DOLENTIUM HOMINUM...ZEVACO PIERRE C.M. Vescovo di Tôlagnaro, Madagascar Nomine Pontificie Il Santo...

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Direzione, Redazione, Amministrazione: Città del Vaticano Telef.: 698.83138, 698.84720, 698.84799, Fax: 698.83139 Telex: 2031 SANITPC VA In copertina: vetrata di P. Costantino Ruggeri Pubblicazione quadrimestale Abbonamento: 60.000 Lire (o importo equivalente in valuta locale), compresa spedizione Una copia lire 20.000 (o importo equivalente in valuta locale), compresa spedizione Stampa Editrice VELAR S.p.A., Gorle (BG) Spedizione in abb. postale Comma 27 art. 2 legge 549/95 - Roma Direttore: FIORENZO CARD.ANGELINI Redattore Capo: P. JOSÉ L. REDRADO O.H. Segretario: P. FELICE RUFFINI M.I. Comitato di redazione: DON GIOVANNI D’ERCOLE F.D.P. SR. CATHERINE DWYER M.M.M. DR. GIOVANNI FALLANI MONS. JESUS IRIGOYEN P. VITO MAGNO R.C.I. ING. FRANCO PLACIDI PROF. GOTTFRIED ROTH MONS. ITALO TADDEI Collaborano in redazione: P. DAVID MURRAY M.ID. MARIA ÁNGELES CABANA M.ID. SR. M. GABRIELLE MULTIER D. JEAN-MARIE M. MPENDAWATU DOLENTIUM HOMINUM N. 32 – anno XI (N. 2) 1996 RIVISTA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE DEGLI OPERATORI SANITARI

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Direttore:FIORENZO CARD. ANGELINI

Redattore Capo:P. JOSÉ L. REDRADO O.H.

Segretario:P. FELICE RUFFINI M.I.

Comitato di redazione:DON GIOVANNI D’ERCOLE F.D.P.SR. CATHERINE DWYER M.M.M.DR. GIOVANNI FALLANIMONS. JESUS IRIGOYENP. VITO MAGNO R.C.I.ING. FRANCO PLACIDIPROF. GOTTFRIED ROTHMONS. ITALO TADDEI

Collaborano in redazione:P. DAVID MURRAY M.ID.MARIA ÁNGELES CABANA M.ID.SR. M. GABRIELLE MULTIERD. JEAN-MARIE M. MPENDAWATU

DOLENTIUM HOMINUMN. 32 – anno XI (N. 2) 1996

RIVISTA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALEDEGLI OPERATORI SANITARI

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4 NOMINE PONTIFICIE

EDITORIALE

7 La cura dei malati nel documento postsinodale “Vita Consecrata”Card. Fiorenzo Angelini

MAGISTERO

11 Dai discorsi del Santo PadreGiovanni Paolo II

ARGOMENTI

18 Pastorale sanitaria, una sfida alla formazioneProf. Francisco Alvarez

27 La sofferenza nella malattia.Alcuni punti chiave per aiutare gli ammalati a viverla in modo sanoMiguel Angel Monge

TESTIMONIANZE

40 Don Jorge Martinez.Vescovo e Pastore della saluteP. Dr. Jorge A. Palencia

44 Mondo della salute: realtà e proposte.Pontificia Università Cattolicadel Cile.

ATTIVITÀ DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

52 Celebrazione della IV Giornata Mondiale del Malato.

53 Telegramma del Papa al Card. Fiorenzo Angelini

53 Non sono io la tua salute?Don Jorge A. Palencia

58 Celebrazioni presso il Santuariodella Madonna di Guadalupe

58 Santa Maria, regina e madre di misericordiaCard. Fiorenzo Angelini

59 I giovani guardino a CristoCard. Fiorenzo Angelini

61 Seguire Cristo sull’esempio di Maria

63 Mi reco idealmente a Guadalupeper celebrare la Giornata del MalatoGiovanni Paolo II

64 Saluto del Cardinale Angelinial Presidente della Repubblica

65 Momento culturale a Città del Messicoe a Monterrey

65 Dalla “Humanae vitae” alla “Evangelium vitae”Card. Fiorenzo Angelini

68 Indirizzo di saluto del Cardinale Angelo Sodanoal Congresso di Monterrey

68 II Congresso Nazionale e I Congresso Internazionale delle istituzioni religiose al serviziodella salute, Sr. Delfina Maria Moreno

70 La fedeltà allo Spiritoè fonte di creativitàP. José Luis Redrado

72 Parole di conclusionedel P. José Luis Redrado

Sommario

Le illustrazioni di questo numero sono tratte dal libro:

“Kraków-Piekny i Basniowy,ed. Andrzej Laczynski, 1993

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4DESKUR ANDRZEJ MARIAPresidente Emerito del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali

FALCAO FREIRE JOSÉArcivescovo di Brasilia

GIORDANO MICHELEArcivescovo di Napoli

CARD. ORTEGA Y ALAMINO JAIME LUCASArcivescovo di San Cristobal de la Habana

RE GIOVANNI BATTISTASostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato

BERTONE TARCISIOSegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede

ERRAZURIZ OSSA FRANCISCO JAVIERSegretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica

MARUSYN MIROSLAV STEFANSegretario della Congregazione per le Chiese Orientali

MARTINS JOSÉ SARAIVASegretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica

SCHLECK CHARLES A., CSCSegretario Aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei PopoliPresidente delle Pontificie Opere Missionarie

JIMENEZ CARVAJAL JORGE ENRIQUEC.I.M.Vescovo di Zipaquirá, ColombiaSegretario Generale del CELAM

HUME GEORGE BASILArcivescovo di Westminster

O’CONNOR JOHN J.Arcivescovo di New York

QUARRACINO ANTONIOArcivescovo di Buenos Aires

VIDAL RICARDO J.Arcivescovo di Cebu

CARD. SFEIR PIERRE NASRALLAHPatriarca di Antiochia dei Maroniti

SGRECCIA ELIOVice Presidente della Pontificia Accademia per la Vita

UHAC GIUSEPPEArcivescovo tit. di Cesarea NumidiaSegretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli

TETTAMANZI DIONIGIArcivescovo di Genova

KONDRUSIEWICZ TADEUSZAmministratore Apostolico della Russia Europea

CAFFARRA CARLOArcivescovo di Ferrara

REYNOSO CERVANTES LUISVescovo di Cuernavaca, Messico

SCOLA ANGELORettore Magnifico della Pontificia Università LateranensePreside dell’Istituto “Giovanni Paolo II” su Matrimonio e Famiglia

VIVANCO VALIENTE MARIANOVescovo di Matanzas, Cuba

ZEVACO PIERRE C.M.Vescovo di Tôlagnaro, Madagascar

Nomine PontificieIl Santo Padre ha confermato Segretario del Pontificio Consiglio

della Pastorale per gli Operatori Sanitari il Reverendo Padre José Luis Redrado Marchite, O.H.

per un ulteriore quinquennio.

Il Santo Padre ha confermato Sottosegretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari

il Reverendo Padre Felice Ruffini, M.I. per un ulteriore quinquennio.

Membri e Consultori del nostro Dicastero

L’elenco dei Membri e Consultori del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, a seguito di nuova nomina o riconferma

del Santo Padre, risulta così composto:

MembriE ~mi R ~mi Signori Cardinali

Ecc ~mi R ~mi Monsignori

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Mons. MARIN LOPEZ IVANSegretario del Pontificio Consiglio “COR UNUM”

Rev. P. PILES PASCUALPriore Generale dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio

Rev. P. BRUSCO ANGELOSuperiore Generale dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani)

Rev. Fr. MARCHESI PIERLUIGIGià Priore Generale dei Fatebenefratelli

Sr. ELIZONDO JUANASuperiora Generale della Compagnia delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli

Sr. FREITAS MARIA ISILDASuperiora Generale delle Francescane Ospedalieredell’Immacolata Concezione

Sr. LOPEZ-BEORLEGUI TERESASuperiora Generale delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù

Sr. RAVENEAUX ALICE-MARIESuperiora Generale della Congregazionedelle Suore della Carità di San Carlo

Sr. SHEERIN PHILOMENASuperiora Generale delle Suore Medico-Missionarie di Maria

Dr. LEJEUNE ALAINPresidente della Federazione Internazionale dei Farmacisti Cattolici

Prof. OSSWALD WALTERPresidente della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici

N.H. Dott. SACCHETTI MARCELLOGentiluomo di Sua Santità

Mme TRONTIN-DREUX CLAUDECoordinatrice Intercontinentale della Fraternità Cattolica dei Malati e delle Persone Handicappate

Prof. VIAL CORREA JUAN DE DIOSPresidente della Pontificia Accademia per la VitaRettore della Pontificia Università Cattolica del Cile

Barone von BOESELAGER ALBRECHTCavaliere d’Obbedienza Grand’Ospedalieredel Sovrano Ordine Militare di Malta

Consultori

S.E.R. Mons. BIANCHI UGO DONATOArcivescovo di Urbino-Urbania-S. Angelo in Vado

S.E.R. Mons. FLAMARIQUE JAVIER OSÉSVescovo di Huesca, Spagna

S.E.R. Mons. LAUN ANDREAS, OSFSVescovo Ausiliare di Salzburg, Austria

S.E.R. Mons. VOSS JOSEFVescovo Ausiliare di Münster, Presidente della Caritas, Germania

Mons. CARRASCO DE PAULA IGNACIOMembro della Pontificia Accademia per la VitaProfessore Ordinario di Teologia Morale all’Ateneo della S. Croce

Mons. CASSIDY JAMESIncaricato dell’Associazione Internazionale delle Istituzioni Sanitarie Cattoliche, USA

Mons. COZZOLI MAUROProfessore di Teologia Morale Fondamentale alla Pontificia Università Lateranense

Mons. KAYAVIL FERDINANDGià Presidente dell’Associazione degli Ospedali Cattolici dell’IndiaDirettore del “Benziger Hospital”

Mons. STYCZEN TADEUSZMembro del Consiglio Direttivo della Pontificia Accademia per la VitaProfessore di Etica all’Università Cattolica di Lublino, Polonia

Mons. TADDEI ITALOConsultore della Congregazione per i Vescovi

Rev. DELGADO PEREZ RUDESINDOAssistente Ecclesiastico Nazionale dell’Associazione degli Operatori Sanitari Cattolici, Spagna

Rev. DI MENNA RENATO M.I.Delegato Provinciale della Missione San Camillo in Burkina FasoProfessore Emerito di Teologia Morale al Seminario “St. Jean”

Rev. HONINGS BONIFACIO, O.C.D.Consultore della Congregazione per la Dottrina della FedeMembro della Pontificia Accademia per la VitaProfessore Emerito di Teologia Morale alla Pontificia Università Lateranense

Rev. PINTO VITOR FEYTORDirettore della Oficina Nazionale della Pastorale Sanitaria del Portogallo

Rev. BASSO DOMINGO M.Rettore della Pontificia Università Cattolica dell’Argentina

Rev. JOBLIN JOSEPH, S.J.Professore di Dottrina Sociale alla Pontificia Università GregorianaAssistente Ecclesiastico del Comitato Internazionaledelle Infermiere e Assistenti Medico-Sociali

Rev. SANTI BALDO, OMDVice Presidente Esecutivo della Caritas-Cile

REV. PROF. SZCZYGIEL KRZYSZTOFDirettore dell’Istituto di Bioetica della Pontificia Accademia di Teologia di Cracovia, Polonia

Abbé Prof. WASWANDI ATHANASESociologo e Teologo MoralistaVice Rettore delle Facoltà Cattoliche di Kinshasa, Zaire

Madre BIANCUCCI M. MAURIZIASuperiora Generale della Congregazione Benedettina delle Suore Riparatrici del Santo Volto di N.S. Gesù Cristo

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Sr. MAIHARA SETSUKOPresidente dell’Associazione delle Istituzioni MedicheCattoliche, St. Mary’s Hospital, Giappone

Prof. ANGUISSOLA ALESSANDRO BERETTAPresidente dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale

Dott. ASTEGIANO GIUSEPPEMembro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione “Vitae Mysterium” della Pontificia Accademia della VitaVice Presidente della Scuola per Infermiere Professionali delle Suore della Misericordia

Prof. BOLIS CARLA GIULIANAProfessore di Biologia Comparata all’Università degli Studi di MilanoConsulente dell’Unità di Neuroscienze dell’Organizzazione Mondiale della SanitàMembro della Pontificia Accademia per la Vita

Dott.ssa CAPPELLA ANNAMembro della Pontificia Accademia per la VitaDirettrice del Centro Fertilità dell’Università Cattolica S. Cuore

Prof. CAVALIERI RINODirettore scientifico emerito dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata

CICCHETTI ANTONIODirettore Generale del Policlinico Universitario “A. Gemelli”

Prof. DI VIRGILIO DOMENICOMembro della Pontificia Accademia per la VitaPresidente Nazionale dell’Associazione dei medici Cattolici Italiani

Sig.na FIORDEPONTI ILDEEsperta di Programmazione e Organizzazione di Pastorale Sanitaria

Prof. GRACIA GUILLEN DIEGOProfessore di Storia della Medicina all’Università “Complutense”, Spagna

Mme LEJEUNE JÉROMEMembro onorario della Pontificia Accademia per la Vita, Francia

Prof. MALTARELLO AMLETOGià Presidente dell’Azione Cattolica Italiana

Prof. MANNI CORRADOMembro del Consiglio Direttivo della Pontificia Accademia per la VitaDirettore dell’Istituto di Anestesia e Rianimazionedell’Università Cattolica del S. Cuore

Mrs. MOLOANTOA CECILIASegretaria del Dipartimento della Sanità e dell’Educazione della Conferenza Episcopale del Sud Africa

Prof. MOTTIRONI LINOVice Presidente della Federazione Internazionale dei Farmacisti Cattolici

Prof. NATHANSON BERNARD, Professore di Ginecologia e Ostetricia, Clinical Associate Medical College di New York, USA

Dott.ssa NEROZZI-FRAJESE DINARicercatrice di medicina Sperimentale dell’Università “La Sapienza”

Dott. OBIGLIO HUGO, O.M.Membro della Pontificia Accademia per la VitaDirettore dell’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica dell’Argentina

Prof.ssa POLTAWSKA WANDAMembro della Pontificia Accademia per la VitaDirettrice dell’Istituto di Teologia della Famiglia alla Pontificia Accademia di Cracovia, Polonia

Prof. DOTT. PROBST CHARLESProfessore di Neurochirurgia all’Università di Zurigo, Svizzera

Prof. RÉTHORÉ MARIE-ODILEMembro dell’Accademia Nazionale Francese di MedicinaDirettore di Ricerca all’Istituto Nazionale della Sanità e della Ricerca Medica,

Prof. ROBLES CLEMENTEPresidente del Collegio Nazionale dei Medici Chirurghi del Messico

Dott. SHANAHAN MICHAELPresidente della “Catholic Doctors Association”, Australia

Prof. SILVESTRINI BRUNOProfessore di Farmacologia e Farmacognosianella Università “La Sapienza”Membro del Comitato Nazionale Italiano di Bioetica

Prof. SPLENDORI FRANCOMembro della Pontificia Accademia per la VitaProfessore di Programmazione ed Organizzazione dei Servizi Sanitari all’Università “Tor Vergata” di RomaPresidente dei Medici Cattolici di Roma

Prof. TURANO ADOLFOMembro della Pontificia Accademia per la VitaDirettore dell’Istituto di Microbiologia all’Università di Brescia

Mme VERLINDE BOUTELEGIER ANNSegretaria Generale del Comitato Internazionale Cattolico delle Infermiere e assistenti Medico-Sociali,Belgio

Prof. WALLEY L. ROBERTProfessore di Ostetricia e Ginecologia, Grace General Hospital, Canada

A quanti hanno prestato la loro opera nel passato quinquennio, va il più cordiale ringraziamento, a coloro chesono stati confermati nell’incarico e ai nuovi nominati, il più sincero augurio che si possano dedicare nelmodo migliore alla crescita soprattutto qualitativa ed evangelizzatrice del nostro Dicastero.

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Della Esortazione apostolica “Vita conse-crata”, pubblicata dal Santo Padre il 25 mar-zo 1996, solennità dell’Annunciazione delSignore, sono state date diverse definizioni.Qualcuno ha parlato di una “enciclopedia”sulla vita religiosa, altri del primo e più am-pio documento pontificio pubblicato su que-sto argomento. Non è neppure mancato chiha individuato nel documento l’indicazionedel DNA delle persone consacrate. Di esso èstata tentata una lettura “istituzionale” ed unalettura “profetica”.

Non sarà fuor di luogo, perciò, guardareall’aspetto particolare indicato nel titolo dellapresente riflessione, anche perché, nel campodell’assistenza ai malati e della pastorale sa-nitaria, gli istituti religiosi sia maschili siafemminili – prescindendo pure da quelli chele riconoscono come carisma specifico –hanno scritto le più nobili ed anche le più e-roiche pagine della loro storia.

Un lungo cammino

Vorrei, tuttavia, premettere due annotazio-ni. In primo luogo, non va dimenticato chel’Esortazione apostolica “Vita consecrata” èil traguardo di un lungo cammino, le cui tap-pe sono costituite dai Lineamenta e dall’In-strumentum laboris presinodali, dalla Relatioante e post disceptationem, dalle Propositio-nes e dal messaggio finale del Sinodo cele-brato nell’ottobre 1994. Questa documenta-zione è distribuita nell’arco di quattro anni, ecioè, dall’indizione della IX Assemblea Or-dinaria del Sinodo dei Vescovi sulla vita con-sacrata (2 febbraio 1992) alla pubblicazionedel documento pontificio postsinodale (25marzo 1996).

In secondo luogo, va tenuto presente che, apartire dal decreto conciliare Perfectae cari-tatis sino alla pubblicazione dell’Esortazioneapostolica Vita consecrata, il magistero dellaChiesa ha pubblicato numerosi documentisulla vita religiosa, dei quali mi limito a ri-cordare l’Esortazione apostolica Evangelicatestificatio di Paolo VI (29 giugno 1971) sulrinnovamento della vita religiosa, le Mutuaerelationes delle Congregazioni per i Religiosie per i Vescovi sui rapporti tra vescovi e reli-

giosi nella Chiesa (14 maggio 1978), il docu-mento Dimensione contemplativa della vitareligiosa (12 agosto 1980) della Congrega-zione per i Religiosi e gli Istituti secolari, l’E-sortazione apostolica di Giovanni Paolo IIRedemptionis donum (25 marzo 1984), l’I-struzione “Direttive sulla Formazione negli I-stituti Religiosi” (2 febbraio 1990) della Con-gregazione per gli Istituti di Vita consacrata ele Società di Vita apostolica. Ricca poi dipreziose e pertinenti indicazioni anche la Let-tera apostolica Salvifici doloris (11 febbraio1984) sul significato cristiano della sofferen-za umana. Sarebbe poi molto interessante te-ner conto anche delle innumerevoli allocu-zioni del Santo Padre ai partecipanti ai Capi-toli generali degli istituti religiosi maschili efemminili.

Quanto, perciò, scrive l’Esortazione apo-stolica Vita consecrata su Religiosi/e e curadei malati, affonda le sue radici in un terrenoa lungo coltivato.

Riflessioni e direttive del documento

Dei 112 paragrafi dell’ampia Esortazione,l’ottantatreesimo reca per titolo: “La cura de-gli ammalati”. Non mancano nel documentoaltri richiami a questo tema, là dove si parladelle “molteplici opere che la carità cristianaha suscitato” (n. 9 e 11), della dedizione deireligiosi fino ad affrontare persecuzioni emartirio (n. 24), del rapporto tra vita fraternadelle persone consacrate e cura dei religiosi/eanziani e ammalati1, della necessità di una“opzione preferenziale” nei confronti di“quanti si trovano in condizioni di maggioredebolezza, e pertanto di più grave bisogno”(n. 82), dei meriti di quelle comunità “che vi-vono ed operano tra i poveri e gli emarginati,ne abbracciano la condizione e ne condivido-no le sofferenze, i problemi e i pericoli” (n.90).

Il paragrafo 83, tuttavia, è di singolare ric-chezza e, direi, guarda al problema del rap-porto tra vita consacrata e cura dei malati indimensione massimamente comprensiva.

Esso si apre con il riconoscimento di quan-to, nella storia, le persone consacrate – e spe-cialmente le donne – hanno fatto a servizio

La cura dei malati nel documento postsinodale “Vita Consecrata”

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dei malati, dimostrando che questo tipo didedizione appartiene all’indole profetica del-la vita consacrata2.

Si può disquisire a lungo sull’ambito esattodell’espressione indole profetica, ma è chiaroche essa è innanzitutto ciò che rende la vitaconsacrata anticipatrice del destino cui sonochiamati tutti i redenti da Cristo3.

Perciò il documento riconosce che “laChiesa guarda con ammirazione e gratitudinele tante persone consacrate che, assistendo imalati e i sofferenti, contribuiscono in ma-niera significativa alla sua missione”.

Ecco perché non ci si limita ad invitare gliistituti religiosi – e soprattutto quelli che aciò sono orientati dal loro specifico carisma –a non trascurare l’attenzione ai malati, bensìa privilegiarla4, sull’esempio di Cristo “divi-no Samaritano, medico delle anime e dei cor-pi”5 e “sull’esempio dei rispettivi fondatori efondatrici”6.

Ciò premesso, l’Esortazione postsinodalesottolinea quattro aspetti della cura dei malatida parte delle persone consacrate: il loro do-vere di – far sì che gli assistiti siano aiutati avalorizzare la propria sofferenza; evangeliz-zare gli ambienti sanitari in cui lavorano; u-manizzare la medicina; approfondire i pro-blemi della bioetica a servizio del Vangelodella vita.

Favorire negli assistiti la valorizzazione della sofferenza

È questo l’elemento qualificante del servi-zio ai malati da parte delle persone consacra-

te. La loro totale consacrazione a Dio e alservizio dei fratelli deve sapersi trasformarein capacità di favorire nei malati “l’offertadel proprio soffrire in comunione con Cristocrocifisso e glorificato per la salvezza di tut-ti” e di “alimentare in loro la coscienza di es-sere, con la preghiera e la testimonianza dellaparola e della condotta, soggetti attivi di pa-storale attraverso il peculiare carisma dellacroce”7.

Se nei professionisti dell’assistenza sanita-ria la professione deve sapersi trasformare invocazione, nelle persone consacrate la curadei malati deve essere innanzitutto vocazio-ne, cioè chiamata di Cristo ad imitarlo nellasua missione ed azione di Buon Samaritano.

Il malato assistito deve essere in grado diriconoscere, nella persona consacrata che loserve, Gesù stesso che si spiega sul dolore u-mano, che ne ha compassione per sanarlo allaradice.

Se all’apostolato, che direi sanitario, dellepersone consacrate, manca questa qualifica-zione, esse rischiano di cadere in quella deso-lante e sterile abitudine che, anziché solleva-re, lenire, confortare, contribuisce ad accre-scere la solitudine e il senso di abbandono delmalato.

Evangelizzare gli ambienti sanitari

Gesù, nel suo ministero e, sul suo esempio,la Chiesa nel corso dei secoli, hanno guarda-to ai malati e al campo della sanità e della sa-lute come al terreno privilegiato per l’annun-cio del Vangelo. Anche oggi, dai sofferenti edai malati, sale la domanda più alta di “libe-razione”. Perciò, come ha scritto anche ilSanto Padre, mentre “la Chiesa non si è maidata per vinta di fronte a tutte le violazioniche il diritto alla vita, proprio di ogni essereumano, ha ricevuto e continua a ricevere siadai singoli sia dalle stesse autorità”8, essa,“nell’accoglienza amorosa e generosa di o-gni vita umana, soprattutto se debole o mala-ta, vive oggi un momento fondamentale dellasua missione”9. In che modo? “Cercando diilluminare, attraverso la comunicazione deivalori evangelici, il modo di vivere, soffrire emorire degli uomini del nostro tempo”10.

Ambienti sanitari sono tutto quanto simuove intorno ai temi e ai problemi della sa-nità e della salute. Urge una riconsiderazionedi questi temi e problemi, sia perché i tempisono mutati sia perché essi coinvolgono uncrescente numero di esseri umani. E di que-sta ri-considerazione le persone consacratesono chiamate a farsi carico in maniera parti-colare, come già ricordato da Giovanni Paolo

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II anche nell’enciclica Evangelium vitae, co-sì che esse svelino, in maniera chiara, la lorovera identità11. Nel testimoniare questa iden-tità i religiosi e le religiose offrono un contri-buto determinante alla evangelizzazione poi-ché rendono visibile la presenza amorevole esalvifica di Cristo12.

Il luogo di sofferenza e di cura affidato aicristiani e ai cattolici non è diverso dagli al-tri, ma vuole e deve essere esemplare rispettoa quelli la cui conduzione non si ispira ai va-lori evangelici. E sarà bene che molti istitutireligiosi, di fronte alla persistente crisi di vo-cazioni alla vita consacrata a cui si assisteproprio nelle aree del mondo dove più avan-zata è la necessità dell’assistenza sanitaria, sichiedano fino a che punto questa crisi dipen-de dall’affievolimento di una testimonianzache, in pochi ambienti, come in quelli sanita-ri, della sofferenza, sarebbe invece in gradodi rendere manifesta la loro identità. Senzadire che fenomeni drammatici come le nu-merose e spietate guerre locali e il corteo in-terminabile di profughi costretti ad abbando-nare il loro paese dilatano e, per così dire, ri-disegnano anche la nozione di ambiente sani-tario. Le religiose che, anche recentemente,hanno sacrificato la loro vita nello Zaire perassistere popolazioni poverissime investiteda una letale epidemia, offrono una confer-ma inequivocabile di questa nuova dimen-sione.

Umanizzare la medicina

Sappiamo bene come la socializzazionedell’assistenza sanitaria non sempre sia stataaccompagnata dalla sua umanizzazione; anzi,sovente è accaduto e accade l’opposto.

“Il discernimento dei segni dei tempi, co-me afferma il Concilio (Gaudium et spes, 4),deve essere condotto alla luce del Vangelo,perché ‘si possa rispondere ai perenni inter-rogativi degli uomini sul senso della vita pre-sente e futura e sul loro reciproco rappor-to’”13. Attente alle indicazioni dello Spirito,le persone consacrate sono chiamate “ad ela-borare nuove risposte per i nuovi problemidel mondo di oggi”14. Se ciò è vero per tuttigli aspetti della vita individuale ed associata,lo è in modo particolare nel campo della sa-nità e della salute.

Umanizzare la medicina significa, quindi,accompagnare lo sviluppo e il progresso concrescente attenzione ai problemi che essipongono e alla diversa sensibilità dell’uomodi fronte ad essi.

Umanizzare è farsi vicini all’umanità deifratelli, senza porre condizioni calcolatrici al-

la nostra dedizione ed al nostro servizio. Chiopera nei luoghi di sofferenza e di cura sa be-ne quanto si acuisca, nelle persone che vi di-morano, la sensibilità nei confronti del servi-zio di cui sono destinatarie. Lo avevano in-tuito i grandi Santi che consacrarono la lorovita a questo servizio, piegandosi sugli assi-stiti con sollecitudine e disponibilità materne,consapevoli che la via della testimonianza e-vangelica passa attraverso la nostra capacitàdi “umanizzarla”, cioè di renderla accessibilealle condizioni umane dell’infermo.

Approfondire i problemi della bioetica a servizio del Vangelo della vita

Si ricorderà che la Evangelium vitae, per laprima volta in un documento del magisterodella Chiesa, ha dato una definizione quantomai comprensiva di operatore sanitario, e-stendendone l’ambito ai medici, ai farmaci-sti, agli infermieri, ai cappellani, ai religiosi ereligiose, agli amministratori e ai volontari,qualificandoli tutti come “custodi e servitoridella vita umana”15.

I religiosi e le religiose impegnati nella cu-ra dei malati sono veri e propri operatori sa-nitari, poiché come la salute e la malattia ri-spondono ad univoche definizioni, altrettantoè per il servizio ad esse. La persona consacra-ta, nell’assistere il malato, non subentra, masi affianca al medico, all’infermiere ecc.; ilsuo ministero non è discrezionale, ma dove-rosamente integrativo. Di qui il dovere di unaconoscenza approfondita dei problemi di mo-rale e di etica che sempre sono chiamati in

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causa dalla medicina e dal suo esercizio.La formazione in questo campo può avva-

lersi, oggi, di un prezioso strumento che lepersone consacrate dovrebbero considerareun irrinunciabile vademecum della loro atti-vità e del loro apostolato. Mi riferisco allaCarta degli Operatori Sanitari, pubblicatadue anni fa a cura del Pontificio Consigliodella Pastorale per gli Operatori Sanitari, di-sponibile in più lingue e costantemente ag-giornata con i documenti del magistero dellaChiesa.

Il rischio della superficialità e dell’appros-simazione ogni qualvolta si affronta il pro-blema del rapporto tra medicina e morale, traservizio professionale medico alla vita ed eti-ca della vita o bioetica è sempre incombente.

Concludendo, tuttavia, queste riflessioni,credo dover aggiungere che una caratteristicadell’Esortazione apostolica postsinodale Vitaconsecrata è l’unità della sua linea ispiratri-ce. L’intero documento, quale ne sia l’ango-lazione dalla quale viene letto ed approfondi-to, è ricco di indicazioni ideali e pratiche, mavitali per le persone consacrate. Guardare adesso nella realtà della pastorale sanitaria con-tribuisce a saldarne il contenuto ed a farne ri-splendere l’unità, così come fu per il Signoreche accompagnava l’annuncio del suo Van-gelo con la guarigione dei sofferenti nellospirito e nel corpo (Lc 9,1-2).

Card. FIORENZO ANGELINI

1 “La cura degli anziani e degli ammalati ha una parte rile-vante nella vita fraterna, specie in un momento come questo,in cui in alcune regioni del mondo aumenta il numero dellepersone consacrate ormai avanti negli anni. L’attenzione pre-murosa che esse meritano non risponde solo ad un preciso do-vere di carità e di riconoscenza, ma è anche espressione dellaconsapevolezza che la loro testimonianza giova molto allaChiesa e agli Istituti e che la loro missione resta valida e meri-toria, anche quando per motivi di età o di infermità hanno do-vuto abbandonare la loro attività specifica”. n. 44.

2 “Seguendo una gloriosa tradizione, un gran numero dipersone consacrate, soprattutto donne, esercitano il loro apo-stolato negli ambienti sanitari, secondo il carisma del proprioIstituto. Molte, lungo i secoli, sono state le persone consacrateche hanno sacrificato la loro vita nel servizio alle vittime dimalattie contagiose, mostrando che la dedizione fino all’eroi-smo appartiene all’indole profetica della vita consacrata”. Vitaconsecrata, 83.

3 “Poiché infatti il Popolo di Dio non ha qui città permanen-te, ma va in cerca della futura, lo stato religioso... rende visibi-le per tutti i credenti la presenza, già in questo mondo, dei benicelesti, meglio testimonia la vita nuova ed eterna, acquistatadalla redenzione di Cristo, e meglio preannunzia la futura ri-surrezione e la gloria del regno celeste”, Lumen gentium, 44.

4 “Privilegino nelle loro scelte gli ammalati più poveri e ab-bandonati, come gli anziani, i disabili, gli emarginati, i malatiterminali, le vittime della droga e delle nuove malattie conta-giose”. Vita consecrata, 83.

5 Ibidem.6 Ibidem.7 Ibidem.8 Esortazione apostolica Christifideles Laici, 38.9 Ibidem.

10 Ibidem.11 “In particolare deve essere riconsiderato il ruolo degli o-

spedali, delle cliniche e delle case di cura: la loro vera identitànon è solo quella di strutture nelle quali ci si prende cura deimalati e dei morenti, ma anzitutto quella di ambienti nei qualila sofferenza, il dolore e la morte vengono riconosciuti e inter-pretati nel loro significato umano e specificamente cristiano.In modo speciale tale identità deve mostrarsi chiara ed effica-ce negli istituti dipendenti da religiosi o, comunque, legati allaChiesa”. Evangelium vitae, 81.

12 “Il contributo specifico di consacrati e consacrate alla e-vangelizzazione sta innanzitutto nella testimonianza di una vi-ta totalmente donata a Dio e ai fratelli, ad imitazione del Sal-vatore che, per amore dell’uomo, si è fatto servo... Le personeconsacrate rendono visibile, nella loro consacrazione e totalededizione, la presenza amorevole e salvifica di Cristo, il con-sacrato del Padre, inviato in missione”. Vita consecrata, 76.

13 Vita consecrata, 73.14 Ibidem.15 “Peculiare è la responsabilità affidata agli operatori sani-

tari: medici, farmacisti, infermieri, cappellani, religiosi e reli-giose, amministratori e volontari. La loro professione li vuolecustodi e servitori della vita umana”. Evangelium vitae, 89.

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magistero

dai discorsidel Santo Padre

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(Incontro del Santo Padre con i giovanidella parrocchia di Santa Maria “Causa no-strae laetitiae”, Roma 25 febbraio 1996)

Ho sentito molte parole, ma una mi è rima-sta in mente: “siamo schiacciati!”. È una pa-rola molto bella, perché testimonia che sietein tanti e questo ambiente quasi non vi puòcontenere. Il “contenitore” è insufficiente,grazie a Dio! Voi siete “schiacciati” intorno aCristo. È stato sempre così. Noi leggiamonei Vangeli della folla che sempre Lo segui-va e si accalcava intorno a Lui. Ma per Luinon era solamente una folla, una turba: eranodelle persone, era ciascuno e ciascuna di lo-ro. Egli guardava a ciascuno e a ciascuna,parlava a ciascuno e a ciascuna, dicendo:“Seguimi!”. Non ha chiamato tutti insieme,ma di tutti quelli a cui ha detto: “Seguimi!”ha fatto la Chiesa.

Tutto questo commenta le vostre parole:“siamo schiacciati!”. Adesso voglio com-mentare un po’ la Quaresima, i quarantagiorni di preparazione alla Pasqua. Ho pen-sato questa mattina a cosa avrei detto ai gio-vani. Direi che la Quaresima è un periodo di

cammino speciale. Si dice “tempo forte”,“cammino esigente”. E per trovare esigentequesto cammino dobbiamo andare in chiesae lì seguire la “Via Crucis”, il cammino cheCristo ha fatto a Gerusalemme, la sua ultimastrada dal Sinedrio, dopo la condanna a mor-te, con la Croce fino al Calvario. Questa“Via Crucis” è rimasta nella memoria dellaChiesa, non solamente a Gerusalemme madappertutto. In tutte le chiese, chiesette, cap-pelle troviamo la “Via Crucis”, per seguireGesù e fermarci davanti alle quattordici sta-zioni. C’è sempre una “Via Crucis” che con-clude quasi il periodo quaresimale: la “ViaCrucis” al Colosseo. Non so se vi avete par-tecipato qualche volta, almeno attraverso latelevisione.

Vorrei che questa “Via Crucis” rimangaper voi una parola evocativa, una parola pro-grammatica per il tempo quaresimale. Si de-ve camminare con Cristo, si deve imparareda Cristo ad unire alla sua grande Croce lepiccole croci della nostra vita, perché quellaCroce è segno della speranza e della salvez-za.

Allora vi auguro di essere molte volte“schiacciati”!

Unite alla Croce di Cristo le piccole croci della vita

L’accoglienza dei bisognosi è il linguaggio con il quale rendere comprensibile la grandezza dell’amore cristiano

(Il discorso del Santo Padre ai religiosidell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni diDio “Fatebenefratelli”).

Il Santo Padre ha ricevuto in udienza, sa-bato mattina, 2 dicembre, nella Sala Clemen-tina, i religiosi dell’Ordine Ospedaliero diSan Giovanni di Dio, i “Fatebenefratelli” inoccasione della ricorrenza del V centenario

della nascita del Fondatore.Durante l’incontro Giovanni Paolo II ha

pronunciato il seguente discorso:

1. Carissimi Fratelli e Collaboratori del-l’Ordine Ospedaliero di San Giovanni diDio! Sono lieto di accogliervi, mentre sieteriuniti in Congresso, a Roma, in occasionedel V Centenario della nascita del vostroFondatore. Saluto cordialmente ciascuno dei

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presenti, in particolare il Priore Generale, co-me pure i Responsabili delle Famiglie reli-giose nate dal carisma di San Giovanni diDio, che davvero ha segnato la storia dell’O-spitalità.

È proprio questo il tema sul quale state ri-flettendo, favoriti certamente dall’esperienzacomunitaria e dal valido contributo di religio-si, collaboratori, volontari e benefattori del-l’Ordine, convenuti dai cinque Continenti.

Mi congratulo con voi per questa iniziativa,con la quale intendete rinnovare e qualificarel’impegno e la spiritualità dell’accoglienza, inun mondo che va sempre più stimolato allafraternità e alla solidarietà specialmente versole categorie umane più deboli.

2. Nel realizzare tale intento, voi non pote-te non ispirarvi all’esempio del vostro Fon-datore. Egli è per voi un maestro ed un testi-mone di straordinaria importanza.

San Giovanni di Dio fu per i poveri e gliinfermi abbandonati di Granada il “buon sa-maritano” che si prodigò con instancabile ze-lo per provvedere loro ciò di cui avevano bi-sogno. Se la forza dell’amore lo portava a to-gliere dalla strada molti indigenti per offrireloro un ambiente più sicuro e confortevole, ilsuo spiccato senso di ospitalità lo spingeva aperfezionare l’organizzazione della abbozza-ta struttura ospedaliera, l’assistenza infermie-ristica e altre opere caritative, da lui progetta-te. Giovanni non solo praticò l’ospitalità, masi fece, per così dire, egli stesso ospitalità, as-sistendo giorno e notte quanti la Provvidenzagli faceva incontrare.

3. Quale fu il segreto della sua esistenzacosì fedele al Vangelo? La risposta la si trovaproprio nella qualifica apposta al suo nome:“di Dio”. Precisamente quel Dio che in GesùCristo si è rivelato Padre di ogni uomo fu laragione del vivere e dell’operare del vostroFondatore.

Consapevole del fatto che il Padre celesteva amato sopra ogni cosa e servito nel prossi-mo, egli si impegnò a concretizzare tale pro-gramma spirituale imitando Gesù nella sceltapreferenziale degli ultimi. L’uomo infermo ebisognoso divenne per lui la via per dire conCristo il suo “amen” al Padre. Così, comeGesù era passato tra la gente beneficando erisanando tutti (cfr At 10,38), Giovanni seppeportare agli indigenti la parola consolante diDio, prestando loro le cure necessarie per a-more e con amore divino.

4. Ecco dunque l’inestimabile eredità che ilSanto Fondatore ha voluto lasciarvi! Si tratta,oggi, di riproporla in modo comprensibile

all’uomo contemporaneo, immerso in unacultura individualista ed edonista, evitando didiminuire la forza e la profondità con le qualivi è stata tramandata.

