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Anno 119 20 MARZO 2016 e Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia 11 V ita La G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10 dal 1897 La Vita è on line clicca su www.settimanalelavita.it aveva detto: “Non è bene che un profeta muoia al di fuori della città santa”. Ed eccolo ora alle porte di Gerusalemme, probabil- mente per la prima volta durante la sua breve vita pubblica, insieme a migliaia e migliaia di pellegri- ni, provenienti da ogni parte della Palestina e della diaspora, accom- pagnato dai suoi discepoli e dalle sue discepole, provenienti, come lui, dalla lontana Galilea. L’ulti- ma tappa dal Monte degli Ulivi ha presentato una lieta sorpresa. I suoi accompagnatori, alcuni galilei, anch’essi venuti a celebrare la pa- squa, probabilmente altri che ave- vano sentito parlare di lui, hanno inscenato un’accoglienza trionfale di chiare apparenze messianiche, agitando rami di ulivo e di palma in segno di festa, cantando e di- stendendo le vesti dinanzi a lui, che procedeva umile e maestoso sulle spalle di un asinello, segno della sua regalità per la quale fra poche ore sarà condannato a morte. Una piccola consolazione da parte di un popolo che nella sua grande mag- gioranza non ha accettato il suo messaggio e il suo insegnamento, ma anche un avviso sinistro per i suoi nemici, che aspettano da anni il momento opportuno per farlo fuori. La successiva protesta del tempio sarà la classica goccia che farà tra- boccare il vaso e colmerà la misura delle prove attese per una vera e propria esecuzione finale. Toccare il tempio era una grande offesa per la sensibilità religiosa del popolo ebraico, soprattutto delle autorità sacerdotali provenienti dalla setta semi-materialista dei sadducei, ma anche del governatore romano, che aveva l’impegno di salvaguardarne i confini e regolare l’andamento delle sue funzioni interne. Nel tempio si offrivano sacrifici e si pregava per l’imperatore. Così, nel racconto de- gli ultimi giorni di vita di Gesù fa la sua comparsa il governatore roma- no e, con lui, il potere romano, a cui oggi si riconosce una grande parte di responsabilità nelle condanna a morte del profeta galileo. Tutti i cristiani conoscono so- stanzialmente bene il prosieguo di questa triste storia che ogni anno essi seguono prendendo parte at- tiva alle meravigliose liturgie della chiesa che, per l’occasione ha tro- L’ vato nel corso dei secoli le più belle espressioni, le più suggestive parole, le più felici immagini per ricordare e far rivivere a tutti gli avvenimenti più importanti e più decisivi dell’in- tera storia umana. Ma gli insegna- menti di questi ultimi tempi dovreb- bero avere abituato a vedere le cose con maggiore profondità. Perché la liturgia non solo ricorda, ma rende presenti (li ri-presenta) gli avveni- menti che celebra, strappandoli al tempo e facendoci contemporanei a essi. Una delle più belle assicurazio- ni della nostra fede, se vogliamo un vero miracolo da un punto di vista umano, ma una consolante realtà che ci permette di fare nostri i senti- menti di coloro che per primi vissero questi avvenimenti e soprattutto di fare nostra quella grazia che da essi continuamente si sprigiona. Così noi saremo presenti nella domenica delle palme al piccolo ma significativo trionfo di Gesù e, con i pellegrini di Gerusalemme batte- remo le mani al re, che, viaggiando sul dorso di un puledro d’asino, ha condannato per sempre tutti i de- strieri dell’orgoglio, della prepoten- za, della violenza e canteremo tutti insieme la pace messianica che Gesù ci ha lasciato in consegna perché la portiamo, senza pause e senza sco- raggiamenti, fino agli estremi confini della terra. E la sera del giovedì san- to ascolteremo in diretta le parole: “Questo è il mio corpo offerto in sa- crificio per voi”, “Questo è il sangue della nuova ed eterna alleanza per la remissione dei vostri peccati”. E, con nuovo incanto, riascolteremo il comando di ripetere il suo gesto sal- vifico fino al momento del suo ritor- no. Perché il dono è per sempre. E venerdì non ubbidiremo all’or- dine militare di stare lontani dalla croce dove gli uomini hanno appeso il corpo nudo del più bello dei figli dell’uomo, il Figlio che il Padre ave- va inviato per portare loro il dono della divinità e della fraternità uni- versale, ma romperemo le file per essere il più possibilmente vicini a lui, mentre muore nel più assurdo e doloroso dei supplizi che la malva- gità dell’uomo abbia mai inventato. Insieme alle donne, le più coraggiose in quei momenti estremi, come tante altre volte nella storia infinita della sofferenza umana. Poi staremo in silenzio insieme al Padre che sta me- ditando nel suo segreto la vendetta dell’amore. Il grande silenzio, per meditare, pregare, per ricominciare, perché non abbiamo ancora impa- rato a vivere e morire come lui ci ha insegnato. Una utopia a cui dob- biamo sempre avvicinarsi, pur nella consapevolezza di non poterla mai raggiungerla pienamente. Ma sabato notte, alle luci dell’al- ba, nessuno ci fermerà. Insieme alle nostre campane, sopra le case, nell’alto dei cieli, ci scioglieremo anche noi, come ebbri di gioia, per dire a tutti che la morte è vinta, che la speranza ha trionfato, che l’im- possibile si è realizzato. E canteremo l’alleluia senza stancarci mai. Giordano Frosini Con Gesù negli ultimi suoi giorni

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Anno 119

20 MARZO 2016

e 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616e_mail: [email protected]. annuo e 45,00(Sostenitore e 65,00)c/cp n. 11044518 Pistoia

11VitaLaG I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10

dal 1897

La Vita è on lineclicca su

www.settimanalelavita.it

aveva detto: “Non è bene che un profeta muoia al di fuori della città santa”. Ed eccolo ora alle

porte di Gerusalemme, probabil-mente per la prima volta durante la sua breve vita pubblica, insieme a migliaia e migliaia di pellegri-ni, provenienti da ogni parte della Palestina e della diaspora, accom-pagnato dai suoi discepoli e dalle sue discepole, provenienti, come lui, dalla lontana Galilea. L’ulti-ma tappa dal Monte degli Ulivi ha presentato una lieta sorpresa. I suoi accompagnatori, alcuni galilei, anch’essi venuti a celebrare la pa-squa, probabilmente altri che ave-vano sentito parlare di lui, hanno inscenato un’accoglienza trionfale di chiare apparenze messianiche, agitando rami di ulivo e di palma in segno di festa, cantando e di-stendendo le vesti dinanzi a lui, che procedeva umile e maestoso sulle spalle di un asinello, segno della sua regalità per la quale fra poche ore sarà condannato a morte. Una piccola consolazione da parte di un popolo che nella sua grande mag-gioranza non ha accettato il suo messaggio e il suo insegnamento, ma anche un avviso sinistro per i suoi nemici, che aspettano da anni il momento opportuno per farlo fuori.

La successiva protesta del tempio sarà la classica goccia che farà tra-boccare il vaso e colmerà la misura delle prove attese per una vera e propria esecuzione finale. Toccare il tempio era una grande offesa per la sensibilità religiosa del popolo ebraico, soprattutto delle autorità sacerdotali provenienti dalla setta semi-materialista dei sadducei, ma anche del governatore romano, che aveva l’impegno di salvaguardarne i confini e regolare l’andamento delle sue funzioni interne. Nel tempio si offrivano sacrifici e si pregava per l’imperatore. Così, nel racconto de-gli ultimi giorni di vita di Gesù fa la sua comparsa il governatore roma-no e, con lui, il potere romano, a cui oggi si riconosce una grande parte di responsabilità nelle condanna a morte del profeta galileo.

Tutti i cristiani conoscono so-stanzialmente bene il prosieguo di questa triste storia che ogni anno essi seguono prendendo parte at-tiva alle meravigliose liturgie della chiesa che, per l’occasione ha tro-

L’

vato nel corso dei secoli le più belle espressioni, le più suggestive parole, le più felici immagini per ricordare e far rivivere a tutti gli avvenimenti più importanti e più decisivi dell’in-tera storia umana. Ma gli insegna-menti di questi ultimi tempi dovreb-bero avere abituato a vedere le cose con maggiore profondità. Perché la liturgia non solo ricorda, ma rende presenti (li ri-presenta) gli avveni-menti che celebra, strappandoli al tempo e facendoci contemporanei a essi. Una delle più belle assicurazio-ni della nostra fede, se vogliamo un vero miracolo da un punto di vista umano, ma una consolante realtà che ci permette di fare nostri i senti-menti di coloro che per primi vissero questi avvenimenti e soprattutto di fare nostra quella grazia che da essi continuamente si sprigiona.

Così noi saremo presenti nella domenica delle palme al piccolo ma significativo trionfo di Gesù e, con i pellegrini di Gerusalemme batte-remo le mani al re, che, viaggiando

sul dorso di un puledro d’asino, ha condannato per sempre tutti i de-strieri dell’orgoglio, della prepoten-za, della violenza e canteremo tutti insieme la pace messianica che Gesù ci ha lasciato in consegna perché la portiamo, senza pause e senza sco-raggiamenti, fino agli estremi confini della terra. E la sera del giovedì san-to ascolteremo in diretta le parole: “Questo è il mio corpo offerto in sa-crificio per voi”, “Questo è il sangue della nuova ed eterna alleanza per la remissione dei vostri peccati”. E, con nuovo incanto, riascolteremo il comando di ripetere il suo gesto sal-vifico fino al momento del suo ritor-no. Perché il dono è per sempre.

E venerdì non ubbidiremo all’or-dine militare di stare lontani dalla croce dove gli uomini hanno appeso il corpo nudo del più bello dei figli dell’uomo, il Figlio che il Padre ave-va inviato per portare loro il dono della divinità e della fraternità uni-versale, ma romperemo le file per essere il più possibilmente vicini a

lui, mentre muore nel più assurdo e doloroso dei supplizi che la malva-gità dell’uomo abbia mai inventato. Insieme alle donne, le più coraggiose in quei momenti estremi, come tante altre volte nella storia infinita della sofferenza umana. Poi staremo in silenzio insieme al Padre che sta me-ditando nel suo segreto la vendetta dell’amore. Il grande silenzio, per meditare, pregare, per ricominciare, perché non abbiamo ancora impa-rato a vivere e morire come lui ci ha insegnato. Una utopia a cui dob-biamo sempre avvicinarsi, pur nella consapevolezza di non poterla mai raggiungerla pienamente.

Ma sabato notte, alle luci dell’al-ba, nessuno ci fermerà. Insieme alle nostre campane, sopra le case, nell’alto dei cieli, ci scioglieremo anche noi, come ebbri di gioia, per dire a tutti che la morte è vinta, che la speranza ha trionfato, che l’im-possibile si è realizzato. E canteremo l’alleluia senza stancarci mai.

Giordano Frosini

Con Gesùnegli ultimi suoi giorni

2 n. 11 20 MARZO 2016 LaVitaprimo pianoDue processi o uno solo?

Catturato, come si sa la sera stessa dell’ultima cena, da “una folla con spade e bastoni” (Mc 14, 43), con la complicità di Giuda il “tra-ditore” (ma nell’operazione era presente anche l’esercito romano, come vuole Giovanni? Un particolare tutt’altro che insignificante), Gesù fu condotto dinanzi ai sommi sacerdoti e ai componenti del sinedrio che fu possibile radunare in fretta e furia e interrogato alla ricerca di un motivo per poterlo condannare. Le discordi testimonianze risultarono inutili quando Gesù si accusò da solo affer-mando che egli era il Cristo, il messia, il figlio del Benedetto. Non si trattò di un processo vero e proprio, ma semplicemente una di conclusione per inviarlo al procuratore romano, Ponzio Pilato, perché soltanto lui, dopo l’occupazione romana, aveva lo jus gladii, cioè il diritto di condannare a morte. A condanna ultimata, Flavio Giuseppe poté esprimere l’intera vicenda in una frase riassuntiva: “Gesù fu condannato da Pilato su denuncia dei capi dei giudei”. Quindi più che un processo vero e proprio, quello dei Sommi Sacerdoti e del Sinedrio, era il lavoro tipico del pubblico ministero. Del processo vero e proprio fu pro-tagonista il rappresentante di Roma, Ponzio Pilato.

Per ricostruirlo, forse è bene abbandonare i sinottici (Marco in particolare, preferito normalmente dagli studiosi) e rivolgersi a Giovanni che lo narra in modo più ampio e par-ticolareggiato e in forma decisamente più avvincente. Il processo si basa sostanzialmente sull’unico motivo che poteva interessare il potere civile e militare: “Sei tu il re dei giudei?”. Era con questa accusa che il sinedrio lo aveva presentato e consegnato a Pilato. I due si affrontano su due piani diversi, distanti fra loro e, a prima vista almeno, incomunicabili. Il Regno di cui parla Gesù non è di questo mondo (attenzione: de hoc mundo, nel testo della Volgata, che vuol dire “non pro-viene da questo mondo”, ma non che non vive nel mondo). Quando Gesù accenna alla verità (“Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”), Pilato esce fuori in quella domanda che Nietzsche considera come “la battuta più sottile di tutti i tempi”: “Che cos’è la verità?”. Una domanda che rimase allora senza risposta e che continua a interrogare e a inquietare tutti coloro che amano riflettere e pensare.

Tutto sommato, però, Pilato sem-brava convinto dell’innocenza di Gesù e tentò tutte le strade per poterlo rimandare libero: prima lo inviò al suo nemico dichiarato che era Erode re della Galilea perché se la sbrigasse lui, poi lo propose per la liberazione insieme al ribelle omicida Barabba, sperando che il popolo scegliesse lui per la tradizionale grazia pasquale, lo fece successivamente fustigare per poi rimandarlo libero. Ma alla fine, per paura di essere denunciato a Roma, cedette e lo consegnò ai giudei perché lo crocifiggessero.

Un misto di indecisione, di paura, di volontà di rispettare la giustizia di cui Roma era maestra famosa, di disinvoltura dinanzi a una condanna così spietata, di cattiveria messa in luce dai comportamenti usuali (tutti l’hanno descritto come un violento sanguinario), di timore reverenziale per l’imperatore romano: questo era Pilato, come ci è stato tramandato

da coloro che hanno parlato di lui. In realtà, più tardi, appena sei anni dopo la morte di Gesù, fu esonerato per abuso d’ufficio e ritornò a Roma. Ma quanto dicono gli evangelisti corrisponde a totale verità? Si sa che essi tendono a calcare le responsa-bilità degli ebrei e a glissare quelle di Roma. E per questo la domanda rimane, anche perché gli evangelisti avevano qualche ragione per agire in tal modo. Si voleva mettere in luce la cattiveria indistintamente del popolo che non aveva accettato in massa il messaggio di Gesù (lo farà in modo particolare Matteo, che scrive per gli ebrei) e si voleva evitare la reazione di Roma, che già nel 70 d. C., prima della composizione di tutti i vangeli eccettuato quello di Marco, aveva già soffocato nel sangue una ribellione giudaica, arrivando fino alla distruzio-ne di Gerusalemme e del suo tempio.

causa mortisComunque, oggi si può essere

d’accordo su quanto segue: nel “pro-cesso” religioso, Gesù fu condannato per la sua bestemmia, consistente nell’affermazione di essere il messia, ciò che egli fece per la prima volta in tutta la sua vita: nemmeno davanti al sinedrio Gesù proclamò la sua divinità; a Pilato egli venne però denunciato come pretendente re dei giudei: per questa motivazione politica egli fu condannato dal procuratore roma-no, come garantirà poi il cartiglio posto alla sommità della croce. È ormai convinzione comune che le titubanze del procuratore vennero meno quando gli fu fatta balenare la possibilità di una sua denuncia all’im-peratore, come Giovanni registra nel suo racconto: “Se liberi costui, non sei amico di Cesare!” (Gv 19, 12). Gesù

fu quindi condannato e ucciso per una motivazione politica e non religiosa, mandato al supplizio della croce, che era uno strumento di condanna del diritto romano, flagellato e coronato di spine e schiaffeggiato dai soldati romani. Le responsabilità di Roma sono evidenti: nella condanna di Gesù, la presenza dei suoi rappresentanti fu determinante. I due poteri, religioso e politico, uniti insieme nel compiere uno degli atti più esecrabili dell’intera storia umana. La condanna di un in-nocente, nel quale più tardi l’umanità intera riconoscerà una delle più grandi figure dell’intera sua storia.

Per il suo carattere complesso e quasi indecifrabile, Pilato è stato fatto oggetto di descrizioni e presentazioni scientifiche e letterarie fino ai nostri giorni. L’elenco dei vangeli apocrifi contiene, oltre il Vangelo di Nicodemo, un’intera raccolta intitolata Ciclo di Pilato, composta di undici brevi scritti che proseguono i racconti dei van-geli canonici, fornendo a volte anche alcune notizie o affermazioni nuove. Pure nel campo storico-letterario egli ha avuto molta considerazione, forse anche più di quanto si merita un personaggio così indecifrabile ed enigmatico, si direbbe un Amleto ante litteram. Hegel lo definisce “uomo di corte che, miope e scettico, condanna le cose serie”, Honoré de Balzac lo considera “un piccolo Machiavelli di provincia”, Hans Kelsen rappresen-tante di “una civiltà vecchia, stanca e divenuta perciò scettica”, Michael Bulgakov nel romanzo Il maestro e Margherita afferma che, condannando a morte Gesù, egli condanna se stesso, “trasformandosi nel simbolo di un potere fondato sulla viltà umana”. In ultimo ricordiamo Anatole France che nella parte finale de Il procuratore della

Giudea dà vita a un dialogo fra Pilato e un suo vecchio conoscente che gli parla di Gesù e gli domanda: “Ponzio, ti ricordi di quell’uomo?”. “Ponzio Pilato aggrottò le sopracciglia e portò la mano alla fronte come chi cerca nella propria memoria. Poi, dopo qualche istante di silenzio: ‘Gesù?’ mormorò ‘Gesù il Nazareno? Non mi ricordo’”. In compenso, di lui, Pilato, non si è più dimenticato il mondo intero. Addirit-tura per il suo gesto più famigerato è finito nel Credo cristiano.

A questo proposito, il filosofo G. Agamben, in un suo recente opuscolo, Pilato e Gesù, ricorda che il nome di Pilato non figurava nel Credo che i padri avevano formulato a Nicea nel 325, ma che fu aggiunto nel 381 dal concilio di Costantinopoli e che questo inserimento era destinato a sottolineare la storicità dell’evento Gesù. “Se è vero che l’incarnazione di Cristo è ‘un evento storico di infinita, inappropriabile, inoccupabile unicità’ (Schmitt), il processo di Gesù è allora uno dei momenti chiave della storia dell’umanità, in cui l’eternità ha incro-ciato in un punto decisivo la storia”. La citazione non è che il riconoscimento del ruolo determinante che Pilato ha avuto nel processo più importante della storia.

“mors turpissima crucis” (origene)

La condanna fu seguita dalla flagellazione, una pratica destinata a preparare alla crocifissione, dai tempi di Catone proibita per i cit-tadini romani. Poi lo scherno dei rudi militari al “re dei Giudei”, che successivamente s’incammina verso il luogo del supplizio, collocato fuori della città, su una piccola altura roc-ciosa denominata Golgota (“luogo del cranio”), portando sulle proprie spalle il patibulum, cioè la trave orizzontale che andava poi infissa al palo fisso fino a formare una croce. L’episodio del cireneo, costretto a portare per un certo tragitto il pesante legno del condannato, è segno che Gesù era sfinito e incapace di procedere da solo. Rifiutata la bevanda inebriante, offerta a Gesù per lenire la sofferenza per quanto stava succedendo, Gesù fu crocifisso. Una parola che racchiude in sé il dramma di una sofferenza inaudita, come annota Gnilka nella sua rievocazione: “Fissato al patibulum con le braccia distese, legato o inchiodato, il crocifisso veniva innalzato mentre il patibulum era inserito nel palo già piantato nel luogo prestabilito, in modo da formare una crux commissa (a forma di T) o una crux immissa (in forma di più). Riguardo a Gesù possiamo supporre che sia stato inchiodato per le braccia della croce e probabilmente anche ai piedi. Gv 20, 25 e Lc 24, 39 vi alludono. I chiodi attraversavano piuttosto i polsi che le palme delle mani. La crocifissione era dunque una morte cruenta. Per-ché il corpo non si strappasse dalla croce si applicava al palo un seggiolino (sedile). Normalmente le croci erano

poco più alte di una persona, sicché le gambe finivano per essere in una posizione ricurva. I crocifissi venivano spogliati di tutti i vestiti e pendevano dal legno nudi”. Una barbarie raffina-ta e spietata, che spiega le reazioni contro di essa provenienti da ogni parte. Per Cicerone, la crocifissione era “la pena di morte più atroce e terribile”, per Flavio Giuseppe, “la più penosa fra tutte le specie di morte”, per Luciano, “un ordigno infame”, per Origene, una “mors turpissima”. Una morte destinata soltanto agli schiavi, del tutto indegna degli uomini liberi, che avveniva, fra dolori lancinanti per tetano, per asfissia o semplicemente per sfinimento. Il crurifragio, cioè la rottura delle gambe, veniva praticato per affrettare la morte del condan-nato, che così perdeva la capacità di respirare. Altrimenti si ricorreva a un colpo di lancia sul petto, che certificava la morte, senza lasciare scampo. A Gesù, vedendo che era già morto, fu praticata questa seconda procedura. Così dal suo petto uscì sangue e acqua.

la fineI vangeli riferiscono alcune frasi

dette da Gesù nelle sei tragiche ore della sua agonia, ma, più che di regi-strazioni, si deve parlare di interpre-tazioni da parte degli evangelisti: sono sentimenti di amore, di perdono, di abbandono. Forse l’ultima parola che gli è venuta al cuore e alla bocca è quella di abba, la parola che l’aveva ac-compagnato per tutta la sua breve vita.

