Dott.ssa Maria Teresa Frattini - comunitarosaurora.it 2010.pdf · e i n La leggenda del pianista...

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Parlare dello spazio è come contare le gocce che formano un mare. Talvolta è la conce-concezione stessa del termine ad esulare dalla reale dimen-sione che cerchiamo di dargli. Questo perché non esiste un’unità di misura in grado di definire ciò che lo spazio rap-presenta per noi. Ci sono vari modi per intendere il termine stesso: quelli più pratici, quando per esempio misuria-mo una distanza, o quelli più astratti, che ci portano per esempio ad inquadrare un o-biettivo ed a quantificarne la difficoltà. Lo spazio è tutto ciò che ci circonda, quella “materia astratta” che forma le cose ma che al tempo stes-so ce ne separa. Nello sport lo spazio può essere quello di un rettangolo verde di un campo da gioco, di un pale-stra, di una piscina, ma è al-trettanto giusto dire che rap-presenta la distanza tra l’individuo e la sua meta. Può essere infinitamente piccolo, così come altrettanto grande: il “condimento” di tutto è rap-presentato dalla volontà, quella che ci fa sembrare le cose a volte vicine ed altre, magari, un po’ più lontane. Lo spazio, in fondo, rappresenta il modo di vivere di ognuno di noi: lo possiamo identificare con un disegno, una distanza, anche scrivendo, come stiamo facendo in questo momento. Se poi la rappresentazione darà l’idea di quello che si è voluto comunicare, allora po-tremo dire di aver in qualche modo “spiegato” l’essenza del nostro spazio, che è diversa in ognuno di noi, per questo affascinante.

Lo spazio pur non essendo oggettivo e tangibile, acquisisce un significato sia soggettivo che oggettivo per la persona. Come elemento soggettivo rappresenta il nostro rapporto con l’autonomia personale e la libertà, i no-stri vissuti emotivi legati alla distanza o vicinanza degli altri, la nostra mo-dalità di vivere la socialità e l’affettività. Come elemento oggettivo rappresenta lo spazio fisico, lo spazio vitale, necessario per poterci muovere nel mondo, nella nostra casa, nel luogo di lavoro, nel rapporto con gli ambienti naturali. Entrambi gli elementi sono indispensabili per poter vivere al meglio delle nostre possibilità, per esprimere le nostre capacità, sentimenti e talenti creativi . Ciascun individuo ha bisogno di spazi definiti, adatti alla sua persona, che possono essere più o meno grandi , ma che devono avere una loro strut-turazione per poter essere agevolmente utilizzati, offrendo nella libertà, pur sempre limitata, di essere dei riferimenti stabili e riconoscibili. Nella vita quotidiana l’assenza di riferimenti, come uno spazio fisico di cui non si vede la fine, ci crea un senso di disagio, la paura di smarrirci, il ti-more di non poter andare e tornare. Il bisogno di avere spazi definiti varia da persona a persona e ciascuno agisce seguendo un proprio ordine personale. L’assenza di spazi sia fisici che soggettivi, è fonte di grave frustrazione e sofferenza in qualsiasi essere vivente, negandogli la possibilità di vivere in modo autonomo e limitandolo fortemente nelle sue espressioni e ne-cessità vitali. La carenza dello spazio vitale provoca quindi degli stati di malessere che a lungo andare possono degenerare in malattie sia psichiche che fisiche. In qualsiasi processo educativo e nei rapporti sociali ed affettivi, è essen-ziale riconoscere i propri spazi e quelli delle persone o altri esseri viventi che ci sono vicini, determinando dei rapporti connotati da autenticità. Il mantenimento e la cura degli spazi garantisce dei rapporti basati su scambi e confronti tra persone , che ci arricchiscono e ci completano. Viceversa la negazione degli spazi, privilegia rapporti basati sulla paura di essere soli, sul congelamento delle nostre qualità e capacità, e sullo svi-luppo di attaccamenti morbosi , dove i partners finiscono per non esistere più come individui, ma solo attraverso l’altro. Un altro elemento collegato allo spazio è l’ infinito, che può collegarsi alla dimensione spirituale dell’uomo , che profondamente riconosce di “non esistere fisicamente” , o meglio di essere soggetto alla fine del corpo fisico, ma non a quella della sua anima che potrà vivere eternamente. La consapevolezza di questa dimensione ci può aiutare fortemente a su-perare momenti di grande difficoltà, pur non potendo vivere nella realtà uno spazio senza limiti, se non nel pensiero e nella fantasia. La natura , nella sua bellezza e grandiosità, rappresenta l’elemento terre-no più vicino alla dimensione spirituale, facendoci provare emozioni inten-se, grande serenità ed un senso benevolo di smarrimento nei suoi mae-stosi paesaggi, nel quale avvertiamo di essere parte di un tutto e riuscia-mo a cogliere la luce dell’infinito.

Dott.ssa Maria Teresa Frattini

Il cielo… Melodioso cantico di nubi bianche

Spazio argentato di gioia A cui solo anelo….

Maria Teresa Frattini - La Magia dell’Anima

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Il tema di questo numero Lo SpazioLo Spazio pag. 2

Qualcosa di personale La vita è come…La vita è come… pag. 4 La casa idealeLa casa ideale pag. 6

Scarabocchi di gente L’ambiente preferitoL’ambiente preferito pag. 8

Terra mia Una gita a NinfaUna gita a Ninfa pag. 10 I giardiniI giardini pag. 10/11

Quelli che… io ci provo Lo spazio nella storia e nella culturaLo spazio nella storia e nella cultura pag. 12

Pronto… Collaboriamo? Riprendiamo il filo del racconto:Riprendiamo il filo del racconto: pag. 16 Lo psicoLo psico--cane a cura del Centro Diurno di Albano Lazialecane a cura del Centro Diurno di Albano Laziale

L’angolo dell’incontro pag.19

Invito alla lettura L’ascensoreL’ascensore pag.21

Anno III n. 3 Settembre 2010

Periodico trimestrale di espressività sociale iscritto al Registro della Stampa e dei Periodici del Tribunale Ordinario di Tivoli con n° 5 del 18/04/08 realizzato dal gruppo operatori-utenti della Residenza Socio-Riabilitativa Rosaurora Collaboratori: ALTER Cooperativa Sociale a.r.l Centro Diurno Riabilitativo “Volo Libero” di Albano Laziale Editore Liberi S.a.s. Ideatore del progetto Dott.ssa M. Teresa Frattini Direttore Edoardo Ebolito Capo-redattore Francesco Cagnoni Coordinatore didattico Francesca Latini Impaginazione e grafica Francesca Latini Mauro Muccioli Responsabili area stampa e distribuzione Arnaldo Prudenzi Area laboratori: Rosa Casaburi Maria Clara Guadagno Disegno: Nadia Crescenzi Lettura: Sara Leo Scrittura digitale: Arnaldo Prudenzi

Pronto… Ci sei???

