Dove va il lavoro? - macchi-gangemi.it · lavorativo di un giuslavorista. ... Un epocale cambio di...

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2 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

Dove va il lavoro 2

Albè & Associati Studio Legale 6

Baker McKenzie 7

Boursier Niutta & Partners Studio Legale Associato 9

Gerardo Vesci & Partners Studio Legale 11

LabLaw Studio Legale Failla Rotondi & Partners 13

Macchi di Cellere Gangemi Studio Legale 17

Marrazza & Associati Studio Legale 19

Salonia Associati Studio Legale 20

Spolverato e Soci Avvocati del Lavoro 22

Toffoletto De Luca Tamajo 24

Tosi e associati Studio Legale 26

Uniolex Stucchi & Partners - Avvocati 27

3 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

stranieri. D’altra parte, sul tema di frontiera

del gender pay gap, ci sono Paesi come Islan-

da, Norvegia, Finlandia e Svezia che hanno già

introdotto provvedimenti mirati a cui le azien-

de sono chiamate ad adeguarsi. In particolare

in Irlanda, da gennaio 2018, le aziende, se non

vogliono incorrere in sanzioni, sono tenute a

richiedere alle autorità una certificazione in

merito alla parità di salario tra uomo e donna

che svolgono le stesse mansioni.

Il fatturato è smart?

Quanto il dibattito in corso sulle pagine dei

giornali si traduce in attività per il consulen-

te legale e quindi in fatturato? Ci sono sicu-

ramente tematiche che stanno iniziando a

pesare in maniera anche rilevante sul bilancio

lavorativo di un giuslavorista. Sono temi quali

il welfare, i flexible benefits, lo smart working,

i regolamenti sulla privacy e controlli a distan-

za. Questo si spiega col fatto che si tratta di

aspetti che rientrano nella contrattazione di

secondo livello, che è stata fortemente incenti-

vata dal Jobs Act, e che quindi chiama il consu-

lente ad attivarsi, oltre che per la semplice con-

sulenza, anche a livello di accordi sindacali e

di regolamenti e accordi individuali. Pensiamo

per esempio al tema dei flexible benefits che

sono vantaggiosi sia per le imprese sia per i la-

voratori ma richiedono accordi con i sindacati.

E che quindi si stanno diffondendo sempre

più anche nelle Pmi. Due sono così le direttri-

ci che stanno sviluppando i volumi su questo

fronte sotto la spinta della contrattazione di

secondo livello: l’ampliamento delle tematiche

su cui le aziende cercano risposte e l’allarga-

mento della platea di imprese interessate. Lo

Dove va il lavoro?

IL TERMINE GIG DERIVA DAL JAZZ.

Già all’inizio del secolo scorso si era diffuso

per indicare l’ingaggio di una serata. Poi l’uso

si è allargato a tutto il mondo della musica. E

oltre. Sempre più anche nel lessico degli av-

vocati: complici i fenomeni Uber e Foodora, è

tra i termini più in voga nel dibattito giusla-

voristico. I consulenti stanno ridefinendo il

perimetro del proprio campo lungo il sentiero

tracciato dalle nuove frontiere dell’economia.

Gig economy, smart working, intelligenza arti-

ficiale, industria 4.0, Internet of Things (IoT),

whistleblowing: insieme a privacy, welfare e

sistemi di remunerazione, sono i termini più

citati nell’indagine svolta da TopLegal tra le

principali insegne italiane chiamate a traccia-

re i principali trend del comparto.

Certo, il diritto del lavoro è da sempre in

continuo movimento perché riflette i muta-

menti della società. Ma l’attuale combinazione

tra l’accelerazione tecnologica e nuove istanze

sociali ed economiche ha portato con sé nu-

merose novità che stanno cambiando non solo

gli aspetti normativi ma l’approccio stesso al

diritto del lavoro. Con un significativo rifles-

so sull’attività dei giuslavoristi. Ci sono nuovi

lavori on demand, ci sono nuovi modi di stare

al lavoro, stanno cambiando le logiche della

retention e le aziende stanno sperimentando

nuovi modelli organizzativi. Fenomeni che

spesso arrivano dall’estero e su cui le insegne

anche in Italia mostrano di voler prendere

posizione. A fronte di un mercato legale con-

solidato e saturo, dove chi è piccolo preferisce

rimanere piccolo e chi è grande si interroga su

come crescere, è probabile che proprio questi

temi offriranno sempre più una leva di com-

petizione e un punto di entrata ai concorrenti

Economia agile, internet delle cose e gig economy riscrivono l’agenda dei giuslavoristi

A cura di Elena Bonanni

4 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

consulenti del lavoro, agli ex Hr che nel tem-

po sono divenuti consulenti, a cui ora si sono

aggiunti i portali di flexible benefits, i portali

di paghe, i software più disparati. Ciò in ragio-

ne della estrema popolarità dei temi connessi

alla gestione del personale, enfatizzata dalle

grandi discussioni sul Jobs Act. I professionisti

devono pertanto rimanere sempre aggiornati e

al passo con le continue modifiche e gli studi

attrezzarsi all’avanzata dell’intelligenza artifi-

ciale investendo, per esempio, sull’infrastrut-

tura di supporto tecnologico alla consulenza

per creare prodotti che siano competitivi a li-

vello internazionale.

Un epocale cambio di approccio

Se i tre interventi strutturali dell’ultimo de-

cennio (Collegato lavoro, legge Fornero e Jobs

Act) hanno definito alcune problematiche che

avevano generato negli anni un rilevante con-

tenzioso giudiziario, ciò non significa, che il di-

battito, soprattutto in materia di licenziamenti

individuali, non sia più vivo. Tutt’altro. E allo

stesso tempo rimangono chiaramente ben sal-

di nell’attività operativa dei consulenti i temi

storici per tutte le stagioni: i licenziamenti

disciplinari, l’appalto, distacco e somministra-

zione, i contratti di assunzione, i patti di non

concorrenza, la due diligence in ambito M&a,

le numerose procedure di ristrutturazione che

arrivano dall’estero (tanti piccoli casi Embra-

co che ha lasciato in eredità la crisi), i trasferi-

menti d’azienda. Gli incarichi più sostanziosi

si trovano chiaramente ancora sulle grandi

operazioni, sui licenziamenti collettivi, sul-

le varie attività sindacali a forte impatto, nei

cambi di concessione dei servizi pubblici, a cui

si aggiunge il maggior peso delle negoziazioni

e degli accordi di secondo livello (che riguar-

dano sempre più anche i nuovi temi di lavoro

agile e di welfare).

Tuttavia, le modifiche che ha subito il com-

parto marcano non solo un cambio di norma-

smart working rimane invece per ora ancora

più un tema per grandi aziende. Se è vero che

il lavoro del giuslavorista si è sempre caratte-

rizzato per un’intensa attività di consulenza

ordinaria, a fronte di licenziamenti e conten-

zioso in calo oggi queste nuove sfide aziendali

stanno portando l’assistenza stragiudiziale a

pesare anche il 70% del fatturato di un giusla-

vorista. Con una legislazione che favorisce l’u-

tilizzo di questi strumenti ma aziende ormai

all’osso in termini di personale, la funzione Hr

da sola non riesce a fare tutto e gli studi legali

diventano sempre più dei provider esterni.

Hr in subbuglio

L’introduzione della tecnologia e di nuovi mo-

delli organizzativi, da una parte, e la maggiore

flessibilità introdotta dalle riforme, dall’altro,

stanno sottoponendo la funzione delle Hr a un

processo di profonda trasformazione, alzando

per esempio la dimensione minima dell’azien-

da. Due gli effetti di questa situazione. Da un

lato, in molte multinazionali si sta verificando

la riduzione degli uffici del personale a funzio-

ne di gestione del libro paga mentre le funzioni

più soft — come selezione, formazione, svilup-

po — vengono delocalizzate agli headquarter

internazionali. Dall’altro lato, e in alternativa,

si sta verificando l’espansione delle aree di

competenza della divisione Hr, un esempio at-

tuale è la tematica della data protection e della

privacy. A questo si aggiunge la nuova frontie-

ra 4.0, con intelligenza artificiale e digitalizza-

zione che stanno producendo sia nuove norme

che nuove interpretazioni di quelle esistenti e

chiedono agli Hr nuove conoscenze anche tec-

nologiche. Certamente le riforme hanno reso

la materia più complicata, richiesto continui

aggiornamenti, e hanno aumentato i volumi

della consulenza. Tuttavia, non è detto che

tutti i giuslavoristi ci abbiano sempre guada-

gnato. Da sempre il comparto, e oggi ancor più,

è terreno di incursione di altri “giocatori”, dai

5 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

in fase di sperimentazione e di confronto su

cui il primo investimento che uno studio po-

teva fare era quello di presidio nell’arena del

dibattito pubblico. Logica replicabile oggi ad

altri ambiti innovativi, che si parli del braccia-

letto di Amazon o di dispositivi gps.

Nuove frontiere ad alto stress

Il lavoro sta quindi andando in una direzione

anglosassone, fatta da più policy, regolamenti,

capacità di gestione proattiva delle tematiche.

