Don Chisciotte 19, maggio 2009

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IL DON CHISCIOTTE Il Don Chisciotte - Periodico dell’Associazione Culturale Don Chisciotte Via Zanone, 3 - Autorizzazione n°1105 della Segreteria di Stato agli Affari Interni della Repubblica di San Marino del 26/03/2004 Direttore Responsabile Roberto Ciavatta Copia depositata presso il Tribunale della Repubblica di San Marino Numero 19 Maggio 2009 Pagina autogestita. Questo mese: “L’importanza della biodiversità” + “In fondo al pozzo” PAGG. 6/7 Oasiverde Cesare Padovani QUELLE DEMOCRAZIE ORFANE DEL «DEMOS» L’attuale governo commentato da Platone Campagna di finanziamento VI PREGHIAMO, COMPILANDO LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI, DI FINANZIARCI INDICANDO COME BENEFICIARIO DEL 3(QUOTA SOCIALE COMUNQUE TRATTENUTA) L’“ASS. CULTURALE DON CHISCIOTTE”. CHI VOGLIA CONTRIBUIRE ULTERIORMENTE PUÒ FARLO CONTATTANDOCI VIA MAIL, O VERSANDO LA QUOTA CHE DESIDERA SU APPOSITO FORM NEL NOSTRO SITO. LE NOSTRE ATTIVITÀ DIPENDONO DAI FINANZIAMENTI CHE CI INVIERETE. GRAZIE DI CUORE PER LAFFETTO! Es...cogitando FUNZIONI DELLANIMA La gerarchia delle nostre attitudini per la ricerca della felicità + VERITÀ CREATE Nichilismo gorgiano e arte della manipolazione PAG. 12 L’Ippogrifo TAXI DRIVER + AVERE O ESSERE? PAG. 10 La psicoterapia attuale, modellata sui principi tec- nici della psicoanalisi clas- sica, viene sovente definita in molte differenti maniere: espressiva, dinamica, a orientamento psicoanali- tico, orientata all’insight, esplorativa, svelante o in- tensiva. Codesta forma di trattamento, tesa all’analisi delle difese e allo svela- mento del materiale dina- micamente rimosso nell’in- conscio, è stata PAG. 8 PAG. 2 Appunti di psicologia PSICOTERAPIA INDIVIDUALE AIUTI AI TERREMOTATI Il 14 aprile, con Radio Love. fm (Mhz 98.9) abbiamo portato due camion di aiuti alle popolazioni colpite dal sisma in provincia dell’Aquila, nella frazione di San Panfilo d’Ocre. Ora si continua A PAG. 5 Sopra di noi niente NEL NOME DI CHI? PAG. 4

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Il mensile culturale dell'Associazione Don Chisciotte di San Marino. Dal 2004 l'associazione è attiva "contro i nuovi mostri". In questo numero: Cesare Padovani: "Quelle Democrazie orfane del «Demos»" + "Lasciatemi tornare alla casa del padre" Andrea Mina: "Nel nome di chi?" ACDC: "Aiuti ai terremotati" + "Assemblea soci" + "Governare con la paura" + "Rifiuti indifferenziati dalle imprese" + "'90 on the road sul titano" OASIVERDE: "L'importanza della biodiversità" + "In fondo al pozzo" Davide Tagliasacchi: "Psicoterapia individuale” Angelica Bezziccari: "Taxi driver" & "Avere o essere" Roberto Ciavatta: "Funzioni dell'anima" & "Verità create" Associazione Probimbi: "Una scommessa aperta"

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IL DON CHISCIOTTEIl Don Chisciotte - Periodico dell’Associazione Culturale Don Chisciotte

Via Zanone, 3 - Autorizzazione n°1105 della Segreteria di Stato agli Affari Interni della Repubblica di San Marino del 26/03/2004Direttore Responsabile Roberto Ciavatta

Copia depositata presso il Tribunale della Repubblica di San MarinoNumero 19 Maggio 2009

Pagina autogestita. Questo mese: “L’importanza della biodiversità” + “In fondo al pozzo” Pagg. 6/7Oasiverde

Cesare Padovani

Quelle Democrazie orfane Del «Demos»L’attuale governo commentato da Platone

Campagna di finanziamentoVi Preghiamo, comPilanDo la Dichiarazione Dei reDDiti, Di finanziarci inDicanDo come beneficiario Del 3‰ (Quota sociale comunQue trattenuta) l’“ass. culturale Don chisciotte”. chi Voglia contribuire ulteriormente Può farlo contattanDoci Via mail, o VersanDo la Quota che DesiDera su aPPosito form nel nostro sito. le nostre attiVità DiPenDono Dai finanziamenti che ci inVierete. grazie Di cuore Per l’affetto!

Es...cogitando

funzioni Dell’animaLa gerarchia delle nostre attitudini per la ricerca della felicità

+Verità createNichilismo gorgiano e arte della manipolazione

pag. 12

L’Ippogrifo

taxi DriVer+aVere o essere?

pag. 10

La psicoterapia attuale, modellata sui principi tec-nici della psicoanalisi clas-sica, viene sovente definita in molte differenti maniere: espressiva, dinamica, a orientamento psicoanali-tico, orientata all’insight, esplorativa, svelante o in-tensiva. Codesta forma di trattamento, tesa all’analisi delle difese e allo svela-mento del materiale dina-micamente rimosso nell’in-conscio, è stata

pag. 8

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Appunti di psicologia

PsicoteraPia inDiViDuale

aiuti ai terremotati Il 14 aprile, con Radio Love.fm (Mhz 98.9) abbiamo portato due camion di aiuti alle popolazioni colpite dal sisma in provincia dell’Aquila, nella frazione di San Panfilo d’Ocre. Ora si continua

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Sopra di noi niente

nel nome Di chi?

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Aprendo la Repubblica a quell’ottavo libro, pare quasi che Platone ci voglia metter in guardia: tratta dei pericoli che portava con sé quella nascente «democra-zia» quando, in nome del fatto che tutto è possibile per tutti (compreso quello di governare), concede a chi già può le libertà più sfrenate con il diritto datogli dalla elezione. Alcuni passi risultano di un’attualità sor-prendente come se il Filo-sofo fosse presente alle nostre attuali discussioni sulla democrazia e su chi ci rappresenta. Già nell’Atene di 2300 anni fa (poco prima che Ales-sandro Magno incaricasse Aristotele di redigere la prima Carta Costituzion-ale), appunto Platone con amara ironia si chiede chi possa essere “degno di governare”, proprio allora quando, caduta finalmente la Tirannide, l’intero popo-lo (scontento) invocava la democrazia come il nuovo potere che meglio l’avrebbe rappresentato. Ma ben presto ci si accorse quanto fosse facile, da quel nuovo governo così “libertario” nell’incentivare gli interessi individuali e corporativi, cadere facilmente in una nuova monocrazia (una sorta di “dittatura morbida” potremmo oggi definirla), o “potere dei capricci di uno”, oppure in altre forme di mo-nopoli oligarchici, con in-

teressi faziosi, tanto vicine a nuove tirannie sebbene mascherate. E si chiede, infatti, il nostro Filosofo se, in questo clima di sfrenato liberismo dove tutto è lecito, non sia un bel vivere il fatto che non vi sia nessun obbligo per chi si as-sume il governo, neanche quello che stabilisce se il candidato sia adatto a es-ercitarlo, e neppure quello di lasciarsi governare nel modo in cui tu non lo voglia, né di stare in pace o in con-flitto quando altri ci stanno, e dove non vi siano delle regole che impediscano a costui di governare e giu-dicare e che abbia la pos-sibilità non di meno di gov-ernare e di giudicare come gli salta il grillo per la testa (VIII: 557, e). Le sue perplessità e il suo disappunto sono più che legittimi, se ripensiamo quanto quella prima im-matura forma di democra-zia, nata sulla ceneri di una oppressiva tirannide, fosse così scombinata e litigiosa e schierata in con-sorterie vendicative (tanto che Socrate fu condannato a morte al sorgere di quel regime “democratico”!). Perché, la nuova forma di governo avrebbe dovuto rappresentare il «potere di chi è stretto da un patto comune», come vorrebbe il suo nome (democrazia ap-punto da «dèmos», che sig-nifica “legame” e «kratos»

Il mese scorso ho pubblicato un articolo dal titolo “Platone cattivo maestro?”. Successivamente, discutendo assieme a Cesare Padovani, mi ha fatto notare che a suo avviso in quell’articolo il pensiero di Platone non era sufficientemente situato storicamente, e non avevo ribadito con il giusto peso la presa di distanza dall’interpretazione di Popper (si veda l’art. in questione nel numero del mese scorso). “è come - mi ha detto Cesare - se avessi ricevuto un fax da Platone sui pericoli di questa nostra «Democrazia»: se trovo il tempo approfondisco il tema con un mio articolo, perché l’importanza delle tue osservazioni è tale da richiedere una continuazione”.Detto fatto, ecco qua a fianco l’articolo di Padovani, che continua e chiarisce le osservazioni da me abbozzate il mese scorso.