La sera stessa di quel venerdì, il corpo di Gesù fu deposto nel sepolcro da amici (Giuseppe d’Ari-matea, Nicodemo, alcune donne, le uniche che lo avevano seguito nelle sue ultime ore di vita). Richiesto di consegnare il corpo di Gesù per la sepoltura, Pilato “si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il cen-turione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe” (Mc 15, 44s.). Il corpo fu deposto in un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora sepolto e, per evitare eventuali inconvenienti, al di fuori di esso, fu collocata una guardia che con-trollasse direttamente tutto quello che poteva succedere intorno a quel morto singolare. Finalmente i nemici di Gesù, in quella notte tempestosa, unica nella storia, potevano dormire sonni tranquilli.

Al contrario di quanto si è pensa-to nel passato, ai tempi di Gesù, i corpi dei crocifissi non venivano gettati in una fossa comune, ma erano soggetti a una sepoltura normale. È quanto dimostra il reperimento del corpo di un crocifisso, esattamente di quel tempo, nell’ossario di Giv’at ha Mivtar, che conserva la sua identità familiare. Un caso, questo, di cui si è molto parlato, anche perché ha permesso di constatare “de visu” la collocazione dei fori delle mani e dei piedi. A questo proposito, si ricorda anche una rifles-sione di Carlo M. Martini.

ERA UN VENERDì, CON MOLTA PROBABILITà IL 7 APRILE ‘30

Processo, condannae morte in poche ore

di Giordano Frosini

320 MARZO 2016 n. 11VitaLa

n’opera scritta a quat-tro mani da due donne, Cristina Bianchi e Su-sanna Daniele, “Donne

– Ricordi scolpiti nella pietra” Edizioni Atelier, presentato a Villa Rospigliosi di Lamporecchio (PT), alla biblioteca comunale San Giorgio e successivamente in sala Gatteschi della bibliote-ca comunale Forteguerriana di Pistoia a cura della ricercatrice storica Francesca Rafanelli, con la presenza delle due autrici. Il vo-lume è una ricerca sulla tracce di donne contraddistintesi ognuna in un proprio ambito, lasciando così un segno di sé a Pistoia op-pure nella sua provincia, raccon-tando le loro vicende ricordate da targhe e lapidi situate in stra-de ed edifici del territorio. Don-ne d’ingegno, la poetessa Corilla

IN LIBRERIA

“Donne - Ricordiscolpiti nella pietra”

Un libro di Cristina Bianchi e Susanna Danieledi Leonardo Soldati

U

Questa poesia è stata dedicataal Moica di Pistoia in occasionedella Festa della donna 2016

Donna oggiTra i fiori dell’anima,un sottile soffio di dolore,gocciola come pioggia la malinconia.Strade in fuga si apronoin questa primaverache scende su scale di nubicercano memoriedi tempi feliciper colorarsi di musiche,sulle ali dell’emozione.Uno scialle di tiepido solescalda il tuo cuoree i pensieri ricuciticoi fili del pianto.I tuoi sogni, fioriti fra le lacrimePer una violenza senza fine.Donna,col peso del mondo sulle spalle,hai sete d’amore.Il cuore stanco della terra è con te.Domani, una piuma scriveràun nuovo giorno,una nuova storia,colorando di arcobalenicimiteri di speranza.Sorriderà il silenziofra i fiori della non violenzaprofumati d’amore e di mimose.

Lalla Calderoni

PoetiContemporanei

cultura

Fanti, Ione Pacini, Deanna Iat-toni, uccise da soldati tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. Conclude il libro la storia di Maria Ducci, trovata morta nei pressi di Marliana (PT) a fine Ottocento. Il libro è per l’appunto suddiviso in varie sezioni a seconda del settore in cui le protagoniste si impegna-rono. «Come viaggiando per la città di Pistoia e la sua provincia, –scrive la ricercatrice Francesca Rafanelli Maffucci, nella prefa-zione del volume- incontriamo caratteri, gesti, aneddoti legati a donne esemplari (magari fino ad ora sconosciute) che nel silenzio del loro passato ci con-ducono, attraverso i secoli, in un percorso di storia e cultura, consegnandoci un affresco al femminile pieno di sogni, gene-rosità ed ingegni». Cristina Bianchi, pistoiese, con alle spalle esperienze teatrali, canta in cori parrocchiali e polifonici ed ha pubblicato al-cuni racconti in varie antologie. Susanna Daniele, anche lei pi-stoiese, è giornalista pubblicista dal 1994 ed ha scritto saggi, testi teatrali e racconti. Fa parte dell’associazione Giallo Pistoia, di cui è addetta stampa.

SGUARDO SUL PONTIFICATO

Anche i laici hanno bisognodel “perdono” di Papa Francesco

Lo spirito del perdono” può essere un felice ter-reno di “contaminazione” feconda tra cattolici e laici,

perché “nel perdono autentico c’è la dimensione qualificante dell’alterità, che non esclude una visione anche disincantata della dimensione conflit-tuale”. Il filosofo Giacomo Marramao, docente di filosofia teoretica e filosofia politica all’Università Roma Tre, traccia una sorta di bilancio dei tre anni di Papa Francesco ponendosi, da laico, sulla “linea di confine con la religione”, che si attraversa quando “l’etica va oltre l’etica”. L’obiettivo ambizioso: un “universalismo delle differenze” che, partendo da questa “contaminazione”, assicuri il proseguimento della specie.

Perché il tema del perdo-no interessa anche il pensie-ro filosofico laico?

Nel discorso filosofico internazio-nale contemporaneo – anche prima dell’avvento di Papa Francesco, che ha dato a questo tema, soprattutto con l’in-dizione del Giubileo della Misericordia, un impulso formidabile – il tema del perdono ha una rilevanza fondamenta-le. Il filosofo ebreo Jacques Derrida, ad esempio, partendo dall’impossibilità di arrivare a concepire il perdono, dopo i campi di sterminio nazisti, è arrivato a concludere che il perdono può essere soltanto ‘perdono dell’imperdonabile’. Quando la filosofia giunge a questo estremo, l’etica va oltre l’etica ed in-contra la fede religiosa, che non è in primis un’ etica, ma va al di là di essa. È questa ‘etica al di là dell’etica’ che ci pone lungo la linea di confine con la religione.

Il paradosso della fede è la rottura di qualunque economia dell’espiazione, del pentimento: il pentimento è impor-tante, ma il perdono non può essere ridotto a un’economia del pentimento.

Attenzione, però, a non confondere il perdono con il lassismo, il monito del Papa… È il legame con le Scritture: con Gesù di Nazaret l’idea che si trova in Matteo 5, 23-24 ci dice che al di là di ogni economia del pentimento è fonda-mentale avere lo ‘spirito del perdono’, essere cioè aperti al perdono verso chi ha peccato contro di te. Il perdono, per Gesù, è fondamentale nel momento in cui c’è lo spirito del perdono anche da parte di chi ha avuto dei torti e proprio per questo è disposto a perdonare. Come è possibile dare senso a questo perdono? Anche qui ci può venire in aiuto Derrida, che racconta di due ebrei,

nemici di lunga data, che si incontrano alla sinagoga nel giorno del grande perdono. Uno dei due dice all’altro: ‘Io ti auguro quello che tu mi auguri’, e l’altro gli risponde: ‘Cosa fai, ricominci?’. Se guardassimo il conflitto israeliano–palestinese da questa angolatura non tragica, forse riusciremmo a risolverlo! Il perdono, in altre parole, non esclude la giustizia, ma è soprattutto un richiamo a tutti ad attivare lo spirito del perdono. Perfino il perdono, infatti, può essere giocato strategicamente: anche un profittatore può chiedere perdono e non essere disposto a concederlo ad altri.

Nel perdono autentico c’è invece la dimensione qualificante dell’alterità, che non esclude una visione anche di-sincantata della dimensione conflittuale: la storiella dei due ebrei dimostra che entrambi erano già collocati nello spirito

del perdono.

Per aprirsi al perdono, raccomanda Papa Francesco, c’è bisogno della coscien-za del peccato: ma non è proprio questa ad essersi progressivamente smarrita, nella cultura laica?

Ha perfettamente ragione: è la logica dei diritti, che io condivido perché se c’è un punto in comune tra la dimen-sione laica radicale e quella religiosa radicale è proprio l’incontro sui diritti. Spesso, però, i diritti vengono recepiti in chiave strategica e non visti come un invito a fare comunità, ad incrementa-re il coefficiente di corresponsabilità per cui ognuno è responsabile anche dell’altro. Il rischio è che i diritti vengano inquadrati in una logica puramente acquisitiva, come guadagno espresso nell’acquisizione di una libertà solo giuridica, come mera libertà individua-le, senza che ciò implichi una nostra chiamata in causa.

Prendere sul serio il problema del perdono significa invece comprendere che il perdono riguarda anche la co-munità, il nostro modo di stare insieme, perché ciascuno si senta interpellato, chiamato in causa dall’altro nella forma del dono. Come dice Derrida, la dialet-tica è tra dono e ‘per-dono’: siamo tutti interpellati nella comunità di relazioni, dove la relazione è un dono. Anche le persone possono diventare oggetto di relazioni utilitarie e strategiche: in questo caso l’altro diventa un mezzo e non in fine, mentre se viene e visto come un dono, l’altro è fine in se stesso. Quando agisco bene, non mi aspetto nessuna forma di ricompensa.

Il filosofo Giacomo Marramao traccia un bilanciodei tre anni di pontificato a partiredalla sua “rivoluzione” del perdono,

fondamentale anche per il pensiero filosofico laicodi M. Michela Nicolais

Olimpica, le artiste Louisa Grace Bartolini ed Egle Marini sorella di Marino Marini, la fabbricante di organi Giustina Becarelli Aga-ti, la scienziata Marie Curie, la scrittrice Gianna Manzini. la prin-cipessa Maria Camilla Rospigliosi Pallavicini. Donne coraggiose in guerra e durante la battaglia della Resistenza, le partigiane Li-liana e Lina Cecchi, Regina Fiser

ebrea jugoslava deportata ad Au-schwitz, Maria Tasselli e Ginetta Chirici vittime dei nazisti. Fondatrici di istituzioni fonda-mentali per la comunità locale come l’ordine delle suore Man-tellate, le suore Filomena Rossi e Giovanna Ferrari, la contessa Gabriella Rasponi Spalletti. Bambine mai divenute adulte a causa della guerra, Graziella

Fare comunità diventa, allora, il pun-to di incontro di una filosofia che pensa lungo le linee di confine con la fede.

Il perdono, come punto di incontro tra cattolici e laici, può essere l’antidoto alla “disumanizzazione”?

Oggi ci troviamo ai margini di una soglia della storia umana: una soglia delicata e rischiosa, perché per la prima volta non abbiamo soltanto le tecniche per dominare la natura esterna, ma disponiamo delle tecnologie per inter-venire sul corpo umano e sulla vita. Quello che la specie umana sarà nel futuro dipende dalle nostre scelte. Nel Novecento abbiamo già avuto l’utopia del nazismo, un’aberrazione totale nata dall’ossessione della contaminazione. Un’ossessione identitaria che giunge fino al razzismo biologico, una pulsione identitaria ossessiva che si basa sul principio che l’io si può mantenere puro solo evitando al contaminazione con l’altro.

Oggi, invece, abbiamo bisogno dell’ universalismo delle differenze: un uni-versalismo che non soltanto tollera la differenza, ma considera la differenza un fattore costruttivo dell’umanità, perché è proprio la contaminazione con l’altro che assicura il proseguimento della specie.

Come dice Raimon Panikkar, la casa dell’universale non è già unificata, ma va costruita.

4 n. 11 20 MARZO 2016 LaVitaattualità ecclesialel Papa aprirà, a maggio, l’assem-blea generale dei vescovi italiani. A darne l’annuncio, che rinnova una consuetudine e conferma una speciale sintonia, è stato il

cardinal Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, aprendo i lavori del Consiglio permanente dei ve-scovi italiani, in corso nel capoluogo ligure che dal 15 al 18 settembre ospiterà il Congresso eucaristico nazionale. L’acco-glienza ai profughi, la necessità di “creare ponti” di dialogo e la salvaguardia della famiglia i tre punti su cui Bagnasco ha articolato la prolusione, in perfetta sintonia con il magistero di Bergoglio.

Il presidente della Cei apre il “par-lamentino” dei vescovi con il punto più scottante dell’agenda del mondo: “Dall’inizio del 2015 sono morte 4.200 persone, di cui 330 bambini solo nel Mar Egeo”. “Che spettacolo dà di sé l’Europa?”, la domanda che suona come un’accusa.

“Il nostro Paese è sempre stato in prima linea” nell’accoglienza dei profughi. “La Chiesa italiana continua a portare il proprio contributo attraverso parrocchie, istituti religiosi, organizzazio-ni come le Caritas diocesane e gli Uffici per i migranti”. Gli immigrati accolti dalla Chiesa nel nostro Paese sono 45mila, “compresi quanti in questi giorni arriva-no a noi attraverso i corridoi umanitari”, ma ora “si impone la fase dei processi di vera integrazione, processi che richie-dono onestà, tempi rapidi, regole, buona volontà e fiducia da parte di tutti”. Oggi c’è una “specie di bolla”, un “clima che tutti respiriamo e che vuole cambiare le categorie elementari dell’umano”. “Questo clima, aggressivo nei confronti di chi la pensa diversamente, esalta a gran voce democrazia e libertà, ma a condizione che nessuno esca dalle righe stabilite”, l’analisi del presidente della Cei: di qui l’attualità del recente Convegno ecclesiale di Firenze e della lezione dello storico discorso del Papa.

Affrontando la questione degli abusi sui minori, Bagnasco ricorda che “i vesco-vi italiani sono stati tra i primi a mettere in essere con rigore le indicazioni della Santa Sede in ordine all’accertamento degli addebiti e all’erogazione delle pene, e hanno rafforzato le strutture di recupero nonché i criteri di prevenzione”.

“Costruire ponti”, ma anche “dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’interno del dibattito pubblico”.

Sta in questo doppio compito, per il cardinale Bagnasco, il “contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune”. “Solo una forte coscienza morale può dominare il po-tere e può impedire che l’uomo cada in sua balia”, ammonisce il porporato che si chiede: “Nella sensibilità media, c’è ancora qualcosa che si concepisca intangibile?”.

Il secondo fenomeno “che interpella tutti” è il “progressivo sgretolamento del tessuto sociale”. “Le nostre comunità cristiane hanno anche questo compito: nei quartieri anonimi della nostre città essere delle piccole luci di riferimento, dei luoghi di accoglienza, dei punti di ri-ferimento. Sì, bisogna ritessere i rapporti umani perché ognuno si senta a casa anche oltre il suo tetto”.

“Allarghiamo lo sguardo poiché nessun Paese vive isolato”, il terzo invito: “Il Medio Oriente, come le vicine coste africane, vivono confusione, tumulto e violenze: emblematici, al riguardo, i sanguinosi attentati in Turchia e in Costa d’Avorio. Gli interrogativi che si affaccia-no non sono immotivati: suggeriscono -anche alla luce delle responsabilità

INTERVISTA

“Ho apprezzatoil Papa sull’ambiente

perché ha esortatoa fare cose concrete”

Lo scienziato Carlo Rovelli. non credente. fa i conti con l’inconoscibile.Intervista con l’autore del best seller “Sette brevi lezioni di Fisica”

di Marco Testi

a prova dell’esistenza delle onde gravitazionali ha ri-portato la scienza agli onori delle cronache. E riporta

alla nostra attenzione l’antica do-manda sulla possibilità di dialogo tra scienza e fede. La poniamo a Carlo Rovelli, docente al Centre de Physi-queThéorique di Marsiglia, uno che di successo se ne intende, visto quello ottenuto dal suo “Sette brevi lezioni di Fisica”. Rovelli accetta volentieri il dialogo con chi pone questioni legate alla fede, precisando che quello è il suo pensiero, senza alcuna presunzio-ne di rappresentare la verità assoluta. “Non mi aspettavo assolutamen-te – tiene a precisare – che tante persone volessero leggere il mio libro; la risposta e l’affetto che mi hanno mostrato i lettori mi hanno riempito di stupore e di gioia”.Molti si chiedono se la scienza possa davvero conoscere tutto. Come ha ammesso qualche tempo fa Fabiola Giannotti, c’è qualcosa di cui non potremo mai avere conoscenza “oggettiva”. Ci sono mille cose che ci sfuggono: per esempio io non conosco cosa lei stia pensando ora, né come si sente davvero una formica, né cosa stia succedendo ora su Andromeda, o dentro il sole. Perché mai dovremmo poter avere una conoscenza di tutto?Siamo lontani dalle certezze positi-vistiche in una scienza che potesse spiegare ogni cosa. Ma molti si chiedono se avere fede o no possa essere influenzato dall’essere un uomo di scienza. La scienza ci inse-gna a dubitare, a esercitare spirito critico, e quindi anche a dubitare del fatto che un particolare Libro, o una particolare Istituzione, o una particolare Tradizione, possano essere i depositari della Verità.Lei ha parlato della messa in crisi del concetto di tem-po tradizionale. In fondo anche sant’Agostino aveva considerato impossibile sa-pere cosa fossero passato,

presente e futuro. Non è che filosofia, scienza, psico-logia, fede alla fine rivelano elementi comuni?Penso che sia il contrario: la scienza è proprio l’atteggiamento opposto a quello di chi vuole dichiarare a priori che qualcosa sia incomprensibile. Non è che la scienza sappia tutto, ovviamente, ma parte dell’idea che se proviamo a cercare di capire qualcosa magari possiamo riuscirci.Un altro dei motivi di diversità d’opi-nioni è sugli elementi non immedia-tamente materiali della vita dell’uo-mo… La natura è molto ricca e molto complessa. Parlare di pura materialità significa non vedere la straordinaria multiforme varietà e complessità di ciò che avviene nella natura.E, quando anche si ipotizzasse che ogni cosa è legata alla materia, non potrebbe essere che questo modo di organizzarsi della materia sia la dimostrazione della irriducibilità delle parti con il tutto? La natura è molto più complicata che la “semplice materia”. La luce per esempio, non è materia. Ma è parte normale della natura. E la natura è tutta complessa, non solo nel nostro sistema nervoso e nella nostra psiche, ma anche, chessò, nell’intricatissima dinamica delle galassie. Di tutto questo noi capiamo

alcuni aspetti meglio, altri peggio.Pa r l a n d o d e l l ’ a z i o n e dell’uomo sul mondo che lo circonda, lei sembra piut-tosto pessimista: l’uomo sta consapevolmente vedendo “arrivare la propria fine”. Non crede che la fede, alla luce soprattutto dell’en-ciclica “Laudato si’” possa contribuire a un futuro compatibile con la vita sul nostro pianeta? Ho letto e apprezzato l’enciclica “Laudato si’” proprio perché, per quello che ho capito io, esorta a non pensare che dai disastri climatici ci possa salvare la fede: ci esorta in-vece ad agire, a fare le scelte giuste, fidandoci della nostra razionalità. Ho apprezzato il fatto che il Papa come altri leader religiosi nel mondo, non abbia esortato a pregare per la salvezza del mondo: ha esortato a fare cose concrete.Un tema che le è caro è quello della bellezza, della grande arte, della grande musica. Non crede che sia impossibile “matematizza-re” l’Opera, il genio?Io non vedo opposizione fra materia da una parte e spirito dall’altra. Penso che la materia sia molto meno

“materiale” di come lei la immagina e lo spirito sia molto meno “spirituale” di come lei lo immagina. Non penso che la realtà sia spezzata in due come una noce. Penso che la realtà sia una sola e sia complessa. Pensi a Beethoven che scrive la sua sinfonia: anche in questo caso ci sono miliardi di sinapsi che emettono segnali elet-trici, memorie, relazioni innumerevoli che si accendono e si spengono sia nel cervello di Beethoven che in quello di chi ascolta.Come affermava Viktor Emil Frankl, nell’uomo vi è una volontà di signi-ficato che va in senso opposto alla teoria del soddisfacimento nudo e crudo delle pulsioni elementa-ri… Certo. L’uomo ha ben altre necessità, aspirazioni e motivi che non “il soddisfacimento nudo e crudo delle pulsioni elementari”. L’uomo ama la conoscenza, la verità, la giustizia, l’amicizia, la fratellanza, la carità, la compassione… Sono necessità, aspi-razioni e motivi che si sono evoluti nel corso della sua evoluzione naturale e hanno fatto diventare l’uomo quello che è: qualcosa di molto più ricco e complesso di “nude e crude pulsioni elementari”. Ma soprattutto, in con-clusione, ‘io penso’ che sia così. È il mio punto di vista. Questa è la cosa più importante da precisare.

