Documento programmatico - Svaluto Ferro

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1 PROGRAMMA POLITICO a sostegno della candidatura a Segretario di circolo di ALESSANDRO SVALUTO FERRO CONGRESSO 2012 – SETTIMO TORINESE “SOLO NEI SOGNI GLI UOMINI SONO DAVVERO LIBERI, E’ DA SEMPRE COSI’ E COSI’ SARA’ PER SEMPRE” John Keating, “L’attimo fuggente” Tesi 1 – I Care "Sulla parete della nostra scuola c'é scritto grande: I CARE. É il motto intraducibile dei giovani americani migliori. Me ne importa, mi sta a cuore. È il contrario esatto del motto fascista «Me ne frego»" (Don Lorenzo Milani) Ebbene, anche sulla parete del nostro circolo vogliamo scrivere I CARE. I Giovani Democratici vogliono aspirare a questo modello, che non riguarda solo l'ambito politico, ma investe la sfera personale di ognuno in tutte le sue dimensioni. Vogliamo interessarci e appassionarci a tutti gli ambiti che toccano (e non) la nostra vita. Vogliamo comunicare e testimoniare ai nostri coetanei settimesi l'importanza dell'impegno e della partecipazione attraverso i nostri comportamenti e le nostre scelte. Ci poniamo l'ambizioso obiettivo di presentarci come dei "modelli", pur consapevoli dei limiti che tutti noi abbiamo. E per questo siamo disposti a mettere in gioco la nostra persona. Questo non significa sentirsi superiori, predestinati o migliori di altri solo perché si é interessati alla sfera pubblica, alla dimensione comunitaria e collettiva della vita; caso mai é vero il contrario. Se ci poniamo come testimoni o come modelli, dobbiamo maturare la consapevolezza di avere una responsabilità in più verso gli altri, perché il proprio comportamento, in un certo senso, dovrebbe essere irreprensibile. In buona sostanza, siamo giovani come altri, non ci sentiamo al di sopra di altri, non vogliamo appiccicarci l'etichetta di "più belli e più bravi", ma vogliamo offrir loro una possibilità diversa di vivere la propria città. Dobbiamo essere consapevoli di camminare insieme ad

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PROGRAMMA POLITICO a sostegno della candidatura a Segretario di circolo

di ALESSANDRO SVALUTO FERRO

CONGRESSO 2012 – SETTIMO TORINESE

“SOLO NEI SOGNI GLI UOMINI SONO DAVVERO LIBERI, E’ DA SEMPRE COSI’ E COSI’ SARA’ PER SEMPRE”

John Keating, “L’attimo fuggente”

Tesi 1 – I Care "Sulla parete della nostra scuola c'é scritto grande: I CARE. É il motto intraducibile dei giovani americani migliori. Me ne importa, mi sta a cuore. È il contrario esatto del motto fascista «Me ne frego»" (Don Lorenzo Milani) Ebbene, anche sulla parete del nostro circolo vogliamo scrivere I CARE.

I Giovani Democratici vogliono aspirare a questo modello, che non riguarda solo l'ambito politico,

ma investe la sfera personale di ognuno in tutte le sue dimensioni. Vogliamo interessarci e

appassionarci a tutti gli ambiti che toccano (e non) la nostra vita. Vogliamo comunicare e

testimoniare ai nostri coetanei settimesi l'importanza dell'impegno e della partecipazione attraverso

i nostri comportamenti e le nostre scelte. Ci poniamo l'ambizioso obiettivo di presentarci come dei

"modelli", pur consapevoli dei limiti che tutti noi abbiamo. E per questo siamo disposti a mettere in

gioco la nostra persona.

Questo non significa sentirsi superiori, predestinati o migliori di altri solo perché si é interessati alla

sfera pubblica, alla dimensione comunitaria e collettiva della vita; caso mai é vero il contrario. Se ci

poniamo come testimoni o come modelli, dobbiamo maturare la consapevolezza di avere una

responsabilità in più verso gli altri, perché il proprio comportamento, in un certo senso, dovrebbe

essere irreprensibile. In buona sostanza, siamo giovani come altri, non ci sentiamo al di sopra di

altri, non vogliamo appiccicarci l'etichetta di "più belli e più bravi", ma vogliamo offrir loro una

possibilità diversa di vivere la propria città. Dobbiamo essere consapevoli di camminare insieme ad

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altri giovani, senza giudicarli per quel che dicono o quel che fanno, ma ascoltandoli,

comprendendoli e proponendo loro uno stile diverso di far politica.

Per fare tutto questo é necessario fare una premessa importante: dobbiamo conoscere i giovani che

incontriamo, dobbiamo sapere quello che vivono e dobbiamo evitare facili banalizzazioni o letture

sterili del mondo giovanile. Su questo punto specifico farò un approfondimento nelle tesi

successive.

Dobbiamo contribuire ad invertire la rotta. Troppe volte, in questi ultimi anni, la politica ha dato un

brutto spettacolo e ha fornito una pessima immagine di sé: invece di concepire l'impegno politico e

pubblico come un servizio verso altri, abbiamo visto una politica impegnata nella gestione e nella

manifestazione ostentata del suo potere a beneficio della sua casta.

Per questo dobbiamo sentirci investiti di una responsabilità. Non ci poniamo come un gruppo dai

grandi atti rivoluzionari, non pensiamo che da soli si possa cambiare il mondo attraverso gesti

eclatanti, ma crediamo che il cambiamento possa avvenire attraverso piccole azioni quotidiane.

Crediamo che le grandi rivoluzioni avvengano attraverso piccole e continue azioni di cambiamento.

Forse la politica, non solo quella italiana, oggi ha bisogno di voltare definitivamente pagina.

Questa vuole essere l'ottica del nostro I Care: interessiamoci di quello che capita attorno a noi e ai

nostri coetanei per essere un piccolo seme di cambiamento.

Il cambiamento prima deve avvenire in noi stessi. Per evitare il gioco noioso della predica va

maturata un'altra consapevolezza: per essere piccoli costruttori di cambiamento, quest'operazione

dobbiamo compierla in primis sui noi stessi. Il desiderio di una politica diversa passa

necessariamente da un'attenta auto-analisi e da una puntuale riflessione sui nostri atteggiamenti e

comportamenti. Per stimolare altri giovani a impegnarsi e cambiare l'esistente, in primo luogo,

dobbiamo essere testimoni noi stessi del cambiamento che vogliamo.

In tutto questo non partiamo da zero: abbiamo accumulato un percorso comune in questi 3 anni

dalla nascita della nostra giovanile a livello nazionale e poi locale. Tutti noi, si spera, abbiamo

maturato una consapevolezza maggiore dei nostri scopi e fini comuni. In questi ultimi anni abbiamo

cercato di agganciare nuovi giovani con lo spirito positivo di chi lo fa per passione e non

esclusivamente per interesse personale. Abbiamo cercato, con tutti i limiti, specie nell'ultimo anno,

di proporre un altro stile di far politica. Ora si tratta di implementare queste nostre attività, cercando

di metter da parte interessi personali, che il più delle volte, sono legati a una "lotta di potere" tutta

interna.

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Tesi 2 – Verso quali mete “Partimmo un lunedì, in direzione sud, cercando l'altra strada che ci ha portato qui. Vedemmo Pancho Villa e la rivoluzione, ci disse: non è morta, ci sono nuove idee!”(Litfiba, “Siamo umani”) La letteratura del sogno è ampia e vasta. Può sembrare scontato citare poesie, articoli, testi o

canzoni che trattano il tema del sogno e dell’utopia. Molte volte ci insegnano che sognare è bello,

ma improduttivo; ci dicono che è un’operazione da bambini che credono ancora nelle favole.

Eppure credo che sia una grande bugia. I più “grandi” della storia (Gandhi, Mandela, Luther King,

ecc) erano dei grandi visionari: sapevano guardare la realtà delle cose e immaginarla in modo

diverso, per poi impegnarsi concretamente e quotidianamente per cambiarla e portarla nella

direzione in cui la sognavano.

Non a caso il titolo del mio documento programmatico prende spunto da un famoso film andato in

onda un po’ di anni fa “L’attimo fuggente”. Questo lungometraggio parla di un docente che insegna

in un college americano. I suoi metodi d’insegnamento erano considerati bizzarri e fuori dalla

“tradizione”, dall’ortodossia pedagogica del tempo. Eppure, lui, non si stanca mai di spronare i suoi

ragazzi, a insegnar loro che la vita è una ricerca di strade imbattute, da guardare da diversi punti di

vista, ma insegna loro che il proprio talento va sfruttato e che tutti quanti, con un adeguato sforzo,

possono essere dei ‘liberi pensatori’. Fantomatica è la scena in cui egli dialoga con un altro

docente, il quale gli rimprovera l’utilizzo di un metodo fuori dal comune e dallo schema; Keating

risponde con una delle affermazioni più belle e intrise di significato, che hanno dato lo spunto anche

per il mio documento programmatico: “solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre

così e così sarà per sempre”.

