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Massimo Camisasca DON GIUSSANI La sua esperienza dell’uomo e di Dio

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Massimo Camisasca

DON GIUSSANI

La sua esperienza dell’uomo e di Dio

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© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2009Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano)www.edizionisanpaolo.itDistribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l.Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino

ISBN 978-88-215-6404-8

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A mia mammaMariangela

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INTRODUZIONE

Don Giussani è stato uno dei più importanti educatori del No-vecento.

Lo vidi la prima volta quando avevo poco più di tre anni, malo incontrai definitivamente a quattordici e da allora, per qua-rantacinque anni, non mi sono mai allontanato da lui. No-nostante io sia vissuto dal 1973 prima a Bergamo e poi a Ro-ma e lui non abbia mai lasciato Milano, il mio interesse per lasua persona, per il suo insegnamento, per l’opera da lui creata,non è mai venuto meno.

Il grande sacerdote lombardo, scomparso nel 2005, aveva unapersonalità ricchissima, che non si finirà presto di sondare. Que-sto libro vuole essere un primo timido tentativo in questa dire-zione. Non è la mia una falsa umiltà. Si pensi che molti testi diGiussani sono inediti (probabilmente più di quanto sia statopubblicato). Intendo con queste pagine far conoscere don Gius-sani a chi non l’ha conosciuto, a chi non ha avuto la fortuna disentirlo parlare, di passare del tempo con lui o di leggere i suoilibri. Se il lettore vorrà, potrà trovare un utile sfondo storico aidiversi capitoli di questo libro nei miei tre volumi Comunione eLiberazione. Le origini, La ripresa, Il riconoscimento1, a cui

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1 M. Camisasca, Comunione e Liberazione. Le origini (1954-1968); La ripresa(1969-1976); Il riconoscimento (1976-1984). Appendice (1985-2005), San Paolo, Ci-nisello Balsamo (Mi) 2001, 2003, 2006. D’ora in poi CL I, CL II e CL III.

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comunque rimando nelle note quando lo ritengo strettamentenecessario.

Non si possono leggere gli scritti di don Giussani come silegge un romanzo, ma neppure come si legge un libro di filo-sofia. Leggendo un romanzo, non è necessario sostare sulle pa-role. Il pensiero corre al filo degli avvenimenti, vuol sapere co-me le cose andranno a finire. In un libro di filosofia ciò che col-pisce è la stringenza della logica, il filo del ragionamento. Leparole di Giussani invece vanno guardate, guardando contem-poraneamente a se stessi. Vanno lette e rilette, entrando in quelprocesso di avvicinamento progressivo e ripetuto alla realtàche è stato il suo metodo di parlare e di scrivere. Un metodoche, consapevolmente o no, lo ha accostato alla fenomenolo-gia, a grandi pensatori come Husserl e Heidegger, ma anche aHannah Arendt, a Edith Stein, a Karol Wojtyla.

Certamente Giussani è stato un genio, un genio dell’umano edella fede, ma soprattutto l’amico che avresti voluto trovare sulsedile accanto a te, durante il viaggio della vita.

M.C.

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I

LA STRADA DELLA VITA

Luigi Giussani nasce a Desio (Milano) il 15 ottobre 1922,primo figlio di Beniamino e Angelina Gelosa, i suoi primigrandi educatori. Beniamino, socialista e amante del canto edella musica, aveva un’officina da fabbro (più tardi lavoreràcome intagliatore di legno); la madre, invece, sensibile e reli-giosa, operaia tessile dell’industria Gavazzi, dopo il matrimo-nio abbandonò il lavoro per dedicarsi alla famiglia. Nel 1925nascerà Livia, la compagna di giochi del primo nato; nel 1929Brunilde, che non sopravvivrà ad una difterite sopraggiunta unanno dopo la nascita; nel 1932 verrà alla luce un’altra bambi-na, anch’ella chiamata Brunilde; infine, nel 1939, Gaetano.

La vocazione al sacerdozio

Luigi, nel 1933, era entrato, ad undici anni, nel seminario disan Pietro Martire a Seveso. Qui rimase quattro anni, i primi delginnasio, per poi trasferirsi con tutta la classe a Venegono, do-ve passerà otto anni (l’ultimo anno di ginnasio, i tre di liceo e iquattro di teologia).

Fu ordinato sacerdote dal cardinale Ildefonso Schuster il 26 maggio 1945, un mese esatto dalla fine della guerra. Giussa-ni era apprezzatissimo dai superiori per l’acutezza della sua in-telligenza. Subito dopo l’ordinazione gli chiesero di continuare

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gli studi, prefigurando per lui una brillante carriera di teologo.Professore di latino nel seminario minore di Seveso, dove avevaintrapreso i primi passi verso il sacerdozio, Giussani era solitopercorrere la distanza fra Venegono e Seveso in bicicletta. Que-sta abitudine acuì una situazione di malattia preesistente, e il gio-vane sacerdote si ammalò di pleurite. Ristabilitosi in salute, apartire dall’anno scolastico 1949-1950 iniziò, nel seminario diVenegono, l’insegnamento di dogmatica nei corsi comuni e diteologia orientale nella facoltà teologica. Durante i giorni festiviprestava servizio pastorale in una parrocchia di Milano, mentreveniva spesso chiamato a tenere lezioni ai giovani di Azione Cat-tolica. Intanto proseguiva gli studi. Nell’autunno dell’anno dellasua ordinazione, don Luigi ottenne la licenza in teologia e, nel1954, prima di lasciare per sempre Venegono, il dottorato.

Il genio dell’educatore

Ben presto il giovane sacerdote di Desio sarà chiamato aduna decisione importante: o il lavoro scientifico presso la fa-coltà teologica o la missione tra i giovani. Con dolore, ma sen-za esitazione, Giussani decise per il lavoro con i giovani. Luistesso racconta l’episodio che lo determinò in modo netto adabbandonare l’insegnamento: «Incontrai sul treno un gruppo distudenti e incominciai a discutere di cristianesimo con loro. Litrovai così estranei alle cose più elementari che mi venne comeirrefrenabile impeto il desiderio di far conoscere loro quelloche io avevo conosciuto, affinché anche per loro avesse a sor-gere il “bel giorno”. Abbandonai perciò, sollecitato dal rettore,l’insegnamento in seminario... e scelsi di insegnare religionenelle scuole medie superiori dello Stato»1.

Giussani mantenne in realtà ancora per due anni l’insegna-

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1 L. Giussani, L’avvenimento cristiano. Uomo. Chiesa. Mondo, Rizzoli, Milano2003, 34-35.

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mento a Venegono e, solo nel 1957, durante la missione citta-dina, si convinse di occuparsi interamente degli studenti.

Divenuto assistente spirituale degli studenti di Azione Cat-tolica, nel 1954 iniziò il suo insegnamento al liceo classico«Giovanni Berchet» di Milano, inserendosi nella GioventùStudentesca (questo era il nome del movimento studenti diAC), di cui ben presto divenne la guida rinnovandone la pro-posta educativa. Il tentativo della diocesi di istituzionalizzarela nuova GS, inserendola di diritto, come movimento di am-biente dell’Azione Cattolica, nel novero delle realtà ricono-sciute dalla chiesa milanese, portò all’allontanamento di Gius-sani nel 1965. Fu mandato in America per motivi di studio,dove rimase per cinque mesi. Tornato a Milano nell’estate,non fu più ai vertici di GS.

Cercatore di bellezza

Dal 1964 don Giussani aveva iniziato ad insegnare «Introdu-zione alla teologia» presso l’Università Cattolica di Milano,dove resterà come insegnante fino al 1990, dando vita, nel1968, al movimento di Comunione e Liberazione, e influendoprofondamente con la sua presenza su quella comunità di stu-denti universitari, che divenne uno degli assi decisivi della cre-scita del nuovo movimento negli anni settanta e ottanta.

La sua vita si lega da allora alla guida del movimento da luiiniziato; è presidente e fondatore della Fraternità di Comunio-ne e Liberazione e dell’associazione ecclesiale Memores Do-mini, riconosciute e approvate dal Pontificio Consiglio per ilaici. Per il suo impegno nel campo culturale riceve nel 1995 ilPremio Nazionale Cultura Cattolica.

Si spegne a Milano il 22 febbraio 2005, dopo una lunga ma-lattia i cui primi segni si erano manifestati nel 1992. Il suo cor-po è sepolto al Cimitero Monumentale e la sua tomba è oggimeta di numerosi pellegrinaggi.

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Il cardinale Ratzinger, che verrà eletto poche settimane dopopapa Benedetto XVI, lo ha ricordato così il 24 febbraio, nelgiorno del suo funerale nel Duomo di Milano: «Realmente vo-leva non avere per sé la vita, ma ha dato la vita, e proprio cosìha trovato la vita non solo per sé, ma per tanti altri». «Sin dal-l’inizio era toccato, anzi ferito, dal desiderio della bellezza,non si accontentava di una bellezza qualunque, di una bellezzabanale: cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita; così hatrovato Cristo, in Cristo, la vera bellezza, la strada della vita, lavera gioia»2.

Cultura, carità, missione

Centro dell’attività pastorale di Giussani fra gli studenti mi-lanesi furono la «scuola di religione» al liceo Berchet e la vitadi GS. La nuova GS nata da Giussani era concepita come co-munità cristiana presente nell’ambiente della scuola. Aveva ilsuo cuore educativo nel «raggio», momento di assemblea, im-postato secondo un modello pedagogico originale che avevacome punto di partenza l’esperienza esistenziale dei ragazzi ela vita concreta della comunità. La particolarità di questo me-todo di incontro colpì talmente padre Maurice Cocagnac, undomenicano allora direttore dell’autorevole rivista francese«Vie spirituelle», di passaggio a Milano, da portarlo a dire «dinon aver veduto nulla di simile in tutta Europa, in quanto a no-vità d’impostazione ed efficacia educativa»3.

Quest’opera educativa, sviluppata secondo le tre dimensioni

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2 Notizie più dettagliate sulla vita di don Giussani si possono trovare nel miei già ci-tati tre volumi dedicati alla storia di CL: Comunione e Liberazione. Le origini (1954-1968); La ripresa (1969-1976); Il riconoscimento (1976-1984). Appendice (1985-2005), che rimangono, fino ad oggi, la fonte fondamentale per conoscere il movimen-to e soprattutto, attraverso le note, i testi, gli articoli di giornalisti e riviste che hannoparlato di don Giussani o attraverso cui lui stesso ha preso la parola.

