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Ecologia della nutrizione Valutazione dell’ImpattoAmbientale di diverse tipologie di alimentazione A cura di Raffaella Ravasso e Massimo Tettamanti In collaborazione con Marina Berati, Roberta Cattani, Lorenzo Cenci e Monica Trovesi

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Ecologia della nutrizione

Valutazionedell’Impatto Ambientale

di diverse tipologie di alimentazione

A cura di Raffaella Ravasso e Massimo Tettamanti

In collaborazione conMarina Berati, Roberta Cattani, Lorenzo Cenci e Monica Trovesi

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PREFAZIONE

INTRODUZIONE

2 IMPRONTA ECOLOGICA

2.1 Lo sviluppo sostenibile2.2 L’ecologia della nutrizione2.3 Impronte ecologiche2.3.1 Living Planet Report2.3.2 Dashboard of Sustainability2.3.3 Lifegate2.3.4 Ecological Footprint Calculator2.4 Bibliografia

3 ALIMENTAZIONI VEGETARIANE/VEGAN (VEG)

3.1 Le tipologie di diete veg3.1 La posizione dell’American Dietetic

Association e dei Dietitians of Canada 3.3 Vegetarismo e sport3.4 Bibliografia

4 PREPARAZIONE DELLE DIETE

4.1 Modalità nella scelta e nell’abbinamentodegli alimenti

4.2 Modalità dei metodi di produzione4.2.1 Agricoltura chimica intensiva4.2.2 Agricoltura biologica4.2.3 Chiarimenti terminologici4.2.4 Allevamento intensivo4.2.5 Allevamento biologico4.3 Denominazione delle diverse diete analizzate4.4 Bibliografia

5 SCELTA DELLA METODOLOGIA

5.1 La metodologia per la Valutazionedel Ciclo di Vita - Life Cycle Assessment (LCA)

5.2 Le normative riguardanti la LCA 5.3 Struttura di uno studio di LCA5.3.1 Definizione degli obiettivi e del campo

di applicazione dello studio (Goal e Scoping)5.3.2 Analisi di inventario (Life Cycle Inventory)5.3.2.1 Il software: SimaPro 5 5.3.3 Valutazione degli impatti (Life Cycle Impact

Assessment, LCIA)5.3.3.1 Ecoindicator 99 5.3.4 Interpretazione e miglioramento (Life Cycle

Interpretation and Improvement)

5.4 Bibliografia

6 PREMESSA ALLO STUDIO

6.1 Sintesi dello studio6.2 Interpretazione dei risultati 6.3 Modifica del Metodo di valutazione 6.4 Variabili non considerate6.5 Le deiezioni animali6.6 Utilizzo del territorio6.7 Bibliografia

7 VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE

7.1 Menù onnivoro con alimenti prodotti da agri-coltura/allevamento intensivo: ONNIV-INT

7.2 Menù onnivoro con alimenti prodotti da agri-coltura/allevamento biologico: ONNIV-BIO

7.3 Menù vegetariano con alimenti prodotti daagricoltura/allevamento intensivo: VEGET-INT

7.4 Menù vegetariano con alimenti prodotti daagricoltura/allevamento biologico: VEGET-BIO

7.5 Menù vegan con alimenti prodotti da agricol-tura/allevamento intensivo: VEGAN-INT

7.6 Menù vegan con alimenti prodotti da agricol-tura biologica: VEGAN-BIO

7.7 Menù “normale”, ossia onnivoro NON rispet-toso della piramide alimentare con alimentiprodotti da agricoltura/allevamento intensivo:NORM-INT

7.8 Menù onnivoro NON rispettoso della piamidealimentare con alimenti prodotti da agricoltu-ra/allevamento biologico: NORM-BIO

7.9 Confronto effettuato con l’approccioIndividualistico (Individual perspective – I)

7.10 Confronto effettuato con l’approccioGerarchico (Hierarchical perspective – H)

7.11 Confronto effettuato con l’approccioEgalitario (Egalitarian perspective – E)

8 CONCLUSIONI

9 PRESENTAZIONE DEI CURATORI

E COLLABORATORI

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Prefazione

Dott.ssa Luciana Baroni, Presidente di SocietàScientifica di Nutrizione Vegetariana

In termini di salute umana, appare sempre più evi-dente come il massivo consumo di prodotti trasfor-mati (ivi inclusi i cibi animali, che altro non sonoche il risultato della trasformazione di cibi vegetaliad opera della “macchina” costituita dall’animale),che caratterizza la dieta occidentale, abbia portatoa conseguenze disastrose. Stanno dilagando lemalattie croniche causate da uno stile di vita ricco,del quale l’alimentazione è il più importante compo-nente. Il consumo abbondante, e quindi squilibrato,di cibi animali e di cibi industriali, anche se di ori-gine vegetale, fa sì che sulle nostre tavole siano pre-senti quasi esclusivamente alimenti ricchi di grassi,zuccheri, calorie e sale, e poveri di fibre.Per contro, appare sempre più certo che il tipo didieta che il nostro organismo richiede, e grazie allaquale può mantenersi sano, è una dieta semplice,povera di grassi e calorie e ricca di fibre, basata su

cibi vegetali consumati il più vicino possibile al lorostato naturale (i cosiddetti cibi “come colti”), contutto il loro contenuto di vitamine, sostanze fitochi-miche ed antiossidanti, e con un apporto limitato onullo di cibi animali. Questo tipo di dieta rispetta pienamente il 2° requi-sito individuato dalla Comunità Europea nel suoProgramma a favore dell’ambiente e di uno svilupposostenibile, di “prevedere un ciclo di produzionedalle materie prime al prodotto finito ed alla suautilizzazione, tale da minimizzare la produzione dirifiuti ed evitare l’esaurirsi delle riserve naturali”:ogni fase di trasformazione del cibo in quanto mate-ria prima, da vegetale a carne, o da vegetale integra-le a vegetale raffinato, comporta consumo di ener-gia e perdita progressiva di materia prima, in pro-porzioni che sarebbero fallimentari per qualunqueazienda, ed i cui costi vengono invece addebitati alpianeta, pensando di poterla fare franca all’infinito.Appaiono quindi fondamentali interventi di educa-zione della popolazione, atti a “modificare l’atteg-

CenDEA

Si mangia non solo per saziare la fame ed i cibi nonsono scelti solo in funzione del gusto; sulle sceltealimentari di ciascuno di noi confluiscono vari enumerosi fattori.C’è chi sceglie un’alimentazione per dimagrire e chiper mettere su qualche chilo; chi vuole fare unpieno di energia perché svolge un lavoro o uno sportenergivoro, chi sceglie in base all’economicità di uncibo e chi in base alla pubblicità; c’è chi mangia inun certo modo per curare o prevenire malattie.L’alimentazione è poi un fatto sociale e culturale equindi nelle scelte contano tradizioni, modi di stareinsieme e molto altro ancora. E allora perché non mettere tra queste motivazionianche quelle ambientaliste? Le scelte alimentaripossono anche diventare uno strumento per farequalcosa a favore degli animali e dell’ambiente equanto possa essere utile e determinante questostrumento ce lo dimostra questa ricerca.Sempre più numerose sono le persone che dirigonole loro scelte verso cibo la cui produzione non hacomportato lo sfruttamento e la morte di animali odi altre persone o che ha ridotto al minimo il suoimpatto sull’ambiente.Sono le scelte vegetariane, dell’uso dei prodotti delcosiddetto mercato equo e solidale, provenienti da

produzioni “naturali” e così via.A volte c’è però la sensazione che siano scelte per-sonali per mettersi “a posto al coscienza” e che laloro incidenza reale sia ben poca cosa, e forti inter-essi mirano a relegarle in questo pur meritevoleambito. Ma non è così, ognuno di noi può dare uncontributo determinante e non solo come testimoni-anza ma come tangibile impronta più o menopesante su questa Terra.Con un paziente e lungo lavoro Massimo, Raffaella,e collaboratori, hanno confrontato le nostreimpronte alimentari e reso “scientifiche” le con-vinzioni che molti di noi hanno che il loro mettersia tavola sia un fatto “politico” e non solo personalecon il quale si possa contribuire davvero a miglio-rare il mondo.Su queste tematiche i dati qua è la esistono (bastivedere le fonti citate nel lavoro), numerosi allarmied anche alcune ricette sono state date; il valore diquesto lavoro sta nell’averli messi insieme ed averdato una chiave di lettura semplice ma rigorosa diuna materia così complessa.Uno strumento utile a tutti coloro che vogliono sci-entificità e dati ed anche per tutti coloro ai quali èsufficiente la bussola della loro coscienza ma chespesso si trovano a dover sostenere le loro scelte oche hanno bisogno di elementi per diffonderle tra ilmaggior numero di persone possibile.

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giamento della collettività nei confronti del consu-mo e del comportamento individuale”, come previ-sto al 1° requisito dello stesso Programma CE.Educando la gente a mangiare diversamente, privi-legiando cibi semplici e di natura vegetale, saràpossibile salvaguardare la salute della collettività ela salute del pianeta. Questo studio conferma infat-ti che solo questo tipo di alimentazione ha un’im-

pronta ecologica sostenibile, e può permettere dirispettare le risorse ambientali, tutelando dallafame i popoli più poveri che sarebbero i primi apagarne le conseguenze, ma non gli unici. Possiamoquindi scegliere: vivere sani rispettando il pianeta echi adesso muore di fame, oppure avviarci versol’autoestinzione.

Max Molteni - ATRA Svizzera

“La questione non è se possono parlare o se posso-no ragionare, ma se possono soffrire”.Lo scriveva il filosofo Jeremy Bentham circa duesecoli fa. Diversamente dalle speranze forse un po’utopiche di Leonardo che, molto prima, preconizza-va un modo di animali umani e non-umani alla pari,in questa riflessione non c’è una previsione, non c’èuna speranza, c’è invece quella base etica, apparen-temente semplice, che dovrebbe essere sufficienteper sgomberare il campo da ogni visione antropo-centrica del rapporto tra esseri viventi. Perché tutti,ma proprio tutti, siamo a accomunati dalla stessacapacità di soffrire e il fatto stesso di saperci capa-ci, più di ogni altro animale, di infliggere sofferenzaagli essere viventi dovrebbe indurre ogni personaintelligente, sensibile e non sadica, a non aver biso-gno d’altro per allontanarsi il più possibile da ognipercorso che genera volontariamente ed evitabil-mente violenza.Eppure, se ripercorriamo la storia del movimentoche si é battuto per diffondere questi elementariconcetti, il movimento animalista, notiamo una ten-denza crescente (che forse e purtroppo è necessità)ad aggiungere al concetto etico proposto daBentham, una scientificità volta a “dimostrare” lenostre ragioni. Lo notiamo in particolare nel movi-mento anti-vivisezionista (non a caso oggi si parla dianti-vivisezionismo scientifico) e in quello vegeta-riano/vegan. Il lavoro di Massimo Tettamanti, da sempre, si inse-risce in questo contesto.E’ stato così con il suo immenso impegno, noto alivello internazionale, per far conoscere ed applica-re le metodologie scientifiche sostitutive della spe-rimentazione sugli animali, ed è così oggi con la suaspietata, dettagliata ed efficace analisi delleresponsabilità degli umani carnivori

nei confronti dell’impoverimento delle risorseambientali e, per logica conseguenza, di tutta l’u-manità. Porta con se una riflessione profonda que-sta scelta o dovere che sia. Una riflessione sulnostro rapporto con gli altri animali. E con noi stes-si.E’ giusto o sbagliato pensare che per salvare la vitaad un topo o ad una mucca dobbiamo parlare di tec-nologie in vitro o di spreco di risorse idriche?Personalmente appartengo a quella categoria di per-sone che ne farebbe anche a meno, che non soloritiene più che sufficiente il cuore che pulsa o losguardo di quella mucca o di quel maiale, ma chedi fronte a questi occhi non hanno ancora neppuretrovato (e nemmeno ci interessa trovarla) una ragio-ne per sentirsi “esseri superiori”, esseri in grado didecidere vita e morte. Ma se per aprire gli occhi e ilcuore dei nostri simili (o meglio degli appartenentialla nostra stessa specie) fosse sufficiente la rifles-sione di Bentham, forse antivivisezionisti e vegeta-riani avrebbero continuato a percorrere le strade diprimi anni delle nostre battaglie. Ma sappiamo tuttiche non é così e sappiamo anche che non è statasolo una scelta “strategica”, sappiamo che lem o d e rne opportunità off e rte dalla scienza (perquanto riguarda la lotta contro la vivisezione”) e l’al-larme per le emergenze ambientali (per quantoriguarda l’impegno per la diffusione del vegetari-smo), rendono opere come questa indispensabilistrumenti per cambiare scelte e coscienze. Adognuno di noi la riflessione sull’indispensabilità diutilizzare ogni linguaggio possibile per comunicarecon chi ci può e vuole ascoltare. Compreso quellodelle cifre, dei dati, delle statistiche. ParafrasandoBentham, forse potremmo concludere dicendo che“la questione non è se sia necessario o no, ma seserve a salvare vite”. E la risposta è evidente a tutti.

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Introduzione

Nell’ultimo decennio il dibattito sullo svilupposostenibile ha contribuito a generare una maggioreconsapevolezza sui problemi ambientali che afflig-gono il nostro pianeta e sulla necessità di interveni-re per la sua salvaguardia. La Comunità Europea, nel suo «Programma politicoe d’azione a favore dell’ambiente e di uno svilupposostenibile», individua 3 requisiti pratici per la suarealizzazione:1. modificare l’atteggiamento generale della collet-tività per quanto riguarda il consumo e il comporta-mento individuale;2. prevedere un ciclo di produzione dalle materieprime (le cui riserve sono limitate) al prodotto finitoe alla sua utilizzazione, tale da ottimizzare ed inco-raggiare la riutilizzazione ed il riciclo, minimizzarela produzione di rifiuti ed evitare l’esaurirsi dellerisorse naturali;3. razionalizzare la produzione ed il consumo dell’e-nergia.

L’inserimento dell’importanza delle scelte della col-lettività al primo punto sottolinea il fatto che risultaimpossibile cambiare sostanzialmente le politichegovernative se non vengono modificate le richiestedei singoli consumatori, i quali però, a loro volta,spesso non vengono correttamente informati diquelli che sono, per quantità e qualità, i principalifattori di impatto ambientale.Recentemente sono stati pubblicati alcuni interes-santi articoli sul Giornale Americano dellaNutrizione Clinica (American Journal of ClinicalNutrition, Vol. 78, N° 3, 2003 - Sustainability ofmeat-based and plant-based diets and the environ-ment - Quantification of the environmental impactof different dietary protein choices) dai quali risultache le diete a base vegetale sono ambientalmentemigliori delle diete a base carnea.Gli stessi autori però segnalano che le loro valuta-zione deve essere considerata limitata in quantoconsidera esclusivamente solo alcuni dei fattoricoinvolti.Altri studi hanno affrontato problemi di impattoambientale dei consumi alimentari ma, spesso,sono stati impostati in maniera specifica per singo-li prodotti, hanno considerato solo alcune dellevariabili implicate o hanno confrontano in manierasoggettiva impatti ambientali diversi.L’obiettivo del presente progetto è quello di confron-tare tutti i possibili impatti ambientali derivanti dadiete basate su:

• alimentazione onnivora con prodotti da allevamen-ti intensivi e agricoltura non biologica

• alimentazione onnivora con prodotti da allevamen-to e agricoltura biologica

• alimentazione vegetariana/vegana con prodotti daallevamento e agricoltura non biologica

• alimentazione vegatariana/vegana con prodotti daallevamento e agricoltura biologica

La diversità e la novità di questo studio sta proprionell’effettuare i calcoli su una dieta completa, cioèsulla quantità complessiva di cibo che una personaconsuma mediamente in un anno, e non su singolialimenti.La complessità delle problematiche ambientali hareso necessario sviluppare specifici strumenti meto-dologici in grado di fornire valutazioni, il più possi-bile oggettive, degli effetti ambientali connessi conun prodotto o un servizio.In questo lavoro è stato analizzato l’impatto ambien-tale di diverse tipologie di alimentazione e di diver-si metodi di produzione alimentare utilizzando lametodologia denominata Life Cycle Assessment(LCA) definita come: “un procedimento oggettivo divalutazione dei carichi energetici ed ambientalirelativi ad un processo o un’attività, effettuato attra-verso l’identificazione dell’energia e dei materialiusati e dei rifiuti rilasciati nell’ambiente. LaValutazione include l’intero ciclo di vita del proces-so o attività, comprendendo l’estrazione ed il tratta-mento delle materie prime, la fabbricazione, il tra-sporto, la distribuzione, l’uso, il riuso, il riciclo e losmaltimento finale”. Tuttora in fase di sviluppo, questa metodologia ècomunque stata standardizzata a livello internazio-nale attraverso la pubblicazione delle norme ISOdella serie 14040.Ogni processo è definito da un insieme di materialied energia, ed è composto da una serie di approvvi-gionamenti delle materie prime, produzioni, distri-buzioni, smaltimenti e/o recuperi.Ciascuno di questi processi può dar luogo ad unavarietà di emissioni che provocano effetti differentisull’ambiente.La metodologia LCA è stata sviluppata proprio pergestire e valutare le interazioni complesse fra pro-dotto/i e ambiente.

Prendendo come esempio una persona media, siesamineranno diverse diete confrontabili tra lorocome contenuti di carboidrati, proteine e grassi, alfine di studiarne gli impatti ambientali in modocompleto, tenendo conto di:

• accordi internazionali sull’ambiente;• sviluppo sostenibile;• danni sulla salute umana (sostanze che abbiano

un impatto sulla respirazione, composti organici

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ed inorganici, sulla carcinogenesi, sui cambia-menti climatici e sullo strato di ozono, radiazioniionizzanti);

• danni alla qualità degli ecosistemi (ecotossicità,acidificazione e l’eutrofizzazione);

• danni sulle Risorse (utilizzo di risorse primarie edi combustibili).

