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DIZIONARIO DEL JAZZ PHILIPPE CARLES ANDRE ´ CLERGEAT JEAN-LOUIS COMOLLI Aggiornamento al 10 giugno 2008 realizzato in occasione di Umbria Jazz 2008 Mondadori DOC - Dizionario Jazz pag 27 - 09/06/2008

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DIZIONARIODEL JAZZ

PHILIPPE CARLESANDRE CLERGEAT

JEAN-LOUIS COMOLLI

Aggiornamento al 10 giugno 2008realizzato in occasione di

Umbria Jazz 2008

Mondadori DOC - Dizionario Jazz pag 27 - 09/06/2008

Le voci segnalate da un asterisco costituiscono un aggiornamentoa voci gia presenti nel volume; le altre sono nuove voci che il curatoredi questa edizione desidera facciano parte dell’opera.

Edizione italiana a cura di Luca Conti

§ 2008 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milanoper l’edizione italianaPrima edizione: aprile 2008Prima edizione Mondadori DOC: aprile 2008§ 1994 Editions Robert Laffont, S.A., ParigiTitolo originale dell’opera: Dictionnaire du Jazz

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BERGONZI, Gerald Anthony (Jerry)Sassofonista (tenore e soprano) statuni-tense (Boston, Massachusetts, 21/10/1947). Nato in una modesta famiglia diorigine italiana, parente del tenore CarloBergonzi, inizia a otto anni lo studio delclarinetto, strumento gia suonato dalnonno. Grazie alla collezione di dischi diuno zio chitarrista, trombonista e contrab-bassista, scopre Duke Ellington, CountBasie, Lester Young... A dodici anni passaal sax tenore e, un anno dopo, suona gianei club di Boston. In seguito assiste a unconcerto di John Coltrane, che avra su dilui un effetto incancellabile. Durante glistudi liceali approfitta degli insegnamentidi alcuni professori del Berklee Collegeof Music. A New York, nel 1972, suonacon Tom Harrell, Roy Haynes, CharlieMariano, Bill Evans, John Scofield, JohnAbercrombie, Gerry Mulligan, Andy La-Verne, Harvie Swartz e lavora, per treanni, col gruppo Two Generations of Bru-beck. Nel 1979 registra con Brubeck pa-dre, stavolta in quartetto e per la Concord(facendosi ascoltare anche al basso elet-trico). Di ritorno a Boston, nel 1981, sidedica all’insegnamento e suona con ipianisti Mulgrew Miller e Joey Calde-razzo, il contrabbassista Dave Santoro eil batterista Adam Nussbaum, con il quar-tetto Con Brio (in cui si succedono MickGoodrick e Mike Stern) o il trio Gonz (conil bassista Bruce Gertz e il batterista BobGullotti), e produce alcuni suoi dischi daleader, che pubblica in proprio o per l’eti-

chetta italiana Red Records (in uno diessi, oltre al tenore, suona anche piano-forte e batteria). Ma fino all’inizio deglianni novanta la cerchia dei suoi ammira-tori si limita ai colleghi (tra i piu entusia-sti, Michael Brecker). La sua notorieta,soprattutto in Europa, cresce in seguitoalla pubblicazione di «Lineage» (Red Re-cords) e «Standard Gonz» (Blue Note).Daniel Humair lo invita in Francia, e idue si esibiscono in trio con J.F. JennyClark o Henri Texier; Bergonzi suoneraanche con Martial Solal. Incide in quar-tetto con Humair («Edges»), in duo conJoachim Kuhn («Signed By») e a proprionome («Peek A Boo», con Humair, Kuhn,Santoro e il trombettista Tiger Okoshi).La sua tecnica formidabile, la sua preci-sione ritmica, la sua eccezionale sapienzaarmonica e la ricca sonorita, tutte cosenaturali per un ammiratore di Rollins,Joe Henderson e Shorter, s’inseriscono inun’estetica decisamente moderna, legataalla tradizione ma pronta a scagliarsi al-l’assalto di vette ben piu elevate. [P.Be.]

If I Were A Bell, Come Rain Or Come Shine(1989-90); Idiosyncrasies (1992).

BYRON, DonClarinettista e sassofonista statunitense(New York, 8/11/1958). Suo padre, con-trabbassista in un gruppo di calypso, e suamadre (pianista) lo portano spesso neilocali di jazz. Studia il clarinetto classico,ma e attirato dal jazz e dalla salsa (suo-

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nera, in anni successivi, nel gruppo diMario Bauza). All’inizio degli anni ot-tanta, al New England Conservatory diBoston, incontra Greg Osby e DonaldHarrison e fa parte del New England Rag-time Ensemble di Gunther Schuller. Sco-pre la musica klezmer attraverso i 78 giridi Mickey Katz, clarinettista e composi-tore yiddish assai popolare negli anni cin-quanta. A partire dal 1985 suona con Ha-miet Bluiett («The Clarinet Family»,1984), Craig Harris, The Duke EllingtonOrchestra, David Murray, Marc Ribot,Reggie Workman («Altered Spaces»,1993), Bobby Previte, Geri Allen, i LivingColour, Ralph Peterson jr., Bill Frisell,Steve Coleman, Cassandra Wilson, UriCaine. Leader del gruppo Semaphore(con cui incide composizioni di OlivierMessiaen e Robert Schumann), firma perla Elektra Nonesuch i suoi primi dischi daleader («Tuskegee Experiment», 1992,con Frisell, Lonnie Plaxico, Workman ealtri) e «Plays the Music of Mickey Katz»,1993). Nello stesso anno Byron suona inEuropa col sestetto Latin Project (Gra-ham Haynes, Edsel Gomez, Irving Can-cel, Ben Wittman, Jerry Gonzalez), tra-sformatosi poi in Music for Six Musicians.Gli altri dischi di Byron, che testimonianoi suoi smisurati appetiti musicali, sono«Vibe Zone: Live at the Knitting Factory»(1996), «Bug Music» (1996), omaggio aRaymond Scott, «Nu Blaxploitation»(1998), che esplora il rap, «Romancewith the Unseen» (1999), «A Fine Line:Arias and Lieder» (2000), «You Are #6:More Music for Six Musicians» (2001),«Ivey-Divey» (2004), «Do The Boome-rang - The Music of Junior Walker»(2006).Quando, dopo essere stato trascurato daisassofonisti postcoltraniani, il clarinettosegna il suo ritorno all’inizio degli anniottanta, soprattutto in Francia (con LouisSclavis), Byron comincia a imporre la suapresenza grazie a una vasta cultura musi-cale, una curiosita senza limiti stilistici(come dimostra l’elenco delle sue parte-cipazioni da sideman) e una perfetta abi-lita strumentale, lontana da qualsiasi ten-tazione di revival neworleansiano o di

parossismi avanguardisti. Sotto la scorzaapparente nel suo neoclassicismo batte undesiderio di liberta, nutrito da una pro-pensione alle musiche ‘‘altre’’: klezmer,rock, latin jazz... [F.G.]

Mainstem (1992); No Moe (Frisell, 1993);Epilogue: Tears (1993).

CAINE, UriPianista e compositore statunitense (Fila-delfia, Pennsylvania, 8/6/1956). Studiajazz col leggendario pianista franceseBernard Peiffer e in seguito, all’univer-sita, con l’altrettanto leggendario compo-sitore contemporaneo George Crumb. Dal1981 e musicista professionista, e nel1985 si trasferisce a New York, trovandofacilmente lavoro grazie al suo ecletti-smo: inizia a farsi conoscere col progettoklezmer di Don Byron, dedicato a MickeyKatz e con cui compie una tournee euro-pea. Subito dopo debutta come leader perl’etichetta JMT con due brillanti dischi dijazz moderno, in uno dei quali rivisita lamusica del suo idolo Herbie Hancock.Nel 1997 pubblica il primo di una serie dialbum destinati a garantirgli fama inter-nazionale, ovvero la rivisitazione di operedi celebri compositori classici. Caine sce-glie di iniziare con Gustav Mahler, ma poiallarga il suo raggio d’azione fino a com-prendere Wagner, Bach, Schumann e, direcente, Mozart. Tutti questi dischi sonostati pubblicati dall’etichetta tedescaWinter & Winter. Ma Caine non ha maicessato di agire in contesti da un lato piustrettamente jazzistici, e dall’altro piu le-gati alle musiche popolari nero-ameri-cane, come dimostrano le sue collabora-zioni con il gruppo hip-hop dei Root el’album «The Philadelphia Experiment».Caine svolge anche attivita di direttoreartistico: in questa funzione ha lavoratoper la sezione musica della Biennale diVenezia e, attualmente, e il responsabiledel festival jazz di Bergamo. [L.C.]

«Sphere Music» (1993); «Toys» (1995);«Urlicht/Primal Light» (1997); «TheGoldberg Variations» (1997); «The MozartVariations» (2006).

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DEL FRA, RiccardoContrabbassista e compositore italiano(Roma, 20/2/1956). Inizia a suonare lachitarra a dodici anni, da autodidatta,prima di scegliere il contrabbasso, chestudiera al conservatorio di Frosinone.Entra nella big band della RAI e partecipaa numerose incisioni di musica da film. Inseguito suona con Enrico Pieranunzi, ilbatterista Roberto Gatto e, piu avanti, conil sassofonista Maurizio Giammarco. Ac-compagna spesso i jazzisti statunitensi intournee in Italia: Art Farmer, Kai Win-ding, Slide Hampton, Chet Baker. L’in-contro con Baker (1979) sara decisivo:nel 1980 Del Fra segue Chet a Parigi,dove si stabilisce l’anno seguente. Nel1981, a Roma, suona con i Jazz Messen-gers di Art Blakey. Nel 1982 va in tour conKenny Wheeler e Paul Motian. A Parigi,al club Dreher, accompagna spesso – as-sieme al batterista Al Levitt – i solististatunitensi di passaggio: Sonny Stitt,James Moody, Winding, Horace Parlan,Clifford Jordan. Sempre continuando,fino al 1986, a seguire Baker in Europa,si esibisce regolarmente con Barney Wi-len e Johnny Griffin, oltre che con svariatimusicisti europei, tra cui Toots Thiele-mans, col quale effettua tournee negliStati Uniti e in Giappone. Nel 1988 regi-stra, come leader, un disco di duetti conFarmer, Pieranunzi, Michel Graillier,Dave Liebman. Nel 1992 compie unatournee in Italia con Joe Diorio e, in otto-bre, presenta la sua «Silent Call» perquartetto e sezione d’archi. Nel 1993 ini-zia a collaborare regolarmente con BobBrookmeyer.Contrabbassista veloce, inventivo e digrande musicalita, Del Fra e accompa-gnatore ricercato per la sua precisioneritmica e l’ottima scelta di note. Ha unattacco robusto e una grande capacita nellegato. Le sue linee di basso, nitide edeleganti, sempre ricche di swing, il suosenso armonico e una rara precisione nefanno uno strumentista prezioso, un soli-sta sottile e spesso commovente. [J.P.R.]

«Soft Journey» (Chet Baker, 1980); «A SipOf Your Touch» (1988).