3 Così riferisce Giussani stesso nell’Introduzione, scritta nel 1995, al suo Il cammi-no al vero..., cit., 11.

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di cultura, carità e missione, segnò con le sue iniziative la vitadella città lombarda e della sua Chiesa. Fra gli anni cinquantae sessanta si svolsero a Milano grandi convegni culturali orga-nizzati da GS su temi di significativa rilevanza culturale, qualila libertà della scuola e l’educazione, le comunicazioni sociali,la dimensione universale della missione della Chiesa. Ogni do-menica pomeriggio migliaia di ragazzi andavano in Bassa, zo-na agricola a sud di Milano, per condividere un po’ della vitadei ragazzi poveri e soli di quei paesi. Due volte all’anno, insettembre e in preparazione della Pasqua, si tenevano a Vari-gotti, in Liguria, gli esercizi spirituali guidati da Giussani. Nel-la bellezza silenziosa di quel luogo un popolo di giovani vive-va l’esperienza della liturgia, della preghiera e dell’ascolto.

Comunione e Liberazione

L’esperienza di GS valicò ben presto i confini del capoluogolombardo, diffondendosi nella diocesi di Milano e in Italia; nel1962 partirono per il Brasile i primi quattro «giessini», testi-moniando l’apertura missionaria e l’universalità di orizzontedell’opera di Giussani.

Nel novembre 1969 un gruppo sparuto di giovani provenien-ti da GS, sopravvissuto alla burrasca del ’68, scelse la formula«Comunione e Liberazione» come titolo di un volantino. Era-no universitari che volevano continuare l’esperienza iniziatadurante gli anni della scuola superiore. Il loro riferimento a donGiussani era sincero, anche se ideale. Egli infatti, benché fossedal 1964 insegnante di teologia in Cattolica, si interessava pre-valentemente del Centro Culturale «Charles Péguy», nato inquell’anno, e punto di riferimento e di coagulo per coloro che,usciti da GS, sposati o laureati, volevano verificare come ciòche era nato attorno al sacerdote di Desio fosse valido non so-lo negli anni giovanili ma anche nella vita adulta. La formula«Comunione e Liberazione» esprimeva il desiderio di essere

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presenti nel mondo universitario di allora con una visione e unaproposta che esprimesse la loro identità cristiana. Questi gio-vani volevano testimoniare che l’unica liberazione dell’uomo,tanto agognata dal Movimento Studentesco che egemonizzavale università in quegli anni, non poteva nascere da un’ideolo-gia o da un progetto sociale, ma solo dalla comunione cristia-na. Quell’espressione diventò il nuovo nome di tutto il movi-mento.

CL chiarisce e rafforza con il tempo il suo legame con Gius-sani, diffondendosi rapidamente in molti atenei italiani. Nelmarzo 1971 era già presente in ventidue città della penisola e,al ritiro di Pasqua del 1972, convennero ben millecinquecentopersone.

Negli stessi anni riprende una presenza significativa nellescuole, grazie anche all’arrivo di nuovi giovani insegnanti,spesso ex-giessini, che dal maggio 1970 si raccolgono nel CLE(Comunione e Liberazione Educatori). Nel mondo del lavoronasce invece, nell’aprile 1971, CLL (Comunione e Liberazio-ne Lavoratori).

Don Giussani, con la sua parola e l’incontro continuo con iresponsabili, guida e influenza la crescita numerica e la matu-razione del movimento, di cui nell’agosto del 1971 è ricono-sciuto anche formalmente «responsabile ultimo». In questa re-sponsabilità è sempre accompagnato da collaboratori, raccoltinel «Consiglio» o «Centro». Fra gli anni settanta e ottanta Co-munione e Liberazione diventa una realtà ormai estesa in tuttaItalia, capace di imporsi all’opinione pubblica per il suo impe-gno nel campo educativo, sociale e politico. L’11 febbraio1982, dopo un lungo cammino, non privo di incomprensionicon la Chiesa italiana e la sua gerarchia, viene approvata e ri-conosciuta per decreto pontificio la Fraternità di Comunione eLiberazione. Si tratta di una comunità di persone adulte che li-beramente, in nome del loro battesimo e della maturità della fe-de favorita dall’educazione ricevuta nel movimento, condivi-dono una regola di preghiera, l’impegno ad educarsi alla po-

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vertà, ad approfondire la conoscenza della dottrina della Chie-sa e ad evangelizzare gli ambienti della vita quotidiana.

La fecondità del carisma

La presenza di CL supera ben presto i confini dell’Italia, dif-fondendosi in diversi paesi europei ed extraeuropei. L’udienzacon Giovanni Paolo II del 1984 e il suo invito ad andare «in tut-to il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace, che si in-contrano in Cristo Redentore»4 assumono per il movimento ilsignificato di un incoraggiamento particolare. La missione diCL sarà successivamente coordinata dal Centro Internazionale,inaugurato a Roma nell’ottobre del 2000. Oggi il movimento didon Giussani è presente in circa settanta paesi.

Attorno a Giussani sono sorte tra i giovani molte vocazionialla verginità. Moltissime altre persone, sacerdoti, religiosi ereligiose, hanno trovato nella sua persona e nella sua operanuove motivazioni. Fondata direttamente da Giussani è l’As-sociazione ecclesiale dei Memores Domini, eretta canonica-mente nel 1981 e riconosciuta con decreto pontificio l’8 di-cembre 1988. A partire dalla metà degli anni sessanta, essa rac-coglie centinaia di laici, uomini e donne, desiderosi di vivere lapropria vocazione alla verginità all’interno del mondo del la-voro5. Ricordiamo ancora l’incontro di don Giussani con lePiccole Suore dell’Assunzione, fondate da padre Pernet nel1865. Un gruppo di loro, particolarmente legate al sacerdotebrianzolo, farà nascere nel 1993 le Suore di Carità dell’Assun-zione. Decine e decine di ragazze di CL entrarono anche nella

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4 Giovanni Paolo II, Fatevi carico del bisogno della Chiesa. Per il trentennale di Co-munione e Liberazione, 29 settembre 1984, in «La Traccia», (1984), 1028; più recen-temente in D. Rondoni (a cura di), Comunione e Liberazione. Un movimento nellaChiesa, Cooperativa Editoriale Nuovo Mondo, Milano 1998, 87-89.

5 Si possono ritrovare alcuni dialoghi di don Giussani con gruppi di giovani che ini-ziano il loro cammino vocazionale nei Memores Domini in L. Giussani, Si può viverecosì?..., cit.

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Trappa cistercense di Vitorchiano. Nella periferia di Milanonacque, nel 1971, sotto la vigile attenzione di don Giussani, ilmonastero benedettino della Cascinazza. Giussani dedicò mol-to tempo anche alle vocazioni sacerdotali ed ai preti del movi-mento, diocesani e religiosi, organizzando ritiri ed incontri pe-riodici. L’esigenza di continuare a vivere all’interno di unacompagnia vocazionale l’esperienza scaturita dall’incontro conGiussani ha fatto infine sorgere fra alcuni sacerdoti di CL laFraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo(fondata da don Massimo Camisasca nel 1985, e riconosciutadalla Santa Sede come Società di Vita Apostolica nel 1999).

Difficile è sintetizzare l’opera di un uomo che si è sempre cir-condato di molti collaboratori, che ha sempre rispettato e inco-raggiato la libera iniziativa e responsabilità personale, che haeducato la fede di tante persone impegnate nel mondo sociale,politico ed ecclesiale. Frutti del suo carisma sono un gran nu-mero di opere culturali e sociali come scuole, centri culturali,pubblicazioni e riviste (fra cui «Tracce», la rivista ufficiale delmovimento di CL), l’AVSI (ONG impegnata in diversi Paesi invia di sviluppo), le Famiglie per l’Accoglienza, il MovimentoPopolare – negli anni settanta e ottanta – e, oggi, la Compagniadelle Opere.

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II

L’ATTRATTIVA DELLA BELLEZZA

«Ferito dal desiderio della bellezza». In questa espressioneusata dal cardinale Joseph Ratzinger, nell’omelia alle esequiedi don Giussani, il 24 febbraio 2005, sta la rivelazione conclu-siva e sintetica della sua vita1.

Giussani è stato un maestro della ragione. La sua battagliaper una riscoperta delle piene capacità di essa ha accompagna-to tutta la sua esistenza. Non solo la ragione formale, la ragio-ne dei calcoli e delle dimostrazioni, ma anche la ragione che saavvicinarsi ai sentimenti dell’uomo, per ordinarli e guidarli, ca-pace di cogliere i segni nascosti nelle cose e negli avvenimen-ti. Una ragione che si commuove e commuove, senza per nul-la abdicare al suo rigore. Capace di portare l’uomo alle sogliedel Mistero, di vederlo implicato nella sua stessa lettura dellavita. Una ragione, sinteticamente, in grado di vedere nel bellola strada verso la verità.

Don Giussani per questo si è sempre rivolto con estremo inte-resse al fatto artistico, fin da piccolo. Da quando suo padre lo haaperto alla scoperta della musica operistica, sinfonica, sacra. Da

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1 J. Ratzinger, Innamorato di Cristo. In un incontro, la strada. Omelia del cardinaleJoseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, presente alfunerale a nome del Santo Padre, in «Tracce – Litterae Communionis», (2005), n. 3, 20.Il cardinal Ratzinger aveva già adoperato quest’immagine a proposito di don Giussaninell’introduzione al mio primo volume sulla storia di CL, CL I, 6, laddove affermava:«La lama della bellezza, per così dire, lo colpisce fino ad aprire in lui una ferita meta-fisica».

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quando ha cominciato (a quattordici anni!) a studiare a memo-ria le poesie di Leopardi, da una parte usandole come preghieredi ringraziamento dopo la comunione, suscitando così le preoc-cupazioni dei superiori del seminario, dall’altra correndo il ri-schio di seguire il poeta nella sua scelta scettica e nichilista2.

Musica e canto, poesia e letteratura, sono state passioni per-manenti, fino alla morte. Il nostro autore non si è mai accosta-to ad esse come a mondi specialistici, come a settori dell’esse-re destinati a professionisti. Ha visto sempre il verso e la me-lodia come parte della vita, espressioni di essa e guida ad unasua lettura. Non erano cosa diversa dalle montagne, di cui pu-re era stupito ammiratore, dal mare, dai fiori, da tutto ciò, in-somma, che può colpire, rallegrare, riempire di sé, rimandareall’esistenza con maggior chiarezza e lena.