E deve saper accompagnare le esigenze delle

aziende che vedono nei temi più caldi anche

uno strumento di gestione aziendale. Nelle

grandi aziende il tema della diversità sta per

esempio diventando un tema strategico, in

grado di avere un impatto sulla crescita del

business e come antidoto alle spinte discrimi-

natorie. Allo stesso tempo nell’ambito dell’evo-

luzione delle nuove contestazioni disciplinari,

le soft skill si stanno mostrando non da meno

delle hard skill. In altri termini, ci si aspet-

ta che i dirigenti e quadri aziendali non solo

facciano “numeri” ma anche gestiscano le di-

namiche complesse delle persone attraverso

qualità di leadership da sviluppare con corsi di

formazione mirati sui cui l’azienda è disposta

a investire. Ma di cui, alla fine dei conti, vuole

vederne i risultati in termini di leadership, che

altro non è che la gestione efficiente dei col-

laboratori anche in situazioni di crisi. Non si

tratta più di semplici auspici manageriali, ma

di impostazioni gestionali che possono tradur-

si in potenziali contestazioni. Così come sono

in aumento le controversie legate alle malattie

professionali, con in prima fila il fenomeno di

stress lavoro-correlato. Non è un caso che in

una sua recente pubblicazione del 2017 l’Inail

abbia rilevato che negli ultimi mesi, si sono

moltiplicati i casi di contestazione, da parte

delle Procure della Repubblica, del reato di

lesioni colpose in relazione a patologie di tipo

ansioso depressivo ricondotte a condizioni di

lavoro connotate da fattori di stress non ade-

guatamente valutati dal datore di lavoro.

tiva, ma segnano un epocale cambio di approc-

cio al lavoro e alla consulenza anche sui temi

tradizionali. Il Jobs Act ha infatti costretto ad

aggiornamenti importanti e a un cambio di

prospettiva su come affrontare temi storica-

mente delicati come la cessazione del rapporto

di lavoro. Un processo in cui le aziende vanno

accompagnate, perché si tratta di innovazioni

che hanno dato un’accelerata senza uguali in

Europa in termini di modernità del mercato

del lavoro. Ecco perché c’è molta attenzione da

parte degli operatori alle possibili evoluzioni

del Jobs Act legate alle elezioni politiche. Così

come è tornato a essere un tema di assoluta

attualità il dibattito sul sistema pensionistico,

su cui si sono registrate numerose proposte

durante la campagna elettorale. A prescindere

dalle singole proposte, la sensazione che emer-

ge dal dibattito è che al centro dell’attenzione

del Paese debba tornare il capitale umano, e

quindi gli investimenti in formazione e qualità

dell’occupazione, aspetti su cui anche il diritto

del lavoro può fare molto.

Questione di posizionamento

Alcuni dei nuovi fenomeni sociali appartengo-

no però almeno per ora più alla sfera del dibat-

tito sui giornali che alla parcella dei giuslavo-

risti. È il caso delle riflessioni sul rapporto di

lavoro dopo i casi Uber, Deliveroo e Foodora

(per quanto il caso Uber abbia già dato vita

a un contenzioso con i sindacati dei tassisti

oltre a cause di singoli autisti in giro per il

mondo). Ma anche del whistleblowing, che per

gli esperti può essere paragonato alla prima

privacy di venti anni fa: siamo ancora in una

fase per ora convegnistica più che operativa.

Il tema non è infatti una novità per le grandi

aziende che più o meno avevano policy di que-

sto tipo già in essere. Tuttavia, è comunque

importante sapersi costruire per tempo posi-

zionamento e visibilità. Si prenda ad esempio

il percorso dello smart working, che prima di

diventare un tema di lavoro è stato un ambito

6 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

STUDIO LEGALE

e digitale dei propri processi produttivi. Se, quin-

di, da una parte l’Industria 4.0 è un’opportunità di

crescita, dall’altra sussiste la preoccupazione per

la possibile diminuzione dei posti di lavoro in ra-

gione della completa automazione di quelle attivi-

tà c.d. “esecutive”, restando certamente escluse dal

processo di cambiamento - almeno con l’attuale

evoluzione - le posizioni più qualificate che conti-

nueranno ad essere di competenza dell’uomo. In

tale contesto non si può non menzionare l’artico-

lo 2103 c.c., come modificato dal D. Lgs n. 81/2015,

che, oltre a riaffermare che il lavoratore deve es-

sere adibito alle mansioni per le quali è stato as-

sunto, o a quelle superiori successivamente acqui-

site, ha pure previsto la possibilità per le aziende,

in caso di riorganizzazione interna, di assegnare

al lavoratore mansioni inferiori, purchè rientran-

ti nella medesima categoria legale. Tuttavia, con

l’avvento dell’era dell’Industria 4.0, in un’ottica di

crescita, si può concretamente pensare a percorsi

di formazione e di riqualificazione dei lavorato-

ri rispetto all’utilizzo delle nuove tecnologie ed

evitare così un eventuale ricollocamento in altre

mansioni, anche inferiori, dei dipendenti interes-

sati dal processo evolutivo.

L’Industria 4.0 e lo ius variandi: extrema ratio o opportunità di crescita?

Quando si parla di Industria 4.0 - con ciò in-

tendendo la tendenza industriale all’automa-

zione digitalizzata dei processi produttivi - si pen-

sa immediatamente alla soppressione di posti di

lavoro in luogo di un software o di un robot che

sostituiscono integralmente l’attività umana. Tale

conclusione, tuttavia, è affrettata. Di certo, non

sussistono dubbi sul fatto che l’avvento dell’In-

dustria 4.0 rappresenta uno scenario positivo per

tutte quelle aziende che vogliono migliorare le

proprie tecniche produttive ed accrescere, al con-

tempo, la propria competitività globale. In effetti,

l’opportunità offerta dall’Industria 4.0 è stata già

recepita sul piano regolamentare e legislativo con

la consapevolezza che la valorizzazione del fattore

produttivo digitalizzato può costituire un elemen-

to essenziale per la crescita dell’intero comparto

industriale. Di particolare rilievo è il “Piano Nazio-

nale Industria 4.0”, presentato dal Ministero dello

Sviluppo Economico lo scorso 19 settembre 2017

che, anche per l’anno corrente, ha individuato le

linee guida operative - in particolare per quanto

concerne gli incentivi fiscali - per tutte quelle im-

prese che vogliono investire in beni strumentali

nuovi e funzionali alla trasformazione tecnologica

Scenari positivi per le imprese anche attraverso la valorizzazione delle competenze

Albè & Associati Studio Legale

A cura di Alberto Caravella

BUSTO ARSIZIO (VA)Via Benvenuto Cellini, 22

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7 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

to be licensed). The Ministry response did not ad-

dress the abstract possibility that the activity of

a provider of work in crowdsourcing is deemed

employed work. This is appropriate since work

and services sought in crowdsourcing often con-

sist of well defined projects and activities, with

a limited duration and performed by providers

with own means and autonomously. Lack of pre-

cedents dealing with claims by crowdsourcing

providers, to be re-characterized as employees,

confirms that this is not an issue. Not yet, at

least. Will it be in the future? All employment

lawyers know that, according to Italian courts,

“all human activities can be performed as em-

ployed activities or as self employed ones”. De-

pending on circumstances, this could also be

the case for crowdsourcing providers. In recent

months, a bill was presented to the Parliament

that seems to tap into this matter from a diffe-

rent perspective (the bill concerns the “Disposi-

zioni in materia di lavoro autonomo mediante

piattaforma digitale” -DDL S. 2934). The bill ne-

ver mentions crowdsourcing expressly, but its

provisions would have an impact on th indivi-

duals who provide works or services in crowd-

sourcing. In fact, said bill purports to ensure

that individuals who offer their non-employed

services in a web platform, may benefit from va-

rious forms of social security protection, as well

as from administrative and accounting support

by umbrella companies. The explanatory note

to the bill expressly mentions the need to get

prepared for a drastically changed scenario in

which “labour platforms will make it possible to

turn yesterday employees into self employed con-

tractors”.

Stay tuned for changes in Italy!

What about other jurisdictions?

In the UK “the exponential increase in pla-

Crowdsourcing and platform workers

Under Italian law no specific statutory pro-

visions regulate crowdsourcing. In the

past, the Ministry of Labour, with “Interpello

No.12/2013” had to clarify whether crowdsour-

cing websites need to be licensed as work agen-

cies. The answer of the Ministry ended up dea-

ling with crowdsourcing in a more general way.

According to the Ministry, most businesses that

use crowdsourcing enter into purchase agree-

ments or “appalto” services agreements. Since

neither contract constitutes a work agreement,

the Ministry concluded that crowdsourcing

websites usually need not a work agency license.

The Ministry however added that things could

be different if a crowdsourcer needed a work or a

service from a self-employed professional. If the

business wanted to retain the professional for an

extended period of time, such that the professio-

nal became a part of the business organization,

the crowdsourcing website would need to be

licensed as a work agency, mediating between

work demand and offer (according to the Mini-

stry the mediation of self-employed work needs

How the Digital Tsunami Is Creating a Wave of New Workers

Coined years ago, the meaning of “crowdsourcing” is still uncertain to many. It occurs when a business “outsources” the supply of goods or services to a provider from a “crowd”. It is also possible outside of the inter-net, but is deemed a child of the digital era: through the web the demand for services and goods can meet a crowd of offerors, regardless of time and distance. Its relevance may grow expo-nentially: hence, it is important how the law deals with it.

A cura di Massimiliano Biolchini e Uberto Percivalle

8 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

zie in Paris, “crowdsourcing is almost unknown

to employment law, while long known in busi-

ness. Crowdsourcing may take different forms

in various situations, not easy to crystallyze by

lawmakers. Given that French employment law

applies to “subordinated” relationships and su-

bordination is absent from the DNA of crowd-

sourcing, room for employment issues remains

however limited to border line cases.”

“No statutes have been adopted on crowdwor-

kers” comments David Diaz, of Baker McKenzie

in Madrid. “Under the current laws, crowdwor-

kers may be considered either employees or self

employed workers pursuant to the general crite-

ria. A transport worker is not an employee if s/he

owns the vehicle used to work, provided it weighs

over 2 tons.” “No labour court decision was re-

ported yet, that addressed crowdsourcing or web

platform work. Labour inspectors in several pro-

vinces (Valencia, Madrid, etc.) opined that certain

crowdworkers performing services as indepen-

dent contractors, for a food delivery company,

should be deemed employees. Since the company

objected to this opinion, courts will likely decide

the cases.” “Large unions offer assistance to crow-

dworkers, even without membership (e.g. UGT

launched an online service called “Tu respuesta

syndical ya” -Your union response now- aimed at

advising platform workers)”.

tform-based and crowdsourced work has been

the subject of increased focus by both courts and

legislature” explains Stephen Ratcliffe of Baker

McKenzie in London, “The Government com-

missioned and responded to the so-called “Taylor

Review”, which focused on the perceived employ-

ment rights issues suffered by workers in the “gig

economy”. Meanwhile, there have been a number

of cases dealing with the status of workers in this

sector, particularly on whether they are self-em-

ployed or occupy the intermediate status of “wor-

ker” so as to benefit from minimum wage and

holiday pay.”