In tale prospettiva si colloca la tempestivaapertura del vostro Ordine ai nuovi bisognisociali, quali l’assistenza ai tossicodipenden-ti, agli ammalati di AIDS ed ai senza tetto;molto apprezzata è pure la vostra presenza innumerosi Paesi in via di sviluppo, dove i pro-grammi di medicina preventiva e i qualificatiservizi ospedalieri, da voi realizzati a favoredi quelle popolazioni, costituiscono un’elo-quente manifestazione di carità e un segnovivo di speranza.

Importante e significativo è inoltre l’im-pegno di offrire un servizio di assistenzaprofessionale e nel contempo carico di uma-nità, competente e aggiornato alle nuovetecniche mediche ma sempre saldamente an-corato ai principi e ai valori del Vangelo edell’etica cristiana. Senza questa elaborazio-ne, a volte faticosa e complessa, si rischia diperdere la dimensione trascendente dell’o-spitalità, riducendola a mera benevolenzaper l’uomo.

5. Così intesa e realizzata, carissimi Fratel-li e Sorelle, l’accoglienza dei bisognosi saràpure per voi il linguaggio col quale rendercomprensibile a tutti la grandezza, la forza el’efficacia dell’amore cristiano. Con tale lin-guaggio concreto e immediato potrete riac-cendere attese, desideri e speranze in cuoritalora delusi e affranti; potrete fare eco allavoce di Dio che, nell’intimo della coscienza,invita ogni uomo alla conversione.

Dare amore attraverso lo stile quotidianodel servizio ai malati vi permetterà di semi-nare il seme della Buona Novella là dove lasola parola umana risulterebbe, probabil-mente, fragile e perfino inefficace.

Vi esorto pertanto a proseguire con rinno-vato coraggio ed impegno su questa strada,antica e sempre nuova. In forza del carismaoriginario potrete contribuire alla nuova e-vangelizzazione, compito che è dell’interaChiesa ed al quale siamo tutti sollecitati perrispondere in modo serio ed efficace alle sfi-de della presente transizione dal secondo alterzo millennio cristiano.

Vi aiuti Maria Santissima, che contemplia-mo durante l’Avvento come Vergine in ascol-to della Parola di Dio e modello sublime diaccoglienza offerta al Verbo divino; vi so-stengano sempre San Giovanni di Dio ed iSanti del vostro Ordine; e vi accompagni laBenedizione Apostolica, che imparto di cuo-re a voi, alle vostre Comunità ed a quanti visono affidati nel quotidiano servizio.

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(Il discorso del Santo Padre ai partecipan-ti ad un Convegno promosso dall’UniversitàCattolica del Sacro Cuore)

Un pressante invito a suscitare nei giovaniche si avviano ad esercitare la professionemedica, che abbiano una robusta spiritualitàstrettamente legata al Vangelo della Vita èstato rivolto dal Santo Padre ai partecipantiad un Convegno promosso dall’Istituto diClinica Medica dell’Università Cattolica delSacro Cuore, ricevuti in udienza sabato mat-tina, 25 novembre, nella Sala del Concistoro.

Questo il discorso del Santo Padre:

1. Sono lieto di accogliervi, carissimi par-tecipanti al Convegno internazionale pro-mosso dall’Istituto di Clinica Medica dell’U-niversità Cattolica del Sacro Cuore, e mi con-gratulo con voi per l’interessante tema che a-vete scelto di approfondire: “La formazionedel medico alle soglie del terzo millennio: ilruolo delle università cattoliche”.

Saluto cordialmente il Prof. Adriano Bau-sola, che ringrazio per le cortesi parolepoc’anzi rivoltemi a nome di tutti i presenti.Il mio pensiero va inoltre al Signor CardinalePio Laghi, Prefetto della Congregazione perl’Educazione Cattolica, al quale esprimo gra-to compiacimento per il sostegno e la guidaofferti alla realizzazione del Convegno. Ri-volgo, infine, un cordiale benvenuto al Prof.Giovanni Gasbarrini, dell’Istituto di ClinicaMedica dell’Università Cattolica del SacroCuore, e a tutti voi, illustri Docenti delle Fa-coltà di Medicina e Chirurgia, provenienti dadiverse università cattoliche del mondo.

2. La formazione di coloro che si prepara-no ad operare nell’ambito della sanità rientratra le preoccupazioni primarie della societàcontemporanea, così sensibile alla “qualitàdella vita”. Le grandi trasformazioni avvenu-te negli ultimi decenni hanno inciso profon-damente sull’identità e sul ruolo del medico.Il travaglio di tali cambiamenti si avverte siasul piano dei valori di riferimento che suquello delle acquisizioni e degli approcciscientifici e tecnologici. Ne scaturisconospesso difficoltà e problemi di non poco rilie-

vo, che possono talvolta sfociare in ripiega-menti e arretramenti mortificanti. I motivi dipreoccupazione, tuttavia, non devono far di-menticare che, proprio nel nostro tempo, sistanno aprendo prospettive di grande interes-se per lo sviluppo di una medicina veramentea servizio dell’umanità.

A questo proposito va segnalato, anzitutto,l’ampliamento culturale del concetto di “sa-lute”, che supera lo stretto ambito della ma-lattia e delle strutture cliniche. Inoltre, lenuove forme di intervento socio-sanitario nelterritorio hanno grandemente migliorato pre-cedenti situazioni di povertà sanitaria, e sononormalmente in grado di promuovere il be-nessere non solo fisico, ma anche psicologicoe sociale della persona.

Il nuovo concetto di salute, tuttavia, puòassumere equivoche estensioni con riferi-mento a criteri desunti dalla prassi sociale divolta in volta prevalente. Ciò può condurre aratificare impostazioni, comportamenti e co-dificazioni legislative contrarie ai diritti fon-damentali della persona. Poggiandosi su unapiattaforma culturale marcatamente soggetti-vistica, l’allargamento del concetto di benes-sere – in sé positivo – rischia così di ritorcer-si contro l’uomo.

3. In questo contesto socio-culturale, alleuniversità cattoliche spetta un compito speci-fico: esse sono chiamate a suscitare nei futurimedici, insieme con una professionalità di al-to profilo scientifico e culturale, una spiritua-lità robusta e illuminata dalla parola di Dio,autorevolmente interpretata dal Magistero.Ciò otterranno grazie all’adozione di precisipercorsi formativi, costantemente orientatialla ricerca della qualità profonda e, vorreidire, interiore della professione medica, stret-tamente legata al Vangelo della Vita.

Occorre cioè realizzare in essa quell’unitàprofonda di fede e di vita a cui allude il Vati-cano II: “Il Concilio esorta i cristiani che so-no cittadini dell’una e dell’altra città, a sfor-zarsi di compiere fedelmente i propri doveriterreni, facendosi guidare dallo spirito delVangelo. Sbagliano coloro che, sapendo chequi non abbiamo una cittadinanza stabile mache cerchiamo quella futura (Eb 13,14), pen-sano di poter per questo trascurare i propri

Suscitare nei futuri medici, insieme alla professionalità una robusta spiritualità legata al Vangelo della Vita

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doveri terreni... Il distacco, che si constata inmolti, tra la fede che professano e la loro vitaquotidiana, va annoverato tra i più gravi erro-ri del nostro tempo” (Gaudium et spes, n.43).

4. La visione integrale, unitaria e dinamica,del mondo e della storia, offerta dalla fedecristiana, costituisce una ricchezza inesauri-bile per comprendere i nuovi rapporti che sivanno intessendo tra prassi sociale e concet-to di salute, e per riaffermare con rinnovatoslancio la validità di quell’etica professionaleche è stata, nei secoli, la vera anima della cul-tura sanitaria.

Per questo, oltre all’indispensabile cono-scenza della fede cattolica e delle sue impli-canze dottrinali e morali, è necessario che leFacoltà di Medicina diano maggiore spazio erilievo allo studio della dottrina sociale dellaChiesa, specialmente attraverso ricerche ap-propriate e confronti di carattere interdisci-plinare. In tal modo sarà possibile predispor-re percorsi formativi più armonici e com-prensivi, avviando a superamento quella ac-centuata frammentarietà del sapere scientifi-co che troppo spesso caratterizza gli attualiprogrammi della didattica universitaria e pro-cura non poche difficoltà alla formazione in-tegrale della persona.

I giovani che frequentano le università cat-toliche vanno aiutati ad acquisire una visionesintetica e sociale della professione medicatale da orientarli, sia scientificamente che eti-camente, nelle diverse situazioni nelle qualisi troveranno ad operare. Essi saranno cosìcapaci di esercitare un opportuno discerni-mento delle domande di intervento sanitario,compiendo le scelte doverose e sapendospingersi, se necessario, anche fino all’obie-zione di coscienza.

5. Ma il contributo delle università cattoli-che non si ferma qui. Prima di diventare pro-posta culturale, i valori della professionalità edell’eticità devono caratterizzare l’attività di-dattica e le relazioni tra le persone all’internodella vita universitaria; devono, cioè, diven-tare testimonianza vissuta nel quotidiano.

Occorre che gli studenti siano coinvoltinella elaborazione delle nuove impostazionie strategie di intervento socio-sanitario. In talmodo, condividendo con tutta la comunitàaccedemica lo sforzo della ricerca e dellaprogrammazione operativa, saranno preparatia svolgere un servizio di vera umanizzazionee, in un mondo spesso affascinato da prospet-tive utilitaristiche e strumentali, sapranno far-si testimoni convincenti di una nuova evan-gelizzazione.

In questa prospettiva, esprimo vivo apprez-zamento a quanti dedicano le loro energie al-le iniziative di pastorale universitaria e li in-coraggio a proseguire generosamente in taleservizio ecclesiale, perché il Vangelo permeil’intero cammino della comunità universita-ria.

6. Carissimi Docenti, la fede in Cristo e ildesiderio di servire la vita hanno mosso i vo-stri passi verso una professione impegnativa.Per voi vale in modo speciale l’appello cheho rivolto a tutti gli uomini di buona volontànell’Enciclica Evangelium vitae: “Urgono u-na generale mobilitazione delle coscienze eun comune sforzo etico, per mettere in atto u-na grande strategia a favore della vita. Tuttiinsieme dobbiamo costruire una nuova cultu-ra della vita: nuova, perché in grado di af-frontare e risolvere gli inediti problemi di og-gi circa la vita dell’uomo; nuova, perché fattapropria con più salda e operosa convinzioneda parte di tutti i cristiani; nuova, perché ca-pace di suscitare un serio e coraggioso con-fronto culturale con tutti” (n. 95).

Sono certo che il presente incontro interna-zionale servirà a consolidare la vostra dedizio-ne, ricca di sapienza e umanità, al vero benedelle persone, e saprà sprigionare nuovi pro-positi di servizio alla vita, secondo quellamultiforme ricchezza della quale lo Spirito delSignore fa dono in ogni tempo alla Chiesa.

Con questi sentimenti invoco su voi tutti esul vostro lavoro la celeste protezione di Ma-ria, Sede della Sapienza e Stella dell’evange-lizzazione, mentre vi imparto di cuore la Be-nedizione Apostolica.

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Il Santo Padre ha ricevuto in udienza sa-bato mattina, 23 marzo, nell’Aula Paolo VI,i partecipanti al pellegrinaggio organizzatodall’Opera Federativa Trasporti Ammalati aLourdes. Il Papa ha invitato gli ammalati adoffrire la loro sofferenza per divenire prota-gonisti del cammino di rinnovamento versoil Giubileo del Duemila. All’udienza parteci-pavano anche un gruppo di studenti milane-si. Questo il discorso:

1. Vi accolgo con gioia, carissimi Fratelli eSorelle dell’Opera Federativa TrasportoAmmalati a Lourdes! Un caloroso benvenutorivolgo soprattutto a voi, cari malati, che a-vete affrontato i disagi del viaggio per venirea Roma, vicino alla tomba dell’apostolo Pie-tro.

Saluto i responsabili dell’Associazione edesprimo il mio apprezzamento per questa eper le altre iniziative che permettono a tantepersone di vivere la forte esperienza di fede,che è il pellegrinaggio. So che quello di con-fermare la vostra fede è il motivo principaleche vi ha spinti a venire. Perciò voglio anzi-tutto richiamare alla vostra mente le paroledell’apostolo Pietro: “Siete ricolmi di gioia,anche se ora dovete essere per un po’ di tem-po afflitti da varie prove, perché il valoredella nostra fede, molto più preziosa dell’o-ro, che, pur destinato a perire, tuttavia, siprova col fuoco, torni a vostra lode, gloria eonore nella manifestazione di Gesù Cristo”(1 Pt 1,6-7).

2. Il secondo motivo che vi ha condotti quiè la volontà di offrire la vostra preghiera e lavostra sofferenza: è un’offerta, si direbbe unobolo spirituale accumulato nella concretez-za del quotidiano, specialmente quando essodiventa pesante e richiede maggiore pazien-za.

Carissimi, io vi ringrazio per lo spirito digenerosa oblazione e di devota solidarietàcol Papa che vi animano in questo pellegri-naggio e, più ancora, nell’ordinaria offertadelle vostre preghiere e sofferenze. Vi rigra-zio e vi ripeto quanto ho scritto nel Messag-gio per l’ultima Giornata Mondiale del Ma-lato: “Soffrire ed essere accanto a chi soffre:chi vive nella fede queste due situazioni en-tra in particolare contatto con le sofferenze

di Cristo ed è ammesso a condividere “unaspecialissima particella dell’infinito tesorodella redenzione del mondo” (n. 5).

3. Il terzo motivo del vostro pellegrinaggioè il proposito di inserirvi attivamente, valo-rizzando proprio la condizione in cui vi tro-vate, nell’itinerario di preparazione al Gran-de Giubileo dell’Anno 2000. A questo ri-guardo, ribadisco la mia esortazione a sentir-vi a pieno titolo protagonisti del cammino dirinnovamento evangelico che la Chiesa inte-ra è chiamata a percorrere in questi anni checi conducono al Giubileo (cfr. ibid.). Voi, ca-rissimi, “siete chiamati ad una peculiare mis-sione nell’ambito della nuova evangelizza-zione, ispirandovi a Maria Madre dell’amoree del dolore umano. Vi sostengono in talenon facile testimonianza gli operatori sanita-ri, i familiari, i volontari che vi accompagna-no lungo il quotidiano cammino della prova”(Ivi, n. 2). Vi sostiene anzitutto l’Immacola-ta, che amate e venerate come meta principa-le dei vostri pellegrinaggi terreni e del gran-de pellegrinaggio della vita. Vi accompagnianche la mia Apostolica Benedizione, che o-ra imparto con grande affetto a voi, qui pre-senti, ed estendo volentieri a quanti non han-no potuto venire come pure ai vostri familia-ri.

Queste le parole di saluto rivolte dal Papaagli studenti del Collegio San Carlo di Mila-no in occasione del centoventicinquesimoanniversario di fondazione:

Sono lieto di accogliere anche gli alunni diTerza Media del Collegio San Carlo di Mila-no, venuti in occasione del centoventicin-quesimo anniversario di fondazione dell’Isti-tuto, che vanta tra i suoi ex-alunni AchilleRatti di Desio, chiamato poi dalla Provvi-denza a diventare Papa col nome di Pio XI.

Cari ragazzi, voi state per concludere unciclo scolastico e per iniziare una nuova fasedella vostra crescita umana e cristiana. Au-guro a voi e a tutti gli amici del “San Carlo”di vivere la vostra età come un’apertura allavita, ricordando sempre quello che disse ungiorno Gesù ai suoi discepoli: “Io sono la Vi-ta”. Sì, carissimi, seguite Gesù e la vostra vi-ta sarà piena di bontà e di gioia! Vi benedicodi cuore, insieme con i vostri educatori.

Offrite la vostra sofferenza per divenire protagonisti nel cammino verso il grande Giubileo del Duemila

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argomenti

Pastorale sanitaria, una sfida alla formazione

La sofferenza durante la malattia

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1. Un “kairós” stimolante e salutare

Da una quindicina di anni lapastorale sanitaria sta viven-do, all’interno della Chiesa eparticolarmente in Spagna,quella che potremmo definireuna nuova primavera, compa-tibile ovviamente con gli au-tunni della sofferenza, dellamalattia e della morte: stagio-ne abituale, anche se non uni-ca, nel mondo della salute edella sanità.

Il clima nuovo, formato dinuove sensibilità, di risvegli edi aperture, ha dei punti di ri-ferimento ben precisi come,ad esempio, la pubblicazionedella Salvifici doloris (1984),il Motu Proprio Dolentiumhominum (1985), mediante ilquale fu creato il PontificioConsiglio della Pastorale pergli Operatori Sanitari; l’istitu-zione della Giornata Mondialedel Malato, la quale ebbe ilsuo precedente più emblema-tico nella Chiesa spagnola; ilsorgere ovunque dei Segreta-riati – Commissioni o Diparti-menti – nazionali e delle dele-gazioni diocesane; la prolife-razione di gruppi ed associa-zioni di volontariato, il poten-ziamento e il rafforzamentodelle associazioni di profes-sionisti sanitari cristiani. Tuttociò è segno di una corrente, al-lo stesso tempo silenziosa eforte, guidata provvidenzial-mente dallo Spirito, per con-durre la Chiesa alla essenzastessa del Vangelo.

Si tratta di riscoprire, sem-pre in relazione alla nuova e-vangelizzazione, che l’uomo,soprattutto quando soffre, è lastrada che la Chiesa deve per-correre nell’adempimento del-la sua missione. Questo impe-rativo, che ci viene ricordatoda Paolo VI nella Evangeliinuntiandi, e definitivamenteconiato da Giovanni Paolo II,prima nella Redemptor homi-nis (nn. 14, 21) e successiva-

mente nella Salvifici doloris(n. 3), si è tradotto in una nuo-va sensibilità verso quanto av-viene nell’uomo, nel suo inti-mo e nel complesso intrecciodelle sue molteplici relazioni.

La pastorale sanitaria è ilsimbolo privilegiato dell’in-contro della comunità eccle-siale con l’uomo; di quell’uo-mo in bilico tra il nulla e l’in-finito, che ha sete di vita pie-na, tentato dalle briciole, radi-calmente minacciato di morte,fragile, sofferente, addoloratoe, allo stesso tempo, capace dinegare l’ultima parola alle“passività dell’esistenza”; ten-sione che sin dalle sue originiè aperta e spesso soffocata dalpunto di vista culturale e am-bientale...

Siamo di fronte ad unkairós consolatore o di auto-compiacimento? Quanto piùsiamo vigili tanto più siamolucidi; cioè, più coscienti del-le ombre che oscurano la pa-storale sanitaria. Basta ricor-darne una che ha molto a chevedere con l’origine stessa diquesta nuova Scuola. Comediceva qualche tempo fa ilteologo italiano G. Colombo,nella pastorale della sanità,specialmente nei paesi latini,si è prodotto e continua a pro-dursi un curioso paradosso: lacoesistenza di una grande sin-fonia di presenze e iniziativecon indubbie e specifiche ca-renze di formazione teologi-co-pastorali.

Anche nel campo della for-mazione sono stati realizzaticonsiderevoli sforzi. In ambi-to internazionale, ricordiamoper il suo significato l’istitu-zione a Roma del “Camillia-num” (Istituto Internazionaledi Teologia Pastorale Sanita-ria) e nel nostro Paese, dellescuole di pastorale sanitaria e-sistenti in diverse città, comepure le iniziative che promuo-vo la preparazione di operato-ri pastorali e di volontari e,anche se in modo embrionale,

dei futuri sacerdoti.Dove nasce la nuova co-

scienza sulla necessità dellaformazione in questo campocosì vasto, e quali sono i crite-ri che devono guidarla? Il miointervento si svolgerà attornoa questi due interrogativi, efin dall’inizio metterò in risal-to la formazione teologico-pastorale.

2. Il luogo degli “eventi fondamentali” dell’esistenza

Nella Dolentium hominum(n. 3), Giovanni Paolo II cosìdefinisce la nascita, la soffe-renza, la malattia/salute e lamorte; aggiungendo che essinon implicano solo problemiorganizzativi, economici epolitici, ma anche di carattereantropologico e teologico-pa-storale. Non si tratta, infatti,di esperienze più o meno su-perficiali, ma di esperienzeche danno una configurazionealla vita e sostanza all’esisten-za. La loro portata antropolo-gica è tale che non influisco-no soltanto sul modo di vive-re, ma appartengono all’ordi-ne stesso dell’essere. Sonosemplicemente fondamentalie fondanti.

In quanto avvenimenti, han-no una triplice caratteristica.Quella di essere gioiosamentee dolorosamente inesorabili.L’avvenimento – la malattiasuperata o un fatto doloroso –spesso lascia un segno nellavita, crea un prima e un dopomolto diversi tra loro; l’aspet-tativa di quanto inevitabilmen-te avverrà – la morte – muoveattorno a sé un susseguirsi dilotte e sconfitte, di speranze edelusioni. Un’altra caratteristi-ca riguarda ciò che poteva es-sere evitato come, ad esempio,non poche malattie e sofferen-ze; o che poteva essere vissutoin modo diverso, più salutare,con più speranza o gioia.

Pastorale sanitaria, una sfida alla formazione

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Sono pertanto avvenimentila cui terza caratteristica stanel fatto che, sempre e comun-que, si tratta di esperienze,cioè, fatti assunti dalla co-scienza, oggetto di decisioniche richiedono libertà e senso,integrati nelle diverse coordi-nate della persona, incorporatiin un progetto di vita e in uninsieme di valori.

La loro portata antropologi-ca non permette di ridurli allasola dimensione biologica o,come ricorda la Dolentium ho-minum, ad essere oggetto di u-na attenzione unicamente tec-nica e politica. Si tratta di av-venimenti radicalmente bio-grafici nei quali l’inevitabile –perché avverrà o perché è giàavvenuto – spesso reclama so-prattutto la possibilità di esse-re oggetto di una nuova espe-rienza. In altre parole, chepossano essere vissuti comeavvenimenti profondamenteumani e salutarmente salvifici.

Nel mondo della sanità que-sta triplice impronta è quoti-diana e onnipresente in formaemblematica. Nel ricordarlo,vogliamo indicare una delle li-nee maestre della pastorale sa-nitaria, ed una esigenza forma-tiva. In quanto alla prima, l’o-biettivo prioritario della pasto-rale consiste prima di tuttonell’intervenire sulle esperien-ze, sanandole, evangelizzan-dole, ricostruendole se neces-sario, modificandone il corso,dando loro un senso... In altreparole potremmo dire: la pa-storale sanitaria deve cercaredi far sì che la salvezza prendacorpo, qui e ora, nei suddettiavvenimenti facendo di essi e-sperienze salutari, aperte allasalvezza. Come possiamo in-tervenire efficacemente su diesse? Di frequente è molto piùfacile agire sulla loro compo-nente biologica; è più facilecurare che dare senso, è piùsemplice ritardare la morteche riconciliarsi con essa, èmeno compromettente som-ministrare pillole che motivareun nuovo stile di vita. È qui laprima sfida alla formazione.

3. Nell’essenza dei simboli

Gli eventi di cui abbiamoparlato posseggono, inoltre, u-na forte portata simbolica di

matrice spirituale e, al tempostesso, culturale. I simboli, checircolano grazie all’intuizionepiù che al discorso, servonoper amalgamare e unire, perfi-no al di sopra delle differenze;suggeriscono, rimandano, van-no oltre se stessi, rivelano l’al-tra faccia, la dimensione spes-so occulta della realtà. Perciò,più che l’assenso della ragio-ne, suscitano l’adesione o il ri-fiuto del cuore; come direbbeSant’Agostino, smuovono ilsentimento.

In questo modo, attorno allesue gioie la salute riunisce ipoveri e i ricchi: oggi una in-numerevole moltitudine dinuovi “adoratori” della nuovadea Igea. È la fede che possie-de un maggior numero di pun-ti d’incontro e di seguaci. Lasalute – una di quelle espe-rienze essenziali, non dimenti-chiamolo – è un grande sim-bolo della stessa condizione u-mana. Dietro alla ricerca diessa, anche se in modo sba-gliato, soffermandosi in surro-gati o convivendo con la perti-nace affermazione di forme divita autodistruttive, si nascon-de sempre un presentimento,un’ansia di pienezza, di supe-ramento di tutto ciò che è pre-cario e frammentario, una sor-ta di sete di totalità e di inte-grità. Così lo suggerisce la suastessa terminologia. Dietro aquesta ricerca è presente la se-te di salvezza, che tutto sia uno– nel vivo silenzio del corpo inarmonia – e, ovviamente, persempre. Per questa ragione,tende anche a quella tensioneradicale, impressa nel cuore diogni uomo – a volte come im-pulsiva e assettata e altre comesoffocata o addormentata –che lo colloca in situazione diemergenza, di insoddisfazionee di nostalgia, fino a quandonon riposerà in Dio. Dio stessoabita in essa; ancor più, Dio èall’origine di essa. In essa si èincarnato Cristo. Comincian-do dal profondo, dove l’uomosente la sofferenza, incontran-dolo nel basso delle sue soffe-renze e della sua emarginazio-ne, Cristo accoglie la tensioneumana verso la vita, ridando lavista al cieco e l’udito al sor-do; ma, allo tempo stesso,mantiene la tensione, la pro-lunga, la eleva. Vale a dire, l’i-tinerario della salute verso la

salvezza non è soltanto perquelli che si suppone sianomalati, ma per ogni uomo, so-prattutto per coloro che hannoil coraggio di riconoscere chele loro stampelle sono forsenel cervello, che gli occhi delcuore non distinguono la lucedalle tenebre, che qualcheschiavitù frena la loro libertà,che le loro relazioni sono pocosalutari... Il ricupero della sa-lute fisica è soltanto il primomomento di una lunga strada.

Anche la malattia, la soffe-renza e la morte hanno una in-dubbia essenza simbolica. Inesse si esprime, in forma pal-pabile ed occulta allo stessotempo, il lato della comunefragilità e precarietà umana.Palpabile, perché niente c’è dipiù denso, di pesante e di certodella sofferenza che penetrafino alle ultime pieghe dell’a-nima; niente di più familiareed estraneo come la malattiache progressivamente deterio-ra o come la morte che vienesofferta come la più alta pas-sione. Questi eventi, però, nonsono del tutto trasparenti equindi suggeriscono e riman-dano. Ciò che appare fram-mentario non lo è del tutto,nemmeno la debolezza è asso-luta, né totale è il potere dellamorte che, tuttavia, non lasciaimpronte visibili di un esaspe-rato eterno sopravvivere.

Il simbolo è qui umile, mainsostituibile. Ad esempio,mai la malattia e la sofferenzache la accompagna possonoessere racchiuse in una soladimensione della persona. As-sieme alle ossa e agli organi, siammalano anche l’anima, le e-mozioni, le relazioni, la fami-glia... E non esistono nella let-teratura, nemmeno in quellabiblica, parole sufficientemen-te eloquenti ed esaustive per e-sprimere il mondo interiore dichi soffre. A volte, la stessamalattia non è altro che lapunta dell’iceberg di una pato-logia più profonda e più diffu-sa. Di qui l’inevitabile sensa-zione d’incomunicabilità cheaccompagna chi si ammala esoffre. E che dire dell’espe-rienza della morte? La sua do-minatrice irruzione, minacciadi una distruzione totale inac-cettabile o a volte desiderata, èil momento biografico di mag-giore trascendenza, anche se

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preparato da una sua presenzaannunciata durante la vita.Nella morte, l’occulto, resi-stente agli occhi e alla culturadi oggi, non rimanda soltantoall’ansia umana di eternità, masoprattutto alla possibilità cheesista un Amore che ci salvitutti oltre il limite visibile.

Anche in questo capitolo, lapastorale sanitaria trova un’al-tra linea maestra e un’altra esi-genza formativa. Come fece ilSignore, anche l’operatore pa-storale agisce su realtà o avve-nimenti che sono a loro voltasimbolo. E i simboli hanno unlinguaggio proprio, richiedonouna nuova sensibilità, un rin-novato modello di prassi pa-storale. La pastorale sanitariacerca la verità, ma non adorala conoscenza; prima di tuttoviene la “verità” di ciò che staaccadendo, il peso di ciò che èreale. L’operatore pastoraledeve essere cosciente che il te-ma dottrinale, la proposta difede e la comunicazione delmessaggio salvifico si devonofare attraverso l’impegno per-sonale; e questo non è possibi-le realizzarlo a distanza: biso-gna lasciarsi prendere, in mo-do salutare e profondo. È lavia dell’acceso all’essenza deisimboli. Che tipo di formazio-ne si richiede per raggiungereciò? Questa è la seconda sfida.

4. Crocevia, punto d’incontro e di scontro

Da quanto detto, è evidenteche il mondo della salute edella sanità è il “luogo” piùemblematico di ciò che è uma-no, vale a dire, di ciò che è so-stanziale più che dei particola-ri; della comune condizione,più che delle differenze. Pro-prio per questo è anche il cro-cevia, come ha scritto J.M.R.Tillard, delle grandi speranze edelle grandi delusioni dell’u-manità. Orbene, ogni croceviaè, di per se stesso, sbocco,confluenza, luogo di incontroe, allo stesso tempo, momentodi decisione, di intraprenderenuove strade; mai un focolarestabile.

Ad ogni modo, questi avve-nimenti fondamentali, da unaparte così comuni, sono quelliche meglio mettono alla proval’uomo, “impegnandolo” in

qualche modo, come ha scrit-to Rahner, a decidere sull’es-senzialità della sua vita. Sonoumani non perché avvengononell’uomo mediante l’imposi-zione della natura o al margi-ne di esso, ma perché l’uomopuò e deve decidere a loro ri-guardo.

E, certamente, decide. L’uo-mo è l’unico essere della crea-zione che dai fenomeni appa-rentemente biologici – perfinodi quelli più banali e quotidiani– fa sì che, almeno alcuni di es-si, siano fondamentalmente ecostitutivamente culturali. For-se un esempio molto sempliceci può far vedere il senso e leimplicazioni di questa afferma-zione: la morte e la malattia co-me fatti biologici sono ugualiper tutti; ma esistono differen-ze abissali sul come vengonovissute fino al punto che non èla morte in sé quella che segnale differenze ma l’aspettativadella propria morte, assiemealle tante decisioni, di senso enon-senso, di speranze e delu-sioni che l’accompagnano.

Ebbene, questi avvenimen-ti, così profondamente perso-nali, sono quelli che forse me-glio rivelano il tessuto cultura-le della società. Per sapere co-sa pensa l’uomo attuale, qualisono i valori o i controvaloriche lo contraddistinguono,quali le sue aspettative e delu-sioni, quale il senso della suavita..., è necessario incontrarloattraverso questi avvenimenti;più concretamente, come fusuggerito da un vescovo aGiovanni Paolo II all’iniziodel suo pontificato, bisognaandare negli ospedali, nei luo-ghi dove la salute e la malattiasono istituzionalizzate. Sonoluogo di passaggio obbligatoper tutti: i nuovi “templi”,sempre stracolmi, perfino dacoloro che nel linguaggio ec-clesiale denominiamo “lonta-ni”. In questo dislocamento,allo stesso tempo quantitativoe qualitativo, la comunità ec-clesiale trova una delle ragio-ni più consistenti per spostare,anch’essa, la sua sollecitudinepastorale ed evangelizzatrice:infatti, è anche qui, quantitati-vamente e qualitativamente,che l’incontro salvifico congli uomini acquisisce ogginuovo significato e portata, al-meno allo stesso livello di una

qualsiasi parrocchia.Da questo punto di vista si

capisce molto meglio la con-cretezza biografica e socio-culturale della salute e dellamalattia, della sofferenza edella morte. Sono esperienzeche dipendono da un enormeintreccio di fattori. La malattia– e lo stesso si potrebbe diredelle altre esperienze – non e-siste mai in forma astratta; sifa storia, prende carne nel ma-lato e nel suo mondo interioree familiare, è tributaria di unabiografia e di una cultura, dicondizionamenti etici e socio-economici, di modelli di soli-darietà o di non solidarietà.Rimanda sempre ad una gran-de alleanza di fattori e di sfor-zi, di volontà e di decisioni.

Da quanto esposto, seppurbrevemente, in questo capitolosi desumono anche alcune li-nee di azione fondamentali perla pastorale; linee che richie-dono una formazione specifi-ca. Affinché la pastorale sani-taria possa incidere in modosignificativo ed efficacementesu queste esperienze, è neces-sario che essa agisca contem-poraneamente sui modelli cul-turali verso i quali tendono osui quali si fondano. Come hascritto H. Carrier, l’evangeliz-zazione della cultura è la for-ma più radicale dell’evange-lizzazione. E qui, nel mondodella salute e della malattia, èinevitabilmente obbligatorioandare alle radici; infatti, que-sto è il mondo della radicalità.

Secondo le parole della E-vangelii nuntiandi, affinchél’evangelizzazione non siaqualcosa di decorativo, qualeuna vernice che viene applica-ta; affinché arrivi al cuore del-l’uomo e quindi alla matriceculturale delle sue decisioni, ènecessario confrontare le at-tuali culture della salute, dellavita e della morte, incidere su-gli stili di vita, proporre nuovimodelli culturali ispirati alVangelo. Si tratta di un lavoroduro ma necessario. Contraria-mente, l’azione della Chiesa inquesto mondo attraverso i suoifedeli, le sue istituzioni e co-munità, si limiterebbe alle on-de corte della carità – semprenecessarie ma insufficienti –accontentandosi di esortazionie perfino di condanne; allonta-nandosi ogni volta dai mo-

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menti decisivi, da quelli chebene o male, influiscono nellamodificazione delle strutture;e assentandosi dai nuovi “pul-piti” dove vengono generatenuove culture. Cosa ne sareb-be della “nuova evangelizza-zione” costruita al margine diquesti avvenimenti fondamen-tali? Di quali risorse formativeabbisogna questa evangelizza-zione? Ecco la terza sfida.

5. “Intuizione etica” in un mondo di valori conflittuali

È sempre più evidente che ilmondo della salute e della ma-lattia sia un mondo profonda-mente etico. Oltre a quanto ab-biamo indicato, cerchiamo diapprofondire ciò che i massmedia riferiscono ogni giornosotto forma di cronaca, di rac-conto. Alla fine del bosco fittodi notizie, dunque, forse infondo a ciò che leggiamo esperimentiamo, c’è il fatto tre-mendo che l’uomo per quelche è e per essere tale, reclamala propria libertà e quella al-trui. È la soggettività e l’alte-rità, che mettono così in risaltoquesti eventi fondamentali,tante volte menzionati. Per di-ventare se stessi è necessario“intervenire”, agire, decideresu se stessi; soltanto così si co-struisce l’aspetto essenzialedella vita. Ma, proprio perchésiamo alterità che si “impone”e si offre agli altri, ognuno dinoi è anche oggetto delle deci-sioni altrui. Anche gli altri in-fluiscono su di noi.

Pertanto, il mondo della pa-storale sanitaria è quello dellegrandi decisioni e, quindi, deigrandi interrogativi. In essotroviamo l’umanità, l’essenzacioè dell’uomo – la sua vita ela sua morte, la sua nascita e ilsuo termine, la sua dignità e isuoi diritti elementari, il sensoe il non-senso –, ciò che conti-nuamente è in gioco. Unascienza sempre più incisiva –perfino, almeno a livello in-conscio, sempre più vicina aisegreti ultimi della vita e dellamorte –, più efficace ed ag-gressiva, ci offre ogni giornouna porzione di nuovi proble-mi etici la cui complessità vasempre oltre. Ma, al tempostesso, la portata di queste

puntuali questioni non può oc-cultare quel che sono solitochiamare la “quotidianità eti-ca”, l’immensa sinfonia, cioè,di valori che nasce dal gigante-sco coro di coloro che pro-muovono la salute, che si oc-cupano della malattia, che as-sistono al malato e al moribon-do e mitigano la sofferenza.

Per questa complessa tramaetica non è sufficiente posse-dere una certa “intuizione”che in alcuni casi si riduce allasola buona volontà; in altri, aduna poco coltivata o approfon-dita sensibilità; e in altri, infi-ne, ad una mancanza di moti-vazioni e di criteri ben fondatiper prendere decisioni.

Tutti ammettiamo senzatante riserve, che la pastorale– e meno ancora nel mondodella sanità – non può essereridotta soltanto a proporre untipo di etica. D’altra parte, èimpensabile una evangelizza-zione che non faccia confron-to, che non dia una ragione enon orienti la cultura, gli at-teggiamenti e i modi di com-portamento dal punto di vistaetico e morale. Questa respon-sabilità ha oggi una maggioreurgenza di fronte alla crisi deivalori, e al pluralismo che re-lativizza ogni sistema univer-sale e allo stesso tempo recla-ma delle dichiarazioni; davan-ti alla difficoltà di fondare nelVangelo puntuali ed evidentirisposte ad ogni nuova que-stione; e di fronte alla neces-sità imperiosa che la grandealleanza in favore della salutesia sostenuta da quei valoriche meglio rispettino la di-gnità sacra di ogni uomo, spe-cialmente di quelli più indife-si. Pertanto, diventa più ur-gente la necessità di una ade-guata preparazione affinchél’animazione cristiana delmondo della salute, così di-versificato, non si faccia almargine del confronto e delsostegno etico.

6. Oggi, più che mai, “terra di Vangelo”

È chiaro che il fondamentodi una pastorale sanitaria rin-novata e le esigenze di una a-deguata formazione vannocercate soprattutto nel Vange-lo, cioè nell’evento di Cristo e

nella sua stessa prassi. Orbe-ne, a questa scoperta si arrivasicuramente seguendo la stra-da percorsa.

In questi tempi duri e fragili,è evidente la perdita di prota-gonismo ecclesiale nel mondodella salute; ancora non è statacolmata la divisione tra fede escienza; la prassi medica, dimatrice paradossalmente filo-sofica, ha eliminato – come af-ferma V. von Weiszaker – ilsoggetto della medicina, disu-manizzandola; ha reso relativae perfino ha ignorato qualsiasialtra risorsa terapeutica e, so-prattutto, ha cercato soluzionitecniche per avvenimenti dicarattere profondamente uma-no e sociale. In questi tempi,quindi, ciò che sta originaria-mente in gioco è la rivendica-zione della dimensione umanae sociale degli eventi fonda-mentali dell’esistenza umana.Ancor più, affinché la comu-nità ecclesiale non abbia l’im-pressione di trovarsi irrime-diabilmente in terra straniera,affinché l’offerta del messag-gio di salvezza non sia perce-pita come qualcosa di aleato-rio “aggiunto”, e affinché ilsuo modello di salute non en-tri di soppiatto o in un modoquasi vergognoso o competiti-vo, è imprescindibile scoprirel’essenza antropologica ed an-tropocentrica dello stesso Van-gelo e, precisamente, dallaprospettiva della salute e dellamalattia.

L’espressione adoperata daGiovanni Paolo II in Dolen-tium hominum quando si rife-risce alla nascita, malattia/sa-lute e morte, non soltanto è insintonia con le moderne antro-pologie, ma è anche profonda-mente biblica. Dal punto di vi-sta biblico, tanto nel Vecchiocome nel nuovo Testamento,l’eloquenza rivelatrice dellasalute/malattia e della morterisiede proprio nella sua di-mensione biografica e spiri-tuale. Fino al punto che Cristonon è venuto a fare il guaritoreo per essere il rivale della me-dicina del suo tempo, e nem-meno per essere un taumatur-go che compiva miracoli la cuirivelazione finisce in se stessi,ma soprattutto per suscitarenuove esperienze salutari esalvifiche, perfino quando bi-sogna convivere con la malat-

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tia, così come bisogna convi-vere con la morte.

