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5/2/2015 Dottrina e Dottrine http://dottrina.ipsoa.it/cgibin/DocPrint 1/20 Dottrina e Dottrine Rassegna Tributaria, 3 / 2003, p. 1074 PRINCIPI TRIBUTARI NAZIONALI E CONTROLLO SOPRANAZIONALE SUGLI AIUTI FISCALI Philip Laroma Jezzi Riferimenti Cassazione Civile Sez. V Sentenza 10122002 n. 17564 SOMMARIO. 1. Introduzione 2. Gli aiuti fiscali 2.1. Aiuti fiscali, discriminazione ed armonizzazione 2.2. La peculiarità degli aiuti fiscali rispetto alle altre forme di aiuto di Stato 2.3. Aiuti fiscali e misure generali: una distinzione difficile 2.4. Il ruolo della selettività 3. Aiuti fiscali e capacità contributiva 4. La valenza interpretativa delle deroghe al divieto 5. Conclusioni. 1. Introduzione La sentenza 10 dicembre 2002, n. 17546 della Corte di Cassazione tutta incentrata sui risvolti processuali del meccanismo di adeguamento dell'ordinamento interno al diritto comunitario della concorrenza ed in specie al divieto ivi sancito di concedere aiuti fiscali alle imprese affronta incidentalmente anche il tema degli ostacoli che l'adeguamento in questione può incontrare in ragione della non coincidenza tra le categorie giuridiche previste ai due livelli, nazionale e sopranazionale [1] . Più precisamente, i giudici di legittimità si soffermano sull'ipotesilimite nella quale la tensione e l'eventuale contrasto tra i due ordinamenti giuridici, generalmente risolto con la disapplicazione delle norme interne a favore di quelle comunitarie in virtù del simultaneo operare dei principi dell'efficacia diretta e del primato, investa i "valori fondamentali" recepiti dalla Costituzione nazionale; valori che, secondo l'elaborazione della Corte Costituzionale, costituiscono altrettanti impedimenti, o meglio "controlimiti", all'applicabilità del diritto sopranazionale a danno di quello interno [2] . Eventualità nella quale, sempre secondo l'orientamento della Consulta, "il giudice italiano avrebbe il dovere di sollevare questione di legittimità costituzionale della legge di esecuzione del Trattato, in relazione agli artt. 87 e 88 dello stesso, come interpretati dalla Commissione o dalla Corte di Giustizia, per assunta violazione dei predetti controlimiti (vale a dire, delle norme costituzionali che ne formano, di volta in volta, l'oggetto)" [3] . La Cassazione dopo aver giudicato, in termini generali, improbabile l'eventualità che un simile conflitto possa in concreto verificarsi, atteso che il diritto comunitario ha progressivamente fatto propri i valori primari cui si informano le Costituzioni nazionali, ivi compresa quella italiana [4] ha altresì escluso che esso (conflitto) si configuri nella specifica fattispecie sottoposta al suo esame, nella quale viene in rilievo il caso di un'agevolazione fiscale concessa dallo Stato italiano e dichiarata illegittima dalla Commissione UE per contrasto con il disposto dell'art. 87 del Trattato.

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Rassegna Tributaria, 3 / 2003, p. 1074PRINCIPI TRIBUTARI NAZIONALI E CONTROLLO SOPRANAZIONALESUGLI AIUTI FISCALIPhilip Laroma Jezzi

RiferimentiCassazione Civile Sez. V Sentenza 10­12­2002 n. 17564

SOMMARIO. 1. Introduzione ­ 2. Gli aiuti fiscali ­ 2.1. Aiuti fiscali,discriminazione ed armonizzazione ­ 2.2. La peculiarità degli aiuti fiscali rispettoalle altre forme di aiuto di Stato ­ 2.3. Aiuti fiscali e misure generali: unadistinzione difficile ­ 2.4. Il ruolo della selettività ­ 3. Aiuti fiscali e capacitàcontributiva ­ 4. La valenza interpretativa delle deroghe al divieto ­ 5.Conclusioni.

1. Introduzione ­ La sentenza 10 dicembre 2002, n. 17546 della Corte diCassazione ­ tutta incentrata sui risvolti processuali del meccanismo diadeguamento dell'ordinamento interno al diritto comunitario della concorrenza edin specie al divieto ivi sancito di concedere aiuti fiscali alle imprese ­ affrontaincidentalmente anche il tema degli ostacoli che l'adeguamento in questione puòincontrare in ragione della non coincidenza tra le categorie giuridiche previste aidue livelli, nazionale e sopranazionale [1]. Più precisamente, i giudici di legittimitàsi soffermano sull'ipotesi­limite nella quale la tensione e l'eventuale contrasto trai due ordinamenti giuridici, generalmente risolto con la disapplicazione dellenorme interne a favore di quelle comunitarie in virtù del simultaneo operare deiprincipi dell'efficacia diretta e del primato, investa i "valori fondamentali" recepitidalla Costituzione nazionale; valori che, secondo l'elaborazione della CorteCostituzionale, costituiscono altrettanti impedimenti, o meglio "controlimiti",all'applicabilità del diritto sopranazionale a danno di quello interno [2].Eventualità nella quale, sempre secondo l'orientamento della Consulta, "il giudiceitaliano avrebbe il dovere di sollevare questione di legittimità costituzionale dellalegge di esecuzione del Trattato, in relazione agli artt. 87 e 88 dello stesso, comeinterpretati dalla Commissione o dalla Corte di Giustizia, per assunta violazionedei predetti controlimiti (vale a dire, delle norme costituzionali che ne formano,di volta in volta, l'oggetto)" [3].La Cassazione ­ dopo aver giudicato, in termini generali, improbabile l'eventualitàche un simile conflitto possa in concreto verificarsi, atteso che il dirittocomunitario ha progressivamente fatto propri i valori primari cui si informano leCostituzioni nazionali, ivi compresa quella italiana [4] ­ ha altresì escluso che esso(conflitto) si configuri nella specifica fattispecie sottoposta al suo esame, nellaquale viene in rilievo il caso di un'agevolazione fiscale concessa dallo Statoitaliano e dichiarata illegittima dalla Commissione UE per contrasto con ildisposto dell'art. 87 del Trattato.

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Ora, al di là del merito di siffatta, condivisibile, conclusione [5], quello che a noipreme mettere in evidenza e quindi esaminare qui di seguito, è il tema piùgenerale toccato incidentalmente dalla sentenza della Cassazione e poc'anzimesso in evidenza in termini generalissimi: quello cioè della diversa latitudineesistente tra la nozione di aiuto fiscale ricavabile dagli artt. 87 e 88 [6] delTrattato e quella dei fenomeni giuridici ad esso corrispondenti in senoall'ordinamento nazionale, ossia l'esenzione e l'agevolazione fiscale [7]. In effetti,la Corte ha preso in considerazione, sia pure per escluderne la pertinenzarispetto alla fattispecie ad essa sottoposta, l'ipotesi nella quale la supremazia,quoad effectum, della nozione comunitaria su quella domestica implichil'invocazione dei controlimiti [8]; ma questa, come si diceva, è solo l'ipotesiestrema di una infinità di possibilità in cui, non venendo in considerazione alcunvalore fondamentale della nostra Costituzione idoneo a far scattare l'interruzionedel processo di adattamento del diritto nazionale a quello sopranazionale, ilprimo deve invece necessariamente soccombere rispetto al secondo.È bene mettere subito in evidenza come l'operatività di tale fenomeno nellamateria degli aiuti fiscali presenti delle indubbie particolarità.Il Trattato non definisce l'aiuto fiscale, mentre il concetto che di esso emergedalla prassi elaborata dalla Commissione nelle proprie decisioni e comunicazioni,nonché dalle sentenze della Corte di Giustizia, è di matrice squisitamenteeconomica.Di ciò ci si rende conto constatando come gli organi comunitari tendano adiscernere un regime fiscale generale da un aiuto di Stato utilizzando il criteriopiatto della regola e dell'eccezione. Più precisamente, se l'esonero dal prelievo,parziale o totale che sia, è giustificato "dalla natura o dalla struttura delsistema", esso costituisce espressione della regola cui si informa l'ordinamentonel suo complesso e, come tale, non può essere sindacato sotto il profilo delleregole della concorrenza; se, invece, tale giustificazione non v'è, la misurarappresenta una eccezione, una deroga a tale sistema ed essa, ove presentialtresì il requisito della selettività, può considerarsi un aiuto di Stato.Tuttavia, stabilire, rispetto ad ordinamenti tributari complessi, quando si abbiaun'applicazione delle "regole" cui essi si informano oppure una "deroga" allemedesime è un'impresa non facile; non fosse altro perché prima occorreintendersi su quali siano, fra tutte quelle che possono venire astrattamente inconsiderazione, le regole in questione. L'ordinamento è, per definizione, uninsieme di regole; onde, per operare una discriminazione al suo interno,l'interprete ha bisogno di un parametro, di un termine di paragone "esterno" alsistema stesso. Diversamente, il discorso rischia di ridursi, come in effettisovente accade, alla mera constatazione, di sapore vagamente tautologico, che il"quantum" del prelievo è, per talune categorie di contribuenti, inferiore a quelloprevisto per la loro generalità. Si finisce cioè, come si accennava un attimo fa,per imperniare la discriminazione fra aiuti e misure generali su un criteriomeramente economico, in quanto tale incapace di rivelare, come viceversaaspirerebbe la Commissione, se effettivamente una certa misura deroghi alsistema oppure ne sia una sua puntuale espressione.Così impostata la questione, si comprende agevolmente quanto stringente puòessere la limitazione imposta ai legislatori nazionali in una materia, come quelladella tassazione diretta, riservata alle loro prerogative esclusive. Limitazione resaancora più intensa dalla politica, recentemente intrapresa dalla Commissione, su

