DOSSIER LIBERA AQUILA ABRUZZO CRIMINALITA' ORGANIZZATA

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L ’Aquila e l’intera regione rischiano di precipitare nelle mani della cri- minalità organizzata e di cricche e comitati d’affari locali e nazionali. Quello che preoccupa è che l’Abruzzo, finora, non ha dato prova di essere attrezzato per fronteggiare fenomeni di questa natura. Fenomeni destinati ad accentuarsi a causa degli affari legati al post terremoto, come testimoniano le inchieste sugli appalti della Protezione civile, dal Consorzio Federico II ai puntellamenti, dai bagni chi- mici nelle tendopoli agli isolatori sismici del Progetto Case. A parlare per la prima volta di «corruzione endemica», nel gennaio 2010, è il magi- strato antimafia Olga Capasso, quando manifesta le sue preoccupazioni per gli appalti per la ricostruzione che stanno per passare agli enti locali. Legami tra politica, amministrazione, mafie, massoneria, cric- che e comitati d’affari locali e nazionali. Preoccupano anche le presenze della cri- minalità organizzata che, nella regione, – è bene ricordarlo – sono precedenti al ter- remoto. A provarlo diverse inchieste di questi mesi, come ad esempio quelle della procura di Napoli sulla presenza dei casalesi o quella della procura di Reggio Calabria dove emerge un filone che con- duce a contatti tra ‘ndrangheta e impren- ditori aquilani. E poi i ritiri di alcuni certifi- cati antimafia, come all’impresa Di Marco, il cui titolare era legato agli imprenditori di Tagliacozzo accusati di aver riciclato nella Marsica parte del tesoro di don Vito Ciancimino. Un caso che fa emergere un quadro allarmante sullo stato di penetra- zione e sulle reti di relazioni stabilite, ben prima del sisma del 6 aprile, con impren- ditori e politici del luogo. Nonostante tutti i segnali, a lasciare inter- detti è la perspicacia con cui in questi anni le istituzioni e le forze politiche locali hanno negato – e in molti continuano a negare – il fenomeno, preferendo coltiva- re il sogno di Abruzzo isola felice. Questo atteggiamento è ancora più marcato in provincia dell’Aquila: forse non è un caso che quasi tutte le inchieste legate al terre- moto siano state avviate da procure di fuori provincia, dalle segnalazioni del pool antimafia creato dalla DNA pochi giorni dopo il sisma oppure sono partite in seguito a inchieste giornalistiche. Poche le denunce di cittadini. Nell’ultimo anno, a L’Aquila e in Abruzzo, quando si discute sugli argomenti più vari, gli interlocutori si trovano spesso a distinguere tra il “prima del terremoto” e il “dopo il terremoto”. Il sisma del 6 aprile rappresenta, in maniera consapevole o no, un evento traumatico che ha segna- to e segnerà la storia della regione per i prossimi decenni. E segnerà in maniera marcata anche la storia criminale e del malaffare. Così, anche in questo dossier, ci ritroviamo a fare questa distinzione: Prima del 6 aprile e Dopo il 6 aprile. Perché la scossa che alle 3.32 ha devastato l’Aquila non ha prodot- to solo lutti e macerie. Ha spazzato via anche quel velo di ipocrisia che copriva chi si ostinava a parlare ancora di Abruzzo isola felice. E già nella prima emergenza e nei primi mesi del post terremoto, è emer- so chiaramente che la regione è impreparata e disarmata per affrontare i nuovi rischi che gli si pongono davanti. La storia delle infiltrazioni criminali, delle cricche, dei comitati d’affari e della cor- ruzione nel terremoto dell’Aquila sarà lunga ed è ancora tutta da scrivere. Una cosa però è già chiara: il territorio sarà investito da ulteriori assalti che non pos- sono più essere affrontati solo come un problema di polizia. La situazione è tal- mente grave che la società civile – sinda- cati, partiti, organi d’informazione, associ- azioni di categoria e di volontariato, par- rocchie, singoli cittadini – dovrà decidersi a scendere in campo e concertare un’azione comune. Come Libera, associazione nomi e numeri contro le mafie, pensiamo che per meglio comprendere quale sia la posta in gioco tra le montagne dell’Abruzzo interno, può essere utile descrivere lo scenario, fissare alcuni punti fermi, analizzare gli episodi emblematici, sensibilizzare la popo- lazione. Questo dossier, realizzato con il contributo e l’impegno del presidio Libera L’Aquila, è un primo passo in questa direzione. DOSSIER ABRUZZO CREPE 6 aprile 2009 ore 3.32 La fine dell’isola felice CONTINUA ALLA PAGINA SEGUENTE LIBERA. ASSOCIAZIONI, NOMI E NUMERI CONTRO LE MAFIE INSERTO di SITe.it giornale online - Reg. Tribunale Avezzano n. 147/98 - Edizione stampata, numero zero, dicembre 2010

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L ’Aquila e l’intera regione rischianodi precipitare nelle mani della cri-minalità organizzata e di cricche e

comitati d’affari locali e nazionali. Quelloche preoccupa è che l’Abruzzo, finora, nonha dato prova di essere attrezzato perfronteggiare fenomeni di questa natura.Fenomeni destinati ad accentuarsi a causadegli affari legati al post terremoto, cometestimoniano le inchieste sugli appaltidella Protezione civile, dal ConsorzioFederico II ai puntellamenti, dai bagni chi-mici nelle tendopoli agli isolatori sismicidel Progetto Case.A parlare per la prima volta di «corruzioneendemica», nel gennaio 2010, è il magi-strato antimafia olga Capasso, quandomanifesta le sue preoccupazioni per gliappalti per la ricostruzione che stanno perpassare agli enti locali. Legami tra politica,amministrazione, mafie, massoneria, cric-che e comitati d’affari locali e nazionali.Preoccupano anche le presenze della cri-minalità organizzata che, nella regione, –è bene ricordarlo – sono precedenti al ter-remoto. A provarlo diverse inchieste diquesti mesi, come ad esempio quelledella procura di Napoli sulla presenza deicasalesi o quella della procura di ReggioCalabria dove emerge un filone che con-duce a contatti tra ‘ndrangheta e impren-ditori aquilani. E poi i ritiri di alcuni certifi-cati antimafia, come all’impresa Di Marco,il cui titolare era legato agli imprenditoridi Tagliacozzo accusati di aver riciclatonella Marsica parte del tesoro di don VitoCiancimino. Un caso che fa emergere unquadro allarmante sullo stato di penetra-zione e sulle reti di relazioni stabilite, benprima del sisma del 6 aprile, con impren-

ditori e politici del luogo.Nonostante tutti i segnali, a lasciare inter-detti è la perspicacia con cui in questi annile istituzioni e le forze politiche localihanno negato – e in molti continuano anegare – il fenomeno, preferendo coltiva-re il sogno di Abruzzo isola felice. Questoatteggiamento è ancora più marcato inprovincia dell’Aquila: forse non è un casoche quasi tutte le inchieste legate al terre-moto siano state avviate da procure difuori provincia, dalle segnalazioni del poolantimafia creato dalla DNA pochi giornidopo il sisma oppure sono partite inseguito a inchieste giornalistiche. Poche ledenunce di cittadini.Nell’ultimo anno, a L’Aquila e in Abruzzo,quando si discute sugli argomenti piùvari, gli interlocutori si trovano spesso adistinguere tra il “prima del terremoto” eil “dopo il terremoto”. Il sisma del 6 aprilerappresenta, in maniera consapevole ono, un evento traumatico che ha segna-to e segnerà la storia della regione per i

prossimi decenni. E segnerà in manieramarcata anche la storia criminale e delmalaffare.Così, anche in questo dossier, ci ritroviamoa fare questa distinzione: Prima del 6 aprilee Dopo il 6 aprile. Perché la scossa che alle3.32 ha devastato l’Aquila non ha prodot-to solo lutti e macerie. Ha spazzato viaanche quel velo di ipocrisia che coprivachi si ostinava a parlare ancora di Abruzzoisola felice. E già nella prima emergenza enei primi mesi del post terremoto, è emer-so chiaramente che la regione èimpreparata e disarmata per affrontare inuovi rischi che gli si pongono davanti. Lastoria delle infiltrazioni criminali, dellecricche, dei comitati d’affari e della cor-ruzione nel terremoto dell’Aquila saràlunga ed è ancora tutta da scrivere.Una cosa però è già chiara: il territorio saràinvestito da ulteriori assalti che non pos-sono più essere affrontati solo come unproblema di polizia. La situazione è tal-mente grave che la società civile – sinda-cati, partiti, organi d’informazione, associ-azioni di categoria e di volontariato, par-rocchie, singoli cittadini – dovrà decidersia scendere in campo e concertareun’azione comune.Come Libera, associazione nomi e numericontro le mafie, pensiamo che per megliocomprendere quale sia la posta in giocotra le montagne dell’Abruzzo interno, puòessere utile descrivere lo scenario, fissarealcuni punti fermi, analizzare gli episodiemblematici, sensibilizzare la popo-lazione. Questo dossier, realizzato con ilcontributo e l’impegno del presidio LiberaL’Aquila, è un primo passo in questadirezione.

DOSSIER ABRUZZO

CREPE6 aprile 2009ore 3.32

La finedell’isola felice

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LIBERA. ASSOCIAZIONI, NOMI E NUMERI CONTRO LE MAFIE

INSERTO di SITe.it giornale online - Reg. Tribunale Avezzano n. 147/98 - Edizione stampata, numero zero, dicembre 2010

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Mentre vigili del fuoco, volontari,colonne regionali soccorrono ericoverano le popolazioni colpite

ed estraggono i morti da sotto le macerie,il presidente del Consiglio dichiara lo statod’emergenza. Nel pomeriggio il Consigliodei ministri nomina Commissario per ilterremoto Guido Bertolaso e comenuovo prefetto dell’Aquila, FrancoGabrielli.Il Dipartimento nazionale di Protezionecivile trasferisce nel cratere dirigenti emezzi e, all’interno della Scuola dellaGuardia di finanza a Coppito, istituisce laDicomac, la cosiddetta direzione dicomando e controllo. Tale struttura vieneutilizzata operativamente per la primavolta a L’Aquila: non è normata da alcunalegge e i suoi compiti e le sue funzionisono regolate solo da ordinanze delDipartimento. Sarà l’organismo chegestirà tutta la fase dell’emergenza e ilProgetto Case, con una spesa che super-erà di molto il miliardo di euro.

I PRIMI GIORNI DELL’EMERGENZAIn poco più di una settimana nell’interocratere si assiste a una progressiva milita-rizzazione del territorio, gli enti locali ven-gono esautorati di fatto dei loro poteri e leforze dell’ordine disarticolate nelle lorofunzioni. Il territorio viene svuotato dibuona parte dei suoi abitanti: sono 35milagli sfollati trasferiti negli alberghi sullacosta e altrettanti vengono ospitati in 171tendopoli. A causa dell’emergenza, difatto si assiste alla sospensione dello statodi diritto, almeno per come lo abbiamoconosciuto fino ad oggi. In questo quadrosi avvia il Progetto Case: è la prima volta,in Italia, che la Protezione civile si occupadi ricostruzione. E lo fa a suon di ordi-nanze e decretazione d’urgenza. Il motivoè sempre lo stesso: l’emergenza.La Protezione civile, che risponde solo alpresidente del Consiglio, una volta chequesti dichiara l’emergenza può contare,giustamente, su tre strumenti: il potere diordinanza, il potere di deroga e, di fatto,sull’assenza dei controlli e dei vincoli ordi-nari. Con il potere di ordinanza può prati-camente farsi le regole in modo autore-ferenziale, senza passaggi parlamentari,nemmeno il Consiglio dei ministri. Con ilpotere di deroga, può invece agire in

deroga a tutte le altre norme, compresequelle sugli appalti, purché sulle ordi-nanze emesse si indichino le leggi a cui siintende derogare. Sulle ordinanze, difatto, i due organismi di controllo delloStato – Corte dei Conti e Corte costi-tuzionale – non possono intervenire, laConsulta può essere chiamata in causasolo nel caso di conflitto di attribuzioni traenti locali e Protezione civile. Come risultaevidente, si tratta di un sistema di poteriche, se non viene maneggiato con curaoppure è posto nelle mani sbagliate, puòportare al libero arbitrio e produrre il di-sastro.Indicativa di questi pericoli è la memoriadel Procuratore generale presso la Cortedei Conti, Maria Giovanna Giordano, insede di giudizio sul rendiconto generaledello stato per l’esercizio 2006: «[…] inmolti casi gli interventi sono stati attuati,talvolta sovrapponendosi rispetto agli stru-menti propri dell’intervento ordinario, con ilricorso all’emergenza tramite gli strumentiacceleratori della Protezione civile, la cuitrasparenza gestionale veniva peraltrocompromessa da eccessive semplificazionicontabili e di controllo. Le modalità esposi-tive periodiche delle risultanze gestionali,infatti, sono di norma estremamente caren-ti». Anche l’allora commissario per ilMercato interno dell’Ue, Frits Bolkestein,che nel 2004 aprì una procedura diinfrazione nei confronti dell’Italia, si eraaccorto che spesso con le ordinanze sibypassava «la normativa italiana di traspo-sizione delle direttive comunitarie in mate-ria di appalti e concessioni». I pericoli,insomma, erano già noti e si conta una

lunga serie di precedenti, come nell’appli-cazione dell’emergenza anche ai grandieventi.I casi sospetti, a L’Aquila, si registrano giàdai primi giorni. Secondo alcunedichiarazioni pubbliche di funzionari dellaProtezione civile, le sole tendopoli sareb-bero costate un milione di euro al giorno:l’emergenza nelle tendopoli è durata daaprile quasi fino a ottobre. Non si hanotizia di altre inchieste sulle forniturenelle tendopoli, per gli sfollati alloggiatinegli alberghi o sulle spese della macchi-na della Protezione civile nell’emergenzaAbruzzo. Citiamo due casi indicativi. Ilprimo è relativo al servizio di bagni chimi-ci installati nei campi, una inchiesta parti-ta anche grazie al materiale raccolto dalpresidio di Libera. Il secondo è quellodella gestione delle macerie.