* DICKERSON, Walt (Walter Rolland)Vibrafonista e compositore statunitense(Filadelfia, Pennsylvania, 16/4/1928 -Willow Grove, Pennsylvania 15/5/2008).Figlio di una pianista e corista, fratello diun violinista e di un cantante, studia pia-noforte prima di passare al vibrafono.Laureatosi al Morgan State College diBaltimora (1953), fa il servizio militare equindi si stabilisce in California doveesercita la professione di agente immobi-liare. Nel 1960 si trasferisce a New York esi esibisce al Birdland, al Village Van-guard e al Five Spot. Incide, a partire dal1961, diversi album a suo nome. Nel1965, per il suo disco «Impressions Of APatch Of Blue», Sun Ra fa una delle suerare apparizioni come sideman. Lo stessoanno si reca in Europa e si esibisce in trio(con Benoit Quersin, cb, e Jacques Thol-lot, batt) riscuotendo un gran successo alCafe Montmartre. Dopo un’eclissi di unadecina d’anni, ricompare essenzialmentegrazie alle incisioni realizzate per l’eti-chetta danese Steeple Chase (nove albumin tre anni, 1975-78), che gli permettonodi affermarsi come iniziatore di un lin-guaggio nuovo al vibrafono. Incide, spe-cie in trio, con Lysle Atkinson (cb) e An-drew Cyrille (1975), con Rudy McDa-niels (Jamaaladeen Tacuma) e Edgar Ba-teman (batt) (1976); come solista con duevibrafoni (1977); e in duo, con RichardDavis (1977), Sun Ra (1978), PierreDørge (1978). Nel 1982 incide in Italiaper la Soul Note, nuovamente con An-drew Cyrille.Discendente diretto di Red Norvo-TeddyCharles, piuttosto che figlio di LionelHampton-Milt Jackson, Dickerson ha rin-novato il vibrafono: sul piano sonorousando battenti con guarnizioni di cauc-ciu al posto del feltro; sul piano ritmico earmonico, per aver messo in relazionetonalita, modi e ritmi diversi. Variando imodi di attacco, affinando l’uso del vi-brato, egli lavora tanto sui timbri che sullelinee melodiche. A volte doppia con lavoce la linea strumentale e, ispirandosialla tecnica adottata da John Coltrane ne-gli ultimi anni di vita, organizza il suo

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discorso combinando ‘‘strati sonori’’,creando cosı un universo musicale senzauguali nella pratica del vibrafono. [X.P.]

Togetherness (1961), Universal Peace(1975), I Hear You John, You Can (1978),It Ain’t Necessarily So (1982).

DRUMMOND, RayContrabbassista statunitense (Brookline,Massachusetts, 23/11/1946). Trascorrel’infanzia in svariate localita degli StatiUniti a seguito del padre, sassofonistanella banda musicale dell’esercito. I suoiprimi strumenti sono il corno e la tromba,che inizia a studiare a otto anni. Nel 1961si dedica al contrabbasso. Stabilitosi inCalifornia, si laurea in scienze politiche esi specializza in gestione aziendale allaStanford Business School (1970-71). Manon riesce a immaginare la sua vita in unsimile ambito e decide di dedicarsi allamusica. Completa la sua preparazionemediante una serie di lezioni private, so-prattutto per quanto riguarda la tecnicadell’archetto. La sua carriera professio-nale ha inizio in California, dove incidenel 1971 col violinista Michael White. Inseguito entra nel gruppo di Bobby Hut-cherson, che all’epoca comprende ancheWoody Shaw, e partecipa a due album delvibrafonista per la Blue Note («Live atMontreux» e «Cirrus»). Stabilitosi versola fine del 1977 nell’area di New York, faparte del quintetto del sassofonista Car-men Leggio, la cui ritmica e completatada Harold Danko e Mel Lewis. Apparenella big band guidata da Lewis assieme aThad Jones e suona anche con David Mur-ray, Johnny Griffin, Wynton Marsalis,Woody Shaw, Hank Jones, Betty Carter,Horace Silver. Oltre a incidere con i sud-detti, figura anche in dischi di GeorgeColeman, Pharoah Sanders, Slide Hamp-ton, Art Farmer e Benny Golson, ArnettCobb, Tom Harrell, Nancy Harrow, Ron-nie Mathews, Lew Tabackin, CraigHandy...Drummond e presente su qualche centi-naio di dischi, tra i quali e giusto distin-guere quelli in trio con pianoforte, in par-ticolare con Bill Mays, John Hicks e

Kenny Barron, e i suoi, non moltissimi,da leader: «Susanita» (con Branford Mar-salis), «Maya’s Dance» (con Tom Har-rell), «Camera in Bag» (con David New-man, Steve Nelson), «Excursion» (conJoe Lovano, Craig Handy, Danilo Perez).Soprannominato ‘‘Bulldog’’, non a casoDrummond e stato a lungo il bassista re-golare del trio di Kenny Barron, e uno deicontrabbassisti piu richiesti della scenanewyorkese: combina infatti una soliditaimpeccabile e una grande adattabilita aogni contesto. Sonorita estremamentericca (suona su un contrabbasso francesedel 1870 della scuola di Jean-BaptisteVuillaume) che si adatta a situazioni nu-mericamente ristrette, cosı come la suabrillante energia ben si adatta ad avven-ture piu estroverse. Autentica macchinada swing, ottiene un perfetto equilibrio trarilassamento e propulsione, tra souplessee tensione. Si afferma inoltre come autorericco di talento, che ricorre volentieri airitmi latini, ma si ispira anche a BelaBartok. [P.Be.]

«The Only One» (Barron, 1990); The Es-sence (1990),’Round Midnight (1991), Ex-cursion (1992).

DURHAM, BobbyBatterista e cantante statunitense (Fila-delfia, Pennsylvania, 3/2/1937). Dopoaver suonato con Lionel Hampton, ac-compagna Ella Fitzgerald, si esibisce conDuke Ellington (1967) e fa parte del triodi Oscar Peterson (1968). Nel 1990, aNew York, suona di nuovo con Peterson,e si ascolta anche assieme a Wild BillDavis, Slide Hampton, Monty Alexander,Clark Terry, Harry Edison, Buddy Tate,Frank Wess, Jimmy Forrest, Hugh Law-son e Ray Drummond. Si trasferisce defi-nitivamente in Europa, dove resta moltoattivo suonando spesso anche in Italia.A suo agio in un contesto ‘‘middle jazz’’ma anche con gli esponenti del bop, siispira in particolare a Kenny Clarke, MaxRoach, Art Blakey e Philly Joe Jones. Ilsuo swing sul ride cymbal si sposa a me-raviglia col contrabbasso di Sam Jonesper mettere in risalto la gamma sonora di

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Oscar Peterson. Preciso, leggero e incal-zante, il suo gioco batteristico – alla paridi quello di Ed Thigpen e Louis Hayes,suoi predecessori nel trio del pianista – ealtrettanto significativo alle spazzole.

[G.P.]

Con Peterson: On a Clear Day (1967),«Hello Herbie» (1969), Sushi (1990);Swingville (Gerard Badini, 1974); HeatWave (Tommy Flanagan, 1977); «The Bob-by Durham Trio» (1979); «Domani’sBlues» (2005).

EUBANKS, RobinTrombonista statunitense (Filadelfia,Pennsylvania, 25/10/1955). Cresciuto inuna famiglia di musicisti (padre e madrepianisti, mentre gli zii sono Ray e TommyBryant), si ispira all’inizio a Kenny Bar-ron ma, a otto anni, sceglie il trombone esuona nell’orchestrina della scuola. Qual-che anno piu tardi forma, col fratello Ke-vin, un gruppo funk, Pitch Black and SunDown, che riprende i successi di Kool &the Gang, Tower of Power, James Brown ei Brecker Brothers; impara a memoria gliassoli di Fred Wesley, trombonista diBrown, e ascolta anche del rock (Led Zep-pelin, Grand Funk Railroad, Jimi Hend-rix). Inizia anche a suonare il basso elet-trico, poi scopre la Mahavishnu Orche-stra e il virtuosismo di J.J. Johnson. Par-tecipa a diversi gruppi locali, in uno deiquali, diretto da Philly Joe Jones, incontraOdean Pope e Archie Shepp; per breviperiodi fa parte dell’Arkestra di Sun Ra,Stevie Wonder e Ray Charles. Nel 1978Slide Hampton lo assume nel suo gruppoWorld of Trombones. Trasferitosi a NewYork, prende domicilio a Brooklyn colfratello Kevin e il sassofonista RalphMoore, lavora con Jimmy McGriff e lebig band di Mel Lewis e Art Blakey;suona anche con Bobby Watson e WoodyShaw. Grazie a quest’ultimo conosceSteve Turre, che lo fa interessare al bud-dismo. Compare nel film Cotton Club diFrancis Ford Coppola. Nel 1986 sostitui-sce Julian Priester nel quintetto di DaveHolland, grazie alla raccomandazione diMarvin «Smitty» Smith, e fa anche partedei gruppi di Geri Allen, lo stesso Smith,

Dollar Brand/Abdullah Ibrahim, SteveColeman: gira in tournee con Blakey ediventa direttore musicale dei Jazz Mes-sengers (fino al 1988). Incide come leadere partecipa a numerose sedute di registra-zione (Steve Coleman, Cassandra Wilson,Holland, Branford Marsalis, Geri Allen,Mark Helias, Herb Robertson); forma ungruppo con Michael Cain (piano), LonniePlaxico (cb.) e Gene Jackson (batt.), econtinua a lavorare con Slide Hampton,la Liberation Music Orchestra, BobbyPrevite, il fratello Kevin.Eubanks ha continuato la tradizione deimaestri del bop senza ignorare le scopertemultifoniche degli anni settanta, e ha fattoricorso con virtuosismo a tutte le risorsedel suo strumento, utilizzando con sotti-gliezza gli effetti elettronici. Si tratta diuno di quegli improvvisatori aperti a tuttoil jazz e alle musiche contigue (funk, rap)e di uno di quei trombonisti che accettanodi assumersi gli stessi rischi dei sassofo-nisti, come dimostra il suo lavoro in triocon Holland e «Smitty» Smith. [D.Mi.]

Pentacourse, Evidently («Karma», 1991);Landing-Contact-Union (K. Eubanks,1993); «Wake Up Call» (1997); «And theEB3 Live» (2006).

GALLIANO, RichardFisarmonicista, bandoneonista, trombo-nista e compositore francese di origineitaliana (Cannes, 12/12/1950). Figlio diun insegnante di fisarmonica, inizia a suo-nare a quattro anni e, a dodici, vince unconcorso per bambini prodigio. Proseguelo studio della fisarmonica, integrandolocon lezioni di armonia, contrappunto etrombone al conservatorio di Nizza. Nel1973, a Parigi, accompagna celebri espo-nenti della canzone francese, tra i qualiClaude Nougaro (del quale, per sette anni,sara il direttore d’orchestra, l’arrangia-tore e a volte il compositore), partecipa anumerose sedute d’incisione per dischi ecolonne sonore. Dalla meta degli anniottanta incontra sempre piu opportunitadi lavorare con musicisti di jazz. Siascolta con Chet Baker, Jimmy Gourley,Eddy Louiss, Michel Portal, nel quartetto

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di Steve Potts, in trio con Daniel Goyone eTrilok Gurtu, in duo con Ron Carter o ilvioloncellista Jean-Charles Capon, conLouis Sclavis e Marc Ducret. Nel 1991,sull’esempio del «Nuevo Tango» di AstorPiazzolla concepisce la «New Musette»,registra come leader con Philip Catherine,Pierre Michelot e Aldo Romano e vince ilpremio Django Reinhardt dell’Academiedu Jazz. Da allora fino a oggi Gallianopassa di successo in successo, esibendosispesso in duo con Portal, dedicando dischie concerti ad Astor Piazzolla e incidendocon il vibrafonista Gary Burton in un pro-getto ispirato ai lavori del maestro argen-tino. E uno dei piu popolari jazzisti europei.Il suo fraseggio, rilassato e virtuosistico, ela sua sonorita, che esalta e trascende lepossibilita tecniche dello strumento, lohanno imposto come il simbolo e il prin-cipale artefice del rilancio della fisarmo-nica nel jazz, cosı come la sua versatilita ela sua verve d’improvvisatore gli hannoconsentito di adattarsi ai contesti piu di-sparati. [T.Q.]