In rilievo

Intervista su strada

Viale Aldo Moro

Gallicano

nel Lazio

A pagina 19

In rilievo Intervista All’architetto A pagina 12

e

La leggenda del pianista sull'oceano

Film del 1998 con Tim Roth, regia di Giuseppe Tornatore. Soggetto di Alessandro Baricco “Tutta quella città... non si riu-sciva a vederne la fine... La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? Era tutto molto bello, su quella scaletta... e io ero grande con quel bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che sarei sceso, non c'era pro-blema. Non è quello che vidi che mi fermò, Max È quello che non vidi. Puoi capirlo? Quello che non vidi... In tutta quella stermi-nata città c'era tutto tranne la fine. C'era tutto. Ma non c'era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo. Tu pensa a un piano-forte. I tasti iniziano. I tasti fini-scono. Tu lo sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infini-ta. Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai... Quella tastiera è infinita. Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto sul seggiolino sbagliato:

quello è il pianoforte su cui suona Dio. Cristo, ma le vedevi le strade? Anche sol-

Il tema di questo

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Lo spazio deve essere l’espressione di se stessi. Uno spazio deve essere la funzione della parola, un territorio do-

ve muoverci, conversare, incontrarci per scambiarsi opi-nioni e prendere consigli l’un l’altro. E ‘ anche libertà in-tesa come spazio di agire. Tramite lo spazio possiamo sviluppare una certa azione, dando il meglio di noi stessi. E’ anche riposo, svago e divertimento, rilassamento della persona ed anche studio, quello più impensato. Lo spazio è luogo d’incontro a tutte le età, per familiarizzare, di-ventare amici, farsi addirittura una vita.

Lo spazio per me è il passare del tem-po. Lo spazio è illimitato e può essere anche un traguardo da raggiungere. E’

il tempo vuoto ed il tempo pieno, le ore che passano, i momenti felici. E tutto questo è la vita.

Secondo me lo spazio è la libertà di ragionamento. Tutte quelle sensazioni che l’uomo ha dentro di sé, il senso di

libertà assoluta che ogni uomo e ogni donna dovrebbero avere. E’ la cosa più bella che possa esistere, cioè il li-bero arbitrio sempre nel rispetto reciproco di ogni es-sere vivente. Un'altra cosa meravigliosa sarebbe condi-videre il proprio spazio con una donna, avere un focola-re ed essere liberi senza condizionamenti dal resto del mondo.

Spazio

Personal

e Spazio Familiare

Dalla Residenza Rosaurora

ArnaldoArnaldo: : Nello spazio ci esprimiamo...

MarcoMarco: : Lo spazio è libertà...

SandroSandro: : Lo spazio è vita...

e

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tanto le strade, ce n'erano a mi-gliaia!

Ma dimmelo, come fate voi lag-giù a sceglierne una. A scegliere una donna. Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce, e quanto ce n'è. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pez-zi solo a pensarla, quell'enormi-tà, solo a pensarla? A viverla... Io ci sono nato su questa nave. E vedi, anche qui il mondo passa-va, ma non più di duemila per-sone per volta. E di desideri ce n'erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una na-ve, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato a vivere in questo modo. La terra... è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella. È un viag-gio troppo lungo. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Non scenderò dalla nave. Al massimo, posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti, io non esisto nemme-no.”

(Danny Boodman T.D. Lemon Novecento)

“Perché perché perché perché perché... Ho l'impressione che sulla terra sprechiate troppo tempo a chiedervi troppi perché. Di inverno non vedete l'ora che arrivi l'estate. Di estate avete paura che torni l'inverno. Per questo non vi stancate mai di rincorrere il posto dove non sie-te: dove è sempre estate.” (Danny Boodman T.D. Lemon Novecento)

La mia idea di spazio è riassumibile in due concetti fondamentali, il luogo che ha come caratteristica la staticità ed i mezzi per il trasporto che hanno come

caratteristica il movimento, come ad esempio un camion. Il luogo può essere vuoto come ad esempio una casa, o pieno come potrebbe essere una roccia o un mattone, cioè non occupabile all’interno. Il luogo può essere inoltre chiu-so o aperto come uno spazio in campagna. Tra gli spazi vuoti si possono annoverare tutto ciò che l’uomo ha costruito intorno alle sue abitazioni, cioè intor-no agli spazi urbani. Il giardino, costituito con piante con-finate da un recinto è un compromesso tra spazio natura-le e spazio artificiale. Altro esempio di spazio aperto ar-tificiale è il chiostro come può essere quello delle abbazie o il labirinto fatto da un insieme di siepi particolarmente decorate o il giardino pensile che é posizionato sopra all’edificio.

Lo spazio è una cosa comune tra me e le persone con le quali convivo : un amico od una donna con la quale tro-

vare un rapporto d’amore ideale. Così nello spazio si può esprimere un amore profondo. E’ una fratellanza tra me e un amico, è custodire le proprie cose, lavorare e portare lo stipendio a casa. Fare una figlia e aiutare la convivente a stare bene e desiderarla come sposa, ave-re una vita lunga con lei, fino alla vecchiaia, avere una casa tutta per noi.

Spazio

Sociale

Spazio Naturale

MarioMario: : Lo spazio è staticità e movimento...

CarloCarlo: : Lo spazio è socialità...

e

Le storie di vita dei ragazzi percorrono le pagine di questa rubrica, concepita come spazio confi-denziale, ma non privato, di verità. Si siedono nell’atrio e hanno voglia di racconta-re: alcuni comin-ciano a parlare, altri preferiscono scrivere. Si guardano, si confrontano, si narrano: si lascia-no finalmente es-sere protagonisti indiscussi. È la loro storia a parlare: i loro toni sono pacati, la lu-cidità del discorso pregnante, lo sguardo si fa serio. La penna registra e la carta assorbe le emozioni dei lo-ro vissuti, raccon-tati ai lettori con

sconcertan-te sinceri-tà.

Qualcosa di personale Trovare nel mondo un contesto

che rifletta la nostra vita ci aiuta ad esserne parte

ed a cercare ciò che vogliamo

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La mia vita è come un “g iardino recintato”.

Spesso, nella mia vita, mi sono sentito come “ chiuso in deter-minati spazi”. Da ragazzo cerca-vo di fuggire dalla casa della mia famiglia, per trovare un luogo più felice dove trascorrere la mia vita almeno per un periodo. Mi sentivo solo , limitato negli spazi, con pochi posti dove trascorrere il tempo e pochi amici perché quando la mia famiglia si riuniva c’erano giovani della mia età,

AlfredoAlfredo: : ...un giardino recintato...

tutti impegnati altrove, lontano. La mia vita è trascorsa così, anche se non sempre. Ricordo, infatti, alcuni miei amici molto belli, bravi, simpatici, che anda-vano d’accordo con me, ma io non riuscivo mai a raggiungerli nei loro cammini di vita. Così la mia vita era un giardino fatto da una bella famiglia, ma quando è giun-ta la mia malattia, essa si è tra-mutata in una prigione, dalla qua-le mi sembra di essere uscito solo da pochi anni, insieme ad altri giovani con cui riavere una nuova giovinezza.