È lui stesso che accomuna tutti questi mondi: «Nella musica,nel panorama della natura, nel sogno notturno (come scrive nelsuo Canto notturno... Leopardi), è a qualcosa d’altro che l’uo-mo rende il suo omaggio... Il suo entusiasmo è per qualcosa chela musica, o tutto ciò che è bello al mondo, ha destato dentro»3.

Proprio perché nell’arte vedeva la strada più vera per unacomprensione della vita, Giussani non ha mai amato, né con-cepito l’arte fine a se stessa, l’ars gratia artis. Il fondatore diComunione e Liberazione ha fatto dell’evento artistico il cuo-re della sua educazione.

Nelle occasioni di incontro desiderava che l’ascolto delle pa-role venisse introdotto, e quasi preparato, dall’ascolto di cantio di musica sinfonica. Si preoccupava dell’ordine della sala,dell’acustica, dei pannelli (sempre raffiguranti opere di grandiartisti) che aiutassero l’immaginazione e il pensiero. Tutto eraparte di un unico gesto, di un unico evento.

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2 Cfr. L. Giussani, Le mie letture, BUR, Milano 2008, 9. Cfr. anche CL I, 61ss.3 Questa frase è presente nel retro di copertina di ogni libretto allegato ai cd della

collana musicale «Spirto gentil» (di proprietà della Società Cooperativa EditorialeNuovo Mondo, Milano), che ha preso il via nel 1997 per iniziativa di don Giussanistesso, arrivando a pubblicare, fino ad oggi, una cinquantina di cd.

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Così i suoi libri sono ricchissimi di rimandi a poeti, a testi diprosa, di teatro, ad autobiografie. Non sono citazioni, cioè testiche vengono in aiuto a tesi da dimostrare, ma vera parte inte-grante del racconto. Sono centinaia gli autori che si vengonocosì a conoscere leggendo don Giussani.

Certo, aveva i suoi preferiti: Leopardi, Pascoli, Claudel, Pé-guy, Milosz, Eliot e Pavese4. Nella musica amava Pergolesi,Mozart, Beethoven, Schubert, Chopin, Dvorák, Rachmaninov.Non tutto, ovviamente, e non allo stesso modo. Le grandi scel-te musicali su cui ha costruito il suo diletto e l’educazione deiragazzi sono evidenziate dalla collana di cd «Spirto gentil», dalui voluta, dove frutto della sua scelta non sono solo gli autori,i brani, ma anche gli interpreti e le particolari incisioni. E ognidisco è impreziosito da una sua introduzione all’ascolto5.

Allo stesso modo ha voluto una collana di libri6 che racco-gliesse quelli a lui più cari e significativi .

Ha amato incontrare e conoscere i grandi uomini dell’arte: luistesso li affascinava con la penetrazione del suo sguardo: sipensi, per tutti, a William Congdon7 e a Giovanni Testori8.

Poesia, musica, avvenimento cristiano, comunicazione ededucazione ad esso sono una sola cosa per Giussani. Prendia-mo, per esempio, Alla sua donna di Leopardi9: «Se dell’eterneidee l’una sei tu...»10. «Questa è stata la strofa che mi ha tra-volto... la vita. Perché dice: se tu, bellezza, che, quand’ero ra-gazzo, credevo di trovare per le strade...; se tu bellezza sei un’i-

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4 Cfr. L. Giussani, Le mie letture, cit.5 Cfr. supra, nota 3.6 «I libri dello Spirito cristiano», collana edita dalla BUR.7 William Grosvenor Congdon (1912–1998), pittore statunitense. Cfr. CL I, 135;

CL II, 173-174; CL III, 133 e 209.8 Giovanni Testori (1923-1993), poeta, narratore, drammaturgo. Cfr. CL III, 128-132.9 G. Leopardi, «Alla sua donna», in Cara beltà... Poesie, BUR, Milano 2007, 53-55.10 «Se dell’eterne idee / l’una sei tu cui di sensibil forma / sdegni l’eterno senno es-

ser vestita, / e fra caduche spoglie / provar gli affanni di funerea vita; / o s’altra terrane’ superni giri / fra’ mondi innumerabili t’accoglie, / e più vaga del Sol prossima stel-la / t’irraggia, e più benigno etere spiri; / di qua dove son gli anni infausti e brevi, / que-sto d’ignoto amante inno ricevi» (ivi, 55).

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dea di Platone che vive nell’iperuranio,... oppure vivi in qual-che altro pianeta più felice della terra,... perché sdegni di rive-stirti di carne e... in un corpo carnale portare i dolori e la mor-te?... Se tu questo sdegni perché sei una delle realtà eterne, “diqua dove son gli anni infausti e brevi, questo d’ignoto amanteinno ricevi”. Quando lessi questa strofa la prima volta – mi ri-cordo come se fosse oggi, la giornata di inizio dell’anno scola-stico del mio seminario, in prima liceo a 15 anni, – dissi: ma...che cos’è... l’annuncio cristiano se non questo?»11. «Che cosa èquesta Bellezza col B maiuscolo, la Donna col D maiuscolo? Èquel che il cristianesimo chiama Verbo»12.

A conclusione di questo primo approccio alla personalità didon Giussani, non si può evitare di andare con il pensiero asant’Ambrogio. Anche lui aveva educato il suo popolo attra-verso i canti. E l’insegnamento di sant’Ambrogio, arrivato adon Giussani attraverso la liturgia che porta il suo nome e lagrande tradizione della Chiesa ambrosiana, permeò la sua vita.Soprattutto il senso concreto dell’uomo peccatore e salvato, lostupore per la misericordia di Dio più grande del nostro male,il gusto per tutto ciò che è bello. E una fedeltà «in piedi», nonservile, ma reale e sacrificata all’autorità della Chiesa. DonGiussani, prete ambrosiano.

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11 L. Giussani, La coscienza religiosa di fronte alla poesia di Leopardi, in G. Leo-pardi, Cara beltà..., cit., 23-24.

12 L. Giussani, Le mie letture, cit., 30.

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III

IL SEME

Molti fra coloro che ascoltarono don Giussani nel periodo ditempo che va dal 1954 al 1965, quando era insegnante di reli-gione al liceo Berchet di Milano, rimasero colpiti dalla suastraordinaria conoscenza dell’uomo e dei dinamismi profondidella vita. Una conoscenza che si traduceva in una grande ca-pacità di valorizzare ogni persona che incontrava: la guardavacon una grande passione e compassione. Sembrava che in quelmomento tutta la sua vita fosse occupata esclusivamente daquella presenza. In mezzo a questa attenzione per l’uomo, duetratti del carattere di don Giussani balzavano immediatamenteagli occhi: la sua decisione e la sua apertura. Partire da essi misembra il modo migliore di introdurci nei suoi primi scritti.

Decisione e apertura

Chi lo sentiva parlare rimaneva colpito dal suo attaccamentoalla verità, dalla sua dialettica, dalla sua profonda convinzionee forza di convincimento, che si sintetizzava in una grande vispolemica. Questa si esprimeva in lui attraverso il tono della vo-ce, deciso e irruente, attraverso un gusto per la razionalità che,come ebbe occasione di dire, imparò soprattutto da suo padre.

Ma tutto ciò era soltanto l’aspetto esteriore di Giussani, la su-perficie di una esperienza interiore che si serviva di questi do-

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ni temperamentali come un uomo può servirsi di un braccio perindicare. Le provocazioni che lanciava non erano mai fine a sestesse, ma erano il livello più visibile di un fuoco che bruciavain lui: la sua passione per Cristo, incontrato e riconosciuto co-me «massima convenienza» per l’uomo di ogni tempo. Credoche proprio questa sia stata una delle intuizioni fondamentali didon Giussani: la vita si muove soltanto per una passione e unapassione si accende soltanto per una bellezza incontrata.

Decisione: un’eco di questa parola l’avremmo avuta all’ini-zio del pontificato di Giovanni Paolo II: «Non abbiate paura,aprite, anzi spalancate le porte a Cristo»1. In anticipo sugli an-ni che sarebbero venuti poi, l’esperienza che Giussani propo-neva era l’invito a rispondere ad un Amore che lo aveva rag-giunto. Egli viveva questa risposta attraverso la penetrazioneintellettuale della verità, il gusto di un’affettività rinnovata, chesa amare in modo autentico le cose e l’esistenza, la libertà crea-tiva che rendeva l’uomo capace di costruire opere.

Certamente, come ho detto, questa risolutezza era un datotemperamentale di don Giussani, ma più profondamente si trat-tava di un dato spirituale. Chi lo seguiva veramente, sentivache i suoi doni non erano qualcosa di esclusivo e personale.Chi lo incontrava era spinto ad una sincera conversione, ad unascoperta rinnovata della ragionevolezza della fede e della rea-lizzazione di sé, nell’imitazione sempre più stringente dell’e-sperienza di Cristo.

La sua meta educativa era l’uomo nuovo, opera certamentedella grazia comunicata attraverso il dono del battesimo e ca-pace di rinnovare tutto il tessuto dell’esistenza. Ciò affondavale sue radici nell’educazione che il sacerdote di Desio aveva ri-cevuto dalla madre. Da essa imparò anche un amore per il la-voro che si concretizzò in una passione per il tempo che passae non va sprecato, per l’istante affinché sia pieno.

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1 Cfr. Giovanni Paolo II, Spalancate le porte a Cristo. Omelia per l’inizio del Pon-tificato, Roma, 22 ottobre 1978, in «La Traccia», (1978-1979), 10.

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La sua decisione sorgeva anche dalla constatazione che ilmodo in cui si viveva il cristianesimo andava profondamenterinnovato. Mentre alcuni ritenevano che la religione cristianafosse ancora capace di permeare lo spirito delle persone e ad-dirittura del popolo, confortati dal numero ancora elevato dibattesimi e di frequenze alla messa, nonché dalle manifesta-zioni di massa dei cattolici, don Giussani si era accorto che lafede cristiana non era più interessante per moltissimi giovani.Il cristianesimo era percepito come un ideale, una regola mo-rale a lato della vita quotidiana.

La sua decisione appariva, a metà degli anni cinquanta e poilungo tutto il corso dell’opera di creazione del movimento, co-me denuncia di quei compromessi che molti erano tentati dioperare con il mondo, con la sua mentalità, con il potere, cer-cando in esso la propria forza e la propria difesa. Ed era anchedenuncia degli itinerari compiuti da alcuni uomini di Chiesache cercarono le strade illusorie dell’alleanza con l’ideologiamarxista o, all’opposto, con l’ideologia borghese.