Il confronto fra tipologie di danno così diverse traloro presuppone l’assegnazione di “priorità” indivi-duali che rappresentano, a loro volta, diversiapprocci socio-culturali.Per evitare che criteri personali soggettivi influenzi-no pesantemente i risultati dello studio, questa LCAè stata effettuata tre volte scegliendo ogni volta undiverso approccio e i risultati sono stati presentati inmaniera indipendente.

Nel Capitolo 2 vengono presentati in manieradiscorsiva i concetti di sviluppo sostenibile e diimpronta ecologica.Nel Capitolo 3 viene data la definizione delle variepossibile diete “veg”, e si risponde alla domanda“Una dieta vegetariana/vegana può essere nutrizio-nalmente equilibrata?”Nel Capitolo 4 vengono definite le diete e i metodidi produzione alimentare che verranno studiate ec o n f rontate in questa valutazione di impattoambientale.Nei Capitolo 5 e 6 sono presentate le ipotesi inizia-li necessarie per l’impostazione del vero e propriostudio i cui risultati sono riportati nel Capitolo 7.Le conclusioni sono riportate nel Capitolo 8.

Per permettere la presentazione dei risultati sia adun pubblico formato da specialisti del campoambientale sia ad un pubblico interessato ma privodi specifiche competenze scientifiche, nel presentedossier sono presenti:1. una prima parte riassuntiva e descrittiva (Capitoli1-4) preparata con uno stile molto divulgativo;2. una seconda parte contenente la valutazionescientifica vera e propria (Capitoli 5-7), più tecnicae destinata soprattutto a un pubblico di specialistima anche a chi, pur non possedendo specifichecompetenze scientifiche, desidera approfondire l’ar-gomento;3. una terza parte contenente le conclusioni dellavalutazione svolta (Capitolo 8) presentata anch’essacon uno stile estremamente divulgativo.

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Capitolo 2

Impronta ecologica

2.1 Lo sviluppo sostenibile

Buco dell’ozono, effetto serra, desertificazione, per-dità di biodiversità, ecc. sono alcuni degli sconvol-gimenti dell’ecosistema planetario che, col passaredegli anni, sono diventati vere e proprie emergenzeambientali.La qualità della vita sul pianeta, presente e futura,è senza dubbio fortemente compromessa e da circaun ventennio si è cominciato a parlare di “svilupposostenibile”, definendolo come:“uno sviluppo che risponde alle necessità del pre-sente, senza compromettere la capacità delle gene-razioni future di soddisfare le pro p r i e ”(Commissione Bruntland, 1987 – UNCED);“il soddisfacimento della qualità della vita mante-nendosi entro i limiti della capacità di carico degliecosistemi dai quali essa dipende” (Rapport o“Caring for the Earth”, 1991 - UNEP, IUCN, WWF);“uno sviluppo che offra servizi ambientali, socialied economici di base a tutti i membri di una comu-nità, senza minacciare l’operabilità del sistemanaturale, edificato e sociale da cui dipende la forni-tura di tali servizi” (International Council for LocalEnvironmental Initiatives, 1994).

Il concetto di sviluppo sostenibile è stato ampia-mente discusso nella “Dichiarazione di Rio deJaneiro sull’ambiente e lo sviluppo” con la qualel’ONU ha ufficialmente sancito l’unione dei due ele-menti portanti:sviluppo che rispetta l’ambiente e rimane nei limitidelle capacità di rigenerazione degli ecosistemi; senso di responsabilità verso le generazioni futurenell’utilizzo delle risorse.

In numerosi incontri successivi a livello internazio-nale o locale, sono stati prodotti diversi documentiufficiali, le cosidette “Carte”, che hanno ribadito iprincipi fondamentali di quello che dovrebbe essereun nuovo modello di sviluppo.Il messaggio fondamentale dei vari incontri affermala duplice necessità della salvaguardia dell’ambien-te e dello sviluppo socio-economico, considerandolicome due componenti di un’unica strategia. È una nuova economia che, oltre ai due parametriclassici lavoro e capitale prodotto dall’uomo, siarricchisce di un terzo parametro: il capitale natura -le.Il capitale naturale racchiude sia l’insieme dei siste-mi naturali (mari, fiumi, laghi, foreste, flora, fauna,territorio) che i prodotti agricoli e il patrimonio arti-

stico-culturale presente nel territorio.Le tre più importanti personalità della teoria dellosviluppo sostenibile sono probabilmente il bioeco-nomista Herman Daly, il professor Robert Costanza,p residente della Società Internazionale di“Ecological Economics” dell’Università deiMaryland e il professor Howard Odum, uno dei mas-simi esperti dei flussi energetici degli ecosistemi.

La Comunità Europea ha recepito i principi espres-si nella Conferenza di Rio preparando il“Programma politico e d’azione a favore dell’am-biente e di uno sviluppo sostenibile” (QuintoProgramma).Lo sviluppo sostenibile viene definito: “una politicae una strategia per perseguire lo sviluppo economi-co e sociale che non rechi danno all’ambiente e allerisorse naturali dalle quali dipendono il prosegui-mento dell’attività umana e lo sviluppo futuro”.Il Programma ha individuato 3 requisiti pratici perla realizzazione di uno sviluppo sostenibile:• modificare l’atteggiamento generale della colletti-

vità per quanto riguarda il consumo e il comporta-mento individuale;

• prevedere un ciclo di produzione dalle materieprime (le cui riserve sono limitate) al prodotto fini-to e alla sua utilizzazione, tale da ottimizzare edincoraggiare la riutilizzazione ed il riciclo, daminimizzare la produzione di rifiuti e da evitarel’esaurirsi di risorse naturali;

• razionalizzare la produzione ed il consumo dell’e-nergia.

L’applicazione pratica di questi 3 punti è risultata,in questi anni, fallimentare a livello planetario.Inoltre, mentre nei vari incontri internazionali sonospesso stati discussi i punti 2 e 3, quasi nessunaattenzione è stata posta per la messa a punto distrategie per l’attuazione di una modifica dell’atteg-giamento generale della collettività.P robabilmente questo fatto è conseguente alla“paura” politica di perdere voti nel momento in cuisi cerca di responsabilizzare il singolo.Nel suddetto Quinto Programma viene solo citato ilconcetto che “il miglioramento dell’ambiente nondipende solo dalla soluzione dei grandi problemiplanetari, ma anche dall’adozione di una serie dicomportamenti quotidiani legati alla consapevolez-za individuale”. Viene spesso citato il fatto che i comportamentisostenibili possono essere adottati quotidianamentedai cittadini attraverso ad esempio l’uso di mezzi ditrasporto pubblici, l’acquisto di prodotti ecologicicertificati e di prodotti a basso impatto ambientaleo l’utilizzo di prodotti alternativi. Oltre a consumareprodotti ecologici, è possibile consumare in modo

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sostenibile, ad esempio riciclando gli scarti eavviando il superfluo alla raccolta differenziata.Tutto questo presuppone però la presenza di mezzidi trasporto pubblico adeguati, marchi ecologicichiaramente definiti e facili da trovare, sistemi ditrattamento e riutilizzo degli scarti raccolti inmaniera differenziata.Anche dando per scontato che tutti i cittadini diven-tassero immediatamente consumatori “sostenibili”seguendo solo gli esempi sopra citati, gli attualimetodi di produzione e di trattamento non permet-terebbero un vero e proprio cambiamento ambienta-le.Di conseguenza risulta impossibile cambiaresostanzialmente le politiche governative se non ven-gono modificate le richieste dei singoli consumato-ri, che, a loro volta, non vengono correttamenteinformati di quelli che sono, per quantità e qualità,i principali fattori modificabili a livello di singolo edi collettività.

2.2 L’ecologia della nutrizione

“Ecologia della nutrizione” (Nutrition ecology) è untermine relativamente recente. È stato coniato nel1986 da un gruppo di nutrizionisti dell'Università diGiessen, in Germania. Si tratta di una scienza inter-disciplinare, che prende in esame tutte le compo-nenti della catena alimentare e ne valuta gli effettisecondo 4 punti di vista principali: la salute umana,l’ambiente, la società e l'economia.

Le componenti della catena alimentare sono tuttequelle coinvolte nel processo di produzione e consu-mo del cibo, viene cioè seguito tutto il procedimen-to “dalla culla alla tomba”, che comprende: la pro-duzione, il raccolto, la conservazione, l'immagazzi-namento, il trasporto, la lavorazione, il confeziona-mento, il commercio, la distribuzione, la preparazio-ne, la composizione, il consumo del cibo e lo smal-timento dei materiali di scarto delle varie fasi.

Le 4 dimensioni sopra citate dell’ecologia dellanutrizione sono la base per valutare la sostenibilitàdi uno stile alimentare: l’ecologia della nutrizioneoffre strumenti per confrontare tra le loro i vari stilialimentari, nonché i processi produttivi, per indivi-duare le strade migliori da seguire.

2.3 Impronte ecologiche

L’Impronta Ecologica è ormai diventato un impor-tante strumento con varie applicazioni pratiche cita-to in più di 4000 siti web e in documenti ufficialilocali o internazionali. L’Impronta Ecologica è un metodo pratico che per-

mette di visualizzare in termini di superficie ilnostro impatto sull’ecosistema terrestre e, dunque,di capire se eccede quanto la natura può sosteneresul lungo termine e individuare i punti su cui inter-venire per diminuire il nostro “peso” sull’ecosiste-ma terrestre.In questo paragrafo vengono presentate alcuneImpronte Ecologiche che, per importanza o persemplicità d’uso, possono essere utili strumenti diapprofondimento.

2.3.1 Living Planet Report

Il Living Planet Report del WWF è senz’altro uno deipiù completi rapporti riguardanti la situazioneambientale attuale e la sua evoluzione storica.In questo rapporto vengono definite e analizzatechiaramente due tematiche strettamente in correla-zione fra di loro.

Il Living planet index è la media di tre indici chemisurano i cambiamenti nelle foreste, nell’acqua enegli ecosistemi marini. Si nota chiaramente unnetto peggioramento globale (37%), avvenuto tra il1970 e il 2000, della situazione planetaria.L’Ecological footprint è la misura dell’utilizzo dellerisorse naturali da parte dell’umanità. Si nota unaumento dell’80% tra il 1961 fino al 1990, ma ildato più preoccupante è la situazione attuale, checonsuma risorse con una percentuale del 20% aldisopra della capacità biologica della terra. Detto inaltro modo, gli attuali consumi eccedono in manie-ra indiscutibile e grave le capacità di sopravvivenzadel pianeta. E questa percentuale è in continuoaumento.

2.3.2 Dashboard of Sustainability

Il “cruscotto della sostenibilità” (Dashboard ofSustainability) è stato sviluppato dal gru p p oConsultative Group on Sustainable DevelopmentIndices (CGSDI), per presentare temi complessi inuna forma sintetica e di forte impatto visivo.Non c’è presentazione sintetica migliore di quelladescritta dallo stesso gruppo CGSDI: “Un condu-cente di auto, un pilota di un Airbus o il capitano diuna nave di crociera, hanno tutti una plancia davan-ti, formata da un insieme di strumenti efficaci cheli aiutano a prendere le loro decisioni. Allo stessomodo, i ‘capitani’ delle nazioni hanno bisogno distrumenti per dirigere le nostre società nel XXI seco-lo; e, in una democrazia di partecipazione, i cittadi-ni insistono ovviamente per ‘guardare sopra la spal-la del capitano’, in modo da poter capire, commen-tare e criticare le decisioni dei loro governi.”Solo una manciata di indicatori, cioè i tassi di cre-scita, disoccupazione e inflazione, sono attualmen-

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te comunicati al cittadino. Tuttavia, giudicare leprestazioni del governo solo con tre indicatori ècome viaggiare con un capitano che dice ai passeg-geri ‘finché c’è combustibile a bordo e la bussolapunta nella direzione giusta, tutto è OK’. Nella Bibliografia è possibile trovare tutti i riferi-menti per provare a “giocare” con il “Dashboard ofSustainability”.

2.3.3 Lifegate

Il portale di Lifegate presenta anche in Italia ilmodello di Impronta Ecologica sviluppato all’Ateneodi Losanna.È un modello semplice nel quale vengono analizza-ti principalmente i consumi energetici nelle abita-zioni, la quantità di rifiuti e i trasporti.L’indicatore usato è la produzione di CO2 (anidridecarbonica) e il conseguente effetto serra.Nonostante sia uno strumento valido ed interessan-te, il modello di Losanna analizza vari parametri, mapochi di questi sono modificabili a livello di singoloconsumatore, o meglio, sono modificabili a livellodel singolo solo con cambiamenti economicamentee praticamente difficili da realizzarsi.Molto interessante quindi per l’analisi del proprioimpatto sull’effetto serra, ma con poche possibilitàdi modificare il proprio stile di vita e volutamenteprivo dell’analisi di altri impatti ambientali.Nella Bibliografia è possibile trovare tutti i riferi-menti per valutare le quantità di anidride carbonicache ciascuno produce e, come conseguenza diretta,i metri quadrati di foresta necessari per compensa-re l’effetto serra prodotto.

2.3.4 Ecological Footprint Calculator

Forse lo strumento che ha il miglior rapporto sem-plicità/completezza è l’Ecological FootprintCalculator.Con poche domande a risposta multipla, risultasemplicissimo da usare ma, nello stesso tempo,analizza con completezza l’intera gamma di possibi-li fonti inquinanti: l’alimentazione, la casa in cui siabita, la quantità di rifiuti prodotta e i mezzi con iquali ci si sposta.Rispetto ai modelli suddetti viene qui data moltaimportanza all’alimentazione e, nella corrisponden-te parte specifica, vengono poste le seguenti 4domande: quante volte vi nutrite prodotti animali? Con cinquepossibili scelte per la risposta che vanno da : “Mai(Vegan)” a “una gran parte di ogni pasto”.Qual è la quantità di cibo consumata? Con cinquerisposte che vanno da “meno di 2400 kcal al gior-no” a “più di 3600 kcal al giorno”.Qual è la quantità di cibo acquistata e non consu -

mata? Con sei risposte che vanno da “nulla” a“circa la metà”.Quanto del cibo che comprate cresce localmente,non è trattato ed è stagionale? Con cinque risposteche vanno da “niente” a “tutto”.Il risultato di tutta l’analisi, non solo della parte ali-mentare, viene poi espresso come quantità di terranecessaria per produrre energia, alimenti e altribeni e per assorbire i rifiuti e l’inquinamento pro-dotto.Anche in questo caso è possibile trovare nellaBibliografia tutti i riferimenti per provare a calcola-re la propria impronta ecologica.

2.4 Bibliografia

Keenan R. (1994) E x p o s u re Assessment. RiskAnalysis, 14 n°3, 225.Tiezzi E., Marchettini N. (1999) Che cos’è lo svilupposostenibile? Donzelli EditoreTiezzi E. (1996) Fermare il tempo. Raffaello CortinaEditoreWackemagel M. (2002) L’Impronta Ecologica, EdizioniAmbienteAAVV. (2002) Living planet report. Wwf edizioni.CGSDI (2000) D a s h b o a rd of Sustainability(h t t p : / / i i s d 1 . i i s d . c a / c g s d i / m e m b e r s . h t m) &(Esl.jrc.it/envind)P o rtale lifegate (2003) Modello dell’ateneo diLosanna, www.lifegate.itA AVV (1999) Ecological Footprint Calculator,www.lead.org/leadnet/footprint/food.cfm

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Capitolo 3

Alimentazionivegetariane/vegan (veg)

In questo capitolo viene data la definizione dellevarie possibile diete “veg”, e si risponde alladomanda “Una dieta vegetariana/vegana può esserenutrizionalmente equilibrata?” facendo riferimentoa testi scientifici sull’argomento.

3.1 Le tipologie di diete veg

Le motivazioni che stanno all’origine della sceltaalimentare veg sono di varia natura. Principalmentesono mosse da ragioni etiche, ambientaliste, econo-miche, salutistiche o religiose e i modelli alimenta-ri seguiti variano di conseguenza:

• Lacto-ovo-vegetarianoEsclude la carne e i suoi derivati, pesce, mollu-schi e crostacei.Permette il latte e i suoi derivati, uova, oltre aqualunque tipo di alimento vegetale.

• Lacto-vegetarianoEsclude la carne e i suoi derivati, pesce, mollu-schi e crostacei, uova.Permette il latte e i suoi derivati, oltre a qualun-que tipo di alimento vegetale.

• VeganEsclude tutti i i prodotti di origine animale:carne e suoi derivati, pesce, molluschi e crosta-cei, uova, latte e suoi derivati, prodotti delle api(miele, propoli, ecc.). Permette qualunque tipodi alimento vegetale.

• FruttarianoPrevede solo l’assunzione di frutta, semi e noci.

3.2 La posizione dell’American DieteticAssociation e dei Dietitians of Canada

Per rispondere alla domanda “Una dieta vegetaria-na/vegana può essere nutrizionalmenteequilibrata?” si può fare riferimento alla “Posizioneu fficiale” sull’argomento dell’American DieteticAssociation e i Dietitians of Canada, due della mag-giori associazioni di professionisti della nutrizionenel mondo. Nel 2003, tali associazioni hanno pub-blicato una versione aggiornata della pro p r i a“Posizione ufficiale” in tema di diete vegetariane evegane: si tratta di un’ampia panoramica sullanutrizione vegetariana stilata sulla base di più di250 lavori scientifici, pubblicati su riviste medicheinternazionali, che costituiscono quindi lo stato del-l’arte sull’argomento.

La Posizione Ufficiale afferma testualmente che:L’American Dietetic Association ed i Dietitians ofCanada affermano che le diete vegetariane corretta-mente bilanciate sono salutari, adeguate dal puntodi vista nutrizionale e che comportano benefici perla salute nella prevenzione e nel trattamento dialcune patologie.

Secondo i dati riportati in questo lavoro scientifico,circa il 2.5 % degli adulti negli USA ed il 4% degliadulti in Canada seguono diete vegetariane.L’ i n t e resse nei confronti del vegetarismo è inaumento, molti ristoranti e mense scolastiche pro-pongono regolarmente menu vegetariani. Si è verifi-cata una incisiva crescita nelle vendite di alimentiper i vegetariani, e questi cibi sono reperibili inmolti supermercati.

