;Occhio eterno del ciel, potessi io pure

A te drizzar le penne;

E scosso il peso del natio dolore,Ond'io vivo quaggiù stanca e delusa,Circonfondermi anch'io del tuo splendore,

Essere in te confusa!

E con l'arcana melodia, che ignora

102

Sol nel mondo l'abietta alma e la rea,Così a la giovinetta anima allora

Il bianco astro dicea:

Solo, al pari di te, per questa eternaSolitudine io vo' nel ciel disperso,Nè la vita mi giova e la superna

Luce che intorno io verso.

Ah! non sai tu, ch'ogni creata cosa,Come provvide il ciel, sente e favella?Ch'à linguaggio d'amor l'astro e la rosa,

La brina e la procella?

Giovinetta, a te caro è in su la seraQuesto cielo ov'io splendo, ed io frattantoLascerei questa luce e questa sfera

Sol per venirti accanto;

E il mio fato obliando e i raggi miei.Del tuo mondo sfidar gli affanni e l'ire,Solo un giorno per te viver vorrei,

Dir: t'amo, e poi morire.

103

CARA SE VUOI SAPER...

Cara, se vuoi saper perchè s'apprendeTanta dagli occhi tuoi fiamma al mio core,Dimmi pria, perchè in ciel l'astro risplende,

Perchè va l'ape al fiore.

Cara, se vuoi saper quanta dolcezzaMi sia l'amor che tu mi dai cotanto,Chiedilo al fior, che a la notturna brezza

Leva lo stelo affranto;

Chiedilo a l'uccellin che mesto e soloPellegrinando errò tanto paese,E sul cader del dì raccoglie il volo

Nel suo nido cortese.

Cara, se vuoi saper quanto sia forteL'amor che lega i nostri dì fugaci,Niun mai dir te 'l potrà fuor che la morte,

Niun mai fuor che i miei baci.

Oh! che colpa abbiam noi, se ogni solettaAlma amor cerca per gentil costume?Se va l'albe a cercar l'allodoletta,

E la farfalla il lume?

104

L'amore, il nostro amor, cara fanciulla,Gioie saprà trovarci anche nel lutto:Ci cullerem, come l'alcion si culla

Sul tempestoso flutto.

105

ALLE LUCCIOLE.

O mobili e viventiAtomi luminosi,Che pe' cheti riposiDe le notti silenti,Muovete in fra le siepiDegli orti e dei presépi;

O lucciole errabondeChe mi girate intorno,Da queste, ov'io soggiorno,De l'Arno ospiti sponde,A lei la mente io giro,Che un dì fu il mio sospiro.

Con infantil costumePei taciti vialiElla seguiavi, e l'aliV'invidiava e il lume,Che non diè il fato rioA noi, simili a Dio.

Pe '1 verdeggiante pianoNoi vagavam co 'l vento,Angioli d'un momento,Tenendoci per mano;E gl'istanti fugaciNumeravam coi baci.

Tutto or passò! Le infideGioie annerì l'oblio;

106

E forse al nome mioPensando, ella sorride;Sorride, ed io frattantoSogno d'un´ altra accanto.

D'una, che ha neri e belliTutti amor gli occhi, ed unaSera mi diè la brunaCiocca dei suoi capelli;D'una che ancor può darmiLe illusioni e i carmi.

Io di lusinghe aurataNon tesserò catenaA quella sua serenaAnima innamorata,Che poveretto e lassoSovra la terra io passo.

Che val? Com'ape o uccelloChe va di ramo in fiore,Passa su noi l'amore,Che, perchè ha l'ali, è bello;Ha l'ali e il miel raccoglieDe le più dolci foglie.

Ma questa ora fioritaChe sopra il cor mi vola,Questa ricchezza solaDar posso a la sua vita:Fulgor d'oro e di tedeAltri le dia, se il chiede.

Quest'ora è mia; m'accendeAmor l'alma e son vivo;

107

Siccome il fuggitivoFoco che in voi risplende,Quest'ora è il mio tesoro,O lucciolette d'oro.

Qualor, pensoso, al tardoRaggio degli astri incerti,Fra questi olmi desertiAl vostro lume io guardo,Al buio orrido immensoE a nostra sorte io penso.

Chi sa? Forse de l'erbe,A cui movete in giro,Far credete un empiro,O picciole superbe,Spaziando inclite e belleAd emular le stelle.

