Don Chisciotte 43, giugno 2011

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IL DECLINO DI UN PADRONE Spedizione in abbonamento postale per l’interno. Stampa periodica - autorizzazione n.1042 del 11.09.09 Direzione Generale PP.TT della Rep. di San Marino spazio riservato all’indirizzo Il Don Chisciotte L’altra informazione a san marino giugno 2011 numero 43

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In questo numero – Roberto Ciavatta: “Tra Papi, regalie e cani uccisi” + “Il declino di un padrone”; Marco Canarezza: “Energia Nucleare”; Riccardo Castelli: “Bioclimatica”; Pietro Masiello: “Prezzo della benzina e politica fiscale”; Angelica Bezziccari: "Amen."; Stefano Palagiano: “Chilometro zero”; OASIVERDE: “Il viale delle antiche viti” + “Sei invitato”; Matteo Zeppa: “Casinò”; S8MARINO: “Mafiopoly”; Aforisma di Christopher Lasch; Davide Tagliasacchi: “Psicoteatro e psicodramma”; ACDC: V FESTA DEL SOLSTIZIO! Il Don Chisciotte è il mensile dell'Ass. Don Chisciotte di San Marino.

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il declino di un padrone Spedizione in abbonamento postale per l’interno.

Stampa periodica - autorizzazione n.1042 del 11.09.09 Direzione Generale PP.TT della Rep. di San Marino

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Il Don ChisciotteL’altra informazione a san marino

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Rubriche

chilometro zeroNuovi spazi tra dogma e dibattitoG.A.S. di Stefano Palagiano

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L’autogestita

Articoli

Amen.Recensione del film di Costa GavrasL’IppogrIfo di Angelica Bezziccari

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l’AForiSmA Del meSe 14

il viAle Delle Antiche vitipagIna autogestIta da oasiverde

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Attualità

BioclimAticAOvvero come utilizzare con armonia gli elementi naturali in architettura di riccardo castelli

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enerGiA nucleAreUna scelta di cuore o di testa?di marco canarezza

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mAFioPolyUn gioco anche sammarinesedi movimento S8marino

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L’editoriale all’indecente lettera del vescovo Negri, persona grazie a cui, non fossi ateo, sarei felice di abbando-nare la fede.Quelle 11 righe, pare spedite solo ai sammarinesi (gente ricca, mica come i fratelli d’oltre confine!) sono un condensato di ragiona-menti deprecabili.Primo: il vescovo dà per scontato che “tutti aspettiamo con trepida-zione” la visita del papa. Mica è vero! Io ad esempio avrei preferito ospitare il Dalai Lama (respinto al confine perché non gradito alla cricca che fa affari con la Cina), tanti “diversamente religiosi” neppure. Perché non scrivere, in una lettera generica recapitata a chiunque, “se anche tu aspetti con trepidazione”?. Sarebbe stato più umile e carino!Secondo: “Vorremmo donare al Papa” un regalo. E fatelo! Lo Stato di San Marino gira alla chiesa, anche con gli escamota-ge sul 3x1000 di cui ho scritto il mese scorso (forse per “ripagare” la chiesa del sostegno ricevuto dal governo nelle elezioni del

2008?), un mucchio di soldi. Usino quelli!Terzo: in un primo momento scrive che vuole fare un regalo ai poveri, poi che lo vuole fare al Papa. Non pigliamoci in giro, dare molti soldi al Papa, per un vesco-vo, serve per mettersi in buona luce in vista di qualche ufficio ec-clesiastico, altro che carità! E poi come si fa a scrivere “regalo al Papa”? Chiamalo donazione, “decima”, carità... ma regalo? Il dono è cosa ben più seria.Infine, rilevo che forse San Marino porta un po’ sfiga a chi lo visita per questioni ufficiali: Letizia Mo-ratti, chiamata per introdurre il semestre reggenziale nell’aprile 2010, dopo un anno è stata elimi-nata dalla scena. Qualcuno che faccia gli scongiuri?Ma in fondo siamo un popolo cattolico, e il Papa è il Papa. In-somma, oltre a qualche vocìo al bar, è ancora una volta tutto ok, anche se le tasse aumentano per assenza di soldi che giriamo con “carità” a Sua Santità!

Roberto Ciavatta

Sommario di questo numero

cASinòdi matteo zeppa

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Prezzo DellA BenzinA e PoliticA FiScAleVerità e ingiustizie fiscali quando si va a fare il pieno di carburantedi Pietro masiello

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PSicoteAtro e PSicoDrAmmAIl cambiamento che arriva quando l’arte incontra la psicoterapiadi Davide tagliasacchi

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Ebbene oramai ci siamo: manca-no pochi giorni alla memorabile visita del Papa a San Marino, e nessuno ancora ha deturpato il brutto manifesto che troneggia sulla rotonda di Serravalle. Insomma tutto ok.Commentare questo evento, come han fatto in tanti, tocca an-che a me.Non mi dilungherò sulle spese stratosferiche affrontate per “ac-caparrarsi” la visita “a pagamento” del Papa dei poveri, per carità: so bene che quando si organizza un evento i soldi ci vogliono, semmai si dovrebbe valutare il momento

storico in cui li si spende, il motivo per cui lo si fa... ma amen, sono solo diverse centinaia di migliaia di euro buttati al vento dal nostro Stato, che si aggiungono alle altre tante centinaia buttate in clientelismi vari. Insomma, ancora tutto ok.Ma due cose mi premono: la pri-ma è che se non siamo nemmeno in grado di garantire la sicurezza per dei cani, allegramente mas-sacrati da un coglione, come possiamo garantire la sicurezza del Papa?La seconda, più antipatica, è capire come dovremmo reagire

Tra papi, regalie e cani uccisi

scultura di trans

con Ratzinger

“Miss kitty”di Paolo Schmidlin

“scandalosa” per via dellasomiglianza

il Declino Di un PADroneRiflessioni sul dopo Berlusconies... cogItando di roberto ciavatta

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v festa del solstizio! 16

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con Ratzinger

L’Italia, strano paese, è sem-pre alla ricerca di un capo.Di destra o di sinistra poco conta, purché qualcuno agisca al posto suo, lo liberi!Quando lo trova, per vent’anni gli dà fiducia, schierandosi con lui oltre ogni ragionevole sospetto.L’italiano non è mai parte di una società civile: tutt’al più è un ultras, un partigiano di que-sto o quell’uomo forte, che da solo risolverà ogni problema (“lasciamolo lavorare!”).Pare che la storia italiana (non parlo qua di San Marino, che mi pare in condizioni peggiori) si divida in parentesi di fidu-cia totale in un dittatore più o meno morbido, alternata da rari e passeggeri momenti di “liberazione”; ma solo finché non si trova un altro “capo”.Non stupisce che l’italiano Vico, già nel 1700, formulasse -proprio qua- la teoria dei corsi

e ricorsi storici (che certo non concerneva variazioni stagio-nali, come quelle descritte, ma compone l’affresco di una dinamica storica tutt’altro che lineare, progressiva, quanto appunto ciclica, tentacolare).Dopo 18 anni da quell’oramai lontano 1994 in cui sventurata-mente “scese in campo”, Silvio Berlusconi è al capolinea del suo strapotere politico, econo-mico, mediatico. Se penso che un’intera generazione lo ha avuto tra i piedi! A loro spetta toglierlo di mezzo definitiva-mente; gli altri, che già vota-vano prima, in questo tempo si sono divisi tra pro e contro, anche se non c’è dubbio che, quando Berlusconi sarà defini-tivamente caduto in sciagura, si affretteranno a prenderne le distanze: l’italiano è ambi-valente, ama e odia, permette tutto -finché ha potere- all’uo-mo cui si affida: ma quando

perde il potere lo rinnega con altrettanta naturalezza. Il giorno dopo il tracollo nes-suno confesserà di aver mai votato quest’ometto, l’ultimo (ma primo di una lunga serie a venire) dittatore acclamato dalle folle.Ma per breve tempo, perché la sua figura verrà poi recupe-rata da gente della sua stessa pasta.Ancora per poco tempo Ber-lusconi, con prebende di ogni sorta, terrà in piedi con lo spu-to, o meglio con la saliva, que-sto governo. Ma “politici” fedeli per interesse, con la stessa facilità con cui ora lo adorano cambieranno ancora una volta casacca, perché chi ti sostiene finché ne ha interesse, quan-do sente che tira “brutta aria” cambia velocemente lidi.Che fine farà, Berlusconi? Esiliato come l’amico Cra-xi, che oltre all’affiliazione di Mister B alla P2 è stato il vero fautore (ripagato con i finanziamenti illeciti su cui è caduta come una scure la prescrizione) del suo impero economico?Appeso per i piedi in pubblica piazza come il suo idolo Mus-solini, di cui nel 2003 diceva che “non ha mai ammazzato nessuno”?Chi ha più di 30 anni non avrà voce in capitolo: i giovani de-vono decidere sul da farsi... ma si ricorderanno, loro, della lezione della storia? Oppure di-menticheranno e cercheranno un nuovo capo a cui affidarsi?Possibile che un italiano, nel corso di una vita intera, sia condannato ad ambire a ve-