La salute che Cristo offre èl’espressione viva di una soli-darietà estrema –”sacrificò lapropria salute sulla Croce”, di-ce J.A. Pagola –, della passio-ne/implicanza di Dio nellebiografie umane e, allo stessotempo, del disegno divino dirinnovare ogni uomo e tutti gliuomini. Perciò la offre simbo-licamente e privilegiatamentea coloro che, anche simbolica-mente, meglio rappresentanola condizione umana ferita –gli ammalati e gli esclusi so-cialmente –, ma allo stessotempo forma parte di un itine-rario di salvezza integrale incui tutti prendono parte. Vale adire, è salute per tutti. La suamissione non è soltanto tera-peutica, ma è anche l’avveni-mento nella sua globalità – In-carnazione, Pasqua, Spirito,Chiesa –. Ha unito in un unicomandato la cura e l’annuncio;proprio perché curando pro-clamava la salvezza, e la suaparola – la sua stessa persona– era anche salutare e terapeu-tica.

È proprio da quanto abbia-mo detto che derivano gli o-rientamenti più importanti enumerosi per la pastorale sani-taria che, evidentemente, ri-chiedono una nuova peculia-rità formativa. Indichiamo sol-tanto alcuni di essi.

La pastorale sanitaria nasceed ha qui il suo fondamento.Si colloca all’inizio stesso diquesto itinerario terapeutico-salvifico. Il suo obiettivo èquello che la salvezza si incar-ni sotto forma di salute, cheprenda corpo nel corpo e nelsuo mondo; e, allo stesso tem-po, che la salute non sia sosti-tuita dalla salvezza, ma che siapra ad essa. La pastorale sa-nitaria, pertanto, deve esserecontemporaneamente l’evi-denziazione della passione diDio per l’uomo, attenta e sen-sibile a quanto avviene in lui;e, allo stesso tempo, deve se-guirlo in questo lungo itinera-rio, fatto di luci e di ombre, ditensione aperta e soffocata: illungo cammino della speranzacristiana, parto faticoso la cuiluce definitiva sta alla fine.

Questa salute è raccoman-data da Cristo alla comunitàecclesiale; è una connotazione

del Regno perché è inserita inuna alleanza – aperta a tutti gliuomini di buona volontà –, incui con diversità di professionie ministeri, percorrendo lastrada dell’uomo, si cerca diseguire fedelmente quel cam-mino. Si tratta di una offerta disalute che permette specializ-zazioni e non frammentarietà,che reclama un forte senso dicentralità o totalità – come di-rebbe B. Haring –, e nelle pa-role della Dolentium homi-num, una visione integrale del-l’uomo.

La pastorale sanitaria costi-tuisce un “momento” specifi-co e privilegiato di quell’itine-rario verso la salvezza; mo-mento trascendentale per rag-giungere, mediante questi e-venti, la verità dell’uomo e,contemporaneamente, per ren-dere esplicito il suo incontrosalvifico con Dio. Ma la pasto-rale sanitaria è anche memoriache ogni pastorale, cioè, l’ope-ra evangelizzatrice della Chie-sa e, quindi, la sua attività li-turgica, devono essere ugual-mente salutari e terapeutiche.Se non è così – e purtroppospesso lo è – l’offerta di sal-vezza perde di credibilità, diconcretezza storica e di sinto-nia con l’uomo di oggi. Diffi-cilmente la Chiesa può esseresacramento della salvezza edell’incontro di Dio con l’u-manità se, per via di questi e-venti, allo stesso tempo non èanche segno terapeutico effi-cace ed incontro con l’uomo.

Di qui, che la pastorale dellasanità è certamente un test, di-rei definitivo, della fedeltà ec-clesiale alla solidarietà di Cri-sto e alla sua squisita passioneper ciò che è umano; ma è an-che la prova contundente chenon è possibile proclamare/an-nunciare e celebrare senza cu-rare, senza promuovere unasocietà e una convivenza piùsalutare, un’umanità integral-mente rinnovata.

7. Quale formazione teologico-pastorale per il mondo della salute di oggi

La vostra amabile ed intelli-gente attenzione giustifiche-rebbe che a questo punto lamia esposizione giungesse al

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suo termine. Comunque, per-mettetemi di approfondirequesto capitolo, traendo alcu-ne conclusioni che sorgonoquasi spontaneamente daquanto finora detto o suggeri-to. Per un migliore approfon-dimento rimando a due mieilavori: il primo si trova nel li-bro Religiosos al servicio delos enfermos (Istituto Teologi-co di V.R., Madrid 1982), ilsecondo, nel Boletín Informa-tivo de Vida Religiosa, 51(1981), n. 5.

7.1 Duplice obiettivoVisto che mi riferisco alla

formazione teologico-pastora-le, che verrà data in questaScuola che oggi si inaugura,cominciamo indicando un du-plice obiettivo, che allo stessotempo significa una dupliceprospettiva complementare.

Il primo obiettivo della for-mazione teologico-pastorale èla persona stessa del profes-sionista, del volontario, dell’o-peratore pastorale, del cappel-lano... Si tratta, pertanto, di u-na prospettiva personalistica.Sarebbe superfluo menzionar-lo se ciò non avesse una rile-vanza speciale, come abbiamovisto, nel mondo della salute edella sanità.

Chi lavora in questo settoree, per di più, è credente, si tro-va quotidianamente sottopostoo esposto alla “serietà” dellavita, come risulta dagli eventidi cui abbiamo parlato. Non e-siste attività che impegni emetta a confronto così profon-damente colui che la realizza,come le attività che si svolgo-no in questo campo. Il contattogiornaliero con questi eventimette a prova il meglio e ilpeggio delle nostre vite, dellanostra cultura, delle nostre“programmazioni” mentali edemotive. Ci mette allo scoper-to, ci toglie ogni maschera escuote le nostre sicurezze, so-prattutto se queste sono false.Ci confronta con ciò che è es-senziale ed ultimo. Da qui sor-gono, specialmente in coloroche si “nascondono” dietro ilproprio ruolo o in coloro chenon sono preparati o motivatia lasciarsi coinvolgere o im-plicare, diversi meccanismi diautodifesa – oggi ben studiati– o effetti indesiderati, comelo stress, la demotivazione, la

semplificazione affettiva, laperdita dell’entusiasmo, l’ec-cessiva professionalità o, perl’estremo contrario, un perico-loso sentimentalismo dellapropria attività ecc.

Una adeguata formazioneteologico-pastorale – che nonsi aggiunga ad altre specializ-zazioni o abilitazioni, ma cheli integri – deve essere ugual-mente rivolta al sapere, al sa-per fare e al saper essere. Ladesiderata specializzazione siinserisce all’interno di un ap-prendimento che certamente èun processo fatto di integrazio-ne, di sensibilizzazione, di ap-profondimento e, ovviamente,di azione.

Forse con un esempio possocercare di chiarire queste af-fermazioni molto generiche.Credo che la dimensione piùsaliente del servizio che offreogni operatore sanitario, siaesso medico, volontario o pa-store, è la relazione, sia chevenga chiamata relazione tera-peutica, relazione di sostegnoo relazione pastorale. Ebbene,tanto dalla riflessione biblico-teologica, che dalle scienzedel comportamento e dalle at-tuali antropologie mediche, o-gni volta si mette più in risaltoche la prima risorsa terapeuti-ca è la propria persona e cheuna delle maggiori energie diguarigione – secondo alcuni laprima – è l’amore.

Da qui derivano numeroseconseguenze per una sapientelettura del credente. Vediamo-ne alcune.

La nostra umanità propria èe continua ad essere una me-diazione ordinaria dell’uma-nità di Dio che si incarna nelmondo della salute e della sa-nità, nel lungo itinerario dallasalute alla salvezza. La primamateria è, dunque, la propriaumanità affinché diventi sim-bolo e prolungamento dell’u-manità di Dio e del suo amoree della sua volontà salvifica.

La formazione deve aiutare,dunque, a comprendere chenella nostra attività curiamoed evangelizziamo, come percontagio o per osmosi. Vale adire, non ha validità una for-mazione che non aiuti, ad e-sempio, alla buona conoscen-za delle proprie risorse tera-peutiche, del proprio mondointerno, delle sue reazioni di

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fronte alla “serietà” della vita,che non favorisca l’integrazio-ne delle proprie ombre e ferite,che non aiuti a riconciliarsicon la propria morte. Prove-niamo da una tradizione cheha esagerato sull’importanzadella trasmissione di verità, dicontenuti. Oggi siamo co-scienti che l’apprendimento ditecniche relazionali, di abilitàe di competenze psico-pasto-rali, e che la conoscenza dellacomplessa psicologia dei ma-lati, non sono sufficienti senon ci sono contenuti evange-lizzatori e l’esperienza deglistessi; ma nemmeno ignoria-mo che i contenuti – per moltobelli e credibili che siano – e lapropria esperienza di fede, nongiungono, non penetrano, nonevangelizzano senza un ade-guato apprendimento di comu-nicazione, di trasmissione e diinculturazione. Questa gravecarenza sta alla base di quelche Paolo VI ha chiamato “ildramma della frattura tra Van-gelo e cultura” (EN 21), e di-venta evidente specie nel no-stro mondo della salute e dellamalattia.

Imparare a relazionarsi si-gnifica molto più che compen-sare la mancanza di umanitàdel mondo sanitario e, quindi,qualcosa di molto diverso delsentimentalismo delle nostreprofessioni. È un apprendi-mento lento che va dall’antro-pologia alla psicologia, dallariflessione sulle proprie espe-rienze alla conoscenza dellanatura e alle tecniche di rela-zione dell’aiuto, dalla supervi-sione della prassi pastorale –fatta inizialmente da esperti –al fondamento della stessa inuna adeguata comprensionedel mistero di Cristo in chiaveterapeutica, dalla responsabi-lità e dalle ragioni personalialla capacità di lavorare ingruppi pluridisciplinari ecc.

Il secondo obiettivo, e conesso la seconda prospettiva, è,non potrebbe essere altrimenti,la missione. La formazioneteologico-pastorale non fini-sce in se stessa, ha una finalitàpratica. Non è questo il luogoper approfondire questa mis-sione, ma per indicare, seppurbrevemente, due obiettivi fon-damentali della formazioneteologico-pastorale riguardoalla stessa.

Dietro alla stimolante e pro-mettente ricerca di formazioneteologico-pastorale – anche daparte di coloro che non sonopastori né operatori pastorali –si nasconde una provvidenzia-le intuizione di cui la forma-zione dovrà trovare un suofondamento e una sua consoli-dazione. L’intuizione è questa:qualsiasi servizio sanitario,informato ed illuminato dallafede e realizzato in nome dellaChiesa, possiede di per sé unvalore apostolico. La AA, al n.8, dopo aver indicato che ogniopera di apostolato nasce eprende forza dalla carità, ag-giunge che, nonostante questo,ci sono attività che per lorostessa natura, sono una espres-sione più viva della carità eche Cristo stesso le mise inprimo piano come segno dellasua identità messianica. Diquesta stessa convinzione èGiovanni Paolo II nella Salvi-fici doloris. Questa certezza èugualmente presente in questagià lunga relazione. In molti o-peratori è soltanto una intui-zione, che nasce dalla portataumanitaria della loro profes-sione; in non pochi religiosi èstata un interrogativo, a volteun po’ triste, che non ha trova-to una risposta esauriente; permolti altri operatori o profes-sionisti l’attività professionaleè fondamentalmente l’eserci-zio di una professione “profa-na”, secolare, sottomessa allalogica della razionalità e alleesigenze di una efficacia sem-pre più disincarnata e, nel fon-do, economicistica.

Ebbene, una adeguata for-mazione teologico-pastoralenon è quella che cerca che tuttisiano pastori o cappellani, maquella che aiuta ogni profes-sionista – sia esso laico o reli-gioso, volontario o retribuito –a scoprire la dimensione pa-storale ed evangelizzatricedella promozione della salute,della cura della malattia, del-l’attenzione al malato, dellamitigazione della sofferenza:in una parola, a scoprire la suaprofessione. Qui e in questamoltitudine di “apostoli” ed e-vangelizzatori, spesso nonmolto coscienti di esserlo, sitrova in grande misura la sortedella Chiesa nel complessomondo della salute. Questa af-fermazione ci rende coscienti

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del valore della testimonianzache, secondo la Evangelii nun-tiandi, propone “interrogativiirresistibili” e secondo la Re-demptoris Missio è la primaforma di evangelizzazione.Questa formazione deve aiuta-re anche a fornire un fonda-mento biblico e teologico alsenso della professione, la di-namica salutare-salvifica incui si inserisce, la comunioneecclesiale della quale si parte-cipa; d’altra parte, deve tenerein grande considerazione l’ap-prendimento della cultura edel valore simbolico dei gesti– “gesti terapeutici” –; dalpunto di vista etico, deve illu-minare l’esercizio della pro-pria professione.

Come è ovvio, la creazionedi una nuova Scuola di Pasto-rale Sanitaria trova il suo o-biettivo ultimo nella formazio-ne di operatori pastorali, cioè,di persone preparate per essereinserite in una équipe pastora-le, in qualsiasi ambito, e/o perrendere simultaneo l’eserciziodi una professione tecnica conuna rilevante collaborazione incampo pastorale. In questosenso, una Scuola come questadeve potenziare ciò che iochiamo una “evangelizzazionespontanea” – anche se nellapratica non è poi tanto sponta-nea – e aiutare il maggior nu-mero possibile di persone apassare da questa alla pastora-le. La prima è opera e doveredi tutti, per il fatto di esserebattezzati – come ricorda l’AA,n. 2 – , la seconda, invece, èun’arte che si impara, non sipuò improvvisare, una missio-ne che viene data e che ha sen-so soltanto se è esercitata incomunione con la Chiesa.Questa, oggi più che mai, habisogno di evangelizzare attra-verso la testimonianza e l’an-nuncio, attraverso i testimoni ei maestri (EN 71); se preferite– senza voler correggere PaoloVI – di testimoni che sianomaestri nell’arte di rendere te-stimonianza – apprendimentolento, come abbiamo visto –; edi maestri il cui annuncio emessaggio si alimentano nellapropria esperienza della sal-vezza di Dio, che ha preso cor-po nella propria azione di cura.

In un mondo così pluralista,tecnicizzato e specializzatocome il sanitario, l’operatore

pastorale ha bisogno di trovareobbligatoriamente il suo po-sto, accreditare il suo contri-buto specifico e, pertanto, mo-strare esaurientemente che lacompetenza, come disse Gio-vanni XXIII, è l’espressionemoderna della carità. Non honessuna remora nell’affermaree nel sostenere che il mondodella sanità e della malattia èoggi un vero campo di provaper la capacità della comunitàecclesiale di far giungere alcuore degli uomini e della cul-tura la forza salvifica e saluta-re del messaggio evangelico.Luogo di incontro e di allean-za, luogo di Chiesa e di comu-nione, luogo degli ultimi e veriinterrogativi, di aspettative edi speranza: un mondo così habisogno oggi dei migliori te-stimoni e dei migliori maestri.

Allo stesso tempo, un’ade-guata formazione teologico-pastorale, pensata e offerta sumisura nel mondo della sanitàe dei suoi eventi, deve esserloanche a misura delle grande li-nee teologico-pastorali e del-l’ampio ambito pastorale dellaChiesa universale e, moltoconcretamente, della Chiesaspagnola. Così, ad esempio,l’evangelizzazione del mondodella sanità deve essere vistaoggi nella prospettiva dellanuova evangelizzazione.

In questo mondo noi siamotestimoni del valore e della re-latività degli ancoraggi tradi-zionali della fede, della reli-giosità popolare, del pozzovecchio di catechesi dimenti-cate, delle vestigia di una cul-tura una volta cristiana e, allostesso tempo, sperimentiamoche gli interrogativi di sempresi svegliano condizionati danuove sensibilità; che si sma-scherano false sicurezze o siriaprono orizzonti chiusi; chesi mette alla prova la capacitàdi tradurre il Vangelo in nuovacultura e di cimentare la Buo-na Novella in ambienti in cuialtre buone notizie contrastanocon la nostra. Ma, soprattutto,verifichiamo che le grandi crisie i problemi di oggi – famiglia,sesso, morale pubblica, perditao indebolimento della fede,ecc. – si trovano specialmentenegli ambiti dove lavoriamo enel modo di vivere gli eventi ela cultura della salute/malattia,della sofferenza e della morte.

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7.2 Quel che non dovrebbe mancare in un programma di formazione

Il programma di questa nuo-va Scuola, che molti di voi giàconoscono, nonostante le suelimitazioni – non dimentichia-mo che si tratta di un bienniodi aggiornamento e non dispecializzazione – risponde, inbuona parte a quest’ultimo ca-pitolo; ed è, anche in buonaparte, la concretezza delle li-nee maestre fin qui esposte.

Senza entrare nei particolaridi ciascuna delle discipline,bastino alcune indicazioni percapire la loro trama e l’impo-stazione globale alla quale ob-bediscono. Brevemente, ilprogramma formativo è con-cepito nel modo seguente:

a) Si parte dalla base che ilmondo della salute/malattiagira attorno ad una insostitui-bile trilogia: gli eventi umanifondamentali dell’esistenza,l’ambito socio-culturale e sa-nitario in cui si sviluppano, egli agenti – termine molto am-pio, che va dalla famiglia allascuola, alla parrocchia, aimezzi, ai professionisti ecc. –in relazione con la salute/ma-lattia. Si parte, dunque, dal fat-to che la salute – anche dalpunto di vista cristiano – è alvertice di una grande alleanza.Questo significa che la forma-zione teologico-pastorale devecomprendere il concorso di di-scipline affini come, ad esem-pio, Sociologia della sanità,Sistemi sanitari e legislazionesanitaria, psicologia della sa-lute e della malattia, psicopa-tologia e pastorale, elementi disintesi di una visione cristianadell’uomo, elementi di sintesidelle antropologie mediche,storia dell’azione della Chiesanel mondo della sanità, ecc.

b)Un secondo asse o vettoredel programma formativo par-te dal principio che questi e-venti fondamentali o fondanti,profondamente radicati nellapersona e nella comunità,stanno anche al centro dellastoria della salvezza, sono og-getto del disegno salvifico esono imprescindibili per lacomprensione del mistero diCristo e della Chiesa. Di qui lanecessità di un secondo bloc-

co formativo biblico e teologi-co, che si sventaglia nelle se-guente discipline: La sofferen-za, la malattia e la morte nellariflessione biblica e teologica,teologia della sanità, fonda-mento teologico della prassipastorale, teologia della cor-poreità.

c) Il terzo nucleo del pro-gramma formativo cerca di ri-spondere al fatto fondamentaleche questi eventi ed il loro“mondo” complesso sono og-getto di prassi pastorale ed eti-ca, luoghi privilegiati di sal-vezza e di evangelizzazione.Di questo capitolo, il più gene-roso in discipline, formanoparte le seguenti: pastoraledella sanità, liturgia e sacra-menti, relazione pastorale disostegno, controllo della prassipastorale, operatori pastorali(volontariato, i laici e la pasto-rale, consacrazione religiosa eservizio ai malati, parrocchia epastorale sanitaria), pastoralespecializzata (terminali, pallia-tivi, lutto, anziani, malati men-tali, AIDS, handicappati psi-chici, separati, membri di altriconfessioni ecc.), bioetica.

d) Infine, anche se nel no-stro programma formativo èoggetto soltanto di una mate-ria, la spiritualità dell’operato-re sanitario cristiano – qua-lunque esso sia – secondo ilmio modo di vedere, ha una ri-levanza speciale. La formazio-ne teologico-pastorale sarebbecompleta se, oltre agli elemen-ti comuni ad altri cristiani, adaltre vocazioni e ministeri,non aiutasse questi operatori ascoprire e ad arricchire il pro-prio profilo spirituale. È evi-dente che tra le vene del mon-do della sanità e della malattia,partendo dal malato e dall’as-sistente, dal sano e dal malato,dal gesto e dalla parola, dallatestimonianza silenziosa e dal-l’annuncio esplicito... scorreuna ricca spiritualità che... èancora tutta da scoprire.

Si tratta, dunque, di un pro-gramma che cerca di articolareed armonizzare i momentidottrinali e pastorali, la teoriae la prassi pastorale seguita, laspecificità e la complementa-rità, l’arricchimento della pro-pria identità e la chiarificazio-ne della missione.

Conclusione

Concludo il mio interventoesprimendo una convinzionee un augurio. La prima la sipuò dedurre facilmente daquanto è stato detto. Il mondodella sanità e della malattia èoggi, come mettono in risaltoi documenti dei nostri pastori,un campo privilegiato per l’e-vangelizzazione; e aggiungo:non soltanto, come sempre èstato, attraverso la testimo-nianza – con cui la Chiesa hascritto forse le sue miglioripagine – ma anche con l’an-nuncio. La comunità ecclesia-le non può separare ciò cheCristo ha unito: proclamazio-ne del Regno e cura dei mala-ti; cioè una cura che è allostesso tempo annuncio; un an-nuncio che è anche salutare eterapeutico. Certamente quirisiede la ragione principalegrazie alla quale l’azione del-la comunità ecclesiale nelmondo della salute e della sa-nità non è soltanto un impera-tivo della carità di Cristo“Vai, e fa’ anche tu lo stesso”,“ero malato e mi avete visita-to”; ma anche un’esigenza i-nevitabile ed inseparabile del-l’evangelizzazione.

Il mio augurio, pertanto, èche questa Scuola contribui-sca a diffondere all’internodella comunità ecclesiale lacoscienza che la formazioneteologico-pastorale per l’e-vangelizzazione del mondodella sanità e della malattia sideve estendere progressiva-mente, come per fortuna van-no sostenendo non pochi pa-stori e come confermano al-cuni documenti del magistero(Cfr. ad es. Formazione sa-cerdotale e pastorale sanita-ria, del Pontificio Consigliodella Pastorale per gli Opera-tori Sanitari) ad un numerosempre maggiore di cristiani,di gruppi e associazioni e...soprattutto agli attuali semi-naristi, futuri sacerdoti, il cuiministero inevitabilmente liintrodurrà in pieno, a voltemolto impreparati, in queglieventi fondamentali dell’esi-stenza.

Lezione inaugurale del P. FRANCISCO ALVAREZ, M.I.

Scuola di Pastorale della Sanità“Nª Sª de la Esperanza”Madrid, 17 ottobre 1995

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Il titolo di questo lavoro èquello proposto dal Segreta-riato di Pastorale Sanitariadella Conferenza EpiscopaleSpagnola e dal gruppo di O-peratori Sanitari Cristiani(PROSAC) per gli incontridell’anno 1995.

Benché vasto, il titolo pre-senta due parti ben definite,cui cercherò di rispondere ba-sandomi sulla mia esperienzadi quattordici anni come cap-pellano di ospedale1.

A. Il dolore e la sofferenza nella malattia

1. Dolore e sofferenza

Pur se usati indistintamen-te, i termini dolore e sofferen-za non sono sinonimi2. Il do-lore fa riferimento all’ordinedel somatico, del fisiologico:“sensazione sgradevole pro-dotta dall’azione di stimoli dicarattere pregiudiziale”; que-sti stimoli possono proveniredall’esterno o avere originenel proprio organismo. Taletipo di dolore può essere con-trollato dalla medicina, purcon eccezioni come vedremopiù avanti.

La sofferenza, benché mol-te volte provenga da un dolo-re fisico, fa riferimento ad al-tri aspetti: è più patologica,più in relazione con la perso-na e si collega ad altri fattori(personalità, atteggiamentonei confronti delle difficoltàdella vita, tono spirituale delsoggetto, ecc.). Non soltantola persona che patisce unamalattia accusa sofferenza,ma anche coloro che la cir-condano, i membri della suafamiglia. Non è necessario di-re che è più facile alleviare ildolore della sofferenza. Talediversità viene espressa moltobene dal Santo Padre Giovan-ni Paolo II: “La sofferenza èqualcosa di ancora più ampiodella malattia, di più com-

plesso ed insieme ancor piùprofondamente radicato nel-l’umanità stessa [...] la soffe-renza fisica si verifica quandoin qualsiasi modo duole ilcorpo, mentre la sofferenzamorale è il dolore dell’anima.Si tratta, infatti, del dolore dinatura spirituale, e non solodella dimensione psichica deldolore che accompagna sia lasofferenza morale sia quellafisica”3.

Tuttavia, nello svolgimentodi questo lavoro, impieghere-mo indistintamente i due ter-mini.

2. Realtà della sofferenza

Ci sono molte specie di sof-ferenze; molte sono cioè lecause o i fattori che provoca-no sofferenza nella vita: ma-lattie, incidenti, colpe e mise-rie personali, fragilità umana,ecc. Possiamo però ridurle adue: quella che – come leggedi vita – è impressa nel cuoredella natura (anche della na-tura umana) e quella che gliuomini aggiungono ogni gior-no con il loro egoismo. Laprima specie di sofferenza èun mistero; in parte si produ-ce prima dell’intervento del-l’uomo perché nella naturanon esiste progresso né evo-luzione senza lotta, senza do-lore e senza morte. Esiste poiun’altra specie di sofferenza:quella che gli uomini si cari-cano poco a poco sulle lorospalle e su quelle degli altri.Una sofferenza più amara epiù tragica.

È stato detto che i quattroquinti della sofferenza degliuomini sono da imputare allacattiveria umana, c’è peròun’enorme parte di sofferenzala cui origine non è in noi. Cisono anche dolori fino ad uncerto punto “comprensibili”(la morte di un anziano, un pe-riodo post-operatorio è sem-pre scomodo, malattie contrat-te per i propri errori personali:

cirrosi epatica per gli alcolisti,AIDS per i drogati, ecc.). Esi-stono però dolori “incompren-sibili”, come la sofferenza de-gli innocenti; è il “quadro cu-po” che ha trovato espressioneanche nella letteratura (Do-stoyevski, Kafka, Camus), dicui parla Giovanni Paolo II4

quando si riferisce a questo te-ma. È qui che non abbiamo ri-sposte umane convincenti.

Una buona parte di dolorisono causati dall’ingiustizia edall’egoismo degli uomini: ciriferiamo tanto ad afflizionilaceranti quali la guerra e lafame, il terrorismo, la violen-za, ecc. (basta vedere un tele-giornale per rendersene con-to), quanto a patimenti perso-nali più intensi (solitudine,fallimenti matrimoniali, rifiu-to da parte degli esseri amati,certe malattie). Il Papa parladi alcune minacce contro lavita che derivano dalla naturaumana (aggravate dall’incuriae dalla negligenza degli uo-mini) e di altre, frutto di situa-zioni di violenza, odio, inte-ressi contrapposti, che indu-cono gli uomini ad aggredirsicon omicidi, guerre, stragi egenocidi5.

Attualmente il dolore fisicosi è trasformato in un proble-ma che può essere risolto fa-cendo ricorso ad una buonamedicina: ad un interventochirurgico, agli analgesici oalle varie tecniche contro ildolore; le Unità di dolore e leCure Palliative6 esistono giàin molti ospedali. Noi che cimuoviamo in ambiente ospe-daliero sperimentiamo quoti-dianamente che non tutto èancora risolto. Basti il se-guente dato tratto dalle rivistemediche: l’80% dei malatiterminali provano dolore chenon sempre viene alleviatonella debita maniera.

Resta però un vasto campodi quelle che potremmo deno-minare “sofferenze inevitabi-li”. Il progresso moderno è a-

La sofferenza nella malattia.Alcuni punti chiave per aiutare gli ammalati a viverla in modo sano

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nimato in gran parte dalla vo-lontà di eliminare la sofferen-za dell’esistenza umana. Tut-tavia, la sofferenza torna acomparire in mille modi nellavita di ogni persona. E cosìconstatiamo che la vita del-l’essere umano è limitata,vulnerabile, sempre espostaalla sofferenza, costantemen-te minacciata dalla malattia,dall’incidente, dalla disgrazia,inevitabilmente destinata al-l’invecchiamento e alla mor-te7.

3. Alla ricerca di un senso

In ogni caso è chiaro che ildolore è presente in ogni vitaumana; con una visione teolo-gica si può dire che “il dolorerientra nei disegni di Dio.Questa è la realtà, anche se cicosta capirla”8.

Gli uomini di tutti i tempihanno sempre cercato, sullabase della propria esperienzae dei propri dolori, una spie-gazione al senso della soffe-renza. La prima domanda checi si pone è se si può trovareun semplice senso umano.Certamente sì, ma esso sispiega adeguatamente soltan-to a partire da un’ottica tra-scendente, anche se a voltenon del tutto. Paolo II parla diun’“atmosfera culturale chenon coglie nella sofferenza al-cun significato o valore, anzila considera il male per eccel-lenza, da eliminare ad ognicosto; il che avviene special-mente quando non si ha unavisione religiosa che aiuti adecifrare positivamente il mi-stero del dolore”9.

Per questo, la domanda checi poniamo è la seguente: lasofferenza ha un senso?

Partiamo da un fatto chiaro:la sofferenza non è buona inse stessa, anzi è un male. Perquesto c’è una tendenza istin-tiva a rifiutarla, persino nellepersone credenti. Una religio-sa, alla quale dopo un inter-vento chirurgico fu chiesto:“Come sta sorella?”, rispose:“Facendo la volontà di Dio,abbastanza malvolentieri”.

Questo però non vuol direche non abbia senso. “La sof-ferenza è sempre cattiva, ma èun’esperienza cattiva in cui sipuò vivere qualcosa di positi-vo. La sofferenza mi viene of-

ferta come una possibilità.Sono io che devo dire cosa di-venterò, cosa sarò all’internodi questa esperienza dolorosa.Una sofferenza che non vienevissuta interiormente resta unfatto brutto, che non contri-buirà a costruire la mia vita eche, al contrario, può distrug-gerla”10.

“L’avversità può generarefelicità?”, si chiedeva unoscrittore religioso del nostrotempo. “Può, almeno, genera-re molte cose: profondità del-l’anima, pienezza della condi-zione umana, nuovi camminiper scoprire più luce, per av-vicinarsi a Dio”. Per questo,continua Martín Descalzo,“non bisogna avere paura deldolore, così come non abbia-mo paura della notte. Sappia-mo che il sole esiste anche senon lo vediamo, sappiamoche tornerà. Dio non scompa-re quando soffriamo. Egli èpresente in un altro modo, co-me il sole quando se ne è an-dato dalla nostra vista”11.

Non sono mancati filosofiche non hanno trovato alcunsenso al dolore. Sono tutti co-loro che, irritati dalla soffe-renza dell’innocente, arrivanoa negare perfino l’esistenza diDio; a loro fa allusione Gio-vanni Paolo II nel citato libro-intervista. Si ricordi La Pestedi A. Camus, che affrontadrammaticamente questo te-ma.

Molti sono però i filosofi egli psicologi che vi trovanoun senso. Kant afferma che ildolore è “lo sprone all’azionee la base del sentimento realedella vita”. Gli psicologi di-cono che il dolore strappal’uomo dalla propria realtà egli offre la possibilità di stac-carsi dalle cose che lo circon-dano e di trascenderne. Il do-lore può condurre tanto all’e-goismo come alla generosità;alla riduzione della vita allostato primario, istintivo, cosìcome al miglior riconosci-mento dei limiti esistenziali edelle sue possibilità spirituali.

Molti anni fa, ho sentitoraccontare da un grande psi-chiatra, Victor Frankl, il se-guente aneddoto: un giorno sipresentò nel suo studio un uo-mo colto, di professione me-dico, disperato perché avevaappena perso la moglie. La

vita non aveva più alcun sen-so per lui. Egli non praticavanessuna religione, e quindinon poteva ricevere alcunaconsolazione. Non fu facileper lo psichiatra dargli unconsiglio, poi gli venne inmente la seguente domanda:“Lei amava molto sua mo-glie?”. “Molto”, gli rispose;“è questa la ragione della miadisperazione”. Frankl glichiese nuovamente: “Se fossemorta lei al suo posto, adessosarebbe lei a soffrire, vero?”“Senza dubbio”, rispose ilmedico. “Quindi si rallegri,dottore, perché lei sta rispar-miando un grande dolore asua moglie”, gli disse il Dott.Frankl. Dopo un primo mo-mento di sconcerto, il pazien-te reagì e disse: “Grazie dot-tore, era questo che desidera-vo”.

Quell’uomo aveva trovatoun motivo alla sua sofferenza,che nel suo caso era una ra-gione umana valida; il siste-ma ideato dal Dott. Frankl fu,senza dubbio, un successo diun approccio terapeutico.

4. Il mistero della sofferenza

Però la verità è che di fron-te al dolore degli innocenti, edi fronte al dolore in generale,la ragione umana si perde,cercando argomenti soddisfa-centi. Sono tutti argomentifragili e, in ultima istanza,nessuno di loro soddisfa.Nemmeno la fede cristiana nedà prova, ma rimanda a Cri-sto sulla Croce. Di fronte allarealtà della sofferenza, il ri-medio è quello di guardare aCristo che sperimentò per A-more verso gli uomini tutta lagamma del dolore. Lo abbia-mo visto nascere, vivere emorire poveramente; fu insul-tato, calunniato e condannatoingiustamente; conobbe an-che il tradimento e l’abbando-no dei suoi discepoli; speri-mentò la solitudine e le ama-rezze della crocifissione edella morte.

Una riflessione teologicadeve ammettere che non esi-ste una risposta definitiva. E-sistono sì molti tentativi dispiegare la sofferenza benchéquesti sforzi sfocino semprein nuovi interrogativi. Comeafferma C.S. Lewis, “il cri-

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stianesimo crea, più che risol-ve, il problema del dolore”12.

Una cosa però è certa: “Dionostro Signore non causa ildolore delle creature, però lotollera perché – fin dal pecca-to originale – esso fa partedella condizione umana”13.

Risulta chiaro anche chel’esperienza religiosa o il sen-so della trascendenza aiutanotevolmente ad alleviare ildolore; al contrario, se si pre-scinde da Dio, il dolore risultaassurdo: “Solo la fede cristia-na permette all’uomo di avvi-cinarsi al segreto della soffe-renza e della morte, e di libe-rarlo dalla disperazione. Lapace però si trova soltanto altermine di un lungo cammi-no. Chi soffre non deve mera-vigliarsi di sentirsi più vicinoall’imprecazione che al ‘fiat’;deve però credere con tutte lesue forze che un giorno GesùCristo lo aiuterà non solo acomprendere, ma anche a di-re sì, utilizzando in questomodo il dolore per la propriasalvezza e per la salvezza delmondo”14.

Riporto la testimonianza diun sacerdote il quale, in se-guito ad un incidente stradale,è rimasto tetraplegico; così ri-sponde alla domanda del per-ché Dio permette che i suoifigli soffrano: “Molto ancorasi potrebbe dire a proposito diquesto ‘perché’. Preferiscoconsiderare ora che la soffe-renza è un’ulteriore occasioneche il Signore ci offre per af-fermare non soltanto con leparole o con le idee, bensì conla vita, con i nostri fatti e conil nostro atteggiamento difronte alla vita, che per noi e-gli è veramente Dio: Buono eOnnipotente, sempre e infini-tamente. Per questo nulla diquel che accade risulta insop-portabile per chi vive in ma-niera cosciente il fatto di esse-re figlio di Dio. Quel che Diopermette che accada può co-stare, però quando si ricono-sce la sua Bontà non lascia dimanifestare la sua Potenza o,se si preferisce, la fiducia nel-la sua Potenza si vede confer-mata nel fatto che si percepi-sce la sua Bontà. Se cerchia-mo di condurre la vita che e-gli si aspetta dagli uomini,qualunque siano le circostan-ze, anche quelle che definia-

mo molto deplorevoli, abbia-mo garantita la felicità, per-ché accetteremo tutto comeproveniente dalla sua mano e,per strano che possa apparire,non viene contemplata la pro-pria esistenza con un com-plesso di vittimismo né la-mentando la triste sorte che sipatisce. Io so che la mia vita èqualcosa di grande perché ap-partiene a Lui ed in ogni casosi incammina verso di Lui,benché a volte mi costi piùche ad ogni altro. Di fatto, va-do comprovando che con Dioogni giorno posso proseguireinsieme agli altri nonostantele mie limitazioni e difficoltà,con una gioia che a molti sor-prende e a me stupisce; peròmi sembra ragionevole per-ché Dio non defrauda chi pro-cura di compiacerlo con lesue forze”15.

5. Diverse interpretazioni sul senso del dolore

A) Il dolore come conseguenza della colpa e del peccatoÈ curioso come questa tesi,

benché superata, continui adessere ancorata nel pensierodi molti malati: cosa ho fattoper meritare tutto questo? Es-sa è propria di una mentalitàche deriva dal Vecchio Testa-mento. Si ricordi il libro diTobia; il vecchio Tobia è ri-masto cieco e coloro che locircondano, compresa la mo-glie, gli dicono: “Dove sonole tue elemosine?” (Tob 2,14), e lo incitano a ribellarsi aDio. Anche il libro di Giobberiflette questo atteggiamento,benché l’autore presenti unasoluzione diversa: Giobbe ègiusto e pertanto non può sof-frire per i suoi peccati. Ma,sorprendentemente, questamentalità continua ad esiste-re. Mi torna in mente quel cheun bambino diceva a sua ma-dre: “Mamma, con tutto quelche preghi, come puoi avereun cancro?”.

È molto facile ribatterequesta affermazione. L’inse-gnamento di Gesù Cristo èchiaro. Quando, alla vista diun uomo cieco (“nato tuttonei peccati”, secondo l’e-spressione dei suoi accusato-ri, i farisei, cfr. Gv 9,34) i suoidiscepoli – che fanno parte di

questa mentalità – gli chiedo-no: “Rabbì chi ha peccato, luio i suoi genitori, perché eglinascesse cieco”, Gesù rispon-de: “Né lui ha peccato né isuoi genitori, ma è così per-ché si manifestassero in lui leopere di Dio” (Gv 9,3). Inun’altra occasione, dopo unosterminio perpetrato da Pilatoin cui morirono molti galilei,Gesù commenta: “Credeteche quei Galilei fossero piùpeccatori di tutti i Galilei, peraver subito tale sorte? No, vidico, ma se non vi convertite,perirete tutti allo stesso mo-do” (Lc 13, 2-4). L’esperienzastessa ce lo mostra costante-mente: forse la gente cattivasoffre di più? I malvagi sonopuniti con le malattie o sol-tanto i giusti ricevono benedi-zioni dal Signore? Sembrapiuttosto il contrario, se ac-cettiamo il lamento del salmi-sta quando si interroga sulperché della sofferenza delgiusto: “Ho invidiato i prepo-tenti, vedendo la prosperitàdei malvagi. Non c’è soffe-renza per essi, sano e pasciutoè il loro corpo. Non conosco-no l’affanno dei mortali e nonsono colpiti come gli altri uo-mini” (Salmo 72).