Salsamba (Baker, 1980); «Multicolor Fee-ling» (Louiss, 1983); «Turbulence» (Por-tal, 1986); «Solo in Finland» (1989);«Pearl» (Potts, 1990), «New Musette»(1991); «Tosca» (Enrico Rava, 1993);«Laurita» (1995); «New York Tango»(1996); «Blow Up» (1997); «FrenchTouch» (1998);«Ruby, My Dear» (2004);«Hymne a l’amour» (2007).

GAYLE, CharlesSassofonista e pianista statunitense (Buf-falo, New York, 28/2/1939). Cresce nelquartiere nero della sua citta natale, doveascolta ogni sorta di musica, dal boogie-woogie al bebop. Lavora per la WesternElectric Company e la Bethlehem Steel e,parallelamente, si dedica al pianoforte epoi al sax tenore, forgiandosi uno stileprofondamente originale seppur molto vi-cino a quello di Albert Ayler. Negli annisessanta prende parte a molte manifesta-zioni della cosiddetta ‘‘New Thing’’ new-yorkese, ma ritorna a Buffalo nel 1969 periscriversi ai corsi tenuti da Charles Min-gus allo State College. Dieci anni piu tardiviene scoperto a New York mentre suona

(e continuera a farlo per altri quindici)nelle strade e nelle stazioni della metro-politana, con qualche sporadica esibi-zione nei loft o nei club underground.Nel 1984 Peter Kowal lo nota durante unconcerto con Sunny Murray e lo invita asuonare per la prima volta in Europa. Maci vorranno altri tre anni perche Gayleformi un proprio gruppo (col bassista Hil-lard Greene e il batterista David Pleasant)che si esibira al Lower East Side Festival eincidera tre dischi per l’etichetta svedeseSilkheart, uno dei quali con la partecipa-zione di John Tchicai. Malgrado questorinnovato interesse nella sua musica,Gayle continua a vivere in maniera randa-gia. Diventato uno degli animatori deiconcerti del lunedı alla Knitting Factory,vi suona in compagnia di Sirone, WilliamParker, Vattel Cherry (cb.), Michael Wim-berly, Marc Edwards, Reggie Nicholson(batt.). Suona anche in qualche concertocon Cecil Taylor. Nel 1993 compie untour europeo. Negli ultimi anni si e dedi-cato con sempre maggior frequenza alpianoforte, che suona in uno stile rigo-glioso e spesso molto tonale, quasi a volerricordare il lavoro dei pianisti di AlbertAyler (Call Cobbs e Bobby Few).La musica di Gayle e un’esplorazionesenza compromessi dello spazio inte-riore, espressa con una violenza inaudita,che si fa quasi forza di redenzione. Sasso-fonista straordinariamente fisico, si lan-cia in lunghe, tormentate sequenze in cuisi avverte la tensione della vita di strada,mentre il fraseggio esplora il registrograve dello strumento. Una musica legataal singolo istante e vista come unico spa-zio di liberta. [S.O.]

«Spirits Before» (1988); «More Live AtThe Knitting Factory» (1993).

* GIUFFRE, Jimmy (James Peter)Clarinettista, flautista, sassofonista (te-nore, soprano e baritono), arrangiatore ecompositore statunitense (Dallas, Texas,26/4/1921 - Pittsfield, Massachusetts 24/4/2008). Il clarinetto fu, a nove anni, il suoprimo strumento. Compie gli studi musi-cali nel Texas e nel 1944, durante il servi-

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zio militare, suona in un’orchestra dell’a-viazione. Poi perfeziona la sua esperienzadi musicista-direttore nelle formazioni(orchestrali) di Boyd Raeburn (1946),Gene Roland, Jimmy Dorsey (1947),Buddy Rich (1948) e il ‘‘secondo gregge’’di Woody Herman (1949). Studia compo-sizione per otto anni sotto la guida diWesley La Violette a Los Angeles. Il suoFour Brothers, nato dall’influenza diGene Roland, e adottato da Woody Her-man che lo registra nel dicembre 1947 ene fa un’opera di rilievo. All’inizio deglianni ’50 partecipa attivamente all’espe-rienza della West Coast. E uno dei mem-bri fondatori dei Lighthouse All Stars diHoward Rumsey (1951-52), poi deiGiants di Shorty Rogers (1953-55). Al-terna la composizione di brani, che ver-ranno suonati da musicisti di Los Ange-les, alla direzione, a partire, dal 1956, dipiccoli gruppi senza piano, quartetto otrio, dove suonano Bob Brookmeyer, JimHall, Ralph Pena. Professore alla scuolaestiva di jazz di Lenox (Massachusetts)nel 1957, vi incontra Pee Wee Russell e ilModern Jazz Quartet. Durante gli anni’60 «Jimmy suona free», secondo la for-mula di Philippe Charles. Nella strutturadi un trio (Paul Bley e Steve Swallow)dove c’e anche il piano, anticipa in ma-niera molto personale i cambiamenti checi saranno in quel periodo. A partire dal1970 lascia filtrare influssi orientali, ri-trova Paul Bley per dei duo e, sotto l’in-flusso di Weather Report, tenta nuovestrade verso la musica elettronica, aiutatoda uno specialista di sintetizzatori, PeteLevin. L’Europa e la Francia – dove eandato nel 1959-60 e nel 1965 – lo risco-prono negli anni ’80 con un duo inaspet-tato che lo lega ad Andre Jaume (festivaldi Parigi, 1987). Iniziata con Capitol(1954-55) col concorso di Jack Sheldon,l’opera di Giuffre registrata sotto il suonome conta due importanti momenti diintensita creativa: il periodo Atlantic(1956-58) e il periodo Verve (1959-61).Dopo un silenzio di piu di dieci anni,Giuffre torna con delle etichette indipen-denti: Choise (1972-73), IAI (1975,

1978), Soul Note (1985). Gravementemalato, e stato costretto a interromperel’attivita all’inizio degli anni ’90.Four Brothers, tema che l’ha reso celebre,ha senza dubbio creato un malinteso:Jimmy non e mai stato, come vorrebbeStan Getz, il modello dello stile cool rivi-sto dalla California. Ha saputo, al contra-rio, rivisitare quarant’anni di jazz, esplo-rando, senza perdervisi, tutti i meandrievolutivi, e senza smettere di coltivarequesta ‘‘piccola musica’’ che appartieneai grandi. Il suo repertorio degli anni ’50 eimpregnato dello spirito del rhythm andblues e del country-folk che gli suggeri-scono i suoi attacchi texani. Ma Giuffre fascivolare queste matrici terrene nellostampo molto piu astratto delle innova-zioni della West Coast e delle sue scopertedegli anni ’60 che lo trascinano, le une e lealtre, ai confini del jazz. Le roots, le ra-dici, questo aggancio al suolo texano e lamusica del Midwest hanno avuto impor-tanza nel 1956-58 all’epoca in cui Giuffrecon Jim Hall e Ralph Pena registravaGotta Dance, Two Kinds Of Blues, Voo-doo, Crawdad Suite, e con lo stesso JimHall e il trombone di Bob Brookmeyer,The Swamp People, Pickin’ ’Em Up AndLayin’ ’Em Down e i quattro movimentidell’onirica Western Suite, tutta dedicataagli apaches e agli orizzonti della pianuramitica, quella della conquista dell’Ovest.Periodo arcaizzante di un destino musi-cale che sfuggı pero al folklore attraversola scappatoia di questi incidenti della sto-ria di cui il jazz e solito; l’album «JimmyGiuffre 3» che inizia con Gotta Dancepresenta in effetti una coda graziosa-mente ritmata, allegramente danzante,The Train And The River, che incanto nonsolo gli amatori del genere western, maanche il pubblico del festival di Newport(il gruppo di Giuffre vi partecipa nel1958) e, anche, il fotografo e cineastaBert Stern che l’ha scelta come sonoroper il suo famoso film Jazz on a Summer’sDay (1959). Nello stesso tempo in cui lecadenze di Giuffre entravano nella me-moria auditiva dei jazzisti cinefili delmondo intero, la semplicita melodica e lafluidita sonora di The Train And The River

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acquistavano un valore di ‘‘atemporalita’’simbolica. Questo gusto per il bluesy, ildown home, il folk-songy per quanto co-stitutivo apparisse ancora al suo autore,andava a piegarsi sin dal gennaio 1959verso improvvisazioni piu innovatrici dicui testimoniano le cadenze plagali di «7Pieces», essi stessi annunciatori di questavera opera cerniera che fu, nel marzo1961, «Fusion», gara a tre alla quale SteveSwallow e Paul Bley prestano il lorogrande talento complice. Ma da questalettura a tre, indubbiamente ispiratricedell’arte di Giuffre, il nostro uomo avevasaputo trarre, sette anni prima, la genesi diforme rivoluzionarie e di suoni inauditi.Sin dal 1954 assieme a Shorty Rogers eShelly Manne, Jimmy Giuffre, fissando ipunti dello stile West Coast, ‘‘inventava’’il jazz moderno con l’accordo fecondo eprovocatore della forma libera e della ne-cessita della forma. Due momenti insepa-rabili di una dialettica dell’aperto nellaquale, molti anni piu tardi, i simpatizzantidel free scrivevano i loro discorsi. Soprat-tutto Pas de Trois, Three On A Row, Ab-stract nº 1, che si possono trovare a fiancodi Flip e di SteepleChase sulla facciatauno del disco Contemporary, «ShellyManne’s The Three», meritano come il«Kind Of Blue» di Miles Davis di figurarenel pantheon della modernita jazzistica.Che ne e di Jimmy Giuffre alla fine deglianni ’80? Il suo lavoro recente lo fa vederealla ricerca di una sintesi tra le esperienzedi tutta una vita. L’uso che fa dell’elettro-nica gli fornisce un vocabolario attualema non riesce sempre a convincere l’am-miratore della «Western Suite» e di «Fu-sion». A questo proposito i dialoghi spo-gli che fa nel 1987 con Andre Jaume (dipreferenza al soprano) ravvivano fonda-mentali emozioni. Se, al baritono, la suasonorita sembra piu rotonda che in Mul-ligan, al tenore, che egli preferisce nel suoperiodo ‘‘classico’’, si mostra molto vo-lentieri duro e forte alla maniera deglishouthers texani. Ma e al clarinetto, stru-mento che la West Coast gli permette diriprendere, che Giuffre afferma la sua in-comparabile originalita. La materia, sottole sue dita, si affina, diventa fragile, di-

venta perfetta trasparenza. La melodias’insinua, ondeggia, traccia la sua lineaimpalpabile attraverso il respiro del re.C’e qualcosa di Mallarme in questomago dei giocattoli sonori. [J.R.M.]