dersi av-

vicendare al potere mediamen-te 4 persone? Non è la sinistra che ha vinto, ma Berlusconi che ha esaurito il suo tempo. Buoni risultati sono venuti per Sinistra e Li-bertà (e il carisma innegabile di Niki Vendola), l’IDV (cioè un movimento di destra che sfrutta gli attacchi del “fu” Berlusconi alla magistratura per paventare un panorama statuale alla “1984” di George Orwell, o meccanismi di con-trollo totale che ricordano non poco il Panopticon di Bentham, così splendidamente analizza-to da Foucault) e il movimento 5 stelle di Beppe Grillo, che ottiene buoni risultati in tutta l’Emilia Romagna. Perdono i partiti.Ma anche i movimenti vincenti, appena descritti, non rischiano di prestarsi (non certo per loro natura, ma per quella degli ita-liani) ad un nuovo decadimen-to fideistico verso l’uomo forte? Vendola, Di Pietro, Grillo...Forse già in tanti si guardano attorno per trovare il nuovo capo: compito delicato, dato che poi per 20 anni starà al potere (cosa che già di per sé corromperebbe molti uomini di buona volontà -non parlo certo di Berlusconi).A febbraio 2010, sulle pagine di questo giornale, invocavo un Vendola anche a San Marino. Anche qui per “liberarci”.Con ciò intendevo che ci sa-rebbe bisogno di qualcuno in grado di sfidare sistema e nomenklatura per cambiarli. Ma non è, questa, già una speranza di potersi affidare a qualcuno?

il declino di un padroneLa disfatta alle amministrative di Berlusconi ne segna la fine. C’è chi parla di liberazione. Ma gli italiani non staranno già cercando un altro padrone?

Un Berlusconi sconfitto.In alto a destra Mussolini e Clara Petacci appesi per i piedi a Piazzale Loreto il 29 aprile 1945

di Roberto Ciavatta

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4Il Don Chisciottenumero 43, giugno 2011 4Ambiente

“Non lasciare il nucleare”. Per quale motivo un Oncologo dovrebbe pronunciarsi e dire “Fukushima non fermi ricerca”?A parlare è il presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare Umberto Veronesi, il quale commenta la decisione del governo italiano di bloccare il programma atomico. Ma di quale ricerca sta parlando il pro-fessore? Esiste una ricerca nucleare? E cosa si propone di scoprire?La Natura è vita, da sempre. Danneggia-re la Natura significa ammalare la vita. Prima dell’uomo c’era la Natura e dopo l’uomo ci sarà la Natura. Il mio personale motivo di consolazione innanzi ai tecno-crati, è che prima o poi l’uomo passerà, così come sono passati i dinosauri.Presagi e dedizione ambientalista a parte resta un piacevole mistero capire in cosa consiste la ricerca nucleare cui allude Veronesi. Sta forse nelle centrali di terza generazione? Ebbene le centrali di terza generazione non esistono.È denominato reattore nucleare di terza generazione un reattore nucleare di po-tenza che incorpora e sviluppa delle tec-nologie di “seconda generazione” (la stra-grande maggioranza di quelli in funzione), con miglioramenti “evolutivi” nel progetto, ma senza innovazioni sostanziali sui prin-cipi di funzionamento.

Tali miglioramenti derivano da sperimen-tazioni effettuate durante la vita utile dei reattori nucleari di seconda generazione attuali, senza l’introduzione di modifiche radicali quali potrebbero essere la sostitu-zione del refrigerante-moderatore acqua con altri refrigeranti (elio, sodio e\o piom-bo-bismuto fuso, e i sali minerali fusi).La ricerca in corso prende in conside-razione l’applicazione di tecnologie di idraulica, come ad esempio l’introduzione di tubazioni concentriche interne a giunti saldati (per assorbire la dilatazione termi-ca), ma non modifica i principi di funzio-namento generale di una centrale.Sfugge allora il significato della parola “ricerca” di fronte al vero problema delle centrali nucleari, ovvero la possibilità che possano esplodere, o comunque recare danni all’ambiente anche in assenza di esplosioni.Qualsiasi centrale nucleare produce “scorie radioattive”. Una minima parte delle scorie sono normalmente disperse nell’ambiente senza (dicono) provocare danni per l’uomo. Ad esempio, i reflui del raffreddamento sono scaricati direttamen-te nelle acque dei fiumi poichè non peri-colosi per l’ambiente. (!)Le scorie nucleari si distinguono in base al grado di radioattività da cui dipende anche la durata del decadimento e la loro pericolosità.Alta attività (scorie di 1° grado): il grado di radioattività elevato in queste scorie impli-ca un lungo periodo di decadimento, fino a 100.000 anni. Esistono poi scorie di Media e di Bassa attività (2° e 3° grado). Queste ultime due categorie necessitano di centinaia di anni per decadere. Dunque, per quanto si voglia minimiz-zare il pericolo delle esplosioni delle centrali, resta il grave inquinamento prodotto dalle scorie.25 anni fa, a Chernobyl, in Ucraina, si verificò il disastro nucleare più grave

della storia. Oggi (notizia di questi giorni) servono ben 1,5 miliardi di euro per realizzare a Chernobyl un nuovo sarco-fago al fine di contenere le emissioni radioattive. A tal fine è attiva un’apposita conferenza dei donatori che al riguardo ha annunciato d’aver raccolto quasi 600 milioni di euro. Tutto ciò non solo indica la pericolosità oggettiva delle tecnologie nucleari, ma indica come le AZIENDE PRIVATE che incassano miliardi nelle commesse per la realizzazione e la vendita dell’ener-gia derivata dal nucleare, non sono in grado di coprire le spese che possono derivare da un eventuale incidente. Come al solito si gioca al privatizzare cre-diti e privilegi, e a rendere pubblici debiti e danni. Il ministro italiano per le Infrastrutture Matteoli dice: “scelta necessaria, ma non mi piace. E comunque è solo una sospen-sione” e aggiunge “resto dell’idea che pri-ma o poi l’Italia debba entrare nel nucle-are”. Cosa significa? Significa che hanno ragione i Verdi e l’Italia dei Valori quando dicono che in effetti si tratta di un furto di democrazia, si vuole cioè evitare un plebiscito a giugno per rilanciare il nu-cleare a dicembre.Il Governo italiano gioca con i suoi cit-tadini. Questo fatto è reso palese dalla proposta del deputato del Pdl Remigio Ceroni. Come un parafulmine Ceroni offre al pubblico una bella pensata: la modifica dell’articolo 1 della Costituzione italiana. Lo scopo è consegnare al Governo il po-tere assoluto e togliersi d’impaccio ogni referendum, oltre ad ogni procedimento penale in capo a qualsiasi parlamentare. E così di seguito dovrebbe essere l’Italia del Ceroni:“l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla centralità del Parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà po-polare espressa mediante procedimento

Politica e società

Una scelta di cuore o di testa?di Marco Canarezza

energia nucleare

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elettorale”.Se fosse già operativa questa radicale modifica, nel caso delle centrali nucleari non ser-virebbe a nulla un referendum, poiché avrebbe valore solo la decisione ultima del Governo (procedura questa ben nota nella nostra San Marino). Que-sta è una manovra eversiva, poiché annullerebbe il signifi-cato della democrazia residua attualmente in atto.L’Italia che decide di bloccare la costruzione delle centrali atomiche, parteciperà però alla costruzione “del nuovo nucleare europeo”. È quanto afferma il ministro dello svilup-po economico Paolo Romani intervenendo nell’aula al Se-nato: “il nostro Paese vuole partecipare a pieno titolo alla stesura dei nuovi standard di sicurezza […] stiamo defi-nendo gli aspetti organizzativi dell’agenzia per la sicurezza del nucleare”. L’allineamento

dell’Italia all’autorevolezza europea, con o senza il potere assoluto del Governo, ripro-porrà dunque il nucleare. La domanda a questo punto è: chi finanzia il nucleare? Risposta: sono le banche private, ma anche agenzie di credito all’export, ovvero enti statali che hanno a disposizio-ne budget di diversi miliardi di euro. Costruire centrali nucleari, come risaputo, com-porta dei costi molto elevati, ai quali si somma il conto per la dismissione degli impianti e lo stoccaggio delle scorie, motivo per cui c’è bisogno del coin-volgimento di soggetti dal forte peso economico e politico. Diversi studi dimostrano che, senza l’intervento del pubblico, investimenti dispendiosi e a lungo termine come le centrali non sono alla portata delle sole entità private.Paradossalmente per l’Italia - il cui popolo mediamente non

desidera centrali nucleari sul territorio - si ritrova e temo si ritroverà a dover finanziare attraverso le tasse e tutto il re-sto, questo orrido affare.Gli imprenditori puntano costantemente il dito verso gli ecologisti asserendo che ostacolando lo sviluppo ener-getico, l’economia resterà al palo. Verrebbe da dire chisse-nefrega, meglio poveri e sani che ricchi e radioattivi. Ma il punto è che a beneficiare del-le centrali nucleari sarebbe-ro primariamente banche e aziende del settore. Ed ecco perché le ragioni dei Verdi danno fastidio.Sono state approcciate BNP Paribas, Citigroup, Crédit Agri-cole, Deutsche Bank, HSBC, JP MorganChase, Natixis, Santander, Société Générale e Standard Chartered, per Angra III BBVA, BNP Paribas, Crédit Agricole, Crédit Mutuel, San-tander e Société Générale.