L’ORO DEI BAGNI CHIMICIL’affare è di dimensioni colossali. Il costosostenuto per i bagni chimici è una parteconsistente delle spese della prima emer-genza, quasi un quarto dei fondi per ilmantenimento delle tendopoli. E’ un casoemblematico perché testimonia che per ilrischio di infiltrazioni e malaffare, inAbruzzo, non si deve attendere l’iniziodella ricostruzione, il pericolo è reale giàcon gli appalti della prima emergenza.Anzi, arriva nelle prime ore insieme allaProtezione civile, con un appalto assegna-to in tempo di pace, sul modello di ges-tione dei Grandi eventi. Un appalto cherisalirebbe al maggio 2005, scaduto nelmaggio 2008 e prorogato per quasi dueanni, fino al marzo 2010, pare in vio-lazione alla legge nazionale e comunitariasugli appalti pubblici. Su questo punto,una ditta concorrente ha presentatodenunce e ricorsi.Le segnalazioni raccolte nelle prime setti-mane dal presidio di Libera parlano diliquami smaltiti illegalmente nei fiumi enei canali e di bolle di trasporto falsificate;di ditte che si sabotano a vicenda lepompe dei mezzi di espurgo per con-tendersi la gestione del servizio in piùcampi possibili; di contatti tra ditte chegestiscono il servizio e funzionari dellaProtezione civile per gonfiare le fatture.Tra di esse, diverse imprese che da annicollaboravano con la Protezione civile per

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la gestione dell’emergenza rifiuti inCampania.Nelle tendopoli si conteranno circa 3.600bagni chimici, ognuno al prezzo di 79euro al giorno, per una spesa di oltre 8 mi-lioni al mese: e l’emergenza nelle ten-dopoli è durata sei mesi. Solo dopo che ilpresidio di Libera rende nota la notiziadell’acquisizione da parte delle forze del-l’ordine del materiale raccolto, i bagni neicampi diminuiscono e cominciano adarrivare i blocchi bagno-docce indotazione al ministero dell’Interno.Sarebbero quattro le sezioni di poliziagiudiziaria che stanno controllando laprovenienza dei wc e alcuni imprenditoricampani. In ogni caso i bagni presenti nelcratere sarebbero stati 1.600 in più delnecessario: oltre 3milioni e 800mila euroal mese sperperati e sottratti allaricostruzione vera.Anche sul resto dei bagni noleggiati siaffacciano altri dubbi. La Protezionecivile avrebbe ordinati 4.000 mila bagni,scesi poi a 3.200. Secondo il contratto, ilprezzo di noleggio giornaliero per ognibagno è di 19,50 euro (iva esclusa), com-preso di una pulizia. La Protezione civileha richiesto però altre tre pulizie edespurghi supplementari, per un totale dialtri 46,50 euro al giorno, sempre ivaesclusa. Su ogni bagno, quindi, si sareb-bero dovuti effettuare ben 4 interventi diespurgo e pulizia giornalieri, per un massi-mo di 800 litri di liquami al giorno. Il calco-lo è semplice: moltiplicando per i 4.000bagni richiesti e dividendo per il numerodegli ospiti delle tendopoli (la punta mas-sima è stata di 35mila), risulta che ogniospite doveva produrre giornalmentequasi 100 litri di deiezioni liquide e solide.L’inchiesta è ancora in corso, intanto laProtezione civile ha emesso il bando digara per i prossimi 3 anni. Dopo che èstato selezionato l’unico concorrenteammesso, sempre la ditta precedente, è

stato previsto il prezzo a base d’asta: ildoppio del bando del 2005.

AFFAIREMACERIEIl 13 aprile 2009, giorno di Pasquetta, ilpresidio di Libera fotografa ruspe ecamion che trasportano macerie dallazona rossa (interamente militarizzata echiusa anche agli abitanti) a Piazzad’Armi, zona militare interamente recinta-ta. All’interno le macerie e ogni sorta diarredi ed effetti personali, vengono maci-nati dentro due macchine tritasassi cheriducono tutto a ghiaia. Gli autistidichiarano che le macerie provenivanodalla Casa dello studente e altri palazzicrollati in via XX settembre: sono gli stessiedifici per i quali la Procura di L’Aquila,due giorni prima, ha annunciato l’apertu-ra di inchieste per crolli sospetti. Dopo ledenunce sulla stampa, la triturazioneviene bloccata, spariscono le tritasassi e laProcura sequestra quanto resta degliimmobili. Il procuratore capo Rossini, cheannuncia un’inchiesta su Piazza d’armi,dichiara esplicitamente: «Abbiamo ilsospetto che qualcuno possa portare via ciòche resta degli edifici crollati.Apparentemente si tratta di macerie senzavalore, ma per le nostre indagini potrebberoessere fondamentali». La Procura apriràeffettivamente un’inchiesta, ma sulla pos-sibile presenza di amianto nel materialetriturato. Resta ancora da capire chi, inun’area della città interamente militarizza-ta, sia riuscito a prelevare indisturbato emacinare migliaia di metri cubi di macerieoggetto d’indagine. Il 22 aprile 2009, durante verifiche sullaradioattività e lo stato in cui versano lecave dismesse prima che vengano riem-pite, il presidio di Libera controlla vicinoPaganica l’ex cava teges, inattiva da moltianni. Fotografa un’auto con i contrassegnidel Servizio sisma Abruzzo e documen-ta i lavori di preparazione della cava per

poter accogliere le macerie. In particolare,fotografa una macchina tritasassi. E unadelle due che otto giorni prima era statafotografata a Piazza d’Armi.Il 25 aprile, Sollevatiabruzzo pubblica duefoto con solo questa didascalia:«Paganica, discarica Teges: lavori in corsoper ospitare le macerie». Immediatamente ilavori di preparazione si bloccano, la tri-tasassi rimane sul luogo almeno fino al 24maggio, poi scompare dalla scena.Sempre a maggio la Protezione civileinveste del problema macerie il Comunedell’Aquila, che assegna l’appalto perdiverse decine di milioni di euro alla t&Psrl: la ditta è inattiva, ed è proprietariaproprio della ex cava Teges. Scatta l’inchi-esta – è la seconda sulle macerie –, ilComune revoca l’appalto e così la ges-tione dell’affare torna di nuovo nelle manidella Protezione civile, che affida lapreparazione del sito al genio militare e aivigili del fuoco: ad essere utilizzata, però, èsempre l’ex cava Teges. Tiriamo le somme:in ballo un appalto da decine di milioni dieuro, due inchieste sullo smaltimentomacerie invece di una, la stessa macchinatritasassi come filo conduttore, sempre laProtezione civile come primo attore, sullosfondo l’ex cava Teges come unico ele-mento fisso.Quello dello smaltimento macerie è unproblema che ipoteca seriamente l’iniziodella ricostruzione vera, senza risolverlonon può partire, tutto è fermo. L’Italia siaccorgerà della sua esistenza quandoesplode in tutta la sua drammaticità ecrudezza. Il 10 febbraio 2010, migliaia dicittadini esasperati, violano la zona rossaed entrano in centro storico, iniziando larimozione delle macerie: inizia così quelloche dai media verrà ribattezzato come ilmovimento delle carriole. Il governo li neu-tralizza promettendo di rimuoverle inpoche settimane, ma oltre i proclami, icumuli di pietre restano immobili e anco-

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Il primo coordinamento locale di Libera inAbruzzo nasce nella Marsica, a Tagliacozzo, periniziativa di Giuseppe La Pietra, nel 2007.Intorno al gruppo si stringono alcuni membridella redazione di Site.it e delle testatine localiciclostilate, ad essa collegate.Tra le iniziative di denuncia e sensibilizzazionedella popolazione sui temi della legalità, si ricor-da, già nel 2007, una serie di incontri e convegni,tra cui quelli con il giudice Prestipino e l’on.Lumia. Un impegno che ha portato anche allapresentazione di diverse interrogazioni sui rein-vestimenti mafiosi in Abruzzo.

Subito dopo il 6 aprile 2009, nasce il presidio diLibera informazione e poi quello di LiberaL’Aquila, che catalizzano le informazioni su quan-to succede nel cratere, grazie alla creazione diuna redazione di emergenza munita di ciclostile

(con il quale si sono stampati i primi fogli del cra-tere: sollevatiabruzzo, sfollatinews e zeronove).Tra le attività svolte si ricordano le iniziative disensibilizzazione nelle scuole e di sostegno esolidarietà alle popolazioni colpite. Dalla distri-buzione di aiuti ai campi spontanei alla parteci-pazione alla realizzazione della struttura diBiblipaganica. Il presidio si è distinto particolar-mente nel campo dell’informazione, sia racco-gliendo dati e diffondendo notizie, sia svolgendoun ruolo di apprezzato supporto agli inviati distampa, tv e documentaristi accorsi a raccontareil terremoto aquilano

PRESIDIO LIBERA L’AQUILAc / o Biblipaganica, campo sportivo via Onna

Paganica (L’Aquila)338.32 48 616 - [email protected]

336.400 692 - [email protected]

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ra non viene trovata una soluzione.Proprio il problema macerie è uno deipochi casi, se non l’unico, per la cuisoluzione la Protezione civile non ricorreai suoi ampi poteri di ordinanza e lasciatutto in eredità agli enti locali.Ma lo smaltimento è anche un affarecolossale, da decine di milioni di euro esuscita gli appetiti di speculatori, comitatid’affari e criminalità. Anche la storia delladitta che detiene la proprietà della exTeges, la T&P srl, contribuisce a far sorgerealtre domande. Nel giugno 2009 la t&Pvede l’ingresso di un nuovo socio conlegami con diverse altre società, tra cuil’aquilana Abruzzo inerti srl, partecipataa sua volta dalla romana Sicabeton spa,grossa azienda con interessi in Italia eall’estero. Personaggi e società del gruppoSicabeton sono stati indagati dai cara-binieri di Palermo e figurano in un rappor-to consegnato nel 1991 al giudiceFalcone. Inoltre, la Sicabeton spa risul-terebbe inserita nell’elenco delle impresea rischio della DNA, mentre altre sue soci-età collegate figurerebbero nei subappaltidel Progetto Case.

GLI StRUMENtI DI CONtRAStOCon il varo del decreto Abruzzo n. 39 del 28aprile 2009 (poi convertito nella legge n.77 del 24 giugno 2009), è già chiaro che isoldi per ricostruire la città e i centri storicinon ci sono e non si vogliono trovare. Lesoluzioni che si delineano per dare untetto agli sfollati stravolgeranno il territo-rio e distruggeranno l’economia locale ele comunità. Su L’Aquila si creano così ipresupposti per una speculazione ediliziasenza precedenti che segnerà per sempreil futuro ambientale, economico e socialedell’intero cratere. Con il decreto si avviaanche il più grande cantiere d’Europa e, inderoga alla legge nazionale sugli appalti,si innalza la percentuale delle opere sub-appaltabili dal 30% al 50%. Si prevedono,tra tante altre cose, anche alcuni strumen-ti di contrasto alla criminalità organizzata.All’art. 16 comma 4, il decreto «dispone, alfine di prevenire le infiltrazioni della crimi-nalità organizzata negli interventi perl’emergenza e la ricostruzione delle zone ter-remotate, permeanti controlli antimafiasui contratti pubblici e sui successivisubappalti e subcontratti aventi ad ogget-to lavori, servizi e forniture».Al comma successivo dispone che «talicontrolli siano da effettuarsi con l’osservan-za delle linee guida indicate dal “Comitatodi coordinamento per l’alta sorveglianzadelle grandi opere” – e che – per garantirel’efficacia dei controlli antimafia nei contrat-