Chi sa? Simili a voiForse non siam? Non siamoTutti, gorilla o Adamo,Codarde anime o eroi,Fuggevoli scintille,Che morte spegne a mille?

Come iridate bolle,Che dal veron sublimeIl fanciullino esprime,Tal noi su queste zolleLancia per suo trastulloDio, l'eterno fanciullo.

Lieti del fatuo raggioCh'abbiamo entro al pensiero,Pe 'l mare ampio del vero

108

Crediam muover vïaggio,Ma ognun s'agita e cullaNel mar del proprio nulla.

O lucciolette, io, quandoSiccome gemme alatePe 'l bruno aer volate,A l'esser mio pensandoE al baglior vostro infido,Pianger vorrei; ma rido.

109

A GISELDA.

Co 'l raggio dei veglianti astri, co 'l raggioDe la candida luna, io ti saluto,Dolce sospiro mio! Veglian le stelleCome l'anima mia; scema è la lunaCome la fronte de la mia speranza.Pur benedetto il dì che dentro al core,Palpitommi il tuo sguardo, e benedettaLa furtiva parola e il bacio primo,Che di perpetuo amor l'alme ne avvinse,E benedetti ad uno ad un gli affanni,Ch'io per te soffro e soffrirò! Tal cosa,Cara, tal cosa è l'amor mio, che nulloO sgomento o pietà dammi di questaMisera vita, che a tant'ira è segno,Chè anzi maggior di tutte ire mi rende,E miglior di me stesso e più superbo!

Ma qualor da lontan miro la stanza,Ove a me nota ed al dolor tu vivi,E rovesciar sul tuo capo infeliceSento il fiel di tant'alme e tanta parteDe le tempeste mie, con fiero istintoGuardo al viver mio vano, e spegner tutto,Come vil face, l'esser mio vorrei!

Odi, Giselda, e non ti faccia ingannoL'amor tuo santo, e la pietà ch'ài moltaPei miei giorni infelici! Una secretaTenebra di dolor gravita e pende

110

Su 'l capo mio. Qual essa sia, qual fonteAbbia il mio pianto e quali abissi il core,Nè il so, nè il cerco. Una paura io sentoFredda, crudel, ch'esser potria rimorso,Se delitti avess'io! Morta è la fede,Morta è la gioia in me: sorride e speraAltri ove io piango; un'incessante, inquetaSmania mi caccia; dove i passi io volgaNon trovo, e ciò che non è tedio o sdegno,Dentro a l'anima mia diventa affanno.Per non segnato ciel, per mondi ignoti,Straniero al mondo, erra il mio spirto in cercaDi non viste fantasme; e aspetto, e impreco.Ed or me stesso, or pazzi gli altri estimo.

Solo sull'orlo a questo vuoto immensoChe universo si noma, a cui, se dànnoLuce tant'astri è per mirar nostr'ombra,Muto, tremante e derelitto io pendo,O ch'io deggia anzi tempo entro gli abissiGittar questo d'affanni e di memoriePenosissimo incarco, o ver dal tempoTrascinar là mi lasci ove, se cosaResta di noi, rider di noi potremo.Sorger vedo a me innanzi un'incompresaLarva di Dio, che di me stesso è l'ombra,E fra un mar d'infecondi atomi e un suonoChe dir non so se sia pianto o sorriso,Come fra cielo e mar, veggio una candidaForma nuotar, che pensierosi e mestiGira gli sguardi, e un'armonia diffondeChe al suon de l'aure e al tuo parlar somiglia.

111

Che vuoi tu, che vuoi tu, candido sognoDel viver mio; speranza ultima e bellaDei giorni miei, qual porto mai, qual riva,Qual riposo avrem noi? Zolle pietoseDi quest'isola mia, lidi lontani,Vergini selve, intatti boschi, or dateDate ghirlande a me! L'amor che sorge Fra le tenebre mie, l'amor che soloSplende dentro al cor mio, vorria d'un fiatoFare april su la terra, eterno aprileSugli abissi del mar. D'astri e di fioriTesser vuo' intorno a lei tessere un velo,Che ravvolga e profumi il paradisoDe le nostre speranze; un vel che tuttaChiuda la vita in un sospir, la terraIn un sol guardo, in un momento soloL'eternità: tessere un velo, un mondoPopolato di sogni, ove sian l'almeSensibil cosa, e lingua unica i baci,E Dio la colpa, e voluttà il morire!