I

L

CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI

Sintonia con Papa Francesco

crescente”, l’analisi: “Ed è su queste emergenze che la gente vuole vedere la politica impegnata giorno e notte per misure urgenti e concrete”.

“Mentre riaffermiamo con tan-tissima gente che avere dei figli è un desiderio bello e legittimo, così è diritto dei bambini non diventare oggetto di diritto per nessuno, poiché non sono cose da produrre”.

Lo ripete, il cardinale: “Tanto più che certi cosiddetti diritti risultano essere solo per i ricchi alle spalle dei più poveri, specialmente delle donne e dei loro cor-pi”, aggiunge pur senza mai nominare la maternità surrogata. “L’amore non giustifica tutto, i bambini hanno diritto a un padre e una madre”, il riferimento indiretto al dibattito sulle unioni civili. Bisogna “semplificare e accelerare le procedure di adozione, perché possano avere risposta le migliaia di richieste a fronte di alcune centinaia di bambini dichiarati adottabili”. “L’accanimento terapeutico è una cosa, mentre l’eutana-sia e il suicidio assistito sono tutt’altro”, la precisazione a proposito di un altro punto caldo del fronte bioetico.

Il “delitto per curiosità” -come quello di Roma- è l’ennesimo, “raccapricciante segno del profondo disagio educativo che serpeggia e miete vittime”, conclude il cardinale: “È certamente necessario chiedersi quale mondo lasceremo ai nostri giovani, ma è altrettanto urgente chiederci quali uomini lasceremo al nostro mondo!”.

passate- non avventure sconsiderate, ma prudente ponderazione”.

La famiglia è “il perno della rete sociale, il più grande capitale di impresa e di solidarietà, un tesoro da non inde-bolire e disperdere con omologazioni infondate, trattando nello stesso modo realtà diverse”. Nel ribadirlo, Bagnasco mette in rilievo le contraddizioni del

dibattito attuali, in cui “da una parte si rivendicano le differenze sul piano culturale e, dall’altra, le si negano sul piano normativo, creando di fatto delle situazioni paramatrimoniali”.

“La famiglia si fonda sul matrimo-nio”, ribadisce il presidente della Cei sulla scorta del Papa e di Kirill: “è l’ora di una grande responsabilità, perché l’oc-

cupazione, la famiglia e lo stato sociale siano a portata di tutti, specialmente dei giovani che hanno diritto di farsi la propria famiglia”. Ancora una volta, Bagnasco lancia l’allarme per l’inverno demografico, rilevato dai dati Istat, “i peggiori dall’Unità d’Italia”. “La famiglia e l’occupazione, sono le cose concrete a cui il popolo guarda con preoccupazione

...su migranti,“ponti” e salvaguardia

della famigliadi M. Michela Nicolais

520 MARZO 2016 n. 11VitaLa

a scena avviene a Betfage e Betania, che era il luogo dove si facevano le purificazioni prima di entrare in Gerusalemme.

Gesù invia due discepoli a cercare e slegare un asino. Lo troveranno, legato, nel villaggio di fronte.Questo asinello richiama Zaccaria quando dice che il Messia verrà mite, umile, sull’asino. E così vincerà i carri e i cavalli.L’asino è un animale da servizio. Servire è la caratteristica di Gesù che è in mezzo a noi come colui che serve. Ed è la caratteristica prima di Dio che è amore, perché amare vuol dire servire l’altro. Quindi quest’asino è la più bella immagine di Dio. Quest’asino è legato. Legato è il contrario del libero. Cioè la nostra capacità di amare e di servire è legata fin dall’inizio dalle nostre paure. La paura ci mette in difesa, ci fa egoisti e basta, è finito l’amore.Su quest’asino nessuno è mai salito. Nessuno mai desidera usare l’asino. Chi desidera servire invece di dominare? Anche tra di noi, anche nella Chiesa? La prima tentazione di Gesù è stata quella appunto del potere, ma per ave-re il potere devi avere i soldi, il pane, la vita. Invece no, Dio è umile, è servo. In noi c’è la somiglianza con Dio che è legata e va slegata. Il senso del Vangelo è slegare questo. In ogni persona, questa immagine di Dio che è dentro di noi è originaria: siamo a sua immagine e somiglianza. Il termine “slegare” esce quattro volte – il numero della totalità. Se qualcuno vi chiede: perché slegate? Così direte: Il Signore di lui ha bisogno. Da notare che questa è l’unica

volta che Gesù chiama se stesso “il Signore” nel Vangelo. Il Signore ha bisogno che questo asino venga slegato. Perché? Perché il Signore è Signore perché è amore e l’amore ha bisogno di li-berare l’amore, di essere amato. Solo questo. Altrimenti muore; muore perché non è amato e proprio morendo, slegherà l’asinello. “Perché slegate?”. Noi ne faremmo volentieri a meno, ma lui ne ha bisogno! E vi chiedono, anche noi così nella Chiesa: quanti di noi amano la povertà più che la ricchezza? Chi ama il servizio più del potere? Chi ama l’umiltà più della gloria, che umilia sé e gli altri? L’asino è povero, l’asino serve. L’asino è umile. Il Signore ha bisogno di questo! Ed è Signore perché è così lui. Di tutto il resto non ha bisogno; di tutte le cose grandi che facciamo nella chiesa, di tutte le nostre potenze, di tutti gli stati pontifici, di tutte le crociate non ha bisogno.Il ritardo del Regno di Dio è dato dal fatto che noi non accettiamo l’asino, noi cristiani, non gli altri. Tutti i tentativi di incrociarlo col cavallo per avere il potere, di fare norme, di fare leggi, decreti in modo che governiamo nel paese, è abominevole, si chiama la tentazione di Gesù, è satana; è Pietro che diceva: Tu non finirai in croce, ascolta me, che sono Pietro! Prendiamo il potere e basta! È ciò che fac-ciamo costantemente, il ritardo della venuta

del Regno di Dio è dovuto ai cristiani, non ai cattivi, i cattivi lo accelerano! È il mistero di Dio questo asino! Se pensiamo che Dio vive in umiltà, in servizio, in povertà, che lo acco-gliamo così, è il Regno di Dio sulla terra. Beati voi poveri, vostro è il Regno, appunto, il Regno di Dio che non domina, che serve. È il Regno finalmente dell’umanità, dell’amore, non del potere, del dominio, quelle orribili cose che si vedono costantemente e che allontanano dalla Chiesa. È un’altra cosa il Regno di Dio: l’umiltà, la mitezza, la mansuetudine.Andati gli inviati, trovarono come disse loro: Andate e troverete questo asinello, legato; lo troveremo anche dentro di noi legato ben bene! Criticar gli altri è facile, ma sta legato anche qui. E mentre lo slegavano, “i suoi signori”: è interessante che, oltre al Signore, ci siano molti signori che possiedono questo asinello e lo legano. Non abbiamo anche noi tanti signori che ci dominano e ci impediscono di amare e di essere liberi? È singolare questi “Signori”, sembrerebbero condomini che sono posseduti da molte parti, ognuno con i suoi diritti. Lo conducono e lanciano i mantelli.Il mantello è l’indumento indispensabile per la vita, tanto che nella Torah si dice che se uno ha dei diritti su un altro, perché verso di lui è creditore, ha il diritto di prendergli il mantello in pegno fino a che l’altro non

restituisce il debito. Tuttavia c’è una clausola importante: il mantello lo prendi in pegno di giorno ma di notte glielo ridai, perché è la sua coperta e quindi se non ha la coperta, muore di freddo e la colpa è tua. In fondo questa è l’immagine finale: quando sarà così, sarà il fine del mondo, quando tutti i nostri mantelli e le nostre sicurezze saranno investiti nell’asinello e nel servizio e tappezzeranno il cammino che porta alla Gerusalemme celeste. E Gesù lì sale ed è intronizzato. È il suo trono. Come sarà intronizzato sulla Croce dopo sei giorni.Comincia la discesa dal monte degli ulivi, dà lì veniva la gloria di Dio. C’è tutta la moltitudine dei discepoli. Ora sono diventati tutti discepoli. Una volta che è slegato l’asinello, quando noi discepoli sleghiamo l’asinello è come se tutti al mondo diventassero discepoli, perché, presto o tardi, tutti capiranno che val la pena essere così. Cioè è attraverso la nostra testimonianza di persone libere di servire che si diffonde il Regno di Dio presso tutti, non attraverso il potere che noi abbiamo! E proprio così tutti gridano il Salmo che abbiamo letto all’inizio che è il Salmo della fine del cammino nel deserto, è il Salmo della terra promessa! Finalmente entriamo nella terra promessa. Finalmente possiamo dire: benedetto il re che viene, viene il re, il regno di Dio! Quando noi lo accogliamo così, quando sleghiamo l’asinello, lui può venire, perché il nostro re è amore; dove trova amore e servizio può venire, dove trova potere e dominio è ucciso, è in croce. E diventerà asino e per questo allora scioglierà il nostro asinello.

Don Timoteo Bushishi

La Parola e le paroleDomenica Delle Palme - anno c

Lc 19,28-40 Benedetto colui che viene nel nome del Signore

attualità ecclesiale

L

tre anni travolgenti che cambiarono il volto della Chiesa non sono trascorsi impunemente perché la stanno cam-biando, momento per momento, e la

cambieranno ancora finché Francesco, vescovo di Roma, non renderà il suo soffio, in un bacio d’amore, a Colui che glielo ha donato crean-dolo. Non sono perifrasi gentili o artefatte per annunciare una realtà talmente drammatica da aver bisogno di allontanarla ed esorcizzarla in ogni modo, vale a dire finché Francesco morirà. Come tutti e chiunque peraltro.

È una questione di Soffio: dal suo librarsi sulle acque alla creazione, al suo librarsi con-tinuo su di noi, viandanti nella storia dell’uma-nità, al Suo trapassarci nel nostro quotidiano che solo così può essere tale e non renderci cadaveri perché il Soffio ci anima.

Francesco cattura il Soffio, se ne lascia trapassare mentre Egli percorre i secoli con inaudita dolce violenza, sfidando regnanti e reami, ideologie e potenze, culture e nazioni imperanti. Il Soffio sussurra, spazza, libera, infonde certezza. Non lo prendi in mano e non lo catturi. Il Soffio ti prende e ti invade ma esige concretezza.

Infatti, è facilmente dimostrabile come il Servo della carità per ogni persona, France-sco, non lo si possa tirare dalla propria parte e invece spezzi gli schemi, sia estremamente concreto e nulla abbia a che spartire con qual-che accademia di pensiero o sedicente tale che elucubra e non opera mai.

Maestro quindi di vita evangelica, di quel

I

tessuto che, giorno per giorno, viene creandosi con gesti minuti, magari inosservati ma che urlano nella modestia della silente esecuzione che non esiste la cultura dello scarto, che nes-suno animato dal Soffio (consapevole o meno) sia destinato al trash e quindi fatto sparire dal display del pc o del cellulare per precipitare nel nulla della dimenticanza.

La pastorale popolare di Francesco non si oppone a pastorale raffinata e ricercata ma trova il suo perno proprio nel popolo, senza discriminazioni di nascita, censo o colore. Tutti, significa semplicemente tutti, nessuno escluso.

Abitare Casa S. Marta significa rinunciare a dimore in cui un povero, entrando, si trove-rebbe a disagio. Ospitare sotto il colonnato di S. Pietro docce e barbieri per i clochard non intende deturpare l’arte ma porla al servizio

di chi, se non viene soccorso nella sua miseria, non ha neppure occhi per vederla.

Le periferie si misurano non dal centro del mondo ma dal centro del proprio egoismo, sbalzare fuori dai propri circuiti chiusi che da persone comuni erigiamo a nostra protezione oppure per chi, nel grande disegno di Dio si è visto assegnare un ruolo dirigenziale, ricordarsi che “nel complesso mondo dell’impresa, ‘fare insieme’ significa investire in progetti che sap-piano coinvolgere soggetti spesso dimenticati o trascurati. Tra questi, anzitutto, le famiglie, focolai di umanità, in cui l’esperienza del lavoro, il sacrificio che lo alimenta e i frutti che ne derivano trovano senso e valore”.

Periferia è il continuo, ininterrotto flusso di popoli, sporchi, laceri, affamati e oppressi: “Cercare la giustizia, soccorrete l’oppresso:

TRE ANNI DI PONTIFICATO

Francesco cattura il Soffioe se ne fa trapassare

Così accompagnail popolo di Dio

nel tempo nuovodi Cristiana Dobner

rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova, pensate ai tanti profughi che sbarcano in Europa e non sanno dove andare”.

Evangelizzare esige il coraggio di gridare che “il Popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi, se viene qualche “benefattore” con offerta frutto del sangue di gente sfruttata, maltratta, schiavizzata, con il lavoro mal pagato, io dirò a questa gente, ‘per favore portati indietro il tuo assegno, brucialo’”.

Come risposta concreta: non lasciarsi servire nel miglior ristorante romano ma fare la coda per la cena in mensa e mangiare quel che c’è e non quel che si vorrebbe ci fosse. Come i poveri.

L’arcata della storia viene costruita dalla banalità del gesto quotidiano ripetuto, fissando nella liquidità punti fermi, segni concreti che di-mostrino l’impegno per la pace e la vita: “Vorrei citare l’iniziativa dei corridoi umanitari per i profughi, avviata ultimamente in Italia. Questo progetto-pilota, che unisce la solidarietà e la sicurezza, consente di aiutare persone che fuggono dalla guerra e dalla violenza, come i cento profughi già trasferiti in Italia, tra cui bambini malati, persone disabili, vedove di guerra con figli e anziani”. Insieme da fratelli semplicemente cristiani.

Con un bersaglio da colpire: l’indifferenza, nel nome delle sorelle che hanno testimoniato ad Aden per tutti noi la fede in Cristo: “Questi sono i martiri di oggi! Non sono copertine dei giornali, non sono notizie: questi danno il loro sangue per la Chiesa. Queste persone sono vittime dell’attacco di quelli che li hanno uccisi e anche dell’indifferenza, di questa globalizza-zione dell’indifferenza, a cui non importa…”.

Parole quelle di Bergoglio, illuminato dal sorriso, che assomigliano sempre più da vicino alla Parola dell’Altissimo che, una volta espressa compie, per una sola ragione (o sragione per molti): perché “Il nome di Dio è Misericordia”.

PistoiaSetteN. 11 20 MARZO 2016

SABATO 19 MARZO:Ore 17,30:Chiesa di S. Ignazio di Loyola (Spirito Santo)Benedizione dell’Ulivo Processione verso la CattedraleOre 18: In Cattedrale: Messa presieduta dall’amministratore diocesanoDOMENICA DELLE PALME 20 MARZO:Ore 10,30: Messa SolenneOre 18,00: MessaMERCOLEDì 23 MARZO:Ore 21,00: Messa Crismaleconcelebrata dai presbiteri della diocesiGIOVEDì 24 MARZO:Ore 18,00: Messa in “Coena Domini”Reposizione del SS. Sacramento per l’adorazione fino alle ore 23,30VENERDì 25 MARZO:Ore 9,00: Liturgia delle oreOre 21,00: Celebrazione della Passione del Si-gnore presieduta dal Vescovo

SABATO 26 MARZO:Ore 9,00: Liturgia delle oreOre 22,30: Veglia Pasquale

DOMENICA DI PASQUA27 MARZO:Ore 10,30: Solenne Messa Pontificale – Benedizione PapaleOre 17,30: Canto dei Vespri di PasquaOre 18,00: Messa

LUNEDì DELL’ANGELO28 MARZO:Ore 10,30 e 18,00: Messa

ORARIO DELLE CONFESSIONIMERCOLEDì 23, GIOVEDì 24,

VENERDì 25 MARZO:Dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 18

SABATO 26 MARZO:Dalle 9 alle 12, dalle 16 alle 18

DOMENICA DI PASQUA 27 MARZO: Dalle 9 alle 12 e dalle 17 alle 18

BASILICA CATTEDRALE DI SAN ZENO PISTOIA

Settimana Santa

rosegue in diocesi il cammino peniten-ziale verso la Pasqua. Quest’anno ogni vener-

dì sono state proposte delle litur-gie stazionali guidate dal vescovo nelle chiese del centro.

Venerdì 11 marzo la liturgia stazionale ha fatto sosta alla par-rocchia di S. Andrea con partenza dalla chiesa del Carmine.

“Nel tempo di Quaresima - racconta l’accolito della parrocchia di Sant’Andrea Carlo Feraci - il

PARROCCHIA DI SANT’ANDREA

Cammino penitenziale verso la PasquaP cammino delle antiche “Stationes

Quaresimali” ci permette di rin-novare la propria vita spirituale meditando il vangelo. Così abbia-mo fatto a S. Andrea e San Filippo grazie a don Celestin, recente-mente nominato cappellano corale della Cattedrale, che ci guida alla comprensione del vangelo e alla ripresa del sacramento della ri-conciliazione, per accogliere Gesù eucarestia, l’unico che può davve-ro rinnovarci sempre”.

Perché partire dalla chiesa del Carmine verso S. Andrea?

“La Madonna del Carmine è sempre stata particolarmente ve-nerata, anche quando la chiesa non era agibile e la festa del 16 luglio con la novena venivano celebrate a S. Andrea. A maggior ragione, dopo il restauro abbiamo ripreso la tradizione devozionale mariana per tutto il mese di maggio, per 15 giorni di luglio oltre che in otto-bre. Nella chiesa è stato montato un nuovo organo, dono di mon-signor Pineschi, usato anche per concerti e vespri d’organo.

Partire dalla Madonna del Carmine ha significato partire con Maria, che sempre ci conduce per la via che porta a suo figlio Gesù”.

Come si è svolto questo momento di riflessione e preghiera? Cosa ha sottoli-neato il vescovo?

“La stazione quaresimale è iniziata con il raccoglimento in preghiera e con l’esortazione ad

UFFICIO SCUOLA

Concluso il corsosull’educazione

ambientaleSi è concluso martedì 8 marzo presso l’aula magna del seminario vescovile il corso di aggiornamento per docenti “Dalla cultura dello scarto alla cultura della cura dell’altro”, con Letizia Tomassone, pastora della chiesa Valdese di Firenze.Letizia Tomassone ha iniziato la sua relazione sostenendo che l’accelerazione dei temi ambientali sta diventando sempre più urgente, una vera e propria sfida non solo di stampo economico, ma cultuale sociale e politico, per evitare catastrofi davvero irreversibili. Una cultura basata sull’arricchimento e l’avidità nei confronti del creato e degli esseri umani è da recriminare, al contrario è importante pro-muovere una attiva cultura di relazioni positive con l’ambiente. La teologa invita a riflettere sull’esempio dei popoli aborigeni, che nonostante la mancanza di potere decisionale, hanno costruito un forte senso comunitario intrecciato con il creato, rimandando alla lettura del n. 179 dell’Enciclica papale.In un passo molto importante del testo, papa Francesco scrive: «Un’ecologia integrale richiede di dedicare un po’ di tempo per recuperare la serena armonia con il creato, per riflettere sul nostro stile di vita e i nostri ideali, per contemplare il Creatore, che vive tra di noi e in ciò che ci circonda, e la cui presenza «non deve essere costruita, ma scoperta e svelata» (n. 225 L.s.).Letizia Tomassone ha puntualizzato, prendendo in esame il n. 11 dell’enciclica, l’uguaglianza e le pari opportunità tra i sessi. “La giustizia fra uomini e donne - ha affermato - fa parte del programma di sostenibilità con l’ambiente e rientra a pieno titolo nell’etica della cura, in un rapporto di dipendenza, interdipendenza, interconnessione: ‘Non siamo noi a portare il pianeta, è il pianeta a portare noi’. La terra ci precede e ci è stata donata per coltivarla e custodirla (Gen 2,15) in una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura. Le donne possono riprendersi l’etica della cura senza le sue implicazioni di inferiorità?”. A questo interrogativo la teologa risponde utilizzando quattro parole: dipendenza relazionale, sacrificio, sobrietà e decrescita, puntando l’attenzione sul dialogo, portando ad esempio il caso delle teologhe eco-femministe dell’Argentina, di Wangari Maathai del Movimento cintura verde, parlamentare del Kenia, delle reti ecumeniche sostenute dalla chiesa cattolica, ortodossa e protestante che hanno assunto l’impegno su giustizia, pace e creato.“Il messaggio di entrare in relazione con il mondo, il prendersi cura del mondo deve essere trasmesso ai bambini - afferma Letizia Tommasone - insegnando loro ad esempio a piantare un albero, ad avere cura delle piantine. È importante dare gli strumenti pratici, sapienziali, religiosi ai nostri figli per custodire e coltivare il giardino-mondo”.“L’educazione - prosegue la teologa - non si deve limitare ad informare ma a trasmettere e sviluppare nuove abitudini di vita. Promuovere all’interno degli istituti di scuola superiore progetti concreti, di radicamento sul territorio locale: a partire dal ridurre la produzione di rifiuti, dal suo riciclo, dall’organizzare passeggiate in compagnia soffermandosi nei vari luoghi del nostro territorio per apprezzarne le bellezze e coglierne le ferite, vivere in una dimensione più contemplativa e in sintonia con il creato. È necessario imparare a distinguere le realtà importanti da quelle superflue e riporre nello zaino della vita solo cio’ che serve per vivere bene ed essere felici. La vocazione del ‘custodire’ riguarda tutti”.