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impulso del Consiglio [9], di utilizzare gli strumenti di contrasto delle misuredannose alla concorrenza tra le imprese (gli artt. 87 e 88 appunto) per colpireanche la cosiddetta concorrenza fiscale sleale tra gli Stati [10]. Ciò, come si vedràmeglio nel prosieguo, ha portato ad una ulteriore dilatazione della nozione diaiuto, con conseguente ampliamento della distanza rispetto alle fattispecie diagevolazione o d'esenzione con cui, come si è già detto, tradizionalmente dettanozione viene messa in relazione.È in altre parole estremamente facile che misure fiscali ritenute coerentiall'assetto di principi e valori recepiti dalla rispettive carte costituzionali otradizioni giuridiche siano viceversa qualificati come aiuti di Stato perché, al di làdi tali profili, il loro effetto è in definitiva quello di ridurre il carico tributario dideterminate attività.Alla mancanza di una nozione comune ai due livelli ordinamentali si sommadunque che l'elaborazione maturata in ambito comunitario adotta parametri(essenzialmente economici) inutilizzabili per costruire una fattispeciecorrispondente nello spazio giuridico interno. Se a questo si aggiunge che laCommissione, nel fissare i confini del concetto di aiuto fiscale, è guidata dallesopraindicate motivazioni di carattere politico, il rischio concreto è quello di unasostanziale incomunicabilità tra Stati e Comunità su questa tematica.L'idea, che qui si cercherà di sostenere, è allora quella dell'opportunità diindividuare un criterio universale per distinguere tra aiuti e misure fiscali generaliche, a sua volta, consenta l'accettazione di un concetto comune di aiuto fiscale;ciò nella convinzione che solo tramite una simile riconciliazione sia dato evitareche, in questa materia, l'adattamento del diritto nazionale a quello comunitario sirisolva in un ingiustificato, nel senso di non proporzionato allo scopo perseguito,sacrificio dei valori che costituiscono l'ossatura delle costituzioni statali. Questaricerca, di una nozione condivisa di aiuto fiscale, non deve tuttavia svolgersi sulsolo terreno del diritto nazionale; ciò infatti ci porterebbe ad un risultato, nonsolo incerto viste le perduranti difficoltà ad individuare i caratteri propridell'agevolazione [11], ma probabilmente anche inutile posto che nonconsentirebbe comunque di avvicinare il concetto (di agevolazione o esenzione)che si ritenesse di accogliere, all'idea di aiuto fiscale maturata in sedecomunitaria. Lo sforzo, quindi, dev'essere quello di muovere da quest'ultimanozione attribuendogli, tuttavia, un attributo che essa oggi non ha: vale a direl'attitudine a discriminare tra una misura generale e l'aiuto di Stato, ossia tra laregola e l'eccezione, in base ad un criterio prettamente giuridico anzichémeramente economico. E questo criterio non può, a nostro avviso, che essere ilprincipio, basilare in tutti gli ordinamenti tributari europei, della capacitàcontributiva.Il recupero di questo principio in sede di controllo comunitario sugli aiuti fiscalimetterebbe a disposizione della Commissione il parametro esterno allalegislazione tributaria, il tertium comparationis, che oggi le manca per stabilire seuna riduzione selettiva del prelievo, ossia limitata ad un certo numero di attivitào imprese, sia giustificato dalla natura o dalla struttura del sistema, oppure siaviceversa un'eccezione al medesimo e, come tale, si atteggi come una forma diaiuto statale al destinatario della misura stessa.Indicata l'idea che ci guida, vediamo quali siano i suoi margini di applicabilità. Atal fine conviene muovere da una preliminare ricostruzione della nozionecomunitaria di aiuto di Stato, per poi passare alla verifica circa l'effettiva

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possibilità di procedere all'innesto cui si accennava poc'anzi. Verifica cheriguarderà: i) il grado di efficienza che l'azione della Comunità avrebbe ove siavvalesse del criterio in parola; ii) gli effetti sull'ordinamento nazionaledell'utilizzo in sede comunitaria del principio di capacità contributiva come metrodi giudizio della legislazione tributaria dedicata alle imprese.

2. Gli aiuti fiscali2.1. Aiuti fiscali, discriminazione ed armonizzazione ­ È noto come quellodell'imposizione diretta continui ad essere uno dei settori lasciati alla pienasovranità degli Stati membri. Invero, gli artt. 94 e 95 del Trattato garantiscono ilmantenimento di tale prerogativa subordinando qualsivoglia iniziativa comune alriguardo alla decisione unanime del Consiglio.È dunque rimessa alla piena discrezionalità di ciascun Paese la scelta deipresupposti d'imposta, la configurazione delle rispettive fattispecie impositive e,quindi, l'individuazione dei soggetti passivi e delle aliquote complessive. Del pari,essi sono liberi di orientare il sistema fiscale in chiave con la politica economicadi volta in volta perseguita, se del caso spostando il carico fiscale dal prelievodiretto a quello sui consumi o viceversa; purché, naturalmente, ciò non infici ilrispetto della disciplina comune in tema di imposta sul valore aggiunto.Ferma tale amplissima discrezionalità, gli Stati membri non possono tuttaviariservare un trattamento fiscale diversificato alle persone, alle merci, ai servizi edai capitali in base alla loro nazionalità o provenienza. L'art. 25 del Trattato vietainfatti l'introduzione di dazi doganali o imposte aventi effetto equivalentesull'importazione o esportazione di beni, mentre l'art. 90 proibisce a ciascunoStato membro di assoggettare i prodotti provenienti da un altro Stato membro,direttamente od indirettamente, ad una imposizione superiore a quella praticatasui prodotti nazionali. Sebbene in tema di servizi e di capitali non vi sianodisposizioni esplicite in merito all'impatto della fiscalità nazionale sulla loro liberaprestazione o movimentazione tra i paesi membri, la Corte di Giustizia ha ininnumerevoli occasioni fissato la regola che la sovranità in materia fiscale nonconsente ingiustificate discriminazioni o restrizioni che violino le libertàfondamentali. Pertanto, qualsiasi misura fiscale che discriminaingiustificatamente le persone, i capitali, le merci, i servizi o le imprese in ragionedella loro nazionalità violano gli artt. 90, 43, 49 e 56 del Trattato [12].