Ma qual astro e qual fior ride al desertoTramite mio? Come vestir di roseLa tua vita io potrò, dolce ed amaroStrazio e conforto mio? L'anima, il cielo,(Se tal fede ebbi mai) la gloria, il regnoDe la morte e del nulla, unico asiloOve riposo a tanti mali io spero,Tutto io darei per te! Se cosa vileCapir l'alma potesse, io fino all'ontaFino al delitto scenderei, pur ch'altoSopra gli affanni altrui segga il tuo core

112

E il tuo cor presso al mio! Crudel talvoltaL'amor mi fa! Se al voler mio conformeFosse il poter, questo vedresti a un puntoCivile ordin distrutto, e l'uomo ignudoErrar nei boschi a disputar la ghiandaAi più forti di lui. Lacci e catenePer fiero istinto di vendetta e d'iraContro noi stessi ci tessiam; di pazzeLarve e d'ombre mendaci e di paureIngombriam l'alme nostre, e qual più gemeE men leva la fronte al reo flagelloQuel virtuoso è più! Voto fantasma,Virtù, vana parola, ove altro sertoChe di spine non hai, s'altra promessaDar non sai che del ciel, su questa terraChe l'ossa nostre, e l'alme forse, inghiotte,Nel nome de l'amor, ti maledico!

Perdona, anima cara. Empio e crudeleSuona il mio dir; ma de le mie sventureVil lamento io non movo. Ad uno ad unoVidi cader da la mia fronte i fioriDe le speranze mie; morto il sorrisoDe la rosea salute; e magra e lentaCo' suoi voti bisogni, al fianco mioL'abbominosa povertà s'asside.Divorai muto il pianto, e muto io tolsiLe mie sciagure, e le torrò. Di straneNon comprese speranze il canto aspersi,E plauso ebbi di vate, e alcun non seppe.Che chiusa avea la speme e il doman mortoChi altrui la speme e l'avvenir schiudea.

113

Tal io t'apparvi in pria: l'amor mi reseDebol sì, ma non tal ch'altri conoscaFuor di te il dolor mio: d'invidia degnoEsser io vuo', non di pietà. S'io prego,S'io mi querelo e maledico e piango,Egli è solo per te! Povera barcaSenza temo, nè vela, a l'onde in preda.Correr meco vuoi tu la fredda, immensaSolitudin dei miei fati infelici?Insanguinar le delicate pianteSovra i triboli miei? Sparger commistoAl mio pianto il tuo pianto, e temprar l'iraChe mi bolle nel cor negra e funesta,Co 'l dir pietoso, ed affrenar co' baciL'empia bestemmia, che dal labbro irrompeSu questa terra senza april, su questiUomini senza cor, ciel senza Dio?

Deh! ascolta anima cara; e se tant'altoAmor ti parla, che dolente e soloL'alma tua rara non sostien ch'io viva,Vieni, ah! vieni al mio cor, tergi il mio pianto,Dolcezza unica mia! Le braccia io tendoA te, come il nocchier le tende al porto;Schiudo io l'anima a te, come a la pioggiaS'apre la terra, il fiore a la rugiada.La notte agli astri e il duro verno al sole.

Vieni, ah! vieni al mio cor, tergi il mio piantoSperanza unica mia! Finchè a me splendeRaggio di sol negli occhi, entro al mio pettoSplenderan gli occhi tuoi; stanchi d'amplessiLe mie braccia cadran, quando a l'amplesso

114

S'apriran de la morte, e freddi a un tempoTaceran le mie labbra e i baci miei!

Vieni ah! vieni al mio cor, tergi il mio pianto,Compagna unica mia! Da questi lidiRicchi di fior', ma di bei sensi avari,Muoverem lungi un dì, muoverem soliCoi nostri affanni e il nostro amor! VedraiQuanto de l'ire altrui, del soffrir mioDispregio io serbi; e che fra tanti affanniSol non avrò questa virtù perdutaDi portar l'amor mio ne l'urna invitto.

115

UN GIUNCO.

Sol soletto a la giocondaFresca brezza del mattinTrema un giunco in su la spondaD'un argenteo ruscellin.

Dentro al suol per via romitaLieto ei sugge il fresco umor,Nè gli cal se la sua vitaNon ha fronda e non ha fior.

