Dispense Diritto Tributario

download Dispense Diritto Tributario

of 121

Transcript of Dispense Diritto Tributario

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    1/321

    1

    GIUSEPPE INGRAO

    Dispense di Diritto tributario

    Per l’insegnamento di Diritto tributario 6 CFU nel corso di laurea magistralein Giurisprudenza e nel corso di laurea triennale in Economia e commercio.

    30/09/2015

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    2/321

    2

    !"#$%&'& )*$+& ," -&.$&-/ 0$ %*$12%& 

    !"#$%&'& 3/4&-0& ,/ 5&-%$ 0/' 0$*$%%& / $ #*$-4$#$ 4&3%$%2.$&-"'$ $- +"%/*$"%*$12%"*$" 

    !"#$%&'& %/*.& 6-%/*#*/%".$&-/ /0 /55$4"4$" 0/''/ '/77$ %*$12%"*$/ 

    !"#$%&'& 82"*%& ," 5"%%$3#/4$/ 7$2*$0$4" %*$12%"*$"9 /'/+/-%$ &77/%%$:$ /3&77/%%$:$ 

    ;/.$&-/ 6< ='/+/-%$ &77/%%$:$$+#&3%" 32' */00$%& 0/''/ #/*3&-/ 5$3$4?/ ;/.$&-/ 6< @$3#&3$.$&-$ 7/-/*"'$ $- +"%/*$" 0$ $+#&3%" 32' */00$%& 0/''/

    #/*3&-/ 5$3$4?/6A=;$+#&3%" */7$&-"'/ 32''/ "%%$:$%C #*&02%%$:/ 

    !"#$%&'& -&-& ,>$+#&3%" 0$ */7$3%*& / '>$+#&3%" 32''/ 3244/33$&-$ /0&-".$&-$ 

    !"#$%&'& 0/4$+& ,>"%%2".$&-/ 0/' %*$12%&9 0$4?$"*".$&-/B "44/*%"+/-%& /

    *$34&33$&-/ 

    ;/.$&-/ 6< )*&5$'$ 7/-/*"'$"2%&%2%/'" ;/.$&-/ D66< ," *$34&33$&-/ 4&"%%$:"

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    3/321

    3

    Indice

    Capitolo primo

    La nozione di tributo 1. Il tributo: dalla concezione restrittiva a quella estensiva. - 1.1 Le erogazioni liberalial settore no profit  quale metodo di concorso alla spesa pubblica - 2. L’imposta qualetributo con funzione solidaristica. – 3. La tassa quale tributo paracommutativo. - 4. Imonopoli fiscali. - 5. Il c.d. tributo ambientale.

    Capitolo secondo Le fonti del diritto e i principi costituzionali in materia tributaria1. Le fonti interne. - 2. Le fonti comunitarie. – 3. Il principio costituzionale della ri-serva di legge. – 3.1 Segue: il carattere relativo della riserva di legge. - 4. I principi co-stituzionali della capacità contributiva e della progressività del sistema tributario. – 5

    Segue: tutela del minimo vitale e divieto dell’imposta “confiscatoria”. – 6. Segue: at-tualità ed effettività della capacità contributiva. - 7. Le agevolazioni fiscali e la lorocompatibilità con il principio della capacità contributiva. – 8. I condoni fiscali e la lo-ro illegittimità costituzionale.

    Capitolo terzoInterpretazione ed efficacia delle leggi tributarie1. Le leggi tributarie: considerazioni generali. - 1.1 Segue: le peculiarità delle leggi tri-butarie. - 2. L’interpretazione delle leggi tributarie. - 2.1 Segue: il criterio letterale. -2.2 Segue: il criterio logico. - 2.3 Segue: i soggetti dell’interpretazione. - 2.4 Segue: il

    rinvio a leggi e istituti extratributari e il riferimento a concetti utilizzati dalle scienzeeconomico aziendali. - 3. L’analogia nel diritto tributario. - 4. L’attività interpretativadell’A.F.: circolari e risoluzioni ministeriali. La tutela della buona fede del contribuen-te. – 5. L’interpello quale primo momento di partecipazione del contribuenteall’attività impositiva. - 6. Efficacia delle leggi tributarie nello spazio: la territorialitàdell’imposizione. - 7. Efficacia delle leggi tributarie nel tempo: l’irretroattività e la ces-sazione degli effetti a seguito di abrogazione o incostituzionalità.

    Capitolo quarto La fattispecie giuridica tributaria: elementi oggettivi e soggettiviSezione I. Elementi oggettivi. 1. La fattispecie giuridica tributaria e i suoi effetti: la costi-

    tuzione dell’obbligazione tributaria. - 2. Il presupposto di fatto o fattispecie imponibi-le. - 3. L’ampliamento del presupposto: le assimilazioni. - - Sezione II. Elementi soggettivi.1. La soggettività tributaria. - 2. I soggetti attivi. - 3. I soggetti passivi. - 3.1 La giusti-ficazione della soggettività tributaria degli enti collettivi ed in particolare di quelli noprofit. - 4. La solidarietà tributaria tipica o paritetica. - 5. Il responsabile d’imposta. -5.1. Segue: il ruolo del notaio nell’applicazione dei tributi. - 6. Il sostituto d’imposta. -7. Gli eredi del contribuente.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    4/321

    4

    Capitolo quintoL’imposta sul reddito delle persone fisiche(Andrea Buccisano) 

    Sezione I. Disposizioni generali in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche. 1. Fattispe-cie imponibile e periodo d’imposta. - 2. Soggetti passivi e residenza fiscale. - 3. Red-dito complessivo e base imponibile. - 4. Deduzioni dal reddito e detrazionidall’imposta lorda. - 5. Imposta netta, crediti d’imposta ed acconti. - 6. Società di per-sone e principio di trasparenza. - 7. Redditi tassati separatamente. 8. Applicazionedell’imposta ai non residenti. - Sezione II. Redditi fondiari, di capitale, di lavoro e diversi. 1.Redditi fondiari. - 1.1 La non imponibilità ai fini Irpef degli immobili assoggettati adImu. - 2. Redditi di capitale. - 2.1. Definizione e regole generali. 2.2. Redditi di capita-le derivanti da rapporti di finanziamento. - 2.3. Redditi di capitale derivanti dalla par-tecipazione in società. - 3. Redditi di lavoro dipendente. - 3.1. Definizione e fattispe-cie assimilate. - 3.2. Determinazione del reddito di lavoro dipendente ed esclusioni. -

    4. Redditi di lavoro autonomo. - 4.1. Definizione della categoria. - 4.2. Regole di de-terminazione. - 5. Redditi diversi. - 5.1. Caratteri generali della categoria. - 5.2. Plu-svalenze da cessione di immobili. - 5.3. Plusvalenze da cessione di partecipazioni so-cietarie ( capital gains  ). - 5.4. Altri redditi diversi. - Sezione III. Reddito d’impresa. 1. Criteriidentificativi del reddito d’impresa. - 2. Determinazione del reddito d’impresa: rinvio.

    Capitolo sestoL’imposta sul reddito delle società(Giuseppe Ingrao e Melo Martella) Sezione I. Profili generali dell’IRES . 1. Considerazioni introduttive. - 2. Presupposto esoggetti passivi. - 3. La residenza e la commercialità dei soggetti passivi. - 4. La de-

    terminazione della base imponibile. - 4.1 Gli enti commerciali e le società di capitaleresidenti. - 4.2 Società ed enti non residenti. - 5. Gli enti non commerciali - 6. Le or-ganizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). - 7. Il periodo d’imposta. - 8.

     Aliquote ed agevolazioni. - 9. L’abrogazione del credito d’imposta e l’introduzionedel regime di non imponibilità dei dividendi. - 10. La tassazione dei dividendi tran-sfrontalieri in entrata e in uscita. - 11. La participation exemption : l’esenzione delle plu-svalenze da cessioni di partecipazioni. - 12. Il consolidato nazionale. - 13. Il consoli-dato mondiale. - 14. La tassazione per trasparenza delle società di capitali. - 15. Latassazione per trasparenza delle piccole società a responsabilità limitata. Sezione II. Ladeterminazione del reddito d’impresa . 1. Il ruolo del bilancio nella determinazione del red-dito d’impresa. - 2. Principi generali di determinazione del reddito d’impresa. - 3. I

    componenti positivi: i ricavi. - 4. Segue : le plusvalenze patrimoniali. - 5. Segue : le so-pravvenienze attive. - 6. Le rimanenze di materie prime e di merci. - 7. I componentinegativi: gli interessi passivi. - 9. Segue : l’ammortamento dei beni materiali e immate-riali. - 10. Segue : le spese ad utilità pluriennale.

    Capitolo settimoL’imposta sul valore aggiunto(Francesco De Domenico)1. L’Iva quale imposta sul consumo . - 2. Le operazioni imponibili: cessione di beni eprestazioni di servizi. - 2.1. Le importazioni. - 3. La territorialità del tributo. - 4. Clas-sificazione delle operazioni ai fini Iva. - 4.1. Operazioni imponibili. - 4.2. Operazioni

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    5/321

    5

    non imponibili. - 4.3. Operazioni esenti. - 4.4. Operazioni escluse. - 5. Meccanismoimpositivo dell’Iva: detrazione e rivalsa. Neutralità del soggetto passivo. - 5.1. Limitial diritto di detrazione - 6. Effettuazione delle operazioni. - 7. Base imponibile ed ali-

    quote. - 8. Volume d’affari. - 9. Adempimenti formali e sostanziali. - 9.1. Fatturazionedelle operazioni. - 9.2. Registrazione delle operazioni e liquidazioni periodiche deltributo. - 9.3. Le dichiarazioni. - 10. Le operazioni intracomunitarie 

    Capitolo ottavoL’imposta regionale sulle attività produttive 1. Presupposto, soggetti passivi e aliquota dell’Irap. - 2. Differenze tra Imposta sulreddito e Irap. I dubbi di legittimità costituzionale del tributo. - 3. La determinazionedel valore della produzione netta. - 4. L’applicabilità dell’Irap ai professionisti e alleimprese ove manca l’organizzazione.

    Capitolo nonoLe imposte di registro e di successione e donazione 1. L’imposta di registro. - 1.1 Registrazione in termine fisso, in caso d’uso e volonta-ria. – 1.2 Regole di applicazione del tributo. - 1.3 Base imponibile. - 2. L’imposta sullesuccessioni e donazioni.

    Capitolo decimo L’attuazione del tributo: dichiarazione, accertamento e riscossione Sezione I. Profili generali. 1. L’attuazione del tributo: dalla dichiarazione del contribuenteall’atto impositivo dell’Ufficio. - 2. Il carattere vincolato dell’attività impositiva. - 3.L’evoluzione verso un modello consensuale di attuazione del prelievo fiscale. - 4.

