Dove poggiano i miei occhi? › files › 2014 › 140516-Danieli-DovePoggiano.pdfdosi al mattino...

28

Transcript of Dove poggiano i miei occhi? › files › 2014 › 140516-Danieli-DovePoggiano.pdfdosi al mattino...

  • Dove poggiano i miei occhi?

    Luoghi nel cerchio che cammino

    Ludovica Danieli

  • 1

    Dove poggiano i miei occhi?

    Luoghi nel cerchio che cammino

    È una piccola terra quella che abito. Campi coltivati a vite, contenuti boschi con essenza di carpino, qualche castagno qua e là, quercia, pungi topo, primule, ciclamini, crocus, more, bucaneve, elleboro a seconda della stagione.

    Abitano sul fiume alcune coppie di aironi cinerini. Inoltran-dosi al mattino presto, quando il silenzio è ancora re, cinguet-tii diversi accompagnano il passo, bisognerebbe riconoscerli per nome.

    Il fiume. Scorre da sempre il Chiese, da quando l’ho incon-trato e da molto, molto prima. Come girino appena nato mi sono esposta, da bimba, alla sua corrente per cercare di stare a galla. Era odoroso di platano.

    Ha avuto stagioni di sofferenza causata da uomini senza affet-to. Ora sotto i sassi son ritornate le minuscole creature acqua-tiche che indicano la salute dell’acqua.

    lo, ogni giorno, disegno un cerchio con i miei passi per incon-trare questi sentieri. Esco dal paese, vado verso la Chiesa e poi lascio il respiro che incontra questa piccola terra.

    Cammino in questi luoghi educando lo sguardo e l’udito a

  • 2 3

    cogliere ciò che permane nel quotidiano e che vive senza la necessità dell’uomo.

    I miei occhi non cercano, poggiano su quanto appare e viene loro incontro. Talvolta durezza, talvolta dolcezza.

    Un piccolo libro come omaggio alla mia piccola terra che tut-to contiene. Pagine che dialogano con i campi, i vigneti, il fiu-me e il limite del cielo

    Mi chiedo come stiamo nei luoghi che viviamo? Come li cam-miniamo? Pochi incontri umani accadono su questi sentieri se non i quattro contadini che coltivano i campi.

    A partire dal 2005 ho cominciato ad accompagnare le mie camminate con brevi appunti. Questi fogli raccolgono una parte delle mie piccole scritture.

    Ogni fraseggio è un invito a stare e meditare sulla parola, bre-ve parola.

    Dove poggiano i miei occhi?

    I topoi:

    1. La strada del paese

    2. La chiesa

    3. La capezzagna

    4. Il campo

    5. Il bosco

    6. Il fiume

    7. La sponda del fiume

    8. L’orizzonte

    9. Il cortile di casa

    Il testo è contrappuntato da “segni analfabeti”.

  • 5

    1. La strada del paese

  • 6 7

    Nella via piume qua e là. Tranvieri ventosi spazzano le piume degli angeli. Ne trattengo una. Lieve fra le dita. Il mio passo è interrotto dal suono di un tuffo di piuma. Spazza la strada insolita l’angelo. Mi guarda. Conta e riconta le piume rimasta sull’ala sinistra. Non torna il conto per aver lasciato ad una femmina l’annuncio.

    l viburno mi disse: “Prendi le mie bacche rosse e appoggia-le sulle palpebre rosate”. lo gli credetti e presi le bacche. Lo sguardo nuovo - per un momento - volse le spalle al nord. Vidi il fiorire della vite. Il formicaio interrato. Il rovo amman-sire. La talpa soffice putrefare. Bastava al mio passo. E già si rincasava.

  • 8 9

    Dissoda la sua terra, la magra donna. Il viso caramellato dal sole. La scorgo di spalle. Lavora. Si appoggia al bastone che inanella la zappa. Pensa: cosa metterò sul tavolo questa sera? Sorpresa dal mio camminare mi guarda pensa - penso - “dove mai andrà?”. Le passo di fianco. Pochi metri di verdure ci se-parano. Incrocio di sguardo. Sorriso. Buongiorno. Lei ripren-de a zappare io cammino.

