[E-Book - Archeo] Cagnana, Aurora - Archeologia Dei Materiali Da Costruzione

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MANUALI PER L’ ARCHEOLOGIA Collana diretta da Gian Pietro Brogiolo e Gloria Olcese

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  • M A N U A L I PER LA R C H E O L O G I A

    Collana diretta da Gian Pietro Brogiolo e Gloria Olcese

  • MANUALI PERLARCHEOLOGIA

    A R C H E O L O G I A DEI M ATERIALI

    D A C O S T R U Z I O N E

    diAURORA CAGNANA

    con premessa diTIZIANO MANNONI

    Editrice S.A.P.Societ Archeologica Padana s.r.l.

    1

  • 2000, Societ Archeologica Padana s.r.l.

    Via R. Ardig, 7 - 46100 MantovaTel./Fax 0376-369611

    In copertina:Una scena di abbattimento di tronchi tramite

    grosse scuri, raffigurata sulla Colonna Traiana

    Sul retro:Il carico di un blocco di marmo su unimbarcazione

    labilit delluomo applicata ai prodotti della natura per bisogno, per lusso, per diver-timento, o per curiosit, che ha fatto nascere le scienze e le arti (...). Esaminando i pro-dotti delle arti ci siamo accorti che alcuni sono pi opera dello spirito, mentre altri sonopi opera della mano. questa, in parte, lorigine della superiorit che stata attri-buita ad alcune arti su altre e della distinzione che stata fatta fra arti liberali e mec-caniche. Tale distinzione, sebbene fondata, ha prodotto leffetto dannoso di umiliare per-sone assai utili e degne della pi grande stima e ha fatto nascere in noi il pregiudizioche (...) persino praticare lo studio delle arti meccaniche volesse dire abbassarsi a cosedelle quali la ricerca faticosa, la meditazione poco nobile, lesposizione difficile, il com-mercio disonorevole, il numero infinito e il valore minimo (...). per questo pregiudizioche le citt sono piene di tronfi disquisitori e di contemplatori inutili e le campagne dipiccoli tiranni ignoranti, oziosi e sprezzanti. Ma non cos che la pensano Bacone,Colbert e gli uomini saggi di tutti tempi(...). Mettete su un piatto della bilancia i vantaggi reali delle scienze pi sublimi e delle artipi onorate e sullaltro quelli offerti dalle arti meccaniche e vi accorgerete che sono statiriveriti di pi gli uomini occupati a farci credere di essere felici, che non quelli dediti arenderci felici realmente. davvero un bizzarro pregiudizio! Da un lato pretendiamoche lavorino utilmente e al tempo stesso disprezziamo gli uomini utili.

    (DallEncyclopdie di M. Diderot e M. DAlembert, 1772)

  • Premessa (Tiziano Mannoni)

    I. LA PIETRA

    1. Genesi e classificazione delle rocce2. Le pietre scelte per costruire: caratteri di lavorabilit

    e di resistenza meccanica3. La coltivazione delle cave col sistema della tagliata a

    mano4. I trasporti via terra e via acqua5. Le lavorazioni in cantiere: spaccatura, sbozzatura,

    riquadratura6. Modanature e sculture7. Principali cause di degrado 8. Nota bibliografica

    II. I MATERIALI CERAMICI

    1. Largilla: lunica roccia plastica 2. Terre alluvionali e caolini3. Lestrazione, la preparazione, la foggiatura4. Lutilizzo dellargilla cruda nelle costruzioni: il pis e

    ladobe5. La cottura6. Classificazione tecnologica dei prodotti ceramici7. I materiali ceramici usati nellarchitettura8. Principali cause di degrado9. Nota bibliografica

    III. I LEGANTI, GLI INTONACI, GLI STUCCHI

    1. Selenite, calcari e dolomie: le materie prime 2. I sistemi di estrazione 3. Il ciclo di lavorazione del gesso4. La calce: cottura, spegnimento, impasto, presa5. Far presa sottacqua: le malte idrauliche6. Gli intonaci7. Gli stucchi8. Pavimentazioni in signino e seminate9. Principali cause di degrado10. Nota bibliografica

    INDICE

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  • IV. I COLORI

    1. Natura fisica e valutazione oggettiva del colore2. Colori minerali, terre, ocre: ricerca ed approvvigionamento3. I pigmenti pi usati nellarchitettura4. La tecnica dellaffresco5. Il fresco secco e la pittura a calce6. La pittura a tempera7. Principali cause di degrado8. Nota bibliografica

    V. IL VETRO

    1. I sistemi di approvvigionamento della silice2. Il processo di cottura e le sostanze fondenti3. Dalla pasta vitrea alla soffiatura 4. La produzione di lastre da finestra 5. Principali cause di degrado6. Nota bibliografica

    VI. I METALLI

    1. Formazione e propriet 2. Ricerca dei giacimenti e pratiche di estrazione 3. Il piombo e il bronzo4. La metallurgia del ferro5. Luso del ferro nellarchitettura6. Principali cause di degrado7. Nota bibliografica

    VII. IL LEGNO

    1. Elasticit e resistenza: le propriet dei tessuti legnosi2. Tecniche di abbattimento3. Stagionatura e lavorazioni4. Utilizzo del legno nellarchitettura5. Principali cause di degrado6. Nota bibliografica

    BIBLIOGRAFIA

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  • 7Il volume di Aurora Cagnana il primo di una nuova collana dimanuali, dedicati alla ricerca archeologica e ai suoi metodi. Questacollana, che comprender una serie di brevi monografie tematiche, sipropone come strumento di orientamento e di studio diretto a studentidi archeologia, a studiosi, ma anche ad un pubblico di non specialisti.

    Nel panorama delleditoria italiana che si occupa di archeologianon esistono molti esempi di agili manuali, mirati a dare le informa -zioni essenziali su di un tema specifico, molto diffusi invece all'estero,ad esempio nel mondo anglosassone. Il nostro intento quello di col -mare, almeno in parte, tale lacuna.

    Nella selezione dei temi da trattare, particolare attenzione verrriservata alle metodologie della ricerca archeologica e agli aspettiinterdisciplinari che negli ultimi decenni hanno contribuito ad unmutamento radicale delle prospettive a medio termine. Pur rimanendoinalterato e strettissimo il rapporto con la storia, larcheologia si avva -le sempre pi dei metodi di altre discipline, tra cui quelli delle scien -ze esatte e naturalistiche giocheranno in futuro un ruolo fondamenta -le. Il loro potenziale informativo andr ad integrare quello dei metoditradizionalmente adottati in archeologia.

    Il recente riordino dei settori scientifico-disciplinari dellUniversit,con il reinserimento del gruppo Metodologie della ricerca archeologicanellambito di Lettere e Filosofia contribuisce a sottolineare se mai cene fosse bisogno - limportanza di materie tecniche nellambito dellamoderna ricerca archeologica e nella formazione dellarcheologo. In

    INTRODUZIONE ALLA COLLANA

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    seguito a questa scelta lorganizzazione della didattica archeologicasubir necessariamente delle modifiche; saranno quindi necessari nuovistrumenti di sintesi e di supporto alle lezioni universitarie. La nostracollana vorrebbe almeno in parte rivestire anche questa funzione.

    Ci proponiamo, poi, di lasciare spazio anche ai temi e ai problemiistituzionali: la formazione, i concorsi, gli sbocchi di lavoro, lo stato disalute della ricerca in Italia, in un momento in cui dibattiti e discus -sioni sulla disciplina molto vivaci in altre parti dellEuropa e delmondo sono nel nostro Paese quasi completamente sopiti.

    Vorremmo, infine, avviare un confronto con le archeologie di altripaesi europei, aprendo un dibattito sui contenuti, sulle finalit e suimetodi della nostra disciplina, ospitando contributi di studiosi stranieri.

    GIAN PIETRO BROGIOLO, GLORIA OLCESE

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    Ci che colpisce di pi delle costruzioni del passato lunit archi-tettonica in esse realizzata: lequilibrio e linterazione tra materiali estrutture, tra strutture e funzione, tra funzione e forma, tra forma estile, tra stile e materiali.

    Qualsiasi prodotto della mente umana diventa oggettivo, ed auto-nomo dal suo stesso creatore, quando sia realizzato in una materiastabile, che nel caso pi semplice potrebbe essere la scrittura su foglidi carta raccolti in una biblioteca: il prodotto oggettivo e originalesopravvive finch quei fogli potranno essere conservati. Nelle artifigurative, ai materiali affidata anche la resa e la conservazionedelle forme, del colore e di altre propriet delle superfici. Le operearchitettoniche non sono state costruite, tranne in rari casi, soltantoper oggettivare un pensiero, o una bellezza estetica, ma devono svol-gere anche funzioni pratiche, come il difendere dagli agenti atmosfe-rici uomini, azioni e cose. Proprio per questo non sono a loro volta pro-tette; ci nonostante devono resistere nel tempo.

    In tutti i casi le scelte dei materiali presuppongono delle preciseconoscenze oltre a quelle sulle loro qualit visive: la loro lavorabilit,e quindi le tecniche e gli strumenti adatti, e le loro resistenze aglisforzi ed alle cause ambientali di degrado; conoscenze, queste ultime,che richiedono, a loro volta, altre conoscenze sulle forze e sugli agentidegradanti, di varia natura, che operano in un edificio. Sembra impos-sibile che conoscenze complesse, che in certi casi sono ancor oggidiscusse con laiuto della scienza, facessero parte del saper fareempirico; eppure larcheologia dellarchitettura, e la ricerca archeo-

    PREMESSA

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    metrica condotta con strumenti scientifici, dimostrano le ottime scel-te fatte fin dai tempi lontani per le costruzioni destinate alla lungadurata.

    Questa realt non deve, daltra parte, meravigliare se si tieneconto di come funzioni il sistema evolutivo della cultura materiale, chenon vuol dire soltanto il saper fare dei poveri, o delle cosiddette artiapplicate, ma che necessaria per qualunque prodotto oggettivo dellamente umana. Come il mondo vivente ha prodotto esseri quasi perfet-ti, per eliminazione delle varianti dannose, il saper fare, per analogia,registra come negativi tutti i tentativi mal riusciti, e ne trasmette laconoscenza di generazione in generazione, con lapprendimento cheavviene in ciascuna arte. Ci spiega, per esempio, perch in culture dicontinenti differenti, ed in epoche diverse, si sia arrivati a scegliere lestesse materie prime, o le stesse lavorazioni e persino le stesse forme,in analoghe situazioni ambientali e funzionali (un esempio tipico costituito dalle tecniche murarie).

    La differenza sostanziale tra levoluzione culturale di tipo empiri-co ed il progresso scientifico e tecnologico, come ha detto FrancescoBacone, sta nel fatto che con il primo modo si conosce la scelta miglio-re, ma non le sue spiegazioni, che solo il metodo scientifico pu dare.Ci che per lo scienziato sono le leggi della natura, per lempirico sonole regole dellarte. Questo spiega la lentezza dellevoluzione della cul-tura materiale: lentezza che ha tuttavia il vantaggio di verificare neitempi lunghi eventuali controindicazioni imprevedibili, incidente chesi verifica, ogni tanto, con le tecnologie basate sulle pi veloci previ-sioni scientifiche.

