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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

Servizio per lo sviluppo e l’innovazione del sistema scolastico e formativoUfficio di

coordinamento pedagogico generale Provincia autonoma di Trento 

L’educazione matematica nella

scuola dell’infanzia a cura di Berta Martini, Irene Foresti, Margherita Francini

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INDICE

Introduzione

I PARTE

Sviluppare competenze matematiche nella scuola dell’infanzia

Il concetto di competenza. Aspetti pedagogici e didattici.

La competenza come mobilitazione. Principi psicopedagogici

Sviluppare competenza. Come si educa la mobilitazione.

Competenze e progettazione curricolare

Le competenze matematiche

Riferimenti bibliografici

II PARTE

Traguardi di apprendimento. Competenze generali e obiettivi specifici

Numeri

Geometria

Probabilità e statistica

Misura

Problemi

III PARTE

Dalle competenze alle attività

I numeri

La raccolta di materiali nel giardino della scuola

I tappi colorati

Il tempo

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Geometria

Gli oggetti si spostano

Percorsi

Dal 3D al 2D con i solidi della psicomotricità

La storia di Pezzettino

probabilità e statistica

Il gioco dei bruchi

Cosa mangiamo oggi?

Misura

Misuriamo le parole

Che cosa serve per misurare

Problemi

Il gioco dei barattoli

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Introduzione

Il presente documento, rivolto ad insegnanti e coordinatori, ha lo scopo di costituire unostrumento di lavoro per la programmazione delle attività matematiche nella scuoladell’infanzia. Il suo contenuto è centrato sui concetti e le metodologie dellaprogettazione curricolare, che sono stati oggetto di lavoro nel corso di formazionematematica degli ultimi anni: il concetto di competenza come capacità di

coordinamento di conoscenze e abilità, la progettazione secondo nuclei fondanti, laformulazione di traguardi di apprendimento declinati secondo diversi livelli digeneralità, i criteri di progressività delle attività didattiche. In particolare, il documentoè articolato in tre parti.Nella prima parte viene discusso il concetto di competenza sia in senso teorico, sia insenso metodologico operativo. L’ampiezza e la pluralità delle concezioni riferibili aquesto costrutto, infatti, richiede preliminarmente un accordo condiviso sul suosignificato. Il documento opta per un’interpretazione della competenza comemobilitazione di conoscenze, abilità, disposizioni motivazionali e affettive in rapportoad una situazione sfidante. Nell’ambito di tale documento il rilievo attribuito allanozione di competenza si giustifica soprattutto in rapporto ai traguardi di apprendimentoprevisti dalla progettazione curricolare. Infatti esse rappresentano gli obiettivi di lungoperiodo dell’intero percorso formativo.Nella seconda parte del documento si formulano i traguardi di apprendimento perl’educazione matematica relativamente ai diversi nuclei fondanti (numeri, geometria,misura, problemi). Tali traguardi sono articolati rispetto a due livelli di generalità:competenze e obiettivi specifici. Le prime definiscono il profilo di uscita per ciò checoncerne l’educazione matematica, mentre i secondi sono indicativi dei comportamentiattesi dai bambini in situazioni osservabili.Nella terza parte, infine, si forniscono alcuni esempi paradigmatici di attività didatticheriferibili alle competenze indicate. La descrizione seppur schematica delle unità di

lavoro include l’indicazione delle possibili variabili didattiche di intervento per lamodulazione delle attività nelle varie età: tre, quattro e cinque anni.Osserviamo che i traguardi di apprendimento sono declinati, come abbiamo detto, inbase ai nuclei fondanti e secondo due livelli di generalità (competenze/obiettivispecifici), ma non secondo criteri di progressività (3, 4, e 5 anni). Ciò al fine di evitaredi definire i limiti di educabilità dei bambini in base a ciò che predittivamente si ritieneche “possano o non possano fare”. Si tratta infatti di una distinzione che non rispondeall’idea di competenza e di flessibilità curricolare. Il criterio di progressività, purlegittimo e necessario ai fini della programmazione, è recuperato attraversol’esplicitazione di alcune variabili didattiche che consentono agli insegnanti dimodulare l’intervento didattico sia in riferimento alla formulazione dei traguardi per i

bambini di diverse età, sia in rifermento alla costruzione delle attività didattiche.

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1. Sviluppare competenze matematiche nella scuola dell’infanzia

1.1. Il concetto di competenza. Aspetti pedagogici e didattici.

Il concetto di competenza è, da una decina d’anni, al centro di un dibattito1 che riflettele tensioni e i cambiamenti che hanno segnato il modo di concepire la scuola, i processi

di insegnamento e apprendimento e, più in generale, la formazione.Semplificando molto, possiamo dire che si è passati da una concezione di tipo“behaviorista” della competenza, ad una di tipo “cognitivista”. La prima, fa coinciderel’idea di competenza con la  performance, ossia con i compiti che i soggetti sono ingrado di eseguire, distinguendo, su questa base, anche diversi “livelli” di competenza.La seconda concezione, assimila la competenza ad una “strategia”, cioè ad un sistema diconoscenze e abilità che sono mobilitate dal soggetto in relazione ad uno scopo (uncompito o un’azione). Da ciò deriva che una competenza è definibile in base allatipologia del compito o di un insieme di compiti. Dunque un’analisi critica dei concetti

di conoscenze, abilità,  performance ha contribuito a precisare progressivamente ilsignificato di competenza, attribuendole lo status di specifico e fondamentale obiettivoformativo. Ciò vale anche per la scuola dell’infanzia: la stessa possibilità della scuola dieducare ogni bambino ad un comportamento autonomo e responsabile, all’uso correttodel linguaggio, a pensare ed agire in rapporto a sé stesso e agli altri ecc., vengono oggiespresse in termini di “competenze” o, meglio, di repertori di competenze caratteristichedi diversi ambiti di attività. Dal punto di vista pedagogico e didattico, ciò impone unariflessione critica su questo concetto, così da pervenire ad una definizione della“competenza” abbastanza ampia da affrancarla da interpretazioni tecnicistiche e tale dagarantirle una sufficiente efficacia come categoria progettuale del curricolo.Oggi, il significato su cui si attesta il concetto di competenza risente, certo,dell’impostazione “cognitivista”, ma con un’attenzione specifica al fatto che, essendo icompiti caratterizzati, per chi li deve svolgere, da diversi gradi di complessità, novità,interesse, una competenza si manifesta in modo non indipendente dalla capacità dicoordinare insieme conoscenze, abilità e, anche, disposizioni interne motivazionali eaffettive.

1 In Italia, il dibattito, aperto dalla pubblicazione, nel 1996, del Libro Bianco della Commissione Europea, Insegnaree apprendere. Verso la società conoscitiva, Lussemburgo, si è articolato in diverse tappe, tra le quali ricordiamo ilavori delle due diverse Commissioni di “saggi”. La prima Commissione, operante fra il gennaio e il maggio 1997,elaborò il documento: “Le conoscenza fondamentali per l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana deiprossimi decenni”, Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione,78; la seconda Commissione elaborò nel1998 il documento di sintesi: “Contenuti essenziali per la formazione di base, Annali della Pubblica Istruzione,1/2.

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Va in questa direzione, per esempio, l’OCSE, che nell’ambito del programma DeSeCo2 si riferisce alla nozione di competenza come ad una nozione nella quale intervengonodiverse componenti: «Fronteggiare efficacemente richieste e compiti complessicomporta non solo il possesso di conoscenze e di abilità, ma anche l’uso di strategie e diroutines

necessarie per l’applicazione di tali conoscenze e abilità, nonché emozioni eatteggiamenti adeguati e un’efficace gestione di tali componenti»3.Possiamo, dunque, riferirci ad un approccio secondo il quale la messa in opera di unacompetenza mobilita tre componenti soggettive: le conoscenze, le abilità e ledisposizioni interne stabili4. Le prime corrispondono al sapere5 e sono per lo più dinatura dichiarativa. Per quanto riguarda i bambini della scuola dell’infanzia essecomprendono i fatti e le idee acquisite attraverso l’osservazione, l’ascolto ol’esperienza: per esempio sapere che la giornata scolastica è scandita da certe routine,conoscere i nomi di alcuni numeri, riconoscere alcune figure geometriche elementariecc.. Le seconde corrispondono al saper fare ossia a conoscenze di tipo procedurale. 

Esse  vengono usate per designare la capacità di utilizzare le proprie conoscenze incompiti abbastanza semplici: per esempio operare classificazioni o ordinamenti,riprodurre sequenze di azioni linguistiche o operative ecc. Infine, le disposizioni internepossono essere assimilate all’espressione saper essere. Si riferiscono a caratteristichepersonali di tipo motivazionale, sociale e affettivo: il grado di interesse e dipartecipazione alle attività, il tipo di risposta emotiva di fronte ali eventi ecc.È interessante osservare che in questo modo di intendere le competenze, è implicito ilriferimento ad esse come “conoscenze in uso”. Una competenza si rende cioè manifestaattraverso la mobilitazione di altre conoscenze, siano esse dichiarative (come nel caso

dei saperi legati ai campi di esperienza) o procedurali (come nel caso delle abilità). Diconseguenza, in generale, né la padronanza di conoscenze, né l’esercizio di specificheabilità possono, di per sé, generare competenza, a meno che il soggetto sia motivato e siimpegni a mobilitare le conoscenze e le abilità corrispondenti in una situazione che lesolleciti. Più specificatamente, la situazione che per il bambino dovrebbe esseredebitoria dell’uso delle proprie conoscenze e abilità è di tipo indefinito o, almeno,variabile. Ci si aspetta, cioè, che la stessa competenza, per il fatto di essere tale, simanifesti in situazioni differenti. Il che rende la competenza un concetto che trattiene insé anche il carattere di trasversalità. Nessuna risorsa (conoscenza o abilità), cioè,appartiene esclusivamente ad una competenza specifica, potendo essere mobilitataanche da altre. Al contrario, ciò è condizione necessaria perché essa possa essereutilizzata in diversi contesti e in diversi momenti, in risposta a diverse situazioni eintenzioni. In sintesi, il possesso di una competenza implica, da parte del soggetto, nonsolo la capacità d’uso delle risorse interne disponibili (le conoscenze e le abilitàpossedute fino a quel momento), ma anche il loro trasferimento in contesti (compiti osituazioni) diversi da quelli in cui quelle conoscenze e quelle abilità sono state

2 Definitions and Selection of Competencies: Theoretical and Conceptual Foundations.3 Scalera V. (2000), Il progetto Ocse/Pisa, in Istituto nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione (Cede). Ricerche valutative internazionali 2000, Milano, FrancoAngeli, 2001. 4 Questo approccio è sostenuto in Pellerey M., Le competenze individuali e il portfolio, Firenze, la Nuova Italia, 2003,pp. 67-73.5 Frabboni F., Manuale di didattica generale, Roma-Bari, Laterza, 1992.

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originariamente apprese.L’idea che una competenza implichi il trasferimento di conoscenze e abilità è, d’altraparte, in linea con la tendenza psico-pedagogica di interpretarla come unapprendimento di livello gerarchicamente elevato. Lo stesso Dewey,6 avverte che

l’educazione e la formazione non si situano a livello dei soli contenuti, ma al livellosottostante del processo di formazione di abiti, attitudini e interessi permanenti, cioè diabitudini durevoli (mentali ed emotive), che si formano “nascostamente” e che possonoessere messe in atto in diverse situazioni. Questa interpretazione, collima in larga partecon la distinzione di Bateson7 di diversi livelli logici dell’apprendimento. Nellaclassificazione ipotizzata da Bateson, infatti, il livello gerarchico più elevato, il livellodue, detto deuteroapprendimento, corrisponde all’apprendimento di abitudini mentalidurature e trasferibili. Nei livelli inferiori (livello zero e livello uno, o

 protoapprendimento) troviamo, rispettivamente, l’apprendimento di contenuti el’apprendimento di abilità.8 Infine, possiamo rintracciare una concordanza tra l’idea di

competenza che stiamo avanzando e quella di comprensione9 gardneriana. Lacomprensione, secondo Gardner, rappresenta l’obiettivo fondamentale dell’azione diinsegnamento. Essa si realizza quando il soggetto accede a conoscenze e abilità appresiin un certo contesto e le utilizza in un contesto nuovo. Dunque la comprensione, anzichéessere inglobata come processo cognitivo nel concetto di competenza, coincide con lapossibilità stessa dell’esercizio di questa.In base a quanto abbiamo affermato, il concetto di competenza implica il coordinamentodi risorse interne (conoscenze, abilità e disposizioni interne) che devono esseremobilitate, cioè “trasferite” in relazione ad un compito che ne solleciti l’utilizzazione.

La competenza viene dunque intesa come la capacità di un soggetto, sostenuto dadisposizioni motivazionali e affettive positive, di trasferire/orchestrare/mobilitare leproprie conoscenze, le proprie abilità e le proprie attitudini per affrontare efficacementeun compito. In particolare, queste metafore (trasferimento, orchestrazione,mobilitazione) insistono su tre fattori fondamentali: 1. la disponibilità di un corpus diconoscenze, anche informali, e abilità da far agire; 2. la necessità di un adattamentodelle proprie risorse al compito; 3. l’esistenza di una situazione, normalmente unasituazione problematica, sufficientemente inedita da affrancare il soggetto dallaripetizione, ma allo stesso tempo abbastanza familiare da consentirgli l’utilizzazionedelle conoscenze e delle abilità possedute. Come è facile intuire, ciascuno di questifattori suggerisce anche indicazioni sulle condizioni di possibilità di sviluppo e diesercizio della competenza nella scuola dell’infanzia. Ciò a patto di giustificareteoricamente l’incidenza di questi fattori sull’apprendimento.

1.2. La competenza come mobilitazione. Principi psicopedagogici

6  Dewey J., Come pensiamo, Firenze, La Nuova Italia, 1986. 

7  Bateson G., Verso un’ecologia della mente, Milano, Adelphi, 1997. 

8  Per una trasposizione in ambito didattico della teoria dei livelli logici dell’apprendimento di Bateson si veda

Baldacci M., Una scuola a misura d’alunno, Torino, Utet, 2002, e, dello stesso autore, Ripensare il curricolo, Roma,

Carocci, 2006. 9  Gardner H., Educare al comprendere, Milano Feltrinelli, 1993; Id., Educazione e sviluppo della mente, Trento,

Erickson, 2005. 

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Nel seguito riferiremo pertanto dei principi teorici di tipo prevalentementepsicopedagogico che all’interno del discorso didattico possono essere assunti pergiustificare una concettualizzazione della competenza coerente con i fattoricaratteristici. È infatti in base ai principi scelti all’interno di una teoria che “ha senso”

un certo modo di pensare la competenza. La scelta, nel nostro caso, cade su unorientamento di stampo cognitivista. La ragione risiede in un criterio meramentefunzionale: tale prospettiva ci sembra particolarmente produttiva al fine di una lettura inchiave didattica, ossia della individuazione di condizioni e prassi per lo sviluppo dellacompetenza in àmbito scolastico.Supponiamo di accettare di descrivere la competenza come mobilitazione. Per rendereoperativa questa descrizione, tuttavia, dovremmo disporre di una teoria cognitiva dellamobilitazione dalla quale dedurre le condizioni per insegnare ai bambini a “sapermobilitare”. Sebbene non disponiamo di una simile teoria, l’evidenza empirica ci inducea ritenere che non esista un “saper mobilitare” universale, o astratto, indipendente dalle

determinazioni specifiche della situazione e del soggetto che agisce al suo interno o taleda configurarsi come la risposta ad una situazione-stimolo. Se così fosse, per ottenerecomportamenti competenti sarebbe sufficiente allestire didatticamente situazioni che nerichiedano l’esercizio. In altre parole, la mobilitazione sembra non corrispondere, percosì dire, ad un’abilità intrapsichica, bensì essa deve essere “educata”, e questaconsiderazione ci obbliga a formulare un’ipotesi plausibile circa la sua educabilità.Possiamo infatti supporre, non del tutto a torto, che l’incertezza su come educare allamobilitazione finisca per legittimare la riduzione di un approccio didattico percompetenze all’insegnamento diretto delle conoscenze e delle abilità, essendo queste

ultime percepite comunque come utili allo scopo. La domanda allora è: come sicostruisce la competenza?Facciamo l’ipotesi che imparare a “mobilitare le proprie risorse” riguardi la possibilitàdel bambino di costituire schemi d’azione progressivamente più ampi e complessi. Unatale ipotesi è coerente con l’assimilazione del concetto di competenza a quello dihabitus. In questo senso, acquisire competenze significa divenire capaci di assumere unabito mentale o, come si dice, una   forma mentis, che si dà come modalità specifica diinterazione con l’ambiente esterno. Ora, se ci riferiamo alla concezione di habitus proposta da Bourdieu nel saggio Per una teoria della pratica, esso è concepito come«sistema di disposizioni durature e trasferibili che, integrando tutte le esperienzepassate, funziona in ogni momento come matrice delle percezioni, delle valutazioni edelle azioni, e rende possibile il compimento di compiti infinitamente differenziati,grazie al trasferimento analogico di schemi che permettono di risolvere i problemiaventi la stessa forma».10 Dunque, è nei termini dell’assemblaggio di schemi d’azione inrapporto alla pratiche che è possibile concepire la mobilitazione di risorse individuali acui affidare l’esercizio della competenza.Potremmo anche dire, in ultima analisi, che una competenza è un’orchestrazione tacitadi schemi. Gli schemi cui si fa riferimento sono “schemi di azione” nel senso definito daPiaget (per il quale uno schema è la struttura invariante dell’azione. Esso permane nel

10 Bourdieu P. (2003), Per una teoria della pratica, Milano, Raffaello Cortina, ed. or. 1972, p. 211.

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caso delle ripetizioni, si consolida con l’esercizio e si applica a situazioni che siriferiscono alla stessa struttura). Vergnaud11 rielabora l’idea piagetiana e definisce unoschema operatorio come un’organizzazione invariante dell’attività per una classe disituazioni date. Non si tratta, dunque, di un’azione, ma di un “modello di azione”

capace di sostenere e di guidare ogni altra azione particolare. Costruire competenzaimplica pertanto, in questo caso, un progressivo organizzarsi e stabilizzarsi di “schemidi azione”.L’ipotesi che abbiamo formulato sembra rispondere efficacemente anche ad un’altraevidenza empirica della competenza. Durante le prassi didattiche, infatti, siamo solitiinterpretare il comportamento competente di un bambino sia come padronanza rapida esicura nelle situazioni più ricorrenti, sia come coordinamento e differenziazione dellesue risorse personali per fronteggiare situazioni nuove. Per esempio interpretiamo comecomportamento competente il saper quantificare o il saper contare, ma anche il saperrisolvere situazioni problematiche di diverso tipo (aritmetico, geometrico, logico,

probabilistico ecc.). In altri termini, siamo soliti riconoscere la competenza tanto in unamobilitazione rapida e immediata, pressoché automatica, quanto in una mobilitazioneche, al contrario, richiede tempo, sforzo, valutazione, decisione. Questa circostanzacorrisponde al fatto che nel processo di assemblaggio di schemi più semplici in schemipiù complessi, i primi si stabilizzano progressivamente dando luogo a comportamentiautomatici, ossia a mobilitazioni riflesse. Di più. Anche le azioni suscettibili diragionamenti espliciti, decisioni, prove ed errori, possono gradualmente divenireautomatiche trasformandosi per incasellamenti successivi, seppur non necessariamentesecondo una progressione lineare, in schemi più complessi. Un esempio per chiarire.