La Chiesa di quegli anni viveva una profonda tensione tra dueproposte pedagogiche: alcuni dicevano che per superare la crisibisognava ripartire dal soprannaturale, altri volevano ripartiredall’uomo e proponevano, quindi, attività sportive, gite e spet-tacoli. Questi due punti di partenza non appartennero mai a donGiussani. Egli muoveva da un punto di sintesi: l’incontro con ilMistero che l’uomo vive nella sua vita. A partire da questo in-contro l’uomo scopre chi è e quale strada imboccare per la rea-lizzazione di sé. Perciò Giussani parlava di Cristo anche quan-do non lo nominava e parlava dell’uomo anche quando parlavadi Cristo. Per il sacerdote lombardo, l’esperienza è il luogo do-ve Mistero e terra si fondono come in un unico grumo.

Assieme alla sua decisione, colpiva la sua grande apertura, lasua curiosità ed il suo desiderio di incontro. Desiderio che lorese protagonista di accesi dibattiti con i pensatori del tempo.Proprio perché conquistato da Cristo, cioè da un insaziabilemovimento verso la realtà, l’uomo è spinto con necessità ad in-

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contrarsi con tutto e tutti. È significativo in questo senso chedon Giussani abbia sempre cercato di riprendere il dialogo an-che dopo le liti più accese e furibonde. Il suo stesso tempera-mento, abitato dallo Spirito, lo ha portato a sentire ogni esclu-sione come ultimamente contraria a ciò che voleva.

La sua apertura si esprimeva concretamente attraverso le nu-merosissime proposte con cui ha educato fin dai primi giorni diinsegnamento i suoi ragazzi, proposte che miravano a renderliparte attiva di una tradizione e di una storia che erano la tradi-zione e la storia cristiane. Basti pensare ai canti che entrarononel repertorio del movimento da lui fondato: dal gregoriano al-la polifonia, dalla Missa Luba africana alla Missa Criolla su-damericana, dai canti irlandesi e russi agli Spirituals, fino aicanti Scout. Faceva leggere molti libri. Ciò ha significato pergenerazioni di persone la scoperta di nuovi spazi, di nuovi pae-si e di nuove culture. Aveva anche uno speciale gusto per le im-magini. Egli portava così chi lo seguiva a conoscere un tipo dilinguaggio antico e nuovo, proprio mentre si andava perdendoil gusto del vedere, dell’ascoltare e del leggere.

I primi scritti2

Ogni albero, ogni uomo, nasce da un seme. In esso è già con-tenuto, in estrema sintesi, lo sviluppo futuro di ciò che verrà.Ma solo la crescita rivelerà la potenzialità dell’inizio. Così èstato anche per don Giussani. Si può dire che il disegno, la«traccia» del suo pensiero e della sua esperienza, il contenuto

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2 La fonte principale per la conoscenza di don Giussani sono i suoi scritti, editi edinediti. Gli inediti, a parere di chi scrive, sono superiori, per quantità, a quelli già pub-blicati. Soprattutto è in gran parte inedito l’immenso patrimonio degli esercizi e ritiriai Memores Domini, associazione laicale (di uomini e donne dedicati a Dio, intera-mente votati alla memoria di Cristo nel lavoro) nata in seno al movimento di Comu-nione e Liberazione, riconosciuta dalla Santa Sede nel 1988 (cfr. CL II, 172ss). Deisuoi scritti editi è stata compilata una prima bibliografia (non completa) che arriva fi-no al 1997, pubblicata in L. Giussani, Porta la speranza, Marietti 1820, Genova 1997.

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fondamentale della sua opera educativa, siano già nelle paginedi quei due volumetti («piccoli manuali», li chiamerà Giussa-ni) apparsi tra il 1959 e il 1960: G.S. Riflessioni sopra un’e-sperienza e Tracce d’esperienza cristiana (ad essi può essereaccostato Appunti di metodo cristiano, pubblicato nel 1964)3.Accompagneranno il sorgere del nuovo movimento gli anni diGioventù Studentesca (solo nel 1969 il movimento assumerà ilnome definitivo di «Comunione e Liberazione»).

Ordinato sacerdote a Milano nel 1945, don Giussani inse-gnerà teologia nel seminario diocesano fino al 1954, quandolascerà quell’insegnamento più «protetto» per la scuola di reli-gione in un prestigioso liceo del capoluogo lombardo, il Ber-chet. Vi rimarrà fino al 1965. In seguito, dopo un breve perio-do trascorso negli USA, comincerà il suo incarico di docente diIntroduzione alla teologia all’Università Cattolica di Milano.

Preceduti ed accompagnati da alcuni articoli pubblicati su ri-viste e da alcuni contributi per la Gioventù di Azione Cattolicamilanese4, questi tre testi di don Giussani ci permettono di co-gliere una personalità già formata.

Rileggiamo innanzitutto i titoli di questi tre libretti. Si nota inessi quasi un desiderio di nascondersi, meglio, la saggezza dichi non vuole apparire anzi tempo. Si parla di tracce, di rifles-

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3 Questi tre piccoli volumi uscirono in anni diversi, inizialmente senza il nome del-l’autore. G.S. Riflessioni sopra un’esperienza, Gioventù Studentesca, Milano, è del1959 (terza edizione con una nuova Premessa, 1963); Tracce d’esperienza cristiana,Edizione della Presidenza Diocesana della Gioventù Italiana di Azione Cattolica e diGioventù Studentesca, Milano, fu pubblicato nel 1960; Appunti di metodo cristiano,Gioventù Studentesca, Milano, appare nel 1964. Tutti e tre i testi sono stati raccolti epubblicati più volte. Ultima edizione: L. Giussani, Il cammino al vero è un’esperien-za, Rizzoli, Milano 2006.

4 Conquiste fondamentali per la vita e la presenza cristiana nel mondo, in collabora-zione con C. Oggioni, Gioventù Italiana di Azione Cattolica. Presidenza Diocesana Mi-lanese, Milano 1954; Risposte cristiane ai problemi dei giovani, Gioventù Italiana diAzione Cattolica. Presidenza Diocesana Milanese, Milano 1955 (Fonte Seniores 1956;ripubblicato in «Quaderni», 16, supplemento a «Litterae Communionis – CL», (1988),n. 2, e in L. Giussani, Realtà e giovinezza. La sfida, SEI, Torino 1995, 125-147); Il sen-so religioso, Gioventù Italiana di Azione Cattolica. Presidenza Diocesana Milanese,Milano 1957 (Fonte Seniores 1958).

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sioni, di appunti. I tre libretti uscirono senza il nome dell’auto-re (ma non senza l’imprimatur!). Solo nel 1977 la Jaca Bookne raccoglierà, in un unico volume, le parti più significative, ri-velandone la paternità5.

Questi opuscoli, letti con gli occhi di oggi, ci mostrano conchiarezza e profondità la novità del metodo che il prete brian-zolo stava inaugurando. L’urgenza era nata in lui fin dai tempidel seminario quando, con un gruppetto di amici aveva inizia-to lo Studium Christi6: Cristo era apparso loro come l’uomo piùinteressante, rivelatore dell’uomo a se stesso, colui che vale lapena incontrare e seguire, colui che promette a chi lo segue ilcentuplo quaggiù.

Eppure, ecco la contraddizione. Secondo Giussani, per comeera «proposto», Cristo non suscitava più l’interesse delle nuovegenerazioni. Egli incontrava i ragazzi sui treni dei suoi viaggi traVenegono e Milano, tra Milano e la Liguria o il mare Adriatico,dove ogni tanto il cattivo stato di salute lo obbligava a periodi divacanza. «O si doveva considerare il cristianesimo come qual-cosa che aveva perso ogni forma persuasiva e determinante lavita di un giovane studente, oppure si doveva concludere che ilfatto cristiano non veniva presentato, offerto, in modo a lui ade-guato»7. «I contenuti della fede hanno bisogno di essere abbrac-ciati ragionevolmente, devono cioè essere esposti nella loro ca-pacità di miglioramento, illuminazione ed esaltazione degli au-tentici valori umani»8. Sarà questo il contenuto di Tracce d’e-sperienza cristiana e Riflessioni sopra un’esperienza.

«Salendo per la prima volta i tre gradini d’entrata del liceoBerchet... avevo chiaro che si trattava... di rifare l’annuncio delcristianesimo come avvenimento presente, umanamente inte-ressante e conveniente all’uomo che non voglia rinunciare al

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5 L. Giussani, Tracce d’esperienza cristiana, Jaca Book, Milano 1977, (nuova edi-zione 1991).

6 Cfr. CL I, 68-73.7 L. Giussani, Il rischio educativo, Rizzoli, Milano 2005, 42.8Ivi, 43.

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compimento delle sue attese e all’uso senza riduzioni del donodella ragione. Tutto ciò che ne conseguì... dipese... unicamenteda quella intuizione iniziale»9.

La critica di Giussani alla teologia, alla pedagogia, all’espe-rienza associativa della Chiesa italiana di quegli anni cinquan-ta, riguardava dunque la capacità stessa del cristianesimo diproporsi all’uomo e si collocava, in modo assolutamente origi-nale, nella vasta «rinascita della Chiesa», per usare le parole diRomano Guardini10, iniziata nel secolo diciannovesimo dagrandi teologi come Möhler11 e Scheeben12, per citare i più caria Giussani, e proseguita nel movimento liturgico, biblico, ecu-menico del secolo ventesimo13 che egli aveva respirato a Vene-gono attraverso l’insegnamento di Gaetano Corti14, Carlo Co-lombo15, Giovanni Colombo16 ed Enrico Galbiati17.

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9 L. Giussani, La nascita di un’esperienza, Introduzione a Il cammino al vero..., cit., 11.10 R. Guardini, La realtà della Chiesa, Morcelliana, Brescia 1973, 21.11 J. A. Möhler (1796-1838), teologo. Ordinato sacerdote nel 1818, insegnò Storia

ecclesiastica alla Facoltà di teologia cattolica dell’Università di Tubinga ed Esegesi delNuovo Testamento nell’Università di Monaco. Tra le opere principali: L’unità dellaChiesa e La simbolica.