R.C.

Quelle Democrazieorfane Del «Demos»L’attuale governo commentato da Platone

Platone con il “Timeo” sottobraccio

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“potere”, vale a dire una socìetas preparata ad agire per il bene pubblico). Al che certamente non somigliava affatto. In effetti di lì a poco rivelò il suo vero volto: quello dell’individualismo più sfre-nato che degenerò precip-itosamente in una sorta di laocrazia e per di più anar-coide (una pratica politica anarchica e variopinta, la definisce Platone), perché ognuno si faceva largo a gomitate, ognuno aspirava ad un grande o medio o pic-colo potere unicamente in vista di vantaggi personali. Appunto, assecondare in tutto e per tutto gli appetiti del popolo indifferenziato (di quel «làos» amorfo che darebbe origine alla laocra-zia), spesso consapevole di averne un tornaconto, e spesso impreparato e dised-ucato ai principi dell’etica, valeva dire incitare alla so-praffazione, ai privilegi più sfacciati, e persino ad ad-domesticare le regole sec-ondo “i grilli” dei potenti e dei loro seguaci. E noi, dopo più di due mil-lenni, ereditiamo quei nobili ideali, insiti nei princìpi del-la democrazia (neonata già orfana del demos), mesco-lati alle pecche, ai pericoli e ai trabocchetti di cui era impastato quel nuovo gov-erno popolare. Il punto cruciale si trova allora nella domanda: In che cosa consiste l’attuale nostra «democrazia»? Perché non si può dire an-cora “matura”, e tantomeno “compiuta” rispetto a quella di ventitré secoli fa?Anche oggi come allora, dobbiamo chiederci, in-fatti, se chi ci governa sia colui che ci rappresenta: rappresenta tutti o la sola ristretta maggioranza dei suoi seguaci, oppure unica-mente se stesso? E perché lo si elegge comunque? Potrebbe accadere che il fu-turo Cocchiere si mostrasse inizialmente un «democra-tico doc», ma, una volta as-sunto il governo, potrebbe rivelarsi lontano mille miglia dall’essere orientato verso il Bene Pubblico invocato da Platone? In tal caso, il lead-er (un qualsiasi Berlusconi di turno) diventa despota

in nome del potere che gli concede la massima libertà d’azione: rappresentando se stesso, può anche dire impunemente che ciò che la legge non gl’impedisce, gli è concesso. In altre pa-role: faccio quello che vo-glio!, perché sono io stesso delegato a manovrare la legge.E se, per caso, alcune regole costituzionali gli sono d’inciampo, basta poco perché non siano più d’ostacolo: basta ritoccarle qua e là, togliere qualche reato, far scivolare certi crimini in “negligenze”... svuotando così la Costituzi-one dal di dentro, come os-serva Giovanni Sartori. Ma se, per caso, come può ac-

cadere in un regime demo-cratico più maturo, qualche organismo super partes (per esempio, la Magis-tratura) dovesse criticare il Premier, o peggio con-dannarlo, salvati o cielo!, quest’organismo diventa un avversario da distruggere. Sì, d’accordo in un regime “democratico” (com’è sta-bilito) qualsiasi ha la libertà di opporsi a chi ci governa, mentre non è detto esplici-tamente che possiede an-cor “più libertà” il potere che criminalizza chi si oppone o che gli impedisce di op-porsi. Proprio perché ora, quasi come allora, ...quan-do una città democratica, assetata di libertà, viene ad avere ai vertici dei cat-

tivi coppieri, costoro si ineb-briano di quella libertà mera oltre il dovuto, tanto che an-che i magistrati, se non sia-no del tutto remissivi e non largiscano in ampia dose la libertà, vengono puniti e ac-cusati di scelleratezze (VIII: 562, d). Come è stato fatto per Mani Pulite!Ma allora, dove si sono im-boscate tutte quelle potenzi-alità (famiglie, partiti, asso-ciazioni, scuole...) che, con passione, avrebbero dovu-to coltivare i nuovi cittadini, e che dovrebbero orientare i giovani con l’esempio, per aiutare a traghettare le gof- faggini del laos alla cosci-enza del demos?

Cesare Padovani

paleobarattolo (Renato Zero)Chiuso dentro ad un barattolo...

sono stato chiuso in un barattolo! Per vent’anni e trentamila secoli;

di qua, di là... di qua, di là. Preso a calci dentro a quel barattolo, mentre il mondo fuori andava a rotoli,

per vent’anni e trentamila secoli; Di qua, di là... di qua, di là.

Ehi amico dammi l’apriscatole, sono stanco d’essere un giocattolo!

Per vent’anni e trentamila secoli; Di qua, di là... di qua, di là...

Perché ti nascondi, dai vieni qui: giochiamo un po’! Impariamo ancora, se tu lo vuoi, A ridere!

Sai cos’è, che non va? Chiudere in scatola la libertà.

Non ci sto, vado via. Cerchiamo scampo nella fantasia!

Ora passo tutto il giorno a ridere. C’è la gente chiusa nei barattoli!

Si lamentano ma sono secoli, che vanno su, che vanno giù. Mi diverto se li sento piangere, sono chiusi tutti nei barattoli,

non capiscono ma sono secoli, Che vanno su che vanno giù

Perché ti nascondi, dai vieni qui: giochiamo un po’! Impariamo ancora, se tu lo vuoi, a ridere!

Sai cos’è, che non va? Chiudere in scatola la libertà.

Non ci sto, vado via. Cerchiamo scampo nella fantasia!

Chiuso dentro ad un barattolo! Sono stato chiuso in un barattolo, per vent’anni e trentamila secoli...

Di qua, di là... di qua di là... Su e giù, su e giù, su e giù, su e giù...

La canzone del mese

«Quando l’originalità, diciamo anche l’eccentricità, è talento, allora diventa alternativa. Quando qualcuno è stato, come scrive in questo suo pezzo, “per vent’anni chiuso in un barattolo”, vent’anni suoi, della sua vita, e trentamila secoli della nostra, come razza umana, in un barattolo di conformismo della cosiddetta “civiltà”, si stanca, rompe il barattolo, e decide di vivere come vuole, come è! Una verità che manca a quasi tutto il genere umano: nessuno ha il coraggio di essere quello che è... ha il coraggio qualche artista, qualche raro artista che sa vivere la sua arte, la sua poesia, la sua musica. Ed è il caso di Renato Zero».Introduzione della canzone nell’album: “No Mamma No” (1973)

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“Nel nome di Dio Amen” – Così, per antica tradizione, devono iniziare gli atti pub-blici sammarinesi.Qualche anno fa un’Istanza d’Arengo, presentata da un consigliere cattolico, pro-pose di rimuovere questa locuzione dagli atti pubblici in quanto anacronistica ed ormai poco adatta ad uno Stato che voglia definirsi laico.Il consiglio si divise in due fazioni trasversali. C’erano quelli che, facendo notare che Dio è già stato il testi-monial inconsapevole (ops! dimenticavo, è onniscien-te) di operazioni ben poco divine, sostenevano che fosse il momento di tenere la divinità fuori da vicende umane come i divorzi o le compravendite di immo-bili. Dall’altra parte c’era chi berciava retoricamente

contro il relativismo e chi si appellava alle radici cristia-ne ma tutti concludevano con il richiamo alle antiche tradizioni del nostro Stato. Qualsiasi persona dotata di un minimo di buonsenso faticherebbe a credere che l’istanza fu bocciata.Molti di noi sono così assuefatti alle tradizio-ni che non si a c c o r g o n o di quanto sia stridente il fat-to che la mes-sa in Pieve sia un momento co-stituente della ceri-monia di insediamento dei capi della Repubblica, che ricordo essere laica.è evidente che le cosiddet-te antiche tradizioni godo-no di un rispetto incondizio-nato in nome del quale non

è possibile metterle in di-scussione. Ma quanto vale la tradizione? La nostra identità deriva solamente dalla tradizione?La tradizione, in un certo senso, si può paragona-re al racconto di un caro nonno, pieno di emozioni, passione, nostalgia ed un bagaglio di esperienza che però spesso, per quanto

interessante, non è più di al-cun aiuto per la società in

cui viviamo. Il mondo è cambiato

in fretta: può esse-re ancora divertente

usare il piccione viaggiato-re ma è certamente meno pratico di un cellulare.Spesso la tradizione di-venta il baluardo di chi non ha argomenti convincenti che, nella maggior par-

te dei casi, è anche colui che non capisce che i va-lori sono tali in relazione al periodo storico e pertanto hanno una scadenza. Il 25 marzo 1906 i nostri nonni e bisnonni capirono per-fettamente che l’oligarchia si basava su valori ormai stantii ed ebbero il corag-gio di cambiare, di evolvere verso la democrazia.Spesso si dimentica che l’identità di un paese, così come quella di ogni perso-na, non risiede esclusiva-mente nel proprio passato ma è determinata anche dal modo in cui si vive il pre-sente ovvero dalla capacità con la quale si risponde, ci si adatta e si partecipa al perenne mutamento dello spirito del tempo.Non sto dicendo che tutto debba essere rinnegato ma che bisogna sapere sce-gliere consapevolmente tra ciò che può essere attuale od attualizzato e ciò che ormai è desueto; esatta-mente come si fa con i ve-stiti di un vecchio baule: si possono trovare la cravatta ed il maglione che ancora vanno bene ma anche la giacca mangiucchiata dalle tarme che va eliminata.In fondo si tratta di rinun-ciare solo a due tradizioni: la demagogia e l’ipocrisia.