Nella “classifica” stilata da Nuclear Banks, No Thanks, il podio è occupato da BNP, Citigroup e Barclays, rispet-tivamente con 2,3 miliardi e 981 milioni di prestiti concessi; al 21° e 27° posto risultano anche le italiane Unicredit e Intesa San Paolo.Il governo francese ha chiesto alla Banca mondiale di entra-re nel business dell’atomo. Quando le banche entrano in un business bisogna stare molto attenti. A questo punto sarebbe intelligente da parte delle persone tutte, dei citta-dini, delle mamme in perenne apprensione per la salute dei loro figli opporsi, opporsi e opporsi ancora a questa ver-gognosa catena di interessi economici.Ci riusciremo?Vorrei non fosse salito al cuore il desiderio di lanciare questo appello.Restiamo umani.

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6Il Don Chisciottenumero 43, giugno 2011 6Società

La massimizzazione dello sfruttamento della luce solare e, più in generale, degli apporti gratuiti che provengono agli edifici dalla natura, non è necessaria solo per-ché permette di ricorrere sempre meno a fonti energetiche non rinnovabili, ma anche perché l’uomo ha un profondo ed intimo bisogno di essi.La luce naturale, ad esempio, influenza la produzione di determinati ormoni e anche il nostro stato d’animo, mentre la ventila-zione naturale ci può permettere di avere le superfici esterne delle nostre case sempre asciutte e al riparo dai fenomeni di condensa.Il clima che si viene a determinare in una certa zona, che può essere un lotto oppu-re un isolato di edifici, è determinato da una serie di cause tra le quali: la morfolo-gia del terreno (rilievi e avvallamenti), la presenza e la posizione della vegetazio-ne, l’andamento delle ombre proiettate da tutto ciò che c’è intorno durante l’intero arco della giornata, eventuali ostacoli circostanti che incanalano le correnti, i bacini d’ acqua che creano correnti d’ aria e generano umidità, le superfici asfaltate o riflettenti e l’esposizione al sole o al vento.Un tempo questi criteri bioclimatici era-no ben presenti quando si trattava di fondare una città o anche solo costruire un’azienda agricola; molte città mediterra-nee sono sorte in maniera tale da sfruttare le brezze marittime e sono ruotate rispetto ai venti caldi continentali.Un concetto che a noi pare scontato ma che quasi mai viene messo in pratica è il criterio di disposizione dei corpi degli edifici: se avviene lungo l’ asse est-ovest riceveranno un maggior apporto di radia-zione solare invernale, quindi con tempe-rature più alte proprio quando ce n’è più bisogno. L’opposto naturalmente avviene se la disposizione segue l’ asse nord-sud.Il verde circostante ha un peso fondamen-tale in bioclimatica, in particolare vediamo il comportamento degli alberi cosiddetti

caducifoglie, ossia quelli che perdono le foglie nel periodo invernale. Questa loro caratteristica può essere sfruttata per proteggere le aperture esterne vetrate d’ estate, quando c’è bisogno di una scher-matura dai raggi del sole, mentre d’ inver-no torna utile dal momento che lo scher-mo costituito dalle foglie non c’è più.Gli alberi inoltre costituiscono una barriera contro l’infiltrazione dell’ aria dovuta alla velocità del vento.Allo stesso fine la disposizione e la tenuta delle aperture delle nostre abi-tazioni dovrebbero essere concepite in funzione dei venti dominanti invernali per garantire un minor fabbisogno per il riscaldamento.La disposizione ottimale degli ambienti all’interno di un’abitazione, in funzione dell’ irraggiamento dovuto al sole, vede a nord gli ambienti che possono venire esposti al freddo, come i garage o i ripo-stigli, ad est la zona notte, a sud la zona giorno e a ovest gli spazi lavorativi.Se si vuole evitare che il caldo entri in casa, le nostre schermature (qualsiasi esse siano: veneziane o brise soleil) vanno disposte all’ esterno del vetro: le tende di casa infatti, anche se fossero completamente opache, non servirebbero a proteggerci dal caldo ma solo dalla illu-minazione, perché si trovano “al di qua” del vetro dell’ infisso, quando il caldo è già

entrato.Attraverso una simulazione al computer si verifica l’ altezza del sole in estate (quan-do è più in alto) e in inverno (più basso) nonché l’inclinazione dei raggi solari, in maniera tale da progettare schermature che impediscano l’ ingresso dei raggi so-lari d’ estate, per proteggere gli occupanti dal caldo esterno, e per lasciarli passare d’inverno, quando è importante sfruttare l’apporto gratuito del riscaldamento solare.Il “punto debole” degli edifici, per quanto riguarda lo scambio termico con l’esterno, è costituito dai vetri. Così come d’inverno dissipano il calore interno più velocemente di quanto non facciano i muri, allo stesso modo d’estate lasciano entrare i raggi ultravioletti e, in presenza di estese superfici vetrate, generano il cosiddetto “effetto serra”. Come si verifica l’ effetto serra?Quando la radiazione solare attraversa un corpo trasparente i raggi “rimbalzano” indietro ma non riescono più ad attraver-sare il vetro e rimangono “imprigionati” all’ interno dell’ ambiente facendone innalzare la temperatura.Ecco quindi che torniamo a parlare dell’importanza delle schermature di fron-te alle vetrate o, in alternativa, di montare vetri speciali, ad esempio selettivi, che evitino il verificarsi di un clima interno sfa-vorevole.

Ovvero come utilizzare con armonia gli elementi naturali in architettura

bioclimaTica

di Arch. Riccardo Castelli

Solo con una corretta simulazione al computer si riesce a visualizzare il soleggiamento di un edifi cio

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Chi non ricorda il famoso ed im-mediato spot elettorale “meno tasse per tutti” ?Questo fortunato slogan elet-torale è stato clamorosamente smentito dai fatti: la pressione fiscale sta aumentando e vie-ne distribuita in modo profon-damente iniquo, riducendo con varie misure le tasse ai ricchi (condoni vari, abolizione Ici pri-ma casa ecc.), mentre ai ceti più poveri sono riservati aumenti di tariffe, imposte e contributi, oltre

all’accresciuto livello di fiscalità decentrata di comuni e regioni.Uno dei simboli più evidenti delle politiche fiscali inique e fortemente improvvisate (anche dai governi che hanno precedu-to quello attuale!) è la fiscalità applicata alla benzina che con-giuntamente alle turbolenze in-ternazionali ha fatto sì che il suo prezzo raggiungesse il livello quasi record di € 1,60 al litro.Il prezzo della benzina si com-pone di tre elementi:

1) costo del prodotto (circa il 32% del totale); 2) accise, os-sia tasse di vario genere su cui si applica l’Iva (circa il 52% del totale). Queste tasse sono sta-te istituite nel corso degli anni allo scopo di finanziare diver-se emergenze. Alcune di esse, però, risultano talmente anacro-nistiche (la meno recente preve-de tuttora il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935) da suscitare non poche polemiche al riguardo. L’elenco delle acci-se - che si può visionare nel box - risulta incompleto dato che in alcune regioni vi sono le addi-zionali regionali (Abruzzo, Mar-che, Liguria, Campania, Molise, Calabria e Puglia). L’accisa vera e propria ossia la “tassa di fabbricazione” per le benzi-ne è pari a 0,5713 Euro/Litro e

per il Gasolio a 0,4303 Euro/Litro (dato uffi-ciale del Ministero dello Sviluppo Eco-

nomico); 3) l’Iva cioè l’imposta che viene calcola-

ta sia sul costo del prodotto che sulle

varie accise con aliquote diver-se, (circa il 16% del totale).Secondo i dati dell’Unione pe-trolifera, nel 2007 le entrate fiscali alimentate dai prodotti petroliferi sono state superiori ai 35 miliardi di euro (24,7 derivan-ti dalle accise e 10,5 dall’Iva). Per ridurre il prezzo della ben-zina basterebbe eliminare le

accise non più attuali, quelle che arrivano al 1980, che da finanziamenti di scopo si sono trasformate in entrate ordinarie per l’Erario, e ridurre le accise di recente introduzione. In Spa-gna -- un paese molto simile al nostro - la benzina costa poco più di un euro al litro. È profondamente iniquo che i fondi alla cultura arrivino dagli automobilisti, peraltro già am-piamente “tosati” dal governo e non dalla fiscalità generale basata sul reddito. È opportuno chiedersi come mai i proventi derivanti dalla tassazione sui carburanti non siano destinati a progetti ambientali o a interven-ti di efficienza energetica come previsto peraltro da stringenti direttive europee. Tutto questo evidenzia come i governi attuali e passati anziché a politiche fiscali tese all’equità e all’efficienza, facciano inter-venti fiscali improvvisati, disor-ganici, con un unico scopo: fare presto cassa, più tasse per tutti ma frammentate e un po’ ma-scherate. In questa situazione di Far West fiscale anche le amministrazioni regionali spesso fanno l’assalto al prezzo della benzina e anzi-ché ridurre sprechi inseriscono le addizionali: la Liguria con tali proventi ripiana parte del deficit sanitario.In Italia il Ministro delle Svilup-po Economico Paolo Romani è faticosamente impegnato a non fare niente contro il caro-benzina, tranne che emanare il Decreto 18 gennaio 2011, n. 32: con tale provvedimento è stato ampliato il limite di tolleran-za entro il quale una pompa di benzina può erogare, per errore, meno carburante di quello che dovrebbe senza che si configuri la truffa. In attesa del risultato del ricor-so presentato dall’Adiconsum al Tar del Lazio contro l’accisa che finanzia il Fondo Unico per lo Spettacolo, potremo ripetere la celeberrima frase di Totò: “e io pago!”, ma stavolta c’è vera-mente poco da ridere.