Al termine del ciclo di incontri sulla tematica ambientale, il 16 marzo è poi andato in scena lo spettacolo teatrale “H2Oro - l’acqua, un diritto dell’umanità”, a cura di itineraria Teatro di Cologno Monzese presso la chiesa di San Francesco di Pistoia.

Michela Cinquilli

aprire la nostra mente e il cuore alla Misericordia di Dio. La pro-cessione dalla piazza del Carmine fino a S. Andrea con il canto delle litanie ci ha aiutato a ricordare l’esempio dei santi. Alla celebra-zione della Messa nella chiesa di S. Andrea hanno partecipato le comunità neocatecumenali, pre-senti in parrocchia da molti anni, la comunità Filippina di Pistoia che si ritrova ogni settimana a San Fi-lippo per celebrare la Messa nella lingua nativa e, infine, un gran nu-mero di parrocchiani. La liturgia è stata animata dall’organista Konishi Kumico e dal coro dei giovani di San Paolo diretti da suor Claudia. Un particolare ringraziamento ai numerosi sacerdoti e diaconi presenti, ed al servizio svolto con cura dai seminaristi. Monsignor vescovo ha scelto la lettura del vangelo di Giovanni al cap. 9, dove

si racconta la guarigione del cieco nato, per ammonirci che siamo ciechi perché non riusciamo a ve-dere le opere di Dio. È proprio in questo tempo di Quaresima che dobbiamo “lavarci gli occhi” per togliere le scorie del peccato con il sacramento della Riconciliazione e poter vedere la bellezza delle opere di Dio. Chi apre gli occhi e vede la bontà misericordiosa di Dio non può tenerla chiusa in sé, ma deve esprimerla con le opere affinché tutti possano capire la bel-lezza di vivere il vangelo di Gesù.

Vorrei esprimere a nome di tutti i parrocchiani, e come ha ricordato monsignor vescovo alla fine della celebrazione, un vivo augurio di guarigione per il nostro beneamato don Fernando Grazzini che per motivi di salute non era presente”.

Daniela Raspollini

8 n. 11 20 MARZO 2016 LaVitacomunità ecclesiale

roviamo a rileggere, con l’occhio della famiglia, la quinta e ultima via in cui si articolavano le riflessioni:

trasfigurare.Esiste una realtà che trasfigura le

comunità cristiane: presbiteri e coniugi che condividono l’annuncio del Vangelo. Ordine e matrimonio sono due ali per volare verso il Regno, anzi per volare senza ali, come con una mongolfiera che ha bisogno dello Spirito Santo per alzarsi in volo.

Quando si vive la figliolanza nei con-fronti di Dio padre e della Chiesa madre ci si può gettare nella bella avventura dell’amore sponsale e dire un “sì” per sempre alla persona amata. Allora, come disse Papa Giovanni Paolo II nel 2001 davanti ad una piazza che egli stesso definì una grande chiesa domestica, non basta il messaggio “famiglia diventa ciò che sei” ma deve divenire “famiglia credi in ciò che sei”.

È rendere concreto l’amore di Cristo sposo della chiesa, vera porta della fede per ogni famiglia, per ogni sacerdote. È entrare in una nuova realtà che si chia-ma “coppia cristiana”. E questo ingresso consente di entrare in un corridoio che apre tante altre porte: quella della cre-scita affettiva dei giovani e degli itinerari per fidanzati, quella dei giovani sposi e del compito genitoriale, quella delle situazioni difficili e delle famiglie ferite.

È questo che fa paura ai giovani di oggi sballottati, impauriti dinanzi

Siamo ancora eccessivamente legati ad una pastorale di sacramenti più che di annuncio e di evangelizzazione. In una parrocchia con una dimensione solo sacramentale c’è pochissimo spazio per i divorziati risposati, mentre in una parrocchia che costruisce una pastorale con attenzione agli ambiti umani di vita ci può essere diritto di cittadinanza per un divorziato risposato. Occorre che gli operatori pastorali evitino il rischio di sentirsi proprietari dei sacramenti così da assumere toni di giudizio e di condan-na definitiva verso certe persone. Non dimentichiamo mai che i sacramenti sono sempre eventi di grazia che la Chie-sa amministra ma che vengono da Dio. Sono le nuove povertà di cui lo Spirito Santo ci sollecita a prendere cura, perché i battezzati che vivono la separazione o il divorzio restano per sempre membri e figli della Chiesa di Cristo. In queste povertà sono spesso coinvolti anche i figli, spesso particolarmente feriti.

Molto spesso le separazioni vengono da un certo isolamento, dall’abisso in cui spesso la coppia cade presa dalla frenesia della vita moderna. Quando sopraggiunge la crisi se la si affronta da soli senza alcun aiuto, se non si ha intorno una reta di relazioni umane ed ecclesiali feconde, la coppia rischia inesorabilmente di crollare. Le comunità devono divenire più accoglienti nella consapevolezza che un atteggiamento di condanna estrema delle persone non è condiviso da quel Cristo che nei Van-

geli invita a non puntare il dito dinanzi all’adultera evidentemente colpevole.

Occorre riflettere meglio su come trasformare in risorsa all’interno della comunità cristiana l’intera sofferenza delle persone separate. È la punta di un iceberg dove chi fallisce nel matrimonio manifesta in modo evidente che la so-cietà mette a dura prova chi ha scelto di vivere nell’amore sponsale. Una buona parte dei separati afferma di aver capito il sacramento del matrimonio solo dopo la separazione. Potrebbe essere questa una buona traccia di lavoro perché questo approfondimento può essere utile anche alle coppie unite per comprendere il loro sacramento e per evitare di rom-pere il “vaso di creta”.

Possiamo qui riprendere tutto il cammino del convegno di Firenze: uscire (aprendo la porta a persone che pur avendo commesso errori restano figli della Chiesa), annunciare (evitando di creare confusione e leggendo atten-tamente le singole situazioni), abitare (accogliendo le persone in un autentico cammino di conversione alimentata dalla Parola di Dio), educare (mostrando la via corretta da seguire, pur trattandosi di situazione difficile o irregolare, verso la via buona del Vangelo). Così con la stessa sollecitudine di Maria a Cana di Galilea, sapremo trasfigurare le famiglie segnate dal dolore o dalla lacerazione degli affetti, mutando il loro lamento in vita vissuta nella gioia di Cristo.

Paola e Piero Pierattini

P L’ANGOLO DELLA FAMIGLIA

Trasfigurareal vincolo coniugale o all’ordinazione sacerdotale, insicuri della capacità di vivere la fedeltà ad una promessa, quasi terrorizzati dalla “società liquida” di questo tempo che si manifesta nella fragilità dei rapporti affettivi, o meglio in un’affettività liquida incapace di legami stabili e orientati ad un futuro

Perciò il tempo del fidanzamento, così come quello del seminario, rischia spesso di essere vissuto senza aprirsi allo Spirito, con una celebrazione di abitudini e forme esteriori, che non corrispondono ad una conversione del cuore. Ma questi giovani sono figli di famiglie che in molti casi hanno smarrita la fede, qualcosa si è interrotto nella loro trasmissione della fede; è rimasta talvolta una memoria vaga di rito religiosi che però non si traducono in scelte esistenziali concrete.

Dall’indagine fatta in occasione del Sinodo sulla famiglia è emerso uno scenario inquietante. Le situazioni di di-sagio di molte famiglie sono abbastanza evidenti: crisi di coppia, aumento delle convivenze e unioni di fatto, crescita delle separazioni e dei divorzi. Questa situazione è aggravata dalla percezio-ne di una limitata formazione sia dei laici che dei presbiteri sulle tematiche familiari. Per molti secoli il timore della

corporeità ha messo in competizione le due vocazioni ordine e matrimonio. Spesso si è confuso corpo con peccato e quindi si è calcato l’accento sulla verginità come via preferenziale per la santità. Probabilmente la formazione dei presbiteri su ciò che vive la famiglia, sia nell’iter del seminario che nelle varie stagioni dell’esistenza del sacerdote co-stituirà un delicato ambito di riflessione del cammino post-sinodale.

Esiste una presenza particolare, quella dei diaconi permanenti sposati, che hanno sia il sacramento dell’ordine che quello del matrimonio: è loro compito diffondere, nel polo di Dio e soprattutto nel clero, il profumo della nuzialità che resta per il diacono sposato la prima vera vocazione. Non si può ridurre il ministero del diacono alla sola liturgia, non si può clericalizzare il suo ruolo.

Purtroppo la nuzialità è un tesoro tenuto in vasi di creta e talvolta il vaso si rompe. Quando il vaso si rompe il tesoro resta, cioè quando si rompe il matrimo-nio le singole persone restano e sono da accogliere come figli di Dio. Non scordia-mo il racconto della Samaritana, una donna con vari fallimenti matrimoniali alle spalle, che è chiamata a condurre molti a fare esperienza di Gesù.

FONDAZIONE GIORGIO TESI

Crocefissi del Ceppo“Crocefissi del Ceppo”, una splendida opera curata da Graziano Trinci e

realizzata grazie al contributo della Fondazione Giorgio Tesi onlus, è un’accurata ricognizione fra le opere d’arte conservate nell’ex complesso ospedaliero. Il libro sarà presentato, con l’intervento del vescovo, martedì 22 marzo nell’aula magna presso il seminario vescovile. Le offerte raccolte saranno devolute alla Caritas diocesana di Pistoia. Come ha ricordato Fabrizio Tesi, presidente Fondazione Giorgio Tesi onlus “questa appassionata e puntuale ricerca di Graziano Trinci sui crocifissi del Ceppo è di grande interesse, tanto che lo stesso comitato di indirizzo della Fondazione Giorgio Tesi onlus lo ha approvato all’unanimità. La stampa di questo pregevole lavoro ha lo scopo sia di far conoscere questo straordinario patrimonio artistico e storico di Pistoia, che per raccogliere offerte da destinare alla Caritas diocesana di Pistoia in favore dei più bisognosi”. “Il vescovo -aggiunge il presidente del comitato di indirizzo della Fondazione Carlo Vezzosi- ha condiviso subito questo progetto culturale e di beneficenza infatti nella sua introduzione fa riferimento proprio alla vecchia struttura ospedaliera: l’Ospedale del Ceppo ha una grande storia alle spalle, storia di arte e cultura, ma prima di tutto di malati e sofferenti accolti e curati amorevolmente con dedizione e generosità. Intersecata con essa è la fede cristiana. La carità che porta a pienezza l’umanità ha segnato profondamente le vicende del Ceppo e da sempre il riferimento al Gesù Cristo è stato evidente e fondante”.

Fondamentale per questa ricerca è stata la collaborazione con l’Associazione culturale “Amici del Ceppo” ed anche con padre Gianfranco Macconi, frate cap-puccino.

Daniela Raspollini

esù è colui che rinuncia totalmente alla totali-tà dell’onnipotenza per aprirsi al totalmente al-

tro e al bene del prossimo. Questa è la realtà della croce di Cristo.

Questa è una meta molto alta e Dio nella sua pedagogia ha portato l’umanità attraverso la storia del po-polo d’Israele ad entrare in questa prospettiva mediante un cammino lungo che va da Abramo a Gesù per arrivare a S. Paolo che coniuga le modalità per far diventare prassi di vita questa logica della rinuncia alla totalità.

Nell’antico testamento ci sono quattro norme, quattro tradizione sacre che ogni credente deve os-servare per essere fedele alla rive-lazione; la circoncisione, il sabato, la kasherut, iltTempio.

La circoncisione è una mutila-zione, un togliere qualcosa, significa rinuncia; Dio comanda ad Abramo la circoncisione (Gen. 17,10) come un segno sensibile di alleanza e cioè che il circonciso non appartiene più a se stesso, non è più proprietario del suo corpo ma appartiene a Dio e al popolo. La circoncisione significa la rinuncia alla totalità di se stesso e implica l’apertura a Dio e alla collettività del popolo. Con i profeti si passa alla circoncisione dell’orecchio e del cuore in senso metaforico (Ger. 6-10, e 4,4) e ciò significa rinuncia ad ascoltare solo se stessi con le proprie ragioni e a mettere la propria volontà a servizio di Dio e dell’osservanza della sua parola. Fiducia ed obbedienza a Dio. (Dt.10,16-Lv. 26,41)

Il sabato. In esodo 20,11 si legge “Il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha consacrato”. Il sabato struttura la settimana, ritmando la successione dei giorni aprendola

all’alterità di Dio, il tempo non è più solo dell’uomo, il tempo è di Dio. Il sabato è un tempio fatto di tempo in cui il credente deve entrare per ricordarsi che lui non è il padrone del tempo che gli è stato messo a disposizione e che deve essere disponibile a restituire una parte di questo a colui che glielo ha donato.

Kasherut è un termine ebraico che descrive gli alimenti puri e impuri (Levitico 11). Con questa norma che tiene conto si di norme igienico- alimentari ma intende edu-care il popolo,proibendo alcuni cibi sia di origine animale che vegetale, che non può considerarsi padrone di tutto ciò che produce la terra e di quanto si trova nella creazione. Egli mangerà cosa gli è permesso e non tutto quello che vuole.

Il tempio. Dio concede la terra al suo popolo, invita, attraverso Giosuè, a prenderne possesso in seguito concederà a Salomone la costruzione del tempio che il re David avrebbe voluto costruire (I libro dei Re 5-9) Perché il popolo non si sentisse padrone della terra che gli ha concesso fa in modo che una piccola porzione sia consacra-ta a lui, alla preghiera ai sacrifici al culto, il tempio è la terra riservata a Dio, come segno che non tutta gli appartiene.

Circoncisione, sabato, kasherut, tempio, attraverso queste realtà Dio invita a rinunciare alla totalità di possesso sul corpo, sul tempo, sui cibi e sulla proprietà per aprirsi alla signoria di Dio sulla creazione e a fare dono di sé a lui creatore e agli altri uomini. Questi introducono la realtà di Cristo crocifisso nella sua kenosis.

In Gesù avviene il compimento di questa rinuncia alla totalità in vista di una espropriazione di sé per es-

sere tutto del padre e dell’umanità, accettando di donare la propria vita egli entra nella stessa dinamica delle quattro realtà sopra dette, portando la rinuncia al culmine, poiché non rinuncia ad una parte ma alla totalità della propria vita. Il compimento non avviene senza eccesso, lo conduce ai limiti del possibile.

Questo concetto è cantato nella lettera ai Filippesi (Fil. 2,6-11) Gesù ha rinunciato alla totalità della sua onnipotenza per arrivare fino al punto più basso della nostra condi-zione umana per dirci che il padre è tutto per noi anche quando noi per-diamo la nostra dimensione a causa del male e del dolore e quando noi non ci possediamo lui ci possiede. Se le quattro istituzioni dell’ebrai-smo ricordavano che l’uomo non è padrone di tutto,la croce di Gesù in cui ha perso se stesso ci ricorda che noi siamo possesso di Dio in tutto.

La realtà della croce di Cristo è scandalo per i pagani e follia per i greci(1Cor.1,22-24) in quanto sia la religiosità ebraica e il razionalismo greco non comprendono la rinuncia alla totalità di se stesso compiuta da Gesù, il fatto che nulla ci appartiene e che noi apparteniamo a un padre di fronte al quale l’unico gesto vero è la totale obbedienza e l’abban-dono. Con la rinuncia al nostro egoismo, al nostro potere possiamo entrare in relazione con le cose e non diversamente.

Il messaggio della croce per noi oggi è che non possiamo vantare padronanza sul corpo umano, sul tempo che è dono di Dio, sulla cre-azione che ci “nutre e ci sostiene”, sulla terra che non è nostra ma di Dio e che l’unico modo per entra-re in contatto con queste realtà è l’amore.

Giordano Favillini

Pasqua di Resurrezione

GAgenda del vescovo

dal 21 al 27 marzo 2016Lunedì 21 marzoore 10-18: Lecceto - Assemblea CETMartedì 22 marzoore 9,30: Visita al Centro Dialisi e a seguire all’Ospedale San Jacopoore 17,30: Seminario- presentazione del volume “I Crocifissi del Ceppo”ore 21: Valdibrana - Serata di preghieraMercoledì 23 marzo le udienze sono sospeseore 8,30: Episcopio - Liturgia delle ore con la Curiaore 21: Cattedrale - Messa CrismaleGiovedì 24 marzoOre 18: Cattedrale - Messa in Caena DominiVenerdì 25 marzo le udienze sono sospeseOre 9: Cattedrale - Liturgia delle OreOre 21: Cattedrale - Celebrazione della Passione del Signore Sabato 26 marzoOre 9: Cattedrale - Liturgia delle OreOre 22,30: Cattedrale - Veglia PasqualeDomenica 27 marzoOre 10,30: Cattedrale - S. Messa Santa Pasqua

920 MARZO 2016 n. 11VitaLa comunità ecclesiale

el messaggio per la Quaresima 2016 Papa Francesco, ha rivolto un invito affinché, in

quest’anno giubilare “sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio”. Richiamando il primato all’ascolto orante della Pa-rola, in specie quella profetica, sotto-linea come la misericordia di Dio sia un annuncio al mondo e che di tale annuncio ogni cristiano è chiamato a fare esperienza in prima persona. Per aver accolto la Buona Notizia a lei rivolta dall’arcangelo Gabriele, Maria, nel Magnificat, canta profeticamente la misericordia con cui Dio Padre l’ha prescelta per essere madre di Gesù, diventando così icona perfetta della Chiesa che evangelizza per opera dello Spirito Santo. La misericordia

N

MISSIO DIOCESI DI PISTOIA

Quaresima missionaria 2016

ggi come sempre nel-la chiesa, c’è l’uso della contemplazione classi-ca, quella responsoriale,

ostensiorale sull’altare del santissi-mo, al quale i fedeli si rivolgono per impetrare grazie e benedizioni da Gesù, vero Dio e vero uomo (aspetto trascendente). Il vangelo ci ricorda di questo mistero l’episodio di quando Gesù, stanco e affaticato, si riposa presso il pozzo di Giacobbe, mentre una samaritana è intenta a tirare su l’acqua dal pozzo per i suoi bisogni, e chiede di dargli da bere. Dissetato, Gesù le svela i suoi trascorsi di vita e le dice anche che la vera acqua che disseta è lui. La donna rimane sor-presa di tutto ciò e gli chiede se lui fosse un profeta; Gesù annuisce. Poi arrivano a parlare della preghiera e adorazione; rispondendo alla donna che gli domanda se si deve pregare e amare Dio sul monte Corazin o a Gerusalemme, Gesù dice: né l’uno né l’altro, ma per adorare Dio è neces-sario farlo in spirito e verità. Infatti le

parla della dimensione trascendente divina e dell’anima, mentre la verità significa parola di Dio che Gesù stesso annuncia a partire dal sacro libro della Bibbia. Ma è sufficiente tutto questo o si può pregare e adorare Dio, Gesù o la Madonna nella sola dimensione trascendente, ma anche in quella immanente?Si devono fare alcune osservazioni a proposito: quando Gesù sacramento è esposto sull’altare, dopo alcuni minuti di preghiera, riconoscendo in lui divinità e umanità, lo preghiamo o gli rivolgiamo altre intenzioni per il nostro prossimo, tipo: per la pace, per la giustizia e fraternità nel mondo, per gli operatori e responsabili politici, per l’ecumenismo delle chiese cristiane e non, per la fine di tutte le guerre.A questo proposito ho notato in alcune chiese che un sacerdote o un laico guida le riflessioni per mezzo del vangelo, intervallate da canti e musi-che religiose; personalmente sono per quest’ultima ipotesi più realista, altri-menti si scade nell’intimismo mistico,

fermo restando però la preghiera personale. Possiamo in alternativa contemplare Dio, la natura per la sua bellezza e magnificenza e per i suoi doni che ci permettono di vivere i frutti, gli animali ecc…, ma anche nella bellezza di un piccolo bambino, nella sua delicatezza e sorriso, così nella bellezza muliebre di una ragazza, nel vigore atletico di un giovane, nella cadenza di un vecchio canuto che ha speso una vita per il lavoro e la famiglia, in un malato al tramonto della vita, in un giardino pieno di piante e fiori, così come in un bosco, oppure nell’immensità del mare, o nel tramon-to del sole o delle montagne innevate, nel cielo stellato e illuminato dalla luna, nel mistero della nascita e della morte (alfa e omega dell’uomo). Tutto quanto porta alla lode di Dio, creatore e Signore dell’uomo e dell’universo. In ultimo la preghiera per eccellenza rimane il Padre nostro, insegnataci da Gesù, che rimane un po’ il compendio della nostra fede e religiosità.