12 M. J. Scheeben (1835-1888), teologo. Si laureò in filosofia e teologia a Roma al-l’Università Gregoriana. Venne ordinato sacerdote nel 1858 e, due anni dopo, divenneprofessore di Dogmatica nel Priesterseminar di Colonia. Tra le opere ricopre un ruolodi primo piano I misteri del cristianesimo.

13 Per questi movimenti si veda il contributo di R. Aubert in Bilancio della teologiadel XX secolo, Città Nuova, Roma 1972, vol. II, 13-71.

14 Gaetano Corti (1910-1989) ordinato sacerdote nel 1932, conseguì il dottorato allaGregoriana. Dal ’34 al ’57 insegnò a Vengono: Apologetica e Filosofia al liceo e Pa-trologia, Teologia morale e fondamentale, Dogmatica e corsi di specializzazione allaLicenza. Collaborò con «L’Italia» e «La Scuola Cattolica». Dal 1966 al 1980 ha inse-gnato Storia del cristianesimo presso la Facoltà di magistero a Trieste. Cfr. CL I, 81-88.

15 Carlo Colombo (1909-1991), ordinato sacerdote nel 1931. Dal ’35 al ’63 insegnòa Venegono, Filosofia al Liceo e Dogmatica alla Facoltà teologica. Codirettore de «LaScuola Cattolica», preside della Facoltà teologica dal 1962 al 1984, vescovo ausiliaredi Milano dal 1964. Durante il Concilio Vaticano II sarà spesso additato come il teo-logo di Paolo VI. Cfr. CL I, 80-81.

16 Giovanni Colombo (1902-1992), ordinato sacerdote nel 1926. Insegnante di lette-re nei corsi ginnasiali e liceali del seminario e di Sacra eloquenza e Teologia spiritua-le nei corsi teologici, si laureò in lettere presso l’Università Cattolica di Milano, dovedal 1937 tenne delle lezioni. Nominato vescovo ausiliare da Montini (1960), sarà arci-vescovo di Milano dal ’63 al ’79.

17 Enrico Galbiati (1914-2004), ordinato sacerdote nel 1937. Dal 1941 al 1975 inse-gnò Ebraico, Sacra Scrittura e Teologia orientale a Vengono.

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Quest’opera riformatrice configurava Giussani come un im-mediato precursore del Concilio Vaticano II, per lo meno di al-cuni suoi temi o forse meglio, della sua esigenza di «aggiorna-mento», come aveva detto papa Giovanni18.

Consapevole della tempesta del modernismo, Giussani vole-va superare l’intellettualismo e il moralismo in cui erano finitegran parte della pedagogia, della catechesi, della pastorale del-la Chiesa cattolica. Intellettualismo e moralismo saranno sem-pre per lui i due grandi nemici del cristianesimo autentico eperciò dell’uomo.

Tracce d’esperienza cristiana

Iniziamo a prendere in mano Tracce d’esperienza cristiana.È meglio partire da qui. Il libretto «verde», G.S. Riflessioni so-pra un’esperienza, in realtà era apparso un anno prima, ma rac-conta il metodo per vivere quanto qui è annunciato e convieneconsiderarlo in seguito.

Esperienza: la parola compare in tutti e due i titoli. Don Gius-sani non vuole scrivere un nuovo trattato di teologia, anzi vuo-le proprio reagire all’astratta organicità di molti libri su cui al-lora si formavano i preti e i laici più responsabili. Vuol riporta-re le attese della vita dentro il cristianesimo. Ecco il perché delrichiamo all’esperienza. Più avanti in un articolo intitolato pro-prio L’esperienza34 e ne Il senso religioso20 offrirà una rifles-sione sistematica sul tema. Qui basti avere accennato a una no-ta che ritroveremo in tutto lo sviluppo della sinfonia.

È anche importante segnalare come Giussani sia arrivato allastesura di questi libretti. La scrittura finale è certamente sua e sipuò dire che sue siano le riflessioni che vi sono contenute e l’o-

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18 Cfr. Giovanni XXIII, Discorso per la solenne apertura del SS. Concilio, Roma,11 ottobre 1962: EV I, 32ss.

19 L’esperienza, Gioventù Studentesca, Milano 1963.20 L. Giussani, Il senso religioso, Rizzoli, Milano 2000, 7ss.

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riginalità dell’esposizione. Ma nello stesso tempo quelle paginenascono dalla vita quotidiana di GS, da molti suoi incontri, dal-le annotazioni dei più acuti fra i protagonisti di allora.

Impostazione del problema umano

Da dove parte don Giussani nella sua riflessione? Si può di-re che egli prenda le mosse dall’uomo. Non a caso il primo ca-pitolo di Tracce si intitola: Impostazione del problema umano.L’uomo, dunque, ma pur sempre l’uomo guardato da Cristo, daLui scoperto nelle sue più profonde attese. Più tardi parlerà di«esperienza elementare», costituita da quel «complesso di esi-genze e di evidenze» che formano il cuore dell’uomo21.

Partire dall’uomo: se si vuole parlare di svolta antropologicain Giussani, si deve sempre pensare a un uomo in totale rela-zione con il mistero dell’incarnazione. «Cristo rivela l’uomoall’uomo» dirà qualche anno dopo il Concilio Vaticano II22.

«Per incontrare Cristo, quindi, dobbiamo innanzitutto impo-stare seriamente il nostro problema umano»23. Egli si proponeal bisogno originale di ogni persona. È il nuovo modo con cuiGiussani parla di Cristo salvatore, sottratto ad ogni oleografiao riduzione ultraterrena. Egli cerca di immedesimare il lettorecon il tempo di Gesù, con la comunità degli apostoli. Vede inloro i rappresentanti dell’umanità intera: «Cristo era l’uniconelle cui parole tutta la loro esperienza umana si sentiva com-presa e i loro bisogni presi sul serio, e portati alla luce là doveerano inconsapevoli e confusi»24.

Dal tempo delle origini cristiane Giussani corre al presente inun modo che diventerà in lui abituale. Ci invita ad «aprirci anoi stessi, cioè accorgerci vivamente delle nostre esperienze,...

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21 L. Giussani, Il senso religioso, cit., 8.22 Cfr. Gaudium et spes, n. 22: EV I, 808.23 L. Giussani, Il cammino al vero..., cit., 84.24 Ivi, 83.

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prendere sul serio quello che proviamo, tutto»25. In quel «tutto»vi è in nuce già l’itinerario de Il senso religioso.

A quali conclusioni possiamo arrivare in questa seria e since-ra considerazione di noi stessi? Scopriamo la nostra impotenzae solitudine di fronte ai bisogni più profondi e, assieme, la no-stra solidarietà con tutti gli uomini, a partire da quelli che vi-vono nel nostro stesso ambiente (ecco un’altra parola impor-tante, che ritroveremo sul nostro cammino). Scopriamo in al-cuni, nello stesso tempo, una capacità particolare di ascolto edi comprensione. Sono le autorità naturali che ci attraggono, dicui diventiamo, quasi senza accorgerci, discepoli. Scopriremoinfine la necessità di aprirci alla speranza, di «aspettare assie-me» agli altri, di domandare. L’impotenza dell’uomo diventaattesa di un incontro, di «quell’Altro che ci aiuti»26.

È il desiderium naturale videndi Deum di cui era intessuta la ri-flessione dei Padri, in quegli anni riproposta da Henri De Lubac27.

Se mi permetto, qui e altrove, di rimandare a nomi della teo-logia o di altre discipline, connettendoli alla riflessione di donGiussani, non è perché pensi a lui come a un «rimasticatore» ditemi altrui. Giustamente il cardinale Angelo Scola ha scrittoche quello di Giussani è un pensiero sorgivo: «Molti sono gliautori... che nutrono la riflessione del sacerdote milanese, maquesta alla fine ha un carattere originario, non scomponibile. Èun numero primo»28. È assolutamente vero. Io, nello stessotempo, penso a Giussani anche come a un uomo in dialogocontinuo con i temi e i protagonisti del suo tempo e con quellidel passato, resi attuali dalla perenne contemporaneità delloSpirito.

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25 Ivi, 84.26 Ivi, 90.27 Cfr., per es., H. De Lubac, Catholicisme, Cerf, Paris 1965. De Lubac fu con Da-

niélou l’iniziatore della collana Sources Chrétiennes che proponeva, attraverso l’edi-zione critica dei testi dei padri, un ritorno alle fonti (resourcement).

28 A. Scola, Un pensiero sorgivo. Sugli scritti di Luigi Giussani, Marietti 1820, Ge-nova 2004, 9.

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Ho detto sopra che la vita dell’uomo è segnata per Giussanidall’attesa di un incontro risolutivo. Ne Il senso religioso par-lerà della categoria della possibilità come vertice della ragio-ne29, apertura alla possibilità della rivelazione.

Incontro, assieme ad esperienza ed avvenimento sono le treespressioni con cui Giussani vuole recuperare la coscienza cri-stiana dalla scontatezza in cui era sprofondata.

Nel 1960, nello stesso anno in cui viene pubblicato Tracce,appare l’articolo Come educare al senso della Chiesa30. Vi tro-viamo queste tre espressioni: «Il metodo di Cristo... è statoquello di un’esperienza integralmente umana, di un incontroumano. E quest’esperienza non è qualcosa di puramente inte-riore, ma è un fatto che mi si impone dal di fuori, dall’esterno,che mi si para davanti»31.

L’incontro con Cristo

Il secondo capitolo di Tracce, dedicato a L’incontro con Cri-sto, comincia con il paragrafo L’avvenimento. Giussani vuoleuscire da tutto l’estrinsecismo in cui era caduta tanta teologiadella grazia, ma sa benissimo che Gesù non è né un postulatoné un prodotto del cuore dell’uomo. Egli, proprio perché è Dio,è il «punto di vista risolutivo e chiarificatore dell’esperienzaumana»32.

Il sacerdote di Desio è stato un grande cantore di Gesù, un af-fascinante narratore di tanti episodi del vangelo in cui trovavaesaltato Cristo come genio dell’umano. Cristo non era solo unprofondo conoscitore dell’uomo, era uomo come nessun altro.

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29 Cfr. L. Giussani, Il senso religioso, cit., 61.30 L. Giussani, Come educare al senso della Chiesa, «Quaderni de l’Azione Giova-

nile», 7-8, supplemento a «L’Azione Giovanile», 52 (1960), 14-16. Ora pubblicato inL. Giussani, Porta la speranza..., cit., pp. 6-10.

