Due Donne un carisma 2 - 2016

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Elisabetta Girelli Maddalena Girelli Due donne un carisma ANNO XXI giugno 2016 2

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Pubblicazione sulla spiritualità delle venerabili sorelle Girelli, giugno 2016

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Elisabetta Girelli Maddalena Girelli

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uncarisma

ANNO XXI giugno 20162

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g s hg s hSommario

1) Anno Santo: un anno di Misericordia ...............................pag. 3

2) La Misericordia nel pensiero e nelle opere delle sorelle Girelli ...........pag. 5

3) Giovanni Paolo II Lettera Enciclica Dives in Misericordia ....pag. 7

4) Benedetto xvI: “È la Misericordia che ci muove verso Dio” ................................pag. 12

5) La Misericordia nel carisma di S. Angela Merici .........................................pag. 15

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Pubblicazione sulla spiritualità delle sorelle Girelli - Anno XXI, 2016, n. 2a cura della Compagnia S. Orsola

Via F. Crispi, 23 - 25121 BresciaTel. 030 295675 - 030 3757965

Direttore Responsabile: D. Antonio Fappani

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Anno Santo: un anno di Misericordia

Papa Francesco ha indetto, come tutti sappiamo, il giubileo straor-dinario della misericordia. Nelle nostre riflessioni dobbiamo partire dal discorso della montagna: una delle beatitudini è dedicata proprio alla misericordia: “Beati i misericordiosi, perché essi troveranno misericor-dia” (Matteo 5,7). Il significato della misericordia si arricchisce così di una reciprocità fra Dio e l’uomo che proprio quest’anno santo vuol farci riscoprire: se è vero infatti che va meditata e approfondita la paternità di Dio, è al-trettanto vera l’esigenza che i cristiani siano a loro volta misericordiosi, cioè ripropongano nel loro comportamento il volto paterno e miseri-cordioso del Padre. Il primo aspetto della misericordia di Dio, l’aspetto che papa Francesco non si stanca di sottolineare, è la sua grande pazien-za nei nostri confronti: Egli ci segue, ci sostiene nelle nostre incertezze, ci perdona sempre nel sacramento della confessione, quando torniamo a Lui con animo pentito. Questo esige che il misericordioso sia pazien-te in molte circostanze della sua vita: innanzi tutto verso se stesso nei momenti di sbandamento o nella insoddisfazione per ciò che siamo e per come siamo: quanto è difficile la situazione di chi non è contento del suo modo di vivere e di porsi nei confronti degli altri! La pazien-za si esercita anche nelle diverse prove della vita, che non mancano a nessuno; un atteggiamento insofferente e ribelle non fa che rendere più pesanti certe situazioni. Infine occorre esercitare la pazienza verso le persone che vivono con noi o che incontriamo, accogliere tutti con animo aperto e affettuoso, cercare di capire difficoltà, amarezze e pro-blemi, aiutare con la parola e con opere di carità solerte chi ha bisogno di sostegno. Ma la riflessione su Dio, Padre misericordioso, ci propone un’altra caratteristica della misericordia: essa è, oltre che paziente, anche si-lenziosa e capace di attesa, come fa il padre della parabola evangelica

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g s h g s hche aspetta il figlio, certo del suo ritorno fra le sue braccia aperte al perdono.Inoltre il Dio misericordioso è un Dio colmo di gioia, che si rallegra della misericordia usata con gli uomini: basta pensare alle parabole del-la pecorella smarrita, della dracma ritrovata, del figlio prodigo, la quale addirittura si conclude con la festa che si fa per il ritorno del figlio che si era smarrito lontano. La cosa più sorprendente nella misericordia di Dio è che Egli prova gioia nell’essere misericordioso e questo ci deve ricordare che nel nostro impegno a essere “a immagine e somiglianza di Dio” non può mancare questa caratteristica, perché Dio ama chi dona con gioia. Possiamo perciò meditare su quanto complesso e arricchente sia l’invito alla misericordia: non solo un atto di fede, ma la richiesta più precisa di un adeguamento ai tratti del volto del Padre che rende più ricchi sia la conoscenza di Dio, sia gli aspetti più profondi della nostra umanità.