    Proprio alla mancanza di spiegazioni scientifiche sul buon funzio-namento delle scelte fatte, si deve per, in buona parte, il prevalentecarattere unitario dellarchitettura preindustriale. In tale situazione,infatti, non era possibile progettare le forme solo in base alle funzionied ai valori estetici, demandando ai calcoli strutturali le scelte e gliimpieghi dei materiali. Il costruttore doveva pensare a volumi e formeproporzionate ed armoniose, nelle quali le funzioni richieste venisserosoddisfatte da soluzioni strutturali prevedibili con le regole dellartepraticate, i cui materiali e la cui durata erano gi ben noti.

    Contenuti. Avendo insegnato negli ultimi trentanni le risorsenaturali ai geologi, i caratteri costruttivi ed il degrado dei monumen-ti agli architetti ed agli archeologi, ho constatato la necessit di unaguida snella alla conoscenza dei materiali storici da costruzione. Essa

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    non deve essere considerata una qualche riduzione della scienza deimateriali, o delle diagnosi del degrado, ma neanche della storia dellatecnica. Spesso chi studia e chi restaura, o conserva larchitettura sto-rica, non ha affrontato nessuna di tali discipline, e non pu capire lavera storia del monumento e del suo stato attuale, se non ha unideadi quali e quanti problemi fisici, chimici e culturali, siano contenutinei materiali con cui entra in contatto. Si tratta quindi di una guidapropedeutica, gi sperimentata da un po di anni sotto la forma didispense, che rimanda per gli approfondimenti alle singole discipline.Ha il vantaggio, rispetto ai trattati specialistici, di mettere a confron-to, per ogni materiale storico, le caratteristiche naturali, la storia delsuo sfruttamento, delle tecniche di lavorazione e di messa in opera, leprincipali cause di degrado alle quali soggetto. evidente che linte-razione fra questi diversi aspetti fondamentale sia per cercare dicapire globalmente il monumento cos come ci pervenuto, sia per fars che, in una visione globale, ci che si pensa dei singoli aspetti nonsia troppo lontano dalla realt, e inoltre per sapere quali conoscenzesia necessario approfondire.

    1. Delle scienze dei materiali ci che pi importa conoscere sono leclassificazioni genetiche di quelli storicamente pi usati, in rapportoalle loro caratteristiche fisiche e chimiche: lavorabilit ed effetti disuperficie; resistenze meccaniche ed al degrado, in modo particolare. ci che empiricamente dovevano conoscere anche i costruttori delpassato, per compiere scelte adatte ad edifici ben proporzionati, fun-zionanti e di lunga durata. I meccanismi genetici e le spiegazioni ditali caratteristiche sono spesso contenuti nei corsi delle scuole supe-riori, quando siano ben condotti. Essi sono comunque pi complessi diquanto si possa sintetizzare in questa sede e si rimanda, pertanto, aduna adeguata bibliografia. Anche per le caratteristiche tecniche simettono in evidenza le differenze, talora enormi, esistenti tra i varimateriali tradizionali, ma per calcoli e progettazioni vere e propriebisogna ricorrere alle tabelle ufficiali di ogni singolo materiale.

    2. Ogni materiale da costruzione, ha, ed ha sempre avuto, un suociclo di produzione, prima di essere messo in opera. Ci perch nonesistono in natura materiali da costruzione, ma soltanto risorse natu-rali trasformabili in materiali, con processi semplici o complicati, maben precisi, dai quali sempre dipesa una buona parte della qualitdel costruito. Si chiama risorsa naturale una porzione dellambiente

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    che, per esperienza accumulata nel tempo, si dimostrata in grado difornire materiali o energie utili. Solo per il legno la risorsa naturalepu essere rinnovata con la silvicoltura.

    Ogni ciclo composto di almeno due fasi, che sono tra loro quasisempre legate da una interfaccia costituita dal trasporto. La primafase consiste nella trasformazione della risorsa naturale in materiaprima mediante un processo estrattivo, chiamato nella tradizione col-tivazione, come le produzioni primarie effettuate dalluomo (agricol-tura). Per materia prima si intendono porzioni di risorsa scelte eprive di difetti, di dimensioni e forme adatte agli elementi costruttivida realizzare, compatibilmente con il loro possibile trasporto. I lavo-ratori specializzati che operano la coltivazione (cavatori, minatori,boscaioli, carbonai, eccetera) fanno le prime scelte (zona dove estrar-re, e come operare), fondamentali per il buon esito di tutto il ciclo;devono perci conoscere le caratteristiche del materiale non menobene che i lavoratori della fase, o delle fasi successive.

    La seconda fase consiste nel trasformare la materia prima nelmateriale da costruzione, pronto da mettere in opera. Tali trasforma-zioni cambiano notevolmente da un materiale ad un altro: lavorazionisemplici, o complicate, che trasformano solo la forma della materiaprima, ma non la sua composizione, come nelle pietre o nei marmi;oppure sequenze di operazioni che comportano anche trasformazioninella composizione primaria, come nei laterizi e nelle malte. Ogni tra-sformazione richiede, oltre alla materia prima, anche energia, cheviene fornita dal lavoratore quando si tratti di operazioni manuali;dalla cattura di energie naturali (come quelle idrauliche ed eoliche)quando la forza necessaria sia maggiore; oppure dalla coltivazione dicombustibili (legna e carbone di legna), quando occorrano trattamen-ti termici (fornaci). Le energie derivano anchesse, quindi, da risorsenaturali e, per ragioni economiche, era meglio che fossero disponibilinello stesso territorio. Le scelte di certe risorse rispetto ad altre ugua-li, dipendevano spesso, per questo motivo, dalla vicinanza di fontinaturali di energia.

    Un altro fattore variabile, ma sempre pi o meno presente, il tra-sporto in cantiere di materie prime da lavorare, o di semilavorati, o dimateriali gi pronti. Si tratta quasi sempre di quantit notevoli, con-centrate in unit voluminose, e quindi pesanti, quando non sia possi-bile lavorarle per aggiunta, come le malte e le argille, ma soltanto perasportazione (pietre, marmi, legno). Perci il trasporto ha semprecostituito, prima delle ferrovie, un problema che andava calcolato, dal

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    punto di vista tecnico ed economico, a priori. Un mulo non porta cari-chi superiori a 150 chili (due pietre di cm 20x20x70); un paio di buoipu tirare un carro con un carico di 800-1000 chili (un blocco di pietradi cm 100x100x35) su strade con pendenze non superiori al 3%; limitipratici non ci sono invece per le navi ed i barconi da marmo. Ci spie-ga perch le vie dacqua fossero preferite, e fossero comunque le uni-che che permettessero trasporti di blocchi molto grandi, come quelli da100 tonnellate (obelischi egiziani portati a Roma, cupola monolitica dipietra dIstria che copre il mausoleo di Teodorico a Ravenna).

    Di ogni ciclo completo esiste una storia del suo funzionamento glo-bale, degli strumenti e delle tecniche di lavorazione e di trasformazio-ne, dei mezzi di trasporto e della qualit della vita dei lavoratori.Come tutte le storie del saper fare vi sono fattori, come le caratteri-stiche naturali, che non cambiano nel tempo e nello spazio, ed unavolta raggiunte le scelte migliori, per evoluzione della corrispondentecultura materiale, gli unici cambiamenti possibili riguardano la sco-perta di nuovi materiali per realizzare gli arnesi da lavoro, o di nuovefonti di energia. Queste scoperte, che dipendono dallevoluzione dialtre culture materiali (metallurgia e motoristica, nel nostro caso),non possono in genere migliorare ulteriormente le qualit dei prodot-ti, ma incidono sui tempi, sui costi e sulla vita dei lavoratori.

    Nella coltivazione e lavorazione dei marmi, per esempio, gli Egiziavevano gi raggiunto la migliore qualit nel terzo millennio avantiCristo, con strumenti di pietra, di bronzo e di legno, e tale qualit non migliorata con lintroduzione dellacciaio, della polvere da sparo, delfilo elicoidale, e del filo diamantato, anzi, si dovuto stare attenti, perridurre i costi di produzione con i nuovi strumenti, a non perdereanche qualche conoscenza antica che garantiva la qualit.

    3. Nessun materiale, antico e moderno, presenta caratteristichetali che gli permettano di resistere senza limiti agli agenti meccanici,o a quelli chimici e fisici propri dellambiente atmosferico (pioggia,vento e sbalzi termici). Per i primi basta imparare ad usare materia-le di dimensioni adeguate ai carichi ed alle spinte, ed esso non si dete-riora mai. Per quanto riguarda gli agenti ambientali, invece, lespe-rienza accumulata nei secoli ha indicato quali materiali entrino in unquasi-equilibrio con tali agenti, nel senso che si hanno perdite dimateriale molto deboli in tempi lunghi, e, soprattutto, tale degrado haun andamento lineare.

    Tutti i materiali storici, il legno compreso, infatti, non invecchiano

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    come avviene per i tessuti degli esseri viventi. Quando si parla di vec-chiaia o di malattie della pietra, o di altri materiali da costruzione, siusano delle metafore di tipo antropocentrico; in realt qualsiasi degra-do, fisico o chimico, dipende esclusivamente da cause esterne al mate-riale stesso: nessun materiale cambia nel tempo le sue caratteristicheper cause sue proprie. La conoscenza degli agenti di degrado quindisempre stata una componente essenziale del saper costruire. Essa erainoltre alla base del saper fare la giusta manutenzione e conservazio-ne delle parti che vengono esposte a cause inaspettate di degrado, oche siano giunte alla fine di un quasi-equilibrio (per esempio: intona-co esterno completamente consumato dopo secoli di esposizione).

    Nelle ricerche che prendono nome di archeologia del costruito lostudio dei materiali ricopre una parte importante, come in tutti imetodi archeologici. Al fine di stabilire, per esempio, le diverse unitstratigrafiche murarie di un edificio, i criteri si basano su cinque fat-tori: natura del materiale, sue tecniche di lavorazione, forma del para-mento, misure degli elementi costitutivi e continuit del paramentostesso.

    Nelle ricerche archeologiche che prendono il nome di archeome-tria le informazioni vengono ricavate da un manufatto mediante ana-lisi condotte con strumenti propri delle scienze naturali. Fra i datiarcheometrici rientrano quindi: la determinazione della natura di unmateriale, o della sua formula compositiva, se costituito da unaggregato artificiale; le sue caratteristiche fisiche, chimiche e tecnolo-giche; il suo comportamento ai vari tipi di degrado. Certe analisiarcheometriche possono servire, per molti materiali, a stabilirneanche la provenienza; da quale giacimento naturale cio sono statiestratti. Questa informazione utile per la storia costruttiva, maanche per il restauro. Senza contare che alcuni materiali sono anchesuscettibili di datazioni mediante orologi naturali: radiocarbonio edendrocronologia per il legno, termoluminescenza ed archeomagneti-smo per laterizi, terrecotte, forni e focolari.