La mia vita è come una piazza af-f o l l a t a ,

dove osservare la gente che par-la, che vede le vetrine, trovare un amico o più amici per decide-re la serata, una gita, una cena. La piazza affollata è vita, è ru-more, è incontrare nuove amici-zie e fare compere. Soprattutto le piazze di paese, dove si riuni-

ArnaldoArnaldo: : ...una piazza...una piazza affollata...affollata...

scono i contadini per gli affari della giornata. Spesso sono en-trato di mattina in una piazza affollata e quello spettacolo mi ha dato gioia di vivere, mi ha fatto sentire una persona e mi ha dato anche tanta speranza per il futuro. E’ avvenuto proprio ieri in una piazza di Cinecittà a Roma, dove ho assaporato piena-mente il sapore di fare da solo.

Dalla R. Rosaurora

La mia vita è come un mare in

tempesta che in fondo è sol-

AntonellaAntonella: : ...come un mare ...come un mare in tempesta...in tempesta...

tanto un buco sopra l’acqua , un corto circuito, come una necessi-tà di riavere certi momenti an-negati nei fiori in una grande pianura.

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Nessun luogo è lontanoNessun luogo è lontano

Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici?

Se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei for-

se già?

Richard BachRichard Bach

La mia vita è come un prato

fiorito perché ha tanto verde

intorno e fiori di tutti i colori.

Monica

La mia vita è come una stanza,

perché molte volte mi ci chiude-

vo dentro per ascoltare musica

e con la mente riflettevo ed i

miei pensieri erano rivolti alla

mia solitudine. Sandro

Penso che la mia vita assomiglia ad un ani-

male raro segregato in questo mondo. Alle volte mi ci trovo be-ne, altre invece vorrei andare lontano, più che altro per assa-porare un po’ più di libertà. Mi sento come un animale studiato dalla scienza, dai medici generi-ci, dagli psicologi, dagli psichia-

Marco: ...come uno Zoo...

tri. Fin dalla più tenera età sono stato ricoverato al Policlinico Umberto I° a Roma, poi ho tra-scorso vari periodi di apparente benessere, per poi ricadere nella depressione che mi ha portato ad abusare dell’alcool ed a ricor-rere a vari specialisti ed infine al D.S.M., che tuttora mi accudi-sce e mi cura insieme alla comu-nità riabilitativa in cui mi trovo attualmente.

La mia vita è come una casetta

in montagna tra i profumi di variegati fiori, con tanti alberi intorno, con gli uccelli e le cicale che cantano pure

CarloCarlo: : ...come una casa ...come una casa di montagna...di montagna...

d’estate, con tanti animali ognu-no diverso l’uno dall’altro. Una casetta piena di suoni e voci di gente che canta in coro, con tan-ti bambini, persone che parlano fra loro, colori ed un arcobaleno che sorge.

La lingua è, per così dire, lo spazio sociale delle idee G. De Tarde

La casa ideale…

Pensare è spaziare nell’infinito

J.B. Lacordaire

La mia casa in un monolocaleLa mia casa in un monolocale La casa che vorrei non è di tante pretese. Vorrei un mo-nolocale con angolo cottura ed un mobilio modesto, prati-co. All’interno un mobile per i vestiti, le cose necessarie, qualche valigia per i viaggi, un tavolo con almeno quattro sedie, un divano non tanto grande ed anche una poltrona. Un letto per riposare la notte e pensare prima di addor-mentarmi. Vorrei che ci fossero le finestre ad archetto, di quelle antiche, un bagno comodo con la doccia. E se fosse possibile anche un terrazzo, dove tenere qualche pianta esotica. Un luogo dove avere incontri con amici , dove lavorare , solo ma in santa pace. Qui dove mi trovo in comunità è quasi così, ma in una casa ci sarebbe più autonomia. Ci sarebbe soddisfazione anche a cucinarsi un piatto di spaghetti, di fettuccine con i funghi.

-Arnaldo-

La mia casa tra le montagneLa mia casa tra le montagne La casa per me rappresenta un desiderio molto impor-tante perché in passato ho sempre abitato in case di mia proprietà, ora che sto qui in comunità non mi sento in una casa ma in un ambiente comune con altre persone. Una casa invece di mia proprietà rappresenterebbe una maggior autonomia nel fare le cose. Per questo vorrei avere una casa da dividere magari con un compagno che sta più o meno come me. Mi piacerebbe avere una casa in montagna fatta con i muri di pietra e il tetto in legno, un ambiente interno fatto di una camera con l’ingresso a stanzone, una cucina, un bagno , pavimenti di cotto , finestre e persiane e porte di legno . La casa dovrebbe essere collocata al piano rialzato con una piccola scala in pietra esterna. Dentro un tavolo grande per gli ospiti, un camino per riscaldare l’ambiente, una cucina economi-ca. Come spazio abitativo non dovrebbe essere troppo grande per non stancarmi a fare le pulizie: poche ma essenziali suppellettili ma una bella cucina ed un televi-sore moderno con dvd e soprattutto il mio stereo con dischi e cassette, un armadio a muro capiente per met-terci i vestiti. La casa per me rappresenta il luogo dove riposare e raccogliere i miei pensieri quando ad esempio preparo da mangiare e penso al cibo, dove ascoltare la musica e far sentire i dischi al mio compagno o alla mia compagna. Vorrei tenere con me un gatto ed avere un piccolo orto di fuori per tenere un cane.

-Mario-

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La mia casa in montagnaLa mia casa in montagna Io vorrei avere una casa preferibilmente in montagna. A me sono rimaste impresse le Dolomiti perché mi hanno colpito per la loro freschezza estiva e le nevi invernali. La mia casa, anche se in montagna, la vorrei in stile moderno, come una piccola baita. All’interno mi piacerebbe avere una camera dove ripo-sare, una cucina in cui mangiare, un salone con uno stereo ed una televisione . Potrei vedere felice il cadere della neve d’inverno, e sentire la freschezza dell’ estate. La mia casa io la preferirei senza nessun’altro per-ché mi piace la solitudine anche se non mi dispiacerebbe la visita di un amico. Un giar-dino servirebbe per passare il tempo con un amico, vorrei anche avere un cane o un gatto che mi farebbero compagnia. Mi pia-cerebbe infine avere una ragazza come una mia amica chiamata Giusy.