Verità e ingiustizie fiscali quando si va a fare il pieno di carburantedi Pietro Masiello

prezzo della benzina e poliTica fiscale

ELENCo CoMPLETo DELLE ACCISE

* 1,90 lire per il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935;* 14 lire per il finanziamento della crisi di Suez del 1956;* 10 lire per il disastro del Vajont del 1963;* 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966;* 10 lire per il terremoto del Belice del 1968;* 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976;* 75 lire per il terremoto dell’Irpinia del 1980;* 205 lire per la guerra del Libano del 1983;* 22 lire per finanziamento missione UNMIBH in Bo-snia Erzegovina del 1996;* 0,020 Euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.* 0,0073 Euro in attuazione del Decreto Legge 34/11 per il finan-ziamento della manutenzione e conservazione dei beni cultura-li, di enti ed istituzioni culturali.I dati relativi alle accise su benzina e gasolio auto sono validi dal 5 aprile 2011 fino al 1 luglio 2011, quando subiranno un ul-teriore rincaro (rispettivamente 0.5732 Euro/Litro e 0.4322 Euro/Litro).

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8Il Don Chisciottenumero 43, giugno 2011 8L’ippogrifo

Si può fare un elenco dei più grandi crimini di cui nel corso nei secoli si è macchiata la Chiesa Cattolica? No. Ci vor-rebbero troppe pagine. Per gli interessati, rimando al “Libro nero del Cristianesimo” scritto da Jacopo Fo, Sergio Tomat e Laura Malucelli. I crimini della Chiesa non consistono però solo di azioni, ma anche di quello che NON è stato fatto, del silenzio assenso.Un caso su tutti, è la vicenda dell’Olocausto, lo sterminio di milioni di ebrei durante la se-conda guerra mondiale. Il Film “Amen.” del regista C. Costa Gavras racconta proprio que-sta storia. O meglio, racconta la storia vera di Kurt Gerstein, un chimico ufficiale delle SS. Gerstein scopre che lo Zyclon B, da lui realizzato per le di-sinfestazioni, viene utilizzato per gassare gli ebrei. A fronte di questa ributtante scoperta, inizia a contattare gli ambienti cattolici, auspicando che si faccia qualcosa per fermare lo sterminio. Di fronte a sé non

troverà altro che muri. Solo un giovane gesuita, padre Riccar-do, affronterà questa battaglia contro il silenzio, ma sarà solo contro tutti. L’unica speranza è che una persona dotata di Potere come il papa Pio XII si esprima contro lo sterminio e denunci pubblicamente al mondo ciò che già alcuni san-no.Il papa però non farà niente, non dirà niente, e i motivi per cui non l’ha fatto possono essere molteplici, gli storici (soprattutto quelli cattolici) li stanno ancora cercando, ma credo che nessun motivo sia sufficiente. In questo caso il silenzio parla da solo. C’è da dire però che Pio XII come un buon papa e cattolico che si rispetti,manifestò antisemiti-smo nonché uno spiccato anti-comunismo. E si sa, ai nazisti non piacevano i comunisti…Purtroppo un tema così im-portante e scioccante non è trattato con grande maestria filmica. Nonostante stimoli lo sbadiglio su tutti i punti, ci sono però delle immagini che non si dimenticano. Non viene mai mostrata una camera a gas. Le uniche immagini che ci suggeriscono l’orrore sono i treni merci che partono pieni (di ebrei) e vengono poi inqua-drati completamente svuotati, insieme allo sguardo di Ger-stein quando gli viene mostra-to dallo spioncino quello che

avviene nelle camere a gas. Lo spettatore non vede niente, però capisce. Capisce soprattutto quando viene mostrato il cardinale che offre rifugio in Argentina a un gerarca nazista, colui che nel film affer-ma “la sua Chiesa ha dimostrato in passato che la purificazione si può ottenere bru-ciando le persone. Il nazismo sta sempli-cemente facendo la stessa cosa su grande scala”. AMEN.

di angelica Bezziccari

amen.

Quanti cristi inchiodati a una sedia o a un letto la gente scavalca, per inchiodarsi a un cristo di legno. Quanti

sacrifici dimenticati, per ricordarne uno. Se mi facessero entrare in una chiesa, griderei: smettete di guardare quell’altare vuoto. Adoratevi l’un l’altro

Stefano Benni

Curiosità sul film AMEN.- Il Vaticano non ha autorizzato che si girasse il film nei suoi palazzi.- La locandina del film con una svastica che si tramuta in croce, è stata realizzata da Oliviero Toscani.- Il prete Riccardo Fontana non è realmente esistito.- Il film è stato ispirato da “Il Vicario”, opera teatrale scritta dal drammaturgo tedesco Rolf Hochhuth nel 1963

E Nanni Moretti? A fronte dei tanti (troppi) elogi della stampa italiana, leg-giamo cosa scrive un autorevole critico americano del film “Habemus Papam”.«Seguendo la scia di un tema di attualità, Nanni Moretti sceglie uno stile da commedia gentile con l’artistica-mente e dottrinalmente conservatore Habemus Papam. Il titolo, che si riferisce alle parole pronunciate per an-nunciare un nuovo pontefice, rimangono la sola ironia in una storia non originale di un cardinale (interpretato dalla consueta abilità di Michel Piccoli) che ha paura della tiara papale. Ci sono solo un po’ di risate che Mo-retti riesce a mungere dalla vista del vecchio in abiti da prete, e l’assenza di mordente del film lo rende davvero improbabile come offesa all’Opus Dei»

Jay Weissberg, Variety

Recensione del film di Costa Gavras

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88 9www.associazionedonchisciotte.orginfo@associazionedonchisciotte.org

Discutere con libertà sui concetti di ‘loca-le’ e ‘chilometro zero’ può aiutare a chia-rire uno dei punti qualificanti dell’operato dei gruppi di acquisto solidali, evitando il più possibile di cadere in errori o distorsioni di un tema solo apparentemente semplice, che andrebbe forse un po’ disambiguato. La ricerca di produttori e prodotti locali rappre-senta una caratteristica importante dei gas. In realtà, il concetto di locale dice molto più di quanto non appaia e costituisce uno dei principali elementi di rottura e d’innovazione rispetto a uno schema tradizionale. Puntare sul locale, nella prospettiva dei gas, significa valorizzare l’ambiente in cui viviamo, studiarlo, viverlo, rispettarlo, preferire la biodiversità e l’originalità contro l’omologazione. Ripartire dunque dal basso, dai territori, valorizzare risorse locali rappre-senta non solo una soluzione tecnica, ma anche un orizzonte d’immaginazione. I gas ripopolano e rianimano l’universo locale: ciò avviene soprattutto attraverso l’acquisto di prodotti sani da piccoli pro-duttori, cercando di limitare le deliranti necessità dei trasporti, riducendo inquina-mento e consumo di risorse. Quanto locale può/deve essere il locale? La risposta a questa domanda passa attraverso una riorganizzazione complessiva della vita, degli spazi e delle relazioni sociali, delle città, dello spazio agricolo. Le scelte dei

gas viaggiano su chilometraggi differenziati: alcuni prodotti dei gas viaggiano pochis-simo, altri poco, altri molto. Alla base vi sono necessità di approvvigionamento (un elemento da discutere, per molti aspetti) e volontà di mantenere relazioni con determi-nate realtà, promuoverle, dare loro valore e riconoscimento. In questo contesto, è cer-tamente necessario, e lo sarà in prospettiva sempre di più, tornare all’assunto per cui bisogna maturare in loco tutti gli elementi di una vita soddisfacente. La realizzazione di quest’obiettivo è legata al perseguimento di alcuni aspetti: una certa sobrietà, svi-luppo delle capacità di autoproduzione, un miglior impiego delle risorse locali in termini di competenze personali, spazi di urbanizzazione e socializzazione. Evitare un certo integralismo sul concetto di km0 ha certamente senso, ma solo se questa elasticità aderisce ad una profonda e critica riflessione sul nostro stile di vita, con tutte le ovvie conseguenze. Limitazione e di-versificazione potrebbero essere le parole d’ordine che rimettono in discussione uno stile di vita e produzione largamente basa-to sulle grandi distanze. L’inevitabile fine dell’era del petrolio, con tutte le prevedibili conseguenze, rappresenterà certamente un veicolo significativo per la rilocalizzazione, che diventerà quindi sempre più un obiet-tivo ma è di fatto già una necessità. Per