Credo che sia questo l’approccio da adottare anche per la nostra piccola realtà locale. Dobbiamo

sviluppare un’autentica cultura del sogno per saper guardare oltre, per liberarci da vincoli vetusti e

sorpassati. Non fraintendetemi: non faccio riferimento allo sbarazzarsi in fretta e furia delle culture

politiche che hanno preceduto questo partito, al contrario. Dobbiamo conoscerle in modo

approfondito, rispettarle, ma aprire una nuova fase. E’ la storia che ce lo chiede; sono gli altri

giovani ad esprimerlo. Dobbiamo battere nuove strade per saper costruire nuovi percorsi,

sviluppare una nuova cultura di centrosinistra, fondata sui valori dell’uguaglianza sostanziale, della

giustizia sociale, del lavoro, dei diritti e dei doveri, ecc.

La dimensione del sogno nobilita l’uomo e ne alimenta il pensiero. Il sogno apre prospettive nuove,

realtà non ancora immaginate. Un’autentica cultura del sogno aiuta a liberarci da un difetto

permanete della politica dei nostri giorni: ci libera dalla contingenza, dal pensiero del “qui e

adesso”, ci aiuta a pensare il meglio per le prossime generazioni. La politica deve saper guarda oltre

il proprio naso: i sogni portano alla costruzione di progetti concreti. Tale dimensione non è

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un’attività meramente teorica, ma riveste la vita pratica dell’uomo. D’altronde lo stesso Danilo

Dolci sosteneva che “si cresce solo se sognati”. La nostra crescita passa attraverso questo passaggio

obbligato. Per costruire progetti innovativi e di ampio respiro abbiamo bisogno di coltivare le nostre

aspirazioni.

La domanda a questo punto è d’obbligo. Ma cosa sogniamo come GD per la nostra città?

a. l’aggregazione di nuovi ragazzi intorno a temi politici che riguardano la nostra città.

L’obiettivo della nostra giovanile deve essere quello di aprire le porte ai nostri coetanei,

senza pregiudizi nei loro confronti. Una giovanile che aggrega non deve avere paura di chi

arriva e non deve giudicarlo per quello che esprime;

b. la formazione di un pensiero libero e critico, capace di essere innovativo nella sostanza e

nella forma e in grado di porsi delle domande di senso;

c. il desiderio di una società diversa, fondata su riferimenti etici che si ispirano al

collettivismo, alla solidarietà, alla fraternità, in contrapposizione a un mondo che sempre più

va nella direzione opposta. Non é una forma di pessimismo leopardiano, o di narcisismo e

contemplazione di sé stessi; sono convinto che, in giro per il mondo, ci siano un sacco di

esperienze positive, propositive che fungono da modelli, ma sono poco conosciute per

svariati motivi. É nostro compito prendere spunto da esse; é compito dei GD settimesi

scovare le belle realtà giovanili che interpretano il mondo in modo alternativo. Tali

esperienze devono diventare patrimonio comune della nostra città.

La diversità é chiaramente una ricchezza, la pluralità di modi di pensare é evidentemente un

valore aggiunto, ma spesso sono viste come obiettivi poco raggiungibili. In questo senso

possiamo maturare anche noi: il pericolo del conformismo, dell'adeguamento allo slogan di

turno é sempre dietro l'angolo, per tutti noi. L'elevazione umana e civile di una persona e di

un gruppo passa attraverso l'ascolto delle diversità.

d. una cultura del lavoro centrata sulla persona e non sul profitto; un’idea di economia che

preveda le istanze di equità e giustizia sociale, che si fondi sull’accesso da parte di tutti al

mercato del lavoro, senza discriminazioni di alcun tipo;

e. una società che sia uno spazio aperto per i giovani, e in particolare per i giovani settimesi:

auspichiamo alla costruzione di una rete di politiche giovanili che sia attenta al

protagonismo giovanile e che renda partecipi delle iniziative promosse sul territorio,

intendendo i giovani non solo come meri fruitori di spettacoli o iniziative estemporanee.

f. La sete di giustizia e la ricerca dell’uguaglianza: dobbiamo guardare a quelle esperienze

che vivono con più difficoltà, a quei ragazzi che vivono situazioni complicate e

insopportabili.

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Tesi 3 – La formazione é libertà "El niño que no estudia no es un buen revolucionario" (bambino cubano, 1968) Per un gruppo di persone, di qualsiasi natura esso sia, la formazione é sempre un elemento

ineludibile. Per un aggregato giovanile lo diventa ancora di più. Oltre alle tradizionali definizioni di

gioventù, si parla di giovane quando ci si riferisce a una persona in fase di crescita (non solo fisica,

ma anche psicologica). La personalità dei giovani é alla perenne ricerca della definizione di una

propria identità.

Per i Giovani Democratici il tema della formazione riveste una fondamentale importanza. Come

gruppo non possiamo prescindere da questo elemento. Siamo consci di non avere tutti gli strumenti

per esercitare la politica in modo consapevole e adulto. Per questo motivo la nostra organizzazione,

anche a Settimo T.se, ha bisogno di creare dei percorsi formativi di alta qualità.

Ma ritengo fondamentale sottolineare qui come l'aspetto formativo sia collegato a un altro

elemento, anch'esso imprescindibile: la libertà.

Per avere uno spazio libero di protagonismo giovanile bisogna crearne le premesse: l’elemento

fondamentale che contraddistingue un’esperienza giovanile libera è la formazione. Formare

significa educare; l’educazione ha il compito specifico di “condurre fuori” (dal latino ex duco),

ovvero di fornire alle persone gli strumenti culturali, sociali, psicologi, ecc, per renderle libere e

capaci di determinare il proprio futuro, essendo protagoniste di quel cambiamento che tanto

auspichiamo.

In definitiva, per noi la formazione significa rendere libere le persone di poter costruire un progetto

politico di cambiamento della società (nel nostro contesto ci riferiamo a Settimo T.se). Il compito

che mi sono assunto in questi anni, come coordinatore dei GD, è quello di educare alla libertà,

sulla scia del modello pedagogico di Freire (pedagogia della liberazione), consapevole di tutti i

limiti e le distanze da questi riferimenti teorici.

E pazienza se etichetteranno questo nostro pensiero come "prepolitico" o "oligarchico". Su questo

campo vogliamo spenderci e metterci la faccia. Sembra un paradosso sostenere un tale approccio in

un'organizzazione politica. Eppure, in questo nostro tempo, emerge un disperato bisogno di

interpretare la politica secondo quest’accezione.

Abbiamo bisogno di spazi dove i giovani si sentano liberi di esprimere le loro idee, la loro fantasia e

creatività; i luoghi dove sono imbrigliati da concezioni e modi di operare tipici del mondo adulto

tendono a plasmarli o a farli scappare. Noi vogliamo lavorare in modo opposto: la nostra idea di

formazione non è escludente e non vuole tantomeno selezionare i migliori, ma al contrario,

cerchiamo di fornire delle opportunità di crescita a tutti quei giovani che ci vogliono stare.

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Possiamo suddividere la formazione in due tipologie: etica e “tecnica”. La prima fa riferimento a

un approccio di tipo valoriale; il nostro percorso formativo includerà alcuni significati

fondamentali, alcuni valori profondi, enunciati anche in questo documento. E’ quasi banale e

scontato dire che oggi assistiamo a una crisi politica a livello etico. La famosa “questione morale”

emersa da un discorso di Berlinguer è rimasta ancora di primissima attualità. E come affrontare

suddetta problematicità se non dotandosi di un bagaglio attrezzato anche dal punto di vista

valoriale? La formazione, in questo senso, riveste un ruolo fondamentale. Bisogna accompagnare le

persone nelle loro esperienze di vita (qualunque esse siano). Una formazione permanente

abbatterebbe sicuramente il rischio.

La seconda è collegata alla competenza. Le persone dove maturano e dove acquisiscono gli

strumenti per far politica? Come viene selezionata la classe dirigente? Assistiamo a una seconda

tipologia di crisi della politica: la mancanza di professionalità! La via formativa potrebbe essere una

riposta a questo problema. Mettersi al “banco di scuola” e “imparare” aspetti prima sconosciuti non

è sintomo d’idiozia o debolezza, bensì d’intelligenza.

Il nostro percorso formativo vuole avere una peculiarità: creare un sapere comune attraverso l’idea

che il dispositivo principale della formazione è il gruppo. I nostri laboratori saranno animati

dall’idea che “è più bello insieme”. La politica non è un’attività individuale, ma collettiva. Il

metodo cooperativo, da questo punto di vista, aiuta più facilmente e più velocemente

l’apprendimento.

Senza ulteriori giri di parole, propongo che il nostro gruppo prosegua nel lavoro di costruzione di

una commissione formazione, che si occupi di pensare e ideare percorsi formativi aperti alla città.

In passato questo gruppo si è occupato di costruire due percorsi formativi, dal discreto successo (I

Care nel 2009/2010 e CopyLeft nel 2010/2011). Da settembre 2011, abbiamo provato a collaborare

con i gruppi giovanili delle altre forze politiche del centrosinistra settimese (IDV, SEL, PSI) per

costruire un percorso formativo comune. Di seguito provo a illustrare i punti principali di questo

progetto. L'idea é quella di costruire un "laboratorio di cittadinanza", dove i giovani settimesi

possano maturare una piccola esperienza politica formativa; un percorso costruito ed elaborato dalla

commissione formazione insieme agli altri gruppi giovanili politici con cui abbiamo intrapreso una

collaborazione fruttuosa.