31 Ivi, 7.32 L. Giussani, Il cammino al vero..., cit., 91.

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Per fortuna possediamo un numero elevato di testi, solo in par-te pubblicati, che documentano questo carisma immaginativo enarrativo di Giussani e molti nastri o dischi che ne riproduco-no la voce e perfino le immagini. Altro infatti è leggere, altro èascoltare, soprattutto un oratore così ricco di sfumature.

Qui, in Tracce, Gesù è presentato come «una presenza straor-dinaria»33. In questa eccezionalità sta il cartello indicatore del-la sua divinità. Si parla di Lui come del dominatore della natu-ra, di colui che ci conosce e ci comprende, del Signore dellaparola, infine del pastore buono.

Autorità e pietà misericordiosa: ecco ciò che impressionava idiscepoli e impressiona anche Giussani nella persona di Gesù.Fino alla fine della sua vita sarà così. Poco prima di morire, fa-rà cantare a quelli della sua casa: «Era colui che cercavi, si fa-ceva chiamare Gesù»34.

«In te solo c’è il significato di noi stessi»35, non solo degli uo-mini di quel tempo, ma anche di coloro che oggi, attraverso «ilfatto di un incontro», si chiedono: «Chi è costui?»36. Soltanto«stando» a quell’incontro, come si diceva allora in GS, soltan-to nella «convivenza con la realtà storica di Cristo»37, sarà pos-sibile dare risposta a tale domanda. Vedere e vivere tutto allaluce di quella presenza. È ciò che Giussani chiama «verifica»,un’espressione molto in voga in quei tempi.

Il dono dello Spirito

Il terzo capitolo del nostro libretto è dedicato al tempo dellaChiesa, il tempo dello Spirito, del dono, della grazia. Impres-

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33 Ivi, 93.34 A. e G. Roscio e A. e G. Agape, Noi non sappiamo chi era, in Canti, Cooperativa

Editoriale Nuovo Mondo, Milano 2002, 206.35 L. Giussani, Il cammino al vero..., cit., 100.36 Ivi, 99.37 Ivi, 102.

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siona l’insistenza sul posto dello Spirito nella vita cristiana. LoSpirito Santo era pressoché uno sconosciuto, come intitoleràun libro, che diventerà famoso, pubblicato in Francia negli an-ni novanta38.

Le argomentazioni di questo terzo capitolo di Tracce sono diuna semplicità assoluta. Le considero tra le più profonde echiarificatrici di tutta l’opera di don Giussani.

«Ha veramente incontrato Cristo solo chi possiede il suo Spi-rito». Questo è il cuore di tutto. Lo Spirito di Dio non ci iniziaad una esperienza spiritualistica, intimistica, ci fa anzi penetra-re sempre più dentro gli avvenimenti e le cose della vita. E inquesto modo ci fa soprattutto conoscere Cristo. Senza di Lui sirimane nel «malinconico limite»39 del nostro cuore. Con Luiinvece si entra in quel «punto di vista che spiega ogni cosa»40,si è «fatti penetrare nell’esperienza di quella persona che spie-ga e risolve tutta la nostra realtà»41.

Vengono riprese, punto per punto, le prime pagine di Tracce,quelle dedicate a descrivere l’esperienza umana. Quella attesaè ora colmata, quel presentimento trova ora una risposta asso-lutamente gratuita e nello stesso tempo pienamente umana.«La solitudine umana è sciolta»42, l’esistenza diventa «un dia-logo profondo»43, nasce una comunità nuova, anzi, dice donGiussani senza timore di essere considerato arcaico, «una nuo-va civiltà»44. Soprattutto l’uomo può riconoscere quella autori-tà che continua e rende presente l’unica autorità di Cristo. So-no pagine queste che aprono alla comprensione dell’autoritàecclesiastica, del suo posto nell’esperienza cristiana. DonGiussani le ricorderà certamente più avanti nella sua vita, nei

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38 R. Laurentin, Lo Spirito Santo, questo sconosciuto. Scoprire la sua esperienza ela sua persona, Queriniana, Brescia 1998.

39 L. Giussani, Il cammino al vero..., cit., 10640 Ivi, 107.41 Ivi, 108.42 Ivi, 108.43 Ivi, 109.44 Ivi, 111.

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momenti difficili in cui gli sarà chiesto di lasciare la guida delmovimento, come nel 1965 farà il card. Colombo, o quandosperimenterà negli anni settanta e ottanta l’opposizione di mol-ti vescovi italiani di fronte alla volontà di papa Giovanni Pao-lo II di riconoscere il movimento di Comunione e Liberazione.È solo il «dono dello Spirito che permette di scoprire il signi-ficato profondo dell’autorità ecclesiastica come direttiva su-prema al cammino umano»45.

È lo Spirito infine che ci rende capaci di trovare le parole giu-ste per domandare a Dio ciò di cui abbiamo bisogno. Giussaniparla della preghiera come della «parola redenta»46, dei sacra-menti come di gesti redenti, «segno sensibile che impegnal’uomo, lo conduce con sicurezza ineffabile a toccare la realtàdivina»47.

Si rivela così il luogo in cui si realizza supremamente l’edu-cazione: la liturgia. All’interno di essa l’uomo trova la realiz-zazione piena della parola, del canto, della musica, dei colori,dei gesti, quasi l’anticipo del mondo rinnovato.

L’ultima parte del libretto è dedicata ad un sintetico raccontodella vita cristiana. Vi si tracciano le linee fondamentali del-l’uomo nuovo, le dimensioni della sua vita: quella cultura, ca-rità e universalità che costituiranno sempre le tre strade princi-pali su cui si muoverà l’opera pedagogica di Giussani. Ma lanota che più interessa è quella introduttiva a tutto il capitolo, lapiù rivelatrice. L’uomo nuovo è colui che scopre la propria vi-ta come vocazione, come funzione del Regno: «Come io potròdonarmi con quel che sono, servire di più al tutto, al Regno, aCristo?»48.

In questa domanda sta il tracciato essenziale della pedagogiadi Giussani.

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45 Ivi, 113.46 Ivi, 114.47 Ivi, 116.48 Ivi, 121.

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GS: riflessioni sopra un’esperienza

Passiamo ora al libretto «verde», GS: riflessioni sopra un’e-sperienza. Vi è contenuta la descrizione delle strade attraversocui si realizza la vita cristiana raccontata nel libretto «rosso».Questo verde dunque è un libretto di metodo49.

La preoccupazione che muove don Giussani è che il richia-mo cristiano arrivi a tutti. Queste pagine riflettono la persua-sione di chi ha intravisto una strada certa.

Negli anni successivi alla pubblicazione di quel libretto si par-lerà di teologia pastorale. Il Vaticano II fu detto un concilio pa-storale. Karol Wojtyla scrisse Alle fonti del rinnovamento50

commentando i documenti del Concilio per la sua diocesi e mo-strando che il Vaticano II voleva rispondere alla domanda: co-me? Per quali strade vivere il rinnovamento della vita cristiana?Ad una analoga domanda vuole rispondere il libretto verde.

Qual è l’inizio della proposta? Con parole che richiamano ilvocabolario di Maurice Blondel51, Giussani chiarisce che l’ini-zio non è mai semplicemente una parola, ma è un gesto, un’a-zione. Occorre coinvolgere coloro a cui ci rivolgiamo in unaazione, come Cristo ha fatto con i primi. «“Venite e vedrete”...e stettero con Lui quel giorno» (Gv 1,39).

All’inizio sta la scoperta che Cristo è tutto per la vita e per-ciò vale la pena seguirlo e testimoniarlo. Questo è ciò cheGiussani chiama decisione, un atto della ragione, un giudizio,e assieme un atto della volontà. La libertà dell’uomo si volgeverso colui in cui scopre una promessa di pienezza.

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49 È composto di due parti, Direttive metodologiche per il richiamo e Sforzo per unarealizzazione pratica. Questa seconda parte, riferita più specificatamente a quegli an-ni, fu esclusa da don Giussani nell’edizione del ’77 ed è riapparsa in quella del ’95 enell’ultima, postuma, del 2006.

50 Pubblicato per la prima volta nel 1972 dal cardinale K. Wojty?a per i suoi fedeli. Edi-zione italiana: K. Wojty?a, Alle fonti del rinnovamento. Studio sull’attuazione del Con-cilio Vaticano II, LEV, Città del Vaticano, 1981, ripubblicato dalla Rubbettino nel 2007.

51 Maurice Blondel (1861-1949), francese, filosofo. Di lui ricordiamo l’opera L’ac-tion (1893).

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Decisione per Giussani vuol dire proporre Gesù e la vita cri-stiana come il luogo in cui si scopre di essere sommamente uo-mini. «Seguendo Gesù mi sono scoperto uomo» ha detto il re-tore romano Mario Vittorino52, più volte citato da Giussani.

Dobbiamo perciò essere elementari nella nostra comunica-zione, semplici, essenziali. «Elementare non vuol dire generi-co, ma piuttosto preciso negli elementi sostanziali e libero difronte a qualsiasi traduzione»53. Questa essenzialità per Gius-sani si traduceva nell’essere chiari con gli altri, nell’andaredritti alla loro libertà. Occorre non barare, avere fiducia in ciòche si propone, amare la crescita dell’altro, la sua consapevo-lezza, la sua iniziativa, la sua convinzione.

Ma per raggiungere l’altro in questo modo devo essere con-vinto io. La proposta cristiana non è mai propaganda, è semprecomunicazione di qualcosa che prima ha toccato, ha convinto,ha esaltato me e ha riempito il mio cuore.

Proporre il cristianesimo vuol dire vivere con l’altro l’idealeche muove la mia giornata. La pedagogia di Giussani ha nelsuo centro il fare assieme. Qualunque azione, vedere un film,cantare, fare una gita... può essere il luogo di un’esperienza,purché vissuta alla luce dell’incontro fatto, come domanda diseguire Cristo, di incontrarlo e conoscerlo.

Agli inizi del movimento Giussani sottolineava molto l’im-portanza di essere pazienti, di non pretendere, di adeguarsi aglialtri, di mettersi al loro livello, di vivere con loro e come loro.Si trovava nelle sue parole, nelle pagine del libretto verde chele riportano, l’eco dell’invito di san Paolo a farsi tutto a tutti(cfr. 1Cor 9,22).

Giussani voleva fare dei suoi ragazzi degli uomini colti, chepossedessero «il nesso che lega una cosa all’altra e tutte le co-

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52 «Cum cognovimus Christum, viri efficimur et iam non parvuli» («Da quando co-nosciamo Cristo, diventiamo uomini e non siamo più bambini»). M. Vittorino, In epist.ad Ephesios, libro II, cap. 4, v. 14, in Marii Victorini Opera exegetica, vol. II, ed. F. Gori, Vindobone 1986, 16.

