DIV AGAZIONI SULLE CUPOLE CON SPINAPESCE ...curiose divagazioni. A naso in su nella isotermica sala...

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DIV AGAZIONI SULLE CUPOLE CON SPINAPESCE SPIRALIMORFI Il prezioso saggio di G. Zander (Gli ottagoni di San Pietro riconosciuti nei dis. arch. ujf n" I HO, in «Palladio» n .s ., I, 1988, pp. 67-82) sugli ottagoni vatican i e sulle tecniche murarie del Sangallo suggerisce, al cultore della scienza del costruire, curiose divagazioni. A naso in su nella isotermica sala di Simon Mago, presi dalle spirali incrociate dello 'spinapesce' non si controlla il pensiero che si aggomitola e si dipana in capricciose circonvoluzioni. Alcune di queste riguardano la geometria della curva che quei mattoni disegnano sulla cupola. Ponendo, strato dopo strato, i mattoni a coltello, per realizzare quelle sponde di contenimento che gli consentivano di 'voltare senza centina', il muratore produceva un segno grafico, una trama organica sulla superficie della volta che ne testimonia il crescere ordinato e continuo, come le striature sul guscio della chiocciola. Ordine e continuità che nel secolo XVIII furono conquistati dall'ingegno umano e produssero la geometria analitica e l'analisi infinitesimale; e profondamente radicarono nella cultura occidentale l'idea che natura non jacit saitus. Ahimè, la matematica del '700 non jacit saitus, ma la natura che ha suggerito l'idea di ordine e continuità, si scapriccia sovente, come sanno i funzionari della protezione civile, in discontinuità, dagli allagamenti ai terremoti, che producono salti e désordres nel nostro lavoro di architetti e ingegneri. Persino la fluida, magica trama dello spinapesce non è che il risultato di tanti piccoli salti, da un mattone all'altro, governati dallo spessore di mattoni non sempre uguale, e dallo spessore della malta che l'occhio attento o distratto del muratore dosa tra gli strati. Ma la razionalità dell'uomo non si ferma ed anche di questo disordine sa trovare la matrice ordinata . Oggi sappiamo tradurre in formule matematiche anche questo processo di accrescimento discontinuo. Possiamo persino costringere dentro la definizione di una grandezza aleatoria, da introdurre in ognuno dei piccoli salti, le impreci- sioni nello spessore dei mattoni e nella quantità di malta posata da quella irrequieta cazzuola e generare col computer una o quante si voglia di quelle curve; non quelle reali ma altre possibili, che contengono la stessa entità di incertezza, misurata raccogliendo in un'unica funzione di probabilità il segno della cazzuola vuota lasciata dal muratore che si volta al passaggio della Graziella, e quello stizzito che segue allo sberleffo di lei, e poi ridistribuendo il tutto su tutta la cupola. Trasformando cosÌ in una miriade caleidoscopica di frammenti quella compatta vicenda, tra il muratore e la Graziella, che ha lasciato i suoi segni, solo quelli, sulla cupola. Ma dal punt o di vista meccanico, la resistenza e la durevolezza della cupola, un futile alterco plebeo conta molto meno della scelta operata dall'architetto, cioé di applicare lo spinapesce. Non c'è dubbio che questa tecnica presentava i suoi vantaggi: costruire senza centina è un miraggio che oggi Fig. I - Una" catena di mattoni" sottoposta a trazione resiste finché non è vinto l'attrito (e la coesione della malta che nel modellino è stata omessa), poi lo scorrimento segue la via di minor resistenza . Le dimensioni dei mattoni sono: I=! cm, S=2,! cm, t= I cm. Il modello di muratura è stato caricato verticalmente con N = I,2 Kg/cm sottoponendo cioè i mattoni ad una compressione unitaria di N/s= O,4S Kg/cm 2 Lo scorrimento si è verificato per una trazione totale di TI kg, evidenziando I2 superfici di scorrimento, ciascuna di mezzo mattone. Ciò comporta una tensione tangenzia- le di I I / I2. (2,!.2,!) = o,I47 Kg/cm 2 che corrisponde esattamente al coefficien- te di attrito f= o,J. Si può formulare un' espressione generale: se ad ogni strato i mattoni si sovrappongono per la lunghezza b, la forza d'attrito che essi sono in grado di sviluppare è (jN/s).(b.s)=fN.b, e per unità di misura lungo l'altezza del muro: F =fN.b/ t. Nel modellino, essendo b=2,! cm e t= I cm la forza di trazione che può essere sviluppata in virtù dell'attrito è F = o ,!ì Kg/cm. L'espressione della resistenza a trazione formulata per il modello può essere riferita a un muro di spessore qualsiasi se con b si intende la lunghezza di sovrapposizione media lungo lo spessore. Una catena di travertini potrebbe offrire una resistenza a trazione maggiore che una catena di mattoni perché le pietre hanno maggiore lunghezza di sovrapposizione , ma ciò che si guadagna per la lunghezza si perde perché il maggior spessore riduce il numero di superfici di contatto . Fig. 2 - Lo "sPinapesce" provoca la concentrazione dello scorrimento in corrispondenza dei mattoni verticali. Il modello denuncia un meccanismo cinematico di ribaltamento dei mattoni a coltello c he impegna uno spostamento verticale ed introduce una resistenza diversa dall' attrito. Tale meccanismo sembra poco realistico con gli effettivi spessori dei mattoni e con la presenza della malta. La resistenza a trazione di questo muro è stata di oltre il 70 % inferiore alla precedente . ci ha fruttato kilometri quadrati di ridenti periferie urbane, fitte di solidi scatoloni abitativi, prefabbricati in pannelli di cemento e assemblati come castelli di carte. Costruire senza centina a Santa Maria del Fiore era una necessità, ma nel cantiere vaticano del giovane San gallo era poco meno che un superfluo virtuosismo. Staccando a forza il nostro occhio dalle spire che lo trascinano verso l'occhio centrale della cupola, ed osservando circolarmente i paralleli che dovrebbero fasciare le reni della semisfera ci si domanda: 147