    Se queste informazioni vengono inserite al loro giusto posto nel-lindagine archeologica del costruito (sequenza stratigrafica, datazioniarcheologiche ed analisi delle fasi storiche), confrontando il tutto coni valori estetici e le fonti socioeconomiche, possibile ricostruire la sto-ria fisica e culturale delledificio: passo indispensabile per qualunqueprogetto di conservazione, o di restauro. Ma anche possibile accede-re a problemi storici pi generali, che il ripetersi di certe risposte purendere meno oscuri. Quando, per esempio, evidente che un mate-

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    riale sia il migliore per essere usato in una certa parte delledificio, ein un certo ambiente, ed esso sia stato sistematicamente usato in uncerto periodo, non si pu pensare al caso, ma ad una sua precisa cono-scenza. Certe conoscenze sono divenute addirittura simboliche: damigliaia di anni si usano espressioni come basato sulla pietra, eter-no come il granito, limpido come il vetro. Si tratta evidentemente dimetafore che fanno uso della cultura materiale: non a caso forse nel-lantico Egitto si sceglieva il granito, anche se non lavorabile nel det-taglio come il calcare, per rappresentare le immagini indistruttibilidei Faraoni.

    Tiziano Mannoni

  • Aurora Cagnana 17

    1. Genesi e classificazione delle rocce

    Le rocce, componenti essenziali della litosfera, sono aggregati diminerali. Quelle costituite da una specie prevalente vengono definitemonomineraliche; ne un esempio il marmo, formato quasi intera-mente (98-99%) da cristalli di calcite (CaCO3); oppure la quarzite,costituita quasi unicamente da quarzo (SiO2). Pi frequenti sono perle rocce polimineraliche, formate cio da diverse specie di minerali.

    Esistono vari criteri di classificazione, ma il pi utile, al fine dellaconoscenza dei materiali da costruzione, quello basato sullorigine,da cui dipendono molti caratteri di lavorabilit e di resistenza mecca-nica; non meno importante inoltre la classificazione delle rocce inbase alla composizione, ovvero alle specie minerali e alla strutturaaggregativa, dalla quale dipendono molte caratteristiche chimiche efisiche.

    A seconda della loro formazione nella dinamica della crosta terre-stre, le rocce si suddividono in tre grandi categorie: magmatiche, sedi-mentarie, metamorfiche.

    Le rocce magmatiche, dette anche ignee, derivano dal consolida-mento, in seguito al raffreddamento, di masse rocciose allo stato fuso,o liquido, provenienti da regioni profonde della crosta terrestre, o delmantello sottostante, dove regnano forti pressioni e alte temperature.

    Tale massa fluida, composta prevalentemente da silicio, ossigeno,alluminio, calcio, magnesio, sodio, potassio e ferro, prende il nome di

    I. LA PIETRA

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    magma, finch contiene anche gas disciolti; se invece raggiunge lasuperficie terrestre liberando i gas viene detta lava.

    A seconda delle condizioni di raffreddamento si distinguono tregruppi di rocce magmatiche:

    -intrusive o plutoniche, cio formate in seguito al consolidamentolento del magma, risalito dalle zone pi profonde della terra versoquelle meno calde, ma poste sempre a una certa profondit;

    -effusive o vulcaniche, che hanno origine per il raffreddamentoveloce di magmi o lave, saliti in superficie allo stato pastoso o liquidoattraverso i condotti vulcanici;

    -filoniane, formate dal consolidamento di piccole intrusioni dimagma, senza fuoriuscita dalla crosta terrestre e a non grande profon-dit, in condizioni di raffreddamento intermedie fra le prime duedescritte.

    A seconda del tipo di consolidamento, uno stesso magma pu dareorigine a rocce appartenenti a questi tre gruppi, distinguibili fra lorodalla struttura e tessitura, vale a dire dal genere, forma, dimensioni etipo di aggregazione dei componenti minerali.

    La struttura visibile a occhio nudo solo nelle rocce costituite daelementi grandi, altrimenti osservabile al microscopio polarizzatore,oppure al microscopio elettronico. Una prima distinzione della strut-tura rocciosa dipende dalle dimensioni dei granuli dei minerali. Lerocce originate per lento raffreddamento hanno generalmente unastruttura macrocristallina, sono cio formate interamente da cristalligrandi, visibili a occhio nudo. Se i minerali hanno dimensioni presso-ch uguali la struttura si dice anche granulare o pavimentosa. Questotipo di struttura si trova nelle rocce magmatiche intrusive, come i gra -niti; il lento raffreddamento del magma permette infatti una crescitaordinata dei cristalli di ogni minerale, che possono raggiungere anchedimensioni considerevoli.

    Le rocce effusive, poich si sono raffreddate rapidamente, sonoinvece formate da minerali pi piccoli; la loro struttura si dice percimicrocristallina se i cristalli sono visibili con una lente e criptocrista -lina se essi sono visibili solo al microscopio, come in molti basalti.

    Un altro tipo di struttura caratterizzata dalla presenza di pochicristalli grandi (detti fenocristalli) immersi in una pasta di fondo crip-tocristallina o vetrosa, cio amorfa. Questa struttura si dice porfiricaed tipica dei porfidi, (i quali possono essere sia di origine effusiva,sia filoniana).

    Alcune rocce effusive (spesso appartenenti al gruppo dei basalti)

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    hanno una particolare struttura detta intersertale (o a feltro), nellaquale piccoli cristalli allungati formano un fitto intreccio i cui vuotisono occupati da pasta criptocristallina o vetrosa.

    Vi sono infine rocce effusive formate completamente da una massavetrosa, come le ossidiane, la cui struttura si dice anche ialina, oppu-re come le pomici, che presentano una particolare struttura dettapomicea, caratterizzata da un aspetto spugnoso, ricco di bolle; essederivano infatti dal raffreddamento veloce di magma, cio di materia-le contenente anche sostanze gassose.

    Le rocce magmatiche, qualunque sia la loro struttura, non presen-tano direzioni di isorientamento dei minerali, o piani di prevalentesfaldabilit, ma soltanto fratture sferico-concentriche, o radiali, dovu-te a ritiri differenziati della massa rocciosa durante il raffreddamento.

    Le rocce s e d i m e n t a r i e sono chiamate anche esogeneo secondarie, inquanto derivano dalle formazioni rocciose primarie, ovvero generate dal-lattivit magmatica della terra. Le sedimentarie c l a s t i c h e (o detritiche)hanno origine dallaccumulo di frammenti provenienti dalla disgrega-zione di altre rocce pi antiche, oppure di resti di esseri viventi.

    I fenomeni di erosione dipendono dallatmosfera, e possono esseredovuti a molte cause; quella di tipo meccanico legata agli sbalzi ter-mici o allazione dellacqua, che penetrando nelle spaccature dellerocce ne provoca la frammentazione tramite fenomeni di gelo e disge-lo (cfr. I.7.). Lerosione di tipo chimico agisce invece sulle rocce alte-rando determinati minerali o separandone le componenti solubili inacqua. Dopo il trasporto, che avviene in soluzione chimica o in sospen-sione nel ruscellamento, il deposito pu avere luogo per gravit deglielementi litici distaccati dalla roccia madre, oppure per saturazionedelle soluzioni in bacini dove le acque rallentano il movimento (pia-nure alluvionali, laghi, coste marine).

    Le rocce sedimentarie clastiche possono corrispondere a sedimentisciolti, cio non litificati, e in tal caso prendono il nome di rocce incoe -renti; ne sono esempio un deposito morenico, una spiaggia marina, unbanco di argilla. Se tali sedimenti vengono ricompattati (o litificati) sitrasformano in formazioni rocciose coerenti. Tale processo, detto dia -genesi, pu avere luogo per costipamento, cio in seguito alla com-pressione esercitata dal peso di altre rocce soprastanti, oppure percementazione, vale a dire per il deposito di minerali (per lo pi carbo-nati, ma talora anche silicati) trasportati in soluzione dallacqua eridepositati negli spazi fra i granuli sciolti.

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    Sia i sedimenti incoerenti, sia le corrispettive rocce litificate ven-gono classificati in base alle dimensioni dei clasti che le compongono.

    Prendono cos il nome di ruditi le rocce costituite da elementi didimensioni superiori ai 2 millimetri; esse si suddividono in brecce,derivate dalla litificazione di clasti angolosi e in conglomerati, forma-ti invece da ciottoli arrotondati. Le areniti (o arenarie) sono invececostituite da clasti di dimensioni comprese fra i 2 millimetri e i 63micron, e derivano dalla litificazione di sabbie. Le siltiti, originate perdiagenesi dei silts, o limi, sono costituite da clasti con dimensioni com-prese fra i 63 e i 4 micron; mentre le argilliti, con clasti di dimensioniinferiori ai 4 micron, sono prevalentemente costituite da mineraliargillosi.

    roccia incoerente roccia derivata per diagenesi dimensioni clasti

    ghiaie, detriti di falda brecce > 2 mmspiagge conglomerati > 2 mmsabbie arenarie 2 mm-63 msilts siltiti 63 m - 4 m

    argille argilliti < 4 m

    -Classificazione delle rocce sedimentarie clastiche-

    Le rocce sedimentarie piroclastiche, sono un particolare tipo dirocce clastiche formatesi in seguito alla cementazione, dopo il deposi-to, di detriti rocciosi prodotti da attivit vulcaniche di tipo esplosivo.A questo gruppo appartengono i tufi e le brecce vulcaniche.

    Tutte queste rocce coerenti hanno una struttura clastica, caratte-rizzata cio dalla presenza di minerali e/o frammenti di rocce pi anti-che, pi o meno selezionati per dimensioni (cio classati) e da uncemento che le unisce.

    Le rocce sedimentarie di origine chimica si formano invece per pre-cipitazione diretta da soluzioni sature derivate dallalterazione dirocce pi antiche. Fra queste si distinguono quelle carbonatiche, for-mate da carbonato di calcio (CaCO3), che puro nei calcari, nei tra -vertini, nellalabastro calcareo, oppure combinato con magnesio nelledolomie e nei calcari dolomitici. Un altro tipo di rocce sedimentarie di

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    origine chimica sono le evaporiti, formate in seguito a precipitazionedi sali per evaporazione del solvente; oltre al salgemma, vanno ricor-date anche lanidrite e il gesso, di notevole importanza fra i materialida costruzione.

    Le rocce sedimentarie organogene derivano invece dallaccumulo diresti animali, quali gusci o scheletri, costituiti da carbonato di calciooppure da silice. Spesso difficile distinguere, fra le rocce sedimenta-rie, quelle di origine chimica da quelle organogene, perch talora ledue componenti si alternano, come nel caso assai noto delle dolomie.

    In base alla composizione le rocce organogene si suddividono a lorovolta in carbonatiche (o calcaree), come i calcari conchiliferi, le madre -pore, i coralli e in silicee, fra le quali vanno annoverate le radiolariti,le diatomiti e i diaspri.

    Le rocce sedimentarie presentano sempre, in conseguenza dellaloro genesi, formazioni stratificate: ogni strato corrisponde infatti a undeposito del ciclo sedimentario; molto spesso i granuli di forma appiat-tita si presentano isorientati.