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g s hLa Misericordia nel

pensiero e nelle opere delle sorelle Girelli

Tutta l’opera e tutta la vita delle sorelle Girelli si svolgono animate dalla sicurezza della provvidenziale misericordia divina. Le tante opere iniziate e condotte con determinazione, talvolta in situazioni difficili, vengono intra-prese nella sicurezza di un aiuto che non verrà mai meno. Anche nell’ampio epistolario delle due sorelle appare la fede in un aiuto sicuro e continuo: “la fedeltà del Signore dura in eterno”. Le numerose lettere scambiate con amici, conoscenti, membri della Compagnia o con sacerdoti a cui si chiede consiglio o a cui si dice una parola di incoraggiamento testimoniano la indiscussa fiducia che noi saremo sempre accolti, confortati e perdonati: si può dire che questo sia il fulcro della fede operosa delle due sorelle. Proprio perché operosa, essa entra in quel rapporto di reciprocità sottolineato da papa Francesco: nell’ampio commento alle beatitudini, Elisabetta Girel-li, parlando della misericordia di Dio parla anche della misericordia degli uomini, i misericordiosi. Nella “Vita di Gesù Cristo” Elisabetta precisa: “Per essere misericordiosi non basta usare al prossimo quegli atti di carità a cui siamo tenuti sotto pena di peccato, come sono il perdonare le offese, soccorrere con quello che abbiamo di superfluo il prossimo che si trovi in qualche estrema necessità; ma bisogna passar oltre facendo anche più di ciò che la legge esplicitamente comanda. Se per esempio ricambio con benefici le ingiurie, se per fare elemosina ti privi non solo del superfluo, ma anche di qualche cosa che ti sembra necessaria al tuo comodo e al tuo decoro, se per visitare o servire un infermo rinunci a qualche tuo lecito sollievo, se non aspetti di essere pregato a far del bene, ma previeni il prossimo con sollecita e industriosa carità, allora tu eserciti la misericordia. E così nel correggere, nel confortare, nel sopportare, quando non fossi a ciò obbli-gato da uno stretto dovere, saresti misericordioso, otterresti dal Signore la misericordia promessa nella vita presente e nella futura”. Allo stesso modo nel commento alle parabole si insiste, a proposito della parabola del buon pastore, nell’analizzare tutti gli aspetti del suo

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comportamento per porli come esempio a chi vuole seguire le orme del Maestro. In genere l’aspetto della misericordia viene meditato non solo nelle parabole, ma anche a proposito della predicazione, dei miracoli e delle esortazioni di Gesù. Nelle sue memorie, poi, Maddalena Girelli si sofferma su altri due aspetti del nostro impegno a essere misericordiosi. Infatti ricorre spesso la riflessione su come si possa essere misericordiosi nella propria contingente situazione. Nei confronti degli altri occorre che il suo carattere impulsivo riesca a dominarsi per controllare le parole che possono risultare dure o inopportune: meglio tacere, a meno che non vi sia pericolo di un grande male. Ma soprattutto le appare che il grande esercizio della misericordia sia legato al suo essere educatrice di tante giovani, in modo particolare di quelle che per l’ambiente in cui vivono, per ignoranza o per aver intra-preso una strada pericolosa hanno maggior bisogno di cogliere e vivere il messaggio cristiano. Le molteplici opere caritative delle Girelli sono tutte sostenute da questa forte coscienza di educatrici secondo l’insegnamento di sant’Angela, nel convincimento che il maggior dono che si possa fare ai giovani è proprio quello di un’educazione cristiana.

Irma Bonini Valetti

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Giovanni Paolo IILettera Enciclica

Dives in Misericordia

La riflessione sulla misericordia era già stata tratta da S. Giovanni Paolo II nell’enciclica Dives in Misericordia, del 30 novembre 1980. Quelle riflessioni sono quanto mai attuali per l’evento dell’Anno Santo 2016.

1. Rivelazione della misericordia «Dio ricco di misericordia» (Ef 2,4) è colui che Gesù Cristo ci ha ri-velato come Padre: proprio il suo Figlio, in se stesso, ce l’ha manifestato e fatto conoscere. (Gv 1,18) (Eb1,1) Memorabile al riguardo è il momento in cui Filippo, uno dei dodici apostoli, rivolgendosi a Cristo, disse: «Signore, mostraci il Padre e ci basta»; e Gesù così gli rispose: «Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai conosciuto...? Chi ha visto me, ha visto il Padre». (Gv 14,8) Queste parole furono pronunciate durante il discorso di addio, al termine della cena pasquale, a cui seguirono gli eventi di quei santi giorni durante i quali doveva una volta per sempre trovar conferma il fatto che «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo». (Ef 2,4) Seguendo la dottrina del Concilio Vaticano II e aderendo alle particolari necessità dei tempi in cui viviamo, ho dedicato l’enciclica Redemptor homi-nis alla verità intorno all’uomo, che nella sua pienezza e profondità ci viene rivelata in Cristo. Un’esigenza di non minore importanza, in questi tempi critici e non faci-li, mi spinge a scoprire nello stesso Cristo ancora una volta il volto del Padre, che è «misericordioso e Dio di ogni consolazione». (2 Cor 1, 3). Si legge infatti nella costituzione Gaudium et spes: «Cristo, che è il nuovo Adamo... svela... pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione»: egli lo fa «proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore» (Gaudium et Spes, 22). Le parole citate attestano chiaramente che la manifestazione dell’uomo, nella piena dignità della sua natura, non può aver luogo senza il riferimento