Il documento prende in rassegna i dati scientificiattuali concernenti i nutrienti chiave per i vegetaria-ni, compresi le proteine, il ferro, lo zinco, il calcio,la vitamina D, la riboflavina, la vitamina B12, lavitamina A, gli acidi grassi omega-3 e lo iodio. Unadieta vegetariana, intesa sia come lacto-ovo-vegeta-riana che vegana, è in grado di soddisfare le racco-mandazioni correnti per tutti questi nutrienti. Inalcuni casi, l’uso di cibi fortificati o di supplementipuò essere utile per il raggiungimento delle dosiconsigliate per alcuni singoli nutrienti.

Secondo l’ADA e i Dietiticians of Canada, le dietevegane ben bilanciate ed altri tipi di diete vegetaria-ne risultano appropriate per tutti gli stadi del ciclovitale, ivi inclusi gravidanza, allattamento, prima eseconda infanzia ed adolescenza.

Non solo le diete vegetariane sono adeguate, maoffrono molteplici vantaggi sul piano nutrizionale,tra cui ridotti contenuti di acidi grassi saturi, cole-sterolo e proteine animali, a fronte di più elevaticontenuti di carboidrati, fibre, magnesio, potassio,acido folico ed antiossidanti, quali ad esempio levitamine C ed E e le sostanze fitochimiche. I datidisponibili nella letteratura scientifica evidenzianocome i vegetariani presentino un più basso indice dimassa corporea dei non-vegetariani, come pure unaridotta incidenza di morte per cardiopatia ischemi-ca; i vegetariani presentano inoltre più bassi livellidi colesterolo plasmatico e di pressione arteriosa,una ridotta incidenza di ipertensione, di diabetemellito tipo 2 e di tumore della prostata e del colon.

La risposta alla domanda iniziale proposta in questocapitolo risulta, quindi, un netto sì, secondo i pro-fessionisti della nutrizione aggiornati sull’argomen-to. Chiaramente, la dieta deve essere ben bilancia-

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ta, cioè variata, non costituita solo da una piccolaporzione dei vegetali disponibili, ma questo vale perqualsiasi tipo di alimentazione.

Nella Posizione Ufficiale, si aggiunge inoltre che iprofessionisti della nutrizione hanno la responsabi-lità di sostenere ed incoraggiare tutti coloro che simostrino interessati ad indirizzarsi verso un regimevegetariano. Queste figure possono infatti giocareun ruolo chiave nel fornire informazioni ai clientivegetariani sulle fonti alimentari dei nutrienti speci-fici, sull’acquisto e la preparazione dei cibi, e suogni modificazione dietetica necessaria a soddisfa-re le richieste individuali.

3.3 Vegetarismo e sport

Per quanto riguarda quella categoria di persone,atleti professionisti, dilettanti o amatoriali, chehanno un particolare fabbisogno nutrizionale, è fon-damentale la scelta di una dieta appropriata, chesoddisfi l’elevato fabbisogno energetico e calorico erisponda alle esigenze necessarie per le funzionivitali, per i processi di termoregolazione, la compen-sazione delle perdite (sudore, urina, ecc.) e il turno -ver dei tessuti.Svariati testi affrontano l’argomento dimostrandoche le diete vegetariane e vegane ben bilanciaterisultano del tutto compatibili con attività sportive -anche molto intense - e sono addirittura consigliabi-li per chi pratica sport di resistenza.In sintesi, si può affermare che i carboidrati costi-tuiscono la fonte energetica primaria utilizzatadurante l’esercizio fisico intenso e prolungato. Inassenza di un adeguato apporto calorico fornito daicarboidrati complessi, l’organismo è costretto a uti-lizzare i grassi di deposito e le proteine tissutali. La durata dell’esercizio fisico, la sua intensità, illivello di allenamento e la quantità iniziale di car-boidrati immagazzinati nel muscolo sotto forma diglicogeno, determinano il fabbisogno energeticodell’organismo dell’atleta. Nella dieta dell’atleta, i carboidrati complessi sonoil carburante d’eccellenza, mentre le proteine sononecessarie per il rinnovo e l’accrescimento del tes-suto muscolare.Le diete Veg costituiscono fonti eccellenti di carboi-drati e proteine, quindi un’alimentazione basata suuna varietà di cereali, legumi e verdure è facilmen-te in grado di fornire tutti gli aminoacidi essenzialie il substrato energetico richiesto dall’organismodell’atleta.

3.4 Bibliografia

Sito della Società Scientifica di NutrizioneVegetariana, www.ScienzaVegetariana.itMessina MJ, Messina VL. The dietitian’s guide to vege-tarian diets: issues and applications. Aspen Publishers1996; Gaithersburg MDPerry CL, McGuire MT, Neumark-Sztainer D, Story M.Adolescent vegetarians. How well do their dietary pat-terns meet the Healthy People 2010 objectives? ArchPediatr Adolesc Med 2002;156:431-437.Sabate J, Ratzin-Turner RA, Brown JE. Vegetariandiets: descriptions and trends. In: Sabate J, ed.Vegetarian Nutrition Boca Raton, FL: CRC Press;2001:3-17.Fraser GE. Associations between diet and cancer,ischemic heart disease, and all-cause mortality in non-Hispanic white California Seventh-day Adventists. AmJ Clin Nutr 1999;70:532S-538S.Larsson CL, Johansson GK. Dietary intake and nutritio-nal status of young vegans and omnivores in Sweden.Am J Clin Nutr 2002;76:100-106.Ball MJ, Bartlett MA. Dietary intake and iron status ofAustralian vegetarian women. Am J Clin Nutr1999;70:353-358.Harman, SK, Parnell, WR The nutritional health ofNew Zealand vegetarian and non-vegetarian Seventh-day Adventists: Selected vitamin, mineral and lipidlevels. N Z Med J 1998;111:91-94.Weaver C, Plawecki K. Dietary calcium: Adequacy of avegetarian diet. Am J Clin Nutr 1994;59:1238S-1241S.Appleby PN, Thorogood M, Mann JI, Key TJ. TheOxford Vegetarian Study: An overview. Am J Clin Nutr1999;70:525S-531S.Nathan I, Hackett AF, Kirby S. A longitudinal study ofthe growth of matched pairs of vegetarian and omnivo-rous children, aged 7-11 years, in the north-west ofEngland. Eur J Clin Nutr 1997;51:20-25.Key TJ, Fraser GE, Thorogood M, Appleby PN, Beral V,Reeves G, Burr ML, Chang-Claude J, Frentzel-BeymeR, Kuzma JW, Mann J, McPherson K. Mortality invegetarians and nonvegetarians: Detailed findingsfrom a collaborative analysis of 5 prospective studies.Am J Clin Nutr 1999;70:516S-524S.American Dietetic Association. Position of theAmerican Dietetic Association and the CanadianDietetic Association: Nutrition for physical fitness andathletic performance for adults. J Am Diet Assoc 1993Jun;93(6):691-6Larson DE. Vegetarian Diet for Exercise and AthleticTraining and Perf o rming: An Update. Issues inVegetarian Dietetics, Spring 1997;Vol. 6(3):4-7Nieman DC. Vegetarian dietary practices and enduran-ce performance, Am J Clin Nutr 1988 Sep;48(3Suppl):754-61.Grandjean A. The vegetarian athlete, Phys Sportsmed1987 ;15:191-4Nieman DC. Physical fitness and vegetarian diets: Isthere a relation? Am J Clin Nutr 1999;70:570S-575S.Larson DE. Vegetarian athletes. In: Rosenbloom CA,ed. Sports Nutrition. A Guide for the ProfessionalWorking with Active People, 3rd ed. Chicago, IL:American Dietetic Association, Sports, Cardiovascular,and Wellness Dietetic Practice Group; 2000:405-425.

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Capitolo 4

Preparazione delle dietevegetariane/vegan (veg)

L’obiettivo del progetto è quello di confrontare tuttii possibili impatti ambientali derivanti da dietebasate su:1)alimentazione onnivora con prodotti da

allevamenti intensivi e agricoltura non biologica2)alimentazione onnivora con prodotti

da allevamento e agricoltura biologica3)alimentazione vegetariana/vegana con prodotti

da allevamento e agricoltura non biologica4)alimentazione vegatariana/vegana con prodotti

da allevamento e agricoltura biologica

Prendendo come esempio una persona media, sonostate preparate diverse diete, confrontabili in riferi-mento a:– contenuto calorico– contenuti di carboidrati, proteine e grassi– variabilità – completezza – bilanciamento

Non essendo questo un libro di ricette, non verràeffettuato nessun riferimento alla palatabilità deglialimenti o al gusto delle varie porzioni presentate,essendo questi criteri assolutamente soggettivi ecomunque non significativi su un calcolo di impat-to ambientale.

3.1 Modalità nella sceltae nell’abbinamento degli alimenti

La piramide alimentare compare per la prima voltanel 1992, per opera del U.S. Departement ofAgricolture. Lo scopo era quello di fornire una guidaper aiutare l’utente a effettuare scelte dietetiche ingrado di preservare un buono stato di salute.Nessuna figura geometrica poteva trasmetteremeglio di questa i concetti chiave che si volevanodivulgare. La piramide alimentare focalizza l’atten-zione sui grassi, giacché la maggior parte degli ame-ricani ne introduce una quantità eccessiva con ladieta.

I principali punti delle linee guida americane sugge-riscono di:• variare gli alimenti in modo da assumere energia,

proteine, vitamine, minerali e fibre di cui si neces-sita per mantenere una buona salute;

• bilanciare l’assunzione di cibo con una maggioreattività fisica per mantenere o migliorare il propriopeso corporeo e prevenire patologie quali diabete,ipertensione, tumori e malattie cardiovascolari;

• scegliere una dieta a basso contenuto in grassi ezuccheri;

• optare per un basso consumo di sale e sodio perridurre il rischio d’ipertensione;

• assumere le bevande alcoliche con moderazione,poiché fonti di calorie e povere in nutrienti.

Per quanto riguarda la dieta onnivora, la piramidealimentare riporta i 7 gruppi alimentari (Tab. 4.1),

Tab. 4.1 I 7 gruppi alimentari della dieta onnivora

1° Gruppo Carne, pesce, uova. Comprende oltre alla carne, le frattaglie, gli insaccati e le conserve animali; il pesce fresco e conservato; leuova di gallina, di tacchina e di anitra. Sono ricchi di proteine d'alto valore biologico (18-25%). Le carni soprattutto quellerosse sono ricche di Fe, e vit. B12, K e del complesso B. Questi alimenti sono ad alto contenuto di colesterolo e grassi saturi. Ilpesce di mare è ricco di iodio ed il pesce in genere è ricco di fosforo, i crostacei contengono anche Fe.

2° Gruppo Latte e derivati. Comprende il latte di mucca fresco, condensato, in polvere; i latti di pecora e di capra; i formaggi; lo yogurt e,in genere, tutti i latticini. Contengono molto calcio, Vitamine A e D. Il latte, lo yogurt ed i formaggi contengono anche zucchero(lattosio) ed i formaggi contengono una quantità molto variabile di grassi saturi a seconda se sono freschi o stagionati.

3° Gruppo Cereali e derivati e altri amidacei: farine di frumento di grano duro e di grano tenero, mais o granturco, riso, orzo, segale,avena e derivati: pasta, pane, biscotti, fette biscottate, fiocchi di mais, fiocchi di riso; patate, castagne, tapioca. I cereali sonoricchi di zuccheri complessi o carboidrati o amidi (60-70%), sono abbastanza ricchi di proteine vegetali (7-10%) e sono poveridi grassi. I cereali sono ricchi di vitamine del gruppo B.

4° Gruppo Legumi secchi: fagioli, lenticchie, piselli, fave, ceci. I legumi sono ricchi di proteine d'origine vegetale a contenuto abbastanzaalto d’aminoacidi essenziali ma non complete. Si completano con quelle dei cerelai, all'interno della stessa giornata (nonnecessariamente dello stesso pasto). Sono ricchi di ferro e fibra.

5° Gruppo Grassi per condimento: comprendono l’olio di oliva e di semi, il burro, lo strutto, le margarine. Forniscono lipidi (80-100%), altequantità d'energia, vitamine liposolubili (A, D, E) e acidi grassi essenziali (ac. oleico, linoleico, arachidonico).

6° Gruppo Ortaggi e frutta: comprendono ortaggi a foglie, a tubero, a radice, a fiore, a frutto e a seme; frutta fresca e secca, agrumi.Forniscono vitamine idrosolubili (vitamine B e C), sali minerali, fibre alimentari.

7° Gruppo Comprende prodotti vari come zucchero, miele, marmellate, cioccolato, dolciumi, vino, birra, liquori, caffè, tè. Fornisce princi-palmente glucidi e alcool.

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anche se alcune piramidi ne riportano solo 5, conun range di porzioni per ciascuno degli alimentiprincipali ed è auspicabile che per ogni pasto vengaassunta almeno la quantità minima consigliata. In tal modo, sempre prendendo come esempio unadieta onnivora, si arriva ad utilizzare quotidiana-mente una quantità minima degli alimenti di 2-3porzioni di latticini e carne, 2-4 porzioni di frutta,3-5 porzioni di verdura e 6-11 porzioni dei cereali ederivati.

Il calcolo del fabbisogno energetico previsto daimenù è stabilito secondo le formule predittive deiLARN (revisione 1996). La composizione dei menùè scelta in modo da rispettare le linee guida per unasana alimentazione. Sono state preparate tre diete confrontabili per con-tenuto calorico, completezza e bilanciamento per il

fabbisogno di una settimana: una dieta onnivora,una vegetariana e una vegana con:

– Tre pasti principali e alcuni spuntini durantela giornata.

– Un contenuto calorico medio di 2000-2200 kcalal giorno.

– Un rapporto proteine/grassi/carboidrati paria 15/30/55

Come termine di confronto è stata inoltre preparatauna dieta con la lista e le quantità di alimenti checorrisponde alla normale e reale alimentazionemedia italiana.Questa dieta, anch’essa onnivora, si basa su datiricavati dal database FAO, da ISTAT e da associazio-ni di agricoltori.

Le descrizioni dei menù, le ripartizioni dei nutrientie delle kcal sono riportate rispettivamente:– Per il menù onnivoro nelle Tab. 4.2-3-4.– Per il menù vegetariano nelle Tab. 4.5-6-7.– Per il menù vegan nelle Tab. 4.8-9-10.– L’alimentazione reale media settimanale

degli italiani è riportata in Tab. 4.11.

Colazione tipoLatte ps 250 g o yogurt alla frut-ta 125 gCaffè zuccherato (1cucchiaino =5g)Pane comune 40 g o 4 fettebiscottate con 1 cucchiaio dimarmellata (10 g)

Spuntini A metà mattina e a metà pome-riggio a base di frutta fresca oyogurt

Pranzo tipo Pasta o riso 120g al pomodoro oalle verdureGrana 1 cucchiaino (5g)Pane (integrale 50g/comune 40g)Verdura 1 porzione (200g) Frutta 1 porzione (150g)

Cena tipoSecondo piatto (1 porzione)Pane (integrale 100g/comune90g)Verdura 1 porzione (200g) Frutta 1 porzione (150g)

P.S. Il menù (onnivoro, rispettosodella piramide alimentare, peruomo) prevede 40g di olio extra-vergine d’oliva come condimentoed 1 bicchiere di vino al dì.

O l t re al condimento dellapasta/riso a pranzo, che si puòc o n s i d e r a re trascurabile, lavariazione principale è la cena,pertanto:Cena day 1 Carne di manzo 120g/ petto pollo 130gCena day 2 Carne di maiale120g / petto pollo 130gCena day 3 Formaggio fresco100gCena day 4 Formaggio stagiona-to 80gCena day 5 Uova 120g (n°2)Cena day 6 Sogliola 200g/tonnosott’olio 80gCena day 7 Nasello 200g/tonnosott’olio 80g

Tab. 4.2Menù onnivoro rispettoso della piramide alimentare

KCAL

ProteineLipidiCarboidrati

DAY 1 DAY 2 DAY 3 DAY 4 DAY 5 DAY 6 DAY 7

Tab. 4.3 Ripartizione nutrienti per il menù onnivororispettoso della piramide alimentare

Tab. 4.4 Ripartizione kcal per il menù onnivororispettoso della piramide alimentare

2037%162757100

2092%152956100

g7759295

g7666295

2182%123454100

g6480

297

2196%143353

100

g7278296

2057%133156100

g6467295

2090%152956100

g7565296

2078%152956

100

g7564295

Media settimanale

KCAL 2105% g

Proteine 15 72Lipidi 30 68Carboidrati 55 296

100FIBRA 28

DAY 1 DAY 2 DAY 3 DAY 4 DAY 5 DAY 6 DAY 7KCAL 2037 2092 2182 2196 2057 2090 2078

% % % % % % %colazione14 13 13 13 14 13 13spuntino 5 4 4 4 5 5 5pranzo 41 41 40 39 41 41 41spuntino 5 4 4 4 5 5 5cena 35 38 39 40 35 36 36

100 100 100 100 100 100 100

KCAL 2013%

colazione13spuntino 5pranzo 41spuntino 5cena 37

100

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4.2 Modalità dei metodi di produzione

4.2.1 Agricoltura chimica intensiva

Nel mondo, le terre emerse sono 11 miliardi di etta-ri. Di questi 11 miliardi, gli ettari utilizzati per l’a-gricoltura sono 1379 milioni; in essi hanno sede lecoltivazioni che producono le materie prime per l’al-levamento del bestiame, oltre che per l’alimentazio-ne umana e per l’uso industriale. Questi ettari pos-sono essere così suddivisi: 294 in Europa, 96 nelsud America, 260 nel nord e centro america, 496in Asia, 56 in Oceania e 178 in Africa. Ad essivanno però aggiunti altri 3 miliardi di ettari dipascoli utilizzati dal bestiame, 100 milioni di ettaridi colture permanenti (prevalentemente arboree) e4 miliardi di ettari di foreste.Per molto tempo l’agricoltura chimica intensiva èstata vista come l’unico modo per ottenere le pro-

duzioni necessarie. Sviluppata soprattutto nellearee di pianura, essa deve il suo successo alla capa-cità di mantenere sempre elevato il livello di produt-tività, grazie alla costante attenzione alle innovazio-ni tecnologiche, ai continui adeguamenti struttura-li e all’impiego di fertilizzanti e prodotti chimici chehanno consentito il passaggio alla monocoltura,ossia la riutilizzazione del terreno per la stessa cul-tura anno dopo anno, eliminando chimicamente ilnormale ciclo di rotazione delle colture e riposo cheun terreno dovrebbe osservare per recuperare ilmateriale organico perso. L’obiettivo è quello di produrre più cibo, per questogli incentivi all’agricoltura sono stati indirizzati daallora e fino ad oggi verso questo tipo di produzio-ne, con l’uso di prodotti chimici aventi una doppiafunzione: aumentare il raccolto e ridurre l’effettodegli insetti e delle malattie, il tutto con l’ausilio dimacchine agricole sempre più potenti.Tra i prodotti chimici utilizzati troviamo i diserbanti(prodotti che distruggono alcuni tipi di piante infe-stanti, impedendone lo sviluppo, inibendo la foto-sintesi o interferendo nei processi fisiologici provo-cati dagli ormoni delle piante), i fitofarmaci (sostan-ze chimiche che, intervenendo sul ciclo biologico diuna pianta, ne incrementano e migliorano la produ-zione; vengono anche usati come veri e propri far-

Colazione tipoLatte ps 250 g o yogurt alla frut-ta 125 gCaffè zuccherato (1cucchiaino =5g)Pane comune 40 g o 4 fettebiscottare con 1 cucchiaio dimarmellata (10 g)

SpuntiniA metà mattina e a metà pome-riggio a base di frutta fresca oyogurt

Pranzo tipo Pasta o riso 120g al pomodoro oalle verdureGrana 2 cucchiaini (10g)Pane (integrale 50g/comune40g)Verdura 1 porzione (200g) Frutta 1 porzione (150g)

Cena tipoSecondo piatto (1 porzione)Pane (integrale 100g/comune90g) oppure pasta 80g

Verdura 1 porzione (200g) Frutta 1 porzione (150g)

P.S. Il menù (per uomo) prevede 40gdi olio extravergine d’oliva comecondimento ed 1 bicchiere divino al dì.