Andrea Mina

Sopra di noi nienteRubrica a cura di Andrea Mina

nel nome Di chi? Insediamento dei Reggenti nella Pieve

Adunata dell’Arengo25 marzo 1906

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Martedì 14 aprile, dopo una settimana di raccolta di do-nazioni per le popolazioni terremotate dell’Abruzzo, una carovana di due ca-mion è partita verso una piccola frazione in provin-cia dell’Aquila (San Panfilo d’Ocre). Facevano parte del-la carovana i responsabili di Love.fm, organizzatori, men-ti ed “eroi” (mi sa che stiamo esagerando!) dell’iniziativa, cioè Andrea Olimpi e Daniela Malpeli, e un’equipaggio di 4 volontari: Roberto Ciavatta, Luca Serafini, Mattia Guidi e Danilo D’Angelo (tutti 6 pre-senti nella foto di copertina).Ai due camion si è aggiun-to un camper (foto in alto) con cui i due responsabili di radio Love.fm sono rimasti qualche giorno in Abruzzo a prendere contatti prezio-si per la pianificazione delle prossime consegne.Un ringraziamento particola-re va a Francesco De Biagi e Sarah Baldiserra che hanno caricato un camion.L’iniziativa di Love.fm, che nasce in seno alla società civile sammarinese, ha avu-to un otimo successo: sia per il numero di persone che hanno dato il loro contributo per risollevare le sorti di una popolazione messa in ginoc-chio da un evento che, per quanto imprevedibile, è stato sicuramente sottovalutato; sia per il calore umano con cui siamo stati ricevuti all’ac-campamento di destinazione (nella foto in basso vedete la catena umana per lo scarico del materiale raccolto).Purtroppo si deve registrare,

ancora una volta, l’assenza delle istituzioni sammarinesi, sia politico/rappresentative, che mediatiche: le istituzioni sammarinesi non hanno inte-so dare il propprio contributo (nemmeno simbolico - ad es. la copertura delle spese di benzina, autostradali e di no-leggio dei furgoni), e i media non hanno divulgato più di tanto l’iniziativa di Love.fm. Nella pagina del nostro sito dedicata a quesa “missio-ne” (nella sezione “galleria eventi”), potete reperire di-verso materiale: molte foto di L’Aquila e dintorni, e diversi video.In uno di questi video c’è l’in-tervista ad Alfonso Salvatore (nel centro della foto di co-pertina), un aquilano con cui Andrea Olimpi si era messo in contatto per farci da trami-te nelle operazioni logistiche, il quale ha perduto casa e studio la sera del terremoto, e ci ha spiegato i problemi della ricostruzione e i rischi di speculazione per i prossi-mi tempi.Sabato 25 aprile un altro camion, con a bordo Rober-to Ciavatta, ha portato allo stesso campo i beni che era-no stati richiesti dal sindaco di Ocre Giamatteo Riocci.Ora la raccolta continua, no-nostante la Protezione Civile chieda di convogliare tutti gli aiuti presso essa: continua perché la protezione civile non arriva ovunque c’è biso-gno, e non può offrire tutto quello di cui una popolazione stremata necessita. C’è bi-sogno, sono le stesse popo-lazioni a confermarcelo, sia

dell’una che dell’altra cosa, sia di aiu-ti istituzionali che di aiuti di altro tipo, anche un sostegno morale, anche il poter parla-re con persone comuni e non solo con rappresentanti di enti.Ora stiamo calibrando gli aiuti in base alle necessità prioritarie della popolazione locale, in base alle indicazio-ni che i contatti presi all’Aqui-la ci indicano volta per volta.Secondo noi sono gli abitanti della zona, e non la prote-zione civile o qualsiasi altro ente, a decidere di che cosa abbiano bisogno, perché in modo strano la protezione ci-

vile chiede solo soldi, mentre la gente che abita la zona chie-de anche tutt’altro!Per contribuire potete chia-mare lo 0549/802080 oppu-re inviare una mail a [email protected] chi ha Facebook, nel gruppo “LOVE FM SAN MARINO PER L’ABRUZ-ZO” c’è sempre l’elenco dei beni di prima necessità che, volta per volta, servono.Facciamo la nostra parte per un disastro che, in ogni momento, potrebbe capitare anche a noi.

ACDC

Con Radio Love.fm (Mhz 98.9) a San Panfilo d’Ocre

aiuti ai terremotatiIl 14 aprile, con Love.fm abbiamo portato due camion di aiuti alle popolazioni colpite dal sisma in provincia dell’Aquila

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Provate a chiedere ad un bimbo quanti frutti conosca, ve ne citerà meno di dieci: mela, pera, ciliegia, prugna, albicocca, pesca, banana, uva e (se è particolarmente creativo) kiwi. Se poi chiede-te ad un adolescente di dirvi quale varietà di mela sta ad-dentando (ammesso che la addenti, tra un hamburger e l’altro), vi guarderà smarrito. Per lui parole come “renet-ta”, “stark”, “granny” sono praticamente sconosciute. E purtroppo lo saranno sem-pre di più.Con uno spropositato au-mento demografico e lo svi-luppo del mercato globale stiamo assistendo ad uno sfruttamento intensivo delle campagne, con effetti disa-strosi sull’ambiente e con grandi cambiamenti della percezione che abbiamo nel rapporto col cibo.Oggi arriva frutta da tutto il mondo e anche d’inverno possiamo mangiare uva e pesche, perdendo il senso della stagionalità e del colle-gamento tra prodotto e luo-go. L’agricoltura intensiva infatti sfrutta solo una piccola va-

rietà di specie. Per l’alimen-tazione umana ci si avvale di 150 specie principali e solo 29 di queste forniscono il 90% del cibo prodotto! Si presume che siano scom-parse circa 40 mila specie agricole tradizionali.Come spesso succede, alla base di tutto questo c’è una ragione economica, che si basa sul concetto della di-pendenza dell’agricoltura (e quindi del cibo) dai semi. Da una parte troviamo il me-todo tradizionale di recupero dei semi, selezionati in mil-lenni di esperienze in campo agricolo, i quali hanno una caratteristica fondamentale: hanno genitori della stessa specie ed una stabilità che gli permette di trasmettere integralmente il loro patri-monio genetico. Sono perciò ‘perenni’, i loro semi si pos-sono raccogliere ogni anno rendendo praticamente au-tonomo l’agricoltore, che non sarà costretto ad acquistare semi ibridi dalle ditte semen-tiere. I contadini hanno da sem-pre attuato questa forma di selezione attenta alle qua-lità dei semi più adatte ad un’agricoltura compatibile con l’ambiente, in base alla resistenza alle malattie, ai principi nutritivi e al sapore. Le piante che nascono sono più forti e non richiedono pe-sticidi e fertilizzanti perché sono in perfetto equilibrio con il territorio in cui sono cresciute.Ecco l’importanza della bio-diversità: la diversificazione

favorisce un naturale adat-tamento della specie ad un luogo specifico, determinan-do un equilibrio eco-sistemi-co che ne fortifica le difese naturali abbassando la ne-cessità di ricorrere agli anti-parassitari.Il recupero e la coltivazione di queste varietà, richiede di saper aspettare con pazien-za che ogni varietà giunga naturalmente a maturazio-ne, produce frutti non uguali e meno belli esteticamente ma non ricorre all’impiego di agenti chimici, genera una produzione dalle quantità li-mitate ma dall’altissima qua-lità biologica.Le varietà che si trovano normalmente sul mercato in-vece sono nate da semi ibri-di (cioè creati incrociando le caratteristiche desiderate da piante genitrici di diverse va-rietà). Sono incroci fatti se-guendo criteri estetici (frutti tutti uguali), di convenienza economica (forme che favo-riscano l’impacchettamento e il trasporto) e in base al grado di sopportazione dei trattamenti chimici. Esse danno varietà uniformi, con lo stesso peso, tempo di ma-turazione e resistenza alle malattie, rendendoli perciò più deboli e soggetti ai conta-gi. La presenza sul mercato di una gamma limitatissima di varietà di frutta (ma que-sto vale anche per ortaggi e cereali), comporta un rischio biologico molto elevato: per-dendo il patrimonio geneti-co naturale che caratterizza ogni pianta, si indeboliscono