ti pubblici e nei successivi subappalti e sub-contratti aventi a oggetto lavori, servizi eforniture e nelle erogazioni e concessioni diprovvidenze pubbliche, è prevista la trac-ciabilità dei relativi flussi finanziari». Inmerito a tale tracciabilità, per comeespressa in ultimo dalle «Linee guida anti-mafia di cui all’articolo 16, comma 4» ema-nate dal ministero dell’Interno l’8 luglio2009 (pubblicato nella G.U. della stessadata) si contempla pure l’obbligo, in capoalla Prefettura di L’Aquila, di realizzare,anche ai fini del raccordo delle informa-zioni con GICER e SDI, la «istituzione dellawhite list delle “imprese oneste” cui possonorivolgersi i soggetti aggiudicatari per il con-ferimento di subappalti e altri affidamentiper l’esecuzione delle opere e dei lavori con-nessi alla ricostruzione». E’ evidente chedetta white list rappresenterebbe unindubbio elemento di garanzia e di tra-sparenza anche per le ditte appaltatriciche sono costrette a subappaltare ad altreimprese fino al 50% dei lavori a causa deiristretti tempi di esecuzione delle operecosì come fissati nelle gare di appalto.Questo quanto si decretava ad aprile, evi-dentemente non tutto è filato. Proprio suquesti temi, a dicembre 2009 e quindi alavori del Progetto Case quasi ultimati,l’onorevole Laura Garavini, membrodella commissione antimafia, presentaalla Camera una interrogazione parla-mentare a risposta scritta (n. 4-05378). LaGaravini chiede al presidente del consiglio«quali siano i provvedimenti sinora messi inatto e quali si intendano prendere nel pros-simo futuro, per celermente costituire, pres-so il Prefetto di L’Aquila, l’anagrafe informa-tica di elenchi di fornitori e prestatori di ser-vizi, non soggetti a rischio di inquinamentomafioso, cui possono rivolgersi gli esecutoridei lavori oggetto del decreto Abruzzo, inossequio all’art. 15., co. 5, di detto decreto; setale compito non costituisca, nonostante ledifficoltà applicative, una priorità per ilGoverno, anche perché consentirebbe dicompletare il quadro già offerto dal sitodella Prefettura aquilana con il censimentodelle ditte affidatarie dei lavori – invero diassai minore entità e rilevanza – in capo aglienti locali e al Provveditorato delle Operepubbliche (cosiddetta “OperazioneFiducia”)». L’interrogazione, per cui erastato delegato a rispondere il 21 dicembre2009 il ministro dell’Interno, malgrado unsollecito del giugno 2010, è ancora senzarisposta. Per la cronaca, il decreto sullatracciabilità dei flussi finanziari e la whitelist sono entrati in vigore solo nel settem-bre 2010, quasi un anno dopo la fine pre-vista dei lavori del Progetto Case. In

tempo per l’Expo di Milano, ma non per ilterremoto dell’Aquila.Stessa sorte anche per una seconda inter-rogazione (la n. 4-05377) presentata sem-pre a dicembre 2009 dall’on. Garavini. Inessa si chiede conto della costituzionedella Sezione specializzata che dovreb-be operare a supporto del prefetto diL’Aquila, nonché della costituzione delGICER, ovvero il Gruppo interforze centraleper l’emergenza e ricostruzione. Il decretoAbruzzo di aprile, per questi due organi-smi, rimandava a un successivo decreto«da adottarsi entro 30 giorni dalla data dientrata in vigore del decreto». Tale decretoè stato emanato il 3 settembre 2009 maalmeno fino ad ottobre risulta giacentepresso la Corte dei Conti per la registrazio-ne e fino alla fine del 2009 non risultavaancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale,sebbene fonti di stampa e movimenti dipersonale ne attestassero la costituzione.La Garavini rende noto che «nei siti inter-net istituzionali del Ministero dell’internocome in quello della prefettura di L’Aquila, aoggi, non vi sia alcuno spazio dedicato aidue organismi, dei quali, in pratica, non sirinviene cenno – quindi chiede alPresidente del Consiglio – se detti organi-smi si siano effettivamente insediati e sianostati convenientemente provvisti di perso-nale, mezzi e strutture in grado di renderlioperativi ed efficienti per il contrasto aipaventati e allarmanti fenomeni di infiltra-zione che sono istituzionalmente chiamatia combattere». La Garavini, e l’opinionepubblica, ancora attendono la rispostaanche a questa seconda interrogazione.

PROGEttO C.A.S.E.: SOLDI E CEMENtOA gestire il cantiere più grande d’Europa èil Dipartimento di Protezione civile: è laprima volta nella storia delle catastrofi ita-liane che la Protezione civile si occupa diricostruzione, sostituendosi agli enti localie alle popolazioni colpite. Il Progetto Caseè già pronto e l’uomo giusto per gestirlo ègià al lavoro dai primi giorni post sisma:Gian Michele Calvi, docente d’ingegner-ia strutturale a Pavia, capo dell’Eucentre.Quello degli alti costi del Progetto Case èun capitolo ancora aperto, non si hannodati completi delle spese effettive e non viè accordo sui costi reali da conteggiare.Differenze sostanziali tra il costo edilizio equelli urbanistici, sociali e ambientali. Peril momento, il dibattito ruota tutto sui solicosti edilizi. Secondo la rivistaProgettazione Sismica (diretta dallo stessoCalvi), l’importo totale è di soli 655 milionidi euro. Per la stessa Protezione civile, datifebbraio 2010, il progetto è già costato

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778 milioni. In ogni caso, a giugno 2010, siapprende che la Procura nazionale anti-mafia e la DDA abruzzese stanno inda-gando per accertare se i «2.700 euro ametro quadrato pagati sono rispondentialla qualità delle realizzazioni».Ma anche sui soli costi edilizi, c’è chi con-testa proprio la scelta di porre gli isolatorisismici su pilastri di acciaio, invece dipoggiarli direttamente su cubi di calces-truzzo o di ricorrere alle tecniche anti-smiche più tradizionali. Scelte progettualidiverse che, a parità di sicurezza antismi-ca, farebbero scendere i costi fino a unterzo di quanto speso. Nel Progetto Casegli edifici prefabbricati sono poggiati al disopra di un sistema costituito, dal bassoverso l’alto, da una platea di fondazione,da pilastri in acciaio, dagli isolatori sismici,dalla piastra superiore su cui poggiano glialloggi prefabbricati. Tra le varie tecnichecostruttive, a L’Aquila, si è scelta così quel-la più costosa. Si arriva cioè al paradossoche i costi degli alloggi provvisori sonomolto superiori – secondo alcuni metodidi calcolo risultano quasi tre volte più alti– di quelli delle abitazioni definitive.Nell’estate aquilana, è quasi impossibiletenere sotto controllo quanto gira vorti-cosamente nel cratere, complice lospopolamento e la militarizzazione delterritorio e l’assenza quasi completa ditrasparenza del Dipartimento, restio senon reticente nel fornire informazioni allapubblica opinione, in particolare dati enomi delle ditte subappaltatrici al lavoronei blindatissimi cantieri del ProgettoCase.Per il G8 tutto si risolve con l’apposizionedel segreto di Stato sui lavori in corsonell’aeroporto di Preturo e nella Scuoladella finanza, scelta come sede del ver-tice. Ma i cantieri aperti legati alla primafase dell’emergenza sono moltissimi: 19del Progetto Case (per un totale di circa4.500 alloggi), 31 quelli dei Moduli abita-tivi provvisori (Map), 53 quelli dei Moduliuso scolastici provvisori (Musp): alla finearrivano anche quelli dei Moduli ecclesi-astici provvisori (Mep). Per il Dipartimento, nel Progetto Case, sisarebbero spesi 778 milioni, 232 per iMap, 80 per i Musp e 596mila euro per iMep, ma queste cifre risulteranno alla finesicuramente parziali e incomplete.Sarebbe superiore al miliardo e settecen-to milioni la cifra spesa solo per la ges-tione della prima fase dell’emergenza (peril Sole 24ore, a gennaio di quest’anno, ilbudget della Protezione civile è arrivato a3,5 miliardi di euro).Una montagna di denaro su cui in tanti

provano a mettere le mani: criminalitàorganizzata, cricche e comitati d’affarilocali e nazionali, speculatori. Ed è diffi-cilissimo tenere tutto sotto controllo: contutti i cantieri aperti, a fronte di un pugnodi imprese che si aggiudicheranno gliappalti, si registrerà la presenza di oltre unmigliaio di ditte al lavoro, che acquisi-scono in subappalto e senza gara la metàdei lavori. Grazie anche all’innalzamentodelle opere subappaltabili previsto con ildecreto Abruzzo e agli strumenti di con-trollo non attivati per tempo, come ildecreto sulla tracciabilità dei flussifinanziari o la white list.

IMPRESA DI MARCO: A VOLtE RItORNANOArriva a giugno 2009 il primo episodio chefa materializzare i timori sulla effettiva effi-cacia dei controlli nell’assegnazione degliappalti e dei subappalti. Nei pressi diBazzano, lungo la statale 17 che daL’Aquila porta a onna, si lavora giorno enotte per poter dimostrare ai grandi chedurante il G8 percorreranno questa stradache la ricostruzione è finalmente partita.Ma è proprio il cartello per i «lavori relativiagli scavi e ai movimenti di terra lotto 7S»ad attirare il 22 giugno l’attenzione delpresidio di Libera. Il movimento terra èstato aggiudicato a diverse imprese mar-sicane riunite in Ati. E alcune hanno unnome che non suona nuovo.La capogruppo è la PRS Produzione eservizi srl di Avezzano, mentre le impresemandanti sono la Idio Ridolfi e figli srl diAvezzano (che si è vista al lavoro ancheper l’adeguamento dell’aeroporto diPreturo per il G8); la Codisab srl di Carsoli;la Ingg. Emilio e Paolo Salsiccia srl diTagliacozzo e, infine, la Impresa Di Marcosrl di Carsoli. Ed è proprio quest’ultimasocietà a concentrare l’attenzione.All’inizio si pensa ad un caso di omonimia,ma un rapido controllo alla Camera di

commercio toglie gli ultimi dubbi: l’am-ministratore unico è Dante Di Marco e lasede è a Carsoli, via Tiburtina km. 70, lastessa della Marsica plastica srl. Di Marcofa subito tornare alla mente l’operazioneAlba d’oro, che gli stessi inquirentidefinirono come il «primo caso conclama-to di presenza mafiosa in Abruzzo» [VEDISCHEDA ALBA D’oRo A PAG. 14 ].La notizia della presenza dell’impresa DiMarco fu rilanciata con grande evidenzada Attilio Bolzoni su la Repubblica del29 giugno 2009, con l’articolo «L’Aquila, leamicizie pericolose all’ombra della primanew town». Alle porte del G8, mentre igrandi della terra stanno per arrivare nelcratere, l’incipit dell’articolo di Bolzonismonta tutte le rassicurazioni sull’efficien-za dei controlli nel più grande cantiered’Europa: «nel primo cantiere aperto perricostruire L’Aquila c’è un’impronta siciliana– e poi prosegue senza peli sulla lingua –.L’ha lasciata un socio di soci poco rispetta-bili, uno che era in affari con personaggi fini-ti in indagini di alta mafia. I primi lavori deldopo terremoto sono andati a un imprendi-tore abruzzese in collegamento conprestanome che riciclavano, qui aTagliacozzo, il “tesoro” di Vito Ciancimino.Comincia da questa traccia e con questaombra la “rinascita” dell’Abruzzo devastatodalla grande scossa del 6 aprile 2009 ».Ma le reazioni all’articolo di Repubblicasono ancora più sconcertanti: lo stessogiorno il prefetto Franco Gabrielli convo-ca presso la Dicomac una conferenzastampa. Lo scopo dichiarato è chiarire lenotizie sull’impresa Di Marco. Il prefettoprova anche a difendere la ditta, spingen-dosi a sostenere che «i controlli che ha dis-posto avranno sicuramente esito negati-vo» e che la cifra appaltata alla ditta è tal-mente irrisoria che non può interessare lamafia: «Su 426 milioni di euro appaltati –scandisce – i lavori eseguiti dalla impresaDi Marco ammontano a soli 128milaeuro». E così il prefetto, che aggiunge altriparticolari sulla gestione degli appalti,invece di dissolvere le prime timideombre finisce per far aumentare ledomande. Dichiara che a essere state con-trollate, finora, sono solo le imprese che sisono aggiudicate gli appalti, mentre sulleditte che si sono unite in associazioni tem-poranee di impresa (Ati), i controlli, devonoancora essere eseguiti. Il prefetto si è trova-to in difficoltà proprio sulla scarsatrasparenza nei lavori di ricostruzione.Stretto all’angolo, rende noto che i control-li sui contratti e sui subappalti stanno avve-nendo a lavori in esecuzione e che i con-tratti, relativi ad esempio alla Di Marco, non