Gli obiettivi di questo percorso sono:

1. aggregazione di ragazzi/e esterni al mondo politico su temi di loro interesse;

2. costruire un percorso formativo di lungo respiro, che guardi ai prossimi 3/4 anni;

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3. elaborare un'area culturale di centrosinistra (a livello giovanile) fondata sui valori

dell'uguaglianza sostanziale, della giustizia sociale, della pace, dell'integrazione culturale e di

un'economia fondata sulle persone e non sul profitto;

4. progettare un percorso di qualità, con incontri approfonditi, evitando discussioni banali e

semplicistiche.

La tempistica può suddividersi in due momenti:

a. organizzazione di due incontri preliminari (da marzo a maggio 2012) che fungano da

trampolino di lancio del percorso. Su questo fronte si tratta di concretizzare il percorso

abbozzato con i giovani di IDV, Sel e Psi in questi mesi.

b. la formazione politica vera e propria (a partire da settembre 2012): costruzione di un

percorso di lungo periodo per l’anno 2012/2013, con 4 incontri su tematiche di ampio

respiro (scuola, lavoro, economia, istituzioni politiche, ambiente, politiche sociali, ecc), ma

che al contempo abbiano attinenza con la vita quotidiana dei giovani.

Collegata al laboratorio di formazione, si svilupperà, in parallelo quella che possiamo definire

l’associazione delle ripetizioni. Dare uno sguardo, anche superficiale alla realtà scolastica a tutti i

livelli, ci aiuta a individuare come sia comune l’abitudine di farsi aiutare nello studio da altri

ragazzi più grandi, sia per specifiche materie, sia in generale per avere un supporto nello studio.

L’idea è ambiziosa ma spendibile, poiché si aspira a creare un’associazione a sé stante che

organizzi ripetizioni di varie materie, in base alla disponibilità di alcuni soci, a prezzi competitivi e

che permetta alla giovanile di crearsi una base all’interno del tessuto sociale, attraverso un’attività

pratica che sia di reale supporto ai ragazzi di tutte le età.

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Tesi 4 – Il lavoro come essenza della nostra attività politica territoriale “Il lavoro non è una merce” (Organizzazione Internazionale del Lavoro, Dichiarazione di Filadelfia, 1944) E’ anche il titolo di uno degli ultimi testi del noto sociologo torinese Luciano Gallino. E’

eloquente, ma in controtendenza rispetto alle teorie economiche che vanno per la maggiore. Le

teorie neo-monetariste e gli impianti teorici neoclassici sostengono il contrario: per gli

economisti che si ritrovano in tali approcci, il lavoro é una merce, e come tutte gli altri beni,

sottostà alle leggi di funzionamento dei mercati, ovvero alla legge della domanda e dell'offerta.

In quest’ottica l'occupazione viene messa in relazione esclusivamente ai salari reali: le imprese

domandano lavoro nel momento in cui il salario reale diminuisce, mentre i lavoratori avanzano

l'offerta di lavoro quando la remunerazione aumenta. L'incontro tra queste due funzioni

costituisce l'equilibrio del mercato del lavoro, determinato dalla combinazione tra salario reale e

livello di occupazione d'equilibrio.

C’è di più: dagli anni ’90 fino ad oggi, tutti i paesi industrializzati (compresa l’Italia) hanno

perseguito politiche che mercificano il lavoro, aumentando la flessibilità, convinti che questa

potesse creare maggiore occupazione, crescita sostenuta e di conseguenza maggior benessere.

La legislazione italiana si è mossa in questo senso: dapprima il Pacchetto Treu del 1997 e poi la

Legge 30 del 2003 hanno creato le condizioni economiche per facilitare la flessibilità del lavoro

e in parallelo la precarietà della vita.

Davvero il lavoro può essere paragonato a una qualsiasi altra merce? Davvero é comparabile

con qualsiasi altro bene che viene scambiato? E ancora, il lavoro che l'uomo offre può essere

messo sullo stesso livello dell'acquisto di una merce qualunque (lavatrice, telefonino, beni

primari, ecc)?

Gallino, come altri economisti (soprattutto quelli che si rifanno alla scuola keynesiana),

sostengono l'inammissibilità di questo approccio. La nuova macroeconomia keynesiana ha il

merito di mettere l'accento su questo punto; le teorie dei contratti impliciti e dei salari

d'efficienza mettono in risalto il ruolo delle relazioni umane e dei rapporti personali tra

imprese e lavoratori nella determinazione del livello d'occupazione. Per questi autori il mercato

del lavoro non funziona come tutti gli altri mercati, perché rientrano diversi fattori che non

fanno solo riferimento al livello del salario. Ci sono altri aspetti che entrano in gioco.

Oggi il tema del lavoro, con l'attuale crisi, sembra essere d’importanza fondamentale per

qualsiasi organizzazione politica. Il rischio é quello di rincorrere le decine e centinaia di voci

che si levano dal caos mediatico.

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Il lavoro è una questione che tocca da vicino la nostra vita di tutti i giorni. Il lavoro è una delle

dimensioni in cui l’uomo si realizza e si identifica. La situazione attuale di precarietà che

investe il mercato del lavoro sta toccando fortemente le vite e le carriere professionali dei

giovani (e ormai ex giovani) che si affacciano al mondo del lavoro. La generazione in cui

viviamo è stato etichettata in mille modi sotto questo profilo, dai “bamboccioni”, alla

“generazione 1.000€” e, epiteto degli ultimi giorni “sfigati che si laureano a 28 anni”. Non

ultime le dichiarazioni del premier Monti, che sottolinea “la monotonia del posto fisso”. Tutti

deprecano a parole la precarietà, ma la promuovono a livello legislativo introducendo norme

che rendono sempre più flessibile il mercato del lavoro.

La precarietà è diventata una condizione sociale e umana insopportabile e inaccettabile.

A questa prospettiva di sfruttamento e dipendenza dobbiamo ribellarci; a tal fine è importante

creare dal basso una nuova cultura del lavoro, che si fondi sull’accessibilità al mercato del

lavoro, sull’uguaglianza dei lavoratori, sul rispetto dei diritti e doveri che comporta un rapporto

di lavoro, sulla garanzia di un reddito che permetta di vivere in modo dignitoso e sulla

opportunità di creare impresa. I GD possono contribuire, con il loro modesto e importante

apporto, a quest’ operazione di ricostruzione del mondo del lavoro.

In questi anni abbiamo dimostrato, in diverse forme che vanno dall'organizzazione di eventi

informativi e di sensibilizzazione sui temi dell'occupazione ("Vita a progetto o progetto di vita"

nell'ottobre 2009 e "Equilibrio precario" in luglio 2011' ecc) a momenti interni di discussione e

formazione, un'attenzione di prim'ordine. Questo circolo, insieme a quello di Chivasso, ha

elaborato un pensiero sul tema del lavoro e ha provato a svilupparlo su tutta la Provincia di

Torino. É compito fondamentale per la nostra giovanile mettere questo tema al centro delle

nostre attività e del nostro programma post-congressuale. Questa é la strada che vogliamo

continuare a perseguire.

In tal senso, il nostro documento programmatico per i prossimi anni deve prevedere la

costruzione di una commissione "economia, lavoro e welfare". Tale gruppo di lavoro si

occuperà della formazione, informazione, creazione di eventi e servizi continuativi nel tempo

rispetto ai temi inerenti alla commissione. Per questo l’attività di tale commissione può essere

divisa in due fasi:

Fase 1

Proseguimento delle attività progettate dalla commissione in questi anni. Di seguito riporto i

progetti che si stanno per mettere in campo:

- l’opuscolo informativo: è un documento in cui è presente una vasta documentazione

sul panorama dei contratti di lavoro previsti dalla legislazione nazionale italiana; una parte è

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dedicata alla legislazione sul lavoro attuata negli ultimi 20 anni (Pacchetto Treu, L30, ecc);

un’ulteriore parte sarà costituita dalle proposte dei GD in materia di lavoro (con lo

strumento della campagna nazionale “Precarietà Zero”); l’ultima parte è corredata dallo

Statuto dei lavoratori.

- tale elaborato sarà un elemento fondamentale per la costituzione di uno sportello

informativo per i giovani, in cui fornire indicazioni e aiuto su problematiche che potrebbero

avere i ragazzi che stanno per entrare nel mondo del lavoro: come compilare un curriculum

vitae, ottenere delucidazioni sui contratti di lavoro, in modo che il partito diventi un punto di

riferimento per i giovani lavoratori. Sentiamo l’esigenza di aggregare questi ragazzi, molto

spesso dimenticati dalle organizzazioni (di partito, sindacali o di altra natura). Anche i GD

di Settimo T.se sono in difficoltà su questo fronte: i giovani lavoratori fanno fatica ad

avvicinarsi alle nostre attività. Molto spesso sono i ragazzi delle superiori o i giovani

universitari a partecipare alle attività che proponiamo. In questo caso ci serve invertire la

rotta: in questi 3 anni la priorità deve essere rivolta al tema giovani-lavoro con uno sforzo

maggiore rispetto a quello degli anni precedenti.