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g s hg s h- non soltanto concettuale, ma integralmente esistenziale - a Dio. L’uomo e la sua vocazione suprema si svelano in Cristo mediante la rivelazione del mistero del Padre e del suo amore. È per questo che conviene ora volgerci a quel mistero: lo suggeriscono molteplici esperienze della Chiesa e dell’uomo contemporaneo; lo esigono anche le invocazioni di tanti cuori umani, le loro sofferenze e speranze, le loro angosce ed attese. Se è vero che ogni uomo, in un certo senso, è la via della Chiesa, come ho affermato nell’enciclica Redemptor hominis, al tempo stesso il Vangelo e tutta la tradizione ci indicano costantemente che dobbiamo percorrere que-sta via con ogni uomo, cosi come Cristo l’ha tracciata, rivelando in se stesso il Padre e il suo amore (Cfr. ib). In Gesù Cristo ogni cammino verso l’uomo, quale è stato una volta per sempre assegnato alla Chiesa nel mutevole contesto dei tempi, è simulta-neamente un andare incontro al Padre e al suo amore. Il Concilio Vaticano II ha confermato questa verità a misura dei nostri tempi. Quanto più la missione svolta dalla Chiesa si incentra sull’uomo, quan-to più è, per cosi dire, antropocentrica, tanto più essa deve confermarsi e realizzarsi teocentricamente, cioè orientarsi in Gesù Cristo verso il Padre. Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano ad essere propense a dividere e perfino a contrap-porre il teocentrismo e l’antropocentrismo, la Chiesa invece, seguendo il Cristo, cerca di congiungerli nella storia dell’uomo in maniera organica e profonda. E questo è anche uno dei principi fondamentali, e forse il più impor-tante, del magistero dell’ultimo Concilio. Se dunque nella fase attuale della storia della Chiesa, ci proponiamo come compito preminente di attuare la dottrina del grande Concilio, dobbiamo appunto richiamarci a questo principio con fede, con mente aperta e col cuore. Già nella citata mia en-ciclica ho cercato di rilevare che l’approfondimento e il multiforme arric-chimento della coscienza della Chiesa, frutto del medesimo Concilio, deve aprire più ampiamente il nostro intelletto ed il nostro cuore a Cristo stesso. Oggi desidero dire che l’apertura verso Cristo, che come Redentore del mondo rivela pienamente l’uomo all’uomo stesso, non può compiersi al-trimenti che attraverso un sempre più maturo riferimento al Padre ed al suo amore.

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g s h2. Incarnazione della misericordia Dio, che «abita una luce inaccessibile» (1 Tim 6, 16), parla nello stesso tempo all’uomo col linguaggio di tutto il cosmo: «Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divini-tà» (Rm 1, 20). Questa indiretta e imperfetta conoscenza, opera dell’intelletto che cerca Dio per mezzo delle creature attraverso il mondo visibile, non è ancora «visione del Padre». «Dio nessuno l’ha mai visto», scrive san Giovanni per dar maggior rilievo alla verità secondo cui «proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1, 18). Questa «rivelazione» manifesta Dio nell’insondabile mistero del suo es-sere - uno e trino - circondato di «luce inaccessibile» (1 Tim 6, 16). Median-te questa «rivelazione» di Cristo, tuttavia, conosciamo Dio innanzitutto nel suo rapporto di amore verso l’uomo: nella sua «filantropia» (Tit 3, 4). È proprio qui che «le sue perfezioni invisibili» diventano in modo par-ticolare «visibili», incomparabilmente più visibili che attraverso tutte le altre «opere da lui compiute»: esse diventano visibili in Cristo e per mezzo di Cristo, per il tramite delle sue azioni e parole e, infine, mediante la sua morte in croce e la sua risurrezione. In tal modo, in Cristo e mediante Cristo, diventa anche particolarmen-te visibile Dio nella sua misericordia, cioè si mette in risalto quell’attributo della divinità che già l’Antico Testamento, valendosi di diversi concetti e termini, ha definito «misericordia». Cristo conferisce a tutta la tradizione vetero-testamentaria della mise-ricordia divina un significato definitivo. Non soltanto parla di essa e la spiega con l’uso di similitudini e di parabole, ma soprattutto egli stesso la incarna e la personifica. Egli stesso è, in un certo senso, la misericordia. Per chi la vede in lui - e in lui la trova - Dio diventa particolarmente «visibile» quale Padre «ricco di misericordia» (Ef 2, 4). La mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uo-mo, il quale, grazie all’enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non