“In Germany” Christian Reichel and Felix Diehl

of Baker McKenzie in Frankfurt add, “neither

specific statutory provisions, nor court rulings on

crowdsourcing exist and some unions advocate

specific new laws.” “Most crowdworkers would be

deemed self-employed persons. A different classi-

fication as employees could come into question if

a crowdworker solely worked for one client and

the assignments come with specific execution in-

structions and monitoring measures.” “A recent

publication of the Federal Ministry of Labor on

“Work 4.0” indicates that also the Ministry assu-

mes that crowdworkers typically act as self-em-

ployed persons.”

Mirjam de Blécourt, of Baker McKenzie in Am-

sterdam explains that “just as in Italy, the que-

stion arises whether this is an employment or

a services agreement. Also the agency question

comes around in the same way. The Dutch Gover-

nment probably will prefer to make employment

law applicable and ensure pension contributions,

alongside insurance for illness and employment

related accidents. In the market one sees uneven

competition issues: company A works with em-

ployees, while company B uses contractors, even

if both operate in the same industry.”

“In France” says Gilles Jolivet, of Baker McKen-

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Avv. Uberto Percivalle Avv. Massimiliano Biolchini

9 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

di adeguamento ai sistemi degli altri paesi europei,

tutti più restrittivi) - è stata adottata ad evitare un

default più che annunciato, quasi certo.

Il Jobs act è intervenuto in un sistema caratterizzato

ancora da due aree di tutela del licenziamento forte-

mente differenziate e sperequate, una obbligatoria

(con rimedio solo risarcitorio), l’altra reale (quella

che vede l’applicazione dell’art. 18 St. lav., con la

reintegrazione del lavoratore); ma si trattava di un

assetto in cui un’area di tutela forte era estesa oltre

misura ed esponeva le imprese (e con esse i lavora-

tori) al rischio di uscire dal mercato. Stranamen-

te poi non si è mai considerato che sono soggette

all’applicazione della tutela reale anche imprese di

piccole (se non piccolissime) dimensioni, quelle, per

intenderci, appena al di sopra dei 15 dipendenti, in

relazione alle quali la reintegrazione del lavoratore

espulso - magari dopo tanti anni dal licenziamento

– con il pagamento delle retribuzioni dal recesso al

ritorno in azienda, può essere (e normalmente è) de-

vastante. Ebbene, l’ultima campagna elettorale, una

delle più delicate ed importanti in considerazione

delle questioni epocali e degli interessi in gioco, si

è allegramente svolta all’insegna non di quello che,

nel mutato contesto della imperdibile ripresa eco-

nomica, bisognava fare, bensì di quello che occorre-

va disfare, nel gioco al massacro delle abrogazioni.

Innanzi tutto – ed è leitmotiv anche del dopo ele-

zioni – abrogare la legge Fornero, senza se e senza

ma, a prescindere dal costo e dalle conseguenze

Il (sacro) furore abrogatorio dei populismi

Quello delle riforme in Italia è uno strano desti-

no: non c’è un partito nazionale che non abbia

nel proprio programma non meglio precisate “rifor-

me” e non c’è cittadino che di fronte ad una qualsi-

asi telecamera o attraverso i famigerati “social” non

le invochi, sia pure precisandole con fantasia a volte

sfrenata; per non parlare dell’Europa che “ce lo chie-

de” ogni giorno. E tuttavia, non appena un governo

effettui un qualche intervento strutturale in ambiti

e materie dove tutti, indistintamente, ne ricono-

scono la necessità, ecco che cominciano i distinguo

(rectius i mugugni) e le lamentele, in un crescendo il

cui esito è inevitabilmente la richiesta di eliminare

quanto appena realizzato.

Tutto questo richiama quello che diceva con rasse-

gnazione dei Siciliani (ma è perfettamente riferibile

a tutte le italiche genti) Tomasi di Lampedusa nel

“Gattopardo”: “In Sicilia non importa far male o far

bene; il peccato che noi Siciliani non perdoniamo

mai è semplicemente quello di fare”.

Prendiamo le due riforme epocali del lavoro, l’o-

diatissima “legge Fornero” e l’altrettanto avversato

Jobs act: entrambe sono state dettate, più che da

ponderate analisi e riflessioni, quasi da situazioni

di necessità.

La riforma Fornero è l’ultima di una serie - in un si-

stema previdenziale al collasso, tanto che dal 1993

(riforma Ciampi) in poi (riforma Dini e Maroni) ha

visto susseguirsi discipline restrittive (per motivi

interni di incompatibilità economiche ed esterni

A cura di Luca Garramone e Enrico Boursier Niutta

10 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 201810 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - 2018

darne una lettura minimamente tecnica, avreb-

be potuto fare qualche scoperta sorprendente.

Avrebbe potuto scoprire ad esempio che nell’odiato

provvedimento vi è l’allargamento dell’area della

subordinazione, per consentire ad una maggiore

platea di prestatori di lavoro di uscire dalla zona

grigia del lavoro a partita Iva, a progetto, co.co.co.

e quant’altro l’immaginario giuridico abbia parto-

rito nel tempo, per transitare nel più rassicurante

(ma costoso per le imprese e la collettività) regime

del lavoro subordinato, con tutte le sue garanzie e le

sue tutele; oppure ad esempio la possibilità per il la-

voratore di accedere ad un regime di orario ridotto

(part time) con conservazione del diritto di torna-

re a tempo pieno, prevista da uno dei suoi decreti

attuativi. Ma resta il peccato originale: la modifica

dell’art. 18. Sarebbe inutile spiegare che in realtà la

reintegrazione nel posto di lavoro è rimasta ferma,

ma solo in alcuni casi la fuoruscita dall’azienda per

motivi disciplinari è stata monetizzata, così come

accade in tutti gli stati europei e nella civilissima

Germania, la cui floridezza economica è sì oggetto

di invidia, ma non ne stimola l’imitazione del siste-

ma che la rende possibile. Vero è che il fare nel no-

stro Paese è rischioso, perché nessuno contempla

la possibilità che quanto fatto possa essere miglio-

rabile, emendando gli errori ed implementando ul-

teriormente quello che invece ha funzionato.

Spetterebbe al nuovo legislatore salvare l’impianto

della riforma e correggerne gli effetti collaterali che

inducono qualche corto circuito, peraltro ampia-

mente evidenziato dai giuristi, e sarebbe possibile

anche nel nuovo Parlamento, se non fosse molto

più facile ritornare al rassicurante passato ed ac-

contentare un’opinione pubblica che ormai (come

quasi tutti convengono) è mossa dalla parte bassa

e non alta del proprio organismo. Cosa succederà?

Bisogna solo sperare che non si avverino le tristi

parole del Poeta “contra sacro furor ragion non

puote”.

sulla tenuta di un sistema appesantito da un debito

pubblico abnorme e dal contesto generale che vede

tutti gli stati europei ridimensionare il welfare nei

limiti di un necessario equilibrio fra quanto prodot-

to e quanto speso. Quindi fare piazza pulita del Jobs

act, che non è stato mai valutato in sé e per sé come

una riforma che, dopo quasi mezzo secolo, ha, tra le

altre cose, adeguato una legge (lo Statuto dei lavo-

ratori), che risentiva ormai delle ideologie (e delle

necessità) del suo periodo di concepimento, ma

che richiedeva senz’altro una manutenzione (ordi-

naria e straordinaria) nei mutati (e selvaggi) tem-

pi odierni (si pensi a discipline rigidissime come

quelle sul mutamento di mansioni e sui controlli

a distanza in epoca ormai totalmente digitale). Al

contrario - ritenuto, a torto o a ragione, simbolo di

una politica o di un governo o persino di un uomo

- solo per questo, in una equivoca e fraintesa rottu-

ra e discontinuità con il passato, va acriticamente

abrogato, come si cancella ogni traccia del nemico,

per annullarne anche il ricordo. Forse, se l’ignaro

e disattrezzato critico populista avesse provato a

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11 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

fase risolutiva del rapporto.

In più occasioni infatti Aziende con unità pro-

duttive dislocate sul territorio hanno ritenuto,

a seguito delle impugnative stragiudiziali (la

c.d. lettera di impugnativa) del o dei licenzia-

menti, di agire preventivamente con ricorsi

Fornero in accertamento.

Come noto ai sensi dell’art. 413 c.p.c., è compe-

tente per territorio il Giudice nella cui circo-

scrizione:

1. è sorto il rapporto;

2. si trova la sede dell’azienda;

3. si trova la dipendenza presso cui il lavora-

tore prestava la propria opera al momento

della fine del rapporto.

Accade infatti che la difesa del lavoratore so-

vente depositi il giudizio presso il Foro della

“dipendenza” e talvolta anche in prossimità

della scadenza dei c.d. 180 gg (termine deca-

denziale).

Ciò crea una parcellizzazione dei contenziosi

per le Aziende

Il ricorso giudiziale in prevenzione

Nell’ambito dell’attività professionale dello

Studio per le Aziende Clienti un tema cer-

tamente presente sui nostri tavoli è l’opportu-

nità di non attendere il contenzioso giudiziale

della controparte in momenti delicati come la

La facoltà/diritto dell’azienda di “agire” per prima (così centraliz-zando il contenzioso giuslavoristico)

A cura degli Avvocati Gerardo e Leonardo Vesci

In più occasioni l’Azienda Cliente ha chiesto e chiede: è possibile centraliz-zare il contenzioso presso il Foro dove si trova la sede legale della Società? È possibile dopo l’impugnativa stra-giudiziale evitare di attendere che sia il lavoratore ad agire giudizialmente in contenziosi delicati come quelli inerenti la cessazione di rapporti? Perché dover girare per tutto il territo-rio nazionale con procuratori speciali, costi di trasferta, gestione, con tempi poi sempre variabili?Il ricorso in prevenzione va certamente visto anche in quest’ottica.

12 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 201812 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - 2018

Gerardo Vesci & PartnersStudio Legale

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Avv. Gerardo Vesci

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- con più unità produttive sul territorio.

Parcellizzazione che impatta su fattori quali

celerità, tempi e costi gestionali.

Quindi accade che le Aziende manifestino l’e-

sigenza di centralizzazione presso il Foro della

Sede Aziendale.