- Per fare ciò abbiamo bisogno di un sostegno esterno dei sindacati per instaurare una

collaborazione che porti a riavvicinare i giovani alle organizzazioni dei lavoratori; l’idea è

quella di affrontare insieme la questione della precarietà, attraverso l’organizzazione di

eventi pubblici o momenti informativi ad hoc. Nell’ultima parte del mio mandato siamo

riusciti a creare un primo contatto con i sindacati, che sembrano essere favorevoli a questa

collaborazione.

- Un altro punto fondamentale di questa commissione è l’organizzazione di eventi e

incontri a livello territoriale; dobbiamo continuare a mantenere i rapporti con i responsabili

provinciali e regionali del lavoro. In tal senso crediamo fortemente che col prossimo

mandato congressuale si possa costituire un forum provinciale sul lavoro a livello di GD.

Fase 2 L’informazione però deve essere necessariamente accompagnata da una seria “educazione al

lavoro” e accompagnamento. Pertanto, la commissione lavoro intende portare avanti un

programma che prenda spunto dal recente passato, rispetto ad alcuni progetti sostenuti dal Comune

di Settimo in ambito orientativo, e allo stesso tempo introdurre una maggiore collaborazione tra le

scuole, i sindacati e il Centro per l’impiego locale. Il piano include:

a) la creazione di un progetto educativo da presentare ai ragazzi delle scuole medie e superiori

presenti sul territorio cittadino sui comportamenti lavorativi e su come ottenere un posto di lavoro

(“educazione al lavoro”), ossia i valori e i diritti fondamentali del lavoro, ma anche un modello di

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approccio al mondo del lavoro (curriculum, lettere di referenze, …), attraverso la presenza di

giovani lavoratori e sindacalisti;

b) la riqualificazione dei progetti di orientamento al lavoro curati dall’Informagiovani, attraverso la

costituzione di brevi tirocini estivi anche in ambito pubblico per i ragazzi delle superiori (il modello

è quello del Settore Cultura del Comune di Torino) e la valorizzazione dei talenti professionali.

c) una rivisitazione del Salone dell’Orientamento per i ragazzi in uscita dalle medie, che si ritrovano

a scegliere non tanto l’indirizzo formativo quanto la scuola da frequentare, di modo che si possano

valorizzare gli indirizzi di studio e i loro sbocchi occupazionali.

Un ottimo strumento per la realizzazione per la fase due della commissione (utilizzabile per altre

commissioni, v. aggregazione) è quello del focus group aperto a giovani settimesi, con l’obiettivo

di ascoltare idee, proposte e pensieri relativi al problema che si vuole affrontare.

Il tema del lavoro richiama con sé un altro importante nodo: quello economico. Non si può

prescindere da valutazioni macroeconomiche per valutare e proporre delle politiche del lavoro

davvero incisive e adeguate. A tal proposito si propone la costruzione di un percorso formativo più

interno alla commissione, per rendere i ragazzi e le ragazze di questo gruppo più consapevoli

rispetto alle decisioni politiche che vengono prese dai vari livelli istituzionali (comunale,

provinciale, regionale, nazionale e europeo). E’ chiaro che in questo contesto non si propone di

creare una commissione prettamente economica; oltre a essere improduttiva, correrebbe il rischio di

essere distante dal nostro livello d’impegno. Tuttavia ritengo che affrontare delle questioni

propriamente economiche possa essere molto importante (con l’ausilio di esperti in materia), e al

riguardo mi si propone di approfondire tre argomenti di grande attualità:

• Il mercato monetario, a livello europeo, con relative politiche intraprese negli anni passati e

possibili scenari futuri con le diverse politiche attuabili; con ripercussioni sul mercato reale;

• Il mercato azionario (di grande attualità) con riferimento non solo ai prodotti privati tipici di

questo mercato, ma anche quelli pubblici, con collegamenti e ripercussioni sul mercato

reale;

• Il mercato del lavoro, analizzando le varie teorie macroeconomiche che sono state elaborate

negli ultimi 50 anni (Keynes, la nuova macroeconomia classica, la nuova macroeconomia

keynesiana, ecc).

Ultimo, ma non meno importante, tale gruppo di lavoro sarà fondamentale per la costruzione del

forum provinciale sul lavoro. In questi anni si è attivata una forte collaborazione tra il nostro

circolo e quello di Chivasso su questo tema; in questa fase congressuale provinciale dobbiamo

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impegnarci al massimo per riuscire a istituire ufficialmente questo passaggio e coinvolgere altri

circoli su questo fronte importantissimo.

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Tesi 5 – I giovani, questi sconosciuti. “Elogio della nuova generazione, dunque; ma non perché i giovani di oggi abbiano guadagnato dei meriti particolari o, rispetto a quelli che li hanno preceduti, abbiano fatto qualcosa di speciale, ma perché si trovano a vivere una stagione e un’esperienza che, più di quelle di prima, sono ricche di opportunità e di nuove prospettive. La libertà, prima di tutto. La nuova generazione è più libera di prima. Libera dalle ideologie e dagli schemi culturali precostituiti, insofferente a tutte le classificazioni concettuali possibili, libera dai pregiudizi moralistici e religiosi, indifferente alle grandi campagne idealistiche inconcludenti e ingannatrici... e con tanta voglia di divertirsi, di essere se stessi e basta” (Elogio alla nuova generazione, don Mario Operti) I giovani, purtroppo, sono oggetto di grandi banalizzazioni e categorizzazioni che sminuiscono e

annacquano le diversità presenti nei mondi giovanili. I giovani non sono tutti uguali perché arrivano

da storie di vita diverse, sia dal punto di vista familiare che sociale. Partire da un’analisi corretta, o

quantomeno attinente alla realtà dei fatti, può essere utile per capirne i comportamenti, le richieste e

le rivendicazioni, solitamente inascoltate perché messe a tacere o perché incapaci di uscire dalla

bocca.

Ho scelto di citare un testo di Mario Operti (prete torinese attento alla vita dei giovani lavoratori)

perché riesce a dare un’immagine non stereotipata della giovinezza, senza mettere in mezzo giudizi

di valore. I giovani vanno apprezzati così come sono, perché hanno enormi potenzialità e risorse,

che spesso non gli vengono riconosciute. Serve un cambio di mentalità anche in questo ambito. E

soprattutto dovremmo sforzarci, tutti quanti, nell'ascolto delle esigenze di quei giovani che fanno

più fatica, di quelli che esprimono le maggiori perplessità e che vengono etichettati

nell'immaginario collettivo come "ragazzi difficili e problematici".

Una delle questioni legate al nostro tempo è quella della partecipazione dei giovani alla vita

pubblica, nella fattispecie alla politica.

Ritengo che ci siano diversi livelli di partecipazione. Vi propongo una griglia di lettura, già

proposta nell’assemblea del PD di settembre 2011:

a. prender parte: essere soggetti attivi, propositivi e decisivi in scelte di trasformazione sociale

(responsabili di un gruppo, un movimento, un partito politico, cariche istituzionali, ecc…);

b. essere parte: appartenere a un’identità collettiva specifica senza assumersi responsabilità

significative (avere la tessera di un’associazione o partito, ecc..);

c. esserci, assistere: prender parte a occasioni specifiche spot (manifestazioni, scioperi

studenteschi…)

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Questi tre livelli di partecipazione, che ho ripreso da altre riflessioni sul tema, non sono in antitesi

tra di loro poiché non mutuamente esclusivi. Non può esistere neanche pregiudizio verso queste

diverse forme (l’alternativa è il non partecipare): non esistono partecipazioni di serie A e di serie B.

Credo che sia importante riconoscere come la prima accezione sia la più rilevante, quella più vicina

ad un impegno politico che sia seme di cambiamento.

Come GD abbiamo scelto di costruire un percorso che più si avvicini a tale impostazione (il prender

parte alle decisioni per influenzarle, esercitando la cittadinanza attiva). L’obiettivo di questa

esperienza è il costruire un luogo, uno spazio concreto dove i giovani settimesi possano sentirsi

protagonisti di piccole azioni di cambiamento concreto (non teorico o astratto). Per tale motivo

non siamo un circolo meramente culturale o un cenacolo d’intellettuali.

Per educare alla partecipazione, il circolo di Settimo prosegue la strada intrapresa negli anni scorsi,

ovvero la prosecuzione della commissione politiche giovanili, che si occuperà di diversi progetti

concreti inerenti alla nostra città:

1. l’attivazione del forum giovani (ormai prossimo, visto la consegna effettuata alla nostra

amministrazione rispetto alla proposta di uno Statuto del Forum Giovani);

2. l’apertura di un centro d’aggregazione giovanile

3. la rivisitazione e la valorizzazione dell’Informagiovani

L’obiettivo di questa commissione è rilanciare l’immagine pubblica dei giovani, troppo spesso

bollati senza indugi come problema: attraverso queste iniziative concrete possiamo essere un

esempio di diversità e d’impegno per ridare cittadinanza ai giovani, troppo spesso esclusi dai

processi decisionali di qualsiasi livello. La politica, come altri ambiti di vita (lavoro,

paradossalmente la stessa scuola, gli ambienti familiari) sono luoghi di alienazione dei giovani, in

quanto considerati come meri fruitori di attività, iniziative e (se va bene) progetti. La prospettiva

deve essere ribaltata: i giovani devono essere essi stessi i protagonisti dei loro progetti.