La capacità di ciascuno di noi di guidare un’automobile corrisponde in gran parteall’esercizio di una competenza in cui la mobilitazione di risorse cognitive (laconoscenza del veicolo, del funzionamento delle sue parti, dei segnali stradali, lapercezione delle distanze e della velocità ecc.) è pressoché automatica. Tuttavia, quandocercavamo di imparare a guidare, pur disponendo di conoscenze sufficienti, ci siamodimostrati impacciati e incerti a causa della mancata disponibilità di schemi d’azionestabilizzati e compiuti, pronti ad essere mobilitati con rapidità e sicurezza. Al contrario,anche supponendo di fare molta pratica, non è affatto scontato che diveniamo tanto abilida competere da campioni alla guida di una monoposto su un circuito di Formula uno.In altre parole, ciò che in un certo momento corrisponde ad uno schema complesso,compiuto e stabilizzato e che dà luogo ad una mobilitazione riflessa, in un momentoprecedente dell’apprendimento corrisponde ad un insieme di schemi non ancoraorganizzati in un modello d’azione.Allo stesso modo, la capacità di conteggio di un bambino di tre o quattro anni, peresempio, si configura come una competenza in quanto richiede il coordinamento diconoscenze (il carattere ricorsivo dei numeri, i nomi dei numeri ecc.) e di abilità(l’associare a ciascun oggetto una e una sola parola numero, applicare il principio di

11 Vergnaud G. (1990), La théorie des champs conceptuels,  Recherches en Didactique des Mathématiques, 10, 23,133-170; Id. (1994), Le rôle de l’enseignant à la lumière des concepts de schème et de champ conceptuel, in ArtigueM. et al., Vinght ans de didactiques en France, Grenoble, La Pensée Sauvage, pp. 177-191.

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invarianza dell’ordine ecc.), cioè come un’azione suscettibile di percezioni, valutazioni,prove ed errori. Già in seconda elementare la stessa capacità di conteggio si configurainvece come una competenza stabilizzata e riflessa pronta ad essere inglobata in unacompetenza più complessa. Per esempio, la risoluzione di semplici situazioni

problematiche di tipo aritmetico.In sintesi, la competenza assume l’andamento di uno schema complesso che dà luogo aduna mobilitazione istantanea, quando è compiuto e stabilizzato; mentre richiederiflessione, deliberazione interiore, ricorso ad aiuti esterni di cose o persone (si pensiallo scaffolding caratteristico della zona di viluppo prossimale vigotskijana) quando nonlo è.

1.3. Sviluppare competenza. Come si educa la mobilitazione.

Veniamo alle condizioni di educabilità della mobilitazione. Procederemo cercando di

derivare logicamente tali condizioni dall’idea di competenza, così come l’abbiamodelineata fin qui. Ne segnaliamo due, tra altre possibili, in quanto più direttamentecollegate ad offrire orientamenti per la pratica didattica.La prima condizione riguarda il tipo di situazioni didattiche che consentonoeffettivamente lo sviluppo e, quindi, l’esercizio di competenza da parte del bambino.Per quanto ovvia, questa condizione va ribadita, dato che spesso assistiamo allaproposta di situazioni che sebbene vengano allestite per lo sviluppo di competenze,consistono in tipologie di compiti che, di fatto, non richiedono quella mobilitazione dirisorse interne (cognitive, motivazionali e affettive) caratteristica del comportamentocompetente.Per quanto riguarda la matematica, la competenza relativa alla risoluzione di problemi costituisce, in questo senso, un esempio eloquente. Sono molte le occasioni, infatti,nelle quali la proposta di situazioni problematiche (che sono tali se sonosufficientemente nuove e sfidanti per il livello di apprendimento dei bambini cui sonorivolte), si riduce allo svolgimento di compiti noti ai quali associare una certa sequenzadi azioni anch’essa nota compromettendo, così facendo, la possibilità di coltivare quelleabitudini mentali delle quali è costituita la competenza. Beninteso, da un punto di vistacurricolare, la proposta di compiti di tipo riproduttivo è tanto legittima quantoauspicabile, a patto, però, di finalizzarla consapevolmente all’apprendimento ci

conoscenze o abilità procedurali, piuttosto che direttamente allo sviluppo dicompetenze. Di più. La competenza relativa alla risoluzione di problemi èevidentemente “invisibile” fino a che non si sia specificato quale problema, di qualelivello di difficoltà o in quale dominio di sapere si colloca; cioè fino a quando, indefinitiva, non si sia dato il contesto all’interno del quale se ne richiede l’esercizio.Quest’ultimo, quindi, non rappresenta la competenza in sé (che avrebbe avuto diversaattualizzazione in un diverso contesto) ma un indicatore di quella. L’attenzioneall’allestimento di situazioni didattiche adeguate allo sviluppo della competenza, quindi,è anche il presupposto per la loro osservazione e valutazione. Nel caso specifico

dell’educazione matematica alla scuola dell’infanzia, occorre fare riferimento a“compiti” che non siano di sicuro successo, ma tali da comportare l’uso delle

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conoscenze e delle abilità possedute (di qualunque livello esse siano) e l’attivazione distrategie da parte dei bambini.La seconda condizione riguarda la trasferibilità delle conoscenze e attiene il carattere ditrasversalità delle competenze. Una delle difficoltà legate al loro sviluppo, infatti,

riguarda il processo di decontestualizzazione e ricontestualizzazione delle conoscenze edelle abilità, come se ogni conoscenza e abilità restasse in qualche modo “prigioniera”del contenuto nel quale è stata acquisita, il che non la renderebbe disponibile all’uso inaltri contesti. Al contrario, pur essendo più o meno generali, le competenzepresuppongono il trasferimento di conoscenze e, dunque, si configurano come“trasversali”, seppure a volte si tratti solo di una trasversalità di tipo “locale”, ossiainterna ad un ambito di attività specifico, per esempio un certo campo di esperienza. Inquesto senso, lo sviluppo delle competenze può essere ricondotto a quello della capacitàdi transfer  di conoscenze e abilità.   L’educazione alla trasferibilità delle conoscenze costituisce, allora, la seconda condizione. L’assunto implicito consiste, evidentemente,

nel riconoscere che la trasferibilità è educabile, o, detto diversamente, che essa non èdirettamente e spontaneamente determinata dal possesso di conoscenze e abilità.

1.4. Competenze e progettazione curricolare

Discutiamo ora due ricadute didattiche di questo modo di concepire lo sviluppo dellacompetenza relative alla progettazione curricolare.In base a quanto abbiamo sostenuto, possiamo rileggere la differenziazione curricolaretra conoscenze, abilità e competenze in rapporto alla nozione di schema giacché, inquesta prospettiva, esso ne risulta il comune denominatore. In particolare, il rapporto traquesti tre diversi livelli logici dell’apprendimento12 (Baldacci, 2006) può essere letto neitermini dei progressivi (benché non lineari) assemblaggi di schemi più semplici inschemi più complessi. Ciò porta a discutere sulla disponibilità, il grado di generalità el’accessibilità di conoscenze già apprese o invia di apprendimento, dato che conoscenzee competenze si sviluppano in modo collaterale (Baldacci, 2006).Dal punto di vista curricolare, la questione è tutt’altro che irrilevante. Nellaprogettazione del curricolo, infatti, si è soliti articolare gli obiettivi formatividistinguendo tra conoscenze, abilità e competenze. Per esempio, in un certo momentodell’anno scolastico si possono far corrispondere gli obiettivi specifici a certi livelli di

padronanza di conoscenze e abilità e gli obiettivi generali a certi livelli di competenze.Questa articolazione intende sottolineare la differenza, dal punto di vistadell’apprendimento, tra conoscenze dichiarative, procedurali e condizionali. Tuttavia,essa potrebbe indurci, erroneamente, ad un’organizzazione linearizzata delle attivitàdidattiche nella quale le competenze vengano sviluppate solo dopo aver assicurato lamassima padronanza degli altri due livelli di apprendimento: le conoscenze e le abilità.Al contrario, sebbene l’esercizio di un certo livello di competenza richieda una qualchepadronanza di conoscenze e abilità, esso rimane pur sempre il risultato, magariapprossimativo, dell’attivazione di schemi complessi i quali, o sono costruiti “in

situazione”, come tentativo di affrontare efficacemente il compito a partire12 Baldacci M. (2006), Ripensare il curricolo, Roma, Carocci.

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dall’attivazione delle conoscenze e delle abilità già possedute (e che funzionano daschemi più semplici), o rischiano di non essere costruiti affatto.Ciò è molto evidente nell’acquisizione di competenza nell’àmbito della risoluzione diproblemi. È facile intuire che si tratta di una competenza non raggiungibile attraverso il

solo svolgimento di compiti di tipo riproduttivo. Sebbene al bambino sia indispensabileuna sufficiente padronanza delle conoscenze e delle abilità connesse al problema, la suarisoluzione dipende piuttosto dal saperle coordinare e ciò richiede, ancora una volta, dicompiere valutazioni, inferenze, generalizzazioni, analogie. Tutte operazioni, queste,alle quali occorre educare in quanto corrispondenti a mobilitazioni, ossia allacostruzione di schemi complessi, e ciò è possibile solo facendo agire i bambininell’àmbito di situazioni effettivamente problematiche.Per questa via è possibile anche distinguere diversi livelli di complessità, o “ampiezza”delle competenze. Se infatti pensiamo una competenza come orchestrazione di uninsieme di schemi, allora schemi d’azione elementari o che implicano un livello

modesto di integrazione di elementi conoscitivi e pratici potranno essere intesi comecompetenze elementari. Si pensi, per esempio, alla capacità di individuare un percorsoper andare da A a B. Viceversa, competenze di una certa complessità che richiedono unlivello elevato di elementi conoscitivi e pratici comporteranno la mobilitazione di piùschemi di percezione, di valutazione e di pensiero che implicheranno inferenze,trasposizioni analogiche, generalizzazioni, ricerca di informazioni pertinenti,formulazione di una decisione o altro. Si pensi, per esempio, alla capacità di effettuareun percorso vincolato a partire dalla lettura di una mappa simbolica.La seconda considerazione discende direttamente dalla prima e riguarda la tipologia di

situazioni didattiche alle quali affidare lo sviluppo della competenza. Alla luce diquanto abbiamo detto, poiché gli schemi per la mobilitazione di differenti risorsecognitive si sviluppano e si stabilizzano mediante la pratica, anche la competenza sicaratterizza essenzialmente come sapere pratico, nel senso di un’organizzazione cheemerge dall’esperienza e per la quale sono necessari elementi conoscitivi e procedurali.Dal punto di vista didattico, è ragionevole supporre che tale organizzazione si costruiscagrazie al ripetersi delle azioni in diverse situazioni (che, come tali, presuppongonoconoscenze diverse) e ad una sorta di “riflessione” sulle loro caratteristiche, per quantopossibile con bambini di tre-cinque anni. per esempio dopo un’attività ci si puòchiedere: che cosa abbiamo fatto? che cosa sarebbe successo se avessimo agito in unaltro modo? è stato facile o difficile affrontare il compito? come altro potevamo fare?ecc. ciò richiede al bambino di compiere inferenze, valutazioni, prendere decisioni ecc.che si danno come indizi esterni di mobilitazioni interne. In breve, non solo situazioni aforte valenza pratica, ma anche aperte, sfidanti, ridondanti e sovrabbondanti. In altritermini, e in analogia all’interpretazione della competenza come orchestrazione dischemi di azione, le pratiche connesse al suo sviluppo implicano l’orchestrazione di esperienze di concettualizzazione, di acquisizione di conoscenze, di esercizio di abilità,di riflessione critica. Non solo. Il carattere reiterato e “orchestrato” dell’insieme delleesperienze da promuovere didatticamente suggerisce il riferimento, anziché a situazioni

a sé stanti, a “famiglie di situazioni.” Questa nozione, vicina a quella di campoconcettuale introdotta da Vergnaud (1990), consente, dal punto di vista didattico, di

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disporre di criteri per la progettazione curricolare delle attività: in particolare, quello chechiameremo della “rete semantica” e quello dell’“analogia”.Immaginiamo di costruire una serie di situazioni afferenti al medesimo campoconcettuale, per esempio, i numeri o la misura. Ciò comporta, sebbene a livello

implicito, la connessione ad una certa rete, più o meno estesa a seconda del grado diavanzamento dell’attività, di concetti, conoscenze, procedure. In quanto appartenentialla stessa “famiglia”, tali situazioni identificano un medesimo spettro conoscitivoall’interno del quale mobilitare le risorse. Inoltre esse possono essere organizzatesecondo gradi diversi di analogia: da situazioni che presentano una sostanziale identitàdi struttura logica a situazioni del tutto inedite. Se le situazioni sono simili, per l’allievosarà più facile il riconoscimento e più facile l’adattamento dello schema; se invece sonodiverse, esigeranno una più profonda trasformazione dello schema. In sintesi, l’analogiafra situazioni induce sia la ripetizione degli schemi d’azione in contesti noti, sial’adattamento e l’invenzione in contesti sufficientemente inediti da non rendere

disponibile la ripetizione.  Di più. Questo adattamento, nel quale rintracciamo latrasversalità del sapere della competenza, è tanto più probabile quanto più la situazionepresenta una difficoltà o un ostacolo. Il che rinvia non solo a famiglie di situazioni, ma afamiglie di situazioni sfidanti, progressivamente più complesse e inedite.La questione è cruciale. Se, com’è ovvio, le competenze del bambino sono il risultatodelle situazioni in cui gli càpita più sovente di trovarsi, allora il problema riguardaprioritariamente la messa informa didattica dei saperi. In linea con una prospettiva distampo costruttivista, le situazioni didattiche saranno tanto più adeguate quanto piùfunzioneranno da “sistemi antagonisti”, ossia quanto più agiranno come contesti che

impongono aleatoriamente la coniugazione di ripetizione e variazione

1.5. Le competenze matematiche

e considerazioni precedenti ci permettono di circoscrivere l’idea di competenza.Tuttavia ci chiediamo: quando una competenza può dirsi disciplinare o relativa ad uncampo di esperienza specifico? In quanto “competenza”, quella disciplinare trattiene insé qualche cosa di “generale” (che riguarda in senso a-disciplinare l’idea stessa dicompetenza) e qualche cosa di specifico (che riguarda l’ambito di attività all’interno delquale essa viene riferita).

La competenza disciplinare è tale in quanto si sviluppa nell’àmbito di uno specificodominio (per noi il campo di esperienza della matematica) attraverso compiti che nepresuppongono le conoscenze e ne riflettono la specifica modalità di pensiero. Essarappresenta cioè il repertorio di conoscenze, abilità e disposizioni interne che riteniamodi dover fare acquisire in un certo àmbito e che riflette, in senso sia oggettivo siasoggettivo, il valore formativo della disciplina. Dal punto di vista didattico, dunque,possiamo far dipendere il significato di competenza disciplinare dalle caratteristichedello specifico sapere. D’altra parte, l’insegnamento di una disciplina consiste (odovrebbe consistere) proprio nella sua acquisizione come forma di cultura, come

prospettiva conoscitiva o, per dirla con Bruner, come “utensile” intellettuale perinterpretare e agire nella realtà. Questo è possibile, tuttavia, a patto di una trasposizione

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autentica della disciplina, capace di rifletterne la natura epistemologica e il sensoformativo.

Dobbiamo dunque innanzitutto interrogarci sulla disciplina, su quali sono le suecaratteristiche, come sono relazionate tra loro, quali sono le pratiche che vale la pena

insegnare e apprendere. La possibilità di rispondere a queste domande comporta che lecompetenze siano pensate congiuntamente all’oggetto da studiare, il che equivale asostenere che un modello delle competenze disciplinari presuppone l’assunzione di unmodello epistemologico della disciplina.

Se come modello epistemologico della disciplina assumiamo, intuitivamente, ilsistema logicamente organizzato dei suoi oggetti, dei suoi metodi e dei suoi linguaggi,allora potremmo caratterizzare il sistema di competenze relativo al campo di esperienzamatematico in senso contenutistico, linguistico e metodologico: ciò significaindividuare, rispettivamente, le competenze relative alla padronanza e all’uso di concettie regole; all’uso rappresentativo e comunicativo di codici e registri linguistici diversi;

all’adozione progressivamente più evoluta di schemi mentali e di strumenti intellettualiper la costruzione di nuove conoscenze.