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sono stati ancora firmati. E l’assenza inmolti cantieri, o la sparizione e sosti-tuzione – dopo gli articoli sulla vicenda –dei cartelli che per legge devono essereesposti con l’indicazione di tutte le ditteesecutrici, alimentano più di qualche dub-bio sulla trasparenza. Alla fine, si dovran-no aspettare 70 giorni, invece dei 40canonici, prima che alla impresa Di Marcola prefettura ritiri il certificato antimafia.Intanto, uomini e mezzi dell’impresa, il 3 diagosto, sono ancora al lavoro nel cantieredi Paganica 2.E il certificato antimafia è stato ritiratoalmeno a un’altra ditta componente l’Atidi cui faceva parte l’impresa Di Marco nelcantiere di Bazzano: si tratta dell’Impresacostruzioni ingg. Emilio e PaoloSalsiccia srl, di Tagliacozzo. Nel mirino isubappalti per la realizzazione dei lavori diurbanizzazione dei cantieri di Coppito 2,Coppito 3 e Roio di Poggio. E dubbi siaddensano anche sulla PRS Produzione eservizi srl di Avezzano.Gli intrecci sul caso Alba d’oro, ricostruiti epubblicati nel 2007 da site.it, evocano altrinomi che rivedremo coinvolti negli affaridel Progetto Case e della ricostruzione eche suggeriscono le relazioni sottili chelegano, in Abruzzo, politica e affari. DanteDi Marco figura anche in un’altra società,la Rivalutazione trara srl: i soci sonoDante Di Marco, Esseci srl, ErmannoPiccone, Venceslao Di Persio eDomenico Contestabile.Anche qui vanno fatte alcune pre-cisazioni: la Esseci è interamente sotto ilcontrollo dell’onorevole Pdl SabatinoAracu, membro del Comitato giochi delMediterraneo, finito sotto inchiesta, tra lealtre cose, anche per la sanitopoliabruzzese. Ermanno Piccone è il padredel senatore Filippo, parlamentare, sinda-co di Celano, coordinatore regionale delPdl che avrà un ruolo fondamentale nellaelezione a presidente della Provincia, nelmarzo 2010, del compaesano AntonioDel Corvo. Destinatario a sua volta disostanziosi subappalti nel Progetto Case,attraverso la Korus, il nome di Piccone èrecentemente spuntato anche nelle inter-cettazioni dell’inchiesta Re Mida per loscandalo rifiuti, sospettato di brigare conaltri politici per la realizzazione di un ter-movalorizzatore proprio nell’area dellaRivalutazione Trara srl, di cui il padre èsocio. Venceslao Di Persio, anche lui nelComitato giochi del Mediterraneo, com-pare anche nella Iniziative commercialidel Mediterraneo srl, che a Celano dove-va realizzare un grande centro commer-ciale, promosso da società palermitane e

oggetto d’indagini. Infine DomenicoContestabile, figura come amministra-tore unico e socio di maggioranza nellaPRS Produzioni e servizi srl, cioè l’impresacapogruppo che si è aggiudicata, in Atianche con l’impresa Di Marco, l’appaltoper il movimento terra nel cantiere diBazzano e almeno quelli di Sant’Elia 2 ePaganica sud.Con il clamore suscitato dal caso Di Marco,i senatori Mascitelli, Lannuti e Carlino, il7 luglio 2009 presentano un’inter-rogazione (n. 4-01720) in cui citano gliintrecci societari pubblicati nel 2007 dasite.it e chiedono al Presidente del con-siglio e al Ministro delle infrastrutture disapere: «quali siano i nomi delle società chehanno concorso per l’aggiudicazione degliappalti e subappalti per la ricostruzione neiterritori colpiti dal terremoto in Abruzzo e sesiano stati effettuati i dovuti controlli sullacompatibilità delle stesse. […] Se non riten-ga urgente, alla luce di quanto emerso,intervenire nelle opportune sedi al fine divalutare la compatibilità della societàImpresa Di Marco, con i lavori per la realiz-zazione della new town che sorgerà sotto lacollina di Bazzano, opera prima dellaricostruzione del dopo terremoto».

LE MANI SUGLI APPALtITra le ditte aggiudicatarie del ProgettoCase figurano, spesso in Ati con altre ditte,diverse aziende abruzzesi appartenentialla galassia di società che ruotanointorno al Gruppo Edimo: il totale degliappalti supererà i 50 milioni di euro. Nataa Poggio Picenze, uno dei comuni terre-motati, come ditta edile a conduzionefamiliare, alcuni anni fa la Edimo ha regis-trato un’improvvisa quanto repentinacrescita, giungendo anche ad aggiudicar-si sostanziosi appalti per l’aeroporto diMalpensa e aprire sedi e almeno 9 societàin Italia e all’estero, dalla Romania allaLibia. Una delle società del gruppo Edimo,la taddei spa, insieme alla Maltaurocostruzioni (la società di cui si è parlatoper la villa di Berlusconi nell’isola diAntigua) ha costituito la Edimal, aggiudi-cataria a sua volta di appalti nel ProgettoCase: a una sua ditta subappaltrice, la Icgdi Gela, nell’estate 2009 è stato ritirato ilcertificato antimafia.Dopo il caso Di Marco, si parla di oltre 300tra imprese siciliane, calabresi, pugliesi,napoletane e abruzzesi da accertare, com-prese diverse con sede al nord ma intes-tate a figli o a nipoti di mafiosi o camorristidi seconda e terza generazione. Sonomolte, infatti, le dichiarazioni allarmantilanciate dai magistrati della DNA, del pool

antimafia che segue il terremoto e dellastessa Procura, che si aggiungono leprime inchieste giornalistiche e alle inter-rogazioni parlamentari, come quelle diPisanu e Toto (Pdl). A luglio, l’on.Giuseppe Lumia, chiede al Ministro del-l’interno se «risulta che un’impresa di Gela,priva dei requisiti antimafia rilasciati dallaPrefettura di Caltanissetta, stia invecelavorando in Abruzzo».Indicativo della scarsa trasparenza èquanto accaduto ad ottobre 2009, inseguito alla visita della Commissioneparlamentare antimafia a L’Aquila.Pisanu tiene una conferenza stampa, incui gli viene chiesto se era possibile averegli elenchi delle ditte al lavoro per consen-tire alla stampa di fare controlli diretta-mente. Pisanu risponde: «Faccio partedella Commissione parlamentare antima-fia, non è nelle mie funzioni disporre di que-gli elenchi». Alcuni giorni dopo ilDipartimento fa finalmente pubblicare daun quotidiano regionale, per la primavolta, una prima parte degli elenchi delleditte subappaltrici.Sui rischi di infiltrazioni criminali anche ledichiarazioni dei magistrati e della DNA,che seguono con attenzione quanto simuove nel cratere, sono preoccupate. Adare la misura è Olga Capasso, pm dellaDirezione Nazionale Antimafia, che aimicrofoni del tg3 regionale il 25 gennaio2010 dichiara: «non ci sono solo i casalesima anche la mafia e ‘ndrangheta. Mi sem-bra che tra i problemi legati alla lotta allacriminalità organizzata quello dell’Aquilasia uno dei nodi più grossi a livellonazionale». Per la Capasso occorrono piùforze dell’ordine e più sostituti: «il quadroè già allarmante con l’emergenza, figuri-amoci con la ricostruzione durante laquale oltretutto gli appalti sono dati aicomuni e dal momento che in Abruzzo lacorruzione è endemica, c’è anche questopericolo. C’é il rischio che vengano asse-gnati appalti senza la certificazione anti-mafia». Per la pm «sono tantissime leaziende in odore di criminalità organizza-ta che hanno operato in questa fase». Ilprefetto Gabrielli prima condivide l’aller-ta, ma poi aggiunge: «sulla base dei dati inpossesso di questa Prefettura, non si puòparlare di un allarme generalizzato né diun nuovo sacco della città compiuto dallacriminalità organizzata. Proprio il numerocircoscritto dei casi finora emersi dimostracome alcuni sbarramenti posti dal legisla-tore abbiano sortito un primo effettodeterrente». Allarmi del pool antimafia, daun lato. Il rappresentante del governo, expoliziotto, ex capo del Sisde, che getta

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acqua sul fuoco, dall’altro. In mezzo la ges-tione di miliardi di euro.Nell’aprile 2010, la Direzione DistrettualeAntimafia fa sapere che sta passando alsetaccio gli appalti, i subappalti e gli affi-damenti relativi al Progetto Case. Il peri-colo maggiore deriverebbe da tentativi di‘ndrangheta, mafia e camorra. «Di infil-trazioni ce ne sono ovunque – spieganodalla Procura – ma sono ben nascoste inquanto sono società incastrate, vere e propriescatole cinesi che coprono con una infinità dipassaggi quella sporca. Ci stiamo lavorandoinsieme alle altre istituzioni, e la nostra atten-zione è indirizzata principalmente al proget-to CASE, visto che il resto della ricostruzionenon è partita». In ogni caso, a giugno 2010,si apprende che la Procura nazionale anti-mafia, con la distrettuale abruzzese, staestendendo le indagini anche alla congrui-tà dei costi di 18 dei 19 insediamenti delProgetto Case: si intende accertare, dopoun esposto di alcuni imprenditori esclusi,se i 2.700 euro a metro quadrato pagatisono rispondenti alla qualità delle realizza-zioni. In particolare, si sta verificando laregolarità dei controlli.

ISOLAtORI SISMICI SOttO INCHIEStASui 7.300 isolatori sismici, costati oltre 13milioni di euro, è in corso un’inchiestadella magistratura, in quanto «privi dei cer-tificati di omologazione e attestati di quali-ficazione». Il reato ipotizzato è «frode nellepubbliche forniture», ma non è escluso chealtre sorprese potrebbero emergere dal-l’inchiesta, ormai in dirittura di arrivo. Lasquadra mobile aquilana ha acquisitodocumentazione negli uffici dellaProtezione civile e il video A prova disisma trasmesso nell’ottobre scorso darainews24. Sentiti anche diversi esperti,eseguito sopralluoghi e cercato riscontrialle ipotesi di reato presentate in unadenuncia fatta da un imprenditore esclu-so dall’appalto.A gennaio di quest’anno, il caso approdain parlamento, quando il senatoreGiuseppe Astore, con un’interrogazione(la n. 4-02594), chiede se alla gara d’appal-to siano state invitate anche ditte statuni-tensi dotate di tali certificazioni e «se nonsi rilevi l’esistenza di un eventuale conflittodi interessi qualora il professor Calvi ricopraeffettivamente il duplice incarico di direttoredei lavori del progetto CASE e direttoredell’Eucentre di Pavia». Astore sottolineaanche che «se gli isolatori dovessero risulta-re inefficaci, le costruzioni isolate simica-mente sarebbero meno sicure di quelle rea-lizzate con fondazioni convenzionali».L’inchiesta, in particolare, riguarderebbe

l’assenza di certificazioni o certificazionicarenti, dunque. Ma si sospettano anchepagamenti di fatture per un numerosuperiore di isolatori rispetto a quelli real-mente installati. Un altro aspetto pocochiaro è quello relativo ai test cui dovreb-bero essere sottoposti, per legge, il 20%degli isolatori prima dell’istallazione: sem-bra che tutti i laboratori esistenti in Italianon sarebbero stati sufficienti per testareun così alto numero di dispositivi in cosìpoco tempo. A far aumentare i dubbi sul-l’effettiva effettuazione di questi test cipensa il Ministro per i rapporti con il parla-mento, Elio Vito. Rispondendo a un’altrainterrogazione sugli stessi temi trattati dalsenatore Astore, presentata alla Cameradall’on. Gianluca Benamati (n. 4-03891),Vito afferma: «[…] Inoltre un quarto delleprove di accettazione, che riguardano com-plessivamente il 20 per cento, rispetto al 5per cento richiesto dalle Pren 15129, deidispositivi messi in opera, sono eseguite incondizioni dinamiche, anziché statiche, rap-presentando le condizioni minimali, secon-do le norme tecniche nazionali. Il laborato-rio presso il quale vengono eseguite le provedi qualificazione e di accettazione dinami-che è quello dell’università di Pavia-Eucentre, dotato delle attrezzature necessa-rie alla corretta esecuzione delle prove».L’affermazione del ministro Vito poneperò altri due problemi, non di pococonto: ammette che per le prove di accet-tazione è stato utilizzato un solo laborato-rio; rende noto che l’unico laboratorio uti-lizzato per i test è quello che fa capo aGian Michele Calvi, il progettista delProgetto Case.Altre fonti sostengono che, sempre per iltempo limitato, non sarebbe stato nemme-no possibile realizzare tutti gli isolatorisismici utilizzati. Una voce alimentataanche dalla scelta improvvisa, a febbraio, dicoprire alla vista tutti i dispositivi, con una

spesa aggiuntiva di svariati milioni di euro.Motivazione: la polvere potrebbe bloccarlie neutralizzare l’effetto antisismico.Le preoccupazioni crescono anche tra gliospiti degli alloggi antisismici, così il 30novembre 2010 la Protezione civile, com-mentando alcune notizie «sulle indaginirelative a presunte irregolarità nell’appaltodegli isolatori del progetto Case, che posso-no indurre dubbi sulla sicurezza sismica delsistema di isolamento degli edifici» con uncomunicato rassicura e ribadisce: « le abi-tazioni del progetto Case sono sicure».