È importante notare [13] che, ai fini del rispetto delle libertà fondamentaligarantite dal Trattato, non viene in rilievo la distinzione tra misure generali, daun lato, e derogatorie del sistema fiscale, dall'altro. La discriminazione che qui simira infatti ad evitare può essere realizzata, sia per il tramite di un regime fiscalegenerale (ad esempio, norme sfavorevoli applicabili a tutte le stabiliorganizzazioni di imprese estere, indipendentemente dalla natura dell'attivitàsvolta e dalla localizzazione sul territorio nazionale), che attraverso disposizionitributarie che viceversa derogano alle regole generali dell'ordinamento (comepotrebbero essere quelle che ammettono la deducibilità dal reddito delle solespese mediche sostenute nello Stato di residenza).Tale distinzione, come si è accennato in precedenza, è invece il punto nevralgicodella disciplina sugli aiuti fiscali. L'art. 87, inserito nel titolo I della parte terza delTrattato CEE, dedicato alle misure volte ad eliminare i diversi tipi di distorsioneche possono ostacolare il buon funzionamento del mercato comune, stabilisce

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infatti che "... sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cuiincidano sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovveromediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese otalune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza" [14].Ciò detto, il perimetro delle due sfere, delle libertà fondamentali da una parte, edel divieto di aiuti alle imprese, dall'altro, non è sempre facilmente individuabile.Un primo dato certo è, comunque, che esse possono sovrapporsi, atteso che unacerta disciplina fiscale può al contempo rappresentare un aiuto nell'accezionedell'art. 87 e violare una libertà fondamentale, come potrebbe essere il caso diun'esenzione fiscale (aiuto) riservata alle imprese tessili (selettivo) con sede inItalia (discriminatorio).È altresì chiaro che un aiuto fiscale non solleva problemi di compressione dellelibertà fondamentali quando esso, per com'è concepito, non coinvolga affatto leimprese non residenti, come accadrebbe laddove uno Stato decidesse di ridurre ilprelievo sul comparto bancario (aiuto selettivo) senza tuttavia distinguere aseconda che si tratti di società residenti, stabili organizzazioni di società nonresidenti, eccetera (non discriminatorio). Tale circostanza, tuttavia, non sottraecertamente l'aiuto al divieto sancito dal Trattato, com'è fatto palese dal comma 2dell'art. 87, laddove dichiara compatibili con il mercato comune gli "aiuti acarattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordatisenza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti"; è chiaro chequest'ultima precisazione sarebbe superflua se, in generale, il carattere nondiscriminatorio di un aiuto fiscale lo rendesse ipso facto compatibile con ilmercato comune [15]. Piuttosto, la presenza di tale deroga al divieto generalesancito al comma 1 dell'art. 87, così come di quelle previste al comma 3,legittima, nei casi ed alle condizioni espressamente ivi indicate, gli aiuti che, purpresentando il connotato della selettività, non implicano una discriminazione adanno delle merci non nazionali.Da ultimo, si può escludere una rilevanza delle libertà fondamentali rispetto allapredisposizione da parte degli Stati membri di regimi fiscali preferenziali riservatiai capitali o alle imprese estere. Qui, infatti, viene in considerazione una"discriminazione rovesciata" che non coinvolge il Trattato (fatta salva la disciplinasugli aiuti fiscali su cui vd. infra) ma, se del caso, i principi costituzionali interni.Dinanzi a simili misure, chiaramente tese ad attrarre investimenti dall'estero, lapossibile rilevanza del divieto sancito all'art. 87 andrebbe, a stretto rigore,valutata in base alla nota dicotomia misura fiscale generale, da un lato, e regimederogatorio e selettivo, dall'altro; in tal modo, sarebbe da considerarsi come unaiuto fiscale l'agevolazione concessa alle imprese estere operanti in undeterminato settore (ad esempio, assicurativo), mentre alla stregua di unamisura generale la indiscriminata riduzione del prelievo per tutti gli investitoriesteri. Sennonché, nell'ambito della già segnalata tendenza [16] ad utilizzare lanormativa sul controllo degli aiuti fiscali per combattere la cosiddettaconcorrenza fiscale dannosa, su questo fronte sta emergendo la propensione aconsiderare selettivo, nell'accezione dell'art. 87, un regime fiscale di favore perciò solo che esso venga riservato, direttamente od indirettamente, ad impresenon residenti.Ritenere un incentivo fiscale selettivo per ciò che esso è diretto solo alle impreseestere rende astrattamente possibile qualificare come aiuto fiscale qualsiasimisura del genere, anche laddove questa sia destinata a tutte le imprese in

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questione, senza distinzioni in ragione del settore di attività o della regione in cuiesse operano.Sennonché, quando si parla di aiuti fiscali in rapporto alla concorrenza fiscaledannosa non si deve evidentemente pensare che la preoccupazione dellaCommissione sia quella che gli Stati membri avvantaggino tramite misure fiscaliad hoc le imprese degli altri Stati. È infatti chiaro che le misure in questione, benlungi dal voler sostenere le altrui economie, sono in verità dirette ad attrarremateria imponibile sottraendola agli altri paesi, spingendo le imprese estere alocalizzare i loro investimenti negli ordinamenti fiscalmente più attraenti. Ma se ècosì, i reali destinatari del vantaggio fiscale sono, non già le imprese estere,bensì le attività domestiche da questi avviate attratti dall'aiuto fiscale. Nediscende che se l'aiuto in questione è rivolto indiscriminatamente a tutti gliinvestitori esteri, esso si commuterà in un regime di favore per tutte le attivitàche questi riterranno di impiantare nello Stato che lo ha previsto.Ciò dovrebbe convincere del fatto che, in questo campo, la nazionalità delbeneficiario del regime di favore non costituisce un criterio selettivo idoneo a farscattare l'applicazione dell'art. 87 il quale, come si ricorderà, presuppone chel'aiuto favorisca talune imprese o talune produzioni [17].L'utilizzo della normativa sul controllo degli aiuti alle imprese per eliminare iregimi fiscali che alterano la concorrenza, non già tra le imprese come vorrebbel'art. 87, ma tra gli Stati convince a maggior ragione dell'urgenza di fissare unconfine, fondato su una base giuridica, tra l'adattamento del sistema tributarioed un aiuto fiscale. Invero, come si è appena visto, da tale distinzione nondipende solamente l'applicabilità o meno del divieto sancito dall'art. 87, maaltresì la ripartizione dei poteri all'interno della Comunità e, in specie, tra laCommissione, competente in tema di aiuti, e ciascuno Stato membro in quantotitolare, ex art. 95, del diritto ad opporre il veto su qualsivoglia misura diravvicinamento delle rispettive legislazioni in tema di imposizione diretta [18].

2.2. La peculiarità degli aiuti fiscali rispetto alle altre forme di aiuto di Stato ­Come si è già avuto modo di vedere, l'art. 87 vieta, nella misura in cui incidanosugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero medianterisorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o taluneproduzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza [19].Una determinata misura fiscale ricade dunque sotto il divieto sancito dall'art. 87se essa, al contempo: i) è un "aiuto" [20] e ii) ha carattere selettivo, ossia èriservato a determinate imprese o produzioni.Di qui, a rigore, l'esigenza di distinguere i regimi fiscali che: a) non integrano unaiuto e non sono selettivi; b) integrano un aiuto e sono selettivi; c) nonintegrano un aiuto ma sono selettivi; d) integrano un aiuto ma non sono selettivi.Mentre i regimi sub a) e c) e d) non dovrebbero essere vietati dall'art. 87, quellosub b) sì.Si comprende a questo punto come l'applicabilità dell'art. 87 in materia fiscalesia subordinata alla previa definizione di due concetti: quello della "misuratributaria che costituisce un aiuto" e quello della selettività.Ora, quando lo Stato provvede a concedere una sovvenzione, oppure ad erogaredei finanziamenti agevolati, oppure ancora ad acquistare la partecipazione al

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capitale di un'impresa, per stabilire se venga o meno in rilievo il divieto dell'art.87, è sufficiente verificare se gli oneri economici sopportati dal destinatario di talimisure siano inferiori a quelli che avrebbe altrimenti dovuto fronteggiare in unanormale situazione di mercato. Verifica, quest'ultima, che può essere portata atermine con relativa facilità esistendo un termine di raffronto obbiettivo, ilmercato appunto, che permette di evidenziare il carattere anomalodell'intervento pubblico. Naturalmente, affinché poi l'aiuto sia illegittimo occorrealtresì che esso sia selettivo, ossia favorisca talune imprese o talune produzioni.In effetti, le forme di intervento che abbiamo appena menzionato costituisconoontologicamente degli aiuti e non è un caso che è proprio ad esse che si pensavaquanto si è introdotta la disciplina comunitaria sulla concorrenza [21].Accertare quando si abbia un aiuto rispetto agli interventi di matrice fiscale èinvece molto più difficile. La ragione risiede nel fatto che mentre il trasferimentosenza contropartita (o con una contropartita anomala rispetto al mercato) dirisorse a favore di un'impresa implica per definizione che quest'ultima vengaaiutata dallo Stato, lo stesso non può altrettanto automaticamente dirsi per ilcaso in cui esso rinunci in tutto od in parte ai tributi che normalmente avrebbepercepito.