Oltre al condimento dellapasta/riso a pranzo, che si puòconsiderare trascurabile, lavariazione principale è la cena,pertanto:

Cena day 1 Tofu 125gCena day 2 Legumi secchi (len-ticchie) 100gCena day 3 Formaggio fresco100gCena day 4 Formaggio stagiona-to 80gCena day 5 Uova 120g (n°2)Cena day 6 Seitan 100 gCena day 7 Legumi secchi(fagioli) 100g

Tab. 4.5 Menù vegetariano

KCAL

ProteineLipidiCarboidrati

DAY 1 DAY 2 DAY 3 DAY 4 DAY 5 DAY 6 DAY 7

Tab. 4.6 Ripartizione nutrienti per il menù vegetariano

Tab. 4.7 Ripartizione kcal per il menù vegetariano

2136%153055

100

2214%142561100

g7670296

g7459347

2201%132453

100

g6682297

2215%143353100

g7480

296

2076%133156100

g6668

295

2060%142858100

g6962

302

2201%132661100

g6962302

Media settimanale

KCAL 2158% g

Proteine 14 71Lipidi 30 69Carboidrati 56 305

100FIBRA 32

DAY 1 DAY 2 DAY 3 DAY 4 DAY 5 DAY 6 DAY 7KCAL 2136 2214 2201 2215 2076 2060 2201

% % % % % % %colazione13 13 13 13 13 13 13spuntino 4 4 4 4 5 5 4pranzo 41 40 40 40 42 42 40spuntino 4 4 4 4 5 5 4cena 38 39 39 39 35 35 39

100 100 100 100 100 100 100

KCAL 2158%

colazione13spuntino 4pranzo 41spuntino 4cena 38

100

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maci, per curare malattie dei vegetali), insetticidi(preparati che agiscono come sostanze tossicheverso gli insetti e altri parassiti animali. Sono larga-mente diffusi soprattutto nel campo della patologiavegetale, nel quale gli insetticidi più importantihanno tutti largo impiego come antiparassitari) oltreai diversi tipi di nitrati e urea utilizzati come ferti-lizzanti.

4.2.2 Agricoltura biologica

Il ricorso a queste tecniche intensive di coltivazio-ne ha però talvolta portato a effetti indesiderati perl’ambiente, così come l’eccessivo impiego di pro-dotti chimici per la difesa delle culture ha creatoproblemi di resistenza delle piante ai parassiti ecreato preoccupazione circa la possibile presenza diresidui negli alimenti. Da qualche anno, perciò, troviamo di fianco alla col-tivazione considerata “tradizionale” o “intensiva”un tipo di coltivazione definita “biologica”. Nata perapplicare tecniche agricole più rispettose per l’am-biente e dei suoi abitanti, utilizza solo concimi diorigine naturale (letame, sostanze minerali, compo-st) evitando concimi chimici, diserbanti, insetticidie altre sostanze chimiche di sintesi, potenziando

così nel contempo l’attività biologica sia del terrenosia dell’ambiente agrario, recuperando quella biodi-versità che l’agricoltura convenzionale aveva portatoa perdere. Nell’agricoltura biologica la lotta ai parassiti dellepiante è consentita solamente con preparati vegeta-li, minerali e animali non tossici e con l’utilizzo diinsetti predatori e parassiti. Nella trasformazionenon sono consentite sostanze conservanti e coloran-ti quali nitriti e nitrati, acido benzoico o benzoati ealtri intrusi poco graditi ma ormai abituali dellanostra mensa quotidiana.

Colazione tipoLatte di soia 250 g Caffè zuccherato (1cucchiaino =5g)Pane comune 40 g o 4 fettebiscottate con 1 cucchiaio dimarmellata (10 g)

SpuntinoA metà mattina a base di fruttafresca

Pranzo tipoPasta o riso 120g al pomodoro oalle verdure o alla frutta seccaPane (integrale 100g/comune90g)Verdura 1 porzione (200g) Frutta 1 porzione (150g) o fruttasecca 20g (se non impiegata percondire la pasta)

Cena tipoPasta o riso 80g al pomodoro o

alle verdureSecondo piatto (1 porzione)Pane (integrale 50g/comune40g) Verdura 1 porzione (200g) Frutta 1 porzione (150g)

P.S. Il menù (per uomo) prevede 40gdi olio extravergine d’oliva comecondimento ed 1 bicchiere divino al dì.

Cena day 1 Tofu 125gCena day 2 Legumi secchi (len-ticchie) 100gCena day 3 Seitan 100gCena day 4 Legumi secchi(fagioli) 100gCena day 5 Tofu 125gCena day 6 Seitan 100gCena day 7 Legumi secchi(media) 100g

Tab. 4.8 Menù vegan

KCAL

ProteineLipidiCarboidrati

DAY 1 DAY 2 DAY 3 DAY 4 DAY 5 DAY 6 DAY 7

Tab. 4.9 Ripartizione nutrienti per il menù vegan

Tab. 4.10 Ripartizione kcal per il menù vegan

2036%153154100

2382%142660100

g8377

317

g8166

368

2229%142957100

g7569323

2370%142660100

g7867364

2306%153154

100

g8377317

2229%142957

100

g7569323

2265%132760100

g7066

345

Media settimanale

KCAL 2298% g

Proteine 14 78Lipidi 28 70Carboidrati 57 337

100FIBRA 36

DAY 1 DAY 2 DAY 3 DAY 4 DAY 5 DAY 6 DAY 7KCAL 2306 2383 2229 2377 2306 2229 2265

% % % % % % %colazione11 11 12 11 11 12 18spuntino 3 3 3 3 3 3 2pranzo 46 44 47 44 46 47 38cena 40 42 38 42 40 38 42

100 100 100 100 100 100 100

KCAL 2298%

colazione12spuntino 3pranzo 45cena 40

100

Cibi animaliFormaggio: 380 gLatte: 1.14 litriCarne suina: 817 gCarne bovina: 438 gPollame: 350 gAltra carne: 120 gUova: 230 g (4 uova)Pesce: 475 g

Cibi non animaliFrumento: 2.9 kgRiso: 115 gVerdura: 3.4 kg - di cui 2.1 kgparte edibile Frutta: 2.7 kg - di cui 1.34 kgparte edibile Legumi: 100 g - di cui 50 gparte edibile

Tab. 4.11 L’alimentazione reale mediasettimanale degli italiani

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Per considerarsi biologica, una coltivazione, oltre aquelli citati, deve rispettare i seguenti parametri:– I prodotti devono essere coltivati in terreni dove

da almeno due anni è stato sospeso l’uso di pro-dotti chimici.

– I terreni devono essere nettamente separati dagliappezzamenti con produzione non biologica.

– Ogni fase di produzione coltivazione, trasforma-zione, confezionamento è sottoposta a controllospecifico.

Esiste un Regolamento Comunitario che la regola, ilReg. CEE 2092/91 per cui si tratta di una produzio-ne certificata, al contrario delle varie altre diciture,elencate nel paragrafo che segue, che non prevedo-no alcuna certificazione.

4.2.3 Chiarimenti terminologici

Alla luce di questi fatti occorre fare una precisazio-ne chiarendo la differenza che esiste tra prodottobiologico e prodotto naturale (spesso considerato lastessa cosa), prodotto integrale, ecologico, alimentiprodotti con il metodo della lotta integrata, prodottibiodinamici, dato che spesso c’è confusione sull’ar-gomento.“Naturale” è una parola molto usata nella pubbli-cità, ma, nonostante il numero sempre crescente diprodotti pubblicizzati come tali, non esiste alcunalegge che definisca un prodotto “naturale” e chequindi ne disciplini l’uso.Spesso il termine “integrale” può essere interpreta-to come “prodotto sano” o “biologico”, ma i prodot-ti integrali possono derivare sia da un agricolturabiologica sia da un agricoltura convenzionale; unprodotto integrale è generalmente inteso come“non raffinato”.Per l’alimento “ecologico” così come per quello“naturale”, non esiste alcuna legge che ne discipli-ni l’uso o la produzione, quindi non può offrire alcu-na garanzia di tutela al consumatore in quanto ogniproduttore potrebbe usare come crede questa dici-tura.Il metodo della lotta integrata consente di diminui-re, senza tuttavia eliminarlo, l’uso di antiparassitarinelle coltivazioni attraverso l’impiego di avversarinaturali dei parassiti, concedendo comunque anchel’uso della tradizionale “concimazione chimica”.Per il momento non esiste una legislazione specifi-ca o certificazioni di prodotti così ottenuti.Gli alimenti prodotti col metodo biodinamico, infi-ne, hanno le stesse caratteristiche dei prodotti pro-venienti da agricoltura biologica, essendo sottopostiallo stesso regime di controllo e certificazione. Purutilizzando entrambe le stesse tecniche di coltiva-zione, la coltivazione biodinamica considera l’azien-

da agricola come un essere vivente, e tiene contodei cicli astronomici e lunari nel calendario dellelavorazioni.

4.2.4 Allevamento intensivo

Così come nel settore agricolo, lo sviluppo tecnolo-gico dello scorso secolo ha portato grandi rivoluzio-ni nel settore zootecnico: anche per questo tipo diattività, il principio basilare è diventato l’aumentoesponenziale delle produzioni per ottenere una piùalta produttività al fine di assecondare la richiestadel mercato dei prodotti di origine animale, arrivatooggi ad essere quasi quattro volte superiore al fab-bisogno giudicato adeguato dalla letteratura sull’ali-mentazione umana. L’industrializzazione della zootecnia è stata l’unicasoluzione individuata per rispondere a tali necessitàe ha imposto profonde trasformazioni al classicometodo di allevamento presente fino agli anni ‘50-’60, periodo in cui è iniziata l’evoluzione del consu-mo di carne in Italia. Sulla spinta di questa crescente richiesta di carne,latte e uova, la popolazione mondiale di mucche,maiali, pecore, capre, polli e altri animali (d’alleva-mento) è molto cresciuta; il numero dei quadrupedidi interesse zootecnico presenti sulla Te rra èaumentato del 60% dal 1961, da 3,1 a 4,9 miliar-di, mentre quello dei volatili d’allevamento si èpressoché quadruplicato, passando da 4,2 a 15,7miliardi.

Le tecnologie che hanno permesso la trasformazio-ne della zootecnia in zootecnia intensiva sono:– l’evoluzione delle strutture delle stalle; – l’applicazione della chimica e della tecnologia

all’allevamento attraverso l’introduzione di man-gimi complessi e integrati;

– la modifica genetica degli animali allevati;– l’utilizzo di farmaci, vaccini e antiparassitari.

L’industrializzazione ha favorito così la concentra-zione di animali in grandi strutture, riducendo dra-sticamente il bisogno di terreno; al giorno d’oggi,infatti, negli allevamenti industrializzati o senzaterra, è concentrata la maggior parte degli animali;non solo bovini, ma anche polli, suini, tacchini econigli.Circa il 60% della zootecnia in Italia è situata nellapianura padana, che ospita quasi 6 milioni di bovi-ni e 6 milioni e 300 mila suini.Le regioni con il maggior numero di allevamentiintensivi sono la Lombardia con 2.430.000 bovini e2.862.000 suini, seguita dall’Emilia Romagna con1.150.000 bovini e 1.876.000 suini e il Piemontecon 932.000 bovini e 751.000 suini.

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Gli allevamenti intensivi rappresentano il sistema diproduzione in più rapida crescita, che fornisce il43% del quantitativo globale di carne - era circa unterzo solo nel 1990 - che diventa più della metà perquanto riguarda la carne suina e il pollame. Benchéfinora concentrato nel Nord America e in Europa,questo metodo si sta diffondendo nelle zone prossi-me ai grossi centri urbani in Brasile, Cina, India,Filippine e in altre regioni in via di sviluppo.

La metodologia dell’allevamento intensivo, se purcon tecniche diverse, oggi si pratica anche per l’al-levamento degli animali acquatici, quali ad esempiomolluschi, pesci e crostacei.Anche in questo caso, questo tipo di zootecnia falargo uso di metodologie intensive, attraverso l’usodi tecnologie sempre più avanzate. Utilizza metodidi riproduzione artificiali avvalendosi dell’impiegodi estratti ipofisari per controllare il processo ripro-duttivo e anticipare artificialmente la maturazionedegli ovuli nelle femmine e del liquido seminaleper i maschi.L’ittiocoltura comprende allevamenti di pesci d’ac-qua dolce e d’acqua salata ed è l’unico settore zoo-tecnico che ha un incremento annuo dell’ 8%.Attraverso questa tecnica di allevamento i pescivengono quindi allevati dallo stadio larvale fino allafase finale con metodi artificiali in condizioni inten-sive in ogni fase: per esempio, nell’allevamentodella trota la densità di trote di circa un mese permetro quadrato è di 30.000 elementi.Anche per questo tipo di allevamento si fa largo usodi principi farmacologici quali antibiotici, formalinae antiparassitari. Nell’alimentazione dei pesci si fauso di diete artificiali, soprattutto sottoprodotti delmacello, residui dell’industria dello scatolame, sot-toprodotti della lavorazione del pesce e mangimisecchi contenenti farine animali, integratori, antios-sidanti e antibiotici.

4.2.4 Allevamento biologico

Un altro tipo di allevamento però si sta facendostrada, soprattutto negli ultimi anni, a causa del-l’aumento della richiesta da parte dei consumatoridi maggiore sicurezza delle derrate alimentari, conuna più marcata sensibilità verso i temi relativi allatutela dell’ambiente e alla salvaguardia del benes-sere animale. Si tratta dell’allevamento biologico.Questo tipo d’attività si avvale di varie tecniche, avolte molto sofisticate, che tengono in considerazio-ne il benessere degli animali, la biodiversità, le tra-dizioni e la salute dell’uomo. Nell’allevamento biologico, a differenza di quellointensivo, gli animali sono allevati con tecniche cherispettano il loro benessere e sono nutriti con vege-

tali prodotti in azienda secondo i principi dell’agri-coltura biologica e comunque acquistati solo in viaeccezionale in aziende che praticano l’agricolturabiologica debitamente riconosciute, con un divietodi alimentare gli animali con prodotti di origine ani-male (ad esclusione del latte).Nel caso della vacca da latte, almeno il 60% dellasostanza secca ingerita quotidianamente deveopportunamente essere formata da foraggi freschi,essiccati o insilati; questi ultimi non possono peròr a p p re s e n t a re l’unica componente foraggiera. Ilricorso a mangimi convenzionali (anche di produzio-ne non biologica) è ammesso solo per una quotalimitata, non superiore al 10% della sostanza seccadella razione.

Nell’allevamento biologico sono evitate tecniche diforzatura della crescita e metodi industriali digestione dell’allevamento, mentre per la cura delleeventuali malattie si utilizza una medicina veterina-ria basata principalmente sull’uso di rimedi omeo-patici e fitoterapici.Al momento, l’uso dei farmaci di sintesi non ècomunque completamente proibito. Per esempio,l’impiego di prostaglandine per combattere i disor-dini di fertilità e per la sincronizzazione degli estridella zootecnia biologica è proibito; mentre non lo èquando sono usate in casi estremi ad uso terapeuti-co in sostituzione degli antibiotici e per la cura dellemetriti.

Il dimensionamento dei ricoveri e la loro gestionesono tra i principali fattori che differenziano la zoo-tecnia biologica da quella tradizionale o intensiva.Particolare importanza riveste l’ambiente in cuisono ospitati gli animali, che deve agevolare il lorobenessere. I requisiti prioritari sono: densità ottima-le che consenta libertà di movimento, sufficienteaerazione, luce naturale, e facile accesso alle man-giatoie e agli abbeveratoi. Gli edifici stabulatividevono essere strutturati in modo da disporre di unazona di riposo asciutta, ricoperta con paglia o altrimateriali naturali, con limitato ricorso a pavimentigrigliati, mentre si devono prevedere aree di eserci-zio all’aperto.