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mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra (Cfr. Gn 1, 28). Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superfìcialmente, sembra che non lasci spazio alla mise-ricordia. A questo proposito possiamo, tuttavia, rifarci con profitto all’im-magine «della condizione dell’uomo nel mondo contemporaneo» qual è delineata all’inizio della Costituzione Gaudium et spes. Vi leggiamo, tra l’altro, le seguenti frasi: «Stando così le cose, il mondo si presenta oggi potente e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell’odio. Inoltre, l’uomo si rende conto che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli» (Gaudium et Spes, 9).

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La situazione del mondo contemporaneo manifesta non soltanto tra-sformazioni tali da far sperare in un futuro migliore dell’uomo sulla ter-ra, ma rivela pure molteplici minacce che oltrepassano di molto quelle finora conosciute. Senza cessare di denunciare tali minacce in diverse circostanze (come negli interventi all’ONU, all’UNESCO, alla FAO ed altrove), la Chiesa deve esaminarle, al tempo stesso, alla luce della verità ricevuta da Dio. Rivelata in Cristo, la verità intorno a Dio «Padre delle misericordie» (2 Cor 1, 3) ci consente di «vederlo» particolarmente vicino all’uomo, soprattutto quando questi soffre, quando viene minacciato nel nucleo stesso della sua esistenza e della sua dignità. Ed è per questo che, nell’odierna situazione della Chiesa e del mon-do, molti uomini e molti ambienti guidati da un vivo senso di fede si ri-volgono, direi, quasi spontaneamente alla misericordia di Dio. Essi sono spinti certamente a farlo da Cristo stesso, il quale mediante il suo Spirito opera nell’intimo dei cuori umani. Rivelato da lui, infatti, il mistero di Dio «Padre delle misericordie» diventa, nel contesto delle odierne minac-ce contro l’uomo, quasi un singolare appello che s’indirizza alla Chiesa. Nella presente enciclica desidero accogliere questo appello; deside-ro attingere all’eterno ed insieme, per la sua semplicità e profondità, incomparabile linguaggio della rivelazione e della fede, per esprimere proprio con esso ancora una volta dinanzi a Dio ed agli uomini le grandi preoccupazioni del nostro tempo. Infatti, la rivelazione e la fede ci insegnano non tanto a meditare in astratto il mistero di Dio come «Padre delle misericordie», ma a ricor-rere a questa stessa misericordia nel nome di Cristo e in unione con lui. Cristo non ha forse detto che il nostro Padre, il quale «vede nel segreto» (Mt 6, 4.6.18), attende, si direbbe, continuamente che noi, richiaman-doci a lui in ogni necessità, scrutiamo sempre il suo mistero: il mistero del Padre e del suo amore? (Cfr. Ef 3, 18; Lc 11, 5-13) Desidero quindi che queste considerazioni rendano più vicino a tutti tale mistero e diventino, nello stesso tempo, un vibrante appello della Chiesa per la misericordia di cui l’uomo e il mondo contempora-neo hanno tanto bisogno. E ne hanno bisogno anche se sovente non lo sanno.

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Benedetto xvI:“È la Misericordia che

ci muove verso Dio”

In un recente convegno teologico tenutosi a Roma lo scorso ottobre, l’ar-civescovo Georg Gänswein, segretario di Benedetto XVI ha letto il testo di un’intervista con il Papa emerito, realizzata dal teologo gesuita Jac-ques Servais, su «che cosa è la fede e come si arriva a credere», riportata da un giornalista Andrea Tornelli. In essa Papa Benedetto parla diffu-samente della misericordia, che ci muove verso Dio.

«Per me è un “segno dei tempi” il fatto che l’idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante». Parola di Benedetto XVI. «Cosa è la fede e come si arriva a credere?».