2.3. Aiuti fiscali e misure generali: una distinzione difficile ­ Ed invero, l'ostacoloche incontra chiunque provi ad applicare l'equazione "tassazione inferiore alnormale uguale aiuto di Stato" è di definire quale sia la tassazione normale.Una prima via per uscire dall'impasse potrebbe essere quella della elaborazione alivello comunitario di un'autonoma nozione di tassazione normale, da utilizzarecome parametro per giudicare delle deviazioni poste in essere dai singoli Stati. Èperaltro fin troppo chiaro che un simile approccio è precluso alla radice dallariserva di sovranità che gli Stati si sono garantiti con il più volte richiamato art.94 del Trattato, ed il sostanziale abbandono della strada dell'armonizzazione,fatta salva l'Iva e altre sparute eccezioni in tema di imposizione diretta, stainequivocabilmente a testimoniare della impraticabilità della soluzione inquestione.Una seconda opzione potrebbe essere quella di dare rilevanza ai motivi ed allefinalità che animano una determinata misura fiscale, qualificando dunque comeaiuti quelle aventi alla radice l'intento di aiutare i rispettivi destinatari anziché diadattare la legislazione fiscale alle loro, eventuali, peculiarità. Questo criterio,tuttavia, costringerebbe il soggetto chiamato a giudicare in merito, ossia laCommissione UE, ad indagare su tali ragioni e finalità ricercandoli, si potrebbeimmaginare, nei lavori parlamentari o del governo. È evidente che un similemeccanismo, oltre a sollevare gravi problemi pratici, conferirebbe all'organo disorveglianza un grado di discrezionalità incompatibile con gli scopi del dirittocomunitario della concorrenza.Sia la Commissione che la Corte di Giustizia, infatti, hanno sempre dichiarato chel'art. 87 "non distingue gli interventi di cui trattasi a seconda della causa o delloro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti". Di conseguenza, né ilcarattere fiscale, né l'eventuale fine sociale di un aiuto di Stato sono idonei asottrarlo all'applicazione dell'art. 87 laddove esso, riducendo in qualsiasi forma icosti gravanti sull'impresa beneficiaria, ne rafforzi la posizione rispetto alle altreimprese presenti sul mercato così da rappresentare una minaccia effettiva o

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potenziale per la concorrenza e per gli scambi tra Stati membri [22].Questo, tuttavia, non risolve il problema posto all'inizio: ossia quellodell'identificazione del parametro per stabilire quando si possa dire che unamisura fiscale, in termini giuridici e non meramente economici, conferisca aibeneficiari "un vantaggio che alleggerisca o riduca i costi normalmente gravantisul loro bilancio" [23].

Al riguardo, la Commissione [24] ­ onde definire quali siano, in campo tributario,"i costi normalmente gravanti sul bilancio"­ ha introdotto la distinzione, alla qualesi è già più volte fatto riferimento, tra aiuti fiscali e misure generali.

Sono due le categorie di misure fiscali generali che [25], in quanto venganoapplicate indistintamente a tutte le imprese e tutte le produzioni, non sonoconsiderate aiuti di Stato: a) misure di pura tecnica fiscale (ad esempio,fissazione delle aliquote di imposta, delle regole di deprezzamento e diammortamento e quelle per il riporto delle perdite; disposizioni volte ad evitarela doppia imposizione o l'evasione fiscale); b) misure che, per ridurre l'onerefiscale connesso a determinati costi di produzione, perseguono un obbiettivo dipolitica economica generale (ad esempio, ricerca e sviluppo, ambiente,formazione, occupazione).In linea di principio, le misure fiscali a favore di tutti gli agenti economici cheoperano sul territorio di uno Stato membro sono dalla Commissione consideratemisure di carattere generale. Esse devono essere effettivamente destinate atutte le imprese su una base di parità di accesso e il loro ambito non deve esseredi fatto ridotto, ad esempio, dal potere discrezionale dello Stato nella loroconcessione o attraverso altri elementi che ne limitino gli effetti pratici. Ilcarattere di generalità non viene meno per il fatto che talune imprese o talunisettori, in via di fatto, beneficino più di altri di alcune di queste misure fiscali; ciòche conta, infatti, è che esse siano accessibili a tutti, indipendentemente dall'usoconcreto che ciascuno ne faccia.Ebbene, le misure generali, nel loro insieme, darebbero luogo a quella che puòessere definita la tassazione normalmente gravante sul bilancio delle imprese inun dato Stato membro, e che dev'essere presa a pietra di paragone per valutarei regimi fiscali di volta in volta introdotti da quel medesimo Stato.Insieme alla distinzione tra misure generali ed aiuti, la Commissione,richiamandosi alla giurisprudenza della Corte di Giustizia [26], indica qualeprincipale criterio per applicare l'art. 87 ad una misura fiscale il fatto quest'ultimainstauri, a favore di talune imprese dello Stato membro, "un'eccezioneall'applicazione del sistema tributario". Occorre quindi, si precisa ancora,"determinare innanzi tutto quale sia il sistema generale applicabile. Si dovrà poivalutare se l'eccezione a tale sistema o le differenziazioni al suo interno sianogiustificate dalla natura o dalla struttura del sistema stesso, ossia se discendanodirettamente dai principi informatori o basilari del sistema tributario dello Statomembro interessato. In caso contrario, si è in presenza di un aiuto di Stato".Comune ad ambedue i canoni di giudizio è l'idea che l'aiuto costituisca unaderoga: alle misure fiscali generalmente applicate, per il primo; ai principi delsistema tributario, per il secondo.Singolarmente considerati, i due criteri in parola si prestano alle seguenticonsiderazioni.

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Quanto al primo, esso rivela la tentazione di ricercare all'interno dellalegislazione tributaria il parametro per isolare gli aiuti, verificando quale tipo ditrattamento il legislatore riservi a fattispecie uguali o analoghe a quellacostituente oggetto della misura posta sotto accusa. Sennonché, ci si accorgeimmediatamente della inutilità di un tale modus procedendi, esso presupponendoche gli ordinamenti tributari siano espressivi di un principio di eguaglianza soloformale, ossia intesa come mero divieto di discriminazioni; quando,notoriamente, tutti gli Stati membri perseguono, in campo tributario,l'eguaglianza di tipo sostanziale, frutto, a sua volta, di un complessobilanciamento di valori di stampo economico (la proprietà privata, l'iniziativaeconomica, eccetera) e solidaristico (la rimozione degli ostacoli di ordineeconomico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini,impediscono il pieno sviluppo della persona umana).Il secondo criterio è, invece, sicuramente più qualificante. Esso pone la necessitàdi raffrontare la misura presa in esame con la struttura del sistema generale;intendendo tuttavia per tale, non già la sommatoria di tutte le norme checompongono quel sistema, ma i principi basilari ai quali esso si informa. Inquesto modo l'interprete, per trovare il termine di comparazione di cui habisogno, deve rivolgersi all'esterno delle norme positive che regolano il singolotributo ricercandone i relativi fondamenti, se del caso, costituzionali.Anche questa seconda impostazione ha tuttavia un vistoso limite: una volta dettoche si deve avere riguardo ai principi basilari o informatori del sistema tributariooppure alla natura e alla struttura dello stesso, essa tuttavia non precisa cosa, inconcreto, siano gli uni e le altre. L'applicazione indiscriminata dello schemaregola/eccezione, tipico del diritto comunitario della concorrenza, porta laCommissione a mettere sullo stesso piano fenomeni che possono esserecompresi solo in una visione, per così dire, tridimensionale. I principi cui siinformano i sistemi tributari non costituiscono un insieme ordinato di regole chepuò essere assunto in blocco e posto a raffronto con singole disposizioni dinatura fiscale per verificare se queste ultime vi derogano. In verità, ciascunordinamento tributario è attraversato da fortissime tensioni tra principi oppostiche il legislatore asseconda in un'opera di continuo contemperamento; il cherende a dir poco problematico verificare ex post se il risultato a cui quest'ultimodi volta in volta approda è o meno coerente con detti principi.Il riferimento, dunque, alla struttura o alla natura del sistema tributario, cosìcome ai suoi principi basilari o informatori, pur testimoniando lo sforzo persottrarsi alla mera comparazione quantitativa tra la tassazione riservata asoggetti che versano nelle stesse condizioni, continua nondimeno a connotarsiper un elevato grado di astrazione; ciò che lo rende comunque inidoneo asciogliere il nodo della distinzione, fondamentale in questo campo, tra la misurafiscale che accorda un privilegio (o aiuto che dir si voglia) e quella che modellaimparzialmente il sistema tributario senza interferire con le regole della liberaconcorrenza.Mancando un reale e specifico riferimento giuridico cui rapportare la misurafiscale di volta in volta presa in esame, il giudizio sulla sua compatibilità con ilmercato scivola assai facilmente sulla consueta distinzione tra regola edeccezione, dove l'eccezione si qualifica come tale perché ad uguali condizionieconomiche non si fa corrispondere un eguale trattamento impositivo.