«The Three» (con S. Manne e S. Rogers,1954); «Tangents In Jazz» (1955), So Low,The Train And The River (1956), «WesternSuite» (1958); Blues In The Night (conRogers, 1959), «Fusion» e «Thesis»(1961); Enter, Ivory (con P. Bley, 1979);«Quasar» (1985); «The Life Of A Trio»(con Bley e Swallow, 1989); «Fly AwayLittle Bird» (1992).

GODARD, MichelTubista e compositore francese (Heri-court, 3/10/1960). Inizia a suonare latromba a sette anni ma poi, al conservato-rio di Besancon, il suo insegnante lo indi-rizza verso la tuba. Nel 1979, a Parigi, siperfeziona con Mel Culbertson. Dopo ilTubapack di Marc Steckar, suona nellebig band di Antoine Herve, Debis Ba-dault, il Pandemonium di Francois Jean-neau, i gruppi di Sylvain Kassap, ClaudeBarthelemy e Jean-Marc Padovani (colquale firma il disco «Comedy» invitan-dovi a suonare Bob Stewart). Collaboraregolarmente con Philippe Deschepper,fondando l’Impossible Trio e, parallela-mente, si dedica alla musica classica inseno al Concert Arban. Nel 1989 dedicaun disco al serpentone, antenato dellatuba. Si puo ascoltare anche con EddyLouiss, Louis Sclavis, Gerard Marais enell’ONJ diretta da Barthelemy, oltre checon molti italiani tra cui Pino Minafra,Lucilla Galeazzi, Gavino Murgia.Godard ha contribuito all’emancipazionedella tuba nel jazz contemporaneo, graziealla sua grande creativita e a una tecnicache scopre nuove modalita esecutive perarricchire la gamma sonora di questo dif-ficile strumento. [X.P.]

Step Into Another World (1986), «Le Chantdu Serpent» (1989); Shergui (ImpossibleTrio, 1990).

GODARD . 10

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HARDEN, WilburTrombettista e flicornista statunitense(Birmingham, Alabama, 31/12/1924 -New York, 6/1969). Dopo l’esordio neigruppi del blues shouter Roy Brown e delpianista-cantante Ivory Joe Hunter, Har-den si trasferisce a Detroit nel 1957 etrascorre un anno in seno al quintetto diYusef Lateef, col quale incide per la Sa-voy. Trasferitosi poi a New York nel 1958,incide numerosi dischi con John Coltrane,come leader e come sideman, e alla testadi un proprio quartetto (completato daTommy Flanagan, George Duvivier eG.T. Hogan). Ricoverato alla fine del1958, rimane in ospedale fino a tutto il1962, uscendone solo per una breve se-duta di incisione nel 1960 con Curtis Ful-ler. Da allora abbandona la scena del jazze muore dimenticato, a New York, nel1969. Al mistero che circonda questascomparsa dalla vita musicale si aggiun-gono la penuria di elementi biografici (ledate di nascita e di morte sono state da noiritrovate negli elenchi della Social Secu-rity americana) e di qualunque dettagliosui suoi anni formativi, e persino l’as-senza di una sua fotografia. Al contrario,la notorieta dei suoi partner gli ha consen-tito di non essere dimenticato dai posteri,malgrado l’esiguita delle sue incisioni,che si sviluppa in pratica su un solo annodi carriera. Ma, ironia della sorte, le se-dute dirette da Harden sono state quasisempre ristampate sotto il nome di Col-trane e sotto quello di Flanagan...Per la sua reticenza espressiva, la fragilitadel suo attacco e la sonorita ammorbiditadall’uso quasi esclusivo del flicorno, Har-den e stato spesso paragonato a MilesDavis. La sua personalita e invero piucomplessa: il suo modo di suonare sempre‘‘sul tempo’’, il gusto per l’abilita tecnicae le conquiste armoniche, la limpidezzadel suono e la fluidita dello sviluppo soli-stico contribuiscono a formare attorno alflicornista un certo alone di classicita. Mail suo stile, radicato nel registro grave, e lapronuncia di certe note e frasi lo avvici-nano piu a un Booker Little, annunciandodegli stilemi che verranno poi utilizzati daun Lew Soloff. Segni particolari: l’alter-

nanza sistematica di fraseggio stretto edilatato, la manipolazione delle blue no-tes, un’interpretazione sempre vicina a uncerto intimismo, senza contare una note-vole abilita nella costruzione degli assoli,sempre eleganti e mai volgari. [X.D., L.C.]

Endura (Lateef, 1957); con Coltrane: LoveThy Neighbor, «Africa» (1958); «Count-down» (1958); Shall We Dance (con Tom-my Flanagan, 1958).

HARGROVE, Roy (Anthony)Trombettista statunitense (Waco, Texas,16/10/1969). Inizia a suonare la cornetta anove anni, poi passa alla tromba durantegli studi alla Dallas Arts Magnet, sotto latutela di Dean Hill. Scopre CliffordBrown prima ancora di ascoltare Fats Na-varro, Lee Morgan e Freddie Hubbard.Nel 1987, ancora al liceo, conosce Wyn-ton Marsalis, che scrive per lui qualchearrangiamento e lo presenta al managerLarry Clothier. Quest’ultimo gli orga-nizza una prima serie di concerti a NewYork, in Europa e in Giappone. Hargrovesuona e registra con Bobby Watson, RickyFord e Carl Allen, cosı come col gruppo diall stars riunito dal trombettista DonSickler. Lasciato il liceo, si esibisce dinuovo in Europa con Clifford Jordan eJerome Richardson. Eletto dalla rivista«Down Beat» miglior solista dell’anno,si iscrive al Berklee College of Music,poi frequenta la New School di NewYork. Suona con George Coleman e regi-stra con Frank Morgan. Nel 1991 e ospitedi Sonny Rollins nell’annuale concertodel sassofonista alla Carnegie Hall, e siesibisce al Village Vanguard col suonuovo quintetto (Antonio Hart, StephenScott, Christian McBride e Yoron Israel).Negli ultimi anni ha mutato direzione sti-listica, alternando a dischi di hard bopcontemporaneo album (col gruppo TheRH Factor) in cui esplora atmosferefunky, soul e r’n’b, facendo spesso ri-cordo a interventi cantati (affidati allabrillante Renee Neufville, anche autricedi talento). Alcuni problemi personali lohanno comunque un po’ allontanato dallagrande ribalta jazzistica, e fanno guardarecon una certa preoccupazione al possibile

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spreco di quello che rimane un grandetalento della tromba. Tra i suoi numerosidischi, da segnalare «Havana», in cui Har-grove si cimenta con una nuova band(Crisol) in una riuscita miscela di jazz emusica latina, raggiungendo quello che eforse, tutto sommato, il suo momento mi-gliore. Ha anche inciso con Herbie Han-cock, Michael Brecker, Jackie McLean,Erykah Badu, D’Angelo, Diana Krall,Abbey Lincoln. [J.A., L.C.]

«Diamond In The Rough» (1991); «PublicEye», «The Vibe» (1992), «Of KindredSouls» (1993), «With the Tenors Of OurTime» (1994); «Family» (1995); «Ear-food» (quintetto, 2008).

HENDERSON, EddieTrombettista e flicornista statunitense(New York, 26/10/1940). Parallelamentealle lezioni di tromba classica dall’eta didieci anni, segue studi di medicina in Ca-lifornia, poi alla Howard University diWashington, laureandosi e in seguito spe-cializzandosi in psichiatria (1968). Allafine degli anni cinquanta aveva cono-sciuto Miles Davis, amico di famiglia,grazie al quale scopre il jazz. Debuttacon John Handy e Tyrone Washington,poi entra nel sestetto di Herbie Hancock(1970-74) e nei Jazz Messengers (1974)prima di riunirsi al pianista per un con-certo retrospettivo della sua carriera finoal 1976. Trasferitosi a New York per lavo-rare come psichiatra, svolge attivita mu-sicale in maniera saltuaria; ma, alla finedegli anni ottanta, rientra con decisionenel mondo del jazz partecipando a svariatidischi con Laurent de Wilde, RonMcClure, Bertha Hope, Gary Bartz, Mul-grew Miller. Diventa membro stabile delquintetto di Billy Harper, con il qualecompie numerosi tour mondiali e incideparecchi album.Spesso paragonato a Miles Davis, Hen-derson si fa notare per le sue folgorantiimprovvisazioni: in un linguaggio for-giato dall’estetica dell’hard bop, scoprefrasi serrate, brevi sequenze simili a flash,percorsi cromatici ascendenti e discen-denti, brusche volate,effetti d’ogni ge-nere. Tali caratteristiche, che indicano

una personalita originale, dal tratto inci-sivo e dalle idee imprevedibili, proven-gono in larga parte dalle esperienze elet-triche pre-funk che Henderson ha saputointrodurre all’interno di un repertorio benpiu tradizionale. Segno particolare: il suouso della sordina, che sa unire la sotti-gliezza espressiva a una dizione spessofuribonda. [X.D.]

Con Hancock: Hornets (1973), Toys(1976); con Harper: The One That MakesThe Rain Stop (1989), «Somalia» (1993),«Live: On Tour In the Far East» (1995);«Think On Me» (1989); «Flight Of Mind»(1991); «Inspiration» (1995); «Oasis»(2001); «So What» (2003); «Precious Mo-ment» (2006).

HERSCH, FredPianista, compositore e arrangiatore sta-tunitense (Cincinnati, Ohio, 21/10/1955).Cresciuto in un ambiente musicale, iniziaa quattro anni a suonare il pianoforte,studia teoria e composizione tra gli otto ei tredici e vince svariati concorsi suo-nando musiche da lui scritte. Studia poial conservatorio, scopre il jazz, forma unquartetto e suona con Cal Collins, GordonBrisker e altri musicisti locali. Nel 1975, aBoston, frequenta il New England Con-servatory e lavora con Gunther Schullernei contesti piu disparati: classica, con-temporanea e jazz, in compagnia di altristudenti come Marty Ehrlich e JeromeHarris. Diplomato nel 1977, torna a Cin-cinnati e parte poi in tour con WoodyHerman. In seguito si stabilisce a NewYork, viaggia in Europa con Billy Harper,suona in duo con Sam Jones che lo ingag-gia dapprima nel suo quintetto e poi nellasua orchestra di dodici musicisti (1979).Suona ancora con Art Farmer, Joe Hen-derson, accompagna cantanti come ChrisConnor e Roseanne Vitro, forma un triocon Red Mitchell ed Eliot Zigmund persuonare due mesi a Tokyo. In Giapponeconosce Toots Thielemans che, prima diingaggiarlo nel suo gruppo, lo racco-manda a Eddie Daniels. Nel 1982, duranteuna seduta con Chet Baker, conosce Char-lie Haden, che suona con lui in duo, glipresenta Jane Ira Bloom e lo invita a unirsi

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alla Liberation Music Orchestra impe-gnata allo Sweet Basil. Nel 1983 apreuno studio di registrazione, il ClassicSound, producendovi oltre 150 album,tra i quali il suo primo come leader, «Ho-rizons» (1984), con Marc Johnson e JoeyBaron. Nel secondo (1987) chiama Hadene ancora Baron. Forma un trio stabile conMichael Formanek e Jeff Hirshfield, cherestera attivo sino al 1990. Da allora hasvolto intensissima attivita concertistica ediscografica, affermandosi come uno deipianisti piu intensamente lirici della suagenerazione. Hersch e ormai un maestrodel pianoforte e i suoi ultimi dischi – tracui un brillantissimo lavoro in piano solo– sono veri e propri capolavori.Tra cultura classica e gusto per l’improv-visazione, Hersch ha saputo sfruttare unatecnica sottile e raffinata, di grande leg-gerezza, che gli permette di cesellare frasid’intrigante bellezza e immensa dol-cezza. Una rara precisione ritmica e unricchissimo senso armonico contribui-scono a formare attorno a qualunquetema, che sia uno standard o un branooriginale, un’atmosfera intima in cui lafragilita di una profonda sensibilita musi-cale combatte senza sosta con le strutturedei brani. [J.P.R.]