1. In una prima risposta, Ratzinger ribadisce che cosa sia la Chiesa e il fatto che la Chiesa non si è fatta da sé. «Si tratta della questione: cosa sia la fede e come si arrivi a credere. Per un verso la fede - spiega il Papa emerito - è un contatto profondamente personale con Dio, che mi tocca nel mio tessuto più intimo e mi mette di fronte al Dio vivente in assoluta immedia-tezza in modo cioè che io possa parlargli, amarlo ed entrare in comunione con lui. Ma al tempo stesso questa realtà massimamente personale ha insepara-bilmente a che fare con la comunità: fa parte dell’essenza della fede il fatto di introdurmi nel noi dei figli di Dio, nella comunità peregrinante dei fratelli e delle sorelle. La fede deriva dall’ascolto (fides ex auditu), ci insegna san Paolo. L’a-scolto a sua volta implica sempre un partner. La fede non è un prodotto della riflessione e neppure un cercare di penetrare nelle profondità del mio essere. Entrambe le cose possono essere presenti, ma esse restano insufficienti senza l’ascolto mediante il quale Dio dal di fuori, a partire da una storia

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da Lui stesso creata, mi interpella. Perché io possa credere ho bisogno di testimoni che hanno incontrato Dio e me lo rendono accessibile». «La Chiesa non si è fatta da sé - ribadisce Ratzinger - essa è stata creata da Dio e viene continuamente formata da Lui. Ciò trova la sua espressione nei sacramenti, innanzitutto in quello del battesimo: io entro nella Chiesa non già con un atto burocratico, ma me-diante il sacramento. E ciò equivale a dire che io vengo accolto in una comunità che non si è originata da sé e che si proietta al di là di se stessa. La pastorale che intende formare l’esperienza spirituale dei fedeli deve pro-cedere da questi dati fondamentali. È necessario che essa abbandoni l’idea di una Chiesa che produce se stessa e far risaltare che la Chiesa diventa comunità nella comunione del corpo di Cristo. Essa deve introdurre all’in-contro con Gesù Cristo e portare alla Sua presenza nel sacramento».

2. Rispondendo a un’altra domanda, il Papa emerito parla della centralità della misericordia. «L’uomo di oggi ha in modo del tutto generale la sen-sazione che Dio non possa lasciar andare in perdizione la maggior parte dell’umanità. In questo senso la preoccupazione per la salvezza, tipica di un tempo, è per lo più scomparsa. Tuttavia, a mio parere, continua a esi-stere, in altro modo, la percezione che noi abbiamo bisogno della grazia e del perdono. Per me è un “segno dei tempi” il fatto che l’idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante - a partire da suor Faustina, le cui visioni in vario modo riflettono in profondità l’immagine di Dio propria dell’uomo di oggi e il suo desiderio della bontà divina». «Papa Giovanni Paolo II - continua Ratzinger - era profondamente im-pregnato da tale impulso, anche se ciò non sempre emergeva in modo esplicito. Ma non è di certo un caso che il suo ultimo libro, che ha visto la luce proprio immediatamente prima della sua morte, parli della mise-ricordia di Dio. A partire dalle esperienze nelle quali fin dai primi anni di vita egli ebbe a constatare tutta la crudeltà degli uomini, egli afferma che la misericordia è l’unica vera e ultima reazione efficace contro la potenza del male. Solo là dove c’è misericordia finisce la crudeltà, finiscono il male e la violenza». «Papa Francesco - continua Benedetto citando il suo successore - si tro-

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g s hg s hva del tutto in accordo con questa linea. La sua pratica pastorale si esprime proprio nel fatto che egli ci parla continuamente della misericordia di Dio. È la misericordia quello che ci muove verso Dio, mentre la giustizia ci spa-venta al suo cospetto. A mio parere ciò mette in risalto che sotto la patina della sicurezza di sé e della propria giustizia l’uomo di oggi nasconde una profonda conoscenza delle sue ferite e della sua indegnità di fronte a Dio. Egli è in attesa della misericordia. Non è di certo un caso che la parabola del buon samaritano sia particolarmente attraente per i contemporanei. E non solo perché in essa è fortemente sottolineata la componente sociale dell’esistenza cristiana, né solo perché in essa il samaritano, l’uomo non religioso, nei confronti dei rappresentanti della religione appare, per così dire, come colui che agisce in modo veramente conforme a Dio, mentre i rappresentanti ufficiali della religione si sono resi, per così dire, immuni nei confronti di Dio». «È chiaro che ciò piace all’uomo moderno - osserva ancora Benedetto XVI - Ma mi sembra altrettanto importante tuttavia che gli uomini nel loro intimo aspettino che il samaritano venga in loro aiuto, che egli si curvi su di essi, versi olio sulle loro ferite, si prenda cura di loro e li porti al riparo. In ultima analisi essi sanno di aver bisogno della misericordia di Dio e della sua delicatezza. Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l’attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente. Mi pare che nel tema della misericordia divina si esprima in un modo nuovo quello che significa la giustificazione per fede. A partire dalla mi-sericordia di Dio, che tutti cercano, è possibile anche oggi interpretare daccapo il nucleo fondamentale della dottrina della giustificazione e farlo apparire ancora in tutta la sua rilevanza».