Scherza il rivo a lui d'intorno.Sopra lui sorride il ciel;Guarda ei l'onda e notte e giorno,Ma fin lei non va il suo stel.

Fresca, tersa e cristallinaL'onda volvesi al suo piè;Lento lento egli si china,E par chiegga a lei mercè.

Verso l'onda, verso il rivoPiù si china e notte e dì,Già il saetta il raggio estivo,Già il suo verde inaridì;

China, china, e dolce invito

116

Nel fuggir l'onda gli fa;Purchè a l'onda ei muoia unitoLascia il suolo e al mar sen va.

Su quell'onda a l'aer neroUn pietoso astro brillò;Venne a l'alba un capinero,E così così cantò:

Amor mio, dolce amor mio,Come il giunco io vuo' languir,Come il giunco in grembo al rioVuo' baciarti e poi morir.

117

NEL NATALE.

La cornamusa del natal, la mestaMusica dei pastori,Vien sotto al mio balcon, viene, e mi destaCoi mattutini albori.

Malinconico, incerto a l'aure vaneNuota quel pio concento;Uggiola per le vie rigide il cane,Fischia ai miei vetri il vento.

Care gioie infantili, aurei fantasmiDe la mia prima aurora,Ingenue fedi, ardenti entusïasmi,Morti non siete ancora.

Veggio al mio freddo letticciol d'intornoDanzar la mia speranza;Torna a le rose ch'io sognava un giornoLa giovanil fragranza;

Piove un balsamo pio sovra ai mortaliSensi del mio dolore;Sento aleggiar sui tiepidi guancialiIl mio sogno d'amore.

Corre un'aura di ciel dentro a l'amato

118

Guardo che il cor mi tocca,E la vaghezza d'un gentil peccatoGli freme in su la bocca.

Vieni, oh! vieni, amor mio, lieve siccomeFoglia di fior sul rivo;Chiuderò fra le tue nitide chiomeIl mio bacio furtivo.

Vieni, saprai perchè distrugge il soleLe brume a la foresta,E perchè al suono de le tue paroleArde quest'alma mesta.

Ma il suon cessò. Da lo spiraglio incertoManda l'alba il suo lume;Lascianmi i sogni miei freddo e desertoSu l'incresciose piume.

Cessò quel suono. Io derelitto e mutoCo 'l mio dolor rimango...Caro amor mio, ti mando il mio saluto,Bacio i tuoi fogli, e piango.

119

TEDIO.

Con la foglia che cadeDal derelitto ramo,Coi fiori e le rugiadeCader cader io bramo;Cader rapido o lentoCome mi caccia il vento.

De le stagioni al voloMuta ogni cosa: or vesteApril di fiori il suolo,Or di nevi e tempesteMugghiante, orrida pienaIl verno irto scatena;

Ma torba, inerte, occultaQual'onda al sole ignota,Entro al tedio sepultaSta la mia vita immota,E di fastidio indegnoSento morir l'ingegno.

Oh! a questo viver vanoDate le stelle e i fiori,L'ali dell'uragano,Dell'iride i colori,La possa al genio mioD'un dèmone o d'un Dio!

Del vasto essere in gremboTurbinar voglio un'ora,

120

Co 'l zeffiro o col nembo,Con gli astri o con l'aurora,Di sol cinto di geloCorrer la terra e il cielo.

Poi stanco d'odî e d'ire,Di gioie e di tormentiSognar, cader, sparireCon le stelle cadenti,Sognar, morir sul coreDel mio lontano amore.

121

IO LE DICEA TREMANDO...

Io le dicea tremando: Altra, già il sai,Ricchezza altra io non ho, fuor che il tuo core,Altra luce non ho fuor che i tuoi rai,Altra fede non ho tranne l'amore.

Scrollava ella al mio dir la bionda testa,Qual chi creder vorria nè crede a nulla,E ripetea tra sorridente e mesta:L'abbandonaste voi quella fanciulla?

- Che t'importa di lei? L'aura solingaChe susurra al tuo crin, fugge dal fiore,Cade con l'alba la stella raminga,E in un sorgente amor cade un amore.

Che t'importa di lei? Rapide e breviSon tutte cose come il tuo sospiro;Siccome albe e tramonti, aprili e nevi,Pur gli affetti del cor vengono in giro.