    L’evasione fiscale e la necessità di distinguere le categorie dei contribuenti per svolge-re efficacemente l’azione di controllo dell’Amministrazione finanziaria. - Sezione II. Ladichiarazione . 1. Il contenuto e i termini di presentazione. - 2. La natura giuridica e glieffetti - 3. La ritrattabilità (dichiarazione integrativa) e il ravvedimento operoso. - 4. Il

     versamento dei tributi risultanti dalla dichiarazione. - 5. Segue: la compensazione fi-scale. - Sezione III. La fase istruttoria . 1. Il controllo delle dichiarazioni tributarie. - 2. Laliquidazione e il controllo formale. - 3. Il controllo sostanziale: profili generali. - 3.1Segue: attività conoscitiva e poteri istruttori degli Uffici impositori. - 3.2 Segue: ac-cessi, ispezioni e verifiche. - 3.3 Segue: le indagini bancarie e finanziarie. - 4. Il pro-cesso verbale di constatazione. Sezione IV. Tipologie di accertamento tributario. 1. Cenniintroduttivi. - 2. L’accertamento analitico delle persone fisiche. - 2. 1 Segue: e di quel-

    le obbligate alla tenuta di scritture contabili. - 3. L’accertamento sintetico delle perso-ne fisiche. - 4. L’accertamento sintetico dei soggetti obbligati alla tenuta di scritturecontabili. - 5. L’accertamento d’ufficio. - 6. L’accertamento parziale. - 7.L’accertamento operato tramite gli studi di settore. - 8. L’accertamento integrativo emodificativo. - 9. Il contrasto dell’elusione fiscale e dell’abuso del diritto. - 10. I rap-porti tra le differenti procedure di accertamento. - 11. Il contraddittorionell’accertamento tributario. - Sezione V. L’avviso di accertamento. 1. L’avviso di accer-tamento quale atto provvedimentale. - 1.1 Segue: il dispositivo e la motivazione. - 2.La notificazione degli avvisi di accertamento. - 3. La decadenza dell’azione impositivatra termini ordinari e raddoppiati. Il consolidamento dell’eventuale situazione credi-toria. - 4. La riscossione di tributi e sanzioni risultanti dagli avvisi di accertamento.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    6/321

    6

    Riscossione definitiva e provvisoria. - 5. L’accertamento con adesione. - Sezione VI.Le patologie dell’avviso di accertamento e l’autotutela. 1. I vizi degli atti impositivi tra nullità eirregolarità. – 2. La tutela giurisdizionale differita avverso le autorizzazioni e gli altri

    atti endoprocedimentali previsti per lo svolgimento dell’attività conoscitiva. - 3.L’autotutela. - 4. La sostituzione dell’avviso di accertamento per l’eliminazione dei vizi formali. - Sezione VII. La riscossione coattiva . 1. Il soggetto preposto all’attività diriscossione coattiva: Equitalia. - 2. L’espropriazione forzata nella dinamica della ri-scossione dei tributi. - 3. L’ipoteca sugli immobili. - 4. Il fermo dei beni mobili regi-strati. - Sezione VIII. Il rimborso. 1. Classificazione delle situazioni creditorie del contri-buente. - 2. Il procedimento di rimborso dei versamenti indebiti.

    Capitolo undicesimo Le sanzioni tributarie 1. Il ruolo delle sanzioni nel sistema fiscale - 2. Le sanzioni amministrative: principio

    di legalità e del  favor rei . La personalizzazione della responsabilità. - 3. Violazioni so-stanziali e formali: conseguenze sanzionatorie. - 4. La necessaria proporzionalità dellasanzione pecuniaria al tributo evaso. - 5. Le cause di non punibilità. - 6. Concorso di

     violazioni e applicazione del cumulo giuridico in luogo di quello materiale. - 7. I pro-cedimenti di irrogazione delle sanzioni pecuniarie. - 8. Le sanzioni penali e il princi-pio di specialità.

    Capitolo dodicesimo Il processo tributario1. Il ruolo del giudice tributario. - 2. Il reclamo e la mediazione. - 3. Le Commissionitributarie, l’oggetto della giurisdizione e le parti del processo. - 4. Onere della prova e

    poteri delle Commissioni tributarie. - 5. Gli atti impugnabili. - 6. Il ricorso e la costi-tuzione in giudizio delle parti. - 7. La trattazione della controversia. - 8. La sospen-sione cautelare dell’atto impugnato. - 9. La conciliazione giudiziale. - 10. Le impugna-zioni in generale e la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata. - 10.1.L’appello. - 10.2. Il ricorso per cassazione. - 10.3. La revocazione. - 11. L’esecuzionedelle sentenze tributarie e il giudizio di ottemperanza.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    7/321

    7

    Capitolo Primo La nozione di tributoSommario: 1. Il tributo: dalla concezione restrittiva a quella estensiva. - 1.1 Le eroga-zioni liberali al settore no profit   quale metodo di concorso alla spesa pubblica - 2.

    L’imposta. - 3. La tassa. - 4. I monopoli fiscali. - 5. Il c.d. tributo ambientale

    1. Il tributo: dalla concezione restrittiva a quella estensiva.Il tributo, da un punto di vista economico, rappresenta la più rilevante tipolo-

    gia di mezzi finanziari di cui si dota lo Stato per il sostenimento della spesa pubblica.La finalità tipica del tributo è, quindi, quella di finanziare la spesa pubblica.

    I tributi rientrano nell’ambito delle c.d. entrate di diritto pubblico (tra cui ci-tiamo le sanzioni, le confische, le prestazioni previdenziali, le prestazioni amministra-tive, etc.), cioè quelle entrate che trovano fonte in una norma di legge; la caratteristicaprincipale di tali entrate è la coattività ( iure imperii  ), in quanto non rileva la volontà delsoggetto passivo ai fini della corresponsione della prestazione patrimoniale.

    Le spese pubbliche vengono, altresì, finanziate, sia pur in modo marginale,con entrate di diritto privato ( iure gestionis  ), quali affitti, concessioni, vendite ed altriproventi derivanti dai beni patrimoniali dello Stato, somme incassate per lotterie esimili, proventi derivanti dall’esercizio diretto di attività economiche, etc. Tali entratetrovano fonte in un contratto e quindi si caratterizzano per la sinallagmaticità delrapporto: alla decurtazione patrimoniale del soggetto corrisponde una specifica utilitàacquisita. È evidente che la volontà del soggetto diventa elemento essenziale perl’acquisizione di tali entrate.

    I tributi, come detto, rispondono alla finalità di finanziare la spesa pubblica;non di rado, tuttavia, si assiste al loro utilizzo per finalità avulse rispetto a quella tipi-ca (c.d. finalità extratributarie). Ad esempio si può utilizzare un tributo per orientare i

    contribuenti verso alcuni consumi o investimenti (detassandoli), piuttosto che altri(tassandoli in modo aggravato), ovvero per perseguire l’obbiettivo di disincentivare laproposizione di controversie (si pensi all’incremento del c.d. “contributo unificato”che deve essere corrisposto per rivolgersi al giudice), etc.

    In alcuni casi, l’utilizzo dei tributi per finalità extrafiscali è ammesso a condi-zione che si rispetti il principio della capacità contributiva, e quindi che esso non tra-smodi in una sorta di sanzione. Ad esempio un aggravio di tassazione per le c.d. so-cietà di comodo o per le imprese che operano in settori ritenuti socialmente riprove-

     voli è legittimo nella misura in cui vi sia a monte una maggiore capacità economica datassare, altrimenti saremmo di fronte ad una sanzione, che deve essere ispirata a crite-ri giuridici autonomi rispetto a quelli che governano i tributi.

    Ciò detto, dobbiamo evidenziare che la nozione e la funzione del tributo si ètrasformata nel tempo in relazione all’evoluzione del concetto di Stato. Nello Statoliberale ottocentesco, il tributo veniva concepito come corrispettivo dell’attività svol-ta dall’ente pubblico. Il tributo era, quindi, equiparabile ai prezzi corrisposti dai sog-getti per usufruire dei servizi offerti dai privati. L’accostamento del tributo al prezzoper i consumi privati è, però, da intendere in modo generico, in quanto per i servizipubblici manca un mercato di riferimento ove si forma il prezzo.

     A quell’epoca, peraltro, la tutela dei diritti individuali era preminente rispettoalla tutela degli interessi collettivi, ed in questa prospettiva si registrava un interventostatale limitato ai servizi di difesa, polizia e giustizia, con conseguente compressionedel prelievo fiscale. I tributi si pagavano sugli “averi” e i servizi pubblici servivano a

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    8/321

    8

    salvaguardare il godimento dei medesimi “averi”. Inoltre, la spesa pubblica veniva inbuona parte finanziata con le entrate di diritto privato (c.d. finanza patrimoniale).

    Con l’avvento dello Stato sociale del secondo Novecento, il tributo ha assun-

    to una funzione del tutto differente, in quanto è ispirato ai concetti di solidarietà e digiustizia distributiva. Si è perso, quindi, il riferimento specifico all’utilità acquisita dalcontribuente grazie ai servizi erogati dallo Stato. La prestazione patrimoniale del con-tribuente è finalizzata a garantire un’esistenza libera e dignitosa a tutti i componentidella collettività e più in generale a realizzare le finalità di solidarietà economica con-naturate allo Stato sociale.

    L’attuale assetto costituzionale, come è noto, oltre a tutelare la proprietà, qua-le espressione della libertà individuale, garantisce i diritti inviolabili del cittadino (ildiritto al lavoro, alla libertà economica, alla salute, all’istruzione, all’assistenza sociale,alla sicurezza, all’ambiente, etc.) sia come singolo, sia nelle formazioni sociali (art. 2),ma a tal fine richiede l’adempimento dei doveri di solidarietà economica politica e so-

    ciale. È evidente che l’ampliamento dell’intervento dello Stato, finalizzato appunto adassicurare la tutela dei predetti diritti, ha comportato un netto incremento della spesapubblica finalizzata all’erogazione delle prestazioni sociali ed in conseguenza dellacontribuzione, incidendo sul diritto di proprietà dei consociati (c.d. finanza tributa-ria).

     Assunto, quindi, il collegamento tra tributi, collettività e spesa pubblica, ècondivisibile l’affermazione secondo cui “pagare i tributi vuol significare comprareciviltà” (Oliver Wendell Holmes); ma ciò a condizione che la spesa pubblica sia effi-ciente, altrimenti potrebbe sostenersi che “evadere i tributi significa non voler ali-mentare gli sprechi”.

    Orbene, negli anni passati non si è avvertita la necessità di individuare i con-

    fini giuridici del tributo perché il termine tributo non veniva menzionato nelle fatti-specie normative. Si procedeva, infatti, a una mera classificazione delle entrate tribu-tarie in imposte, tasse, contributi e monopoli fiscali.