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2.4. Il ruolo della selettività ­ Sappiamo già che la selettività, ossia l'attitudine afavorire solo talune imprese o talune produzioni, costituisce un autonomo [27]requisito di cui dev'essere munito l'aiuto fiscale affinché gli sia applicabile ildivieto sancito dall'art. 87.In verità, la Commissione non tiene sempre distinti i due profili: l'essere lamisura fiscale un aiuto, da un lato, ed il suo carattere eventualmente selettivo,dall'altro. Di ciò ci si rende conto allorché la predetta afferma che "la naturaselettiva di una misura può essere giustificata dalla natura o dalla struttura delsistema"[28]; quando sappiamo che la coerenza con la natura o la struttura delsistema costituisce già il criterio individuato dalla stessa Commissione perstabilire in radice se la misura sia un aiuto [29]. In altre parole, se una misurafiscale trova giustificazione nel senso appena precisato, non occorre indagare inmerito alla sua selettività, perché la medesima non costituisce un aiuto nelsignificato fatto proprio dall'art. 87.Il mantenimento della separazione tra i due aspetti in questione è, invece, digrande importanza in materia tributaria, perché segna il reale confine oggiimposto ai legislatori nazionali dal diritto comunitario della concorrenza.Fintantoché questi ultimi si astengono dal piegare l'ordinamento tributarioall'esigenza di un'impresa o delle imprese operanti in un determinato settore ­ edesamineremo tra breve il parametro giuridico che a nostro avviso consente diverificare il rispetto di tale condizione ­ non v'è motivo di impedirgli dipredisporre una determinata misura fiscale anche solo per una cerchia limitata diimprese. L'importante, vale la pena ripeterlo, è che quella misura fiscale risulticoerente al parametro prescelto; dopodiché la sua selettività non la rende per ciòsolo un aiuto.Per converso, quando la suddetta condizione non sia rispettata e quindi la misurafiscale si atteggi come un aiuto, la mancanza del connotato della selettivitàsottrae la misura stessa al divieto previsto dalla norma comunitaria. Ciò valquanto dire che il legislatore, nell'ambito della sua sovranità, può derogare alparametro, ma deve rendere il beneficio che ne discende accessibile a tutte leimprese su un livello di parità.

3. Aiuti fiscali e capacità contributiva ­ È giunto il momento di affrontare il puntocentrale del discorso che abbiamo fin qui svolto. Si è visto che il nodo irrisoltonell'applicazione dell'art. 87 agli interventi di natura fiscale è costituito dallamancanza di una nozione giuridica di aiuto utilizzabile in questo campo. Questo,di fatto, conduce ad una dilatazione della nozione comunitaria di aiuto al di làdella misura che sarebbe sufficiente a realizzare le finalità sottese al diritto dellaconcorrenza e, soprattutto, comporta il fisiologico appiattimento del giudizio sullacompatibilità delle agevolazioni ed esenzioni domestiche su considerazioni distampo economico che svalutano o non tengono conto dei giudizi di valore allabase di simili interventi del legislatore.Questa constatazione rende opportuno, come si è premesso sin dall'inizio,individuare un metro di giudizio per selezionare gli aiuti fiscali che tenga in debitoconto, non solo la componente economica dell'uguaglianza tra le imprese, maanche di quella giuridica recepita, in modo più o meno accentuato, in tutte gliordinamenti nazionali; e questo metro non può che essere la capacitàcontributiva.

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Ora, riferendoci all'ordinamento italiano per dare concretezza al nostroragionamento, il principio di capacità contributiva che trova espressione nell'art.53 della Costituzione non designa, secondo la concezione maggiormentecondivisa, la mera capacità economica di un certo soggetto; bensì la suaattitudine alla contribuzione, intendendo per tale quella forza economicasuscettibile di fornire al soggetto gravato della prestazione impositiva i mezzioccorrenti per l'assolvimento della stessa e quindi concorrere alle spesepubbliche adempiendo ai doveri di solidarietà che gli sono imposti dall'art. 2 dellamedesima Costituzione [30].È chiaro che quando il legislatore, nell'esercizio della sua potestà tributaria,selezioni in positivo una determinata manifestazione di forza economica,assumendola a titolo di contribuzione e provvedendo altresì a ragguagliare ilprelievo alla sua entità, egli è in linea di principio tenuto, a fronte della medesimaespressione di tale capacità, a pretendere lo stesso sacrificio economico daicontribuenti che ne siano titolari. Se così non fosse, si attuerebbe unadiscriminazione soggettiva non basata sulla capacità contributiva e, quindi,vietata dall'art. 53; norma che pacificamente costituisce proiezione nella materiatributaria, insieme al menzionato art. 2, del principio di eguaglianza sancito alsuccessivo art. 3 [31].I rilievi appena svolti lasciano impregiudicata la rilevanza che altri valori di rangocostituzionale hanno in campo tributario e che, a seconda delle letture,presentano l'attitudine ad attenuare [32] una certa manifestazione di capacitàcontributiva, oppure a derogare al corrispondente principio [33], consentendo diattuare un prelievo inferiore a quello applicabile ove gli stessi non fossero presi inconsiderazione. In particolare, secondo il primo ordine di idee, un trattamentofiscale di favore "può (e per essere legittimo, deve) trovare giustificazione in unacapacità contributiva mancante o attenuata e ... questa può emergere daun'interpretazione in cui l'art. 53 non sia considerato isolatamente, ma incoerenza con valutazioni ed indirizzi contenuti in altre norme costituzionali" [34].In base, invece, alla seconda chiave di lettura, gli ulteriori principi e le altresituazioni costituzionalmente rilevanti (ad esempio, tutela del lavoro e dellafamiglia) che interferiscono con il fenomeno impositivo costituiscono dei limitiesterni [35] ad esso (e non interni come propone l'altra impostazione dottrinaria);limiti il cui rispetto può imporre l'introduzione di trattamenti di favore chederogano alla normale imposizione collegata alla manifestazione di capacitàcontributiva che viene di volta in volta in considerazione. La deroga in questione,tuttavia, non assurge ad eccezione (in senso tecnico) in quanto le predettenorme di favore si legittimano solo se ed in quanto, lungi dal poter essereconsiderate espressione di meri privilegi, tendono a soddisfare particolariesigenze dotate di specifica rilevanza anche a livello costituzionale, introducendoappunto deroghe nell'ambito di un rapporto di specialità ad una determinatadisciplina generale.Orbene, volendo adesso fare uso di questa sommaria ricostruzione per dotare ilmeccanismo di valutazione degli aiuti fiscali svolto in sede comunitaria delcriterio discretivo di carattere giuridico costituito dalla capacità contributiva, lesoluzioni astrattamente ipotizzabili divergono a seconda della linea di pensieroche si ritenga di condividere tra le due poc'anzi accennate.In particolare ­ premesso che la Commissione e la Corte di Giustizia individuanol'aiuto fiscale come un'eccezione [36] all'applicazione del sistema tributario di uno

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Stato membro ovvero come una deviazione che non discende direttamente daiprincipi informatori o basilari dello stesso ­ si possono trarre le seguenticonclusioni: i) ove si ritenga che le agevolazioni ed esenzioni tragganofondamento da limiti interni al sistema impositivo ed in specie al principio dicapacità contributiva, esse ­ anche se selettive ­ non possono qualificarsi comeaiuti fiscali; ii) qualora, invece, i suddetti trattamenti di favore siano intesi comeconseguenza dei limiti esterni al principio di questione, essi ­ se muniti delconnotato della selettività ­ sono qualificabili come aiuti fiscali.Spieghiamoci meglio. È indubbio che tra i principi informatori e basilari deisistemi tributari dei vari Stati membri vi sia quello della capacità contributiva.Una volta preso atto di questo, per stabilire se una certa misura costituisca unaiuto fiscale occorre, secondo l'impostazione elaborata dagli organi comunitari,valutare se essa si ponga o meno in un rapporto derogatorio con detto principio.Ebbene, dando per scontato che la misura di favore risponda all'esigenza ditenere in considerazione un principio di carattere sociale riconosciuto anch'esso alivello costituzionale (ché se così non fosse la misura sarebbe incostituzionaleprima che contraria all'art. 87), il punto diventa quello di stabilire se dettoprincipio rientri oppure no tra quelli informatori e basilari del sistema tributarioconsiderato [37]: nella prima ipotesi, la misura non potrebbe essere qualificata unaiuto, essa armonizzandosi, come vuole la Commissione, con i principiinformatori e basilari del sistema tributario; nella seconda, invece, saremmo difronte ad una misura che, sia pure in forza di altri principi costituzionali, derogaal sistema tributario e, come tale, presenta il connotato qualificante dell'aiutofiscale.Ora, a noi sembra che le conseguenze derivanti dall'accoglimento della prima tesidimostrino vieppiù i limiti di cui essa soffre a scapito del suo fascino. Attrarreinfatti i principi extratributari di cui il legislatore può e/o deve tenere inconsiderazione nel disciplinare la materia tributaria tra quelli fondamentali delsistema fiscale comporta il sostanziale svuotamento della valenza precettiva dellenorme comunitarie sugli aiuti alle imprese. Per convincersene, è sufficienteconsiderare che qualsiasi intervento di favore alle imprese, purché giustificato dalperseguimento di interessi sociali costituzionalmente tutelati, risulterebbe per ciòsolo compatibile con il mercato unico e quindi incensurabile sotto il profilodell'art. 87 del Trattato.Più coerente con la ratio di quest'ultima disposizione è allora vedere la capacitàcontributiva al centro del sistema tributario, come principio basilare edinformatore del medesimo, e gli altri valori extratributari come fonti di altrettantimotivi di deroga alla sua valenza imperativa.