sempre più le poche razze presenti, consentendo a po-chi parassiti di danneggiare interi raccolti ed obbligando gli agricoltori a trattamenti chimici sempre più intensi. Si parla di erosione geneti-ca, un fenomeno di degrado gravissimo che colpisce le ri-sorse genetiche delle piante alimentari da cui dipende la sopravvivenza dell’uomo. Al contrario una grande va-rietà di piante diverse con-sentirebbe un’estrema diver-sificazione di colori, sapori, resistenze e contenuti nutri-zionali, con minor utilizzo di prodotti chimici e un immen-so vantaggio per la comunità e per ogni singolo individuo.Ma non finisce qui.Accade oggi che molte mul-tinazionali produttrici di pro-d o t t i chimici per

l’agricoltura,

l’imPortanza Della bioDiVersitàSemi antichi e semi ibridi: i rischi degli OGM

la pagina di oasiverde

Esempio di “arancia/kiwi” transgenica

Coltura di mais transgenico

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come ad esempio Bayer, Syngenta, Dupont e Mon-santo (che ha creato tra l’altro l’Agente Arancio, il famoso defogliante usato nel Vietnam), si stiano occu-pando anche di produzione sementiera. Addirittura si sta studiando una tipologia di semi resi volutamente sterili e contenenti al loro interno l’agente chimico di uno spe-cifico diserbante prodotto dalla stessa multinazionale. Tutto questo per eliminare la tradizione generaziona-le della raccolta dei semi, brevettando dei “pacchetti OGM-pestici-da” che fanno guadagnare le ditte in tre passaggi di-versi: la ven-dita del pestici-da, della coltura transgenica resi-stente a quel pesti-cida e l’applicazione dei diritti sul brevetto. Il tutto si concretizza in un sovrap-prezzo a volte quintuplicato che rende gli agricoltori di-pendenti all’acquisto annua-le del “pacchetto”.In India questi semi sono già stati testati, creando debiti tra gli agricoltori che spinti alla disperazione sono per-sino giunti al suicidio. In pratica queste multina-zionali, at-t r a v e r s o

l’OGM tentano di monopo-lizzare l’agricoltura, primo anello della catena del cibo in tutto il mondo. Le stesse ditte hanno oggi permesso la diffusione anche in Euro-pa degli OGM (L’UE ha ap-provato l’importazione della Soia ogm, stabilendo che sulle etichette dei prodotti non compaia se la merce sia modificata geneticamente oppure naturale).In molti ci chiedono per-

ché Oasiverde si sta occupando dei frutti antichi. Salvare dei semi

potrà sembra-re una lotta da don Chisciot-te della natura, un’azione da romantici idea-listi che voglio-no sfidare il pro-gresso mentre il

mondo intorno ha già imparato a clonare

pecore e vitelli, a produrre con transgenico e OGM.Ma a noi piace pensare che un seme è anche l’am-biente dove cresce. Perciò salvarlo significa anche ri-costruire l’ecosistema di un pezzetto di campagna che rischia di sparire.La biodiversità è la ricchez-za della natura, non solo di quella che sta al di là dell’Oceano, nelle foreste tropicali. Anche quella che abbiamo sotto i nostri occhi, nelle nostre campagne, nel-le aie delle fattorie, ad un li-vello più locale. Preziosa ed importante tanto quanto la salvezza del Panda. E an-che questa ricchezza sta per scomparire.Riscoprire frutti come il cor-bezzolo, il pero cotogno, l’azzeruolo…significa per noi anche rinsaldare un con-tatto con un passato fatto di lavoro nei campi, un lavoro duro ed umile ma deposita-rio di conoscenze arcaiche, di rispetto per la terra e dei cicli naturali ai quali siamo indissolubilmente legati, del senso ormai da noi scom-parso in cui ogni cosa ve-niva guadagnata col merito del proprio lavoro.

Associazione [email protected]

Un giorno l’asino di un mercante cadde in un pozzo. Non si era fatto male, ma non poteva uscire e continuava a ragliare, mentre il proprietario pensava a cosa era meglio fare. Finalmente il mercante prese una decisione crudele: concluse che l’asino era ormai molto vecchio e che non serviva più a nulla, che il pozzo era ormai secco e in qualche modo bisognava chiuderlo.Non valeva pertanto la pena di sforzarsi per tirare fuori l’animale dal pozzo. Al contrario, chiamò i suoi vicini perchè lo aiutassero a seppellire vivo l’animale.Ognuno di loro prese un badile e cominciò a buttare palate di terra dentro al pozzo.L’asino non tardò a rendersi conto di quello che gli stavano facendo e pianse disperatamente.Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l’asino rimase quieto.Il mercante alla fine guardò verso il fondo del pozzo e rimase sorpreso da quello che vide: ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l’asino se ne liberava, scrollandosela dalla groppa, facendola cadere e salendoci sopra. In questo modo, in poco tempo, tutti videro come l’asino riuscì ad arrivare fino all’imboccatura del pozzo, oltrepassare il bordo e uscirne trotterellando.Morale: La vita ti butterà addosso molta terra, ogni tipo di terra. Soprattutto se sarai dentro un pozzo. Il segreto per uscire dal pozzo consiste semplicemente nello scuotersi di dosso la terra che si riceve e nel salirci sopra.

La curiosità

in fonDo al PozzoPiccola storiella sull’asino e ralativa morale

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tradizionalmente considera-ta completamente diversa da un’altra entità conosciuta con il nome di psicoterapia supportiva, o di sostegno. Quest’ultima, maggiormente orientata a reprimere il con-flitto inconscio e a rafforzare le difese, è stata per anni considerata come avente un minor impatto sul pazien-te, rispetto alla psicoterapia espressiva. Questa tenden-za si riflette nella massima clinica che sovente accom-pagna gli psicoterapeuti: “sii espressivo quanto puoi e supportivo quanto devi” (Wallerstein, 1986).Attualmente sembra essersi aperto un dibattito in merito, in cui numerosi autori hanno espresso la loro perplessità riguardo a questa tradizio-nale dicotomia. Nella pratica clinica, la psicoterapia sup-portiva viene guidata ad ogni passo da una comprensione psicoanali-tica. Inoltre, la dicotomia tende a di-pingere la psicotera-pia espres-siva e la psicotera-pia suppor-tiva come f o s s e r o entità alta-mente dif-ferenziate, mentre, in effetti, è as-sai raro che esse si possano riscontrare in forma pura. In ogni caso, non è stato mai provato che i cambiamenti ottenuti dalla psicoterapia espressiva siano in qualun-

que modo superiori o più du-revoli di quelli raggiunti dalla psicoterapia supportiva. Al termine di un monumen-tale studio condotto su qua-rantadue pazienti trattati nel corso del Menninger Founda-tion Psychoterapy Research project, Wallerstein (1986) ha stabilito che tutte le for-me di psicoterapia conten-gono un misto di elementi espressivi e supportivi e che i cambiamenti ottenuti trami-te gli elementi supportivi non sono in alcun modo inferiori a quelli ottenuti mediante gli elementi espressivi. Piutto-sto che vedere le due forme di psicoterapia come distinte modalità di trattamento, oc-correrebbe piuttosto consi-derare la psicoterapia come un metodo che si attua in un continuum espressivo-sup-portivo, prospettiva, questa, molto più vicina alla realtà della pratica clinica e della

ricerca em-pirica. Per-tanto il vero terapeuta a orien-t a m e n t o d i n a m i c o o s c i l l e r à f l e s s i b i l -mente avan-ti e indietro, lungo tale continuum, in relazione ai bisogni even tua l i del pazien-

te in un dato momento nel corso del processo psicote-rapeutico stesso.Il fine ultimo dei processi tera-peutici a orientamento dina-mico, viene quindi ad essere

l’acquisizione dell’insight da parte del paziente, che può essere definito come la ca-pacità di comprendere le ori-gini e i significati inconsci dei propri sintomi e del proprio comportamento, in altre pa-role rendere conscio ciò che solitamente resta nascosto nell’inconscio. Definito an-che dallo stesso Freud come lo scopo principe di ogni trattamento psicoanalitico, in terapia, risulta assai raro ottenere un insight attraver-so la catarsi: generalmente viene raggiunto in maniera graduale man mano che le esistenze vengono sistema-ticamente erose attraverso gli interventi del terapeuta.Intimamente connesso all’insight è l’obbiettivo del-la risoluzione del conflitto, che solitamente si afferma risolto quando la natura del-le difese e del desiderio sot-tostante viene compresa, e il desiderio stesso viene ab-bandonato, o almeno atte-nuato, così da non rendere più necessaria la difesa.Un aspetto distintivo del-le psicoterapie altamente espressive, riguarda soprat-tutto la mancanza di un in-tenso investimento a curare i pazienti nella loro sintoma-tologia. Sovente, invece, è il terapeuta stesso a fornire in-sight, con l’obbiettivo di dare ai pazienti una maggiore li-bertà di scelta. Il terapeuta cerca di ampliare le possibi-lità, ma anche di mantenere un profondo rispetto per la libertà e l’autonomia dei pa-zienti, considerando sempre che in una terapia “non biso-gnerebbe cercare di curare al di là del suo bisogno, e

delle sue risorse psichiche per sostenersi e vivere gra-zie a quella cura” (Khan, 1987).Dal punto di vista delle rela-zioni oggettuali, un obbietti-vo della psicoterapia vuole essere il miglioramento del-la qualità delle proprie re-lazioni, indipendentemente che ciò sia orientato verso il polo supportivo o quello espressivo del continuum. Al procedere della psicote-rapia, le relazioni oggettuali interne cambiano, si diven-ta maggiormente in grado di percepirsi nella propria totalità, e questo inevitabil-mente apporta dei benefici nella capacità di rapportarsi alle persone. Nella pratica clinica attuale, capita con maggior frequenza che i pazienti richiedano una psi-coterapia, lamentandosi per la qualità delle loro relazioni, piuttosto che per una pre-cisa sintomatologia, come avveniva invece ai tempi di Freud. Pertanto l’importan-za di questo obbiettivo risul-ta evidente.Nella psicoterapia orientata secondo le psicologia del sé, quindi polarizzata ver-so il continuum espressivo, tendenzialmente, si vuole indirizzare le proprie mire soprattutto verso la possibi-lità di rafforzare la coesione del sé, ed aiutare il pazien-te nella scelta di oggetti-sé maggiormente maturi. Se-