    Più di recente, l’esigenza di definire la nozione di tributo è stata fortementeavvertita, in quanto detto termine è stato selezionato nell’ambito di alcune norme siacostituzionali che ordinarie. Con riguardo alla Costituzione, si pensi all’art. 75, chedispone il divieto di abrogazione mediante referendum per le leggi tributarie (comediremo più avanti le leggi tributarie non sono solo quelle istitutive dei tributi, ma an-che quelle connesse alla loro attuazione); all’art. 81, che vieta l’istituzione di nuovitributi con la legge di approvazione del bilancio; all’art. 14 che ritiene legittime le de-roghe al principio dell’inviolabilità del domicilio per accertare l’evasione di tributi.

    Il termine tributo, come detto, è stato selezionato anche in alcune norme or-dinarie. Tra queste citiamo l’art. 3 dello Statuto dei diritti del contribuente che vietal’istituzione di nuovi tributi con decreto legge; la legge n. 241/90, che dispone che ildiritto di accesso agli atti del procedimento amministrativo non trova applicazioneper i procedimenti tributari; il d.lgs. n. 472/97 che disciplina il procedimento sanzio-natorio per le violazioni di norme che disciplinano i tributi; i d.p.r. n. 600 e n. 602 del1973, che disciplinano l’accertamento e la riscossione dei tributi.

    La norma che ha consacrato definitivamente l’importanza della categoria giu-ridica del tributo è rappresentata dall’art. 2, d.lgs. n. 546/92, in tema di processo tri-butario, che specificamente individua l’oggetto della giurisdizione delle Commissionitributarie nei “tributi di ogni genere e specie, comunque denominati”.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    9/321

    9

    Mancando una definizione normativa, la giurisprudenza ha identificato i con-fini della nozione di tributo, in relazione all’operatività delle suddette norme.

    In particolare, la giurisprudenza costituzionale, nelle pronunce con cui ha af-

    frontato il tema dell’applicabilità a determinate prestazioni patrimoniali dell’art. 23(per cui diviene necessario l’intervento della legge) e dell’art. 53 (per cui diviene ne-cessario parametrare la prestazione patrimoniale in relazione alla capacità contributi-

     va) ha offerto un importante contributo alla creazione di una nozione di tributo.Secondo la Corte Costituzionale, può considerarsi tributo quella prestazione

    patrimoniale qualora:a) sia prelevata in modo coattivo (doverosità della prestazione), e quindi resa

    dal cittadino/contribuente in assetto non sinallagmatico;b) determini una decurtazione definitiva del patrimonio del soggetto;c) sia finalizzata al sostenimento della spesa pubblica.Originariamente la giurisprudenza tendeva a far coincidere la nozione di tri-

    buto con quella di prestazione imposta; ma successivamente ha posto in luce che ciòche caratterizza il tributo, e lo differenzia rispetto alle altre prestazioni imposte, è ilsuo essere specificamente finalizzato al sostenimento della spesa pubblica, cioè di unaspesa di interesse collettivo. Non tutte le prestazioni imposte, quindi, hanno caratteretributario, ma solo quelle con cui si intende attuare il concorso alla spesa pubblica, inchiave essenzialmente solidaristica (aspetto che non è presente nelle altre prestazioniimposte quali sanzioni, confische, prestiti forzosi, etc.).

    La Consulta ha, altresì, chiarito che la coattività della prestazione - che neces-sariamente presuppone l’esistenza di una legge o di un provvedimento autoritativo -può riferirsi sia alla sua fonte, sia alla determinazione del contenuto e delle modalitàattuative. Si è così estesa la nozione di tributo anche a prestazioni patrimoniali scatu-

    renti da un vincolo contrattuale, ove però la fissazione del quantum dovuto  avvengamediante un atto autoritativo. L’estensione in parola riguarda in particolare quelleprestazioni patrimoniali che rappresentano un corrispettivo per fruire di un servizioessenziale ai bisogni della vita, qualora il contenuto dell’obbligo sia prefissato unilate-ralmente.

    Nonostante, nel caso di obbligazioni contrattuali, il cittadino non sia tenutoad accedere al servizio e quindi possa non subire la prestazione patrimoniale, la Corteha evidenziato che tale libertà è meramente formale, in quanto detta scelta comporte-rebbe una rinuncia ad un bisogno essenziale (ci si trova di fronte ad una c.d. imposi-zione di fatto). Lo squilibrio di forza contrattuale tra le parti giustifica la presenza diun atto autoritativo per quantificare la prestazione patrimoniale posta a carico del

    soggetto per usufruire di quel determinato servizio. L’atto autoritativo non disciplinala fonte dell’obbligazione, che resta il contratto, ma la quantificazione della prestazio-ne patrimoniale, potendo per il resto trovare spazio la regolamentazione negoziale.

    Con riguardo ai monopoli fiscali, in particolare, la fonte della prestazione èrappresentata dal contratto, ma i prezzi vengono predeterminati autoritativamente,risultando così legittimamente ascrivibili alle prestazioni imposte di natura tributaria.

    La giurisprudenza costituzionale ha, inoltre, precisato che la qualificazione diuna prestazione patrimoniale come tributo non è preclusa dalla natura privata delsoggetto che acquisisce le somme di danaro, qualora sia connessa all’erogazione di unservizio pubblico (come nel caso del Canone Rai, di cui si è appunto affermata la na-

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    10/321

    10

    tura tributaria nonostante gli introiti confluiscono alla Rai spa, ovvero dei contributicorrisposti ai consorzi di bonifica).

    In definitiva, ciò che rileva per l’individuazione del tributo, sono la coattività

    del prelievo e gli aspetti finalistici della prestazione coattiva del consociato, cioè quelliattinenti alla connotazione al finanziamento concorsuale della spesa pubblica. Tutta- via i predetti requisiti sono presenti con una intensità differente nelle varie prestazio-ni tributarie: nelle tasse, infatti, il requisito della coattività è meno marcato rispettoalle imposte, posto che la corresponsione è connessa alla fruizione di una attivitàpubblica.

     Anche il requisito della finalizzazione del prelievo al sostenimento della spesapubblica può essere diversamente graduato: i tributi doganali, ad esempio, hannol’obiettivo non solo di acquisire una entrata, ma altresì di limitare l’ingresso di merciprovenienti da paesi terzi.

     Va poi evidenziato il contributo della Corte di Cassazione alla definizione di

    tributo. Essa, infatti, allineandosi all’indirizzo della giurisprudenza costituzionale, haaffermato la natura tributaria (e contestuale devoluzione delle controversie alleCommissioni tributarie) di prestazioni patrimoniali quali i diritti che vengono an-nualmente versati dalle imprese alle Camere di commercio (c.d. diritti camerali), ov-

     vero le quote associative che vengono versate agli ordini professionali per l’iscrizioneagli albi (avvocati, commercialisti, architetti, etc.). Si tratta di prestazioni doverose,finalizzate al sostenimento di spese pubbliche (Cass. SS.UU. n. 10469/2008 e n.1782/2011).

    La giurisprudenza amministrativa ha, altresì, contribuito, sia pure in modo piùridotto, alla definizione della nozione di tributo. Ad esempio è stata negata natura tri-butaria alle prestazioni patrimoniali, previste da una fonte legislativa, corrisposte per

    il transito in zone a traffico limitato, sul presupposto che esse non rappresentano unaforma di contribuzione alla spesa dell’ente locale, ma sono prestazioni finalizzate adisincentivare il traffico veicolare in zone particolarmente sensibili (Tar Lazio n.3132/2010; Cass. n. 5348/2011).

     Anche in dottrina si è registrata una evoluzione della nozione di tributo. Ini-zialmente, e sotto l’influsso della dottrina tedesca, si tendeva ad identificare il tributocon l’imposta, escludendo quelle prestazioni patrimoniali consistenti in tasse, contri-buti, tariffe , canoni, etc. Il diritto tributario veniva identificato con il diritto delle im-poste. L’evoluzione normativa ha, però, indotto la dottrina più recente ad ampliare ilconcetto di tributo, includendo anche quelle prestazioni di carattere paracommutati-

     vo, quali le tasse e le tariffe, ove, però, i connotati tipici del tributo diventano più de-

    boli. Nonostante lo sforzo fatto da dottrina e giurisprudenza per definire la nozio-ne giuridica di tributo, non v’è dubbio che, muovendoci nell’ambito delle scienze so-ciali, non è sempre possibile tracciare nette linee di demarcazione tra ciò che è tributoe ciò che non lo è. L’Irpef è un tributo, il canone di locazione di un bene pubblico èun corrispettivo di diritto privato. Ma tra queste ipotesi estreme vi sono tanti casi diprestazioni patrimoniali la cui natura è discutibile. Si pensi alla cd. Tari (tariffa con-nessa al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani) ed al Canone comunalesulla pubblicità, per citare due casi di recente affrontati dalla Corte Costituzionale acui è stata riconosciuta natura di tributo, nonostante, per alcuni aspetti, potevanoqualificarsi come corrispettivi per la prestazione di un pubblico servizio.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    11/321

    11

    Si discute, infine, se la nozione di tributo includa anche quelle ipotesi che sisostanziano in un risparmio di spesa pubblica attuato mediante una riduzione dellaretribuzione dei pubblici dipendenti in generale, realizzata ad esempio attraverso il

    blocco degli scatti di anzianità, ovvero di alcune categorie di pubblici dipendenti, co-me nel caso della riduzione dei trattamenti economici complessivi spettanti ai magi-strati. La questione non è meramente teorica, in quanto si è sostenuto che i provve-dimenti normativi che hanno disposto i predetti “tagli di spesa” siano discriminatori,in quanto colpiscono solo le retribuzioni del settore del pubblico impiego e non an-che quelle dell’impiego privato (e quindi violino il principio dell’universalitàdell’imposizione fiscale), ed inoltre che impongano un sacrificio di tipo regressivo, inquanto colpiscono maggiormente i soggetti neo-assunti rispetto a quelli aventi nume-rosi anni di anzianità (e quindi violino il principio della progressivitàdell’imposizione). La Corte costituzionale nel primo caso (Corte Cost. sent. n.178/2015) ha negato la natura tributaria del taglio della retribuzione, nel secondo ca-

    so la ha riconosciuta (Corte Cost. sent. n. 223/2012).Posto che non è possibile trarre conclusioni generalizzate per i “tagli di spesapubblica” attuati mediante riduzione degli stipendi dei pubblici dipendenti, in quantobisogna appurare caso per caso la struttura del provvedimento, non ci possiamo esi-mere dal notare che la riduzione dello stipendio dei pubblici dipendenti rappresenti,più che un esercizio della potestà impositiva dello Stato, un intervento adottato dalloStato in qualità di “datore di lavoro” del dipendente/contribuente. Ed infatti, il pre-lievo fiscale è qualcosa che interviene ex post rispetto ad un fatto economico acquisitonella sfera giuridico-patrimoniale del soggetto; le riduzioni stipendiali, invece, inter-

     vengono a monte rispetto alla realizzazione del fatto fiscalmente rilevante (la titolaritàgiuridica del reddito di lavoro dipendente). La causa della riduzione della retribuzione

    si deve ravvisare, quindi, nella disciplina del rapporto di lavoro e nonnell’adempimento di una obbligazione tributaria.Il fatto però che nel pubblico impiego il datore di lavoro sia lo stesso sogget-

    to che può imporre anche prestazioni tributarie e che dal punto di vista sostanziale lariduzione della retribuzione ha effetto equivalente rispetto alla richiesta di un tributo(percepire  ! 100.000 e versare un tributo aggiuntivo dell’Irpef di 10.000, ovvero per-cepire direttamente  ! 90.000, su cui applicare l’Irpef, cambia poco) ingenera una certaconfusione, e non a caso la Corte costituzionale, con evidenti forzature frutto di unapproccio più politico che giuridico, ha assegnato qualifica tributaria alle riduzioni distipendio dei magistrati, dichiarando così incostituzionale il provvedimento per viola-zione dell’art. 53 Cost. (i giudici delle leggi, per non imbattersi sulle problematiche

    della lesione delle prerogative della magistratura, hanno dichiarato l’incostituzionalitàdel taglio stipendiale evocando un argomento che l’opinione pubblica, nonché i giuri-sti che non si occupano specificamente di diritto tributario, difficilmente riescono acontrobattere; ma basta leggere la sentenza per cogliere che si è discusso molto piùdelle prerogative della magistratura che non della nozione di tributo).