È principio oramai consolidato che il Rito For-

nero sia fruibile anche da parte del datore di

lavoro il quale ritenga opportuno iniziare un

giudizio di accertamento della legittimità del

recesso.

Ciò in quanto la c.d. “riforma Fornero” non ha

inciso sull’orientamento della Cassazione che

ha sempre affermato l’interesse datoriale ad

agire con azione di accertamento per ottenere

la declaratoria di legittimità del licenziamento

ogni qualvolta ricorra una pregiudizievole si-

tuazione d’incertezza.

E la situazione di incertezza sorge con il mero

invio dell’impugnativa stragiudiziale da parte

del lavoratore.

Quindi dalla ricezione della lettera di impu-

gnativa ben può ipotizzarsi un’azione in pre-

venzione Fornero che radichi competenza e

renda certi tempi e costi di giudizio.

Ipotizzando anche una pluralità di convenuti

in casi di licenziamenti individuali plurimi o

licenziamenti collettivi.

Peraltro il rito Fornero non indica alcun sog-

getto che dal rito dovrebbe avvantaggiarsi del-

la celerità che è in favore di entrambe le parti.

Al riguardo la giurisprudenza di merito in

più occasioni in cui lo Studio ha proposto tale

azione ha quindi confermato

- la legittimazione ed interesse ad agire (che

segue e si lega al mero invio da parte del lavo-

ratore dell’impugnativa stragiudiziale),

- l’applicabilità del rito,

- la competenza territoriale del Foro della

sede legale che non può essere escluso non

prevedendo certo la norma una riduzione da

Foro tripartito a Foro bipartito nel caso in cui

sia l’Azienda ad agire preventivamente.

Avv. Leonardo Vesci

13 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

la propria controparte contrattuale. Il lavoro,

su cui è fondata la Repubblica Italiana (art. 1

Cost.), che ogni cittadino ha il dovere di svolge-

re per concorrere al progresso materiale e spi-

rituale della società (art. 4 Cost.), da cui sorge

il suo diritto ad una retribuzione sufficiente ad

un’esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.).

Quel lavoro, il lavoro, non è cambiato.

Ciò che invece è cambiato, ed è destinato a

cambiare sempre più, è il concetto di profes-

sionalità del lavoratore, professionalità che è,

ad un tempo, unica, personalizzata e in con-

tinua evoluzione, e che rappresenta la grande

vera risorsa che, da sola, possa garantire al la-

voratore un futuro professionale e, conseguen-

temente, una fonte di stabilità economica.

Ci si colloca nel solco di un cambio di pa-

radigma che parte da un contesto in cui la tu-

tela da garantire era quella all’“impiego”, ad

un contesto in cui invece la tutela deve essere

quella alla “impiegabilità”, ossia la possibilità

del lavoratore di “reinventare” la propria pro-

fessionalità sulla base delle esigenze (sempre

mutevoli) del mercato.

È evidente che, in un simile contesto, il nodo

cruciale non è più a livello di diritto positivo

ma di svolta culturale: è necessario investire

nella formazione del lavoratore, perché solo

Sindacato e conflitto nell’industria 4.0

Il mondo del lavoro è cambiato, lo ha dimostrato

il Jobs Act che, con un colpo di spugna, ha su-

perato categorie giuridiche storicamente radi-

cate nella tradizione giuridica italiana. Ciò che

ancor più conta è che il “nuovo” ordinamento

giuslavoristico sembra nato già vecchio, perché

i fenomeni sociali si muovono ad una velocità

tale che il diritto positivo fatica a rincorrerli e

stare al passo con i tempi.

Ho già avuto modo di osservare come, in ve-

rità, la natura intrinseca del lavoro non è mai

cambiata: il lavoro è - oggi come ieri - la presta-

zione cui è obbligato il lavoratore in favore del-

Le nuove relazioni industriali nell’epoca della formazione e della flessibilità

Oggi il paradigma non è più quello della tutela dell’impiego ma della tutela dell’impiegabilità del lavoratore. Per assicurare al lavoratore la possibilità di re-inventare la propria professionalità è necessario investire nella sua for-mazione. Sotto tale profilo le relazioni industriali giocano un ruolo fondamen-tale, ma gli attori sociali devono essere in grado di comprendere il cambiamen-to dei tempi.

A cura di Francesco Rotondi

14 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 201814 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - 2018

rapporto e, come tale, devono essere indivi-

duati dei nuovi strumenti di riequilibrio della

posizione delle parti. Le relazioni industriali di

Industry 4.0 devono scontare le peculiarità del

contesto in cui si collocano, e in primo luogo

della sopra menzionata modifica del paradig-

ma della figura del lavoratore. È evidente infat-

ti che le classiche relazioni industriali sono del

tutto inadeguate a rappresentare le istanze di

un lavoratore flessibile, che fa della formazio-

ne e della sua professionalità al contempo la

proprio fonte di potere negoziale e di reddito e

la principale risorsa da tutelare.

La partita sindacale si deve dunque spostare

dalla livellazione dei trattamenti economici e

normativi a livello nazionale, alla personaliz-

zazione dei percorsi formativi e lavorativi in-

dividuali. È evidente che un simile cambio di

impostazione delle relazioni industriali passa

da almeno due snodi epocali.

Sotto un primo profilo, infatti, la contratta-

zione collettiva non può che operare a livello

non già nazionale ma territoriale o, ancor più

incisivamente, aziendale: il contesto nazionale

non è rappresentativo di un panorama di con-

testi che è frammentato, quasi individualizza-

to; la stessa contrattazione collettiva azienda-

le, per giunta, potrebbe rilevarsi insufficiente

quando il percorso professionale dei lavoratori

diventa talmente personalizzato da non poter

essere catalogato neppure per qualifiche pro-

fessionali (con la conseguenza, pertanto, che

in tali casi non può esservi altra via che quella

della trattativa individuale di ciascun singolo

lavoratore).

Sotto un distinto profilo, perde di significato

la dimensione conflittuale delle relazioni in-

dustriali: l’investimento nella formazione del

lavoratore, nella sua crescita professionale e

intercambiabilità è obiettivo comune e genera-

lizzato tra lavoratore e impresa che, una volta

compreso nella sua essenza dagli attori sociali

in gioco, non può e non deve trarre utilità dal

conflitto.

Si profila una stagione nuova, dunque, per il

diritto del lavoro e delle relazioni industriali;

una stagione, tuttavia, che per avviarsi abbi-

sogna di un sostrato culturale e di una presa

di coscienza da parte di tutti gli attori in gioco

(lavoratori, aziende e sindacati), che oggi ap-

pare ancora troppo lontana.

in tale maniera il lavoratore sarà davvero in

grado di essere flessibile, non solo nella forma

ma anche nelle reali capacità di adeguare la

propria professionalità alle mutevoli esigenze

aziendali e del mercato.

La sfida con cui oggi siamo chiamati a con-

frontarci, infatti, è quella di restituire al lavo-

ratore quel potere negoziale che permetta di

ricomporre l’equilibrio spezzato dalla rottura

di un “patto sociale” che oramai non esiste più.

In un simile contesto, le relazioni industriali

giocano un ruolo determinante.

Deve infatti essere rimessa direttamente alle

parti in gioco la regolamentazione di un rap-

porto di lavoro che è oramai smaterializzato

nei tempi, nei luoghi e nelle modalità di svol-

gimento del rapporto, in quanto è oramai evi-

dente che la politica, da un lato, non è pronta

a comprendere e rielaborare in forma di con-

tenuto normativo l’assetto degli odierni feno-

meni sociali, dall’altra resta strutturalmente

incapace di affrontare, in modo generalizzato,

un rapporto di lavoro che è sempre più parcel-

lizzato su base territoriale e aziendale.

Meglio dunque che siano le stesse parti sociali

(e, talvolta, le stesse parti del contratto di lavo-

ro, datore di lavoro e lavoratore) a gestire gli

interessi in gioco, nella consapevolezza tutta-

via che il lavoratore resta “parte debole” di tale

Avv. Francesco Rotondi

15 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

livello e categoria legale di inquadramento che

va oltre quel rigido principio della “equivalen-

za” delle mansioni fino a poco tempo fa utiliz-

zato dalla giurisprudenza per la risoluzione

delle questioni attinenti l’esercizio dello jus

variandi.

Altra rilevante novità è stata poi anche quella

messa in campo dal D.Lgs. 23/2015 in materia

di “tutele crescenti”, che ha ridisegnato la disci-

plina sanzionatoria in caso di licenziamento il-

legittimo, prevedendo per i lavoratori assunti a

partire dal 7 marzo 2015 l’introduzione di una

tutela indennitaria crescente con l’anzianità di

servizio (ciò, con l’eccezione dei licenziamenti

discriminatori o nulli, ovvero dei licenziamenti

disciplinari in cui sia accertata in giudizio l’in-

sussistenza del fatto materiale). L’obbiettivo di

riduzione dei costi aziendali e di conseguente

incentivazione dell’occupazione perseguito

Dopo il Jobs Act quali trends si sono configurati

A tre anni dall’approvazione del Jobs Act e a due

anni dall’entrata in vigore dei suoi principali

decreti attuativi, è possibile fare un bilancio del-

le novità introdotte nella nostra materia e del loro

impatto sulla realtà organizzativa delle imprese,

interrogandoci sulle possibili prospettive del

diritto del lavoro per il prossimo futuro.

Come noto, gli ambiti in cui in questi anni è

intervenuta la riforma sono molteplici. Da un

lato la disciplina dei contratti e di alcuni aspet-

ti di gestione del rapporto di lavoro, dall’altro

gli strumenti di tutela in costanza di rapporto

di lavoro e quelli legati alle ipotesi di disoccu-

pazione. Ambiti nei quali si è misurata la ca-

pacità del legislatore di armonizzare alcune

esigenze reali con la salvaguardia dei diritti del

lavoratore.