Mauro Manetti

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Preghiera e contemplazionefra forma trascendente

e immanente

O

SANTOMATO

Vegliain memoria

di don Diana e del beato

Oscar RomeroPresso la parrocchia di Santa Maria Assunta a Santomatp, sabato 19 marzo, alle 21 ci sarà una veglia in memoria di don Beppe Diana e del beato Oscar Arnulfo Romero.La comunità parrocchiale di Santa Maria Assunta e l’Associazione di Promozione Sociale “O. Romero” fanno memoria dei due pastori uccisi per la loro testimonianza di fede e di impegno a favore dei popoli che erano stati chiamati a guidare. La data non è casuale: segna infatti il giorno dell’uccisione di don Peppe Diana, avvenuta a Casal di Principe, il 19 marzo 1994, mentre mons. Romero cadde per mani assassine il 24 marzo 1980, data che quest’anno coincide con il giovedì santo. I due pastori saranno ricordati con una veglia liturgica, preparata sinodal-mente dalla comunità, animata da canti e letture ricavate dagli scritti lasciati da questi testimoni, convertiti dalle sofferenze dei popoli oppressi. Le esistenze di don Peppe Diana e di Oscar Romero appaiono infatti segnate da singolari coincidenze, come il luogo della loro uccisione –ambedue colpiti in chiesa-, l’impegno a favore del popolo, la faticosa ricerca dei mandanti, il prudente appoggio ricevuto dalla chiesa ufficiale. Per attualizzare il sacrificio di questi due martiri l’incontro di preghiera sarà scandito da tre momenti dal forte valore comunitario: l’atto pe-nitenziale, la condivisione del pane benedetto, e l’abbraccio di pace: segni di conversione e di testimonianza alle quali tutti siamo chiamati nei nostri percorsi di vita.

di Dio trasforma il cuore dell’uomo facendogli sperimentare un amore fedele che lo rende a sua volta capace di misericordia motivandolo all’amo-re per il prossimo attraverso quelle che la tradizione della Chiesa chiama le opere di misericordia corporali e spirituali. Esse ci ricordano che la nostra fede si traduce in atti concreti e quotidiani destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito. Le opere di misericordia sono un modo per risvegliare la nostra coscienza, spesso assopita, davanti al dramma della povertà, per entrare sempre più nel Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina.

Nel contesto dell’anno giubilare della misericordia, nella nostra Dio-cesi la quaresima è dedicata al ricor-do ed al fattivo sostegno dei nostri

missionari, sacerdoti e laici, fidei do-num: don Marcello Tronchini, don Ro-mualdo de Poli e Nadia Vettori, che operano, rispettivamente, in Ecuador e Brasile, in contesti problematici, dove povertà e sfruttamento sono esperienze drammatiche di vita quo-tidiana. Facciamo appello alle nostre parrocchie, affinché tutte rispondano alla richiesta che vogliamo rivolgere in favore dei nostri missionari, anzi i nostri mandati, perché a nessuno di essi manchi l’affetto, la preghiera e la solidarietà di tutta la comunità diocesana.

Durante la Quaresima ricorre e viene normalmente celebrata la gior-nata di preghiera e digiuno in ricordo dei missionari e operatori pastorali martiri: religiosi, religiose e laici. Quest’anno la Veglia di Preghiera, per ragioni di calendario liturgico, anziché

il 24 marzo, data in cui si fa memoria dell’uccisione di monsignor Oscar Arnulfo Romero, vescovo di San Salvador, si svolgerà, alla presenza del nostro vescovo, monsignor Fausto Tardelli, nella Basilica della Madonna dell’Umiltà giovedì 31 marzo alle ore 21. La veglia ha per tema: “Donne e uomini di misericordia”. Alla Veglia sono tutti invitati, sarebbe però bello poter registrare una presenza significativa di giovani.

Cogliamo l’occasione per invitare i parroci a comunicare al Centro missionario diocesano, quali realtà di solidarietà e di cooperazione missionaria esistono nelle loro re-altà parrocchiali perché riteniamo sia interessante e fruttuoso poter conoscere e scambiare esperienze e conoscenze.

Lucia Fedi

MOICAConclusione del progetto

“Il piccolo principe”8 marzo il tempo non è stato granché, ma bastava entrare nella Sala Sinodale

dell’Antico Palazzo dei Vescovi e la giornata prendeva un altro piglio. L’occasione è stata quella della conclusione del progetto “Il Picco-lo Principe” di A. de Saint-Exupéry realizzato dal Moica (Movimento italiano casalinghe Pistoia). Diverse le fasi su cui si è articolato il corso lettura, commento, disegno, ricamo e molte le autorità che hanno contribuito sia al progetto sia con la presenza in Sala. È stato anche un momento importante dal punto di vista del dibattito politico. Da dodici anni il Moica garantisce le visite all’interno del Museo del Ricamo e, dati i momenti non semplici, il sindaco Samuele Bertinelli, presente all’occasione, si è nuovamente impegnato perché non ci fossero dubbi rispetto al proseguo di questo importante servizio, tanto più in virtù della recente nomina a capitale della cultura della nostra citta.La gestione della giornata è stata impeccabile, grazie soprattutto all’instan-cabile presidente Anna Maria Michelon Palchetti. Gli interventi degli ospiti, una lotteria, un momento di poesia gentilmente donato da Lalla Calderoni, i lavori ricamati, i quadri di Emma Nocera e Valeria Toninelli, tutti questi in-gredienti hanno fatto sì che la giornata passasse serenamente e che ancora una volta venisse riconosciuto il grande valore del volontariato pistoiese, dove una sensibilità maggiore va senz’altro riconosciuta al mondo femminile in cui il Moica ha un ruolo sicuramente importante.

Marco Leporatti

L’

La Scuola dell’infanzia parrocchiale di Sant’Angelo a Bottegone, in occasione della domenica delle Palme, 20 marzo, vuole far festa con tutti i bambini, i genitori e tutti quelli che credono in questo percorso avviato ormai da oltre 28 anni, facendo l’inaugurazione del giardino esterno alla scuola. Gli eventi calamitosi del 5 marzo 2015 hanno fatto cadere 3 grossi pini, causando danni non indifferenti e da allora tutto il consiglio dell’asilo, genitori e volontari hanno dato vita a un rinnovamento com-pleto di tutta la zona esterna e di questo dobbiamo ringraziare quei genitori che hanno fornito materiale e manodopera qualificata, l’azienda Vannucci per alcune

piante e sculture dell’artista Dario Longo, che riprendono il tema dei bambini, della famiglia e della loro crescita nella natura e nel verde.

Siamo fieri e felici di condividere, con tutti quelli che lo vorranno, questo mes-saggio di gioia e di rinnovamento della nostra scuola parrocchiale che, pur con pochissimi aiuti pubblici, riesce ad essere un vero punto di incontro e di riferimento in ambito educativo e didattico.

Alle 11 di domenica 20 marzo ci sarà la benedizione dell’olivo alla presenza di tutti i bambini, genitori e parrocchiani. Successivamente, intorno alle 12.15 ci sarà l’inaugurazione, con la benedizione e il taglio del nastro del

nuovo “Giardio all’aperto” allietata poi da aperitivo per tutti.

Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno contribuito a questo risultato, i nostri bambini sono il futuro e crescere nell’armonia, nell’amore e nella gioia, anche grazie a un luogo bello dove poter giocare, è un bel risultato e una grande scommessa per il futuro.

Infine vogliamo ringraziare le no-stre maestre che, con grande passione, dedizione e professionalità, svolgono un compito bellissimo e importante per tutta la comunità.

Consiglio amministrazione scuola materna parrocchiale

di Bottegone

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Bottegone, inaugurazionedel giardino all’aperto

IN CATTEDRALE

Vesprid’organoGiovedì 31 marzo, in Cattedrale alle ore 21, all’organo Costamagna (1969) si esibirà Guy Bovet.

MONTALBANOOCCIDENTALE

Riflessione sulla guerra in SiriaIl 18 marzo alle 21,15, alTeatro della misericordia di Vinci, nell’ambito del ciclo di incontri “Chiesa, mondo, laici”, Vincincontri 2016 organizza un incontro dal titolo: “La guerra in Siria: Aleppo, Damasco, Palmira”. Relatore sarà Ishaq Insan, salesiano di Aleppo. Prevista la proiezione di filmati e foto.

10 n. 11 20 MARZO 2016 LaVita

orna a Pistoia «Leggere la città», la rassegna pro-mossa e organizzata dal Comune, che in questa

sua quarta edizione ha per tema «La città del dialogo». Quattro giorni (7-10 aprile) di incontri, lezioni, mostre, passeggiate, concerti, spettacoli e laboratori faranno di Pistoia, che nel 2017 sarà la capitale italiana della cul-tura, la casa del pensiero urbano, per riflettere sul tema del dialogo, come fondamentale strumento per lo svi-luppo democratico di una comunità. Tra gli ospiti il filosofo Remo Bodei, lo storico e giornalista Adriano Pro-speri, Eligio Resta, membro laico del Consiglio superiore della Magistratura dal 1998 al 2002, Paolo Maddalena, già presidente della Corte Costitu-zionale, la filosofa Michela Marzano,

e il presidente dell’Unione delle co-munità islamiche d’Italia Izzadein Elzir. Quest’anno, sotto il titolo «Storie di città», la rassegna propone una serie di incontri dedicati a città simbolo del dialogo, a volte interrotto, a volte fecondo, in tutti i casi costitutivo dell’identità stessa di quelle comunità, come Gerusalemme, Venezia, Palermo e Istanbul, quest’ultima raccontata dal giornalista Siegmund Ginzberg.

Si rinnova poi il rapporto con Goffredo Fofi e la sua rivista degli Asini, che ripropone anche per questa edizione i seminari della «Università elementare», dedicati quest’anno al tema «Che cos’è l’arte. Di che arte oggi c’è bisogno» (tra le presenze To-maso Montanari, Piergiorgio Giacché, Alfonso Berardinelli, Serena Vitale).

Il rapporto tra le trasformazioni

fisiche della città e lo sviluppo de-mocratico della comunità è infine il tema intorno al quale rifletteranno i molti architetti e urbanisti invitati: la riacquisizione all’ambiente naturale di parte della città contemporanea è il tema della lectio magistralis di aper-tura affidata all’architetto urbanista e paesaggista tedesco Andreas Kipar, l’urbanista ed ex assessore regionale Anna Marson interviene sui temi della pianificazione del paesaggio, l’esperta di mobilità sostenibile Anna Donati indica la strada per una «mobilità nuova», l’architetto svizzero Mario Botta riflette sul dialogo nella «città pubblica», infine i due urbanisti Vezio de Lucia e Carlo Cellamare sviluppano un ipotetico dialogo tra le diverse parti della città, come il centro e la periferia.

uesto fine settimana (19 e 20 marzo) 900 luoghi d’arte e di cultura saran-no aperti e visitabili in

380 città italiane grazie ai volontari del Fai (Fondo ambiente italiano). Si tratta della 24esima edizione delle «Giornate Fai di Primavera».

A Pistoia saranno visitabili il chiostro di San Francesco (piazza San Francesco, 1) e il Palazzo vescovile (via Puccini, 27). Il chiostro di San Francesco, ed in particolare l’Aula capitolare costituiscono un unicum

PISTOIA, CAPITALE DELLA CULTURA

Quattro giorniper «Leggere la città»

Filosofi, giornalisti, architetti e giuristi discuteranno di ambiente e dialogo

T

comunità e territorio

PROMOSSO DACONFARTIGIANATO IMPRESE

Come coincidono nelle nostre vite

economiae tecnologia

i è svolto venerdì 11 marzo presso Palazzo dei Vescovi, concesso dalla Cassa di risparmio di Pistoia e della Lucchesia, un seminario riguardante “La tecnologia e l’economia al servizio della persona”, incontro promosso da Confartigianato Imprese Pistoia. Il seminario

ha avuto il patrocinio scientifico delle Università di Pisa e Firenze e della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Il tema della discussione è stato toccato da alcuni interventi propedeutici: quello del prof. ing. Carlo Bartoli, docente del Destec (Dipartimento di ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni) dell’Università di Pisa, e quello dell’architetto Giorgio Merletti, presidente nazionale di Confartigianato Imprese. L’Ing. Bartoli af-fronta l’argomento da un punto di vista scientifico filosofico: “ è innegabile che scienza ed economia siano sempre maggiormente connesse tra loro, basti pensare che un’impresa non può non tenere in considerazione quanto essa spende per i macchinari che gli sono necessari. Se sfruttato nel modo giusto questo è un binomio dalle grandi potenzialità”. Merletti interviene con un occhio di riguardo al piano sociale ed economico: ““Gli artigiani e le piccole imprese – sottolinea il presidente di Confartigianato - sono prota-gonisti della rivoluzione tecnologica: proprio grazie all’innovazione riescono a valorizzare il patrimonio di creatività, tradizione, qualità manifatturiera che rende il made in Italy un modello produttivo apprezzato nel mondo. Ma nell’artigianato la persona è al centro dell’impresa: nei prodotti e nei servizi artigiani ci sono l’intelligenza della mano, la creatività della mente, la passione del cuore. E sono proprio questi ‘ingredienti’ a fare il succes-so dei prodotti made in Italy nel mondo. Inoltre il Governo deve capire che – continua Merletti – l’unico modo per risolvere una crisi ancora viva è quello di attuare politiche sul lavoro assai differenti da quelle messe in campo fino ad adesso”.

Lorenzo Vannucci

S

Q

ARTE E CULTURA

Primavera, tornanole “Giornate Fai”

A Pistoia saranno visitabili

il Conventodi San Francesco

e il Palazzo vescoviledi via Puccini

di Patrizio Ceccarelli

AMIANTO

Controllinelle acque potabili

del pistoiese

Verifiche dopo che alcuni cittadiniavevano sollevato il problema

Non esiste alcuna prova seria che l’ingestione di fibre di amianto sia pericolosa per la salute, lo chiarisce l’Istituto Superiore di Sanità». È quanto si legge in una nota dell’Azienda sanitaria Toscana centro. «Nonostante questo - si spiega ancora - alcuni gestori

di Pubbliacqua hanno iniziato ad effettuare dei campionamenti e il Dipar-timento di prevenzione, con ambito territoriale di Pistoia, ha ufficialmente richiesto alla Regione di poter eseguire dei controlli delle acque potabili, alla ricerca delle fibre di amianto eventualmente presenti». Il problema, sollevato dai cittadini alcuni giorni fa, relativo alla presenza di «filamenti di amianto nella rete idrica», in alcune zone della provincia pistoiese, è da tempo, sulla base del principio di precauzione, all’attenzio-ne delle istituzioni di sanità pubblica nell’ottica di prevenzione dei rischi ambientali. Le verifiche saranno fatte, nonostante - chiariscono Azienda sanitaria Usl Toscana Centro e Istituto per lo studio e la prevenzione on-cologica (Ispo)- non esistano evidenze scientifiche, né studi che mettano in correlazione la malattia tumorale con l’ingestione dell’amianto, che avrebbe invece un ruolo cancerogeno solo quando inalato. La maggiore attenzione va infatti posta - spiega ancora l’Asl - a tutte quelle possibili sorgenti di contaminazione per via inalatoria presenti sul territorio a cui parzialmente potrebbe anche contribuire la presenza nelle acque potabili. Le conclusioni, che l’amianto ingerito non provochi il cancro - precisano Asl e Ispo -, scaturiscono sia dall’ultima conferenza governativa sull’amianto, sia da revisioni di autorevoli organismi quali la Iarc, l’Oms e l’Istituto superiore di sanità, istituzione quest’ultima che, si ricorda, ai fini della promozione e tutela della salute pubblica nazionale svolge, tra gli altri compiti, anche attività di ricerca scientifica.

«nel panorama artistico cittadino e toscano. Il Capitolo ospitava le riunioni della comunità dei Frati “ca-pitolarmente adunati” per decidere sulla gestione del Convento; la sala è di grandi dimensioni misura 13 metri per quasi 11 e ha una grande volta a crociera interamente affrescata tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo da Antonio Vite. Gli affreschi rappre-sentano la Resurrezione di Cristo e episodi della vita di san Francesco: il Presepe di Greccio, il miracolo del cuore dell’avaro e la gloria del Santo titolare. La parete principale dell’au-la è affrescata con una splendida e preziosissima rappresentazione dell’Albero della Croce con santi Francescani. Gli ambienti oggetto della visita ospitarono il primo nu-cleo del costituendo museo Civico Cittadino, data la loro rilevanza e il loro pregio artistico.

Sabato 19, ore 15.30 e 17.00: visite guidate a cura della profes-

soressa Giuseppina Carla Romby e dell’architetto Maria Camilla Pagnini.

Il Palazzo vescovile, l’altra strut-tura visitabile in occasione delle Giornate Fai, è sede dell’abitazione del Vescovo di Pistoia sino dalla sua prima costruzione. Fu commissiona-to all’architetto Stefano Ciardi, tecni-co di fiducia del vescovo Scipione de’ Ricci, per sostituire l’antica e vetusta abitazione vescovile sul lato della Cattedrale con un palazzo moderno ed adeguato alle esigenze abitative. In poco più di due anni, tra il 1786 e il 1788, fu realizzato il nuovo palazzo dotato di un monumentale ingresso collegato allo scalone e all’atrio d’onore, caratterizzato da colonne ioniche e da una magnifica cupola dipinta. Saranno visibili ambienti sia di rappresentanza, come la Sala rossa, con soffitto dipinto da Luigi Catani con il trionfo della religione, che privati, tra cui la cappella privata del Vescovo e la Sala degli stemmi. Il

palazzo ospita opere d’arte di grande pregio provenienti da chiese e mona-steri soppressi. Un giardino privato è posto sul retro del palazzo e sarà eccezionalmente visibile in questa occasione. Il Palazzo vescovile sarà

visitabile domenica 20, ore 10.00 – 18.00 (ultimo ingresso ore 17.00), con visite guidate a piccoli gruppi, in successione, a cura del Gruppo Fai Giovani di Pistoia (visita guidata in lingua inglese ore 11.00).

1120 MARZO 2016 n. 11VitaLa comunità e territorio

na brutta storia, finita fortu-natamente con un lieto fine. È quella di Lorenza, la canina delle stelle, che pochi giorni fa

è stata adottata da una coppia milanese. Ha lasciato il canile di Pistoia, dove per lei erano arrivate migliaia di richieste, ed è già con la sua nuova famiglia. La ca-gnolina era stata investita da un’auto la notte di San Lorenzo del 2015 che non si era fermata a soccorrerla. Finita sulle rive di un torrente, la canina sarebbe morta se un passante, la mattina dopo, non avesse sentito i suoi flebili lamenti e si fosse fermato per soccorrerla. Lo-

renza aveva una paralisi causata da una brutta rottura vertebrale con il midollo danneggiato e un’anca rotta. Operata immediatamente, grazie ai soldi raccolti con un appello lanciato su Facebook, e poi sottoposta ad un’intensa riabilitazio-ne, la canina era tornata a camminare. Ma il suo calvario non era ancora finito: per 5 lunghi mesi Lorenza è rimasta in canile nella speranza che qualcuno la adottasse. Pian piano l’entusiasmo e la sua vivacità di cucciola di pochi mesi si erano spenti. Poi finalmente la decisione di far conoscere la sua storia attraverso i media e la grande risposta della gente.

Grazie agli articoli pubblicati e a un video diventato virale (solo sul profilo facebook del canile è stato visualizzato 14 mila volte), al Rifugio del Cane sono arrivate decine e decine di richieste. Non è stato facile trovare l’adozione giusta. I nuovi padroni di Lorenza, Andrea e Ma-ryon, si occupano di musica: «La piccola ha preso possesso del divano di casa ed è diventata la mascotte del nostro ufficio. Gioca come una matta con gli altri cani, sta imparando tante cose e si sta abituando ai rumori di Milano. Siamo innamorati di lei», hanno raccontato.