     Va precisato a questo punto che la contribuzione alla spesa pubblica potrebberealizzarsi anche tramite una sola tipologia di tributo (fiscalità a tributo unico), manella realtà si realizza con l’ausilio di molteplici forme di concorso (imposte dirette edindirette, tasse, contributi, diritti, tariffe, canoni, etc) che si giustificano, tra l’altro, pergarantire un più ampio coinvolgimento dei consociati.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    12/321

    12

    Si parla, quindi, di sistema tributario per alludere ad un corpo ordinato di isti-tuti per mezzo dei quali si realizza la contribuzione alla spesa pubblica.

    L’adozione di un sistema tributario composto da molteplici tributi fa sì che

    alcuni fatti economici vengano assunti a fattispecie di diversi tributi (es. la cessione diun bene immobile è un fatto assoggettato ad imposta di registro e, in alcuni casi, adIrpef). Ciò non determina una doppia imposizione giuridica vietata dalla legge; si trat-ta, infatti, di distinti tributi che rispondono a logiche diverse, aventi differenti criteridi determinazione dell’imponibile. In alcuni casi, tuttavia, è prevista un’alternativitànell’applicazione del tributo (è il caso del rapporto Iva/Imposta di registro).

    Un cenno, infine, va fatto al problema dei limiti entro cui può spingersi il li- vello di tassazione. Posto che l’imposizione fiscale è strettamente correlata all’entitàdella spesa pubblica, potrebbe sostenersi che non vi siano limiti al livello di imposi-zione, in quanto quest’ultimo dipende dall’entità delle spese pubbliche che si inten-dono affrontare. In realtà tale affermazione è erronea, in quanto trascura il fatto che

    la spesa pubblica può essere finanziata anche con modalità extratributarie (ricorso aldebito pubblico, dismissioni patrimoniali, etc.), e che l’imposizione fiscale è subordi-nata alla sussistenza di una capacità economica in capo ai contribuenti che non puòessere interamente prelevata (art. 53 Cost.).

    È peraltro sostenibile che la recente introduzione nella Costituzione del prin-cipio di pareggio del bilancio (art. 81 Cost.) risponda da un lato alla finalità di conte-nimento della spesa pubblica, ma contestualmente alla riduzione del prelievo fiscale edel ricorso all’indebitamento pubblico. Finanziare il disavanzo di bilancio conl’incremento della pressione fiscale, ovvero con il ricorso all’indebitamento, vuol direpenalizzare le generazioni attuali, che subiscono una eccessiva decurtazione del pro-prio patrimonio a causa dell’incremento del prelievo tributario, ovvero incidere sulle

    generazioni future che subiscono l’onere del rimborso del debito pubblico.

    1.1 Le erogazioni liberali al settore no profi t   quale metodo di concorso allaspesa pubblica

    Prima di occuparci della classificazione dei tributi, dobbiamo accennare al fat-to che negli ultimi anni si sta sempre più valorizzando, nel rispetto dei principi costi-tuzionali di cui agli artt. 2, 3 e 53, il legame tra le erogazioni finanziarie effettuate daicontribuenti a favore di alcuni soggetti pubblici e privati (facenti parte del c.d. terzosettore) che erogano servizi di pubblico interesse (es. Università, Chiesa cattolica,Organizzazioni non governative, Onlus, etc.) e il concorso alla spesa pubblica.

    Le erogazioni liberali in questione, infatti, sono deducibili dal reddito tassabile

    ai fini delle Imposte sui redditi (in alcuni casi con limitazioni quantitative) sul presup-posto che determinano un risparmio di risorse pubbliche che altrimenti dovrebberoessere destinate allo svolgimento di tali servizi. Maggiore è il sostegno finanziario delcontribuente a questi enti, minore è l’esborso dello Stato per il finanziamento direttoo indiretto (cioè mediante trasferimenti di risorse economiche a soggetti privati) ditali servizi. Appare, quindi, del tutto ragionevole, che l’Erario “rinunci” (tramite ladeduzione dal reddito) ad una parte del tributo, in quanto il sostegno finanziario deiprivati agli enti in questione contestualmente riduce la spesa per i servizi pubblici daessi erogati.

    Pertanto, il dovere solidaristico scaturente dall’art. 2 della Costituzione puòessere assolto, oltre che con il “tradizionale” metodo della corresponsione dei tributi,

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    13/321

    13

    anche attraverso il finanziamento diretto di enti ed istituti pubblici e privati che ero-gano servizi di interesse collettivo. Si tratta, comunque, di una forma di concorso cheè destinata a restare marginale (attraverso la previsione di limiti alla deducibilità di tali

    spese dal reddito), perché diversamente si finirebbe, tra l’altro, per devolvere ai singo-li le scelte connesse alla tipologia dei servizi pubblici da finanziare; scelte che, in lineagenerale, devono essere necessariamente assunte dalla collettività per mezzo dei suoirappresentanti. Vero è che l’imposta sul reddito non rappresenta l’unica tipologia diconcorso alla spesa pubblica (occorre considerare l’Iva e le altre imposte indirette elocali), ma è certamente la più rilevante e per questo si giustificano i limiti alla dedu-cibilità delle erogazioni pubbliche.

    2. L’imposta quale tributo con funzione solidaristica.Posto che la coattività è un denominatore comune delle diverse ipotesi di tri-

    buto, la loro classificazione dipende dal diverso atteggiarsi del presupposto impositi-

     vo. L’imposta è la figura principale di prelievo tributario, ed è quella di più facileindividuazione, perché si riferisce a prestazioni patrimoniali coattive prelevate esclu-sivamente in relazione ad una manifestazione di capacità contributiva del soggetto,prescindendo quindi dalla fruizione di funzioni e servizi pubblici.

    Pur essendo del tutto acausale, l’imposta è comunque destinata al finanzia-mento della spesa pubblica, ma dal punto di vista giuridico non rileva né il modo incui vengono utilizzate le risorse economiche così acquisite, né l’effettiva fruizionedella funzione o del servizio pubblico da parte del cittadino.

    Mancando un diretto riferimento all’attività svolta dallo Stato, la causa imposi- tionis  dell’imposta risiede nel rispetto dei precetti costituzionali, ed in particolare degli

    art. 2, 3 e 53, che sanciscono il dovere di solidarietà economica, di uguaglianza tribu-taria, e di capacità contributiva.Lo scopo dell’imposta è quello di determinare una entrata per l’Erario neces-

    saria per il finanziamento delle spese collettive, cioè di quelle spese indistintamenterivolte a tutti i membri della comunità. L’imposta si connota, quindi, per la sua fun-zione solidaristica: si paga in quanto si appartiene ad una collettività la cui organizza-zione presuppone spese da sostenere. Il sacrificio chiesto al singolo per la prestazionetributaria è compensato dal vantaggio che si arreca all’intera collettività.

    La complessità dell’imposta sta nel fatto che gli indici di capacità contributiva(espressivi di forza economica) oggetto di imposizione (tradizionalmente redditi,consumi e patrimoni) molto spesso non sono di facile individuazione e misurazione.

     Tanto più complessa è la determinazione della capacità economica da assoggettareall’imposta, tanto più difficile è l’accertamento per l’Ufficio e più alta è la propensio-ne all’evasione fiscale.

     Tutti i sistemi tributari moderni sono basati su imposte che colpiscono il red-dito (Irpef/Ires), il consumo (Iva) e il patrimonio (Imu, Imposta di successioni e do-nazioni, etc.). L’utilizzo di differenti indici espressione di capacità contributiva fa sìche le imposte vengano pagate anche da chi non possieda redditi, ma consuma sussi-di erogati da terzi, ovvero detiene un patrimonio.

    La gran parte del gettito tributario deriva, però, dalle imposte sul reddito;queste sono maggiormente tollerate dalla collettività, perché il possesso di un reddito

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    14/321

    14

    denota inequivocabilmente la sussistenza della capacità economica di corrispondere iltributo.

    Le imposte sui consumi hanno un peso minore perché colpiscono anche bi-

    sogni essenziali dei contribuenti e non tengono conto della loro situazione economi-ca.Non può trascurarsi però che di recente molti Paesi hanno incrementato sen-

    sibilmente l’aliquota dell’Iva (in Italia nell’ultimo ventennio l’aliquota ordinaria è cre-sciuta dal 18 al 22%), mentre hanno ridotto l’imposta sui redditi societari (in Italianell’ultimo ventennio l’aliquota ordinaria Irpeg/Ires è diminuita dal 37 al 27,50%).

    Le imposte patrimoniali hanno una rilevanza contenuta, in quanto per corri-spondere l’imposta patrimoniale si deve comunque attingere ad un reddito e non èdetto che il soggetto che detiene un certo bene patrimoniale (es. un terreno) dispongadi un reddito con cui far fronte alla prestazione tributaria.

     Va rilevato, infine, che per far fronte ad esigenze straordinarie di cassa, ovve-

    ro per assegnare risorse economiche ad enti sub-statali, si provvede, tra l’altro, ad isti-tuire prelievi fiscali denominati “sovrimposte” o “addizionali”.La prima tipologia di prestazione patrimoniale è caratterizzata dal fatto di es-

    sere un tributo autonomo, ma che ai fini della sua quantificazione prevede l’utilizzodella base imponibile di un altro tributo. E’ il caso ad esempio della c.d. Robin Hood

     Tax, che colpiva con una aliquota del 5,5% il reddito, determinato secondo i criteriprevisti per l’Ires, delle società che operano nel settore dell’energia.