Gesù non dà spiegazioniperò, commosso da tante sof-ferenze, non soltanto si lasciatoccare dai malati, ma fa suele loro miserie: “Egli ha presole nostre infermità e si è ad-dossato le nostre malattie”(Mt 8,17). Non ha guaritoperò tutti i malati... ma sullacroce ha preso su di sé tutto ilpeso del male e ha tolto “ilpeccato del mondo” (Gv 1,29), di cui la malattia non èche una conseguenza16. Dipiù, ha parlato con forza dellanecessità di assumere la croce(il dolore, la malattia, ecc.)per poter essere suoi discepo-li: “Senza la croce – dice San-ta Rosa di Lima – non si trovail cammino per salire al cie-lo”18.

B) Senso pedagogico del dolore: con il dolore Dio educa e fa maturare gli uomini

Probabilmente tutti abbiamosperimentato come il doloresia capace di cambiare le per-sone. Ciò viene raccontatomolto bene in un film interes-

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sante: A proposito di Henry.Henry Turner è un avvocatofamoso e spietato di NewYork, che vuole vincere ad o-gni costo, sacrificando perfi-no la propria moglie (che in-ganna) e la propria figlia. Lasua vita trascorre tra cause euffici, tra fretta e riunioni, fin-ché un giorno uno sparo glicambia la vita per sempre.Non più autosufficiente e sot-to gli effetti di una amnesiache lo obbliga a dover ricor-dare nuovamente la sua fami-glia e il suo lavoro, fino adimparare a parlare e cammi-nare, dovrà scoprire la veritàsu un assoluto sconosciuto:lui stesso. Come conseguen-za, decide di recuperare ilrapporto con la moglie, diprendersi cura della figlia, direalizzare un lavoro onesto,senza insidie.

Anche il dolore matura. Ilnuovo Catechismo lo spiegacosì: “la malattia può condur-re all’angoscia, al ripiega-mento su di sé, talvolta perfi-no alla disperazione e alla ri-bellione contro Dio. Ma essapuò anche rendere la personapiù matura, aiutarla a discer-nere nella propria vita ciò chenon è essenziale per volgersiverso ciò che lo è”19. Possia-mo notare che San Giovannidella Croce scrive nella pri-gione di Toledo (furono novemesi di patimenti molto duri)uno dei versi più belli dellalingua castigliana: “Oh fiam-ma amore vivo che tenera-mente ferisci... Dove ti sei na-scosto Amato e mi hai lascia-to gemente?”. Ricordo inquesto senso quanto mi dice-va una malata di cancro clini-camente guarita: “Questa ma-lattia mi ha arricchito”. Comeafferma Frankl, “l’uomo chenon è passato per circostanzeavverse, non si conosce benerealmente”. Questo psichia-tra, che fu internato in uncampo di concentramento na-zista, narra la sua esperienzain un bel libro20, e giunge allaconclusione che il dolore puòavere senso fino all’ultimo i-stante: “Non bisogna dimenti-care la quantità di creatività,di amore, di ricchezza cherappresenta la vita che fini-sce. Se nella vita si fa un’e-quazione tra esito, denaro,successo, nel mondo del do-

lore non si tratta di successicontro fallimenti. L’ordinedei valori è cambiato ed è ne-cessario quindi mettersi difronte al senso essenziale del-la vita umana. Ciò ci rendecapaci di incarnarci con lesofferenze e con la morte”21.

In un recente film su C.S.Lewis (Terre di penombra),mi ha sorpreso ascoltare que-sta frase: “Il dolore è il me-gafono che Dio utilizza perdestare un mondo di sordi”22.Che grande verità! Noi cap-pellani di ospedale lo speri-mentiamo quasi ogni giorno.G. Thibon diceva che “quan-do l’uomo è malato, se non èparticolarmente arrabbiato, sirende conto che quando erasano aveva trascurato moltecose essenziali, che avevapreferito ciò che era seconda-rio a ciò che era essenziale”23.

C) Il dolore come prova ed occasione di incontro con DioÈ interessante la seguente

testimonianza di FernandoSánchez-Dragó: “CercavoCristo lungo il cammino deiRe Magi, dell’esoterismo, loincontro invece nella soffe-renza, nel dolore, nel panico(avevo sofferto una depres-sione), a cui sono profonda-mente grato perché da quelmomento ho sentito una feli-cità che prima mi era scono-sciuta”24.

Ugualmente impressionanteè il racconto autobiografico diAlehandr Solzenicyn, quandodescrive il processo di matura-zione interiore prodottosi inlui nell’arcipelago Gulag: “Fusoltanto nell’arcipelago Gu-lag, nel putridume della pri-gione, che sentii dentro di mele prime commozioni del bene.Gradualmente mi divennechiaro che la linea che separail bene dal male non passa at-traverso gli Stati, né le classisociali, né i partiti politici,bensì passa precisamente peril cuore umano e i cuori di tut-ti gli uomini del mondo [...] Etuttavia mi volto verso gli an-ni della mia prigionia e dicodi fronte allo stupore, a volte,di coloro che mi circondano:Benedetta sia tu prigione”.

Ricordo il caso di una ma-dre che, alla perdita del pro-prio figlio, si disperò ed ab-

bandonò Dio; anni dopo, acausa della malattia del pro-prio marito, tornò a Dio. Rac-conta in una lettera al cappel-lano dell’ospedale:

“Subito dopo la morte dimio figlio N., la mia vita co-nobbe un profondo cambia-mento. Offrii mio figlio aDio; glielo consegnai congioia; mi sentivo orgogliosadi essere la madre di quell’an-gelo di 13 anni che guardavaalla morte con la gioia e il vi-gore propri delle anime elette.

“Ma passò. Alcuni mesidopo la sua morte, mi sentivotanto disperata, tanto sola checredevo di impazzire. La cosatriste era che tutti credevanoche io fossi ammirevole, perla rassegnazione e la forzache mostravo. Quanto eranolontani dalla realtà! Pensavoche il Dio che le Teresiane miavevano insegnato ad amarenon esistesse, ma che esistes-se soltanto un tiranno. Quan-do mio marito si ammalò, fi-nii per convincermene. Passa-rono vari giorni e il mio atteg-giamento verso Dio era sem-pre lo stesso. In verità dentrodi me sentivo una grande ne-cessità di Do, ma ne rifiutavol’idea senza ritegno.

“Stando così le cose, Diopose sulla mia strada un sa-cerdote che seppe compren-dermi come nessuno. Mi per-doni se le dico queste cose,ma debbo dirle. Lei, con isuoi consigli, con la sua pa-zienza, con le sue parole, lesue meditazioni, la sua dedi-zione agli ammalati, mi feceriflettere. Mi vergognai di me,mi sentii un verme spregevolee allora presso al tabernacolodella cappella, dissi sì al Si-gnore. Non mento quando ledico che voglio recuperare iltempo perduto: dieci anni. Miaiuti!”26.

Come spiega Martín De-scalzo: “Essere cristiano vuoldire sapere che l’ora dell’o-scurità è la migliore per vede-re Dio. Accettare che un dolo-re, per spaventoso che sia,possa essere il momento veroin cui dobbiamo dimostrarese amiamo Dio e ci limitiamoad usarlo”27.

Nell’indigenza, la solitudi-ne, la sofferenza, il cuore si a-pre a Dio. Quando tutto vabene nella vita è più difficile

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rivolgere il pensiero a Dio.Sant’Agostino diceva: “Diovuole darci qualcosa, ma nonpuò perché le nostre mani so-no piene. Non c’è posto oveEgli possa riporre i suoi do-ni”28.

Un grande medico, il Dott.Ortiz de Landázuri, che nelcorso di 50 anni ha curato ol-tre 500.000 malati, ha dato laseguente testimonianza: “Lamalattia ci insegna sempremolto. Credo che Dio indub-biamente darà altre possibilitàa colui che trascorre la sua vi-ta senza alcuna malattia, peròè chiaro che una delle vie percomprendere meglio Dio è lamalattia. È il cammino che ciconduce a Dio. Allora, coloroche muoiono a causa di un in-cidente [...] forse non hannopotuto avvicinarsi al Signore?Sono sicuro che in questo ca-so esisteranno altre circostan-ze. Tuttavia, non c’è dubbioche la malattia sia uno deicammini più importanti pergiungere a questo incontro[...] e alla fine uno ne è gra-to”29.

D) Il dolore accettato come solidarietàLo scrittore ebreo Elie Wie-

sel, premio Nobel per la Pacenel 1986 e sopravvissuto alcampo di sterminio di Au-schwitz, narra quanto segue:“Le SS naziste impiccaronodue uomini ed un giovane difronte agli internati del cam-po di concentramento. Gli uo-mini morirono rapidamente,l’agonia del giovane duròmezz’ora. Un uomo che eradietro di me chiese: “Dove staDio, dove?”. Quando, dopoun lungo momento, il giovanecontinuava a soffrire, appesoal nodo scorsoio, l’uomo dis-se nuovamente: “Dove staDio ora?”. Sentii una vocedentro di me rispondergli:“Qui, sta qui, appeso a questopatibolo”. La risposta che l’e-breo Wiesel udì dentro di sé èla stessa che ci dà il Vangelo:in Gesù, l’Innocente crocifis-so, Dio ha fatto sua la mortedegli innocenti di tutti i tem-pi; nel figlio rifiutato e giusti-ziato come un malfattore, Diosi è fatto solidale con l’uma-nità dolente: “La risposta diDio è in Cristo, nella sua vitae nella sua morte. Dio non

parla di sofferenza; entra nel-la sofferenza, si fa sofferente.La risposta di Dio non è unaspiegazione bensì la solida-rietà” (F. de Mier)30.

Un grande poeta francese,Paul Claudel, ha detto: “Dionon è venuto ad eliminare lasofferenza e nemmeno a spie-garla. Egli è venuto a riempir-la con la sua presenza. Ci so-no molte cose oscure, ma c’èuna cosa almeno che non pos-siamo dire a Dio: Tu non saicosa significhi soffrire”31.

Con tono straziato, quasiviolento, viene espresso da ungrande poeta spagnolo, LéonFelipe:

Sei venuto a glorificare le lacrime...

non ad asciugarle...Sei venuto ad aprire

le ferite...non a chiuderle...Sei venuto ad accendere

i roghi...non a spegnerli...Sei venuto a dire:Scorrano il pianto,il sanguee il fuococome l’acqua!

Giovanni Paolo II insistesul fatto che per capire la sof-ferenza bisogna volgere losguardo verso Cristo sullacroce per amore degli uomini:“Cristo crocifisso è una provadella solidarietà di Dio conl’uomo sofferente”, giacché,come dice il Papa, “Dio simette dalla parte dell’uo-mo”32.

Quanto aiuta gli ammalatiguardare Dio, porre anche fi-sicamente lo sguardo sul Cro-cifisso! Questo è, secondome, il cammino migliore perpoter capire, o almeno accet-tare, il mistero del dolore.Soltanto così si può arrivare ascorgere il valore positivo chela sofferenza acquisisce nellavita umana. Riporto qui la te-stimonianza di una donnamorta per cancro nella Clini-ca Universitaria di Navarra.Poco prima che morisse, unquotidiano della sua città,pubblicò una lettera che ellaaveva scritto: “Ho sempresentito dire che, per i cristiani,il dolore è qualcosa di prezio-so, che purifica ed aiuta a le-vare gli occhi verso Dio, giac-

ché Cristo ci ha redenti con ildolore. Nell’Opus Dei, checonosco da molto tempo, hoappreso che ‘i malati sono untesoro’ e che la loro preghieraha molto valore di fronte aDio.

“Da un certo periodo ditempo – e sono ancora giova-ne – l’ho sperimentato sullamia pelle. Quando mi sonoammalata, ho scritto all’alloraPrelato dell’Opus Dei, DonAlvaro del Portillo, chieden-dogli di pregare per me. Lesue lettere, i suoi consigli, mihanno aiutata ad affrontare lamia malattia con speranza,con ottimismo, con la sicu-rezza di non essere inutile,ma di potere aiutare moltepersone pregando, offrendoserenamente i disturbi e ledifficoltà che ogni malattiaporta con sé.

“Era emozionante vederecome don Alvaro si preoccu-passe con tenerezza dei mala-ti, chiamandoli per nome ecognome. Credo che ciò sispieghi soltanto a partire dallasua vita dedicata a Dio e aglialtri, senza perdere mai la pa-ce e il sorriso. Nelle sue lette-re mi diceva che contava su dime per portare avanti grandicose. Diceva che la malattia èuna “carezza” di Dio ai suoifigli diletti. Alle volte mi in-coraggiava ad avere cura dime, a seguire i consigli deimedici ed a chiedere a Dio u-na completa guarigione. Miricordava che siamo nelle Suemani e che, in ogni momento,Egli vuole soltanto il meglioper noi e mi chiedeva di offri-re per le sue intenzioni tuttoquel che poteva essere peno-so: i disturbi, il sorriso, l’otti-mismo, ecc.

“Desidero con queste righeincoraggiare tutte le personeammalate ad essere serene, asentirsi animate, allegre, per-ché le loro vite sono piene diuna immensa ‘utilità’ spiri-tuale che solo la fede e la spe-ranza possono comprende-re”33.

Con questo giungiamo alpunto centrale. Il dolore si ca-pisce soltanto alla luce di Cri-sto: “Per Cristo e in Cristo ri-ceve luce quell’enigma deldolore e della morte, che al difuori del suo Vangelo ci op-prime”34. “Se manca la base

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religiosa e la speranza dellavita eterna, la dignità umanaviene lesa in maniera assaigrave, come si constata spes-so al giorno d’oggi, e gli enig-mi della vita e della morte,della colpa e del dolore ri-mangono senza soluzione,tanto che non di rado gli uo-mini sprofondano nella dispe-razione”35. O, come affermaGiovanni Paolo II: “La soffe-renza è anche una realtà mi-steriosa e sconcertante. Perquesto noi, cristiani, guardan-do Gesù crocifisso troviamola forza per accettare questomistero. Il cristiano sa che,dal peccato originale, la storiaumana è sempre un rischio,ma sa anche che Dio stesso havoluto entrare nel nostro do-lore, sperimentare la nostraangoscia, passare attraversol’agonia dello spirito e la la-cerazione del corpo. La fedein Gesù Cristo non elimina lasofferenza, bensì la illumina,la eleva, la purifica, la subli-ma, la rende valida per l’eter-nità”36. Possiamo affermareche il “compito che Dio haassegnato alla sofferenza do-po che il suo Figlio predilettol’ha presa su di sé è quello diessere strumento giusto di re-denzione e di santificazioneindividuale ed ecclesiale”37.Nella Lettera Apostolica Sal-vifici doloris, dedicata espli-citamente a questo tema, ilPapa segnala che il misterodel dolore si chiarisce alla lu-ce della fede, poiché il doloreagli occhi di Dio ha una spie-gazione: “Per poter percepirela vera risposta al ‘perché’della sofferenza, dobbiamovolgere il nostro sguardo ver-so la rivelazione dell’amoredivino, fonte ultima del sensodi tutto ciò che esiste. L’amo-re è anche la fonte più riccadel senso della sofferenza,che rimane sempre un miste-ro”38.

Il Cardinale Angelini lospiega con una interessantemetafora riferendosi al “pia-neta dolore”: il pianeta è un a-stro che brilla con una luceche non gli appartiene, la lucedel sole. Secondo l’ottica cri-stiana, il dolore può essereparagonato al pianeta che ri-ceve luce, purificazione e va-lore dal mistero di Cristo Re-dentore39.

Lo esprime molto bene laLiturgia delle Ore:

In questa sera, Cristo, dal Calvario

vengo a pregarti per la mia carne malata;

però, al vederti, i miei occhi vanno e vengono

dal tuo corpo al mio corpo con vergogna.

Come lamentarmi dei miei piedi stanchi,

quando vedo i tuoi distrutti?Come mostrarti le mie

mani vuote,quando le tue sono piene di

ferite?Come spiegarti la mia

solitudine,quando sei sulla croce e sei

solo?Come spiegarti che non ho

amore,quando hai lacero il cuore?Ora non mi ricordo

di nulla,sono fuggite da me tutte le

mie sofferenze.L’impeto del ricordo

si spegne nella bocca importuna.

E chiedo soltanto di non chiederti nulla,

di stare qui, insieme alla tua immagine morta,

apprendendo che il dolore è soltanto

la chiave santa della tua santa porta40.

B. Punti chiave per vivere in modo sano la sofferenza

Il Segretariato di PastoraleSanitaria della Conferenza E-piscopale Spagnola ha prepa-rato per il 1995 uno splendidoopuscolo per la catechesi de-gli adulti che risponde perfet-tamente, con teoria e pratica,a questa questione e che risul-ta inoltre altamente pedagogi-co. Manterrò qui lo stessoschema, pur unendo atteggia-menti di persone ammalate edi persone sane ed aggiun-gendovi le mie esperienzepersonali. Ne risulterà unaspecie di “decalogo” per aiu-tare a vivere la malattia.

1. Eliminare per quanto possibile la sofferenza

Cosa fare con il dolore? La

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prima risposta sarebbe quelladi eliminarlo. Nella mia espe-rienza come cappellano di o-spedale mi sono state di gran-de utilità queste parole delbeato Josemaría Escrivá: “Ildolore fisico, quando si puòlasciare, si lascia; nella vita cisono abbastanza sofferenze!Quando non lo si può lasciare,lo si offre”41. Ma cosa farequando non lo si può lasciareo mentre lo si sta lasciando?Ascoltiamo i nostri vescovi:“Di fronte alle sofferenze ine-vitabili, i credenti devono for-marsi nell’arte di soffrire odesercitarsi in quella della soli-darietà, che mostra il voltobuono di Dio. L’arte di curarenon può essere racchiusa in u-na risposta tecnica, ma deverispondere basandosi sullabiografia dei malati, impie-gando con loro l’amore comesollievo e la speranza comevalore terapeutico”42. Una co-sa però è chiara: bisogna con-fidare nei medici. Nel VecchioTestamento c’è un testo che siapplica a questa situazione, ri-prodotto sulla porta dell’O-spedale Maimonide di NewYork, e che recita: “Fa’ poipassare il medico – il Signoreha creato anche lui – non stialontano da te, poiché ne haibisogno” (Sir. 38, 12-13).

Questa lotta presuppone u-gualmente l’intenzione di eli-minare la sofferenza inutile.Abbiamo già visto che unagran parte della sofferenzadelle persone è di frequentegenerata dallo stesso indivi-duo con il proprio peccato ocon il suo modo equivoco divivere. Questa sofferenza nonè “croce” da assumere, ma unmale che Cristo non ha cono-sciuto e del quale dobbiamoliberarci, proprio per seguirepiù fedelmente le sue orme.L’eliminazione di questa sof-ferenza non necessaria è sem-pre salutare per la persona eper quanti la circondano, inquanto i risentiti creano risen-timento, coloro che vivono inconflitto con se stessi creanoconflittualità, gli scontenti disé creano scontento. Quindi,l’atteggiamento sano di frontea questa sofferenza inutile èscoprirne le radici e lavorareper sopprimerle; la sana “mor-tificazione” consiste precisa-mente nel “dare la morte” al

peccato che ci impedisce digodere della vita in modo sa-no. Molte persone intrapren-derebbero un cammino di vitapiù salutare se si liberasserodell’egocentrismo che sembradominare la loro vita di pre-occupazioni ed angustie nonnecessarie, se si dedicasserocon maggiore generosità aglialtri, se vivessero con menoattaccamento al denaro e allecose, fonte di tante frustrazio-ni e di tanti vuoti, e se riuscis-sero a godere di una vita piùsemplice e sobria; se non silasciassero prendere dall’invi-dia e si accontentassero di go-dere della propria vita senza“guardare di sbieco” quelladegli altri. A volte accomia-tandomi da alcuni malati hosentito questa frase: “Me nevado guarito nel corpo enell’anima”, il che viene a ri-flettere questa decisione discommettere per uno stile divita sano, salvifico43.

2. Assumere la sofferenza inevitabile

Presto o tardi, tutti nella vi-ta ci troviamo di fronte allasofferenza inevitabile: malat-tia, vecchiaia, disgrazia, per-dita di persone care, ecc. È illato oscuro e doloroso dellavita, che rivela ed è frutto del-la nostra limitazione radicaledi creature. Possiamo ritar-darla o attenuarla, ma nonsopprimerla. Cosa fare quindidi fronte all’inevitabile?

Bisogna sforzarsi di evitareatteggiamenti comprensibili,ma che in genere intensifica-no maggiormente la sofferen-za, esasperano la persona epossono portare alla dispera-zione. Un atteggiamento è laribellione. Un altro è l’ansia;quel che fa soffrire è, anzitut-to, il futuro; lungo questocammino la persona si vuotadi energie per affrontare il suomale. Alcuni cadono nell’iso-lamento; si mettono in rela-zione soltanto con la loro di-sgrazia, non si lasciano con-solare da nulla; in questo mo-do è facile distruggersi ed an-nullarsi sempre più. Altri a-dottano un atteggiamento“vittimistico”: vivono compa-tendosi, sentendosi maltrattatisempre e in tutto; una personacosì non può crescere.

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Il cristiano vive la sofferen-za in comunione con GesùCrocifisso. La sofferenza con-tinua ad essere qualcosa dimale, ma proprio per questosi trasforma in esperienza chepermette di vivere e di espri-mere con più realismo e veritàla fedeltà radicale al Padre, ela solidarietà e l’amore realeper gli uomini. Nella soffe-renza il cristiano continua adamare e ad aver fiducia inDio, non in un Dio che gli in-via patimenti per farlo soffri-re, bensì in un Dio che è unitoa lui, cercando anche ora lacosa migliore e che più con-duce alla vita. D’altra parte,nella sofferenza il cristiano siunisce a coloro che soffrono,non teoricamente né a partiredalla parola facile di consola-zione, bensì in maniera reale esolidale, dividendo con loro lastessa sofferenza.

La sofferenza diventa quin-di redentrice, in quanto al suointerno l’uomo può viverel’atteggiamento che più si op-pone al peccato che uccide.Mentre il peccato consiste nelricercare egoisticamente lafelicità, in rottura con Dio econ gli altri, la croce consisteproprio nel contrario: cercarela comunione con Dio e con ifratelli proprio in assenza del-la felicità. Per questo, il cri-stiano vive la sua croce noncome una persona distrutta,ma come portatrice di unasperanza finale che ha il suofondamento in Cristo croci-fisso, resuscitato dall’Amorevivificatore del Padre.

3. Affrontare la sofferenza con realismo

Abbiamo visto come Gesù,di fronte alla sofferenza, nonfaccia discorsi né teorie, maadotti un atteggiamento prati-co e passi per la terra risanan-do (At 10, 38), facendo il be-ne.

Di fronte alla sofferenza, imalati e coloro che li curano,invece di un atteggiamentopassivo di rassegnazione, de-vono adottare un santo atteg-giamento realistico: lottarecontro il dolore, adottare tuttii mezzi opportuni e doman-darsi: cosa posso fare in que-sta circostanza?

L’esperienza mostra che i

malati che desiderano curarsie, di conseguenza, adottanotutti i mezzi e rimangono otti-misti e speranzosi, hanno unamaggiore probabilità di guari-re. È molto più difficile inve-ce quando un malato smettedi lottare e si deprime. Ricor-do di aver letto in Pío Barojala seguente frase, riferita adun personaggio con questamentalità: “Di fronte ad unadecisione tanto ferma di mo-rire, tutti i piani terapeuticiurtano contro ostacoli insor-montabili”43. E, come dice ilproverbio, “non volersi curareè segnale di morte”.

Per questo il volersi curare,che di solito è presente fino altermine della malattia, è com-patibile – quando si ha fede –con un atteggiamento sereno,di abbandono a Dio, Signoredella vita e della morte. Ri-cordo la richiesta di Alexia,una ragazza di quasi quindicianni, morta nella Clinica Uni-versitaria di Navarra nel 1985e attualmente in Processo diCanonizzazione: “Gesù, iovoglio essere buona, vogliocurarmi, ma se Tu non lovuoi, io voglio quel che Tuvuoi”45.

4. Non chiudersi nel dolore

La sofferenza non indurìGesù né lo fece chiudere in sestesso, bensì lo rese sensibileal dolore altrui, e capace di“venire in aiuto a quelli chesubiscono la prova” (Eb 2,18) e di identificarsi con i fra-telli che soffrono: “ero malatoe mi avete visitato” (Mt 25,36).

Se il malato si chiude nelsuo dolore, si deprime mag-giormente. Di fronte al ri-schio di restare totalmente as-sorto nel suo dolore, egli develottare per spezzare il cerchioche lo imprigiona. Non chenon abbia diritto a lamentarsi,perché il lamento fino ad uncerto punto è inevitabile.Quando non capisce benequel che le succede, è logicoche la persona protesti. Il li-bro dei Giudici (6, 1-6; 11-24), dopo aver narrato la vo-cazione di Gedeone, raccontail seguente episodio. I madia-niti riducono in miseria i po-veri israeliti. Un angelo appa-re a Gedeone e gli dice: “Il

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Signore è con te”, al che Ge-deone risponde: “Signor mio,se il Signore è con noi, perchéci è capitato tutto questo? orail Signore ci ha abbandonati eci ha messi nelle mani deimadianiti”. Lo stesso GesùCristo nella Passione sembralamentarsi: “Dio mio, Diomio perché mi hai abbando-nato?”. È vero che queste pa-role corrispondono al salmo22, 2 e sono piuttosto un gri-do di fiducia e di abbandonoai disegni del Padre. Però mo-strano anche la sofferenza fi-sica e morale che il nostroRedentore patì nell’agoniadella Croce. Lamentarsi a Dioin questo modo non presup-pone ribellione né disobbe-dienza; è il lamento del figlioche soffre e che protesta per-ché non capisce. Fra Luis deLeón ne dà una spiegazioneinteressante: “Poiché la soffe-renza non sta nel capire che sitratta di qualcosa che non hasenso, né nel mostrare quelche fa male o che si sente,ma, benché faccia male e perquanto faccia male, nel non u-scire dalla legge né dall’obbe-dienza di Dio. Che il sentiredolore è una cosa naturale peril corpo, che non è di bronzo;e quindi c’è una ragione chedà ad ogni cosa quel che chie-de la sua natura; la parte sen-sibile mostra di per sé di esse-re debole; essendo malata, ènaturale che senta dolore eche si lamenti”46.

Però durante la malattia ilegami che ci vincolano gli u-ni agli altri non si rompono.Essa può essere occasione dientrare in contatto con altriammalati, di aprirsi profonda-mente agli altri e, pertanto, diaiutarli.

Ricordo a questo propositola lettera che una malata,Lourdes, scrisse ad un altromalato di cui divenne moltoamica. Lourdes è muta dallanascita e paralizzata in tutte lemembra (non può camminarené mangiare da sola e si spo-sta su sedia a rotelle); ella co-munica mediante una macchi-na elettrica appoggiata allasedia a rotelle, che manovrausando il dito indice dellamano destra. Scrisse la letteraad un malato che, in seguitoad un incidente di bicicletta,restò con il braccio paralizza-

to e non poteva più correre:“Questa sera ho aperto per ca-so il libro Cammino e vi holetto la seguente frase: ‘Orasono lacrime. Fa male, eh?Certo uomo! Proprio per que-sto sei stato colpito’. Mentrela leggevo, non so perché maho pensato a te, amico. Ti famale più interrompere la tuabrillante carriera di ciclistache il dolore della tua manoaddormentata. Devi capireche la vita è insopportabile senon ci sono speranze, maquando ne sai ridere non tisuccederà nulla di peggio edavrai la forza per superarequesta situazione che ti fasoffrire; tu, amico, puoi farloanche se in alcuni momenticritici sbatti la testa al muro,ma dopo sei capace di sorri-derne serenamente. Sai ami-co? Quando mi rendo contodi non essere autosufficiente emi arrabbio, rido della miacattiva sorte e dico: ‘Forza,cara, animo, valore e paura:animo per sorridere serena-mente, valore per superare evivere felice amando senzaattendere nulla in cambio, epaura per non cadere nella di-sperazione. Forza cara, la vitaè tua, non la sciupare’. Quindimi rendo conto che possosentirmi una persona anche sesono meno di niente, e ridodei miei nervi ed è divertenteaccorgersi di essere inutileperò di saperlo riconoscere edessere un pagliaccio o ballareun valzer sul letto alla musicache canticchia mia sorella,giacché non posso ballare coni piedi. Anche se sono su di u-na sedia a rotelle mi dimenti-co di me ed amo con tutta mestessa, vedo che non sononulla, ma questo nulla mi ba-sta per essere e vivere felice.

“Iñaki, buon amico, non di-sperarti se ora stai male per-ché sono sicura che puoi su-perare quel che ti sta accaden-do e un giorno la tua mano sisveglierà e correrai con ilvento di gennaio perché ab-biamo il migliore degli allea-ti: Cristo, e lui non viene maimeno, credimi! Se la mano tiduole, sgridala, dille che finoa che non si sveglierà nonsarà tua amica, che quando la-scerà il sonno e incomincerà amuoversi, allora parlerete, mache per intanto ti lasci in pa-

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ce. Animo Iñaki, la vita è tua,non la sciupare! Animo, valo-re e paura”47.

5. Riempire la sofferenza di amore

Gesù accetta la sofferenza ela assume con realismo, comeun’occasione per mostrare ilsuo amore e il suo abbandonototale nel Padre e il suo amoreper gli uomini. Sulla croce sipreoccupa per sua Madre(“Figlio, ecco tua madre”),perdona i suoi aguzzini (“Pa-dre perdonali perché non san-no quello che fanno”) e acco-glie la supplica del buon la-drone (“Oggi starai con me inparadiso”).

È stato detto che riempire etrascendere il dolore con l’a-more è il miracolo più bellodella fede cristiana. Forse nonè facile realizzarlo, però valela pena di provare. Senzadubbio una cosa è chiara:quando si ama veramente, siaccettano tutti i sacrifici. Co-me insegna un proverbio,“quando in cima alla monta-gna vive un amico, la salitadiventa più facile”. E quandosi ama veramente, la sofferen-za si nota meno. Ricordo l’e-sempio di una malata, buonacristiana, cui stavano facendouna cura molto dolorosa. Ellaha una figlia in un paese afri-cano in cui svolge un intensolavoro apostolico e per laquale prega; al momento del-la cura, si attacca alla sbarradel letto e prega così: “Signo-re, te l’offro per il lavoro dimia figlia in Zaire”. Quindimi ha commentato: “Vogliocredere che non mi ha fattomale nulla”.

La sofferenza, inoltre, pro-duce pace. Il Santo PadreGiovanni Paolo II lo esprimecosì: “Il credente sa che, asso-ciandosi alle sofferenze diCristo, si trasforma in un au-tentico artefice di pace. È unmistero insondabile, i cui frut-ti appaiono con evidenza nel-la storia della Chiesa e, spe-cialmente, nella vita dei santi.Se esiste una sofferenza cheprovoca la morte, esiste an-che, secondo il piano di Dio,una sofferenza che conducealla conversione e alla trasfor-mazione del cuore dell’uomo(cfr. 2 Cor 7, 10): è la soffe-

renza quel che, in quantocomplemento nella propriacarne di ‘quel che manca’ allaPassione di Cristo (cfr. Col 1,24), si trasforma in ragione efonte di piacere, perché gene-ra vita e pace”48.

6. Accompagnare, ascoltare,comprendere, accogliere il malato

Il Segretariato di PastoraleSanitaria ha preparato unaimmaginetta per il “Giornodel Malato” che riporta la se-guente preghiera: “SignoreGesù, buon samaritano, usci-to dalle viscere del Padre apercorre i cammini della sof-ferenza umana. Amico vici-no, che amasti senza limiti econ il tuo amore irradiasti o-vunque vita e speranza, infon-di in noi i tuoi sentimenti e ituoi atteggiamenti, perché u-sciamo ogni giorno incontro achi soffre, senza passargli ac-canto. Educa i nostri occhi, lanostra mente e il nostro cuore,affina la nostra sensibilità,rendi attento il nostro uditoperché infondiamo coraggionell’afflizione, coraggio in o-gni sofferenza, vita nella mor-te. Amen”.

Accompagnare il malatopresuppone di saper stare alsuo fianco senza imporre nul-la; porsi al suo livello, com-prendere anche il suo dirittoad essere insopportabile; sa-rebbe assurdo pretendere didare lezioni senza essere sem-pre disponibile. Il malato av-verte subito se gli si rende vi-sita per cortesia, compassione... o amicizia. Gli amici diGiobbe trascorrono sette nottie sette giorni accanto a luisenza rivolgergli parola, ve-dendo l’atrocità della sua sof-ferenza (cfr. Gb 2, 13) ma poi,diventando consolatori inop-portuni, ne provocano l’irrita-zione e finiscono per arrab-biarsi tra di loro.

Ugualmente utile è ascolta-re il malato, non solo le sueparole, ma anche fare atten-zione al linguaggio dei gesti:lo sguardo, i silenzi. C’è gen-te che non sa stare zitta...

7. Aiutare a trovare un senso al dolore

Il dolore che si presenta co-

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me mistero, ha un senso pie-no soltanto a partire dalla pro-spettiva del disegno divino,che conta su di lui per attuarela Redenzione. Aiutare il ma-lato a trovare senso al doloreè una maniera perché lo vivain modo sano. Ma bisognafarlo con soavità, pazienza,rispettando i ritmi propri dellamalattia. Quando il malatoaccetta la propria malattia co-me una realtà capitatagli –senza chiedersi se pesa più diquella degli altri – egli ottienemaggiore profitto.

Luis de Moya, il sacerdotetetraplegico di cui ho già par-lato, ha detto in un’intervista:“In questi quattro anni di le-sione ci sono stati periodi piùdelicati e logicamente piùsgradevoli, ed ogni giorno cisono momenti fastidiosi edindesiderabili. Ma cose similiaccadono a tutti gli esseri u-mani. Fisicamente soffro piùdella media. Non vorrei tutta-via esagerare troppo. Umana-mente parlando, nella mia vi-ta ho molti motivi per ralle-grarmi, come conseguenza,ad esempio, del mio lavoro edella mia famiglia. Quel cheho deciso è di assumere la si-tuazione che mi è toccato vi-vere, e che mi sembra una co-sa molto buona per manife-stare la mia lealtà a Dio”49.

8. La sofferenza purifica la nostra relazione con Dio

Abbiamo già commentatoche la sofferenza matura ed èoccasione per andare a fondonell’esperienza di Dio... Cosìsuccesse a Giobbe. La soffe-renza gli permetterà di incon-trarsi con il mistero divino edi confessare: “Io ti conosce-vo per sentito dire, ma ora imiei occhi ti vedono” (Gb 42,5).

Molti malati, passata la ma-lattia, vivono questa stessa e-sperienza. Martín Descalzoha scritto: “Soltanto la provadell’angoscia ha permessoche la mia fede si moltiplicas-se e si purificasse. Curiosa-mente l’ho sperimentato neisuoi effetti: ora quando parlodi Cristo la gente crede mag-giormente in quel che dico,perché ora sa molto bene checiò che dico non sono stupi-

daggini. Ma se la malattia hailluminato la mia fede, devoaggiungere che molto di piùla fede ha illuminato la miamalattia. Credo di aver giàdetto che la cosa importantenella malattia è di scoprirne il“senso”. Scoprire che a parti-re dalla mia malattia parteci-pavo in maniera più viva evera alla passione di Gesù èstato per me la fonte primor-diale della mia speranza edella mia gioia. Desidero pro-clamare che l’idea che la ma-lattia sia realmente “redentri-ce” non è un argomento teo-logico, ma qualcosa di real-mente vero. Servirà a chiari-re, per non cadere nel maso-chismo equivocato, che quelche Dio si aspetta da noi nonè il nostro dolore, bensì il no-stro amore; è indubbio che u-no dei principali modi con cuipossiamo dimostrargli il no-stro amore è unendoci appas-sionatamente alla sua croce ealla sua opera redentrice. Indefinitiva, quale altra cosahanno gli uomini da apportareal suo compito?”50.

9. Soffrire per lottare contro la sofferenza

Un uomo degno di questonome non può ignorare colo-ro che soffrono. Al contrario,una vita sana sarà sempre o-rientata a liberare la vita deglialtri dalla sofferenza. La per-sona sana non ha diritto ad es-sere felice senza gli altri nécontro gli altri, in quanto ilmodo umano di cercare la fe-licità è di cercarla per tutti.

Da questa lotta contro le in-giustizie e gli abusi che intante persone generano soffe-renza e dolore, e da questosforzo per mitigare o alleviarequel che viene inevitabilmen-te prodotto dalla malattia, lavecchiaia, la disgrazia o lamorte, scaturirà sempre unasofferenza che bisogna sop-primere, come prezzo e con-seguenza della nostra volontàdi combattere il male. Tuttipotremmo evitare molte sof-ferenze, amarezze e dispiaceripersonali. Basterebbe chiude-re gli occhi alla sofferenza al-trui e rinchiuderci egoistica-mente nel nostro mondo. Ilprezzo sarebbe alto: smetteredi amare ed essere meno u-

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mani. In questo senso è for-midabile scoprire la forza delfenomeno del Volontariatonella nostra epoca. Migliaiadi persone, giovani e menogiovani, che offrono volentie-ri parte del loro tempo e delleloro energie per cooperare inprogetti sociali, di attenzioneai malati, ai drogati, agli inva-lidi, ecc.

10. Pregare nella malattia

Gesù trova nella preghierala forza per accettare le soffe-renze della passione: “Padremio, se è possibile, passi dame questo calice! Però noncome voglio io, ma comevuoi tu!” (Mt 26, 39). E sullacroce si rimette interamentenelle mani del Padre: “Padre,nelle tue mani consegno ilmio spirito” (Lc 23, 46).

Pregare nella malattia, nonè eccessivo? No. Convienefare ricorso a Dio nelle diver-se forme di orazione che inse-gna la pietà cristiana. Un’os-servazione: non bisogna pre-occuparsi quando i malatimanifestano una certa ritrosiaper la preghiera, che a volteviene interpretata come unraffreddamento della loro re-lazione con Dio. Non è così;come perdono la voglia dimangiare o di distrarsi, cosìperdono la voglia di pregare.Sarà opportuno consigliarepreghiere brevi, atti di fede, diabbandono in Dio, anche senon si riesce a compiere lepreghiere abituali.

Non può mancare la pre-ghiera di domanda, anche perse stessi. È opportuno chiede-re la propria guarigione? Èstato sempre fatto nella vitacristiana. “Con la preghiera didomanda noi esprimiamo lacoscienza della nostra rela-zione con Dio: in quantocreature, non siamo noi il no-stro principio, né siamo pa-droni delle avversità, né sia-mo il nostro ultimo fine; anzi,per di più, essendo peccatori,noi, come cristiani, sappiamoche ci allontaniamo dal Padre.La domanda è già un ritorno alui”52.