Questo processo non può essere portato avanti dai soli GD: l’esperienza del forum difatti va in

questo senso. Una partecipazione ampia di associazioni/organizzazioni giovanili, istituzioni

pubbliche che fanno riferimento a loro (scuola, settore pubblico, il privato/sociale) può essere di

grande contributo per dare un cambio di prospettiva definitivo, di cui, il nostro territorio settimese,

ha ampiamente bisogno.

Page 15: Documento programmatico - Svaluto Ferro

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Tesi 6 – Nel mondo della comunicazione perenne “La comunicazione perfetta esiste, ed è un litigio” (Stefano Benni) Comunicare le attività che si svolgono è di fondamentale importanza per qualsiasi associazione.

Negli ultimi decenni, con la trasformazione dei rapporti tra media e politica, è diventato di primaria

importanza per un’organizzazione di tipo politico. In Italia accusiamo un ritardo notevole da questo

punto di vista. Con la presenza ingombrante di Berlusconi la comunicazione sembra essere

diventata prerogativa esclusiva della destra e nello specifico dell’ex premier. Sembra quasi che la

risposta del centrosinistra alla cattiva comunicazione del tycoon delle TV sia una non

comunicazione. Il fatto che la sinistra italiana faccia fatica dal punto di vista della comunicazione

politica è diventato quasi un luogo comune.

Nei processi di trasformazione della politica degli ultimi tre decenni, la comunicazione riveste un

ruolo rilevante: è diventato un pilastro fondamentale, se non decisivo in alcuni casi, di una buona

governabilità. Le relazioni tra media e politica si sono sempre fatte più strette e anche in Italia, con

tutti i ritardi del caso e con tutte le arretratezze che compongono il nostro panorama politico, si è

diffuso quel processo che potremmo definire “comunicazione extra-elites”. Per poter governare è

diventato necessario comunicare con le persone che stanno fuori dalla politica in senso stretto. I

politici, molte volte, tendono a parlare più per sé stessi e per gli addetti ai lavori. I linguaggi

utilizzati sono enigmatici e incomprensibili. Eppure, grazie ai processi di mediatizzazione (che

hanno risvolti complessi e non univoci), gli elettori chiedono più coinvolgimento dal punto di vista

informativo.

E noi GD di Settimo che cosa possiamo fare su questo tema? Come far proprio un tema, che a

prima istanza, potrebbe essere lontano dalle nostre corde? Semplicemente pensando che le nostre

attività debbano essere comunicate ai nostri coetanei e ai nostri concittadini. Non custodiamo

gelosamente il nostro modesto patrimonio, ma condividiamolo con gli altri ragazzi e con le altre

ragazze della nostra città. Chiaramente non dobbiamo cadere nel tranello per cui la comunicazione è

la priorità della nostra organizzazione; il pericolo è quello di scadere in una comunicazione banale e

non attinente alla realtà che viviamo. Non dobbiamo confondere lo strumento con il fine: per questo

motivo ritengo che la comunicazione sia uno strumento e non l’obiettivo. Se dovessimo confondere

questo passaggio rischieremmo di perseguire un fine diverso: la ricerca esclusiva della visibilità.

Comunicare le nostre attività e i nostri pensieri serve per aggregare altri giovani, non per “far

carriera” all’interno di un partito.

Fin dalla nascita del nostro circolo ci siamo dotati della commissione comunicazione, importante

strumento interno, ma soprattutto esterno e di relazione con la cittadinanza. L’idea è di mantenere

Page 16: Documento programmatico - Svaluto Ferro

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attivo questo gruppo. Il primo e più importante punto sul quale si è concentrata in questi anni la

commissione comunicazione è stato quello di GooD.

• Versione on line

A partire da quelli che sono stati gli ultimi numeri di Good, ritengo sia ora di passare in parte alla

versione on line, riducendo drasticamente quella cartacea. Questo avverrebbe per diversi motivi.

Innanzitutto la questione economica: dato che in questi anni il PD ha tirato fuori una considerevole

cifra. L’importo di 1.000€ l’anno circa non so per quanto sia ancora sostenibile. In secondo luogo

da sempre questa commissione ha avuto problemi nel distribuire il giornalino ogni mese. Nei primi

tempi siamo andati bene, ma mancava sempre qualcuno; con il passar del tempo c’è stata sempre

meno disponibilità. Questo mi induce a considerare che sia il caso di cambiare sistema.

Abbiamo davanti diverse soluzioni:

- possiamo farne stampare un numero minimo di copie ogni mese (100 o 250) che possano

tornarci utili per volantinare qualora volessimo;

- ci possiamo adattare a stamparne qualora volessimo volantinare;

- organizzare un volantinaggio una volta al mese da qualche parte, come GD, senza dover per

forza aspettare qualche campagna elettorale per farlo.

Un passo importante della versione on line dovrebbe essere quello di raccogliere tra noi un

considerevole numero di indirizzi internet, in modo da ampliare la nostra rete di conoscenze e di

persone da coinvolgere nel nostro progetto che altrimenti rischia di restare di nicchia. D’altra parte

daremo sempre la possibilità, a tutti coloro che vogliono, di essere cancellati dal nostro elenco della

newsletter.

• Responsabili di area

Ritengo che possa essere un po’ rivoluzionata la struttura della commissione.

In questi anni la commissione è stata composta da 3-4 persone che si confrontavano prima

dell’uscita del numero riguardo a quali articoli scrivere. Il risultato è stato interessante, ma credo sia

ora di alzare il livello. Questo non perché la qualità non fosse buona, ma perché forse è meglio

provare a specializzarci in alcuni campi specifici. In questo modo avremmo persone che seguono,

che sia dentro i GD o in autonomia per le specifiche inclinazioni, temi particolari. Faccio un

esempio. Negli ultimi numeri abbiamo spesso fatto ricorso a notizie dall’estero e di economia.

Secondo me sarebbe davvero interessante avere delle persone che seguono nello specifico questi

campi e che siano oltretutto portavoce dei loro interessi e lavori. Ho pensato alle seguenti aree,

spesso in continuità con le commissioni già attive:

Page 17: Documento programmatico - Svaluto Ferro

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Giovani

Scuola e università

Formazione

Economia

Lavoro e Welfare

Ambiente

Esteri

Donne, diritti civili e immigrazione

Eventi – ossia chi segue nello specifico la realizzazione di un evento

Attualità (prevalentemente gestita da chi fa parte della commissione)

• Concorso per vignette

Questo punto non è fondamentale, ma ne avevamo accennato già qualche tempo fa. Da questo

settembre abbiamo inserito delle vignette che corredano ciascun articolo. Sarebbe affascinante se

due o tre ragazzi dell’8 marzo collaborassero con noi per realizzare le vignette.

• Inchieste

Ci eravamo già presi un mezzo impegno di fare delle microinchieste da pubblicare su Good. Questo

potrebbe avvenire una o due volte l’anno e magari in collaborazione con i ragazzi degli altri partiti

di Settimo. Infatti ci si era già parlati su una possibile inchiesta relativa alle disponibilità abitative

per i giovani e le giovani coppie.

• Godo o Good XL

Godo o Good XL è un fascicolo da distribuire che sia una estensione di Good, tipo l’Espresso,

anche se notevolmente meno voluminoso, made in GD. È sicuramente un progetto ambizioso che ci

permetterebbe di approfondire alcuni temi di cui su Good si fa solo cenno o sul quale siamo

necessariamente obbligati a tagliare per motivi di spazio. La sua impostazione ripercorrerebbe la

struttura delle nostre commissioni e avrebbe la possibilità di affrontare alcuni temi di attualità.

Questo progetto è già in cantiere da un anno, ma ha avuto diverse problematiche applicative.

Primo fra tutti è il costo della sua realizzazione, stimabile intorno ai 1500-2000 euro. Ma noi

dobbiamo almeno arrivare a far si che il costo sia del tutto ammortizzato, se non addirittura provare

a guadagnarci qualcosa come attività di autofinanziamento. Questo sarebbe fatto attraverso la

vendita di alcune pagine per la pubblicità.

Page 18: Documento programmatico - Svaluto Ferro

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Anche questo potrebbe essere realizzato una o due volte l’anno, ma è comunque necessario

l’apporto di tutti, dato che nella sua versione originale sono previsti circa 15 articoli.

Infine per la sua distribuzione potrebbe non essere una cattiva idea quello di spedirlo agli altri

circoli GD della provincia di Torino o altre sedi PD della zona.

• Newsletter

La newsletter com’è realizzata attualmente è insufficiente per diversi motivi. Un modo per

migliorarla potrebbe essere quella di far partire effettivamente il canale di youtube, dove

sintetizziamo le nostre attività.

Dobbiamo tuttavia rafforzare questo strumento dato che dovrebbe diventare il più potente strumento

di diffusione di good.

• Conferenze stampa e/o comunicati stampa

A mio parere sarebbe il caso di riprendere il ritmo delle conferenze stampa. Il problema più grande

è come uscirne al meglio dalle conferenze stampa cercando di evidenziare il messaggio che

vogliamo lanciare.