AMICI A 4 ZAMPE

Cagnolina paralizzatasalvata da utenti Facebook

Era stata investita da un’auto la notte di San Lorenzo:è tornata a camminare dopo una lunga riabilitazione

U

EVENTI MUSICALI

Ospiti a Pistoia Timeless

mpio spazio alla musica a “Pistoia Timeless. Lo stile è senza tem-po”, tre giorni di rassegna vintage con spettacoli in programma venerdì 1 (ore 17-24), sabato 2 (11-24) e domenica 3 aprile 2016 (11-20) a La Cattedrale, promossa da Deuda Vintage & Events

e Passepartout Events in collaborazione con Mia’s Communication ed ArtFuturecraft onlus – Centro studi sull’artigianato artistico e l’industria creativa, e tanti altri soggetti: Vespa Club Pistoia, Movida SoloEventi, Avis Pistoia, Swing Mood, Veteran Car Club, Gfp - Gruppo Fotoamatori Pistoiesi, Voronoi, Poieinlab, Associazione Nonna Luisa, Fondazione “Luigi Tronci”, Ufip, We Love Anastasia, con il patrocinio di Regione Toscana e Comune di Pistoia. Venerdì 1 aprile dalle 19 tre ospiti. Il cantautore Francesco Guasti nel team di Piero Pelù a The Voice 2013, all’attivo il singolo “Un solo giorno in più” Universal 2013, il cantautore folk/country/rock Manuel Bellone, con il suo primo ep da solista “Lost Every Night Alone” nel 2013 e Dave Agrò. Il giovane musicista pistoiese, di matrice blues e bluegrass, Francesco Biadene con il nuovo ep “Dei Sentieri” che spazia dal blues al folk con venature di world music, realizzato in collaborazione con il batterista sammarinese Michele Pazzini e grazie al Premio Indie Time 2015 ricevuto nel contest per band emergenti Marea Festival di Fucecchio (FI), presentato anche alla Fondazione “Luigi Tronci” di Pistoia con tour promozionale in parte d’Italia. Il primo ep da solista di Biadene, chitarra e voce, è “Seven Lights” con Pazzini alla batteria. Apre i concerti di Riccardo Tesi ed Adriano Viterbini in Bud Spencer Blues Explosion, riconosciuto da Mei e PoPistoia, in occasione di una selezione, “miglior artista emergente di Pistoia e provincia”, laureato al Conservatorio di Bologna in chitarra jazz e vincitore del contest orga-nizzato dal Bravo Caffe di Bologna “Dentro che fuori piove”, ottenendo un riconoscimento speciale dal Rotary Club bolognese. Partecipa all’Acoustic Guitar Meeting di Sarzana e si esibisce a Bristol nel Regno Unito. Nel 2015 il Premio Indie Time nel Marea Festival come miglior progetto emergente e Premio “Matteo Maestri” per i testi, apre i concerti di Grayson Capps alla Rocca di Carmignano (PO) e di Mannarino in piazza Duomo a Prato. Apple Party & The First Ladies sabato 2 aprile ore 22 con classico repertorio di cover swing, doo-wop, rockabilly, e brani moderni arrangiati in stile vintage, nel segno del rock & roll anni ’50: Irene Querci, Sara Betti e Marta Corti voci, Fabio Binarelli chitarra, Marco Polidori basso, Lorenzo Innocenti batteria. Originariamente la band nel 2005, in parte con un’altra composizione, si chiamava Apple Juice & le Sbarelline, partecipando nel 2008 alla selezione finale di X-Factor. In radio a Demo Rai su Radio Uno, vince il concorso del programma partecipando poi al Festival DemoRai di Lamezia Terme. Si esibisce in diretta tv a Scalo 76 su Rai Due, con un brano a cappella. In finale al concorso nazionale Star-sprint – Una proposta per Sanremo a Fiuggi con il brano inedito “Goccia su goccia”, nel 2009 concludono l’Apple Tour con poco meno di 80 date in locali toscani e non solo. Patrizio Castrovinci domenica 3 aprile ore 16, esploratore del suono che attraverso strumenti etnici e convenzionali crea atmosfere suggestive ed evocative: flauto hang-drum, percussioni, enfatizzati dall’uso della loopstation, facendo eco di mondi sconosciuti grazie al nuovo progetto “Musica d’istante”.Ingresso 5 euro, abbonamenti 10 euro, prevendita: www.pistoiatmeless.com; [email protected].

Leonardo Soldati

A

i è svolto nei giorni scorsi, a circa anno dall’accaduto, pres-so l’auditorium della Banca di Credito Cooperativo di Vignole

e Montagna Pistoiese a Quarrata il con-vegno “Emergenza Vento, Pianificazione e Gestione di un COC”.

L’evento è stato organizzato dall’as-sociazione di volontariato di Protezione Civile Emergens in collaborazione con la Regione Toscana e la BCC di Vignole e dell Montagna Pistoiese. Il convegno è stato aperto dal saluto dell’Assessore alla Protezione Civile della Regione Toscana Federica Fratoni. Hanno par-tecipato i tecnici dei vari Enti coinvolti in caso di emergenza, come Comune, Dipartimento Protezione Civile, Enel, Regione Toscana, Vigili del Fuoco e i rappresentanti di settori come quello del volontariato.

Hanno portato il loro saluto e la loro testimonianza i sindaci di Quarrata, di

Montale e di Agliana che si sono trovati coinvolti nell’evento del 5 marzo scorso.

Il sindaco di Agliana Giacomo Mangoni ha sottolineato l’importanza di una comunicazione tempestiva del rischio, specie in casi come quelli dello scorso anno difficilmente prevedibili. Così come, sempre la comunicazione, assume un ruolo centrale affinché la popolazione del territorio acquisisca una vera e propria cultura della protezione civile, necessaria per avere un corretto comportamento in caso di emergenza. Proprio in questa direzione si sono mossi

i dieci incontri organizzati dal Comune di Agliana per meglio divulgare l’aggior-namento del Piano di Protezione Civile.

Mangoni ha ricordato come l’am-ministrazione comunale abbia reagito prontamente mettendo in campo tutte le forze disponibili ed ha sottolineato l’importanza della collaborazione dei cittadini che, con le loro segnalazioni, hanno agevolato il compito di chi si trovava ad operare per far fronte all’emergenza.

M. B.

S

a preso il via da pochi giorni il corso di alta formazione «A scuola di banca», promosso dall’istituto Capitini di Agliana e dalla Banca di credito cooperativo di Vignole e della Mon-

tagna Pistoiese. L’iniziativa, giunta alla settima edizione, fa parte dell’offerta formativa complementare dell’istituto ed è rivolta alle classi quinte Afm e Sia. Il corso prevede 5 incontri-lezione di due ore ciascuno, in orario pomeridiano, tenuti da un docente di economia aziendale del Capitini assieme ad un esperto della Banca. Vari gli argomenti affrontati durante le lezioni: il settore finanziario e la funzione creditizia, la vigilanza bancaria e le forme di raccolta, le attività degli uffici fidi per l’erogazione dei prestiti, le specificità delle banche di credito cooperativo attraverso l’analisi del loro statuto, i controlli esterni sulle Bcc per l’accertamento della mutualità prevalente. Novità di quest’anno sarà la lezione dedicata all’applicazione della tecnologia nell’attività bancaria: dall’espansione dell’home banking, alla virtualizzazione degli sportelli, una strada che ha visto la Bcc Vignole e Montagna Pistoiese all’avanguardia, con la trasformazione la scorsa estate dell’agenzia di Ponte a Elsa in una filiale ad alta automazione, la prima in Toscana, nella quale le operazioni avvengono tramite un dipendente che agisce da remoto.Al termine del ciclo di lezioni, i partecipanti sosterranno un esame conclusivo. Coloro che lo avranno superato con pro-fitto, riceveranno un attestato di partecipazione ed un punto di credito scolastico nella disciplina di economia aziendale. I primi tre studenti con la votazione più alta conseguita nella prova finale avranno la possibilità di effettuare uno stage presso gli uffici della sede centrale o delle filiali della Banca. L’allievo che avrà riportato il miglior punteggio riceverà an-

che un piccolo premio in denaro di 150 euro. La consegna degli attestati e dei riconoscimenti avverrà la prossima primavera nel corso di una cerimonia presso l’auditorium Marcello “Cesare” Fabbri, a Vignole. «L’obiettivo dell’iniziativa - spiega il presidente della Bcc Vignole e della Montagna Pistoiese Giancarlo Gori - è quello di arricchire l’offerta formativa e il curriculum degli studenti, diffondere i principi di cultura finanziaria e del risparmio nelle nuove generazioni e far conoscere il modello d’im-presa delle banche di credito cooperativo come progetto e fattore dello sviluppo economico e sociale del territorio di appartenenza». «Per la scuola si tratta di una collaborazione importante - afferma il dirigente scolastico Santi Marroncini - che le permette di aprirsi al territorio evitando il rischio dell’auto-referenzialità. Il fatto che il partner sia la Banca di credito cooperativo di Vignole e della Montagna Pistoiese, che agisce sul territorio con scopi sociali, ci aiuta a formare cittadini attivi, consapevoli e disponibili alla solidarietà».

A SCUOLA DI BANCA

Ciclo di lezionial «Capitini» di Agliana

Funzione creditizia, espansione dell’home banking e virtualizzazione degli sportelli saranno alcuni dei temi affrontati

H

AGLIANA

A un annodalla bufera

di vento

PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633

- [email protected] - [email protected] PISTOIA

Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI

CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]

PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]

SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]

CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]

12 n. 11 20 MARZO 2016 LaVitacomunità e territorio

Calcio - Basket

Tempi Supplementaridi Enzo Cabella

l derby per eccellenza tra Pistoiese e Pra-to è finito in pareggio: è un successo per la squadra laniera, una mezza sconfitta per quella arancione. I motivi? Alcuni

giocatori pistoiesi non hanno reso secondo il loro valore, in particolare gli esterni difensivi Antonelli e D’Orazio, che pure hanno espe-rienza e attitudine alle battaglie più cruenti. Ad essi si deve aggiungere il centrocampista Proia, lanciato da Alvini in sostituzione dell’infortunato Damonte. Il ragazzo, giovane e inesperto, ha giocato male, non entrando mai nel vivo del gioco, incapace di fronteggiare gli avversari e di dare un valido aiuto ai compagni. La colpa, però, è anche dell’allenatore, che ha scelto lui anziché Gargiulo, che pure è giovane ma ha alle spalle una ben più solida esperienza in Lega Pro. Si aggiunga che la squadra è stata anche sfortunata, perdendo subito Damonte e a metà del secondo tempo Rovini, il capocan-noniere della squadra che ha onorato il titolo segnando il secondo gol della Pistoiese. Per due volte la squadra arancione si è trovata in vantaggio e per due volte è stata raggiunta dal Prato. Non essere riuscita a difendere questo (importante) patrimonio è indice di scarsa personalità, di un gruppo non ben assemblato. Peccato, perché raccogliere tre punti avrebbe significato fare un bel balzo avanti in classifica, che invece è rimasta molto fluida. La Pistoiese ha soltanto un punto sulla zona playout alla vigilia di una trasferta terribile, a Macerata,

dove il pronostico le è nettamente contrario per vari motivi. La squadra marchigiana è terza in classifica e nell’ultima giornata di campionato ha fatto registrare il risultato più imprevisto ed eclatante, andando a vincere in casa della capolista Spal. C’è di più. La squadra di Alvini scenderà in campo in formazione nettamente di ripiego, senza gli infortunati Damonte e Rovini e lo squalificato Vassallo. In queste condizioni ci vorrebbe un miracolo del dio Palla, come usava dire Gianni Brera.

Nel massimo campionato di basket, Pistoia ha perso in casa da Cremona, formazione esperta e di qualità, dimostratasi più forte della squadra di Esposito, legittimando chiaramente il terzo posto in classifica. Cesare Pancotto, coach di Cremona che i pistoiesi non hanno mai dimenticato per i successi ottenuti ai tempi dell’Olimpia,aveva preparato la partita in maniera perfetta, con la solita maestria ed esperienza. Pistoia non ha saputo arginare la forza, l’astuzia e le strategie dei lombardi ed ha perso senza recriminazioni: è la sesta sconfitta nelle ultime sette giornate. È questo un dato che deve far riflettere, nono-stante che la squadra sia saldamente in lotta per i playoff, con quattro punti di vantaggio sulle immediate inseguitrici. Domenica, però, ha un altro impegno difficilissimo, a Reggio Emilia, contro una squadra che si trova al secondo posto della graduatoria. Ci vorrebbe una prestazione perfetta, e chissà se basterebbe.

uove splendide prestazioni della Nuotatori Pistoiesi. La squadra agonistica, allenata da Massimi-liano Lombardi ben supportato

dall’assistente Alice Ieri, ha conquistato 32 medaglie (8 d’oro, 13 d’argento e 11 di bronzo) ai Campionati Regionali di catego-ria tenutisi a Livorno. Ha ribadito di essere una delle migliori formazioni della nostra regione e quindi del panorama italico, seb-bene non sia stata allestita con le risorse dei grandi club. Si sono laureati campioni toscani Giovanni Biancalani, sul primo gradino del podio nei 400m misti, 400m stile libero e 100m rana; Giovanni Brilli, nei 100m e 200m stile libero; Yari Venturi, nei 200m rana; Alice Nesti, nei 200m misti, e Chiara Magnolfi, nei 50m dorso. Tris di argenti per i già rammentati Nesti, nei 200m, 400m e 800m stile libero, e Brilli, nei 100m dorso, 50m stile libero e 200m misti; doppietta per Bianca-lani, nei 100m stile libero e 200m rana; una medaglia d’argento è stata vinta da Venturi nei 200m farfalla, Francesco Chiti nei 100m rana, Chiara Magnolfi nei 50m farfalla, dalle staffette 4x200m stile libero ragazzi maschi (Biancalani, Brilli, Matteo Magnolfi e Riccardo Tani) e 4x100m misti se-nior femmine (Magnolfi, Nesti, Camilla D’Orso e Giulia Gabbrielleschi). Tris di bronzi per Venturi, nei 400m misti, 100m farfalla e 100m rana, bis per Gabbrielleschi, nei 400m e 800m stile libero, Nesti, nei 50m stile e 100m rana, e Chiti, nei 100m farfalla e nei 200m rana, uno per Davide Battaglia, nei 100m stile libero, e Camilla D’Orso, nei 200m farfalla. Hanno fatto registrare i tempi per i Cam-pionati Italiani di categoria Biancalani, nei 400m misti, 100m e 200m rana, 100m stile libero, Brilli, nei 50m, 100m e 200m stile libero, 100m dorso, e Chiti, nei 100m farfalla e 100m rana. Venturi e Battaglia li avevano già ottenuti. Positivo anche il rendimento di Federico Marchi, Riccardo Tani, Lo-renzo Sommariva, Matteo Magnolfi, Leonardo Tosi, Leonardo Gori, Pietro Baldassarri, Greta Pistoresi, Shania Nanni, Emma Leonetti, Erika Lenzi, Marta Scaccia, Alessia Gambelli, Viola Vannacci, Kessi Seferi e nelle staffette di Clelia Rossi, Guia Galligani, Francesca Ferretti e Ariel Fedi. In sostanza una Nuotatori Pistoiesi orgoglio di Pistoia.

Gianluca Barni

NUOTO

“Pistoiesi”, eccellenzatoscana

N I

spor t pistoiese

on parleremo di economia som-mersa o di quella criminale, che già

trovano posto nel conteggio del Pil da parte dell’Istat; vo-gliamo invece parlare di uno speciale tipo di economia ancora non osservata ma che va crescendo con un ritmo impressionante al di là della nostra immaginazione: l’eco-nomia della condivisione.

Già si sapeva che il vo-lontariato italiano, fenomeno unico nel panorama europeo, rappresenta circa il 3-4% del Pil ma che non viene conta-bilizzato perché non ha una contropartita monetaria. Negli altri Paesi europei, l’assistente sociale, l’infermiere a domi-cilio, o il vigile antincendio boschivo sono pagati dallo Stato e quindi risultano dalla contabilità nazionale, mentre in Italia è tutto supportato da una rete capillare di volontari che, nei diversi campi, fornisce beni e servizi ai cittadini senza alcun passaggio di denaro.

Con la crisi economica che ormai perdura da otto anni, i cittadini italiani si sono organizzati, senza troppi cla-mori, e cambiando in parte i loro stili di vita riescono ad avere gli stessi beni e servizi senza l’uso della moneta, ma con l’autoproduzione o con l’economia della condivisione, scharing economy.

L’Italia ha il più basso indi-ce di inurbamento di Europa e per giunta negli ultimi 40 anni, ben 10 milioni di per-sone hanno abbandonato le città per andare a vivere nei

N RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Gli italiani sono più ricchidi quanto vogliono far credere?

Una indagine svelerà quanto è estesa l’economia della condivisionedi Piero Bargellini

“borghi” vicini. Abbiamo anche un altro

record assoluto: oltre l’80% delle case sono di proprietà, senza considerare quelle abi-tate da figli e parenti vari.

Questi due punti sono essenziali perché hanno per-messo al sig. Mario Rossi, il cittadino medio italiano, di mettere in atto quella eco-nomia della condivisione che non è possibile nel resto del continente.

Attenzione: non si tratta della “decrescita felice”, au-spicata dai pauperisti di tutto il mondo.

Il sig. Rossi ha messo i pannelli solari e quelli fotovol-taici sul proprio tetto, così ha ridotto l’esborso di denaro di almeno 1.500 euro l’anno. Ha cambiato il proprio sistema di riscaldamento e ha istalla-to sofisticate caldaie a legna risparmiando ulteriori 1.500 euro. Abitando nel “borgo” ha a disposizione un piccolo appezzamento di terreno da cui ricava la verdura per tutto l’anno che non compra al supermercato. La casa è di proprietà e la domenica river-nicia ringhiere e finestre senza ricorrere a ditte specializzate come invece sono costretti

a fare i suoi amici rimasti nei condomini cittadini. I più intraprendenti rimbiancano la casa e fanno lavoretti un po’ più impegnativi. Il bar è lontano e non ha alcuna voglia di spogliarsi della comoda tuta da lavoro per andare a fare colazione in macchina.

Con ulteriori altri elementi di risparmio, come ad esempio la macchina condivisa, il tra-sporto con Uber, o lo scambio di abiti in cambio di farina e formaggi in Val d’Aosta, il sig. Rossi arriva a risparmiare una cifra che va dai 12 ai 20 mila euro ogni anno, ottenendo gli stessi beni di quando era in città, ma non spendendo un euro. A Ferrara e Lucca tutti vanno in bicicletta così che il segmento di Pil dovuto all’uso dell’auto è in contrazione, ma i benefici sono gli stessi, anzi sono superiori.

Se solo la metà delle 24 milioni di famiglie italiane non spende 12 mila euro l’anno a parità di benefici, si avrebbe una cifra pari a 144 miliardi di beni che non possono essere contabilizzati, quindi inseriti nel Pil ufficiale, ma di cui gli italiani godono; è quasi il 9% del prodotto italiano, a cui vanno aggiunti i 4 punti del

volontariato, arrivando al 13%, pari a 214 miliardi.

A tutto questo va aggiunto il moltiplicatore dell’imposizio-ne fiscale: il sig. Bianchi, rimasto in città deve produrre un valore doppio dei 214 miliardi se vuole ottenere gli stessi benefici del suo collega Rossi che invece risiede nel “borgo”.

Nel ‘900 il consumo di carne pro-capite era conside-rato un indice di sviluppo, ma durante l’epidemia dell’aviaria negli anni ’90, il consumo di carne ebbe un tracollo e non è mai più tornato ai livelli prece-denti. Oggi, dopo otto anni di crisi economica gli stili di vita sono profondamente mutati e non torneranno mai più come prima, anche se la nostra classe dirigente si ostina a crederci.

La sovrabbondanza di abi-tazioni fa sì che i nuclei familiari anagrafici siano rimasti presso-ché inalterati numericamente, ma le relazioni parentali, quelle che fanno di una pluralità di singoli una famiglia unita, sono rafforzate e si sono estese, con suddivisione di compiti e incarichi, un miglior utilizzo dei beni familiari, una solidarietà inaspettata fino a pochi anni fa.

La fuga dalla città, dove si vive di diritti, si è trasformata in

una ricerca del “bene comune” che nel “borgo” prevale sul concetto di diritto individuale. Il condominio è regolato da una infinità di presunti diritti, ognuno dei quali è in conflitto con quello del vicino, in città non esiste un bene comune collettivo, ma solo una pluralità di diritti codificati che sono l’altra faccia della medaglia di valori rivendicati da singoli. Non esiste quindi una scala valoriale comune, ma ognu-no ha il suo specifico valore da ostentare e difendere in antagonismo con il valore (il diritto) dell’altro. Senza nep-pure che ce ne accorgessimo, siamo arrivati a codificare una pressoché uguale pena per chi lascia un coniglietto o un bambino in macchina al sole.