4.3 Denominazione delle diverse diete analizzate

L’insieme di 4 diversi menù e di due diversi metodidi produzione/allevamento ha portato alla creazionedi 8 “stili alimentari” che, per semplicità, nei pros-simi capitoli verranno definiti tramite le seguentisigle:

• menù onnivoro con alimenti prodotti da agricoltu-ra/allevamento intensivo: ONNIV-INT

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• menù onnivoro con alimenti prodotti da agricoltu-ra/allevamento biologico: ONNIV-BIO

• menù vegetariano con alimenti prodotti da agricol-tura/allevamento intensivo: VEGET-INT

• menù vegetariano con alimenti prodotti da agricol-tura/allevamento biologico: VEGET-BIO

• menù vegan con alimenti prodotti da agricolturaintensiva: VEGAN-INT

• menù vegan con alimenti prodotti da agricolturabiologica: VEGAN-BIO

• menù “normale”, corrispondente all’alimentazio-ne media settimanale degli italiani, con alimentip rodotti da agricoltura/allevamento intensivo:NORM-INT

Va notato che il menu NORM-INT è quello reale, equindi non bilanciato, cioè non rispondente ai crite-ri della piramide alimentare, mentre tutti gli altrisono menu bilanciati, quindi, da un punto di vistasalutistico, corretti.

Non è stato invece analizzato un menù “normale”,corrispondente all’alimentazione media settimanaledegli italiani, con alimenti prodotti daagricoltura/allevamento biologico, che avre b b edovuto essere definito: NORM-BIO.Alcuni risultati preliminari hanno infatti chiaramen-te evidenziato che, considerando i consumi realiattuali, la produttività degli allevamenti biologicinon sarebbe assolutamente in grado di soddisfare ladomanda di prodotti animali in Italia.Un menù NORM-BIO risulta quindi un caso total-mente ipotetico non realizzabile nella pratica.

4.4 Bibliografia

A AVV (1996) Livelli Assunzione RaccomandatiNutrienti - Revisione 1996, SINU.AAVV (1997) Linee Guida per una Sana Alimentazione- Revisione 1997, INN. Messina V., Melina V., Mangels A.R. (2003) A newfood guide for North American vegetarians. J Am DietAssoc,103, 771-775.Messina V., Melina V., Mangels A.R. (2003) A newfood guide for North American vegetarians. Can J DietPract Res, 64(2).Hu F. B., Rimm E. B., Stampfer M.J., Ascherio A.,Spiegelman D., Willet W.C., (2000). Prospective studyof major dietary patterns and risk of coronary heartdisease in man. American Journal of ClinicalNutrition, 72, 912-921.Johnson R. K. (2000). The 2000 Dietary Guidelinesfor Americans: foundation of US nutrition policy.British Nutrition Foundation Bulletin, 25, 241-248.Richardson D. P. (2000). The science behind whole -grain and the reduced risk of heart disease and can -cer. British Nutrition Foundation Bulletin, 25, 353-360.World Health Organisation (1989). MONICA Project:risk factors. International Journal of Epidemiology, 18,S46-S55.World Health Organisation (1995). Epidemiology andprevention of cardiovascular diseases in elderly peo -ple. WHO Technical Report Series 853, Geneva.AAVV (1998) Functional Food Science in Europe.British Journal of Nutrition, 80(1), S1-S193.AAVV (1999) Scientific Concepts of Functional Foodsin Europe: Consensus Document. British Journal ofNutrition, 81(1), S1-S27.European Commission Community Research (2000)Project Report: Functional food science in Europe,Volume 1; Functional food science in Europe, Volume2; Scientific concepts of functional foods in Europe,Volume 3. EUR-18591, Office for Off i c i a lPublications of the European Communities, L-2985,Luxembourg.Ashwell M. (2001). Functional foods: a simple sche -me for establishing the scientific basis for all claims.Public Health Nutrition, 4, 859-863.h t t p : / / w w w. c s o . i e / p u b l i c a t i o n s / a g r i c u l t u re / m e a t s u p . p d f

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Capitolo 5

Scelta della metodologia

5.1 La metodologia per la Valutazione del Ciclo di Vita Life Cycle Assessment (LCA)

Forse la migliore definizione per la metodologiadenominata Life Cycle Assessment (LCA) è quellaproposta dalla SETAC (Society of EnvironmentalToxicology and Chemistry) negli anni ’90: “un pro-cedimento oggettivo di valutazione dei carichi ener-getici ed ambientali relativi ad un processo o un’at-tività, effettuato attraverso l’identificazione dell’e-nergia e dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati nel-l’ambiente. La Valutazione include l’intero ciclo divita del processo o attività, comprendendo l’estra-zione ed il trattamento delle materie prime, la fab-bricazione, il trasporto, la distribuzione, l’uso, ilriuso, il riciclo e lo smaltimento finale”. Tutt’ora in fase di sviluppo, la metodologia è statastandardizzata a livello internazionale attraverso lapubblicazione delle norme ISO della serie 14040.Esistono 4 standard ISO, pubblicati agli inizi del2000, dedicati specificamente alla LCA:• ISO 14040: definisce i principi e la struttura;• ISO 14041: definisce le prime due fasi di uno

studio LCA, e cioè la Goal and Scope Definitione la Inventory Analysis;

• ISO 14042: definisce la fase di Valutazionedegli Impatti (Life Cycle Impact Assessment);

• ISO 14043: definisce la fase di Interpretazione.

5.2 Le normative riguardanti la LCA

La metodologia LCA possiede un riconoscimentoscientifico tale da essere inserito all’interno dinumerose normative:• Il Regolamento europeo EMAS (Environment

Management and Audit Scheme) e la Norma ISO14001 (norma quadro sull’EnvironmentalManagement System) definiscono la LCA comestrumento scientificamente adatto per l’identifi-cazione degli aspetti ambientali significativi.

• Il Regolamento CEE N. 880/92 (concernente unsistema comunitario di assegnazione di un mar-chio di qualità ecologica) e il RegolamentoEcolabel (Norma ISO 14024, riguardante l’eti-chettatura ecologica) propongono la LCA comeunico strumento con il grado di scientificitànecessario per garantire la veridicità dei marchi edelle dichiarazioni ambientali di prodotto.

• Il “Decreto Ronchi” ha inserito a livello normati-vo, per la prima volta in Italia, la richiesta espli-cita dell’analisi del ciclo di vita per l’esecuzionedei piani di smaltimento dei rifiuti.

Inoltre, questa metodologia è accettata dalla comu-nità scientifica internazionale e ed è riconosciuta:– idonea per imprese che vogliono diventareambientalmente efficienti;– utile agli organismi pubblici per la gestione dipolitiche ambientali.

5.3 Struttura di uno studio di LCA

Secondo la norma ISO 14040, la Valutazione diCiclo di Vita deve comprendere le seguenti fasi:1) Definizione degli obiettivi e del campo

d’applicazione dello studio2) Analisi di inventario3) Valutazione degli impatti 4) Interpretazione e miglioramento

5.3.1 Definizione degli obiettivi e del campo diapplicazione dello studio (Goal e Scoping)

La Norma UNI EN ISO 14040 definisce questaprima fase così: “Gli obiettivi e gli scopi dello stu-dio LCA devono essere definiti con chiarezza ede s s e re coerenti con l’applicazione pre v i s t a .L’obiettivo di una LCA deve stabilire senza ambi-guità quali siano l’applicazione prevista, le motiva-zioni che inducono a realizzare lo studio e il tipo dipubblico a cui è destinato, cioè a quali persone siintendono comunicare i risultati dello studio”.

L’obiettivo di questo progetto è quello di confronta-re tutti i possibili impatti ambientali derivanti dadiete basate su:• alimentazioni onnivora/vegetariana/vegana con

prodotti da allevamento e agricoltura non biologi-ca;

• alimentazioni onnivora/vegatariana/vegana conprodotti da allevamento e agricoltura biologica.

Prendendo come esempio una persona media, siesamineranno le 8 diete presentate nel capitolo 4per studiarne gli impatti ambientali in modo com-pleto, tenendo conto di tutto il necessario: • accordi internazionali sull’ambiente;• sviluppo sostenibile;• danni sulla salute umana (sostanze che abbiano

un impatto sulla respirazione, composti organicied inorganici, sulla carcinogenesi, sui cambia-menti climatici e sullo strato di ozono, radiazioniionizzanti);

• danni alla qualità degli ecosistemi (ecotossicità,acidificazione e l’eutrofizzazione);

• danni sulle Risorse (utilizzo di risorse primarie edi combustibili).

Data la complessità dello studio normalmente ci siconcentra su un singolo problema (es. impattoambientale della produzione di latte) ma non si rie-sce a chiarire con precisione tutte le interazioni con

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gli altri componenti dell’argomento.La novità del progetto risiede proprio nel tentareuna valutazione degli impatti ambientali di dietecomplete e diversificate per alimenti e per metodi diproduzione.

5.3.2 Analisi di inventario (Life Cycle Inventory)

La norma ISO 14040 definisce l’analisi di inventa-rio come la “Fase della LCA che prevede la raccoltae la quantificazione degli input e degli output perun dato sistema/prodotto lungo il suo ciclo di vita”.In questa fase, che costituisce il nucleo centrale epiù impegnativo di uno studio di LCA, vengono rac-colti i dati necessari e viene preparato il modelloche rappresenta l’intero ciclo di vita dei prodotti,dei processi e delle attività..In questa fase normalmente si utilizza un softwareche permette anche la fase di valutazione degliimpatti (paragrafo 5.3.3).Alcuni software utilizzabili sono:• SimaPro 5, sviluppato da Pré Consulting (NL); • Boustead Model, sviluppato da Boustead

Consulting Ltd (UK); ad oggi giunto alla versione4.1, supporta solo l’analisi di inventario;

• TEAM, sviluppato da Ecobalance (UK);• PEMS, sviluppato da Pira International (UK).

5.3.2.1 Il software: SimaPro 5

Il software SimaPro 5 è stato scelto per effettuarel’analisi d’inventario (paragrafo 5.3.2) e per la valu-tazione degli impatti (paragrafo 5.3.3) data la suaaffidabilità, potenzialità interattiva e possibilità dimodifica e adattamento.Per gli specialisti si specifica che in SimaPro 5 idati e le metodologie sono archiviati in file denomi-nati libraries, da cui si possono attingere le informa-zioni necessarie alla stesura dell’inventario.L’inventario costituisce il cuore del cosiddettoproject; oltre all’inventario, nel project si possonoinserire tutte le informazioni inerenti lo studio,quali, ad esempio, la descrizione degli obiettivi edei processi e le fonti da cui sono tratti i dati.La fase di inventario vera e propria consiste nellacreazione del modello del sistema oggetto di studio,in base ai materials e ai processes. In SimaPro 5, ilmodello viene creato essenzialmente in tre stadi,seguendo un approccio “bottom-up”:1. La definizione dei processes, partendo dal più

semplice (unit process) fino a quello più com-plesso (system): i processes contengono i dati diinput e output e costituiscono i “blocchi” checompongono il ciclo di vita.

2. La definizione delle assemblies, che non conten-gono dati veri e propri ma una lista dei processesprecedentemente definiti. Con un’assembly è

quindi possibile modellizzare la fase di produzio-ne.

3. La definizione dei life cycles, che modellano l’in-tero ciclo di vita del prodotto, dalla culla allatomba, comprendendo anche il trattamento deirifiuti in output dalla fase di produzione. Un lifecycle contiene link ad un’assembly e, rispetto adessa, vi aggiunge processi relativi ai trattamentidei rifiuti in output, l’uso di energia, ed eventua-li life cycles addizionali, qualora il sistema ogget-to di studio sia particolarmente complesso osiano stati definiti confini del sistema moltoampi.

5.3.3 Valutazione degli impatti (Life Cycle Impact Assessment, LCIA)

La norma ISO 14040 definisce la fase di valutazio-ne degli impatti come “Fase di una LCA destinataallo studio e alla valutazione del potenziale impattoambientale provocato dal sistema-prodotto inesame, che ha lo scopo di evidenziare l’entità dellemodificazioni generate a seguito dei consumi dirisorse e dei rilasci nell’ambiente calcolati nell’in-ventario”.È la fase di passaggio dalla raccolta e analisi deidati allo studio degli effetti ambientali.In pratica è il momento in cui si deve quantificarel’entità del contributo di ogni singolo processo aldanno complessivo.Gli elementi necessari per la valutazione degliimpatti sono:• la selezione delle categorie di impatto (effetti

ambientali) e degli indicatori ambientali che lerappresentano.

• l’attribuzione dei risultati dell’analisi d’inventarioalle categorie di impatto selezionate (classificazio -ne) in base agli effetti che esse provocano o pos-sono provocare sull’ambiente.

Viene cioè attribuito un “peso” alle diverse sostan-ze. Tale peso, che è un valore adimensionale, è attri-buito in relazione all’effetto più o meno intenso chele sostanze hanno sull’ambiente.

La fase successiva alla redazione dell’Inventario è lafase di Valutazione degli Impatti, cioè la quantifica-zione degli impatti ambientali provocati dal flussodi materia e energia attraverso il sistema.SimaPro 5 fornisce una serie di metodi per realizza-re questa fase:• CML 1992• CML 2 baseline 2000• Ecoindicator 95• Ecoindicator 99• Ecopoints 97• EDIP/UMIP 96• EPS 2000

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5.3.3.1 Ecoindicator 99

L’Ecoindicator 99 è un metodo damage-oriented,esprime cioè gli impatti in tre macro-categorie didanno, che racchiudono diff e renti categorie diimpatto.Le categorie di danno considerate sono quelle con-nesse:• alla salute umana (Human Health – HH);• alla qualità degli ecosistemi (Ecosystem Quality –

EQ);• alle risorse (Resources – R).

I danni sulla salute umana sono espressi in DALY(Disability Adjusted Life Years). In questa categoriasono modellati i danni causati da tutte le sostanzeche abbiano un impatto sulla respirazione (compo-sti organici ed inorganici), sulla carcinogenesi, suicambiamenti climatici e sullo strato di ozono; sonocomprese in questa categoria anche le radiazioniionizzanti.I modelli utilizzati comprendono quattro step.Fate analysis: lega le emissioni (espresse comemassa) ad un cambiamento di concentrazione neltempo.Exposure analysis: lega le concentrazioni alle dosi,cioè quantitativi assunti dagli organismi.Effect analysis: lega le dosi alla quantità di effettiprodotti, come, ad esempio, il numero e la tipologiadi neoplasie.Damage analysis: lega gli effetti sulla salute aiD A LY ’s, utilizzando il numero di Years livedDisabled (YLD) e Years of Life Lost (YLL).

I danni alla qualità degli ecosistemi sono espressicome la percentuale di specie di piante che si stimasiano scomparse da una certa area a causa dellemutate condizioni ambientali (PDF*m2*yr, PDF =Potentially Disappeared Fraction of plant species).In particolare, l’ecotossicità è espressa come la per-centuale di specie che vivono in una certa area incondizioni di stress. L’acidificazione e l’eutrofizza-zione sono trattate in una singola categoria diimpatto e vengono modellate utilizzando delle spe-cie target (piante vascolari). Gli impatti derivanti dall’utilizzo del suolo e dallesue trasformazioni sono basati su dati empirici rela-tivi alla presenza/assenza di piante vascolari, che èfunzione dell’utilizzo del suolo e dell’ampiezza del-l’area. Sono modellati sia gli impatti locali che quel-li regionali.

I danni sulle risorse comprendono l’estrazione e l’u-tilizzo di risorse minerarie e di combustibili.L’estrazione di risorse è correlata a parametri cheindicano la qualità delle risorse minerarie e fossili

che rimangono nei giacimenti. L’impatto su questacategoria viene quantificato in termini di maggiorenergia necessaria per le estrazioni future (MJ sur-plus energy).

L’Ecoindicator 99 è strutturato per un livello euro-peo; i danni sono normalizzati, infatti, rispetto aldanno causato da un cittadino europeo in un anno. La valutazione del danno nelle tre categorie è poiaggregata in un unico indice (single score) che per-mette di dare un “punteggio” agli scenari. Quantopiù elevato è il valore del single score, tanto mag-giore è il danno causato dal processo in esame.Il contributo relativo delle tre categorie alla defini-zione dell’indice è stabilito secondo tre diversimodelli che rappresentano diversi “approcci cultu-rali” rispetto alle problematiche ambientali. In sintesi, i possibili modelli di attribuzione di pesosono tre:

1. Individualistico (Individual perspective – I): que-sto approccio considera solo le sostanze i cuieffetti dannosi, sul breve periodo (100 anni almassimo), sono dimostrati; assume inoltre chel’adozione di opportune tecnologie e lo sviluppoeconomico possano risolvere tutti i problemiambientali. La differenza eclatante rispetto allealtre due prospettive è l’assunzione secondo cuii combustibili fossili non sono esauribili: la cate-goria di impatto relativa è, infatti, lasciata fuoridalla fase di attribuzione dei pesi. I pesi attribui-ti alle categorie di danno per l’individuazionedell’indicatore sono: HH 40 % - EQ 40 % - R20 %

2. Gerarchico (Hierarchical perspective – H): questoapproccio considera tutte le sostanze sui cuieffetti dannosi c’è consenso, anche se non sonodimostrati, e che si esplicano sul medio periodo;assume inoltre che i problemi ambientali possa-no essere risolti attraverso adeguate scelte politi-che. I pesi attribuiti alle categorie di danno perl’individuazione dell’indicatore sono: HH 30 % -EQ 50 % - R 20 %

3. Egalitario (Egalitarian perspective – E): questoapproccio considera tutte le sostanze che posso-no provocare effetti dannosi, anche se su talieffetti non c’è consenso, e li considera sul lungoperiodo. È un approccio molto conservativo inquanto è basato sul presupposto che i problemiambientali siano difficilmente risolvibili e possa-no portare a catastrofi. I pesi attribuiti alle cate-gorie di danno per l’individuazione dell’indicato-re sono: HH 25 % - EQ 55 % - R 20 %

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5.3.4 Interpretazione e miglioramento (Life Cycle Interpretation and Improvement)

Nella norma ISO 14040 la fase di interpretazione emiglioramento è definita come “Fase di una LCA incui i risultati dell’Inventario e/o della analisi degliimpatti sono elaborati in accordo con l’obiettivo e loscopo dello studio in modo tale da raggiungere con -clusioni e raccomandazioni.”È la fase conclusiva di una LCA, che ha lo scopo diproporre i cambiamenti necessari a ridurre l’impat-to ambientale.