4. La valenza interpretativa delle deroghe al divieto ­ L'art. 87, ai paragrafi 2 e 3,prevede due tipologie di aiuti che, rispettivamente "sono" o "possono essere"compatibili con il mercato comune. Anche gli aiuti attuati mediante misure fiscali,alla stessa stregua degli aiuti concessi in altre forme, possono essere ricondottiad una delle deroghe al principio dell'incompatibilità con il mercato comunepreviste dai predetti paragrafi 2 e 3 [38],Ai sensi del paragrafo 2 dell'art. 88, "sono compatibili con il mercato comune:a) gli aiuti a carattere sociale concessi a singoli consumatori, a condizione chesiano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti;

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b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure daaltri eventi eccezionali;c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federaledi Germania che risentano della divisione della Germania, nella misura in cuisono necessari a compensare gli svantaggi provocati da tale divisione."Nella seconda tipologia di aiuti sono compresi:"a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore divita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma disottocuppazione;b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto dicomune interesse oppure a porre rimedio a un grave perturbamentodell'economia di uno Stato membro;c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regionieconomiche, sempreché non alterino le condizioni degli scambi in misuracontraria al comune interesse;d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio,quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nellaComunità in misura contraria all'interesse comune;e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, che deliberaa maggioranza qualificata su proposta della Commissione".Per gli aiuti appartenenti alla seconda categoria, si è osservato, è stabilita unapresunzione iuris tantum di incompatibilità con il mercato interno "che ammette,quindi, caso per caso una dichiarazione contraria da parte degli organi dellaComunità"[39]. Si tratta, in altri termini, di aiuti selettivi rivolti a determinateimprese ­ come tali idonei a falsare la concorrenza ­ che, tuttavia, "possonoavere dei meriti nella prospettiva comunitaria e quindi possono, in forza dellederoghe previste dall'art. 87, n. 3 del trattato essere dichiarati compatibili daparte della Commissione nell'esercizio di un ampio potere discrezionale"[40].Tralasciando gli aiuti a finalità regionale e avendo riguardo, in specie, agli aiutiindicati sub b) e c), mette conto evidenziare che i primi devono essere destinatialla realizzazione di un programma trasnazionale europeo sostenutocongiuntamente da diversi governi di Stati membri, oppure a fronteggiare unaturbativa così grave da costituire fonte di difficoltà di eccezionale ampiezza perl'attività economica di un singolo Stato; i secondi, che nella terminologia correnteprendono il nome di aiuti a finalità settoriale [41], devono agevolarel'adeguamento delle imprese operanti in un certo ambito produttivo allaconcorrenza comunitaria rimediando alla loro incapacità di affrontare con mezzipropri i costi occorrenti per le necessarie trasformazioni. In altri termini, perquanto attiene agli aiuti settoriali, l'intervento statale deve comunque muoversiin una prospettiva comunitaria [42]; in specie, essi devono essere volti, non già asostentare artificialmente le imprese che siano comunque destinate a nonsopravvivere senza l'intervento pubblico, ma a facilitare gli adattamenti o sviluppiindispensabili affinché agli operatori economici operanti in un dato settore siaconsentito affrontare la concorrenza facendo affidamento unicamente sulleproprie risorse [43].L'esame sistematico del complesso di deroghe poste al generale divieto di aiuti diStato alle imprese ha consentito ad autorevole dottrina [44] di trarre la

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considerazione che il valore della corretta concorrenza tra le imprese non ètutelato in via assoluta, essendo appunto ammesse forme di interventopotenzialmente distorsive della stessa; ciò che confermerebbe "il rilievo solostrumentale della tutela della libertà di concorrenza rispetto all'obbiettivo dellosviluppo economico in ragione ... del significato 'sociale' che tale finalità riveste"[45]. Significato sociale testimoniato "dall'accentua­zione dei profili 'solidaristici' edi interesse della 'socialità' emergenti dai Trattati dell'Unione per effetto dellesuccessive modifiche ed integrazioni, nonché per la parallela adozione di atti (sipensi all'Agenda europea ed alla Carta dei diritti) che, sotto vari profili e condiversa efficacia, concorrono a delineare i tratti di quella che viene comunementechiamata la costituzione economica europea" [46].Questo rilievo, sul quale non possiamo che esprimere il nostro consenso, nondeve però condurre ad invertire i termini della composizione trovata all'internodegli artt. 87 ed 88 tra le due anime, liberista e sociale, che convivono all'internodella Comunità. Composizione che pone il divieto di aiuti selettivi come regola equella degli interventi "dirigistici" alla stregua di un'eccezione, importante edestinata a estendere il proprio perimetro, ma pur sempre un'eccezione. Se ciò èvero, rimane fermo che nella valutazione delle deroghe che la Comunità intendaconcedere rispetto al principio dell'incompatabilità degli aiuti in applicazione deicommi 2 e 3 dell'art. 87 essa terrà nella più ampia considerazione l'accresciutaimportanza che le istanze sociali e solidaristiche hanno acquisito a man mano chel'integrazione europea è progredita [47]; ma quando, invece, si tratta di stabilirese, al di fuori delle deroghe di cui sopra, un certo aiuto possa essere consideratocompatibile con il mercato, i criteri di cui si deve fare applicazione sono soloquelli che discendono dai principi basilari ed informatori del sistema fiscale; daiquali, come abbiamo in precedenza detto, restano esclusi gli altri principi, siapure di rango costituzionale, che possono venire in rilievo nell'attuazione dellepolitiche fiscali di ciascuno Stato membro.

5. Conclusioni ­ Così impostato il problema, la disciplina comunitaria sullaconcorrenza rende incompatibili con il mercato comune tutte quelle misure fiscalidi favore, di cui siano destinatarie talune imprese, che non trovanogiustificazione in una capacità contributiva [48] ridotta o mancante. Una volta,quindi, che il legislatore abbia assunto, a presupposto di un tributo, un certofatto­indice di capacità contributiva, questi non può, salvo violare l'art. 87,ridurre o azzerare l'entità di quel tributo se non in presenza di unacorrispondente attenuazione o estinzione della predetta capacità.Questo, si badi bene, non significa che sia precluso ai legislatori nazionaliperseguire politiche socialmente orientate (o comunque ispirate da valori asfondo solidaristico) nel campo della tassazione delle imprese. Questo è inveropossibile, ma ad una condizione: che le misure fiscali così adottate non abbianocarattere selettivo e, quindi, non favoriscano talune imprese o talune produzioni.Il carattere non selettivo del regime di favore consente a quest'ultimo di trovareil proprio fondamento anche in motivazioni extratributarie che deroganoesplicitamente al presupposto assunto a criterio di concorso alle spese pubbliche:in questo caso, in realtà ­ nonostante l'esonero, totale o parziale, non discendadirettamente dai principi informatori o basilari del sistema tributario, ma siadettato in funzione della tutela di interessi e del perseguimento di finalità ulteriorie derogatorie rispetto a quei principi ­ non vi è il rischio che esso incida sugli

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scambi tra gli Stati membri falsando o minacciando di falsare la concorrenza.