L’adesione ad un modello epistemologico della disciplina determina, diconseguenza, anche un’opzione curricolare che ruota intorno a nuclei tematici

 fondamentali, ossia ad oggetti, modi di operare e principi che strutturano la disciplinain senso storico-epistemologico, e che contemporaneamente ne supportanol’apprendimento in senso psicologico-didattico.

Dal punto di vista operativo, organizzare curricolarmente la disciplina secondocriteri di essenzializzazione significa individuare aree tematiche omogenee e unitarie,

saperi-chiave rappresentativi delle strutture concettuali e metodologiche delladisciplina. Classicamente, per il campo di esperienza matematico: i numeri, lo spazio,la misura, la probabilità, la logica, i problemi. Tuttavia, è utile osservare che ciò nonsignifica necessariamente far corrispondere il repertorio delle competenze a quello deisuoi nuclei fondamentali, pur essendo le competenze disciplinari complessivamentecomprensive del riferimento ad essi. I nuclei non si insegnano come si insegnerebberodelle nozioni. In quanto corrispondono alle dimensioni epistemologiche della disciplinaessi sono piuttosto funzionali ad esprimerne il “senso”, come specifica modalità dileggere e interpretare la realtà. Da questo punto di vista, l’organizzazione curricolare(dei saperi e delle competenze) in direzione epistemologica si fa strumento dicoordinazione pluridimensionale della componente epistemologica e didattica delladisciplina.

L’attributo “disciplinare” associato al termine competenza, dunque, allude a qualchecosa di definito dalla disciplina stessa: è proprio in base alle caratteristiche del saperematematico, infatti, che è possibile individuare il significato di “competenzamatematica”. D’altra parte, l’educazione matematica consiste (o dovrebbe consistere)proprio nell’acquisizione della disciplina come forma di cultura, come prospettivaconoscitiva per interpretare e agire nella realtà. Questo è possibile, tuttavia, a patto diuna trasposizione autentica della disciplina, capace di rifletterne la natura

epistemologica e il senso formativo.A titolo esemplificativo, se individuiamo i nuclei tra le componenti correlative

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dell’epistemologia della disciplina, ossia tra oggetti, linguaggi e metodi, allora tra lecompetenze di carattere contenutistico possiamo segnalare: la capacità di comprenderee utilizzare concetti; di riconoscere proprietà invarianti, analogie e differenze tra oggettie situazioni differenti; le competenze di carattere linguistico, invece, concernono l’uso

del linguaggio matematico, dapprima intuitivo e del tutto interno alla lingua naturale,poi progressivamente più consistente ed esplicito attraverso l’uso di diversi codici(verbale, simbolico, figurale, grafico, ecc.). Infine, tra le competenze di caratteremetodologico si possono segnalare: la costruzione di significati secondo procedimenti ditipo induttivo o deduttivo; la individuazione degli elementi caratterizzanti un problema;il riconoscimento degli elementi di essenzialità di una situazione oggetto diosservazione; la formulazione di strategie risolutive di differenti classi di problemi ecc.

Osserviamo, a margine, che queste specificazioni attributive corrispondono ad unapossibile categorizzazione “orizzontale” delle competenze matematiche (nel senso che aciascuna specificazione si riconosce il medesimo valore da un punto di vista formativo).

Ciascuna di tali specificazioni dovrebbe essere declinata poi in direzione “verticale”, nelsenso di individuare, secondo criteri di progressività, competenze adeguate ai processidi apprendimento dei bambini di diverse età. Nel concreto dell’azione didattica, infatti,il riferimento non è a competenze “assolute”, ma solo a competenze “relative”, cioè a“livelli di competenza” di volta in volta adeguati ai soggetti e ai contesti. Ciò dipende,ancora una volta, dal carattere complesso delle competenze matematiche (ma ingenerale delle competenze disciplinari) per le quali, almeno nella scuola del’infanzia,non è opportuno stabilire univocamente indicatori e soglie di padronanza.

In direzione epistemologica si muove anche Juan Godino13 il quale lega la

corrispondenza tra caratteristiche del sapere e competenze matematiche a tre aspettidistinti.

1. La matematica è un’attività umana che implica la soluzione di problemi. Glioggetti, le tecniche, le regole e le loro giustificazioni evolvono a partire dalla ricercadi soluzioni a problemi che, quindi, costituiscono un dispositivo epistemologicogenerativo della stessa disciplina. Analogamente, saper porre e risolvere problemi rappresenta una specifica competenza matematica che richiede, oltre allapadronanza di diversi contenuti e l’esercizio di differenti abilità (applicative ostrategiche) anche la messa in atto di disposizioni interne (atteggiamentimotivazionali e affettivi) che consentano all’allievo, negli anni, di accedere,utilizzare e controllare le proprie risorse.2. La matematica utilizza diversi codici linguistici (quello della lingua naturale,quello figurale, quello simbolico) a scopo sia comunicativo, sia strumentale.Analogamente, saper utilizzare i mezzi linguistici matematici come una modalitàrappresentativa e comunicativa corrisponde ad una competenza matematica difondamentale importanza per poter pensare e agire matematicamente.3. La matematica è un sapere costituito da un sistema regole organizzato in modoformale, logico e unitario. Analogamente, comprendere  e saper utilizzare regole,sapersi muovere all’interno dei paradigmi da queste definiti, esprime una precisa

13 Godino D. J. (2002), Competencia y comprensión matemática: Qué son y como se consiguen?, Uno, 29, -9.Una traduzione in italiano è apparsa su La matematica e la sua didattica, 1, 2003, 4-16.

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competenza matematica, utile a collocare in maniera pertinente oggetti e probleminell’ambito di certi domini conoscitivi.In sintesi, sulla base dell’analisi offerta da Godino, è possibile in generale

individuare almeno tre diverse tipologie di competenze matematiche: le competenze

legate alla componente “pratica” dell’attività matematica, relativa ai problemi e alleprocedure per la loro soluzione; le competenze legate alla componente “teorica” dellamatematica, relativa ai sistemi di regole e, laddove è possibile, di giustificazioneformale; infine le competenze legate alla componente “linguistica” della matematica,relativa all’uso dei diversi registri del linguaggio matematico. Tali componenti, cheevidentemente trovano una diversa formulazione nei diversi ordini scolastici,suggeriscono comunque, anche per la scuola dell’infanzia, un’aderenza dellatrasposizione didattica del sapere matematico alla disciplina. Aderenza espressaoperativamente, dal nostro punto di vista, dall’individuazione dei nuclei fondamentalidella disciplina sui quali articolare il percorso curricolare.

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PARTE II

TRAGUARDI DI APPRENDIMENTO RELATIVI AI DIVERSI NUCLEI FONDANTI CON ALCUNIINDICATORI GENERALI DI PROGRESSIVITA’

In questa parte si analizza come declinare alcuni esempi di competenze generali inobiettivi specifici relativi ai nuclei fondanti della Matematica, che verranno poi ripresinella terza parte con esempi concreti di Situazioni Didattiche. Ovviamente nonriteniamo esaustivo l’elenco delle competenze generali presentate: intendiamo offrirealcune possibili tracce di lavoro, che a nostro avviso sembrano più significative.

 NUMERI 1.  Competenza generale

Sa classificare, raggruppare e quantificare una raccolta di elementiObiettivi specifici

-  Saper riconoscere uguaglianze tra due oggetti o persone (ha lo stesso colore,stessa forma, stessa età,….)-  Saper costruire raccolte di oggetti (insiemi) con una caratteristica di uguaglianza-  Saper individuare se un oggetto appartiene o no ad una raccolta data-  Saper mettere in corrispondenza oggetti tra due insiemi (relazioni)-  Saper riconoscere uguaglianze tra tre oggetti-  Saper riconoscere la caratteristica utilizzata in una raccolta (insieme) data-  Saper raggruppare in base al possesso o alla mancanza di un attributo-  Saper stabilire relazioni tra due raggruppamenti-  Saper riconoscere insiemi equipotenti (in relazione biunivoca)-  Saper raggruppare per due, per tre, per quattro….

-  Saper raggruppare gli stessi oggetti (da due a cinque) per più caratteristiche, ericonoscere nell’insieme dato la caratteristica del raggruppamento

-  Saper esprimere verbalmente con un numero la numerosità di un insieme-  Saper utilizzare i simboli numerici fino a…-  Saper rappresentare correttamente il numero

OsservazioniIl saper riconoscere l’uguaglianza tra due e tra tre oggetti sono stati distinti in quantoimplicano rispettivamente l’uso implicito da parte del bambino delle proprietàsimmetrica e transitiva: l’insegnante deve però essere consapevole di questo fatto, inmodo da poter presentare al momento opportuno situazioni problematiche adatte

all’obiettivo da raggiungere.Non viene indicato fino a quale numero il bambino debba saper contare perché sial’ambiente in cui il bambino vive sia la frequenza con cui l’insegnante propone attivitàrelative al numero possono far variare in maniera molto ampia questo limite.L’ultimo obiettivo prevede la rappresentazione del numero in quanto punto di arrivo delpercorso, pur non essendo esplicitamente indicato nella competenza. Riteniamo che tuttii percorsi relativi al numero debbano portare a una simbolizzazione e lettura dei numeristessi, anche se siamo consapevoli del fatto che non tutti i bambini sono in grado diraggiungere gli stessi livelli con gli stessi tempi. Vogliamo soltanto ricordare alcune trale innumerevoli occasioni in cui il bambino è chiamato ad occuparsi di numeri: iltelecomando della televisione che lui usa, il telefono cellulare di chi gli è vicino, le etàdei parenti ed amici più prossimi, le pubblicità e le insegne che vede per strada o intelevisione. Si deve a nostro avviso rivalutare fortemente il ruolo dell’extrascuola, per

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evitare di annoiare i bambini proponendo situazioni di gioco poco stimolanti edinteressanti.

2.  Competenza generale

Sa eseguire ordinamenti, quantificazioni e rappresentazioni di esseObiettivi specifici-  Riconoscere le differenze tra due oggetti (è più lungo, è più alto, è più

pesante….)-  Saper confrontare, ad occhio, piccole raccolte (max sei oggetti) stabilendo

relazioni del tipo: è più numeroso…., ci sono più….., ci sono tanti….. quanti….,contiene di più….

-  Saper rappresentare situazioni concrete utilizzando i quantificatori numerici(uno, pochi, tanti, tanti- quanti, …)

-  Saper seriare cinque-sei oggetti in base ad una caratteristica-  Saper individuare la caratteristica utilizzata in una serie già data

-  Saper fare relazioni del tipo: ne ha uno in più, ne ha uno in meno, hanno lostesso numero

-  Saper mettere in ordine raccolte (max quattro) di oggetti per numerosità (dal piùnumeroso al meno numeroso o viceversa)

-  Saper mettere in ordine i simboli numerici fino al…….-  Saper costruire relazioni transitive-  Saper rappresentare correttamente la sequenza numerica fino al numero…….

OsservazioniI primi obiettivi potrebbero sembrare gli stessi della competenza 1, ma in realtà quimettiamo l’attenzione sugli elementi di disuguaglianza (e non di uguaglianza) necessariper creare una successione. La disuguaglianza consente di operare per seriazione,ordinando una raccolta data ed operando con l’aspetto ordinale del numero.In alcuni obiettivi dove si richiede di ordinare o seriare un certo numero di oggettispecifichiamo il numero perché il bambino possa avere il controllo anche visivo dellasituazione. Nel caso di ordinamento di raccolte per numerosità, il numero indicato èminore in quanto la situazione è più complessa da gestire.

3.  Competenza generale

Riconosce la ricorsività, anche quella numericaObiettivi specifici-  Riconoscere regolarità e ritmi-  Saper riprodurre con il corpo o con i suoni semplici ritmi-  Saper costruire un ritmo dati alcuni oggetti-  Saper individuare l’oggetto ricorsivo in una successione data-  Saper riconoscere l’aspetto ricorsivo nei numeri-  Saper individuare invarianze in successioni date-  Saper rappresentare semplici sequenze

OsservazioniÈ importante nella rappresentazione grafica del ritmo rappresentare anche la pausa; la

pausa nei suoni ha una funzione analoga a quella dello zero nella notazione posizionaledei numeri.

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Inoltre riteniamo utile portare l’attenzione sul fatto che lo tesso brano prestato con unritmo lento o veloce può sembrare molto diverso, quindi è necessario trovare unostratagemma per una sua rappresentazione.

GEOMETRIA

1.  Competenza generale

Localizza oggetti ed effettua spostamenti nello spazio rispetto a se stesso erispetto ad altri oggetti, sa controllare linguisticamente tali operazioni

Obiettivi specifici-  Situarsi ed esprimere la propria posizione in rapporto a se stessi-  Orientarsi nello spazio (sono a destra di…)-  Situare ed esprimere la posizione di un oggetto o di una persona in rapporto a se

stessi (la sedia è davanti a me,…)-  Localizzare ed esprimere l’orientamento di un oggetto o di una persona in

rapporto a se stessi (la sedia e alla mia sinistra,…)

-  Localizzare ed esprimere uno spostamento in rapporto a se stessi (salire,scendere, avanzare, passare dietro a)

-  Descrivere posizioni relative o spostamenti con l’aiuto di indicatori spaziali e inrelazione a riferimenti stabiliti (la poltrona è di fronte alla televisione, a destradi…)

-  Descrivere un ambiente vicino con un vocabolario preciso-  Rappresentare lo spazio di un ambiente vicino (disegno di osservazione, mappa,

plastico)-  Utilizzare riferimenti spaziali-  Collocare oggetti in rapporto ad altri oggetti-  Distinguere dei punti di riferimento per posizionare oggetti nello spazio-  Collocare indipendentemente dalla propria posizione nello spazio un oggetto in

rapporto ad un altro-  Collocare un oggetto in rapporto ad un altro nel piano-  Collocare un oggetto in rapporto ad un altro nello spazio-  Utilizzare un vocabolario preciso

OsservazioniIn questi obiettivi è implicita la Topologia: ricordiamo che sono dicotomie topologichedentro-fuori, linea aperta-linea chiusa, e che sono invarianti topologici l’intersezione,l’appartenenza di un punto, i confini, le regioni, … Contrariamente a quanto si crede

non sono dicotomie topologiche destra-sinistra, vicino-lontano, sopra-sotto, davanti-dietro.Destra-sinistra, sopra-sotto, davanti-dietro sono relazioni spaziali che dipendono dalpunto di vista dell’osservatore: anche su queste relazioni è utile proporre attività,evitando però errori e misconcezioni. È utile a nostra parere per il raggiungimento diquesti obiettivi sollecitare il bambino a immaginare che cosa vedrebbe se si trovasse inaltre posizione (al posto di un compagno, sopra una scala, affacciato ad una finestra,…).In questo modo si avvia, attraverso l’immaginazione, un processo di astrazione.

2.  Competenza generale

Esegue, descrive o rappresenta un semplice percorsoObiettivi specifici

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-  Seguire un percorso descritto oralmente-  Descrivere un percorso compiuto-  Rappresentare un percorso compiuto (plastico, mappa, disegno…)-  Eseguire un percorso seguendo le indicazioni di una mappa-  Dare indicazioni perché un compagno esegua un percorso

OsservazioniL’insegnate deve essere consapevole che per il bambino saper eseguire, descrivereverbalmente, rappresentare su foglio o con un plastico un percorso richiedono abilitàmolto diverse, per cui l’errata rappresentazione grafica di un percorso non implicanecessariamente che egli non abbia fatto propri i concetti topologici o spaziali relativialle attività svolte. Quindi invitiamo a non valutare il bambino dalla rappresentazionegrafica del percorso eseguito.Lo spazio in cui il bambino effettua il percorso è tridimensionale: è pertanto utile primadi passare alla rappresentazione su foglio (bidimensionale) ricreare anchesimbolicamente il percorso in 3D.

Infine il dare indicazioni relativamente ad un percorso che un compagno deve eseguireprevede estrema chiarezza, l’uso di un linguaggio chiaro e decodificabile da parte di chiascolta, la sequenza corretta delle azioni da svolgere: è pertanto un obiettivo di livelloelevato, che non tutti i bambini di cinque anni riescono a conseguire.

3.  Competenza generale

Riconosce, classifica e nomina forme solide presenti nella vita reale (cubo, cono,cilindro, parallelepipedo,…)

Obiettivi specifici-  Riconoscere le forme solide nella vita reale-  Saper classificare le forme solide-  Riconoscere, con il tatto (ad occhi chiusi), le forme solide della vita corrente-  Confrontare tra loro le forme solide e cogliere differenze e analogie-  Memorizzare il nome delle forme solide-  Riconoscere le forme solide qualunque sia la loro dimensione o orientamento

nello spazio-  Classificare le forme solide secondo criteri dati-  Manipolare le forme solide

Osservazioni

Da anni la ricerca in Didattica della Matematica consiglia di introdurre la Geometria apartire dal tridimensionale in quanto l’esperienza che ognuno di noi ha fin dai primianni è appunto in tre dimensioni. Tra l’altro, la manipolazione avviene con oggetti solidie le forme piane si possono ottenere solo con proiezioni opportune di essi.Il riferimento alla presentazione di figure solide orientate in vario modo nello spazioconsente di non creare stereotipi nel bambini e perciò agevola il riconoscimento dellafigura anche in situazioni non standard.

4.  Obiettivo generale

Riconosce, classifica e nomina forme geometriche piane presenti nella vita reale

(quadrato, triangolo, rettangolo, cerchio,…)Obiettivi specifici

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-  Riconoscere le forme geometriche piane nella vita quotidiana-  Riconoscere con il tatto (ad occhi chiusi) le forme geometriche piane-  Confrontare tra loro le forme geometriche piane per individuare differenze ed

analogie-  Memorizzare il nome delle forme geometriche piane (quadrato, triangolo,

cerchio, rettangolo,…)-  Riconoscere le forme geometriche piane qualunque sia la loro dimensione eorientamento nello spazio

-  Classificare le forme geometriche piane-  Classificare le forme geometriche piane secondo criteri dati-  Manipolare le forme geometriche piane

OsservazioniÈ opportuno ricordare che nella realtà siamo soliti considerare piana ogni figura cheabbia la terza dimensione trascurabile o molto ridotta rispetto alle altre due: èastrazione, dal momento che nessun oggetto reale è privo della terza dimensione.