• Pubblicizzare GD

Tempo fa abbiamo pensato a come pubblicizzare un po’ di più i GD e le nostre attività. In realtà le

nostre idee si sono fermate a qualche cartellone pubblicitario, ma ancor prima di arrivare ai

cartelloni si sono arenate sui costi troppo elevati che questo tipo di pubblicità ha per noi. Sono

convinto che il nostro volantinaggio e le nostre realizzazioni sono la nostra migliore pubblicità.

• Nuovi media

I nuovi media sarebbero una risorsa incredibile, ma devono essere sfruttati meglio. Noi abbiamo un

sito e una pagina facebook che sono sottoutilizzate e che avrebbero invece un potenziale enorme.

Su facebook potrebbero finire le nostre realizzazioni da good a foto di riunioni ecc fino al semplice

link che rimandi al nostro sito.

Il sito sarebbe da ravvivare. La cosa migliore sarebbe aggiornarlo quotidianamente, ma per questo

sarebbe necessario attivare una sorta di calendario che permetta o alla commissione comunicazione

o all’intero gruppo di scrivere qualcosa su good. La seconda opzione è decisamente più complessa,

ma anche la prima non permette certo un aggiornamento costante e frequente del nostro sito web.

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Tesi 7- Aggregazione e scuola “Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere” (Piero Calamandrei) La politica oggi più che mai sta attraversando un periodo davvero basso sotto il profilo etico, e più

in generale dal punto di vista della credibilità. Questo credo proprio che sia alla base del forte

distaccamento da parte delle persone, e più nello specifico da parte dei giovani a questa realtà. Da

questo pensiero mi sono mosso per pensare un nuovo modello aggregativo, che funzioni al contrario

Ognuno di noi conosce ragazzi, che per mille motivi non hanno interesse a partecipare alla vita

politica. Penso possa essere interessante parlare singolarmente con queste persone per chiedere loro

quali siano gli aspetti che li allontanano da questa realtà e che li spingono a non impegnarsi sotto

questo profilo.

Dopodiché ho immaginato una commissione universitaria all’interno dei GD, dandole anche un

nome (ipotesi UNISETTIMO) che possa essere un vero e proprio luogo di incontro per i giovani

universitari settimesi, per confrontarsi su questioni che li vedono coinvolti in prima persona: penso

al problema delle borse di studio che dall’anno prossimo non avranno più i fondi per essere coperte

interamente, al problema dei dottorati di ricerca…e mille altri problemi che ogni ragazzo può

portare. Tutto questo rientra in un processo aggregativo molto lungo: credo, che se si voglia

avvicinare nuovi giovani a questa realtà, bisogna farlo mostrando loro esistono dei punti di unione

tra la politica e la loro vita.

Qual è il ruolo di GD a questo punto? Fare in modo che le proposte che emergeranno da questa

commissione possano pervenire agli organi di competenza per mostrare a questi ragazzi che i GD

non fanno solo chiacchiere, ma nel loro piccolo sono un’esperienza concreta di vita politica.

In parallelo possiamo sviluppare al meglio un progetto sull’8 Marzo: l’aggregazione, attorno ai

temi scolastici dei ragazzi che frequentano questo istituto superiore. Il contesto in cui viviamo

insegna ai ragazzi che la politica deve rimanere fuori dagli ambiti lavorativi e da quelli scolastici.

Credo che sia un danno profondo che commettiamo nei confronti dei nostri ragazzi e ragazze. Per

educare a una cittadinanza attiva e a un protagonismo in senso ampio, bisogna far sperimentar loro

l’attività politica. Non è solo attraverso la lettura o lo studio che le persone maturano dei

comportamenti consapevoli, ma anche attraverso l’esperienza. Per questo i GD si assumono la

grande responsabilità di avvicinare alcuni giovani dell’8 Marzo e collaborare con loro per

diffondere una cultura dell’impegno nella propria città, e nello specifico nell’ambito principale che

vivono quotidianamente: la loro scuola. Badate che non vogliamo (e non dobbiamo) sostituirci a

questi ragazzi, ma aiutarli e accompagnarli in un percorso di elaborazione di una scuola partecipata.

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In questa commissione possano rientrare gli eventi di tipo aggregativo: potrebbe essere compito di

questo gruppo di lavoro pensare momenti sul territorio in cui i GD decidono di dialogare con la città

attraverso diverse forme (feste, dibattiti, volantinaggi,ecc), consapevoli che l’attività politica si

svolge soprattutto fuori dalle sedi dei partiti e delle giovanili.

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Tesi 8 – La centralità della persona "Allora si potrebbe immaginare un umanesimo nuovo, con la speranza di veder morire questo nostro Medioevo, col desiderio che in una terra sconosciuta ci sia di nuovo l'uomo al centro della vita. Allora si potrebbe immaginare un neo rinascimento, un individuo tutto da inventare in continuo movimento. Con la certezza che in un futuro non lontano al centro della vita ci sia di nuovo l'uomo" (Giorgio Gaber, Se ci fosse un uomo)

Spesso siamo portati a pensare che l’organizzazione, di qualsiasi natura possa essere, sia al di sopra

dell’individuo e che quest’ultimo debba adattare le sue esigenze, i suoi bisogni e desideri alle

logiche di un aggregato collettivo. Viene prima l’organizzazione o la persona? Sembra essere la

classica domanda “viene prima la gallina o l’uovo?”.

Due possono essere la strade o le soluzioni a cui fare riferimento:

a) l’organizzazione come riferimento assoluto, per cui viene messa davanti alla persona, con

il rischio di creare luoghi spersonalizzanti, dove il valore del singolo viene sostanzialmente messo

da parte, o ancora peggio, costruire spazi dove si fomenta il pericolo di un’organizzazione che

prenda il sopravvento sul singolo, educandolo all’adeguamento;

b) dall’altro punto di vista, sempre estremizzando, il rischio è che l’individuo diventi il

centro dell’attività dell’organizzazione e che quest’ultima ruoti intorno al suo “leader” o

responsabile. In poche parole il rischio è quello dell’individualismo.

A mio avviso, i GD devono superare entrambe le culture, per proporre e vivere una terza soluzione:

la centralità della persona, inserita in un contesto di gruppo. La persona e il gruppo devono

viaggiare insieme, cercando di far incontrare queste due dimensioni. La sfida che siamo chiamati a

far nostra è quella di costruire un gruppo che sia a misura d’uomo e di donna (nel nostro caso di

giovane). Cosa vuol dire questa affermazione? Semplicemente che il nostro obiettivo, ed è quello

che cercherò di perseguire a partire dalla chiusura del nostro I Congresso, è la costruzione di un

posto dove tutti i giovani che ne fanno parte si possono sentire accolti e valorizzati per quello che

esprimono. Con grande fermezza e decisione, sono convinto che dobbiamo finirla di pensare ai

partiti e alle giovanili come luoghi in cui le persone estromettono la propria identità e i propri

vissuti. Slogan obsoleti come “dovete iniziare a fare la vita di partito” sono profondamente illusori

e depistanti. A questo contrapponiamo un’altra idea: nei partiti e nelle giovanili come la nostra va

portata la vita delle persone (“bisogna portare la vita DENTRO il partito”): solo così possiamo

mettere al centro delle nostre attività le persone. La nostra giovanile va animata e va fatta

attraversare dai problemi, anche piccoli, che i nostri coetanei vivono quotidianamente: a noi

interessa (ritorna l’I CARE) la vita che si sperimenta nei luoghi di lavoro, nelle aule delle scuole e

delle università, nei parchi, nei giardini, nelle piazze e strade della nostra città. Questa, a mio

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modesto avviso, è la strada per perseguire quell’ambizioso obiettivo che ci siamo posti: porre al

centro della nostra organizzazione la persona. Come detto nelle precedenti tesi dobbiamo essere

seme di un cambiamento profondo: costruire un nuovo umanesimo, con lo spirito sottolineato dalla

canzone di Gaber, ovvero convinti che “in futuro al centro della vita ci sia di nuovo l’uomo”. La

finalità della nostra azione politica è l’uomo, non la giovanile o il partito. Ambedue sono strumenti

per raggiungere qualcosa di più significativo.

In questo contesto ci proponiamo di valorizzare ogni ragazzo e ragazza che passa dal nostro circolo,

cercando di farlo sentire protagonista all’interno dei GD, chiedendogli un impegno compatibile con

le altre esigenze e bisogni della sua vita (studio, lavoro, relazioni amicali, tempo libero, altri

impegni sociali). Ai giovani, nel 2011, non può essere chiesto un impegno totalizzante; i tempi sono

cambiati e senza fare recriminazioni di nessun tipo, dobbiamo accogliere i giovani così come si

presentano.

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Tesi 9 – La bellezza della politica, ma c’è la necessità di educare alla politica. “La politica è bella” (Baaria) Nel binomio “giovani e politica” una riflessione seria dovrebbe riguardare il concetto di politica.

Che cosa intendiamo per politica? Che cosa ci evoca? Sono tempi difficili quelli che stiamo

attraversando, caratterizzati, secondo molte analisi, da apatia, indifferenza e antipolitica. Tali

sentimenti sembrerebbero animare la vita dei giovani.