L’ORDINANZA CANCELLA REAtIQuello messo in piedi in Abruzzo apparecome un sistema opaco che permettenon solo di aggirare le regole e i controlli,ma anche cancellare le prove raccolteeliminando retroattivamente i reati.Quella che segue è la cronaca di un abusodel potere di ordinanza che lascia allibitiper le modalità in cui è avvenuto e per lereazioni che ha – o meglio: che non ha –provocato. Il 12 novembre 2009 ilDipartimento emana l’ennesima ordinan-za sull’emergenza terremoto in Abruzzo,la n. 3820. Tra le pieghe del provvedimen-to infila il primo comma dell’art. 2 con cuidi fatto si elimina retroattivamente il reatodi subappalto non autorizzato.Ma per capire bene cosa significa bisognafare un passo indietro, fino alle prime set-timane del post sisma. Il decreto Abruzzoaveva fissato una serie di deroghe allalegge nazionale degli appalti, tra cui l’au-mento dal 30 al 50% delle opere subap-paltabili. Su questa base il Dipartimentoindice la gara per realizzare 4.450 alloggidel Progetto Case, appalti che vengonoassegnati a un numero ristretto di ditte.Queste, a loro volta, subappaltano a oltremille altre imprese fino alla metà deilavori, con affidamento diretto. Ma nono-stante le numerose deroghe, al potenteufficio consulenze legali del Dipartimentohanno dimenticato qualcosa: resta invigo-re l’obbligo per le ditte aggiudi-catarie di comunicare alla stazione appal-tante – cioè la Protezione civile – nomi edocumentazione delle ditte a cui inten-dono subappaltare. A sua volta laProtezione civile ha 30 giorni di tempo perfare i controlli, comunicare l’accettazionee autorizzare la ditta ad iniziare i lavori.Quest’ultimo passaggio non è sempreavvenuto. Può sembrare solo una vio-lazione formale ma non lo è. È utile ricor-dare che il Dipartimento ha elaborato ilProgetto Case e disposto il bando di garaa cui hanno potuto rispondere solo pocheditte, non solo per le particolarità tecniche

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delle opere da realizzare ma anche per itempi strettissimi di realizzazione. Unavolta assegnati gli appalti, però, le ditteaggiudicatarie hanno fatto un ricorsomassiccio alla pratica del subappalto percentinaia di milioni di euro. Si apre cosìuna falla enorme e controllare tutti diven-ta pressoché impossibile. La Protezionecivile, malgrado i continui appelli allatrasparenza e le reiterate richieste di datisulle ditte al lavoro, non fornisce docu-mentazione sufficiente.A luglio succede l’imprevisto: le forze dipolizia arrestano un latitante all’interno diuno stabilimento di una grande aziendalocale aggiudicataria di un cospicuoappalto. Si accerta che il latitante lavoraper un’altra impresa collegata alla prima,al lavoro nei cantieri ma non destinatariaperò di subappalti autorizzati. Sorge ildubbio che il fenomeno sia molto piùesteso, così da settembre le forze dell’or-dine dispongono accessi in due dei 19cantieri del Progetto Case, quelli diPreturo e di Bazzano. Decine di cara-binieri, poliziotti, finanzieri e forestaliidentificano oltre 1.500 persone, control-lano centinaia di mezzi e poi tirano le reti:ben 132 ditte risultano non in regola esi dispongono accertamenti per il reato disubappalto non autorizzato. Sei im-prese vengono deferite direttamenteall’Autorità giudiziaria e segnalate alDipartimento di Protezione civile che,quale stazione appaltante, ha l’obbligo dicontrollare la catena di subappalti. IlDipartimento, però, revoca il subappaltosolo a una di esse. Gli investigatori dellaDIA scoprono che 13 dei 26 dipendentidell’azienda e due dei tre amministratoriavevano precedenti penali, tra cui un col-laboratore di giustizia e un ex compo-nente della stidda. E’ la Icg di Gela, ogget-to a luglio dell’interrogazione di Lumia,subappaltatrice della Edimal, comparte-cipata da una società del gruppo Edimo e

dalla Maltauro.La previsione di accessi di questo tipoanche negli altri 17 cantieri del ProgettoCase, nei 31 dei Map (Moduli abitativiprovvisori/ permanenti) e nei 53 dei Musp(edilizia scolastica), rischia di far crollaretutto il castello di appalti e subappalti.Così a metà novembre il Dipartimentocorre ai ripari e inserisce nell’ordinanza3820 un semplice comma che recita: «Leautorizzazioni rilasciate dal Dipartimentodella Protezione civile per il subappalto deilavori relativi alle strutture abitative e sco-lastiche realizzate o in corso di realizzazione[…], hanno efficacia dalla data di presen-tazione delle relative domande […]».Così con una ordinanza la Protezionecivile cancella uno dei capisaldi della nor-mativa che regola la concessione di sub-appalti, dove spesso si annidano impresedalla dubbia origine. E agli inquirenti sisottraggono sotto il naso le prove già rac-colte. Quello che sorprende è che nem-meno il prefetto Franco Gabrielli – che hail compito istituzionale di vigilare sugliappalti nonché quello del coordinamentodelle forze dell’ordine – interviene a difesadel prezioso lavoro svolto dai suoi uomini.Anzi fa di più. Il 4 dicembre emette un

comunicato stampa in cui attacca dura-mente il giornalista autore di un articoloche riporta proprio questa notizia e in cuisi evidenziano i ritardi nell’attivazionedegli strumenti di contrasto della crimi-nalità organizzata, già previsti nel decretoAbruzzo. Nel comunicato prefettizio – daltono decisamente intimidatorio – siaccusa il giornalista di diffondere notiziefalse e «quindi destabilizzanti per l’infor-mazione corretta dell’opinione pubblica».Forse non è un caso che ad oggi le im-prese escluse da appalti e subappaltisiano poche, complice l’opacità della ges-tione e i continui ostacoli posti alla diffu-sione di dati, atti e informazioni. Fino adarrivare alla mancata indicazione delleditte subappaltatrici sui cartelli posti all’in-gresso dei cantieri, indicazioni obbligato-rie per legge in tutto il territorio nazionale.Lo scandalo dell’ordinanza dellaProtezione civile che cancella il reato disubappalto non autorizzato finisce inParlamento. A presentare un’interpellanzaurgente è sempre l’onorevole LauraGaravini. Nell’interpellanza si chiede alMinistro dell’interno: «se l’art. 2 comma 1della Ordinanza del 12 novembre 2009 n.3820 non costituisca un abuso del potere diordinanza da parte del Dipartimento diProtezione civile tendente a eliminareretroattivamente il reato di subappalto nonautorizzato, impedire gli accertamenti e leverifiche su almeno 132 subappalti sospettie a rendere inutilizzabili le prove già raccolteda parte delle forze dell’ordine». La rispostadel governo arriva il 28 gennaio, tramite ilsottosegretario (all’Istruzione!) GiuseppePizza: la linea di fondo è negare il proble-ma, l’alibi è sempre la fretta di dare untetto agli sfollati. Ma si rende anche notoche al 16 dicembre risultavano coinvoltenegli appalti della Protezione civile 189imprese appaltatrici e 1.513 ditte subap-paltatrici. Pizza aggiunge anche partico-lari inquietanti che danno la misura dei

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rischi: «Secondo quando riferito dallaDirezione nazionale antimafia, la vicendacollegata ai subappalti non autorizzati, rile-vati durante gli accessi sui cantieri predis-posti dal prefetto, ha dato origine a 13 pro-cedimenti penali, attualmente pendentinella fase delle indagini preliminari. Si seg-nala altresì – conclude Pizza – come pre-cisato dal Procuratore distrettuale anti-mafia dell’Aquila, che alcune delle ditte sub-appaltanti hanno presentato richiesta diautorizzazione il giorno stesso del suddettoaccesso». Amen.Un problema enorme, a cui si è tentato diporre rimedio con lo scudo giudiziario per iCommissari delle emergenze che, insiemealla Protezione civile spa, è stato stralciatosolo con l’esplodere delle inchieste diFirenze. Nell’ultimo comma dell’art. 3 dellabozza del decreto legge per le emergenzeCampania e Abruzzo, del 30 dicembre, sileggeva: «Dalla data di entrata in vigore delpresente decreto e fino al gennaio 2011 nonpossono essere intraprese azioni giudiziarieed arbitrali nei confronti delle strutture com-missariali e delle unità stralcio e quelle pen-denti sono sospese». Un tentativo di assicu-rarsi l’impunità bloccato in extremis, mache dà la misura della posta in gioco tra lemacerie dell’Aquila.

IL BILANCIO DELLA PREFEttURAI dati che seguono sono tratti da una sin-tesi fornita dall’attuale prefetto di L’AquilaGiovanna Maria Iurato ai membri dellacommissione parlamentare di control-lo dei bilanci del Parlamento europeo. Il27 ottobre scorso la commissione haeffettuato una visita – di cui ancora non siconosce l’esito – per verificare come sianostati spesi circa 500 milioni di eurostanziati dalla Ue per l’emergenza inAbruzzo. Secondo la Iurato, la secondaedizione delle linee guida ha stabilito l’is-tituzione presso le prefetture del crateredelle white list, cioè degli elenchi delle

imprese che operano nei settori piùesposti ai rischi di penetrazione mafiose.L’iscrizione è facoltativa e si rinnova ognisei mesi. A queste liste si può attingere peril conferimento sicuro di subappalti o dinoleggi. Tra la fine di agosto e la metà disettembre sono pervenute 24 richieste. Il14 ottobre 2010, dopo l’istruttoria di con-trollo, è stata iscritta la prima impresa.Nella sintesi prefettizia si legge anche chea metà agosto di quest’anno, le impreseoperanti per la ricostruzione censite ai finiantimafia sono state 2.031. Quelle conposizione definita ai fini della certifi-cazione antimafia sono 1.271.Destinatarie di interdittive antimafia 14ditte, quelle destinatarie di informazioniatipiche 33. A partire dal settembre 2009,nei cantieri sono stati effettuati 22 accessi,nei cantieri del Progetto Case 15. A segui-to di tali accessi, i deferimenti operati peril reato di subappalto non autorizzatosono stati 50.Su quanto relazionato dalla Iurato sononecessarie alcune puntualizzazioni. Lawhite list era prevista già nel decretoAbruzzo dell’aprile 2009. E’ diventata ope-rativa, però, solo a cantieri del ProgettoCase chiusi ormai da mesi, infatti solo a

ottobre 2010 è stata iscritta la prima ditta.Sui 16 ritiri dei certificati antimafia operatida varie prefetture, almeno 4 riguardereb-bero ditte della provincia dell’Aquila e,come altre, trattandosi di un provvedi-mento amministrativo, potrebbero pre-sentare ricorso al Tar. Manca inoltre ancheil numero delle ditte che sono prive delcertificato antimafia. Ma il dato che saltasubito agli occhi è quello dei deferimentiper il reato di subappalto non autorizzato.A fronte delle 132 ditte accertate, a set-tembre 2009, in solo 2 cantieri delProgetto Case, il prefetto rende noto che aottobre 2010 sono state deferite solo 50ditte a seguito di accessi in ben 22cantieri: un risultato che la dice lungasugli effetti della ordinanza cancella reatidel novembre 2009. Questa ordinanza hamesso al riparo da contestazioni anche lastazione appaltante, cioè la Protezionecivile, che aveva consentito a centinaia diditte subappaltatrici di lavorare neicantieri senza autorizzazione. Ma ha salva-to anche tantissime ditte non in regolacon la legge su appalti e subappalti,nonostante le ampie deroghe già autoriz-zate con precedenti ordinanze. Un esem-pio per tutte. Tra le ditte miracolate dall’or-dinanza cancella reati, anche la Korus delsenatore Filippo Piccone, che in Ati conaltre due aziende si è assicurato fornituree messa in opera di infissi per quasi 2 mil-ioni di euro. Nei pochi documenti pubbli-cati sul sito della Protezione civile, risultache solo su uno dei tre appalti è indicata ladata di firma del contratto: è il giornoprecedente allo scarico di centinaia di suoiinfissi nel cantiere di Bazzano.

DIREZIONE INVEStIGAtIVA ANtIMAFIA«Il sistema di cautele sulla prevenzioneapprontato per prevenire e contrastarerischi di possibili infiltrazioni criminali – silegge nel rapporto relativo al primo seme-stre 2010 – ha dato buona prova e sono

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stati eseguiti, con uno straordinario sforzooperativo, numerosi riscontri antimafiaper consentire la più celere contrattualiz-zazione ai fini della ricostruzione».Questo il bilancio. Decine i controlli neicantieri per scongiurare il rischio di infil-trazioni sugli appalti: 341 i profili perso-nali identificati e analizzati, 73 le impre-se sotto la lente di ingrandimento per untotale di 55 mezzi controllati, 6 informa-tive interdittive e 5 informative supple-mentari atipiche emesse nei primi 5mesi. Mappate le cave limitrofe al cratere,monitorate le attività di stoccaggio, tra-sporto e smaltimento macerie e i trasferi-menti di proprietà di immobili e beniaziendali. Ad Avezzano, a maggio, la PS diMaddaloni (Caserta) ha arrestato NicolaLoffredo, ritenuto elemento di spicco delclan Farina-Amoroso confederato con ilgruppo Schiavone. Un elemento di spes-sore nel giro delle estorsioni ai danni dicommercianti e imprenditori.