a cura di don Mario Trebeschi

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g s hLa Misericordia nel

carisma di S. Angela Merici

Una donazione totale richiede una continua preghiera e una radicale fedeltà.“La grazia che Dio Padre ci ha fatto di donarci totalmente a Lui nel Cristo, mediante la Chiesa, richiede, per essere portata a compimento, una incessante preghiera e vivo desiderio di radicale fedeltà”.«E rendi sicuri i miei affetti e i miei sensi, così che non deviino né a destra né a sinistra, né mi distolgano dal luminosissimo tuo volto, che fa contento ogni cuore afflitto».Una vita libera e fedele ...una scelta che accetta e offre tutte le conseguenze dell’amore.“Facendo volontariamente sacrificio a Dio del proprio cuore, vivrà fedelmente la castità verginale in tutte le sue dimensioni ed esigenze di pienezza e di rinuncia”.«Ti prego: ricevi il mio libero arbitrio, ogni atto della mia volontà….Ricevi ogni mio pensare, parlare ed operare; insomma ogni cosa mia, tanto interiore quanto esteriore…E ti prego, degnati di riceverlo, benché io ne sia indegna. Amen» (R 5).«Prendi, Signore, e accetta tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo: tu me lo hai dato. A te, Si-gnore, lo ridono, tutto è tuo, disponine a tuo piacimento. Dammi il tuo amore e la tua grazia, perché questa mi basta» (Sant’Ignazio di Loyola).Dobbiamo imparare ad amare come Cristo ci ha amate.Nell’Eucaristia attingeremo la forza per offrire in fedeltà e in rendimento di grazie, la nostra vita, amando come Cristo ci ha amato.Dobbiamo avere lo stile della misericordia....perchè mai sufficientemente adeguati al dono continuo dello Sposo: “La co-scienza della inadeguatezza della risposta al dono di Dio e dell’infedeltà alla sua grazia ci spingerà a domandare al benignissimo Signore misericordia e tempo e modo di pentirci”.«Degnati, o benignissimo Signore, di perdonarmi tante offese, e ogni mio fallo che mai abbia commesso, fino ad ora dal giorno del Santo Battesimo (R 5).Degnati anche, Signor mio, di perdonare i peccati di mio padre, di mia madre, dei miei parenti ed amici e di tutto il mondo.Signor mio, unica vita e speranza mia, ti prego: degnati di ricevere questo mio cuore vilissimo ed impuro, e di bruciare ogni suo affetto e ogni sua passione nell’ardente fornace del tuo divino amore» (R 5).

Mariarosa Pollini

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O SS. Trinità,sorgente di ogni bene,

profondamente Vi adoroe, con la massima fiducia,Vi supplico di glorificare

le vostre fedeli ServeVenerabili Maddalena ed Elisabetta Girelli

e di concedermiper loro intercessione

la grazia...Padre nostro, Ave Maria e Gloria

N.B.: 1) Chi si rivolge al Signore con la suddetta preghiera, specie in caso di novena, affidi la propria intenzione all’intercessione di entrambe le venerabili sorelle.

2) Ottenendo grazie per intercessione delle Venerabili Serve di Dio Maddalena ed Elisabetta si prega darne sollecita comunicazione a: Compagnia S. Orsola - Figlie di S. Angela - Via Crispi, 23 - 25121 Brescia.

Chi desiderasse avere questo inserto da distribuire in Parrocchia, può richiederlo telefonando allo 030.295675.

Preghiera alle VenerabiliSorelle Girelli

per ottenere grazie!

Supplemento a “la Voce della compagnia di S. angela. BreScia”, giugno 2016, n. 2

Elisabetta Girelli Maddalena Girelli