Riassumendo, una volta ritenuto che la capacità contributiva [49] sia il criterio inbase al quale discriminare gli aiuti fiscali incompatibili con il diritto dellaconcorrenza, le possibili fattispecie astrattamente ipotizzabili saranno quelle dellai) misura fiscale coerente con il presupposto del tributo e di quella ii) derogatoriarispetto a tale presupposto. Mentre la prima è per definizione compatibile conl'art. 87, indipendentemente dal suo carattere selettivo, la seconda sfugge aldivieto solo se accessibile a tutte le imprese e produzioni su un piano di parità.Al momento di avviare queste considerazioni ci eravamo ripromessi, al lorotermine, di interrogarci in merito a) al grado di efficienza che l'azione dellaComunità avrebbe ove si avvalesse del criterio costituito dalla capacitàcontributiva e b) agli effetti sull'ordinamento nazionale di una simile scelta.Sotto il primo profilo, siamo dell'avviso che l'utilizzo di un principio così radicatonelle tradizioni degli Stati membri avrebbe anzitutto un effetto di riavvicinamentotra i diversi piani (statale e sovrastatale) dell'Unione, in un campo dove viceversale distanze vanno ampliandosi a causa della, a suo tempo, sottolineata carenza diconcetti giuridici condivisi. Inoltre, il meccanismo di verifica degli aiuti potrebberisultare potenziato, giacché ad un metro di valutazione meramente economicone verrebbe sostituito uno giuridico, come tale maggiormente capace dievidenziare le reali deviazioni dai principi informatori del sistema tributario.Rispetto al secondo profilo, costituisce un dato di comune esperienza che ilcontrollo di legittimità delle misure agevolative è scarso o pressoché inesistente,esso a tutto concedere limitandosi ai profili inerenti alla loro estensione, magiammai alla loro compatibilità in quanto tali con i precetti costituzionali. Ebbene,il divieto imposto dall'art. 87 di concedere agevolazioni ingiustificate rispetto aldisposto dell'art. 53 avrebbe, se non altro nel campo dell'imposizione sulleimprese, un effetto "moralizzatore" di una prassi che, come appena accennato, laCorte Costituzionale non è in grado di arginare.

Note:[1] Sul più generale tema della possibile non coincidenza tra i valori tutelatidall'ordinamento comunitario e quelli tipici del nostro sistema costituzionale, vedile lucide osservazioni introduttive di P. Boria, Il sistema fiscale: conflitto travalori comunitari e valori costituzionali, in "Fiscalia", 2, 2002, pagg. 140 eseguenti; IDEM, L'interesse fiscale, Torino, 2002, pagg. 437 3 e seguenti.[2] Nel senso che il possibile contrasto tra la "trama assiologica enunciata nellaCarta Costituzionale ed i valori comunitari" sia comunque superabile ove l'una egli altri vengano riguardati in una prospettiva unitaria, Boria, Il sistema fiscale:conflitto tra valori comunitari e valori costituzionali, cit., pag. 142.[3] Così il punto n. 4 del paragrafo 2.2.8 della sentenza 10 dicembre 2002, n.17564 in esame.[4] Viene, in particolare, fatto riferimento: i) all'art. 6, paragrafo 1 e 2 delTrattato UE ("L'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto deidiritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto, principi chesono comuni agli Stati membri. L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sonogarantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo edelle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultanodalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi

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generali del diritto comunitario"); ii) alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unioneeuropea, approvata a Nizza il 7 dicembre 2000.[5] In verità, se si può essere d'accordo che la decisione negativa dellaCommissione in merito alla legittimità dell'aiuto fiscale da cui ha tratto origine lacontroversia dipoi approdata dinanzi alla Corte di Cassazione non sollevi inconcreto un problema di "controlimiti", lascia invece un pò insoddisfatti ilcarattere apodittico del ragionamento con cui la sentenza perviene a questorisultato interpretativo. Sia chiaro: quello che stiamo esaminando è solamente unobiter dictum, e già solo l'aver sollevato il problema che ne costituisce l'oggettodimostra una sensibilità ed uno sforzo che meritano grande apprezzamento;nondimeno, resta fermo che la motivazione fornita sul punto è incongrua. Infatti,non si capisce se la Corte ritenga che in materia di aiuti alle imprese non entrinomai in gioco valori fondamentali del nostro ordinamento oppure che essi venganoin considerazione ma non vi sia un problema di conflitto perché i medesimitrovano speculare riconoscimento anche in sede comunitaria. Né si può, a mioavviso, ritenere dirimente, nel senso di escludere la possibilità di un contrastosenza la necessità di compiere indagini in merito ai profili appena segnalati, lapresenza della "disciplina del procedimento contenzioso di applicazione dell'art.93 del Trattato ... e dei rimedi giurisdizionali previsti anche avverso le decisioninegative della Commissione". Infatti, né la particolare procedura che laCommissione è tenuta a seguire nell'adottare le proprie decisioni, né la lorogiustiziabilità dinanzi al Tribunale di primo grado o alla Corte di Giustiziaescludono in radice che possa sorgere un'antinomia a livello di principi primaridei sistemi nazionale, da un lato, e comunitario, dall'altro; essa potendosicomunque concretizzare tutte le volte in cui le interpretazioni date da siffattiorgani politico­amministrativi e giudiziari alle norme comunitarie pongano perl'appunto queste ultime in antitesi con i valori fondamentali dell'ordinamentoitaliano.[6] M. Basilavecchia, Agevolazioni (dir. trib), in "Enc. del diritto", AggiornamentoV, Milano, 2001, note nn. 40, 56, segnala giustamente l'emersione di unanozione trasnazionale di agevolazione che, sebbene originariamente ancorata allatutela della concorrenza, "appare dotata di forza espansiva anchenell'ordinamento interno, nel senso che condiziona quest'ultimo non solo infunzione della coerenza con i principi costituzionali interni, ma anche in ragionedelle esigenze essenziali dell'Unione europea. Con la conseguenza, ad esempio,che un trattamento ordinario interno può risultare, nel contesto comunitario,agevolativo, ed in quanto tale incompatibile, se concretizza un aiuto di Stato, oalmeno soggetto a controllo, se viola gli impegni assunti, per esempio, a livello dicodice di condotta".[7] Problema su cui si soffermano P. RUSSO, Le agevolazioni e le esenzioni fiscalialla luce dei principi comunitari in materia di aiuti di Stato: i poteri del giudicenazionale, in "Rass. trib.", n. 1­bis, 2003, pagg. 330 e seguenti; H. E. Kube,National tax law and the trasnational control of state aids ­ On the need for afurther reconciliation of economic a social policy concerns in trasnational law, in"EUI Working Paper" Law No. 2001/9, pagg. 33 e seguenti, European UniversityInstitute, Florence, 2001; K. BACON, State aids and general mesaures, in "Yel",1997, pagg. 269 e seguenti; W. SCHON, Taxation and State aid law in theEuropean Union, in "CMLR", 1999, pagg. 911 e seguenti.[8] Una tale situazione si potrebbe verificare laddove l'agevolazione venga