La disaffezione dei giovani dalla politica è tema ormai noto. Anche in questo caso, credo, che ci sia

un po’ di confusione. Il rapporto dei giovani con la politica è un po’ più complesso di come viene

descritto; esistono diverse interpretazioni di questo distaccamento (dato oggettivo):

a) onda lunga del riflusso dalla politica derivante dagli anni di piombo e il ripiegamento in attività

private;

b) no rifiuto tout court della politica, ma ricerca di una nuova politica. Una parte dei giovani

(minoritaria, ma non indifferente) risulta distante dalle questioni politiche, ma soltanto da quelle che

sono lontane dalla loro vita. I giovani si allontanano dagli stili politici tradizionali e datati. Una

grande quota è informata rispetto al dibattito politico attuale, ma non supera il ruolo di spettatore

(non assume ruoli di responsabilità). E’ proprio questa la fascia da aggregare, da coinvolgere e da

rimettere in moto. Bisogna stimolare in loro la volontà di partecipare (prendendo parte alle

decisioni). Come GD è importante avere quest’attenzione: aggregare chi sta fuori perché presenta

forme non tradizionali di partecipazione. Questa è una fascia di giovani che è importante

coinvolgere, purché si vada incontro alle loro esigenze e alle loro modalità di relazione;

c) la famosa antipolitica.

Per provare a dare concretezza al punto b (ricerca di una nuova politica) dobbiamo testimoniare la

bellezza di quest’attività umana. Spesso è vista (non a torto) come pratica dei corrotti, come attività

intrinsecamente “corrotta”; per invertire la rotta dobbiamo provare a creare un’esperienza politica

diversa. Dobbiamo trasmettere ai nostri coetanei la passione e la voglia che ci anima, le motivazioni

profonde che ci spingono a impegnarci in ambito politico. Senza questa testimonianza, la nostra

esperienza diventa effimera se non controproducente. In questi giorni di grave difficoltà della

politica (la presenza di un governo tecnico è la prova più lampante, v. documento del 17/11/2011),

abbiamo l’arduo compito, come GD, di ridare speranza alla nostra generazione, mettendo in piedi

piccole azioni di cambiamento.

La politica è quella pratica collettiva di ricerca del bene comune; lo spirito più sincero di questo

impegno deve manifestarsi nella dimensione del servizio verso gli altri. Per la nostra storia di vita,

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la politica è quel mezzo per risolvere insieme le problematiche e le situazioni che viviamo tutti i

giorni. L’impegno politico non è solo necessario, ma è anche bello; come dicevo in precedenza, in

tempi difficili, caratterizzati dal rifugio nella vita privata e individuale, stimolare gli altri,

soprattutto i più giovani, è ancora più arduo. Credo che sia una sfida bella da vivere: abbiamo un

disperato bisogno di educare, per quel che ci compete e ci è possibile, i giovani alla dimensione

socio-politica e dell’impegno attivo nella propria comunità di riferimento. L’educazione alla

cittadina attiva riveste una priorità per la nostra giovanile. Attraverso questa attenzione, le nuove

generazioni possono capire quanto sia importante maturare comportamenti improntati all’attenzione

reciproca.

Trovo stucchevoli e noiose le retoriche sul disimpegno dei giovani in politica: tutti si lamentano

dell’assenza di nuove generazioni, etichettandole spesso come fannullone o poco inclini

all’impegno. Come detto all’inizio di questa tesi, è difficile sostenere quest’ approccio perché poco

corrispondente alla realtà. Molte volte i giovani preferiscono altri tipi d’impegno sociale (non per

questo meno nobili) perché nella sfera politica non si sentono accolti. Se si vuole davvero cambiare

lo status quo bisogna mettersi nell’ottica di un accompagnamento graduale dei giovani alla politica.

Chi può farlo se non noi?

L’assenza degli adulti in questo campo è sconcertante. Con questo non sto affermando che l’intero

mondo adulto non abbia mai accompagnato i giovani alla scoperta di questa bellissima forma di

impegno, anzi, molti, singolarmente (e spesso ne abbiamo conosciuti) si sono spesi in questo senso.

Provo a sottolineare come gli adulti in senso lato siano assenti in questo campo o neghino

pubblicamente l’importanza dell’educazione alla politica. Come facciamo, in questi tempi di

antipolitica generale, ad avvicinare le persone a questa dimensione se non stando al loro fianco e

provando a far vivere loro un’esperienza positiva e diversa?

Un altro spunto interessante, almeno credo, è quello di restituire dignità alla politica attraverso la

valorizzazione della debolezza (non in senso masochistico). Troppe volte ci imbattiamo, attraverso

esperienze personali dirette o mediate dai canali informativi, con una immagine della politica votata

al culto della forza e dell’arroganza. Berlusconi è stato l’esempio più lampante, ma non è l’unico

(ahinoi) ad aver perseguito questo metodo. Ciò che conta non è la valorizzazione di quel che si

esprime, ma la dimostrazione di forza rispetto all’avversario, l’annientamento attraverso la violenza

(anche verbale) di chi hai di fronte. Perché? La politica, quella a cui abbiamo assistito, ha troppo

spesso valorizzato un’idea della storia in antitesi con qualsiasi concetto di uguaglianza e giustizia:

ha dato voce esclusivamente ai potenti.

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La nostra azione, in chiara controtendenza, deve essere rivolta a coloro non viene dato uno spazio

sufficiente. Dobbiamo aver il coraggio di promuovere una storia diversa: la storia dei deboli, dei più

piccoli, di quelli che vengono messi da parte perché ritenuti insignificanti. Solo così possiamo

ridare dignità alla debolezza. La domanda che ci deve animare è la seguente: “chi sono i deboli

oggi?”. Gran parte delle culture politiche, negano nei fatti, l’esistenza di ciò; i processi di

omologazione che hanno investito le nostre società hanno reso più difficile il compito di

individuazione dei più deboli. Questo non significa che non esistano più.

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Tesi 10 – Una precisa metodologia “Dov'è che stiamo andando nel succedersi del tempo, avrai un progetto o no per la tua vita? Andiamo”. (The game is over. Franco Battiato)

E’ evidente che per continuare a costruire un percorso iniziato da tre anni, dobbiamo dotarci di un

metodo condiviso. Senza una precisa organizzazione, senza una progettazione condivisa si rischia

di cadere nel mondo delle buone intenzioni. Per sviluppare il sogno di cui parlavo nelle scorse tesi

bisogna dotarsi di un buon progetto, il quali si basa un buon metodo.

Propongo a tal proposito di condividere delle buone prassi:

1. ogni commissione di lavoro si dota di un progetto annuale (dove si definiscono obiettivi,

strumenti, metodologia, destinatari e strumenti di verifica). A tal proposito si può costruire

un momento formativo interno sul tema della progettazione (che cosa significa progetto?

Perché è importante costruire un progetto? Come si costruisce un progetto?);

2. ogni commissione costituita dal congresso si impegna a preparare un ordine del giorno

prima dei suoi incontri e di redigere un verbale, condiviso con tutto il circolo, dopo ogni

riunione;

Le tradizionali riunioni di circolo subiranno alcune modifiche, sia per quanto concerne la quantità,

sia per la natura stessa dell’incontro. In primo luogo, ritengo che sia necessaria una convocazione

più sporadica (una volta al mese circa): credo che sia più utile, in questa fase dei GD, concentrarsi

maggiormente sugli incontri di commissione, per due motivazioni specifiche: a) negli incontri di

commissione è più facile sviluppare un progetto specifico; b) dopo 3 anni, il lavoro di

organizzazione interna è più che strutturato.

In secondo luogo, le riunioni di circoli, una volta ridotta la frequenza, possono diventare l’occasione

per confrontarsi su temi politici più ampi, incontrare varie realtà cittadine per conoscerne le attività

e provare ad aprire delle piste di collaborazione operativa (v. Terra del Fuoco, Libera,

Informagiovani, sindacati, Casa dei Popoli, ecc).

Inoltre le riunioni di circolo potrebbero ospitare tematiche che non sono affrontate da una

commissione specifica. A tal fine mi viene in mente il tema dell’ambiente: in qualche modo sempre

citato, ma mai approfondito.

Le assemblee degli iscritti possono diventare occasione per approfondire i rapporti con le altre

giovanili di partito settimese (IDV, SeL, PSI) su altri progetti, oltre che la già citata “scuola di

formazione politica”.

Tali momenti possono essere opportunità di scambio e confronto con gli altri circoli della Provincia

di Torino: seguire la strada inaugurata alla festa del PD potrebbe essere fruttuosa. In questo senso ci

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impegniamo con sforzo maggiore nell’organizzazione di appuntamenti con altri Giovani

Democratici del nostro territorio.

Le commissioni avranno la possibilità di incontrarsi maggiormente, liberando del tempo prezioso

razionalizzando le riunioni degli iscritti. Suggerisco a ognuno di noi di partecipare a più di una

commissione, in modo da poter avere una panoramica più complessa delle attività del circolo.

Ogni commissione avrà un responsabile dei lavori, che si occuperà di svolgere le funzioni di

coordinamento e rappresentanza del gruppo. Tali responsabili saranno membri della segreteria del

circolo. A tal proposito, propongo di continuare la strada intrapresa due anni fa: istituire una

segreteria delle progettualità. Il segretario nomina la segreteria che lo aiuterà nel coordinamento di

tutte le attività di circolo. In passato sono state sollevate delle critiche legittime sull’opportunità di

creare tale organismo. Oggi, come allora, provo a spiegare bene il senso e il significato di questa

scelta. Credo che sia fondamentale avere un luogo dove si condividano le principali responsabilità:

ognuno di noi non può procedere per la propria strada, ma deve condividere la progettualità

specifica della sua commissione con gli altri responsabili. Si cresce e si matura il senso di

responsabilità quando questa è condivisa con altri. La funzione principale di tale organismo non è

l’esercizio del potere nei confronti di altri giovani democratici, bensì il coordinamento e la

condivisione di responsabilità e compiti.