5.4 Bibliografia

Bertoni D., Analisi costi-benefici dell’utilizzo di CDR-P all’interno di una gestione integrata dei rifiuti solidiu r b a n i, 2000, Tesi di Laurea. DISAT, UniversitàMilano-Bicocca.Mattoni L., Ottimizzazione della gestione integrata deirifiuti solidi urbani ed assimilabili, 2000, Tesi diLaurea. DISAT, Università Milano-Bicocca.Pescuma E., Analisi della gestione integrata del ciclodei rifiuti nel territorio di Abbiategrasso e valutazionedi scenari alternativi, 2001, Tesi di Laurea. DISAT,Università Milano-Bicocca.Gelato C., Analisi costi/benefici della produzione diCDR inserita in un ciclo di gestione dei rifiuti, 2001,Tesi di Laurea. DISAT, Università Milano-Bicocca.Sweatman A., Simon M., Integrating DFE tools intothe design process, 1996, Manchester, DFE/TR30.Mizuki C., Sandborn P.A., and Pitts G., Design forenvironment - A survey of current practises and toolsin 1996 IEEE International Symposium on electronics& the environment, 1996, Dalles, USA: IEEE. Kortman J., Van Berkel R., and Lafleur M., Towards anenvironmental design toolbox for complex products, inClean electronics products and concepts (CONCEPT)1995, Edinburgh: Institution of Electrical Engineers,London. SETAC, A technical framework for life-cycle assess-ments, ed Fava J.A., et al., 1990, Washington: SETAC. Gloria T., LCA Computer related Technologies, 1995,Tufts University.Rice G., LCA Software review, 1996, Centre forEnvironmental Strategy: University of Surrey.Goedkoop M., Life Cycle Analysis for designers, ed A.M. Bor. 1994, Eindhoven: European Design CentreLtd. Hoffman W.F., A tiered approach to to design for envi-ronment in Clean electronics products and concepts(CONCEPT), 1995 Edinburgh: Institution of ElectricalEngineers, London. Bakker C., Environmental information for industrialdesigners, 1995 Delft: University of Technology.Graedel T.E. and A.B.R., Industrial ecology, 1995New Jersey: Prentice Hill. Brezet H., Product development with the environmentas innovation strategy, 1993 Delft: University ofTechnology.Miyamoto S., Tamura T., Fujimoto J., Eco-Fusion,Integrated Software for enviro n m e n t a l l y - c o n s c i o u sproduction in 1996 IEEE International Symposium onelectronics & the environment, 1996 Dallas, USA:IEEE. Girard A. and Boothroyd G., Product design for disas-sembly, 1995 Boothroyd Dewhurst Inc.

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Capitolo 6

Premessa allo studio

6.1 Sintesi dello studio

Un’analisi di impatto ambientale, anche quandovuole analizzare un caso abbastanza semplice, èsempre un procedimento notevolmente complesso.In questo caso, l’analisi di diverse tipologie di ali-mentazione e di diversi metodi di produzione ali-mentare è, già di per sè, un caso complesso e que-sto ha reso necessaria la collaborazione di più spe-cialisti, la raccolta di una grossa quantità di dati ecirca due anni di lavoro.Ogni processo (inteso come singolo prodotto mate-riale, es. un etto di frumento, o processo comples-so, es. la produzione di un latticino), è dato da uninsieme di materiali ed energia, ed è stato prepara-to secondo una serie di approvvigionamenti dellematerie prime, produzioni, distribuzioni, smalti-menti e/o recuperi.Ciascuno di questi processi può dar luogo ad unavarietà di emissioni che provocano effetti differentisull’ambiente.La metodologia LCA è stata sviluppata proprio pergestire e valutare le complesse interazioni fra pro-dotto/i e ambiente.La successione dei processi che descrivono un ciclodi vita può essere rappresentata come un diagram-ma di flusso (flow chart).Per esempio, anche per un’analisi semplice come laproduzione di un etto di frumento, il flow chartassume l’aspetto seguente:

È infatti necessario considerare tutti i processi dipreparazione dei fertilizzanti, di irrigazione, di rac-colta, di trattamenti e trasporti vari, di smaltimentodelle scorie, ecc.Per ogni processo, per ogni “rettangolino”, gli inputsi dividono in:• Materie prime• Risorse energetiche, come combustibili ed energia Gli output del processo sono:• Energia dissipata • Emissioni in aria• Emissioni in acqua• Rifiuti solidi

Per la valutazione del ciclo di vita di diverse diete,la valutazione finale sarà il risultato di tutte lesomme e interazioni dei diversi processi considera-ti.La complessità del flow chart riassuntivo di questostudio è impossibile da rappresentare in un singolografico ma, a titolo di esempio, vengono riportati glischemi di preparazione di due alimenti “alternativi”fra loro: il latte di mucca (Fig. 6.1) e il latte di soia(Fig. 6.2) ottenuti con agricoltura e allevamentointensivi.

6.2 Interpretazione dei risultati

La parte più soggettiva di una LCA è sicuramente lafase in cui tutte le diverse tipologie di impatto ven-gono riunite sotto un unico indice (single score) che

CombustibiliEnergiaMaterie Prime

Energia dissipataEmissioni in ariaEmissioni in acquaRifiuti solidi

PROCESSO

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permette di dare un “punteggio” finale. Quanto piùelevato è il valore del single score, tanto maggiore èil danno causato.Il confronto fra tipologie di danno così diverse traloro, danni all’uomo, all’ecosistema o alle risorse,presuppone l’assegnazione di “priorità” individualiche rappresentato, a loro volta, diversi approccisocio-culturali.Nel capitolo precedente (5.3.3.1 Ecoindicator 99)sono stati presentati i tre diversi approcci al proble-ma: • Individualistico (Individual perspective – I): que-

sto approccio considera solo le sostanze i cuieffetti dannosi, sul breve periodo (100 anni almassimo), sono dimostrati.

• Gerarchico (Hierarchical perspective – H): questoapproccio considera tutte le sostanze sui cuieffetti dannosi c’è consenso, anche se non sonodimostrati, e si esplicano sul medio periodo.

• Egalitario (Egalitarian perspective – E): questoapproccio considera tutte le sostanze che posso-no provocare effetti dannosi, anche se su talieffetti non c’è consenso, e li considera sul lungoperiodo.

Produzione di fertilizzanti, energia e pesticidi

Coltivazione di alimenti per il bestiame

Preparazione del mangime

Trasporto

Allevamento intensivo

Produzione e trattamento del latte

Trasporto

Latte confezionato

Trasporto

Consumo di latte

Trattamento dei rifiuti: riciclaggio,termodistruttore e discarica

Antibiotici Produzione di carne

Detergenti

ImballaggioRifiuti

Rifiuti daimballaggio

Fig. 6.1 Schema per la produzione di latte effettuata con metodi chimici-intensivi

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Per evitare che criteri personali soggettivi influenzi-no pesantemente i risultati dello studio, questa LCAè stata compiuta tre volte scegliendo ogni volta undiverso approccio e i risultati verranno presentati inmaniera indipendente.

6.3 Modifica del Metodo di valutazione

In questo studio si utilizza il Metodo “Eco-Indicator99 W” ottenuto dalla modifica del metodo standard“Eco-Indicator 99”, proposto dal software Simapro.

La modifica, messa a punto tramite un lavoro con-giunto effettuato dall’ENEA (Ente NazionaleEnergia e Ambiente) e dall’Università di Milano, èstata resa necessaria per poter includere la valuta-zione della risorsa “acqua”.Considerando l’acqua come risorsa, la si inseriscenella categoria d’impatto “Minerali” e quindi auto-maticamente nella classe di danno “Risorse”.L’unità di misura usata per valutare questa catego-ria è l’energia, valutata in MJ, necessaria per estrar-re 1 kg di materiale.

Produzione di fertilizzanti, energia e pesticidi

Coltivazione di fagioli di soia

Trasporto

Latte di soia

Sterilizzazione e raffreddamento

Riempitura asettica

Latte di soia confezionato

Trasporto

Consumo di latte di soia

Trattamento dei rifiuti: riciclaggio,termodistruttore e discarica

Aggiunta di olio,zucchero, emulsivo

Imballaggio Rifiuti

Rifiuti daimballaggio

Cottura a vapore o bollitura,macinazione, riscaldamento,

filtraggio

Fig. 6.2 Schema per la produzione di latte di soia effettuata con metodi chimici-intensivi

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6.4 Variabili non considerate

Per quanto riguarda gli impatti sulla salute umananon sono stati considerate, nonostante ci sia con-senso scientifico, quelle variabili che dipendono dafattori che non sono conseguenze obbligate e asso-lute delle diete preparate. Ad esempio:• Varie epidemie sono scoppiate, in tempi remoti e

recenti, tra gli animali d’allevamento, portandocon sé il serio pericolo (in alcuni casi diventatorealtà) di contagio animale-uomo.

• I pesci pescati nei mari sono un concentrato dellesostanze tossiche inquinanti delle acque.

• Le infezioni che si contraggono dagli animali: si vadalla comune salmonella, che nella stragrandemaggioranza dei casi si contrae in seguito al con-sumo di uova infette, a malattie molto più perico-lose, anche ad esito letale, come il morbo diCreutzfeld-Jacob, con ogni probabilità la varianteumana della BSE, l’encefalopatia spongiformebovina, comunemente detta “morbo della muccapazza”.

• L’influenza aviaria, che periodicamente colpiscepolli e tacchini negli allevamenti intensivi. Questivengono abbattuti in massa, per non rischiare uncontagio all'uomo a causa di una possibile muta-zione del virus in grado di saltare la barriera dispecie e colpire anche gli esseri umani. Infattiquesta malattia è molto vicina al ceppo viraleH5NI che qualche anno fa a Hong Kong uccisealcune persone.

• Anche la tubercolosi bovina è trasmissibile all'uo-mo (anche se nell'uomo assume una forma moltoblanda), e da tempo si sospetta che il virus dellaleucemia bovina, il Blv, che infetta il 20% dellevacche negli USA, possa avere dei legami conalcune forme di leucemia umana.

• L’effetto sulle carni dei farmaci utilizzati per cer-care di scongiurare le malattie causate dallostress da sovraffollamento e dalla debolezza con-genita di questi animali, frutto di manipolazionigenetiche che danno luogo ad animali “iperpro-duttivi”, ma che si ammalano molto facilmente.

• In Europa vengono consumate 5000 tonnellate diantibiotici LEGALI, di cui 1500 per favorire lacrescita artificiale di polli, suini, tacchini e vitel-li. A queste vanno aggiunte tutte le sostanza ille-gali largamente impiegate.

• Gli estrogeni sempre presenti in ogni tipo di carneprovocano anche diverse disfunzioni a livelloormonale negli esseri umani. Ad esempio, nelCentro di ginecologia dell’infanzia e dell’adole-scenza dell’Università di Torino è stato verificatoun aumento dei casi di telarca (sviluppo delleghiandole mammarie prima della pubertà) nelle

bambine, e come terapia è stata consigliata l'e-sclusione dalla dieta di ogni genere di carne.

6.5 Le deiezioni animali

La raccolta dati riguardo alla produzione di deiezio-ni animali è risultata particolarmente difficile inquanto i dati ufficiali disponibili in letteratura varia-no pesantemente in funzione della tipologia di alle-vamento e della fonte bibliografica.È stata quindi effettuata una media nazionale rap-presentativa dei dati trovati riguardanti diverseaziende e diverse regioni. Questo calcolo ha permesso di quantificare inmaniera abbastanza accurata i principali rifiuti deri-vanti dalle attività zootecniche.I reflui zootecnici comprendono le deiezioni anima-li e i liquami. Le deiezione animali sono miscele for-mate da feci (più o meno ricche di sostanza seccain funzione delle specie considerate e della tipolo-gia di stabulazione), urine, lettiera e acqua in quan-tità variabile. I liquami consistono, invece, in unprodotto con contenuto di sostanza secca inferioreal 10%, non palabile.

6.6 Utilizzo del territorio

La produzione di prodotti di origine animale puòd e r i v a re da allevamenti intensivi o allevamentiestensivi. Per il calcolo dell’impatto sull’utilizzo del territorio,è stato calcolato che i prodotti animali derivano peril 70% da allevamenti intensivi (utilizzati soprattut-to in Italia) e il 30% da allevamenti estensivi (perc o n s i d e r a re anche la carne importata dalleAmeriche).

6.7 Bibliografia

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Capitolo 7

Valutazionedi impatto ambientale

Come premesso, i risultati dello studio verranno pre-sentati tenendo conto dei diversi possibili approcciculturali ma, per presentare in dettaglio la metodo-logia utilizzata verrà preso come esempio di riferi-mento lo studio effettuato utilizzando l’approccioGerarchico (Hierarchical perspective – H) in cuivengono considerate tutte le sostanze sui cui effettidannosi c’è consenso.La scelta dell’approccio Gerarchico come esempio èdata dal fatto che questo approccio risulta il piùcondiviso dall’opinione pubblica in quanto l’approc-cio Individualistico (Individual perspective – I) nonconsidera importante il consumo delle risorse nonrinnovabili e quindi è ormai considerato superatodalle legislazioni vigenti, mentre l’appro c c i o

Egalitario (Egalitarian perspective – E) viene spessoconsiderato troppo catastrofico.In pratica, prima della presentazione quantitativadei risultati complessivi, cioè il vero e proprio con-fronto fra le diverse diete e i diversi metodi di pro-duzione, verranno descritti gli impatti sull’ambientedei singoli regimi alimentari preparati.

7.1 Menù onnivoro con alimenti prodottida agricoltura/allevamento intensivo:ONNIV-INT

In Fig. 7.1 sono riportati i risultati del calcolo deidiversi impatti.I risultati dell’analisi sono espressi nei grafici in“punti” (Pt o mPt: millesimi di Pt), cioè l’unità dimisura che il software utilizza per attribuire un valo-re numerico all’impatto ambientale.Il Single Score totale (per quanto riguarda l'approc-cio Gerarchico) è uguale a 2.34 Pt, dovuto a :• Consumo di risorse (68%)

Fig. 7.1 Risultati del calcolo dei diversi impatti per il menù onnivoro con alimenti prodottida agricoltura/allevamento intensivo: ONNIV-INT

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• Danni alla salute umana (23%)• Danni alla qualità degli ecosistemi (9%)

Si evidenzia che:• il consumo della componente “minerali” (con

questo approccio, dovuto esclusivamente al con-sumo di acqua) è in assoluto l’impatto maggioree corrisponde al 41% dell’impatto totale;

• il consumo dei combustibili fossili, dovuti ai pro-cessi di lavorazione, produzione e trasporto rap-presenta il secondo impatto in ordine di impor-tanza e corrisponde al 26% del totale;

• il 19% dell’impatto totale è dovuto ai danni allarespirazione da composti chimici inorg a n i c i ,anche in questo caso legati ai processi di lavora-zione, produzione e trasporto;

• il 5% è dovuto al consumo del territorio;• il 4% è dovuto ai processi di acidificazione/eutro-

fizzazione dovuti alle deiezioni animali, ai pesti-cidi e fertilizzanti.

Per quanto riguarda i contributi agli impatti dei sin-goli ingredienti si evidenzia che:• il manzo è l’alimento a maggior impatto ambien-

tale (17% del totale) seguito da:• sogliola (14%)• formaggio fresco (10%)• formaggio stagionato (8%)• latte (7.5%)• yogurt (7.3%)• verdura (6.6%)• tonno (5.5%)• pollo (4.2%)

7.2 Menù onnivoro con alimenti prodottida agricoltura/allevamento biologici:ONNIV-BIO

In Fig. 7.2 sono riportati i risultati del calcolo deidiversi impatti.Il Single Score totale è uguale a 1.36 Pt, dovuto a:• Consumo di risorse (65%)

Fig. 7.2 Risultati del calcolo dei diversi impatti per il menù onnivoro con alimenti prodottida agricoltura/allevamento biologico: ONNIV-BIO

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• Danni alla salute umana (19%)• Danni alla qualità degli ecosistemi (16%)

Si evidenzia che:• il consumo di acqua è, anche in questo caso, in

assoluto l’impatto maggiore e corrisponde al 42%dell’impatto totale

• il consumo dei combustibili fossili, dovuto ai pro-cessi di lavorazione, produzione e trasporto rap-presentano il secondo impatto in ordine di impor-tanza e corrispondono al 23% del totale

• il 17% dell’impatto totale è dovuto ai danni allarespirazione da composti chimici inorg a n i c i ,anche in questo caso legati ai processi di lavora-zione, produzione e trasporto.

• il 13% è dovuto al consumo del territorio.• Il 3.5% è dovuto ai processi di acidificazione

/eutrofizzazione dovuti alle deiezioni animali.

Per quanto riguarda i contributi agli impatti dei sin-goli ingredienti si evidenzia che:

• il manzo è, anche in questo caso, l’alimento amaggior impatto ambientale (13% del totale)seguito da

• formaggio fresco (12%)• sogliola (11%)• formaggio stagionato (9.2%)• latte (8.5%)• yogurt (8.3%)• verdura (6.2%)• pollo (5.8%)• tonno (4.3%)

7.3 Menù vegetariano con alimenti prodottida agricoltura/allevamento intensivo:VEGET-INT

In Fig. 7.3 sono riportati i risultati del calcolo deidiversi impatti.Il Single Score totale è uguale a 1.56 Pt, dovuto a :• Consumo di risorse (65%)• Danni alla salute umana (26%)

Fig. 7.3 Risultati del calcolo dei diversi impatti per il menù vegetariano con alimenti prodottida agricoltura/allevamento intensivo: VEGET-INT

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• Danni alla qualità degli ecosistemi (9%)

Si evidenzia che:• il consumo dei combustibili fossili, dovuto ai pro-

cessi di lavorazione, produzione e trasporto è inassoluto l’impatto maggiore e corrisponde al 33%dell’impatto totale;

• il consumo di acqua rappresenta il secondo impat-to in ordine di importanza e corrisponde al 31%del totale;

• il 23% dell’impatto totale è dovuto ai danni allarespirazione da composti chimici inorg a n i c i ,anche in questo caso legati ai processi di lavora-zione, produzione e trasporto;

• il 4.5% è dovuto al consumo del territorio;• Il 4.1% è dovuto ai processi di acidificazione

/eutrofizzazione dovuti alle deiezioni animali, aipesticidi e fertilizzanti.