Tra le novità più significative dal punto di vista

organizzativo possiamo richiamare ad esem-

pio l’intervento sui controlli a distanza di cui

all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. Norma

resa più aderente alla realtà dell’organizza-

zione delle imprese, soprattutto con riguardo

all’uso degli strumenti mobili, non certo stru-

menti di controllo ma strumenti essenziali per

rendere la prestazione lavorativa e per tale ra-

gione non bisognosi, per il loro uso, della pre-

ventiva autorizzazione sindacale o ammini-

strativa. A patto di una corretta informazione

sull’uso di tali strumenti e sulle possibili impli-

cazioni anche in termini di privacy e discipli-

nari, derivanti dalla raccolta dei dati relativi al

loro utilizzo.

Altro significativo ambito toccato dalla riforma

è la revisione della disciplina delle mansioni di

cui all’art. 2103 c.c., che vede oggi notevolmente

ampliati i poteri di gestione organizzativa del

datore di lavoro, consentendo, da un lato, una

mobilità orizzontale nell’ambito dello stesso

Un’overview delle riforme più importanti: i trends che si sono creati e i risultati raggiunti. E ora cosa ci possiamo aspettare?

A cura di Luca Failla

Avv. Luca Failla

16 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

ganizzazione proprie del lavoro nell’impresa.

Considerando quanto già è stato realizzato in

termini di modernizzazione e flessibilità, risul-

ta opportuno oggi interrogarci sulle possibili

prospettive della materia per i prossimi anni.

E’ difficile ipotizzare che potranno essere in-

trodotte ulteriori nuove norme a favore di mag-

giore flessibilità del lavoro. E’ più probabile

ritenere invece che l’obiettivo diverrà quello di

arginare possibili inversioni di tendenza che,

annullando o limitando quanto già fatto fino

ad oggi, possano avere un effetto negativo sui

necessari tempi di adattamento delle nuove re-

gole alla rivoluzione di Industry 4.0. Le future

regole alla base del rapporto di lavoro dovran-

no piuttosto tenere conto dell’evoluzione che il

lavoro ha già avuto in questi anni e che la ri-

forma ha cercato in parte di accompagnare. Un

rapporto di lavoro dove il tradizionale rapporto

di scambio prestazione – retribuzione sta la-

sciando il passo a forme di collaborazione, an-

che per obiettivi, e senza vincoli di tempo e di

spazio nelle quali difficilmente potrebbe essere

intravisto il classico modello di rapporto di la-

voro subordinato ad impostazione “verticale” e

“gerarchica”.

È in questo quadro e con questi presupposti che

si potrà guardare con occhi diversi anche alla

“patologia” del rapporto di lavoro, legittimando

in ipotesi anche una valutazione della prestazio-

ne lavorativa parametrata sui concetti di “rendi-

mento” e di “obbiettivi”, seppure nel quadro delle

garanzie procedurali e giuridiche pur sempre

previste dall’ordinamento giuridico.

dal legislatore, ha trovato però un contraltare

nella spinta conservativa data dalla recente (e

nuova) sottoposizione del decreto al vaglio del-

la Corte Costituzionale con una ordinanza del

Tribunale di Roma dello scorso settembre 2017.

Siamo quindi ancora in attesa di una risposta

della Consulta favorevole o meno ad un ritorno

alla sistematica di cui all’art. 18 dello Statuto.

Da ultima, anche se non per importanza, ricor-

diamo l’introduzione della disciplina del “lavo-

ro agile”, contenuta nella legge dedicata al lavo-

ro autonomo (L. 81/2017 cd. Jobs Act del lavoro

autonomo), che costituisce oggi un istituto em-

blematico dell’evoluzione dell’organizzazione

del lavoro, dove i tradizionali confini tra subor-

dinazione ed autonomia risultano sempre più

fluidi ed in cui la prestazione lavorativa viene

esercitata senza vincoli di tempo o di spazio,

operando per “fasi, cicli e obbiettivi”.

Attraverso le menzionate operazioni di aper-

tura, rinnovamento e flessibilità, la riforma ha

nel suo complesso contribuito a realizzare un

processo di modernizzazione del diritto del

lavoro senza precedenti, rispondendo ad un

processo di evoluzione dei sistemi produttivi

imposto dalla globalizzazione e dal progresso

tecnologico. Nel realizzare tale obbiettivo, il le-

gislatore ha in ogni caso cercato di garantire al

meglio il necessario bilanciamento tra i diritti

dei lavoratori e le esigenze di produttività e or-

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Avv. Francesco Rotondi e Avv. Luca Failla

17 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

ze costituiscono una risposta anche “economica”

alle sanzioni imposte in casi di discriminazione; ba-

sti pensare alle multe milionarie comminate negli

USA a colossi dell’IT e del food1. Che la diversity sia

una necessità, ne è ben consapevole anche la McKin-

sey che nel gennaio 2015 ha stilato il report dell’ulti-

ma ricerca condotta, secondo cui le differenze cultu-

rali all’interno delle aziende apportano dei benefici

in termini di profitto. Le imprese multiculturali che

sanno valorizzare le diversità etniche dei propri

collaboratori hanno il 35% in più di probabilità di

ottenere dei rendimenti finanziari più alti rispetto

ai competitor. L’importanza percepita dai soggetti

economici circa questa nuova forma di intendere i

processi creativi e decisionali ha peraltro spinto le

grandi multinazionali americane ad estendere l’ap-

plicazione di questi valori ai propri fornitori, tra cui

gli studi legali. Un esempio su tutti: recentemente

il general counsel di HP in America ha informato

gli studi legali esterni che la società potrebbe trat-

tenere fino al 10% degli onorari fatturati in caso di

mancato rispetto degli standard di diversità. Inoltre,

sono sempre di più le aziende americane che invia-

no appositi moduli di registrazione agli studi legali

nuovi fornitori di servizi, con una sezione dedicata

alla diversity policy: si richiede di specificare quali

politiche siano adottate nella promozione della di-

La nuova sfida: valorizzare la diversity

Da qualche anno a questa parte i big della tec-

nologia si stanno impegnando per aumentare

la diversity in azienda. Ogni anno Facebook, Apple,

Twitter, Google, Amazon, Netflix e, recentemen-

te, anche Uber, pubblicano i loro diversity report. I

numeri raccontano di un miglioramento, anche se

la parità è ancora lontana. Google, ad esempio, ha

assunto recentemente Danielle Brown – preceden-

temente a capo delle risorse umane, diversity e in-

clusion officer a Intel – nel ruolo di Vice President

of Diversity. Una nomina simile è arrivata anche in

Twitter, che ha scelto proprio una donna nel ruolo di

VP of Inclusion and Diversity. Queste nuove tenden-

A cura di Federico Torzo

In un periodo politico ed economico contraddistinto a livello globale da spinte regressive, almeno nel settore delle risorse umane la minaccia incom-bente della discriminazione sta virando verso la valorizzazione dei contributi offerti dalla diversità di genere, di razza, di orientamento sessuale. Da Hollywo-od alla Silicon Valley nell’ambito delle politiche di gestione aziendale la nuova parola d’ordine è “diversity”.

Per aziende e studi legali la parola d’ordine per allinearsi alle nuove tendenze è “diversity”

18 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 201818 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - 2018

importanti studi italiani, solo una decisa minoran-

za ha deciso di dedicare qualche riga al fatto che

la diversity rappresenti un valore fondante, tanto

quanto l’attenzione al cliente o la trasparenza. Tra

i “virtuosi” ce ne sono solo 5 per cui la diversity con-

tribuisce ad un ambiente di lavoro più stimolante e

inclusivo ma anche ad ottenere un riscontro positi-

vo da parte dei clienti, perché nelle grandi aziende

c’è una crescente attenzione alla gender diversity

anche nella scelta degli studi legali. È quindi ora che

tra i tanti anglicismi mutuati dagli studi italiani, da

fee a closing, entri di diritto anche il termine diver-

sity!

versità (di sesso, di genere, di razza…) e se esistano

certificazioni a riguardo. Gli studi legali statuniten-

si si sono quindi dovuti attrezzare ad adottare poli-

tiche di attenzione alla diversità, dotandosi di una

figura dirigenziale responsabile per la diversità e

l’inclusione e sponsorizzando diverse organizza-

zioni a sostegno della diversità, quali l’Associazione

nazionale degli avvocati LGBT, che offre ai membri

opportunità di networking, un consiglio per l’im-

piego e la partecipazione a comitati e gruppi di la-

voro o la Diversity & Flexibility Alliance, che aiuta

gli studi legali e le aziende a migliorare l’efficienza

organizzativa promuovendo la diversità e il lavoro

flessibile. Ma in Italia siamo ancora lontani… Secon-

do un’indagine condotta dal Diversity Management

Lab della SDA Bocconi School of Management, in

Italia tre imprese su dieci (ovvero il 29%) non vo-

gliono saperne di diversità. Le aziende hanno an-

cora l’idea che il “diverso” sia da includere più per

ottemperare ad obblighi di legge piuttosto che per

farlo diventare un punto di forza del brand. Solo il

21% ha un approccio più nuovo, aperto e inclusivo.

Ma anche qui c’è una limitata visione della Diver-

sity, che viene interpretata per l’84% come diversità

di genere mentre solo il 10% la applica anche all’o-

rientamento sessuale. Che la diversity non sia un

tema in cima alle priorità della maggior parte degli

studi legali italiani, poi, lo dicono sia i numeri sulla

presenza di partner donne, sia i siti web delle law

firm. In quasi tutti i portali degli studi legali manca

una sezione dedicata alla diversity. Su 40 tra i più

Avv. Federico Torzo

1. Hewlett Packard Enterprise Co. USA il 22 settembre 2016 ha accettato di pagare 750mila dollari per chiudere una causa di discriminazione razziale relativa ad assunzioni di perso-nale commerciale effettuate fra il 2008 e il 2010 nella sede di Conway (Arkansas); Cargill Meat Solutions Corporation USA nel gennaio 2014 sborsò 2,2 milioni di dollari per chiudere una class action che accusava l’azienda di azioni discriminatorie in fase di selezione e assunzione per motivi di genere e razza; Home Depot nel febbraio 2012 accettò di pagare 925mila dol-lari per porre fine a una class action promossa da lavoratori sordi che non erano stati messi nelle condizioni di poter segui-re un’importante riunione aziendale in cui veniva presentato il bilancio annuale e gli orientamenti strategici futuri poiché non era stata organizzata la traduzione in simultanea del di-scorso attraverso il linguaggio dei segni (Gabriel Ortiz, Andrew Gonzales, London Mickey Miller and Joe Huynh v. Home Depot U.S.A. Inc., Case No. C09-03485 LHK, United States District Court, Northern District of California, San Jose Division).