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concessa proprio al fine di garantire il rispetto di un principio costituzionalefondamentale, talché la sua eliminazione conseguente alla qualificazione subspecie di aiuto di Stato ex art. 87 del Trattato implichi la violazione di quelprincipio con conseguente invocabilità della cosiddetta teoria dei controlimitielaborata dalla Corte Costituzionale. Vedi, per una panoramica generale dellateoria in questione, CARTABIA, Principi inviolabili ed integrazione europea,Milano, 1995; DONATI, Diritto comunitario e sindacato di costituzionalità, Milano,1995.[9] Vedi la nota successiva.[10] Profilo su cui si sofferma A. Fantozzi, The applicability of State aids rules totax competition measures: a process of "de facto" harmonisation in tax field?,leggibile su http://www.eatlp.org.. L'Autore osserva che il condizionamento dellegislatore nazionale cui in effetti mira la Commissione non si ferma al contrastoagli aiuti di Stato sotto forma di agevolazioni e/o esenzioni fiscali; tale organo,infatti, constatata la difficoltà di contrastare efficacemente la concorrenza fiscaledannosa in mancanza di un valore vincolante delle intese raggiunte tra gli Statimembri sull'argomento (il cosiddetto codice di condotta) e di fronte all'impasse incui versa il processo di armonizzazione fiscale nel campo dell'imposizione direttain ragione del principio dell'unanimità sancito all'art. 95 del Trattato, tenti diperseguire tali vie indirettamente utilizzando gli strumenti coercitivi offerti dallesuddette norme in tema di aiuti alle imprese. Una scelta del genere, tuttavia,solleva delicati problemi tra i quali, in particolare, la forzatura della nozione diaiuto fiscale ma, soprattutto, la carenza di legittimazione democratica che inficiaquesto processo di armonizzazione fiscale forzata.[11] Vedi sul tema S. La Rosa, Esenzione, (diritto tributario), in "Enc. dir.",Milano, 1966, vol. XV, pagg. 567 e seguenti; ID., Eguaglianza tributaria edesenzioni fiscali, Milano, 1968; ID., Le agevolazioni tributarie, in "Trattato didiritto tributario", diretto da Amatucci, Padova, 1994, I, 1, pagg. 401 e seguenti;A. Fedele, Esclusioni ed esenzioni nella disciplina dell'Iva, in "Riv. dir. fin.", 1973,I, pagg. 146 e seguenti; F. Fichera, Le agevolazioni fiscali, Padova, 1992; M.Basilavecchia, Agevolazioni, cit..[12] Sulla contrapposizione nell'ambito della circolazione dei beni tra regola della"non­discriminazione" in materia fiscale e regola della "ragionevolezza" inmateria non fiscale, anche in chiave comparata, vedi F. Ortino, Basic LegalInstruments for the Liberalisation of Trade: a Comparative Analysis of EC andWTO Law (Oxford, Hart Publiscing 2003).[13] W. Schon, Taxation and State aid law ... cit., pag. 916.[14] Sulla distinzione tra aiuti di Stato e misure di carattere generale, cfr.Quingley, The notion of State Aid in the EEC, in "EL Rev.", vol. 13, 1988, pagg.242 e seguenti.[15] W. Schon, Taxation and State aid law ... cit. pag. 916.[16] Palesata a partire dal Consiglio Ecofin del 1¡ dicembre 1997 ed in specie nelcosiddetto "codice di condotta" (in "GU C 2"­ una riduzione della base imponibile (deduzione derogatoria, ammortamentostraordinario o accelerato, iscrizione di riserve in bilancio, ...);­ una riduzione totale o parziale dell'ammontare dell'imposta (esenzione, creditod'imposta, ...);

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­ un differimento oppure un annullamento, o anche una rinegoziazioneeccezionale del debito fiscale.[24] Nella Comunicazione sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Statoalle misure di tassazione diretta delle imprese C­384/3 citata, par. 13 e 14.[25] Sempre secondo la comunicazione menzionata alla nota precedente.[26] Ed in specie alla sentenza 2 luglio 1974, causa 173/73/Italia/Commissione,in "Racc.", 1974, pag. 309; cfr. la Comunicazione sull'applicazione delle normerelative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese C­384/3citata, par. 15 e 16.[27] In tal senso W. Schon, Taxation and State aid law ... cit. pag. 928; H. E.KUBE, National tax law and the trasnational control of state aids ..., cit., pag. 20;Russo, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce dei principi comunitari inmateria di aiuti di Stato ..., cit., pag. 342.[28] Comunicazione della Commissione sull'applicazione delle norme relative agliaiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese, citata, paragrafo 12.[29] Cfr. H. E. Kube, National tax law and the trasnational control of state aids ...,cit., pag. 20.[30] Per tutti, F. Moschetti, La capacità contributiva, in "Trattato di dirittotributario", diretto da Amatucci, Padova, 1994, I, 1, pagg. 223 e seguenti; F.Batistoni Ferrara, Capacità contributiva, in "Enc. dir.", agg. III, Milano, 1999,pagg. 350 e seguenti; P. RUSSO, Manuale di diritto tributario, cit., pag. 54.[31] Falsitta, Manuale di diritto tributario ­ parte generale, Padova, 1995, pag.147.[32] F. Moschetti­R. Zennaro, Le agevolazioni fiscali, in "Dig. IV, disc. priv.", sez.comm., I, Torino, 1987, pagg. 66 e seguenti.[33] P. Russo, Manuale di diritto tributario ­ parte generale, Milano, 2002, pag.54; A. Fantozzi, Diritto tributario, 1991, pagg. 37 e seguenti; Falsitta, Manuale didiritto tributario ... cit., pag. 147.[34] Così, F. Moschetti­R. Zennaro, Le agevolazioni fiscali, cit., pag. 76.[35] Così li definisce P. RUSSO, Manuale di diritto tributario, cit., pag. 54.[36] A nostro avviso il termine eccezione non è qui usato in senso tecnico,volendosi piuttosto esprimere il concetto di deroga.[37] O, il che è lo stesso, se prevede dei limiti interni oppure esterni al principio dicapacità contributiva.[38] In tal senso, espressamente, la Comunicazione della Commissionesull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazionediretta delle imprese, cit., pag. 7.[39] Così, Leanza, Commento all'art. 87, in "Commentario CEE", Giuffrè, Milano,1965, pag. 721.[40] Così, Fichera, Gli aiuti di Stato nell'ordinamento comunitario, cit., pag. 113.Vd. anche Craig­De Burca, EU Law, Text, Cases and Materials, Oxford, 1998,pag. 1083, i quali sottolinenano il carattere non solo giuridico ma anche politico

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della valutazione in merito ; valutazione rispetto alla quale la Corte di Giustiziatende ad astenersi dall'esprimere qualsivoglia sindacato che non sia quello dellalogicità e coerenza della motivazione addotta alla decisione.

[41] Sull'argomento, vd. Pappalardo, La politica di concorrenza in tema di aiutistatali, in "Manuale di diritto comunitario", UTET, 1984, pag. 473; vd. ancheCraig­De Burca, op. cit., pag. 1086.[42] Vd. la decisione della Commissione, del 27 luglio 1979, con cui è statovietato un aiuto che il governo olandese, intendeva concedere a un fabbricante disigarette (Philip Morris), GUCE, L 217, 25 agosto 1979, pagg. 17 e seguenti. Ilricorso presentato dall'impresa (causa 730/79) è stato respinto dalla Corte consentenza del 17 settembre 1980, in "Racc.", 1980, pag. 2671 dove si sottolineache l'aiuto non è compatibile ove risulti che l'obbiettivo potrebbe essereraggiunto con le sole forze del mercato senza intervento dei poteri pubblici.[43] La Commissione ha sviluppato taluni criteri che consentono di valutare se e aquali condizioni aiuti settoriali possano beneficiare di una deroga al principiodell'incompatibilità sancito dall'art. 87, paragrafo 1:i) gli aiuti settoriali devono essere limitati ai casi in cui la situazione dell'industriadi cui trattasi li renda necessari (criterio del nesso causale);ii) gli aiuti devono ristabililire l'efficienza a lungo termine risolvendo i problemistrutturali dell'industria in questione e non debbono essere intesi a preservare lostatus quo e a differire le decisioni ed i mutamenti inevitabili;iii) tuttavia, poiché occorre del tempo per procedere agli aggiustamenti, ènormale ammettere che talune risorse vengano utilizzate per alleggerire i costisociali ed economici del mutamento in talune circostanze e secondo rigorosecondizioni;iv) a meno che non siano concessi per periodi relativamente brevi, gli aiutidevono essere decrescenti e chiaramente collegati alla ristrutturazione delsettore di cui trattasi;v) l'intensità degli aiuti dev'essere proporzionata a quella dei problemi ches'intende risolvere, in modo da ridurre al minimo le distorsioni di concorrenza daessi provocate;vi) i problemi industriali e la disoccupazione non devono essere trasferiti da unoStato membro ad un altro.[44] Russo, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce dei principi comunitari inmateria di aiuti di Stato ..., cit., pag. 333.[45] Così Russo, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce dei principicomunitari in materia di aiuti di Stato ..., cit., pag. 333.[46] Così Russo, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce dei principicomunitari in materia di aiuti di Stato ..., cit., pag. 331.[47] Per una puntuale indicazione degli effetti perversi provocati peraltro dalsistema degli aiuti vd. Charlemagne, Drowning in a sea of structural funds?, in"The Economist" del 29 marzo 2003, pag. 34; K. Midelfart­K. and H. Overman,Delocation and European Integration ­ is structural spending justified?, in"Economic Policy", 10/2002.[48] In sé e per sé considerata, senza tenere in conto i limiti esterni alla stessa

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che possono derivare dalla compresenza di altri principi extratributari che aventirango costituzionale.[49] Nel ragionamento da noi svolto si è assunto che la Commissione valuti lemisure fiscali dei singoli Stati membri rapportandole al contenuto del principio dicapacità contributiva ivi accolto; ma niente impedisce che, come ventilato in sededi stesura della cosiddetta Costituzione europea, si elabori una nozione comunedi capacità contributiva utilizzabile (anche) a tale scopo.

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