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DIV AGAZIONI SULLE CUPOLE CON SPINAPESCE SPIRALIMORFI

Il prezioso saggio di G. Zander (Gli ottagoni di San Pietro

riconosciuti nei dis. arch. ujf n" I HO, in «Palladio» n.s., I, 1988, pp. 67-82) sugli ottagoni vatican i e sulle tecniche murarie del Sangallo suggerisce, al cultore della scienza del costruire, curiose divagazioni.

A naso in su nella isotermica sala di Simon Mago, presi dalle spirali incrociate dello 'spinapesce' non si controlla il pensiero che si aggomitola e si dipana in capricciose circonvoluzioni. Alcune di queste riguardano la geometria della curva che quei mattoni disegnano sulla cupola. Ponendo, strato dopo strato, i mattoni a coltello, per realizzare quelle sponde di contenimento che gli consentivano di 'voltare senza centina', il muratore produceva un segno grafico, una trama organica sulla superficie della volta che ne testimonia il crescere ordinato e continuo, come le striature sul guscio della chiocciola. Ordine e continuità che nel secolo XVIII furono conquistati dall'ingegno umano e produssero la geometria analitica e l'analisi infinitesimale; e profondamente radicarono nella cultura occidentale l'idea che natura non jacit saitus. Ahimè, la matematica del '700 non jacit

saitus, ma la natura che ha suggerito l'idea di ordine e continuità, si scapriccia sovente, come sanno i funzionari della protezione civile, in discontinuità, dagli allagamenti ai terremoti, che producono salti e désordres nel nostro lavoro di architetti e ingegneri. Persino la fluida, magica trama dello spinapesce non è che il risultato di tanti piccoli salti, da un mattone all'altro, governati dallo spessore di mattoni non sempre uguale, e dallo spessore della malta che l'occhio attento o distratto del muratore dosa tra gli strati. Ma la razionalità dell'uomo non si ferma ed anche di questo disordine sa trovare la matrice ordinata.