    Le rocce metamorfiche derivano anchesse da rocce preesistenti -ditipo magmatico o sedimentario- che, in seguito a mutate condizioni ditemperatura e pressione, allinterno della crosta terrestre, hannosubito trasformazioni tali da raggiungere una ricristallizzazione deiminerali che le costituiscono. Tale processo pu dare origine a mine-rali nuovi, oppure a diverse forme e dimensioni di quelli gi esistenti.Il grado di metamorfismo pu essere pi o meno elevato, a secondadelle condizioni di pressione e temperatura alle quali avvenuto. Lerocce metamorfiche sono molto diffuse negli zoccoli continentali enelle catene montuose, dove si sono verificate tali condizioni.

    Il metamorfismo provoca anche una variazione nella strutturadelle rocce: molte assumono un aspetto scistoso, cio caratterizzato daun isorientamento dei minerali, soprattutto di quelli lamellari, comele miche, che si dispongono perpendicolarmente alla pressione; da cideriva la presenza di piani paralleli, che determinano una notevolesfaldabilit.

    Fra le pi frequenti rocce metamorfichee di aspetto scistoso visono: gli gneiss (a grana grossa), originati per metamorfismo dei gra-niti o di rocce clastiche da essi derivate (come le arenarie) e caratte-rizzati dalla stessa composizione mineralogica; i micascisti, (a granapi fine) derivati da rocce argillose e composti essenzialmente di quar-zo e miche; i calcesicti (anchessi a grana fine) derivati dal metamorfi-

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    smo di sedimenti calcareo-argillosi e gli argilloscisti (a grana finissi-ma) originati da basso metamorfismo di rocce argillose. Fra questi leardesie liguri, particolarmente importanti fra i materiali da costruzio-ne, sono un tipo di argilloscisto calcareo con forte isorientamento deiminerali. Un grado di metamorfismo pi elevato presentano le filladi,anchesse a grana finissima, particolarmente utilizzate per produrrelastre per le coperture. Piuttosto frequenti sono inoltre gli scisti verdi,derivati dal metamorfismo di rocce a chimismo basico e le quarziti,derivate da arenarie ricche di quarzo.

    Fra le rocce metamorfiche di aspetto non scistoso vi sono le ser -pentiniti, di colore verde, derivate da rocce intrusive molto basiche,tipiche del mantello che si trova sotto la crosta terrestre.

    Il marmo, dovuto al metamorfismo di calcari puri, presenta inveceuna struttura pavimentosa, o granulare, simile a quella del granito,anche se, a differenza di questultimo, ha sempre un piano prevalentedi sfaldatura. La struttura del marmo viene detta anche saccaroide,perch caratterizzata dalla presenza di calcite in grossi granuli; essisono il prodotto della ricristallizzazione completa dei piccolissimiminerali che formavano i calcari originari: a forti pressioni e a tempe-rature attorno ai quattrocento gradi il carbonato di calcio si riorga-nizza dando origine a individui cristallini di dimensioni pi grandi.Nei marmi di Carrara i minerali di calcite sono in media della dimen-sione di mm 0,2 e raggiungono talvolta i 2 millimetri.

    I marmi puri, costituiti quasi interamente (98% circa) di calcite,sono bianchi; quelli pi lavorabili sono definiti statuari. Quelli colo-rati, detti venati, nuvolati, bardigli, arabescati, mischi, eccetera,a seconda di quanto e come esteso il colore, derivano dal metamor-fismo di calcari impuri; tali impurit possono essere costituite dagranuli di silice, da argille, da idrossidi di ferro, che conferisconocolori dal giallo al rosa al verde, oppure da sostanze organiche, chedanno colori dal grigio al nero. In seguito al metamorfismo tali impu-rit si trasformano in prodotti stabili: il carbonio delle sostanze orga-niche, ad esempio, si riorganizza in lamelle nere di grafite; gli idros-sidi di ferro in cristalli rossi di ematite; grafite ed ematite possonoanche migrare a formare zone di colore, dando luogo a marmi convenature grigie, rosse, gialle. I cipollini, marmi a base bianca constriature di colore, derivano invece da calcari ricchi in argille, tra-sformate dal metamorfismo in miche, isorientate in piani paralleli,con colorazioni verdi, grigie, dorate. I mischi, infine, sono conglome-rati o brecce calcaree

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    m a r m o r i z z a t e .

    -Classificazione chimica e genetica delle principali rocce -

    Oltre allorigine, anche la composizione chimica delle rocce rive-ste una notevole importanza, in quanto alla base delle strutturecristalline dei minerali costituenti, dalle quali dipendono molticaratteri fisici.

    A seconda della composizione le rocce possono essere suddivisenelle seguenti categorie:

    - le rocce solfatiche sono costituite in prevalenza da gesso, cio dasolfato di calcio biidrato (CaSO4 2H20). Ne sono un esempio lalaba -stro gessoso di Volterra, facilmente lavorabile, ma poco resistente agliagenti atmosferici e in particolare allacqua e pertanto pi utilizzatoper elementi scultorei e decorativi; la pietra da gesso, o selenite, uti -lizzata, fin dallepoca egiziana, per produrre leganti (cfr. III. 1.), matalora anche come materiale litico;

    - l e rocce carbonatiche sono costituite in prevalenza da carbonato dicalcio (CaCO3). Sono abbondanti in natura e molte sono quelle utilizza-te nelledilizia, sia come materiale da costruzione, sia per produrreleganti: i calcari, le dolomie, i marmi, il travertino, lalabastro calcareo.

    Le molecole di carbonato di calcio sono tenute insieme da legamiionici, pertanto le rocce carbonatiche sono attaccabili dagli acidi conte-nuti nelle piogge, siano essi naturali, come lanidride carbonica, oppuredovuti allinquinamento atmosferico, come lanidride solforosa (cfr. I.7.);

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    - le rocce silicatiche sono costituite prevalentemente da silice e dasilicati. Le pi importanti provengono da rocce magmatiche (graniti,sieniti, porfidi, trachiti, basalti) ma vi sono anche molte rocce sedi-mentarie (arenarie, tufi vulcanici, conglomerati, argille) e metamorfi-che (gneiss, micascisti, filladi).

    In base alla percentuale di silice che contengono si possono distin-guere:

    -rocce acide (SiO2 > 65%)-rocce intermedie (SiO2 = 65- 52 %)-rocce basiche (SiO2 < 52%)La diversa composizione mineralogica delle rocce eruttive dipende

    dalla composizione chimica dei magmi originari, che si dicono acidi sesono pi ricchi di silicio e alluminio e basici se ne sono meno ricchi,ma con notevoli tenori di ferro e magnesio. Le rocce basiche sono tipi-che dei fondi oceanici e del sottostante mantello; quelle acide degli zoc-coli continentali. Dalla diversa composizione chimica delle rocce mag-matiche dipendono anche alcune caratteristiche macroscopiche qualiil colore; quelle pi silicatiche (dette anche sialiche) sono infatti costi-tuite da minerali bianchi o comunque chiari (grigio-rosa); al contrariole rocce originate da magmi basici, ricchi di ferro e magnesio, dettemafiche, sono formate in prevalenza da minerali con una colorazionescura (verde-nero).

    Le rocce magmatiche chimicamente intermedie (o neutre) sonodovute a magmi basici, che risalendo si inquinano poich fondono rocceacide della crosta continentale; fra queste vi sono le s i e n i t i e le d i o r i t i(di origine intrusiva) e le t r a c h i t i e a n d e s i t i ( di origine effusiva).

    Le rocce silicee sono costituite in prevalenza da silicati, cio daminerali caratterizzati dalla presenza di tetraedri di atomi di ossige-no con un atomo di silicio al centro (cfr. V.1.). Tali molecole sono uniteda legami covalenti, molto resistenti agli attacchi chimici e fisici, cheformano tra loro maglie, piani, catene e anelli solidissimi e che inglo-bano con legami ionici altri elementi (cfr. II.1.). Altrettanto resistentisono gli ottaedri di allumina, presenti in alcune famiglie di silicati.

    2. Le pietre scelte per costruire: caratteri di lavorabilit e di resi -stenza meccanica

    Attraverso lunghi processi di selezione empirica, e dopo ripetuteprove di resistenza nel tempo, alcune rocce sono state scelte dalluomoper essere utilizzate, con scopi diversi, nelle costruzioni. Nel corso dei

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    secoli si compreso che non tutte le pietre possono essere lavoratenello stesso modo e che non tutte possono essere destinate alla stessoscopo, ma che le diverse rocce si possono estrarre e lavorare secondoparticolari direzioni di taglio e si prestano a essere impiegate con dif-ferenti funzioni; alcune sono pi adatte alle strutture portanti degliedifici, altre agli elementi decorativi, altre ai rivestimenti, altre anco-ra alle coperture.

    Le possibilit di lavorazione delle rocce, la loro durezza, la resi-stenza alla compressione o alla trazione, il particolare tipo di degradoche possono subire dopo la messa in opera, dipendono strettamentedai caratteri naturali, vale a dire dalla composizione chimica e mine-ralogica (gi viste prima), e dalle caratteristiche fisiche.

    L a d u r e z z a, ovvero la resistenza alla scalfittura, una caratteristi-ca fisica dei minerali che dipende dalla natura e dalla resistenza deiloro legami chimici. Per misurarla si utilizza una scala empirica,costruita da Mohs in modo tale che ciascuno dei dieci termini che lacompongono pu scalfire il precedente ed essere scalfito dal successivo:

    1. TALCO2. GESSO3. CALCITE4. FLUORITE5. APATITE6. ORTOCLASIO7. QUARZO8. TOPAZIO9. CORINDONE10. DIAMANTE

    -La scala di Mohs -

    Per le rocce la propriet della durezza invece pi difficile da defi-nire e pu comprendere diversi tipi di resistenza meccanica: allinci-sione, allusura, alla segagione. Tali propriet dipendono soprattuttodalla durezza dei minerali costituenti; le rocce silicatiche, ad esempio,sono generalmente pi dure di quelle carbonatiche; il caso dei gra-niti, che pur avendo una struttura granoblastica simile a quella deimarmi sono per molto pi duri essendo formati da feldspati e daquarzo (minerali con durezza 6-7) e non da calcite (durezza 3) come imarmi.

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    La durezza delle rocce monomineraliche corrisponde generalmen-te a quella dellunico minerale costituente, ma piccole quantit diminerali pi duri o pi teneri possono variare considerevolmente ilvalore complessivo della roccia. Un calcare puro, ad esempio, intera-mente costituito da calcite generalmente pi tenero di unarenaria,la quale, anche se presenta un cemento calcitico, per comunquecostituita da molti granuli di quarzo.

    Unarenaria a cemento calcitico comunque pi tenera del grani-to, perch il cemento abbassa notevolmente il valore complessivo didurezza della roccia. Un granito , a sua volta, meno duro dei cristal-li puri di feldspato o di quarzo, sia perch contiene anche della mica,sia, soprattutto, perch i giunti fra i vari cristalli hanno legami sem-pre pi deboli di quelli cristallini e pertanto riducono la durezza com-plessiva della roccia.

    La durezza di una roccia come materiale lavorabile viene conside-rata corrispondente alla resistenza alla segatura, e in relazione a talepropriet, si utilizza la seguente classificazione empirica:

    -rocce tenere sono considerate quelle facilmente tagliabili conseghe dentate dacciaio (ad esempio gessi, tufi vulcanici e calcarei)

    -rocce semidure sono invece tagliabili con seghe dacciaiosenza denti e con sabbia quarzosa all80-95% (ad esempio calcari semi-compatti, argillosi)

    -rocce dure, sono quelle tagliabili solo con seghe lisce cospar-se di smeriglio (ad esempio calcari compatti, marmi, serpentiniti, ofi-calci)

    -rocce durissime, infine, sono quelle tagliabili solo con seghelisce cosparse di diamante in polvere (ad esempio graniti, sieniti).