-Alfredo-

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La mia casa La mia casa La casa ideale che vorrei sarebbe modesta e si-tuata in un paese o in città, in compagnia di una donna con cui condividere gli ambienti, raggiun-gendo l’autonomia da me tanto agognata…

-Marco-

La mia casa fuori cittàLa mia casa fuori città La mia casa è una villetta a due piani arredata bene con la camera da letto , un salone ed una cucina, il tutto ben arredato e con pavimenti colorati. La villetta è tranquilla , c’è poca gente perché è fuori città, un bel giardino dove stare con le mie figlie.

-Marisa-

e

L’ ambiente preferito rivela il nostro modo di essere

Extraterrestre Di E. Finardi c'era un tipo che viveva in un abbaino per avere il cielo sempre vici-no voleva passare sulla vita come un aeroplano perche' a lui non importava niente di quello che faceva la gente solo una cosa per lui era im-portante e si esercitava continuamente per sviluppare quel talento latente che e' nascosto tra le pieghe della mente e la notte sdraiato sul letto guardando le stelle dalla finestra nel tetto con un messaggio voleva prendere contatto diceva extraterrestre portami via voglio una stella che sia tutta mia extraterrestre vienimi a pi-gliare voglio un pianeta su cui rico-minciare una notte il suo messaggio fu ricevuto in un istante e' stato traspor-tato senza dolore su di un pianeta sconosciuto c'era un po' piu' viola del nor-male un po' piu' caldo il sole ma nell'aria un buon sapore terre da esplorare e dopo la terra il mare

un pianeta inte-

Marisa Il salotto : piacere nello stare con la mia famiglia

Mario Lo spazio salotto e pranzo : condivisione con i miei ospiti, sim-patia

Carlo La cucina : piacere e buoni odori …

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ro con cui giocare e lentamente la consapevolez-za mista a una dolce sicurezza l'universo e' la mia fortezza diceva extraterrestre portami via voglio una stella che sia tutta mia extraterrestre vienimi a pi-gliare voglio un pianeta su cui rico-minciare ma dopo un po' di tempo la sua sicurezza comincia a dare segni di in-certezza si sente crescere dentro l'a-marezza perche' adesso che il suo sco-po e' stato realizzato si sente ancora vuoto si accorge che in lui niente e' cambiato che le sue paure non se ne sono andate anzi che semmai sono aumentate dalla solitudine amplificate e adesso passa la vita a cer-care ancora di comunicare con qualcuno che lo possa far tornare dice extraterrestre portami via voglio tornare indietro a casa mia extraterrestre non mi abban-donare voglio tornare per ricomincia-re extraterrestre portami via voglio tornare indietro a casa mia extraterrestre non mi abban-donare voglio tornare per ricomincia-re voglio tornare per ricomincia-re

Arnaldo La sala da pranzo : piacere per la tavola, gioia per i miei amici

Sandro Il salotto : nostalgia ed affetto familiare

Alfredo La mia camera : sere-nità e gioia per le mie cose

Antonella Il bagno : rilassamen-to per la cura della mia persona

Ninfa si trova alle pen-dici dei monti Lepini ed è una antica città me-dioevale del 1100 D.C., con torri, castelli, un fiume che forma casca-telle e che passa in mezzo ai ruderi, chiese con affreschi. Questa città fu distrutta verso il 1300. Apparteneva ai Caetani, una ricca fami-glia proprietaria di tut-to L’Agro Pontino fino a Caserta, che annovera tra i suoi nobili discendenti anche papa Celestino V°, che fu incarcerato dall’imperatore ad Anagni. I giardini sono del tutto particolari perché sono stati costruiti dall’uomo tutto intorno ai ruderi verso il 1700-1800. C’ è anche un fiume con le sue cascatelle pieno di piante subacquee, forse orchidee, ma di cui non si potevano vedere i fiori perché ci siamo andati d’estate. Le piante che mi sono rimaste più impresse sono il ciliegio con le foglie di ogni tipo, il salice piangente, gli enormi bambù orientali, quelli che servono in Cina a co-struire le giunche, ed una pianta tropicale dell’America del sud che non ha bisogno di radici per crescere e che si arrampica sopra gli alberi prendendo il nutrimento dalle foglie, dall’umidità dell’aria. Le sensazioni più belle che ho avuto nel visitare questo giardino sono quelle visive, l’occhio spazia in tutti i meandri delle foglie, sui tronchi degli alberi, sullo scorrere dei ruscelli e sugli spazi verdi che sono molto estesi.

Ancor prima di esprimere l’amore e il rispetto per ciò che ci circonda e per ciò che quotidianamente viviamo, dovremmo essere in grado di osservare nel cuore delle cose per scoprire l’aspetto insolito, poco noto o dato per scontato. Questa rubrica è non solo spazio dedicato alla natura e alle sue creature ma è invito ad osservare, ad ap-prezzare e a ri-flettere sul valo-re della sua esistenza

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Una gita a NinfaUna gita a NinfaUna gita a Ninfa

Articolo di apertura a cura di Mario

Per me il giardino oasi è quel giardi-no dove giocavo io

da bambino. Ma quello che immagino a-desso è pieno di uccellini, passeri, rondi-ni, pettirossi, colombe. L’odore è quello di frutta matura. Un ruscello e dei pesci

per poi pescarli con le lenze. Il giardino oasi è per me il paradiso terrestre nel quale si vive in eterno do-ve le colombe volteggiano sopra i no-stri corpi nudi al sole. La terra è sempre umida ed il cielo sempre limpido. Ed il cielo è la manna.

Sandro:Sandro: Il giardino oasi

In una grande città l’uomo vive senza nessunissimo rapporto a quello che lo circonda… L’indifferenza ha la sua principale sede nelle città grandi, cioè nelle società molto estese.

Giacomo Leopardi – Lettera al fratello Carlo

Il giardino è arricchito di siepi, di fiori e di tante profumate piante. Di una

fontana con tante colombe, piccioni, tra luci pitto-resche e illusioni di versetti lucidi. Di orsacchiotti pieni di sorrisi e cento storie racchiuse tra miele,

E’ un giardino dove comunque si può svolgere la vita. Ci si incontra per respirare aria,

per fare discorsi, incontrarsi per affari. Sono giar-dini più che altro di case patrizie dove si svolgono feste, compleanni, che radunano la gente. Andavano i giardini pensili soprattutto nell’età romana, dove anche l’imperatore radunava i militari per concer-tare delle strategie. Possono essere dei luoghi di

Ricordo con nostalgia un giardino antico. Era situato su un promontorio che so-

vrasta il paese natio di mia madre: Acquaviva di Montepulciano in Toscana. Sentivo un odore verdeg-giante tipico di quel giardino che andavamo a visita-re io e mia sorella in estate, in compagnia di mia madre. Al centro del giardino c’era un pozzo con una scultura che rappresentava un leone. Udivo an-

orchidee, mandorle e supplementi di pianure roccio-se. Un giardino da cui traspare la fiaba come, quella di Cenerentola che ci è di insegnamento per il no-stro svago e divertimento. Un giardino dove cammi-na un trenino a vapore che andando e venendo si riempie di nocciole e mandorle.