questi motivi, ad esempio, l’esperienza del-le città di transizione costituisce un buon modello di sintesi di altre istanze (come i gas e la decrescita).Sarà sempre più importante modificare le relazioni con le dinamiche esterne e cam-biare l’ottica da cui guardiamo il mondo: potremo così guidare i fenomeni dal basso, in un corretto rapporto con processi di più ampio respiro, senza subire dall’alto le vio-lenze dell’economia della crescita.Dagli acquisti, dall’agricoltura, dalle relazio-ni si passa facilmente a una nuova modalità di vivere le comunità locali, in un costante ma diverso e reale scambio e contamina-zione con il resto del mondo. In altre parole, gli scambi saranno diversi nelle modalità ma molto più ricchi, non basati sull’ignoran-za e l’anonimato del far girare l’economia.In definitiva, quello del km0 non è un dog-ma, a patto però che ognuno sia ispirato dal ritorno alla qualità. Una volta recuperato il senso e l’utilità delle distanze, ogni chilometro percorso da prodotti e persone riacquisterà valore.Se alle necessità della crescita in termini di spostamenti saremo capaci di sostituire un motivo di conoscenza, di giustizia, di conta-minazione saremo stati in grado di porre le basi per un mondo molto diverso, e quanto più saremo stati abili a realizzare questo senza il pungolo della necessità, tanto me-glio sarà anche in considerazione dei tempi che vivremo nel prossimo futuro.Parlando di esperienze contigue per ispi-razione, un buon esempio ci è fornito dalla realtà del commercio equo e solidale, la cui attività si contraddistingue per la capaci-tà di dare un senso alle distanze.Sullo stesso piano di lavoro dobbiamo quindi mettere la restituzione di significato alle distanze e la ridefinizione del valore del locale. È, quest’ultimo, un concetto che fa paura, perché evoca maggiore autosuf-ficienza, volontà di smarcarsi dalle dina-miche deteriori degli imperativi economici tradizionali, capacità di relazionarsi prima di tutto con il vicino di casa.Se poi attrezziamo noi stessi attraverso un orto a casa nostra o tramite l’autoproduzio-ne, tanto per dirne due, rischiamo di scopri-re che il chilometro zero può essere molto più zero di quanto pensiamo.La voglia di semplice esotismo da safari culturale, la violenta banalizzazione della globalizzazione così come viene imposta, il disinteresse e la paura verso l’altro, tutto questo sì che va lasciato a casa.Anzi, va mandato definitivamente nella sof-fitta della Storia.

Nuovi spazi tra dogma e dibattito

di stefano Palagiano

chilomeTrozero

Gruppi d’Acquisto Solidale

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10Il Don Chisciottenumero 43, giugno 2011 10L’autogestita: Oasiverde

Durante la loro storia millenaria la vite ed il vino hanno esercitato sulla cultura dell’uomo un’influenza rilevante e sotto molteplici aspetti superiore a quella di altri prodotti agroalimentari. Dalla Mesopotamia alla nostra tavola, da rito di comunione a ebbrezza da evitare, da culto da respingere a porta di accesso alla spiritualità, il vino e la vite sono protagonisti della nostra cultura.Antichissimo infatti è il rapporto tra l’uomo e la vite, protetto ed incoraggiato da mitologiche divinità, cantato ed elogiato da poeti e letterati, documentato da numerosissimi

proverbi popolari, sarcastici o moraleggianti; molto vasta è anche la poesia ispirata alla vite o al vino presso tutte le civiltà e allo stesso modo i valori simbolici e religiosi ne sono stati espressi in una serie vastissima di raffigurazioni.Ciò è da attribuire principalmente ad alcune particolari caratteristiche di questa bevanda. Anticamente la fermentazione del mosto dovette apparire all’uomo un fenomeno misterioso, determinato da forze sconosciute, alle quali egli collegò anche lo stato di euforia e di ebbrezza causato

dal vino. Inoltre il suo colore, richiamando quello del sangue, indusse ad attribuirgli, già in epoche anteriori alla religione cristiana, elevati valori simbolici ed in particolare la funzione di stabilire una connessione tra l’uomo e la sfera della trascendenza. Volendosi soffermare al solo utilizzo sacrale che lo accomuna al sangue, in epoca romana, il vino veniva usato nei sacrificia: nella prefatio venivano offerti sul focolare incenso e vino; nella immolatio la fronte dell’animale da sacrificare veniva bagnata con vino; carne e vino erano offerti alle divinità; sangue, latte e vino erano versati sulle tombe nelle libagioni per i defunti, con un evidente simbolismo cromatico del rosso, del bianco e del nero.La “civiltà” del vino era contrapposta al consumo “barbaro” della birra e del sidro: allo stesso modo i popoli nordici utilizzavano il burro e il lardo al posto dell’olio.In molteplici ricette della cucina romana esistevano vini particolari, variamente profumati e aromatizzati, ottenuti con l’infusione di varie specie di piante e con l’aggiunta di particolari sostanze, a taluni dei quali erano attribuiti specifici effetti: indurre l’aborto, rendere feconde le donne, determinare impotenza negli uomini. Esisteva anche un vinum murratum, che veniva dato ai condannati a morte per annebbiare la loro coscienza prima

dell’esecuzione. Tra i recipienti stessi usati per il vino, oggetto in tutti i tempi di produzione artistica molto ampia e diversificata, è la coppa, alla quale sono stati attribuiti particolari valori simbolici: vaso dell’abbondanza; emisfero del cranio umano; recipiente della bevanda dell’immortalità. Secondo la nota leggenda medievale, il “Graal” era la coppa usata da Cristo nell’ultima cena, nella quale Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue del Salvatore crocifisso. Il vino, il pane e l’olio, conobbero proprio con il cristianesimo una straordinaria promozione, facilitarono l’inclusione della nuova fede nel sistema di valori del mondo romano, divennero simboli del nuovo credo ed essenziali nella liturgia.Il vino e la vite sono messaggeri di una storia antichissima, cultura e tradizione del territorio. Nessun altro prodotto della terra come il vino viene determinato e personalizzato nelle sue caratteristiche qualitative, dall’influenza dei fattori climatici del territorio, dalla tecnica colturale, dalla cultura popolare ad esso legata. La capacità di adattamento dei vitigni e la loro caratterizzazione,frutto dell’evoluzione, rende autoctoni alcuni tipi di vitigni la cui stessa etimologia può aiutarci ad identificarne l’origine o

almeno le

il viale delle anTiche viTi11 e 12 giugno prossimi saranno le giornate nel bosco con Oasiverde

“Bacco”, di Caravaggio

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1010 11www.associazionedonchisciotte.orginfo@associazionedonchisciotte.orgwww.oasiverdersm.orginfo@oasiverdersm.org

Come sapete, uno degli obiet-tivi di Oasiverde è salvaguar-dare un pezzo di bosco ricco di specie selvatiche, con lo scopo di realizzare progetti sensoriali e didattici anche per persone con disagi psico-fisici.Nel week end dell’11 e 12 giu-gno, puoi aiutarci a mettere un

tuo mattone per questo pro-getto, ripristinando l’equilibrio boschivo dopo un inverno di nevicate abbondanti che hanno causato numerosi danni alle piante e ai sentieri. La giornata parte dalle 9 di mattina, con l’organizzazione e la distribuzione dei lavori, con-tinuando, per chi vuole, fino a sera. In programma: taglio ove necessario delle piante spez-zate e pericolanti, riapertura dei sentieri interni, liberazione degli alberi soffocati dalle trop-po folte edere, creazione di aree per la piantumazione di frutti antichi in zone selvatiche, apertura di aree di respiro per frutti antichi presenti allo stato selvatico (in particolare mirabo-lani, sorbi, meli, ciliegi).Il tutto sarà allietato dalla com-pagnia degli animali domestici

che ci aiuteranno “natural-mente” a riaprire i sentieri, dalla possibilità di approcciare specie selvatiche, dalla pro-fessionalità e collaborazione di esperti, nonchè dalla degusta-zione di un pranzo nel bosco ad offerta libera (menu vege-tariano e non). Il pranzo sarà gratuito per chi rimarrà l’intera giornata.Chi ne è provvisto è invitato a portare con sè machete, ceso-ie da taglio, servirebbe anche una motosega in più oltre alla nostra. Tutti possono dare il pro-prio contributo al bosco, l’importante è la volontà e un abbigliamento comodo e adeguato.Potete confermare tramite mail: [email protected] op-pure al numero: 335.5719652

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AttivitA’ convenzionAteASSociAzione oASiveRde

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caratteristiche visive ed organolettiche.Abbiamo cambiato profondamente il modo di rapportarci con la terra e, di conseguenza, coi suoi prodotti. Forse perché ancor più profondamente è cambiato il nostro modo di rapportarci col nostro territorio.L’evoluzione delle tecniche agrarie ha inciso sul nostro territorio e sulla nostra cultura: ha modificato il paesaggio ed il nostro modo di rapportarci ad esso, ha standardizzato i nostri gusti e ha provocato la quasi estinzione dei rituali, delle pratiche ed abitudini legate al calendario rurale. Tuttavia sopravvivono, grazie alla tenacia e all’impegno di alcuni ricercatori e produttori, alcune qualità antiche e autoctone. Uno di questi ricercatori si chiama Antonio Santini, esperto agronomo e vero scopritore di antiche varietà di frutti che rischiavano di essere persi per sempre, insieme alle tradizioni a essi legate, e tra questi frutti annovera diversi vitigni. Grazie alla sua collaborazione Oasiverde ha creato, oltre al frutteto, il Viale delle Antiche Viti, formato da ben tredici diverse varietà di vitigni antichi, ognuna capace di raccontare la sua storia, un percorso da realizzare concretamente con i sensi ma anche culturalmente con un salto nelle tradizioni di una volta, un cammino verso la valorizzazione del nostro territorio.