    Occorre comunque tenere presente che la maggiore o minoredurezza dei minerali, da sola, non determina le possibilit di resi-stenza generale delle rocce nelle costruzioni. Le mura medievali diBologna, ad esempio, ancora in buono stato di conservazione, sonorealizzate in gesso, il meno duro dei minerali secondo la scala diM o h s .

    La durezza per particolarmente importante nelle zone pi sot-toposte allusura, quali i selciati stradali, gli scalini o le angolate degliedifici.

    La tenacit invece una propriet fisica delle rocce che consistenella resistenza allurto. Non va confusa con la durezza, dato che esi-

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    stono rocce molto dure, ma non tenaci, come la selce, composta inte-ramente da silice, ma molto fragile e poco resistente agli urti.

    In base a prove di laboratorio stata elaborata una scala di tenacitdi alcune fra le rocce pi comuni, che pone in alto quelle pi resistenti:

    BASALTIPORFIDIPORFIRITI E ANDESITIDIORITI E GABBRIQUARZITIGRANITI E SIENITIARENARIE A CEMENTO SILICEOCALCARI, DOLOMIE E MARMISERPENTINIARENARIE A CEMENTO NON SILICEO

    -Scala di tenacit di alcune rocce -

    Oltre che dalla durezza dei minerali costituenti, la tenacit di unaroccia dipende essenzialmente dalla sua struttura e coesione: evi-dente dalla scala qui riportata che la tenacit maggiore nella roccemicrocristalline e criptocristalline. Ci dovuto al fatto che, a paritdi volume, queste ultime hanno un numero maggiore di legami inter-cristallini, rispetto a quelle formate da cristalli pi grandi.

    La tenacit inoltre molto alta nelle rocce a tessitura intersertale,che infatti sempre presente nei primi quattro gruppi.

    La resistenza alla compressione quella che i corpi oppongono alleforze che tendono a romperli per schiacciamento. Tale carattere dipen-de sia dalla durezza dei singoli componenti (cio dalla resistenza deilegami interni ai minerali), sia dalla struttura delle rocce (cio dal tipodi contatti esistenti fra i vari cristalli). In genere resistono bene a com-pressione le rocce formate da cristalli duri, ben impilati fra loro, anchese tenuti insieme da legami deboli, come il granito.

    La resistenza alla trazione quella che i corpi oppongono alle forzeche tendono a smembrarli per stiramento. Ben di rado le rocce vengo-no poste in opera in modo da lavorare a trazione; tuttavia la resisten-za alla trazione importante perch determina quella alla flessione,che invece piuttosto frequente negli elementi litici delle costruzioni.

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    il caso di un architrave, appoggiato sulle estremit e gravato dalproprio peso, oltre che da carichi addizionali; esso sar soggetto a tra-zione in prossimit della faccia inferiore. Questo tipo di resistenzameccanica , nelle rocce, generalmente bassa.

    MATERIALE RESISTENZA RESISTENZAA COMPRESSIONE A TRAZIONE

    Basalto 3200 Kg/cm2 80 Kg/cm2Porfido 1900 Kg/cm2 60 Kg/cm2Granito 1800 Kg /cm2 40 Kg/cm2Tufi vulc. 80 Kg /cm2 10 Kg /cm2

    Gneiss 1300 Kg /cm2 120 Kg /cm2Ardesia 1100 Kg /cm2 400 Kg /cm2Marmo 1300 Kg /cm2 40 Kg /cm2

    Calcare 1100 Kg /cm2 50 Kg /cm2Arenaria 800 Kg /cm2 20 Kg /cm2Travertino 450 Kg /cm2 30 Kg /cm2

    Laterizi 175 Kg /cm2 70 Kg /cm2Malta 50-400 Kg /cm2 10-40 Kg /cm2Legno 500 Kg /cm2 850 Kg /cm2Ghisa 8000 Kg /cm2 1400 Kg /cm2Acciaio 2000 Kg /cm2 6000 Kg /cm2

    -Valori di resistenza meccanica dei principali materiali da costruzione

    Se si osserva la tabella dei valori qui riportata, si nota come la resi-stenza a trazione sempre molto inferiore rispetto a quella a com-pressione e oscilla fra 1/10 e 1/50 di questultima. Ci dovuto al fattoche la resistenza a trazione dipende sostanzialmente dai legami inter-cristallini, che sono sempre pi deboli di quelli interni ai singoli mine-rali. In genere sono pi resistenti le rocce a grana fine o, in particola-re, quelle microcristalline.

    Sono le dimensioni dei minerali che determinano lo stato di coe-sione della roccia: questultimo maggiore nelle rocce a grana fineperch, a parit di volume, aumentano le superfici dei vari cristalli equindi i relativi legami, che sono la fonte principale della resistenzaalla trazione. Essa pertanto maggiore in un basalto, piuttosto che inun granito, in un calcare microcristallino, piuttosto che in un marmo

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    saccaroide. Inoltre alta anche nelle tessiture intersertali e in quellecon minerali allungati e isorientati, come gli gneiss e le ardesie.

    La divisibilit un requisito fondamentale in relazione alla possi-bilit di estrarre e lavorare una roccia. Essa dipende dalla presenza dimicrofratture oppure di piani in corrispondenza dei quali la coesionee la resistenza delle rocce minore o molto bassa. Le fasi di estrazio-ne e di lavorazione hanno sempre sfruttato lesistenza di queste super-fici la cui presenza e frequenza pu favorire o impedire determinatiimpieghi del materiale lapideo. Una formazione rocciosa potr fornireblocchi grandi solo se i piani di divisibilit sono abbastanza distan-ziati; la presenza di un sistema fitto di piani di divisibilit pu infattiimpedire lestrazione di grandi blocchi e favorire quella di lastre.

    La presenza, la disposizione e la frequenza di tali piani, dipendedalla tessitura stessa delle rocce. In quelle magmatiche i piani di divi-sibilit sono molto rari, e corrispondono essenzialmente alle spaccatu-re naturali createsi per il ritiro durante il raffreddamento. L e s t r a z i o n ee la lavorazione delle rocce magmatiche, pertanto, non pu sfruttareche raramente la presenza di superfici preferenziali di taglio; per con-tro lomogeneit della struttura consente una spaccatura precisa inqualsiasi direzione e quindi anche lestrazione di grandi blocchi unifor-mi da usare come monoliti; il caso dei grandi obelischi egizi, ottenutiin blocchi unici di granito, della lunghezza di decine di metri.

    Le rocce sedimentarie sono invece caratterizzate quasi sempre daformazioni stratificate, nelle quali si nota chiaramente la presenza distrati o di banchi separati fra loro da giunti dovuti a pause del pro-cesso di sedimentazione. Queste superfici di giuntura sono caratteriz-zate da una coesione bassissima o nulla della roccia, che lungo talipiani pu essere spaccata ed estratta con poco sforzo.

    Se in corrispondenza dei giunti la divisibilit della roccia massima,essa comunque buona anche nella direzione parallela a quella dellastratificazione, a causa dellisorientamento frequente nei minerali.

    Nelle rocce metamorfiche caratterizzate da piani di scistosit(ardesie, gneiss, filladi) la maggiore divisibilit corrisponde invece aipiani di scistosit; quando questi ultimi sono molto ravvicinati (nel-lardesia o nelle filladi), le rocce sono pi adatte alla produzione dilastre che non di blocchi lapidei. Se invece i piani di scistosit sonomeno frequenti lestrazione di pietra da ridurre in blocchi non impossibile, purch uno dei piani di lavorazione venga fatto coincide-re con quello della scistosit.

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    Le rocce metamorfiche carbonatiche, costituite per lo pi daimarmi, si presentano invece in grandi banchi omogenei ed perci pidifficile riconoscere i piani preferenziali di divisibilit, che pure esi-stono e che sono dovuti al metamorfismo. Nei calcari debolmentemetamorfosati, se il piano di scistosit non coincide con quello di sedi-mentazione, si formano facilmente scagliature a cuneo.

    I sistemi tradizionali di estrazione e di lavorazione della pietrahanno sempre sfruttato lesistenza di tali piani, dei quali cavatori elapicidi avevano una profonda conoscenza.

    Nel gergo degli scalpellini e dei cavatori, questo tipo di piano vienetradizionalmente indicato come verso. Il piano separabile pi difficil-mente viene definito contro. Spesso esiste una terza direzione ditaglio, obliqua o sub-perpendicolare ai primi due, che viene definitasecondo. Qui la divisibilit della roccia presenta valori intermedi frail verso e il contro.

    Oltre al verso, o piano di divisibilit preferenziale, esistono nellerocce altre fessure naturali (o litoclasi), variamente inclinate rispettoal verso. Nel gergo dei lapicidi vengono definite ancor oggi peli; alcu-ne di queste, ricementate da minerali come calcite o quarzo, non com-promettono la resistenza della roccia e non comportano per lo scalpel-lino il rischio di far deviare il taglio rispetto alla direzione prestabili-ta; in questo caso vengono indicate come peli buoni. Quando invecetali fratture rimangono aperte o sono cementate da argilla e rischianodi minacciare la resistenza della roccia, vengono definite peli cattivi.

    Lesistenza di tali piani naturali di sfaldabilit, fattore fondamen-tale per la lavorazione delle rocce, non meno importante per la posain opera del materiale. La disposizione delle pietre con il versoparallelo alla forza di gravit ne accelera infatti il processo di degra-do, mentre la disposizione perpendicolare contribuisce alla buonadurata del materiale.

    La lucidabilit lattitudine di alcune rocce ad assumere superficilisce fino a speculari per fregamento con abrasivi sempre pi fini, inmaniera che ciascuno elimini le solcature lasciate da quello preceden-te. Attraverso tale abrasione i cristalli costituenti le rocce vengonotagliati su uno stesso piano, in modo da riflettere la luce nella stessadirezione. Ci d quelleffetto di brillantezza che allorigine del signi-ficato etimologico del termine marmo, derivato appunto dal verbogreco marmiro = io brillo.

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    1- Microfotografie in sezione sottile di alcune delle rocce pi usate comemateriali da costruzione: 1 calcare (strati di calcite microcristallina); 2arenaria (clasti e cemento) 3 marmo (struttura granoblastica o pavimen-tosa) 4) trachite (struttura porfirica) 5) basalto (struttura microcristallinafeltrosa) 6) gneiss (struttura scistosa)

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    Non tutte le rocce si prestano ad essere lucidate; in generale sonolucidabili le rocce pi compatte, non lo sono quelle molto porose e pococoerenti. Anche la durezza un requisito favorevole alla lucidabilit,ma soprattutto importante lomogeneit, cio che non vi siano diffe-renze eccessive di durezza fra i componenti, perch ci impedisce unaspianatura perfetta; ad esempio sono lucidabili sia il granito sia imarmi, anche se presentano, come si visto, valori di durezza assai dif-ferenti. Non lo sono, invece, le arenarie quarzose a cemento calcareo.