IL SACCO DELL’AQUILACi sono gli affari dei puntellamenti, delledemolizioni, delle macerie da smaltire,quelli del ciclo delle cave e del cemento,delle case da riparare e degli edifici daricostruire.Le recenti inchieste, che hanno fatto tantoclamore nel cratere, inerenti le infiltrazionidei casalesi e della ‘ndrangheta, sono ilrisultato dell’azione delle procure diNapoli e Reggio Calabria, che si sonoimbattute nei filoni aquilani grazie alleintercettazioni.Le due inchieste mettono a nudo legamipericolosi tra organizzazioni criminali eimprenditori aquilani. Si tratta, in entram-bi i casi, di legami precedenti al terremoto,e testimoniano la capacità di penetrazio-ne in un territorio che ha già dimostrato dinon avere anticorpi sufficienti a fronteg-giare fenomeni di tale natura.L’inchiesta di Reggio Calabria, sulla cosca

Borghetto-Caridi-Zindato, ha scoper-chiato la pentola sui contatti con gliimprenditori aquilani, costringendo laProcura dell’Aquila a bruciare i tempi diuna sua inchiesta sulla stessa ditta.L’indagine aquilana verteva sul tentativodella ‘ndrangheta di mettere le mani sugliappalti per i condomini privati, dove è piùsemplice eludere i controlli, con una stra-tegia di penetrazione con gli amministra-tori di condomini.Ma è l’incertezza della ricostruzione chenon parte a spingere molti abitanti adabbandonare il cratere e i proprietari,soprattutto anziani, a vendere i ruderi e tro-vare nuove sistemazioni. Così costruttori eimmobiliaristi rilevano al 10-15% del valoredi superficie negozi, palazzine gravementedanneggiate o volumi da demolire.È l’ombra di una speculazione colossale,che si somma a quella più tradizionale,che investirà le aree agricole lungo ledirettrici che collegano i 19 nuovi insedia-menti e i terreni intorno agli insediamentistessi.Affari enormi che suscitano già appetitidelle cricche nazionali, di comitati d’affarie consorterie locali, della criminalità orga-nizzata, con tutto il contorno di corruzio-ne, clientele, illegalità diffuse e relazioni

pericolose tra poteri forti, politici, funzio-nari e imprenditori.E i casi non mancano. A partire dal vermi-naio scoperchiato dall’inchiesta di Firenze,con le risate degli sciacalli che ridono pre-gustando gli affari del terremoto. E poialcuni nomi della lista Anemone, a variotitolo coinvolti con il sisma aquilano. Eancora i vari Piscicelli, Balducci, Fusi, letelefonate di Denis Verdini al presidenteChiodi in favore del Consorzio Federico II.Lo stesso prefetto dell’Aquila, GiovannaIurato, malgrado il delicato ruolo istituzio-nale che ricopre in una provincia terremo-tata, ha qualche problema.Proprio il primo dicembre di quest’anno,insieme al marito Giovanni Grazioli, èstata convocata in procura a Napoli.Indagata lei e persona informata dei fattilui, nell’ambito dell’inchiesta sui presuntiappalti illegali per la cittadella della sicu-rezza partenopea.La Iurato è accusata di concorso in turba-tiva d’asta, per fatti che risalgono a quan-do era alto dirigente del ministerodell’Interno: avrebbe fatto in modo che adaggiudicarsi uno degli appalti fosse lasocietà Elsag-Datamat del gruppoFinmeccanica di cui il marito è manager.L’inchiesta condotta dalla Procura diNapoli è stata avviata nei mesi scorsi perl’ipotesi di reato di associazione per delin-quere e turbativa d’asta.

GLI StRUMENtI PER RICOStRUIREPolemiche per la nomina a vicecommis-sario per la ricostruzione di AntonioCicchetti, contestato perché già desti-natario di una condanna definitiva dellaCorte dei Conti.Ma anche la Struttura tecnica di mis-sione diretta da Gaetano Fontana non èesente da critiche. Istituita nel dicembre2009 con l’ordinanza n. 3833, per suppor-tare il Commissario Chiodi «nella defini-zione delle strategie di ricostruzione e rilan-

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cio delle aree colpite dal sisma – la strutturaha anche il compito di – garantire traspa-renza e conformità delle attività da svolge-re, in collaborazione con le Istituzioni ed iprivati coinvolti nel processo della ricostru-zione“.Braccio destro di Fontana è l’architettoEnrico Nigris. Da giugno, su Nigris, pendeuna interrogazione a risposta scritta (lan.4-07503) presentata dagli onorevoliFrancesco Barbato, Domenico DiVirgilio, Pierfelice Zazzera e AnielloFormisano. Gli onorevoli, nel documento,fanno presente che Nigris è stato già pres-idente della società Ecosfera spa, nonchéazionista della sua controllante EcosferaGruppo spa. Poi, richiamandosi ad artico-li di stampa, affermano che la «Ecosferaspa ed alcuni suoi azionisti sono stati e con-tinuano ad essere attualmente oggetto didiverse indagini condotte dalla magistratu-ra sia in relazione a presunti legami conorganizzazioni di stampo mafioso, sia inrelazione ad un loro presunto coinvolgi-mento nell’ambito dell’inchiesta che è stataavviata nei confronti dell’ex presidente delConsiglio superiore dei lavori pubblici,Angelo Balducci, e dell’imprenditore DiegoAnemone». Infine, i quattro parlamentarichiedono al presidente del Consiglio e alMinistro delle infrastrutture «quali siano imotivi per i quali una struttura così impor-tante per la ricostruzione della regioneAbruzzo, si avvalga dell’attività di consulen-za da parte di soggetti al vertice di societànei confronti delle quali la magistratura haavviato indagini giudiziarie di particolarerilievo sul piano nazionale»..

IL PAtRIMONIO ARtIStICOC’è poi l’affare di cui non si parla ancoraabbastanza, quello del restauro e del recu-pero delle opere d’arte, degli edifici artisti-ci e di pregio fino ad arrivare all’immensopatrimonio della Chiesa. E il clero seco-lare ha imparato in fretta i metodi della

Protezione civile: da un lato chiedefinanziamenti pubblici per riparare lechiese, dall’altro deroghe alla legge sugliappalti, perché a gestire i soldi ci pensanoloro.

I FONDI DI INVEStIMENtOIl caso esplode a novembre 2010, grazie aun dossier di Marianna De Lellis, delcomitato cittadino 3e32. Poi viene rilanci-ato dal settimanale Left, da una inter-rogazione parlamentare e dal giornaleonline Primadanoi.it.Nel dossier si sostiene che i fondi perricostruire L’Aquila, o almeno una parte diessa, saranno fondi privati. Istituti e fon-dazioni bancarie, enti previdenziali, fondidi investimento gestiti dalla Fimit sgr eFintecna. Ad amministrare il pacchettoEuropa Risorse sgr, società privata digestione del risparmio. Al timone l’ing.Antonio Napoleone e tra i soci conta laCarispaq col 4,5% (dal 14 settembre2009) e la Europa Risorse srl, controllatametà dalla Doughty Hanson & Co. emetà dalla Bpd property developmentssrl. Questa, a sua volta, è costituita da unaserie di piccole s.r.l. del triveneto chefanno affari anche in Lussemburgo.Il primo dei progetti di Europa Risorse è

andato in porto con l’avvallo dellaProtezione civile: è il Fondo immobiliareAq: peccato che anziché 500 apparta-menti per alloggiare duemila personeabbia potuto acquistarne solo 380 percirca ottocento sfollati. Gli altri tre proget-ti riguardano altrettanti interventi specu-lativi. Si parte con interventi edilizi in areeadiacenti il Progetto Case per integrarle neltessuto urbano, poi c’è un polo universi-tario sull’area della Reiss Romoli.Interventi anche nel centro storico, conl’acquisizione di immobili da proprietaricon l’acqua alla gola. Infine – o forse è laprima operazione – il recupero del comp-lesso ospedaliero di Collemaggio, daacquistare dalla Regione e da trasformarein pregiata e privatizzata succursale delcentro storico, in attesa che questi torni aessere vivibile. Tutto sarebbe pronto: isoldi li trova Europa Risorse, i progetti li faEuropa Risorse. La paura degli aquilani èche la città sarà ricostruita, ma per vender-la ad altri abitanti.«La ricostruzione in Abruzzo è ancora fermae sulle zone colpite dal sisma dello scorso seiaprile si muovono i poteri forti della finanzaspeculativa. Dietro questi investimenti –tuonano i parlamentari Leoluca Orlandoe Augusto Di Stanislao in una nota con-giunta con cui annunciano una interroga-zione – si cela un finanziere come MassimoCaputi, molto noto alle cronache giudizia-rie, essendo sotto inchiesta per riciclaggio,aggiotaggio e ostacolo all’attività di con-trollo di Consob e Bankitalia».

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Quella dell’Abruzzo criminale e del malaf-fare è la storia di una negazione. È Lastoria di un’isola felice che isola felice

non è, da tempo. Cosa nostra,‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita,banda della Magliana, ma anche le orga-nizzazioni straniere si muovono tra imonti della Marsica e sulla costa da diver-si anni. Fanno affari, si infiltrano nell’e-conomia, reinvestono in attività pulite,mettono le mani sugli appalti, costruis-cono basi operative per latitanti e per itraffici di droga. Capitali da riciclare,investiti in aziende e immobili.Quella dell’Abruzzo criminale è una storiadi sottovalutazioni. Di continue e insisten-ti dichiarazioni di estraneità, anche difronte all’evidenza dei fatti. Le mafie inAbruzzo non ci sono, e se ci sono vengonodall’esterno. Criminali meridionali oppurestranieri. Criminali di passaggio. Unavisione che impregna ancora ledichiarazioni di politici, amministratori e avolte anche di operatori della giustizia. El’omertà, a detta di chi opera sul campo, èdiventata regola anche tra gli abruzzesi.Una visione che è un esempio classico dirimozione: la commissione parlamentareantimafia visitò nel ’93 l’isola felice – all’in-domani della bufera giudiziaria del ’92(nove arrestati su undici componenti dellagiunta regionale) e di una serie impressio-nante di inchieste su politica-mafia-mas-soneria – lasciando ai posteri un dossier alvetriolo. È la Relazione Smuraglia, sintesidel viaggio nelle regioni a «nontradizionale insediamento mafioso».Conclusioni: in Abruzzo le cosche sonopresenti, radicate, potenti e attivissime.Molto più sul versante economico che suquello del controllo del territorio. Nonsparano, ma non per questo sono menopericolose.Già da allora, più di quindici anni fa, erachiaro che la partita contro le mafie sisarebbe combattuta sul fronte del rici-claggio. Lettera morta. Perché ancoraoggi il discorso attorno alle presenzemafiose trova resistenze, negazioni,riduzionismi, spesso nascosti dietro lasacrosanta esigenza di non creareallarmismo e non cavalcare l’onda del sen-sazionalismo. Eppure la malavitaabruzzese è ormai organicamente inseritain contesti mafiosi tradizionali (vedi estor-

sioni, gioco d’azzardo, prostituzione edroga tra Pescara, Teramo e Chieti). Esoprattutto ci sono un certo ceto politico-amministrativo e una certa imprenditoriache flirtano, a dir poco, con le mafie adaltissimi livelli. Non hanno la coppola e lalupara, non sparano forse solo perché nonserve, ma riciclano i milioni del narcotraffi-co, corrompono, pilotano gli appalti, truf-fano, devastano il territorio, inquinano l’e-conomia, investono in immobili e capan-noni, centri turistici e commerciali,energie alternative, avviano societàfinanziarie.Ma non ci sono solo le mafie d’alto bordo.Le inchieste Histonium nel vastese osulla mafia del pesce a Pescara, i dati sul-l’usura e sul racket ci parlano di unaregione avviata da tempo verso unadimensione mafiosa classica, col controllodel territorio e il consenso della paura.L’Abruzzo non è di certo la Calabria o laCampania, non è la Sicilia, non è la Pugliama non è nemmeno la Svizzera.

L’ABRUZZO tRA PIZZO E USURAE Pescara è la capitale dell’usura, primacittà in Italia secondo tutti gli indicatori dirischio. L’usura non è più, da decenni, robada cravattari. Dietro lo strozzino ci sono lemafie. In tempo di crisi e di stretta crediti-zia, le mafie si accreditano sul mercato.Fanno da banca con disponibilità liquida ea pagarne le conseguenze sono imprendi-tori, commercianti e piccoli esercizi. El’Abruzzo non è esente, anche se conquote minori rispetto al resto del sud. Nel2009 Libera informazione, con il dossierMafie & Monti, stimava in Abruzzo 2mila

commercianti che pagano il pizzo, pari al10% del totale. Nel triangolo Pescara,Chieti, Vasto il racket è sistematico, anchese a macchia di leopardo e in alcune attivi-tà specifiche (edilizia, ristorazione, locali).Nel Rapporto antimafia primo semestre2010 della DIA, si legge che dall’Abruzzosono venute 148 segnalazioni di oper-azioni sospette (1,15% sul totale italiano)di cui 3 trattenute (1,35% del totale). Duesono arrivate da parte di dottori commer-cialisti, 100 da enti creditizi, 11 da interme-diari finanziari, 1 da un notaio, 34 da pub-bliche amministrazioni. Sono invece 52 icasi di estorsione segnalati per un totaledi 96 denunciati (83 hanno oltre i 22 anni,6 tra i 19 e 21 anni, 4 tra i 17 e 18 anni e 3sotto i 16 anni. Gli stranieri sono 18, gli ital-iani 78). Il rapporto della DIA segnalainfine una crescita delle denunce perusura con 10 casi.E l’usura è un altro nodo nevralgico, dovele denunce sono rare e le inchieste diffici-li. Secondo l’ultimo Rapporto SOSImpresa, Le mani della criminalità sulleimprese, presentato a gennaio 2010, inAbruzzo sono oltre 6.500 i commercianticaduti nelle mani degli strozzini, ben il25% di quelli attivi per un giro d’affari paria 500 milioni di euro. Nel biennio 2008-2009 sono state ben 28 le operazioniantiusura da parte delle forze dell’ordinecon 98 persone arrestate e 12 indagate.operazioni dove l’usura spesso rappresen-ta un reato crocevia di altri delitti. E si trat-ta di usura mafiosa. Sono soprattutto lefamiglie rom a prestare i soldi a strozzo.Una pratica antica nella regione, che oggiesportano anche in altre regioni dell’Italiacentrale. E anche le reti usuraie dellacapitale (famiglie rom, banda dellaMagliana, organizzazioni collegate allemafie meridionali) sono attive in Abruzzo.Secondo il Rapporto il clan dei Di Rocco èormai da un decennio leader del mercatousuraio del litorale abruzzese, soprattuttonelle province di Teramo e Pescara. Larecente operazione Nomadi, dimostraancora la sua forza economica e la suacapacità di penetrazione nel tessuto eco-nomico delle province. Recentemente alclan sono stati confiscati appartamenti, vil-lette, un villa sul lungomare di Giulianova,auto di lusso, attività commerciali (risto-rante-pizzeria a Porto Sant’Elpidio, un pub

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APRILE

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e un negozio di abbigliamento aMartinsicuro), quote societarie, conti cor-renti intestati a prestanome. Il tutto per unvalore complessivo di oltre 10milioni dieuro. Il gruppo agiva in collaborazione conaltre famiglie nomadi e cominciava a tes-sere rapporti con camorristi per entrarenel mercato del narcotraffico.