    La seconda tipologia di prestazione patrimoniale, ampiamente utilizzata, nonpresenta un connotato di autonomia, ma consiste nell’applicare una aliquota aggiun-tiva (cioè una maggiorazione) ad un tributo con la finalità di destinare il relativo get-tito ad un ente diverso dal soggetto attivo del tributo “maggiorato”. E’ il caso delle

    addizionali regionali e comunali all’Irpef, che si applicano sulla medesima base impo-nibile Irpef, ed il cui gettito non è destinato all’ente statale, bensì agli enti sub-statali.

    3. La tassa quale tributo paracommutativo.La tassa è un istituto giuridico la cui definizione ha presentato da sempre pro-

    fili di criticità, ben più considerevoli rispetto a quelli riscontrati nell’imposta. Neglistudi di scienza delle finanze, la tassa viene identificata con riguardo al fatto che èprevista per finanziare servizi pubblici divisibili; essa risponde quindi al principio delbeneficio (a differenza dell’imposta che viene destinata al finanziamento di servizi in-divisibili e risponde al principio del sacrificio). Ma tale argomentazione è priva di pre-

    gio dal punto di vista giuridico.In una accezione giuridica, invece, la tassa è un prelievo tributario direttamen-te collegato all’esercizio di una pubblica funzione, e cioè alla prestazione amministra-tiva o giurisdizionale resa da una istituzione pubblica giurisdizionale o amministrati-

     va, ovvero all’erogazione di un servizio pubblico.Esistendo uno stretto collegamento tra la prestazione patrimoniale del citta-

    dino e lo svolgimento della funzione pubblica, la tassa viene definita un tributo di ti-po commutativo. Nei tributi commutativi, la decurtazione patrimoniale è compensatadall’utilità in capo al soggetto arrecata dalla funzione pubblica esercitata dall’ente. Neitributi contributivi (come le imposte), come detto, la decurtazione patrimoniale vienegiustificata esclusivamente in relazione alla capacità contributiva che manifesta il sog-

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    15/321

    15

    getto, ed esprime una funzione solidaristica di riparto di spese di interesse collettivo,senza che rilevi l’utilità arrecata al cittadino.

    La tassa è una prestazione coattiva destinata al sostenimento di una spesa col-

    lettiva, ma a differenza dell’imposta (che include nel suo presupposto elementi indi-catori di capacità contributiva) include nel presupposto l’esercizio della pubblica fun-zione giurisdizionale o amministrativa, ovvero l’erogazione di un servizio pubblico.

    Proprio per la stretta attinenza con l’esercizio di una funzione pubblica, latassa si colloca in una ipotesi di confine tra il “tributo” e i corrispettivi di diritto pri-

     vato che il cittadino paga per usufruire di pubblici servizi. La quantificazione dellatassa, a differenza dei corrispettivi per la fruizione di servizi pubblici, è “tendenzial-mente” collegata al costo dei servizi erogati, ma non all’utilità che deriva al cittadino.

    Il carattere commutativo della tassa va inteso in senso atipico, cioè difformeda quello civilistico (che evoca i contratti a prestazioni corrispettive, basati sul c.d. si-nallagma contrattuale). Nei tributi c.d. commutativi lo scambio di utilità non ha rile-

     vanza sinallagmatica, perché non è mai assicurata una corrispondenza tra utilità rice- vuta e onere economico sopportato; per questo la dottrina preferisce definire le tassecome tributi paracommutativi.

    Peraltro, se la tassa fosse esattamente commisurata al costo specifico del ser- vizio ci troveremmo di fronte a prestazioni di tipo corrispettivo.

    È il caso dei servizi pubblici divisibili (il cui costo è facilmente calcolabile e lafunzione pubblica e la manifestazione di sovranità restano sullo sfondo) che vengonoremunerati con tariffe spettanti ai concessionari dei servizi (es. trasporti locali). Lateoria della commutatività dei prezzi pubblici e delle tariffe peraltro potrebbe presen-tare criticità, in relazione all’obbligo di espletare il servizio anche laddove non vi è unritorno economico, ma sono comunque presenti finalità sociali.

    Dal punto di vista applicativo, in generale, ma vi sono delle eccezioni, la tassanon viene corrisposta mediante l’attività del contribuente di autoliquidazione del tri-buto, come avviene nel caso delle imposte; essa viene richiesta direttamentedall’istituzione pubblica nell’esercizio della funzione. Anche il controllo circa l’esattoadempimento avviene nell’esercizio della funzione pubblica. In generale possiamo af-fermare che l’applicazione della tassa viene assorbita nell’esercizio della funzione.

    Secondo l’interpretazione della Corte costituzionale, la parametrazione dellatassa è del tutto svincolata dalla capacità contributiva del soggetto, perché non vienetassata una manifestazione di capacità economica. Le garanzie per il cittadino che su-bisce la prestazione, non si rannidano nell’art. 53 Cost., ma sono rappresentate: dalfatto di aver diritto alla restituzione della tassa nel caso di mancata erogazione del

    servizio per causa imputabile all’ente pubblico; dal fatto che l’ammontare della tassanon deve mai superare il costo del servizio reso.Parte della dottrina, però, critica l’esclusione dell’operatività dell’art. 53 alle

    tasse, in quanto le predette garanzie sarebbero insufficienti a proteggere gli utenti dadeterminazioni sproporzionate della tassa proprio per la difficoltà di quantificare ilcosto del servizio. Quindi la capacità contributiva potrebbe rilevare, sia pure in modopiù debole rispetto a quanto accade per le imposte, per riportare su criteri di ragione-

     volezza la ripartizione delle spese pubbliche attraverso la tassa, e per evitare che letasse finiscano per gravare su soggetti sprovvisti dei mezzi per farvi fronte.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    16/321

    16

    Qualora la tassa sia destinata al finanziamento di un servizio pubblico essen-ziale, ed in particolare i servizi di sanità, assistenza e istruzione, la sua parametrazionedeve considerare anche la capacità contributiva del soggetto passivo.

    In questa prospettiva, la tassa è qualificabile come un prelievo a carattere ibri-do, in parte paracommutativo ed in parte contributivo.

    4. I monopoli fiscali.L’art. 41 della Costituzione afferma il principio della libertà dell’iniziativa

    economica. Lo Stato può, tuttavia, riservare lo svolgimento di una determinata attivi-tà economica ad un soggetto per perseguire gli scopi più vari con il limite dell’utilitàgenerale dell’attività (art. 43 Cost).

    Si tratta dei c.d. monopoli di diritto, che si giustificano appunto per la tuteladegli interessi pubblici che ruotano intorno ad una determinata attività economica,quali quello di assicurare la massima fruibilità di un servizio essenziale presso tutti i

    consociati, ovvero di rispettare precipue modalità che richiede lo svolgimento diun’attività di interesse generale, etc.I monopoli fiscali, invece, rispondono esclusivamente all’esigenza di acquisire

    gettito tributario. Essi sono legittimi sul piano costituzionale nei limiti in cui sia con-figurabile un monopolio di diritto, cioè ove esistano esigenze di utilità generale da tu-telare. Quindi non tutti i monopoli di diritto divengono monopoli fiscali, ma tutti imonopoli fiscali sono monopoli di diritto. L’esigenza di acquisire gettito tributarionon è di per sé un caso di utilità generale e non può, quindi, essere assunta quale si-tuazione che legittima la deroga alla libera iniziativa economica.

    Il soggetto che opera in regime di monopolio fiscale applica prezzi (fissati dalministero dell’economia) ben superiori rispetto a quelli che si formerebbero in regime

    di concorrenza perfetta. Il prezzo contiene sia una componente corrispettiva, con-nessa al bene o servizio ceduto in regime di monopolio, sia una componente aggiun-tiva, il cui effetto è quello di determinare una decurtazione del patrimonio del priva-to, che lo Stato si riserva il diritto di acquisire, qualificabile come prestazione patri-moniale imposta.

    Il monopolio fiscale non configura, pertanto, una categoria autonomanell’ambito dei tributi, ma è annoverabile nell’ambito delle imposte sui consumi. Ilpresupposto della decurtazione patrimoniale che subisce il privato è rappresentato,infatti, dal consumo di determinati beni. La coattività del prelievo può individuarsinel divieto posto a carico di altri soggetti di esercitare quella determinata attività.

    Le disposizioni del Trattato UE prevedono un riordino dei monopoli fiscali;

    in ogni caso sono vietati i monopoli fiscali qualora comportino la violazione del prin-cipio di non discriminazione tra i cittadini degli Stati membri con riguardo alle condi-zioni relative agli approvvigionamenti ed agli sbocchi (favorendo i prodotti nazionalirispetto a quelli importati); i soggetti che operano in regime di monopolio fiscale de-

     vono comunque rispettare le regole sulla concorrenza, salvo che ciò osti alla missioneloro affidata (cioè quella di procacciare l’entrata fiscale).

    In atto esistono ancora i monopoli del lotto, dei tabacchi lavorati e delle siga-rette.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    17/321

    17

    5. Il c.d. tributo ambientale.Con l’espressione “tributo ambientale” si intende far riferimento a quelle pre-

    stazioni coattive giustificate dal danno recato all’ambiente dal soggetto.

    Per neutralizzare e prevenire gli effetti dannosi sull’ambiente si possono uti-lizzare vari strumenti: da quello sanzionatorio (penale o amministrativo) a quello tipi-camente risarcitorio. La previsione di un “tributo ambientale” (a carattere indennita-rio) rappresenta un terzo rimedio, praticabile soprattutto in quelle situazioni in cui glieffetti negativi sull’ambiente connessi allo svolgimento di determinate attività eco-nomiche sono inevitabili.

    Il rinnovato interesse per questa tipologia di prestazioni imposte è certamentedovuto alla normativa europea, e segnatamente al trattato UE, dove si è consacrato ilprincipio “chi inquina paghi”.

    Innanzitutto bisogna evidenziare che tra i tributi propriamente ambientali vi-genti nel nostro ordinamento solo l’imposta sull’inquinamento acustico degli aero-

    mobili può ritenersi veramente una prestazione patrimoniale connessa al danno chesi reca all’ambiente.La tassa per la raccolta dei rifiuti, le imposte di fabbricazione, etc., pur avendo

    effetti positivi sulla tutela dell’ambiente, sono in qualche misura collegati all’esistenzadi un indice di capacità contributiva del soggetto passivo o all’esercizio di una fun-zione pubblica e come tali sono riconducibili alla definizione di tributo che è stataproposta dalla Corte costituzionale. La tutela dell’ambiente rappresenta un mero ef-fetto indiretto; ecco perché per dette prestazioni si può affermare la natura di tributoambientale solo in senso funzionale. Lo scopo extrafiscale (di tutela dell’ambiente)non viene in considerazione ai fini della qualificazione della prestazione; a tal fine ri-leva solo la riconducibilità del presupposto ad un indice di capacità contributiva (im-

    posta), o all’esercizio di una funzione pubblica (tassa).Le prestazioni patrimoniali esclusivamente finalizzate alla tutela dell’ambiente,e cioè qualora il loro presupposto includa il “fattore inquinante”, ossia l’evento dan-noso per l’ambiente, a livello comunitario vengono definite senza esito tributi, perchéla normativa europea non collega espressamente il tributo ad una manifestazione diricchezza. Trasporre automaticamente nel diritto interno quanto stabilito a livellocomunitario, senza tener conto del principio di capacità contributiva può apparireuna conclusione forzata perché le polveri inquinanti, le emissioni sonore, etc., nonsono manifestazioni di ricchezza.