53 L. Giussani, Il cammino al vero..., cit., 27.

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se fra di loro»54. Cultura per lui non è il possesso di nozioni, mauna persona, Gesù Cristo. Non perché da Lui si possano de-durre tutte le conoscenze. Piuttosto, come dice san Paolo, «tut-to trova in lui la sua consistenza» (Col 1,17). Cristo non siidentifica con nessuna cultura, ma è la fonte di una vera posi-zione culturale, quella che sa valorizzare tutto ciò che di veroe di bene esiste nel reale. Giussani non si stancava di ripeterel’espressione della Lettera ai Tessalonicesi: «Vagliate ogni co-sa e trattenetene il valore» (1Ts 5,21).

Non solo uomini colti, ma anche capaci di gratuità, capaci diriconoscere Dio che «mi si offre, direttamente o emergendo neivolti umani, a riempire la solitudine del mio niente»55. La real-tà della Trinità come dono di sé che si comunica emerge in que-ste pagine del libretto verde. Se vogliamo imitare Dio dobbia-mo mettere in comune noi stessi. Per vivere dobbiamo condi-videre, amare. È stato questo un asse fondamentale dell’operaeducativa di Giussani attraverso la caritativa56, la condivisionepura e semplice del tempo di altre persone, dei loro bisogni.

Infine l’uomo cristiano è aperto alla totalità, all’universalità.L’educazione alla missione, a vivere per l’umanità intera, è sta-to un chiodo fisso del prete lombardo. Fin dall’inizio citavaun’espressione di Pio XII, tratta dall’enciclica Fidei Donum:«Le prospettive universali della Chiesa sono le direttive nor-mali della vita del cristiano»57.

Nasce così la comunità. Essa è innanzitutto una dimensioneinteriore dell’uomo. Se io accetto gli altri, essi fanno parte dime, della mia vita più profonda. Per questo nei primi anni di

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54 L. Giussani, Il cammino al vero..., cit., 36.55 Ivi, 39.56 La proposta della caritativa, che a cominciare dai primissimi giessini ha coinvol-

to decine di migliaia di giovani e di adulti, è sempre stata motivata in modo chiaro.Non si tratta di dar corso ad azioni filantropiche o di pretendere di offrire con tali ini-ziative risposte esaurienti a necessità spesso vaste e complesse, bensì di imparare, at-traverso la fedeltà ad un gesto esemplare, che la legge ultima dell’esistenza è la carità,la gratuità.

57 Cfr. Pio XII, Fidei Donum, Lettera enciclica, 21 aprile 1957, n. 22: EE VI, 1150ss.

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Gioventù Studentesca si parlava tanto di comunità, si insistevamolto su questa parola che già a metà degli anni sessanta ver-rà riscoperta e riapprofondita attraverso l’espressione «comu-nione».

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IV

L’EDUCATORE

Educatore. In questa vocazione, più che in ogni altra, si puòraccogliere l’intera vita e l’opera di don Giussani. L’educazioneè la cifra riassuntiva della sua esistenza. Per questo, non solo nonc’è un suo scritto che non parli di educazione, ma soprattutto nonc’è un suo intervento che non sia stato mosso dall’intento di in-fluire decisivamente sulla vita di altre persone. Vano sarebbeperciò da parte nostra pensare di riannodare in un solo filo tuttele sue pagine sull’educazione. Meglio coglierle nel loro momen-to sorgivo, negli scritti della prima metà degli anni sessanta.

Il rischio educativo è un libro importante nel percorso delleopere di don Giussani. Forse uno dei più importanti dell’interasua produzione. Certamente uno di quelli a cui era più legato ea cui continuamente riandava. Mentre era ancora vivo, si ten-nero molte presentazioni e convegni di studi su questo testo, invarie parti del mondo e presso prestigiose istituzioni e istitutiuniversitari.

Apparve per la prima volta con il titolo definitivo nel 1977. Es-so in realtà contiene scritti elaborati dal 1960 al 1965, che han-no accompagnato dunque interamente gli anni di Gioventù Stu-dentesca1. È interessante notare così che molte fra le opere deci-

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1 La prima parte de Il rischio educativo, Dinamica e fattori dell’avvenimento educa-tivo, riprende la voce Adolescente, famiglia, scuola in Enciclopedia dell’adolescenza a

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sive di don Giussani sono state scritte nell’arco di sette anni, dal1959 al 1966, anno quest’ultimo in cui apparve la prima edizio-ne de Il senso religioso2. Sette anni che rappresentano un perio-do di enorme densità di esperienza e di riflessione su di essa.

Introduzione alla realtà totale

«Introduzione alla realtà totale»3, la definizione di educazio-ne con cui si apre il primo capitolo de Il rischio educativo, è diJungmann4, un gesuita conosciuto soprattutto per i suoi studisulla liturgia. Ma spetta al prete di Desio il merito di averlascovata e rilanciata in tutto il mondo.

Educare significa aprire l’uomo alla realtà, a ciò che sta fuo-ri, ma anche dentro di sé. Senza l’altro, non si vive. Vivere vuoldire stabilire connessioni, rapporti con ciò che ci alimenta, checi fa essere. Noi siamo costituiti da un «cuore» che cresce colcrescere delle esperienze. Educazione è perciò «lo sviluppo ditutte le strutture di un individuo, fino alla loro realizzazione in-tegrale, e nello stesso tempo l’affermazione di tutte le possibili-tà di connessione attiva di quelle strutture con tutta la realtà»5.

Per Giussani, l’educazione è un rapporto interpersonale, incui ognuno dà qualcosa e qualcosa riceve. Ma soprattutto in cuiambedue le persone si lasciano mettere in discussione. Anzi,

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cura di A. Valsecchi, Queriniana, Brescia 1965, 263-286. Tale voce risale a scritti del1960 come Valore educativo della scuola libera, «Vita e Pensiero», 43, 1960, 401-408.La seconda parte, Crisi e dialogo, apparve su «Okara», (3), 7, 1-3 nel 1964. La terzaparte, Struttura dell’esperienza, riprende L’Esperienza, pubblicato da GS nel 1963. Ilrischio educativo fu ripubblicato nel 1995 dalla SEI, arricchito da molti altri testi, conil sottotitolo Come creazione di personalità e di storia. L’ultima edizione, dalla qualeprendiamo le citazioni, riprende quella della Jaca Book del 1977, è stata pubblicatadalla Rizzoli nel 2005.

2 Una prima riflessione con lo stesso titolo era apparso nel 1957, a cura della Gio-ventù di Azione Cattolica milanese.

3 L. Giussani, Il rischio educativo, cit., 65.4 «Eine Einführung in die Gesamtwirklichkeit» (J.A. Jungmann, S.J., Christus als

Mittelpunkt religiöser Erziehung, Freiburg i.B. 1939, 20).5 L. Giussani, Il rischio educativo, cit., 66.

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come vedremo più avanti, ogni rapporto educativo implica unaterza presenza verso cui guardano educatore e discepolo, unapresenza rivelatrice di senso.

«La realtà non è mai veramente affermata, se non è afferma-ta l’esistenza del suo significato»6, ricorda, infatti, don Giussa-ni rifacendosi a un testo del maestro della psicanalisi, Carl Gu-stav Jung.

Tradizione

In queste prime pagine de Il rischio educativo si intravedenon solo la personalità di un quarantenne di quegli anni, ma an-che in filigrana la sua opera futura. Don Giussani si sentiva ca-rico di una tradizione. Essa non era per lui un peso, ma un do-no, non semplicemente un bagaglio da consegnare, ma un in-sieme di esperienze, di conoscenze, di valori, che dovevano es-sere criticamente assunti e riscoperti. In questo cammino di ri-generazione della tradizione, egli voleva impegnare se stessoassieme ai suoi ragazzi.

La tradizione è per lui «quel dato originario, con tutta la strut-tura di valori e di significati, in cui il ragazzo è nato»7. È comeuna ipotesi esplicativa della realtà. Senza ipotesi non ci si puòmuovere nella vita. In questo senso il vero nemico dell’esi-stenza è il laicismo, che esalta il dubbio e che lascia il giovanenella totale solitudine di fronte alle sfide dell’esistenza. L’e-sperienza educativa autentica è l’opposto dell’autoritarismo,che impone delle verità perché sono state affermate da autoritàdel passato. Giussani è pure contrario ad ogni meccanicismo,per cui educare sia soltanto trasmettere delle nozioni da impa-rare a memoria. No: educare è assumere l’ipotesi interpretativadella vita trasmessa dalla tradizione e verificare che essa real-

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6 Ivi, 67.7 Ivi, 68.

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mente tenga di fronte alle sfide e ai problemi del tempo. Mol-te pagine de Il rischio educativo sono dedicate a spiegare i dan-ni del laicismo8. Vi è sotteso il dibattito intorno a una conce-zione autentica della ragione. Per la visione razionalista e lai-cista moderna «la personalità sarebbe il termine di una sponta-neità evolutiva, senza che occorra alcuna regola o guida oltre ase stessi, senza cioè che ci sia qualcosa da cui veramente di-pende»9. Sono parole scritte ormai cinquant’anni fa, ma sem-brano la descrizione di ciò che accade oggi in Europa e nelmondo. In estrema sintesi, per Giussani il vertice della ragioneumana è riconoscere l’originaria dipendenza dell’uomo. Per illaicismo che egli combatte, invece, l’uomo non dipende da nul-la, perché non vi è nulla da cui dipendere. Egli è frutto del ca-so, dell’evoluzione, non deve rispondere a nessuno, se non aquelle regole che vengono man mano stabilite per necessità diconvivenza.

L’educatore è dunque colui che mostra all’altro ciò da cui luistesso dipende. Si può essere veri educatori soltanto se si è di-scepoli. Molti anni dopo, Giussani conierà questo slogan:«Nessuno genera se non è generato»10. Educare non è vivere inun supermercato in cui uno mette a disposizione del cliente tut-ti i suoi prodotti e l’altro sceglie quello che più gli aggrada. Laverità non è semplicemente un confronto di ipotesi, la miglio-re delle quali è quella più utile. Giussani ha vissuto fortementela polemica contro il relativismo, che sentiva come essenzial-mente disumano.