    Le rocce lucidabili vengono genericamente chiamate marmi, nellinguaggio commerciale, e pertanto sotto tale definizione si compren-dono anche le serpentiniti, le oficalci, i graniti, e persino certi calcariorganogeni, come la cosiddetta lumachella. Occorre per ricordareche tale esteso significato non corrisponde a quello della classificazio-ne petrografica delle rocce, che nel gruppo dei marmi comprende soloi calcari metamorfici.

    Per peso specifico apparente (PV) si intende il peso (espresso ing/cm3 oppure in Kg/m3) di roccia allo stato naturale, mentre per pesospecifico assoluto (PS) si intende il peso della pietra ridotta in polve-re, in modo tale cio da eliminare le porosit naturali.

    Il grado di compattezza di una roccia (C) dato dal rapporto frapeso specifico apparente e peso specifico assoluto. Il valore di questorapporto, sempre inferiore a 1, si avvicina tanto pi allunit quantomeno porosa la roccia, cio quanto pi compatta.

    Esiste anche un indice di porosit (Ip), che indica la percentualedei vuoti presenti in una roccia: pari all1-2% in quelle molto com-patte (graniti, calcari), mentre sale al 10-20% nelle rocce porose (tufi).

    ROCCIA POROSIT REALI

    travertini 5-12%argilloscisti 0,4-10%

    calcari compatti 0,4-2%gneiss 0,4-2%graniti 0,4-1,5%

    basalti compatti 0,2-0,9%serpentini 0,1-0,6%

    -Tabella con i valori di porosit di alcune delle principali rocce

    A livello pratico, per, per capire il comportamento dei materiali

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    lapidei al degrado, pi importante conoscere il carattere della poro-sit, poich sono soprattutto la comunicabilit e le dimensioni dei poriche determinano il tipo di permeabilit delle rocce. La porosit comu-nicante o di tipo capillare comporta unalta penetrabilit dellacquanelle rocce (per imbibizione o per assorbimento). La porosit noncapillare, invece, alleggerisce il peso delle rocce ma non le rende capa-ci di assorbire lacqua.

    Il granito, ad esempio, pur essendo molto compatto, per la suastruttura pavimentosa presenta molti spazi intercristallini piccolissi-mi e comunicanti fra loro, nei quali lacqua penetra lentamente. Lapomice, invece, la roccia pi leggera (lunica che pu galleggiare sul-lacqua) e pi porosa di tutte, ha per una particolare porosit, costi-tuita da bolle di gas non comunicanti fra loro, e immerse in una massavetrosa che la rende impermeabile.

    Dal tipo di porosit e quindi dalle possibilit di penetrazione del-lacqua dipende anche la maggiore vulnerabilit delle rocce al gelo. Lagelivit infatti maggiore nelle rocce che presentano abbondanti poridi piccole dimensioni, dove lacqua, per capillarit, penetra in tutte ledirezioni, anche in salita (cfr. I.7.).

    Fra le caratteristiche termiche particolarmente importante il c o e f -ficiente di dilatazione dei materiali in seguito al riscaldamento. La pre-senza di calore crea unagitazione termica negli atomi, in seguito allaquale aumenta la loro distanza di legame, determinando una dilata-zione di tutti i composti cristallini. Si tratta di variazioni piccole, nonpercettibili, ma che, se esercitate con continuit sui giunti cristallini,finiscono per disgregare la roccia, poich le dilatazioni e i ritiri diffe-renziati possono vincere i deboli legami di superficie. Questo fenomeno pi forte nelle rocce polimineraliche, costituite da minerali con diver-si indici di dilatazione; ma notevole anche su rocce monomineralicheformate da cristalli, come la calcite, caratterizzati da dilatazioni diffe-renti a seconda degli assi cristallini (cfr. I.7.). I suoi effetti sono accen-tuati, inoltre, nelle regioni in cui gli sbalzi termici sono veloci, e in certeparti del costruito, come gli spigoli, dove la dispersione del calore (equindi il raffreddamento) pi veloce che in altri punti.

    ROCCIA COEFFICIENTE DI DILATAZIONEgraniti 0,000008basalti 0,000005

    arenarie 0,000004

    -Tabella con alcuni valori di coefficienti di dilatazione

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    Anche la conducibilit termica un carattere fisico importante. Ingenere i materiali molto porosi (come la pomice) sono anche pi iso-lanti. Nelle rocce meno conduttrici le differenze di temperatura trazona e zona si equilibrano pi lentamente, aumentando gli effetti dan-nosi degli sbalzi termici.

    La refrattariet, ossia la resistenza alle alte temperature, unaltro carattere fisico delle rocce, particolarmente importante per lacostruzione delle fornaci destinate alla produzione di materiale edili-zio come calce, mattoni, ferro, vetro.

    3. La coltivazione delle cave col sistema della tagliata a mano

    In tutte le epoche i cicli produttivi corrispondono a sequenze dioperazioni concatenate fra loro, attraverso le quali la materia diventamanufatto. La prima fase di ogni ciclo costituita dallestrazione, checonsente di attuare il passaggio dalla risorsa naturale, o materiapotenziale, alla materia prima vera e propria. Essa diviene tale solonel momento in cui viene individuata, selezionata ed estratta peressere sottoposta a processi pi o meno complicati di lavorazione.

    Per le rocce i luoghi dellestrazione sono le cave, dove si organizzala coltivazione, attraverso una lacerazione del sottosuolo che permet-te il prelievo organizzato della materia.

    La parte superficiale di ogni roccia si presenta alterata dagli agen-ti atmosferici e dalla vegetazione, che vi si radica succhiando lesostanze nutritive, e, al tempo stesso, rallentando lerosione. Questostrato, che va eliminato per raggiungere la formazione rocciosa sana,prende il nome di cappellaccio. Esso nascosto dal suolo (costituitoda sostanze organiche e da una parte della roccia alterata), la cuiprofondit dipende sia dal tipo di roccia, sia dal clima, (nelle regionitropicali si trovano anche 200 metri di suolo e di roccia alterata primadi raggiungere la formazione sana).

    Anche in passato il lavoro di estrazione doveva necessariamenteessere preceduto da operazioni di ricerca e di assaggio del terreno, alfine di scoprire lubicazione dei giacimenti di pietra adatta a esserelavorata. In questa prima fase di prospezione si dovevano anche veri-ficare la consistenza del deposito, le sue caratteristiche di sfruttabilite landamento dei piani preferenziali di divisibilit (o versi), in base aiquali veniva organizzato il taglio della pietra e stabilito lorientamen-to della cava.

    Non facile ricostruire quali fossero esattamente le operazioni

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    seguite per individuare un buon affioramento roccioso, ma assai pro-babile che i prospettori fossero guidati dallosservazione di crolli o difranamenti derosione che mettevano occasionalmente a nudo porzio-ni del sottosuolo. Lubicazione di un giacimento poteva inoltre esserericonosciuta anche in base alla presenza di ciottoli nei corsi dacquache lo attraversavano, analogamente a quanto avveniva, ancora intempi recenti, per la ricerca dei giacimenti metalliferi (cfr.VI.2.).

    Una volta individuato il deposito di materiale lapideo adatto allenecessit, si provvedeva a organizzarne la coltivazione. Questa eranecessariamente condizionata dal tipo di formazione: le rocce sedi-mentarie, infatti, sono sovente costituite da depositi stratificati pi omeno profondi e regolari, mentre quelle intrusive sono rappresentateda ammassi la cui forma deriva dalle cavit naturali riempite dalmagma, sono perci costituite, generalmente, da blocchi tentacolarisolidificatisi negli interstizi della crosta terrestre. Il giacimento roc-cioso pu inoltre costituire lintera struttura di rilievi collinari o mon-tani, modellati dallerosione, oppure pu formare il sottosuolo di areepianeggianti. Pertanto, a seconda del materiale e dei caratteri geo-morfologici del deposito, venivano organizzati diversi tipi di coltiva-zione.

    Quando i giacimenti si trovavano a mezza costa sui rilievi, lestra-zione a cielo aperto determinava lapertura di grandi cave a gradoni,disposte ad anfiteatro lungo i fianchi della montagna. Esse eranoadatte allo sfruttamento di rocce caratterizzate da una certa omoge-neit su un fronte sufficientemente ampio da permettere di fare avan-zare la superficie lavorabile in modo uniforme e progressivo.

    In genere laltezza dei gradoni era orientata in base allandamentonaturale della roccia, cio, laddove possibile, con il piano di distaccocorrispondente al verso principale. Per fronte di cava si intende laparete verticale verso monte, perpendicolare alla superficie di distac-co; la sua altezza aumentava via via che procedeva la coltivazione eche diminuiva il deposito disponibile. Pertanto, per evitare di esauri-re la cava, la zona di coltivazione veniva estesa in senso orizzontale.La base del gradone era in genere costituita da una piattaforma, opiazzale di cava, sulla quale si facevano ricadere i blocchi staccati,predisponendo appositi cuscini di schegge, che permettessero di attu-tire i colpi durante la caduta.

    Nelle zone pianeggianti, le cave a cielo aperto potevano essere inve-ce del tipo a fossa e cio caratterizzate dallabbassamento graduale dellasuperficie del suolo, operato con grandi trincee scavate in successione.

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    2- Organizzazione di una cava: fronte a gradoni e piazzale antistante (daDONATI 1990, ridisegnato da Zanella 1999)

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    3- Operazione di estrazione dei blocchi con picco e cunei (da ADAM 1989rielaborata)

    La coltivazione in sotterraneo, tipica delle miniere, era invecemolto rara per le rocce ed era utilizzata solo allo scopo di sfruttareaffioramenti particolarmente pregiati, una volta esauriti in superfi-cie. Assai noto lesempio delle cave romane di Aurisina (Tr i e s t e ) :calcare parzialmente marmificato che veniva coltivato in g a l l e r i a,lasciando per intatti dei grandi pilastri rocciosi per il sostegno deltetto. Anche il marmo dellisola di Paros, simile a quello diCarrara, ma a grana pi grossa, bianchissimo, molto pregiato eadatto alla scultura, era coltivato in galleria: ai tempi di Plinio veni-va infatti chiamato l y c h n t e s, cio estratto alla luce delle lampade(Nat. Hist. XXXVI, 14).

    Lardesia ligure, fino ad epoche molto recenti, era coltivata con unsistema di avanzamento nellestrazione dei blocchi dallalto al basso,(denominato da tetto a letto), del quale esiste una straordinariadocumentazione iconografica risalente al 1838.

    Il sistema tradizionale usato per il distacco ordinato dei blocchi,senza il quale era impossibile la coltivazione sistematica della cava,viene definito tagliata a mano. Esso consisteva nel separare, conappositi strumenti, i sei lati che definivano il parallelepipedo.