Oh! non mi dir che son vuote e fallaciLe mie promesse e i sogni miei son vani;Amami fin che puoi, dammi i tuoi baci,E mi sia chiuso il ciel, morto il domani. -

Io tacqui. Sui pensosi occhi di lei

122

Brillava il pianto, e pur dicea: son lieta!Porse ardente la bocca ai baci miei,Ma non mi disse mai: t'amo, o poeta!

123

I TUOI BACI.

Su la mia stanca testaSplenda, o s'oscuri il sole,S'incoronino a festa,O si vestan di gel le verdi aiuole,Che importa a me? Più dolci e men fugaciDe la luce e dei fior sono i tuoi baci.

Di fulvo oro e d'alatiCocchi altri vada altero,Altri incateni i fatiPer le vie de la gloria al suo destriero,Che importa a me? Più dolci e men fugaciDe la gloria e de l'or sono i tuoi baci.

Due ben, caro amor mio,Concesse a noi la sorte:Un bacio ed un addio,Un talamo e una fossa, amore e morte.Vana è la vita, e sono i dì fugaci,E a me dolce è il morir dopo i tuoi baci.

124

PENSO TALOR...

Penso talor: Se istabili e fallaciFosser le tue promesse e i sogni miei,Come le perle tue falsi i tuoi baci,

O cara, io riderei!

Che mi fa? La cileste onda tranquillaBacia anch'essa così l'arido lido;Così april bacia il prato, espero brilla

Nel sen del flutto infido.

Amor cangia e s'immuta, amor rinnovaCon gli astri il fronte e con l'april la vesta;Ei nel deserto il fiorellin ritrova,

L'iri ne la tempesta;

Ed egli, il caro amor, di te non meno,Bello e gentil saprà trovarmi un fiore,Un guancial troverammi, un nido, un seno,

Ov'io posi il mio core.

E amerò sempre sempre; amerò comeQuel primo dì che ti serrai sul petto;Nè morirà per imbiancar di chiome

Il mio fervido affetto.

125

Upupa o rosignol, bruco o farfalla,Sento qualcosa in me che canta e gira,Qualcosa che tra' fiori or dorme, or balla,

Che ride e che sospira.

Oggi re, doman servo; oggi a l'alteraRosa chiudo nel sen l'ali opaline,Doman fra' poveretti ozzimi a sera

Aspetterò le brine.

Penso talor così. Ma allor che gli occhiAl ciel volgo superbo e rido e canto,Sento, che assisa sovra i miei ginocchi

Ella terge il mio pianto.

126

VILLEGGIATURA.

Lungi da me ten vai,Spensierata fanciulla,E cerchi i campi e l'aureProfumate d'april lungi da me;Spensierata! non sai,Che nero è il cielo e la campagna è brullaDove l'amor non è!

Sorgi, se vuoi, coi primiRaggi del sol sereno,E agl'indiscreti zeffiriIl tesoro consenti aureo del crin;Di zàgare e di timiColma il tuo grembiuletto, ed orna il senoFresco come il mattin.

Forse allor che dai fioriIl raggio ultimo involaLa sera, e al malinconicoSguardo degli astri luccica il sentier,Stanca dei lunghi errori,Avrai paura di trovarti solaSola col tuo pensier.

Un suon d'ale e di canto

127

Per gli arbori desertiUdrai fra' campi e l'etereUn'ignota armonia d'astri e di fior,E tu soletta intantoRicche ricche le chiome avrai di serti,Ma vôto vôto il cor.

Odi! al gentil richiamoLa vispa forosettaSorge a l'aperto, e trepidaSu la siepe de l'orto il suo garzon: - Oh! vieni, io t'amo, io t'amo,Lascia i silenzi de la tua casetta,Odi la mia canzon! -

Tu forse allora udrai,Spensierata fanciulla,Correr per l'aure un gemito Che al solingo tuo cor parli di me,E allora, allor saprai,Che nero è il cielo e la campagna è brullaDove l'amor non è.

128

AUTUNNO

Sento per l'aure molliUna freschezza nova,Erra pe' campi e i colliIl dolce odor de la feconda piova;Di liete orgie e di flautiSuonan le vette amene,E, il crin cinto di grappoli,Il pampinoso autunno ecco sen viene.O fresche aure, o remotiDel caro Etna natioBoschi tranquilli e notiE presenti ogni tempo al pensier mio,Coi muti astri, coi zeffiri,Coi fior novi che io miro,Con la nube fuggevole,Con la foglia che cade io vi sospiro!