Oggi sappiamo tradurre in formule matematiche anche questo processo di accrescimento discontinuo. Possiamo persino costringere dentro la definizione di una grandezza aleatoria, da introdurre in ognuno dei piccoli salti, le impreci­sioni nello spessore dei mattoni e nella quantità di malta posata da quella irrequieta cazzuola e generare col computer una o quante si voglia di quelle curve; non quelle reali ma altre possibili, che contengono la stessa entità di incertezza, misurata raccogliendo in un'unica funzione di probabilità il segno della cazzuola vuota lasciata dal muratore che si volta al passaggio della Graziella, e quello stizzito che segue allo sberleffo di lei, e poi ridistribuendo il tutto su tutta la cupola. Trasformando cosÌ in una miriade caleidoscopica di frammenti quella compatta vicenda, tra il muratore e la Graziella, che ha lasciato i suoi segni, solo quelli, sulla cupola.

Ma dal punto di vista meccanico, la resistenza e la durevolezza della cupola, un futile alterco plebeo conta molto meno della scelta operata dall'architetto, cioé di applicare lo spinapesce. Non c'è dubbio che questa tecnica presentava i suoi vantaggi: costruire senza centina è un miraggio che oggi

Fig. I - Una" catena di mattoni" sottoposta a trazione resiste finché non è vinto l'attrito (e la coesione della malta che nel modellino è stata omessa), poi lo scorrimento segue la via di minor resistenza. Le dimensioni dei mattoni sono: I=! cm, S=2,! cm, t= I cm. Il modello di muratura è stato caricato verticalmente con N = I,2 Kg/cm sottoponendo cioè i mattoni ad una compressione unitaria di N /s= O,4S Kg/cm2• Lo scorrimento si è verificato per una trazione totale di TI kg, evidenziando I2 superfici di scorrimento, ciascuna di mezzo mattone. Ciò comporta una tensione tangenzia­le di I I / I2. (2,!.2,!) = o,I47 Kg/cm2 che corrisponde esattamente al coefficien­te di attrito f= o,J. Si può formulare un' espressione generale: se ad ogni strato i mattoni si sovrappongono per la lunghezza b, la forza d'attrito che essi sono in grado di sviluppare è (jN/s).(b.s)=fN.b, e per unità di misura lungo l'altezza del muro: F =fN.b/t. Nel modellino, essendo b=2,! cm e t= I cm la forza di trazione che può essere sviluppata in virtù dell'attrito è F = o ,!ì Kg/cm. L'espressione della resistenza a trazione formulata per il modello può essere riferita a un muro di spessore qualsiasi se con b si intende la lunghezza di sovrapposizione media lungo lo spessore. Una catena di travertini potrebbe offrire una resistenza a trazione maggiore che una catena di mattoni perché le pietre hanno maggiore lunghezza di sovrapposizione, ma ciò che si guadagna per la lunghezza si perde perché il maggior spessore riduce il numero di superfici di contatto.

Fig. 2 - Lo "sPinapesce" provoca la concentrazione dello scorrimento in corrispondenza dei mattoni verticali. Il modello denuncia un meccanismo cinematico di ribaltamento dei mattoni a coltello che impegna uno spostamento verticale ed introduce una resistenza diversa dall' attrito. Tale meccanismo sembra poco realistico con gli effettivi spessori dei mattoni e con la presenza della malta. La resistenza a trazione di questo muro è stata di oltre il 70 % inferiore alla precedente.

ci ha fruttato kilometri quadrati di ridenti periferie urbane, fitte di solidi scatoloni abitativi, prefabbricati in pannelli di cemento e assemblati come castelli di carte.