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    4- Lestrazione dei tamburi destinati al tempio G di Selinunte, rimastinella cava di Cusa (da ADAM 1989)

    Nelle cave a gradoni due lati (quello frontale e quello del pianoorizzontale) erano gi liberi; per separare gli altri tre lati verticali sioperava un solco di delimitazione, a monte e ai fianchi, della stessaaltezza del blocco da estrarre. Fino a una profondit di 50-60 centi-metri il cavatore poteva lavorare dallalto, inginocchiato o in piedi,usando picchi a lunga immanicatura (cfr. oltre). Se invece il blocco eradi dimensioni maggiori, il solco doveva essere una vera e propria trin-cea, tanto larga da consentire al cavatore di scendervi. Un esempioeccezionale di questultimo sistema conservato nelle cave del cosid-detto tempio G di Selinunte, in Sicilia, abbandonate in seguito allin-terruzione del grandioso cantiere, seguita alla distruzione della cittnel 409 a.C..

    Anche lomogeneit del materiale condizionava lo spessore dei bloc-chi e quindi dei gradoni della cava: per marmi e graniti, caratterizzatida rare spaccature, laltezza poteva essere scelta con maggior libertrispetto alle rocce sedimentarie, costituite da formazioni stratificate.

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    5- La coltivazione a tetto dellardesia ligure in un disegno del 1838 (daSAVIOLI 1988)

  • 6- I principali strumenti usati per lestrazione dei blocchi: picco, cunei,mazza e leva

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    Per lo stacco definitivo, in corrispondenza della faccia di base, siusava un altro sistema. La cava veniva scelta e organizzata in modoche tale piano corrispondesse al verso, dove minore era la resistenzadella roccia alla trazione. Alla base del blocco si scavavano degli allog-gi con sezione a V, (detti formelle dai cavatori di Carrara), ottenuticon punta e mazzuolo e posti a distanze regolari, ma tanto pi ravvi-cinati quanto pi resistente era la roccia; in tali alloggi venivano con-ficcati, a colpi di mazza, dei cunei; dovevano perci essere abbastan-za profondi da evitare che essi raggiungessero il fondo. Il loro scopoera infatti quello di ripercuotere sui lati la forza proveniente dallal-to. Il principio infatti lo stesso di una macchina semplice, costituitada due piani inclinati contrapposti che trasformano una forza per-pendicolare (colpi di mazza) in due forze parallele alla superficie eopposte, tali da vincere la resistenza della roccia alla trazione. Ta l e

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    spinta, se esercitata lungo una fila orizzontale continua di cunei,parallela al piano di sfaldatura, infatti in grado di provocare unasomma di forze che porta ilblocco a staccarsi nettamen-te. Per ottenere tale risulta-to necessario battere icunei con gradualit, fino aportarli contemporanea-mente alla stessa pressione,ci che invece non si puottenere spingendo un solocuneo fino in fondo. L a b i l i t di questo lavoro era basataanche sullesercizio delludi-to: conficcato nella formella,il cuneo produce infatti unsuono che varia man manoche aumentano la profon-dit e la pressione; il cava-tore si regolava perci inmodo da far produrre a cia-scuno lo stesso suono, sem-pre pi acuto. Quando tuttii cunei erano in tiro illavoro si fermava, attenden-do solo lo stacco della roccia.

    Per ricostruire la storiadegli strumenti utilizzatiper lestrazione (cos comeper le successive fasi di lavo-razione) esistono sia fontiindirette, come quelle icono-grafiche, sia fonti dirette, oarcheologiche, costituite cioda documenti materiali. Tr aquesti il ritrovamento distrumenti originali costitui-sce un caso piuttosto raro(nelle cave di Carrara, ad

    7- Tracce di unantica tagliata pressoBotro dei Marmi (Livorno). Si noti laparte superiore costituita da rocciaalterata (cappellaccio) e la parte infe-riore, con la formazione sana

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    8- Schema del meccanismo di spaccatura di un blocco lapideo tramite un cuneo

    9- Tracce degli alloggi dei cunei visibili su un blocco del Capitolium diLuni (La Spezia - I sec. a.C.)

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    esempio, si sono rinvenuti non pi di venti oggetti); pi facile inveceanalizzare le tracce di lavorazione ancora visibili, sia nei monumenti,sia nelle cave. Tuttavia poich larte della pietra basata su una pro-gressiva asportazione della materia, ovvero su una lavorazione a leva-re, ogni strumento cancella inevitabilmente le tracce di quelli prece-denti. Pertanto sono gli scarti di produzione, i pezzi non finiti, le caveabbandonate prima di avere terminato lo sfruttamento, che consento-no di trarre le informazioni maggiori.

    In base a queste diverse fonti sono stati elaborati utili repertori chedescrivono i vari strumenti per la lavorazione della pietra e indicano,per ciasscuno, il tipo di tracce che lasciano e la cronologia del loro uti-lizzo; il pi completo quello curato da Bessac (cfr. I.8.), che abbrac-cia tutta larea mediterranea e che copre un arco cronologico compre-so fra lantico Egitto e let contemporanea.

    A seconda del loro uso gli strumenti si possono suddividere in treprincipali categorie: quelli a percussione diretta (o lanciata), che scal-fiscono direttamente la pietra, e cio: il picco da cava, la picchetta, lascure (o martellina liscia, molto in uso, ad esempio, in Italia centrale,per la lavorazione dei tufi), la martellina dentata a taglio verticale (oa zappa), (usata ancora di recente per lardesia ligure), e infine la boc-ciarda (o martello a punte), che venne introdotta nel XVII secolo inFrancia e successivamente in Italia.

    Gli strumenti a percussione indiretta, invece, sono costituiti dapunte, scalpelli, gradine; denti di cane e per essere usati devono esse-re battuti da percussori; perci il loro utilizzo impegna entrambe lemani del lapicida.

    Le punte possono essere a terminazione grande (se vengono usateper sgrossatura) o fine (se servono alla spianatura delle superfici).

    Gli scalpelli, oltre ad avere una ricca scala dimensionale, possonoessere a taglio curvo o diritto. Fra i primi si distinguono le ugnole,(cio unghie), usate per piccole asportazioni, dalle sgorbie, pi gran-di e utilizzate soprattutto per il legno.

    Le gradine sono particolari scalpelli a 3 o pi denti. Non vanno con-fuse col dente di cane, caratterizzato da un passo pi grande e chedetermina un taglio meno fine.

    I percussori possono essere lignei, lapidei o acciaiosi. La mazzettain legno, ad esempio, da scultura, era gi usata nellantico Egitto permodellare pietre tenere. I percussori litici, molto usati nella preisto-ria, divengono sempre pi rari dopo lintroduzione dei metalli, mentequelli acciaiosi non compaiono prima del 1000 a.C.

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    10- Strumenti a percussione indiretta: la punta. Esempi di varie forme edimensioni, segno lasciato sulla pietra, tipo di percussore e inclinazionecon la quale va usata (da BESSAC 1986)

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    11- Strumenti a percussione diretta: la martellina. Esempi di varie formee dimensioni, segno lasciato sulla pietra, tipo di percussore e inclinazionecon la quale va usata (da BESSAC 1986)

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    12- Strumenti a percussione indiretta: la gradina. Esempi di varie formee dimensioni, segno lasciato sulla pietra, tipo di percussore e inclinazionecon la quale va usata (da BESSAC 1986)

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    13- Strumenti a percussione diretta: la bocciarda. Segno lasciato sulla pie-tra e inclinazione con la quale va usata (da BESSAC 1986)

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    Per il lavoro di estrazione, oltre ai cunei (lignei o acciaiosi), apunte e mazzuoli, necessari per praticare le formelle, ai percussori,costituiti da bocce litiche o da mazze acciaiose, erano usati strumen-ti a percussione diretta con lunga immanicatura, necessari per linci-sione dei solchi sui tre lati del blocco e, infine, leve per sollevare ipezzi staccati.

    Il materiale estratto veniva ribaltato sul piazzale di cava, in atte-sa di essere trasferito sul cantiere o in laboratorio per essere finito eposto in opera. Sul piazzale veniva spesso avviata gi una prima lavo-razione; se, ad esempio, erano richiesti blocchi piccoli, era bene prov-vedere gi in cava alla divisione. Inoltre gli elementi appena staccatipresentavano spesso forme irregolari, zone diffettose (o lesionatedurante il taglio o la caduta) che era bene scartare, anche per dimi-nuire il carico da trasportare.

    Le iniziali operazioni di preparazione del materiale, in cava, eranocompito di artigiani specializzati, che facevano uso di cunei anche perla suddivisione dei blocchi, oppure di seghe a lame non dentate, azio-nate in modo da penetrare gradualmente nella pietra per oscillazione,con continuo impiego di acqua e sabbia. Un momento importante eracostituito dalla eliminazione delle zone difettose, che avrebbero com-promesso la lavorazione finale. Le parti da scartare venivano tolte conla mazza, quindi una prima riquadratura era operata con punte gros-se e mazzuoli, con i quali si eliminavano le sporgenze e le irregolaritmaggiori. Tuttavia la lavorazione giungeva raramente a uno stadioavanzato, dato che le difficolt del trasporto potevano provocare dannie scalfire il materiale, sul quale si preferiva perci lasciare uno stratodi scarto che, in qualche modo, fungeva da protezione. Le rocce pidure e tenaci, come il granito, rischiavano meno di essere danneggia-te durante il trasporto.

    I sistemi di coltivazione della pietra fin qui descritti sono assaiantichi. Attivit estrattive per procurarsi la selce, con la quale fab-bricare utensili, sono documentate gi dalla fine del Paleolitico,quando pare venissero effettuate con picconi di osso, come attestanoprecisi ritrovamenti in Inghilterra. Tuttavia occorre arrivare al 2800a.C. circa per avere le prime testimonianze archeologiche di coltiva-zioni sistematiche, destinate alla produzione di elementi per unatti-vit unedilizia monumentale. Le pi antiche cave allaperto attual-mente note si trovano nei deserti egiziani; molte risalgono al periodotolemaico o a quello romano, ma non mancano attestazioni databili

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    allantico Egitto. Particolarmente famosi sono gli studi sullobeliscodi Assuan, la cui estrazione dalla cava, rimasta incompiuta, ha offer-to preziosi dati alla conoscenza delle pi antiche tecniche estrattive.Gli Egizi erano in grado di coltivare il granito, tramite il sistemadella tagliata a mano, molti secoli prima dellintroduzione degli stru-menti in metallo acciaioso. Per tracciare i solchi si servivano di per-cussori litici, costituiti da bocce di dolerite (roccia magmatica intru-siva pi tenace del granito), con le quali macinavano progressiva-mente la pietra. Lutilizzo di questo sistema dimostrato sia da provedirette, come la cava di Assuan, dove si sono rinvenuti i resti dellebocce stesse e delle tracce lasciate dal loro uso, sia dalliconografia,che attesta limpiego di simili utensili in vari stadi della lavorazionedella pietra.

    Per il distacco definitivo probabile che si utilizzassero cunei dilegno, molto secco, che dopo essere stati inseriti negli alloggi, (predi-sposti con piccoli percussori o con scalpelli di bronzo) venivano bagna-ti con acqua, per farli dilatare, in modo da provocare le spinte che cau-savano il distacco del blocco dalla roccia madre. In questo modo sipoteva estrarre e tagliare anche il granito, che, come si visto, ha unaresistenza alla trazione pari a 40 kg a cm2. Il sistema poteva non fun-zionare se nella roccia erano presenti litoclasi (peli) non visibili dal-lesterno, i quali provocavano una deviazione rispetto alla linea di rot-tura stabilita. appunto questa circostanza che deve avere determi-nato labbandono dellobelisco di Assuan, prima che ne fosse portata atermine lestrazione.