Ci sono esempi meraviglio-si di persone che non lo fan-no. Riporto la testimonianzadi Martín Descalzo: “Lasciateche vi confessi che non chie-

do mai a Dio di curare la miamalattia. Non lo chiedo per-ché mi sembra un abuso di fi-ducia; ma soprattutto, perchétemo che, se Dio mi togliessela mia malattia, mi priverebbedi una delle poche cose buoneche ho: la mia possibilità dicollaborare con lui in manierapiù intima e reale. Gli chiedo,sì, di aiutarmi a vivere la ma-lattia con gioia; gli chiedo difarla fruttificare, di far sì cheio non la sciupi per il mio e-goismo o la mia necessità diaffetto. Ma che non me la tol-ga. Stare e vivere nell’Ortonon è nessun piacere, però èun regalo, un dono, a volte èl’unico che, al termine dellamia vita, potrò porre nelle suemani del Padre”53.

Questi sono alcuni consigliche posso offrire ai malati e aquanti li circondano per aiu-tarli a vivere questo “tempodi grazia”, incomprensibilema pieno di efficacia, che è lamalattia.

MIGUEL ANGEL MONGECappellano della Clinica Universitaria di Navarra

Bibliografia

1 Cfr. OLIVERA SANCHEZ, A., Lo difi-cil es vivir (El hospital por dentro), Ed.Atenas, Madrid 1993, in cui si narra o-gni tipo di esperienza di un cappellanodi ospedale.

2 ROJAS, E., Una teoría de la felici-dad, Dossat, Madrid 1986, p. 283-304.

3 Esort. Ap. Salvifici doloris, 11-II-1984, n. 5.

4 Varcare la soglia della speranza,Arnoldo Mondadori Editore, Milano1994, p. 67.

5 Cfr. Enc. Evangelium vitae, 25-III-1995, n. 3.

6 ASTUDILLO, W. ET ALTRI, Cuidadosdel enfermo en fase terminal y atencióna su familia, EUNSA, Pamplona 1995.

7 Carta pastoral de los obispos dePamplona-Tuleda, Bilbao, San Seba-stián y Vitoria, Al servicio de una vidamás humana, Cuaresma-Pascua 1992,n. 17.

8 ESCRIVÀ DE BALAGUER, Es Cristoque pasa, 23 ed. Madrid 1986, n. 168.

9 Enc. Evangelium vitae, n. 15.10 Carta pastoral..., o.c. n. 52.11 Razones para vivir, Cuadernos de

apuntes, IV, Atenas, Madrid 1991, p.56.

12 El problema del dolor, Rialp, Ma-drid 1994, p. 68.

13 ESCRIVÀ DE BALAGUER, o.c. n. 16814 MICHEL QUOIST, citado dal P. PUR-

ROY MERINO, Cómo superar el dolor,Santiago de Chile 1985, p. 5.

15 Intervista di OROZCO, A.A. L. DEMOYA, febbraio 1995.

16 Cfr. VARÓ, f, ¿Por qué sufrir, El

canto del siervo doliente (Is. 53), folle-to Mundo Cristiano, Palabra, Madrid1994.

17 Catechismo della Chiesa Cattolica,n. 1505.

18 Liturgia delle Ore, IV, p. 1131.19 Catechismo..., n. 1501.20 El hombre en busca de sentito,

Herde, Barcelona 1977.21 DELISLE-LAPIERRE, I., Vivir el mo-

rir, Paulinas, Madrid 1986, p. 46. 22 LEWIS, C. S., El problema del do-

lor, o.c., p. 97.23 Intervista nella rivista “Palabra”,

Madrid 1970, p. 99-104.24 OLAIZOLA, J. L., Más allá de la

muerte, Planeta, Barcelona 1994, p.213.

25 MUGGERIDGE, M., Conversión, Unviaje espiritual, Rialp, Madrid 1992, p.104.

26 Lettera di NN ad un cappellanodella Clinica Universitaria.

27 Razones desde la otra orilla, Ed.Atenas, Madrid 1994, p. 61.

28 Cfr. LEWIS, C. S., El problema deldolor, o.c. p. 100.

29 ORTIZ DE LANDÀZURI, E., Revista“Nuestro Tiempo”, Pamplona 1989, p.27; cfr. LÓPEZ ESCOBAR E. e LOZANOBARTOLOZZI, P., Eduardo Ortiz deLandázuri, Palabra, Madrid 1993.

30 JURÍO, P., Palabra viva, “La ver-dad” (seminario diocesano), Pamplona10-16.IV.1995, p. 2.

31 CLAUDELL, P., in GAFO, J., Eutana-sia, el derecho a una muerte digna, Ed.Temas de Hoy, Madrid 1989, p. 22.

32 Varcare la soglia della speranza,Arnoldo Mondadori Editore, Milano1994, p. 69.

33 RUEDA F., Una caricia de Dios,“Guadalajara 2000”, 8 aprile 1994.

34 Conc. Vaticano II, Gaudium etSpes, n. 22.

35 Ib., n. 21.36 Alloc. 24-III-1979.37 CUADRADO TAPIA, A., Los enfer-

mos nos evangelizan, Ed. San Pablo,Madrid 1993, p. 51.

38 Esort. Ap. Salvifici doloris, n. 13.39 cfr. Quel soffio sulla creta, Vatica-

no 1990, p. 147.40 Liturgia delle ore, Inno dei Vespri,

venerdí I settimana41 HERRANZ, G., Palabras de Mons.

Escrivá de Balaguer a médicos y enfer-mos, EUNSA, Pamplona 1978, p. 25.

42 Cfr. Lettera pastorale dei vescovi,o.c., n. 52.

43 ib., nn. 50-51.44 Las inquietudes de Santi Andía, p.

311.45 Cfr. MONGE, M. A., Alexia, alegría

y heroísmo en la enfermedad, Ed. Pala-bra, Madrid 1989 (tradotto in italiano,inglese, portoghese, polacco e cinese).

46 Expos. del libro de Job, cap. 3.47 Lettera di una malata48 Messaggio per la Giornata Mon-

diale del Malato, 11-II-1995: Ecclesia2723(1995)197; per l’insegnamento delPapa su questo tema cfr. MONGE, M.A., El sufrimiento en el Magisterio deJuan Paolo II, “Labor Hospitalaria”235 (1995) 90-93.

49 MOYA L., o.c.50 Reflexiones de un enfermo en torno

al dolor y la enfermedad, in Congresode las Hospitalidades Españolas Nue-stra Señora de Lourdes, El Escorial, no-viembre 1990, p. 16.

51 SOLA, F., Voluntariado cristiano ymundo de la salud, PPC, Madrid 1991;VELASCO, M. A., Voluntarios: una re-volución imparable, Palabra, Madrid1995

52 Catechismo della Chiesa Cattolica,n. 2629.

53 Reflexiones de un enfermo, o.c., n.16.

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testimonianze

Don Jorge Martinez.Vescovo e pastore

della salute (Messico)

Mondo della salute:realtà e proposte.

Rapporto dell’UniversitàCattolica del Cile

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1. Vicario Episcopale settore sanitario 1986-1994

Durante l’Avvento del 1986,Don Jorge Martínez, in obbe-dienza a S.E. il Cardinale Cor-ripio, accettò di assumere laresponsabilità del VicariatoSettoriale per la Pastorale Sa-nitaria, da poco costituito.

Il precedente responsabile,Mons. Francisco María Agui-lera, ne era stato esonerato do-po aver lavorato sin dalla fon-dazione, avvenuta nel 1976,della Pastorale Ospedaliera,successivamente Pastorale Sa-nitaria dell’Arcidiocesi delMessico.

Il primo obiettivo di ungrande piano elaborato da DonJorge durante il 1987, fu quel-lo di immergersi nelle basiteologiche e pastorali di questaPastorale. Egli iniziò col trac-ciare nuovamente l’obiettivodel Vicariato Settoriale, le suefunzioni, i suoi limiti e le suepossibilità, sempre con moltaprudenza e tenendo semprepresente la difficile e comples-sa realtà pastorale dell’Arci-diocesi. Ricordo le ampie di-scussioni e le riunioni per co-noscere le risorse umane e pa-storali sulle quali poter contarein quel periodo.

Una volta studiata a fondola realtà e iniziati ad affrontarei problemi che si ponevano,impostò con maggiore chia-rezza gli obiettivi che si sareb-bero dovuti raggiungere in unrealistico spazio di tempo. E-gli apportò, corresse e diedeimpulso ai progetti ed ai pro-grammi esistenti, sempre a-vendo il massimo rispetto perle persone.

Affrontò abilmente la defi-nizione dell’operatività delVicariato Settoriale nei con-fronti dei Vicariati Territoriali;sempre in silenzio e senza re-plicare, ascoltò e corresse al-cuni programmi antecedentidel Vicariato Settoriale, come

ad esempio la ristrutturazionedel programma di formazionedei “MECE” (Ministri straor-dinari dell’Eucaristia). Sapevamolto bene che il valore dasalvare era l’unità e l’omoge-neità dei candidati e dei mini-stri straordinari in tutta l’Arci-diocesi. Accettò le critiche,così come, con valore, ci inse-gnò a ritirarci prima di pole-mizzare per il potere o il con-trollo. Il suo motto era: “a-scolta, rifletti e lavora fino adove ti è permesso, il resto lofarà Dio”.

Tracciò nuovamente l’iden-tità degli Operatori della Pa-storale Sanitaria, che allora la-voravano in 60 ospedali. Sipreoccupò sempre della spiri-tualità dei membri del Vicaria-to Settoriale, dando impulso a-gli incontri dell’Avvento e agliesercizi quaresimali.

Riuscì a conciliare ciò chesembrava impossibile realiz-zare: iniziare il dialogo con igruppi radicali di Rinnovazio-ne Cristiana nello Spirito San-to, che lavoravano come “pi-rati” in oltre 20 ospedali. Conla sua bontà e la sua pazienzaseppe correggere le aberrazio-ni della “imposizione dellemani”, dell’ “unzione di acetobenedetto” e dei “pseudo-e-sorcismi” che si sviluppavanosenza controllo e che rasenta-vano l’assurdo, ed in qualchecaso l’eresia. Per molte ore,molti giorni, e con molta pru-denza ascoltò solamente, nongiudicò nessuno, sembravavoler perdonare quanti gli gri-davano di inginocchiarsi da-vanti a loro, perché secondoquesti “pazzi” Don Jorge nonera pieno di Spirito Santo ed“essi gli avrebbero dato il ve-ro battesimo e l’effusione del-lo Spirito”. Ricordo una seradelle tante che trascorremmoassieme, in cui mi raccontò diun problema sorto a causa del-la recente morte di un bambi-no epilettico che, secondo leindicazioni di un gruppo di

preghiera, era “stato liberatoda uno spirito immondo” eche, poiché gli era stato proi-bito di riprendere le medicinecontro le crisi causate dallamalattia, era morto tragica-mente. Don Jorge commentòcosì: “le strade per arrivare alPadre sono molte, ma permolte persone l’unica strada èla stupidità, e magari nonl’imboccano mai”. E rimasein silenzio per il resto del tra-gitto in automobile. Stava re-citando il Rosario.

Tutti gli Operatori Pastorali,i coordinatori dei centri ospe-dalieri e delle équipes, trova-rono sempre in Don Jorge unapersona in cui confidare, e cheera sempre pronta ad ascoltar-li. In questo caso, accaddequalcosa di molto curioso. Lamaggior parte degli operatorie coordinatori erano donne;dato che le telefonate e le visi-te al suo domicilio aumentaro-no da un giorno all’altro, le so-relle (r.i.p.) di Don Jorge leva-rono un “grido al cielo”. Inun’occasione Don Jorge feceun commento molto comico,che mi permise di intravvede-re la trasparenza del suo celi-bato sacerdotale: “non so co-me, però quando vengonoqueste signore, tu devi venireprima, così noi, “due Jorges”,possiamo dominare il “drago”che si è scatenato dalle gelosiefemminili delle mie sorelle”.

Negli accordi e nelle riunio-ni del Collegio Episcopaledell’Arcidiocesi, cercò sempredi conciliare la dura problema-tica in molti campi della Pa-storale, giungendo a cedere difronte a capricci di protagoni-smo piuttosto che offendere lepersone, fino al punto di sacri-ficare progetti e programmidel Vicariato Settoriale, limi-tando enormemente l’avanzatanei campi della formazionedegli operatori e dei ministristraordinari dell’Eucarestia.Ricordo la sua faccia ogni-qualvolta il Vicariato Settoria-

Don Jorge Martinez,Vescovo e Pastore della salute

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le voleva terminare brusca-mente un programma, e le sueparole: “osserva e conservaloper te, taci e prega per me af-finché possa vedere quale stra-da seguiremo da ora in avan-ti”. Neanche una critica o uncommento contro ciò che erasuccesso, avesse o meno ra-gione.

Provò un grande dolore difronte allo sgarbo da parte diun gruppo radicale di religioseinfermiere che, avendo inmente di manipolarlo per ipropri fini, cercarono di sfal-dare l’unità diocesana nellaPastorale Sanitaria. Ricordobene quella terribile riunione,dove Don Jorge ascoltò e riu-scì ad intuire le vere intenzionidi potere che c’erano oltre ildialogo. In un momento criti-co nel quale si chiedevano co-se assurde, Don Jorge si alzò edisse: “Credo che abbiamo bi-sogno tutti di un po’ di tè e bi-scotti”, si diresse in cucina aprepararlo personalmente e loservì davanti agli occhi attonitidelle religiose. Terminata lapausa del tè, disse: “Ora reci-teremo il Rosario per i mala-ti”. Le religiose si scusarono,ed una volta rimasti soli, dissesoltanto: “Mi accompagni?”ed inginocchiandosi iniziò ilSanto Rosario.

Personalmente non potevocrederlo, dall’alto della suaautorità egli poteva dire sem-plicemente “no”, ma Don Jor-ge optò per il “sì” di Maria. Daquel giorno non c’è dubbioche mostrò il suo amore filialeper la SS.ma Vergine antepo-nendolo alle sue passioni ed aisuoi sentimenti. A molte per-sone che lo conoscevano daval’impressione di non far nulla,come per non compromettersi,ma in fondo al suo cuore DonJorge rispettava e non volevaferire nessuno, e per questomotivo sceglieva di appariredebole ed indeciso; in pochipercepimmo la sua vera forza,così come molte volte perce-pimmo la creazione e la manopaterna e provvida di Dio.

All’incirca durante gli anni1987-1989 produsse quasi 45libri-chiave di Pastorale Sani-taria, il che equivale ad un li-bro al mese, che ampliaronol’orizzonte teologico e pasto-rale. Condivise con molti ilsuo desiderio di conoscenza, il

suo zelo autodidatta e la suametodica vita di studio. Nonperdeva tempo, utilizzava iviaggi in automobile per con-versare su un tema o su un’i-dea teologica che stava stu-diando. Gli piaceva il con-fronto per approfondire e mi-gliorare, condividendo e a-scoltando altri punti di vistasulla problematica teologica ospirituale.

Il suo zelo e la sua dedizio-ne alla Direzione ed alla Salu-te spirituale sono stati ungrande apporto per la Pastora-le Sanitaria. In un mondo chesentiva che giorno dopo gior-no andava secolarizzandosisempre più, Don Jorge in si-lenzio, nell’intimità, curava leanime, le guidava per ritrova-re il senso di Dio e la volontàdivina nelle vite tanto colpitedal neo-paganesimo. Difesesempre la cura spirituale delleanime, con i metodi tradizio-nali della spiritualità ignazia-na, non gli piacevano le inno-vazioni, diceva: “Niente dinuovo, dopo quel che NostroSignore ha detto laggiù in Ga-lilea”. I suoi scritti, due volu-mi di memorie, già pubblicati,ed il terzo di prossima appari-zione, sono in realtà una“summa spirituale” per la teo-logia spirituale contempora-nea. È il diario di un’animasacerdotale che, vedendosi difronte a Dio, si confessa pec-catrice e supplica solamente lagrazia per salvarsi.

Un dato importante che po-chi percepiamo è che Don Jor-ge dal 1986 fu incaricato daisuoi confratelli della Confe-renza dell’Episcopato Messi-cano di iniziare i lavori di unnascente Dipartimento dellaPastorale Sanitaria della CEM,dipendente dalla Commissio-ne Episcopale di Pastorale So-ciale, presieduta in quel tempoda Mons. Carlos Talavera. Os-servò sempre i limiti tra il dio-cesano ed il nazionale. Sem-brava cosa da poco e facile dafare, ma noi che lo abbiamovissuto ed accompagnato ve-devamo in Don Jorge un veromaestro del come dare ad ognicosa il suo posto, la sua impor-tanza e non anteporre persone,situazioni o problematiche. Ciinsegnò a muoverci prudente-mente all’interno dei parame-tri nazionali della CEM e nel-

l’ampio panorama dell’Arci-diocesi Primaziale del Messi-co.

2. Presidente della Commissione Episcopale della Pastorale Sanitaria 1986-1994.

Questa responsabilità assun-ta da Don Jorge è poco cono-sciuta e forse passò inavvertitaa molti che lo conobbero, per ilfatto che Don Jorge sin dalprincipio separò nettamentequesta responsabilità affidata-gli dai suoi confratelli, i vesco-vi messicani, durante un’As-semblea Generale Ordinarianell’autunno del 1986.

Sebbene in apparenza il Vi-cariato Settoriale ed il nascenteDipartimento della PastoraleSanitaria della CEM erano col-legati data la loro natura di ser-vizio e di promozione della Pa-storale Sanitaria, essi rappre-sentavano due universi moltodistinti e con problematichemolto diverse, direi perfino op-poste.

Al nascente Dipartimentodella Pastorale Sanitaria diedeil soprannome de “il bambinonella culla”, e lo trattò vera-mente come un bambino appe-na nato, non lo fece correre,perché secondo le sue parole:“ancora non cammina, per dipiù non può, e se lo fa cade”.Iniziò modestamente i lavoriper servire i suoi confratellinell’episcopato. Furono elabo-rate quasi dodici bozze delPiano di Lavoro originale, manessuna aveva i requisiti peressere accettata, per la visionedi Don Jorge proiettata semprenel futuro.

I problemi non mancaronomai durante i primi quattro an-ni del Dipartimento; all’appa-renza non si fece nulla, ma ciòche pochi sanno è che fu fattal’intelaiatura delle relazioni edelle commissioni grazie adun progetto felicemente porta-to a compimento: il Direttoriodella Pastorale Sanitaria. Fu-rono convocati 14 esperti;vennero realizzate 23 bozzedel possibile Piano che consi-steva nell’articolare un Diret-torio, che avrebbe dovuto mo-strare i diversi elementi dellaPastorale Sanitaria. Un’impre-sa prima nel suo genere a li-

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vello mondiale. Ricordo lagrande sorpresa del DicasteroRomano per la Pastorale Sani-taria, presieduto da Sua Emi-nenza il Cardinale Angelini,quando furono recapitate lebozze del testo. Don Jorge fuchiamato a Roma per presen-tare il libro già pubblicato, maegli ci delegò al suo posto, ar-gomentando che non era un“uccello viaggiatore”. In suarappresentanza ricevemmo lamedaglia “Pro Ecclesia”, dellaquale non voleva che venissedivulgata la concessione, finoal giorno in cui non la conse-gnò privatamente ad una reli-giosa infermiera la quale, peraver dedicato tutta una vita a-gli anziani malati, la meritavapiù di lui per aver redatto “unlibretto molto incompleto esuperabile”.

Affrontò gravi difficoltà daparte del Dipartimento dellaPastorale Sanitaria, di fronte asituazioni molto controversecome l’AIDS e l’attenzionepastorale alle persone conta-giate dal virus HIV. Riflessemolte ore prima di elaborare lalettera pastorale su questo ar-gomento e sulla problematicarelativa all’uso del profilatti-co. La sua posizione lo portò aricevere critiche molto forti daparte del “Conasida”, del Mi-nistero della Sanità e da altriorganismi. La cosa curiosa èche tutte le proposte pubblica-te nel 1990 da Don Jorge e fe-rocemente criticate, furono ac-cettate a partire dall’estate del1994, dal Consiglio NazionaleSanitario. Don Jorge, già ma-lato allo stato terminale, com-mentò: “Bene, per lo menonon ci siamo sbagliati, e ma-gari siamo anche andati oltre”.

La collegialità con i confra-telli vescovi era una caratteri-stica di Don Jorge, a partiredalla Commissione Episcopa-le. Conosceva i suoi limiti,presagiva che le sue forze fisi-che non lo sostenevano. Nonpoté però rinunciare, e fu rie-letto per quattro periodi inin-terrotti, caso unico nella storiadella CEM, cosa questa al di làdegli statuti, ma dato che per idue primi periodi fu un Dipar-timento, per i due restanti giàera una Commissione indipen-dente: “La stessa cosa, lo stes-so ‘bambino’, ma ora questo‘bambino’ già cammina”. E

servì i suoi confratelli per ottoanni consecutivi. Pubblicò larivista Dolentium. Chiesa eSalute in Messico e scrisse in-numerevoli articoli sulla Pa-storale Sanitaria. Molte volte,quand’era costretto, dettavadei discorsi. Diceva: “Deside-rano ascoltare e vedere il Ve-scovo della Salute, ecco sonoqui, anche se non ho Salute”.

Un giorno, durante un’ome-lia di fronte all’assemblea del-la Congregazione di religioseinfermiere, profetizzò la suamalattia terminale: “Oggi vivengo a salutare come un pa-dre cui è stato chiesto di diremessa, ma che molto presto viverrà a salutare come uno deivostri malati”.

Il giorno dodici dicembredel 1991, quasi venti giornidopo, si ammalava e iniziavala sua Via Crucis, il 3 gennaiodel 1992.

3. Don Jorge, un “padre malato che sta per morire”

Ho voluto collocare questeparole, pronunciate dallo stes-so Don Jorge, in questa terzaparte del suo cammino nelmondo del dolore, della malat-tia e della morte. Con profon-do rispetto ed amore per la suamemoria, scrivo queste righe eche Dio mi aiuti ad essere fe-dele a ciò che veramente è ac-caduto.

Ricordo molto bene la seradel 1° gennaio 1992, giorno digrande gioia per Don Jorge,che aveva celebrato, come suaabitudine, la Messa nel “Pue-blo de la Magdalena”, a Petla-calco, Parrocchia di San Tom-maso Apostolo sulla Collinadell’Ajusco. In casa dell’ami-co Pacho mangiò tacchino eriso. Don Jorge come semprechiacchierò allegramente e ri-se con i suoi parrocchiani del-la comunità ed i suoi amicimolto particolari, la famigliaNava che, assieme al parroco,Padre Nestor Pérez, aveva pre-parato un semplice pranzo.Mentre tornavamo a casa dallesue sorelle, commentammoche avevamo bisogno di alcu-ni giorni di vero riposo. Dopoaverli messi in programma, cisalutammo. All’alba del 3gennaio, ricevetti una chiama-

ta da parte della sorella mag-giore di Don Jorge, María dela Luz, che tra i singhiozzi emolto turbata mi disse: “Mon-signore, ho trovato mio fratel-lo sul pavimento del bagno, inmezzo ad una pozza di san-gue”. Iniziava così la Via Cru-cis di un’anima sacerdotale,vissuta con una lunga malattiaallo stadio terminale.

Al primo ricovero in ospe-dale seguirono molti esami,venne riaperta una cartella cli-nica di anni addietro, quandoera Padre spirituale del Semi-nario Conciliare del Messico:aveva sofferto di ulcera e ave-va subito un penoso interventochirurgico che gli aveva ridot-to lo stomaco della metà. Lun-ghi mesi di ricerca per identifi-care l’origine del male.

Finalmente, sei mesi dopo,la prima diagnosi: “possibilemetastasi ossea, impossibilitàdi ubicare il tumore primario”.Ricordo che mi chiese di esse-re presente quando il suo me-dico specialista, il Dr. JavierSkinfield, lesse e spiegò i ri-sultati della biopsia. Poi rima-nemmo in silenzio, ed in auto-mobile, al ritorno a casa dallesue sorelle, disse poche paroleche costrinsero le mie labbraed il mio cuore ad un dolorososilenzio: “Non una parola diciò a nessuno, fino a quandosarò morto. Dirò io ciò che es-si possono sapere”. La pro-gnosi era stata di solo sei mesidi vita ed era urgente un’ope-razione, peraltro molto diffici-le. Da quel giorno Don Jorgemi diede il privilegio di cam-minare assieme a lui lungo ildifficile cammino di una per-sona malata allo stadio termi-nale.

Successero molti fatti, chemostrarono la trasparenza diun’anima che accettava la vo-lontà di Dio e che si univa allasofferenza di Cristo Crocifis-so, aiutato dal grande amoreper la Vergine Maria. Tra ilgennaio 1992 ed il maggio1994, Don Jorge entrò undicivolte in ospedale, e visse sullapropria pelle il trattamento de-vastante della chemioterapia edella radioterapia.

Soffrì per una frattura pato-logica al femore sinistro, chelo lasciò invalido sino alla fi-ne. La metastasi avanzò all’i-nizio lentamente, e negli ulti-

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mi tre mesi molto in fretta. Idolori che patì furono molti, edi tipo diverso. Sono un mutotestimone delle sue memorieche scrisse nel corso degli ulti-mi sei mesi della sua vita, do-po averle interrotte per quasiventi mesi dall’inizio della ra-dioterapia. Tutti noi che fum-mo vicini a Don Jorge siamotestimoni di come gli analgesi-ci e i farmaci che bloccano ildolore nulla potessero contro itormenti ed il dolore provocatidal cancro, ormai allo stadioterminale.

Don Jorge, dopo una nottespirituale molto oscura dalpunto di vista della sua invali-dità, celebrò quasi quotidiana-mente l’Eucarestia. Vicino allasua camera fu allestita una pic-cola cappella privata, dove e-gli celebrava l’Eucarestia epassava lunghi momenti inpreghiera di fronte al Santissi-mo. Un fatto molto importanteè che il 27 giugno del 1994,quasi quattro giorni prima delsuo incontro definitivo conDio, Don Jorge concelebròl’Eucarestia della Messa voti-va del Viatico con l’Em.moCardinale Ernesto CorripioAhumada. Vicino alla sua ca-mera venne preparato l’altare.Don Ernesto presiedeva la ce-lebrazione eucaristica e DonJorge assisteva in silenzio, conuna stola bianca sopra il pigia-ma. Al termine dell’omelia delCardinale, Don Jorge aggiunseuna professione di fede sacer-dotale e rinnovò le sue pro-messe sacerdotali durante lapreghiera eucaristica: “Ti pre-ghiamo per S.S. GiovanniPaolo, per il nostro...(si com-mosse e con le lacrime agli oc-chi continuò) fratello Ernestoal quale debbo obbedienza, eper me, indegno ed inutile tuoservo”. Queste parole che toc-cano il cuore sono il suo testa-mento per tutti noi che parteci-piamo al sacerdozio di GesùCristo: “Obbedienti, indegni,inutili servi”. Quanta verità equanta santità in queste paroledi un vescovo moribondo checon tutto il suo cuore ci spingead essere fedeli alla nostrachiamata e al nostro servizio.

Il 1° agosto 1994 erano or-mai trascorsi due anni e settemesi dall’inizio della Via Cru-cis, vissuta intensamente conDio Padre, per un servitore un

privilegio ed un’autenticascuola della croce e della sof-ferenza che mi svelarono inmodo profondo il mistero re-dentore, che mai avrei credutoche il Signore mi avrebbechiamato a servire. Ho adem-piuto all’ultima promessa fat-ta a Don Jorge mentre collo-cavo il suo corpo nella bara:“Non permettere che mi fac-ciano morire fuori dalla miacasa, prendi ciò che resta dime e prega per il tuo omoni-mo peccatore”.

4. In memoriam

Alle ore una e venti di lu-nedì 1° agosto 1994, mentre u-na forte pioggia, accompagna-ta da vento e lampi, cadeva suCittà del Messico, in una pic-cola casa della colonia dellaValle due occhi si chiudevanoa questo mondo e si aprivano acontemplare il volto di Dio,nostro Padre. Un cuore cessa-va di battere dopo 77 anni vis-suti alla ricerca instancabiledel mistero di Dio in questarealtà terrena e dopo 36 intensianni di vita sacerdotale, unitiai 23 della pienezza del sacer-dozio nell’episcopato. Un cor-po stremato in quasi due annie nove mesi di una lunga ecrudele malattia che gli di-strusse il fisico, ma che allostesso tempo rafforzò lo spiri-to, attendeva di essere rivestitoper l’ultima volta con i para-menti sacri episcopali. Era spi-rato Monsignor Jorge Martí-nez, Vescovo titolare di Maco-mades Rusticiana e Vicario E-piscopale della VIII Zona Pa-storale, nonché vescovo ausi-liario emerito della nostra arci-diocesi.

Mi vengono in mente tantis-sime immagini e ricordi chehanno sostenuto la fragilità deimiei sentimenti nel momentodell’“addio”. Dei suoi diecifratelli, sopravvive soltanto lasorella Maria de la Luz.Com’era lontano quel 23 otto-bre del 1917, quando la nume-rosa famiglia Martínez acco-glieva l’ultimo dei suoi figli,Jorge, nel quartiere di SantaMaría la Redonda. Alcunigiorni più tardi, visse appienola paternità di Dio ricevendo ilSanto Battesimo, unendosi al-la morte ed alla resurrezione

di Cristo Gesù. Questa fami-glia cattolica, abitante dellacapitale, fu incaricata di semi-nare i valori cristiani nel pic-colo bambino e di seguire pru-dentemente le vicende giova-nili di quel ragazzo allegro epieno di vita. Vennero poi glianni duri e difficili della primamaturità del giovane Jorgeche, sotto la protezione di No-stra Signora del Carmine, a-vrebbe trovato la sua chiamataalla vocazione sacerdotale nel-la chiesa di Plaza del Estu-diante al Centro.

Una volta al SeminarioConciliare e sotto la tutela diMons. Guillermo Schulem-burg, fu mandato a studiare aRoma. Quel cuore allegro echiamato alla pienezza dell’a-more ricevette la consacrazio-ne solenne al ministero sacer-dotale in una bella mattina del26 ottobre 1958, con l’ordina-zione sacerdotale di Padre Jor-ge o, come sempre lo chia-mammo, “Don Jorge”.

Don Jorge tenne sempre persé le esperienze dei suoi primianni sacerdotali; una caratteri-stica indiscutibile della suapersonalità fu l’umiltà che da-va luogo a molti aneddoti chele sue memorie appena pubbli-cate non includono: senzadubbio uno che conservavacon grande tenerezza era quel-lo che tutte le mattine, di buonora, prendeva tre autobus perandare a celebrare la SantaMessa in una cappellania direligiose che gli avevano affi-dato questo incarico.

Nominato padre spiritualedel Seminario Conciliare delMessico, rafforzò la pratica ela disciplina nella sua vita. Co-sì come lo conoscemmo, DonJorge fu sempre lo stesso, at-tento ad ogni dettaglio, osser-vatore rispettoso, maestro epadre per molti, anche durantela prolungata e dolorosa ma-lattia che ridusse le sue occu-pazioni di tutti i giorni. Scrive-va nel mese di marzo: “Dueanni e mezzo di immobilitàhanno aumentato le mie limi-tazioni, ma non hanno fattosparire il mio desiderio di scri-vere le mie piccole annotazio-ni, le mie sciocchezze o le miestramberie”.

Dalla sua ordinazione epi-scopale, il 16 luglio 1971, ilsuo amore per la Santissima

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Vergine segnò il resto della suavita. Il 10 marzo commentava:“...dopo una brutta notte, di ungiorno normale, è impossibiledormire quando hai dolore,sebbene non acuto... offro lanotte alla Vergine Santissimache mi ha aiutato a passarlasveglio e in preghiera”.

Vescovo ausiliare di due Ar-civescovi: S.E. Mons. MiguelDarío Miranda (r.i.p.) e S.E.Mons. Ernesto Corripio, tuttala sua vita fu un modello totalee incondizionato di donazionedi sé. La sua fedeltà e la suaobbedienza a Dio ed ai suoisuperiori, sono un esempio permolti. Missione della quale sifaceva carico, missione chelottava per adempiere e portarea compimento, tanto nell’arci-diocesi quanto nella Conferen-za Episcopale Messicana. Re-stano al giudizio della storia lasua opera come rettore del Se-minario Conciliare, come Vi-cario Episcopale della VIIIZona e Vicario Episcopale Set-toriale della Sanità, come pre-

sidente delle Commissioni E-piscopali della Pastorale So-ciale, della Pastorle Sanitaria,e della Caritas, senza dimenti-care il suo ultimo sforzo nel IISinodo Diocesano. Tutta la suavita di donazione di sé può es-sere riassunta nelle parole dalui pronunciate il il 3 aprile del1994, giorno di Pasqua: “...Quitutto è grazia, perché la miadebolezza di fronte al dolore ètotale. Se lo penso seriamente,sono sicuro che il Signore miaiuterà”.

Indubbiamente Don Jorge,per la sua esperienza di vitatanto vicina alla passione diCristo, intravvide il grande e-vento che abbiamo celebratolo scorso 11 febbraio 1996, laIV Giornata Mondiale del Ma-lato. In qualche occasione glie-lo menzionavo come un so-gno: “Monsignore, e se potes-se venire il Cardinale Angeliniin Messico e fosse possibilerealizzare la Giornata Mondia-le del Malato nel nostro pae-se?”. La sua risposta, che ser-

bo nel mio cuore, mi ha datocoraggio nei momenti più dif-ficili e duri della preparazionee della realizzazione della IVGiornata Mondiale del Malato,da Tepeyac al mondo: “È uma-namente impossibile, non po-tremmo avere una responsabi-lità tanto grande, senza dubbiosognare è lecito e ricorda cheper Dio nulla è impossibile,ma se, Dio non voglia, toc-cherà a te farti carico di questaparte della croce della soffe-renza, la Vergine ti aiuterà”.

La prossima pubblicazionedelle sue memorie, “diario spi-rituale” dei suoi ultimi diecianni di ministero episcopale,saranno indubbiamente unafonte inesauribile di vita spiri-tuale per ogni sacerdote o cri-stiano che riponga tutta la suasperanza nella grazia di DioPadre colmo di affetto e di mi-sericordia.

P. Dr. JORGE A. PALENCIASegretario della Commissione

Episcopale della Pastorale Sanitaria

Mondo della salute: realtà e proposte.Rapporto della facoltà di medicina della Pontificia Università Cattolica del Cile per il IX Sinodo Diocesano di Santiago del Cile

Antefatti: La Facoltà di Medicina del-

la Pontificia Università Catto-lica del Cile, che comprendedue Scuole, quella di Infer-mieristica e quella di Medici-na, ha richiesto, nel mese diluglio del 1995, di poter parte-cipare ufficialmente al proces-so di analisi Sinodale, sul te-ma riguardante Salute e Sa-nità. Questa decisione di par-tecipazione istituzionale ave-va le basi, oltre alla sua condi-zione di Università Cattolica,nelle seguenti considerazioni:

a) Interesse particolare daparte della Chiesa sull’argo-mento, avallato dall’ampiomagistero di Giovanni Paolo

II (Salvifici Doloris, 1984;Dolentium Hominum, 1985) eda molti altri documenti rela-tivi a Congressi Medici o Isti-tuzioni Sanitarie e della Chie-sa Latino-americana e Cilena(“Pastorale della Salute dellaChiesa Latino-americana eNazionale”; 2° Incontro Lati-no-americano e dei Caraibi,Equador, 1994; “Elementi peruna Pastorale Sanitaria”, Ar-cidiocesi di Santiago, 1976,ecc.).

b) L’evidente mancanza nelnostro paese di una pastoraleattiva ed effettiva in camposanitario.

c) Il fatto che la salute è un

campo di profondo valore eripercussione per quanto ri-guarda la formazione, l’e-spressione e le esperienze divita dei valori evangelici.

d) L’insegnamento chiaroed esplicito di Gesù, che cipermette di dire che in quellaChiesa o Istituzione ecclesialedove non si vive una preoccu-pazione particolare e distinti-va nei riguardi dell’uomo sof-ferente non si riconosce la so-stanza dell’insegnamento delMaestro.

Gli organizzatori hanno ac-cettato la richiesta di parteci-pazione al Sinodo, e la Fa-coltà di Medicina fu annessaad una Commissione dove e-

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rano rappresentati 16 gruppiche operano a diretto contattocon la sofferenza nei suoi di-versi aspetti, e che era presie-duta da Padre Baldo Santi.

Organizzazione e metodologia di lavoro

La Facoltà di Medicina haincaricato la propria Segrete-ria di Formazione Cristiana ePastorale di organizzare e svi-luppare il lavoro sinodale. Ilprogetto includeva la forma-zione di Commissioni che in-corporano le diverse sezioni e,una volta finalizzata la sua at-tività, la realizzazione di unagiornata di riflessione ed ana-lisi, dando enfasi alla parteci-pazione degli allievi di en-trambe le Scuole.

Le commissioni hanno svi-luppato il proprio lavoro gui-date da uno schema orientati-vo (Allegato I), ma con suffi-ciente libertà per poter inclu-dere argomenti non conside-rati in quello schema.

Il presente documento è co-stituito da una prima parte cheriassume una diagnosi dellarealtà del nostro ambiente o-spedaliero, e da una seconda,formata dalle proposte neces-sarie per modificare gli aspettinegativi o mancanti di dettarealtà.

Oltre al contributo deimembri della Facoltà di Me-dicina, il documento incorpo-ra l’opinione del Vicario dellaPastorale Sanitaria, Monsi-gnor Augusto Larraín, che haavuto la bontà di trasmetterciil suo pensiero e la sua espe-rienza in una sessione specia-le (Allegato II).

Le Commissioni Sinodali,che hanno lavorato durante ilperiodo agosto-ottobre 1995,comprendevano ognuna da 7a 12 persone, appartenenti adaree definite di attività del la-voro ospedaliero o accademi-co della Facoltà. Si è preferitoquesto schema per poter fareun’analisi della realtà più libe-ra e spontanea, senza intera-zioni limitanti che sarebberopotute accadere mettendo in-sieme inizialmente aree o re-sponsabilità dissimili.

Le 10 Commissioni chehanno operato sono state leseguenti:

– Medici e Accademici del-la Scuola di Medicina;

– Infermieri e Accademicidella Scuola di Infermieristi-ca;

– Alunni della Scuola diMedicina;

– Alunni della Scuola di In-fermieristica.

– Ausiliari di Infermieristi-ca;

– Religiosi e Consacrati chelavorano nell’Ospedale;

– Ricercatori in ScienzeMediche;

– Personale Tecnico dei La-boratori dell’Ospedale;

– Operatori Pastorali della“Caritas Cilena” che svolgonoil proprio lavoro in Ospedale;

– Pazienti dell’Ospedaledell’Università Cattolica.

L’attività generale, chiama-ta Giornata di Riflessione, si èsvolta il martedì 17 ottobrenel Santuario di Schoenstatt, evi hanno assistito 30 Accade-mici e 130 alunni di entrambele Scuole, ed ha richiesto lasospensione ufficiale delle at-tività accademiche.

Infine, ha dato il propriocontributo a questo rapporto illavoro multidisciplinare di ungruppo di operatori sanitariparamedici, che hanno elabo-rato una proposta per un pro-gramma di formazione in Pa-storale Sanitaria.