    Rosmarino fra le mani - piccoli aghi profumano. Il palmo aperto ad occidente. È muto il momento. Il mattino è un gio-vane principe che offre dita di sole all’arbusto odoroso. Un ar-rosto, penso, non basta al rosmarino gentile. Ancora un altro destino immagina di rampicare. Quieto questo padre antico al muro assolato sta. Genera nei secoli inconsapevole di abita-re l’oriente del tempo.

  • 10 11

    In paese svuotate vie si aprono su vetri illuminati di case che trasudano di famiglia. È l’imbrunire. Notturni chiari sono i passi del viandante.

    2. La chiesa

  • 12 13

    Campane dalla collina lanciano oltre le cime degli alberi suoni.

    Di là latrano i cani.

    lo seduta colgo l’ardore del mondo.

    3. La capezzagna

  • 14 15

    È il fiordaliso che mi spetala gli anni e qui sono bimba fra la seta rossa dei papaveri. C’è vento e ci fosse stato questo vento un anno fa. Trasporto sulle dita petali di papavero.

    Rotolano gli acini dell’uva e noi a rincorrerli. Ridiamo e ridiamo. Quando eravamo bambini nel campo.

    Sulla via erbosa - pontile di terra - come guardiani di tutto gli alberi.

    Il castagno lascia scivolar via le sue lunghe dita fiorite. Più in là so che sazierò lo sguardo incoerente affondando le ciglia in un fiore di sambuco.

    Il fico bianco muove i rami e mi fa bay bay ... ora andrò nel bosco ad iniziare il giorno.

  • 16 17

    I passi schivano la terra. Rumori di versi fra la sterpaglia. La terra ha sete. Dove si aprirà la fessura?

    4. Il campo

  • 18 19

    Io camminatrice indolente passo passo fra margherite umide.

    La pioggia lascia dietro sé il verde e mi immergo come se fosse onda di mare.

    E raggiunsero le lucciole e poi, con loro, scomparvero.

    Ritorna il giallo oro sulla tela campestre. Lo stenderemo con un pennello di morbide setole nelle sere di novembre.

  • 20 21

    Appartiene all’oro il sentiero che cammino; colore alchemico sostanza di ulteriorità: Estate, che passa sulla tua fronte? Vitigni mi incorniciano il volto. Gioco alla madonna che dall’angelo sorpresa muta lo ferma. - In equilibrio sul bordo sto. Non disturbare il mio passo - gli accenna.

    Non sono più le cicali frementi d’amore.

    Il contadino brucia i tralci delle viti chiudo gli occhi e sento cristalli che suonano. È novembre. Il fumo si impiglia nella nebbia e non vedo più le zolle smosse. Solo un albero oltre-passa il velo. Manca l’ombra che rende due.

    Le ombre sono un ricordo in questa stagione. Il gioco con la luce lo faremo domani, se l’ordine della natura lo vorrà. Ora possiamo godere della vista dei grigi, signori del giorno.

  • 22 23

    Sale la linfa nei tronchi, ne sento il passo. Il bosco aspetta pa-ziente il passo del giorno. Si attraversa muti questo esile pas-saggio incerto. È il silenzio mattutino.

    5. Il bosco

  • 24 25

    Una vergine, una perla, un petalo bianco che attende il rosso-re del poi. È inverno nel bosco.

    Dicono gli elfi che il vento le conduce, le carezze.

    Sospensione di piccole dita avanguardia storica del piacere, frullio piumato d’erotico volo. Un martin pescatore.

    Il vento entra dalle narici e sono viaggi immobili fra le viole.

    Persa in un bosco di acacie grondanti acqua. Acqua estiva. A quest’ora il sole s’appoggia lieve sulle foglie del nocciolo; lieve, e se ne va. Ore 19.00.

  • 26 27

    Quattro uccellini dal becco giallo beccano insolite merende. 6. Il fiume

  • 28 29

    Il fiume è gonfio, possente in questo giugno. Accarezza l’acqua sua, sinuosamente.