PsicoteraPia inDiViDualeNel continuum espressivo-supportivo

Appunti di psicologiaRubrica di Davide Tagliasacchi

Insight (lett. “visione interna”) è un termi-ne di origine inglese usato in psicologia, e definisce il con-cetto di “intuizione”, nella forma imme-diata ed improvvisa

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condo Kohut (1984) “l’es-senza della guarigione risie-de nella nuova capacità del paziente di identificare e tro-vare oggetti-sé appropriati, quando essi si presentano nel loro ambiente reale, e di essere sostenuti da essi”. In altre parole, l’obbiettivo di tutte le psicoterapie orienta-te secondo la psicologia del sé, è quello di aiutare i pa-zienti ad abbandonare og-getti-sé arcaici e irrealistici, per oggetti-sé maggiormen-te maturi ed appropriati.Diversamente, l’obbiettivo della psicoterapia nel polo supportivo del continuum, mostra tendenze rivolte ad aiutare il paziente ad au-mentare le proprie capaci-tà di adattamento di fronte alle frustrazioni, evitando apertamente l’insight, per quanto riguarda le difese e i desideri inconsci. Il tera-peuta opera per rafforzare le difese, facilitando così la ca-pacità adattiva del paziente nel riuscire a gestire agevol-mente le difficoltà affrontate nella propria vita quotidiana. Sono casi in cui i pazienti devono essere reintegrati ad un livello precedente il funzionamento, e siccome le tecniche supportive ven-gono spesso utilizzate nel trattamento di pazienti con gravi fragilità dell’io, la co-struzione dell’io è l’aspetto più importante delle psicote-rapie di sostegno.

Tutti i lunedì e martedi di maggio:“riccione cinema d’autore”, ore 21, Planet Multicinema. www.comune.riccione.rn.it/Riccione

Fino al 24 maggio:“dalla terra al cielo”, l’osservazione scientifica attraverso gli strumenti. Museo della Cit-tà, Rimini. www.comune.rimini.it (pagina museo)

Dal 10 al 30 maggio:“turismo nel mondo”, 25° concorso internazionale di fotografia. Museo Pinacoteca S.Francesco (RSM). http://www.visitsanmarino.com

Lunedì 4 maggio:“transappenninica”, V.Roma, Cervia. Auto d’epoca (pre 1940). www.riminibeach.it/eventi/transappenninica-cervia

Venerdì 8 maggio:“e pur si muove - l’eredita di galilei”, conferenza di E.Bellone, ore 18, Auditorium liceo Scientifico “A.Volta”, Riccione. www.riccione.it

Sabato 9 maggio:- “giornata ecologica”. Raccolta rifiuti nei boschi di Borgo e Città. Ritrovo 8,30 piazzale Baldasserrona, pranzo ore 12,45. Prenotazione entro il 5/5 al 0549.882466- “marco travaglio - promemoria”, al 105 stadium di Rimini. www.riminibeach.it/eventi/marco-travaglio

Sabato 9 e domenica 10 maggio:“gustopolis”, Gabicce. Manifestazione eno-gastronomica di promozione e degustazione dei prodotti locali. www.comune.gabicce-mare.ps.it

Domenica 10 maggio:“vespa day” il raduno di Igea Marina del mitico scooter piaggio. www.riminibeach.it/eventi/vespa-day

Venerdì 15 maggio:“1000 miglia”, passaggio a San Marino della più famosa sfilata d’auto d’epo-ca. www.visitsanmarino.com

Sabato 16 maggio:Per il ciclo “la formazione è sovversiva - collettivo Krisis”, conferenza di E.Quadrelli dal titolo “autonomia operaia”. Libreria Interno 4, Via di Duccio, 26 Rimini. www.riotfactory.org/category/eventi/

Mercoledì 20 maggio:“lydia lunch live”, Locomotiv Club, Bologna. www.goth.it/event/33094

Dal 23 al 24 maggio:“25° esposizione internazionale canina”, Stand della Murata (Ex tiro a volo) RSM. Organizzatore Kennel Club RSM. www.canitalia.it/kcsm/index.htm#

Dal 28 al 31 maggio:“crema del pensiero”, festival di filosofia, titolo “non dire falsa testimonian-za”, CremArena, Museo Civico S.Agostino, Crema (CR). www.cremadelpen-siero.it/

Dal 29 maggio al 2 giugno:“artisti in piazza”, nel centro di Pennabilli, il più famoso raduno di artisti di strada d’Italia. www.artistiinpiazza.com

Sabato 30 e domenica 31 maggio:“east coast festival”, Rimini. Raduno di auto e moto d’epoca della East Co-ast americana. www.riminibeach.it/eventi/east-coast-festival

Da venerdì 5 a domenica 7 giugno:“bestfighter KicKboxing”, 105 Stadium, Rimini. Campionato di kickboxing. www.riminibeach.it/eventi/bestfighter

IMPERDIBILI AL CINEMA:“Il canto di Paloma”, di C.Llosa. Il terrore nei confronti dell’altro sesso nel Perù del dopoterrorismo. Dal 8 maggio

Immanuel Wallerstein

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«Io ho sempre sentito il bisogno di avere uno scopo nella vita. e non credo che uno possa de-dicarsi solo a se stesso, al proprio benessere; secondo me uno deve cercare di avvicinarsi alle altre persone» Travis Bickle

Taxi driver è un film esistenzialista. Non è semplicemente il ritrat-to di un’America post-Vietnam ormai priva di valori, ma è anche il ritratto di un uomo e più in generale della condizione che in misura grande o piccola tocca tutti gli esseri umani: la solitudine. Girato negli Stati Uniti nel 1976 da Martin Scorsese, narra la sto-ria di Travis Bickle (Robert De Niro) che inizia a fare il tassista in una New York sporca, buia e fumosa. Non sappiamo quasi nulla di lui, se non che è giovane e in cerca di un lavoro notturno perché soffre d’insonnia.Attraverso il suo sguardo entriamo nelle viscere notturne della città, brulicanti di vita, ma soprattutto di malavita. La metropoli trasmette fascino, ma non tarderà a mostrare la sua vera natura di luogo lugubre e violento. Travis vuole ripulire le strade dallo schifo, dallo sporco, ma si ca-pisce immediatamente che lo sporco a cui si riferisce è morale, e quello ‘fisico’ è solo una sua derivazione concreta. Un giorno Travis decide di passare all’azione e di trasformarsi in giustiziere, eroe cattivo che ha un obiettivo ben preciso: uccidere il simbolo di quell’America individualista, ipocrita ed egoista: il candidato democratico alle elezioni presi-denziali, Palantine. L’inaspettato esito di questo pia-no lo porterà in qualche modo alla salvezza, anche grazie ad Iris (Jodie Foster), la ragazzina prostituta che lui cercherà di sal-vare.Taxi driver è un “anti-american dream”: rispetto a tante opere cinematografiche che mostrano come l’America sia il paese delle opportunità e della felicità, questo

film ne pone in rilievo il volto oscuro, realistico, dove in fondo l’american dream – in quanto sogno – nella maggior parte dei casi è un’illusione, come ha spiegato meglio la letteratura (ad esempio “Il grande Gatsby” di Fitzgerald o “Morte di un commesso viaggiatore” di Miller); e in questi mesi di crisi economica mondiale tutto il mondo se ne sta accorgendo.Travis è ognuno di noi; è l’uomo che chiede consiglio agli amici che fanno finta di ascoltarlo, è il cittadino disgustato dalla società, è il ragazzino che ha voglia di buttar-si verso la vita e verso l’amore, anche se questi lo respingono. Alla fine è sempre la volontà dell’uomo di cambiare che può riuscire a ribaltare qualsiasi situazione, e qui questa volontà viene mostrata da Scorsese in tutto il suo parossismo.