Qui, dove io son, men belloForse non ride il suolo,Cantano al dì novelloLe spensierate allodolette a stuolo;Suona ogni voce a l'aureMelodiosa e cara;Cinta d'eterne glorieL'Arte qui siede, ed ogni zolla è un'ara.Ma il ciel mite e le spume

129

Del mio lido e i sovraniCampi e il facil costumeDei miei tranquilli e semplici isolani,Ma i monti ove ancor vergineFerve la vita, e brillaLa beltà ingenua, e ingenuaA par de la beltà l'Arte zampilla;

Ma l'amorosa e piaCanzon cara a me tanto,Ma i miei sogni e la miaPovera mamma che m'aspetta in pianto,La mia mamma, che in vedoviLutti racchiusa, al pettoStringe una croce, ed ululaSu la tomba del mio padre diletto,

Qui, dove io sono, indarnoQual mesto esule invocoAl flutto aureo de l'Arno,A questo amor, cui tutto il ciel par poco.Oh! questo amor! Con l'animaEgli in me nacque, e comePerduta cosa, in lacrimeTanto il cercai, tanto il chiamai per nome!

Or lo trovai! LontanoDai miei lidi, solettoEgli vivea, ma invanoIo no' l chiamai, ch'egli volò al mio petto.Seco or son'io! Lasciatemi,

130

Dolci memorie; o mioSuperbo Etna, o mia poveraMamma, o diletta ombra paterna, addio!

131

LONTANANZA.

Ultimo amor de la mia vita, or comeVolgono i giorni tuoi, poi che ne volleNovamente divisi il fato avverso?Io, quale infermo sognator, che assaiCo 'l travolto pensier mari e paesiVisitò sorvolando, e campi lietiD'assidue primavere e monti d'oroMiro stupito, ed allegrossi al bacioVoluttuoso d'un'aërea formaFuggitiva con gli astri, ove a l'usataLuce si svegli, doloroso intornoMira il povero letto e qualche pioVolto che piange il dubitante amico,Io deserto così, così dolenteMi travaglio ne l'alma, or, che lontanoDai pietosi occhi tuoi, riveggio il neroLimitar de la mia stanza campestre,E solingo m'aggiro ove altra cosaChe ti guardi non è tranne il cor mio.

O mio diserto amor, fu dunque un vôtoSogno la mia felicità? Ben sentoSovra la bocca mia qualcosa io sentoChe di te mi favella; odo nei santiPenetrali del cor la tua promessa;Arde, sol ch'io ti nomi, arde il mio sangue

132

Un dolce ed infinito impeto, e comeDolorosa armonia dentro mi piangeTutto l'affanno de l'estremo addio.

O mio lontano amor, no, non fu votoSogno la mia felicità! Con questeDerelitte mie braccia io tante volteLa tua snella persona al cor mi chiusi;Con queste labbra mie bevvi la vitaChe spremea da le tue labbra l'amore;E il languir dei tuoi grandi occhi, e i sorgentiAi sussulti d'amor veli neglettiCon questi occhi mirai ch'or apro al pianto.

O lontano amor mio, ricordi i giorniCui diede Amor tant'ale e tante rose?Come colombe ci amavam; quest'egreGiornate mie correan rapide e belleCome raggio di luce! Ai nostri amplessiBreve era il tempo; a le speranze nostrePoca la terra; indifferente e mutaCoi suoi stolti tripudi e i suoi doloriA noi dintorno discorrea la vitaSenza ieri o domani; e se del cieloMai ne sorse disio, come smarriteL'alme nostre il cercâr dentro ai nostri occhi.

Dove ti cerco io più, dove tu sei,Luce e respir de la mia vita? Io sentoDi quest'ultimi fiori, onde s'ingemmaIl romito vïal del mio giardino,

133

La modesta fragranza; ad uno ad unoSorger miro i tremanti astri, ma il dolceSospir non sento dei tuoi labbri, e in mezzoA tanti astri i tuoi mesti occhi non miro.

Dove ti cerco io più, dove tu sei,Luce e respir de la mia vita? Io sorgoMattutino con l'albe, erro pe' montiCome pazzo fantasma, e le rugiadeScintillanti su l'erbe avido io bevo,Ma dolcezza e virtù pari non hannoA le lacrime tue. Mormora il boscoSecreti inni d'augelli, occulti amoriDi zeffiri e di ninfe, io dolorandoChiamo su 'l labbro mio le tue canzoniDolcissime di tutto, e come avvoltaEntro un mar d'armonie l'alma sen fuggeVerso quel ciel dove tu aspetti e piangi.