Anche nel “borgo” esi-stono i diritti che altrettanto sono espressione di valori, ma esiste anche un gruppo sociale che vive, si ritrova nella piazza di paese, discute e arriva a decisione condivise; i diritti sono coniugati con il bene della comunità. Declina Habermas e risorge Rawls, e la migrazione di 10 milioni di italiani è la migliore conferma perché ciascun essere umano si sposta dove pensa di avere le

migliori prospettive di vita per sé e per i propri figli.

So bene che quanto fin qui scritto sono solo ipotesi, anche se sempre più numerosi indizi sono univoci in tal senso, tuttavia non c’è ancora la prova provata. La ricerca che nel mese di marzo parte a Pistoia vuole verificare la veridicità di queste affermazioni. In col-laborazione con l’Università di Firenze, sono pronti 400 questionari per altrettante interviste con 47 domande, questo il campione statistico scelto; occorreranno quattro mesi per la rilevazione nei cir-coli Acli, Mcl, Arci, parrocchie, sedi sportive ecc.

A settembre però sapre-mo se quanto ipotizzato cor-risponderà a verità e non credo di precorrere i tempi se allora la domanda principale che ci porremo sarà: qual è il livello massimo che un sistema finanziario-capitalistico può sopportare nel non uso della moneta? Quale la soglia oltre la quale i finanzieri potrebbero giocare a monopoli con i loro biglietti di banca? Anche qui le prime avvisaglie si sono già viste e siamo della convinzione che il peggio non sia ancora passato, per loro.

1320 MARZO 2016 n. 11VitaLa dall’ItaliaBCE IN CAMPO

L’euroscossa di Draghi: i tassi a zero

per tornare a crescere

uando un medico inter-viene sul paziente con una terapia immediata, pesante e articolata, signi-

fica una cosa chiara: lo stato di salute del paziente è grave. Speriamo non sia compromesso. Ecco: la decisione di Mario Draghi e della “sua” Bce di abbassare ulteriormente i tassi di interesse, di aumentare l’acquisto di titoli di Stato (quantitative easing) e di estenderlo pure ad obbligazioni aziendali di un certo tipo, sta a signi-ficare che l’economia dell’eurozona versa in condizioni difficili. E che ora si prova a somministrare una terapia d’urto. Non è l’ultima possibile, ma non siamo lontani da quel limite estremo.

La malattia è chiara e diffusa: non c’è crescita economica, i prezzi continuano a calare, stiamo danzando

attorno alla deflazione.Che, in parole povere, significa

decadenza senza possibilità di porvi rimedio con le manovre monetarie classiche. Il Giappone è caduto den-tro quel burrone oltre vent’anni fa e non riesce ad uscirne fuori in nessun modo. Perché l’Europa – almeno quella che usa l’euro – non riesce più a crescere? Si pensava fosse un problema di liquidità, di consumi: i tassi vicini allo zero servivano appun-to per stimolare i consumi, e quindi la produzione, una sana inflazione, l’occupazione, l’aumento dei reddi-ti… I consumi sono rimasti fermi, la liquidità c’è ma rimane lì, congelata. I risparmiatori non si fidano del futuro e tengono enormi cifre ferme nei conti correnti (oltre 400 miliardi di euro solo in Italia); gli imprenditori non investono nonostante il denaro

Q

La decisione del presidente della Bce di abbassarei tassi di interesse, di aumentare l’acquisto di titoli

di Stato e di estenderlo pure ad obbligazioni aziendali di un certo tipo sta a significare che l’economia

dell’eurozona versa in condizioni difficili.E che ora si prova a somministrare una terapia d’urto. Ora sono gli Stati aderenti a doverci provare sul serio.

Draghi ha tolto ogni alibi esterno:adesso ognuno è artefice della propria sorte

di Nicola Salvagnin

a nuova legge di Stabi-lità varata dal Governo non ha introdotto solo nuove misure finanzia-

rie, ma ha anche generato una nuova forma giuridica d’impresa destinata a far parlare di sé: la Società benefit. Con l’introdu-zione di una norma inserita nella finanziaria del 2016, l’Italia è di-ventata infatti il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, a dare forma legale a questo tipo di società. Ma di che cosa si tratta esattamente? Secondo quanto si legge nella legge di stabilità 2016, le Società Benefit o Benefit Cor-poration (B-Corp) sono “società che nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabi-le, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e at-tività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse”.In altre parole, con Società Bene-fit si intende un nuovo modo di fare impresa, che può sovrapporsi in maniera efficace e innovativa alle due facce dell’imprenditoria, profit e non profit, traendo forza dai benefici che le contraddistin-guono.“Siamo stati i primi in Europa a riconoscere l’importanza di

L Il nuovo modo di fare impresa,le Società Benefit

La nuova legge di Stabilità varata dal Governo non ha introdotto solo nuove misure finanziarie, ma ha anche generato questa nuova forma giuridica d’impresa destinata a far parlare di sé. L’Italia è diventata così

il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, a dare forma legale a questo tipo di societàdi Francesco Morrone

questo nuovo tipo di impresa – ha spiegato Mauro Del Barba, senatore del Partito Democratico e autore del decreto -. Queste aziende vanno oltre la semplice ricerca del profitto e forniscono un enorme contributo allo svi-luppo, all’ambiente e al sociale. Grazie a questa svolta, il mercato mette in luce i suoi lati migliori di strumento positivo al servizio della società”. Emerge con chia-rezza, quindi, che in questo nuovo paradigma la dimensione sociale diventa una componente fonda-mentale della catena del valore e delle finalità d’impresa, con una visione integrata che parte dallo Statuto, si declina nella Governan-ce, per finire nell’organizzazione e nella struttura manageriale.Secondo molti economisti, le so-cietà benefit possono rappresen-tare la prosecuzione di uno sforzo di integrazione dello sviluppo so-stenibile nell’agire d’impresa che

da tempo molte aziende perse-guono a livello strategico e opera-tivo, nonché un passo importante per la creazione di valore condi-viso in una relazione virtuosa fra imprese, privato sociale e attori del territorio. Ma le aziende che intendono diventare “benefit”, precisa Annalisa Dentoni Litta, partner dello studio legale Orrick che ha partecipato alla stesura della legge, “non possono limitarsi a destinare una parte dei loro utili per attività sociali come avviene per la corporate social responsa-bility. Essere una società Benefit significa, infatti, cambiare il modo stesso in cui si lavora, compresi tutti i modelli di gestione. E per sancire questa trasformazione, la legge prevede che venga cambiato anche il proprio oggetto sociale e, di conseguenza, lo statuto”.In altri termini, per le aziende è previsto l’obbligo di accompa-gnare il bilancio dell’impresa con

una dettagliata relazione annuale che testimoni il perseguimento dell’obiettivo del beneficio co-mune. E a scanso di equivoci, è opportuno precisare che non c’è alcun incentivo fiscale per le B corp ma, soprattutto, in una bene-fit corporation sono gli azionisti stessi a determinare se la società ha raggiunto un impatto significa-tivo positivo. Inoltre, per rendere trasparente la scelta delle aziende che decidono di trasformarsi in Società Benefit, la legge prevede la possibilità di inserire, accanto alla denominazione sociale, anche l’espressione “Società Benefit” o la sigla “SB” all’interno delle forme giuridiche srl e spa che divente-rebbero quindi: Sbrl e Sbpa.Pressoché sconosciute in Europa, le Bicorp sono invece molto diffu-se in America, dove sono presenti in 32 Stati e rappresentano quelle aziende che insieme formano un movimento globale con l’obiettivo

comune di diffondere un paradig-ma più evoluto di business.Nel mondo, oltre 1600 Bicorp certificate si distinguono sul mercato da tutte le altre: vanno oltre l’ovvio obiettivo del profitto e si rinnovano continuamente per massimizzare il loro impatto positivo verso i dipendenti, le co-munità in cui operano, l’ambiente e tutti gli stakeholder.In altre parole, l’impatto positivo sulla società che porta alla crea-zione di valore condiviso è, per usare la terminologia economica, il ‘Core business’ di queste socie-tà. “Questa legge rappresenta la voglia di cambiare il futuro – pro-segue Del Barba – ma avrà suc-cesso solo se ci saranno energie da liberare che siano state già co-struite e consolidate da decenni di responsabilità sociale dell’impresa, per gestire efficacemente le pro-blematiche d’impatto sociale ed etico all’ interno delle aziende”.

sia quasi gratis; gli Stati sono inde-bitati e hanno chiuso il rubinetto degli investimenti pubblici. Rimaneva l’export, i soldi che arrivavano dal resto del mondo per acquistare prodotti (auto, agroalimentare, chimica, farmaceutica) e servizi europei (finanza, turismo). Peccato che la crisi delle materie prime ab-bia paralizzato i portafogli di arabi, russi, brasiliani, indiani… E ora pure la Cina non se la sta passando un granché bene. Che può fare Draghi?

Quello che sta facendo, pur andando contro i tedeschi che non credono siano quelli i mali dell’euro e quindi le terapie da adottare. Inonda l’eu-rozona di soldi (il costo del denaro è zero) ma costringe ad utilizzarli (le banche pagheranno lo 0,40% alla Bce se non li utilizzano: attenzione che il sistema bancario è al limite dello stress sopportabile). Azzera ogni possibilità di rendita facile (Btp, obbligazioni) stimolando ad investire, a scommettere. Riduce al minimo gli

interessi sui debiti pubblici, sperando che gli Stati ne approfittino o per investire, o per ridurre i loro debiti.

Dà all’euro-economia tutte le munizioni che ha la Bce per com-battere questa battaglia.

Insomma può fare questo, può fare ancor di più di questo, ma non può fare altro. Ora sono gli Stati aderenti – e i loro sistemi politico-economici – a doverci provare sul serio. C’è chi è in profonda difficoltà (Grecia, Portogallo e Finlandia su tutti); chi comunque va per la sua strada (Germania). Ad essere precisi, la fonte dei problemi si trova in Fran-cia e Italia. Due grosse economie che – per ragioni interne – vanno da tempo a velocità ridottissima.

La Francia è assolutamente refrattaria a qualsivoglia tipo di cambiamento; l’Italia sa che deve cambiare moltissimo, ma fatica a pas-sare dalle intenzioni ai fatti. Draghi ha tolto ogni alibi esterno: adesso ognuno è artefice della propria sorte.

14 n. 11 20 MARZO 2016 LaVita

iamo nati nel 1992. Nel febbraio del 2013 abbiamo preso parte, per la prima volta nella nostra vita, alle

elezioni politiche indette in seguito allo scioglimento anticipato delle Camere del dicembre 2012. Nessuna delle coalizioni ottenne una vittoria netta, stabilendo di fatto l’ingoverna-bilità. Un risultato senza precedenti nella storia della Repubblica italiana. Per noi… un inizio col botto.

Da allora si sono susseguiti tre governi diversi, nessuno dei quali votato dal “popolo sovrano”, cioè noi. La nostra “carriera di elettori” non sta procedendo nel migliore dei modi, come attesta la scheda elettorale quasi immacolata, riposta nel cassetto e tirata fuori solo in altre due occasioni, un referendum e le elezioni amministrative.

Ma ci preoccupa davvero? Sem-bra proprio di no. A dicembre “L’Espresso” ha pubblicato un’info-grafica sul rapporto tra giovani e politica, paragonando la situazione attuale a quella del 1983. Un’indagine fatta all’epoca sui nati tra il 1965 e il 1969 indicava che il 69,5% non era interessato alla politica. Oggi 3 ragazzi su 4 non la seguono e più della metà non dichiara un preciso orientamento. Alla domanda “La politica ti interessa?” il 48% risponde “poco”, il 25% “per niente”, il 22% “abbastanza” e solamente il 5% risponde “molto”. Veritieri o meno che siano questi dati, è indicativo che oggi, come 33 anni fa, coloro che si dicono estranei alla politica siano in netta maggioranza. Nella

dall’italiaGIOVANI E POLITICA

“Un solo votoper tre Governi…”S Una riflessione di due ragazzi del 1992.

Una scheda elettorale quasi bianca -“abbiamo votato solo una volta alle politiche nel 2013”- a sancire una

distanza dalla politica che si allunga sempre più .Stando a un sondaggio pubblicato recentemente da

L’Espresso: 3 ragazzi su 4 non seguono le vicende di governo e più della metà non dichiara

un preciso orientamento politicodi Davide Capano e Viola Barbisotti

è di che essere preoc-cupati se 1,7 milioni di italiani lo scorso anno hanno svolto attività

lavorative saltuarie, ottenendo come pagamento delle loro prestazioni la bellezza di 115 milioni di voucher, i “buoni lavoro” dell’Inps che valgono ciascuno 10 euro lordi? I numeri hanno suscitato interesse e anche una certa preoccupazione perché, rispetto al 2014, il loro utilizzo è aumentato del 67,5%. Guarda caso il milione e 700mila utilizzatori si avvicina al totale dei disoccupati italiani, che sono oltre 2 milioni, tra i quali, specie al Sud, moltissimi giovani sotto i 25 anni. Per capire cosa pesino davvero i voucher nell’economia nazionale, basta suddividere il loro numero totale per i percettori. Si ottiene che ciascuno di loro mediamente ha totalizzato 67 voucher, per un guadagno netto di poco più di 500 euro su base annua. Sul piano teorico, se le stesse ore fossero state fatte da lavoratori a tempo pieno equivarrebbero a 57mila nuovi posti di lavoro. Nella realtà si tratta dell’equiva-lente del lavoro di un mese, o poco più, in modalità saltuaria.Da un lato c’è chi sostiene che siano una benedizione: consentono di dare regolarizzazione a lavori occasionali o non continuativi, come giardinaggio, baby sitter, agricoltura e cosi via.Con il compenso di 7,5 euro nette l’ora

C’ IL LAVORO CHE CAMBIA

Voucher, benedizione o fallimento?

Nel 2015 un milione e 700mila italiani hanno svolto attività lavorative saltuarie retribuite con i voucher. Le valutazioni sul boom (+ 67,5% nel 2015) dell’utilizzo

di questo strumento sono preoccupatedi Luigi Crimella

e il resto regolarmente versato in tasse e contributi pensionistici, lo Stato è in grado di seguire l’evoluzione dell’occu-pazione nazionale con una fotografia più nitida. Ma ci sono, gli oppositori: per loro essi sono una specie di cortina fumogena. Si argomenta poi che gli imprenditori più disonesti possano acquistare tali voucher in tabaccheria, li pagano 10 euro ciascuno e se li tengono nel cas-setto, non dovendo indicare la data della prestazione effettuata. Se si presentasse la guardia di finanza, l’imprenditore è in grado di sfoderare i voucher e pagare i lavoratori in quel momento presenti, e il gioco è fatto. Il “nero” scompare, e tutti vissero felici e contenti…Come stanno in realtà le cose? Questi voucher sono una benedizione, perché consentono una “flessibilità” regolariz-zata, o sono una maledizione, in quanto

fissano un precariato sottopagato e senza diritti? Ecco il parere di alcuni addetti ai lavori. La segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, ad esem-pio, è categorica nel giudizio: “I voucher -dichiara- sono stati concepiti come uno strumento utile per il lavoro saltuario, anche per far emergere il ‘nero’ grazie alla praticità del loro utilizzo. Purtroppo, però, l’utilizzo straordinario che ne è stato fatto, visto che nel giro di un anno sono più che raddoppiati, anzi quasi triplicati, ci porta a dire che soprattutto in alcuni settori se ne sta facendo un uso del tutto improprio: penso a edilizia e agricoltura. È legittimo pensare che in certi casi i voucher non coprano lavoro saltuario, ma vero e proprio lavoro continuativo che viene così masche-rato”. Secondo Furlan, “è evidente che dovremo trovare degli strumenti per una verifica puntuale che ciò non avvenga,

perché è sbagliato. C’è un bisogno urgente e direi estremo di correttivi, che si dimostrino in grado di riportare l’uso dei voucher allo scopo originario per cui furono pensati, cioè di uno strumento agile e regolare di gestione dei bisogni lavorativi occasionali”. Dalla Fai-Cisl, la federazione dei braccianti agricoli, Luigi Sbarra afferma che “va scongiurata un’ulteriore estensione dei voucher, l’abuso dei quali in agricoltura configura una vera e propria forma di ‘caporalato cartaceo’ che destruttura il sistema della contrattazione e dei suoi diritti”. Infatti spariscono le tutele principali dei lavoratori, quali il diritto a pensione, all’assistenza, al Tfr, alla malattia, agli ammortizzatori sociali.Sintomo di un lavoro che si fa sempre più povero. Anche Carlo Costalli, presi-dente di Mcl, esprime un parere cau-tamente favorevole, seppure con alcuni

stessa inchiesta si legge: “Ai giovani la politica non interessa. E a questa politica non interessano i giovani”. In fin dei conti, il nostro rapporto con chi sta nelle “stanze del potere” è rimasto inalterato: distante se non assente. Siamo parte del corpo elet-torale da sei anni e, per ora, sembra che la nostra incidenza politica sia pari allo zero.

In un Paese sempre più vecchio, la politica pare affare di vecchi. Il sen-

timento di non sentirsi rappresentati è sempre più comune. Ogni elettore che si è visto portar via il diritto di scegliere da chi essere governato re-agisce in modo diverso: ribellandosi o, per lo più, facendo finta di nulla. L’unica differenza è che, chi come noi ha votato per la prima volta nel 2013, non conosce una realtà diversa da questa. Sarebbe ora di accorciare la distanza…

o, proprio no: sembra che non ci siano parole per esprimere l’effetto che questa notizia suscita. I commenti sui social oscillano tra la rabbia urlata e volgare e la disperazione dell’insensatezza: insulti, parolacce, voglia di vendetta, stupore, dolore, maledizioni, senso di resa, violenza.

“Volevamo uccidere qualcuno solo per vedere che effetto fa”.È quanto Manuel Foffo, ha raccontato al giudice in relazione all’omicidio di Luca Varani, avvenuto a Roma con modalità troppo crudeli nel corso di un festino a base di droga e alcol. “Eravamo usciti in macchina la sera prima -ha detto- sperando di incontrare qualcuno. Poi abbiamo pensato a Varani che il mio amico conosceva”.Sensation seeking: ricerca di emozioni forti. Questa potrebbe essere la risposta dello psichiatra. Sì, lo so, non basta al popolo vorace del social e all’impazzimento mediatico che la notizia suscita. Eppure la ricerca di emozioni forti è la stessa che ha prodotto vittime nelle cosiddette “sfide alla morte” che la società sembra voler ignorare. Ricordate quei ragazzi dei cavalcavia, che gettavano sassi assassini sulle macchine che sfrecciavano in autostrada? Oppure quei giovani che si stendevano sui binari sfidandosi a chi si sarebbe alzato per ultimo al passaggio del treno e a volte troppo tardi? O ancora le sfide alla morte delle corse contro mano che in alcune notti segnano le nostre città? Anche queste sono ricerche estreme di emozioni forti. Sì, poi c’è il popolo dei sensation seekers che si accontentano di sballi artificiali, di sesso estremo, di pugni a caso su passanti ignari, il famigerato knockout game, e anche in tutti questi casi ricordiamo vittime più o meno innocenti.Ma siamo sicuri che Manuel e il suo amico, cercatori di emozioni, e i tanti altri sensation seekers non siano in qualche modo essi stessi vittime di una società che sta eleggendo l’emotivismo, la soddisfazione immediata di ogni bisogno, la tirannia del desiderio e il narcisismo esasperato come modo di essere privilegiato?Sarebbe troppo chiedere di non sacrificare sull’altare della insaziabile spettaco-larizzazione mediatica ciò che rimane di umano in questa vicenda, non cedendo ad un’altra forma di emotivismo che fa dell’orrido e delle sensazioni che l’orrido suscita un ulteriore stimolo alla ricerca di emozioni forti? Temo purtroppo che sia una richiesta eccessiva: assisteremo all’orrorificio mediatico e al circo delle interviste senza pietà e delle ricostruzioni suggestive.Un invito: l’accaduto sembra disumano, e sicuramente lo è. Per uccidere così oc-corre spogliare la vittima della sua umanità, considerarla un oggetto disponibile a soddisfare impulsi e desideri inconfessabili. Tuttavia in ogni storia c’è quel briciolo di umano da cui ricominciare. L’invito è questo: ricominciare da quel briciolo. E c’è un solo modo: tacere. Il silenzio consentirà a quella briciola di umanità, deposta nelle mani di persone disponibili ad aiutarla, a crescere. Trasformare la vicenda in un ulteriore spettacolo significa completare l’opera di disumanizzazione. Ecco, non ci sono parole, ma solo il silenzio e l’operosità nascosta di chi vorrà aiutare Manuel, il suo amico e tanti altri come loro, sprofondati nell’abisso della ricerca di emozioni forti, per evitare che accada ancora.