Oasiverde organizza una giornata in favore del bosco

Davide e Elena di oasiverde come sempre al lavoro

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12Il Don Chisciottenumero 43, giugno 2011 12

ira. Non ricordo con tutti loro re-centi momenti felici. Ho di meglio da fare. Devo farlo.

ore 09.17. Ho dormito benissimo, sognando un nuovo metodo che tra poco attuerò. In casa sono solo. Bene, la mia concentrazione ne trarrà giovamento. Allungo lo sguardo sulla tavola da pranzo... quella stronza ha lasciato in bella vista le bollette da pagare. Ma io ho tolto l’accredito automatico in banca, così quando ho voglia, pa-gherò. Ora ho di meglio da fare.

ore 10.27. Vado al bar, ma non farò colazione. Finalmente ti rive-drò. Apro la porta, le solite facce degli avventori di quell’ora, di tutte le mattine, che mi scrutano facen-do finta di nulla, ma appena porgo loro le spalle mi rivolgono espres-sioni commiserevoli e scuotimenti di testa. Non possono capire.

ore 10.30. Ci siamo! Sono solo con lei! Cerco nella tasca il porta-foglio. Sfilo una carta da 50 euro. La bacio da entrambi i lati, prego che la mia teoria mattutina si ve-rifichi. I colori sul display mi piac-ciono. Sento feeling. Si comincia. Tocco lo schermo con i numeri e faccio le scelte delle carte giuste.

Cazzo, ho vinto! Lo sapevo! Sono un drago. Che si fottano tutti: Ma-rino, la banca...

Ore 11.05: Ho vinto, ed ora devo rifarlo per poter andare in attivo, ma qualcosa non va; questa mac-chinetta NON MI VUOLE PIÙ AS-SECONDARE. Ho perso. Poco male. Ho ancora una bella maz-zetta in tasca. Sento un odore pro-venire dalla cucina del bar. D’un tratto mi accorgo di avere fame. Ma non posso pagare con la carta moneta. Mi serve per il prosieguo della giornata. C’è un distributore automatico lì; mi prendo una me-rendina e una bibita. Gioco, vinco e perdo, ma è ora d’uscire. Squilla il cellulare. È Marino. Non rispon-do, si fotta. Squilla nuovamente. È mia moglie che mi domanda dove sono. “Sono al lavoro no? Devo mantenere la famiglia lo sai!”

ore 13.33. Vado a prendere i pic-coli alla fermata del bus di ritorno da scuola. Penso a come riuscire, nel pomeriggio, a riprendere la somma persa al bar. A casa li la-scio a mia moglie, che li abbraccia e mi guarda. Vorrebbe dirmi qual-cosa, ma è meglio non mi stuzzi-chi. NON HO VOGLIA di parlarle,

ho solo uno smodato desiderio di VITTORIA.

ore 14.52. Sono pronto, mi sento baciato dalla fortuna. Entro nella grande sala. La mia sala, la mia vita. Qui i miei sogni diverranno realtà un giorno. Oggi mi accon-tenterei di avvicinarmici. Cambio i soldi in monete e si parte. Intorno a me una miriade di videocamere mi seguono dall’alto, impazienti di capire dal MAESTRO come riu-scirà a far saltare il banco. Vinco. Perdo. Mi si avvicina un signore con divisa della Sala e mi doman-da se ho bisogno di aiuto: “ma ammazzati!”

ore 18.47. Al cellulare ancora una chiamata di Marino, ha bisogno di incontrarmi. Neanche fosse mia moglie! A proposito, meglio anda-re a casa. Sara è lì con i bimbi, se-duta al tavolo. Vedo che ha gli oc-chi arrossati. Ha pianto. La cena va liscia, poche parole e poche domande sulla giornata. Sanno tutti che lavoro per loro, per con-sentirgli quel tenore di vita.

ore 20.33. Saluto la famiglia e dico loro che vado al bar a vedere la partita. Sanno che mento, ma

non domandano altro. Prendo l’auto e faccio 53 km per andare lì, in quel posto che tutti chiamano “la Bisca”. Siamo in parecchi. Ci conosciamo di vista, quasi fos-simo degli appartenenti ad una setta. Dentro, tanti tavoli rotondi vestiti con il panno verde. Fuori ronde strane di auto nervose. Si comincia. Mani buone e alcune no. Ma tutto sommato non mi la-mento. Il fumo di sigarette appiat-tisce la vista. Comincio a perdere. Ma rivinco subito dopo. Sono un drago del gioco.

ore 00.23. I miei amici iniziano ad andar via.. è ora anche per me. Esco. Puzzo di fumo. L’ossi-geno dell’aria aperta mi fa girare la testa. Un’ ombra mi si avvicina. Merda...è Marino. Lo strozzino o usuraio per quelli che parlano forbito. Mi cinge a sé e inizia a minacciarmi mentre mi sferra duri alle costole. Lui non capisce! Cer-co di prendere tempo, gli anticipo qualcosa del prestito di una setti-mana fa. Mi lascia, prende i con-tanti e se ne va. Sa che sono la gallina dalle uova d’oro. Conviene anche a lui.

ore 02.33. Entro in casa doloran-te ma cerco di non darlo a vedere. Mi avvicino al letto. È vuoto. Vado nella camera dei bimbi. Anch’es-sa lo è. Ma che succede? Vado in bagno e sullo specchio trovo un foglio bianco con su scritto: “Non possiamo andare avanti così. Ci stai rovinando la vita. Questa non è vita. Ce ne andiamo perché sei patologicamente un giocatore d’azzardo. Se vuoi distruggerti fallo pure, la tua famiglia ti lascia” ...ma come? Mi sbatto per loro e questa è la riconoscenza? Hanno perso la mano giusta. Io sono una persona normale, non ho bisogno di aiuto da parte di nessuno. È vero gioco, ma riesco a controllar-mi, sono in pieno possesso delle mie facoltà mentali. Domani è un altro giorno.

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Questo breve raccontino nasce dopo aver partecipato ad un con-

Società

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casinòdi Matteo zeppa

ore 04.27. Sono appena tornato a casa. Il mio è un pensiero fisso, che mi si insinua in testa rendendo irrilevante tutto ciò che ho attorno. Mia moglie Sara dorme stesa sul fianco. In realtà so che finge, ma mi sta bene così; dovrei spiegar-le troppe cose, le solite, e come ogni volta non capirebbe. Giulio, Veronica e il piccolo Attila sono nella stanza a fianco. Ancora mi domando perché lo chiamammo così; forse per ricordarmi la sua

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vegno organizzato dalla Giochi del Titano sui vari aspetti sociali del gioco. È stato interessante cercare di capire (non ci sono ri-uscito in realtà) le famose REGO-LE DEL GIOCO. Questo racconto è una estremizzazione abbastan-za reale di ciò che capita a per-sone versanti in patologie legate ad esso. Secondo i dati forniti dallo Spor-tello “Gioco Sano” di San Mari-no, presso la sede della Giochi del Titano, dal 2008, 95 perso-ne si sono rivolte a tale ente per evidenziare problematiche strettamente connesse al gio-co. Esistono due metodologie di approccio: l’Auto-esclusione e l’Esclusione coatta. Se nel primo caso si può notare una consa-pevolezza minima sul fatto che la persona abbia REALMENTE una patologia, non è demagogia capire che solitamente si arriva a questo punto perché oramai si è fatto “terra da ceci” intorno. È una (piccola) vittoria di Pirro in realtà. Un poco quello che accade nelle riunioni degli Alcolisti Anonimi al-lorquando ci si presenta agli altri dicendo “sono un alcolizzato”. È comunque un punto di partenza, che prevede una fase di terapia associata a un divieto al gioco stesso, quanto meno nella stes-sa struttura!!! Il problema è pro-prio questo infatti. Il responsabile del Casinò di Mendrisio, Andrea Camponovo, affermò che nel mo-mento in cui in Svizzera si è di fronte ad una delle due esclusioni citate all’interno della stessa Na-zione, è certo il fatto che il gioca-tore patologico non potrà giocare nelle altre strutture di tale Nazio-ne. Come ben disse, il problema sorge nel momento in cui il Casinò di Campione d’Italia è a 5 minuti di distanza, e gli accordi fra i due Stati NON PREVEDONO intera-zione fra i i sistemi di controllo. Ma a cosa servono queste strut-ture sociali all’interno di una mac-china da business? Servono innanzitutto per poter avere la coscienza pulita da parte di chi gestisce la sala, sul fatto che eventuali comportamenti “sopra le righe” essi li combattono e li moni-