Quando parliamo di manipolazione di figure piane o di loro riconoscimento al tattointendiamo fare riferimento a figure di questo tipo o per lo meno a facce di solidi. Non ècerto necessario esplicitare al bambino questa osservazione, ma è importante chel’insegnante ne sia consapevole, per poter gestire eventuali fraintendimenti.

PROBABILITA’ E STATISTICA1.  Competenza generale

Sa prevedere gli eventi in caso di incertezza e rappresentarliObiettivi specifici-  Saper riconoscere in situazioni di gioco i termini “possibile”, “impossibile”,

“certo”-  Saper comprendere il significato dei termini “possibile”, “impossibile”, “certo”-  Saper utilizzare in maniera appropriata i termini “possibile”, “impossibile”,

“certo”-  Saper riconoscere in condizioni di gioco la maggiore o minore probabilità di un

evento-  Saper comprendere il significato dei termini “è più/meno probabile”-  Saper utilizzare in maniera appropriata i termini “è più/meno probabile”-  Saper riconoscere e comprendere in situazioni ludiche la stessa probabilità di un

evento

-  Saper rappresentare con semplici diagrammi le uscite di un evento-  Saper compiere osservazioni e rilevamenti statistici semplici

OsservazioniSappiamo per esperienza che le insegnanti di Scuola dell’Infanzia ritengono questonucleo difficile da affrontare in quanto pensano richieda l’uso di una Matematica “alta”,che quasi mai viene affrontata durante il corso di studi. In realtà gli obiettivi sono di tipolinguistico e logico-strategico, quindi facilmente raggiungibili da parte dei bambinitramite la ripetizione assidua delle attività proposte accompagnata da domande chesollecitino il ragionamento e la scelta delle strategie di gioco.I giochi relativi alla probabilità, oltre ad essere molto coinvolgenti, possono essere

proposti sin dai tre anni, ovviamente con gli adeguati adattamenti.

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2.  Competenza generale

Sa costruire e rappresentare semplici combinazioni di eventiObiettivi specifici-  Riuscire a scoprire combinazioni proposte mediante semplici giochi

-  Saper rappresentare le combinazioni precedentemente scoperte-  Saper rappresentare le combinazioni di attività di routine-  Saper prevedere quale probabilità di combinazione è più o meno alta

OsservazioniGli obiettivi di combinatoria e probabilità si prestano all’introduzione e all’applicazionedei connettivi logici “e – o – non”, mentre l’implicazione logica “se…, allora…” cisembra essere un obiettivo un po’ troppo elevato per questa fascia di età.Tra i vari modi di rappresentare combinazioni di eventi la tabella a doppia entrata risultaessere uno strumento agile ed efficace. I bambini imparano in tempi rapidi e senzadifficoltà ad usarlo. Utile è anche il grafo ad albero, se non sono rappresentate troppe

alternative, cioè se non sono presenti troppi “rami”.

 MISURA1.  Competenza generale

Riconosce ciò che può essere misurato in un oggettoObiettivi specifici-  Riconoscere le qualità che possono essere misurate in un oggetto ossia le

grandezze misurabili-  Riconoscere in oggetti diversi la stessa qualità che può essere misurata-  Individuare tali qualità mediante un linguaggio appropriato

-  Favorire la nascita del colpo d’occhio-  Saper classificare gli oggetti in base alla grandezza misurabile scelta e condivisa-  Saper ordinare dal maggiore al minore e viceversa degli oggetti rispetto ad una

grandezza misurabile

OsservazioniL’aspetto fondamentale di questa competenza è il riconoscimento della misurabilità omeno di una qualità che richiama nella teoria degli insiemi il criterio oggettivo e nonsoggettivo di appartenenza o meno di un insieme. Sono qualità misurabili l’altezza, lospessore, il peso, la capacità,…; non sono qualità misurabili la bontà, la bellezza, lasincerità,…Abituare il bambino a valutare a colpo d’occhio la misura di una determinata grandezzalo porterà in futuro a sviluppare la capacità di fare stime sugli ordini di grandezza.Quando si parla di confronti spesso si usa il termine “grande” che però è fonte dinotevole ambiguità: consigliamo di usare il termine specifico relativo alla grandezza chesi sta considerando (alto, largo, spesso, capiente,…)

2.  Competenza generale

Sa compiere semplici misurazioni con strumenti convenzionale e nonObiettivi specifici

-  Saper confrontare direttamente una grandezza misurabile con un’unità di misurascelta-  Saper compiere misurazioni con parti del proprio corpo

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-  Saper scegliere uno strumento di misura adeguato alla grandezza misurabile-  Saper compiere misurazioni con uno strumento non convenzionale-  Saper compiere misurazioni con uno strumento convenzionale

Osservazioni

Le misurazioni nella vita quotidiana sono frequenti, ma questo non implica che misuraresia un fatto semplice. È importante che i bambini esplicitino le loro esperienzeriguardanti le procedure relative alla misura.La scelta di un’unità di misura omogenea può essere arbitraria o convenzionale:arbitraria significa che persone diverse possono scegliere unità di misure diverse;convenzionale è l’unità di misura adottata universalmente.Le attività relative alla misura possono prevedere confronti (per sovrapposizione,inserimento di un oggetto in un altro, accostamenti) oppure vere e proprie misurazionicon conteggio: queste ultime si possono quindi affrontare quando i bambini sono ingrado di contare con sufficiente autonomia, perché possano concentrarsi sulla proceduradel misurare senza difficoltà di altro genere.

PROBLEMI Nel corso di questo triennio si è scelto di non affrontare questa parte della Matematicacome un nucleo a sè stante, ma piuttosto di vederla come metodologia di lavorotrasversale utile a stimolare il bambino all’approccio di situazioni di gioco inusuali eche presentassero una difficoltà da superare, cioè un “problema” da risolvere.La nostra è, quindi, una visione del problema di tipo strutturale, che lo assume comecostrutto epistemologico e metodologico intorno al quale articolare le pratiche diorganizzazione curricolare.Nel corso delle attività proponiamo quindi di porre spesso domande del tipo “Che cosasuccederebbe se/se non…?” “E se…?” “E se non…?” per portare il bambino adesplicitare i propri pensieri, a fare ipotesi, ad elaborare nuove strategie e a sviluppare ilpensiero critico.Nella scuola dell’Infanzia, non è ancora presente in maniera vincolante il contrattodidattico legato alla soluzione dei problemi di tipo tradizionale. Quando un’insegnantepresenta una situazione problematica il comportamento dei bambini in genere sidifferenzia: alcuni di loro tentano una soluzione (con modalità spontanee, nonpreconfezionate dall’insegnante), ma altri che non sentono il testo-stimolo come unasollecitazione a trovare una soluzione, lo vedono come una narrazione, e si comportanodi conseguenza.Comunque parrebbe di poter dire che i problemi hanno diritto di cittadinanza nella

Scuola dell’Infanzia, anzi, l’affrontare situazioni problematiche può contribuire nonpoco allo sviluppo delle potenzialità cognitive dei bambini. Ad un patto: che si faccia losforzo di liberarsi da una visione ingessata dei problemi, talvolta racchiusi in formalismie procedure eccessivi che alla fine rendono asfittica la curiosità, l’intuizione, la forza delragionamento.

1.  Competenza generale

Sa riconoscere una situazione problematica e formulare strategie per risolverla.Obiettivi specifici-  Saper riconoscere la situazione problematica tra due proposte

-  Saper descrivere una situazione problematica vissuta-  Saper rappresentare una situazione problematica vissuta

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-  Saper scegliere una strategia risolutiva tra quelle proposte (dall’insegnante o daicompagni)

-  Saper trovare autonomamente strategie risolutive-  Saper esplicitare la strategie risolutiva adottata-  Saper determinare se una situazione problematica ha o non ha soluzioni

OsservazioniI bambini di questa fascia di età hanno un’idea di problema legata a fatti gravi, di solitomalattie o incidenti, con riferimenti legati alla vita quotidiana. Non hanno ancora l’ideadi problema inteso in senso scolastico. Qualche volta il problema comprende il saperrisolvere un gioco in cui ci siano dei numeri: gioco dell’oca, carte, dadi... È quindi beneproporre situazioni problematiche piuttosto che problemi strutturati in maniera rigida,per evitare che nasca anzitempo il contratto didattico.In queste attività notevole importanza è rivestita dalla discussione per capire come ibambini giungono ad applicare determinate strategie; è importante anche perl’insegnante perché così può risalire al ragionamento che ha portato ad una determinata

conclusione.L’ultimo obiettivo indicato è di notevole importanza in quanto crea nel bambino laconsapevolezza che non sempre si può avere una soluzione per i problemi che siincontrano e quindi lo aiuta ad avere una maggiore elasticità mentale.

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III PARTE

TABELLADalle competenze alle attività

Numeri1)  Sa classificare, raggruppare e

quantificare una raccolta di elementia)  “La raccolta di materiali nel giardino

della scuola”b)  “Le scatole dei numeri”

Numeri2)  Sa eseguire ordinamenti,

quantificazioni e rappresentazioni diesse

a)  “I tappi colorati” 

Numeri3)  Riconosce la ricorsività anche quella

numerica

a)  “Il tempo”

Geometria1)  Localizza oggetti ed effettua

spostamenti nello spazio rispetto a sestesso e rispetto ad altri oggetti, sacontrollare linguisticamente talioperazioni

a)  “Gli oggetti si spostano”

Geometria2)  Esegue, descrive o rappresenta un

semplice percorsoa)  “Percorsi”

Geometria

3)  Riconosce, classifica e nomina formesolide presenti nella vita reale (cubo,cono, cilindro, parallelepipedo,…)

a)  “Dal 3D al 2D con i solidi dellapsicomotricità”

Geometria4)  Riconosce, classifica e nomina forme

geometriche piane presenti nella vitareale (quadrato, triangolo, rettangolo,cerchio,…)

a)  “La storia di Pezzettino”

Probabilità1)  Sa prevedere gli eventi in caso di

incertezza e rappresentarlia)  “Il gioco dei bruchi”

Probabilità2)  Sa costruire e rappresentare semplicicombinazioni di eventi

a)  “Cosa mangiamo oggi?”

Misura1)  Riconosce ciò che può essere misurato

in un oggettoa)  “Misuriamo le parole” 

Misura2)  Sa compiere semplici misurazioni con

strumenti convenzionale e nona)  “Che cosa serve per misurare”

Problemi1)  Sa riconoscere una situazione

problematica e formulare strategie perrisolverla.

a)  “Il gioco dei barattoli”

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ATTIVITA’NUCLEO: NUMERI

“La raccolta di materiali nel giardino della scuola”Competenza generaleSa classificare, raggruppare e quantificare una raccolta di elementi

Obiettivi specifici-  Saper riconoscere uguaglianze tra oggetti-  Saper costruire raccolte di oggetti (insiemi) con una caratteristica di uguaglianza-  Saper individuare se un oggetto appartiene o no ad una raccolta data-  Saper riconoscere la caratteristica utilizzata in una raccolta (insieme) data-  Saper raggruppare in base al possesso di un attributo

Metodologie di lavoro e organizzazioneL’attività è stata svolta con i bambini di tre anni durante la mattina per cinque giorniconsecutivi; il lavoro aveva una durata di circa venti minuti.L’uscita in giardino è stata essenziale per lo svolgimento dell’esperienza e per la suarielaborazione in sezione.Sono stati necessari dei secchielli, per raccogliere il materiale all’aperto, e delle vecchieriviste.

AttivitàFase 1Le insegnanti portano i bambini in giardino, un occasione speciale potrebbe esserel’autunno, ma va bene qualsiasi altro momento dell’anno. Dopo aver osservato ilgiardino si mostrano loro i secchielli con i rispettivi simboli: uno con la foglia, uno conil sasso, uno con il rametto, uno con il fiore e si assegna loro il comando: “Dovetecercare del materiale e metterlo nel secchiello giusto”. I bambini a quel punto partono per la loro caccia al tesoro portando ogni volta ciò chetrovano e dopo averlo osservato decidono dove metterlo. Le maestre non intervengonoin maniera direttiva se un bambino sbaglia, ma con domande stimolo aiutano i bambiniincerti sul dove sistemare il loro tesoro. A questo punto si riportano i secchielli con ilmateriali in sezione.Fase 2

La volta successiva riprendiamo i secchielli e dopo aver controllato insieme ai bambiniche il materiale contenuto in ogni secchiello è appropriato, lo attaccheremo in uncartellone con il proprio rispettivo simbolo. Quindi avremo il cartellone delle foglie, ilcartellone dei rametti, il cartellone dei fiori e quello dei sassi. Alla fine ogni bambino hariprodotto in un foglio il gruppo che a lui piace di più.Fase 3Si riportano i bambini in giardino, ma questa volta dividendoli a piccoli gruppi,massimo tre; assegniamo a ciascuno di loro un secchiello con uno dei simboli già noti.Partono per la caccia al tesoro cercando di riempire il loro secchiello. Dopo un tempostabilito da noi insegnanti, li richiamiamo e controlliamo tutti insieme l’esattezza delcontenuto di ciascun secchiello senza, come sempre, dichiarare sbagliato un elemento

inesatto, ma facendoli arrivare a dichiarare da loro stessi, attraverso domande guida, chel’oggetto “non appartiene” a quel gruppo/insieme.

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Fase 4La volta successiva in sezione presentiamo ai bambini dei secchielli realizzati con ilcartoncino bristol e in ogni secchiello ci sarà il simbolo ormai noto ai bambini.Forniamo loro delle vecchie riviste dalle quali dovranno ritagliare gli oggetti chedovranno inserire nei vari secchielli. Controlliamo sempre che ciò avvenga eseguito in

maniera appropriata e interveniamo al momento giusto con domande stimolo e guida.

VerificaOgni volta che i bambini hanno raccolto e classificato gli elementi abbiamo avuto lapossibilità sia di verificare sia di valutare l’avvenuta acquisizione degli apprendimenti.Possiamo comunque creare una verifica su misura; diamo ad ogni bambino una schedacon disegnato 4 secchielli con i 4 simboli ormai conosciuti. Forniamo loro delle figureche rappresentino gli elementi raccolti. Il comando sarà di inserire, incollando, le figurenel secchiello giusto.

Possibile prosecuzione

L’attività può proseguire inserendo nelle raccolte note ai bambini un intruso; lorodovranno riconoscere e motivare perché quell’oggetto non può appartenere a quellaraccolta. Questa caccia all’intruso si ripeterà più volte in modo tale da farlosperimentare a tutti bambini o per lo meno fino a quando il gioco attira l’interesse deibambini stessi.Inoltre potremmo creare altre raccolte con gli oggetti della sezione, ma questa voltasaranno i bambini stessi ad individuare la caratteristica del gruppo/insieme. Quindicreiamo nell’aula o delle ceste con i simboli o delle casette dove inseriamo i vari oggettidella raccolta.E non si sa mai che una notte una strega dispettosa non venga e metta tutto in disordine?O che porti nelle casette degli oggetti misteriosi?....Si può continuare così a sviluppare e approfondire l’argomento di appartenenza o no adun dato insieme e a far riconoscerne le caratteristiche degli elementi o degli intrusi, perpotenziare le capacità del bambino.

NoteQuesta attività di classificazione, oltre ad essere fondamentale per arrivare allacostruzione dell’idea di numero e di numerosità, è importantissima per il linguaggio alquale si deve prestare molta attenzione. Il bambino nel motivare l’appartenenza o la nonappartenenza di un elemento ad un dato insieme deve utilizzare degli enunciati e degliattributi, stimolato dall’insegnante, quindi arricchisce il proprio linguaggio comune.

Non obbligheremo il bambino ad adoperare i termini “appartiene” o “non appartiene”,“insieme” ma noi li useremo in maniera appropriata, in modo tale che comunque glisiano noti, anche se da lui accetteremo anche i sinonimi.

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NUCLEO: NUMERI“Le scatole dei numeri”

Competenza generaleSa classificare, raggruppare e quantificare una raccolta di elementi

Obiettivi specifici-  Saper costruire raccolte di oggetti (insiemi) con una caratteristica di uguaglianza-  Saper individuare se un oggetto appartiene o no ad una raccolta data-  Saper mettere in corrispondenza oggetti tra due insiemi (relazioni)-  Saper raggruppare in base al possesso o alla mancanza di un attributo-  Saper stabilire relazioni tra due raggruppamenti-  Saper riconoscere insiemi equipotenti (in relazione biunivoca)-  Saper esprimere verbalmente con un numero la numerosità di un insieme-  Saper utilizzare i simboli numerici fino a…-  Saper rappresentare correttamente il numero

Metodologie di lavoro e organizzazioneCon l’intero gruppo, in classe, per periodi di 30-40 minuti, tutti i giorni per duesettimane. In seguito un paio di volte alla settimana. Vengono date delle consegne dasvolgere a casa. Sono necessarie alcune grandi scatole che verranno etichettate con isimboli numerici, in cui raccogliere oggetti o raccolte di oggetti, da lasciare ben visibiliin classe, e sacchetti per raccogliere le collezioni di oggetti. I bambini, in modoparticolare, sono quelli di tre anni ed il periodo in cui cominciare il percorso può essereun qualunque momento nella seconda parte dell’anno scolastico. Nelle prime fasi dellavoro sarebbe bene poter lasciare le raccolte di oggetti in posizione, per poterproseguire il giorno successivo.