«Horizons» (1984); «Sarabande» (1986);«Heartsongs» (1989); «Evanessence»(1990); «Forward Motion» (1991).

HOLDSWORTH, AllanChitarrista e compositore inglese (Brad-ford, West Yorkshire, 6/8/1946). Suo pa-dre Sam, pianista di jazz, l’incoraggia astudiare musica, anche se il giovane Allane piuttosto affascinato dalla bicicletta.Solo a diciassette anni accetta in regalodal padre la sua prima chitarra, scoprendopoi Coltrane, Parker, Adderley e CharlieChristian, dei quali trascrive gli assoli, ecomincia a suonare in gruppi rock e blues.Suona a Londra col pianista Pat Smythe, ibatteristi John Stevens e John Marshall edentra nei Soft Machine (1975), che poilascia per il New Lifetime di Tony Wil-liams, con cui incide due album. Alla finedel 1976 entra nei Gong, poi e arruolato

da Jean-Luc Ponty per il disco «Enigma-tic Ocean» (1977). Nello stesso anno in-cide col batterista Bill Bruford, e nel 1980registra in duo col pianista Gordon Beck.Nel 1981 forma IOU con Paul Carmi-chael, Gary Husband e il cantante PaulWilliams. Inizia inoltre una carriera disolista ospite su dischi altrui.Chitarrista dal fraseggio molto legato(suona anche il violino), il che sembre-rebbe indicare certe, represse tendenzesassofonistiche, Holdsworth combinauna stupefacente velocita esecutiva a unsenso melodico poco comune, utilizzandocon gusto gli effetti elettronici. Autodi-datta, ha messo a punto un personale me-todo di notazione musicale. Da lungotempo preferisce esibirsi in quartetto contastiere, ed e stato uno dei primi utilizza-tori della chitarra synth, la cosiddettaSynthAxe. [F.G.]

«Metal Fatigue» (1985); «Atavachron»(1986); «Wardenclyffe Tower» (1992).

HORN, Shirley (Valerie)Cantante e pianista statunitense (Wash-ington, D.C., 1/5/1934 - 20/10/2005). Ini-zia a suonare il pianoforte a quattro anni,poi approfondisce gli studi musicali allaHoward University (1946-50) e dirige untrio a partire dal 1954. Si fa conoscereall’inizio degli anni sessanta, grazie al-l’interesse di musicisti come Jimmy Jonese, soprattutto, Miles Davis e QuincyJones. Gestisce un club a Washington,«The Place Where Louis Dwells». Grazieall’aiuto di Davis e Jones incide «Embersand Ashes» (1961), tiene concerti e co-mincia a suonare anche a New York, inparticolare al Village Vanguard, si esibi-sce alla televisione. Nel 1963 incide duealbum: uno con l’orchestra di QuincyJones, l’altro con Hank Jones e KennyBurrell. Registra di nuovo nel 1965, incompagnia di Joe Newman e Frank Wess.Dopo aver interrotto per lungo tempo lasua carriera, restando a Washington perdedicarsi alla famiglia (e suonando ditanto in tanto in qualche club della capi-tale), forma nel 1978 un trio con BusterWilliams – rimpiazzato ben presto da

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Charles Ables – e Billy Hart. Con essoriprende a dare concerti e incidere dischi(per l’etichetta danese Steeplechase) ecompie il suo trionfale debutto europeoal Northsea Jazz Festival in Olanda(1981). Oltre alla registrazione di un con-certo a Miami (1984) e un album realiz-zato a casa di un amico, nella secondameta degli anni ottanta incide col suo trio(in cui Steve Williams ha sostituito Hart)una serie di album che le valgono infinenotorieta internazionale: dal vivo al VineStreet Bar di Hollywood (1987), a NewYork col sassofonista Buck Hill (1988),con una sezione d’archi arrangiata daJohnny Mandel (1989), con i fratelli Mar-salis, Toots Thielemans e Miles Davis(1991) e, con Gary Bartz, un omaggio aRay Charles (1993). Afflitta da problemidi salute, all’inizio del nuovo millennio ecostretta a diradare le sue apparizioni. Nel2003 il diabete le causa l’amputazione diun piede, costringendola anche a cessaredi esibirsi alla tastiera. Nel 2004, comun-que, riprende il suo posto al pianoforte perincidere un ultimo disco (dal vivo) cherimane, a tutt’oggi, in gran parte inedito.Questa grandissima cantante, il cui ta-lento musicale si estende anche al piano-forte e all’arrangiamento, e che ha saputointegrare nel suo universo vocale la tri-plice tradizione della commedia musicaledi Broadway, dei canti religiosi nero-americani e del blues del sud (in quantoammiratrice sia di Peggy Lee, sia di RayCharles e Billie Holiday), ha sempre datoprova di una musicalita senza pari, che hasaputo sedurre nel corso degli anni i piuillustri jazzisti. Dice Wynton Marsalis:«Shirley possiede un’inventiva ritmica euna sensibilita melodica eccezionali, emette in mostra una scienza armonica diclasse superiore, sul piano vocale ma an-che pianistico, oltre a godere di una mae-stria assoluta nel trattamento del timbro».

[J.P.M.]

«A Lazy Afternoon» (1977); «Live AtNorthsea» (1981); «You Won’t ForgetMe» (1991); «Here’s To Life» (1992).

* IRWIN, Dennis WayneContrabbassista e clarinettista statuni-tense (Birmingham, Alabama, 28/11/1951 - New York 24/4/2008). Inizia a stu-diare il clarinetto a nove anni. Nel 1969intraprende studi musicali alla North Tex-as State University, che concludera nel1974 dopo essersi dedicato al contrab-basso. In Texas e assunto da Red Garland,col quale suona per due anni. Nel 1975 e aNew York assieme a Ted Curson. Se-guono ingaggi con Jackie Paris, Mose Al-lison, Betty Carter e una lunga collabora-zione col pianista Albert Dailey (inter-rotta solo nel 1984 dalla morte del piani-sta). Dal 1977 al 1980 fa parte dei JazzMessengers, con i quali incidera per laprima volta una delle sue composizioni,Kamal. Collabora poi e registra con CurtisFuller, Al Haig, Chet Baker, Horace Sil-ver, James Williams, Bennie Wallace e laMel Lewis Jazz Orchestra, nella quale fala conoscenza di Joe Lovano. Nel 1992entra nel quartetto di Scofield (in cui mi-lita Lovano) in sostituzione di Marc John-son. In tempi recenti ha inciso e dato con-certi come membro del gruppo del batte-rista Matt Wilson, ritagliandosi anche unospazio per il vecchio amore, il clarinetto.Irwin appartiene a quei contrabbassistiche hanno voluto approfondire tutti i lin-guaggi del jazz moderno e i suoi derivati,suonare in tutte le configurazioni possi-bili, rifiutarsi di essere inquadrati in ununico stile. Il risultato, tanto in accompa-gnamento quanto in assolo, sono un’affi-dabilita, una liberta, un’adattabilita benservite da una sonorita piena, e un note-vole equilibrio tra sottigliezze e dina-mica. [P.Be.]

Kamal (A. Blakey, 1977); Three in One (M.Lewis, 1988); Why Nogales (J. Scofield,1992).

KOWALD, PeterContrabbassista e tubista tedesco (Mas-serberg, 21/4/1944 - New York, 21/9/2002). Impara a suonare la tuba a quindicianni, il contrabbasso a sedici e, trasferi-tosi a Wuppertal, fa parte dei primi trii diPeter Brotzmann (con Sven Ake Johans-

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son o Mani Neumeier alla batteria), as-sieme al quale partecipa nel 1966 allatournee europea di Carla Bley e MikeMantler (con Aldo Romano), oltre che aun concerto al festival di Berlino e a unostorico disco della Globe Unity Orchestradi Alex von Schlippenbach. Suona conKarl Berger, Manfred Schoof, MarionBrown, Fred Van Hove ed Evan Parker,oltre che con Irene Schweizer e PierreFavre (1968-69). Coinvolto nelle primeopere della Free Music Association(FMP) registra come leader, con Schlip-penbach (1974-77), forma un trio con LeoSmith e Gunter Sommer (1979-82), in-cide in duo con Keith Tippett, Barre Phil-lips, Barry Guy, suona con Andrew Cy-rille, Joelle Leandre e la danzatrice AnneMartin e fa parte della London Jazz Com-posers’ Orchestra (1980-85), continuan-do a collaborare con ballerini, poeti e altriartisti. Una borsa di studio gli consente ditrascorrere un anno a New York (1984-85), dove organizza un Sound Unity Fe-stival. Si puo ascoltare anche al fianco diJimmy Lyons, Charles Gayle, MarilynCrispell, Bill Dixon, Robin Kenyatta,Rashied Ali, Julius Hemphill. Per la FMPincide una serie di dischi in duo conDanny Davis, Hemphill, ToshinoriKondo, Derek Bailey, Akira Sakata, Dia-manda Galas, Han Bennink... Dalla finedegli anni ottanta gira il mondo con di-verse versioni dei suoi gruppi Global Vil-lage e Principle Life: trii o quartetti ‘‘in-terculturali’’ in cui davvero si trova l’au-tentica world music, grazie anche allacantante mongola Sainkho Namtchylak oal percussionista Ninh Le Quan.In qualunque contesto, questo pionieredella free music si e sempre impostocome organizzatore di prim’ordine. Alcontrabbasso, il suo stile e espressivo,quasi brutale, coloritissimo anche all’ar-chetto, nella piu energica tradizione diMingus e Jimmy Blanton. [G.R.]

«Touch the Earth» (con Leo Smith, 1979);«Global Village Suite - Improvised» (conD. Davis, 1986); «When the Sun Is Out YouDon’t See The Stars» (con Ludi, Morris,Namtchylak, 1990).