Per quanto riguarda i contributi agli impatti dei sin-

goli ingredienti si evidenzia che:• il formaggio fresco è l’alimento a maggior impatto

ambientale (15% del totale) seguito da• formaggio stagionato (12%)• latte (11%)• yogurt (10%)• grana (10%)• verdura (10%)• frutta (8.5%)

7.4 Menù vegetariano con alimenti prodottida agricoltura/allevamento biologici:VEGET-BIO

In Fig. 7.4 sono riportati i risultati del calcolo deidiversi impatti.Il Single Score totale è uguale a 1.03 Pt, dovuto a:• Consumo di risorse (65%)• Danni alla salute umana (21%)• Danni alla qualità degli ecosistemi (14%)

Fig. 7.4 Risultati del calcolo dei diversi impatti per il menù vegetariano con alimenti prodottida agricoltura/allevamento biologico: VEGET-BIO

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Si evidenzia che:• il consumo di acqua è in assoluto l’impatto mag-

giore e corrisponde al 37% dell’impatto totale; • il consumo dei combustibili fossili, dovuto ai pro-

cessi di lavorazione, produzione e trasporto rap-presenta il secondo impatto in ordine di impor-tanza e corrisponde al 28% del totale;

• il 18% dell’impatto totale è dovuto ai danni allarespirazione da composti chimici inorg a n i c i ,anche in questo caso legati ai processi di lavora-zione, produzione e trasporto;

• il 12% è dovuto al consumo del territorio;• il 6.4% è dovuto ai processi di acidificazione

/eutrofizzazione dovuti alle deiezioni animali.

Per quanto riguarda i contributi agli impatti dei sin-goli ingredienti si evidenzia che:• il formaggio fresco è l’alimento a maggior impatto

ambientale (15% del totale) seguito da• formaggio stagionato (12%)

• latte (11%)• yogurt (10%)• grana (10%)• verdura (8%)• riso (5.7%)• frutta (5.6%)

7.5 Menù vegan con alimenti prodottida agricoltura intensiva: VEGAN-INT

In Fig. 7.5 sono riportati i risultati del calcolo deidiversi impatti.Il Single Score totale è uguale a 0.854 Pt, dovuto a:• Consumo di risorse (70%)• Danni alla salute umana (19%)• Danni alla qualità degli ecosistemi (11%)

Si evidenzia che:• il consumo di acqua rappresenta l’impatto mag-

giore in ordine di importanza e corrisponde al48% del totale;

Fig. 7.5 Risultati del calcolo dei diversi impatti per il menù vegan con alimenti prodotti daagricoltura intensiva: VEGAN-INT

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• il consumo dei combustibili fossili, dovuto ai pro-cessi di lavorazione, produzione e trasporto è inassoluto l’impatto maggiore e corrisponde al 22%dell’impatto totale;

• il 16% dell’impatto totale è dovuto ai danni allarespirazione da composti chimici inorg a n i c i ,anche in questo caso legati ai processi di lavora-zione, produzione e trasporto;

• il 6.8% è dovuto al consumo del territorio.

Per quanto riguarda i contributi agli impatti dei sin-goli ingredienti si evidenzia che:• la verdura è l’alimento a maggior impatto ambien-

tale (18% del totale) seguita da• seitan (14%)• riso (13%)• latte di soia (12%)• frutta (12%)• pasta (7.5%)• pane integrale (7.1%)

7.6 Menù vegan con alimenti prodottida agricoltura biologica: VEGAN-BIO

In Fig. 7.6 sono riportati i risultati del calcolo deidiversi impatti.Il Single Score totale è uguale a 0.599 Pt, dovutoa:• Consumo di risorse (82%)• Danni alla salute umana (9%)• Danni alla qualità degli ecosistemi (9%)

Si evidenzia che:• il consumo di acqua è in assoluto l’impatto mag-

giore e corrisponde al 68% dell’impatto totale; • il consumo dei combustibili fossili, dovuto ai pro-

cessi di lavorazione, produzione e trasporto rap-presenta il secondo impatto in ordine di impor-tanza e corrisponde al 13% del totale;

• l’8.5% è dovuto al consumo del territorio;• l’8% dell’impatto totale è dovuto ai danni alla

Fig. 7.6 Risultati del calcolo dei diversi impatti per il menù vegan con alimenti prodotti daagricoltura intensiva: VEGAN-INT

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respirazione da composti chimici inorg a n i c i ,anche in questo caso legati ai processi di lavora-zione, produzione e trasporto.

Per quanto riguarda i contributi agli impatti dei sin-goli ingredienti si evidenzia che:• il riso è l’alimento a maggior impatto ambientale

(17% del totale) seguito da:• seitan (16%)• verdura (14%)• latte di soia (12%)• pasta (8.2%)

7.7 Menù “normale”, corrispondenteall’alimentazione media settimanaledegli italiani, con alimenti prodottida agricoltura/allevamento intensivo:NORM-INT

In Fig. 7.7 sono riportati i risultati del calcolo deidiversi impatti.

I risultati dell’analisi sono espressi nei grafici inpunti (Pt o mPt: millesimi di Pt) che è l’unità dimisura che il software utilizza per attribuire un valo-re numerico all’impatto ambientale.Il Single Score totale è uguale a 5.75 Pt, dovuto a:• Consumo di risorse (70%)• Danni alla salute umana (20%)• Danni alla qualità degli ecosistemi (10%)

Si evidenzia che:• il consumo di acqua è in assoluto l’impatto mag-

giore e corrisponde al 50% dell’impatto totale; • il consumo dei combustibili fossili, dovuti ai pro-

cessi di lavorazione, produzione e trasporto rap-presentano il secondo impatto in ordine di impor-tanza e corrispondono al 21% del totale;

• il 16% dell’impatto totale è dovuto ai danni allarespirazione da composti chimici inorg a n i c i ,anche in questo caso legati ai processi di lavora-zione, produzione e trasporto;

Fig. 7.7 Risultati del calcolo dei diversi impatti per il menù “normale”, corrispondente all’alimentazionemedia settimanale degli italiani, con alimenti prodotti da agricoltura/allevamento intensivo: NORM-INT

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• il 5.5% è dovuto al consumo del territorio;• il 4% è dovuto ai processi di acidificazione/eutro-

fizzazione dovuti alle deiezioni animali, ai pesti-cidi e fertilizzanti.

Per quanto riguarda i contributi agli impatti dei sin-goli ingredienti si evidenzia che:• la carne bovina è l’alimento a maggior impatto

ambientale (28% del totale) seguito da:• carne suina (25%)• formaggio (16%)• pesce (13%)• frumento (5.7%)• pollo (5.1%)

7.8 Confronto effettuatocon l’approccio Individualistico(Individual perspective – I)

I risultati del confronto sono riportati in Fig. 7.8.Secondo questo approccio, il consumo di risorsenon è considerato importante.Si evidenzia che la dieta VEGAN-BIO risulta esserequella a minor impatto ambientale.Assegnando per comodità valore 1 alla dieta menoimpattante, le diete a maggior impatto ambientalesono, in ordine decrescente:

1. NORM-INT (21 volte più impattante della dietaa minore impatto con valore stabilito pari a 1)2. ONNIV-INT (8)3. VEGET-INT (5)4. ONNIV-BIO (4)

5. VEGAN-INT (3)6. VEGET-BIO (3)7. VEGAN-BIO (1)

7.9 Confronto effettuatocon l’approccio Gerarchico(Hierarchical perspective – H)

I risultati del confronto sono riportati in Fig. 7.9.Si evidenzia che la dieta VEGAN-BIO risulta esserequella a minor impatto ambientale.Assegnando per comodità valore 1 alla dieta menoimpattante, le diete a maggior impatto ambientalesono, in ordine decrescente:

1. NORM-INT (9.6 volte più impattante della dietaa minore impatto con valore stabilito pari a 1)2. ONNIV-INT (3.8)3. VEGET-INT (2.6)4. ONNIV-BIO (2.3)5. VEGET-BIO (1.7)6. VEGAN-INT (1.4)7. VEGAN-BIO (1)

7.10 Confronto effettuatocon l’approccio Egalitario(Egalitarian perspective – E)

I risultati del confronto sono riportati in Fig. 7.10.Si evidenzia che la dieta VEGAN-BIO risulta esserequella a minor impatto ambientale.Assegnando per comodità valore 1 alla dieta menoimpattante, le diete a maggior impatto ambientalesono, in ordine decrescente:

Fig. 7.8 Confronto effettuato con l’approccio Individualistico (Individual perspective – I)

Categoria NORM - INT ONNIV - BIO ONNIV - INT VEGAN - BIO VEGAN - INT VEGET - BIO VEGET - INTTotale 1.67 0.35 0.651 0.0778 0.257 0.222 0.417Salute umana 1.17 0.142 0.445 0.0218 0.171 0.0836 0.289Qualità degliecosistemi 0.504 0.208 0.206 0.056 0.0862 0.138 0.128Risorse x x x x x x x

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1. NORM-INT (9 volte più impattante della dieta aminore impatto con valore stabilito pari a 1)2. ONNIV-INT (3.6)3. NORM-BIO (3.4)4. VEGET-INT (2.3)

5. ONNIV-BIO (2.2)6. VEGET-BIO (1.6)7. VEGAN-INT (1.3)8. VEGAN-BIO (1)

Fig. 7.9 Confronto effettuato con l’approccio Gerarchico (Hierarchical perspective – H)

Categoria NORM - INT ONNIV - BIO ONNIV - INT VEGAN - BIO VEGAN - INT VEGET - BIO VEGET - INTTotale 5.75 1.36 2.34 0.599 0.854 1.03 1.56Salute umana 1.15 0.261 0.532 0.0556 0.162 0.213 0.41Qualità degliecosistemi 0.546 0.221 0.224 0.0593 0.0941 0.147 0.14Risorse 4.05 0.88 1.58 0.484 0.598 0.67 1.01

Fig. 7.10 Confronto effettuato con l’approccio Egalitario (Egalitarian perspective – E)

Categoria NORM - INT ONNIV - BIO ONNIV - INT VEGAN - BIO VEGAN - INT VEGET - BIO VEGET - INTTotale 5.12 1.27 2.02 0.566 0.768 0.922 1.29Salute umana 0.86 0.195 0.398 0.0417 0.121 0.16 0.307Qualità degliecosistemi 0.911 0.368 0.373 0.0989 0.157 0.245 0.233Risorse 3.35 0.706 1.25 0.426 0.49 0.518 0.746

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Capitolo 8

Conclusioni

Per la preparazione di questa valutazione di impat-to ambientale è stato necessario effettuare:• uno studio degli indicatori e delle metodologie

attualmente disponibili per l’analisi di un argo-mento complesso come l’alimentazione;

• una raccolta bibliografica per la scelta di diversi ebilanciati stili alimentari

• una raccolta dati sulle diverse tipologie di produ-zioni alimentari

• la preparazione delle diverse diete in modo da ren-derle confrontabili tra loro

• la valutazione dei consumi di risorse ed energia • la valutazione degli impatti sull'ecosistema• la trasformazione degli impatti ambientali in pun-

teggi secondo gli indicatori europei• il vero e proprio confronto tra gli 8 diversi stili ali-

mentari preparati.

Nonostante i due anni di lavoro necessari alla pre-parazione del presente volume, i risultati ottenutisono da considerarsi solo un punto di partenza persuccessivi approfondimenti e per l’applicazionedella metodologia e dei risultati a studi e situazionispecifiche.Alcuni risultati erano prevedibili e sono stati ampia-mente confermati:

A parità di tipologia di produzione, la dieta “norma-le” non equilibrata, consumando una sproporziona-ta quantità di calorie alimenti di origine animale, haovviamente un maggiore impatto ambientale.Questa dieta è stata preparata solo come termine diconfronto in quanto è già ampiamente noto che lepatologie cardiovascolari, neoplastiche e l'obesitàsono in diretta relazione con l’eccessivo consumo digrassi, in particolare di grassi saturi, che fannodepositare il colesterolo nei vasi arteriosi, causandodanni irreparabili all'organismo umano. I prodotti diorigine animale sono ricchi di questi grassi, mentrei vegetali ne sono poverissimi. Un cospicuo numerodi studi epidemiologici dimostra che un'alimenta-zione con un ridotta quantità di alimenti di origineanimale è la più confacente alle esigenze dell'orga-nismo umano e numerose pubblicazioni hannoaccertato come nelle persone che si alimentano inquesto modo sia considerevolmente minore l'inci-denza di gravi patologie quali tumori, ipertensione,a rt e r i o s c l e rosi, infarto, ictus, diabete, obesità,osteoporosi, calcoli e altre patologie che costituisco-no le principali cause di malattia e mortalità neipaesi industrializzati.

A parità di tipologia di produzione, maggiore è ilconsumo di animali e maggiore è l'impatto ambien-tale.Anche questo risultato era prevedibile in quanto ènoto che esiste il cosiddetto “indice di conversio-ne”, che misura la quantità di cibo necessaria a farcrescere di 1 kg l’animale. Ad un vitello servono 13kg di mangime per aumentare di 1 kg, mentre neservono 11 a un vitellone (un bue giovane) e 24 adun agnello. I polli richiedono invece solo 3 kg dicibo per ogni kg di peso corporeo. Se si considerapoi che l’animale non è tutta carne, ma vi sonoanche gli “scarti”, queste quantità vanno quasi rad-doppiate.Il rendimento delle proteine animali è analogamen-te basso: un bovino, ad esempio, ha un’efficienza diconversione delle proteine animali di solo il 6%;consumando cioè 790 kg di proteine vegetali, pro-duce meno di 50 kg di proteine.Sempre più spesso ormai gli animali vengono defi-niti “fabbriche di proteine alla rovescia”, intenden-do che il bilancio alimentare fra le proteine vegeta-li usate per la loro alimentazione e le proteine ani-mali da essi prodotte è negativo.

A parità di dieta, i metodi di produzione chimico-intensivi hanno un impatto ambientale maggiorerispetto ai metodi biologici.Questo risultato, che l’opinione pubblica considerascontato, era comunque da dimostrare in quanto, adesempio, l’impatto dovuto ai pesticidi nella produ-zione chimica-intensiva avrebbe potuto esserebilanciato dal maggior consumo di territorio effet-tuato negli allevamenti biologici.Risulta invece chiaro che l’impatto dovuto alla pro-duzione chimico-intensiva è, indipendentementedall’approccio utilizzato, sempre maggiore del 60-100% rispetto all’impatto della coltivazione biologi-ca. Semplificando si può ipotizzare un impattoambientale quasi doppio.

Come conseguenza dei suddetti punti, indipenden-temente dall’approccio scelto per l’analisi, l’alimen-tazione “normale” basata sulla produzione chimico-intensiva (NORM-INT) risulta sempre la più impat-tante a livello ambientale mentre l’alimentazionevegan basata su produzione biologica (VEGAN-BIO)sempre la meno impattante.

Questo risultato era scontato in quando venivanomessi a confronto due alimentazioni in cui:- nella NORM-INT, una persona mangia in manieratipica, cioè con quantità superiori al fabbisogno nor-male, senza attenzione alla qualità del prodotto econ un consumo eccessivo di prodotti di origine ani-male.

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- nella VEGAN-BIO, una persona mangia in manieraequilibrata, con una quantità confrontabile col fab-bisogno normale, ponendo attenzione alla qualitàdei prodotti e senza consumare nessun prodotto diorigine animale.

Obiettivo di questa valutazione non era l'analisidelle situazioni estreme ma l'individuazione deicosiddetti “punti critici” di impatto ambientale inmodo da proporre il “minimo” delle modifiche ali-mentari per ottenere il “massimo” del beneficio.Questa scelta metodologica deriva da due presuppo-sti:1. la generale e palese difficoltà delle persone a

cambiare abitudini alimentari.2. la assoluta necessità planetaria di cambiare le

abitudini alimentari delle società tecnologica-mente avanzate e le tendenze che si stanno veri-ficando nei paesi in via di sviluppo.

La cause principali dell’impatto sull’ambiente

L’impatto sull’ambiente dell’alimentazione, dipendemolto dai consumi di risorse e materie prime, e iconsumi non possono essere slegati dall'impattosociale. Perciò i due tipi di impatto sono interdipen-denti.

Circa 24.000 persone muoiono ogni giorno a causadella fame, della denutrizione e delle malattie adessa collegate. Di queste circa 18.000 sono bambi-ni. Ciò significa che ogni settimana muoiono circa170.000 persone, ogni mese circa 700.000, ognianno quasi 9 milioni. In totale, quasi un miliardo diindividui non ha cibo a sufficienza, mentre un altromiliardo consuma prodotti animali in maniera smo-data. Nei paesi poveri del Sud del mondo sono stateincentivate le produzioni di cereali, oleaginose eproteaginose destinate ad essere esportate e suc-cessivamente utilizzate come mangime per l'alleva-mento intensivo del bestiame, bestiame che si tra-sforma in tonnellate di carne e va a costituire ladieta squilibrata del Nord del mondo.

Il 77% dei cereali in Europa è destinato non al con-sumo umano, ma ai mangimi per animali. NegliUSA, l'87%. Nei paesi più poveri, solo il 18%. Suscala mondiale, il 90% della soia e la metà deicereali prodotti globalmente sono destinati a nutriregli animali anziché gli esseri umani. (fonte:Database FAO, Food Balance Sheet, 2001). Eppure, il consumo e la richiesta di carne sono incontinuo aumento, poiché nei paesi in via di svilup-po il nutrirsi di carne è visto come uno status sym-bol.