LA CAPItALE DELLO StROZZOSecondo i dati del Cnel, Pescara è la piùcolpita d’Italia, la provincia più a rischiodopo Messina e Siracusa. Gli indicatori sta-tistici rilevano una debolezza economicapericolosa a Teramo e soprattutto nellaprovincia dell’Aquila. La Confesercentirileva la pratica dell’usura in trasferta: neipiccoli centri, per evitare pettegolezzi, sipreferisce cercare un po’ d’ossigeno chie-dendo prestiti a Roma. E conferma l’espo-sizione di Pescara, L’Aquila e Chieti, in baseagli indicatori statistico-penali.Estorsioni e strozzo sono le attività primor-diali, addirittura precedono la presenzadelle mafie e il pizzo e l’usura sono i sinto-mi dell’esposizione di una società al condi-zionamento mafioso. L’usura è un metododa “entrismo” oltre che un ottimo reinvesti-mento del denaro accumulato. Prestando isoldi alle aziende in difficoltà, le mafiehanno spesso l’opportunità di rilevarle. Edi inondare silenziosamente l’economia dicapitali sporchi. L’immagine è quella di unaregione nella quale le mafie sono, nella piùottimistica delle analisi, dei pericoli che sisono concretizzati da anni.

LA MORSA DEL RACKEtTra il 2007 e il 2008, sono state le opera-zioni Histonium e Histonium 2 a dare lamisura del fenomeno. Incendi, attentatidinamitardi, minacce, infiltrazioni nel-l’economia del Vastese, ma non solo. Adagire una ‘ndrina guidata dal calabreseMichele Pasqualone (da anni al sog-giorno obbligato in Abruzzo), attiva

anche in Lombardia. Pasqualone coman-dava dal carcere, grazie a complicità nel-l’istituto penitenziario. Secondo gli inqui-renti, il denaro ricavato veniva reinvestitonell’usura, ma anche nell’edilizia, con iltentativo di controllo del mercato del cal-cestruzzo. L’inchiesta è rivelatrice delmeccanismo di colonizzazione mafiosa:piccoli nuclei criminali mettono le tendein un nuovo territorio (con le emigrazio-ni, ma anche a causa della pratica deisoggiorni obbligati). Con il tempo sistrutturano, si estendono, si rendonoautonomi, fino a sviluppare legami con lacriminalità locale e con altre organizza-zioni simili (facevano parte del gruppoPasqualone anche vastesi, campani epugliesi). Un’azione criminale che inevi-tabilmente infiltra il mondo produttivo ele amministrazioni del territorio (nell’in-chiesta sono stati coinvolti ancheimprenditori della zona).

IL tESORO DELLE MAFIESecondo i dati dell’Agenzia Nazionale suibeni confiscati aggiornati al primo novem-bre 2010, l’Abruzzo si colloca all’undicesi-mo posto per numero di beni confiscati esolo al terzo tra le regioni del centro Italia,superata solo da Lazio e Toscana che peròhanno molti più abitanti. Sono ben 44 ibeni confiscati, di questi sei sono da desti-nare per finalità istituzionali e sociali, men-tre sono 38 quelli già destinati e consegna-ti. La classifica provinciale vede Teramo intesta, con 22 beni confiscati di cui solo dueancora da destinare. Segue la provincia diAquila con 18, di cui 7 ancora da destinare.In provincia di Pescara ci sono 3 beni e aChieti solo uno.La Marsica è la zona più colpita. Un nomesu tutti quello di Enrico Nicoletti, ritenutoil cassiere della banda della Magliana. Nelmandato di cattura a suo carico, il giudiceLupacchini scrisse: «Nicoletti funzionacome una banca, nel senso che svolge

un’attività di depositi e prestiti e attraversouna serie di operazioni di oculato reinves-timento moltiplica i capitali investiti del-l’organizzazione». Dieci dei beni confiscatiin provincia appartengono proprio aNicoletti, cointestati anche a SergioGangemi: due fabbricati e un terreno agri-colo a , un fabbricato a Cappadocia, dueappartamenti e un garage a Pescasseroli.A tagliacozzo Nicoletti possedeva unavilla, un appartamento e un garage,adesso tutti affidati al Comune. GiulianoRocchetti, specializzato in traffico di stu-pefacenti e usura, invece, aveva scelto,dove aveva acquistato un appartamento eun garage, entrambi confiscati.

ABRUZZO CUORE VERDE D’EUROPAL’Abruzzo è la Regione dei parchi, è il cuoreverde d’Europa, ma è anche terra di eco-mafie. Crocevia dei traffici di scorie, ton-nellate di rifiuti tossici scaricati abusiva-mente, discariche illegali, cave riempite diogni cosa, un po’ ovunque. A Bussi sultirino, una delle discariche più grandid’Europa. Acque avvelenate e fiumi alta-mente inquinati, depuratori che nondepurano, con la costa turistica devastata.E poi gli affari legati alla produzione dienergia. Il fiorire di progetti di termovalo-rizzatori a biomasse, il moltiplicarsi deiparchi eolici. Fino ad arrivare ai termova-lorizzatori di rifiuti, di cui offre un preoccu-pante spaccato l’inchiesta Re Mida, che stascuotendo di nuovo la politica regionale.Una regione verde, di mari e di monti, unaregione dall’alta vocazione turistica, unaregione petrolifera. Sembra un paradosso,ma non è così: sono diverse le concessioniper l’estrazione dell’oro nero presente nelsottosuolo, anche in zone dall’alto valorepaesaggistico e ambientale. Una vicendache non sfocia nel terreno delle mafie, mava considerata come esempio dell’abusoe dello scempio legalizzato.

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LE MAFIE IN ABRUZZOÈ innegabile che il fenomeno mafie inAbruzzo sia comunque un fenomenod’importazione. Ad aprire le porte, però, èstata proprio la Giustizia, con un’infelicegestione dei soggiorni obbligati: decine diboss e affiliati meridionali inviati al confi-no tra i monti, come Momo Piromalli e ilfratello di Schiavone, detto Sandokan,nella Marsica, oppure nei lidi sulla costa.Così l’Abruzzo ha visto l’espandersi di cel-lule criminali, schegge dei clan pronte atrapiantare i traffici illeciti. Reti di fian-cheggiatori che hanno favorito nel tempola pratica del riciclaggio, degli investimen-ti legali di capitali mafiosi, ma anche l’or-ganizzazione di basi per latitanti e scissio-nisti in fuga dalle guerre di mafia. Gli affa-ri col tempo sono evoluti, spesso le diver-se mafie hanno trovato l’accordo basatosul guadagno, nella loro isola abruzzese,felice e pacifica. In un certo senso però lemafie ci sono sempre state: l’Abruzzo haun fenomeno peculiare, come quella deiDi Rocco che siedono ormai al tavolonazionale delle cosche, trattando a testaalta coi calabresi, i camorristi e i siciliani,ma anche con gli slavi. La rotta balcanica,i porti dell’Adriatico, i clan albanesi in con-tatto con la cupola slava. Sono gli ingre-dienti che fanno dell’Abruzzo un croceviadei grandi traffici di cocaina, di eroina,forse di armi. Il consumo di stupefacenti èelevatissimo, una piazza di spaccio tra leprincipali. Nell’ultimo decennio, diversegrandi inchieste hanno coinvoltol’Abruzzo, operazioni che rimandano atraffici intercontinentali (con gli Usa, conla Colombia, con la Turchia e la Bulgaria,oltre che con i Balcani). E alle porte diPescara è stata scoperta una delle piùgrandi raffinerie di polvere bianca presen-ti in Europa.Droga e prostituzione sono le attività prin-cipali delle mafie straniere in Abruzzo.Sono gli albanesi a gestire i grandi traffici(adesso con un preoccupante asse slavi-campani). E a promuovere la tratta e laprostituzione. In strada, ma anche neilocali notturni della costa. E poi c’è il traffi-co degli esseri umani. Uno spaccato sul-l’immigrazione clandestina nel Fucino –con tutto il corollario di corruttela, crimi-nalità, prostituzione e sfruttamento –emerge dal reportage di Pino Di Maula,Giuda si è fermato ad Avezzano, pubblicatoa febbraio 2008 sulla rivista Left.Nel rapporto 2010 della DIA si analizzaanche la presenza di criminalità straniere.In Abruzzo quella più numerosa è quellanigeriana che registra il 36% degli arrestitotali effettuati negli ultimi sei mesi in

tutta la penisola. «Questa criminalità – silegge sempre nel rapporto – dimostrabuona attitudine ad inserirsi in consorte-rie autoctone anche di elevata capacitàdelinquenziale, dedite soprattutto al traf-fico di stupefacenti». Viene giudicatamolto attiva la criminalità albanese (5%degli arresti sul totale italiano) e si ricordal’operazione Adriatik: truffe ai danni diassicurazioni e società di leasing con autodi cui veniva simulato il furto in Italia e poirivendute in Albania. Presente anche lacriminalità rumena (5% degli arresti ditutta la penisola). E quella nordafricana(5%), con l’arresto di latitanti maghrebini,nell’ambito dell’inchiesta Lavoro pulitoche ha sgominato una ramificata organiz-zazione transnazionale dedita al favoreg-giamento dell’immigrazione clandestinae al successivo sfruttamento dei migranti.Poco presenti, per la Dia, le criminalitàcinesi (1% di arresti rispetto al totale com-plessivo in Italia) e sudamericana (1%).

ALBA D’ORO A tAGLIACOZZOMa è sul fronte di riciclaggio e appalti chesi gioca la partita. Grandi capitali di prove-nienza sospetta, investimenti abnormi,commesse e gare con diverse ombre.Suscita disappunto anche la propensionedi alcuni politici locali a prendere perbuono qualsiasi investimento venga loroproposto: ricordiamo ad esempio la clinicadel futuro a Pescina; il parco delle religioni aSulmona; il centro turistico spaziale aCelano, oppure lo Stato indipendente deltempo libero proposto ai comuni diTagliacozzo e Sante Marie da un comitato.Una storia ancora da raccontare quelladella lavanderia Abruzzo. Una storia chedi recente ha un primo punto fermo: unaparte del tesoro di Ciancimino, ex sindacoe boss di Palermo, custodita e fatta frutta-re proprio nella Marsica, attraverso societàe prestanome. Una storia venuta a gallagrazie all’impegno di Libera Marsica e alleinchieste puntuali di organi di informazio-ne dal basso come site.it e Primadanoi.it.Una storia siculo-marsicana che vale lapena di approndire.SITe.it se ne occupò nel n. 7 del marzo2006 di site.it/marsica e, a metà ottobre2007, con il quarto numero di site.it/bri-ganti. Dell’argomento si discusse nell’au-tunno 2007 anche in tre dei quattro con-vegni organizzati ad Avezzano da Liberacon il giornalista de L’Espresso Leo Sisti, ilgiudice Michele Prestipino e l’on. Lumia,vicepresidente della Commissione parla-mentare antimafia. Sempre nel 2007, fuoggetto di due interrogazioni parlamen-tari, una presentata dal senatore Di Lello e

una dagli onorevoli Fasciani, Acerbo ealtri 9 parlamentari. Un impegno che videanche la devastazione dell’abitazione delreferente di Libera, Giuseppe La Pietra,ad opera di ignoti.A dicembre 2007 viene pubblicato il n. 12di site.it/marsica, un numero monograficoin cui vengono descritti nei dettagli tuttigli incroci societari con al centro Albad’oro e una fitta rete di imprenditori epolitici coinvolti in società che vannodalla gestione del gas alle strutture ricetti-ve, dai centri commerciali agli affari nellaproduzione di energia e gestione dei rifiu-ti. Una marcia trionfale, quella del gruppoLapis-Ciancimino, che viene interrotta il16 marzo 2009 – appena tre settimaneprima del sisma dell’Aquila – da una ope-razione dei GICO che arresta i tre sociabruzzesi di Alba d’oro: Nino Zangari e ifratelli Achille e Augusto Ricci. A dettadegli stessi inquirenti si tratta del «primocaso conclamato di presenza mafiosa inAbruzzo».Ma questa è una storia che va raccontatabene e dall’inizio. Anche per gli sviluppiche troveremo negli affari post terremoto.Il gruppo siciliano sbarca in Abruzzo nel2000, quando con la Gas spa, grazie a unasentenza del Consiglio di Stato, si aggiudi-ca un appalto di quasi 15 miliardi di lireper realizzare e gestire per 25 anni la retemetanifera dei comuni di Tagliacozzo,Pereto e Sante Marie. I lavori sono ultima-ti nel 2002 quando, a Tagliacozzo, Ninozangari è assessore ai lavori pubblici,Gianni Lapis è detentore di quote dellaGas spa, l’ingegnere Giuseppe Italiano èdirettore dei lavori di metanizzazione el’Impresa Dante Di Marco è impegnatanel movimento terra. Nel 2002 nascel’Alba d’oro srl con Gianni Lapis presidentedel consiglio d’amministrazione e sociNino zangari, Augusto e Achille Ricci e laSirco spa: così, con il 50% di Alba d’oro, aTagliacozzo gli interessi di Lapis si allarga-no dalla gestione del gas al settore turisti-co e ricettivo. Ma a settembre inizia unnuovo capitolo di questa storia: dieciimprenditori si incontrano ad Avezzano,nello studio del notaio Filippo Rauccio,dove danno vita a due nuove società aresponsabilità limitata. Una è la EcologicaAbruzzi srl, con sede in Avezzano e sociDi Stefano Ermelinda, PassananteBartolomeo, Mangano Roberto, SchollWolfgang, Vergopia Tommaso, zangariNino, Italiano Giuseppe. L’altra società è laMarsica plastica srl, con sede in Carsoli(via Tiburtina Valeria 70) e soci ItalianoGiuseppe, Vergopia Tommaso, RicciAchille, Mangano Roberto, Di Marco