LEWIS, VictorBatterista e compositore statunitense(Omaha, Nebraska, 20 maggio 1950).Sua madre e pianista, suo padre sassofo-nista e polistrumentista. Tra il 1957 e il1961 studia il violoncello e, in seguito, ilpianoforte classico. A dodici anni inizia atrascrivere melodie e linee di basso difamosi temi jazz, avendo scelto di suo-nare la batteria dopo una parata stradale aOmaha. Studia con Luigi Watts, che gli fascoprire Blakey, Elvin Jones, Max Roach,Sam Woodyard e Baby Dodds, e prendecoscienza dell’umilta necessaria per di-ventare artista. Ascolta anche Roy Hay-nes, Tony Williams, Jack DeJohnette esegue i consigli di Eric Gravatt. Nel1968, all’universita del Nebraska, seguecorsi di percussione classica, poi incontraBilly Hart, che l’aiutera a inserirsi nel girodei professionisti. All’inizio degli annisettanta attraversa un periodo funk, suo-nando con David Sanborn, Phyllis Hymane Earl Klugh. Con Bobby Watson dirige ilgruppo Horizon. Registra anche con Ed-die Davis, Woody Shaw, Dexter Gordon,George Russell, Benny Green, JuliusHemphill, Geoff Keezer, Clark Terry,John Hicks, Ralph Moore, Oliver Lake,Bobby Hutcherson, Gary Bartz, J.J. John-son, Lew Tabackin, Brian Lynch e nellagrande orchestra che interpreta il mingu-siano Epitaph. Sue composizioni sonostate incise da Shaw, Sanborn, Carter Jef-ferson, John Stubblefield, Bobby Watsone molti altri. Nel 1983 fa parte della bigband di Carla Bley, con la quale suonerapoi in sestetto (1986 e 1987) e di nuovo inbig band (1990). Ma uno degli incontrifondamentali della sua vita e quello conStan Getz nel 1980: Lewis fara partedelle ultime sei o sette formazioni delsassofonista.A suo agio nel funk come nel bop, apprez-zato in piccole e in grandi formazioni,questo musicista poliedrico si pone nellalinea di uno Shelly Manne e di un MaxRoach. Ha anche molto ascoltato il giocodi piatti di Tony Williams nel gruppo diMiles Davis degli anni sessanta. Possiedeun tempo piu che notevole sul piatto ride,e usa le spazzole con grande finezza:

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senza essere un innovatore, si pone nellaprospettiva della grande tradizione bop,cosı come fanno Jeff Watts e KennyWashington. [G.P.]

«Line For Lyons» (Getz & Baker, 1983);«Know It Today, Know It Tomorrow»(1992).

* LYTTELTON, HumphreyTrombettista, clarinettista, scrittore econduttore radiofonico britannico (Eton,23/5/1921 - Londra 25/4/2008). Dopoaver fatto parte dei George Webb’s Dixie-landers, forma, nel 1948, un’orchestracon la quale rappresenta il suo paese alprimo festival di Nizza, di cui LouisArmstrong e la star. Verso la meta deglianni ’50, appagato dal jazz tradizionale,allarga i suoi orizzonti e ingaggia deinuovi musicisti: Bruce Turner (asax),poi Tony Coe (tsax), Jimmy Skidmore(tsax), Joe Temperley (brsax), i quali glidanno l’opportunita di interpretare unnuovo repertorio.I talenti di Humphrey Lyttelton sono mol-teplici: e un eccellente trombettista distile classico («Once In A While», 1974-76, e il suo duo con il pianista Mick Pyne),sensibile e ispirato, influenzato da LouisArmstrong; suona anche il flicorno tenoreed e un direttore d’orchestra competenteed efficace, un disegnatore, uno scrittore(autore di numerose opere: I Play As IPlease, 1954; The Second Chorus, 1960;Take It From The Top, 1975), un giornali-sta, un produttore radiofonico e televi-sivo. In breve, uno dei migliori ambascia-tori del jazz britannico. [A.C.]

«Jazz At The Royal Festival Hall» (1954),«I Play As I Please» (1957), «Duke Elling-ton Classics» (1969).

MANHATTAN TRANSFERGruppo vocale statunitense fondato dalcantante Tim Hauser (New York, 22/12/1941) nel 1969. La prima incarnazionenel quartetto ha avuto vita breve, la-sciando un solo disco e sciogliendosi su-bito dopo. Nel 1972 Hauser ne forma unanuova versione, convocando Janis Siegel(Buffalo, New York, 1954), Alan Paul

(Newark, New Jersey, 1950) e LaurelMasse (1954), sostituita poi da CherylBentyne (Seattle, Washington, 1956).Birdland, arrangiato da Janis Siegel, faottenere al gruppo due Grammy Awardsnel 1981, mentre «Vocalese» vince nel1986.Il gruppo gioca con abilita su diversi ta-voli: nostalgia, fusion, varieta, jazz, mu-sica brasiliana, Western Swing ecc. In am-bito jazzistico ha saputo assicurarsi il so-stegno di strumentisti di alto livello comeLee Konitz, Zoot Sims, Richie Cole,Dizzy Gillespie, Tom Scott, accompa-gnando anche Jon Hendricks o BobbyMcFerrin. Come confermano le loro ap-parizioni nei festival di jazz, i ManhattanTransfer hanno riportato in vita uno stilemusicale caduto nell’oblio, con una tec-nica vicina alla perfezione e una viva in-telligenza musicale. [A.T.]

«Pastiche» (1978); «Mecca For Moderns»(1981); «Vocalese» (1985).

* MIDDLEBROOKS, Wilfred RolandContrabbassista statunitense (Chatta-nooga, Tennessee, 17/7/1933 - Pasadena,California, 13/3/2008). Nato in una fami-glia di musicisti, dal 1948 e gia in pienaattivita professionale. Nel 1950 e ingag-giato da Tab Smith, che lascia nel 1953per compiere il servizio militare e cheritrova nel 1955 per una tournee in Cali-fornia. Si stabilisce a Los Angeles e perdue anni fa parte del quintetto di BuddyCollette. Registra con Frank Rosolino, colquintetto di Bill Holman e Mel Lewis (conJimmy Rowles) e appare con Art Peppered Eric Dolphy. Nel 1958 viene assuntonel gruppo di Ella Fitzgerald e comparetra gli altri, assieme a Paul Smith, JimHall e Gus Johnson, nell’album «Ella inBerlin» del 1960. Incide anche conJohnny Hodges. Verso la meta degli anni’60 interrompe l’attivita di musicista perriapparire da allora in forma episodica:per esempio, col sassofonista Curtis Pea-gler negli anni ’80. Assieme ad altri notimusicisti, ha recitato nel film di MartinScorsese New York, New York.

LYTTELTON . 16

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Sobrieta, swing, tempo: non mancavaniente a Middlebrooks per essere un ec-cellente accompagnatore. [P.Be.]

Out Of This World (Holman-Lewis, 1958);Song Of The Wind (Jimmy Giuffre, 1959);Mack The Knife (E. Fitzgerald, 1960).

PARKER, MaceoSassofonista (contralto, tenore, baritono)e flautista statunitense (Kinston, NorthCarolina, 14/2/1943). Nato in una fami-glia di musicisti, fonda i Blue Note Ju-niors con i fratelli. Contraltista (e tenori-sta all’occorrenza), ammira Ray Charles,David Newman, Hank Crawford, KingCurtis... Nel 1961 si iscrive, col fratelloMelvin (batterista) alla scuola d’arte diAtlanta. Quando Melvin fa la conoscenzadel cantante James Brown, che gli pro-pone di unirsi al suo gruppo, riesce a con-vincere Brown ad assumere anche Maceo.Il debutto del sassofonista avviene al ba-ritono, e segna l’inizio di una collabora-zione particolarmente fruttuosa (non ap-pena Maceo ha ultimato il servizio mili-tare in una banda dell’esercito di stanza inGeorgia). Nei vari gruppi di Brown, Par-ker fa comunella con Fred Wesley (trom-bone) e Alfred «Pee Wee» Ellis (sax te-nore), con i quali fonda, nel 1970, Maceo& All the King’s Men e registra tre album.Nel 1973 ritrova il cantante e, tre anni piutardi, incontra George Clinton, col cuigruppo (i Parliament) inizia a suonarecon regolarita. Accompagna Brown perl’ultima volta nel 1984 e, all’inizio deglianni novanta, effettua tournee e incisionicon Ellis e Wesley. Inizia da allora un’in-tensa attivita di leader che lo vede esibirsiin tutto il mondo (ma specialmente inEuropa e in Giappone) con sempre cre-scente popolarita. Moltissimi sono i suoialbum, ai quali hanno partecipato anchejazzisti di vaglia come Don Pullen, il bat-terista Bill Stewart e svariati altri.Uno swing teso, frasi tipicamente brevi,sonorita acidula (senza gli effetti o il pa-rossismo dei sassofonisti di rhythm andblues) e brillante: Parker concentra nelsuo stile una particolare concezione del-l’allegria, fondata sui modi della musica

popolare afro-americana ma aperta allepossibilita del jazz. E stato uno degli ele-menti caratterizzanti del suono di JamesBrown. [F.G.]

«Roots Revisited» (1990); «Mo’ Roots»(1991); «Life On Planet Groove» (1992).

PATTON, «Big» JohnOrganista e compositore statunitense(Kansas City, Missouri, 12/7/1935 -Montclair, New Jersey, 26/3/2002). Ap-prende i primi rudimenti della musicadalla madre, pianista in chiesa. Il cuginoLemuel gli offre invece altri suggeri-menti. Pianista quasi autodidatta, stimo-lato dall’ambiente della sua citta natale –dove ascolta Dinah Washington, JayMcShann, il batterista Marvin Patillo –diventa l’animatore, col cugino, di unaserie di serate scolastiche, prima di rag-giungere il fratello a Washington. Lavoracome benzinaio, cerca di suonare nei lo-cali della zona e incontra numerosi musi-cisti allo Howard Theatre. Viene assuntoda Lloyd Price, che cerca un pianista. Isuoi ‘‘maestri’’ sono all’epoca HamptonHawes, Horace Silver e Wynton Kelly.Una sera, in un club, prova a suonarel’organo e ne viene attratto. Il batteristaBen Dixon l’incoraggia e gli fa scoprireJimmy Smith. Dopo cinque anni conPrice, si trasferisce a New York. Dixon lopresenta a Calvin Newborn, Grant Green,George Braith, Tommy Turrentine,Kenny Dorham, Bobby Timmons e aimembri dell’orchestra di Lionel Hamp-ton, soprattutto il sassofonista Fred Jack-son. Abbanona il pianoforte per dedicarsiesclusivamente all’organo, influenzatodalle concezioni musicali di Grant Green.I due lavorano spesso insieme, suonandoin molte citta degli Stati Uniti per tre annidi seguito. Su raccomandazione di LouDonaldson inizia a registrare per la BlueNote nel 1962, in un disco del sassofoni-sta. Le sedute si succedono quindi conregolarita, sotto suo nome e con Green,Johnny Griffin, Red Holloway, CliffordJordan, Johnny Lytle, Grassella Oliphant,Harold Vick. Nel 1983 registra per l’eti-

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chetta del batterista Alvin Queen mentre,dieci anni piu tardi, lavora spesso e incidecon John Zorn.Anche se gli e stato quasi impossibilesfuggire all’influenza dell’inventoredell’organo moderno, ovvero JimmySmith, Patton – musicista dallo swingintenso e accompagnatore generoso – sie sempre distinto per una sorta di affasci-nante ruvidita. [T.L.]

«Blue John», «Along Came John» (1963);«Spillane» (John Zorn, 1987); «MinorSwing» (1994).