    Le prestazioni patrimoniali connesse alla tutela dell’ambiente possono, quindi,qualificarsi come prestazioni aventi contenuto risarcitorio o indennitario, o se si pre-

    ferisce tributi indennitari, in quanto nel loro presupposto non sono selezionati indicidi ricchezza, ma la relazione causa-effetto tra l’attività svolta e il danneggiamentodell’ambiente.

     Vi è comunque una corrente di pensiero che annovera tali prestazioni nellacategoria del tributo, ravvisando l’esistenza di un collegamento, sia pur mediato, conla capacità contributiva, che si sostanzia nel risparmio di costi realizzato dal soggettoche produce “il fattore inquinante”. Chi svolge un’attività senza inquinare avrebbeuna minore attitudine alla contribuzione, rispetto a chi svolge l’attività creando undanno all’ambiente.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    18/321

    18

    Capitolo secondo Le fonti del diritto e i principi costituzionali in materia tri-butariaSommario: 1. Le fonti interne. - 2. Le fonti comunitarie. - 3. Il principio costituzionale

    della riserva di legge. - 3.1 Segue: il carattere relativo della riserva di legge. - 4. I prin-cipi costituzionali della capacità contributiva e della progressività del sistema tributa-rio. - 5 Segue: tutela del minimo vitale e divieto dell’imposta “confiscatoria”. - 6. Se-gue: attualità ed effettività della capacità contributiva. - 7. Le agevolazioni fiscali e laloro compatibilità con il principio della capacità contributiva. - 8. I condoni fiscali e laloro illegittimità costituzionale.

    1. Le fonti interne.Il diritto tributario, pur avendo essenzialmente un oggetto economico (in par-

    ticolare l’individuazione e la misurazione di elementi di capacità contributiva) è una

    disciplina giuridica, governata da principi e regole fissati sul piano astratto da fonti diproduzione del diritto, tra loro ordinate in base ad un criterio gerarchico.Nell’ambito delle fonti interne quella di rango privilegiato è rappresentata dal-

    la Costituzione, la quale fissa specifici principi attorno a cui ruota la materia tributa-ria. I più importanti principi sono rappresentati dalla riserva di competenza a favoredella legge per la disciplina dei tributi (art. 23) e dalla necessaria sussistenza di una ca-pacità contributiva per giustificare l’imposizione fiscale (art. 53).

     Tra gli altri principi contenuti nella Costituzione che hanno un notevole im-patto sulla materia tributaria vanno menzionati quelli contenuti negli artt. 2 e 3, intema di solidarietà economica ed uguaglianza, nell’art. 24, che garantisce l’eserciziodel diritto di difesa anche in materia tributaria, nell’art. 75, che vieta il referendum

    abrogativo per le leggi tributarie, nell’art. 81, che vieta di imporre nuovi tributi con lalegge di approvazione del bilancio dello Stato, nell’art. 97, che impone imparzialità ebuon andamento anche all’azione degli Uffici tributari, nell’art. 111 che in tema digiusto processo, e negli artt. 117 e ss., che disciplinano la potestà impositiva tributariadegli enti locali.

     Tali principi, come osservato da autorevole dottrina costituzionalista (Crisa-fulli), devono essere applicati magis ut valeat  (cioè al meglio della loro capacità espansi-

     va), per assicurare la migliore attuazione dei diritti e dei doveri ivi sanciti.Subordinata alla Costituzione è la fonte di produzione rappresentata dalle

    leggi ordinarie statali o regionali e dagli atti aventi forza di legge, quali i decreti legisla-tivi e i decreti legge.

     Tra queste fonti di produzione va fatta specifica menzione dello Statuto deidiritti del contribuente, approvato con la legge n. 212/2000, il quale stabilisce un in-sieme di principi (integrando quelli fissati dalla Costituzione) e regole, cui devono at-tenersi il legislatore, nell’esercizio del potere normativo, e l’Amministrazione finan-ziaria, nell’esercizio dell’attività di controllo e impositiva. I principi e le regole conte-nute nello Statuto del contribuente, involgendo vari aspetti della materia tributaria,

     verranno illustrati più avanti, insieme con gli istituti interessati.E’, tuttavia, importante sottolineare subito che lo Statuto del contribuente si

    autoqualifica (art. 1, comma 1) norma di attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 dellaCostituzione, contenente i principi generali dell’ordinamento tributario. In questaprospettiva, per espressa previsione della legge, le sue disposizioni possono essere de-

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    19/321

    19

    rogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. Per dare un significatoconcreto a queste previsioni, è stato sostenuto che lo Statuto rappresenti una “leggeordinaria rafforzata”, cioè che da un punto di vista sostanziale ha una maggiore va-

    lenza rispetto alle altre leggi ordinarie tributarie.In verità, nonostante sia trascorso oltre un decennio dalla sua entrata in vigo-re, l’efficacia dello Statuto non è ancora ben delineata. Una parte della dottrina so-stiene che lo Statuto del contribuente ha un valore superiore rispetto alle altre leggiordinarie dell’ordinamento tributario, in quanto si tratta di una legge contenente, tral’altro, principi ai quale deve adeguarsi ed ispirarsi tutta la legislazione tributaria: va-lenza simile a quella delle preleggi al Codice civile. Altra parte della dottrina attribui-sce allo Statuto un importante valore politico e ideologico, ridimensionandone, però,l’efficacia condizionante rispetto alle altre norme del sistema, in quanto approvatocon legge ordinaria.

    La Corte Costituzionale (sent. n. 41/2008) ha prestato adesione all’indirizzo

    svalutativo, evidenziando che la Commissione tributaria non può sollevare una que-stione di legittimità di costituzionalità di una legge ordinaria che viola lo Statuto, inquanto quest’ultimo ha parimenti valore di legge ordinaria. In continuità con questalinea di pensiero, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che una legge ordinarianon può essere disapplicata dal giudice tributario perché ritenuta difforme da uno deiprincipi sanciti nella legge n. 212/2000 (Cass. n. 2221/2011).

    È invece unanimemente accettato che lo Statuto del contribuente contengaprincipi/valori cui l’interprete si deve conformare in sede di applicazione concretadelle altre leggi tributarie. Pertanto, la superiorità dello Statuto del contribuente ri-spetto alle leggi ordinarie e la sua forza condizionante sul sistema tributario è, inbuona sostanza, circoscritta ai profili interpretativi. È bene avvertire, però, che ogni

    principio o valore, quale che sia la fonte giuridica che lo contiene, non emerge inmodo isolato o “assoluto”, presentandosi insieme ad altri valori: l’interprete devequindi procedere ad un loro bilanciamento per stabilire quale, nel caso concreto, pre-

     vale.Le sentenze che svalutano l’importanza sul piano interpretativo dello Statuto

    del contribuente, invero, possono ritenersi una “reazione” al fatto che i principi inesso contenuti vengono invocati con l’obbiettivo di spazzare via agevolmente gli altri

     valori che impattano sulle questioni affrontate nonostante siano irrilevanti nei casiesaminati. In questa misura, sostenere che lo Statuto ha un mero valore ideologico,ossia una “legge manifesto”, ha consentito ai giudici di evitare di motivare appuntol’irrilevanza del principio invocato sulla questione a loro sottoposta.

     Tornando alle leggi ordinarie in materia tributaria dobbiamo notare chel’iperproduzione normativa tributaria degli ultimi decenni ha contribuito a determina-re uno stato di confusione e incertezza che induce gli operatori del settore a “pensareattraverso la legislazione”. Ove manca “l’appoggio” di una norma giuridica diviene,infatti, difficoltoso individuare il corretto comportamento fiscale da tenere; raramen-te si prospettano ragionamenti basati sui principi generali del diritto tributario.L’oggettiva complessità delle questioni fiscali, rispetto a quelle di cui si discute nel di-ritto civile e nel penale (dove le soluzioni sono spesso ben più intuitive), da un lato, el’amplissimo coinvolgimento degli appartenenti alla collettività nel pagamento dei tri-buti (i tributi li pagano in molti, le controversie presso i Tribunali riguardano una mi-noranza della collettività e spesso riguardano questioni aventi scarsa componente giu-

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    20/321

    20

    ridica quali incidenti stradali, liti condominiali, divorzi, etc.), dall’altro, determinaspesso l’invocazione dell’intervento del legislatore tributario, registrandosi un vorticedi innovazioni legislative difficile da fermare.

    Su un piano inferiore alle leggi ordinarie vi sono i regolamenti ministeriali egovernativi, che, come diremo in avanti, vengono sovente utilizzati per disciplinarealcuni aspetti della materia tributaria, per le parti non coperte dalla riserva di legge.

    Non rappresentano fonti interne di produzione del diritto tributario gli usi ele consuetudini.

    2. Le fonti comunitarie.Le fonti del diritto tributario non si esauriscono nelle disposizioni normative

    interne. Il processo di integrazione politica, economica e sociale, avviato con la sotto-scrizione del Trattato istitutivo della Comunità europea e dei precedenti TrattatiNATO e CECA, poi sviluppatosi con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht isti-

    tutivo dell’UE ha, infatti, determinato una parziale riduzione della sovranità nazionaleanche in ambito tributario. Ciò in quanto il prelievo fiscale è uno dei molteplici fatto-ri che incide sulla realizzazione del principale obbiettivo dell’UE, cioè quello di assi-curare l’instaurazione e il regolare funzionamento del mercato interno.

    La competenza dell’Unione europea in materia tributaria è legittimata dall’art.113 TFUE, ai sensi del quale il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo unaprocedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e delComitato economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardanol’armonizzazione delle legislazioni relative alla imposta sulla cifra d’affari, alle impostedi consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sianecessaria per assicurare l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno ed

    evitare le distorsioni di concorrenza. Rilevano, altresì, ai fini dell’imposizione diretta,gli artt. 114 e ss. TFUE in tema di ravvicinamento delle legislazioni. Va evidenziato che mancano specifici principi generali tributari a livello co-

    munitario. Nel Trattato UE esistono, però, disposizioni che influenzano il nostro si-stema fiscale, quali quelle che fissano i principi di non discriminazione e di non re-strizione, il rispetto delle libertà fondamentali (libertà di circolazione delle persone,dei beni, dei capitali e dei servizi), il divieto di aiuti di Stato, il divieto di introduzionedi dazi doganali, il divieto di doppia tassazione, etc. Tali previsioni possono ritenersiesplicitazioni dell’obbiettivo di tutelare la libera concorrenza nel mercato, senza inci-dere sui processi di redistribuzione del reddito tra i vari Paesi aderenti.