Analizzando l'impatto dei singoli alimenti si notache:1. indipendentemente dall’approccio utilizzato, il

manzo è di fatto l'alimento a maggior impattoambientale.

2. gli altri alimenti che hanno i maggiori impatti,anche considerando le differenze evidenziate daidiversi approcci, sono risultati essere sempre for-maggi, pesce e latte.

Considerando gli animali come delle “macchine diproduzioni alimentari”, semplificando si può direche, per produrre poco, le “macchine” inquinanotanto e, soprattutto, consumano tantissimo.Il carico inquinante è di tipo locale mentre il consu-mo delle risorse è diffuso a livello planetario.

Analizzando le diverse tipologie di impatto dellediete onnivore, in ordine di importanza crescente, sievidenzia che, anche considerando le differenze diapproccio analitico e di tipologia di produzione:

1) circa il 3-4% dell'impatto totale è dovuto ai pro-cessi di acidificazione/eutrofizzazione.Questi impatti, normalmente correlati all'agricolturachimico-intensiva, si verificano in maniera significa-tiva anche nelle diete con produzione biologica.L'impatto delle deiezioni animali sull'ecosistema èparagonabile, se non maggiore, all’impatto di even-tuali pesticidi e fertilizzanti chimici.Soltanto in Italia gli animali da allevamento produ-cono annualmente circa 19 milioni di tonnellate dideiezioni a scarso contenuto organico, che non pos-sono essere usate come fertilizzante. Attualmente, lo smaltimento di questi liquamiavviene per spargimento sul terreno, il che provocaun grave problema di inquinamento da sostanzeazotate, che causa inquinamento nelle falde acqui-fere, nei corsi d’acqua di superficie, nonché eutro-fizzazione nei mari. Calcolando il carico equivalente, ovvero trasforman-do il numero di animali in quello equivalente dipopolazione umana che produrrebbe lo stesso livel-lo di inquinamento da deiezioni, in totale, in Italia,gli animali equivalgono ad una popolazione aggiun-tiva di 137 milioni di cittadini, cioè più del doppiodel totale della popolazione. Anche la qualità e laconsistenza degli escrementi animali, connessi conil tipo di allevamento senza lettiera di paglia, con ilforaggiamento degli animali e con il grande impiegodi medicinali negli allevamenti intensivi, hanno tra-sformato quello che in passato era un concime in unrifiuto di cui si impone un attento smaltimento.

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2) Circa il 5-13% è dovuto al consumo del territo-rio.Secondo quanto riportato dalla CommissioneEuropea, l'Europa è in grado di produrre abbastan-za vegetali da nutrire tutti i suoi abitanti, ma non isuoi animali. Solo il 20% delle proteine destinateagli animali d'allevamento proviene dall'interno, ilresto viene importato dai paesi del sud del mondo,impoverendoli ulteriormente, e sfruttando le lororisorse ambientali. Sei miliardi di umani, tantoonnivori quanto il cittadino medio occidentale,richiederebbero più del doppio delle terre emerseesistenti, perché sarebbe necessaria una quantità dicereali pari a più del doppio dell'attuale produzione. A questa mancanza di spazio si correla il discorsodella deforestazione a fini zootecnici e il cambia-mento di gestione delle foreste pluviali.Quasi tutte le popolazioni dell’Amazzonia gestisco-no la foresta tramite il taglio o la bruciatura di areecircoscritte la cui biomassa (dal tronco al fogliame)viene utilizzata per costruire, produrre utensili e fer-tilizzare.Al contrario, il taglia e brucia praticato dalle grandiaziende zootecniche implica estensioni decisamen-te superiori, non comporta lo sfruttamento dellerisorse ottenute (se non quello relativo al solo legna-me pregiato) e non permette la rigenerazione delbosco al termine del ciclo di sfruttamento agricolodel terreno.Il disboscamento operato per far posto agli alleva-menti di bovini destinati a fornire proteine animaliall'Occidente ha distrutto in pochi anni milioni diettari di foresta pluviale. Ogni anno scompaiono 17 milioni di ettari di fore-ste tropicali. L’allevamento intensivo non ne è lasola causa, ma sicuramente gioca un ruolo primario:nella foresta Amazzonica l'88% dei terreni disbo-scati è stato adibito a pascolo e circa il 70 % dellezone disboscate del Costa Rica e del Panama sonostate trasformate in pascoli. A partire dal 1960, inBrasile, Bolivia, Colombia, America Centrale sonostati bruciati o rasi al suolo decine di milioni di etta-ri di foresta, oltre un quarto dell'intera estensionedelle foreste centroamericane, per far posto apascoli per bovini. Paradossalmente, questa terra non è affatto adattaal pascolo: nell'ecosistema tropicale lo strato super-ficiale del suolo contiene poco nutrimento, ed èmolto sottile e fragile. Dopo pochi anni di pascolo ilsuolo diventa sterile, e gli allevatori passano adabbattere un'altra regione di foresta. Gli alberiabbattuti non vengono commercializzati, risulta piùconveniente bruciarli sul posto.Da recenti dati del CIFOR, Centro per la RicercaForestale Internazionale, dal 1997 al 2003 l’espor-tazione di bovini dal Brasile è aumentata del 600%

e l'80% di questa crescita si è avuto negli alleva-menti siti nella foresta amazzonica Brasiliana.L'Istituto di Ricerca Spaziale (INPE) del governoBrasiliano ha documentato una crescita del 40%della deforestazione dal 2002 al 2003. In soli 10anni, la regione ha perso un'area due volte ilPortogallo. Gran parte di essa è diventata terra dapascolo, mentre le operazioni di taglio per il merca-to del legno sono molto meno influenti.Nelle zone semiaride, come l'Africa, lo sfruttamen-to dei suoli per l’allevamento estensivo (i cui prodot-ti vengono esportati nei paesi ricchi) porta alladesertificazione, cioè alla riduzione a zero della pro-duttività di queste terre. Le Nazioni Unite stimanoche il 70% dei terreni ora adibiti a pascolo siano invia di desertificazione.

3) circa il 15-18% dell'impatto totale è dovuto aidanni alla respirazione da composti chimici inorga-nici mentre il 20-26% è dovuto al consumo deicombustibili fossili.Entrambi questi processi sono dovuti ai processi dilavorazione, produzione e trasporto degli alimenti.Rappresentano quindi la gestione dell'energia e l'in-quinamento ad essa connesso e hanno un impattoambientale complessivo pari al 35-44% del totale.Questo impatto elevato deriva principalmente dalfatto che, a differenza del cibo di origine vegetaleche raggiunge quasi direttamente il consumatore, ilcibo di origine animale, oltre a consumare tantissi-mo cibo vegetale, deve essere sottoposti a vari trat-tamenti prima di essere consumabile.Nel trasformare vegetali in proteine animali, un'in-gente quantità delle proteine e dell'energia conte-nute nei vegetali viene sprecata: il cibo serve infat-ti a sostenere il metabolismo degli animali allevati,ed inoltre vanno considerati i tessuti non commesti-bili come ossa, cartilagini e frattaglie, e le feci. Oltre allo spreco di energia necessaria per il funzio-namento dell'organismo, va contata l'energia neces-saria per la coltivazione del cibo per gli animali eper il funzionamento degli allevamenti stessi. Dal punto di vista dell'uso di combustibile fossile,per ogni caloria di carne bovina servono 78 caloriedi combustibile, per ogni caloria di latte ne servono36, e per ogni caloria che proviene dalla soia sononecessarie solo 2 calorie di combustibile fossile.

4) il consumo di acqua da solo è in assoluto l’impat-to maggiore e corrisponde al 41-46% dell'impattototale.Il 70% dell’acqua utilizzata sul pianeta è consuma-to dalla zootecnia e dall’agricoltura (i cui prodottiservono per la maggior parte a nutrire gli animalid’allevamento), l’8% è usata nel consumo domesti-co, il 22% nell'industria (Fonte: Stockholm

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International Water Institute, SIWI, 2004).L’acqua viene impiegata per l’irrigazione dei cerealio dei semi proteo-oleaginosi (soia, girasole, cotone,lino, etc.) - spesso importati - che costituiscono gliintegratori energetici e proteici per il bestiame; perottenere le produzioni foraggiere determinanti nelsoddisfare la fame e nel mantenere l’attività gastri-ca di questi ruminanti; per dissetare gli animali(una vacca da latte beve 200 litri di acqua al gior-no, 50 litri un bovino o un cavallo, 20 litri un maia-le e circa 10 una pecora); per le operazioni di puli-zia di stalle, sale di mungitura ed altro.

A titolo di esempio, il settimanale Newsweek ha cal-colato che per produrre soli cinque chili di carnebovina serve tanta acqua quanta ne consuma unafamiglia media in un anno.

Anche alcune parti delle Grandi Pianure del “West”americano si stanno trasformando in deserto. Ampifiumi sono diventati ruscelli o si sono prosciugatidel tutto lasciando spazio a distese di fango. Doveprima vi erano vegetazione ed animali selvatici diogni specie, oggi non cresce più nulla e non vi è piùvita animale. L’allevamento estensivo di bovini èstato, e continua a essere, la causa di tutto questo.Il problema forse più importante è legato ai paesidel Sud del mondo dove si coltivano i mangimi pergli animali consumati nei paesi industrializzati, e siallevano animali per l’esportazione in USA masoprattutto in Europa, in quanto sono già in corso, erischiano di aumentare in futuro le cosiddette“guerre dell’acqua”. Non è obiettivo di questo lavoro analizzare i proble-mi socio-politici legati alla sempre maggiore caren-za d'acqua ma rimane il fatto che quasi il 50% del-l'impatto ambientale della “nostra” alimentazione èdovuto al consumo di questo prezioso elemento.

Questo dato conferma e sostiene le preoccupazionidei maggiori studiosi di risorse idriche: nell'agosto2004 si è tenuta la consueta “Settimana Mondialedell’Acqua”, a Stoccolma, durante la quale gliesperti hanno spiegato che le riserve d’acqua nonsaranno sufficienti a far vivere i nostri discendenticon la stessa dieta oggi imperante in Occidente.Non possiamo aumentare la quantità d'acqua pre-sente nel mondo: possiamo solo cambiare modo diusarla. Il che significa da una parte migliorare letecniche di irrigazione, dall'altra tagliare gli sprechi.E lo spreco maggiore deriva proprio dalla produzio-ne di alimenti animali. Il direttore esecutivo dello Stockholm InternationalWater Institute ha dichiarato, al convegno:“Gli animali si nutrono di grano, e anche quelli alle-vati a pascolo hanno bisogno di una quantità di

acqua molto maggiore rispetto alle coltivazioni digrano. Ma nei paesi sviluppati, e in alcuni paesi invia di sviluppo, i consumatori richiedono ancora piùcarne. <...> Sarà quasi impossibile nutrire le futu-re generazioni con lo stesso tipo di dieta che oggiabbiamo in Europa occidentale e nel NordAmerica.” Ha aggiunto che i ricchi saranno comun-que in grado di comprarsi una via d'uscita importan-do “acqua virtuale”, cioè importando cibo (mangimiper animali o carne) da altri paesi, anche quelli indeficit d'acqua.

L’aspetto economico-legislativo

La domanda di prodotti animali è in continuoaumento e, di conseguenza, le politiche dell’UnioneEuropea e di vari governi sono impostate per:• fornire agevolazioni per il credito zootecnico;• finanziare di servizi tecnici, strade ed altre infra-strutture;• incentivare il consumo di prodotti zootecnici alivello sociale e facilitarne l’acquisto.Nel 1999 il 23% della spesa annua dell’UnioneEuropea è stata destinata a sovvenzioni al settorezootecnico (carne e latte), a cui va aggiunta unabuona parte del 44,2% del sostegno alle coltivazio-ni, destinate soprattutto al consumo animale (cerea-li, semi oleosi, proteaginose). Una domanda così grande di prodotti animali portaa situazioni anche giuridicamente insostenibilicome nel caso degli allevatori responsabili di epide-mie quali “mucca pazza”, ottenuta tramite metodidi produzioni illegali e responsabile di gravi patolo-gie per l’uomo, che, invece di ricevere procedimen-ti giuridici e penali a loro contrari, hanno ricevutogenerosi finanziamenti. Nei primi sei mesi del 2001 l’Italia ha stanziato900 miliardi per l’emergenza BSE.

Tutte le suddette incoerenze giuridiche, economi-che, sociali e ambientali derivano esclusivamentedalla richiesta dei consumatori.Esclusivamente dalle nostre scelte alimentari.

Confronto dell’impattoper le varie tipologie di dieta

Confrontando fra di loro i 7 regimi alimentari prepa-rati, risulta possibile, coerentemente con i risultatiottenuti dai diversi approcci, evidenziare 3 gruppi diregimi alimentari in funzione dei loro impattiambientali.

1. Primo gruppo:regimi alimentari ambientalmente insostenibiliDue diete sono risultate essere ambientalmenteinsostenibili:

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menù “normale” con alimenti prodotti da agricoltu-ra/allevamento intensivo: NORM-INTmenù onnivoro bilanciato, con alimenti prodotti daagricoltura/allevamento intensivo: ONNIV-INT

In nessun caso queste diete sono da considerarsiambientalmente sostenibili.

2. Secondo gruppo:regimi alimentari ambientalmente accettabili Due diete sono risultate essere ambientalmenteaccettabili:menù vegetariano bilanciato, con alimenti prodottida agricoltura/allevamento intensivo: VEGET-INTmenù onnivoro bilanciato, con alimenti prodotti daagricoltura/allevamento biologico: ONNIV-BIO

La scelta di una alimentazione vegetariana, anchese basata su metodi di produzione intensivi, risultaambientalmente sostenibile. Viceversa, una dietaonnivora per risultare sostenibile deve essere basa-ta su una alimentazione biologica, ma deve ancheessere bilanciata (rispondente cioè ai criteri fissatidai nutrizionisti di tutto il mondo nel definire la“piramide alimentare” delle quantità di alimenti damangiare ogni giorno). Bilanciare questa dieta,rispetto alle abitudine medie considerate “normali”in Italia significa ridurre di circa l’80% il consumodiretto di animali rispetto ai consumi attuali nonchéconsumare in maniera ridotta latte e latticini (iltutto di produzione biologica).

3. Terzo gruppo:regimi alimentari ambientalmente sostenibiliTre diete sono risultate essere ambientalmentesostenibili:menù vegetariano bilanciato con alimenti prodottida agricoltura/allevamento biologico: VEGET-BIOmenù vegan con alimenti prodotti da agricolturaintensiva: VEGAN-INTmenù vegan con alimenti prodotti da agricolturabiologica: VEGAN-BIO

Sia la dieta vegan, sia una dieta vegetariana atten-ta ai prodotti biologici, sono in linea con i principidello sviluppo sostenibile nel senso che:• rispondono alle necessità del presente, senza

compromettere la capacità delle generazioni futu-re di soddisfare le proprie;

• si mantengono entro i limiti della capacità di cari-co degli ecosistemi dai quali essa dipendono.

Questa divisione in tre gruppi è soltanto indicativama serve per dare una indicazione di massima perle possibili scelte alimentari di una persona che haa cuore i problemi sociali del terzo mondo e i pro-

blemi ambientali.Con la raccolta dati che è stata effettuata è possibi-le sia approfondire il discorso aggiungendo altri ali-menti o regimi alimentari oppure adattando lo stu-dio a situazioni di specifico interesse. I regimi ambientalmente insostenibili impongono losfruttamento di risorse dei paesi più poveri, un gros-so consumo energetico, inquinamento e deforesta-zione.I regimi ambientalmente accettabili permettonoun’alimentazione che non impone i suddetti impat-ti ma solo se seguiti con una buona dedizione.I regimi ambientalmente sostenibili perm e t t o n oun’alimentazione ottima da un punto di vistaambientale anche se non seguiti con dedizione.

Fame nel Sud del mondo, deforestazione, inquina-mento, malattie nel Nord del mondo e, per doveredi completezza, la vita e la libertà degli animali zoo-tecnici, sono solo aspetti diversi delle nostre sceltequotidiane.

Soltanto una conseguenza della nostra alimentazio-ne.

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Capitolo 9

Presentazionedei curatori e collaboratori

Raffaella RavassoBiologa.Custumer Care Agent.Insegnante alla Colorado State University, USA.Specializzata nella cura di piccoli animali.

Massimo TettamantiChimico Ambientale Dottorato di ricerca in Scienze Chimiche e Corsodi Specializzazione in Nutrizione e Benessere.Partecipazione e attività seminarialea Scuole di Chimica Fisica Ambientale,e a Workshop di Chimica Fisica Ambientalee Modellistica Ecologica.Varie pubblicazioni su riviste scientifichee comunicazioni a congressi nazionalie internazionali.Autore dei libri “Tossicità Legale”, “Tossicità Legale II” e “Chimica e Ambiente”.

Marina BeratiIngegnereCoordinatrice del progetto informativo“Dalla fabbrica alla forchetta: sai cosa mangi?”(www.SaiCosaMangi.info).Socia di Società Scientifica di NutrizioneVegetariana e membro della Redazionedella stessa (www.ScienzaVegetariana.it). Moderatrice del forum “AlimentazioneVegetariana” del portale Promiseland.it

Roberta CattaniDottoressa in Filosofia e Agrotecnico.Responsabile di filiale giornalistica.Addetta al controllo, correzione e registrazionedi questionari, dati Istat e statistiche.Collaboratrice di un rifugio per animaliprovenienti anche dal settore zootecnico(www.sosangels.it)

Lorenzo CenciLaurea in Dietista.Insegnante di Alimentazione e Anatomia.Iscritto al corso di laurea specialisticain Scienza della Nutrizione Umana.Autore delle pubblicazioni“Malattia di Parkinson: non solo farmaci.L’importanza dello stile di vita”e “Ambulatorio Nutrizionale: esperienzedi integrazione ospedale-territorio”.

Monica TrovesiCollaboratrice dell’International ExtranodalLymphoma Study Group, Istituto Oncologicodella Svizzera Italiana.Specializzata nel commercio equo e solidale.Responsabile Svizzera ATRA per la riabilitazionedi animali provenienti da situazionidi emergenza.Attivista del Centro di Documentazione Animalista.