AntonellaAntonella:: Il giardino tropicale

che il cinguettio degli uccellini che lo abitavano. Mi ricordo una visuale bellissima di questo grande giar-dino che apparteneva al nobile del paese, un signo-rotto. Alle volte l’ho anche sognato e possiedo delle foto a colori che abbiamo scattato io e mia sorella. Tuttora ne ho un ricordo bellissimo, mi trasmetteva serenità e silenzio.

MarcoMarco:: Il giardino antico

ArnaldoArnaldo:: Il giardino pensile

naturale silenzio nel frastuono della città, un posto dove riflettere, provare emozioni che si sono avute in passato, sognare stando soli ed intraprendere un viaggio. Ascoltare il verso degli uccelli, degli animali che vivendo in città, anche approdano al giardino pensile. Cibarsi degli odori delle piante e godere del profumo dei fiori. Dialogare con una persona, trova-re un momento di pace nel tran-tran quotidiano.

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e

Quelli che… ...Io ci provo!

Imparare a farsi un’idea propria e divulgarla; imparare a fare, creare, inventare; a provare anche senza averlo mai fatto; imparare a ricono-scere nel prodotto la propria espressione; imparare a misu-rarsi e a mettersi in gioco; sempre e co-munque avere la vo-glia di imparare. “Quelli che...io ci provo” è lo spazio del confronto, della prova, dell’esercizio e soprattutto della relazione tra l’Io e il Mondo, quel mondo che sempre di più appa-re distante e poco vivibile. Questa rubrica vuo-le offrire un pretesto per essere attivi in esso, un modo per essere “dentro” indipendentemente

dallo stru-mento di espressione

Intervista all’architetto Sirio Costarelli

Com’è cambiato il modo di progettare le case e l’uso dello spazio per i diversi ambienti nel corso della storia?

Riguardo al modo di progettare, ogni architetto è un artista che usa delle tecniche molto personali, che nei mezzi di produzione tutta-via non si sono poi evolute, tranne che negli ultimi 20 anni con il dise-gno automatico tramite computer. Alcuni mantengono un approccio classico, procedendo per gradi: per prima cosa dobbiamo “fare” quella casa, poi lo studio di come “sta in piedi”, per arrivare ad un insieme coerente che appaia anche esteticamente valido. Altri architetti, all’opposto, procedono da più punti di vista diciamo irrazionali, quasi che il progetto appaia loro dall’interno, per esempio partendo da un testo letterario o da una storia del luogo o dalla personalità del futuro proprietario ecc. . Alcuni hanno delle teorie per ogni cosa, altri invece sperimentano soluzioni diverse in ogni progetto.

Diverso è il discorso della produzione storicizzata di questi feno-meni architettonici e cioè quello che la storia ha filtrato nel tempo e ci ha lasciato come segnale di permanenze di gusto, di stile, di tecni-che di produzione edilizia (non dimentichiamo che la pietra resiste molto tempo ma non è detto che sia stata più apprezzata del legno nel passato) in un dato intervallo storico. Restringendo il campo geografi-co alla sola storia della casa europea possiamo brevemente distinguere tra:

Casa etrusca, romana (VII a.C.-VI d.C.) Abbandonate le pri-

me case-capanne o ca-se-grotte, dall’età del bronzo in poi, comincia-no a comparire le prime abitazioni in pietra. All’inizio molto sempli-ci, erano formate da una sola stanza, spesso circolare (vedi i trulli pugliesi) a un solo pia-no. Con il crescere del commercio dell’impero romano, e della popola-zione, si assiste dap-prima a un ingrandi-mento della struttura originaria sempre a un piano, fino ad arrivare alla forma codificata 12 Fig. 1. La domus romana, con le caratteristiche aperture

verso il centro della casa

della domus romana, fino a due piani, con gli spazi distribuiti intorno a una fontana centrale. La casa è dotata di molti servizi, tra cui l’acqua potabile, spesso calda, portata dall’acquedotto. (fig. 1)

Casa gotica (X-XVI sec.) Dopo il crollo dell’Impero Romano (V sec.), l’attività costruttiva riprende intorno all’anno 1000, soprattutto nelle regioni dell’Italia settentrionale. Le città sono spesso sedi di corti nobiliari, rinascono i commerci e l’artigianato, le case sono molto grandi anche se spesso sovraffollate. Il piano terra è destinato a negozio del mercante o al laboratorio dell'artigiano, che spesso utilizza per alcune lavorazioni, lo stretto cortile retrostan-te. Il primo piano è occupato da cucina e soggiorno e quello ancora superiore dalle stanze da letto. Le persone non hanno stanze private: nelle case semplici spesso molte persone di diversa età e sesso dormono nella stessa grande stanza, anche nelle case dei ricchi le ancelle dormono ai piedi del letto della padrona e i garzoni in un angolo della camera del padrone. La decorazione è affidata al disegno geometrico delle murature e all'intaglio delle parti lignee e variazione nella forma delle aperture. Rispetto alle abitazioni romane di città, le case me-dievali hanno minore qualità tecnica: non hanno acquedotto né fognatura e perciò utilizzavano acqua di pozzo o di fontana e si scaricavano i liquami nelle vie. Le abitazioni urbane delle famiglie ricche o nobili non differiscono molto dalle case più povere, se non per le dimensioni, superando raramente i tre piani fuori terra. Molte città contenevano al loro interno orti, giardini e frutteti privati, utili anche in caso di assedio.

Casa urbana (XVII–XIX sec.) Con l’Illuminismo e la nascita dei grandi stati imperiali europei, assistiamo alla nascita dell’isolato urbano e

l’estroversione delle aperture in facciata. La città ora non è più chiusa entro le mura. Con il colonialismo iniziano le grandi produzioni tessili e in città arrivano grandi quantità di lavoratori. Si sperimentano, per un breve perio-do grandi edifici collettivi basati su visioni utopiche, destinati alla produ-zione, con distinzione tra i sessi. (fig. 2) Le condizioni igieniche peggiorano, l’inquinamento è tale che per settimane, a causa della combustione del carbone, anche in pieno giorno sembra quasi notte. Le prime fognature scarica-no direttamente nei fiumi, da cui ci si rifornisce di acqua potabile, causando delle grandi epidemie di colera. L’età media di vita crolla e si aggira intorno ai 30 anni per i poveri e ai 45 anni per la classe agiata, la quale comincia ad abban-donare il centro città e preferire la casa isolata di periferia. Le classi operaie si concentrano sempre più nel centro, a ridosso della ferrovia e delle industrie.