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19 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

sito è, quindi, compatibile, in base alle caratteri-

stiche dell’infrazione, con un intervallo di tempo

necessario per l’accertamento e la valutazione dei

fatti, purché non sia vanificato il diritto alla dife-

sa del lavoratore. Da ultimo, occorre segnalare la

sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Uni-

te n. 30985/2017 che ha risolto il contrasto circa il

regime sanzionatorio da applicare nell’ipotesi di

mancato rispetto del principio di tempestività del-

la contestazione disciplinare. La Corte ha statuito

che il “vizio di tempestività” non determina l’atti-

vazione della tutela reintegratoria ma solamente

quella indennitaria ex art. 18, comma 5 e comma

6, della L. n. 300/1970. Inoltre, è stato, poi, chiarito

che non sempre il “vizio di tempestività” si risolve

in un “vizio procedurale”, con applicazione della

tutela indennitaria ridotta (da 6 a 12 mensilità ex

art. 18, comma 6). Vi sono situazioni, infatti, in cui

il “vizio di tempestività” assume il carattere di un

ritardo non giustificato tanto da affievolire il dirit-

to di difesa del lavoratore oggetto di contestazione

disciplinare, trovando, in tale ipotesi, applicazione

la tutale indennitaria forte (da 12 a 24 mensilità

ex art. 18, comma 5). Lo Studio Legale Marazza &

Associati offre un valido supporto in materia di

procedimenti disciplinari attivati da imprese di

grandi dimensioni grazie ad uno specifico know-

how consulenziale e giudiziale.

Il licenziamento tempestivo

Ogni datore di lavoro che voglia contestare un

addebito disciplinare è obbligato a rispettare

una procedura il cui elemento principale è l’ob-

bligo di contestazione immediata e specifica del

comportamento nei confronti del lavoratore. Il

rispetto del principio di immediatezza nelle gran-

di aziende assume una connotazione specifica in

virtù delle dimensioni aziendali e del conseguente

dilatarsi dei tempi decisionali. A ciò si aggiunga

che, nei procedimenti disciplinari volti ad indi-

viduare frodi commesse dai propri dipendenti,

il datore di lavoro svolge un’attività di indagine

complessa avvalendosi delle strutture aziendali

di Fraud Management e/o dell’operato di investi-

gatori privati, i quali devono coordinarsi con l’av-

vocato giuslavorista di fiducia. Difatti, solamente

con un efficace coordinamento tra i sopra menzio-

nati soggetti è possibile procedere ad una conte-

stazione specifica nei confronti del lavoratore che

possa, poi, supportare un legittimo provvedimen-

to di licenziamento. Secondo quanto affermato

dalla giurisprudenza il principio di immediatezza

del procedimento disciplinare deve essere inteso

in senso relativo, poiché si deve tenere conto delle

ragioni che possono determinare un ritardo del-

la contestazione, tra cui, appunto, i tempi tecnici

per l’espletamento delle indagini e la complessità

dell’organizzazione aziendale. Il suddetto requi-

La tempestività dei licenziamenti disciplinari nelle grandi realtà imprenditoriali

A cura di Vito Morrione

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20 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

terminano una specifica identità di impresa, non

costituisce trasferimento d’azienda o di parte

d’azienda”. Come noto, la disciplina del cambio

di appalto nella versione precedente la modifi-

ca legislativa del 2016 escludeva la configura-

zione di un trasferimento di azienda o di parte

d’azienda (“L’acquisizione del personale già im-

piegato nell’appalto a seguito di subentro di un

nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto

collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del

contratto d’appalto, non costituisce trasferimen-

to d’azienda o di parte d’azienda”). Ciò significa

che il trasferimento di personale tra appaltatori

di uno stesso servizio era inidoneo a far ritenere

ex se l’esistenza di un trasferimento d’azienda

ai sensi dell’art. 2112 c.c., ma questa fattispecie

non veniva del tutto esclusa dalla giurispruden-

za nell’ipotesi in cui, oltre alla successione di un

imprenditore ad un altro nell’appalto di un ser-

vizio, vi fosse stato anche un passaggio di beni

strumentali ed organizzati tali da rendere pos-

sibile lo svolgimento di una specifica impresa.

In sostanza, la vecchia fattispecie di cambio di

appalto era contraria alle direttive comunitarie

poiché, di norma, escludeva il mantenimento

dei diritti dei lavoratori in fattispecie assimila-

bili al trasferimento di azienda, come il cambio

di appalto. Il legislatore del 2016, in recepimento

La nuova disciplina del cambio appalto

L’art. 30 della legge europea n. 122/2016 intito-

lata “Disposizioni per l’adempimento degli

obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia

all’Unione Europea”, intervenendo in modo in-

cisivo sulla disciplina normativa del cambio di

appalto, ha modificato l’art. 29, terzo comma, del

D. Lgs. n. 276/2003, in base al quale: “L’acquisi-

zione del personale già impiegato nell’appalto a

seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato

di propria struttura organizzativa e operativa, in

forza di legge, di contratto collettivo nazionale di

lavoro o di clausola del contratto d’appalto, ove

siano presenti elementi di discontinuità che de-

La nuova formulazione legislativa genera notevoli incertezze e dubbi interpretativi

La legge europea n. 122/2016 ha modi-ficato l’art. 29, terzo comma, del D.Lgs. n. 276/2003. Prima della novella era esclusa la riferibilità della fattispecie del cambio appalto a quella del trasfe-rimento di azienda o di ramo di azien-da, mentre la nuova norma esclude il trasferimento di azienda solo in pre-senza di “elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa”.

A cura di Rosario Salonia, Cristina Petrucci, Stefano Taddei

21 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 201821 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - 2018

lavoratori del precedente appaltatore avviene

ex novo (con le tutele crescenti) e, ai fini dell’in-

dennizzo, si considera la pregressa anzianità di

servizio solo in caso di licenziamento illegittimo.

Inoltre, la norma novellata presenta difficoltà di

coordinamento con quelle disposizioni dei con-

tratti collettivi (es. CCNL Multiservizi) che preve-

dono, a tutela dei lavoratori addetti all’appalto,

le cd. clausole sociali che impongono l’assunzio-

ne ex novo di essi in caso di cambio del soggetto

appaltatore. Infatti, a differenza della fattispe-

cie del trasferimento di azienda, che comporta

il passaggio dei lavoratori al cessionario senza

soluzione di continuità, lo schema connesso

al cambio di appalto prevede la risoluzione del

rapporto di lavoro con l’azienda appaltatrice

uscente e la costituzione ex novo del rapporto di

lavoro con l’impresa subentrante. Occorre consi-

derare che l’acquisizione del personale, in base

alla novella legislativa, può avvenire tra gli altri,

proprio “in forza ……… di contratto collettivo

nazionale di lavoro”.

Quel che è certo è che, in base alla nuova norma

sul cambio di appalto, sembrerebbe rafforzata la

continuità e, quindi, la tutela del posto di lavoro

dei dipendenti dell’azienda uscente che posso-

no sempre invocare in giudizio l’applicazione

dell’art. 2112 c.c. essendo a carico dell’appalta-

tore subentrante la prova, non solo di avere una

propria struttura organizzativa e operativa, ma

anche la presenza di elementi di discontinuità

tali da determinare una specifica identità di im-

presa, prova che si traduce in una sorta di “pro-

batio diabolica” soprattutto negli appalti labour

intensive in cui i beni materiali hanno un rilievo

marginale.

delle direttive europee, nell’ipotesi di cambio di

appalto con passaggio di personale, ha genera-

lizzato l’applicazione dell’art. 2112 c.c., ossia la

continuità del rapporto di lavoro presso il nuovo

appaltatore escludendone l’applicazione in via

residuale, ossia solo ove quest’ultimo sia dotato

di una propria struttura organizzativa ed ope-

rativa e solo ove sussistano elementi di discon-

tinuità che determinino una specifica identità

dell’impresa subentrante. Tuttavia, come è facile

immaginare, le modifiche normative introdotte,

a causa dell’infelice formulazione (generica e del

tutto priva di parametri oggettivi), hanno imme-

diatamente originato dubbi interpretativi di non

facile soluzione, soprattutto con riferimento alla

locuzione “elementi di discontinuità che deter-

minano una specifica identità di impresa”. Sul

tema ancora non si è formato un orientamento

giurisprudenziale, anche se le prime decisioni,

come era prevedibile, propendono per un’in-

terpretazione estensiva del trasferimento di

azienda, affermando la sussistenza di un trasfe-

rimento di azienda anche nell’ipotesi di cambio

appalto quando il passaggio dei lavoratori da un

appaltatore all’altro, non determini una signi-

ficativa discontinuità dell’impresa, soprattutto

negli appalti c.d. labour intensive, caratterizza-

ti dall’impiego quasi prevalente di manodope-

ra (cfr. Trib. Bologna, 7 luglio 2017). Peraltro, la

norma novellata si pone anche in contrasto (e,

quindi necessiterebbe di un coordinamento) con

l’articolo 7 del D.lgs. n. 23 del 2015 secondo cui,

in caso di cambio di appalto, l’assunzione dei

Salonia Associati Studio Legale

Avv. Rosario Salonia Avv. Cristina Petrucci

Avv. Stefano Taddei

ROMALargo Leopoldo Fregoli, 8

00197 RomaTel. +39 06 8075580Fax +39 06 8075655

MILANOVia Visconti di Modrone, 21

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22 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

l’orario non è monitorato e quindi la presta-

zione in modalità agile non potrà dar luogo

a straordinario (in altre parole l’orario sarà

quello normale nella giornata in cui lavora in

modalità smart);

2) la remunerazione per le ore prestate in mo-

dalità smart sarà soggetta a detassazione, nei

limiti e nei termini stabiliti dalle leggi vigenti,

e quindi per il dipendente vi sarà un vantaggio

fiscale che comporta, a parità di costo azien-

da, un netto maggiore per il lavoratore agile.