Costruire senza centina a Santa Maria del Fiore era una necessità, ma nel cantiere vaticano del giovane San gallo era poco meno che un superfluo virtuosismo. Staccando a forza il nostro occhio dalle spire che lo trascinano verso l'occhio centrale della cupola, ed osservando circolarmente i paralleli che dovrebbero fasciare le reni della semisfera ci si domanda:

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In che rapporti sta il giovane San gallo con la cultura costruttiva del De re aedificatoria albertiano? Le 'ossature' dovrebbero essere riunite alle 'ossature', i 'nervi' e i 'legamen­ti' concludere la fabbrica entro la 'solidità' della sua 'membra­tura'. E cosa fossero le 'ossature murarie' era a tutti noto. Erano 'ossature' i costoloni del Brunelleschi, e 'riempimento' le vele.

Per realizzare 'nervi' e 'legamenti' con i mattoni tutti sapevano che era necessario ben connetterli, ma lo spinapesce introduce sistematiche disconnessioni ad ogni parallelo. Che le cupole abbisognassero di cintura, tanto che alle catene di travertini il Della Porta avrebbe aggiunto nella gran cupola vaticana autentiche catene di ferro, era altrettanto noto anche al tempo del Sangallo. Come si poteva trascurare questa arcinota esigenza strutturale, tradire una cosÌ radicata 'regola d'arte' costruttiva, per evitare di metter sù una centina negli ottagoni vaticani? Lo aveva già fatto il Brunelleschi? No, solo nel 'riempimento' egli ha usato lo spinapesce, ma la cupola fiorentina ha le sue 'ossature' coerenti con i consigli albertiani. Che poi anche il 'riempimento' avrebbe collaborato con le 'ossature' noi sappiamo, dopo che i matematici del XIX secolo hanno infuso nella scienza del costruire il continuum della matematica settecentesca, ma il -Brunelleschi poteva non sapere. O non curare, per ragioni che forse andrebbero riprese nella discussione di oggi a proposito degli 'screpoli'.

Gli ottagoni del Sangallo non hanno costoloni, non hanno 'ossature' e quindi non c'è 'riempimento'. E' lo stesso corpo della cupola che deve fungere anche da cintura. E lo spinapesce invece interrompe drasticamente la 'catena di mattoni', riducendo di molto la resistenza a trazione che essa sarebbe stata in grado di esplicare grazie all'attrito.

Cos'è questa scelta sangallesca? Le ragioni della tecnica contro quelle della scienza? Che nessuno lo affermi. Forse il San gallo sapeva bene che, con sedici braccia e mezzo di diametro~ gli ottagoni vaticani non avrebbero mai mostrato uno screpolo, e qui semplicemente si divaga lungo una spirale senza fine che sempre più si allontana dal suo centro.

Antonino Giuffrè

Anche il rapporto Architettura-Geometria magicamente scaturisce dall'ottagono di Simon Mago, e anche questo la matematica ci aiuta a razionalizzare. Quando si tratta di architettura è sempre conveniente scegliere, tra i tanti modelli geometrici che possono descrivere una superficie, quello che è più vicino alle modalità costruttive. Perciò, avendo verificato che l'intradosso della cupola è semi sferico, consideriamo questa superficie come generata dalla rotazione di una sezione diametrale, cioè di una semicirconferenza, intorno ad un asse verticale. Assumiamo ora un sistema di riferimento cartesiano che abbia l'origine nel centro della sfera e tale che l'asse 'z' coincida con l'asse di rotazione della superficie. In questa descrizione, per consuetudine ormai consolidata, chiameremo

'equatore' la linea d'imposta della cupola, 'parallelo' una sua qualsiasi sezione orizzontale, 'meridiano' una sua qualsiasi sezione diametrale e verticale. Se 'r' è il raggio della semisfera, un punto qualsiasi 'P' della superficie ha coordinate:

x y z

r' cosB cosa r cosB sina r sinB

[I]

equazioni che descrivono l'intera superficie in funzione dei due parametri a e 13, vale a dire, rispettivamente, della longitudine (a) e della latitudine (B) del punto considerato.