PEPPER, JimSassofonista (tenore e soprano) e cantantestatunitense (Portland, Oregon, 17/6/1941 - 10/2/1992). Di origine indianaamericana (etnie kaw e creek), Pepperdebutta nel 1966 con il gruppo Free Spi-rits, in cui suona anche Larry Coryell. Haregistrato con Bob Moses, Marty Cook, ipianisti Gordon Lee, Tony Hymas, KirkLightsey e Claudine Francois, ha parteci-pato nel 1982 al disco della LiberationMusic Orchestra «The Ballad Of The Fal-len» e ha fatto parte del quintetto di PaulMotian. La cultura dei suoi antenati esempre stata determinante nella sua car-riera, non tanto come diretta fonte d’ispi-razione musicale ma come contrappuntopermanente, sia che alcuni canti indianifinissero per insinuarsi nelle sue improv-visazioni, sia che una traccia delle sueetnie segnasse in maniera indelebile certecomposizioni (Indian Water). Il suo temapiu celebre, Witchi-Tai-To, e stato ripresoda Jan Garbarek, Keith Jarrett e Jack De-Johnette; la cantante e polistrumentistaNana Simopoulos, che di Pepper e stataamica e allieva, l’ha convocato per le pro-prie registrazioni e gli ha reso omaggionel suo disco «Gaia’s Dream». Scom-parso per un tumore, Pepper ha incisomolto, nei suoi ultimi anni, in particolarecol pianista Mal Waldron (in duo e inquartetto), col quale aveva stabilito unacollaborazione privilegiata. Uno dei suoidischi, «Comin’ and Goin’» (1983) e unpiccolo capolavoro, e vede all’opera di-verse formazioni in cui figurano tra gli

altri John Scofield, Bill Frisell, KennyWerner e Hamid Drake. Pepper e senz’al-tro un musicista da riscoprire, profonda-mente passionale e legato in maniera in-credibile alla sua terra d’origine. [X.D.]

«Pepper’s Pow Wow» (1971); «Comin’And Goin’» (1983); «Dakota Song»(1987).

REDMAN, JoshuaSassofonista statunitense (Berkeley, Ca-lifornia, 1/2/1969). Figlio di Dewey Red-man, conoscera per lungo tempo suo pa-dre – che vive a New York – solo attra-verso i dischi o le sue visite californianecon i gruppi di Ornette Coleman e KeithJarrett. Nel 1974 sua madre lo iscrive acorsi di musica indiana e indonesianapresso una scuola in cui ha modo di ascol-tare anche Rollins, Coltrane, Dexter Gor-don, ma anche James Brown, i Led Zep-pelin, i Beatles, gli Earth Wind & Fire... Adieci anni abbandona il clarinetto per ilsax tenore e diventa in breve uno dei mi-gliori solisti dell’orchestra del liceo, macontinua a praticare la musica da dilet-tante, dedicandosi soprattutto agli studi discienze sociali. A Harvard, nel 1987, sicimenta in svariate jam session con gliallievi del Berklee College. Nel 1990, aNew York, suona al Village Vanguard colpadre. Si iscrive poi alla facolta di legge aYale, e un anno sabbatico gli consente distabilirsi a New York, dove puo suonarecon regolarita. Vincitore della TheloniousMonk International Saxophone Competi-tion, suona e incide con Roy Hargrove,Elvin Jones, Jack DeJohnette, la MingusDynasty, Pat Metheny, Paul Motian, RedRodney, Charlie Haden, Billy Higgins emoltissimi altri.Joshua Redman e stato uno dei giovanijazzisti piu popolari degli anni novanta,grazie anche al sostegno della sua casadiscografica, in un’epoca in cui le majorsancora investivano sul jazz. Da allora lasua popolarita si e leggermente appan-nata, ma Redman resta un sassofonista digran classe, dotato di acuto senso melo-dico, di una sonorita rotonda e penetrante,di una costante consapevolezza della

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grande tradizione del jazz. La sua ancorgiovane eta potrebbe riservare ulteriori,gradite sorprese. [F.G.]

«Wish» (1993); «Moodswing» (1994);«Elastic» (2002).

ROBERTS, «Marcus» (Marthaniel)Pianista statunitense (Jacksonville, Flo-rida, 7/8/1963). Figlio di una cantante digospel, perde la vista a quattro anni. Ottoanni piu tardi i suoi genitori gli regalanoun pianoforte. Nove anni di studi classicigli consentono di vincere svariati con-corsi locali. In una di queste occasioniconosce Wynton Marsalis, che gli pro-pone di sostituire nel suo gruppo KennyKirkland e gli invia, come documenta-zione del repertorio, una serie di cassetteche il giovane Roberts impara a memoria.Rimarra sei anni a fianco di Marsalis,partecipando a sei dischi. Nel 1987 vinceil primo premio (diecimila dollari) allaThelonious Monk International JazzCompetition. Nel 1989 debutta come lea-der per la RCA. Ospiti del suo album sonoMarsalis ed Elvin Jones. Prodotte da Del-feayo Marsalis, le sue incisioni si molti-plicano: un omaggio solitario a Jelly RollMorton, Ellington e Monk (1990), unaraccolta di assoli e duetti con Ellis Marsa-lis, il tenorista e clarinettista Todd Wil-liams, il trombonista Roland Westray, itrombettisti Scotty Barnhart, NicholasPayton e Wynton Marsalis (1991). Nellostesso anno partecipa a un disco che riuni-sce cinque «Tough Young Tenors»: Wal-ter Blanding junior, James Carter, ToddWilliams, Tim Warfield e Herb Harris. Hacontinuato a incidere prolificamente pertutti gli anni novanta.Marcus Roberts ha una totale padronanzadi tutte le risorse del pianoforte. Puliziaespressiva anche negli estremi di gamma,passa dalla forza alla delicatezza con in-fallibile abilita digitale e altrettanta lim-pidezza nei piani sonori. Possiede il sensodello sviluppo melodico e quello dellecombinazioni armoniche dagli effetti or-chestrali. Sa anche reinterpretare con na-turalezza temi assai ben caratterizzaticome quelli di Morton, James P. Johnson,

Waller, Ellington, Monk, e brilla sia nellostile a note singole della tradizione po-welliana sia nello stride piu espansivo.Per quanto riguarda uno stile personale,di Roberts (cosı profondamente segnatoda gospel e blues) si potrebbe dire cheesso consiste nella sua bravura di suonarein tutti gli stili esistenti, al di la dell’a-spetto puramente tecnico, o anche nellasua incapacita a volerli superare.

[F.G., J.R.]

«The Truth Is Spoken Here» (1988); «DeepIn The Shed» (1989); «Alone With ThreeGiants» (1990).

RUBALCABA, GonzaloPianista e tastierista cubano (L’Avana, 27/5/1963). Nato in una famiglia di musicistiprofessionisti, inizia lo studio della mu-sica a otto anni. A dieci scopre TheloniousMonk, Erroll Garner, Oscar Peterson, ArtTatum, Bill Evans. Diplomato in compo-sizione, lo e anche in pianoforte e percus-sioni al conservatorio Amadeo Roldan.All’inizio degli anni ottanta, sotto il pa-trocinio del ministero della cultura diCuba, tiene dei concerti in piccologruppo. Il pianista Chucho Valdes lo notaal club Johnny Drink dell’Avana, cosıcome fanno Paquito D’Rivera e ArturoSandoval, tutti e tre membri del gruppoIrakere. Negli anni ottanta compie unatournee in Europa con l’Orquesta Ara-gon. La sua carriera discografica ha inizionel 1986 per l’etichetta Messidor, per laquale incidera tre album. Nel 1990 Rubal-caba ottiene un autentico trionfo a Mon-treux, accompagnato da Charlie Haden(col quale aveva suonato a Montreall’anno precedente e inciso, a Cuba, undisco in duo rimasto inedito) e Paul Mo-tian. Firma quindi un contratto per la So-methin’ Else (controllata giapponese del-l’etichetta Blue Note: l’embargo statuni-tense nei confronti di Cuba impediva al-l’epoca a Rubalcaba di entrare in territo-rio statunitense, sia per suonare sia perincidere, cosı come di essere messo sottocontratto da un’etichetta USA) e incidenumerosi album con DeJohnette, Haden,Motian, John Patitucci, oltre che con il

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suo gruppo cubano. Nel 1993 riesce co-munque a suonare negli USA. Ha conti-nuato a incidere per la Blue Note, for-nendo altre prove della sua brillantezzastrumentale, come dimostra un recente,ottimo disco di piano solo.Tecnica fuori del comune, vaste cono-scenze pianistiche (da Debussy a Jarrett,passando per Monk, Hancock, Tatum e imaestri cubani della tastiera), un toccotanto percussivo (il ricordo sempre vivodella salsa) quanto florido: Rubalcaba hasaputo incanalare la foga dei suoi esordi ele sue tentazioni spettacolari per depurareil proprio stile e gestire il proprio virtuo-sismo con maggior senso della misura.

[F.G.]

«The Blessing» (1991); «Suite 4 y 20»(1992); «Diz» (1993); «Nocturne» (Char-lie Haden, 2001); «Solo» (2006).

* SCHIANO, MarioSassofonista contralto e cantante italiano(Napoli, 23/7/1933 - Roma 10/5/2008).Nella sua citta natale ha iniziato a suonaredapprima la fisarmonica e poi il sassofononella seconda meta degli anni ’50, speri-mentando ben presto metodi per suonarefuori dalle regole in un ambiente dovepredominava l’intrattenimento da nightclub e il revival del jazz di New Orleans.La contemporanea esplosione del freejazz in America fu determinante nel raf-forzare la sua inclinazione. Nel 1966fonda il Gruppo Romano Free Jazz, pro-ducendo, nell’anno successivo, il primoalbum di questo genere in Europa. L’in-fluenza di Schiano sul jazz italiano non etrascurabile, sia per l’entita della sua pro-duzione discografica, oltre 60 lavori, siaper l’ampiezza dei suoi interessi musicali,che vanno dall’improvvisazione totale alrecupero delle atmosfere disimpegnatedei night club in cui il sassofonista siesibiva in gioventu. Schiano e il fondatoredel festival romano Controindicazioni,ancora in attivita dopo vent’anni e checontinua a presentare incontri e scontrimusicali con alcuni tra i piu significativiimprovvisatori europei. [L.C.]

SMITH, Johnny (John Henry)Chitarrista statunitense (Birmingham,Alabama, 25/6/1922 - New York, 19/10/1994). Nato nel Sud degli Stati Uniti, tra-scorre la prima infanzia a Portland, nelMaine. Suo padre suona il banjo, e il gio-vane Smith si orienta verso la chitarra, chesuonera all’inizio in un gruppo di musicahillbilly. Interessato a diventare pilota ae-ronautico, si arruola nel 1942 ed entranella banda musicale del suo reparto.Non essendoci bisogno di un chitarrista,si dedica a imparare la cornetta, ma perproblemi di vista sara costretto ad abban-donare la progettata carriera militare.Dopo aver lavorato in una stazione radiodi Portland, si trasferisce a New York ediventa chitarrista in un’orchestra dellaNBC. Parallelamente forma un trio (avolte quintetto) per suonare nei locali,come il Birdland e lo Embers. Nel 1952inizia una lunga serie di registrazioni perl’etichetta Roost. Il suo primo disco con-tiene un colpo da maestro: la Moonlight inVermont suonata con Stan Getz, che di-ventera un successo colossale e sara sceltada Down Beat come disco dell’anno.Smith viene anche incoronato migliorchitarrista nei referendum della stessaDown Beat e di Metronome. Durante glianni sessanta si ritira in Colorado, ridu-cendo la sua attivita musicale: apre unnegozio di strumenti e impartisce lezionidi chitarre. Continua comunque a regi-strare con regolarita fino al 1968, in trio equartetto, per la Roost e per la Verve.Perfetto esempio dell’estetica cool,Johnny Smith rappresenta l’esatto contra-rio del virtuosismo. Sulle ballads, genereda lui preferito, sviluppa lunghe linee me-lodiche scolpite con sobrieta e romantici-smo. La sua relativa mancanza di fuocointeriore e bilanciata da una concezionearmonica il cui gli accordi risuonano conpurissima pienezza. «Si puo suonare inmaniera diversa, ma non certo meglio dicosı», ha detto di Smith il collega BarneyKessel. [A.C.]