A questo si aggiunge un ulteriore vantaggio in

ragione dei minori costi che il lavoratore deve

sostenere per il fatto che non deve recarsi al

lavoro e può mangiare a casa.

Altro punto da chiarire è quello del controllo. Se

il datore di lavoro decide di esercitare il potere

di controllo, vale quanto stabilito dall’art. 4 l.

300/1970 in tema di controlli a distanza (con le

complicazioni proprie della procedura autoriz-

zativa) e al lavoratore deve essere riconosciuto

il diritto di disconnettersi, perché la prestazio-

ne a distanza non può giustificare un vincolo

di disponibilità senza limiti. Se invece il datore

di lavoro abdica a qualsiasi forma di controllo

a distanza il rapporto diventa libero per quella

parte di prestazione che si svolge in modalità

Smart Working per tutti?

Quando si parla di lavoro agile si tende spesso

ad usare espressioni quali “lavoro per obiet-

tivi” o “lavoro di risultati”, ma l’obbligazione del

dipendente è e resta un’obbligazione di mezzi,

anche quando lavora in modalità smart working.

Su questo punto è bene far chiarezza. La pre-

stazione del “lavoratore agile” non differisce, in

termini giuridici, da quella di un qualsiasi lavora-

tore e la sua remunerazione è comunque sempre

misurata in ore di lavoro e non in risultati. Il lavo-

ratore agile viene remunerato come il lavoratore

che sta in sede, con due distinguo:

1) se non è soggetto a rilevazione di presenza,

Problemi giuridici e prospettive aperte con la nuova legge

La regolamentazione del c.d. lavo-ro agile (traduzione italiana di smart working) apre la strada a una più ampia diffusione del fenomeno e, con essa, inevitabilmente anche ai primi proble-mi. La disciplina legislativa, per sua natura sperimentale, quando si con-fronta con la realtà mostra il segno e le prime esperienze hanno consentito di individuare già alcuni punti critici, che meritano di essere esaminati.

A cura di Avv. Gianluca Spolverato

23 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 201823 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - 2018

“offerte di lavoro agile”, troviamo, tra i risultati,

tanti lavori che, per loro natura, non hanno bi-

sogno di luoghi particolari. Allo stesso tempo, ci

sono lavoratori che difficilmente si muoverebbe-

ro per lavorare in sedi distanti da casa tutta la

settimana e che invece potrebbero muoversi, se

potessero lavorare da casa (o altro luogo più vi-

cino) una o due o tre giornate alla settimana. Lo

smart working potrebbe quindi rappresentare

anche la soluzione per alcune aziende che han-

no sede in luoghi disagiati o non attrattivi, per

attrarre collaboratori che altrimenti non verreb-

bero. Altro punto fermo è che l’introduzione di

questa modalità di svolgimento della prestazione

è volontaria, e quindi non vi è la possibilità né per

l’azienda di imporla né per il dipendente di pre-

tendere di svolgere in modo agile il proprio lavo-

ro. Solo su accordo le parti del rapporto (azienda

e lavoratore) possono stabilire che la prestazione

possa essere resa con questa modalità e l’accordo

può essere a termine o anche senza un termine.

La parola chiave è quindi volontarietà e, insieme,

fiducia. E qui sta la chiave del successo o insucces-

so dell’istituto. Solo se vi è fiducia, e fintanto che

questa permane, l’azienda acconsentirà a che il

dipendente lavori “dove vuole”. Se questa però vie-

ne meno, l’azienda dovrebbe essere libera di rece-

dere senza particolari vincoli, e invece così non è:

perché, se l’accordo è a termine, dovrà attendere

la scadenza del termine e, se è a tempo indeter-

minato, dovrà dare un preavviso minimo di 30 gg.

Questo è sicuramente un punto critico, e sarà pre-

feribile per le aziende stipulare accordi a tempo

indeterminato, con clausole di recesso libero con

preavviso o di recesso senza preavviso a fronte di

comportamenti che minino il rapporto fiduciario

che deve necessariamente intercorrere tra azien-

da e lavoratore in modalità lavoro agile.

agile. Questo impone al dipendente una assun-

zione di responsabilità che è il vero elemento

di novità della legge, che finalmente supera l’e-

quazione “sono presente al lavoro quindi vengo

controllato e pertanto lavoro”, sostituendola con

l’equazione “faccio cose che possono essere mi-

surate, quindi non vengo controllato ma presto

ugualmente lavoro”. Questo apre un capitolo

nuovo nella dinamica di relazione tra azienda e

lavoratore, che sarà il tema da svolgere nel pros-

simo futuro.

Ci sono in verità anche alcuni punti che possia-

mo considerare fermi e sui quali non ci sono

dubbi. Non vi è dubbio, ad esempio, che non si

tratti di una nuova tipologia contrattuale, ma

anche che la prestazione potrebbe essere svol-

ta in via prevalente presso una sede diversa da

quella indicata come sede di lavoro. L’art. 18, d.l-

gs. 81/2017, non ripropone, infatti, la previsione

contenuta nel disegno di legge, che stabiliva che

la prestazione potesse essere svolta in modalità

agile soltanto in via accessoria o, comunque, non

prevalente, e quindi si potrà concordare con un

dipendente che parte o tutta la prestazione di la-

voro si svolga in modalità “libera”. D’altra parte,

ci sono lavori che possono essere svolti in luoghi

che non debbono essere necessariamente luoghi

“aziendali”, come pure lavoratori che chiederan-

no di poter svolgere parte o tutto il loro lavoro in

luoghi diversi da quelli “aziendali”. Se facciamo

un esercizio e cerchiamo sui motori di ricerca

Spolverato e Soci Avvocati del Lavoro

PADOVAvia Francesco Rismondo, 2/e

35131 PadovaT. +39 049 7985411

ROMAvia Piemonte, 117

00187 RomaT. +39 06 98374891

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VERONAvia Enrico Fermi, 2

37135 VeronaT. +39 045 85309011

24 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

sistemi quali leve di retention ed engagement

– migliorare il benessere delle persone facen-

ti parte della propria organizzazione rende

più attrattivi sul mercato del lavoro e facilita

il coinvolgimento delle stesse nel raggiungi-

mento degli obiettivi aziendali – nonché quali

strumenti di marketing, utilizzati per differen-

ziarsi sul mercato e migliorare la brand image

e la brand reputation.

L’intervento del Legislatore che ha reso possi-

bile richiedere opere, beni e servizi di welfare

in sostituzione dei premi di risultato, i recenti

chiarimenti interpretativi forniti dall’Agenzia

delle Entrate e, non ultimi, il rinnovo di diversi

CCNL che prevedono erogazioni in welfare in-

vece che aumenti in denaro dei minimi tabella-

ri, hanno portato a una significativa modifica

del ruolo dei piani di welfare aziendale.

Il welfare aziendale 4.0: un nuovo approccio

Ho sempre definito il welfare aziendale

come l’insieme coordinato e strutturato

di iniziative mediante le quali le aziende si

fanno carico di soddisfare i bisogni dei propri

dipendenti e dei loro familiari, erogando bene-

fit e facilities non tanto in denaro quanto sotto

forma di beni e servizi.

Fino a pochi anni fa, infatti, la maggior parte

dei piani di welfare implementati nelle azien-

de rispondevano principalmente ad una fun-

zione di integrazione sussidiaria alle esigenze

di varia natura manifestate dai lavoratori e/o

dai loro familiari. Si trattava per lo più di piani

top-down, formatisi mediante la stratificazio-

ne di diversi interventi asistematici succedu-

tisi nel tempo, non integrati con i sistemi di

compensation aziendali, poco attenti all’otti-

mizzazione dell’impatto fiscale e contributivo

dei benefit erogati, quasi mai legati a perfor-

mance, aziendali e/o individuali.

Le aziende più lungimiranti avevano già ini-

ziato a comprendere le potenzialità di detti

Integrare competenze professionali diverse per soddisfare a 360° le esigenze dei clienti

L’evoluzione normativa degli ultimi tre anni - la legge di Stabilità 2016 e quelle di Bilancio 2017 e 2018 - ha fatto da booster ad un cambiamento dei piani di welfare, identificando un nuovo para-digma di welfare aziendale. Non siamo più di fronte ad un sistema di opere, beni e servizi aventi principalmente utilità sociale, bensì ad una nuova e, se utilizzata correttamente, efficacissima leva di innovazione organizzativa.

A cura di Diego Paciello

Dott. Diego PacielloResponsabile dell’area fiscale, Welfare,

Compensation and Benefits

25 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 201825 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - 2018

da poter fornire ai clienti un unico interlo-

cutore che sia in grado di gestire a 360° l’im-

plementazione di un piano di welfare: dallo

studio di fattibilità iniziale (inclusa la finan-

ziabilità del piano), all’assistenza nella stesu-

ra di tutta la documentazione necessaria alla

formalizzazione, alla cura dei contenuti e dei

canali da utilizzare per la comunicazione,

all’assessment degli eventuali provider di ser-

vizi erogabili facenti parte del paniere messo

a disposizione dei dipendenti. Tale strategia

consente di seguire, tenere sotto controllo e

portare a termine con maggiore efficienza ed

efficacia anche i progetti più complessi, grazie

alle competenze interdisciplinari maturate dal

gruppo di lavoro che può vantare anni di espe-

rienza in materia nei propri componenti.

Questi ultimi hanno assunto sempre più chia-

ramente una natura “retributiva”, spesso pre-

miale, non solo sociale: il piano welfare, infatti,

è ora parte integrata ed integrante del sistema

di compensation & benefit e, perciò, il suo va-

lore economico è pesato in fase di valutazione

della total remuneration dei dipendenti.

In questa nuova ottica, quindi, il piano di wel-

fare rappresenta una fondamentale e potentis-

sima leva gestionale ed organizzativa, la cui

implementazione richiede il coinvolgimento

ed il coordinamento di diverse funzioni azien-

dali – HR, tax, legal, operations, comunicazio-

ne, etc. – che ha impatti significativi, interni ed

esterni, sull’azienda e che, di conseguenza, ri-

chiede un approccio consulenziale multidisci-

plinare, in considerazione delle diverse profes-

sionalità necessarie a gestire tutto il processo.