AttivitàFase 1Chiediamo ai bambini di riunire alcuni oggetti che presentano un carattere, benidentificabile, in comune: i giocattoli con le ruote, gli oggetti che servono per disegnare,gli oggetti che rotolano. Dopo averli raccolti controlliamo che abbiano effettivamente lacaratteristica richiesta e proviamo a contarli: “Chi è capace?”È bene ripetere molte volte questa fase, chiedendo anche di cercare oggetti che NONhanno una determinata caratteristica: i giocattoli che non sono di plastica, gli oggetti chenon tagliano… Avremo modo di lavorare sul “non” e sull’osservazione delle

caratteristiche dei vari oggetti presenti in aula. Lasciamo le raccolte in classe perriprendere l’attività il giorno dopo.Fase 2Presentiamo altri oggetti e controlliamo se si possono inserire nella raccolta o nelleraccolte del giorno prima: “Cosa succede al gruppo, diventa più grande, più piccolo,rimane uguale? Se ieri aveva tre oggetti, oggi quanti ne ha?” Controlliamo qualinumeri i bambini conoscono e fino a dove sanno contare. Controlliamo anche laconoscenza del simbolo numerico: “Chi sa come si scrive tre?” Scegliamo dellerappresentazioni del numero condivise da tutti.Fase 3Proviamo a confrontare due raccolte: “Quale sarà la più numerosa?” Se gli oggetti che

compongono le raccolte sono in numero “controllabile” dai bambini non ci sarannoproblemi, ma se le raccolte sono troppo numerose bisognerà trovare delle strategie

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alternative di confronto: l’abbinamento uno a uno degli oggetti delle due raccoltepotrebbe risolvere il problema, purché la richiesta sia di “confrontare” le raccolte e nondi “contare” i loro elementi. Quando la procedura di confronto dei raggruppamenti saràstata acquisita, si potranno ordinare le raccolte dalla meno alla più numerosa.Fase 4

Ora che i bambini sono in grado di confrontare la numerosità di due raggruppamenti,cominciamo a raccogliere in sacchetti trasparenti le varie raccolte: ogni sacchetto verràpoi sistemato, in base al numero dei suoi elementi, in una scatola che resterà in classe, adisposizione di tutti, contrassegnata dal simbolo scelto. Il simbolo potrà essere la cifraoppure qualche altro “segno” condiviso dal gruppo: una carta da gioco, il numeroritagliato dal calendario….Fase 5Una mattina, all’arrivo a scuola, i bambini trovano le scatole vuote e le varie raccolte,nei loro sacchetti, tutte insieme e mescolate. Ogni bambino dovrà prendere unsacchettino e sistemarlo nella scatola opportuna: si possono anche far trovare le scatolenon in ordine e chiedere ai bambini di metterle nell’ordine corretto. Ogni volta che

troveremo un nuovo numero con il suo simbolo, creeremo una nuova scatola dovepotremo sistemare le raccolte contenenti quel numero di elementi.

VerificaOgni volta che si dovrà contare, numerare, inserire una raccolta nella scatola correttaavremo modo di valutare gli apprendimenti. Possiamo anche chiedere ai bambini diportare da casa raccolte di un certo numero di oggetti; al momento dell’arrivo a scuolaun altro bambino controllerà il numero ed inserirà la raccolta nel contenitore opportuno.

Possibile prosecuzioneL’attività può proseguire teoricamente fino alla fine dell’anno e comunque fino a che ibambini saranno interessati. Senza forzare gli apprendimenti si può arrivare fino anumeri considerati elevati per la Scuola dell’Infanzia.

NoteLe attività relative alla classificazione sono fondamentali per arrivare a costruire l’ideadi numero e di numerosità: consentono infatti di avviare i processi di discriminazione econfronto che portano a differenziare e quindi ad ordinare e numerare una raccolta dioggetti. Consentono inoltre di lavorare sui connettivi logici “e”, “o”, “non” e suiconcetti di vero/falso senza dover fare affidamento su strumenti fin troppo usati inpassato, risultati poco utili dal punto di vista dell’apprendimento.

Nella fase 1 si possono anche richiedere oggetti che abbiano due caratteristiche, usandoil connettivo “e”. L’ “o” invece potrà essere introdotto in un momento successivo, dalmomento che i bambini più piccoli non sempre riescono a coglierne l’idea diesclusività.Spesso si sottovalutano le conoscenze che i bambini acquisiscono al di fuoridell’ambiente scolastico: è importante controllare cosa i bambini sanno, per evitare diannoiarli ripetendo cose per loro ovvie. In ambito numerico l’uso di telecomandi,telefoni cellulari ed in generale apparecchiature con apparati digitali sono un continuostimolo per il riconoscimento e la memorizzazione di cifre e numeri, e le conoscenze diun bambino di tre anni sono molto superiori a quelle di un coetaneo di dieci anni fa.La lettura del calendario che moltissime insegnanti fanno al momento dell’ingresso a

scuola ogni mattina, aiuta molto nel riconoscimento del simbolo numerico, mariconoscere la scrittura non vuol dir saperla riprodurre e tanto meno collegarla ad un

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insieme con quel numero di elementi.Al momento del confronto tra insiemi prestiamo attenzione a non usare il termine“grande”, che può essere fonte di notevoli ambiguità: un insieme sarà più numeroso diun altro, non più grande. I bambini potrebbero confondere il numero degli elementi conle dimensione degli oggetti raccolti: una raccolta di due peluches potrebbe essere più

grande di una raccolta di quattro matite a causa delle dimensioni degli oggetti.La fase 5 consentirà all’insegnante di vedere quale numero e simbolo il bambinoconosce ed usa con sicurezza: nel corso del tempo la “linea dei numeri” così creataaumenterà, ed eventualmente si potrà anche inserire la scatola dello zero, contenente deisacchetti vuoti ottenuti quando abbiamo cercato oggetti con una proprietà senza riuscirea trovarli.Non è detto che la rappresentazione corretta del numero si riesca ad ottenere da tutti ibambini, e soprattutto alcuni sapranno contare le varie raccolte speditamente, mentrealtri avranno bisogno di confrontare tramite una corrispondenza biunivoca a lungoprima di essere sufficientemente autonomi.

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NUCLEO: NUMERI“I tappi colorati”

Competenza generaleSa eseguire ordinamenti, quantificazioni e rappresentazioni di esse

Obiettivi specifici-  Saper confrontare, ad occhio, piccole raccolte stabilendo relazioni del tipo: è più

numeroso…., ci sono più….., ci sono tanti….. quanti…., contiene di più….-  Saper rappresentare situazioni concrete utilizzando i quantificatori numerici

(uno, pochi, tanti, tanti- quanti, …)-  Saper seriare oggetti in base ad una caratteristica-  Saper fare relazioni del tipo: ne ha uno in più, ne ha uno in meno, hanno lo

stesso numero-  Saper mettere in ordine raccolte di oggetti per numerosità (dal più numeroso al

meno numeroso o viceversa)

-  Saper costruire relazioni transitive

Metodologie di lavoro e organizzazioneLa seguente attività è stata svolta da tre gruppi: due gruppi di piccoli (tre anni) e ungruppo di medi (4 anni) durante la mattina nel momento dell’intersezione. La durata diogni attività è stata di circa un’ora ed è stata ripetuta più volte; ogni gruppo partecipavaindividualmente a rotazione.Il lavoro è stato svolto anche in palestra, in modo tale che i bambini avessero più spazioper muoversi e per seguire ciò che facevano gli altri.Per questa attività occorrono vari tappi di plastica di almeno 3 o 4 colori diversi.

Attività Fase 1Portiamo i bambini in palestra e li sistemiamo in cerchio al centro del quale mettiamo ilmucchio dei tappi colorati (la quantità di ogni colore sarà diversa). Dopo averglieli fattiosservare chiediamo loro come potremmo suddividerli e, facilitati dal colore, iraggruppamenti sorgeranno spontanei. A questo punto formati gli insiemi, chiediamogli“Qual è il gruppo più numeroso? Qual è il gruppo meno numeroso? Ci sono più tappigialli o tappi rossi?”… Ascoltiamo le loro risposte e chiediamo anche come poter verificare ciò che hannodetto. Facciamo sperimentare le loro ipotesi sia con il confronto diretto dei tappi sia con

il conteggio, stando attenti che tutti i bambini riescano a farlo almeno una volta. Adogni bambino faremo anche verbalizzare la propria scoperta ossia “I gialli sono di piùdei rossi”, “I blu sono tanti quanti i bianchi”, “I blu sono meno numerosi dei rossi”… Fase 2Torniamo in palestra soprattutto con i piccoli e presentiamo loro due mucchi di tappiuno rosso e uno blu. I tappi rossi ad esempio saranno un numero minore ma messi inmodo più distanziato fra loro e i tappi blu invece saranno in numero maggiore ma piùraggruppati. Chiediamo a loro qual è il gruppo più numeroso e in seguito di verificare.Dopo i loro vari tentativi chiediamogli di compiere la corrispondenza biunivoca:“Prova a formare le coppie e vediamo se ne avanza qualcuno”.Ripetiamo l’attività anche modificando il numero dei tappi degli insiemi e ogni volta

facciamo verbalizzare che cosa si è verificato: “I tappi rossi sono di più di quelli blu”,“I tappi blu sono di meno dei tappi rossi”, “I tappi rossi sono tanti quanti i tappi blu”.

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Fase 3Ritorniamo in palestra con tutto il gruppo e con i tappi di tutti i colori (massimo quattro

come all’inizio). Questa volta glieli disponiamo già suddivisi per colore e chiediamoloro di confrontarli fra loro, lasciandoli sempre liberi di provare le loro strategie. Dopoche avranno sperimentato suggeriamo, se non sarà già uscito, di allineare i tappi e diavvicinare le linee di ogni colore in modo di avere il confronto diretto. A questo puntochiediamo loro di contare i tappi di ogni linea e poi: “Quali sono i tappi più numerosi?Quali sono i meno numerosi? I tappi rossi sono tanti quanti quelli bianchi?”…Continuiamo a questo punto sistemando i tappi dal meno numeroso al più numeroso eviceversa, in modo già da dare un inizio di successione numerica e di ordine crescente edecrescente. Sicuramente i bambini, dato che con i tappi si sono formate delle linee eche loro possono avere denominato la loro realizzazione in vari modi, potranno uscireanche definizioni come più lungo, più alto, più corto, più basso, non diamole per

sbagliate, ma noi puntiamo sul concetto di numerosità.Fase 4In sezione dividiamo i bambini a piccoli gruppi e a ciascuno diamo dei tappi di diversicolori. Il loro compito sarà quello di ripetere l’esperienza fatta in palestra: dividerli percolore, ordinarli dal meno numeroso al più numeroso e rappresentare ciò che hannoottenuto in un foglio. Interessante sarà osservare come i bambini interagiscono fra diloro e ascoltare le loro conversazioni.Fase 5Per avviare la memorizzazione dei numeri una filastrocca aiuta sempre.Filastrocca sui numeriUn due treNel castello ci sta il reCi sta il re con la reginaChe fa il bagno ogni mattinaQuattro cinque seiLa regina ha sei neiHa sei nei sopra la guanciaE ne ha uno sulla panciaSette otto noveI reali fan le proveFan le prove per il ballo

E i vestiti son di gialloUn due treContinuare puoi da tePuoi da te trovar la rimaPer il re e la regina

VerificaLa fase quattro è già di per sé una verifica, anche se in piccolo gruppo, ma proprioperché insieme agli altri il bambino deve motivare ai suoi coetanei la propria scelta ecompiere così un lavoro metacognitivo, di riflessione sulle proprie conquiste, su ciò cheha appreso.

Un’altra possibile verifica è di fornire ad ogni bambino dei tappi di carta di vario coloree di diversa quantità (a seconda dell’età), dovrà raggrupparli e metterli in ordine dal

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meno numeroso al più numeroso su un foglio di carta.

Possibile prosecuzionePossiamo proseguire inserendo la successione numerica utilizzando sempre i nostriamici tappi. Partiamo dai tappi che abbiamo e quindi dai numeri conosciuti e possiamo

aggiungere e /o togliere un tappo per scoprire i nuovi numeri che si formano. I variinsiemi ottenuti li incolliamo in un foglio e ci inseriamo i vari simboli cherappresentano il numero: in cifre, in lettere e perché no anche con le dita, che possonoessere fatte con le impronte dei bambini. Questi cartelli che abbiamo realizzato possonoessere attaccati al muro e dare inizio alla nostra linea dei numeri.

NoteLa Fase 2 non è così banale come sembra perché i bambini, soprattutto quelli piccoli,sono tratti in inganno dal fatto che un insieme di tappi occupando più spazio sia piùnumeroso di un altro che ne occupa meno e viceversa, come se esistesse un’analogia trale due cose. Questa attività serve proprio per far superare al bambino questa difficoltà

percettiva spaziale tipica dell’età; ripetendola più volte acquisisca che la numerositàdell’insieme dipende dalla quantità degli oggetti e non dallo spazio che essi occupano.

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NUCLEO: NUMERI“Il tempo”

Competenza generaleRiconosce la ricorsività anche quella numerica

Obiettivi specifici-  Riconoscere regolarità e ritmi-  Saper individuare l’oggetto ricorsivo in una successione data-  Saper riconoscere l’aspetto ricorsivo nei numeri-  Saper individuare invarianze in successioni date-  Saper rappresentare semplici sequenze

Metodologie di lavoro e organizzazione L’attività è stata svolta con tutto il gruppo sezione composto da bambini di tre, quattro ecinque anni. È stata svolta durante tutto l’anno, ma non tutti i giorni; i tempi sono stati

scanditi soprattutto dagli interessi dei bambini. Si è trattato il calendario settimanale, ilcalendario mensile, il calendario annuale, il calendario dell’avvento e il calendarioquaresimale.Occorrono due calendari mensili a fogli grandi: uno per l’anno che finisce e uno perl’anno che inizierà da utilizzare per l’attività annuale e dei vecchi calendari a fogli perl’attività iniziale.Per il periodo d’Avvento una corona d’Avvento con 4 candele.

AttivitàFase 1Per questa prima fase prendiamo dei vecchi calendari a fogli mensili, li diamo aibambini e li lasciamo un po’ liberi di sfogliarli, prima ricordiamoci di togliere lecopertine iniziali e finali, in modo che siano solo i fogli dei 12 mesi. Osserviamo poitutti insieme il calendario e chiediamo loro: “Sapete che cosa è? Conoscete i nomiscritti in alto (i nomi dei mesi)? Da quanti fogli è composto? Ogni foglio a che cosacorrisponde? Quanti giorni ci sono in un mese? I mesi hanno tutti lo stesso numero digiorni? Che cosa sono i vari simboli o sigle dopo o prima dei numeri? Quanti giorni cisono in una settimana? Quante settimane in un mese? I numeri nel mese di febbraiosono uguali al mese di marzo?…”Ascoltiamo le loro risposte e registriamo quanti e quanto già conosco sui numeri.A questo punto appenderemo il nostro calendario in un luogo ben visibile e alla portata

del bambino; spiegheremo loro che questo sarà il calendario che utilizzeremo durantetutto l’anno scolastico.Fase 2Quando ormai le attività scolastiche sono avviate, prepareremo i simboli di ogni attività,decisi e condivisi con i bambini: una palla per motoria, un tamburo per musica, labandiera britannica per inglese, …All’inizio della settimana con i bambini sistemiamo i simboli delle attività nei giornidella settimana corrispondenti. Iniziamo la conversazione puntando non solo sul giornodella settimana, ma soprattutto sul numero del giorno e facendo notare ad esempio su“Quanti giorni mancano a Motoria? Fra quanti giorni ci sarà Inglese? Se oggi è…domani sarà…? In che giorno ci sarà Musica?”

Questa conversazione può essere ripresa più volte durante la settimana e nel mese,ripetendo e modificando le domande poste ai bambini.

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Creiamo inoltre tre cartellini con scritto ieri, oggi e domani, di colori diversi, chegiornalmente possiamo far sistemare anche ai più piccoli, puntando soprattutto sulnumero del girono.

Fase 3

Prepariamo dei simboli con delle torte di compleanno, tante quante sono i bambini dellasezione, e poi sistemiamoli nei calendari, occorrerà anche quello dell’anno successivo.Iniziamo l’osservazione e la conversazione: “Quanti bambini compiono gli anni nelmese di…?, Quanti nel mese di..?, C’è un mese dove non si festeggiano compleanni?C’è qualcuno che lo festeggia lo stesso giorno? C’è qualcuno che ha lo stessonumero?...”Se in quel mese c’è già un bambino che festeggia il compleanno possiamo anchechiedere “Quanti giorni mancano al compleanno di…?” E ogni giorno faremo il contoalla rovescia; potremmo anche creare dei cartellini con dei numeri da attaccare alcalendario così da visualizzare il numero dei giorni mancanti; questo si potrà ripetereper ogni compleanno e per ogni evento particolare della sezione (gite, festa di

Carnevale, recita di Natale,…), agevoleremo così anche il conteggio al contrario.Fase 4All’inizio dell’Avvento procuriamoci una corona d’Avvento con le 4 candele e 28candeline di cartoncino che ci serviranno da attaccare al nostro calendario. Dopo averspiegato che cosa è l’Avvento e aver acceso la nostra candela attaccheremo la candelinaal calendario con su scritto 1 per il primo giorno; il secondo giorno attaccheremo laseconda candelina con il numero 2, e così via. Alla fine della settimana osserveremoquante candeline abbiamo attaccato: una settimana 7 candeline. Anche la secondasettimana accenderemo la seconda candela dell’Avvento e inizieremo ad attaccare lenostre candeline; alla fine della settimana faremo la stessa osservazione, ma questa voltanoteremo anche che sono passate 2 settimane e le candeline ora sono14. Continueremocosì anche per la terza e infine per la quarta, chiedendo ogni volta quante candelineabbiamo acceso quella settimana e quante candeline in tutto fino a quel momento e allafine dell’Avvento. Possiamo realizzare contemporaneamente anche un cartellone con lecandeline suddividendole per ogni settimana e rappresentando il numero totale di ognisettimana e quello complessivo finale; i bambini visualizzeranno meglio la quantitàdelle candeline settimanali e di quelle totali.La stessa cosa si potrà ripetere in Quaresima, scegliendo un simbolo diverso.