Casa moderna (XX sec.) Con l’esperienza acquisita, all’inizio del secolo scorso, gli stati moderni cominciano a organizzare e legifera-

re su misure igieniche che aumentano notevolmente la durata della vita media. In particolare, per quello che qui interessa, viene normata l’attività di costruzione degli abitati. La casa ora deve avere determinate caratteri-stiche spaziali, di orientamento, con una certa quantità di finestre per un massimo di persone ospitate, deve essere dotata di tutti i servizi igienici, e così via.

Nel corso di un secolo, col crescere del benessere economico, queste esigenze igieniche, sono sempre più precisate e arrivano alla definizione degli spazi abitativi minimi che vediamo tuttora.

Fig. 2. Una vista di New Harmony, comunità basata sul pensiero razionale, la coope-razione e l'educazione gratuita fondata nel 1814. Assunse subito un ruolo di primo piano nella cultura statunitense, mentre fallì il progetto di economia cooperativa: gran parte delle 1000 persone che si insediarono non era disposta a svolgere tutti i ruoli previsti dal progetto. Fu chiusa nel 1828.

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Casa post-moderna (XXI sec.) L’abitazione del futuro, di cui già intravediamo la costitu-zione, sarà ovunque la gente vuole che sia, sarà un concetto (!): un mix tra tutto quanto trascorso negli ultimi duemila anni e nuove forme. Possiamo intravederne i sintomi nel crollo del mercato immobiliare - che è anche culturale – la casa è (finalmente) di nuovo vista come una “cosa” da abitare e da vivere), di cui non si intravede la ripresa, e nelle varie forme di nomadismo di oggi: pensionati che vivono e si spostano in roulotte, uomini d’affari che dormono in suite d’albergo rica-vate in aereo, giovani che si scambiano la casa e viaggiano gra-tis nel mondo in una sorta di “casa-stop”, lavoratori giapponesi che dormono in alveari umani chiamati “Hotel Capsule” (fig. 3), o poveri che ricostruiscono ogni giorno la sua casa in favelas brasiliane e così via, gli esempi sono tantissimi. Come già accennato, l’architettura oggi è, per così dire “liquida”. Se fino a pochi anni fa, si potevano riscontrare differenze tipiche tra i modi di abitare orientali e occidentali, oggi la globalizzazione ha rimescolato la cultura a tal punto che possiamo assistere ai fenomeni più disparati: un ristorante in stile giapponese nel centro di New York; un bagno in un grattacielo a Pechino in stile Feng Shui, ma dotato di sauna finlandese, e così via. Tuttavia, alcune differenze fondamentali rimangono tra oriente e occidente e riguardano il modo di percepire, direi quasi assorbire, lo spazio e la luce. Nella cultura orientale lo spazio è considerato come qualcosa da svuotare. Questo porta a una profonda differenziazione fenomenica. In oriente l’ostentazione del lusso, della classe sociale è da

ricercare nei particolari piccolissimi, o addirittura solo nel tokonomà, una nicchia nel muro dell’abitazione, nella sala degli ospiti o alla fine di un percorso, dove può tro-vare posto una stampa, una radice d’albero, o un’arma preziosa, una poesia, un bonsai, o semplicemente una ikebana (una composizione floreale), oggetti che hanno lo scopo di commuovere il visitatore (fig. 4). Al contra-rio lo spazio, nella cultura occidentale è un qualcosa da riempire, basti pensare alla nostra idea di casa acco-gliente. (fig. 5). Per quanto riguarda la luce, nella cultura architettonica occidentale lo spazio è progettato partendo da come viene colpito da essa. Nell’oriente al contrario, si pro-getta con l’ombra…

Fig. 4. Un tipico “tokonomà” giapponese

1 - Utilitas,Firmitas, Venustas: questo celebre motto latino, riporta-to nel “De Architectura” di Vitruvio (80\70 – 23 a.C.), è riferito alle tre componenti fondamentali di ogni edificio e si potrebbe tradurre con: funzionalità, solidità, bellezza. 2 - In realtà è stato il mix culturale, grazie ai nuovi mezzi tecnolo-gici di comunicazione, a provocare la globalizzazione e non il con-trario, come spesso si pensa.

3 - Il feng shui è un'antica arte geomantica (previsione dalla terra) della Cina, ausiliaria dell'architettura, affine alla geomanzia occidentale.

A differenza di questa prende però in considerazione anche aspetti della psiche e dell'astrologia. 4 - Lasciamo al lettore l’approfondimento del tema, consigliando un testo fondamentale, per altro piacevole e molto breve da cui riportiamo una frase introduttiva: «V’è forse, in noi Orientali, un’inclinazione ad accettare i limiti, e le circostanze della vita. Ci rassegniamo all’ombra, così com’è, e senza repulsione. La luce è fievole? Lasciamo che le tenebre c’inghiottano, e scopriamo loro una beltà. Al contrario, l’Occidentale crede nel progresso, e vuol mutare di stato. È passato dalla candela al petrolio, dal petrolio al gas, dal gas all’elettricità, inseguendo una chiarità che snidasse sin l’ultima particella d’ombra». Jun'ichirō Tanizaki, Libro d'om-bra, in Opere, Milano, Bompiani, 2002.  

Fig. 3. Un hotel “capsulare” a Tokio. Lo spazio per ogni ospite misura 2x1x1,25 metri; unica comodità…la televi-sione.

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produca ontologicamente dei risultati gradevoli, mentre l’edilizia sia da “snobbare” come semplice commercio. Come tutte le attività umane, anche quelle che generano profitto possono portare a vali-di risultati. (figg. 7, 8).

Che differenza esiste oggi nella progettazio-ne e utilizzo degli spazi tra le diverse cul-ture occidentale e orientale (cercando di evidenziare il collegamento tra spazio e bi-sogni delle persone)? Quanto influisce nella progettazione la ca-ratteristica del mercato immobiliare cioè di vendere l’immobile e quanto invece i bisogni delle persone? Qui bisogna dividere il discorso tra architettu-ra e edilizia. Se pensiamo a una persona, o a una so-cietà, che si rivolga a un architetto per avere delle risposte progettuali a particolari richieste culturali o personali (che possono essere le più diverse), la caratteristica del mercato immobiliare conta po-chissimo o addirittura nulla (fig. 6)

Al contrario, l’edilizia, soprattutto quella residen-ziale, è un’attività umana che si occupa di ricavare un profitto dal settore delle costruzioni, risponden-do a dei bisogni fondamentali dell’uomo medio e cioè quello di avere un riparo dalle intemperie, dai furti, un luogo dove poter allevare la prole, ecc.. cioè di vendere il “prodotto casa” allo stesso modo della vendita di una automobile utilitaria che deve rispon-dere solo ai bisogni di spostarsi per fare la spesa, per portare i figli a scuola, ecc.. Qui il prezzo, e quindi le caratteristiche del mercato, le regole della domanda e dell’offerta sono fondamentali. Però at-tenzione a non cadere in un errore di giudizio abba-stanza frequente: non è detto che l’architettura,

Fig. 5. Un tipico salotto di una “bella” casa occidentale.