Il motivo formale dello 'spinapesce' è generato dalla giustapposizione di un mattone posto in piano e di un mattone posto per coltello. Quando un mattone viene posato a coltello sul primo letto, esso disegna sull'equatore il primo segmento e su un meridiano il secondo segmento di quella originale spezzata che è lo 'spinapesce'. La lunghezza del primo segmento, quello che appartiene all'equatore, è pari allo spessore del mattone, più lo spessore del giunto verticale di malta che lo separa dal mattone cui è affiancato: diciamo 'p' questa lunghezza poiché, nell'apparecchio della volta, essa si ripropone ad ogni parallelo, ed è costante con buona approssi­mazione. La lunghezza del secondo segmento, quello che appartiene a un meridiano, è pari allo spessore del mattone vicino, che è posto in piano, più lo spessore della malta del primo letto: diciamo 'm' questa lunghezza poiché, nell'appa­recchio della volta, essa si ripropone ad ogni meridiano ed è costante con buona approssimazione. Tutto ciò non significa, naturalmente, che 'p' ed 'm' debbano essere eguali, anzi è nelle ipotesi che essi possano differire, come, in genere, differisco­no, sia pur leggermente, gli spessori della malta dei giunti orizzontali e verticali nella mura tura ordinaria.

Se ora pensiamo di attribuire un valore 'zero', iniziale ai parametri a e 13, le [I] danno le coordinate del primo vertice della spezzata. Le coordinate del secondo vertice si possono ottenere incrementando l'angolo a di un valore oa che è dato, in radianti, dal rapporto tra il segmento 'p' e il raggio del parallelo corrispondente. Analogamente, le coordinate del terzo vertice si possono ottenere incrementando a del valore che si è detto, e 13 di un valore OB che è dato dal rapporto tra il segmento 'm'è il raggio del meridiano corrispondente.

Debbono essere fatte, tuttavia, due precisazioni. La prima: in questa ipotesi, si sostituiscono alle lunghezze

degli archi sottesi dallo spigolo del mattone e dalla malta, le lunghezze oggettive dei due segmenti. D'altronde, mettendo a confronto la misura dello spessore di un mattone o di un giunto di malta con il raggio dell'intera struttura, si vede come la differenza tra l'arco e il segmento che lo sottende sia, di fatto, trascurabile e quindi praticabile questa scorciatoia, che rende più agile il nostro ragionamento.

La seconda: il raggio del meridiano è costante, quale che sia il meridiano preso in esame, dato che tutti i meridiani sono circoli massimi di sfera, ovvero semicircoli massimi della nostra cupola. Viceversa il raggio del parallelo non è costante,

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Figg. ],4 - Restituzione assonometrica e planimetrica del/' apparecchio murario a "sPinapesce" della cupola di S imon Mago nella basilica di S. Pietro

. in Vaticano. La curva che prosegue oltre /'oculus,fino al cervello ideale della cupola, è una "sPirale d'Archimede" elaborata teoricamente, singolare coincidenza tra artificio costruttivo e proporzione geometrica. I grafici sono stati ottenuti con il tracciatore automatico (plotter) presso il laboratorio di fotogrammetria del Dipartimento di Rappresentazione e Rilievo dell'Univer­sità di Roma" La SaPienza".

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ma si riduce, di mano in mano che si sale dall'equatore al cervello della cupola. Più precisamente, il raggio di un parallelo è dato dal prodotto del raggio della sfera per il coseno della latitudine relativa, cioè da Cr cosB).