Parte prima:analisi della realtà

1. Sofferenza

La sofferenza che nascedalla malattia è vissuta dallamaggior parte dei pazienti co-me una realtà dolorosa, noncercata, che li tocca integral-mente e che minaccia di di-struggerli come persone.

Le risposte a domande basi-lari, quali “Perché a me?”,“Perché adesso?”, “Cosa hofatto per meritarmelo?”, ingran parte sono viste dai pa-zienti come un castigo di Dioo come una prova di fedeltàverso di Lui. Molti reagisconoribellandosi, altri si rassegna-no, però pochissimi offrono ilproprio dolore e lo sentonocome un’opportunità di cre-scita. Sebbene dichiarino e-splicitamente di avere fede,messi di fronte al dolore si faviva la mancanza di coerenza

tra questa dichiarazione ini-ziale ed il proprio modo di vi-vere il dolore.

Il personale sanitario nonaiuta i pazienti a cambiarequesta prospettiva, in quantoanch’esso vive le proprie e-sperienze in un contesto simi-le. Il senso di colpa è moltoradicato nella nostra cultura.Pazienti e personale sanitariotendono ad interpretare la ma-lattia come un castigo, soprat-tutto se la patologia in que-stione è attribuita ad abusipersonali (cirrosi epatica pereccesso di alcool, cancro pol-monare in riferimento al fu-mo, ecc.).

L’Ospedale si trasforma co-sì nel luogo dove tutti svolgo-no il proprio ruolo: quello delmalato, dell’operatore sanita-rio, ecc., e dove la sofferenzae la sua giusta percezionehanno poca rilevanza.

2. Il dolore di frontealla possibilità di unalimitazione fisica,della morte e dell’altra vita

La prospettiva della perditadella vita, sia essa reale a cau-sa di una determinata malat-tia, o immaginata dalla paura,e in misura minore anche l’in-validità permanente, produco-no un impatto molto negativosui pazienti che, a secondadella caratteristiche individua-li, hanno come fattore comu-ne la paura, la negazione e,quando non è possibile na-sconderle, la ribellione e ladepressione. Il paziente non èpreparato a destreggiarsi difronte alla serie di interrogati-vi che rimangono senza rispo-sta nell’unico contesto delmondo naturale. Rimane la-tente il profondo fattore per-sonale di vivere la propria e-stinzione, e quello di abban-donare i propri cari e ciò chegli sta intorno.

In una prospettiva comple-mentare, neanche il personalesanitario manifesta un atteg-giamento di aiuto dato che vi-ve e trasmette gli stessi timorie gli stessi giudizi a livello in-conscio, e si fa scudo, nellagrande maggioranza, con l’ef-ficienza del proprio ruolo pro-fessionale, piuttosto che por-

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tare avanti il proprio lavorocome espressione di solida-rietà, di dedizione e di amore.

Di fronte alla realtà inevita-bile della morte e dell’altra vi-ta, questa verità fondamentalepassa inavvertita, nascosta oviene rimandata: “Non ap-prezziamo l’altra vita perchésiamo molto attaccati a que-sta”, disse una volta un pa-ziente. Rispetto alla malattia,la maggior parte dei malatinon è preparata a ricevere cat-tive notizie ed ha un compor-tamento di paura.

3. L’ambiente ospedalieroe il suo impattosull’esperienzadella sofferenza da parte del paziente

Il ricovero in ospedale im-plica un brusco cambiamento,la maggior parte delle voltenon programmato, nella vitadelle persone, con l’allontana-mento dal proprio nucleo fa-miliare. Conseguentementeaumenta la vulnerabilità psi-cologica del paziente, special-mente all’inizio della malat-tia. Esiste anche una serie disituazioni ambientali e conse-guenti al lavoro del personalesanitario (dai medici agli ausi-liari) che aggiungono unaquota extra al dolore: la “sof-ferenza aggiunta”.

L’Ospedale, anche se di lus-so, è sempre un luogo partico-lare, estraneo. È il luogo dovesi attenta alla “privacy” ed alpudore della persona, spiega-bile in parte con limitazioni ditipo fisico, ma in larga misuraanche con il disinteresse deglioperatori sanitari. Nel casodella Clinica Universitaria,che è il luogo di docenza me-dica e di infermeria, si ag-giunge un nuovo elemento,numericamente significativo,come quello degli allievi delleScuole di Medicina e di Infer-mieristica. In generale si di-mentica che l’indossare il ca-mice dell’ospedale non confe-risce al paziente la conoscen-za dei concetti medici, lascioltezza nel vivere all’inter-no dell’ospedale e l’accetta-zione di questo modus viven-di istituzionale. Questa situa-zione è drammatica nel casodei bambini. Un esempio:

chiamare azioni di “comfort”per il paziente il fatto di lavar-lo alle 6 del mattino, è un evi-dente controsenso.

Il quadro è reso ancora piùlimitato dai costi economici edalle formalità amministrati-ve, sempre crescenti, irrag-giungibili e incomprensibili.A questo proposito, manca lasolidarietà del personale sani-tario, che senza riflettere au-menta sovente gli interventimedici in modo non necessa-rio, moltiplicando le spese perquel paziente ed aumentandoil suo disagio.

Questa situazione si ingran-disce man mano che aumentail personale di imprese estra-nee all’istituzione, che vieneimpiegato per azioni specifi-che: pulizia, vigilanza, ecc.D’altro canto, i funzionari del-l’amministrazione sono op-pressi da norme e disposizioniche limitano progressivamen-te il loro lavoro, riducendo ilrapporto umano e tenendopresenti solo l’efficienza ed ilrapporto costi-tempi.

È noto l’allontanamento delpersonale da Dio, con man-canza di solidarietà cristianatra i distinti gruppi e anche trai piccoli livelli di uno stessogruppo. La fede viene dimen-ticata. C’è incertezza per lapropria stabilità lavorativa.

Di fronte alla limitazione fi-sica dovuta alla malattia, ilpaziente non ha ruoli sussidia-ri da assumere, e in gran partedei casi ciò sfocia nella de-pressione.

4. Come si sente sostenutoil paziente dal punto di vista religioso

Questa esperienza è moltodiversa e dipende fondamen-talmente dalle esperienze pre-cedenti e dalla formazione re-ligiosa. La realtà ci mostra ca-si di gente che dichiara: “Lamalattia desta valori assopiti,li ridimensiona e li approfon-disce”, e altre persone chemostrano di non aver bisognodi Dio e che esprimono disgu-sto per essere ricorsi alla reli-gione al momento del loro in-gresso in ospedale.

Per quanto riguarda il per-sonale sanitario, si percepisceuna forte dicotomia tra lavoro

professionale e fede, tra espe-rienza religiosa e lavoro. Ilpersonale non si sente prepa-rato a sostenere spiritualmen-te il malato o la sua famiglia.“Abbiamo bisogno di vincerela paura, il rispetto male inte-so e offrire apertamente unaiuto spirituale basato sullafede cattolica”, “Abbiamo bi-sogno e desideriamo una pre-parazione nel rapporto di aiu-to al malato”.

Richiama attenzione lapreoccupazione del personalerispetto all’amministrazionedel sacramento dell’Unzionedegli Infermi, che viene vistocome un atto che calma la co-scienza e mantiene la tradizio-ne.

Il sostegno al paziente daparte della propria Chiesa oparrocchia non esiste o è ec-cezionale. Tale sostegno rien-tra nel ruolo delle Cappella-nie, sempre scarse o inesisten-ti e chiaramente superate nelleloro possibilità di azione. “Ècompito dello specialista”.

Diversa è la capacità dellafamiglia di apportare un so-stegno morale al pazientestesso; tale capacità inoltre ècircoscritta dalle limitazioniproprie e da quelle impostedall’ospedale. È altresì notoche quando la malattia o il ri-covero si prolunga, la fami-glia lentamente apporta il suoappoggio per una sorta di“routine”, ed entra in una fasedi indebolimento; ciò vienepercepito dal paziente e sicrea una dinamica negativa.

Il sostegno da parte dell’é-quipe pastorale dell’ospedaleè limitato a quanto viene of-ferto, ma è molto bene accol-to. C’è la consapevolezza cheda poco più di un anno questaazione ha avuto un andamentoascendente. Il contributo dellereligiose nel lavoro ospedalie-ro ha avuto un notevole im-patto sull’azione e sull’orga-nizzazione. Inoltre i pazientigradiscono la distribuzionedell’Eucarestia da parte deivolontari della Caritas.

5. Quali sono le azionipastorali concretea disposizione del paziente

Vi è una scarsa conoscenza

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tra i malati della possibilità diavere un sostegno religiosonel corso della loro permanen-za in ospedale. Per quanto ri-guarda l’aspetto liturgico e sa-cramentale, l’Eucarestia vienecelebrata giornalmente e ven-gono celebrate anche alcunefeste liturgiche: il Mese diMaria, il Mese del Sacro Cuo-re, ecc., ma in realtà i pazientinon ne possono beneficiaredirettamente, in quanto sonoimpossibilitati ad assistervi.

Il sacramento della peniten-za ed il battesimo possono es-sere richiesti anticipatamenteal Cappellano e l’Eucarestia èdistribuita giornalmente dallevolontarie. La limitazione fi-sica dell’ospedale stesso nonfavorisce questa sacramenta-lizzazione, in quanto non for-nisce un’adeguata “privacy” einoltre il fatto che il personalesia abituato a questo fatto glitoglie la solennità che merita.

Per quanto riguarda il “rap-porto di aiuto” al paziente illavoro è all’inizio, ma nelcampo dove è stato portato a-vanti (dialisi), l’impatto el’accoglienza hanno superatole aspettative. Si sente la man-canza di un’organizzazionepiù razionale ed efficace.

6. Qual è la ricettivitàdei pazienti nei confronti di queste azioni

La ricettività dei pazientinei confronti di queste azionipastorali è molto buona. Tal-volta accade che i ministri of-frano questo servizio come unprodotto, il che lo svilisce e lorende meno vitale. I pazientisono ansiosi di partecipare,disposti e riconoscenti e si ac-corgono di avere molto tempoper pensare al trascendentedurante il loro soggiorno in o-spedale.

7. Realtà del sostegno tecnico, umano e pastorale al moribondo ed alla sua famiglia

Il paziente moribondo pre-senta un problema di difficilerisoluzione. Nonostante siapiù umano e più giusto favori-re, laddove possibile, la morte

in casa e nel proprio ambientefamiliare, numerosi malatimuoiono in ospedale, e non e-siste una politica al riguardo.Li si isola il più possibile, af-finché non disturbino o infa-stidiscano gli altri pazienti. Lafamiglia di solito li visita po-co, per le restrizioni propriedell’Ospedale e perché, allon-tanandosi, esprime il suo di-spiacere di fronte alle condi-zioni di irreversibilità e il suotimore di fronte alla morte.C’è una certa preoccupazioneda parte del personale che ilpaziente riceva i sacramenti,ma il colloquio con la fami-glia risulta disagevole. Lamorte del paziente moribondoè vissuta con sollievo da tuttoil personale.

Sebbene la realtà del nostroOspedale sia migliore di quel-la di altri, essa è in ogni modonotoriamente carente e ha bi-sogno di essere ridefinita, am-pliata e focalizzata al di là del-la sacramentalizzazione.

Parte seconda:conclusioni e proposte

1) L’uomo del nostro caso,paziente o operatore sanitarioche sia, non è in sintonia colmistero del dolore e con laposizione cristiana di frontead esso. Quando la malattiasopravviene, questa si trasfor-ma in un fattore lacerante eche annienta, in grado di tra-smettere la sua negatività an-che alla famiglia.

Di conseguenza, la Pastora-le Sanitaria o quella dell’uo-mo malato, inizia con l’uomosano. Se l’esperienza religio-sa non illumina quotidiana-mente i piccoli dolori, la per-sona non sarà in grado dicomportarsi cristianamente difronte alla sofferenza, propriao altrui.

Viene richiesto uno sforzopermanente, di carattere for-mativo per quanto riguarda ildolore ed illuminato dalla vi-sione cristiana, che sia attivonel programma pastorale atutti i livelli e istituzioni delladiocesi.

2) L’uomo della nostra ana-lisi, malato o operatore sani-tario, non si differenzia dalresto della società alla quale

appartiene, per quanto riguar-da il suo rifiuto a pensare o adiscutere la morte ed il sensodell’aldilà. La formazione e-scatologica, piena di speranzacristiana, è un elemento sulquale si deve insistere, valo-rizzandone la grande proie-zione ed il senso.

La persona, quando speri-menta il dolore e la malattia,crea o permette che si crei u-no spazio di apertura naturalealla discussione ed alla com-penetrazione del mistero deldolore e dell’eventualità esca-tologica a lei prossima. Allo-ra, devono essere soddisfatti enon defraudati lo spazio ed iltempo, e talvolta l’interesse ela necessità.

3) La Pastorale Sanitariadeve fare uno sforzo orienta-tivo perché l’Ospedale, ancorprima di essere un luogo de-dicato alla cura della malattia,sia considerato un’istituzionecapace di generare, risveglia-re o rivitalizzare l’intangibi-lità che fa parte del bagagliointeriore dell’essere umano.

La tradizionale messa afuoco della Pastorale Sanita-ria soffre di limitazioni come:

a) Enfasi nel sacramentale;b) Considerare il malato

come destinatario diretto del-la sua azione;

c) La Cappellania come as-se e sostegno della Pastorale.

L’enfasi nel sacramentale èriduttiva per il paziente op-presso dal suo dolore, deside-roso di un’ampia prospettivailluminatrice, nella quale ilsacramentale sia il corollarionaturale desiderato e conse-guentemente pieno di grazia edi arricchimento.

Questo sforzo nel sacra-mentale è oltremodo ridutti-vo, poiché si rivolge solo aquei cristiani in grado di rice-verlo, ed ignora coloro chenon ne sono in grado o cheappartengono ad un’altra reli-gione. Inoltre, a forza di esse-re routinizzata, la solennitàdella presenza di Cristo nellacamera d’ospedale viene vol-garizzata senza alcuna sensi-bilità. Il ruolo di ministro del-l’Eucarestia arriva ad essereun ruolo come gli altri all’in-terno dell’Ospedale, e tra iquali si include anche quellodel paziente.

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Come conseguenza di que-sta misurazione e focalizza-zione, il malato riceve diretta-mente il prodotto o l’azionepastorale, in maniera suffi-cientemente automatizzata nelcaso dell’eucarestia, o comeun tramite che bisogna neces-sariamente compiere con ilmoribondo (unzione degli in-fermi). La dimensione unitariadell’uomo si diluisce tra nor-me, tempi ed orari che sosten-gono azioni specifiche o mo-nodirezionali. Se la malattia diper sé lacera l’interiorità del-l’uomo, l’operatore pastoralereligioso non può contribuirea perpetuarla, o solamente anasconderla.

La Cappellania sacerdotaleospedaliera è stata il pilastrodella pastorale sanitaria, giu-stamente sostenuta da questaenfasi sacramentale. In prati-ca, oggi essa non esiste, maconcettualmente si continua aconsiderarla come archetipoorganizzativo, creando unadistanza insanabile tra realtà eteoria organizzativa.

Il vantaggio teorico che unsacerdote cappellano acquisi-sca una solida formazione neiconfronti dell’impatto dellamalattia sulla persona, si svi-lisce per il fatto di dedicarsiparzialmente a questo lavoro,oltre all’avere altre responsa-bilità come parroco. Questasituazione negativa si sta ac-centuando progressivamentesenza la realistica considera-zione che la situazione merita.

Come grandi linee di azio-ne si propongono le seguentiosservazioni:

a) L’azione di sostegno spi-rituale ed umano al pazientevenga fatta dagli operatori sa-nitari (medici, infermieri, pa-ramedici ed ausiliari) in un’a-zione senza inizio né fine, mache riguardi ogni atteggia-mento professionale. Questocontenuto cristiano, che vadal gesto alla conversazioneprofonda, apre lo spirito delpaziente più di ogni altra a-zione programmata.

Questa dimensione, cherompe con i ruoli individua-lizzabili, richiede non soltan-to buona volontà, ma anchecapacità reale e profonda; ciòche è in gioco è troppo impor-tante per essere lasciato sol-

tanto al sostegno di una buo-na disposizione.

In questo contesto, la for-mazione dev’essere rigorosae permanente; tale responsa-bilità spetta alla nostra Istitu-zione dell’Università Cattoli-ca, che dovrebbe apportare imezzi che consentano l’ap-poggio necessario per potersviluppare l’ampio campodella Relazione di Aiuto alpaziente. Fin da ora deve fa-vorire e stimolare il lavoro digruppi sperimentali in questocampo.

Il fatto che incaricato diquesta dimensione sia lo stes-so personale sanitario, inquanto tale, costituisce una ri-sposta adeguata al fatto sem-pre più limitante della rapidarotazione dei pazienti, con u-na permanenza minima che e-sclude loro dalla portata di o-gni altra azione esterna.

L’assunzione del personalesanitario, qualunque sia il suolivello, deve effettuare, oltreagli elementi tradizionali, unavalutazione rispetto a questivalori e potenzialità.

b) La creazione di Operato-ri Pastorali Sanitari è un mez-zo per canalizzare la solida-rietà di molti cristiani in que-sto ambito pastorale. Viene ri-chiesta una formazione ade-guata ed una abilità, progres-siva e regolata, nell’agire.Crediamo che la responsabi-lità di organizzare una Scuoladi Operatori Pastorali spettialla Facoltà di Medicina.

Questi operatori, che do-vrebbero sorgere all’internodelle rispettive Parrocchie,sarebbero l’elemento o il le-game, oggi inesistente, tral’Ospedale e la Parrocchia, a-gevolando un’azione unitaria.Inoltre, sarebbero responsabi-li della pastorale a domicilioper i malati che appartengonoalla loro parrocchia.

La proposta considera chequesti Operatori Pastorali di-rigano il loro sforzo fonda-mentale a cristianizzare, so-stenere e diffondere il Vange-lo tra il personale sanitario.Quest’ultimo, così sostenuto,avrà lo spirito per seguire ilproprio lavoro quotidiano inquesta amalgama di dovere u-mano e dovere cristiano senzalimiti divisori.

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Riassumendo, si proponeche il rapporto di aiuto al pa-ziente sia presente nelle suevicissitudini quotidiane e siacompiuto dal personale sani-tario ad ogni livello. Questo èun lavoro che affatica, ma ègratificante e richiede un’at-tenzione ed un sostegno spe-ciale per la fede di questi ope-ratori. La Chiesa, attraversoOperatori Pastorali capaci,dovrebbe fornire una rispostaadeguata a questa domanda.

La Facoltà di Medicina èimpegnata a sviluppare a di-versi livelli (corsi di studiodei suoi alunni – capacità delproprio personale, ecc.) ilgrande tema della Relazionedi Aiuto. Esso è lo strumentoche permette di rispondere al-le crescenti e di solito inatteseaspettative dei nostri pazienti.

La formazione di OperatoriPastorali esige la creazione diuna Scuola ad hoc, per la qua-le ci sono esperienze in paesieuropei, e disponiamo di unadeguato interscambio diinformazioni al riguardo.

Allegato I

IX Sinodo Diocesano di Santiago

Università CattolicaFacoltà di MedicinaPastorale della Salute

Temi per la discussione dei gruppi sinodali:

Analisi della realtà

1. SofferenzaDefinire il dolore fisico e

morale.Il paziente lo sente come un

castigo per i propri peccati?

2. Il dolore di frontealla possibilità di unalimitazione fisica,della morte e dell’“altra vita”

3. L’ambiente ospedalieroe il suo impattosull’esperienzadella sofferenza da parte del paziente– Smembramento del nu-

cleo familiare

– Perdita della “privacy”– Procedimenti e termini

non familiari al paziente– Comunicazione– Pudore– Costi, formalità ammini-

strative

4. Come si sente sostenutoil paziente dal punto di vista religioso– A partire dalla propria

base religiosa– Dagli operatori sanitari– Dalla propria chiesa– Dalla propria famiglia– Dall’équipe pastorale del-

l’ospedale

5. Quali sono le azionipastorali concretea disposizione del paziente(Informazione – Sacramen-

ti, ecc.)

6. Qual è la ricettivitàdei pazienti nei confronti di queste azioni

7. Realtà del sostegno tecnico, umano e pastorale al moribondo ed alla sua famiglia

Allegato II

Intervista al Vicario della Pastorale Sanitaria,Monsignor Augusto Larrain, rilasciata il 28 settembre 1995

L’Organigramma della Pa-storale Sanitaria comprende,oltre al Vicario per la Pastora-le Ospedaliera, un ConsiglioArcidiocesano di Coordina-mento Sanitario, composto danove persone e presieduto dalVicario. Questo Consiglio fucreato nel luglio del 1995.

Nel campo della pastoralesanitaria, si riconosce un am-bito ospedaliero ed uno domi-ciliare. Il primo ricade sotto lagiurisdizione del Vicario e se-condariamente dei Cappellaniassegnati agli Ospedali. Lapastorale domiciliare appar-tiene alla pastorale ordinariadi ogni zona, ed è sotto la giu-risdizione del Vicario Zonale,e poi di ogni parrocchia e delsuo staff di assistenti per imalati.

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Per quanto riguarda la pa-storale ospedaliera, esiste unaprofonda mancanza di risorseumane ed economiche per po-ter fare pastorale nei 40 presì-di sanitari di Santiago.

Per quanto riguarda i Cap-pellani, essi sono presenti sol-tanto in due Ospedali (Uni-versità Cattolica, Salvador)con un orario prolungato e atempo parziale in altri tre; ne-gli altri ospedali esistono deiservizi religiosi che dipendo-no dalla Parrocchia più vici-na.

Il bilancio del Vicariatodella Pastorale Ospedaliera è

molto esiguo e parte di essoviene destinato a minima sov-venzione per i cappellani. IlVicariato non ha una strutturadi segreteria e il Vicario rice-ve l’appoggio in questo cam-po dalla propria Parrocchia.In generale, c’è poco interes-se da parte dei sacerdoti versoqueste responsabilità. È pro-babile che in questo incida ilfatto che la formazione delSeminario non tocca il temaospedaliero e non esiste unapratica formativa dei semina-risti in ospedale.

Per la visita ospedaliera, cisono équipes di visitatori vo-

lontari, formati nei corsi dellaCaritas Cilena. Questi corsidurano tre mesi con lezioni u-na volta la settimana; gli assi-stenti sono selezionati dalproprio parroco o nell’ambitodella “Escuela Nacional deCapacitación” (ENAC).

I visitatori contattano i pa-zienti e consegnano loro ma-teriale scritto di sostegno e se-guono progressivamente ilpersonale sanitario.

Ricapitolando, il campodella Pastorale Ospedalieraeccede abbondantemente lapossibilità di poterla attuaread un livello minimo.

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attività del Pontificio

Consiglio

IV Giornata Mondialedel Malato

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LETTERA DEL PAPA AL CARD. ANGELINI

Il Santo Padre ha nominatoSua Eminenza Reverendissi-ma il Signor Cardinale Fio-renzo Angelini, Presidente delPontificio Consiglio della Pa-storale per gli Operatori Sani-tari, Suo Inviato Speciale allacelebrazione della IV Giorna-ta Mondiale del Malato, cheavrà luogo a Città del Messi-co l’11 febbraio prossimo. LaMissione Pontificia sarà com-posta dal Rev.mo P. José LuisRedrado Marchite, O.H., Se-gretario del Pontificio Consi-glio della Pastorale per gli O-peratori Sanitari; dal Rev.doP. Felice Ruffini, M.I., Sotto-Segretario del medesimo Pon-tificio Consiglio; il Rev.doMonsignor Joseph Spiteri, Se-gretario di Nunziatura; dalCav. José Barroso, Presidentedell’Associazione dei Cavalie-ri di Malta. Pubblichiamo quidi seguito la Lettera indirizza-ta per l’occasione da Giovan-ni Paolo II al Cardinale Fio-renzo Angelini.

Al Venerabile Fratello No-stro Fiorenzo di Santa Roma-na Chiesa, Cardinale Angelini

Con straordinaria soddisfa-zione del Nostro animo osser-viamo intorno a Noi gli im-portanti avvenimenti del Po-polo di Dio presso le diversecomunità ecclesiali e brame-remmo in certo modo di esse-re insieme a ciascuna di loro.

Sommamente apprezzandola consuetudine della ChiesaCattolica, anche noi con parti-colare premura ci interessia-mo di coloro che sono provatida sfavorevoli condizioni disalute nella certezza che i fe-deli di Cristo, malati e piagatidelle piaghe della vita, sono iprotagonisti del mistero dellasalvezza: essi presentano in-fatti davanti a sé l’immagine

di Cristo sofferente, anzi,“suppliscono a ciò che mancaalle tribolazioni di Cristo, nel-la loro carne, a vantaggio delcorpo di Lui, che è la Chiesa”(Col 1,24).

Desideriamo quindi arden-temente che tutti coloro cheportano in sé la testimonianzadel dolore salvifico di Cristopossano essere arricchiti dagiusta e opportuna stima daparte della comunità cristiana.

Abbiamo perciò appresocon gioia che a Città del Mes-sico l’11 febbraio sarà cele-brata quest’anno la IV Giorna-ta Mondiale del Malato. Per-ché dunque in maniera piùpiena venga lì manifestata lasollecitudine della Chiesa peri malati e in maniera più chia-ra e solenne si compia questaCelebrazione, abbiamo stabili-to di mandare un personaggioimportante, che rappresenti laNostra Persona, che esponga ilNostro incoraggiamento ed ilNostro favorevole animo.

Pensiamo appunto a te, Ve-nerabile Fratello Nostro, checi appari oltremodo idoneo asvolgere questo compito, tantopiù che ormai da molto tempoti occupi così lodevolmente diquesto genere di cose. Perciòti nominiamo “Legato Straor-dinario” per compiere quellaCelebrazione nella manierapiù conveniente che le circo-stanze potranno suggerire.

Mostrerai a tutti la NostraBenevolenza che tutti abbrac-ci. Parlerai del Nostro amoreper i malati e della Nostra sol-lecitudine per ciascuno di lo-ro.

Vogliamo infine che tu rechia tutti i partecipanti ed ai pre-senti alle solenni manifesta-zioni la Nostra Apostolica Be-nedizione che sia auspicio deidoni divini e sollievo dellesofferenze.

Dal Vaticano 3 febbraio 1996Anno XVIII del Nostro Pontificato

JOANNES PAULUS PP II

Messico 11 febbraio 1996. Celebrazione della IV Giornata Mondiale del Malato

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In occasione della celebra-zione della IV Giornata Mon-diale del Malato, che ha luogopresso la Basilica di Nostra Si-gnora di Guadalupe, invio ilmio cordiale saluto a tutti ipartecipanti, in modo partico-lare ai malati e a quanti soffro-no, verso i quali la Chiesa pro-muove attenzione e serviziofin dalle sue origini e attraver-so i secoli. Per questo essa in-vita quanti lavorano nel cam-po sanitario – medici, infer-mieri, personale ausiliario, re-ligiose ospedaliere e volontari

– a realizzare la loro vocazio-ne di buoni samaritani affin-ché, sull’esempio di Gesù chepassò per il mondo facendo ilbene e curando gli oppressi daqualunque forma di male, siavvicinino ad ogni uomo e adogni donna che soffre nel cor-po o nello spirito assistendolicon i migliori mezzi possibili.Li esorta altresì a mostrare laluce della speranza cristiana aquanti sono sommersi nell’o-scurità del dolore, così comeai loro familiari. Questo costi-tuisce certamente il miglior

servizio alla dignità della per-sona umana e alla qualità dellavita. Spiritualmente vicino atutti coloro che soffrono, invo-co su di loro la costante prote-zione della Vergine del Te-peyac che ripete ad ognunociò che disse un giorno al Bea-to Juan Diego: “Non sto io quiche sono la tua madre?”.

Con questi sentimenti e co-me dimostrazione di affetto,impartisco a tutti la benedizio-ne apostolica.

GIOVANNI PAOLO II

Telegramma del Papa al Card. Fiorenzo Angelini

Non sono io la tua salute?CRONACA DELLA IV GIORNATA MONDIALE DEL MALATOCITTÀ DEL MESSICO, 9-16 FEBBRAIO 1996

Come Messicani, abbiamoavuto il grande onore e lagrande responsabilità di cele-brare la IV Giornata Mondialedel Malato nel Santuario-Ba-silica Nazionale di Santa Ma-ria di Guadalupe. Con il mottoDa Tepeyac al mondo, uniti at-torno a Maria abbiamo cele-brato Gesù Cristo insieme atutti i nostri fratelli malati delmondo.

Le celebrazioni sono inizia-te con una tappa di preparazio-ne e di sensibilizzazione cate-chetica che ha abbracciato tut-to l’Avvento e il Natale del1995 e con una tappa intensivadi preparazione svoltasi nelmese di gennaio 1996. LaConferenza Episcopale Messi-cana ha dato voto di fiducia al-la Commissione Episcopale diPastorale Sanitaria, perché or-ganizzasse e programmassetutto l’avvenimento che ilSanto Padre aveva voluto si

celebrasse per la prima voltain America e precisamente nelSantuario della Regina diMessico ed Imperatrice d’A-merica: Santa Maria di Gua-dalupe.

Dal 31 Gennaio all’8 Feb-braio si sono intensificate nelSantuario le celebrazioni pre-paratorie con un Novenario diRosari, conferenze ed eventiculturali culminati nella cele-brazione di un grande Triduodella IV Giornata Mondialedel Malato dal 9 all’11 Feb-braio 1996.

Come preparazione imme-diata a questa IV Giornata, èstato celebrato a Monterrey,dal 7 al 9 Febbraio, il Con-gresso delle Istituzioni sanita-rie al servizio della salute.Troverete un’ampia informa-zione su tale Congresso inquesto stesso numero della ri-vista.

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Primo giorno del Triduo.Venerdì 9 Febbraio

Il Cardinale Fiorenzo Ange-lini, Legato Speciale del SantoPadre Giovanni Paolo II, ègiunto all’aeroporto interna-zionale di Città del Messicovenerdì 9 febbraio. Data lanuova legislazione messicanaed il recente ristabilimentodelle relazioni diplomatichetra Messico e Santa Sede, il ri-cevimento si è svolto nel Salo-ne Ufficiale. Il Cardinale eraaccompagnato dalla Delega-zione Pontificia formata da: iPP. José Luis Redrado e FeliceRufini, rispettivamente Segre-tario e Sotto-Segretario delPontificio Consiglio della Pa-storale per gli Operatori Sani-tari, il Sig. José Barroso Chá-vez, Presidente dell’Ordine diMalta-Messico, Mons. JosefSpiteri, Segretario della Nun-ziatura Apostolica in Messicoe un gruppo di 70 pellegriniprovenienti da Roma.

Alla Giornata hanno parte-cipato anche un gruppo di pel-legrini dalla Spagna e dagliStati Uniti, nonché rappresen-tanti di Belgio, India, Libano eRomania.

Erano a riceverli il NunzioApostolico in Messico, il Rap-presentante del Governo Mes-sicano per gli Affari Religiosi,il Segretario Generale dellaConferenza Episcopale Messi-cana Mons. Ramón Godínez,il Presidente della ComissioneEpiscopale di Pastorale Sani-taria del Messico Mons. JoséLizares Estrada e i Vescovimembri di questa Commissio-ne, il Coordinatore della IVGiornata Mondiale del MalatoP. Jorge Palencia, nonchémembri del Comitato Orga-nizzatore.

Il Cardinale Angelini ha te-nuto la prima conferenza stam-pa nel salone ufficiale di frontea 72 inviati di reti televisive,radio e giornali nazionali ed in-ternazionali. Poiché la Giorna-ta veniva celebrata in Americaper la prima volta, molto gran-de era l’interesse di trasmettereogni dettaglio dell’avvenimen-to attraverso i mezzi di comu-nicazione.

Alle 17.00 nel Santuario diSanta Maria di Guadalupe-Tepeyac, il Presidente dellaCommissione Episcopale di

Pastorale Sanitaria, Mons. Jo-sé Lizares Estrada, ha inaugu-rato con una celebrazione eu-caristica il Solenne Triduo dicelebrazioni a cui hanno assi-stito, da 42 diocesi del paese,circa 5.300 persone che hannopartecipato ai forum di Confe-renze. Erano presenti ancheinvitati nazionali ed interna-zionali.

Alle 18.00, il Cardinale An-gelini ha concesso un’intervi-sta alla TV mondiale nella se-de della Nunziatura Apostoli-ca.

Secondo giorno del TriduoSabato 10 Febbraio

Alle 10.00 il Cardinale An-gelini e la Delegazione Ponti-ficia hanno partecipato ad unariunione privata con i membridella Commissione Episcopa-le per la Pastorale Sanitaria.S.E. Mons. José Lizares Estra-da, Presidente di detta Com-missione Episcopale, ha illu-strato in dettaglio il Triduo ce-lebrativo per la IV GiornataMondiale del Malato.

Alle 16.00 il Cardinale An-gelini ha inaugurato l’Esposi-zione “Santa Maria di Guada-lupe, Salute degli Infermi”,nel Museo della Basilica diGuadalupe. Tra le opere espo-ste una collezione di ex-votopopolari dei secoli XII e XIX,nonché l’iconografia guadalu-pana sui miracoli di recuperatasalute avvenuti nel corso di450 anni.

Alle 17.00, all’ingresso del-la Basilica di Santa Maria diGuadalupe, l’Arcivescovo Pri-mate del Messico, S.E. Mons.Norberto Rivera Carrera, l’A-bate di Guadalupe Mons.Guillermo Schulemburg e ilVenerabile Cabildo davano ilbenvenuto al Cardinale Ange-lini, alla Delegazione Pontifi-cia ed al gruppo di 70 pellegri-ni che accompagnavano ilCardinale da Roma. Subitodopo aver letto pubblicamentela lettera di nomina dell’Invia-to Pontificio di Sua SantitàGiovanni Paolo II, si dava ini-zio alla concelebrazione euca-ristica in apertura dei lavoridella seconda giornata del Tri-duo Solenne e dei lavori dellealtre 7 sedi.

Nel corso del solenne Tri-

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duo hanno lavorato simulta-neamente 8 sedi vicine al san-tuario di Santa Maria di Gua-dalupe. Ciò ha rappresentatoun momento di riflessioneteologico-pastorale della IVGiornata Mondiale del Mala-to, con la presenza di 64 e-sperti in settori specifici in re-lazione con l’argomento dellaGiornata, i quali sono interve-nuti sui seguenti temi di frontead un’assemblea di circa5.300 persone: Liturgia e Pa-storale Sanitaria; Piano Na-zionale di Segretariati Dioce-sani di Pastorale Sanitaria;principali problemi Etico-Mo-rali nel campo infermieristico;Dispensari Parrocchiali; IlMedico Cattolico; Il Malato ela Sofferenza unita al Croci-fisso; Il Volontariato e la Salu-te del Sacerdote.

Conclusa la celebrazioneeucaristica, il Cardinale Ange-lini ed una parte della Delega-zione Pontificia si sono direttialla sede dei “dispensari par-rocchiali” (cliniche - ambula-tori), da dove hanno osservatoi lavori svolti dai partecipantiin questo settore tanto impor-tante dove convergono Pasto-rale Sanitaria e Pastorale So-ciale per aiutare e sostenere in-tegralmente i malati, in parti-colare i più poveri.

Alle 20.30 il Cardinale An-gelini ed un buon numero deipellegrini che lo accompagna-vano, hanno assistito alla pri-ma parte della Veglia di Pre-ghiera per i Malati fatta daigiovani. All’interno della Ba-silica di Santa Maria di Gua-dalupe circa 8.000 giovani sisono riuniti per pregare per imalati e per trovare il modomigliore per accompagnarlinel difficile momento dellamalattia. Nel corso della Ve-glia, ci sono state testimonian-ze di malati terminali, malatidi AIDS, tossicodipendenti,alcolisti che hanno contribuitoa sensibilizzare la vasta as-semblea di giovani e a focaliz-zare la loro preghiera in GesùCristo Morto e Risuscitato. Altermine della prima parte, SuaEminenza ha rivolto eloquentiparole di incoraggiamento aigiovani, affinché siano testi-moni di Cristo insieme al fra-tello che soffre. La celebrazio-ne, trasmessa via satellite nelcontinente americano e in par-

te dell’Europa per mezzo dellaClaravisión – Televisione Cat-tolica del Messico, si è conclu-sa verso la mezzanotte, congrande allegria ed entusiasmo.

Un dato sorprendente è rap-presentato da una giovane di26 anni di età la quale avevadeciso di suicidarsi. Ella avevacaptato il segnale televisivonel Texas, Stati Uniti; vedendola testimonianza di giovaniche, pur avendo attraversato lecrisi più dure della loro malat-tia, sentivano fortemente lapresenza del Risuscitato, la ra-gazza ha desistito dal suo pro-posito, è salita sul primo aereoper Città del Messico ed è sta-ta presente l’11 febbraio allagrande celebrazione della IVGiornata Mondiale del Mala-to. Attualmente lavora comemissionaria laica cattolica inAfrica.

Terzo giorno del TriduoDomenica 11 febbraio

Alle 8 di mattina, il Cardi-nale Angelini con la Delega-zione Pontificia ha presiedutol’apertura del Foro di Bioeticaabilmente preparato dall’Uni-versità Anahuac dei Legionaridi Cristo. Con una ConferenzaMagistrale dal titolo “DallaHumanae Vitae alla Evange-lium Vitae”, egli ha dato inizioai lavori del foro, cui hannopreso parte circa 350 personee che è stato trasmesso via sa-tellite in collegamento nazio-nale ed internazionale, per ra-dio e televisione.

Terminato il suo intervento,il Cardinale, in quanto LegatoPontificio di Sua Santità Gio-vani Paolo II, ha tenuto unaconferenza stampa con i rap-presentanti dei giornali e dellatelevisione internazionale ac-creditati per seguire gli eventidella IV Giornata Mondialedel Malato. Mentre nell’atriogrande della Basilica di SantaMaria di Guadalupe erano giàriuniti i pellegrini, i malati, iloro familiari e gli operatoridella Pastorale Sanitaria, chesi erano dati appuntamento perla Solenne Eucaristia della IVGiornata, circa 10.000 personeerano presenti nella Basilicaper questo evento che avrebbeavuto inizio alle 11 in punto.

Poco prima della Solenne

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Eucaristia, il Cardinale Ange-lini ed i suoi accompagnatorihanno visitato l’ospedale mo-bile istallato nell’atrio monu-mentale della Basilica dove,dal 3 all’11 febbraio, sono sta-te effettuate ai malati più po-veri della Valle di Messico24.000 prestazioni medichegrazie all’opera di 3.000 medi-ci generici e specialisti, 1.000infermieri e 2.500 volontari. IlCardinale ha constatato comequesta IV Giornata Mondialedel Malato aprisse nuovi oriz-zonti a future celebrazioni;non erano soltanto la riflessio-ne teologico-pastorale e le ce-lebrazioni liturgiche a formareparte della celebrazione, bensìanche l’esercizio della miseri-cordia, specialmente verso imalati e gli anziani più poveridella società. Grazie all’entu-siasmo del Rotary Internatio-nal, si è felicemente realizzataquesta esperienza che prose-guirà periodicamente nel san-tuario in ricordo e memoriadella IV Giornata. Per ottogiorni la sensibilizzazione del-la società civile, uno degli o-biettivi della Giornata, ha rag-giunto espressioni di impegnomolto profondo.