«La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla in-capacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti, o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili» C.G.Jung

L’ippogrifo:Rubrica a cura di Angelica Bezziccari taxi DriVer

De Niro in una famosa immagine di “Taxi Driver”

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«Oggi, l’accento cade sul consumo, non sulla conservazione, e l’acqui-sto viene fatto non per conservare, ma per gettare»

«La modalità dell’esistenza secondo l’avere non è stabilita da un proces-so vivente, produttivo, tra soggetto e oggetto; essa rende cose sia il sog-getto sia l’oggetto. Il rapporto è di morte, non di vita»

«Tra i giovani sono reperibili moduli di consumo che, lungi dall’essere forme mascherate di acquisizione e possesso, esprimono la sincera gio-ia che deriva dal fare ciò che si desidera, senza aspettarsi, in cambio,

nulla di “duraturo”. I giovani in questione affronta-no lunghi viaggi, sovente in condizioni disagevoli, per ascoltare la musica che amano, per vedere un luogo che desiderano, per incontrarsi con la gente che preferiscono. E qui sarebbe fuori luogo porsi il problema se le loro mete sono valide quanto essi credono; ma, anche se mancano di sufficiente se-rietà, preparazione o concentrazione, questi giovani hanno il coraggio di essere, e non sono interessati a ciò che possono ottenere in cambio [...] non sono continuamente intenti ad abbellire il proprio io per farne un “oggetto” desiderabile, da offrire sul merca-to; non proteggono la propria immagine mentendo di continuo più o meno consciamente; non sprecano le proprie energie nel reprimere la verità» Erich Fromm

L’Avere e l’Essere sono due modalità esistenziali che caratterizzano ogni persona: la prima è improntata sulla materialità e il possesso, sul consumo, sulla passività; la seconda sul rinnovamento, sulla crescita, sull’attività (qui “attività” è intesa non nel significato di essere indaffarati, ma nel senso di dare espressione alle proprie facoltà e ca-pacità). Lo psicanalista Erich Fromm, rifacendosi a pensatori quali Karl Marx, Baruch Spinoza, Sigmund Freud, spiega in modo semplice e chiaro come la prevalenza dell’avere sia dannosa per l’uomo, perché la “nuova religione

del progresso” e del possesso pare non abbia mantenuto la promessa di felicità che aveva fatto agli uomini (secondo dati dell’OMS – L’Organizzazione Mondiale della Sanità, n.d.r. – 121 milioni di persone soffrono di depressione nel mondo, e questo dato è destinato a crescere). Non solo, sta mettendo a rischio la sopravvivenza di tutti gli esseri umani e del pianeta stesso, tramite lo sfrenato consumo di risorse e la violenza messa in atto per accaparrarsele.Fromm analizza le manifestazioni delle due modalità in alcuni aspetti della vita uma-na, come l’apprendimento, il ricordo, l’amore, l’autorità, la fede. Fa notare che la modalità esistenziale viene espressa anche tramite il linguaggio: sempre più di fre-quente accade che un’attività dell’essere venga espressa in termini di avere (ho un problema, ho un’idea, ho un amico, ho un corpo); quando invece molte lingue non hanno un termine per indicare lo stato di possesso.Abbandonare la modalità dell’avere non significa non possedere nulla, ma non esse-re legati materialmente a ciò che si ha, seguire un individualismo in senso positivo, cioè liberarsi dalle pesanti catene sociali. Fromm non si limita a erigere una critica totalitaria, ma aiuta a comprendere i problemi in questione e fornisce possibili vie d’uscita per non nutrire questa impasse esistenziale che prima o poi porterà all’auto-distruzione dell’uomo.Una nuova società si potrà creare se ci sarà un cambiamento di grande portata nella struttura caratteriale dell’uomo contemporaneo: “d’altro canto – scrive Fromm –, una trasformazione del cuore umano è possibile solo a patto che si verifichino mutamenti economici e sociali di drastica entità, tali da offrire ad esso l’occasione per mutare e il coraggio e l’ampiezza di prospettive necessarie per farlo”. In quest’epoca di grandi e rapide metamorfosi socioeconomiche, ci si chiede se finalmente l’umanità sia pronta per questo grande passo.

«Meno si è, e meno si esprime la propria vita; più si ha, e più è alienata la pro-pria vita» Karl Marx

aVere o essere?

Erich Fromm

De Niro in una famosa immagine di “Taxi Driver”

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Secondo Aristotele (semplifi-cando per via del poco spazio) l’anima è divisa in tre parti/fun-zioni. 1) nutritiva, serve per nu-trirsi, e ce l’hanno tutti gli esseri viventi; 2) sensitiva che hanno tutti gli animali (è il possesso di sensi che mettono in contatto col mondo); 3) razionale, che ha solo l’uomo.L’anima Razionale è a sua vol-ta divisa in facoltà scientifica e calcolativa. La virtù cui può giungere la facoltà scientifica è la Sapienza, sotto forma di scienza e intelletto, la virtù propria della facoltà calcolati-va è la virtù dianoetica, che si esplica in arte e saggezza (lo schema riportato chiarisce le categorizzazioni Aristoteliche).Ora, per Aristotele la felicità umana coincide con lo svilup-po e il dominio delle caratteri-stiche che sono proprie dell’uo-mo. Siccome è la sola anima razionale a distinguere l’uomo dal resto degli esseri viventi, il sommo bene (e la felicità) ri-siede nella capacità di agire secondo ragione, dunque la conoscenza è per Aristotele addirittura il senso finale del nostro vivere.Eppure per Aristotele c’è una gerarchia anche all’interno del-le facoltà razionali: secondo lui (e secondo la Grecia dell’epo-ca) il valore supremo va attribu-ito alla sapienza, puramente te-oretica e quindi disinteressata. La sapienza, quindi la scienza e l’intelligenza, sono il mas-simo tramite verso la felicità, perché sono le facoltà che ci permettono di individuare quali siano i fini verso cui la nostra vita deve tendere, mentre inve-ce la saggezza è la parte della ragione che ci guida intuitiva-mente nell’azione individuando i mezzi più idonei per consegui-re il fine (che quindi la sapien-za deve già aver individuato), e l’arte (che in Aristotele è anche

la tecnica, cioè, ad esempio, l’architettura, la poesia ecc) non è che l’applicazione prati-ca delle conoscenze che si ha nella costruzione di qualcosa.Questa breve e semplicistica descrizione della partizione Ari-stotelica dell’anima, dà un’idea di come nell’Atene antica la tecnologia fosse considerata ad un livello inferiore rispetto alla speculazione teoretica. Il «come» aveva meno valore del «perché». Il saper fare era meno degno del sapere, e per un motivo semplice: saper fare non garantisce la felicità, men-tre invece può farlo una cono-scenza equilibrata. Anche la ricchezza, non era altro che un mezzo buono per poter essere felici, ma non certo un fine.Oggi, se si volesse ancora con-siderare valida la partizione Ari-stotelica, dovremmo riconosce-

re che l’anima razionale, quella propriamente umana, si è atro-fizzata, si è ridotta alla sola fa-coltà tecnica, e che quindi l’uo-mo contemporaneo scambia i mezzi per fini, il danaro e il po-tere per scopi… l’uomo stesso diviene un mezzo, il cui lavoro serve solo per alimentare il pro-cesso di costruzione tecnologi-ca… ma in questo modo perde anche la possibilità di “essere felice”, preferendo poter essere semplicemente “benestante”, perché oramai non si persegue più la felicità ma la maggiore assenza di dolore possibile.L’uomo, perdendo la sapienza, perde la sua umanità, la sua integrità, diviene scisso, un animale che si differenzia dagli altri per la sola capacità di fare (e distruggere) parti di natura. Per questo, per tornare alla nostra umanità e cercare di nuovo la felicità, ciò che ser-ve non sono riforme, non sono politiche di mantenimento. Non è la politica (cioè la tèchne) a poterlo fare, ma una nuova filo-sofia, un nuovo “disegno” in cui credere, un disegno che non si possa più permettere il lusso di postulare “Dei” o redenzioni ultraterrene, ma una nuova sa-pienza verso la quale dirigere ogni nostro sforzo, che allora tornerà ad essere riconosciuto come un mezzo: il mezzo per la nostra felicità, unico scopo degno dell’uomo!