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8 Cfr. ivi, 71s, 75s, 90.9 Ivi, 71.10 L. Giussani, Nessuno genera, se non è generato. La gioia, la letizia e l’audacia.

Appunti da una conversazione di Luigi Giussani con un gruppo di Memores Domini,in «Tracce – Litterae Communionis», (1997), n. 6, I-IV.

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Autorità

Un ulteriore polo intorno a cui si sviluppa l’esperienza edu-cativa è l’autorità. Don Giussani sembra ritornare, in un con-testo completamente nuovo, ai temi del De vera religione diAgostino. Anche lui aveva identificato nella ratio e nell’aucto-ritas le strade fondamentali del cammino dell’uomo11. L’auto-rità propone all’uomo un’ipotesi di vita che sia capace di valo-rizzarne l’esperienza e la ragione spinge la libertà a verificareciò che l’autorità gli propone.

Per questo don Giussani ha scelto come titolo di questo vo-lumetto dedicato all’educazione la parola «rischio». Essa espri-me l’interesse anti-ideologico di Giussani. Rischio vuol direaccettare la possibilità di sbagliare, di perdonare, di ricomin-ciare. Vuol dire amare l’ideale più di se stessi, vivere assiemeall’altro ogni passo dell’esistenza.

Giussani è innanzitutto un uomo che ha vissuto e vive unagrande esperienza e vuole comunicarla agli altri. Sente l’edu-cazione come una comunicazione di sé, di ciò che lo costitui-sce, che ha segnato le tappe fondamentali della sua vita. La co-municazione di un dono che ha ricevuto e considera prezioso,essenziale anche per gli altri.

Egli si rivela come padre e come maestro. Vede gli uominiaccanto a sé come figli, amici, discepoli. Vuole aiutare i loroocchi ad aprirsi, perché possano guardare. Aiutare le loro lab-bra a dare un nome alle cose, insegnare alle loro mani a scri-vere e a creare, ai loro piedi a camminare. L’educazione è ve-ramente sviluppo di tutte le dimensioni della personalità, chemettono l’uomo in rapporto con tutte le realtà della vita. Anco-ra qui ritorna quell’invito che abbiamo già visto nelle pagine diTracce d’esperienza: incontrare tutte le cose.

Giussani sviluppa una critica all’educazione cattolica del suotempo: manca di concretezza, è intellettualistica, pretende che

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11 Cfr. Agostino, De vera religione, XXIV.

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il ragazzo capisca prima di impegnarsi. L’educazione, invece,avviene nell’azione, coinvolgendo il ragazzo in un «fare assie-me» nell’ambiente dove la persona è più alimentata e solleci-tata, come per esempio la scuola, o anche nel tempo libero.Sorprende questa sottolineatura dell’importanza del tempo li-bero. Era da poco nata la televisione e Giussani si impegna for-temente su questo tema. Per lui il tempo libero è, infatti, il tem-po della libertà, quello cioè in cui ognuno scopre ciò a cui tie-ne veramente.

Padre e maestro

Giussani qui e più volte nell’arco della sua opera educativaparla di Mistero. L’educazione potrebbe essere definita come«introduzione al Mistero», inteso non come l’arcano, ma comeil fondo più profondo di ogni cosa e di ogni esperienza. Quel-l’oltre, quella totalità, cui sembra rimandare ogni momentodella vita, ogni nostalgia del nostro spirito.

Educare vuol dire indicare ai giovani quegli ideali, quelle di-mensioni, quelle aperture verso «l’orizzonte totale» che sonoproprie di ogni azione umana.

Sono riprese qui le dimensioni fondamentali della vita del-l’uomo e della sua crescita. Innanzitutto la dimensione cultura-le, «l’esigenza di una spiegazione totale della realtà»12. Se l’e-ducazione è un’introduzione alla realtà totale, verificare la tra-dizione cristiana come ipotesi educativa vuol dire scoprire cheessa è capace di rendere conto di ogni realtà o problema, di ge-nerare una cultura.

Un’altra direttrice fondamentale per Giussani è stata l’educa-zione alla carità. Se Dio è per essenza dono di sé, vivere è par-tecipare di tale dono, è concepire la propria vita come dono di

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12 L. Giussani, Il rischio educativo, cit., 101.

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sé agli altri, come condivisione13. «Condividere» fu un verbomolto usato ai tempi di Gioventù Studentesca. Era la chiave dilettura dell’esperienza caritativa. Era la strada fondamentale diuna educazione alla gratuità che avrebbe fatto sorgere nel tem-po, fra l’altro, opere educative, di accoglienza ai malati, aglihandicappati, ai ragazzi abbandonati e soli, agli anziani e aimalati terminali, che avrebbe determinato il sorgere di decinee decine di esperienze socialmente rilevanti in quel campo.

Infine, l’educazione alla mondialità, alla cattolicità, alla mis-sione. Nacque così l’esperienza di una missione giovanile inBrasile, che fu innanzitutto il desiderio di vivere con altri, geo-graficamente e culturalmente lontani, la stessa avventura che siviveva a Milano.

Il discepolo diventa protagonista

Nella seconda parte del volumetto, si parla di «crisi». La pa-rola non è per Giussani sinonimo di dubbio, di negazione, madi impegno, di verifica. Il discepolo diventa il protagonista.Egli è chiamato a scoprire in prima persona il bagaglio che gliè stato trasmesso, fino a diventare criticamente consapevole.L’itinerario che egli deve compiere lo porterà sulle strade ver-so una consapevolezza culturale, un cuore permeato di gratui-tà, una apertura a tutto il mondo.

Si intravede una preoccupazione che è molto più che teorica.Giussani sa che non deve soltanto educare dei giovani, ma de-ve creare degli uomini maturi, sa che il suo compito non siconcluderà con il tempo della scuola, ma dovrà condurre queiragazzi a far famiglia, a incontrarsi con il lavoro, a diventare a

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13 «Interessarci agli altri, comunicarci agli altri, ci fa compiere il supremo, anzi uni-co, dovere della vita, che è realizzare noi stessi, compiere noi stessi» (L. Giussani, Ilsenso della caritativa, 6, allegato a «Tracce – Litterae Communionis», (1996), n. 5. Laprima edizione è del 1961, pro manuscripto a cura di Gioventù Studentesca).

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loro volta padri e madri. Sa che i figli non vanno tenuti accan-to a sé, ma lanciati nel mondo.

L’ultima parte del libro è dedicata al tema dell’esperienza. Èla parola riassuntiva di tutta la tensione pedagogica di Giussa-ni. Fare esperienza non vuol dire «provare» qualcosa, ma vive-re l’incontro con gli altri, con le cose, scoprendo la loro con-nessione con tutto il resto. Intimo all’esperienza è perciò il ca-pire. Proprio in quest’itinerario, l’uomo scopre la sua dipen-denza, perché l’essere di tutto il creato si presenta a lui comequalcosa di cui egli non è il fondamento.

Prima di partire per il conclave che l’avrebbe eletto papa, ilcardinal Montini scrisse una lettera a don Giussani che rimaneprobabilmente l’ultima della sua corrispondenza come vescovodi Milano. Egli chiese di fondare proprio questa espressione,«esperienza», di fronte alle critiche di alcuni preti e teologi mi-lanesi. Don Giussani risponde con queste pagine scritte proprionel 1963, fondazione teorica di tutto il suo itinerario educativo.

Lo scopo dell’educazione è di portare il ragazzo a diventareadulto, «capace di “far da sé” di fronte a tutto»14. Don Giussa-ni non ha paura di parlare di autonomia della persona. Natural-mente non vuole dimenticare la radicale dipendenza di ogni es-sere, ma intende sottolineare la decisiva importanza che il ra-gazzo diventi se stesso, libero, attore della scoperta della vita.Tra l’autonomismo che lascia il giovane in preda alla sua istin-tività e il tradizionalismo che si sostituisce alla libertà dell’al-tro, il fondatore di Comunione e Liberazione sceglie la stradadi chi accompagna al confronto con tutta la realtà, rischiosa edimpegnativa.

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14 L. Giussani, Il rischio educativo, cit., 104.

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INDICE

Introduzione

I. LA STRADA DELLA VITALa vocazione al sacerdozioIl genio dell’educatoreCercatore di bellezzaCultura, carità, missioneComunione e LiberazioneLa fecondità del carisma

II. L’ATTRATTIVA DELLA BELLEZZA

III. IL SEMEDecisione e aperturaI primi scrittiTracce d’esperienza cristianaImpostazione del problema umanoL’incontro con CristoIl dono dello SpiritoGS: riflessioni sopra un’esperienza

IV. L’EDUCATOREIntroduzione alla realtà totaleTradizioneAutoritàPadre e maestroIl discepolo diventa protagonista

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V. IL SENSO RELIGIOSORealismoCuoreRagioneAllargare la ragioneIl punto di partenzaRiduzione della domandaItinerario del senso religioso

VI. GESÙ E LA RIVELAZIONELa creatività religiosa dell’uomoIl capovolgimento del metodo religiosoLa pretesa del cristianesimoUn fatto che si può incontrareCantore di CristoLa pedagogia di GesùIl rapporto col Padre

VII. LA CHIESA, UMANITÀ REDENTAI fattori costitutivi del cristianesimo nella storiaL’idea di movimentoLa Chiesa e lo SpiritoCome la Chiesa ha definito se stessaIl divino nella ChiesaIl centuplo quaggiù

VIII. ECUMENISMOL’ortodossiaIl protestantesimoL’ebraismoI monaci del monte Koya

IX. LA RIVOLUZIONE E LA FEDELa crisiLa sfida della fedeL’ontologia nuovaLo scandalo del male

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X. LA FRAMMENTAZIONE DELL’IO E LA SUA RINASCITALa nascita di Comunione e LiberazioneLe équipesGli anni ’70 Gli anni ’80 Gli anni ’90

XI. LA VITA COME VOCAZIONELaico, cioè cristianoLa preghiera e la liturgiaIl lavoroSi può vivere così? Fede, speranza, caritàObbedienza, povertà, verginitàLa moralità

XII. LA POLITICA

XIII. GLI ULTIMI DIECI ANNIFamiliarità e compagniaDimoraPaternità

XIV. MARIA E LA MISERICORDIALo sguardo di MariaMaria in una tradizione nuovaLa porta dell’incarnazioneGli ultimi anniLa misericordiaLe ultime parole

Ringraziamenti

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Stampa: 2009Società San Paolo, Alba (Cuneo)Printed in Italy