    La potestà impositiva interna, invece, è tesa principalmente a tutelare valori

    sociali tra i quali la solidarietà economica e l’uguaglianza sostanziale, il concorso allespese pubbliche sulla base della capacità contributiva e la coerenza e ragionevolezzadel sistema.

    Non esiste, inoltre, un sistema di imposte a livello europeo, che si sovrapponeal sistema fiscale interno.

    L’esperienza di questi anni ha messo in luce che l’integrazione fiscale europea viene perseguita con un duplice approccio: con una “integrazione negativa”, attuatacon mediante l’imposizione di vincoli e divieti per gli Stati membri fondati sui predet-ti principi; con una “integrazione positiva”, attuata con la proposizione di modellicomuni in appositi regolamenti e direttive UE.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    21/321

    21

    Dobbiamo a questo punto richiamare il problema del rapporto tra norme eu-ropee e interne che hanno ad oggetto l’imposizione tributaria. In linea con quanto af-fermato in altri settori giuridici, non vi sono più dubbi sulla prevalenza delle norme

    europee. La modifica apportata al titolo V della Costituzione (in particolare cfr. l’art.117) prevede espressamente che la legislazione interna deve rispettare i vincoli deri- vanti dall’ordinamento comunitario.

    Posto che la concreta attuazione dei diritti sanciti a livello europeo è comun-que demandata alla normativa degli Stati membri (vi è segnatamente un rinvio al si-stema procedimentale e processuale dei Paesi), la prevalenza del diritto comunitariosu quello interno si completa con l’affermazione del c.d. principio di effettività percui alle norme comunitarie deve essere assicurata immediata ed effettiva applicazionepresso i singoli Stati membri, anche travolgendo eventuali disposizioni interne cheappunto ostacolino tale applicazione. La Corte giustizia europea ha ad esempio preci-sato che anche una sentenza passata in giudicato può essere rimessa in discussione,

    con gli strumenti previsti dal diritto interno, qualora si ponga in contrasto con il dirit-to dell’Unione europea, o sia stato formato violando alcune regole. Il giudice internodovrebbe quindi disapplicare l’art. 2909 c.c., superando il vincolo derivante dalla sen-tenza passata in giudicato, e risolvere la questione in modo conforme al diritto euro-peo (CGE 18 luglio 2007, C-119/05; 10 luglio 2014, C- 213/13).

    L’attuazione delle situazioni giuridiche protette dall’ordinamento comunitariodeve essere omologata a quella prevista per le medesime situazioni nascentidall’ordinamento statale, evitando quindi che la norma interna preveda condizioni piùrigorose (c.d. principio di equivalenza); in ogni caso l’attuazione non deve essere resatroppo difficile, eccessivamente onerosa o impossibile, a prescindere dall’equivalenza.

    I parametri fissati a livello europeo per valutare la concreta attuazione dei di-

    ritti comunitari sono essenzialmente due: la buona amministrazione e il giusto pro-cesso. Senza una buona amministrazione e un giusto processo, intesi quali principi difondo su cui si modellano i singoli istituti dell’attività amministrativa e processuale,l’effettiva attuazione del diritto comunitario è irrimediabilmente vanificata.

    L’organo che assicura l’effettiva applicazione del diritto comunitario è certa-mente il giudice comune (le Commissioni tributarie per la materia di cui ci occupia-mo), il quale è chiamato a risolvere non solo il contrasto norma interna/regolamentoo direttiva UE, ma anche norma interna/Trattato UE.

    Per la risoluzione delle antinomie il giudice tributario deve procedere nei se-guenti modi: applicazione diretta della norma comunitaria, nei casi di disposizioni selfexecuting (regolamenti e direttive sufficientemente precise); interpretazione della nor-

    ma interna in modo conforme al diritto comunitario; disapplicazione della norma in-terna contrastante con una disposizione comunitaria ad effetto diretto.Nel caso di dubbi circa l’effettiva sussistenza del contrasto, il giudice interno

    può proporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea, obbligatorio soloper i giudici di ultima istanza.

    3. Il principio costituzionale della riserva di legge.La riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. rappresenta un importante principio

    attorno a cui ruota l’intera disciplina tributaria. Esso dispone che le prestazioni aventicontenuto patrimoniale (e personale) possono essere imposte solo in base alla legge.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    22/321

    22

    Le materie coperte da riserva di legge generalmente sono quelle che incidonosui diritti fondamentali del cittadino, ove appunto l’esclusivo intervento della legge sigiustifica per esigenze di una loro ampia tutela.

    Prevedendo la riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali imposte,e tra queste quelle di natura tributaria, il legislatore ha in particolare inteso garantire idiritti proprietari dei contribuenti, nel senso che il loro sacrificio può avvenire soloprevia sussistenza di uno strumento giuridico garantista qual è la legge. La legge rap-presenta, infatti, l’atto con cui si estrinseca la volontà del popolo, e quindi il sistemadei valori provenienti dalla collettività, nel rispetto dei principi della Costituzione.

     Va, però, detto che recenti studi hanno ritenuto indispensabile dare una lettu-ra dell’art. 23 più consona all’attuale assetto costituzionale: si è così superata la suafunzione di garanzia dei privati di fronte al potere pubblico del Fisco di pretendere ilpagamento dei tributi, evidenziando che la riserva di legge in materia tributariaesprima una modalità di formazione del consenso dei privati sulle regole di riparto

    delle spese pubbliche. In quest’ottica, l’essenza della fiscalità non sarebbe l’eserciziodi uno specifico potere pubblico, ma la fissazione di regole, il più possibile condivise,per un giusto riparto di carichi pubblici, che devono appunto essere cristallizzate innorme di legge.

    In ogni caso, va detto che il principio della riserva di legge, con riferimentoalle prestazioni patrimoniali imposte, si trova in documenti storici degli anni mille (tracui la Magna Charta  del 1215, ove si affermava il principio no taxation without representa- tion  ), laddove più che altro si voleva affermare la supremazia della nobiltà sul re, permezzo del consenso che quest’ultimo doveva acquisire per l’introduzione di tributi.

     Attraverso il consenso delle Camere al tributo, si poneva un limite alle prestazioni pa-trimoniali riscosse dal monarca. Riferiscono alcuni studiosi che i primi Parlamenti

    nacquero proprio per assicurare il consenso delle Camere alla istituzione di tributi. Inquesta prospettiva, il principio di legalità limitava il potere del sovrano edell’esecutivo. Il consenso al tributo si associava, peraltro, al consenso sulla spesapubblica, creandosi un embrione di bilancio dello Stato.

    Con l’affermarsi delle democrazie parlamentari, della cui maggioranza politicail Governo diviene espressione e ne risulta inevitabilmente vincolato, la previsionedella riserva di legge per i tributi risponde all’esigenza di consentire anche alle mino-ranze politiche di dare un importante contributo alla loro istituzione, così che venga-no percepiti dalla collettività come giusti, e non come manifestazioni di supremazia.

    Le leggi tributarie sono tendenzialmente impopolari, in quanto “scontentano”la generalità dei cittadini, avendo un impatto diretto sulle loro proprietà; quindi per

    essere osservate necessitano (più delle altre norme) di una forte capacità persuasiva,che può essere assicurata solo grazie al contributo delle minoranze politiche. Le scel-te parlamentari sono le più rappresentative nonostante il governo abbia la maggio-ranza presso l’assemblea legislativa. Qualora le prestazioni patrimoniali venissero fis-sate dall’esecutivo vi sarebbe il rischio di essere percepite come una sopraffazione dacoloro i quali abbiano una posizione politica opposta a quella governativa.

    Si deve tenere a mente, inoltre, che la regolamentazione per leggedell’imposizione tributaria consente alla Corte Costituzionale di poter svolgere il sin-dacato di legittimità sulle norme, al fine di verificare l’effettivo rispetto del complessodei valori tutelati dalla Costituzione, ed in particolare quello di capacità contributiva.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    23/321

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    24/321

    24

    297/2004), è in linea generale da ritenersi soddisfatta la riserva di legge qualora glielementi essenziali della prestazione abbiano base nella legge, cioè il soggetto attivo, ilsoggetto passivo con eventuali coobbligati, il presupposto d’imposta, la determina-

    zione dell’imponibile e l’aliquota.La determinazione della base imponibile può, però, essere demandata allanormazione secondaria per quegli aspetti caratterizzati da una discrezionalità tecnica(es. fissazione dei coefficienti catastali, delle tabelle di ammortamento, etc.).L’individuazione dell’aliquota dei tributi statali è riservata alla legge, mentre per quellilocali può avvenire con regolamenti per lasciar spazio all’autonomia degli enti locali,previa indicazione nella legge dei criteri direttivi.

    L’affermazione della natura relativa della riserva di legge comportal’assegnazione di un margine di discrezionalità all’amministrazione in punto di deter-minazione di alcuni elementi dell’imposizione. E ciò soprattutto nella misura in cuigli atti di normazione secondaria involgano la determinazione della base imponibile,

    sia pure solo per gli aspetti di natura tecnica. La giurisprudenza afferma che i marginidi apprezzamento discrezionale a disposizione dell’Amministrazione devono esserestabiliti nella legge ed in ogni caso devono essere assicurate le garanzie tese ad esclu-dere l’esercizio arbitrario della discrezionalità, altrimenti verrebbe violato il principiodella certezza del diritto.

    L’integrazione della disciplina avviene generalmente, ma non esclusivamente,con atti di normazione secondaria, cioè regolamenti autorizzati dalla legge. I regola-menti sono atti formalmente amministrativi, in relazione al soggetto competente ademanarli (Governo, organi della PA, enti locali), ma sostanzialmente normativi, in re-lazione al loro contenuto. Essi presentano i requisiti di generalità, astrattezza e novitàed hanno la capacità di innovare l’ordinamento giuridico.

    In materia tributaria trovano spazio i regolamenti esecutivi di una disciplina,che nascono appunto per rendere operativo un istituto disciplinato dalla norma pri-maria; i regolamenti attuativi o integrativi che servono per completare una normativache altrimenti sarebbe lacunosa (es. i regolamenti sul consolidato mondiale e naziona-le); i regolamenti delegati, quando traggono origine da una norma di legge che auto-rizza l’esercizio di una potestà regolamentare del governo, con possibilità di abrogarele norme previgenti dalla data di entrata in vigore del regolamento (c.d. delegificazio-ne). Sono esclusi i regolamenti autonomi.