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Dante, Scholl Wolfgang, Lo CurtoMarilena, e Di Stefano Ermelinda.Entrambe le società dovevano operarenel settore della produzione di energia edei rifiuti e, insieme alla Ricci e zangari srl,avevano costituito il Consorzio Ars, consede a Carsoli, sempre in via Tiburtina alkm. 70. Nella primavera del 2007, grazie aun leasing industriale concesso da un isti-tuto di credito della provincia, avevanorilevato un capannone industriale aSulmona, ma l’acquisto non fu mai perfe-zionato: il flusso di denaro proveniente daPalermo pare fosse stato interrotto pro-prio dal progredire delle indagini dei GICoche portarono agli arresti di Tagliacozzo.A questo punto sono necessarie alcuneprecisazioni: il fratello di Italiano Giuseppefigura anche in uno dei pizzini diProvenzano, Di Stefano Ermelinda è lamoglie di Gianni Lapis, Mangano Robertoè uno degli avvocati di Ciancimino al pro-cesso di Palermo mentre Achille Ricci èuno degli imprenditori tagliacozzani arre-stati, insieme a Nino zangari e AugustoRicci, nell’operazione Alba d’oro del marzo2009. La sede di Marsica plastica eConsorzio Ars, a Carsoli via Tiburtina km70, è la stessa della Impresa Di Marco.Da Tagliacozzo passiamo ad Avezzano. Gliintrecci non si fermano qui, ed è interes-sante ricordarli perché evocano altri nomiche rivedremo coinvolti negli affari delProgetto Case e della ricostruzione e chesuggeriscono le relazioni sottili che lega-no, in Abruzzo, politica e affari. Dante DiMarco figura anche in un’altra società, laRivalutazione trara srl, che come laMarsica plastica e il Consorzio Ars si pro-pone di operare nello «stoccaggio, tratta-mento e smaltimento dei rifiuti, oltre chenella produzione di energia e/o calore dafonti rinnovabili, anche mediante trasfor-mazione di rifiuti». La Rivalutazione Trarasrl, società con capitale di soli 10.200 euro,appena costituita il 29 marzo 2006, rilevaall’asta fallimentare il sito dell’ex zuccheri-ficio di Avezzano. I soci sono: Venceslao DiPersio, Ermanno Piccone, Dante Di Marco,Domenico Contestabile e la Esseci srl.Anche qui vanno fatte alcune precisazio-ni: di Di Marco abbiamo già visto gliintrecci con personaggi legati al reinvesti-mento di Tagliacozzo; la Esseci è intera-mente sotto il controllo dell’onorevole PdlSabatino Aracu (membro del Comitatogiochi del Mediterraneo e finito sottoinchiesta, tra le altre cose, per la sanitopo-li abruzzese); Ermanno Piccone è il padredel senatore Filippo (parlamentare, sin-daco di Celano, coordinatore regionaledel Pdl che avrà un ruolo fondamentale

nella elezione a presidente della Provinciadel compaesano Del Corvo e, infine, desti-natario di sostanziosi subappalti nelProgetto Case); Venceslao Di Persio(anche lui nel Comitato giochi delMediterraneo), compare anche nellaIniziative commerciali delMediterraneo srl, che a Celano dovevarealizzare un grande centro commerciale,promosso da società palermitane eoggetto d’indagini); infine DomenicoContestabile, figura come amministrato-re unico e socio di maggioranza nella PRSProduzioni e servizi srl, cioè l’impresacapogruppo che si è aggiudicata, in Atianche con l’impresa Di Marco, l’appaltoper il movimento terra nel cantiere diBazzano e almeno quelli di Sant’Elia 2 ePaganica sud.

CORRUZIONE ENDEMICAAnche sul fronte della corruzione politicanon c’è da dormire sonni tranquilli.L’Abruzzo nel 1992 conquistò il titolo ita-liano della prima giunta regionale sottoinchiesta, Avezzano quello della primagiunta comunale, seguita da Chieti. Nel’93, in meno di dodici mesi, l’Abruzzoentrò nel guinness dei primati della tan-gentopoli italiana, con oltre 300 amminis-tratori locali e imprenditori sotto inchiestae 116 arresti per reati legati ad appalti,tangenti e truffe. Più recentemente i casidei comuni di Montesilvano o Pescara. Politica & Affari. Intrecci perversi, trameocculte e intricate che spesso hannol’Abruzzo come scenario, iniziando dal-l’inchiestona sull’autoparco milanese dicosa nostra. E poi ancora la tangentopolinegli anni ’90, sulla Fira, o la più recenteinchiesta su Sanitopoli e sull’ex presi-dente della Regione ottaviano Del Turco:esponenti di centrodestra e centrosinistra,tanto per non fare torto a nessuno.Dalle tangentine locali fino alle inchieste

di questi giorni su Abruzzo Engeneering,sui fondi neri Finmeccanica, oppure sul-l’affare dei rifiuti, con l’inchiesta Re Midache sta scuotendo di nuovo la politicaabruzzese con l’arresto di assessoriregionali e imprenditori. Tant’è che a metàsettembre il più prestigioso giornaleregionale ha pubblicato, prendendola perbuona, anche la falsa notizia degli arrestidomiciliari per il presidente Chiodi…

L’INCHIEStA RE MIDAAvviata dalla Procura di Pescara nel2008, è caratterizzata da una serie discosse premonitrici, per l’Abruzzo, di unnuovo terremoto giudiziario.All’alba del 22 settembre 2010 agentidella mobile di Pescara arrestanoVenturoni, assessore alla sanità, e RodolfoDi zio, imprenditore dei rifiuti. Indagate12 persone per corruzione e associazionea delinquere, tra di loro anche i senatoridel Pdl, Paolo tancredi, e Fabrizio DiStefano. Il governatore Chiodi, precisanodalla procura, non è nella lista. L’inchiestaè sulla costruzione di un inceneritore daparte dei Di zio, che sui rifiuti hannocostruito un monopolio fondato sulla«corruzione sistematica». Per gli inquiren-ti è uno «scenario desolante» con la «poli-tica totalmente asservita al privato». Gli arresti di settembre erano stati prece-duti da un’altra retata eccellente, quelladel 2 agosto. A intervenire la Procuradell’Aquila, dopo aver ricevuto gli atti daquella di Pescara, che aveva individuatoun filone che portava ad AbruzzoEngineering. Indagata l’assessore PdlDaniela Stati, suo padre Ezio e il compa-gno Marco Buzzelli agli arresti: dalla stam-pa verranno poi indicati come “il gruppoStati”. In cella finisce pure l’ex onorevoleVincenzo B. Angeloni, obbligo di dimoraper il manager Sabatino Stornelli. Perl’accusa, regali al gruppo Stati in cambiodi favori, a donarli Angeloni, per favorire lasocietà Abruzzo Engineering spa, di pro-prietà al 60% della Regione Abruzzo, 10%della Provincia e il rimanente 30% dellaSelex Service management spa (l’ammin-istratore delegato è Stornelli), societàriconducibile al gruppo Finmeccanica.Il Gip nell’ordinanza indicava anche trefiloni di indagini da approfondire, che por-tano lontano. «Occorre chiarire pie-namente l’eventuale sussistenza (e l’entità)di rapporti professionali tra la AbruzzoEngineering spa e lo studio di ammini-strazione societaria Chiodi-Tancredi»: è lostudio del presidente della Regione, manessuno dei due è indagato. Poi, per il Gip«appare utile approfondire il contenuto

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delle conversazioni in ordine a lavori effet-tuati dalla Abruzzo Engineering spa». Infineil gip ritiene che «meritino mirato appro-fondimento le allusioni effettuate nel corsodelle conversazioni telefoniche in ordinealla costituzione del Consorzio ReLuis».La Stati, intanto, si dimette da assessore.Con il passare delle settimane, si scopreche sono più procure a indagare, cresce ilruolo di Angeloni e Stornelli e si ridimen-siona quello del gruppo Stati. L’ormai exassessore lancia frecciate al vetriolo agliormai ex colleghi di partito.Emergono intanto nuovi filoni. Unoriguarda i rifiuti in Abruzzo. Con le dimis-sioni della Stati, da sempre contraria agliinceneritori, la Regione autorizza lacostruzione di un termovalorizzatore adAvezzano: anche sulla storia di questoimpianto, promosso dalla Powercrop, haun ruolo il senatore Filippo Piccone. Madalle intercettazioni, spunta anche unaltro impianto, adiacente a quello dellaPowercrop. In una telefonata DanielaStati, all’epoca assessore regionale ai rifiu-ti, così descrive al padre Ezio lo scenario:«Comunque, papà, sono una banda orga-nizzata di delinquenti». E spuntano dinuovo il senatore Piccone insieme adalcuni soci di suo padre, interessati a real-izzare un termovalorizzatore ad Avezzano.L’area interessata, è quella dell’ex zucche-rificio di Avezzano, di proprietà di un’altrasocietà già nota, la Rivalutazione trarasrl.Un altro filone partito dall’inchiesta ReMida vede invece il coinvolgimento diAngeloni e Stornelli e va ad incrociarsi conaltre inchieste condotte dalle Procure diNapoli e Roma, questa volta sui fondi neriFinmeccanica.

CELANO CONNECtIONIl blocco di interessi che ruotano intornoall ’imprenditore -sindaco-senatorePiccone, da alcuni anni, catalizza l’atten-

zione non solo politica della regione. Lasua è stata una ascesa irresistibile: con-sigliere regionale alla fine degli anni ’90,sindaco di Celano nel 2004, senatore Fi nel2006, deputato Pdl nel 2008. Si dimette dasindaco nel 2008, per candidarsi presi-dente della Regione dopo la caduta di DelTurco: all’ultimo momento la sua candi-datura salta misteriosamente, viene peròpromosso coordinatore regionale del Pdl.Nel 2010 viene rieletto sindaco.Nella Marsica, in questi anni, ha piazzatosuoi uomini fidatissimi in enti locali, con-sorzi e società strumentali, scegliendolispesso con i vincoli di parentela, amicizia,o comparaggio: emblematico il caso delcognato, Luigi Ciaccia, messo a capodell’Aciam, un consorzio per la gestionedei rifiuti che sta mettendo le mani subuona parte della provincia. Ed è spregiu-dicata anche la commistione tra politica eaffari, come nel caso del centro commer-ciale di Celano, o del centro turistico (pro-posto da una società anonima inglese conun capitale sociale di ben due sterline):entrambi oggetto di indagini, non sonomai stati realizzati.Nel 2006, suo padre figura nellaRivalutazione Trara srl, società per la pro-duzione di energia e il trattamento deirifiuti, insieme all’onorevole Pdl SabatinoAracu, e agli imprenditori DomenicoContestabile e Dante Di Marco, lo stesso acui è stato ritirato il certificato antimafiadurante i lavori nel Progetto Case per ilsuo coinvolgimento societario, attraversola Marsica plastica, con il gruppo Lapis-Ciancimino. Nel luglio di quest’anno il certificato anti-mafia è stato ritirato anche al cugino diPiccone, titolare della Impresa LinoMascitti, impegnata in appalti nel cratere:lavori Anas e Progetto Case. Ma sugli affaridelle new town l’onorevole Piccone hamesso le mani anche direttamente: conuna sua ditta, la Korus, si è aggiudicato tre

subappalti senza gara. Subappalti chesicuramente hanno fatto comodo aFilippo Piccone, visto che insieme allaconsorte aveva appena subito l’onta delsequestro conservativo dell’immobile incui risiede a Celano, su richiesta del cura-tore fallimentare di una società livornesecoinvolta in un procedimento per ban-carotta fraudolenta.E lo zampino del senatore Piccone siintravede anche nel tentativo di realizzaredai 150 ai 200 Moduli abitativi provvisori aCelano, comune fuori dal cratere: alcunimilioni di euro per le opere di urbaniz-zazione, usciti dalle casse della Protezionecivile, sono attualmente parcheggiati nelbilancio del comune di Celano, di cui ètornato da poco ad essere sindaco. Come coordinatore del Pdl, Piccone hagestito anche le ultime elezioni provin-ciali, occupando questo ente importantis-simo per la ricostruzione, per l’ap-provazione dei piani regolatori e per ladislocazione dei siti per la gestione deirifiuti. Ha imposto a presidente dellaProvincia un suo pupillo, Antonio DelCorvo. Ma l’occupazione dell’ente non si èfermata qui. Il presidente del consiglioprovinciale è suo cugino, Filippo Santilli(parente anche di Mascitti). Mentre duefunzionari del Comune di Celano sonostati trasferiti in posti chiave dellaProvincia: Walter Specchio, da dirigentedell’ufficio tecnico di Celano è stato pro-mosso a direttore generale dellaProvincia, Cesidio Falcone da segretariocomunale di Celano è diventato direttoregenerale della Provincia.

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