Oh! non pianger così! Questa ch'io vivoDa te lontan vita non è; perdutaVela per ampio mare, irto di negreRupi e di mostri päurosi, in predaDi scatenati demoni, lontanaD'ogni luce di faro e d'ogni riva,La mia vita or somiglia; e quando inquetaE tempestosa più l'anima freme,E i cari regni del passato e i neriProfondi abissi del doman vïaggia,Allor tacita più, più inerte e immotaStagna la vita mia. Fulmina il sole

134

I suoi fervidi raggi, ed io per terraQual vilissima cosa, immobil, mutoD'altri ignaro e di me giaccio, ed aspettoQual mai cosa non so, ch'or mi tien formaD'una candida sposa, or si tramutaIn un fosco disìo che par la morte.Lascia talor dai suoi morbidi ramiQualche stella cader nitida e frescaIl mio pietoso gelsomin, l'anticoConfidente dei miei sogni, e la posaCon occulta pietà su' miei capelli,Fra cui leggera e trepida intrecciossiTante volte la tua mano, e su 'l fronteScivolando freschissima, diffuseMille brividi ardenti entro al mio sangue.

Strani e inqueti così volgono i giorniCh'io lontano da te vivo tra questeLuttüose pareti, ove non scherzaRaggio di luce mai, dove non sorgeSpirto alcuno di gioia, e vi si assideTenebroso il silenzio, o vi si aggiraUlulando una bruna ombra, che nullaDi vivente non ha tranne il dolore.Povera madre mia! Di me sol'uno.Dopo il pianto ella vive! Avria già chiusi,Senza l'amor che al viver mio consacra,I suoi vedovi giorni entro a la fossa,E raggiunto anzi tempo il cener santoDel mio padre infelice! Io la lasciaiDerelitta e piangente, e a le tue braccia,

135

De l'universo immemore, mi spinseQuell'occulta virtù, che volge al cieloOgni pallida fiamma e a le nascentiRose del giorno il pellegrino augello.

Povera madre mia! M'aspettò tanto,Tanto pregò propizii al mio ritornoL'amor, l'onde, i celesti! Io la guardaiCome straniero, allor che con le aperteBraccia al collo mi corse; ignota al coreMi suonò la sua voce; indifferentePassò sovra le mie guance il suo pianto,E se dolce parola ebbe il mio labbro,S'ebbe lagrima il ciglio, era a te vòltaLa mia dolce parola e il pianto mio!

Deh! perdonami, o madre! Amor s'è fattoTal tiranno di me, che a nulla io vivoFuor ch'ai governi suoi. Splendido e sordoSiccome fiamma voratrice, egli ardeNel petto mio; sugge il mio sangue, avvolgeTutti nel suo furor memorie e coseEd affetti e speranze, e grande e soloSopra il fatto deserto ei vive e regna!

Pur la vita mi è cara, e nuova attingoVirtù dal pianto. Dal mio pianto io miroSorger come una dolce iri di pace,E crescer fra le mie lacrime il fioreD'una cara speranza. Oh! tu che saiTutta l'anima mia, tu che sol vivi

136

De la promessa del mio cor, lontanaGioia e sol'aura che il mio cor respira,Tu quel fior con le pure aure alimentaDe la tua fedeltà! Forse, o ch'io sognoNon concesse dolcezze, al nostro amplessoPresiederà quella serena e piaDivinità che da gran tempo invocoA la sorda fortuna, ed ove indegneFian l'alme nostre del divin suo riso,La pace mia la chiederò a la morte!

FINE.

137

INDICE

DEDICA

PARTE PRIMA

PartenzaA te solaIl MandorloA MariaA gentile operaiaAddioUnica meaA fanciulla infermaA GhitaA un segatore di pietreDue fioriLuna sulle neviAd A SalviniSole d'invernoUltimo Autunno

INTERMEZZOFrancesca da Rimini

PARTE SECONDA

138

Alla NaturaA Francesco dall'OngaroA MadoninaUn AstroCara se vuoi saperAlle LuccioleA GiseldaUn GiuncoNel NataleTedioIo le dicea tremandoI tuoi baciPenso talorVilleggiaturaAutunno

Lontananza

139