    Una siringa di lillà si insinua nell’ acqua del fiume e si bagna le ciglia di piacere.

    Come una lumaca di mare immersa nella sabbia aspetto l’onda.

    L’artemisia è ancora bagnata di notte e pure nel cielo è rimasta la luna del buio.

    Senti l’odore umido e boscoso del fiume?

  • 30 31

    Lei era già sul fiume. Corre corre. Cercava di far nuotare la tristezza che in quei giorni stanziava a casa sua.

    Chiudi gli occhi e guarda le foglie che si scompongono. Il fiu-me risuona di pietre rubate per bisogni troppo umani.

    7. La sponda del fiume

  • 32 33

    E la luce calda del sole scoperto rivestiva il gigante. Il grande immenso Pioppo antico. È il paese degli scoiattoli. Corrono veloci sui rami; s’infilano nelle tane quando il falco comincia il volo in tondo. Come piccoli baroni rampanti trascorrono il tempo del bosco passando da un nocciolo, ad una roverella per tornare infine al Pioppo.

    Ha radici che annusano l’acqua, il Pioppo. I rami indicano l’al-tra sponda che mi ricorda un nome d’amore.

    Raccogli i suoni. Li cucirò per farne un nome.

  • 34 35

    Lascio sassolini dietro me per chi vorrà raccoglierli e voltan-domi potrei scorgere un altro bosco.

    Il vuoto è splendente attesa, passo sulla fune tesa nell’ aria ver-so quel confine che unisce la costa alle onde.

    8. L’orizzonte

  • 36 37

    Brontola il cielo sopra di me mute le foglie aria d’attesa, mi commuove. Tace la perduta luce del sole.

    Lampi fulminei raggiungono le solitudini del mio giorno.

    Trascinano l’estate ancora gli ultimi tuoni, questa notte. La collina si fa muta celebrando l’incanto del suono.

    Vanno le nuvole. Fermi i petali profumano solamente.

  • 38 39

    Traduco il vento in lettere opache. Compare un frammento di mondo invisibile.

    Silenzi d’autunno chiamati dalla pioggia lunga.

    Gli occhi intravedono oltre la cortina oscurata inciampando negli sguardi delle stelle.

    9. Il cortile di casa

  • 40 41

    E nella piuma del pettirosso del mio cortile il tuo volo.

    Tu non sai che il timo giace fra le dita della rosa bianca pene-trandola d’aroma lei canta, la sera.

    E gli odori? Gli odori stanno fuori abitano le gonne nel vento sono volatili che si posano sui petali delle viole.

    Petali bianchi e grandi e pistilli come alberi di vele a mare: ibisco.

    Tic tic tic le foglie traslucide gioiscono di pioggia perché sono felice quando piove?

  • 42 43

    Topazi imperiali le prime rose gialle del giardino segreto. Ed il Vento? Lega i rami al palo di betulla, mi dissero.

    Poco importava, ogni volta la sua verginità odorava di cilie-gio. Le bastava il maggio, sapeva d’imporporirsi poi. Tutto questo era incomprensibile ai più.

    Sapore di susina blu sulla lingua si scioglie nell’ orto notturno.

    La lavanda profuma anche nelle sere ombrose.

  • 44 45

    Solo neve nel cortile e spio fuori con un grande sorriso.

    È nel silenzio mattutino che mi riconosco. Piccoli suoni.

    Da noi le civette ritornano nei nidi. Il vento risucchiato dall’ occhio della civetta va e viene insolita altalena invisibile.

  • 46 47

    La sera brucia di buio, solitario il gelsomino cerca le foglie del maggio ciondolo ma non sa che non è ancora il tempo.

    Brucia l’incenso e seduce il fiore rosso che non conosco.

    Le mani trattengono i respiri più belli.

    Potrei continuare tutta la notte a scriverti fantasma d’upupa, perché è una notte striata d’amaranto ma tu dormirai il sonno che non mi sarà mai concesso di vedere.

  • Fine