torano. Una sorta di terapia con il metadone che si prescrive al tos-sicodipendente. La linea di confine tra gioco con-sentito e gioco d’azzardo è labile e non affatto tracciata. C’è forse differenza tra chi rimane chiuso per 10 ore all’interno della strut-tura o tra chi sperpera il proprio denaro alla ricerca dei famosi numeri ritardatari delle estrazioni del Lotto? O tra chi compra tan-ti Gratta e Vinci, e chi gioca alle macchinette del Bar? Convengo con il direttore Caronia solo su questo aspetto: le macchi-ne nei bar NoN SoNo SUPER-VISIoNATE, e sono realmente la morte di ogni caso patologico. Sono la quintessenza dell’azzardo stesso. Quanto meno un controllo, seppur di parte (per i motivi sopra descritti) alla Giochi del Titano v’è. Lo stesso Direttore su mia espres-sa domanda se San Marino fos-se mai pronta eventualmente ad aprire dall’oggi al domani un Ca-sinò, valutato quale uno dei primi luoghi (i casinò in generale) ove si ricicla denaro sporco, e se al con-tempo stesso, il tessuto sociale della Repubblica fosse in grado di sostenerlo, sostenne: “[…] che qualora la Politica dovesse mai decidere di costruire un Casinò, esso dovrebbe essere di stampo prettamente STATALE, poiché

laddove vi fosse una struttura privata, si avrebbero maggiori connivenze con il malaffare ed i rischi ad essa connessa. Una casa da gioco Pubblica non ha nessun interesse nell’imbattersi in certi atteggiamenti poco leciti. A San Marino vi sono tanti Casi-nò....sono le stesse Slot Machi-ne sparse in giro per il territorio, che non possono di fatto avere nessun controllo.” Ora tale discorso è in parte accet-tabile a mio modo di vedere; ma deficitario in sostanza. Lo Stato dovrebbe quindi arrogarsi il diritto di fare del business su una de-vianza patologica propria del gio-catore d’azzardo. Ovvio che non tutte le persone che frequentano queste strutture possano essere categorizzate come tali; ma l’hu-mus sociale stesso, ben rappre-sentato dai dati del Dottor Sailis e del Dottor Fea, ossia quello di una utenza patologica di età avanza-ta, con titoli di studio medio bas-si, meridionali e senza famiglia, lasciano un poco il tempo che trovano. L’esempio svizzero, di una nuova generazione che “in attesa di andare in discoteca, si approccia al mondo del gioco” è la cosa ancor maggiormente inquietante ed è un modello fa-cilmente esportabile anche qui del resto. Mentre dicevano queste pa-

role, in una sorta di continua “giu-stificazione” del gioco d’azzardo e delle strutture che lo contengono, o del DIVERTIMENTO che esse consentono, (nonostante in veri-tà sia sempre esistito nelle varie epoche storiche) mi domandavo tra me e me.....ma perchè io do-vrei andarmi a chiudere in un edi-ficio e giocare saltuariamente dei soldi, solo per divertirmi?? Allora quando vado a giocare a calcio, vestito con dei mutandoni lunghi con altre 21 persone, che corrono per la conquista di un dannato pallone da gioco, cosa stiamo facendo in realtà? Ci stia-mo forse divertendo o cosa? Cre-do di sì, ma anche questo esem-pio è stato toccato più e più volte dal malaffare delle scommesse clandestine. Allora? La realtà delle cose è che tu una Casa da Gioco la potrai rendere a maggioranza e controllo Statale, la potrai fornire di strutture interne di prevenzione (ma sarebbe anche controprodu-cente), ma sempre di una cosa si tratta: di un luogo ove le devianze, e tutto il malaffare che vi gravita intorno, sono all’ordine del gior-no e non ammettere ciò equivar-rebbe nel porre la testa sotto la sabbia... SCOMMETTIAMO CHE PRIMA O POI SI MORREBBE DI ASFISSIA?Buona vita.

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14Il Don Chisciottenumero 43, giugno 2011 14Politica e Società

Ci troviamo in un luogo ano-nimo, chiusi in una stanza illuminata da una piccola lam-pada appoggiata su un tavolo che si frappone tra noi e lei: l’aria è pesante e non è solo colpa della finestra chiusa e del puzzo di sigaretta. Chi è seduta dinanzi riesce a creare questa sensazione anche ri-manendo ferma e in silenzio. Un piccolo movimento e una sua mano si illumina mentre striscia sul piano del tavolo per porgerci il pacco delle sigarette: una mano curata dalla quale si può comunque intuire che gli anni sono pas-sati anche per lei, una mano come tante che subito ritrae per accendersi una sigaret-ta senza filtro. Un piccolo barlume le illumina il viso, lo sguardo tagliente che mostra è eloquente: la sua gentilezza è solo di facciata, anche a lei non fa piacere essere seduta davanti a noi. Basta quel pensiero, basta quella consapevolezza che lei non ha più potere di noi, basta la voglia di vivere in un mondo migliore per darci coraggio e parlare: lei aspetta, tra gli sbuffi di nicotina, capiamo che è pronta. Sottomarino: dunque Signo-ra Mafia, da quanto tempo risiede a San Marino?Mafia: “molto. Fondamental-mente mi piace risiedere un po’ ovunque ma qui da voi mi trovo particolarmente bene.

Non devo scendere in strada e ammazzare qualcuno per conquistare la mia fetta di potere. Troppa è la voglia, in molti di voi, di denaro facile e di potere fittizio che il dovermi sporcare le mani e le strade di sangue non serve. Mi basta qualche euro da far frusciare e accorrono, anzi, a volte non devo far nulla: arrivano e sono pronti a tutto. Anche a sven-dersi la propria terra.” S.: ma non tutti i sammari-nesi sono così, chi è colluso con lei avrà questo atteggia-mento o pensa davvero che in Repubblica sia possibile comprare tutti per quattro vestiti firmati?M.: “di questo sistema, fatto di enorme benessere e ric-chezza, tutti ne hanno goduto. Ma è vero: non bisogna fare di tutta un’erba un fascio. C’è chi ne ha approfittato, chi per sedere su scranni di enorme potere non ci ha pensato trop-po a mettere nelle mie mani le chiavi di San Marino, chi per il quieto vivere è stato zitto e chi, troppo giovane, non si è reso conto di quel che acca-deva. Ora, purtroppo per me, qualcosa è cambiato. E’ vero, non tutti si vendono più per vestiti firmati o macchine di lusso. Ora si parla troppo di me, anche con disprezzo. E non mi va bene. Non solo voi, molti altri vogliono che me ne vada ma per fortuna c’è chi, coscientemente o meno, igno-

ra chi io sia.”

S.: ha ragione. Noi vorrem-mo vederla con le valigie in mano e fuori dai nostri confini. Senza più residenza (fittizia o meno dato il suo “amore” nel vivere ovun-que) e possibilità di proli-ferare sul nostro territorio. Noi desideriamo colpire chi le ha permesso di mettere radici e di stringere forti rapporti con la politica e l’economia che reggono il nostro sistema, perché non è sempre colpa sua se dove passa non esiste più lega-lità: spesso è colpa di chi le permette di toglierci giu-stizia ed equità. Sa perché l’abbiamo invitata a parlare con noi?M.: “no. Ma immagino poiché sapete perfettamente che io non sono solo un braccio ar-mato, ma sono un’ intelligenza sopraffina. Il potere non lo detengo solo impugnando una lupara. Il potere lo detengo diffondendo la mia mentalità che si manifesta anche in pic-coli gesti, come il comprare un posto di lavoro per un parente di un amico o un pugno di voti per un’elezione. Io vivo anche e soprattutto di queste cose: così creo i miei servitori.” S.: lo sappiamo perfetta-mente. Lo vediamo ogni giorno e ne paghiamo le conseguenze. Ma lei è qui perché sarà la protagonista di un nostro progetto. Di lei parleremo durante l’estate per svelare, anche a chi an-

cora non ha avuto “voglia” di capire, cosa realmente sia vivere con lei. Dal 2 lu-glio, sino a settembre, lei sarà smascherata da tre serate che, senza paura, or-ganizzeremo nel Castello di Borgo Maggiore. Ci saranno i giovani, protagonisti, che dimostreranno che le forze in Repubblica esistono per battere la sua mentalità. Ci saranno giornalisti italiani che di lei conoscono anche il lato violento. E speriamo vi siano anche le autorità, pronte a capire che il futuro di San Marino è in gioco. Proprio per questo abbiamo pensato di intitolare la no-stra manifestazione “Mafio-poly: un gioco anche sam-marinese!”. Parteciperà?M.: “io sarò continuamente presente a questa manife-stazione, osservando chi ci partecipa e posso già dichia-rare che non ci sarà nessuno a questi tre dibattiti: non mi sconfiggerete, io vinco sem-pre.” S.: questa volta non vincerà!Ed ecco, il suo sguardo sem-bra perso. La nostra deter-minazione l’ha resa debole, l’ha resa insicura. Come disse Borsellino: l’importante è par-larne. Lo facciamo e lo fare-mo, soprattutto quest’estate. Un ultimo sguardo a lei, che sembra pronta ad attaccarci, suadente come sempre, prima di voltarle le spalle per lasciar-la sola. Ecco, isolandola si può sconfiggere: questo è il motivo per cui ne parliamo.