Moonlight In Vermont (1952, con StanGetz); Walk, Don’t Run (1955).

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STEVENS, John (William)Batterista e trombettista britannico(Brentford, 10/6/1940 - Londra, 13/9/1994). Il padre e ballerino di tip-tap; com-pie regolari studi musicali e nelle bandedella Royal Air Force (dove conosce PaulRutherford e Trevor Watts) dal 1958 al1964. Diventa professionista nel 1964-65a Londra, al Ronnie Scott’s, dove accom-pagna i solisti statunitensi di passaggioassieme a Tubby Hayes, Stan Tracey e, avolte, John McLaughlin. Alla fine del1965, dopo aver deciso di dedicarsi total-mente all’improvvisazione libera, suonasei sere la settimana in un teatro nei pressidel Ronnie Scott’s. Le sedute del LittleTheater Club – questo il nome – gli servi-rono da trampolino di lancio e luogo disperimentazione. Sotto la guida di Ste-vens trovarono organizzazione le nuoveidee di una nascente generazione di musi-cisti inglesi: Derek Bailey, Julie Driscoll(poi Tippetts), Chris McGregor, EvanParker, Howard Riley, John Surman,Kenny Wheeler, Barry Guy, Jeff Clyne...E lı che nasce lo Spontaneous Music En-semble (abbreviato in SME), gruppo acomposizione variabile il cui nucleo ecostituito da Watts e Rutherford e al qualesi uniscono via via svariati giovani im-provvisatori londinesi, come il violinistaNigel Coombes, il violoncellista ColinWood, il chitarrista Roger Smith. In pa-rallelo, Stevens dirige un settetto di impo-stazione piu strettamente jazzistica, conWheeler, Alan Skidmore e Ron Mathew-son, e dei gruppi di jazz rock (Away),suonando anche con Bobby Bradford,Steve Lacy, Joh Tchicai, Yoko Ono,Dudu Pukwana, Mongezi Feza, JohnnyDyani, la London Jazz Composers’ Or-chestra. Scompare ancora giovane, e inpiena attivita, sempre pronto a scovare eallevare nuovi talenti come il trombettistaByron Wallen.Batteristi preferiti: Kenny Clarke, PhilSeamen ed Elvin Jones. Inoltre amavaOrnette Coleman, Gary Peacock, Bud Po-well e, tra i trombettisti, Chet Baker, DonCherry, Louis Armstrong e Bobby Brad-ford. Autentico pioniere, ha consentito aun’intera generazione di musicisti di

esprimersi in liberta, offrendo loro unospazio e un palcoscenico. Batterista mu-scolare, fa parte dei cosiddetti ‘‘picchia-tori’’ appassionati... [G.R.]

«Karyobin» (1968); «Eighty-Five Minu-tes» (1974); «The Longest Night» (conEvan Parker, 1976).

* URSO, Phil (Philip)Sassofonista (alto, tenore e baritono) earrangiatore statunitense di origine ita-liana (Jersey City, New Jersey, 2/10/1925- Denver, Colorado, 7/4/2008). A tredicianni fa il debutto al clarinetto; poi prose-gue i suoi studi a Denver; si reca a NewYork nel 1947 ed entra nell’orchestra diElliot Lawrence (1948-50), suona conWoody Herman (1950-51), Terry Gibbs,Miles Davis (1952), Oscar Pettiford(1953). Dopo una breve carriera indipen-dente, nel 1955 si unisce a Chet Baker,che ritrovera in seguito a piu riprese. En-trato a Las Vegas nel gruppo di Ernie Ross(1959-60), prosegue la sua carriera prin-cipalmente nei dintorni di Denver. Il 1987segna il suo ritorno negli studi di registra-zione, con un album che lo mette a con-fronto con Allen Eager. Ancora in attivita,continua regolarmente a incidere.Phil Urso appartiene a quei musicisti chesono stati riuniti sotto il nome di Brothersdella seconda generazione. Influenzati inorigine da Lester Young, lo furono altret-tanto dai suoi diretti seguaci: BrewMoore, Allen Eager, Stan Getz, ZootSims, Al Cohn. Strumentista pieno diswing e d’immaginazione, Phil Urso hasempre avuto un’esecuzione piu dura diquella di molti altri sassofonisti di questacorrente. Non c’e niente di strano chenella sua musica si noti un richiamo aColtrane e Rollins. [A.T.]

By George (W. Herman, 1951); Tamalpais(O. Pettiford, 1953); Little Prez (1953),Ozzie’s Ode (1954); Phil’s Blues (C. Baker,1956).

WASHINGTON, KennyBatterista e conduttore radiofonico statu-nitense (New York, 29/5/1958). Dall’etadi quattro anni, grazie all’ambiente fami-

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liare, ascolta moltissima musica e soprat-tutto batteristi, il cui stile tenta molto pre-sto di riprodurre. Prende lezioni da RudyCollins e Dennis Kinney. Nel 1977-78suona con Lee Konitz, e nel 1978-79 ac-compagna Betty Carter, che lo instradaverso un piu consapevole uso delle risorsecoloristiche e delle sfumature. Si ascoltaanche con Walter Davis, Bill Bardman eWalter Bishop. Dal 1980 fa parte di sva-riati gruppi guidati da Johnny Griffin, Siesibisce in Europa e avvia una carriera dafreelance a New York, dove diventa unodei batteristi piu ricercati. AccompagnaFrank Wess, Dizzy Gillespie, Hank Jones,Cedar Walton, Eddie Davis, George Cole-man, Clark Terry, Milt Jackson, KennyBurrell, Benny Carter, Benny Golson,Joe Newman e altri. Oltre ai gruppi construmentisti a fiato, eccelle anche nei triicon pianoforte (George Cables, LarryWillis, Tommy Flanagan). Ha incisoqualche centinaio di dischi. Conduce damolti anni trasmissioni radiofonichemolto specializzate sulla storia del jazz esoprattutto della batteria, grazie anchealla sua enorme collezione discografica,una delle piu vaste negli Stati Uniti, e allasua conoscenza enciclopedica di musici-sti e sedute d’incisione.Maestro delle spazzole (sotto l’influenzadi Vernell Fournier e Denzil Best) sa do-nare alle sue frasi una notevole sensa-zione di spazio, grazie a un suono assaiparticolare e all’abilita nell’uso dei si-lenzi; in accompagnamento, cosı come inassolo, il suo stile e lieve, quasi aereo.Con pochi colpi di bacchetta, sa imporsicome un autentico melodista. Molto in-ventivo, e comunque capace di portareavanti la grande tradizione della batteriasul piatto ride, gli interventi della manosinistra sul rullante e un lavoro assai clas-sico sulla grancassa e sul charleston. Sidistingue dai batteristi della sua genera-zione per un acuto senso delle sotti-gliezze. [G.P.]

«Call It Whatchawana» (Johnny Griffin,1983); «Just In Time» (Larry Willis,1989); «Cables’ Fables» (George Cables,1991).

WATTS, «Tain» (Jeff)Batterista statunitense (Pittsburgh, Penn-sylvania, 20/1/1960). Inizia a studiare ilrullante a dieci anni, la batteria a quattor-dici e continua con le percussioni al liceo.Divenuto il piu giovane timpanista dellaPittsburgh Youth Symphony, si iscrive allaDuquesne University, lavora con MichaelKumer e, a diciassette anni, entra nelgruppo funk Flavor. Al Berklee Collegesi perfeziona in batteria con Joe Hunt. Poisuona in formazioni di fusion e di funk, econosce musicisti come Branford Marsa-lis, Marvin «Smitty» Smith, Wallace Ro-ney e Kevin Eubanks. Fa anche la cono-scenza di Victor Bailey, Donald Harrison,Greg Osby, Cindy Blackman. Nel 1982 eingaggiato da Wynton Marsalis, col qualeresta sei anni. In seguito si mette in pro-prio, sempre restando in contatto con lafamiglia Marsalis: nel 1990 partecipa a undisco di Ellis, il pianista e padre di Wyn-ton e Branford. La collaborazione conquest’ultimo riprendera poi negli anni no-vanta e continua ancora oggi. Suona conRon Carter, Slide Hampton, David Mur-ray, e registra anche con musicisti digrossa fama come McCoy Tyner e SonnyRollins, interpretando il ruolo di un batte-rista nel film di Spike Lee Mo’ BetterBlues. Forma un proprio gruppo, che in-cide alcuni album per la Columbia e unospettacoloso disco dal vivo, in cui appareKenny Garrett.Pur ascoltando con attenzione i maestridella batteria New Orleans e ‘‘middlejazz’’, Watts si e poi dedicato ai grandiesponenti della percussione bop. Influen-zato agli esordi da Philly Joe Jones, amaugualmente il gioco di piatti di JimmyCobb e il fraseggio di Tony Williams.Come un’intera generazione di jazzistiafroamericani, mette al servizio di unamusica volutamente inserita nella tradi-zione bop una sicurissima abilita tecnica.Potente come un Art Blakey, sottile comeHiggins, attento come Roach e intelli-gente come Ed Blackwell, costruiscefrasi basate su una distribuzione origi-nale di sonorita e ritmi. Ha un drive po-deroso, dovuto a un’esemplare scelta ditempo, e un senso delle sfumature dovuto

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senza alcun dubbio ai suoi studi di per-cussione. Unendo la forza alla finezza,affascinato dalla poliritmia, sa offrireuno stile assai rigoglioso o, per contrasto,molto spoglio. Batterista lirico, usa conmaestria le spazzole. [G.P.]

«Citizen Tain» (1999); «Bar Talk» (2002);«DeTAINed At The Blue Note» (2004).

WERNER, Kenny (Kenneth)Pianista, tastierista e compositore statuni-tense (Brooklyn, New York, 19/11/1952).Inizia prestissimo a cantare e suonare ilpianoforte, comparendo in un programmatelevisivo dedicato allo stride. Altrettantointeressato alla musica classica, segue icorsi della Manhattan School of Music.Poi il jazz prende il sopravvento, e Wernerentra al Berklee College, completando lasua educazione con specifiche lezioni diJoao Assis Brasil. Nel 1977, per il suoprimo disco, sceglie brani di Beider-becke, Ellington, James P. Johnson eGershwin. Nel 1985 e nel 1987 un finan-ziamento del National Endowment for the

Arts gli consente di presentare in concertoi suoi lavori al Symphonic Space di NewYork. Ha suonato e inciso con Bob Brook-meyer, Ron Carter, Dizzy Gillespie, AlCohn, Joe Henderson, Gunther Schuller ein duo con Marian McPartland. Vanta unaricca discografia come leader, in trio e insolo, e ha inciso con Mingus, Chico Free-man, Archie Shepp, Mel Lewis, Tom Har-rell, Lee Konitz, Jerome Harris, Joe Lo-vano, Peter Erskine, Robin Eubanks, Ma-ria Schneider e decine di altri.Passando da ampie campiture melodiche(a tempo lento) a uno staccato di stampotristaniano, il virtuosismo di Werner non etanto il pretesto per esibire una grandetecnica quanto una chiave per aprire ognipossibile frontiera stilistica o di genere:fughe in avanti, dissonanze, andatureclaudicanti che finiscono per mettere inevidenza lo squisito equilibrio del suodisegno complessivo. [J.P.A.]

«Uncovered Heart» (1990); «Live At Vi-siones» (1995); «Form And Fantasy»(1999).

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