Anche in tal caso si prevede la costruzione di odg e verbali.

Per affrontare la spinosa questione dei rapporti con il Partito Democratico locale (si veda più avanti

la riflessione in merito) propongo di istituire una nuova figura, all’interno del circolo, che si occupi

di instaurare un rapporto più continuativo con il circolo settimese del PD. Le funzioni e i compiti di

tale ruolo potrebbero essere cosi definiti:

1. rapportarsi in modo duraturo con il PD, nella figura del segretario del partito;

2. presenziare, insieme al segretario dei GD, alle segreterie del PD in funzioni di

rappresentanza del circolo. Nel caso in cui sia il segretario che il responsabile dei rapporti

col PD non potessero presenziare alle suddette riunioni si impegnano a trovare un incaricato

al loro posto;

3. comunicare, coordinandosi con la commissione interna specifica, le attività dei GD al PD e

viceversa;

4. assolve le funzioni di tesoriere, in quanto occupandosi dei rapporti col PD, diventerebbe più

facile la gestione di entrambi i compiti;

5. occuparsi, come principale referente della Festa del Pd settimese.

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Il responsabile dei rapporti col Pd sarà invitato alla segreteria delle progettualità in modo

continuativo, qualora si tratti di temi vicini al suo ruolo.

Credo che tale impostazione abbia bisogno di un riconoscimento statutario (v. tesi 12).

Incontro dei delegati all’assemblea del Pd. Dobbiamo riprendere una buona prassi istituita circa un

anno e mezzo fa. Prima di ogni incontro del direttivo del PD locale o dell’assemblea degli iscritti, i

vari delegati GD in questi organismi si possono incontrare per condividere l’odg delle assemblee e

concordare insieme gli interventi da effettuare.

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Tesi 11 – Dentro il PD, ma in modo autonomo e libero "Bisogna avere il coraggio di dire ai giovani che l'obbedienza non é più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni" (don Lorenzo Milani).

Questa perla è stata scritta da Lorenzo Milani, nella difesa dal processo per apologia di reato in

'Lettera ai giudici', dove il prete toscano cerca di far capire le ragioni dell'obiezione di coscienza ai

suoi detrattori.

Perché questo incipit? Sostengo l’obiezione di coscienza nei GD? Chiaramente no! Il parallelo non

ha senso visto in questi termini. Parto da un altro presupposto. Il concetto essenziale a cui faccio

riferimento è l’educazione dei giovani al pensiero critico e libero. Ho già fatto qualche riflessione a

tal proposito nelle tesi precedenti (soprattutto quando parlo di formazione). E’ fondamentale, per

un’organizzazione come la nostra, proporre un modello alternativo. Troppo spesso la politica chiede

ai giovani di obbedire agli ordini dei capobastone di turno, dei capicorrente e di “iscriversi” a finti

movimenti di pensiero. Troppo spesso ci viene chiesto di seguire una linea predeterminata senza

chiederci il perché; troppe volte ci viene chiesto di indossare una maglia e sventolare una bandiera

che non ci appartiene. Bisogna avere il coraggio di porre fine a queste operazioni di plagio, di

mancanza di rispetto del pensiero. Con la giusta determinazione dobbiamo invertire la rotta:

bisogna far capire agli adulti che non manchiamo loro di rispetto quando diciamo “scusami mi

permetto di dissentire”, ma semplicemente esprimiamo una nostra visione diversa della realtà. Il

dissenso è legittimo in una democrazia, soprattutto in un partito che ha scelto di chiamarsi

“democratico”.

Il pensiero critico non è una ricerca di visibilità personale. Purtroppo siamo ancora ammaliati (e

chissà ancora per quanto tempo) dal berlusconismo che ha fondato la sua discesa in campo su un

concetto proprio dell’economia: la massimizzazione dell’interesse personale. Troppe volte si

etichettano facilmente le idee diverse e le proposte “non in linea” come “strumenti di ricerca di una

visibilità politica”. E se quelle proposte, quei progetti, quei pensieri fossero espressi perché

semplicemente “ci credo in quel che dico”?

Credo, per esperienza personale, che la strada da intraprendere sia di gran lunga distante a quelle

che finora, la politica tradizionalista, ha percorso. Con questo non voglio mettere sotto accusa gli

organismi dirigenti del passato o del presente, ma fare una semplice e oggettiva constatazione: i

giovani che vivono questo tempo sono diversi da quelli che hanno vissuto in tempi meno recenti. Il

mio non è un giudizio di valore, ma di merito. Non m’interessa sapere se sia meglio o peggio, ma

guardo la realtà e cerco di lavorare a partire da come si presenta.

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Chiedere ai nostri coetanei, fuori dagli schemi politici odierni, di impegnarsi per farsi dettare i

compiti da eseguire è quantomeno anacronistico, o per dirla in altri termini, è inefficacie. Questa

giovanile sarebbe letteralmente vuota e priva di quella carica esplosiva che ci permette di andare

avanti. In questi anni abbiamo incontrato moltissimi giovani, che hanno partecipato sporadicamente

alle nostre attività, che si sono impegnati a lungo nella nostra giovanile, che sono “passati” senza

fermarsi. Questo è un segnale più che positivo: siamo attraenti nonostante operiamo in un clima di

sfiducia generale e di disaffezione dai partiti.

L’idea di una giovanile autonoma rispetto al PD non presuppone il concetto d’indipendenza. E qui

vengo al dunque. Molte volte siamo stati rimproverati su questo punto. Questo congresso è la

migliore occasione per smentire la voce per cui i GD si sentono fuori dal PD. Lo dico con estrema

chiarezza: noi ci sentiamo pienamente dentro il progetto del Partito Democratico e per questo

motivo ci sentiamo titolati a farne parte costruendolo, pezzetto per pezzetto. Ci sentiamo parte

integrante di questo partito, ma lo sogniamo in modo diverso da quello che finora è stato oggi. Fino

a questo momento (lasciando da parte i sondaggi che servono solo a distrarre dalle questioni

politiche vere), senza far polemica, ma cercando di proporre un’analisi lucida e concreta, il PD è

stato un ottimo contenitore di vecchie culture politiche che si trascinano in modo nostalgico. Eppure

io ho aderito alla fondazione di questo partito con ben altro spirito. Mi ricordo ancora gli ideali con

cui fu annunciata la sua nascita (“la culla dei vecchi riformismi italiani che si riunivano insieme”,

“la prima grande esperienza, a sinistra, di riunificazione delle forze politiche”, “il partito del 2000 e

non più del ‘900”): ma la storia, come si sa, è ben diversa.

Una cara canzone del grande cantautore Giorgio Gaber soleva dire “tutti noi ce la prendiamo con la

storia, ma io dico che la colpa è nostra, è evidente che la gente è poco seria quando parla di

sinistra o destra”. Tali affermazioni sono più che attuali. Spesso diciamo che la storia non funziona,

ma con altrettanta facilità scarichiamo al responsabilità su altri.

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Tesi 12 – Per una convivenza pacifica Con questo documento congressuale propongo di costruire uno statuto che regoli i rapporti interni

della nostra giovanile, per definire, come dice il titolo di questa tesi, una convivenza più serena.

Non è obiettivo di questo documento delineare in modo definitivo gli articoli del suddetto Statuto.

Di seguito riporto, a mio avviso, quelli che devono essere i paletti fondamentali:

- l’istituzione della figura del responsabile rapporti con il Partito Democratico (P.R.), con i

compiti e le funzioni designati dalla tesi n°10. In questo senso tale figura, insieme al

segretario dei GD, rappresenta la giovanile nei luoghi deposti (assemblea iscritti, direttivo e

segreteria PD). Qualsiasi altra voce, se non delegata, parlerà a titolo personale;

- la tempistiche delle convocazioni delle riunioni di circolo (una al mese?);

- questione elezioni amministrative 2014: i candidati consiglieri saranno da considerarsi come

rappresentanti del PD e non dei GD; i GD non reclameranno posti in rappresentanza della

giovanile

- rapporti col PD: collaborazione durante le iniziative proposte e di sana autonomia di

pensiero rispetto all’iniziativa politica;

- partecipazione personale alle attività proposte dal PD: nessun Gd si deve sentire obbligato

nel servire alla festa del PD, volantinare alla iniziative del partito o altre manifestazioni

promosse. La scelta di partecipare è legata alla persona; chi di noi vorrà partecipare sarà

libero di farlo e di collaborare con esso.

A tal proposito, propongo che s’istituisca una commissione ad hoc (i membri di segreteria

potrebbero essere già sufficienti) che scriva una bozza di statuto, in tempi ragionevoli, da sottoporre

a tutti gli iscritti GD. Una volta votato il documento, faremo una condivisione con al segreteria e

l’assemblea degli iscritti del PD.