di Movimento Sottomarino

mafiopolyUn gioco anche sammarinese

«In un’epoca difficile, ancora immersa nel godimento dei comfort materiali sconosciuti alle generazioni precedenti, eppure ossessionata dal pen-siero del disastro, il problema della sopravvivenza offusca qualsiasi più nobile pensie-ro... La greve retorica della sopravvivenza, invadendo la vita di tutti i giorni, inten-sifica e allo stesso tempo allevia la paura del disastro. La vittima delle circostanze fa fronte alla crisi preparan-

dosi al peggio e si consola pensando che forse il peggio non sarà all’altezza delle aspettative... La competizione, per esempio, non si concentra più tanto sul desiderio di ec-cellere, quanto sulla lotta per evitare una sconfitta schiac-ciante. La disponibi-lità a rischiare tutto per la vittoria è stata sostituita dal cauto

L’AFoRISMA DEL MESE

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La data più importante per lo svi-luppo dello psicodramma è il 1926, allorché il giovane Jacob Levi Mo-reno, carico di debiti, invenzioni e speranze, si trasferì nella cultura pragmatica degli Stati Uniti, da dove la sua invenzione nel giro di qualche decennio si sarebbe dif-fusa in tutto il mondo, dall’ Unione Sovietica alla Cina e al Giappone, per poi tornare infine in quell’Eu-ropa da cui era stata costretta a emigrare. Nei primi decenni del secolo era parso presuntuoso e velleitario che il giovane Moreno cercasse di contrapporre il suo psico-dramma alla psicoanalisi di Freud, secon-do un programma immaginale di stampo prevalentemente jun-ghiano. Tuttavia nel corso degli anni, il movimento psicoanalitico prima e il potere psichiatrico poi, passarono dall’indifferenza al sar-casmo, dal sarcasmo alla critica e infine dalla critica alla riscoperta e al saccheggio del movimento di Moreno. oggi in Europa esistono nume-rose associazioni di psicodram-ma analitico. Soprattutto in Fran-cia e in Italia le tecniche basilari del gioco dei ruoli sono state com-binate alle teorie dell’analisi clas-sica e all’analisi di gruppo. Tale sincretismo è stato favorito anche dalla trasformazione avvenuta ne-gli ultimi decenni nella teoria psi-coanalitica originaria. Attualmente si possono considerare tre dimen-sioni tipiche dello psicodramma in relazione alla psicoanalisi, tutte estranee al pensiero originario di

Freud. Nella prima, esplorata in varie direzioni da autori come Me-lanie Klein, Winnicott e Ferenczi il focus è incentrato sul ruolo del gioco e dell’immaginazio-ne come vie d’accesso a livelli della psiche inesprimibili con le sole parole. La seconda dimen-sione, articolata da analisti come Wilfried Bion e Didier Anzieu, è incentrata sulla funzione del grup-po come strumento per l’analisi e l’elaborazione dell’inconscio individuale e gruppale. La terza dimensione riguarda la crescente importanza attribuita alla relazione terapeutica: diversi autori, a parti-re da Balint per arrivare a Kohut, il teorico della psicoanalisi del sé, hanno sottolineato il ruolo fonda-mentale dell’incontro e dell’empa-tia tra analista e paziente.Uno dei dogmi fondamentali del metodo, riguarda il concetto di er-rore: gli unici possibili sono quelli del regista. Lo sbaglio dell’attore va visto ma non corretto perché

nello psicodramma l’attore non può fallire: quando sbaglia l’Io, parla l’inconscio. Uno psico-dramma è come un quadro, l’os-servatore vede solo ciò che già conosce. Da tale punto di vista, in psicodramma si verifica un totale ribaltamento della normale prassi teatrale, dove il copione va rap-presentato nel migliore dei modi, ogni sera, allo stesso modo.Dallo psicodramma analitico, in connubio con il teatro di parteci-pazione di Augusto Boal (chiama-to anche teatro degli oppressi), si sviluppò quello che fu chiamato Lo Psicoteatro. Dal primo sono stati tratti i metodi dell’inversio-ne dei ruoli, del doppiaggio e del monologo “interiore”. Dal teatro di Partecipazione è stata estrat-ta in particolare la tecnica della partecipazione spontanea degli spettatori. Da entrambi i metodi è comunque estrapolato il principio fondamentale della “rappresenta-zione drammatica” del problema e

delle sue soluzioni.In altre parole lo Psicoteatro com-porta, innanzitutto, il ricreare si-tuazioni problematiche che sono importanti per gli spettatori e, in secondo luogo, il sostituire spon-taneamente gli attori ogni qual volta il pubblico ritenga la scena rappresentabile con modalità più intense.Il metodo dello Psicoteatro è stato usato per indagare proble-matiche riguardanti conflitti di coppia, depressione e stati d’an-sia, difficoltà di comunicazione e nella creazione di consapevo-lezze riguardanti problematiche sociali come la discriminazione e l’abuso di sostanze; è risultato particolarmente adatto nella riso-luzione dei problemi intrafamiliari. Prima di tutto, la rappresentazione permette ai terapeuti e ai pazienti di “vedere la realtà” della situazio-ne problematica, evitando di ricor-rere alla “narrazione” con cui le persone descrivono, a distanza di tempo, un aspetto qualsiasi di un problema che torna alla memoria: le parole dette nello Psicoteatro rappresentano dei dialoghi reali e non vaghi riassunti riguardo eventi effettivi.Il cambiamento di ruolo, come avviene nello psicodramma, in-coraggia a comprendere “il punto di vista dell’altro” e attraverso l’in-tervento spontaneo si dà la possi-bilità, ai membri della famiglia, di seguire un impulso spontaneo, di partecipare allo svolgimento della scena presentata. Quest’ultima caratteristica, particolarmente im-portante, consente alle cosiddette famiglie chiuse di aprire le loro porte e interagire “all’esterno”.La molteplicità degli interventi contribuisce inoltre a creare un modello mentale secondo cui nessun problema ha un’unica soluzione: un espediente otti-male per una persona può esse-re considerato inappropriato per un’altra. Tale modello ha lo sco-po di incoraggiare i membri della famiglia a evitare affermazioni dogmatiche, del genere “io so che cosa è meglio per te”, tipiche di un modello autoritarismo-ribellione e autoritarismo-sottomissione.

psicoTeaTro e psicodrammadi davide tagliasacchi

Il cambiamento che arriva quando l’arte incontra la psicoterapia

opera di Magritte

accumulo delle risorse ne-cessarie a mantenersi in vita in una prova di lunga durata. Il ribelle eroico, il guerriero, il brigante barone, gli antichi

prototipi della com-petizione vittoriosa, cedono il posto, nell’immaginazione popolare, all’astuto veterano determi-nato non tanto a vincere il nemico quanto a sopravvi-vergli.»

Christopher Lasch “L’Io minimo”

Appunti di psicologia

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RedazioneDirettore: roberto ciavattaeDitinG: Angelica BezziccariinDirizzo: via ca’ Giannino 24 - 47895 - Domagnano (rSm)tel: 0549. 878270 / mAil: [email protected] WeB: www.associazionedonchisciotte.orgcollABorAtori: marco canarezza, riccardo castelli, Pietro masiello, oasiverde, Stefano Palagiano, S8marino, Davide tagliasacchi, matteo zeppa copia depositata presso il tribunale della repubblica di San marino

San Marino

Per il 5° anno consecutivo, tor-na nel parco di Montecerreto la nostra tradizionale FESTA DEL SOLSTIZIO!Come sempre vi preghiamo di divulgare la notizia con il pas-saparola, sui social network, nel bar e in qualunque altro modo vi sia accessibile (se vo-lete divulgare dei volantini man-dateci una e-mail e ve li allun-ghiamo), perché come sempre non prevediamo volantinaggio nelle abitazioni sia per rispetto della natura, sia per carenza di soldi!Anche quest anno ci sarà un programma di tutto rispetto, con mostre fotografiche, ottima musica live, da mangiare e da bere. Vi consigliamo, come ogni anno, di arrivare nel tar-do pomeriggio e cenare con noi nel parco. Ci saranno piadine, cous-cous vegetariano, dolci e da bere a fiumi. Altrimenti, se arrivate dopo cena, rischiate di dover fare una lunga camminata per raggiungerci... ma anche una camminata dentro al parco fa parte dello spirito della festa, che vuole essere un momento di svago e incontro rilassante, in cui poter fare due chiacchie-re con amici che non si vedeva da un po’, ballare, gridare e insomma... fare un po’ quello che si vuole, come suggerisce il nostro slogan: L’OZIO E IL VIZIO!Quest’anno durante la serata verrà proclamato il vincitore del premio di €500,00 all’interno del concorso di grafica che abbiamo indetto per l’Altre-Menti festival 2012, e i migliori lavori pervenuti saranno dispo-sti in mostra dentro al parco.NON MANCATE. DIVULGATE!