VerificaNel corso di una qualunque fase dell’attività ponendo le varie domande è già momento

di verifica e di valutazione dell’avanzamento delle capacità del bambino. Comeulteriore verifica, alla fine dell’anno, possiamo fornire ogni bambino di un foglio di unvecchio calendario e dei cartoncini con scritto i numeri logicamente massimo fino a 31;a seconda dell’età o devono riprodurre la successione numerica del mese o devonoinserire i numeri mancanti, che le insegnanti prima hanno opportunamente cancellato.

Possibile prosecuzioneIl calendario può essere utilizzato anche per segnare i giorni in cui si viene a scuola e igiorni in cui si rimane a casa, con simboli diversi. Alla fine del mese contiamo quantisono i giorni che siamo venuti a scuola e quelli in cui siamo rimasti a casa; poi lipossiamo confrontare e rappresentare anche con un istogramma, per notare meglio e

verbalizzare “Sono di più i giorni che siamo venuti a scuola”, “Sono di meno i giorniche siamo rimasti a casa”. Possiamo verbalizzarlo anche con i numeri ricordandoci di

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usare però i termini maggiore e minore. L’esperienza possiamo ripeterla più volte,anche in un mese dove siamo sicuri che rimaniamo di più a casa, forse dicembre.Un’altra attività interessante, utilizzando il calendario, è di provare a contare tutti igiorni dell’anno. Dopo aver sentito tutte le loro proposte e averle sperimentate, se nonfosse uscita, possiamo anche noi fornire la nostra. Prendiamo i giorni di ogni mese e li

mettiamo tutti insieme. In questo caso ci facciamo aiutare dalla calcolatrice cheincuriosirà molto i bambini (adesso ci sono anche in dimensioni enormi). Dopoavergliela fatta esplorare, probabilmente qualcuno già la conosce, avendo fratelli piùgrandi, ci avviamo all’operazione e… magia otterremo il risultato. Con un vecchiocalendario possiamo fare un cartellone, evidenziando per ogni mese il numero dei giornie infine il numero totale dei giorni in un anno. Non facciamoci impaurire dal numero“grande” perché i bambini giocando continuamente ai videogiochi ne conoscono di piùgrandi!

NoteLe esperienze che il bambino fa con i numeri fin dall’infanzia costituiscono il primo,

imprescindibile tassello sul quale egli costruisce il suo «sapere numerico». Scopo dellaScuola dell’Infanzia è di evidenziare tali competenze, cercando di formare quelsubstrato linguistico e concettuale sul quale poi, a tempo debito, la scuola Primariainterverrà in modo esplicito e sistematico. In questa attività oltre all’idea di numeroricorsivo, ordinale, cardinale e di misura, abbiamo gettato anche le basi per il concettodi sottrazione “quanto manco a..”, addizione “quanti sono in tutto” e di confronto:maggiore, minore; in maniera ludica, concreta e problematizzando una situazione reale.

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NUCLEO: GEOMETRIA“Gli oggetti si spostano”

Competenza generaleLocalizza oggetti ed effettua spostamenti nello spazio rispetto a se stesso e rispetto ad

altri oggetti, sa controllare linguisticamente tali operazioni

Obiettivi specifici-  Situare ed esprimere la posizione di un oggetto o di una persona in rapporto a se

stessi (la sedia è davanti a me,…)-  Localizzare ed esprimere l’orientamento di un oggetto o di una persona in

rapporto a se stessi (la sedia è alla mia sinistra,…)-  Localizzare ed esprimere uno spostamento in rapporto a se stessi (salire,

scendere, avanzare, passare dietro a)-  Collocare oggetti in rapporto ad altri oggetti-  Collocare un oggetto in rapporto ad un altro nello spazio

-  Utilizzare un vocabolario preciso

Metodologie di lavoro e organizzazioneIl lavoro si svolge in classe, individualmente o in piccoli gruppi, con bambini di treanni, verso la fine dell’anno scolastico, quando i bambini sono già in grado di esprimerela propria posizione rispetto ad oggetti. Si tratta di organizzare una specie di “cacciaall’oggetto” basato sulla verbalizzazione e non tanto sulla ricerca effettiva, dedicandoalle varie fasi al massimo 30 minuti ciascuna, per mantenere viva l’attenzione.

AttivitàFase 1Ai bambini si chiede dove si trova nell’aula un determinato oggetto ed in base allerisposte si insiste nel descrivere la sua posizione: “Dove si trova il barattolo con i

  pennarelli? È sopra la libreria, vicino/a destra del contenitore del materiale dicancelleria, più in alto dei fogli, sotto ai disegni del gioco….” È importante in questafase analizzare il linguaggio di bambini e verificare la consapevolezza dell’uso e laricchezza dei termini.Fase 2Analogamente a quanto fatto in precedenza, si considera ora la posizione dell’oggettoche varia per effetto di rotazioni. Servendosi di peluche o bambole chiediamo didescrivere come sono posizionati, verso quale direzione sono girati, e di modificare il

loro orientamento. Es: la bambola è davanti alla finestra, girata verso/in direzione della porta, a destra del tavolo con i lavori di cartapesta….Per poter definire un “davanti”dell’oggetto, in modo da esplicitarne l’orientamento, non è necessario usare soltantobambole o animaletti dove convenzionalmente il “davanti” è rappresentato dal viso odal muso: si possono anche usare oggetti con facce che presentano diversi colori ocaratteristiche e far loro riferimento: “Dove è rivolta la faccia rosa del cubo? Da quale

 parte si trova la punta del berretto?”Fase 3In questa fase i bambini effettuano o descrivono spostamenti di oggetti o personerispetto a se stessi: si può chiedere loro di raccontare una storia dove un animaletto o uncompagno si muove nell’aula, o comunque in un ambiente conosciuto. Dovranno essere

descritti i movimenti, e nelle classi dove è stata svolta questa attività, alcune in segnantihanno predisposto una scala, o comunque un oggetto su cui i bambini potessero salire,

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in modo da descrivere gli oggetti da un punto di vista insolito.

Fase 4Ora chiediamo ai bambini di collocare oggetti secondo nostre indicazioni all’internodall’aula, o in un secondo momento di un altro ambiente a loro familiare. Avremo così

modo di controllare la comprensione dei termini usati. In seguito dividiamo i bambini agruppi di tre e chiediamo ad ognuno di loro, a turno, di dare indicazioni ad uno deicompagni; il terzo bambino controllerà che le indicazioni siano chiare ed i comandieseguiti correttamente. Ognuno dei bambini ricoprirà a turno ogni ruolo e l’insegnanteavrà modo di valutare l’uso corretto dei termini oggetto d’apprendimento.Fase 5Ripetiamo la fase precedente, ma questa volta usiamo come termini di riferimento nongli oggetti presenti nell’aula ed eventualmente mobili, ma riferimenti che potremmodefinire “assoluti”, cioè non modificabili da parte nostra (la finestra, il lampadario….),usando comparativi (più in alto, più vicino….) o superlativi (il più in basso possibile, ilpiù lontano da….) o consideriamo aspetti del paesaggio visibili dall’aula o dal giardino

della scuola.Fase 6 Facciamo descrivere ai bambini i movimenti che avvengono in aula, o gli spostamentidi particolari oggetti: possiamo chieder loro di inventare una storia su un “viaggio”all’interno dell’aula, esprimerla verbalmente e disegnarla.

VerificaNel corso di una qualunque uscita da scuola sarà opportuno porre domande su dove sitrovano oggetti (semaforo, negozi, alberi…) per vedere come i bambini rispondono,sollecitando da parte loro la descrizione di quello che vedono, facendo anche finta dinon capire (dove hai detto che è?) per porli in una situazione problematica che richiedadi fornire particolari accurati.

Possibile prosecuzioneQuesta attività può costituire il punto di partenza per due linee di lavoro molto ampie emolto amate dalle insegnanti della Scuola dell’Infanzia: quella sui percorsi e sulladescrizione dell’ambiente. Un gruppo di insegnanti che ha scelto questa linea di lavoroper due anni consecutivi ha realizzato, alla fine del secondo anno, dei plastici in scala ditutta la scuola ed il cortile che erano veramente notevoli, portando i bambini ad unlivello di precisione nella descrizione di ciò che vedevano molto buono.

NoteIl tempo dedicato a questa attività può essere ricavato in ogni occasione in cui sidebbano andare a prendere o portare oggetti, spostare oggetti, attrezzare l’aula perun’attività specifica.Nella fase 3 non è da sottovalutare l’importanza della visione dall’alto. Molto spessocome adulti dimentichiamo che un bambino ha una visione dell’ambiente molto diversadalla nostra; a volte ne prendiamo nota quando ci sediamo sulle seggioline al tavolo conloro, ma anche quando attacchiamo alle pareti tabelloni, disegni e lavori cidimentichiamo di metterli “ad altezza bambino”. Il salire in alto (su una scala, su untavolo, in cima allo scivolo…) e fermarsi ad osservare, consente al bambino disperimentare un punto di vista diverso, diverso anche da quello che sperimenta

immaginando di essere “al posto di” qualcun altro: descrivere dall’alto può voler direvedere cose nascoste dietro ad altre, controllare ed osservare movimenti che avvengono

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dietro oggetti non trasparenti ed appropriarsi di una visione d’insieme dell’ambiente piùampia.

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NUCLEO: GEOMETRIA“Percorsi”

Competenza generaleEsegue, descrive o rappresenta un semplice percorso

Obiettivi specifici-  Seguire un percorso descritto oralmente-  Descrivere un percorso compiuto-  Rappresentare un percorso compiuto (plastico, mappa, disegno…)-  Eseguire un percorso seguendo le indicazioni di una mappa-  Dare indicazioni perché un compagno esegua un percorso

Metodologie di lavoro e organizzazioneL’attività si svolge con l’intero gruppo, diversificando gli obiettivi a seconda dellafascia di età: i primi tre obiettivi saranno perseguiti dai bambini più piccoli, il secondo,terzo e quarto dai medi, gli ultimi tre dai più grandi. Queste indicazioni sono rivolte alle

insegnanti che intendono lavorare a lungo su questa linea e si consiglia di prevedereun’ora alla settimana: d’altra parte l’argomento “percorsi” resta fondamentale pergarantire al bambino il raggiungimento di una buona autonomia. I percorsi possonoessere inizialmente preparati in classe, o in cortile o in palestra, con l’aiuto di blocchi dilegno, tavoli, sedie, scatoloni: è importante che i bambini possano concentrarsisull’osservazione dei percorsi, per poterli ricordare ed apprendere le parole nuove chevengono pronunciate per descriverli.Allo svolgimento di questa attività ha collaborato una scuola autonoma della Provinciadove i bambini lavoravano tutti insieme fino alle vacanze natalizie ed in seguito divisiper età: si è dunque iniziato il percorso tutti insieme, diversificando poi gli obiettividopo Natale.

AttivitàFase 1Accompagniamo i bambini, in gruppo o singolarmente, lungo un percorso preparato inprecedenza o comunque nuovo per loro, descrivendo quello che incontriamo ed avendol’accortezza di usare termini che indicano la posizione di oggetti (davanti, sopra, adestra, a fianco….). Con domande opportune chiediamo anche a loro di descriverequello che vedono. In un momento successivo chiediamo di ricordare e descrivere ilpercorso fatto. Per aiutare i bambini più piccoli possiamo anche inventare un racconto.Questa fase verrà ripetuta più volte, fino a quando i bambini avranno compreso il

significato dei termini specifici.Fase 2Dopo aver preparato un percorso inedito, o in occasione di un’uscita da scuola,chiediamo ai bambini di descrivere il percorso mentre viene effettuato. In questo modovaluteremo gli apprendimenti e le capacità di osservazione e descrizione. Al rientro inaula chiediamo di disegnare il percorso fatto, in base a quello che ognuno ricorda.Fase 3Prepariamo un percorso (o ricordiamo il percorso della fase precedente, se non è troppolontana nel tempo) e prepariamo una rappresentazione grafica del percorso. Dopo avereffettuato il percorso descrivendolo, ripercorriamolo sulla mappa, ricordando i punti incui ci siamo fermati, abbiamo svoltato, siamo saliti sulla scala o scesi in cortile o altro.

Chiediamo ai bambini di indicare quali sono i vari punti salienti. Questa fase potràessere ripetuta più volte, mantenendo o modificando il percorso. Si potrà anche

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costruire un piccolo plastico, così da alternare rappresentazioni in due ed in tredimensioni.Fase 4Quando i bambini avranno raggiunto una certa familiarità con le attività già svolte,mostriamo sulla mappa o sul plastico il percorso che faremo ed in seguito percorriamo il

tragitto di cui abbiamo parlato; questa fase inverte quanto fatto in precedenza, partendodalla parte più astratta dell’attività e ritrovando poi concretamente quello di cui si eraparlato in precedenza. Ripetiamola più volte, avendo cura di presentare sempre percorsimolto semplici.Fase 5È il momento di un gioco a squadre, una caccia al tesoro dove ai capisquadra viene dateuna mappa da interpretare per arrivare a scoprire il tesoro nascosto. Le maestre chehanno preparato queste attività hanno diviso in bambini in gruppi di livello, preparandomappe più complicate per i bambini che erano risultati più rapidi nell’apprendimento. Sipossono prevedere non solo mappe diverse, ma anche premi diversi per ogni squadra, inmodo che tutti raggiungano il loro obiettivo.

Fase 6 I bambini più grandi potranno ora allenarsi a dare indicazioni ai compagni per eseguireun percorso. A turno tutti daranno le indicazioni e tutti eseguiranno quelle che verrannoloro date. Inizialmente le indicazioni saranno date mentre i bambini eseguono ilpercorso, poi verranno date in partenza, così che tutti debbano fare un piccolo sforzomnemonico; in seguito si potrà fare uso di disegni.

VerificaCome si è visto le prove di verifica sono già previste all’interno del percorso didattico:ogni volta che si deciderà di chiedere la descrizione di un percorso si potrà vedere se ilbambino sta migliorando le sue conoscenze e competenze. “Quale strada fai per venirela mattina a scuola?” è una possibile domanda per valutare gli apprendimenti.

Possibile prosecuzioneIl percorso è potenzialmente in grado di coprire un tempo molto lungo, anche i tre annicompleti: diversificando gli obiettivi e cercando di arrivare alla rappresentazione graficao tridimensionale si possono presentare ai bambini attività simili che riguardano primala sezione e la scuola, poi le zone vicine alla scuola, infine le zone sconosciute, chevengono analizzate con i nuovi strumenti linguistici ed espressivi.Le attività sui percorsi hanno come proseguimento “naturale” quelle che riguardano lamisura e consentono di collegare i nuclei “geometria” e “numeri”.

NoteLa parte della Geometria al centro di queste attività è la Topologia: è la “geometria dellagomma”, l’analisi di ciò che rimane invariato in un disegno fatto su un foglio di gommache viene “tirato” in varie direzioni possibili. Se sul disegno compaiono strade che siincrociano, anche tirando il foglio di gomma in vari modi le strade continueranno adincrociarsi, e le zone recintate e chiuse resteranno recintate e chiuse: potranno invececambiare le traiettorie, perché ciò che era rettilineo potrebbe diventare curvilineo acausa dello “stiramento”.Le attività sui percorsi, tipiche della Scuola dell’Infanzia, vengono qui ad essere ilfulcro di un lavoro pluriennale che porta il bambino ad esprimere autonomamente

quello che vede intorno a sé, affinando le capacità di osservazione, descrizione erappresentazione. È bene osservare che spesso i tempi per l’osservazione vengono

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compressi, fornendo molte sollecitazioni sensoriali in modo veloce e continuo: lacapacità di osservare con attenzione, prendendosi il tempo necessario a notare icambiamenti ed i particolari, è una abitudine che si può consolidare proprio a questa età,fornendo ai bambini una struttura mentale di analisi che sarà per loro sempre moltoutile.

Alcune insegnanti hanno portato avanti il lavoro seguendo questa traccia, svolgendoanche attività relative alla misura: alla fine di due anni, con i bambini in uscita dallaScuola dell’Infanzia, sono riuscite a ricostruire un plastico della scuola che non solo eraestremamente realistico, ma presentava anche gli spazi in scala: i bambini avevanocercato di mantenere le proporzioni tra i vari locali.

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NUCLEO: GEOMETRIA“Dal 3D al 2D con i solidi della psicomotricità”

Competenza generaleRiconosce, classifica e nomina forme solide presenti nella vita reale (cubo, cono,cilindro, parallelepipedo,…)

Obiettivi specifici-  Saper classificare le forme solide-  Riconoscere, con il tatto le forme solide della vita corrente-  Memorizzare il nome delle forme solide-  Riconoscere le forme solide qualunque sia la loro dimensione o orientamento

nello spazio-  Classificare le forme solide secondo criteri dati-  Manipolare le forme solide

Metodologie di lavoro e organizzazione

Questa attività è stata svolta con 9 bambini grandi (5 anni) del tempo prolungato,mentre i piccoli facevano la “nanna”, quindi il tempo era limitato ad una quarantina diminuti a volta, ma ripreso in più giorni.È stata eseguita nello spazio che hanno a disposizione per il posticipo, utilizzando ilmateriale tridimensionale della psicomotricità. In questo particolare caso le maestrehanno scelto 4 figure di due soli colori (blu e verde): il cilindro, un parallelepipedo, uncubo e un prisma a base triangolare.