Es...cogitando:Rubrica a cura di Roberto Ciavatta

funzioni Dell’animaLa gerarchia delle nostre attitudini per la ricerca della felicità

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Secondo Gorgia, contro Parmenide, la Verità non è mai conosci-bile dall’uomo, perché realtà, pensiero e linguaggio si trovano su piani gnoseologici differenti.La verità quindi non si può cogliere una volta per tutte, ma va creata! Sì, è vero ciò che persuado la maggioranza a credere tale, condizionandone gli affetti, le opinioni e la sfera psicologica. La verità è quindi una credenza generalizzata: gli uomini vivono nell’ignoranza, bravo è chi riesce a fargli credere che la propria spiegazione del mondo, contingente ed opinabile, è quella vera.Verità è quindi “ciò che la maggioranza è stata persuasa a crede-re”, e non è di poco conto ricordare qui che Gorgia visse nell’Ate-ne del 400, democratica e attraversata da una forte partecipazio-ne degli intellettuali nel dibattito politico. Nell’«Encomio a Elena», uno dei pochi scritti di Gorgia che ci sono giunti, Gorgia dice inoltre che ogni persuasione, pur non parendo tale, è una forma di costrizione: nessuno infatti può re-sistere alla forza ingannatrice della retorica. è evidente che se stanno così le cose, nessuno, anche il più sanguinoso burocrate nazista, potrebbe essere incriminato di volontarietà delle proprie azioni (in effetti i burocrati nazisti, a Norimberga, professarono tutti l’innocenza avendo solamente “obbedito ad ordini”). Questo pare anche il senso di «La banalità del male» della Arendt.Le previsioni di Gorgia sono addirittura imbarazzanti quando, ol-tre a ribadire il potere persuasivo e quasi “incantatorio” della pa-rola, affianca ad esso, quale altro grande veicolo di suggestione per l’anima, proprio “la vista”. Così ciò che più può persuadere, ingannare ed incantare fino a farci compiere azioni di cui non siamo ideatori né responsabili, è la parola retorica unita ad im-magini: e non è la Televisione, già ipotizzata nel 450 a.c.?L’attualità di Gorgia sta in questo iperrealismo pragmatico, che solo ai giorni nostri può venir applicato (e di fatto così è) nelle sue piene potenzialità alla massificazione delle informazioni operate dai mass media. Che la TV abbia la forza di forgiare gli animi e i convincimenti “politici” di chi la segue è cosa nota. Con una buona campagna mediatica, ipoteticamente (ipoteticamente?), un boss mafioso potrebbe diventare un eroe, un fiancheggiatore della mafia diventare un martire, un insieme di truffatori banca-rottieri diventare un partito politico, per di più inteso come l’unica forma di pulizia morale di un paese… tutti sappiamo che chi ha in mano i media e una buona capacità retorica può forgiare gli animi di una maggioranza persuadendola che la sua verità, con-fezionata a tavolino, è la “verità vera”. La cosa stupefacente è che fosse una questione già conosciuta 2500 anni fa e che an-cora oggi non siamo riusciti a costruire argini mentali per li-mitare il potere del singolo di soggiogare la mente altrui… ipoteticamente?Forse… a me pare che, in ogni caso, la qualità delle persone che ci governano, gente con cui spesso non ci fideremmo a giocare a carte al bar per paura che barino, testimoni di un lavaggio del cervello che se non ha una spiegazione di questo tipo, ne richiede un’altra ugual-mente plausibile.

Verità createNichilismo gorgiano e arte della manipolazione

CHI è GORGIA:Nato a Lentini (Sicilia) tra il 485 – 480 a.c., la leggenda narra sia morto a 109 anni (chi si fa i c...i suoi campa 100 anni!). Molto ric-co grazie alle lezioni a pagamento

Busto di Gorgia“Villa Gorgia”, Lentini (SR)

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Dopo il positivo riscontro della cittadinanza alla serata di presentazione e tesseramento, che si è svolta l’11 Marzo scorso, l’Associazione Pro Bimbi, ha cominciato a lavorare a pieno ritmo. La neonata Associazione, che si propone agli interessati come punto d’incontro per confrontarsi sui temi che riguardano il benessere psico-fisico e sociale dei minori e dialogare con i vari servizi, dando voce ai bisogni più sentiti dai bambini e segnalati dalle famiglie, ha già avviato, all’interno del Direttivo, gruppi di lavoro per portare avanti le tematiche che intende affrontare nei prossimi mesi. Prima tra tutti: la riorganizzazione del servizio pediatrico. Su questo fronte l’Associazione, nata proprio sulla scia di una raccolta firme svoltasi nei mesi scorsi e a questo dedicata, intende continuare ad operare per portare all’attenzione dei dirigenti dei servizi sanitari e della Segreteria alla Sanità quelle che sono le richieste più sentite dalle famiglie: -divisione degli spazi e degli ambulatori; -garanzia del principio di continuità assistenziale; -attivazione di un ‘pronto intervento pediatrico’, con un pediatra presente in ospedale 24/24h; -attivazione di un centralino più accessibile; -visite domiciliari; -assistenza alle neo mamme nel periodo del puerperio.In realtà il confronto con alcuni referenti istituzionali è iniziato fin dai tempi della raccolta firme e il dialogo è già in corso da mesi. I fondatori di Pro Bimbi hanno registrato, da parte di alcuni lungimiranti interlocutori pubblici che hanno favorevolmente accolto la nascita di quest’Associazione rilanciando la volontà di dialogo e collaborazione per un confronto sereno e costruttivo sulle proposte fatte. La strada per il cambiamento risulta ovviamente tutta in salita e va affrontata tenendo inevitabilmente conto dei diversi interessi economici e dei limiti normativi che l’attuale legislazione pone al cambiamento.Altri ambiti di interesse attorno ai quali l’Associazione Pro Bimbi intende adoperarsi nel prossimo futuro, individuati proprio a partire dalle sollecitazioni di genitori e cittadini che hanno aderito all’Associazione, riguardano:- il sistema scolastico e dei servizi che lo completano (es. centri estivi; - i servizi che lavorano per la tutela dei minori in stato di difficoltà o di vero e proprio disagio sociale o psico-fisico;- l’implementazione ed il miglioramento delle aree verdi ed attrezzate a disposizione dei bambini.Dalla serata di presentazione ad oggi, sono inoltre giunte ai fondatori di Pro Bimbi richieste da parte di altre associazioni presenti in Repubblica, con le quali sono già state avviate forme di collaborazione su progetti comuni. I fondatori ringraziano fin da ora tutti coloro che hanno aderito all’Associazione o che intenderanno prendere direttamente contatto con Pro Bimbi. L’invito a tutti è per una partecipazione attiva e consapevole per offrire testimonianze, proposte, critiche o spunti per possibili azioni future. La determinazione del Direttivo è forte ma è il notevole appoggio offerto dalla cittadinanza che rinnova motivazioni ed energia per un’azione ancora più incisiva.Per chi volesse tesserarsi o avere informazioni sulle nuove iniziative è possibile contattare il Direttivo dell’Associazione tramite e-mail [email protected] oppure telefonicamente al n. 333.8663888.Una sola voce non fa rumore, più voci possono formare un coro, l’Associazione Pro Bimbi vuole essere tale coro.

una scommessa aPerta«Dal nostro primo passo nel mondo dipende il resto dei nostri giorni» (Voltaire)

Charles-Maurice de Tal-leyrand-Périgord (1754-1838), detto Talleyrand, è il campione storico del camaleontismo. Ecco un aneddoto: si narra che durante una cena Talleyrand sentì i rumori di uno scontro in piazza, così disse al suo commensale: “Non sente? I nostri stanno vincendo!”. L’al-tro chiese: “Chi sono i nostri?”, e lui rispose: “Lo sapremo domani,

quando ci diranno chi ha vinto!”. Non ci ricorda da vicino certo opportunismo conformista dei gior-ni nostri?

Talleyrand

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Il Don Chisciottenumero 19, maggio 2009 15

Una nostra iscritta ci se-gnala che in diversi luoghi, come ad esempio il centro commerciale “Atlante” di Dogana, i negozi non dif-ferenziano dovutamente i rifiuti.Gli imballaggi di carta e cartone (pensiamo a quanti devono smaltirne dei nego-zi) si trovano sia nei casso-netti adibiti alla sola carta, sia in quelli indifferenziati, rendendo così parziale ogni sforzo che faccia il cittadino comune.Dato che dalla vicina Italia ci chiedono impegni precisi riguardo al trattamento dei

rifiuti, e che con un’ade-guata differenziazione po-tremmo divenire un paese virtuoso, non ci rimane che rinnovare la richiesta, in-viata qualche mese fa alle istituzioni del paese, di in-contrarci (unitamente al tecnico del comitato contro l’inceneritore di Coriano), per discutere su come fa-vorire la differenziazione.Ci pare n argomento sen-sibile ed urgente soprat-tutto a fronte delle notizie di questi giorni, e cioè del fatto che dall’AA.SS. sono stati interrotti i servizi di recupero di rifiuti specia-

li (televisori, computer, tubi neon) proprio perché dall’Italia non vogliono più saperne di prenderli in cari-co senza che siano attuate le dovute misure europee di trattamento, misure che come sempre San Marino si è impegnato a rispettare sulla carta (Decreto Dele-gato 147/2008) ma a cui al momento non è stata data nessuna operatività.Il D.D. specifica come si deve stoccare e trasportare in Italia i rifiuti speciali: che sia arrivata l’ora di applica-re gli impegni presi a livello inter-nazionale?