Alle 11 in punto è iniziata laSolenne Celebrazione Eucari-stica, atto centrale della IVGiornata Mondiale del Mala-to, da Tepeyac al Mondo, cheraggiungeva così il suo obiet-tivo. Santa Maria di Guadalu-pe ci riuniva attorno a lei, nel-la sua “casetta” di Tepeyac percelebrare il Signore Gesù. Inmaniera grandiosa la Liturgiaha permesso alle 10.000 per-sone presenti, ai 375 sacerdoti,ai 46 Arcivescovi e Vescovi, ai2 Cardinali di esultare dellapresenza dell’inviato del San-to Padre il Cardinale FiorenzoAngelini. Quest’ultimo ha pre-sieduto la celebrazione che èstata trasmessa in 28 paesidell’America Latina e in 6paesi d’Europa per radio e te-levisione, in uno sforzo senzaprecedenti nella storia delletrasmissioni via satellite. Ilmonumentale coro della basi-lica composto di 125 voci, hacollocato l’assemblea nel cuo-re del mistero cristiano: cele-brare Gesù Cristo morto e ri-suscitato.

Grazie agli sforzi realizzati,abbiamo potuto trasmettere in

diretta il Messaggio pronun-ciato dal Santo Padre durantel’Angelus a Caracas, in Vene-zuela. Quando la voce delSanto Padre è risuonata daglialtoparlanti della Basilica, unagrande gioia ha riempito i cuo-ri dei presenti. Era come se E-gli fosse in mezzo a noi e ciparlasse come ha già fatto indue occasioni dal Santuario diTepeyac. Una grande e prolun-gata ovazione ha riempito laBasilica facendola tremare, gliapplausi e gli evviva al Papahanno riempito di gioia e digiubilo questo momento stori-co per il Messico e per l’Ame-rica. L’incarico affidato aimessicani si è compiuto, la IVGiornata si ripercuoterà a lun-go nelle azioni pastorali dimolte diocesi e di molte istan-ze civili e del governo messi-cano.

Durante la Solenne Eucari-stia, durata due ore e mezzo, i46 Arcivescovi e Vescovi, conil Cardinale Angelini in testa,hanno amministrato il Sacra-mento dell’Unzione dei Malatia circa 4.000 malati riuniti al-l’interno della basilica. Il Car-dinale Angelini ha ammini-strato l’unzione a dieci malatiche rappresentavano l’immen-sa moltitudine di malati. Tra diloro c’erano un bambino allostadio terminale, giovani sie-ropositivi, e la ragazza che oreprima aveva cercato di suici-darsi ed era giunta dal Texasper essere presente come se-gno che le forze del male nonvincono mai di fronte altrionfo del Cristo Risuscitato.

Al termine della Santa Mes-sa, la Commissione organizza-trice ha offerto un banchetto alCardinale Angelini e ai 70 pel-legrini che lo accompagnava-no da Roma. Un momentomolto emozionante per i 35membri della Commissione èstato quando il Cardinale ha e-spresso i sentimenti di gratitu-dine del Santo Padre.

Lunedì 12 febbraio

La mattina molto presto, ilCardinale Angelini si è direttoal Centro Ospedaliero SantaMaria di Guadalupe, dove hacelebrato l’Eucaristia con iVescovi membri della Com-missione Episcopale per la Pa-

storale Sanitaria della Confe-renza Episcopale Messicana.Grazie alla generosità dellaCongregazione delle Figlie diMaria Immacolata di Guada-lupe, durante la colazione ilCardinale e la sua comitivahanno conosciuto il folcloremessicano dei “mariachis”,trovatori messicani che hannoriempito i cuori di allegria.Quindi, nella Riunione Spe-ciale con i Vescovi, il Cardina-le Angelini ha ascoltato unsommario dei Piani Pastoraliper il futuro, specialmente lacreazione di Segretariati Re-gionali di Pastorale Sanitarianelle diocesi del paese. A con-clusione della riunione, il Car-dinale, accompagnato dallasua comitiva, ha visitato l’o-spedale e benedetto il repartochirurgico.

Terminata la visita al centroospedaliero, egli si è direttoverso la Curia Arcivescoviledi Città del Messico accompa-gnato dal Nunzio Apostolico,Mons. Girolamo Prigione, perun incontro con i circa 400 o-peratori di pastorale sanitariapromotori della IV Giornata.Con grande gioia le personeche per circa sei mesi hannodedicato le loro capacità, i lorosforzi ed il loro generoso lavo-ro alla promozione ed alla pre-parazione della IV Giornata,hanno ascoltato con molta at-tenzione il messaggio del Car-dinale Angelini. Le sue parolerestano un grande tesoro nellememorie e nel cuore di questioperatori della pastorale sani-taria, i quali hanno visto ri-compensati tutti i loro sforzi ele loro notti insonni ascoltan-do con quale tenerezza e conquale affetto il Cardinale cimostrava il modello vero diBuon Samaritano. In un mo-mento molto emozionante, ilCardinale ha avuto la bontà dipresentare i 70 pellegrini chelo avevano accompagnato daRoma.

Verso mezzogiorno, il Car-dinale ed i 70 pellegrini sonogiunti alla sede dell’UniversitàAnahuac, diretta dai Legionaridi Cristo, dove hanno visitatola Facoltà di Medicina e laScuola di Bioetica. Dopo ilpranzo, hanno partecipato ailavori del Foro di Bioetica or-ganizzato per la IV Giornata eche era stato solennemente i-

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naugurato la domenica matti-na. Di fronte ad un’assembleadi circa 400 studenti di medi-cina, il Cardinale Angelini harivolto il suo messaggio basa-to sui principi che fondano ilmagistero della Chiesa in ma-teria di Bioetica.

Immediatamente dopo, ac-compagnato dalla Delegazio-ne Pontificia, si è diretto allavolta della Residenza Ufficialedel Presidente Messicano, Er-nesto Zedillo Ponce de León,dove ha tenuto un’intervistaprivata di quasi 90 minuti.Questo atto ha segnato un pre-cedente molto importante perla Pastorale Sanitaria in Mes-sico, aprendo nuove possibi-lità di dialogo e reciprocacomprensione.

La sera il Cardinale si è in-contrato con impresari messi-cani per presentare il Progettodi Ospedale Infantile di Mo-sca, pronto ad aprire i battenti.L’aiuto ed il sostegno che ver-ranno dati a questo progettosono stati molto bene accoltidagli impresari. La condivisio-ne è un altro modo di vivere lamisericordia e di cercare lagiustizia del Regno di Dio.

Martedì 13 febbraio

La mattina il Cardinale An-gelini ed i 70 pellegrini hannovisitato il Museo Nazionale diAntropologia che raccoglie lapiù vasta collezione di archeo-logia preispanica del continen-te americano. Verso mezzo-giorno, hanno visitato la partestorica di Città del Messico, iltempio originale degli aztechi,la Cattedrale Metropolitana e ilPalazzo Nazionale. La sera c’èstato un incontro con il Mini-stro dell’Interno del governomessicano, Don Emilio Chauf-fet, negli uffici della Segreteriadi Governo del Messico.

Mercoledì 14 febbraio

La mattina molto presto ilCardinale Angelini, la Delega-zione Pontificia ed i 70 pelle-grini si sono recati alle città diCholula e Puebla, a 200 chilo-metri da Città del Messico. ACholula, hanno visitato l’ospe-dale psichiatrico Santa Mariadi Guadalupe, che da oltre 80

anni è diretto dall’Ordine O-spedaliero di San Giovanni diDio. Il Cardinale Angelini eraaccompagnato dall’Arcivesco-vo di Puebla, S.E. Mons. Ro-sendo Huesca Pacheco che haconcelebrato l’Eucaristia, altermine della quale è rientratoa Città del Messico dopo ungradito pranzo in una fattoriadel secolo XIX.

Giovedì 15 febbraio

Verso mezzogiorno, il Car-dinale Angelini e la sua comi-tiva hanno visitato il Santuariodi Tulpetlac, luogo della Quin-ta Apparizione di Santa Mariadi Guadalupe, dove Juan Be-nardino, zio del Beato JuanDiego (il veggente di Guada-lupe), recuperò la salute men-tre era sul punto di morire acausa della peste. S.E. Mons.Onesimo Cepeda, di recentenomina, ha dato il benvenutoal Cardinale Angelini, con leseguenti parole: “[...] alla dio-cesi più giovane del mondo,alla diocesi più povera e allostesso tempo alla terza in nu-mero di cattolici, 3 milioni dibattezzati”. Grande festa po-polare è stata l’accoglienzafatta alla comitiva all’entratadel Villaggio di Tulpetlac, a 10chilometri a nord di Città delMessico, e fino al Santuariodella Quinta Apparizione. IlCardinale Angelini ha celebra-to l’Eucaristia ed amministra-to l’Unzione dei malati aglianziani ed ai malati presenti.La celebrazione ha impressoun segno profondo nella Pa-storale Sanitaria del Messico,nonostante la semplicità e l’e-strema povertà con cui i malatie gli anziani hanno celebratoGesù Cristo. “Speranza di cielinuovi e di terra nuova”.

Un festival artistico-musica-le ha allietato il semplice pastocon cui la nuova diocesi di E-catepec ha ringraziato il Car-dinale Angelini per la sua visi-ta e il suo stimolo ai poveri edagli ammalati.

Venerdì 16 febbraio

Nella mattina il CardinaleAngelini, accompagnato dallaDelegazione Pontificia e dai70 pellegrini, ha visitato la

Casa San Juan, residenza eclinica geriatrica dell’OrdineOspedaliero di Malta, in Mes-sico. Dopo aver celebratol’Eucaristia, ha preso parte aduna riunione dove è stato mes-so al corrente dei progetti deiCavalieri e delle Damedell’Ordine di Malta del Mes-sico.

Immediatamente dopo, c’èstato il trasferimento alla Par-rocchia di Xochimilco per pre-gare sulla tomba del VescovoJorge Martínez, precursoredella Pastorale Sanitaria inMessico. Il Vescovo è morto il1° agosto 1994 dopo una pe-nosa malattia oncologica dura-ta circa due anni e mezzo. Egliha offerto tutte le sue sofferen-ze alla Chiesa e all’attuazionedella Pastorale Sanitaria. Isuoi numerosi scritti hannodato origine al Direttorio diPastorale Sanitaria e alla crea-zione della Commissione Epi-scopale di Pastorale Sanitaria,come organismo coordinatoreall’interno della ConferenzaEpiscopale Messicana.

La sera dello stesso giorno,il Cardinale Angelini e il suoseguito sono stati accompa-gnati all’aeroporto internazio-nale di Città del Messico dovehanno preso l’aereo per Ro-ma. Erano presenti il NunzioApostolico Mons. GirolamoPrigione, Membri della Se-greteria per le Questioni Reli-giose del Governo messicanoe membri del Comitato Orga-nizzatore della IV GiornataMondiale del Malato. Si con-cludeva così un momento sto-rico per la Chiesa ed in parti-colare per la Pastorale Sanita-ria. Ciò ha segnato un prima eun dopo della IV GiornataMondiale, l’impegno di fe-deltà e di ricerca di un servi-zio autentico al fratello mala-to è diventato un seme nel no-stro animo e nelle nostre re-sponsabilità pastorali. Da Te-peyac al mondo non è stato unprogetto, bensì una realtà, unampio orizzonte si apre perdare il passo ad un mattinopiù chiaro, più saldo e di mag-giore impegno con Gesù Cri-sto medico dei corpi e delle a-nime.

Don JORGE A. PALENCIACoordinatore Generale della

IV Giornata Mondiale del Malato

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Celebrazioni presso il Santuario della Madonna di Guadalupe (Messico)

Santa Maria, regina e madre di misericordia

(Omelia del Card. FiorenzoAngelini nel secondo giornodi preparazione, 10 febbraio1996).

Il brano evangelico, che a-vete ascoltato nella celebrazio-ne di ieri, primo giorno delTriduo di preparazione alla ce-lebrazione di questa quartaGiornata Mondiale del Mala-to, rievocava la visita premu-rosa di Maria stessa alla pa-rente Elisabetta (Lc 1,39-56).

Il Vangelo di oggi sottolineaun altro episodio della solleci-tudine della Madre di Gesù: ilsuo intervento a favore deglisposi alle nozze di Cana, intro-dotto con le parole: “Hagan loque él les diga” (Gv 2,1-11).

Maria, Regina e Madre diMisericordia, è insieme araldoe testimone del Vangelo dellamisericordia.

Dove è salvezza totale del-l’uomo è sempre il trionfo del-la misericordia di Dio, nostrasola salvezza. Ce lo hanno ri-cordato, nella prima lettura,anche le parole di Ester: “Diosde Abraham, Dios de Isaac,Dios de Jacob, bendito seas!

Protégeme, proque estoy solay no tengo mas defensor quetu, Senor, y voy a jugarme lavida” (Est 4, 17ss).

La Giornata Mondiale delMalato ha il significato pro-fondo di celebrare il potere sa-nante della sofferenza.

Nella storia umana, il dolo-re, la morte, provocano troppospesso la disperazione, la ri-bellione e persino la violenza.Dalla sofferenza possono ave-re origine altre sofferenze chechiudono il cuore alla speran-za.

La nostra partecipazione al-le sofferenze di Cristo, la no-stra conformità a Lui, ci rendecapaci di trasformare il dolorein sorgente di misericordia,spingendoci – come ci ricordail Santo Padre Giovanni PaoloII – “a far del bene con la sof-ferenza e a far del bene a chisoffre” (Lett. apost. Salvificidoloris, 30). La Vergine Mariaè Madre e Regina di miseri-cordia perché, con l’intera suavita, ha reso testimonianza alVangelo della sofferenza (Lett.enc. Redemptoris Mater, 37).

La vostra storia, la storia

della vostra pietà cristiana emariana di cui questa basilicaè insigne testimonianza, ci ri-petono la grande e liberanteverità, secondo la quale“quanto più l’uomo è minac-ciato dal peccato, quanto piùpesanti sono le strutture delpeccato che porta con sé ilmondo di oggi, tanto più gran-de è l’eloquenza che la soffe-renza umana in sé possiede. Etanto più la Chiesa sente il bi-sogno di ricorrere al valoredelle sofferenze umane per lasalvezza del mondo”. (Salvifi-ci doloris, 27).

È questo il pensiero che vor-rei affidare a voi tutti in questagiornata preparatoria. L’accet-tazione del dolore e la medita-zione intorno al dolore umanoche nessuno risparmia, sappia-no trasformarsi, con l’assisten-za materna di Maria, che è sa-lute degli infermi, in strumentodi misericordia e di salvezza.

Gesù, che fin dal giorno del-la sua nascita nella grotta diBetlemme intraprese un cam-mino di sofferenza che si sa-rebbe concluso con l’ingiustapassione e l’iniqua morte sul

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Calvario, ha compiuto il suointero itinerario sulla terra “fa-cendo del bene a tutti”.

La Vergine Maria, accantoa Gesù, ha assolto la medesi-ma missione. Perciò Noi lacelebriamo come “prima e-vangelizzatrice dell’AmericaLatina” e l’invochiamo come“stella dell’evangelizzazione”(Cfr. Giovanni Paolo II, Di-scorso inaugurale della Con-ferenza di Puebla, 28 gennaio1979).

La nuova evangelizzazionedeve essere nel segno dellamisericordia, poiché il mondoha bisogno di amore per can-cellare l’odio, di generositàper combattere l’egoismo, dimisericordia per sanare le tan-te piaghe che affliggono i no-stri fratelli.

Come leggiamo nel Mes-saggio pontificio per questaIV Giornata Mondiale del Ma-lato, “l’esperienza del dolorediventi per ciascuno scuola di

generosa dedizione” (n. 7).Una dedizione misericor-

diosa, materna verso quantisoffrono nello spirito e nelcorpo, per tutti i malati delmondo per i quali, se non sare-mo in grado di stendere unaiuto materiale, sempre potre-mo offrire il dono della nostrapreghiera, della nostra soffe-renza, accettata e vissuta conCristo e come Cristo. Amen.

Card. FIORENZO ANGELINI

I giovani guardino a Cristo

(Meditazione del Card. An-gelini nella veglia di preghie-ra per gli ammalati, 10 feb-braio 1996)

Carissimi giovani,coloro che hanno preparato

questo incontro hanno volutoscegliere come testo biblico diriflessione il brano evangelicoche narra l’episodio della pas-sione di Gesù nell’Orto degliUlivi, quando il Signore, pocoprima di essere tradito e con-segnato ai suoi nemici, sorpre-se i discepoli a dormire.

Non li rimproverò duramen-te il Signore, ma li ammonìcon dolcezza e con tristezza:“Come es que estan dormien-do? Levàntense y oren, paraque puedan hacer frente e laprueba” (Lc 22,47).

Può accadere anche a voigiovani, nel pieno delle vostre

forze, di ignorare o di dimenti-care il grande numero di colo-ro che sono provati dalla sof-ferenza e dalla malattia.

Non si contano i nostri fra-telli e le nostre sorelle che, co-me Gesù, vivono la loro duris-sima passione in mezzo e ac-canto a noi; i sofferenti e i ma-lati che hanno bisogno del no-stro, del vostro aiuto, della no-stra, della vostra partecipazio-ne e condivisione, ma non litrovano.

Quando Gesù disse di nonessere venuto per i sani, maper i malati, di fatto ci ricordòche tutti, in misura maggiore ominore, siamo malati nellospirito e nel corpo.

La solidarietà, la giustizia,la carità non sono tali se non cispingono al servizio di chi sof-fre.

Istituendo la Giornata Mon-

diale del Malato, Il Papa Gio-vanni Paolo II ha innanzituttovoluto scuotere le nostre co-scienze affinché ci rendessimoconto che il progresso umanoe civile, l’affermazione dellagiustizia e della pace passanoattraverso il servizio a coloroche soffrono. Il Papa ha piùvolte ripetuto che la misuradella civiltà di un popolo è da-ta dalla sua attenzione e solle-citudine verso i sofferenti e imalati.

Se le pareti di questa Basili-ca, Santuario mariano ammi-rati in tutto il mondo nel qualesi sono raccolte folle di fedeliripetessero quanto hanno uditoe visto nei secoli, noi potrem-mo ascoltare un coro incessan-te di implorazioni scaturite dalcuore e dalle labbra di nostrifratelli provati dal dolore.

La preghiera a Dio, media-

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trice la Vergine, di coloro chesoffrono, deve attraversare an-che il nostro cuore, scuotere lanostra coscienza, spingerci adessere Buoni Samaritani.

Ci avviciniamo a grandipassi all’inizio del terzo Mil-lennio, del vostro millennio,carissimi giovani, poiché il fu-turo del mondo dipenderà dalfuturo che voi giovani riusci-rete a progettare e a realizzare.

Sale da ogni parte della terrauna struggente domanda dibontà, di misericordia, di par-tecipazione, di solidarietà, digiustizia, di pace.

Raccogliete le parole delMessaggio pontificio per que-sta IV Giornata Mondiale delMalato. Dice il Papa: “Siateaccanto agli infermi e alle lorofamiglie facendo sì che quantisi trovano nella prova non sisentano mai emarginati” (n. 7).

C’è una scuola, carissimigiovani, che dovete imparare afrequentare; una scuola checonta un infinito numero didocenti, ma purtroppo ancorapochi alunni: è la scuola dellasofferenza. In questa scuolapotrete rendervi conto che nonsi conosce l’uomo, non si puòessere di aiuto al nostro fratel-lo, se non si conosce il suo do-lore.

Alla scuola di chi soffre ap-prenderete le vere e irrinuncia-bili priorità dell’esistenza u-mana. Abituatevi a varcare lasoglia di questa scuola. Fatelocon la generosità dei vostri an-ni, con la ricchezza delle vo-stre energie giovanili, con lagenerosità della dedizione vo-lontaria. Vi accorgerete di ri-cevere da coloro che soffronomolto di più di quanto non riu-sciate ad offrire loro.

La nostra società non cono-scerebbe la piaga della disoc-cupazione, se i responsabilidella cosa pubblica nel mondoe quanti hanno potere e risorseper intervenire, affrontasseroquale urgenza prioritaria i pro-blemi della santità e della salu-te.

Voi sapete quale apporto al-la soluzione di questi problemivenga dal volontariato. Ebbe-ne, impegnatevi, secondo levostre possibilità, in questoservizio che tanti attendonocon ansia. Sappiate valorizza-re, in questo servizio volonta-rio, la vostra creatività, il vo-

stro disinteresse, la vostra pas-sione.

Aderite con entusiasmo ecostanza alle iniziative pro-mosse dai Vescovi vostri pa-stori, padri e maestri e dai re-sponsabili delle vostre asso-ciazioni.

L’incontro di stasera sappiairradiarsi in un impegno da di-stribuire nell’arco dell’interoanno.

La Chiesa ha bisogno dicuori giovani; ha bisogno delvostro cuore.

Guardate a Cristo, avvicina-tevi alla Sua Persona, scrutatei Vangeli e cercate di scoprirela sorgente di quella forza che,nella storia della Chiesa, haportato a scrivere le pagine

migliori proprio nel servizio aisofferenti e ai malati.

Abbiate, come scrive SanPaolo, gli stessi sentimenti diCristo che, percorrendo lestrade della Palestina, privile-giò l’incontro con gli inferminello spirito e nel corpo.

Se voi saprete riconoscereGesù in tutti coloro che soffro-no, questi in voi sapranno ri-conoscere Cristo.

La Vergine SSma, nostra Si-gnora di Guadalupe, vi bene-dica, con le vostre famiglie, viassista, vi accompagni nellavita, sia sempre e per tutti stel-la lucente di sicuro e splendi-do avvenire.

Card. FIORENZO ANGELINI

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(Omelia del Card. Angelininel Santuario di Guadalupe, inoccasione della IV GiornataMondiale del Malato, 11 feb-braio 1996)

Fratelli carissimi,nel Salmo responsoriale

(Salmo 118,1ss), abbiamo, po-co fa, insieme ripetuto: “Beatocolui che compie la volontàdel Signore”.

Qual è la volontà del Signo-re? Come conoscerla? In que-sto tempio, che tutto il mondoconosce ed ama perché dedica-to a Nostra Signora di Guada-lupe, oggi, la volontà del Si-gnore ci viene ricordata dalleparole che l’umile indigenoJuan Diego de Cuautilan rac-colse dalle labbra della Vergi-ne quasi cinque secoli fa(1531) e che Ella ci ripete inquesto anno guadalupano:“Non preoccuparti di questamalattia né di alcun’altra di-sgrazia. Non ci sto io qui chesono la tua Madre? Non ti tro-vi al riparo dalla mia ombra?Non sono io la tua salute?”.

Il Santo Padre GiovanniPaolo II, istituendo la GiornataMondiale del Malato, ha volu-to che essa avesse il suo mo-mento celebrativo più signifi-cativo in un santuario mariano.

Questo momento, negliscorsi tre anni, lo abbiamo vis-suto a Lourdes, in Francia, aCzestochowa in Polonia, a Ya-moussoukro in Africa, nellaCosta d’Avorio, e quest’annolo celebriamo qui, dove “ilvolto meticcio di Maria diGuadalupe si erge sin dagli ini-zi della evangelizzazione” diquesta nazione e di questocontinente (Giovanni Paolo II,Messaggio per la IV GiornataMondiale del Malato, n. 3).

I malati, i sofferenti nellospirito del corpo, sanno per laloro profonda esperienza di fe-de e di dolore, che la Volontàdi Dio è la sola ragione di spe-ranza nella prova, di luce nel-l’oscurità, di capacità di tra-

sformare la sofferenza in offer-ta per la costruzione di una ci-viltà della vita e dell’amore.

Non dimentichiamo l’invitodel Papa rivolto a tutta la Chie-sa per questa Giornata: “Caris-simi malati e voi, familiari edoperatori sanitari che ne condi-videte il difficile cammino,sentitevi protagonisti di evan-gelico rinnovamento nel-l’itinerario spirituale verso ilgrande Giubileo del Duemila”(Ibidem, n. 5).

Stiamo vivendo la fase pre-paratoria del grande Giubileodi fine Millennio, e la riflessio-ne sul dolore è certamente ilpiù incisivo richiamo al Van-gelo.

Nulla, nel mondo di oggi,accomuna così strettamente gliesseri umani come la sofferen-za; nessuno, come coloro chesoffrono e condividono il dolo-re dei fratelli, conosce il biso-

gno di una speranza sanante eredentrice.

Come Gesù nel Getzemani,preghiamo anche noi che Dioci dia la forza di accettare, diamare e di evangelizzare laSua Volontà.

Da questa invocazione ha a-vuto origine questo santuario edi questa invocazione esso èquotidiana testimonianza.

Riconosciamo la volontà diDio, come hanno in più occa-sioni ricordato i Vostri Vesco-vi, non soltanto accettando lanostra condizione di creaturefragili, ma anche nel dovere

– di aprire il nostro cuore al-la riconciliazione con Dio econ i fratelli;

– di seguire più da vicinol’esempio di Maria Madre dimisericordia;

– di accrescere la nostra at-tenzione verso i poveri e i sof-ferenti;

– di formare e stimolare legiovani generazioni affinché sipreparino a costruire un futurodominato dalla civiltà dell’a-more (Cfr. Messaggio dell’E-piscopato Messicano per l’An-no giubilare guadalupano, III,1-3).

Quello che il Papa chiama il“Vangelo della sofferenza”non è una resa di fronte alleprove cui è sottoposta l’uma-nità; è la vittoria della vita sul-la morte, della solidarietà edella fraternità sull’egoismo,dello spirito sulla materia. “IlVangelo della sofferenza vienescritto incessantemente...: lesorgenti della forza divinasgorgano proprio in mezzoall’umana debolezza” e “colo-ro che partecipano alle soffe-renze di Cristo conservanonelle proprie sofferenze unaspecialissima particella del-l’infinito tesoro della redenzio-ne del mondo, e possono con-dividere questo tesoro con glialtri” (Giovanni Paolo II, Lett.apost. Salvifici doloris, 27).

La Giornata Mondiale delMalato che ha oggi, tra i suoi

Seguire Cristo sull’esempio di Maria

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momenti culminanti, l’ammi-nistrazione del Sacramentodell’Unzione degli infermi adalcuni nostri fratelli e sorelle,diventi il simbolo del nostroquotidiano impegno di seguireCristo, sull’esempio della suaMadre Santissima, la VergineMaria.

Stando vicino a Cristo, so-prattutto nella sua passione emorte, Maria adempì fino infondo la Volontà del Signore,suo figlio e suo Dio. Perciò noil’invochiamo come Salute de-gli infermi, di noi tutti, acco-munati dall’infermità dellospirito e del corpo.

Nessuno si senta solo nel-l’assolvimento di questa mis-sione.

Sono con noi, per sostenercie stimolarci, le migliaia e mi-gliaia di fratelli e di sorelle chein passato ed oggi, in ogni par-te del mondo, contribuiscono,con Cristo e come Cristo, a re-dimere il dolore umano e a tra-sformarlo in sorgente di condi-visione, di serenità e di gioia.

Il traguardo di questa soffe-renza espiatrice e redentricesarà per tutti, come per Cristo,il traguardo della risurrezionee di quella vita eterna, che tuttisiamo chiamati a prefigurarenella nostra stessa esistenzaterrena, preceduti dalla Vergi-ne Santissima “nella quale laChiesa ha già raggiunto la per-fezione alla quale è chiamata”(Lumen gentium, 65).

Da questo Santuario maria-no parta in questo momento unpensiero per il Vicario di Cri-sto, il Papa Giovanni Paolo II,pensiero che si trasforma inforte preghiera rivolta alla Ver-gine SSma Nostra Signora diGuadalupe, affinché lo proteg-ga, ce lo conservi alla guidadella Chiesa maestro e Pastore,intrepido e coraggioso difen-sore della vita, pellegrino e-vangelizzatore nell’incontrocon le genti in ogni parte dellaterra; la Vergine SSma lo assi-sta, lo protegga e il Suo primofiglio che a lei si è donato conil Suo programma di vita: “To-tus tuus” lei, salute degli infer-mi, assista e protegga il Papache per gli infermi ha sempreavuto e continua ad avere co-me Cristo Gesù, un amore dipredilezione. Amen.

Card. FIORENZO ANGELINI

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(Parole pronunciate dal Pa-pa, domenica 11 febbraio, daCaracas (Venezuela), al termi-ne della Santa Messa per l’E-vangelizzazione dei Popoli eprima della recita dell’Ange-lus a conclusione del suo viag-gio in America Latina).

Amatissimi fratelli e sorelle:

1. In questa domenica si ce-lebra la IV Giornata mondialedel malato. La Chiesa, nellasua sollecitudine pastorale perquanti soffrono nel corpo, siavvicina a essi con la stessa te-nerezza e carità che aveva Cri-sto. La malattia è una croce, avolte molto pesante, ma unita aquella di Cristo si trasforma infonte di salvezza, di vita e dirisurrezione per il malato stes-so e per gli altri. Per questo, in-vito tutti coloro che soffronoad offrire generosamente que-sta prova insieme a Cristo sof-ferente e a Maria.

La celebrazione più solennedi questa Giornata ha luogonel Santuario di Guadalupe, inMessico, alla presenza delCardinale Fiorenzo Angeliniquale mio Invitato. In quel luo-go un umile indigeno, il beato

Juan Diego, ascoltò dalle lab-bra della Vergine Santissima leseguenti parole: “Non sono iola tua salute?”, manifestandosicosì come Colei che il popolocristiano invoca sempre come“Salus infirmorum”. Oggi mireco idealmente in pellegri-naggio verso quel Santuarioche ho visitato all’inizio delmio Pontificato. La Vergine simostra luminosamente nel vi-so meticcio dell’immagine diMaria de Guadalupe, che si er-ge all’inizio dell’evangelizza-zione (cfr. Documento di Pue-bla, n. 446). Per questo è vene-rata come “prima evangelizza-trice dell’America Latina”(Discorso 6. V. 1990, n. 4).

2. Ora nel preparare il gran-de Giubileo del 2000, la Vergi-ne Maria accompagna ognunodei suoi figli e delle sue figliecon la sua presenza materna. ALei chiedo di “visitare” – co-me in una “peregrinatio Ma-riae”, come “pellegrina dellafede” –, tutte e ciascuna dellediocesi, delle parrocchie, dellecomunità ecclesiali e delle fa-miglie dell’America, ripetendoai suoi figli ciò che disse a Ca-na: “Fate quello che vi dirà”

(Gv 2,5). Che percorra questostesso Continente portando“vita, dolcezza e speranza!”Che animi e protegga il lavorodella nuova evangelizzazione,affinché i cristiani vivano laloro fede con coerenza e fervo-re, e coloro che l’hanno ab-bandonata tornino ad essa.Che favorisca l’unità dellaChiesa riunendo, come in unanuova Pentecoste, coloro checredono in Gesù Cristo e quan-ti hanno bisogno di essere rin-novati dallo Spirito!

Vergine Maria, Madre degliuomini e dei popoli, ritornandoa Roma, vicino al sepolcro diSan Pietro, ti affido di nuovo ituoi figli e le tue figlie dell’A-merica Latina! Parto fiduciososapendo che restano nelle tuemani! Con lo stesso amore econ la stessa sollecitudine concui visitasti Santa Elisabetta(cfr. Mt 1,39-41), ti chiedo dipresentarli oggi e sempre a“Gesù, frutto benedetto del tuogrembo”. Guardali costante-mente con i tuoi occhi miseri-cordiosi e, per tua intercessio-ne presso il divino Redentore,guariscili dalle loro sofferenze,liberali da ogni male e colmalidel tuo amore.

Mi reco idealmente a Guadalupe per celebrare la Giornata del Malato

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Accompagnato dalla Dele-gazione Pontificia, il Card.Angelini ha incontrato il Pre-sidente, Dr. Ernesto RedilloPonce de León. Durante la vi-sita il Cardinale ha rivolto ilseguente saluto:

Signor Presidente,

Le esprimo la mia più since-ra gratitudine per aver avuto lacortesia di incontrarci.

Come Inviato Speciale delSanto Padre Giovanni Paolo IIalla celebrazione più solenne esignificativa della IV GiornataMondiale del Malato, che sisvolge nella nobilissima nazio-ne del Messico, presso la Basi-lica di Santa Maria di Guada-lupe, “Stella dell’Evangelizza-zione” e Salute degli Infermi,mi compiaccio in modo parti-colare che questa circostanzaoffra la possibilità di ricordareil vincolo profondo che unisceil ricco patrimonio civile e reli-gioso della terra e del popolomessicano ai temi e ai proble-mi della vita, della sanità e del-la salute.

Il Pontificio Consiglio dellaPastorale per gli Operatori Sa-nitari, che ho l’onore di presie-dere fin dalla sua istituzione, ela numerosa Delegazione chemi ha accompagnato, ricono-scono nell’attenzione umana ecristiana alle questioni dellasanità e della salute un campofecondo di incontro e di colla-borazione reciproca tra Chiesae comunità sociale e politica.Una cooperazione già manife-statasi, con iniziative glorioseed esemplari, nella prima e-vangelizzazione dell’AmericaLatina e che oggi si presentanuovamente non soltanto co-me ambito prioritario per unimpegno comune e reciproco,ma anche come testimonianzadi crescita costante della civi-lizzazione.

La vera grandezza di ognivera civilizzazione e delle sue

conquiste trova nel servizio al-la vita, soprattutto verso coloroche sono poveri, deboli ed in-difesi, la sua espressione piùalta e necessaria. È questo ilservizio che la Chiesa desiderapromuovere ed esercitare, si-cura che in esso trovino la lorosintesi il cammino e il progres-so di un popolo attraverso l’af-fermazione e l’esaltazione deisuoi valori civili e religiosi.

Signor Presidente, desidero

manifestarle il mio più fervidodesiderio, che ho affidato, nel-la preghiera, a Nostra Signoradi Guadalupe, ricordata daGiovanni Paolo II nel suo re-cente incontro con lei in Vati-cano come “Madre e GuidaSpirituale dei messicani”, cheil suo lavoro possa ottenere ilpiù grande successo a benefi-cio della sua grande nazione,del suo nobile e generoso po-polo.

Saluto del Cardinale Angelinial Presidente della Repubblica

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65Se volessimo ridurre ad e-

strema sintesi il nucleo dell’in-segnamento del magistero dellaChiesa nelle epoche più recen-ti, potremmo dire che, mentrenel secolo scorso esso trovò lasua più alta e solenne espres-sione nella definizione del pri-mato del Vicario di Cristo enella presentazione della dottri-na sociale della Chiesa, nel no-stro secolo, che ormai volge altermine, esso si è presentato,sia ai credenti sia al mondo, co-me magistero intorno al valoree alla inviolabilità della vita u-mana.

La straordinaria sensibilitàsu questo tema largamente av-vertita da Pio XII, di v.m., hatrovato successivamente inPaolo VI, di v.m. e in GiovanniPaolo II una compiuta defini-zione.

È lo stesso Giovanni PaoloII, in apertura dell’enciclica E-vangelium vitae, a spiegare ilmotivo della rilevanza e del-l’attualità di questo insegna-mento.

Infatti – scrive il Papa – “ilVangelo della vita sta al cuoredel messaggio di Gesù” e per-ciò la Chiesa “lo accoglie ognigiorno con amore” consapevo-le che esso “va annunciato concoraggiosa fedeltà come buonanovella agli uomini di ogni e-poca e di ogni cultura”1.

In secondo luogo – continuail Santo Padre – “questo annun-cio si fa particolarmente urgen-te per l’impressionante molti-plicarsi ed acutizzarsi delle mi-nacce alla vita delle persone edei popoli, soprattutto quando

essa è debole e indifesa”2.Come ha ricordato il Papa

anche nel suo recente discorsoall’Assemblea generale delleNazioni Unite3, nessun secolo,come il nostro, annovera tantevittime della violenza e dell’in-giustizia, alle quali deve ag-giungersi la crescente soppres-sione dei nascituri e l’abbando-no dei minori e degli anziani.

La verità sulla vita, quindi, èe deve essere la chiave che con-sente di far penetrare il Vangelonella cultura e nella realtà delnostro tempo.

Non si tratta di semplici di-rettive di ordine pastorale, madell’affermazione di una veritàindefettibile.

Dalla Humanae vitae di Pao-lo VI, pubblicata nel 1968, allaEvangelium vitae di GiovanniPaolo II uscita lo scorso anno,discende un identico insegna-mento, che il Vicario di Cristoriafferma in virtù del mandatoaffidatogli dal Signore Gesù. Èquesto un punto fermo delladottrina del magistero dellaChiesa: lo dichiara espressa-mente Paolo VI nella Humanaevitae4 e lo ribadisce, con nonminore energia, Giovanni Pao-lo II nella Evangelium vitae5.

Sono note le critiche ancheaspre, e persino provenienti daalcuni settori del mondo catto-lico, che accompagnarono,quasi trent’anni fa, la pubblica-zione dell’enciclica Humanaevitae. Oggi, quel documento,appare tanto attuale che non èenfatico considerarlo profetico.E lo stesso si verificherà del-l’enciclica Evangelium vitae.

La ristrettezza di tempo nonconsente di entrare nel meritodi tutti i problemi affrontati daidue documenti, peraltro ac-compagnati da molti altri inter-venti del magistero della Chie-sa, primo tra tutti l’IstruzioneDonum vitae sulla vita nascen-te, pubblicata dalla Congrega-zione per la Dottrina della fedenel 1987.

In apertura di questo vostroForum di Bioetica, vorrei fer-mare perciò l’attenzione su dueaspetti soltanto che sono comu-ni ad entrambe le enciclichepontificie sulla vita: la fermez-za della dottrina e la sua aper-tura all’apporto di tutti.

La fermezza ha il suo fonda-mento nella fede nella e sullavita; l’apertura all’apporto ditutti scaturisce dalla consape-volezza della Chiesa che la vitaè “un valore che ogni essere u-mano può cogliere anche allaluce della ragione e che perciòriguarda necessariamente tut-ti”6.

La fermezza della dottrina

Su quanto riguarda il valoree l’inviolabilità della vita e ladignità della persona umana, laChiesa non intende formulareuna sua dottrina, ma proporreun insegnamento “del quale es-sa non è stata autrice, né puòquindi essere arbitra; ne è sol-tanto depositaria ed interprete,senza mai poter dichiarare leci-to quel che non lo è per la suaintima e immutabile opposizio-ne al vero bene dell’uomo”7.

Momento culturale a Città del Messico e a Monterrey

Gli organizzatori della IV Giornata del Malato avevano preparato diverse attività culturali sia aCittà del Messico che a Monterrey.

A Monterrey si è svolto il congresso delle Istituzioni Religiose a Servizio della Salute, di cui diamodettagliate notizie.