AttivitàFase 1Scelti i solidi della psicomotricità da proporre ai bambini, sia nel colore sia nella forma,li mettiamo a loro disposizione per poterci giocare. Dopo che li hanno potuti esplorarecon il corpo, chiediamo loro se sanno come si chiamano queste forme. Ascoltiamo leloro risposte che sicuramente si avvicinano di più a quelle di “quadrato, rettangolo,cerchio, triangolo” che a quelle corrette. Interveniamo dicendo che il quadrato non è ilnome del solido, ma della sua faccia, mentre il suo vero nome è cubo. La stessa cosa lafaremo per il parallelepipedo, il cilindro e il  prisma. Cercheremo a questo punto di farmemorizzare i nomi anche scandendo le parole e aiutati dal battito delle mani, saltando,abbinandoci un movimento.Fase 2La volta successiva riproponiamo le forme scelte il giorno precedente e dopo aver

ripetuto insieme i nomi dei solidi, chiediamo loro di realizzare una costruzione.Lasciamoli liberi di discutere e di fare vari tentativi. Quando tutti saranno d’accordo,osserviamo insieme ciò che hanno realizzato. Ad esempio “Il cilindro è sotto il cubo.”“Il prisma sta sopra il parallelepipedo”. “Il cilindro è appoggiato sulla faccia a formadi cerchio”…Dopodiché diamo a ciascuno di loro un foglio e i colori per poter disegnare lacomposizione dei solidi. Quello che a noi interessa è che i bambini riproducano tutti isolidi nella giusta posizione; non stiamo a valutare la perfezione della rappresentazionegrafica tridimensionale dei solidi: questa è difficile anche per i bambini più grandi, avolte anche per gli adulti!Verifichiamo insieme a loro l’esattezza del disegno.

Verifica

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La rappresentazione grafica nella seconda fase è già di per sé una verifica. Questo nontoglie che ne possiamo riproporre un’altra molto simile, questa volta però con i solidi dilegno o di plastica delle costruzioni (ma senza incastri) che abbiamo in sezione.Realizziamo la composizione, anche con più forme, ma non troppe, e i bambini lariproducono sempre nel foglio; il vantaggio è che ora possono guardarla da più punti di

vista: anche dall’alto.

Possibile prosecuzioneContinuiamo aumentando non soltanto il numero dei solidi, ma anche le forme,inserendo ad esempio il cono e ripetendo le attività precedenti. Possiamo inoltreinvertire le fasi del gioco: dal 2D al 3D. Diamo ai bambini una foto o un disegnocolorato di una costruzione di solidi e chiediamo di riprodurla con i materiali dellapsicomotricità. Lasciamoli liberi di discutere e di provare insieme a trovare la soluzionegiusta. Mettiamo anche in una scatola varie foto o disegni di composizioni di solidi cheloro liberamente potranno riprodurre quando vogliono con le costruzioni che hanno adisposizione in sezione.

NoteVale forse la pena di osservare che iniziare lo studio della Geometria dalle figure a tredimensioni, per poi passare successivamente a quelle in due dimensioni, non coincide, aqualsiasi livello scolastico, con la normale pratica didattica. Più spesso si tende a fare ilcontrario. Innegabilmente la geometria dello spazio presenta, a livello adulto, maggioridifficoltà di sistemazione razionale, rispetto alla geometria del piano; tuttavia, fermorestando che qualsiasi figura geometrica, piana o solida che sia, dal punto di vistamatematico è comunque frutto di un’astrazione (nessuna figura geometrica esiste nellarealtà!), l’idea di figura piana è comunque più sofisticata, dal punto di vista concettualedi quella di figura solida. Inoltre, l’esperienza concreta del bambino avviene nellospazio tridimensionale. Dunque, coinvolgere bambini della Scuola dell’Infanzia inattività su figure solide, prima che su figure piane, acquista un forte significatodidattico.In questa attività la geometria prende le mosse dall’esperienza spaziale, visiva, tattile(vedere e toccare gli oggetti), e anche motoria: i bambini si sono mossi tra gli oggetti eli hanno spostati. È stato un primo approccio alla geometria di tipo fisico. Ha acquistatoun forte significato didattico coinvolgere i bambini in attività che sono partite prima dafigure solide per poi passare al piano. L’importanza della geometria in 3D harappresentato una lettura della realtà più intuitiva per il bambino, essendo “visibile” eimmediata. Si è cercato così di sviluppare la visione spaziale, di favorire

l’immaginazione spaziale e di migliorarne la capacità di espressione linguistica.

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NUCLEO: GEOMETRIA“La storia di Pezzettino”

Competenza generaleRiconosce, classifica e nomina forme geometriche piane presenti nella vita reale

(quadrato, triangolo, rettangolo, cerchio,…)

Obiettivi specifici-  Riconoscere le forme geometriche piane nella vita quotidiana-  Riconoscere con il tatto (ad occhi chiusi) le forme geometriche piane-  Confrontare tra loro le forme geometriche piane per individuare differenze ed

analogie-  Memorizzare il nome delle forme geometriche piane (quadrato, triangolo,

cerchio, rettangolo,…)-  Riconoscere le forme geometriche piane qualunque sia la loro dimensione e

orientamento nello spazio

-  Classificare le forme geometriche piane-  Classificare le forme geometriche piane secondo criteri dati-  Manipolare le forme geometriche piane

Metodologie di lavoro e organizzazioneL’attività è stata proposta ad un gruppo di 7-10 bambini eterogeneo per età, nella fasciapomeridiana dalle 14.50 alle 15.30. Il numero dei bambini variava sia nel numero dicomponenti sia nelle età proprio perché appartenente al tempo prolungato. L’esperienzaha avuto la durata di circa due settimane.Oltre al materiale di facile consumo, è necessario procurarsi delle vecchie riviste, unsacchetto di stoffa, una benda per i bambini e i blocchi logici.

AttivitàFase 1Leggiamo ai bambini “La Storia di Pezzettino”. C’era una volta un cerchietto piccolo, piccolo tutto giallo di nome Pezzettino. Gli amicidi Pezzettino erano tutti grandi e vivevano avventure bellissime: l’amico pesce nuotavaveloce e scopriva tutte le meraviglie del mare, il gabbiano volava e scopriva terrelontane, la scimmietta saltava da un albero all’altro trovando nuovi nascondigli.Soltanto lui era piccolo, così piccolo che pensava di essere un pezzetto di qualcosa,“Ma di che cosa?”, si chiedeva Pezzettino. Un giorno decise di scoprirlo e iniziò il suo

viaggio per il mondo. Una mattina mentre passeggiava in un prato incontrò una farfalladalle grandi ali azzurre e le chiese: “Ciao farfalla, manca un pezzetto rotondo alle tueali?” La farfalla rispose: “No, se mancasse un pezzetto alle mie ali come farei avolare?”. Pezzettino sconsolato proseguì il suo viaggio. Sopra una collina vide unacasetta in costruzione e pensò che forse poteva essere utile per terminarla, ma la casettaaveva già tutti i pezzetti pronti e non aveva bisogno di un cerchietto piccolo e giallo.Pezzettino era molto triste perché si sentiva solo, ma all’improvviso mentre attraversavail bosco sentì una vocina: “Ciao amico dove vai tutto solo e triste?”, era una piccolacoccinella rossa con i puntini neri. Egli si fermò e rispose: “Ciao coccinella, sono triste

 perché mi sento solo, penso di essere un pezzetto di qualcosa ma non so di che cosa.” “Vai sulla spiaggia -rispose la coccinella- là incontrerai qualcuno che ti potrà aiutare.” 

Pezzettino attraversò il bosco rotolando più veloce che poteva e finalmente arrivò inriva al mare. Che sorpresa! Sulla spiaggia c’erano altri pezzetti piccoli come lui che

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cercavano qualcosa che li avesse persi. Pezzettino ebbe un’idea: “Perché non proviamoa costruire qualcosa, forse tutti insieme riusciremo a fare qualcosa di grande.” Provarono e riprovarono e finalmente riuscirono a costruire un omino così poteronosaltare, correre, giocare e fu così che gli amici pezzettini smisero di cercare quel“qualcosa” e rimasero sempre uniti.

Finita la storia mostriamo ai bambini le figure geometriche piane presenti sulla spiaggia,realizzate con il cartoncino di varie dimensioni e colori, e facciamo un’indagine sullaloro conoscenze riguardo ai nomi delle varie figure (brainstorming). Infine glipresentiamo ufficialmente le forme geometriche con il loro nome, aiutandoci anche conuna filastrocca:

 La filastrocca delle Forme Son quadrato e son perfetto assomiglio a un fazzoletto,se mi allungo un pochettino faccio un bel rettangolino.Triangolo mi han chiamato, da tre punte son formato,

sono un poco spigoloso ma non son pericoloso.Sono un cerchio e son rotondo giro spesso nel bel mondo,giro in tondo in bicicletta con l'auto e la motocicletta.

Questa filastrocca, che avremo rappresentato in un cartellone con delle immagini, lafacciamo memorizzare ai bambini, per aiutarli a ricordare i nomi e le caratteristichedelle figure geometriche piane.Fase 2 Riprendiamo le nostre forme e dopo averle osservate e confrontate, individuiamoinsieme ai bambini le uguaglianze e le differenze. La distinzione rettangolo-quadrato avolte può risultare difficoltosa soprattutto per i piccoli, per questo per far notare ladifferenza possiamo misurare i lati delle forme utilizzando delle mollettine. I bambini,sperimentando direttamente, verificano che per il quadrato serve lo stesso numero dimollette per ogni lato, mentre per il rettangolo due lati hanno bisogno di meno molletterispetto agli altri due.Dopo l’osservazione e il confronto, le varie forme di carta le classifichiamo in base siaal colore sia alla forma. Predisponiamo quattro vassoi dove i bambini sono invitati adinserire le forme prima secondo il criterio del colore e successivamente secondo ilcriterio della forma. Al termine del gioco si rimescolano le forme e in un foglio, divisoin quattro caselle, i bambini sono invitati a inserire e incollare le figure avendo comecriterio la classificazione in base alla forma.

Fase 3Utilizziamo i blocchi logici con lo spessore minore, pur sapendo che non sono figurepiane ma solide. Anche ai bambini specifichiamo che le figure piane non hannospessore e che nella realtà infatti non si trovano, così per questo gioco prendiamo inprestito i blocchi logici perché consideriamo solo la faccia del solido.Gliele facciamo osservare e manipolare e riconoscere in essi la figura geometrica che ciinteressa. Prendiamo un sacchetto di stoffa dove viene inserito a loro insaputa un bloccologico e i bambini bendati, sono invitati a inserire le mani ed indovinare il nome dellaforma solo toccando il blocco logico. Si aumenta la difficoltà del gioco inserendo 2-3blocchi alla volta. Si continua fino a quando tutti i bambini hanno giocato.Fase 4

Prepariamo tante forme di carta colorate che daremo ai bambini per costruire figure inmodo libero.

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Prima in piccoli gruppi, poi ognuno sul proprio foglio. Invitiamoli così a diventare degliartisti e creare dei quadri utilizzando solo forme geometriche: il risultato saràstupefacente!Fase 5Forniamo i bambini di riviste nelle quali devono ricercare le forme che conoscono; le

ritagliano e le incollano sul foglio, le contornano con il pennarello per evidenziare laforma geometrica.Ogni bambino è invitato a nominare le forme ritagliate in modo tale che la maestrapossa scrivere il nome della figura geometrica trovata. 

VerificaLa fase 5 è già di per sé una verifica, ma possiamo crearne un’altra dando una schedadove sono disegnate delle casette contrassegnate con le forme geometriche note:quadrato, rettangolo, cerchio e triangolo. Mettiamo a disposizione varie forme di cartache il bambino deve incollare nella casetta giusta.

Possibile prosecuzioneUna possibile prosecuzione è di andare a caccia per la scuola di forme geometriche, perpoi tornare in classe e rappresentare in un cartellone gli oggetti che rappresentavano lefigure geometriche.Il gioco del Tangram con tutti i suoi sviluppi appassiona i bambini e stimola e sviluppale capicità riguardanti le figure geometriche piane.

NoteQualsiasi figura geometrica, piana o solida che sia, dal punto di vista matematico ècomunque frutto di un’astrazione (nessuna figura geometrica esiste nella realtà!), inoltrel’idea di figura piana è comunque più sofisticata, dal punto di vista concettuale di quelladi figura solida in quanto ha due sole dimensioni la lunghezza e la larghezza. Nellarealtà è difficile trovare anche una sola rappresentazione corretta perché qualsiasi cosaprendiamo come modello ha sempre uno spessore, anche se pur minimo.Questo noi insegnanti lo dobbiamo tenere di conto: non esistono gli oggetti matematici,ma dei modelli, delle loro rappresentazioni, che hanno sempre, anche se minimo unlimite.

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NUCLEO: PROBABILITA’“Il gioco dei bruchi”

Competenza generaleSa prevedere gli eventi in caso di incertezza e rappresentarli

Obiettivi specifici-  Saper riconoscere in situazioni di gioco i termini “possibile”, “impossibile”,

“certo”-  Saper utilizzare in maniera appropriata i termini “possibile”, “impossibile”,

“certo”-  Saper riconoscere e comprendere in situazioni ludiche la stessa probabilità di un

evento

Metodologie di lavoro e organizzazioneL’attività è svolta in aula, con l’intero gruppo di bambini di tre anni e riproposta per

varie settimane. Le varie fasi sono previste di 30/40 minuti ognuna. Vengonopredisposte dalle maestre monete e dadi con i colori necessari al gioco: inizialmentequattro monete rispettivamente di colore giallo/verde, giallo/giallo, verde/verde,verde/bianco. E due disegni di bruchi (uguali tra loro e costituiti da testa, coda e tre oquattro segmenti intermedi che i bambini dovranno colorare o di verde o di giallo.

AttivitàFase 1I bambini sono divisi in due squadre, quella verde e quella gialla; l’obbiettivo del giocoè di colorare completamente il rispettivo bruco. Per poter colorare a turno, ognibambino sceglie una moneta, la lancia e colora un segmento soltanto se è uscito ilcolore della sua squadra. La maestra chiede ad ogni bambino prima che scelga lamoneta quale secondo lui renderà CERTA, IMPOSSIBILE o POSSIBILE l’uscita delcolore richiesto, invitandolo a ragionare per una scelta “conveniente”. Il colore biancosarà un “perdo il turno di gioco e non coloro”.Fase 2Viene tolta una moneta monocolore, per esempio quella verde/verde. I bambini cheavranno capito lo spirito del gioco si renderanno conto che la vittoria della squadraverde ora è molto più improbabile e si ragiona sul fatto che la squadra gialla ha ancora adisposizione l’evento certo, mentre quella verde ha sola eventi possibili al 50%. Sianalizza quali sono le monete favorevoli ad una squadra e quali all’altra e se sono tutte

favorevoli “allo stesso modo”.Fase 3Si sostituiscono dei dadi alle monete: un dado con tre facce verdi e tre gialle, uno conquattro verdi e due gialle, uno con tre verdi, una bianca e due gialle. Si gioca come nellefasi precedenti e l’insegnante sollecita osservazioni su quale squadra vince piùfacilmente, cercando una spiegazione.Si possono sostituire i dadi in qualunque momento, lasciando ai bambini il tempo peranalizzarli prima di scegliere con quale effettuare il lancio: se si vuole rendere esplicitala correlazione tra la squadra vincente ed il numero di facce del dado di quel colore sipossono usare tre dadi dove una squadra ha rispettivamente tre, quattro e cinque faccedel suo colore.

Verifica

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L’attività è essa stessa valutativa: con la riproposizione del gioco nei giorni successivi ibambini miglioreranno prima la comprensione ed in seguito l’uso dei termini indicati,arrivando ad usarli anche in altre situazioni: si possono fare domande su eventi chepossono accadere e sentire le loro risposte, si può proporre il gioco in piccoli gruppidove ogni bambino avrà il proprio disegno da completare ed eventualmente inserire altri

colori nei disegni e nei dadi.Possibile prosecuzioneL’obbiettivo successivo, già in parte accennato, può essere il confronto tra le probabilitàdi due eventi: riprendendo le monete si osservano quando le probabilità di uscita digiallo e verde sono le stesse e quando lo stesso colore ha la stessa possibilità di uscirecon due monete diverse. Poi si passa ai dadi che sono stati usati. Con la pratica si puòavviare il conteggio delle facce, in modo da ragionare a priori sull’uscita più probabiledi un colore e non limitarsi ad una scelta casuale o di tipo affettivo.

NoteNon si deve pretendere da bambini così piccoli l’uso dei termini indicati: quelli che

hanno abilità linguistiche più sviluppate impareranno prima ad usare i termini “certo”,“possibile” e “impossibile”, per gli altri sono accettabilissimi anche i sinonimi cherendano però palese l’acquisizione del concetto

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NUCLEO: PROBABILITA’“Cosa mangiamo oggi?”

Competenza generaleSa costruire e rappresentare semplici combinazioni di eventi

Obiettivi specifici-  Saper riconoscere e comprendere in situazioni di gioco la probabilità del

verificarsi di un evento-  Saper scoprire combinazioni di eventi-  Saper rappresentare le combinazioni scoperte-  Saper individuare da una rappresentazione quali combinazioni sono possibili

Metodologie di lavoro e organizzazioneL’attività è svolta in aula, con l’intero gruppo di bambini di cinque anni, e ripropostaper vari giorni. Ogni fase ha tempi variabili: la raccolta delle risposte e la preparazionedei materiali richiedono un paio d’ore, le fasi successive circa 30/40 minuti ognuna.

Vengono predisposte monete e dadi su cui i bambini incollano le figure date lorodall’insegnante ed il tabellone dove registrare le combinazioni.