Fig. 6. Il museo Guggenheim a Bilbao (1997), Spagna, con l’originale rivestimento in titanio, opera di Frank O. Gehry, costato 100 milioni di dollari.

Figg. 7,8. Un esempio di buona edilizia: il complesso di 89 apparta-menti chiamato “la montagna” a Copenaghen, Danimarca, dello studio BIG+JDS, costato solamente 773 euro al metro quadrato (2007).

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Pronto… Collaboriamo?

e

Lettere, messag-gi, dediche, disegni: tanti modi per conoscersi, per raccontarsi, per parlare di sé… … perché fondamentale è la relazione interpersonale, lo scambio e l’apertura all’altro. Questo è lo spazio dedicato all’amicizia in tutte le sue forme, reali, virtuali e poten-ziali, per non sentirsi mai soli, condividendo, attraverso il piacere della scrittura e della lettura, pensieri, emozioni e ricordi… che dopotutto appartengono

ad ognu-no di noi!

Dall’incontro con il Centro Diurno “Volo Libero” di Albano Laziale(RM) è nata un’amicizia………….

Riprendiamo il filo del racconto…Riprendiamo il filo del racconto… Rubrica a cura del Centro Diurno “Volo Libero” di Albano Laziale.Rubrica a cura del Centro Diurno “Volo Libero” di Albano Laziale.

LA DECISIONE DI VIVERE SU UN ALTRO PIANETA… …La Cinocittà è adatta a noi cani perché ci gestiamo il nostro spazio in modo più o meno autonomo. Comunque essa confina con un altro territorio, il mondo degli umani! Se volessimo evitare i nostri vicini di casa, volendo salvare solo i no-stri padroni, dovremmo emigrare lontano, su un altro pianeta… Qui sulla Terra a volte sembra una Babilonia, si incontrano molte lingue diverse; ciò che ne consegue è che spesso si assiste a compor-tamenti senza responsabilità e ad incomprensioni di ogni sorta. La superficialità nelle cose regna suprema in tutti i settori. L’ignoranza si è diffusa tra molti ceti sociali…. Andiamo via al più presto da qui… dobbiamo crearci delle valide al-ternative: mettiamoci subito al lavoro … Dal punto di vista di Rex Per me la città ideale potrebbe essere fondata sul pianeta Giove. Lì sarebbe interessante costruire una città tutta nostra in un mondo nuovo da scoprire e conoscere, fatto magari di cose particolari deci-se e create da noi. La Terra mi ha un po’ stancato e vorrei vedere su altri mondi se c’è qualcosa che anche io come cane posso apprezzare…La Terra mi ha deluso…ho trovato un certo squallore nella vita che alcuni cani condu-cono. Vivendo su un altro pianeta non correrei alcun rischio di essere trat-tato male, come invece succede sulla Terra dove a volte capita che ti ignorino e trovi gente egoista… Dal punto di vista di Buffy La mia città ideale come dovrebbe essere? Faccio fatica a pensare a ciò che non c’è e che non è, almeno per ora. Provo ad immaginarla… una città dove c’è tanta gente, vita e molto movimento. Si presenta molto carina, bella e serena. Io lì le cose le osserverei scorrere davanti a me, attraverso lo schemo di un computer; insom-ma, per i problemi che ho, preferirei guardare da lontano gli eventi, anche se belli, piuttosto che viverli direttamente. La città dovrebbe essere pulita: no smog, no polvere, no sporco che infetta, noi aids, no virus e spyware su internet. Si ad un buon lavoro, 16

Lo psico-cane Racconto a puntate a cura dei ragazzi del

Centro Diurno

DAL DIARIO DI BORDO DOPO IL VIAGGIO SUGLI ALTRI PIANETI L’opinione di Rex su Mercurio L’aria è irrespirabile, il pianeta è alquanto inospitale…gli abitanti sono ostili ma non cattivi.

pagamento 1000 euro al giorno. No confusione. Si ai divertimenti, alle discoteche aperte. Temperatura a 25 gradi giorno e notte, così starei bene. Infine la gente sarebbe buona, accogliente e comprensiva, capace di giustificare le imperfezioni altrui. Non bisognerebbe percepire mai il dolore. Dal punto di vista di Lilli Il mio pianeta ideale potrebbe essere la Terra del futuro, dove probabilmente la qualità della vita sarà elevata, ma l’avanzamento scientifico non ci garantisce questo. Dirò di più… tutta questa scienza porte-rà l’uomo via dalla Terra, forse molto lontano, ed io mi chiedo : ma verrà mai raggiunto uno stato di fe-licità? Finiranno le guerre? Oppure l’uomo diverrà sempre più egoista? E se si studiasse di più, piutto-sto che produrre di più?

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In esplorazione dei pianeti

Il cibo è scarso e ci si alimenta con pillole e vitamine. La vita è dura e difficile lontano dalla Terra: non c’è acqua, né cibo a sufficienza, le abitazioni sono quasi inesistenti e quelle che ci sono appaiono piut-tosto brutte … L’opinione di Dave su Marte Dave pensò di stabilirsi definitivamente su Marte e cominciò subito a cercare un luogo dove potersi sistemare. Innanzi tutto trovò i materiali per costruirsi una cuccia , ma nel costruirla Dave si sentì solo, percepì forte il bisogno di qualcuno che gli stesse accanto e che gli desse una mano… Fino a quando avrebbe resistito? L’opinione di Mary e Fabio, i padroni di Lilli e Rex Attratta dalle bellezze del nostro pianeta, dal clima, dal-la vegetazione, dal cibo e dalle persone, dal mare , dagli alberi, dall’ossigeno e dal cielo Lilli e Rex hanno conside-rato che vivere in pianeti privi di tutto questo non è poi proprio così bello. Comunque l’esperienza era da fare perché la realtà è questa : i pianeti ci sono per essere visitati, esplorati , conosciuti e vissuti. Resta il fatto che noi uomini dovremmo lasciare ai cani la possibilità di go-dere di tutto quanto la Terra possiede senza confinarli e rinchiuderli nei loro recinti. I cani hanno molto da insegnarci, nel lavoro, nell’amicizia, in attività socialmente utili al servizio degli uomini. I ca-ni, pur essendo animali o forse proprio perché lo sono, restano soprattutto gli amici fedeli dell’uomo.