    Si rammenta che ai sensi dell’art. 4 delle preleggi al Codice civile, i regolamen-ti non possono contenere previsioni contra legem , devono quindi rispettare le leggi or-dinarie e la Costituzione. L’art. 17, L. n. 400/88, peraltro, con riferimento ai regola-

    menti delegati, stabilisce che la legge attributiva del potere regolamentare determini“le norme generali regolatrici della materia”. In ogni caso i regolamenti tributari de- vono rispettare sia i principi generali del settore tributario, sia l’ambito della specificadisciplina di attuazione nel quale sono inseriti

    Il controllo di legittimità sui regolamenti è affidato al giudice amministrativo,che li annulla erga omnes , e a quello tributario che li disapplica con riguardo alla con-troversia da risolvere. Il giudice tributario non li può disapplicare qualora sulla lorolegittimità si è pronunciato, nel merito, il giudice amministrativo, ma li può disappli-care anche quando sono decorsi i termini per impugnarli dinnanzi il giudice ammini-strativo.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    25/321

    25

    4. I principi costituzionale della capacità contributiva e della progressività delsistema tributario.

    L’art. 53 della Costituzione fissa il principio, di natura sostanziale, per cui il

    concorso alla spesa pubblica deve avvenire in base alla capacità contributiva manife-stata dai membri della collettività.La norma dispone che “Tutti devono concorrere alla spesa pubblica in ragio-

    ne della loro capacità contributiva”, evocando un “dovere” che fa capo ad ogni sog-getto, il cui contenuto è rappresentato dall’obbligo di corrispondere una prestazionepatrimoniale.

    L’art. 53 Cost. è, tuttavia, comunemente considerata una norma di principio,priva di effetti diretti per i contribuenti; il dovere inderogabile di concorso alle spesepubbliche, ricavabile dall’art. 53 Cost., sussiste, infatti, solo qualora vi sia una leggeche istituisca uno specifico tributo.

    Il principio di capacità contributiva rappresenta allora, innanzitutto, un “limi-te” indirizzato al legislatore ordinario, il quale, nell’introdurre norme impositive, cioèistitutive di un tributo, deve considerare nel suo presupposto unicamente fattiespressivi di capacità contributiva. In altri termini,

    E’ da evidenziare, peraltro, che l’art. 53 Cost. condizioni, sia pur in modo piùcontenuto, anche le norme procedimentali, cioè quelle che regolano le modalità diaccertamento e riscossine dei tributi. Tale affermazione poggia sul presupposto cheun tributo è “giusto” non solo se il suo presupposto sia conforme al principio dellacapacità contributiva, ma anche se le sue regole attuative determinano la tassazionedella effettiva capacità contributiva realizzata. Non a caso l’introduzione della norma-tiva che consente di correggere la dichiarazione tributaria, quella che assegna al Fisco

    il potere di svolgere indagini bancarie, etc., ha come riferimento costituzionale ilprincipio di tassazione della effettiva capacità contributiva realizzata dai soggetti.Occorre però precisare che non tutte le norme procedimentali sono condi-

    zionate dall’art. 53 Cost.: si pensi alle disposizioni legislative in tema di motivazione enotificazione degli atti impositivi del Fisco. In tali casi i “limiti” per il legislatore siravvisano nel rispetto dei principi contenuti negli artt. 97 e 24 Cost.

    Ciò detto evidenziamo che la capacità contributiva non è un dato oggettivoascrivile ad ogni soggetto che fa parte della collettività. La nozione di capacità contri-butiva evoca, invero, fatti economicamente rilevanti, quali il reddito, il patrimonio edil consumo, che vengono selezionati dal legislatore anche in relazione al contesto sto-rico ed ideologico.

    In ogni caso, le prestazioni patrimoniali di natura tributaria (disciplinate dallalegge ordinaria o da un atto avente forza di legge, secondo quanto dispone l’art. 23Cost.) devono, quindi, essere collegate alla realizzazione di un fatto economicamenterilevante espressivo di capacità contributiva. Tale collegamento può essere più o me-no intenso, in una “scala” che potremmo così esemplificare: imposte dirette, imposteindirette, tasse connesse alla fruizione di una funzione pubblica, canoni o tariffe con-nessi alla fruizione di servizi pubblici. Restano certamente fuori dal campo di applica-zione del principio di capacità contributiva i corrispettivi di natura privata per la pre-stazione di pubblici servizi.

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    26/321

    26

    Prima di analizzare specificamente la nozione di capacità contributiva, appareopportuno richiamare i principi costituzionali di solidarietà economica e di ugua-glianza (artt. 2 e 3), i quali fanno da sfondo al principio di capacità contributiva.

    La previsione del principio di solidarietà economica testimonia la considera-zione dell’individuo non solo quale soggetto singolo, al quale assicurare in modo as-soluto la tutela delle libertà individuali e dei diritti di proprietà, ma anche quale sog-getto facente parte di una collettività, a cui deve essere comunque garantito un conti-nuo sviluppo. L’aver assunto il principio di solidarietà economica tra i preminenti va-lori costituzionali giustifica il fatto che il prelievo fiscale avviene anche al di fuori diuna specifica fruizione delle attività poste in essere dall’ente pubblico, ma per il solfatto di assicurare a tutti il godimento dei diritti civili, sociali e politici.

    Quanto al principio di uguaglianza, esso va inteso innanzitutto in senso for-male di modo che: il concorso alla spesa pubblica avvenga sulla base di parametri ap-plicabili a tutti i consociati; destinando una quota uguale (proporzionale) di tali para-

    metri. Il principio di uguaglianza, inteso in senso sostanziale, invece, consente di fis-sare l’entità del tributo dovuto in relazione a un determinato fatto economico in mo-do diseguale, al fine di operare una redistribuzione della ricchezza tra i contribuenti,tutelando quelli più deboli. Tecnicamente ciò avviene attraverso due procedimenti:mediante la previsione di imposte con aliquote progressive (c.d. discriminazionequantitativa dei redditi); mediante la previsione di un’imposta che colpisce un redditogià tassato da un’ altra imposta (c.d. discriminazione qualitativa dei redditi).

    L’art. 53 della Cost., quindi, è legato agli artt. 2 e 3 Cost., ma con ciò non sipuò negare che abbia una sua autonoma valenza. Ed infatti, tale norma:

    a) chiarisce in modo inequivocabile quale sia il parametro con cui ripartire i

    carichi pubblici tra i consociati;b) specifica che tale parametro costituisce il presupposto ed il limite massimodell’obbligo alla contribuzione;

    c) individua la ragione sostanziale del concorso alla spesa pubblica non nel fi-ne individualistico/commutativo, ma nel fine solidaristico/contributivo.

    Se il criterio di capacità contributiva costituisce elemento fondante del siste-ma fiscale, peraltro, consegue che la funzione del prelievo tributario non è solo quelladi acquisire le risorse per il finanziamento delle spese pubbliche, ma anche di operareuna redistribuzione del reddito.

    I tributi per loro natura determinano conseguenze redistributive: incrementa-re la tassazione dei patrimoni e operare una riduzione delle imposte sul reddito crea

    divergenze di trattamento tra i gruppi sociali e quindi una redistribuzione della ric-chezza tra i gruppi più tassati rispetto a quelli meno tassati. Alla redistribuzione conseguente alla scelta dei presupposti dei tributi di cui si

    compone il sistema fiscale, si aggiunge la redistribuzione conseguente alla applicazio-ne della progressività, cioè dell’incremento dell’aliquota al crescere del fatto imponi-bile.

    Il secondo comma dell’art. 53 Cost. stabilisce, infatti, che “il sistema tributa-rio è informato al criterio di progressività”. Posto che la norma fa riferimento al si-stema fiscale, è agevole dedurre che non tutti i tributi devono essere progressivi, benpotendo convivere tributi proporzionali (con aliquota fissa) e tributi progressivi (conaliquota crescente). Ciò che importa è che nel complesso il sistema tributario sia pro-

  • 8/20/2019 Dispense Diritto Tributario

    27/321

    27

    gressivo, ed in particolare che sia progressiva l’imposta più importante del sistema. Inatto, il tributo che assicura la progressività del sistema è rappresentato dall’Irpef (Im-posta sul reddito delle persone fisiche), che è quello che coinvolge più soggetti ed as-

    sicura il maggior gettito per il Fisco, ove l’aliquota cresce al crescere del reddito e se-gnatamente dal 23% al 43%, col metodo degli scaglioni di reddito; gli altri tributi(Ires, Iva, Imposta di Registro) sono proporzionali. Una connotazione progressiva haanche l’imposta sulle successioni e donazioni.

    Occorre evidenziare, però, che l’evoluzione del sistema fiscale va verso unasensibile riduzione della progressività dell’imposizione ed un costante ampliamentodelle ipotesi di tassazione sostitutiva (es. tassazione del 26 per cento delle rendite fi-nanziarie) con aliquote d’imposta di gran lunga più contenute dell’aliquota marginaleIrpef.

    La motivazione di detta crisi può individuarsi nel fatto che l’idea della pro-gressività del prelievo fiscale, che risponde ad una logica redistributiva, ben si attaglia

    in un contesto in cui sia possibile individuare la capacità contributiva globale dei sin-goli contribuenti.Posto che il legislatore tassa singole manifestazioni di capacità contributiva

    (quali reddito, patrimonio e consumo), si è pensato che il reddito potesse assurgeread indice globale della capacità contributiva e come tale dovesse essere necessaria-mente tassato in modo progressivo.

    L’assegnazione all’imposizione sul reddito della funzione redistributiva nonha, però, dato i frutti sperati: dall’esame dei dati relativi ai redditi dichiarati ai fini Ir-pef si denota che vi è una minima redistribuzione, in quanto la maggior parte deicontribuenti si colloca in una forbice reddituale molto ridotta (tra 20.000 e 40.000 eu-ro); e all’interno del c.d. ceto medio evidentemente ben poco si può redistribuire. La

    redistribuzione dei redditi connessa alla progressività del prelievo riguarda in sostanzasolo quella piccola parte di lavoratori dipendenti aventi una elevata retribuzione.In questa prospettiva, si ipotizza lo spostamento della funzione redistributiva

    dal momento del prelievo fiscale (che avverrebbe con l’introduzione di tributi conaliquota proporzionale - c.d.  flat tax  - o con due sole aliquote del 23% e del 33%) aquello dell’erogazione dei servizi pubblici, nel senso che questi verrebbero progressi-

     vamente erogati ai contribuenti più bisognosi, individuati sulla base di indicatori mi-sti, che guardano sia alla situazione reddituale che patrimoniale, come nel casodell’ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente).

    Ciò detto evidenziamo che la capacità contributiva viene “rintracciata” dal le-gislatore ordinario guardando a molteplici aspetti della vita del contribuente, che ma-

    nifestano una sua forza economica. La tassazione consta di differenti tributi (for-mandosi il c.d. sistema tributario), sia per garantire un più ampio coinvolgimento deiconsociati (i quali sfuggendo ad un prelievo ne subiscono un altro), sia per