AttivitàFase 1L’insegnante chiede ai bambini cosa pensano che mangeranno a pranzo. Si raccolgonole risposte e si dividono in base all’ordine delle portate: come primo pasta o minestra,come secondo carne o pesce, in chiusura frutta o dolce. Vengono date ai bambini dellefigure che rappresentano queste portate e si decide come incollarle sulle monete: unamoneta per i primi, una per i secondi, una per l’ultima portata. Le stesse figureserviranno per rappresentare le combinazioni uscite nel tabellone. L’insegnante sollecitai bambini ad osservare che due eventi rappresentati sulla stessa moneta non possonoavvenire contemporaneamente. Se avessimo invece una moneta con pasta e carne,“Potremmo mangiare le penne al pomodoro e lo spezzatino nello stesso pasto?” Sidiscute la scelta più opportuna per la “creazione” delle monete appropriate per questocaso.Fase 2Comincia il gioco. A turno gruppi di tre bambini lanciano ciascuno una moneta per“creare” il possibile pranzo. Si riportano le combinazioni sul tabellone, mettendo insequenza le figure: quando una sequenza si ripete non viene riportata. Lasciamo lemonete in posizione fino a quando non abbiamo riportato la combinazione sul tabellone:

il pranzo. Ragioniamo su quante sequenze possiamo ottenere: abbiamo due possibilitàper ogni portata, quindi in totale otto. Nel momento in cui saranno tutte rappresentatesul tabellone, verificheremo che non ne esistono altre.Fase 3In realtà le possibilità potrebbero non essere soltanto due: come primo potremmo doverinserire il riso, come secondo anche il formaggio, o le uova o gli affettati. Le monetequindi possono non essere più utili e la maestra le sostituisce con dadi: un dado per iprimi, che contiene due volte il riso, due la pasta, due la minestra; uno per i secondi(quale secondo verrà usato due volte? Quale mangiamo più spesso?) e possiamo tenerela moneta, o sostituirla con un dado con tre frutti e tre dolci. Le combinazioniaumentano: non è detto che si debbano ottenere tutte, ma possiamo comunque

continuare la registrazione delle uscite.Fase 4

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Una volta che i bambini abbiano raggiunto una certa pratica con la registrazione dellecombinazioni si può chiedere loro di “leggere” quello che avranno per pranzo almomento del loro arrivo a scuola: troveranno una sequenza e dovranno interpretarla.Oppure, a turno dopo il pranzo, indicheranno con i consueti simboli quello che hannoappena mangiato e lo registreranno sul tabellone. Questa attività è un inizio di

rilevamento statistico: alla fine della settimana o del mese si potrà vedere cosa è statoservito più spesso.

VerificaUna qualunque modifica dell’attività può essere utile per la valutazione. Alcuneinsegnanti hanno deciso di proporre i capi di vestiario con colori diversi: pantaloni otuta e magliette di due o tre colori da combinare tra loro, oppure il gioco di “ReginaReginella quanti passi devo fare” modificato con due dadi contenenti uno diversianimali (formica, cane, elefante, orso, canguro e lumachina; l’altro i numeri da 1 a 6).Riproponendo le fasi è stato verificato il raggiungimento o meno degli obiettivi.

Possibile prosecuzioneGià i suggerimenti presenti nella fase di verifica possono essere visti anche comeprosecuzione.È possibile proporre questa attività anche a bambini più piccoli, limitando il numerodelle combinazioni a quelle ottenute per esempio con due sole monete o due soli dadi eregistrando le combinazioni con una tabella a doppia entrata, dove indicare con unsegno nell’incrocio della riga e della colonna il risultato ottenuto.

NoteInvece del passaggio ai dadi è possibile aggiungere nuove monete: nel caso per esempiodei secondi, si potrebbe aggiungere una moneta con i salumi i formaggi. Si pone allorail problema di decidere come scegliere quale moneta usare: decide il bambino che develanciare in base al gusto personale, usiamo la moneta che non è stata usata la voltaprecedente o altro. Anche qui è importante far notare che scegliendo un oggetto siescludono automaticamente due possibilità. È anche possibile utilizzare dadi che ibambini definiscono “strani”: si tratta di tetraedri ( a quattro facce triangolari) o ottaedri(otto facce, sempre triangolari) in vendita nelle cartolerie e molto usati per i giochi diruolo.Quando i bambini avranno acquisito dimestichezza con la rappresentazione si potràproporre loro quella ad albero, dove sono indicate tutte le possibilità: il tabellone potràessere preparato dalle mastre o insieme ed ogni giorno si indicherà tramite un

segnaposto quale percorso rappresenta il pasto servito.

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NUCLEO: MISURA“Misuriamo le parole”

Competenza generaleRiconosce ciò che può essere misurato in un oggetto

Obiettivi specifici-  Riconoscere le qualità che possono essere misurate in un oggetto ossia le

grandezze misurabili-  Individuare tali qualità mediante un linguaggio appropriato-  Favorire la nascita del colpo d’occhio-  Saper classificare gli oggetti in base alla grandezza misurabile scelta e condivisa-  Saper ordinare dal maggiore al minore e viceversa degli oggetti rispetto ad una

grandezza misurabile

Metodologie di lavoro e organizzazione

L’attività è stata svolta durante la mattina nella fascia oraria dell’intersezione, in modotale da sfruttare la presenza di due insegnanti; la durata di ogni fase era di un’ora per ilperiodo di una settimana. È stata svolta con 15 bambini grandi nella seconda partedell’anno, perciò alcuni avevano già compiuto 6 anni.Gli spazi utilizzati sono stati il corridoio e la sezione.Non occorre del materiale particolare solo quello di facile consumo; bisogna prepararsiprima i cartoncini con le parole.Sono state scelte le parole come oggetto da misurare per continuità didattica con quelloche facevano già nel campo di esperienza del linguaggio, infatti erano parole conosciutedai bambini.Attività

Fase 1Andiamo con i bambini in corridoio o in palestra e mostriamo loro i cartoncini conparole che conoscono, ma di lunghezza diversa. Chiediamogli che cosa si può misuraredi una parola (certo devono già sapere che cosa significa misurare). La risposta piùprobabile è la lunghezza: è quella più ovvia e anche quella che i bambini riconosconomaggiormente.A questo punto chiediamo loro come possiamo fare per misurare le parole. Uscirà ilconfronto dei cartoncini e lo eseguiremo, ma proponiamo anche di misurarle usando ipiedi.Ad ogni bambino assegneremo un cartoncino con una parola e si sposterà muovendo un

piede alla volta, di tanti passi/piedi quante sono le lettere della sua parola. Alla finequando tutti i bambini avranno compiuto tutti gli spostamenti, osserviamo chi è arrivatopiù lontano, chi è rimasto più vicino alla linea di partenza e domandiamo “Qual è la

 parola più lunga? Qual è la parola più corta? Ci sono due parole lunghe uguali?…”.Fase 2Questa volta in sezione assegniamo ai bambini i soliti cartoncini con le parole, maassicurandoci di dargliele diverse dalla volta precedente; questa volta il sistema dimisurazione sarà diverso: useremo delle tesserine di uguale misura. Mettiamo adisposizione dei bambini molte tesserine e partendo da una linea comune di partenzaappoggiano una tesserina sopra l’altra per ogni lettera della parola. Si formerà così un“lombrico” che corrisponde alla lunghezza della parola stessa. Anche in questo modo

possono visualizzare e confrontare direttamente le lunghezze delle parole. A questopunto abbiamo formato una rappresentazione ad istogrammi che possiamo incollare su

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un cartellone.

Fase 3Riprendiamo i cartoncini e le tesserine, facciamo realizzare nuovamente gli istogrammi,

ma questa volta ogni parola in un foglio da disegno, cercando di far attaccare icartoncini partendo tutti dallo stesso lato del foglio e dal margine. Quando ognibambino avrà finito la sua realizzazione, invitiamo i bambini a mettere i cartoncini cherappresentano la lunghezza delle parole in ordine crescente: dalla parola più lunga allapiù corta e viceversa, aiutandoci anche con il conteggio delle tesserine.

VerificaPer la verifica assegniamo ad ogni bambino due cartoncini con parole nuove echiediamo loro di misurarle con la tecnica delle tesserine incollandole in un foglio, perstabilire tra le due qual è la più lunga e quale la più corta. Volendo è un’attività che sipuò fare eseguire anche a coppie; in questo caso prestiamo molta attenzione alle loro

conversazioni e discussioni, perché interessante sarà cosa si diranno per mettersid’accordo in caso di dissenso.

Possibile prosecuzioneRicerchiamo in sezione e poi nella scuola altri oggetti di cui possiamo misurare lalunghezza, per vedere se ormai i bambini riescono a cogliere questa grandezzamisurabile e facciamo un cartellone con gli oggetti “lunghi”. Facciamo osservare ulteriormente sempre gli stessi oggetti e chiediamo se di questioggetti io potrei misurare qualcos’altro, quindi se riescono a trovare qualche altragrandezza misurabile. Possiamo così raggruppare gli oggetti in base alla nuovagrandezza misurabile scoperta.

NoteSi sa che misurare un oggetto non è possibile, ma si possono misurare alcune suequalità. Qualità che sono appunto misurabili, oggettive, non soggettive o imputabili algusto di chi sta osservando l’oggetto. Per questo è importante rendere i bambiniconsapevoli del significato relativo alla misura e compiere attività al riguardo.Nel bambino il discorso della misura è legato a quello dell’interpretazione di una realtàesterna a sé e quindi è indispensabile che egli sia in grado di creare un rapporto tra sé eil mondo, che sappia operare delle stime, dare dei propri giudizi e confrontare il propriogiudizio soggettivo con dei dati esterni oggettivi, attraverso giochi e pratiche

laboratoriali, per gettare così le basi del concetto di misura, che non è semplice daacquisire, come può sembrare a prima vista.

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NUCLEO: MISURA“Che cosa serve per misurare”

Competenza generaleSa compiere semplici misurazioni con strumenti convenzionali e non

Obiettivi specifici-  Saper confrontare direttamente una grandezza misurabile con un’unità di misura

scelta-  Saper scegliere uno strumento di misura adeguato alla grandezza misurabile-  Saper compiere misurazioni con uno strumento non convenzionale-  Saper compiere misurazioni con uno strumento convenzionale

Metodologie di lavoro e organizzazioneLe attività sono state svolte durante il posticipo, quindi con un gruppo di bambinivariabile sia nel numero di componenti sia nelle età.

I tempi sono limitati a un massimo di trenta minuti per volta e la situazione didattica èstata proposta per circa due settimane. I bambini avevano già svolto attività sulla misuradurante il tempo normale.I materiali utilizzati sono stati oggetti presenti in aula (righelli, bilancia, metro,termometro), dizionario.

AttivitàFase 1Discussione con domande stimolo del tipo “Cosa vuol dire misurare?”, “Che cosa simisura?”, “Come si misura?”, … Questa conversazione aveva lo scopo di controllarequanto i bambini ricordavano delle attività svolte in precedenza e consentire ai più dirafforzare la competenza (n°1 Misura). In questo momento è stato utilizzato ildizionario per la ricerca del significato condiviso della parola “misurare”. Fase 2Scelta, fra vari oggetti proposti dall’insegnante, di uno di essi e di una sua qualità damisurare. I bambini hanno scelto oggetti diversi e quindi sono stati divisi in gruppi; inquanto alla proprietà quasi tutti hanno scelto la lunghezza perché la più facile daindividuare per loro.Fase 3Scelta di uno strumento, tra quelli presenti in aula, per misurare la qualità misurabileindividuata nell’oggetto selezionato. L’insegnante con domande opportune (problem

posing) sollecita il ragionamento che guida nella scelta dello strumento adeguato.Fase 4I bambini misurano la proprietà misurabile dell’oggetto scelto esplicitando via via leloro intenzioni, sollecitati eventualmente dall’insegnante. È in questa fase chegeneralmente si incontrano le maggiori difficoltà: la corretta procedura di misurazioneprevede, infatti, una buona manualità e accuratezza nell’accostare ripetutamente lostrumento utilizzato come unità di misura.Fase 5Disegno individuale relativo all’attività svolta e narrazione di quanto avvenuto.Fase 6 Discussione sull’opportunità di usare tutti lo stesso strumento di misura, richiamando

anche il vissuto dei bambini: il papà che utilizza il metro, il pediatra che usa il metro ela bilancia, …

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Fase 7 I bambini misurano l’oggetto scelto in precedenza con il righello. Il lavoro è stato svoltoin piccoli gruppi misti per età, in modo tale che i grandi aiutassero i più piccoli. Restacomunque elevata la difficoltà di lettura del righello.

VerificaÈ stato richiesto ai bambini di misurare la proprietà precedente (la lunghezza) in unoggetto assegnato dall’insegnante con uno strumento scelto liberamente dai bambini di3 anni, mentre per i 4-5 anni era dato dall’insegnante. Infine rappresentazione graficadell’attività.

Possibile prosecuzioneMisurare altre qualità come il peso o la capacità, ripetendo le attività indicate.

Note

È consigliabile fare riferimento a proprietà di cui il bambino ha esperienza, come lalunghezza, la capacità ed il peso, richiamando spesso quanto egli vede eseguire in casanel corso di attività quotidiane.Queste proposte consentono anche di rafforzare le capacità di lettura dei simbolinumerici; in particolare nel caso del peso consigliamo di usare sia la bilancia analogicasia quella digitale: la prima consente di porre l’attenzione sul confronto della proprietàtra due oggetti e sull’additività, la seconda sulla lettura del numero.La bilancia analogica permette a tutti i bambini, anche a coloro che non sanno leggere inumeri, di poter compiere seriazioni di oggetti in base al peso.Il confronto tra superfici risulta essere particolarmente difficile; se le due superfici sonotali che sovrapponendo una all’altra la prima è completamente contenuta nella secondail bambino non ha difficoltà a indicare qual è la maggiore o la minore, ma quanto amisurarle con un’unità di misura questo risulta agevole solo con figure opportunamentescelte (con un rettangolo i cui lati siano multipli dell’unità di misura). Se al momentodella sovrapposizione delle figure non si verifica il caso precedente, il confronto diventaimpossibile perché il bambino non possiede ancora il concetto di conservazione dellamisura dell’area come si può sperimentare operando in classe con il Tangram.

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NUCLEO: PROBLEMI“Il gioco dei barattoli”

Competenza generaleSa riconoscere una situazione problematica e formulare strategie per risolverla.

Obiettivi specifici-  Saper riconoscere i numeri-  Saper sommare i numeri 1, 2, 3 ed indicare il risultato-  Saper registrare il risultato dei lanci

Metodologie di lavoro e organizzazioneLe attività sono svolte in aula da bambini di quattro anni. Il gioco richiede un tempo di30/40 minuti, ma in precedenza i bambini hanno preparato il materiale necessario: nellaprima fase sono necessari 6 barattoli su cui vengono incollati i simboli 1,2,3.

AttivitàFase 1I bambini, dopo aver applicato su tre barattoli il numero1, su due il numero 2 esull’ultimo il numero3, dispongono i barattoli come in un tiro a segno del Luna Park,con i numeri 1 più in basso e più vicini, i 2 un po’ più in alto e lontano, il 3 nel puntopiù alto e più difficile da colpire. La maestra decide da quale distanza si devono fare ilanci, segnando la posizione in terra con un nastro adesivo colorato. I bambini vengonodivisi in gruppi (due squadre o più, con al massimo quattro giocatori ciascuna), e sidecide il turno di lancio delle squadre ed il turno di lancio all’interno di ogni squadra. Ibambini hanno ciascuno a disposizione un lancio, con cui devono centrare un barattolo:quando riescono a centrarlo registrano su un foglio il loro punteggio ed al termine delgiro si sommano i risultati. Vince la squadra che ha registrato il punteggio più alto.Fase 2Viene assegnato dalla maestra un punteggio che deve essere raggiunto: vincerà lasquadra che riesce ad ottenerlo per prima. I turni di lancio delle squadre e dei bambinivengono sorteggiati, si lancia e si registra il primo risultato: al momento del lanciosuccessivo potrebbe essere necessario discutere quale barattolo porta più vicini allavittoria, quindi cercare di centrare un barattolo ben preciso e non casuale. Si crea quindiuna situazione problematica, in cui la maestra, con opportune domande, porterà ibambini a discutere e ragionare sulla risoluzione, considerando le proprie capacità e le

possibilità degli avversari di vincere a loro volta.Fase 3Appena i bambini hanno raggiunto una certa familiarità con le addizioni fino al 10, sipossono aggiungere nuovi barattoli con altri numeri; inizialmente si continuerà aposizionare più in alto i numeri più grandi, poi invece si possono sistemare in manieradiversa, cercando di verificare il “riconoscimento” del simbolo numerico.

VerificaIl gioco stesso si presta facilmente ad essere prova di valutazione. Il bambino che è ingrado di dichiarare quale barattolo deve essere centrato se deve ottenere un totale di 12quando la squadra ha già ottenuto 9, per esempio, ha pienamente raggiunto l’obiettivo

più elevato.

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Possibile prosecuzioneL’aumento delle cifre sui barattoli può proseguire anche arrivando al numero 9, avendocura comunque di non ottenere valori troppo alti per le somme. È interessante vederecosa succede se vengono tolti alcuni numeri, così da impedire determinati risultati. Una

volta che si abbia una consistente collezione di barattoli si può decidere volta per voltaquali usare (solo quelli pari: i risultati delle somme saranno ancora pari?), oppure si puòdecidere di posizionare i numeri in ordine crescente o decrescente ( una primaintroduzione alla retta dei numeri).

NoteSe i bambini non sono ancora in grado di gestire il simbolo numerico possono indicareil risultato ottenuto con altri simboli (pallini, crocette, mattoncini) ma alla fine dovrannocomunque confrontare il loro risultato, anche tramite una corrispondenza biunivoca, conquello degli avversari, e decretare vincitore il gruppo che ha ottenuto la “quantità”maggiore.

Interessante sarà annotare le strategie che i bambini adotteranno per compiere leaddizioni e trovare così il punteggio totale raggiunto. Potremmo fargliele verbalizzare;innanzitutto per svolgere un lavoro metacognitivo, cioè renderli consapevoli di unaconquista e di una competenza acquisita. Inoltre potranno condividere un sapereconquistato in modo tale che l’insegnante possa confermare la conquista del bambino eistituzionalizzare così le conoscenze acquisite.È possibile, con domande adeguate, introdurre la sottrazione “per completamento”:“Che numero ti serve per arrivare a…?” “Quanto manca per avere….?”