Ciò detto possiamo concludere che le coordinate di un vertice qualsiasi 'n' dello spina pesce, sono date dalle [I] ove si applichino i parametri:

an = ~,n (ia

Bn = ~,n M

dove (iB è semplicemente,

M = mlr

mentre (ia è

(ia = pl Cr cosB).

Com'è noto, gli elaboratori elettronici si prestano partico­larmente ai calcoli di tipo incrementale, i cui passi possono essere ripetuti un gran numero di volte in tempi brevissimi. Si può dunque simulare la costruzione di uno 'spinapesce', calcolando, con le formule di cui sopra, le coordinate di ciascun vertice della spezzata e rappresentano poi il risultato, in forma analogica, cioè grafica, sullo schermo o sul tracciato­re automatico (plotter). Ma è anche possibile sovrapporre lo spinapesce 'calcolato' o 'simulato' a quello ottenuto per via fotogrammetrica e ciò permette di verificare immediata­mente la fedeltà del modello matematico al manufatto. Né va trascurata la comodità offerta dal plotter di seguire l'elegante disegno dello 'spinapesce' nello spazio, costruen­do e disegnando, sempre automaticamente, una vista asso­nometrica.

La simulazione permette, infine, di seguire l'andamento della curva fino al cervello della cupola ed oltre, estendendola anche ad una supeficie sferica completa e di variare i parametri 'p' ed 'm' a piacimento per verificare gli effetti di una differenza negli spessori della malta. Se invece che p ed m si usano i valori p* = p + a e m* = m + a, dove a è una grandezza aleatoria a media nulla e distribuzione nota, che viene estratta ad ogni passo, si può anche introdurre nella simulazione numerica la lieve incostanza degli spessori di mattoni e malta.

15°

Da ultimo vogliamo esaminare la parentela tra la proiezione dello spinapesce sul piano d'imposta e la spirale d'Archimede. Questa spirale si può descrivere con l'equazione:

r = ka o

ponendo, cioè, in proporzionalità diretta il raggio vettore ro e l'angolo a, il che è come dire se si volesse tracciare la curva partendo dalla linea d'imposta per procedere verso il centro, occorrerebbe ridurre ro di quantità costanti, la cui somma è direttamente proporzionale all'angolo a considerato. Ora, se si proietta lo spinapesce sul piano d'imposta, il raggio vettore ro della proiezione di detta curva, è dato, come abbiamo visto, da Cr cosB) e, di conseguenza, si riduce, dalla periferia al centro, di una quantità che non è direttamente proporzionale ad a. Il che può essere verificato, ancora una volta, nella forma grafica.

Vorremmo concludere con una osservazione che non è più di natura geometrica.

Forme complesse e seducenti come quelle dello spinapesce a doppio ordine di nervature, che abbiamo presentato, facil­mente possono indurre a credere in un artifizio costruttivo complesso ed anche, forse, nell'intervento di qualche esoterica proporzione, tra quelle, innumerevoli, che da sempre affasci­nano l'animo umano.

Non sempre è cosÌ. Se si riguarda a quel laborioso intreccio come ad una forma naturale, come, ad esempio, a certe strutture simmetriche d'organismi marini, che sono sovente il risultato della composizione nello spazio, di forze e leggi fisiche semplicissime, allora, pensiamo, è forse più facile credere alle nostre conclusioni. Qui le leggi fisiche e geometri­che, che entrano in gioco, sono, appunto, soltanto due e semplicissime:

la prima è la "legge della randa", quella, cioè per cui lo strumento usato dal muratore per dare ad ogni mattone la giusta distanza dal centro, descrive appunto la sfera come luogo geometrico, materializzandone un'astratta defini­zione; la seconda, sovrapposta alla prima, è tutta in quell'alter­nanza regolare di mattoni in piano e di mattoni a coltello.

Null'altro, ed il risultato formale è tanto più prezioso, quanto più immediata e naturale è la sua generazione nello spazio.

Riccardo Migliari