    Lutilizzo di grandi blocchi lapidei, provenienti dalla coltivazionedi cave, testimoniato inoltre presso le civilt minoica e micenea, ma nei grandi cantieri dellepoca greca arcaica che la tecnica dellatagliata a mano conobbe una diffusione notevole e un progressivo per-fezionamento. probabile che, come sostengono alcuni studiosi, iGreci avessero appreso la litotecnica dalla civilt ittita, piuttosto chedallEgitto, dove luso degli strumenti in ferro pare non sia stato intro-dotto prima dellet tolemaica. Al grande sviluppo della stereotomiagreca si deve probabilmente lintroduzione della gradina, apparsaverso la fine del VI secolo a.C. e il cui impiego forse da collegare allascultura in marmo. Con lepoca ellenistica la tecnologia della pietraconobbe unespansione notevole, diffondendosi in tutto il bacino delMediterraneo e nellEuropa occidentale e adattandosi a svariati tipidi rocce.

    In epoca romana si generalizz limpiego del marmo, esteso anche

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    alledilizia privata, tanto che in et imperiale esistevano molte cave,in tutto il Mediterraneo, di marmi bianchi e colorati; le tecnicheestrattive erano ancora quelle messe a punto nellEllenismo, ma lor-ganizzazione del lavoro era divenuta pi complessa e articolata.

    Lo studio epigrafico delle sigle che compaiono sovente sui blocchidi marmo, (sia nelle cave sia nei pezzi trasportati nei magazzini diOstia e Roma) ha permesso di conoscere molti aspetti organizzatividelle cave, che generalmente erano di propriet imperiale. Nei distret-ti marmiferi pi grandi, ogni area estrattiva era contraddistinta, comeunit di lavoro, col termine officina, oppure, come unit amministra-tiva, veniva definita caesura; al suo interno poteva essere suddivisa inpi settori (bracchia), ciascuno con un suo responsabile. I vari procu -ratores, posti a capo di una o pi cave nelle singole provincie, doveva-no far capo a un procurator marmorum, residente a Roma. Essi sor-vegliavano anche le concessioni degli appalti, dati su singoli settori, ai

    14- Schema cronologico dei principali strumenti per la lavorazione dellapietra e tipo di percussori con i quali vanno usati: + di pietra tenace; x dirame o bronzo; O di legno; I di ferro acciaioso (da MANNONI 1993)

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    quali corrispondeva una fitta rete di squadre di lavoro. Queste ultimeavevano una struttura sociale composita: accanto a lavoratori di con-dizione servile comprendevano uomini condannati ai lavori forzati,ma anche artigiani liberi; il loro operato era generalmente sottopostoalla sorveglianza di militari.

    Con il tardoimpero le attivit estrattive registrano una sensibilediminuzione e diverse cave importanti, come quelle africane diSimitthus (Chemtou) o quelle di Luni (Carrara), non presentano trac-ce di coltivazioni posteriori al IV-V secolo d.C.

    Recenti indagini archeologiche condotte nelle cave di calcare postenei pressi di Nmes, hanno registrato lesistenza di coltivazioni di ettardoantica condotte ancora con sistemi di tradizione romana, maassai semplificati e degenerati; le cave sono infatti caratterizzate damaggiore irregolarit nellorganizzazione, dalla mancanza di tracce diestrazione di blocchi grandi, e inoltre dalla drastica riduzione dellagamma tipologica degli strumenti.

    Nei secoli dellAltomedioevo si verifica, in tutto il Mediterraneo,una progressiva scomparsa delle attivit di estrazione della pietra,fatta eccezione per alcune regioni dellimpero bizantino, quali lareasiro-palestinese e lArmenia, dove lantica tradizione della tagliata amano sembra sia sopravvissuta senza apparenti interruzioni.

    Una generale ripresa delle attivit estrattive interessa ilMediterraneo occidentale a partire dal XII secolo in poi, anche se intalune regioni se ne trova traccia gi nei primi decenni dellXI secolo.Poich la litotecnica riappare, dopo secoli di abbandono, in manieraimprovvisa e in forme tecnologicamente assai mature, del tutto logi-ca lipotesi che la reintroduzione dellantica stereotomia classica siaavvenuta tramite il contatto diretto con le regioni orientali delMediterraneo. Conoscere attraverso quali forme ci avvenne, costitui-sce attualmente uno dei temi pi complessi, ma anche pi suggestivi,della storia della cultura materiale. Ci che pare invece un dato sicu-ro il fatto che lorganizzazione delle cave di materiale lapideo, in etmedievale, riflette la nuova frammentazione politica, alla quale sonoevidentemente dovute le leggere differenze di strumentazioni e di tec-niche riscontrabili da una regione allaltra.

    Lo studio dei resti di alcune tagliate ancora visibili nei giacimentimarmiferi di Carrara, ad esempio, ha permesso di distinguere le trac-ce delle coltivazioni medievali da quelle di epoca romana; le primesono caratterizzate da maggiori irregolarit, dalla mancanza di unprocedimento a gradoni molto estesi, dalle dimensioni variabili (ma

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    15- Funzionamento del taglio tramite filo elicoidale (da L. T. MA N N O N I 1 9 8 4 )

    comunque piccole) delle tagliate, da avanzamenti curvi, o molto incli-nati. In generale per le cave di pietra dellEuropa medievale sonomolto pi conosciute dallo studio delle fonti scritte che non da analisiarcheologiche.

    Solo a partire dal XVIII secolo si registra un tentativo di innova-zione nei sistemi estrattivi tradizionali, rappresentato dalluso degliesplosivi. La carica esplodente, per lo pi polvere nera (formata dacarbone, salnitro e zolfo) veniva inserita entro lunghi fori, ricavaticon stretti scalpelli, detti f i o r e t t i . Per ottenerli occorreva che uncavatore tenesse retto lo scalpello sulla pietra, facendolo ruotare di20-30, mentre un altro lo batteva con la mazza. Anche se questosistema (definito varata nelle cave di Carrara) consentiva un note-vole risparmio di energia muscolare umana, comportava per svan-taggi notevoli: la maggior parte del prodotto era infatti inutilizzabi-le per le ridotte dimensioni o per le numerose incrinature; troppo eralo spreco di materiale, e, non ultimo, enormi quantit di detriti ten-

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    16-Le tracce del filo elicoidale visibili in una cava di pietra del Finale(Savona)

    devano a soffocare le cave. Per tali ragioni luso degli eslposivi rima-se un fatto molto limitato. Una radicale innovazione fu costituitainvece, alla fine del secolo scorso, dallintroduzione del taglio con f i l oe l i c o i d a l e. Presentato allEsposizione Internazionale di Parigi del1889 e di l a poco introdotto in molte cave (a Carrara comparve nel1895) esso era basato sullutilizzo di tre fili di acciaio, avvolti a spi-rale. Dovevano essere abbastanza lunghi (1 Km circa) da formare ungrande anello, tenuto in tensione da pulegge che lo facevano scorre-re, mentre si abbassavano gradatamente sulla roccia. Il filo trasci-nava una miscela di acqua e sabbia silicea che provocava una pro-gressiva abrasione della pietra. Questo sistema non era adatto perle rocce molto dure, oppure per lardesia, troppo fine, e perci facilea impastarsi.

    Pi recentemente stato soppiantato dal filo diamantato, una legametallica che contiene granuli di diamante industriale.

  • 17- La discesa dei blocchi da una cava tramite lizzatura(da DONATI 1990,ridisegnato da Zanella 1999)

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    4. I trasporti via terra e via acqua

    In ogni epoca il costo del trasporto, in termini di fatica umana e ditempo, era tra i pi alti di tutte le operazioni del cantiere.

    Nei casi in cui la zona di estrazione si trovava in aree montane, laprima fase del trasporto era rappresentata dalla discesa dalla cavaverso il piano, tramite percorsi che generalmente si effettuavano suforti pendenze, e lungo i quali i blocchi dovevano essere frenati. Unsistema frequente era lapprontamento di piste costituite da pianiinclinati, lungo le quali venivano fatti scendere i blocchi, legati a slit-te di legno (lizze) che scorrevano su travicelli disposti trasversalmen-te, frenate con funi agganciate ai bordi del percorso; il graduale allen-tamento delle funi consentiva un lento avanzamento dei carichi.

    Nelle cave greche del marmo pentelico si conservano straordinarietestimonianze di tale sistema, costituito da una via in forte pendenza,

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    ai lati della quale si trovano ancora i fori usati per i pali dove veniva-no avvolte e fatte scorrere le funi destinate a frenare le slitte. Nellecave di marmo di Carrara la lizzatura stata in uso fino a epocherecenti.

    In pianura il trasporto dei blocchi (o dei semilavorati) necessita-va invece di sistemi di traino; nellantico Egitto, essi erano effettua-ti tramite slitte trasci-nate dalla forza di cen-tinaia di uomini, men-tre nellantichit classi-ca e nelle epoche suc-cessive veniva general-mente impiegata ener-gia animale.

    Un mulo non putrasportare pi di kg.150 di materiale (vale adire non pi di due bloc-chi di cm 20x25x50circa), mentre un paiodi buoi in grado ditrainare un carro conun carico di circa 800chilogrammi; il traspor-to di pesi maggiori erareso possibile moltipli-cando gli animali aggio-gati. Un tale sistemaera certamente in usopresso gli antichi greci:lo studio della nota epi-grafe che registra i contiper la costruzione delportico del t e l e s t e r i o n d iEleusi (I.G.II, 1673 datata al 333/332 a.C.), ad esempio, documentalimpiego di 27-40 coppie di buoi per ogni viaggio. Dalle testimonian-ze iconografiche offerte da modellini in terracotta, stato possibilericostruire laspetto dei carri per trasporti pesanti usati sia dai greciche dai romani: erano formati da quattro ruote piene e dotati di unpiano orizzontale in legno; i carichi potevano esservi posti superior-

    18- Carri per il trasporto del marmo aCarrara, agli inizi del secolo

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    19- Il carico di un blocco di marmo su unimbarcazione (da DONATI 1990,ridisegnato da Zanella 1999)

    mente, oppure venire sospesi al di sotto. Il traino di grandi blocchi,effettuato aggiogando molte coppie di buoi, attestato ancora allini-zio di questo secolo, e solo da pochi decenni stato completamentesostituito dallintroduzione di speciali automezzi.

    Il trasporto meno costoso era rappresentato, in ogni epoca, dallevie dacqua; anzi, si pu affermare che non di rado la fortuna com-merciale di un materiale da costruzione era legata alla vicinanza divie marittime o fluviali. Lampia diffusione dei granitiegiziani in et romana forse in parte legata allapresenza del Nilo, cos come quella dei marmidi Luni alla relativa vicinanzadelle montagne marmife-re alla costa.

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    Per i trasporti pesanti erano necessarie imbarcazioni specialidenominate nas lithagogo dai greci e naves lapidariae dai romani.Larcheologia subacquea ha permesso di individuare numerosi relittiaffondati, con carichi di marmo del peso di 100-200 tonnellate.

    Il ritrovamento, nei grand