Un piano welfare che porti i risultati di valore

attesi dall’azienda quindi, richiede l’interven-

to di molte competenze endoaziendali e anche

esterne, perché è sempre “tailored” sulle esi-

genze dell’azienda e il processo è difficilmente

standardizzabile.

Questo è il motivo per cui un processo ben

fatto può durare anche alcuni mesi, nel corso

dei quali vengono tra l’altro fatte tutte le ve-

rifiche del caso e si ottiene anche il consenso

della popolazione aziendale: la condivisione e

la comprensione del piano ne determinano il

successo finale.

Ecco perché abbiamo formato un team di pro-

fessionisti con competenze ed esperienze tali

Toffoletto De Luca Tamajo

Diritto del Lavoro e Sindacale per le ImpreseContratti di Agenzia

Milano, Napoli, Roma, Bergamotel. 02.721441

mail [email protected]

www.toffolettodeluca.it

26 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

tela della privacy, oggi indubbiamente rafforzata

grazie alla riforma operata dal Regolamento Eu-

ropeo 2016/679.

Le nuove regole (forma specifica per l’informati-

va; obbligo di redigere il c.d. disciplinare interno

per l’utilizzo della posta elettronica dei dipen-

denti; garanzie in ordine alla gestione della po-

sta dei dipendenti assenti e degli ex dipendenti;

obbligo di segnalazione in caso di data breach)

impongono al datore una particolare cautela

nel trattamento dei dati dei propri dipendenti e

sono senz’altro in grado, anche in considerazio-

ne della gravità delle sanzioni, di compensare la

tanto criticata assenza del controllo sindacale/

amministrativo preventivo.

La sussistenza di questo doppio canale di tutela

è stata di recente confermata anche dall’Ispet-

torato del Lavoro (Circ. n. 5 del 19.2.2018) che,

nell’individuazione dei criteri per stabilire la

legittimità dell’installazione di apparecchiature

per la videosorveglianza, fa espresso riferimento

ai principi propri della disciplina sulla privacy

(legittimità e determinatezza del fine persegui-

to, nonché della sua proporzionalità, correttezza

e non eccedenza).

Controlli e privacy: un binomio conciliabile

A più di due anni di distanza dalla contestata

riscrittura dell’art. 4 St. lav., il disposto è tut-

tora ostaggio delle contrapposizioni ideologiche

che ne ostacolano la semplice interpretazione

letterale. La nuova formulazione è stata accu-

sata di avere “alleggerito” i limiti ai controlli sui

lavoratori. Tale giudizio deve tuttavia fare i conti

con la riforma della normativa sulla privacy con

cui la disposizione è già sintonizzata in forza del

rinvio contenuto nel suo terzo comma.

In verità la disposizione, oltre a prevedere che gli

strumenti “utilizzati per rendere la prestazione

lavorativa” (per la individuazione dei quali si

veda la Circ. 2/2016 dell’Ispettorato del Lavoro)

sono esclusi dalla regola del controllo sindacale/

amministrativo preventivo, ha il merito di aver

chiarito che “le informazioni raccolte sono utiliz-

zabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”

aggiungendovi la condizione “che sia data al la-

voratore adeguata informazione delle modalità

d’uso degli strumenti e di effettuazione dei con-

trolli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto

legislativo 30 giugno 2003, n. 196”. Qualsiasi uti-

lizzazione delle informazioni assunte presuppo-

ne dunque la compliance con la normativa di tu-

La riforma dell’art. 4 St. lav. alla prova della nuova normativa sulla privacy

Tosi e Associati

A cura di Giovanni Realmonte

MILANOVia Pietro Paleocapa 6, 20121 Milano

Tel. 02/[email protected]

TORINOVia San Quintino 43, 10121 Torino

Tel. 011/5162000

27 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018

a origine razziale, sesso, opinioni sindacali o

politiche, stato di salute, dati relativi a minori,

così come potenzialmente, secondo la tipologia

di azienda e tecnologie applicate, vi potrebbero

essere dati biometrici, dati genetici, ecc.

Tutti dati che rientrano nelle “categorie parti-

colari di dati personali”, quindi soggetti alle li-

mitazioni di cui al GDPR, che prevede un divie-

to assoluto di trattamento, con la sola eccezione

di alcune ipotesi tassative.

In relazione ai trattamenti in generale, è poi

intervenuto il parere n. 2/2017 del Gruppo di

lavoro ex art. 29 (“WP29”) del giugno 2017, rela-

tivo ai lavoratori sia dipendenti che autonomi.

Tale documento, rilevata la possibilità di trat-

tamento sistematico ed invasivo di dati perso-

nali, ha ricordato che i datori di lavoro devono

tenere ben presenti i diritti fondamentali dei

lavoratori, ivi incluso il diritto alla riservatezza,

e soprattutto individuare e stabilire preventi-

vamente le basi giuridiche di ogni trattamento.

A tale riguardo, il WP29 ha precisato, e ciò co-

stituisce una vera rivoluzione rispetto al pas-

sato, che il mero consenso del lavoratore non

potrà più valere come base giuridica per un

legittimo trattamento dei dati, a causa appun-

to del rapporto di “dipendenza” fra le parti, che

pregiudicherebbe la libertà del consenso indivi-

GDPR, quali adempimenti per il datore di lavoro?

Le domande sul tema sono di massima attua-

lità. Per darvi risposta, si deve, anzitutto, par-

tire dalle novità contenute nel GDPR e quindi

dal nuovo approccio al trattamento dei dati

personali dei lavoratori dettato dalla norma-

tiva comunitaria. La nuova impostazione del

GDPR impone un modello dinamico, basato su

accountability, privacy by design e privacy by

default, che prevede una mappatura preventiva

dei flussi e della tipologia dei dati trattati, una

valutazione dei rischi legati al loro trattamen-

to, la creazione di un adeguato processo orga-

nizzativo e di gestione, con un organigramma

funzionale a garanzia del corretto trattamento.

E’ importante ricordare che tra i dati perso-

nali dei lavoratori vi sono anche quelli relativi

Regolamento Privacy e rapporto di lavoro: le novità e gli adempimenti per il datore di lavoro

I mesi scorrono velocemente e la data del 25 maggio 2018 si avvicina: quali adem-pimenti sono previsti in capo al datore di lavoro per il trattamento dei dati personali dei propri dipendenti e collaboratori in ragione del Regolamento UE 2016/679 (GDPR)? Quali novità e quali punti ancora in attesa di chiarimento?

A cura di Olimpio Stucchi

28 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 201828 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - 2018

Ha, poi, stabilito che i lavoratori dovranno co-

munque essere informati delle attività di mo-

nitoraggio e delle finalità connesse, con possi-

bilità di opporsi al trattamento che non potrà

essere esclusivamente automatizzato, se non

con il consenso espresso dei lavoratori coinvol-

ti. Sul tema dell’interesse legittimo, è di recente

intervenuto anche il Legislatore nazionale che,

in controtendenza con i principi del GDPR, ha

introdotto con la Legge di Bilancio 2018 l’ob-

bligo di dare preventiva comunicazione al Ga-

rante di ogni trattamento fondato su “interesse

legittimo” basato sull’uso di nuove tecnologie o

di strumenti automatizzati (ad oggi è però in-

certa la conversione in legge della previsione

anzidetta).

Allo stato, pertanto, ci ritroviamo, nonostante

la prossima scadenza, in una fase fluida nella

quale permangono molti punti di incertezza e,

contemporaneamente, molteplici attività alle

quali si deve dare corso per non arrivare impre-

parati al 25 maggio 2018. Diventa, quindi, sem-

pre più urgente apprestare gli adempimenti, o

almeno il loro inizio, ed attendere un interven-

to di chiarificazione del Legislatore italiano,

ovvero le possibili intese delle parti sociali in

sede di contrattazione collettiva, nella speran-

za che queste confermino ancora una volta la

loro utilità nell’affrontare e sciogliere i nodi più

intricati. La contrattazione collettiva, infatti,

potrebbe essere un ottimo canale per stabilire

più equilibrate soluzioni normative rispetto ai

molteplici, ed a volte irrisolti, problemi in ma-

teria di coesistenza fra privacy dei lavoratori e

corretta gestione di impresa, vale a dire su temi

che vedono i diritti individuali dei lavoratori

comunque inseriti in un contesto aziendale più

generale.

duale e della sua revocabilità in ogni momento.

Le ragioni legittime per un trattamento dati da

parte datoriale dovranno quindi essere corre-

late alle seguenti causali: (i) esecuzione di ob-

blighi derivanti da un contratto di lavoro (es.

finalità retributive e contributive); (ii) adempi-

mento di obbligazioni previste dalla legge (es.

calcolo della ritenuta d’imposta); (iii) interesse

legittimo del datore di lavoro (es. tutela del pa-

trimonio aziendale e miglioramento della pro-

duttività).

Di conseguenza, il trattamento dati da parte

datoriale risulta nei fatti ampiamente limita-

to, tanto che, per evitare eventuali ingessature,

sarebbe importante comprendere in cosa possa

consistere nello specifico un “interesse legitti-

mo” del datore di lavoro.

Il WP29 ha, tuttavia, demandato alla legge na-

zionale o alla contrattazione collettiva di darvi

risposta, avendo stabilito che, nel rispetto del

contemperamento e bilanciamento dei recipro-

ci interessi del titolare e dell’interessato, tali

fonti possano dettare regole più specifiche in

punto di trattamento dati dei lavoratori relati-

vamente a (i) selezione del personale; (ii) esecu-

zione del rapporto di lavoro, (iii) gestione e or-

ganizzazione del rapporto di lavoro, (iv) parità

di trattamento, (v) salute e sicurezza sui luoghi

di lavoro, (vi) tutela del patrimonio aziendale,

(vii) attribuzione di benefits, (viii) cessazione

del rapporto di lavoro.

UNIOLEX-STUCCHI & Partners

Avv. Olimpio Stucchi

Foro Buonaparte, 12 Milano T +39 02 7249931

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29 • TOPLEGAL FOCUS Lavoro - Aprile 2018