18 Dopo il nostro viaggio...

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L’angolo dell’incontroL’angolo dell’incontro Uno spazio di interscambio sociale per conoscere le opinioni degli altri, i loro bisogni e richieste, realizzato attraverso interviste su strada e corrispondenza alla quale risponderà un nostro esperto…

Anche tu per qualunque motivo puoi scrivere a [email protected]

Le nostre domande : 1) Lo spazio per lei è…? 2) Come occupa il suo spazio? 3) Che tipo di spazio preferisce? 4) Con chi vorrebbe dividere il 

suo spazio? 5) Lo spazio, secondo lei, fa 

scordare od allontanare le persone tra loro? 

Bar Europa – Sig.ra Graziella Lo spazio per me è l’ambiente in cui lavoro, al quale dedico tutta la giornata. Lo spazio che preferisco è quello del divertimento, dove si sta bene e in allegria.  Mi piace dividerlo con mio marito, mio figlio e mia nuora.  Secondo me lo spazio fa avvicinare le persone.  Parrucchiera Sig.ra  Annalisa Lo spazio per me è dove mi muovo e maggiormente nel posto dove lavoro . Preferisco quello dedicato a me stessa  ed agli altri. Lo spazio che preferisco è la mia casa. Vorrei  dividere il mio spazio più con me stessa, cosa che purtroppo non faccio spesso per via del lavoro. 

Secondo me lo spazio fa avvicinare le persone.  Farmacia Dott. Gianluca Per me lo spazio è qualcosa di miste‐rioso ed infinito. 

Cerco    di  occuparlo  bene,  altrimenti sarebbe uno spreco. 

Preferisco uno spazio ampio ed ordi‐nato. 

Mi piace dividerlo  con mia moglie  e con le persone oneste e per bene. 

Se lo spazio non è ampio le persone a mio parere si allontanano, ma se  in‐vece lo è le accomuna e le avvicina. 

Intervista su strada ad alcuni commercianti

L’angolo dell’incontroL’angolo dell’incontro

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Cooperativa Sociale SERVIZI OFFERTI

Assistenza domiciliare privata a persone adulte con disagio mentale ed anziani Servizi di accompagno con autovetture ed operatori per uscite, gite per gruppi fino a 14 persone 

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Bar L’Incontro – Sig.  Franco Lo spazio é una cosa che non vedo, anche perché non mi ci fermo mai a pensare. Lo occupo soprattutto lavorando nel mio bar. Preferirei avere un po’più di spazio solo per me stesso. Dopo ventuno anni di  lavoro desidero dividerlo più che altro   con me stesso,  in posti che amo come il mare, soprattutto d’inverno, è bellissimo stare da solo davanti al ma‐re. 

 Ferramenta Sig.  Angelo Lo spazio per me rappresenta il mio negozio, d'altronde mi trovate sempre qui, no?!.  Purtroppo occupo la maggior parte dello spazio lavorando.  Preferisco lo spazio all’aperto.  Mi piace dividerlo naturalmente con la mia famiglia. Secondo me lo spazio avvicina le persone.  Bar dello Sport Sig. Sesto Per me non fa differenza se  lo spazio sia grande o piccolo, cerco di stare bene ovun‐que . 

Lo occupo prevalentemente nel lavoro, sono qui dalla mattina alla sera ed è lo spazio che preferisco perché se non lavori non mangi. 

Naturalmente mi piace dividerlo  con la mia famiglia. Secondo me lo spazio non tende ad allontanare le persone , anzi, le avvicina di più.  Il parere dell’esperto ….  “La comunicazione anche se breve, quando ci permette di esprimere una nostra opi‐nione, un pensiero, ci distoglie dalla monotonia del giorno, dalla distrazione sui nostri bisogni e desideri ed anche  per un  solo istante ci aiuta a riflettere su ciò che realmen‐te siamo” 

Invito alla lettura

L’ascensore A cura degli ospiti della Residenza Rosauro-

Un bel giorno mi svegliai di notte. Erano le tre del mattino e non riuscivo più a prendere sonno, così mi alzai dal letto, mi vestii ed uscii di casa. Aprii la porta e sul pianerottolo tro-vai l’anziana signora del nono piano che, con un enorme sorri-so stampato sulla faccia, mi chiese se potevo aiutarla a sali-re le scale. Un po’ sorpreso, per l’incontro così mattiniero, mi stampai anch’io un enorme sorriso di cortesia e le chiesi come mai non avesse preso l’ascensore e lei con voce candi-da mi rispose che era rotto. “ Proviamo insieme a vedere se funziona” le dissi, così aprii la porticina e premetti il nume-ro nove. Dapprima sentimmo uno strano rumore, ma poi, d’un tratto, l’ascensore iniziò a salire. Arrivati a destinazione tentai di aprire la porta, ma questa non si aprì. Non capivo, pensai si fosse bloccata e che sarebbe stato meglio se quel-la mattina non mi fossi alzato dal mio letto. Provai ancora, ma niente da fare. Di tanto in tanto guardavo il volto della signora che continuava a sorridermi malgrado i miei sforzi inutili. Iniziai a sbattere forte i pugni sulla porta reclaman-do a gran voce “ Aiuto”, ma il dio Morfeo aveva come avvolto in un caldo abbraccio l’intero palazzo, e mentre le gocce di sudore solcavano il mio viso lei continuava a sorridere. Cer-cai nelle mie tasche qualcosa che avrebbe potuto risolvere in fretta quell’assurda situazione, ma ne uscirono fuori solo un mazzo di chiavi ed un biglietto usato della metro. L’astuto ascensore aveva nascosto tutte le sue viti. Scivolai per terra sfinito e quell’abbraccio che ancora avvolgeva le case prese anche me. Sognai casa mia ed io che entravo nel-la mia stanza con le braccia rivolte al cielo e vidi seduta sul mio letto quella ragazza conosciuta anni addietro in un bar per poi ritrovarmi d’improvviso in cucina con lei rivolta sui fornelli e dei bambini che le giocavano intorno mentre io leggevo il mio giornale seduto sulla mia poltrona. Ma qualco-sa mi svegliò, era l’anziana signora, che ancora sorridente mi disse “ E’ tardi ed io devo andare a fare la spesa”. Mi infu-riai ed urlai con tutta la mia voce “ Apriti ” e questa come d’incanto si aprì. “ Questi strani congegni elettronici non li capirò mai ” disse la signora, e capii d’un tratto che l’ascensore era stato cambiato con uno di ultima generazio-ne a comandi vocali e pensai che a volte la soluzione più sem-plice non riusciamo a vederla per quanto così vicina ai nostri occhi. Finalmente liberi salutai la signora e scesi a piedi le scale, entrai in casa amandola come mai prima di allora, mi rimisi a letto pensando di non alzarmi tutto il giorno, spe-rando di sognare ancora la mia famiglia immaginaria.