DELITTO PER CURIOSITà

La ricercadi emozioni forti

“Volevamo uccidere qualcunosolo per vedere che effetto fa”

di Tonino Cantelmi

distinguo: “Se usufruiti in modo corretto -dice- soprattutto in alcune aree del Paese e in alcune stagioni, sono un modo per far emergere il ‘sommerso’.Non costituiscono certo la soluzione per la disoccupazione giovanile, ma ad esempio in agricoltura è meglio puntare a 7,5 euro regolari che ai 2 o 3 euro irregolari di cui si sente parlare.Del resto, è noto che in alcuni comparti agricoli o del turismo ci sia un sommer-so davvero molto diffuso. Quindi, specie per i lavoratori stranieri stagionali, ben vengano i voucher, ma pur sempre stando attenti ad eventuali abusi”. Il presidente nazionale delle Acli, Gianni Bottalico, introduce nella riflessione un altro elemento: oltre a concordare sul fatto che “la loro diffusione può venire incontro a situazioni di lavoro stagionale o discontinuo. Basta che si applichino con buonsenso. L’aspetto meno convincente non è il voucher in sé -afferma- ma il contesto delle politiche di austerità in cui si inserisce questo strumento: con tali politiche gli imprenditori devono fare i salti mortali per essere competiviti, e i voucher di-vengono un sintomo di un lavoro che si fa sempre più povero.Essi rappresentano quindi un’altra spia che con l’austerità non c’è una vera prospettiva di ripresa. Quindi compito del mondo politico è di rivedere i trattati europei e pensare a un’altra Europa che si orienti allo sviluppo”.

N

1520 MARZO 2016 n. 11VitaLa

Bosnia eD ueLa Bosnia-Erzegovina ha pre-sentato formalmente la ri-chiesta di entrare a fare parte dell’Unione europea, mentre Bruxelles sottolinea ancora come Sarajevo non abbia adem-piuto al rispetto delle pre-scrizioni richieste dall’Ue per avanzare la domanda di am-missione. I ventotto stati membri dell’Unione esamineranno ora la richiesta della nazione balcani-ca, indipendente dal 1992 e, precedentemente, tassello terri-toriale della Jugoslavia. Laddove l’Ue è oggetto di critiche dal suo interno, ha affermato Federica Mogherini (responsabile della politica estera dell’Unione), riscontrare che fra i vicini esiste la volontà di esserne parte e di impegnarsi per adattare le proprie istituzioni agli standard europei costituisce stimolo per accrescere negli organi europei il senso di responsabilità verso la cittadinanza nell’unione.

mar cinesemeriDionalePechino schiera missili terra-aria a Woody Island, sito delle isole Paracel contese fra Cina, Taiwan e Vietnam ed area del mar Cine-se Meridionale in cui il gigante asiatico intende rafforzare la propria presenza militare: sono due batterie di otto lanciatori per HQ-9, missili antiaerei con raggio d’azione di 200 chilome-tri collegati ad un sistema radar impiantato sull’isola all’inizio di febbraio. Inoltre, sull’arcipelago delle Spratly ha costruito di recente sette isole artificiali munite di piste aviatorie: sono isole rivendicate anche da Vie-tnam, Taiwan, Filippine, Malesia e Brunei. Pechino reclama il diritto storico di sovranità su una parte estesa del mar Cinese Meridionale, zona importante per le rotte dr navigazione com-merciale e quadrante oceanico nei cui fondali sono giacimenti di petrolio e di gas.

clima sulla terraLa Nasa, l’ente spaziale sta-tunitense, informa che anche questo mese di gennaio, come accaduto nel 2015, è stato caratterizzato da temperature elevate segnando nuovo record e distinguendosi come il più caldo dal 1880. Negli ultimi 136 anni il 2015 è stato l’anno, il più caldo, fenomeno al quale non è estraneo El Nino che riscalda il Pacifico; El Nino ha la forza di incrementare la temperatura di 0,2 gradi centigradi al massimo, mentre 1’80% dell’aumento delle temperature è causato dal riscaldamento climatico. I ricercatori del Potsdam institute sostengono che per invertire la tendenza bisogna impiegare energie alternative ai combu-stibili fossili: diversamente la vita sul pianeta sarà in pericolo, poi-ché il surriscaldamento globale comprometterà l’esistenza del genere umano insieme a quella delle altre specie viventi.

Dal mondodall’estero

ntrati nel vivo, a par-tire dal 14 marzo, a Ginevra, i colloqui di pace inter-siriani

che vedranno la partecipa-zione di rappresentanti del Governo di Bashar al Assad e dell’opposizione. A dare l’annuncio dei colloqui era stato, lo scorso 9 marzo, l’inviato dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura. I negoziati si svolgeranno in “modalità indiretta”, vale a dire che i rappresentanti delle varie parti non s’incontreranno e De Mistura ricoprirà il ruolo di mediatore. Questa tornata negoziale dovrebbe terminare il 24 marzo, con una pausa di qualche giorno per dare il tempo alle delegazioni siriane di riferire una volta tornate in patria. Il negoziato, nonostante le difficoltà, sembra partire con il piede giusto anche alla luce della tregua che sta per-mettendo agli aiuti di arrivare alle città e nelle aree poste sotto assedio dalle fazioni in conflitto. Dieci le zone finora raggiunte dall’Onu il cui piano prevede che fino alla fine di aprile, dovrebbero essere circa 900mila le persone che riceveranno assistenza umani-taria. Secondo l’Onu sarebbe-ro ancora sei, al momento, le aree non ancora raggiungibili dagli operatori umanitari. In attesa di capire quale possibili soluzioni potranno essere tro-vate a Ginevra – la speranza è che il negoziato non si areni come accadde lo scorso 29 gennaio – prende sempre più corpo l’ipotesi di uno Stato confederato tra curdi, alauiti e sunniti. La Siria, dunque, come la Bosnia disegnata dagli accordi di Dayton del 1995 lungo linee di demarcazione etniche e confessionali con la creazione di due entità interne allo Stato di Bosnia Erzego-vina: la Federazione Croato-Musulmana e la Repubblica Serba. A rendere praticabile questo scenario spartitorio di “balcanizzazione” è il sì degli Usa, oppositori di Assad, e adesso anche dei Russi che del regime siriano, invece, sono alleati.

una BosniameDiorientale

Secondo il generale Carlo Jean, esperto di strategia mili-tare e di geopolitica, l’ipotesi federalismo per la Siria “è pos-

E

Riprendono aGinevra i colloqui

di pace per la Siria sotto l’egida Onu. In attesa di conoscerne l’esito, si fa strada l’ipotesi, gradita a

Usa e Russia, di uno Stato confederato

(alauiti, curdi e sun-niti) sul modello bal-canico della Bosnia nata con gli accordi di Dayton del 1995

di Daniele Rocchi

Europa chiude le frontiere sulla rotta dei Balca-ni percorsa dai

profughi e lo annuncia cin-guettando su Twitter come se fosse una vittoria. “Il flusso irregolare di migranti lungo la rotta dei Balcani occidentali è finito. Non è una questione di azioni unilaterali ma una deci-sione comune a 28”: questo il tweet di oggi del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.Una vittoria della disumanità, degli egoismi ciechi, del cinismo e dell’indifferenza, sbandierata proprio da una istituzione che vanta nel proprio curriculum un immeritato Premio Nobel della Pace nel 2012. Le frontiere di Slovenia, Croazia e Serbia sono state chiuse a decine di migliaia di profughi senza documenti regolari in fuga dai conflitti in Siria, in Afghanistan e in Iraq, dal terrorismo in Pakistan, dalla siccità, dalla fame e da regimi dittatoriali nell’Africa sub-sahariana. Sono porte sbat-tute in faccia a famiglie intere, a madri e bambini: secondo i dati dell’Unhcr il 62% delle 5mila persone sbarcate nei primi giorni di marzo sulle isole greche sono donne e bambini.

L’ PROFUGHI

Il Mediterraneoe il genocidio dei bambini

Dall’inizio del 2015 ad oggi sono morte in mare 4.200 persone,tra cui 330 bambini solamente in Grecia. Che ne è della commozione

davanti alla foto del piccolo Aylan sulla spiaggia turca? Continuiamo a voltare tutti gli occhi da un’altra parte.C’è solo da vergognarsi di essere europei. Punto e basta.

di Patrizia Caiffa

Ad Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia, sono bloccati circa 14mila migran-ti e rifugiati, in condizioni drammatiche, al freddo e con difficoltà a ricevere gli aiuti. In Grecia sono 34mila le persone bloccate, altre 1.100 sono in Serbia. Il recente vertice Ue ha deciso di rimandare indietro verso la Turchia – Paese che ha qualche problema di troppo con il rispetto dei diritti uma-ni – perfino i siriani e gli altri profughi che avrebbero diritto alla protezione internazionale, violando carte e convenzioni internazionali.Dove è finita l’Europa della democrazia e dei diritti? Ma soprattutto dove ha smarrito la

sua umanità di fronte al geno-cidio in atto nel Mediterraneo, mare di sangue, che ha falci-diato dal 1988 oltre 27.382 vite (dati Fortress Europe)? Anche l’Oim (Organizzazione internazionale delle migrazioni ha snocciolato in questi giorni i dati più funesti: dall’inizio del 2015 ad oggi sono morte in mare 4.200 persone, tra cui 330 bambini solamente in Grecia. Ma non sono numeri, sono volti, vite, quante volte lo abbiamo detto?Che ne è della commozione di tutto il mondo davanti alla foto del piccolo Aylan sulla spiaggia turca?330 bambini inghiottiti da un mare più nero dell’inferno

senza una lacrima versata, se non il dolore eterno – di cui non sapremo mai – delle rispettive madri. E se fossero stati bambini italiani, annegati durante una crociera sul Me-diterraneo? Solo questo è un orrore impronunciabile, vero?Chi li avrà sulla coscienza quando tra venti o trent’anni si leggerà sui libri di storia di un genocidio mai riconosciuto, mai affrontato con soluzioni possibili e praticabili, come quella dei corridoi umanitari? Continuiamo a voltare tutti gli occhi da un’altra parte, continuiamo a far finta di non vedere.C’è da vergognarsi di essere europei. Punto e basta.

sibile. Si tratterebbe di istituire tre regioni dotate di forte autonomia amministrativa.

Una regione curda a Nord, una occidentale alauita , nella quale potrebbero ritrovarsi anche drusi e cristiani con ca-pitale Damasco, e una sunnita, centrale con capitale Raqqa, nell’area corrispondente ai territori oggi occupati dallo Stato islamico, da liberare e da porre sotto controllo degli oppositori di Assad, quindi dell’esercito della Siria Libera e dell’Esercito democratico della Siria”.

“Questa soluzione – ricor-da l’analista – sarebbe molto simile a quella adottata sotto l’impero Ottomano, caratte-rizzato da forti autonomie locali. Bisognerà poi vedere se gli insorti si accontenteranno di questa autonomia concessa

loro dallo Stato centrale. La storia insegna che in ambiti etnico-confessionali, la fedeltà della popolazione non va tanto allo Stato ma alla propria etnia o religione. Nell’impero ot-tomano c’erano i giannizzeri, l’élite dell’esercito imperiale, a riportare all’ordine tutti coloro che osavano alzare la testa. Senza autorità centrale non c’è ordine” annota il generale. Uno Stato centrale “guidato da curdi, alauiti e sunniti”, seguendo il modello bosniaco, potrebbe rappresen-tare “una soluzione transitoria. Nel lungo periodo – avverte Jean – avrebbe molti pro-blemi. Basti vedere il rischio frantumazione che corre oggi la Bosnia.

I conflitti identitari, a sfon-do etnico e religioso, non sono risolvibili come le guerre

tradizionali, con un trattato di pace firmato da ambasciatori con tanto di spadino e feluca. È un genere di conflitto che non ha una fine precisa, pronto sempre a riesplodere”.

un patrimonio Da preservare

Se il futuro della Siria sarà deciso a tavolino o nel campo di battaglia è difficile dirlo. Cer-tamente, ribadisce il generale, “della guerra ne hanno tutti abbastanza. L’asse Usa-Russia potrebbe determinare la fine della guerra – afferma Jean -. Basterebbe interrompere il flusso di munizioni. Di armi in campo ce ne sono a sufficien-za, mancano le munizioni che invece devono essere fornite”. A cambiare le sorti del con-flitto non saranno nemmeno le urne. Assad ha indetto il

voto per aprile, ma, sottolinea l’analista, “alle urne andranno solo gli alauiti. Come potran-no votare coloro che stanno combattendo, che sono fuggiti, o emigrati? Non sono elezioni credibili”. Potrebbero esserle invece quelle presidenziali e legislative, da tenersi sotto egida Onu entro 18 mesi, come auspicato da Staffan De Mistura, presentando i colloqui di Ginevra. In questi giorni Oxfam ha pubblicato un rapporto su quanto accaduto in Siria nel 2015, anno in cui si è registrato il numero più alto di morti dall’inizio del conflit-to. Stime delle Nazioni Unite parlano di 50mila perdite nel 2015, per un totale di 250mila vittime dall’inizio del conflitto, numeri in difetto. Senza con-tare le centinaia di migliaia di feriti, i milioni di sfollati interni e di rifugiati. Davanti a questo scempio trovare una soluzione diplomatica e politica deve diventare, ogni ora che passa, sempre più prioritario nell’agenda delle Potenze internazionali.

Manca ormai poco alla distruzione del patrimonio di convivenza e di dialogo che la Siria, come altri Paesi limitrofi, vedasi il Libano, ha sempre preservato. In gioco non ci sono solo il passato e il presente di tutto il Medio Oriente, ma anche il suo futuro e quello dell’umanità intera.

GUERRA IN SIRIA

Un futuro federalesul modello bosniaco

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ue uomini pri-ma nemici e poi co l l abora to r i , nel la comune

consapevolezza del valore inestimabile dell’arte, grazie ai quali i tesori custoditi nel Louvre verranno salvati dalla barbaria nazista. Parliamo del film “Francofonia – Il Louvre sotto occupazione” di Aleksan-dr Sokurov, con protagonisti il direttore del prestigioso museo parigino Jacques Jaujard e l’ufficiale dell’occupazione nazionalsocialista Wolff – Metternich, interpretati da Louis-Do de Lencquesaing e Vincent Nemeth, esplorando il rapporto tra arte e potere con il Loouvre che diviene icona di resistenza della ci-viltà stessa. Tra diario e rifles-sione storica, una pellicola che ci ricorda quanto l’arte è capace di raccontare noi stessi, la società, soprattutto in occasione di eventi epocali

D

ed “abissali” come la Seconda guerra mondiale. L’opera, ori-ginariamente pensata quale omaggio artistico al Louvre, mescolando stili e tempi diversi, si iscrive alla serie di creazioni stimolanti una riflessione sul dissolvimento di un mondo e dei suoi valori tipiche di fine anni ’90 del secolo scorso, con l’arte quale baluardo di cultura contro la cieca fedeltà politica. Tema d’estrema attualità di

fronte ai contemporanei at-tentati dell’Isis anche ai simboli dell’Occidente, distruggendo monumenti millenari, con l’arte custodita nei musei europei simbolo di difesa dei valori cul-turali e della civiltà occidentali. Tra cinema di oggi ed immagini di ieri, un viaggio emozionante con guida e narratore lo stesso regista, Aleksandr Sokurov, tra Napoleone, Cechov, Tostoj, finte scene anni ’40 ricostruite, ma-

teriali d’archivio, ironizzando, per non appesantire troppo la pellicola, sull’eterno rapporto tra potere ed arte, fra guerra e razzia. Un’opera che più che delle epoche esposte in arte al Louvre, parla del presente, ottenendo il Premio Fedora per Miglior film europeo nel concorso “Venezia ‘72” alla Mostra internazionale d’arte cinematografica Venezia 2015. Da vedere.

CINEMA

“Francofonia – Il Louvre sotto occupazione”

Miglior film europeo alla Mostra di Veneziadi Leonardo Soldati

iza Minnelli aveva il talento stampa-to nei geni ancor prima di nascere:

è figlia di uno dei più grandi registi dello studio-system hollywoodiano, Vincente (per cui recitò nel suo ultimo titolo “Nina”), e soprattutto di quella Francis Gumm che il mondo conosce con lo pseudonimo di Judy Garland, con ogni probabilità la più grande voce femminile della canzone popolare americana, divenuta famosa a diciassette anni per la sua interpretazione di “Over the rainbow” ne “Il mago di Oz”. Judy chiamò la figlioletta come una delle più note creazioni di Gershwin, “Liza”, ed è stata una sorta di benedizione artistica for-tunatissima. Liza Minnelli ha ereditato il timbro scuro e profondo della madre, la sua capacità di vivere la canzone sulla propria pelle e purtrop-po anche il vizio dell’alcolismo, che strappò alla vita Judy a soli quarantasei anni. Liza è dovuta entrare più volte in centri di riabilitazione, prigioniera spesso della trappola della depressione e della conse-guente dipendenza da alcol e droghe. Le molte vicissitudini della vita privata, compresi i quattro matrimoni falliti, non sono però riusciti a scalfire per molto tempo le doti sensazionali della performer, che il mondo intero conosce per l’interpretazione di Sally Bowles in “Cabaret” -che le valse l’Oscar a soli venticin-que anni- ma che è anzitutto -è bene non scordarlo- una

L CINEMA

Liza, la vita è un cabaret

cantante prodigiosa. Forse, con Ute Lemper, l’ottima del teatro-cabaret del secondo Novecento. Si diceva di quel gran film di Bob Fosse, ex coreografo poi divenuto bravo regista, di cui Liza fu impareggiabile protago-nista nel 1972: nel ruolo di una chanteuse in un locale nottur-no della Berlino al tempo del Nazismo, l’attrice resta indi-menticabile con la bombetta, il caschetto e le calze nere, l’ombretto, il trucco pesante, un neo ben in evidenza sulla guancia, con la sua spavalderia e la sua carica erotica e, al contempo, con la sua inge-nuità e la sua fragilità, persa a inseguire con ogni mezzo il sogno di diventare un’attrice in una vita che è nient’altro lo specchio ingannevole delle illusioni: come il cabaret del Kit Kat Club. E “Life is a caba-ret”, il motivo principale della pellicola, è da sempre il pezzo forte degli show di Liza, accol-to ogni volta con un’ovazione dalle platee, un brano che è semplicemente impossibile sentir cantato da qualcun altro. Scritto da Ebb e Kander per il musical da cui il film è tratto, non è il solo showstopper dello spettacolo: se ne conta-no almeno altri due, “Money,

money, money”, e soprattutto la toccante, pur nel suo ritmo swingante, “Maybe this time”, canzone che Liza ha ripreso poi anni dopo nei recital live dell’ ”Ultimate Event” con Frank Sinatra e Sammy Davis jr. Sinatra, da par suo, volgendo il testo al maschile, ha dato più interpretazioni memorabili di questo pezzo, senza mai registrarlo in studio. Un altro evergreen lega i due perso-naggi, ovvero il title-track del non del tutto compiuto film di Scorsese “New York New York”. La canzone è stata re-gistrata da Liza, in puro stile da night-club, poi, un paio d’anni dopo, è stata “rubata” -parole sue- da Sinatra ed è presto divenuto il suo ultimo hit nonché il pezzo di chiusura di tutti i suoi concerti. La Minnel-li c’è diventata matta perchè la rilettura di “The Voice”, più matura, vissuta e quindi rivelatrice di un rapporto più autentico con il testo (“se ce la faccio qui ce la posso fare dovunque”) è obiettivamente più trascinante, e spesso, af-fettuosamente, lo ammoniva :-Ricordati che è stata scritta per me!-. Ma chi conosce bene Liza sa benissimo che non le serve questo pur incredibile successo per essere conside-

grafico è del 1981, “Arturo”, gradevole commedia con un ispirato Dudley Moore e un compassato John Gielgud,

ma i fasti, seppur antichi, non potranno mai smettere di rac-contare la grandezza di questa primadonna dello spettacolo.

70 anni della Minnellidi Francesco Sgarano

rata una cantante superlativa. In particolare il periodo della Capitol, quello dei ‘60 -lei ancora bimbetta- edito in cd, raccoglie gioielli sempiterni, dalla tenera “Try to remem-ber” alla struggente “Don’t ever leave me”, passando dalla soffice “Plenty of time” o dalla intimista “It amazes me”. Le capacità vocali della Minnelli non indietreggiano di fronte a niente, con la stessa facilità si destreggia in brani dal tempo lento o veloce, dalle sfumature ora più me-ditabonde ora più sfavillanti. Negli ultimi anni ha diradato le apparizioni, ha registrato un bel cd con Aznavour, è divenuta persino un simbolo dell’orgoglio gay. Inoltre il suo ultimo successo cinemato-