Bruna Rossi Nicoli-ni, la poetessa di cui il mese scorso abbiamo pubblicato due poesie, è tristemente venuta a mancare. Ci preme fare le nostre sentite con-doglianze ai familiari, sperando che la consa-pevolezza della sua rico-nosciuta creatività possa lenire il dolore per la sua mancanza.

Dal 20 aprile, è in vendita in tutte le migliori librerie l’ultimo lavoro di Beppe Cremagnani (il regista che il mese scorso ha presentato il suo film sul G8 per l’ACDC) al costo di 18 euro.Anche questo lavoro, dal titolo “Governare con la paura. Il G8 del 2001, i giorni nostri”, è preparato a quattro mani con Enrico Deaglio, ed è composto da un libro più due DVD. Come preannunciato da Beppe nell’intervista pub-blicata sul nostro sito alla pagina dedicata alla pre-sentazione (sezione “Galleria Eventi”), tratta del-le conseguenze del modello autoritario di governo “sperimentato” durante il G8 del 2001 e in seguito applicato al governo del paese. è un segnale di non poco conto il fatto che la pre-sentazione nazionale, organizzata il 22 aprile scor-so a Roma alla presenza di giornalisti (Concita De Gregorio) ed esponenti politici (Massimo D’Alema), sia stata all’ultimo momento “vietata” e soppressa dal sindaco romano Alemanno, esponente di spicco della strategia di governo autoritaria denunciata nel documentario. Per saperne di più su chi e come ci governa, per riusci-re a sviluppare delle stra-tegie di resistenza ad un modello liberticida che pare oramai senza freni, vi invito a comperare questo lavoro.A chi era presente alla sera-ta organizzata il mese scor-so, e a chi abbia già visto dei lavori di Beppe, non c’è bisogno di dire che i suoi la-vori sono stimolanti e piace-voli. A tutti gli altri non rima-ne che da sperimentarli.

goVernare con la PauraIl nuovo lavoro di Beppe Cremagnani

rifiuti inDifferenziati Dalle imPreseL’urgente segnalazione di un’iscritta

L’assemblea dei soci Don Chisciotte ha formulato le seguenti deliberazioni (si veda l’Odg nel numero scorso): 1) relazione letta e approvata; 2) bilancio consuntivo approvato; 3) l’art. 2 dello Statuto dell’As-sociazione viene così mo-dificato: “L’Associazione ha sede a Domagnano (RSM) in Via Ca’ Gianni-no n° 24.”; 4) bilancio pre-ventivo approvato; 5) le dimissioni del presidente vengono respinte all’una-nimità. Roberto Ciavatta rimane pertanto presiden-te dell’Associazione; 6) le cariche sociali risultano così modificate: Presiden-te – Roerto Ciavatta (con-fermato); Vice presidente – Luca Lazzari (conferma-to); Segretario: Cristiana Vandi (nuovo nominativo). Il numero di componenti il Consiglio Direttivo torna ad essere di 3; 7) si ri-pro-porrà la festa del solstizio e progetterà la realizzazione delle iniziative indicate nel bilancio preventivo (cena tesseramento, festa ‘90 on the road sul Titano, mostra concorso di Design – con Ass. Quarta Torre, confe-renza “Dal PIL all’ISEW”). Prosegue la pubblicazione del periodico “Il Don Chi-sciotte” (impegno a trovare sponsorizzazioni “etiche” per sostenerne le spese).

‘90 on the roaD sul titano La nuova festa della Don ChisciotteVenerdì 22 maggio prossimo, daremo vita alla prima fe-sta «‘90 on the road sul Titano», una festa incentrata sul tema degli anni novanta e della sua generazione di pazzi a San Marino. Ricordi, nostalgie e rievocazioni, ma soprattutto la buona vecchia musica dei mitici no-vanta, qualche bella proiezione video e divertimento a go-go. Siete tutti invitati, magari in abiti da ‘90!Vi terremo informati by mail dell’organizzazione.

esiti assemblea Dei soci Tenuta il 23 aprile

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Il Don Chisciottenumero 19, maggio 2009 16

La parola eutanasia è diventata un tabù come lo può essere quan-do si tira in ballo la pedofilìa. Invece, bisognerebbe che ci sgom-brassimo dalle incrostazioni di senso provocate dal succedersi delle culture che, di volta in volta, diffondono modelli morali a loro funzionali: così da ripensare la «pedophilìa» come “amore per i bambini” (tutt’altra cosa dalla pederastia), e l’«euthanasia» come “buona morte”, (tutt’altra cosa dall’omicidio o dal suicidio). Occor-rerebbe, così, liberarsi pure dai battibecchi attuali (scatenatisi at-torno alla morte di Welby e di Eluana), per ricollocare l’eutanasia nella dimora del senso che porta con sé, e dunque percepirla come l’umana aspirazione ad un trapasso il più sereno possibile, come il dolce abbandono della vita Desiderio più che legittimo, a meno che – ovviamente – non si tratti di una morte traumatica o violenta. Chi dovrebbe gestire lo spazio di tempo che precede una morte certa, inevitabile, se incontro alla quale si dovesse an-dare con sofferenze atroci a grandi passi o con lenta agonìa? Andarsene naturalmente, quando le terapie non offrono più alcun beneficio, quando ogni intervento peggiorerebbe anziché por-tare verso una qualche soluzione, oppure quando giunge l’ora del sonno eterno (per dirla con il Foscolo), ebbene questo è un desiderio universale, trasversale alle credenze, alle fedi, alle reli-gioni. Parecchie sono le descrizioni riguardo al durante e al dopo di questo momento del «trapasso», dalle cui ritualità si viene a conoscere come ogni cultura, teologica o laica, contempora-nea oppure antica, coltivi e si rappresenti questo distacco dalla vita. Ora si parla di “discesa agl’inferi”, ora di “viaggio nell’aldilà, dove ombre vaganti aspirano a trovar pace”, ora di “ritorno ad un luogo divino, al Paradiso”, ora di “luogo da cui si è arrivati na-scendo” ovvero “luogo delle essenze pure”; e mentre per alcuni s’immagina di “ritornare terra, o polvere”, per altri si parla di “me-tempsicosi” e di “reincarnazione”, vale a dire di rivivere un’altra vita terrena rigenerato o sotto altre spoglie Ebbene, comunque si ipotizzi questo “altro” mondo, ognuno di noi, arcaico o contem-poraneo, credente o ateo, gracile o atletico, semplice o colto che sia, ognuno di noi vuole che questo trapasso avvenga il più pos-sibile dolcemente e soprattutto quando è giunta la propria ora. Forzare la natura, ritardare questo nostro naturale “tramonto”, ac-canirsi con terapie (che spesso contraddicono lo stesso termine, in quanto fare terapia significa “risvegliare le risorse” di chi è fi-accato dal male, come c’insegna Ippocrate), tenere in vita senza che questa possa dirsi esistenza, tutto questo diventa cinico al punto da definirsi “privo dell’umana pìetas”, o della carità cristi-ana, per dirla con i credenti. Anche persone di grande animo e di profondo pensiero, come Papa Vojtyla, hanno saputo accettare che avvenga il trapasso in modo naturale. Infatti, quando si è sen-tito venir meno, quando ha capito che era giunta la propria ora, una delle sue ultime preghiere (rivolta a chi lo assisteva) è stata una frase colma di umano rispetto per la vita: lasciatemi tornare alla casa del Padre. Come volesse dire: non tormentatemi perché io viva ancora è pur vero che si può morire “di dentro” anche quando si perde una persona cara, o quando si viene isolati socialmente, ma questo tipo di morte non ha nulla a che fare con il trapasso, con il varcare la soglia del nostro stare al mondo. Se, come sembra, la parola «euthanasia» compare per la pri-ma volta in una commedia di Posidippo (nel III sec. a.C.), tut-tavia il porre fine alle sofferenze atroci risale ai tempi omerici, tema ripreso poi dai tragici del V secolo [Filottete di Sofocle] con l’episodio mitico della morte di Eracle. La dea Hera, cieca dalla gelosia, si vendica condannando l’Eroe a “bruciare in eterno” mantenendolo sempre vivo, come un accanimento terapeutico ante litteram. Egli allora chiede ai figli di por fine a tanto crudele strazio, ma nessuno accetta, e solo il giovane amico Filottete lo aiuta a morire sopra una pira cui dà fuoco, con un generoso atto di solidarietà umana Ma Filottete la pagherà cara. Anche l’amico che aiutò Welby a porre fine alle sofferenze verrà punito, come lo fu Filottete ad opera di Hera: perché Hera (o il Potere religioso, o medico, o ideologico che sia) vuole “vendette amorose” immo-lando la vita nel tormento, eternamente gelosa com’è di figli che non riconosce come suoi.

Cesare Padovani

L’intervento di Cesare Padovani

lasciatemi tornare alla casa Del PaDreIl dolce trapasso nell’Aldilà, era un augurio, un desid-erio umano già presente nella cultura greca arcaica, fin dai tempi di Omero

“Filottete Morente” di V.Baldacci1802/13 - Pinacoteca comunale Cesena