L’attività culturale che si è svolta a Città del Messico ha avuto diverse sedi sui seguenti temi: litur-gia, pastorale, etica, mondo del malato, Operatori Sanitari...; in una di queste occasioni il P. Redra-do ha parlato su “I Sacramenti degli infermi”. Un luogo preferenziale per questa riflessione cultura-le è stata l’Università di Anahuac, dei PP. Legionari di Cristo. Il Cardinale Angelini vi ha chiuso, nelpomeriggio del giorno 12, il Forum di Bioetica che aveva inaugurato il giorno precedente, prima del-la solenne celebrazione eucaristica, con la seguente Lectio Magistralis:

Dalla “Humanae vitae” alla “Evangelium vitae”

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Perciò la Chiesa, sia pure“con umile fermezza”, non puòrinunciare “a proclamare tuttala legge morale sia naturale siaevangelica”8.

Addolorato per la lettura ri-duttiva dell’Humanae vitae chenon pochi si affrettarono a con-durre, Paolo VI, in perfetta li-nea con il contenuto dell’enci-clica, ricordava pochi giornidopo la sua pubblicazione, cheessa non era soltanto la dichia-razione di una morale negativa,bensì “la presentazione positivadella moralità coniugale in or-dine alla sua missione d’amoree di fecondità nella visione in-tegrale dell’uomo e della suavocazione, non solo naturale eterrena, ma anche soprannatu-rale ed eterna”9.

Giovanni Paolo II riprendequesto insegnamento e lo rias-sume nell’espressione “Vange-lo della vita”. In altre parole,ciò che riguarda il valore e l’in-violabilità della vita umana e ladignità della persona umana èVangelo, il Vangelo di Coluiche è venuto per dare la vita edarla in abbondanza (cfr. Gv10,10).

“Come già di fronte alle cose– ribadisce l’Evangelium vitae– ancor più di fronte alla vita,l’uomo non è padrone assolutoe arbitro insindacabile, ma – ein questo sta la sua impareggia-bile grandezza – è ‘ministro deldisegno di Dio’”10.

Fermezza dottrinale non a-stratta, ma pensosamente con-sapevole dei problemi posti aldovere di promuovere la qua-lità della vita sia dall’incremen-to demografico sia da una pa-ternità e maternità irresponsa-bili. Ma i problemi della pro-mozione e della difesa della vi-ta non si risolvono negandoli oaffrontandoli con strumenti ne-gatori della vita stessa.

Perciò l’Humanae vitae di-chiara: “Se non si vuole esporreall’arbitrio degli uomini la mis-sione di generare la vita, si de-vono necessariamente ricono-scere limiti invalicabili di do-minio dell’uomo sul propriocorpo e sulle sue funzioni; limi-ti che a nessun uomo, sia priva-to, sia rivestito di autorità, è le-cito infrangere”11.

E già nella Sollicitudo rei so-cialis (1987), Giovanni PaoloII aveva ricordato che “comenon è esatto affermare che le

difficoltà dello sviluppo pro-vengono soltanto dalla crescitademografica, così non è neppu-re dimostrato che ogni crescitademografica sia incompatibilecon lo sviluppo ordinato12.

L’Evangelium vitae va oltree parla di “signoria ministeria-le” dell’uomo nei confronti del-la vita, in quanto essa “vieneaffidata all’uomo come un ta-lento da trafficare”13. Se, infatti,il comandamento “Non uccide-re” ha un esplicito e forte con-tenuto negativo in quanto indi-ca il confine estremo che nonpuò essere valicato, “implicita-mente, però, esso spinge ad unatteggiamento positivo di ri-spetto assoluto per la vita por-tando a promuoverla e a pro-gredire sulla via dell’amore chesi dona, accoglie e serve”14.

In questo compito, anzi inquesta missione di signoria mi-nisteriale si colloca l’aperturaall’apporto di tutti sia dellaHumanae vitae sia della Evan-gelium vitae.

È questo un aspetto troppospesso trascurato soprattuttodai grandi mezzi di informazio-ne, dei quali la provvidenzialetempestività nel comunicare ra-re volte si coniuga con una fe-dele ed esauriente trasmissionedei contenuti.

Apertura all’apporto di tutti

Riprendendo un testo del Va-ticano II15 ed un auspicio prece-dentemente formulato da PioXII16, l’Humanae vitae esprimeil suo “incoraggiamento agliuomini di scienza”, e partico-larmente agli scienziati cattoli-ci, affinché con le loro ricerchee i loro studi sulla vita dimo-strino con i fatti che non puòesservi contraddizione tra leleggi divine che reggono la tra-smissione della vita e quelleche favoriscono un autentico a-more coniugale17.

La Chiesa, dunque, non pre-tende di avere una conoscenzaesauriente della natura; perciòinvita gli scienziati, anche innome della loro fede cristiana,a studiare intensamente e con-giuntamente le leggi naturali.Ciò invece che la Chiesa nonpuò accettare è che siano su-bordinate alle istanze sociolo-giche e persino scientifiche lapromozione e la difesa della vi-

ta; è la scienza al servizio dellavita e non viceversa.

L’Evangelium vitae dilata ul-teriormente questa aperturadella Chiesa, dichiarando che“la difesa e la promozione dellavita non sono monopolio dinessuno, ma compito e respon-sabilità di tutti”18. Infatti – insi-ste il Santo Padre – “il Vangelodella vita non è esclusivamenteper i credenti: è per tutti. Laquestione della vita e della suadifesa e promozione non è pre-rogativa dei soli cristiani... Nel-la vita c’è sicuramente un valo-re sacro e religioso, ma in nes-sun modo esso interpella solo icredenti”19.

“Urgono quindi – concludeGiovanni Paolo II – una gene-rale mobilitazione delle co-scienze e un comune sforzo eti-co per mettere in atto una gran-de strategia a favore della vita.Tutti insieme dobbiamo co-struire una nuova cultura dellavita”20.

E quale segno concreto etangibile di questo atteggia-mento, il Papa che, nell’otticadel servizio alla vita ha istituitonel 1985 il Pontificio Consigliodella Pastorale per gli Operato-ri Sanitari, ha creato, l’11 feb-braio 1994, la Pontificia Acca-demia per la Vita con la finalitàpropria di “studiare, informaree formare circa i principali pro-blemi di biomedicina e di dirit-to, relativi alla promozione ealla difesa della vita, soprattut-to nel diretto rapporto che essihanno con la morale cristiana ele direttive del magistero dellaChiesa”21. Di questo giovaneorganismo sono membri nonsolo studiosi, ricercatori escienziati cattolici, ma anche dialtra estrazione culturale e reli-giosa, purché si riconoscanonella posizione della Chiesa inmateria di promozione e di di-fesa della vita.

Un importante passo avanticompiuto dalla Evangelium vi-tae è rappresentato da quanto ilPapa scrive intorno alle conse-guenze derivanti dalla dottrinaintorno al valore e alla inviola-bilità della vita umana.

Tra queste conseguenze oc-cupa un posto di grande rilievola responsabilità di coloro cheper professione, vocazione emissione sono direttamente equotidianamente chiamati incausa per favorire la promozio-

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ne di una nuova cultura dellavita.

Scrive, infatti, Giovanni Pao-lo II: “Peculiare è la responsa-bilità affidata agli operatori sa-nitari – medici, farmacisti, in-fermieri, cappellani, religiosi ereligiose, amministratori e vo-lontari”22.

Vorrei notare che è la primavolta che in un documento pon-tificio tanto autorevole vieneofferta una particolareggiatadefinizione dell’operatore sani-tario. Perciò l’enciclica, ogniqualvolta fa loro riferimento,ha presente la suddetta defini-zione.

Orbene, osserva la Evange-lium vitae, nel contesto cultura-le e sociale odierno “in cui lascienza e l’arte medica rischia-no di smarrire la loro nativa di-mensione etica”, gli operatorisanitari “possono essere talvol-ta tentati di trasformarsi in arte-fici di manipolazione della vitao addirittura di operatori dimorte”23.

Ciò contraddice non solo alVangelo della vita, ma alla stes-sa etica ippocratica che rivendi-ca alla ragione umana il doveredi difendere e di promuovere lavita.

Poiché il far morire non puòmai essere considerato una curamedica, ne deriva che il rispet-to assoluto di ogni vita umanaesige l’esercizio dell’obiezionedi coscienza. È questo un dirit-to di tutti gli operatori sanitarie, insieme, un dovere, soprat-tutto per gli operatori sanitaricattolici.

Ove l’obiezione di coscienzaè prevista dalla legge, essa de-ve essere fortemente formulatae fedelmente praticata. Un di-ritto-dovere che sono vincolan-ti, però, anche dove e quandoessa non sia prevista o ammes-sa dalla legge.

L’esercizio dell’obiezione dicoscienza non impegna soltan-to a non compiere nulla controla vita, ma impegna a difender-la, coinvolgendo in quest’azio-ne la sensibilità, l’umanità, pra-ticando, insomma, quella cheoggi viene chiamata l’umaniz-zazione della medicina.

È intuitiva questa missioneprioritaria degli operatori sani-tari. Infatti, la vita, sin dal suonascere, è affidata in modo pe-culiare agli operatori sanitari,perché la scienza e l’arte medi-

ca non sono anche, ma esclusi-vamente in funzione della pro-mozione e della difesa della vi-ta dal concepimento al suo na-turale tramonto. Infatti la medi-cina, per sua indole specifica, siadopera a rafforzare il progre-dire dell’esistenza negli anni: lasegue in tutte le sue fasi fino alsuo termine naturale curandonenel modo migliore la qualità.Perciò essa è e resta integral-mente e solo cultura della vitae, quindi, altissima espressionedi civiltà, e non cultura di mor-te, cioè anti-civiltà.

Consentitemi, tuttavia, un ri-lievo conclusivo, che ritengo diimportanza fondamentale.

Dalla Humanae vitae alla E-vangelium vitae l’insegnamen-to del magistero della Chiesasul valore, l’inviolabilità dellavita e il dovere di servirla han-no trovato altissima, chiara enon opinabile affermazione.

Voi, operatori sanitari, sietechiamati a portarvi sulla fron-tiera della promozione e delladifesa della vita.

Per assolvere questo vostrocompito è necessaria una solidaformazione iniziale e perma-nente in materia di medicina edi morale, di etica della vita obioetica.

Il Pontificio Consiglio dellaPastorale per gli Operatori Sa-nitari, che ho l’onore di presie-dere, ha pubblicato – aggiorna-ta fino alla Evangelium vitae –la Carta degli Operatori Sani-tari che, già diffusa in più lin-gue, ha incontrato una straordi-naria accoglienza.

Premessa una introduzionesulla figura e sui compiti essen-ziali degli operatori sanitari,definiti “ministri della vita”, laCarta riunisce le sue direttiveintorno al triplice tema del ge-nerare, del vivere e del morire.

E affinché, come spesso ac-cade, l’interpretazione opinabi-le non avesse a prevalere sul-l’oggettiva valenza dei conte-nuti, nella redazione del docu-mento si è sempre preferito ce-dere direttamente la parola agliinterventi dei sommi ponteficio di testi autorevoli pubblicatidal Dicastero della Curia Ro-mana. Interventi che dimostra-no fino all’evidenza come laposizione della Chiesa sui fon-damentali problemi morali, fer-mi restando i limiti invalicabilidella promozione e della difesa

della vita, sia altamente costrut-tiva e aperta al vero progressodella scienza e della tecnica,quando esso si salda con quellodella civiltà.

Con umiltà, ma anche confierezza, possiamo ritenere chequesta Carta si iscriva nell’im-pegno della “nuova evangeliz-zazione” che, nel servizio allavita, particolarmente in coloroche soffrono, ha, sull’esempiodel ministero di Cristo, il suomomento qualificante.

Il mio invito è ad utilizzarequesta Carta come parte inte-grante della vostra formazioneiniziale e permanente.

Aprendo i lavori di questoForum, auguro a voi tutti cheesso sia animato dallo spiritoche informa questa quartaGiornata Mondiale del Malato:spirito di servizio alla vita, dicelebrazione della vita, sommoe misterioso dono di Dio. E laVergine, Sede della Sapienza eSalute degli infermi, illumini ivostri lavori ispirandovi effica-ci decisioni operative.

Card. FIORENZO ANGELINI

1 GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclicaEvangelium vitae, 1.

2 Ibidem, 3.3 Cfr. L’Osservatore Romano, 5-6 ot-

tobre 1995.4 “Perciò, avendo attentissimamente

vagliato la documentazione a noi offerta(circa le nuove questioni riguardanti la vi-ta coniugale e in particolare la retta rego-lazione della natalità), dopo mature rifles-sioni ed assidue preghiere, intendiamo o-ra, in virtù del mandato da Cristo a noiaffidato, dare la nostra risposta a questegravi questioni”. Humanae vitae, 6.

5 “Il Vangelo dell’amore di Dio perl’uomo, il Vangelo della dignità della per-sona e il Vangelo della vita sono un unicoe indivisibile Vangelo”. Evangelium vi-tae, 2.

6 Evangelium vitae, 1017 Humanae vitae, 18.8 Ibidem, 18.9 L’Osservatore Romano, 1 agosto

1968.10 Evangelium vitae, 52.11 Humanae vitae, 13.12 Sollicitudo rei socialis, 25.13 Evangelium vitae, 52.14 Ibidem, 54.15 Costituzione pastorale Gaudium et

spes, nn. 51-52.16 PIO XII, Allocuzione ai membri del

“Fronte della Famiglia”: Acta Apostoli-cae Sedis 43 (1951), p. 859.

17 Humanae vitae, 24.18 Evangelium vitae, 91.19 Ibidem, 101.20 Ibidem, 95.21 GIOVANNI PAOLO II, Motu proprio Vi-

tae mysterium, in Acta Apostolicae Sedis,86 (1994), p. 386-387.

22 Evangelium vitae, 89. Cfr. anche nn.11, 26, 59, 66.

23 Ibidem, 89.

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Rev.mo P. José Luis Redrado, O.H.Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori SanitariCittà del Vaticano

Sua Santità Giovanni PaoloII è lieto di inviare un cordialesaluto ai partecipanti al Con-gresso Internazionale delle I-stituzioni sanitarie religiose,che si celebra a Monterrey inpreparazione alla IV GiornataMondiale del Malato, e sicompiace di questa iniziativache tende a promuovere unrinnovato sforzo di collabora-zione del personale sanitario

cattolico nei diversi centri o-spedalieri.

Il Santo Padre ricorda chegli operatori sanitari che si i-spirano fedelmente alle diretti-ve della Chiesa devono essereanche esempio di dedizione,stretta cooperazione, intelli-gente ed efficace coordina-mento nella cura di quanti sof-frono, in particolar modo glianziani, gli invalidi, gli emar-ginati e le vittime dei nuovimali che affliggono la societàattuale. Nella loro opera di ser-vizio a queste persone, sull’e-sempio di tante anime consa-crate nel campo sanitario, eglili invita a riconoscere nei po-

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La celebrazione del II Con-gresso Nazionale e del I Con-gresso Internazionale delle I-stituzioni religiose al serviziodella salute, ha avuto luogonella città di Monterrey, N.L.(Messico), nei giorni 7, 8 e 9febbraio 1996. È stato organiz-zato dalla Federazione delleReligiose/i Infermiere/i Messi-cani, in coordinamento con laCommissione Episcopale dellaPastorale Sanitaria della Con-ferenza Episcopale Messicana,ed ha fatto parte della grandecelebrazione nazionale dellaIV Giornata Mondiale del Ma-lato.

Il Pontificio Consiglio per laPastorale degli Operatori Sani-tari è stato rappresentato dalsuo Segretario, P. José LuisRedrado, O.H., che è arrivato aMonterrey accompagnato dal

P. Justo Azpiroz, ConsigliereEcclesiastico Nazionale dellaFREM, e da Fra AntonioFarré, Provinciale dell’OrdineOspedaliero. Per la FERS era-no presenti la Segretaria, Sr.Belén Pachón, e Fra CarlosBermejo, Religioso Camillia-no.

1. Inaugurazione del Congresso

Coordinato da Sr. LourdesUrrutia, della Congregazionedelle Sorelle della Carità delVerbo Incarnato, il Congressoha avuto inizio con il seguenteordine: in primo luogo, Mons.Lizares, Presidente della Com-missione Episcopale della Pa-storale Sanitaria della Confe-renza Episcopale Messicana,

ha dato lettura del Messaggiodel Santo Padre, firmato dalCardinale Angelo Sodano, Se-gretario di Stato, ed ha quindiproseguito presentando il salu-to della Conferenza Episcopa-le Messicana.

È stata quindi la volta delCardinale Adolfo Suarez Rive-ra, Arcivescovo di Monterrey,il quale ha dato il suo saluto dibenvenuto ai partecipanti alcongresso.

P. José Luis Redrado ha poisalutato tutti i presenti a nomedel Cardinale Fiorenzo Ange-lini e del Pontificio Consiglioper la Pastorale degli OperatoriSanitari, e con le sue parole havoluto sottolineare la diaconia,il servizio alla salute e come ilCongresso costituisca un mo-mento di grazia.

L’inaugurazione è terminata

II Congresso Nazionale e I Congresso Internazionale delle Istituzioni religiose al servizio della saluteMonterrey 7-9 febbraio 1996

Indirizzo di saluto del Cardinale Sodano al Congresso di Monterrey

veri e in quanti sono provatidal dolore il volto del redento-re, poiché assistendoli con a-more si serve Cristo stesso (c-fr. Lumen Gentium, 8).

Affidando i lavori del Con-gresso alla Vergine Santissima,che invochiamo come “salutedegli infermi”, ed alla qualechiediamo di suscitare quellabontà e materna sollecitudinecui deve ispirarsi un’autenticapastorale sanitaria, il Santo Pa-dre si compiace di impartire atutti i congressisti l’imploratabenedizione apostolica.

Cardinale ANGELO SODANOSegretario di Stato di Sua Santità

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con il saluto di Sr. DelfinaMaría Moreno, presidente delCongresso, che ha altresì pre-sentato un quadro generale delprogramma.

2. Contenuti importanti del Congresso

Il Congresso era diviso inquattro sezioni: “Chiesa e salu-te”, “Dimensione umano-pa-storale”, “La pastorale nei con-fronti delle realtà del nostrotempo” e “Aspetti di Bioeti-ca”.

Nella prima sezione, dedica-ta a Chiesa e Salute, non pos-siamo non sottolineare il di-scorso di P. José Luis Redradodal titolo: “I 10 anni del Ponti-ficio Consiglio per la Pastoraledegli Operatori Sanitari”. P. Fi-del Martínez Ramírez ha poitrattato il tema: “La Chiesa e laforza sanante del Vangelo”.Queste due conferenze sonostate integrate da diversi inter-venti sulla dimensione dellasofferenza umana, sul sistemasanitario in Messico, sulla vi-sione della realtà delle istitu-zioni sanitarie ed anche da di-versi gruppi di lavoro sull’u-manizzazione della pastorale,la realizzazione dell’aiuto, ecc.

Nella seconda sezione, quel-la riguardante gli aspetti uma-no-pastorali, dobbiamo sottoli-neare alcuni interventi eccel-lenti, che hanno riguardato lapresenza della vita religiosanel mondo sanitario, la tecno-logia e la dignità umana, e i di-ritti del malato.

Nei gruppi di lavoro l’atten-zione si è concentrata soprat-tutto sull’accompagnamentoumano e spirituale del malato.

Nella terza sezione, riguar-dante la pastorale nei confrontidelle realtà del nostro tempo,si è riflettuto sulla presenza delcappellano nell’ospedale, sullaresponsabilità e sul coordina-mento della pastorale sanitaria,sugli aspetti dell’umanizzazio-ne. Nei gruppi di lavoro sonostati presentati aspetti praticiche riguardano i diversi pianidella pastorale sanitaria incampo sanitario.

Nella quarta sezione, che ri-guardava il tema della bioeti-ca, l’attenzione si è concentra-ta sulla bioetica e sui trapiantidi organi, sull’ingegneria ge-

netica, sulla posizione dellaChiesa nei confronti dell’euta-nasia...

3. Riconoscimenti e messaggio finale

Durante il Congresso, è sta-to dato un riconoscimento adalcune persone ed istituzioniche si sono particolarmente di-stinte per la collaborazione,l’impegno e la promozionedell’attenzione al mondo deimalati e della pastorale sanita-ria.

Nel messaggio finale, P. Re-drado ha messo in risalto ilsenso di una formazione sem-pre più impellente per un realecambiamento della nostra pre-senza nel mondo della salute, eci ha spinti a continuare nelnostro ministero di diaconia,sotto la protezione di NostraSignora di Guadalupe, stelladella Evangelizzazione.

Il Congresso è terminato conla celebrazione solenne del-l’Eucarestia, che è stata presie-duta dal Cardinale AdolfoSuárezo, Arcivescovo di Mon-terrey, e concelebrata da nu-merosi sacerdoti.

Al termine della celebrazio-ne, P. Redrado ha letto il mes-saggio che il Santo Padre hainviato al Cardinale FiorenzoAngelini, nominandolo suo In-

viato Speciale per le celebra-zioni della IV Giornata Mon-diale del Malato in Messico.

4. Sfide e compromessi

Le sfide ed i compromessi e-videnziati sono stati i seguenti:

* Continuare a rinvigorirel’animazione al servizio dellaPastorale Sanitaria, ed anche laformazione con un titolo che laavvalori, cioè un diploma inPastorale Sanitaria.

* Esporre alla Commissioneper la Pastorale Sanitaria dellaConferenza Episcopale la ne-cessità di istituire un’associa-zione di Medici Cattolici.

* Rafforzare la nostra inte-grazione con la gerarchia delpaese, al fine di unire le forze edi pianificare le attività in mo-do congiunto.

Come dati di interesse gene-rale, precisiamo che hannopartecipato al Congresso 450persone provenienti da 18 Statidel Messico e da 15 Paesi stra-nieri.

Il Congresso è stato una cor-nice molto positiva nella pre-parazione e celebrazione dellaIV Giornata Mondiale del Ma-lato.

Sr. DELFINA MARIA MORENO, CCVI

Presidente del Comitato Organizzatore

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La celebrazione del II Con-gresso nazionale e del I Con-gresso internazionale delle I-stituzioni religiose a serviziodel malato in America centralee latina mi offre l’opportunitàdi rivolgere, a nome del Card.Fiorenzo Angelini, Presidentedel Dicastero, un vivo e cor-diale saluto a tutte le autoritàcivili, politiche e religiose pre-senti, agli organizzatori diquesto importante simposio ea tutti i congressisti venuti datutti i paesi dell’America cen-trale e latina per studiare insie-me il modo migliore di rivita-lizzare le nostre Istituzioni sa-nitarie affinché siano uno stru-mento efficace al servizio del-la persona sofferente.

Accettando volentieri l’invi-to rivoltole dal Comitato orga-nizzatore, il Pontificio Consi-glio della Pastorale per gli O-peratori Sanitari che ho l’ono-re di rappresentare ha volutoancora una volta significare u-na sua particolare attenzione atutte le iniziative che in qual-che modo aiutano gli operatorisanitari ad acquisire una solidae valida cultura della vita edella salute, premessa fonda-mentale per tutti coloro che o-perano nel difficile campo del-la malattia e della sofferenza.

L’interesse nostro per le or-ganizzazioni cattoliche che o-perano nel mondo della saluteè anche il primo compito isti-tuzionale del Dicastero Ponti-ficio della Salute. Infatti nelMotu proprio Dolentium ho-minum, il Santo Padre Gio-vanni Paolo II, affida al Ponti-ficio Consiglio della Pastoraleper gli Operatori Sanitari ilcompito di “stimolare e pro-muovere l’operazione di for-mazione, di studio e di azionesvolta dalle diverse O.I.C. nelcampo sanitario, nonché daglialtri gruppi, associazioni e for-ze che, a diversi livelli e in va-

ri modi, operano in tale setto-re”1.

La celebrazione del vostrocongresso in concomitanzacon la IV Giornata Mondialedel Malato che quest’anno sicelebra nel vostro continente,proprio qui in Messico, è unafelice coincidenza, una sortadi kairòs. Lo scopo della Gior-nata Mondiale del Malato è,secondo il Santo Padre, quellodi sensibilizzare le autorità ci-vili e politiche, gli operatorisanitari e le comunità cristianeai complessi e difficili proble-mi del mondo della sofferenzache richiedono da tutti un con-tributo che va da quello medi-co-assistenziale a quello so-cio-organizzativo, passandoattraverso quello umanistico-spirituale.

Nel suo messaggio rivoltoalle comunità cristiane in oc-casione della IV GiornataMondiale del Malato, Giovan-ni Paolo II afferma a questoproposito: “...Voi, operatorisanitari, – medici farmacisti,infermieri, cappellani religiosie religiose, amministratori evolontari –, e particolarmentevoi donne, pioniere del servi-zio sanitario e spirituale agliinfermi, fatevi tutti promotorie promotrici di comunione tragli ammalati, tra i loro fami-gliari e nella comunità eccle-siale. Siate accanto agli infer-mi e alle loro famiglie facendosì che quanti si trovano nellaprova non si sentano mai e-marginati. L’esperienza deldolore diventerà così per cia-scuno scuola di generosadedizione”2.

Pertanto, per gli operatorisanitari, non c’è miglior mododi celebrarla che studiando igravi e complessi problemi delmondo della salute e cercandoinsieme, come lo farete in que-sti giorni, le vie migliori e imezzi idonei per rispondere

alle maggiori sfide che costi-tuiscono i maggiori capitolidel programma del Congressoe che riguardano principal-mente quattro settori:

– l’umanizzazione della me-dicina;

– la bioetica– l’accompagnamento pa-

storale e spirituale dei malati,in particolare quelli morenti;

– la formazione morale, re-ligiosa e professionale degli o-peratori sanitari;

Non sfugge a nessuno l’im-portanza crescente dei proble-mi della Bioetica, quale sforzoculturale per rispondere aiquesiti etici posti dal progres-so delle scienze biomediche ele loro applicazioni nel campodella medicina. Mi riferisco inparticolare ad un campo tra itanti, cioè quello del diffuso u-so delle tecniche di feconda-zione artificiale che sta modi-ficando i costumi, o meglio lacultura della vita, ponendo allefamiglie e alla società in gene-re gravi e talvolta angosciantiinterrogativi etici, giuridici ereligiosi. A questo proposito,il Santo Padre scrive nell’enci-clica Evangelium vitae: “An-che le varie tecniche di ripro-duzione artificiale, che sem-brerebbero porsi a serviziodella vita e che sono praticatenon poche volte con questa in-tenzione, in realtà aprono laporta a nuovi attentati controla vita. Al di là del fatto cheesse sono moralmente inaccet-tabili, dal momento che disso-ciano la procreazione dal con-testo integralmente umanodell’atto coniugale, queste tec-niche registrano alte percen-tuali di insuccesso: esso ri-guarda non tanto la feconda-zione, quanto il successivosviluppo dell’embrione, espo-sto al rischio di morte entrotempi in genere brevissimi. I-noltre, vengono prodotti tal-

La fedeltà allo Spirito è fonte di creatività

SALUTO DEL P. JOSÉ L. REDRADO, O.H., AI PARTECIPANTI DEL II CONGRESSO NAZIONALE E DEL I CONGRESSO INTERNAZIONALE DELLE ISTITUZIONI RELIGIOSE A SERVIZIO DEL MALATO.

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volta embrioni in numero su-periore a quello necessario perl’impianto nel grembo delladonna e questi cosiddetti em-brioni soprannumerari vengo-no poi soppressi o utilizzatiper ricerche che, con il prete-sto del progresso scientifico omedico, in realtà riducono lavita umana a semplice mate-riale biologico di cui poter li-beramente disporre”3.

È altrettanto attuale e perti-nente il problema relativoall’accompagnamento dei ma-lati e in particolare quei mo-renti. A questo proposito laCarta degli Operatori Sanitarimette in evidenza il bisognoche hanno quest’ultimi di“...un accompagnamento uma-no e cristiano, cui medici e in-fermieri sono chiamati a dareil loro contributo qualificativoe irrinunciabile... Si tratta direalizzare una speciale assi-stenza sanitaria al morente,perché anche nel morire l’uo-mo abbia a riconoscersi e vo-lersi come vivente... L’atteg-giamento davanti al malatoterminale è spesso il banco diprova del senso di giustizia edi carità, della nobiltà d’ani-mo, della responsabilità e del-la capacità professionale deglioperatori sanitari, a comincia-re dai medici... Il morire ap-partiene alla vita come sua ul-tima fase. Va perciò curato co-me suo momento. Interpelladunque la responsabilità tera-peutica dell’operatore sanita-rio come e non meno di ognialtro momento del vivere u-mano. Il morente non solo nonva dimesso come inguaribile eabbandonato alla solitudinesua e della famiglia, ma variaffidato alle cure di medici einfermieri. Queste, interagen-do e integrandosi con l’assi-stenza di cappellani, assistentisociali, volontari, parenti e a-mici, consentono al moribon-do di accettare e vivere lamorte”4.

Le celebrazioni del V cente-nario dell’evangelizzazionedell’America Latina hanno e-videnziato il legame storico-teologico tra evangelizzazionee assistenza agli infermi. Sicapisce perciò la particolareattenzione che il Santo PadreGiovanni Paolo II ha sempreavuto per le persone sofferentiche non esita a considerare co-

me una delle vie le più impor-tanti che percorre la Chiesanella evangelizzazione5.

In questo spirito, desiderorivolgere una parola particola-re ai religiosi e religiose quipresenti, e che operano nelmondo della sofferenza: la vo-stra consacrazione con i voti ela sequela Christi costituisco-no una fonte inesauribile diimpegno e di creatività perdelle nuove e coraggiose ini-ziative di pastorale sanitaria.A questo proposito scrissi inun mio articolo pubblicato inoccasione del Sinodo dei ve-scovi sulla vita consacrata:“La fedeltà allo Spirito è fontedi ispirazione e di creatività dinuove realtà a partire dallarealtà che ci circonda. Lo Spi-rito Santo fu colui che spinse iFondatori affinché dessero u-na risposta ai bisogni urgentidi allora. Per questo, nel nomedello stesso carisma che lororicevettero, i religiosi di oggisono chiamati a dare una ri-sposta attuale e creativa allenecessità urgenti del nostrotempo; rimanere in quelle delpassato supporrebbe vivere aldi fuori del nostro tempo stori-co, incapaci di dare l’apportoefficace che richiede l’uomocontemporaneo; sarebbe al-lontanarsi dalla dinamica ispi-ratrice dello Spirito Santo etradire, per infedeltà, il cari-sma appartenente ad ogni fon-dazione religiosa... Le diffi-coltà che frenano questa crea-tività possono essere centratenel fatto di vivere al marginedella realtà, nel rendere sacrele strutture, nella mancanza didiscernimento evangelico cheimpedisce di ascoltare lo Spi-rito Santo”6. Per ciò, “le reli-giose sanitarie, nelle circo-stanze attuali, sentono unprofondo richiamo alla con-versione e alla disponibilità,che esige da loro un impegnoradicale nelle situazioni piùurgenti, lì dove si gioca il sen-so dell’uomo. Sanno che quel-la conversione è anzitutto unritorno all’essenza massimadel Vangelo, da dove potrannorispondere alle sfide del mon-do della salute. La disponibi-lità delle religiose sanitarie acontinuare ad essere annuncioprofetico di Dio, annunciodell’infinità misericordiosa delPadre nel mondo del dolore,

dà loro aiuto e forza per assu-mere i nuovi impegni che sipresentano, e permette loro diadattarsi a nuovi stili più con-soni alle necessità degli uomi-ni di oggi”7.

Questa vostra disponibilitàfarà sì che saprete risponderein modo pertinente ed efficacealle istanze e alle sfide delmondo della sofferenza e dellasalute.

La difficile situazione so-cio-sanitaria del continente la-tino-americano desta preoccu-pazione, come lo dimostranoalcuni dati epidemiologici:

1. Circa la metà degli abi-tanti del continente non sonoin grado di soddisfare le lorominime necessità di calorie, eciò influisce sul loro rendi-mento fisico ed intellettivo.

2. Quasi la metà della popo-lazione non dispone di acquapotabile; di conseguenza ci so-no molte malattie gastrointe-stinali e si abbassano le condi-zioni igieniche generali.

3. I bambini sono quellimaggiormente colpiti dallecondizioni subumane di vita;ciò alza l’indice della morta-lità da 0 a 5 anni, incrementala percentuale di malattie in-fantili come bronchiti, dissen-teria, malattie parassitarie,ecc.

4. Le strutture ospedaliere, imedici, gli odontoiatrici e ilpersonale infermieristico sonoinsufficienti, soprattutto nellezone rurali e nelle periferie cit-tadine. A causa del costo ele-vato, il servizio sanitario fini-sce per essere un privilegio dipochi8.

Con la X Conferenza Inter-nazionale che si è svolta in Va-ticano dal 23 al 25 novembre1995 sul tema “Vade et tu facsimiliter. Da Ippocrate al buonSamaritano”, il Santo PadreGiovanni Paolo II ha sintetiz-zato così la doppia valenzadella medicina: “La medicinanon si limita alla salvaguardiae al ricupero della salute, mafa della professione medica u-na scuola di valorizzazionedella sofferenza e del servizioad essa”9. In questo pensierodel Santo Padre viene racchiu-so il significato più profondodel servizio ai sofferenti di cuila diade Ippocrate-Buon Sa-maritano è paradigmatica eche il Santo Padre espresse

Page 71: DOLENTIUM HOMINUM...ZEVACO PIERRE C.M. Vescovo di Tôlagnaro, Madagascar Nomine Pontificie Il Santo Padre ha confermato Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli

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con queste parole nella sua let-tera apostolica Salvifici dolo-ris: “fare del bene a chi soffree fare del bene con la propriasofferenza”10.

Mentre rinnovo l’augurio diun felice esito per i lavori delvostro congresso, colgo l’oc-casione per ringraziare nuova-mente gli organizzatori che mihanno invitato a prendere laparola a quest’importante av-venimento affidando le vostreiniziative e i vostri progetti al-la Madonna Mater infirmorumperché vi assista e vi accom-pagni nella vostra diaconia afavore dei nostri fratelli e so-relle sofferenti.

1 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Motu pro-prio Dolentium hominum, n. 5, 1.

2 GIOVANNI PAOLO II, Il Messaggioper la IV Giornata Mondiale del Mala-to, 11 febb., 1996, n. 7.

3 GIOVANNI PAOLO II, Enc. Evange-lium Vitae, n. 14.

4 Pontificio Consiglio della Pastoraleper gli Operatori Sanitari, Carta degli O-peratori Sanitari, nn., 115-116.

5 Cfr. CARD. FIORENZO ANGELINI, Laprima evangelizzazione in America Lati-na e l’attenzione della Chiesa per gli in-fermi, Città del Vaticano 1992, p. 15;GIOVANNI PAOLO II, Motu proprio Do-lentium hominum, n. 1; GIOVANNI PAOLOII, Lettera Apost., Salvifici doloris, n. 3.

6 J. L. REDRADO, Evangelizzazione emondo sanitario: una sfida ai religiosidella sanità, in AA.VV., Curate infir-mos e la vita consacrata, Città del Vati-cano 1994, p. 126.

7 T. LOPEZ-BEORLEGUI, Le religiosesanitarie e la loro missione nel campodella salute, in AA.VV., Curate infirmose la vita consacrata, Città del Vaticano1994, p. 108.

8 Cfr. J. L. REDRADO, Evangelizzazio-ne e pastorale sanitaria in America Lati-na, in Dolentium hominum. Chiesa e sa-lute nel mondo 3 (1990), n. 12, pp. 64-67.

9 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorsodi chiusura alla X Conferenza Interna-zionale, Città del Vaticano 23-25 no-vembre 1995, n. 3.

10 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lettera A-post., Salvifici doloris, n. 30.

Cercherò di essere breve an-che per non abusare della vo-stra pazienza particolarmentemessa a prova in questi tregiorni del vostro congresso.Desidero sottolineare alcunedelle tante idee e considera-zioni emerse dai vostri lavori.

1. L’approccio olistico dellequestioni che si pongono nelmondo della sofferenza mettein risalto la visione psichica,somatica e spirituale della per-sona malata; molti relatorihanno perciò e giustamentesottolineato l’importanza nonsolo dell’assistenza medico-sanitaria ma anche dell’ac-compagnamento pastorale del-l’operatore sanitario, come an-che del paziente stesso.

2. Si è parlato anche delVangelo della sofferenza chevede in Gesù Cristo, il BuonSamaritano che va incontro al-la sofferenza altrui per alle-viarla o anche sanarla; alcuniinterventi hanno evidenziatol’altro aspetto del significatocristiano della sofferenza, cioèil valore salvifico della soffe-renza che, in un’ottica di fedenel mistero della Croce, diven-ta un Kairos per coloro checompletano nel loro corpoquello che manca ai patimentidi Cristo (cfr. Col. 1,24).

3. L’interesse che suscita invari ambienti professionali ein particolare presso gli opera-tori sanitari, le questioni dellabioetica dimostrato quanto siaurgente una nuova sintesi diconoscenza nella quale il dia-logo interdisciplinare diventail metodo-maestro per rispon-dere ai quesiti posti dal pro-gresso e dalle applicazionidelle scienze della vita. Graziealla bioetica possono incon-trarsi e dialogare specialisti didiscipline che sembravano incontrapposizione come la filo-sofia, la teologia con le scien-ze naturali. Stiamo uscendo

dal positivismo scientifico delsecolo scorso per entrare in u-na nuova era nella quale l’uo-mo sarà sempre il centro e lamisura di ogni forma di sape-re.

4. Per gli operatori sanitarie, in particolare, trattandosidei religiosii e religiose impe-gnate nel mondo della soffe-renza, l’ospedale diventa illuogo di testimonianza dellacarità di Cristo per il sofferen-te. È importante e altrettantourgente che le vostre istituzio-ni diano una chiara e inequi-voca testimonianza evangeli-ca, anche nel rispetto degli in-segnamenti della Chiesa. Al-l’esempio del Figlio del-l’uomo che durante la sua vitapubblica predicò il Vangelo,curando nello stesso tempo gliinfermi, anche i religiosi do-vrebbero considerare l’evan-gelizzazione e l’assistenza agliinfermi come una diade in-scindibile.

5. La qualità di vita dellevostre comunità cristiane edella vostra consacrazione re-ligiosa si misura con la capa-cità di “donare a chi soffre ilconforto non soltanto dell’as-sistenza fisica, ma anche delsostegno spirituale aprendoglidinanzi le consolanti prospet-tive della fede”1.

Mentre saluto nuovamente edi tutto cuore i partecipanti aquesto simposio, mi rivolgoalla Nostra Signora di Guada-lupe, speranza e consolazionedegli infermi e stella della e-vangelizzazione che da cinquesecoli venerata con tanta de-vozione, perché ci indichi lavia che porta a Gesù Cristo,l’unico salvatore del mondo,medico del corpo e dell’ani-ma.

1 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Il Messag-gio per la IV Giornata Mondiale delMalato, 11 febb., 1996, n. 4.

PAROLE DI CONCLUSIONE DEL P. JOSÉ L. REDRADO,O.H., AI PARTECIPANTI DEL II CONGRESSO NAZIONALE E DEL I INTERNAZIONALE DELLE ISTITUZIONI RELIGIOSE A SERVIZIO DEL MALATO